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Anno 119 - n. 9
4 marzo 1983
L. 500
Sped. abbonamento postale
I gruppo bis/70
SiS- N ' Silo
Via Caiuti i.ib M'la’ 3
10G66 TORRE PELO103
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
PREPARATIVI E PROSPETTIVE DELLA VI ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO ECUMENICO
Vancouver, assemblea aperta
Sovente qualcuno si domanda
a che punto è il movimento delle
donne o per augurarsene la fine
o per giudicarne con severità gli
avanzamenti. Le donne stesse si
interrogano su cosa sono riuscite a cambiare.
L’8 marzo, « festa delle donne »
è una giornata simbolica in cui
le donne scendono in piazza, si
incontrano, marcano una consistente presenza a livello di massa. La caratteristica principale
del movimento delle donne resta, comunque, l’autonomia, vera, non formalizzata per scritto,
ma praticata.
Ne è prova la pronta e vasta
mobilitazione, sfociata nella manifestazione romana del 5 febbraio scorso, contro lo snaturamento della legge sulla violenza
sessuale, in seguito all’emendamento Casini che ha inteso bloccare il valore dirompente di una
legge che, in pratica, avrebbe
spinto a ridiscutere schemi e rapporti maschio-femmina consolidati, nelle aule giudiziarie.
La violenza sessuale solleva una problematica che riguarda
tutti, non solo chi commette queste brutalità come atti estremi.
Spesso la violenza passa nei rapporti coniugali, legalizzata e
quindi permessa. Passa nella morale comune alla quale fa comodo mantenere la donna nei suoi
ruoli di madre e moglie, rendendone inoffensive le potenzialità e
la creatività e disapprovando chi
osa scegliersi e vivere un destino diverso. Passa nella prassi che
nei processi per stupro si crogiola nel racconto di particolari raccapriccianti.
La violenza sessuale, insomma, non è un problema privato,
ma un fatto sociale su cui misurarsi e far crescere tutta la società. Battersi perché al Senato
sia respinto l’emendamento, ripristinando il titolo originario
della legge e impedirne il ristagno è molto importante, specie
in un momento come l’attuale in
cui si cerca di accerchiare il movimento delle donne: sul lavoro,
riducendone drasticamente i posti e le possibilità di accesso; nel
sociale, con la riduzione dei servizi e l’aumento dei costi; nella
cultura proposta e nella circolazione di idee, pesantemente condizionate dalla Chiesa cattolica
che vuol riproporre un ritorno
alla famiglia tradizionale, quando si moltiplicano, oggi, altri modelli ( donne sole, separate, comuni, convivenze di più famiglie...).
Questo ritorno di « morale », con
al centro il recupero della donna
alle sue funzioni domestiche,
chiusa nel nido familiare e la
conseguente disattenzione per la
donna in quanto soggetto non
può sfuggire alla riflessione dei
protestanti.
Se da secoli, il confronto biblico, la predicazione pastorale e
la nostra storia di minoranza ci
hanno insegiiàto il rispetto dell’individuo nella sua interezza e
nella sua cosclenzlalità, non possiamo non riprendere con sempre maggior responsabilità le
questioni poste dalle donne. Non
per generica disponibilità verso
« chi soffre di più » o « chi è
più oppresso », ma perché sono
contraddizioni che attraversano
proprio tutti, anche se, certo, con
sfumature diverse.
Bruna Peyrot
1 lineamenti della massima assise della cristianità degli anni ’80 lasciano già intravvedere che
i suoi tratti dominanti saranno la più accurata preparazione e la massima partecipazione
Riprendiamo dalla rivista del Consiglio Ecumenico « One
World » questo articolo di John Bluck, pastore anglicano e
giornalista, direttore del dipartimento comunicazioni del CEC.
Una lunga tenda di tela per i
culti quotidiani, con un lato
aperto sul mondo. Un grappolo
di pali scolpiti e sormontati da
figure alate, secondo lo stile artistico dei primi abitanti del nordest canadese. E sui tre lati
l’Oceano Pacifico che le super-potenze minacciano di trasformare
in un bacino nucleare nel corso
del presente decennio.
Ecco dunque tre immagini del
quadro in cui si svolgerà l’Assemblea del Consiglio ecumenico
delle chiese (CEC) a Vancouver
in Canada dal 24 luglio al 10 agosto. Immagini che si radicheranno a lungo nello spirito dei circa 4.000 partecipanti (tra membri effettivi e giornalisti) che vivranno questo avvenimento che
si svolge una volta in ogni decennio. Queste immagini rivelano un
Consiglio oiù che mai cosciente
della varietà e della direzione
delle proprie risorse spirituali,
cosciente della necessità di prendere sul serio il contesto nel
quale s’incontra e si esprime e
cosciente anche del peso della
morte che bisogna affrontare
quando si vuole affermare la vita.
E la vita — del mondo, quella
che si scopre in Gesù Cristo —
sarà il tema di questa sessione
deliberatamente scelto in un’epoca storica in cui la fiducia in questa vita pare vacillare e il senso
stesso diviene oscuro. L’assemblea dirà ad' alta voce che Gesù
Cristo è la vita del mondo. A
Vancouver, presso l’Università
della Colombia britannica, noi
vedremo il CEC cercare ardentemente di riformulare la confessione della fede fondamentale dei
cristiani: dal dialogo con le religioni e le ideologie del nostro
tempo sino alla lotta contro il
razzismo e il sessismo, la povertà
e il militarismo. Ma proprio
quando proclamerà la fede evangelica il suo messaggio sarà più
stimolante.
All’ordine del giorno
dell’assemblea
Lo sviluppo del tema « Gesù
Cristo, vita del mondo » occuperà
l’assemblea durante tutta la prima settimana. La seconda settimana sarà consacrata a 8 questioni tratte da attività realizzate
dal CEC a partire dal 1975 e sulle
quali bisognerà passare all’azione. Queste discussioni forniranno agli osservatori ampio materiale per presagire gli orientamenti e i programmi futuri sulla
ricerca dell’unità, sul modo oggi
di dare testimonianza della propria fede, sulle relazioni con la
chiesa cattolica, sul movimento
delle donne, sul disarmo e il
nuovo ordine dell’informazione...
La lista è lunga, e tutti i popoli
del mondo, continentali o insulari vi troveranno im soggetto
che li tocca da vicino.
L’ordine del giorno ufficiale
dell’assemblea si sdoppia in un
programma pubblico (concerti,
manifestazioni culturali, esposizioni, caffè) proposto dagli organizzatori locali di Vancouver e
che promette di essere vario e interessante quanto l'assemblea
stessa e im programma appositamente realizzato per i visitatori
iscritti. Mai una assemblea del
CEC è stata così minuziosamente
preparata.
Ciononostante il OEC non ha
nessuna intenzione d'imporre ai
DEUTERONOMIO 4; 9-13
Tra dimenticanza e ricordo
« Soltanto, bada bene a te stesso e veglia diligentemente sull’anima tua, onde non avvenga che tu dimentichi le cose che gli
occhi tuoi hanno veduto, ed esse non t’escano dal cuore finché ti
duri la vita. Falle anzi sapere ai tuoi figlioli e ai figlioli dei tuoi figlioli. Ricordati del giorno che comparisti davanti all’Eterno, all’Iddio tuo, in Horeb, quando l’Etemo mi disse: ’Adunami il popolo, e io farò ioro udire le mie parole, ond’essi imparino a temermi tutto il tempo che -vivranno sulla terra, e le insegnino ai loro
figlioli’. E voi vi avvicinaste, e vi fermaste appiè del monte; e il
monte era tutto in fiamme, che s’innalzavano fino al cielo; e v’eran
tenebre, nuvole ed oscurità. E l’Etemo vi parlò di mezzo al fuoco;
voi udiste il suono delle parole, ma non vedeste alcuna fig;ura; non
udiste che una voce. Ed ^li ^ inromulgò il suo patto, che vi comandò di osservare, cioè le dieci parole; e le scrisse su due tavole
di pietra ».
In questo racconto del Patto
del Sinai tutto mi sembra collegato alla tensione che esiste tra
dimenticanza e ricordo.
La predicazione che qui è
espressa prende sul serio la possibilità di una fede che a poco a
poco si dimentica, si stempera
nell’oblio; e la esprime con questa espressione molto intensa:
« che tu dimentichi le cose che
gli occhi tuoi hanno veduto ed
esse ti escano dal cuore ». Da una
parte c'è la vivida realtà di una
esperienza diretta, che sembrerebbe tanto più indelebile quanto più fondamentale; dall’altra
questa misteriosa possibilità come in agguato: il dimenticare, la
possibilità che queste cose « ti
escano dal cuore ». Nel linguaggio dell’Antico Testamento il
cuore è il centro dell’esistenza,
la sede della spinta propulsiva
della vita. E l’usdre dal cuore
indica così una fede che si dissolve nel periferico, che a poco
a poco sprofonda nell’oblio. E*magari ancora presente nel costume, nelle abitudini, nei riti,
ma non più nelle motivazioni
profonde, essenziali, delle scelte
dell’esistenza.
E’, se guardiamo in noi con lucidità, l’esperienza di tutti coloro
che hanno creduto una volta almeno nella loro vita. Di tutti,
senza esclusione. Non c’è nessuno che sia al riparo dalla dimenticanza. La fede non è un dato
acquisito una volta per tutte,
come può esserlo un teorema di
geometria. Un teorema, c’è chi
lo capisce al volo e chi dopo cento ripetizioni; ma una volta capito è acquisito. Si può non averlo immediatamente presente; ma
non appena si rilegge l’enunciato, ridiventa chiaro. La fede invece conosce costitutivamente la
dimenticanza, « l’uscire dal cuore », e concretamente questa possibilità si verifica ogni volta che
noi ci comportiamo in maniera
opposta alla fede, al messaggio
dell’Evangelo. L'incoerenza, la
contraddizione, il peccato cioè,
è la dimenticanza di ciò che pure si è « veduto ». E a questa
«inevitabile possibilità » ogni credente è esposto. Chi pretendesse,
nella realtà della fede, di esserne immune, farà bene a ricordare le parole dure e inequivocabili della prima lettera di Giovanni: « se diciamo di esser senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi ».
L’altro polo della tensione è il
ricordo. E' il momento forte e
positivo della fede. Ricordo di
che? Qui è importante ricevere
il messaggio del testo. Noi siamo
portati — anche per ciò che riguarda la fede — a valorizzare
la nostra esperienza personale,
le svolte che abbiamo conosciuto nella nostra vita, le pietre miliari che l'hanno segnata in positivo e che possiamo ricordate.
Si tratta di cose importanti che
non vanno certo minimizzate.
Ma non si tratta di questo. Le
nostre esperienze positive infatti, nello sconforto della dimenticanza le possiamo anche ricordare con amarezza e nostalgia,
misurando la distanza che ce ne
separa, con l’impressione che
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 2)
partecipanti una successione di
importanti oratori. Più che su di
una abbagliante organizzazione il
CEC ha puntato i suoi preparativi sullo sviluppo del tema assembleare, la preparazione degli studi biblici, la valutazione sugli ultimi dieci anni di lavoro, l’enumerazione dei problemi che sono
sorti nel frattempo, la visita alle
chiese e l’ascolto dei loro problemi e bisogni.
Quando si apriranno i lavori
dell’assemblea quasi tutti i paesi
rappresentati nel CEC dalle proprie chiese membro avranno ricevuto la visita di "team ecumenici" — in tutto sono 70 — composti da delegati all’assemblea,
da dirigenti di chiesa e collaboratori del CEC. In un certo senso la sesta assemblea si terrà già
in mille altre parti del mondo.
Questa concezione dell’assemblea, considerata meno come avvenimento unico che incontro
permanente ha animato tutti i
preparativi. Se essa non facilita
il lavoro del giornalista dà però
un’idea più esatta del lavoro stesso del CEC che offre alle chiese
questa tribuna unica, questo spazio libero, dove possono incontrarsi, scambiare e condividere,
mettere in questione e sostenersi le une e le altre.
Essere un terreno di incontro: questo è lo scopo principale dell’assemblea di Vancouver. E la sessione è stata orga' nizzata in questo senso: si è dato
molto spazio ai piccoli gruppi, ai
contatti interculturali, ai culti interconfessionali, alla comunicazione non verbale. Così che se
scoppieranno tempeste durante i
lavori o alcune controversie attraverseranno i lavori (e sarà inevitabile che ve ne siano) esse non
saranno però la ragion d’essere
deU’assemblea. Il successo si giudicherà, almeno agli occhi del
CEC, nella misura in cui le chiese saranno coinvolte e parteciperanno dopo essere state interpellate ed ascoltate.
Chiesa e movimento
ecumenico
Sarà l’ecclesiologia (che significa per la chiesa essere chiesa
oggi?) che, come un fiume sotterraneo, si scaverà un passaggio
sotto l’ordine del giorno dell’assemblea.
Un testo come quello che segna la convergenza sul battesimo, l’eucarestia e il ministero,
per esempio — che rappresenta
la conclusione di cinquanta anni
di sforzi — ha una sua autorità
riguardo alla concezione che le
chiese hanno di loro stesse. Ma
accettare un tale accordo significa attribuire al movimento
ecumenico un peso dottrinale e
teologico che scompiglia l’equilibrio interno di ogni denominazione. Perseguire il proprio cammino da soli (in quanto anglicani) significa disperdersi, ha dichiarato l’arcivescovo di Canter
John Bluck
(continua a pag. 8)
2
2 fede e cultura
1
4 marzo 1983
MUSICA E FEDE
I Bach: una dinastia musicale
Se nel campo della musica
l’arte di Johann Sebastian Bach
raggiunse le vette del genio, e
come tale fu unica ed eccezionale, non fu tuttavia un fenomeno
isolato o inspiegabile; prima di
lui i Bach furono musicisti per
quattro generazioni, e per altre
tre avrebbero seguito la stessa
carriera.
Cugini, zii, nipoti furono organisti di chiesa, suonatori di
banda cittadina, « trombetta » comunali in vedetta sulla torre del
municipio; compositori di qualche originalità come Johann
Christoph di Eisenach (uno dei
tanti Bach di questo nome), o
semplici esecutori come suo cugino Johann Ambrosius, padre
di Johann Sebastian.
quali musicisti — e citandone
molti altri, per un periodo che
va dalla seconda metà del '500
al 1845, anno déllq njorte dell'ultimo disceg^nte (hretto di Johann SebasÌiàtì ifiusicista, e studiandoli nel contesto della musica, la cultura, la situazione storica del loro tempo. Le parti biografiche sono seguite e completate da estesi paragrafi di critica musicale.
Sette generazioni
Radici musicali
e di fede
Johann Sebastian stesso fu ben
consapevole di quanto le sue radici musicali affondassero in questo humus familiare e quale
ricchezza esso costituisse. Fu lui
infatti che compilò una genealogia della sua famiglia, raccogliendo le principali notizie per
ogni componente e contrassegnando ciascuno con un numero che ne facilita l’identificazione fra tanti Johann, Johann Christoph e Georg Christoph. Da questa breve opera, che — completata più tardi da Cari Philipp Emanuel, il figlio che maggiormente si interessò alle tradizioni familiari — servi di base a
molti studi successivi, traspare
l’orgoglio del grande musicista
per la sua famiglia. Da essa infatti Johann Sebastian non derivò solo l’amore per la musica,
ma anche una vita fermamente
radicata nella fede luterana e
salde tradizioni di solidarietà familiare.
Il libro di Geiringer^ perciò
non si limita alla biografia del
più grande dei Bach, ma si occupa di tutta la famiglia, esaminando in dettaglio la vita di ventotto di loro — venticinque dei
Ci si stende così davanti agli
occhi il panorama delle sette generazioni dei Bach, che rispecchiano l’evolversi della musica e
insieme del costume, il cambiamento di mentalità che determina una maggior indipendenza di
pensiero ma anche la perdita di
alcuni valori; dalla figura del capostipite Veit, che preferì abbandonare casa e lavoro in Ungheria per trovare in Turingia la
possibilità di vivere liberamente
nella fede luterana, ai molti nuclei dei Bach al servizio delle
chiese, di un principe o del municipio, vicini e solidali a tutti
i familiari in difficoltà anche se
lontani come luogo e parentela,
fino a Johann Sebastian, personalità imponente oltre che musicista geniale, e via via ai figli:
l’inquieto Wihlem Friedemann
che sembrava anticipare lo spirito romantico; Cari Philipp Emanuel, l’uomo di cultura e di
successo, musicista notevole e
uomo d’affari; Johann Christoph
Friedrich, i! più tranquillo, che
seguì nella vita familiare e nel
lavoro presso una piccola colta
corte le orme del padre, senza
tuttavia averne la misura del
genio; uomini rispettabili che fecero carriera e guadagnarono più
del padre, ma che permisero che
Anna Magdalena, la devota moglie di Bach, loro matrigna e madre, vivesse dopo la morte del
marito, esaurita la modesta eredità, a carico della carità pubblica, abbandonando compietamente quelle tradizioni di solida
Dimenticanza e ricordo
(segue da pag. 1)
siano cose passate che non ritornano. E questo non è il ricordare in senso forte di cui parla
questa pagina dell’Antico Testamento.
Qui il ricordare si riferisce all’evento centrale e collettivo della vita di tutto il popolo che è
rivissuto comunitariamente nei
gesti, nelle parole, nella predicazione, nell’esperienza rinnovata.
Gli Israeliti che udivano questa
predicazione vivevano secoli e secoli dopo l’evento della rivelazione di Dio sul Sinai, secoli dopo
l’esperienza intensa e straordinaria di una vocazione orientata da
una legge divina. Ma si sentivano dire: voi vi avvicinaste, vi fermaste appiè del monte, udiste,
non vedeste, riceveste il patto...
Questo è il ricordo, nel senso
biblico: il rivivere l’evento oggettivo e fondante della fede, riviverlo nella propria esperienza.
Il Nazareno
Un appuntamento bimestrale per chi si interessa dei fratelli Wesley e dei movimenti
sorti dal risveglio metodista.
Scritti storici e teologici wesleyani.
Abbonaménti 1983 L. 5.000
c.c.p. intestato a « Il Nazareno », via Fogazzaro 11, 00137
Roma.
E’ quanto noi sperimentiamo
ogni volta che l’evento che fonda la fede cristiana, la croce e la
risurrezione di Cristo, cessano
di essere fatti lontani nella storia e nella logica, per diventare
il centro motore della nostra vita, il senso della nostra esistenza, così che noi diventiamo contemporanei di Cristo duemila anni dopo, ci fermiamo appiè della croce, viviamo con lui intensamente il senso della sconfìtta,
dell’assurdo, dell’abbandono di
Dio, e malgrado questo e in questo, nell'accettazione di questo,
conosciamo la speranza inesprimibile della tomba vuota, la promessa della vittoria sulla minaccia che pesa sulla nostra vita, la
minaccia della morte e del non
senso.
Questo è il ricordare in senso
intenso e fondamentale a cui ci
invita la Bibbia. Questo è il ricordare che tentiamo domenica
dopo domenica nel culto, che cerchiarho nello studio biblico, che
siamo chiamati insieme e anche
individualmente a ricercare nel
confronto con la Parola e con
gli eventi della nostra vita.
Non abbiamo la garanzia di
questo ricordare, il cui mistero
resta nelle mani di Dio. A noi è
affidata la responsabilità di questa ricerca attiva, del riconoscere con umiltà che la fede è fatta
di questa tensione tra dimenticanza e ricordo, e la responsabilità di muoverci continuamente in questa direzione, dalla dimenticanza al ricordo.
Franco Giamplccoli
Johann Sebastian
il genio
' Karl Geiringer, I Bach - Storia
di una dinastia musicale. Ed. Rusconi,
1981, pp. 718, L. 30.000.
com
nuovi tempi
settimanale di
fede, politica, vita quotidiana
Un settimanale autogestito di
controinformazione all'interno delle esperienze di base e
delle lotte di liberazione.
Abbonamento annuo L. 30.000,
seme,strale L. 15.000 - Estero:
Europa L. 40.000, altri paesi L.
50.000 - Sostenitore L. 60.000 versamenti da effettuare sul
c.c. p. 61288007 intestato a
Com-Nuovi Tempi, via Firenze 38 - 00184 Roma.
rietà familiare per le quali nel
passato le vedove e gli orfani
Bach non erano mai lasciati senza soccorso. E alla fine due nipoti di Bach che in qualche modo sintetizzano l’influenza del
nuovo mondo che nel ’700 si muoveva verso il romanticismo, e le
antiche tradizioni che rimanevano anche nell’800: Johann Sebastian II, il pittore che morì giovanissimo a Roma, meta prediletta
della nuova sensibilità, e Wihlem
Friedrich Ernst, il placido figlio
del più tranquillo figlio di Bach,
il musicista che visse a Berlino
pieno di nostalgia per la provinciale Bückenburg, e che visse,
uno dei pochi longevi della sua
famiglia, fino a vedere l’entusiastica rivalutazione del grande
nonno per merito di Mendelssohn.
ANCORA SU HASLER
Su tutti giganteggia la figura
del grande Johann Sebastian, la
cui personalità emerge più completa di quella dei suoi predecessori anche per il maggior numero di documenti pervenuti; la figura di un genio costretto ma
non dominato da un ambiente
meschino e da un lavoro monotono; di un marito fedele e di
un padre attento; di un credente senza tentennamenti; di un
impiegato coscienzioso ma testardo, sempre in lite con i superiori; lo seguiamo negli impieghi presso corti e presso concistori, nelle poche soddisfazioni
fra chi lo credeva e lo preferiva
un buon arridano, nelle difficoltà e nei molti dolori, impegnato
nella composizione di musiche
innovatrici che non erano capite.
Il libro non risponde però, forse per mancanza di documentazione, a una domanda che si pone spontaneamente; le ragazze
Bach ebbero un’educazione musicale in famiglia come i fratelli? Fu solo il pregiudizio dell’epoca a impedire che Catharina
Dorothea, Juliane, Caroline, Regina Susanna fossero musiciste
come il padre e come Anna Magdalena?
Il libro di Geiringer è completato da una bibliografia, una genealogia dei Bach (sarebbe utile
però anche lo schema di un albero genealogico), un indice dei
nomi; reca inoltre ventotto illustrazioni in bianco e nero.
E’ una biografia ben documentata, che non concede niente alla fantasia; tuttavia nella parte
biografica è molto scorrevole e
di lettura facile e plana; molto
più difficili invece i paragrafi di
critica musicale, arricchiti da
più di un centinaio di esempi
musicali, stesi in linguaggio molto tecnico, che richiede una certa preparazione.
Roberta Colonna Romano
Ecco le precisazioni richieste da G.
Gönnet a proposito del libro di Hasler
(v. n. 5/83). Le ragioni di una riduzione e parziale sostituzione delle illustrazioni nell'edizione italiana sono intuibili e affidate, di solito, alla discrezionalità di chi acquista i diritti di traduzione;
1) l’elevato costo di riproduzione
delle Illustrazioni originali;
2) la monotonia ripetitiva dei volti dei
Padri conciliari del Vaticano I. È pur
vero che il cattolico P. Hebblethwaite
ha scritto che « hanno un aspetto assai
poco promettente » [recens. in « Nat.
Catholic Reporter », USA, 6.3.81), ma
fondare una tesi storica sull’analisi dei
tratti somatici non sarebbe serio.
Per compensare almeno in parte la
riduzione abbiamo aggiunto una diecina
di disegni da giornali dell’epoca, indicandone la fonte. Che siano di buono
o di cattivo gusto è discutibile, ma oggi le « vignette » sono riconosciute una
fonte storica di rilievo per valutare il
livello di comprensione e la reazione
immediata deH’opinione pubblica ai fatti contemporanei. L’accusa di « anticlericalismo », oggi, è di quelle squalificanti, Eppure: non vi sarebbe anticlericalismo se non vi fosse ancora il clericalismo in Italia, come ben dimostra
la storia di nazioni più fortunate che
non hanno conosciuto questa piaga.
Cosa vi sarebbe di offensivo in queste « vignette »? Posso capire che vedere Pio iX nelle vesti di un clown
possa scandalizzare un cattolico abituato a sacralizzare la figura del papa, ma
deve trattarsi di un cattolico vecchiostile! Quando « La Repubblica », alcuni
anni fa, pubblicò un’intera pagina di
“ satyricon » dedicata al papa, ricevette molte proteste sdegnate. Poi la cosa
si è ripetuta anche in altri giornali ed
è entrata nel costume italiano.
Infine: dove sta il vero scandalo;
nelle « vignette » o nei fatti che le
hanno ispirate? nel papa in vesti di
clown 0 nel suo comportamento prima,
durante e dopo il Concilio? È storicamente accertato che Pio IX nutrisse
una vera passione per scene spettacolari di duabio gusto. Come, ad es., quella che concluse il ,« caso Mortara » di
Bologna (1859), rico’rdato da Hasler a
pag. 252. Un ragazzo ebreo di sette anni, Edgar Mortara, battezzato a tradimento da una dome,s,tica cristiana,
strappato dalla polizia alla famiglia per
ordine del papa e non più restituito,
malgrado le vivissime proteste, viene
spettacolarmente presentato ai genitori
disperati in veste talare da seminarista
a dimostrazione definitiva della sua
« conversione » al cattolicesimo.
È ovvio che per noi la questione
deH’infallibilità è secondaria di fronte
a quella del papato stesso, sia pure
« riformato ». Ma da qualche parte bisogna pur cominciare a vagliare il dogma sul metro del Vangelo, Dobbiamo
riconoscere che scontiamo l’errore di
aver lasciato troppo campo libero all’apologetica cattoiica, in questo come in
altri settori. Oggi, che Pietro sla stato
il primo papa seguito da Lino, Cleto
eoe., è dato per scontato dalla cultura italiana, come un fatto storicamente
accertato! Per molti cattolici, anche
solo il mettere in dubbio che Pietro sia
mai venuto a Roma diventa • il colmo,
dopo quello che ha scritto Cullmann »
(» Eco del Chisone » del 4/2, p. 6), Infatti: Cullmann (che non ha mai goduto però di magistero infallibile) è stato subito tradotto dai cattolici, ma chi
di noi ha pensato di tradurre K. Heuss!,
P. Hoffmann, Rudolf Pesch, ecc., o anche solo di rileggersi il Pietro a Roma
di Giovanni Miegge?
Carlo Rapini, Torino
PACE E GIUSTIZIA
Egr. Sig. Direttore,
Di questi tempi è diventato molto di
moda lottare « per » la pace, ed anche il
nostro giornale si dà molto da fare in
questo senso, senza mancare mai di
segnalare tutte le attività dei vari comitati per la pace e le varie marce
della pace. Pur avendo molti dubbi sulla validità di queste azioni non desidero,
in questo momento, contestarle. Vi è
tuttavia un argomento che desidererei
vedermi chiarito da lei o da un redattore de L’Eco/Luce: perché la guerra?
perché i preparativi di guerra? La guer
ra è voluta da alcune dozzine di uomini pazzi, desiderosi di crearsi dei troni
su montagne di cadaveri? Questo, in
fondo, è ciò che appare « grosso modo » dalle varie manifestazioni « per »
la pace, ma io penso (è una opinione
personale) che nessuna persona ' veramente seria possa accettare questa tesi. La guerra è legata a motivi economici?
Dicendo che, secondo me, i motivi
sono proprio questi non credo di esprimere un pensiero nuovo. Ma allora se,
in un campo che, solo apparentemente,
è diverso, noi ci mettiamo in testa ad
un corteo per una « maggiore giustizia
sociale », che io vedo — qui, ora e da
noi — come la richiesta di un ■■ maggiore benessere individuale », non corriamo
forse il rischio di combattere » per »
la guerra, anziché « contro » la guerra?
Cerchiamo di non dimenticare che il
mondo non termina al confini del nostro
paese, ma che al di là vivono — si fa
per dire — molte centinaia di miiioni
di uomini con un decimo del guadagno
medio di un operaio italiano. Se noi
lotteremo per una vera giustizia sociale
estesa all’umanità, pronti a limitare il
nostro benessere perché gli altri ne
abbiano anch’essi, allora la nostra azione sarà seriamente contro » la guerra. Siamo capaci di andare veramente
contro corrente? Siamo capaci di lottare per il benessere non nostro, ma del
terzo mondo? Siamo capaci di lottare
contro il nostro sfruttamento dei paesi
poveri? Se lasceremo da parte le folcloristiche, ma, purtroppo, inutili manifestazioni in favore della pace e volgeremo la nostra azione in favore dei nostri frateiii che non conosciamo (in
Africa, in India e altrove) allora veramente il nostro cuore sarà aperto a
quell'amore a cui Gesù ci ha chiamati.
Giovanni Rostagno, Torino
ce La guerra è la continuazione della
politica con altri mezzi » e sempre le
varie nazioni hanno cercato di legittimare le doro decisioni di guerra con
ragioni politiche.
Oggi però siamo di fronte ad una
novità radicale: la guerra atomica si
prepara tutta in tempo di pace. Oggi
fare un discorso sulla guerra possibile
vuol dire esaminare le ragioni della
diffusione della conflittualità nel mondo. Concordo perciò col nostro lettore
che sia indispensabile in questa analisi .affrontare il problema del importo
sviluppo-sottosviluppo (Nord-Sud, scambio ineguale) ed e quanto il nostro
giornale cerca di fare con numerosi articoli e documentazioni.
Non sono invece d’accordo sulla affermazione secondo cui sarebbero anche le lotte salariali degli operai nell’Occidente sviluppato a causare le ineguaglianze tra i paesi. Pur avendo questa tesi importanti sostenitori (ricordo
per tutti l’economista Emanuel Arghiri) mi sembra di poter affermare
che queste lotte mirano a urut redistribuzione interna della ricchezza nazionale. I meccanismi economici imperialistici sono altra cosa ed in ogni caso occorre analizzare caso per caso la
politica economica degli stati e delle
loro associazioni (la CEE ad es.) e
vedere quanta parte ha il salario nella
determinazione dei termini di scambio.
Su questo argomento consiglierei U
nostro lettore a seguire il dibattito in
corso nel CEC sulla questione della
partecipazione allo sviluppo. E’ infatti importante che le nostre chiese approfondiscano l’etica politica suggerita
dal CEC : « per una società più giusta,
partecipata, e vivibile ». In questo slogan si trovano tutti gli elementi per la
costruzione della pace che sia frutto
della giustizia: la giustizia sociale, la
democrazia, e la qualità della vita. Ciò
per tutti: nel primo, nel secondo, nel
terzo mondo. (g-g-)
Protestantesimo
in TV
lunedì 7 marzo 1983
li rete - ore 22.40
a modifica del precedente annuncio:
IL JMESSAGGIO
EVANGELICO SI FA
IWUSICA E CANTO
Aspetti della Riforma luterana.
3
4 marzo 1983
fede e cultura 3
MALATTIA E MORTE - 2
Conseguenze di una
mutazione culturale
In questo secondo articolo dobbiamo vedere gli eventi che dal
disperato fatalismo dell’uomo di
ieri hanno portato l’intelletto
umano ad esprimersi oggi con
questa prosa: « Se tutti i nostri
sforzi venissero concentrati sulle
malattie mortali, vinceremmo
tutte le battaglie contro la morte, ma perderemmo la guerra. Se
l’emortalità ’ deve diventare realtà, gli sforzi della ricerca devono essere concentrati su una questione importante: l’invecchiamento.
Sembra una delle più grandi
tragedie della vita che, dopo un
assaggio fin troppo breve del periodo di massimo vigore fìsico
e acutezza mentale, il nostro corpo inizi un progressivo ed inesorabile declino », (Alvin Silverstein, La conquista della morte).
« La morte è un’imposizione alla
razza umana che non si può più
accettare » (Alan Harrington,
The Immortalisi).
Questo linguaggio, che richiama e va addirittura oltre la speranza espressa dalle parole di
Isaia che riportavamo nel precedente articolo è frutto e conseguenza di un progresso tecnicoscientifico che ha spinto l’uomo
nella direzione di realizzazioni
che sembrano persino uscire dai
limiti dell’utopia per toccare addirittura quelli della follia.
Due periodi
animali, dove la malattia guarisce praticamente da sola o si conclude con la morte del soggetto
colpito, dandosi raramente il caso della « cronicizzazione » della
malattia e della lunga agonia
premortale, fenomeni che invece
sono tipici e caratteristici di molte malattie del nostro tempo.
La recente
evoluzione
E’ dalla seconda metà del secolo scorso che l’arte medica acquisisce conoscenze nuove e realizza successi concreti, che, anche nella loro semplice elencazione, danno subito l’esatta sensazione che l’evoluzione culturale
ha aperto all’uomo un periodo
del tutto diverso. Si va dalla vaccinazione jenneriana alla scoperta dei germi di Pasteur, dalla
scoperta dei gas anestetici ai procedimenti di sterilizzazione, dalla
scoperta dei gruppi sanguigni alla pratica delle trasfusioni di
sangue e a quella di un’alimentazione quasi completa per via parenterale-endovenosa, dalla scoperta dell’insulina a quella degli
altri ormoni, dalle sostanze insetticide ai sulfamidici, agli antibiotici, ai vaccini antivirali, e a
tutta una serie di farmaci 'efficaci e mirati, dalle nuove tecniche anestesiologiche a quelle
rianimative, dalla pratica degli
innesti di tessuto a quella dei tra
pianti d’organo, dalle apparecchiature di protesi sintetiche alle macchine sostitutive di essenziali funzioni organiche (cuorepelinone, rene artificiale), dalle
tecniche diagnostiche radiologiche elementari a quelle sofisticate computerizzate, dall’ecografia
all’indagine magnetico-nucleare,
dai primi esami delle urine alle
indagini biochimiche di ogni tipo.
E’ tutto un succedersi sempre
più rapido di possibilità tecnologiche che arricchiscono la medicina di mezzi diagnostici e terapeutici e che insieme alle concomitanti nuove conoscenze sui
meccanismi più complessi della
vita — basti solo pensare alla
scoperta del codice genetico —
aprono speranze illimitate anche
nei confronti di quel frutto dell’albero della vita che secondo
il racconto della genesi fu proibito ad Adamo.
Nessuno può mettere in dubbio che questa recente evoluzione culturale dell’uomo grazie alle
sue conquiste lo ponga oggi in
una condizione meno indifesa e
scoperta nei confronti del fenomeno malattia-morte e in un atteggiamento sempre più fiducioso nei confronti deU’awenire.
Questa esperienza vissuta ha fugato gran parte di quel sentimento di fatalismo impotente
che legava a filo doppio resistenza umana al volere o al capriccio
degli dei, con ciò non poco contribuendo alla costruzione di
Nella lunga storia dello sforzo
dell’uomo per vincere ed allontanare da sé malattia e morte si
individuano due periodi tra loro
ben distinti. Il primo va dall’alba dell’uomo preistorico sino alla metà del XIX secolo, il secondo da questa data ai nostri giorni: lunghissimo il primo, assai
breve il secondo. Durante il primo periodo lo sforzo culturale
dell’uomo contro la malattia e
la morte che a questa segue resta, come già si è detto, un tentativo generoso, più illusorio che
concreto, addirittura più nocivo
che efficace, a differenza invece
di quanto questo sforzo acquisisce e realizza nella ricerca di più
sicure e comode dimore, di maggiore e più vario cibo, di nuovi
strumenti di lavoro e mezzi di
trasporto e di comunicazione.
Proprio alla luce delle conoscenze oggi realizzate nel campo
dell’anatomia, della fisiologia e
della patologia dell’ organismo
umano, il giudizio a posteriori
sulle pratiche terapeutiche della
medicina del primo periodo si fa
ancora più negativo, portandoci
alla conclusione che per tutto
questo tempo la salute e la sopravvivenza dell’uomo sono state
affidate quasi unicamente alle
sole difese che madre natura fornisce ad ogni essere vivente e
cioè 1) la capacità di reazione
flogistica e riparatrice dei tessuti, 2) i poteri immunitari specifici di ogni organismo, 3) la capacità adattativa dell’omeostasi
biochimica dell’individuo alle variazioni ambientali esterne ed interne: poteri e qualità difensive
che già la cultura classica antica
aveva intuito ed indicato nella
vis medicatrix naturae (la potenza guaritrice della natura). Si
potrebbe quindi affermare che
per tutto questo lunghissimo
tempo — almeno nei confronti
delle malattìe più gravi e serie —
l’uomo non sia riuscito ad aggiungere nulla di suo a quanto la
natura già gli aveva dato. In questa disarmata condizione culturale dell’uomo il fenomeno malattia-morte si svolge con una fisionomia e metodica che sono asai poco diverse da quelle che
si osservano nelle altre specie
quella immagine dell’uomo padrone e dominatore della natura
e dei suoi meccanismi così cara
alla cultura tanto scientifica che
sociologica maturata fra Qttocento e Novecento.
E’ in questa chiave di lettura
che — a mio avviso — va vista
ed inquadrata la nuova problematica « dei malati e dei morenti », che altro non è se non il ripresentarsi costante di quel fenomeno tipico dell’esperienza
umana che vede sorgere subito
ombre non appena le sue speranze e le sue aspirazioni cominciano a concretarsi ed a realizzarsi
storicamente nel quotidiano.
Una svolta radicale
Questo nostro secolo e soprattutto gli ultimi tre decenni segnano difatti una svolta nella
problematica della malattia e
della morte: si può con ragione
affermare che le conquiste dell’uomo nel particolare campo
della medicina stiano provocando una mutazione aH'interno di
un equilibrio naturale in cui l’alternarsi del nascere e del morire
umano era regolato pressoché interamente da quella stessa selezione naturale che mantiene gli
equilibri tra le altre specie animali e tra queste e il loro ambiente. Per la prima volta l’uomo vive l’esperienza di una sua
voluta mutazione, che ha reso
possibile il blocco della selezione naturale nella specie umana.
Di questa mutazione qui possiamo cogliere alcune conseguenze, che sono: 1) la sconfitta di
malattie prima mortali (si pensi
solo al flagello delle pestilenze),
2) l’aumento improvviso e rapido
della popolazione mondiale che
continua a raddoppiare in tempi brevi, 3) l’aumento della vita
media di tutte la popolazione
mondiale ma con particolare
consistenza di quella del mondo
industrializzato, 4) l’aumento in
percentuale crescente della popopolazione anziana, malata, mutilata, rispetto a quella apparentemente sana.
E’ proprio al quarto ed ultimo
punto che si lega — come vedremo in altro articolo — quella
« problematica dei malati e dei
morenti » che tanti angosciosi interrogativi già solleva ed ancor
più solleverà in avvenire.
Aurelio Mauri Paolini
^ Possibilità di vita lunghissima col
blocco o modifica dei meccanismi biologici dell’invecchiamento.
Scuola Domenicale
Sono
evangelico
E’ uscita la 2“ edizione di « Sono evangelico ». Il fascicolo di
60 pp. che, oltre la « storia di Lutero » e una breve esposizione su
« Che cosa credono i protestanti », contiene una serie di schede
sulle principali differenze tra cattolici e protestanti, si è esaurito
rapidamente. Ora viene riproposta la 2‘ edizione con lievi modifiche e qualche aggiunta, quali
una scheda sui miracoli e una
appendice con i « Dieci comandamenti » ( ciascuno seguito da
una breve spiegazione), il Padre
Nostro e un fac-simile di domanda di esonero dalle lezioni di religione cattolica nelle scuole. Costa lire 1.000. Per acquistarlo ci
si può rivolgere alle librerie
Claudiana di Milano, Torino e
Torre Pellice o direttamente
presso l’editrice Claudiana, Via
Principe Tommaso 1, 10121 Torino.
MILANO; «PROCESSO ALLA CULTURA»
La religione sotto accusa
Silvia Giacomoni su ’Repubblica’ commentando la prima serata di ’Processo alla Cultura' tenutasi a Milano lun^ì 31 gennaio
scorso al Salone ffier Lombardo
ha scritto: « C’era tensione e consapevolezza di partecipare a
qualche cosa di importante che
la cultura ufficiale ignora, con
cui però i politici prima o poi dovranno fare i conti ». Devo dire
che questa è la esatta sensazione che anche io ho provato
all’inizio della serata; era in realtà un effetto trascinante.
L’assunto di questa serie di incontri, da questo dedicato alla
Religione, ai successivi che vedranno protagoniste la Scienza,
l’Arte, l’Economia e la Politica,
pei' finire al 28 di marzo con la
ÌFilosofia, è di verificare quella
che è la teoria di Emanuele Severino cioè se la civiltà contemporanea abbia smantellato praticamente le grandi istituzioni della tradizione occidentale sostituendosi ad esse come una grande vincitrice, o se il tramonto
della civiltà che si riconosce nel
pensiero greco sia dovuto ad una
malattia mortale, interna ed invisibile a chi ha la sensazione di
vincere. Dove, appunto, la cultura che suppone di vìncere potrebbe essere la Scienza mentre
la malattia occulta potrebbe avere le forme della Religione, dell’Arte, della Politica, della Filosofia.
La serata di lunedì aveva per
tema l’analisi, come si è detto,
della prima di queste possibili
forme mortali, appunto, la Religione.
Il Salone Pier Lombardo era
strapieno di un pubblico ’famelico’. Dietro al tavolo, sul proscenio, Emanuele Severino in veste di ’presidente’ e di coordinatore oltre che di ispiratore, di
tutti gli incontri, poi Gianni Bagef-Bozzo, Sergio Quinzio, Adriano Bausola e Giuseppe Galasso e
Francesco Alberoni come rappresentanti del muro e del martello
secondo la immagine niciana cara a Severino.
Il dubbio fondamento
della fede?
Emanuele Severino è professore di Filosofia Teoretica a Venezia, con la sua collaborazione al
’Corriere della Sera’ si è imposto come portatore dell’anima
’laica’ all’intemo della cultura
espressa da quel giornale, anima
laica arrivata, dopo la scomparsa di Pasolini e la emigrazione
di eminenti commentatori, a bilanciare quella dichiaratamente
’religiosa’ di Giovanni Testori che
per un certo tempo sembrò prevalere.
Qra Severino è un personaggio ricercato dai settori della
cultura del progetto (la sua identificazione processo = progetto
è significativa).
Bisogna dire però, (almeno
questa è stata la mia impressione successiva a quella iniziale
estremamente positiva) che gli
assimti per la presentazione del
tema erano troppo complessi e
il pubblico alla fine ha assistito
solo àd un grande dialogo fra
sordi, e non poteva essere ^che
così.
Ciascuno dei partecipanti infatti ha rifiutato di identificarsi
o nel muro o nel martello e tanto più i ’’religiosi”, che Severino
aveva identificato nel muro, ancorché incalzati dalla acribia dialettica del presidente.
Che il suo pensiero fosse all’opposto di quello che questi re
latori andavano esponendo e
cercasse sempre di rilevarlo, legando con commenti spesso polemici i vari interventi, Severino lo ha scritto, prima in modo
problematico nel testo di presentazione degli incontri, poi a tutte
lettere sabato 5 febbraio sul
’’Corriere della Sera” con un lungo articolo, un piccolo saggio,
con questo titolo: « Che cosa significa credere. L’Uomo, il Dubbio, la Fede, la Verità » la cui proposizione centrale è la seguente
« ...Si sta dicendo che la fede...
non è mai esistita e non può esistere: nello stesso senso in cui si
dice che non è mai esistito e non
può esistere un circolo quadrato. ». E più avanti enunciando il
tema del dubbio « come la notte
in cui gli invisibili si celano »:
« Ciò -vuol dire che il dubbio è
il fondamento della fede (di ogni
fede); è la ’’pietra” su cui viene
costruita la fede (e quindi ’’edificata” ogni chiesa). Una pietra
che però non assicura una base
incrollabile da cui la pura fede, liberandosi dal dubbio, possa
spiccare il suo volo; ma una pietra che trascina la fede nel fondo oscuro della notte... ».
E’ evidente che chi assisteva
alla presentazione appassionata
e, in certi momenti, estremamente intensa delle varie posizioni
dei relatori non si aspettava alla
fine « una sostanziale identità di
vedute » che chiudesse in bellezza la serata, si aspettava forse
la polemica accesa o il combattimento, certamente chiedeva un
momento di ricognizione e di riflessione finale che desse collocazione alle posizioni di ciascuno rispetto alla grande « malattia » e fornisse una mappa dei
vari modi di leggere i segni dei
tempi. Non è stato così, ciascuno
alla fine ha replicato e risposto
agli interrogativi che all’intemo
delle relazioni si erano andati
via via ponendo, e tutto si è concluso.
Interrogativi
Mi chiedo, alla fine, cosa sia
servito tanto sapere se è stato
amministrato in modo tanto rituale ed accademico davanti ad
una platea che chiedeva tutto
ma non certamente di assistere
ad una tavola rotonda. Mi chiedo perché si sia adottato un meccanismo di presentazione tanto
desueto' e non un dialogare, ad
esempio, su temi specifici con interventi di domanda e di risposta
che animassero l’esposizione « di
parte » dei vari relatori. Mi chiedo perché non si sia chiamato a
partecipare un laico di formazione diversa da quella « cattolica »
dei presenti che potesse dare una
coniugazione diversamente impostata dei concetti di Dubbio,
di Fede, di Verità. E cosa è stata
alla fine la conclusiong^ di questa
prima seduta del processo? La
Religione è o non è un focolaio
di dissoluzione e di morte nel
cuore stesso della grande tradizione? E’ essa muro o martello?
Non mi pare che la risposta sia
venuta: se c’è stata si è ammantata di veli dialettici che non
hanno certo prodotto chiarezza
anzi direi che sono parsi difficili
e infidi.
Resta, a mio avviso, il valore e
il significato del grande tema affrontato; resta il segnale che viene dalla presenza del grande pubblico di giovani e della loro consapevolezza nella partecipazione
e nella attenzione tesa.
Carlo Bassi
4
\
4 vita delle chiese
4 marzo 1983
INTORNO ALL’8 MARZO
Il dialogo tra donne e uomini
della "festa delle donne” interroghiamoci sulle possibilità di cambiare i rapporti tra i sessi e le nostre mentalità
I discepoli si erano meravigliati di vedere Gesù che parlava
con una donna, la Samaritana.
Per noi questa reazione dei discepoli appare strana perché i
costumi sono cambiati. Ma lo sono veramente? Un esempio: per
2 volte, a distanza di 6 mesi, in
settembre e in febbraio, Agape
ha cercato di organizzare un incontro sulla « comimità delle
donne e degli uomini nella chiesa », e ,non ci è ancora riuscito.
L’incontro è rimandato ad una
terza volta. I motivi saranno vari e contingenti, ma il principale
non sarebbe che abbiamo pairra
di dialogare gli uni con le altre?
Quando le istituzioni ufficiali delle nostre chiese — ancora prevalentemente maschili — organizzano incontri e azioni, qualche
cosa si fa. Quando i gruppi femminili: FFEVM, Giornata mondiale di preghiera delle donne,
FDEI, donne EGEI, campi femministi, organizzano incontri e
azioni, qualche cosa si fa. Ma insieme, quando si tratta di uno
scambio di esperienze sul proprio essere, e sul nostro modo di
agire e testimoniare, sembra che
AGAPE-16 APRILE
Gesù Cristo,
la vita
del mondo
In preparazione della sesta Assemblea del CEC che si terrà a Vancouver
nel corso dell'estate 1983, Agape organizza un week-end di studio. Obiettivo
dell'Incontro quello di sensibilizzare le
chiese valdesi deile valli (e non solo
delle valli!) sui problemi che saranno
affrontati a Vancouver, ma al tempo
stesso offrire alla realtà del cattolicesimo pinerolese una possibilità di confronto e di dialogo sui problemi di ecumenismo locale. L'invito è dunque rivolto a tutte le chiese, ai gruppi bibiici interconfessionali che sono impegnati nelia ricerca ecumenica.
Il programma dell'incontro — che potrà subire delle varianti secondo ie
esigenze dei partecipanti — è il seguente;
Sabato 16 aprilp; Inizio ore 15: Alcune valutazioni sull'attività ecumenica
nel pinerolese (a cura di Paolo Ribet,
Ferrerò).
Note sui metodo di lavoro dei collettivi biblici e sulla pastorale del matrimoni misti (a cura di Mario Polastro).
Ore 21: Le tappe fondamentali del
cammino ecumenico dalla conferenza
di Edimburgo (1910) a Vancouver (a cura di E. Geitre).
Domenica 17 aprile: Culto animato da
Bruno Rostagno sul testo di Apocalisse 2: 8-11.
Pomeriggio: valutazioni conclusive.
Momenti di discussione faranno seguito ad ogni relazione.
Tutti i partecipanti che lo desiderano
potranno mangiare e dormire ad Agape. Costo dell'incontro L. 15.000. Per
iscriversi, telefonare al n. 0121/841514
o scrivere a: Segreteria di Agape,
10060 Praii (TO).
siamo tutti bloccati. 'Vorrebbe
dire che queste difficoltà riflettono sentimenti troppo profondi
per essere rimossi? Paure delle
donne di non farcela àd essere
capite nell’esprimere i propri disagi, o di andare incontro ad im
fallimento, che lasci tutto come
prima? Paure degli uomini a fare
affiorare il proprio malessere, o
timore di rimettersi in questione?
Mentre tutti siamo presi invece in un ingranaggio sociale
che ci forma, ci condiziona, e il
solo fatto di poterci confrontare,
anche in piccoli gruppi, ci aiutetebbe meglio a vedere come liberarci insieme da queste catene
esteriori che abbiamo interiorizzate. In realtà si tratta soltanto
di essere se stessi, con i propri
doni e le proprie carenze, niente
di più, niente di meno.
France Quéré, pastore della
chiesa riformata francese, si chiedeva già nel 1976 in « La femme
avenir »: « La dignità della donna consisterebbe nell’imitare l’uomo?... Non temiamo più di essere gli stessi (uguali), abbiamo
paura di essere altri (diversi)».
Inoltre può darsi che si tratti
anche di riscoprire, o di riconoscere, per ognuno di noi, il valo
re, l’importanza anche della debolezza, delle proprie debolezze,
non soffocate ma utilizzate, in
una società che esalta solo la
forza, il successo, e rifiuta e scarta quello che considera debolezza. Eppm-e Paolo diceva:
«Quando sono debole allora sono forte » (II Cor. 12: 10). Sono
proprio le nostre , « spine nella
carne » o le nostre distrette psichiche che abbiamo bisogno di
condividere gli uni con gli altri,
e per le quali abbiamo bisogno
della comprensione e della solidarietà degli altri o di sentirci circondati dalle loro preghiere, e
non certo da sguardi critici.
In questo 8 marzo le donne
hanno davanti, insieme a tanti
altri impegni sociali, quello della
mobilitazione in favore della pace; così saranno presenti a Collùso, e a Bruxelles, dove è richiesto 1 milione di firme (ved.
Eco-Luce 25-2-’83). Questo può
essere appunto un esempio tipico
di una lotta da attuare insieme
— anche se valida in sede separata perché è un moltiplicarsi di
segni di speranza — ognimo ci
porta la propria sensibilità, e il
peso di atteggiamenti secolari;
nella storia deU’umanità è rapporto specifico della massa delle
donne di essere sempre state dalla parte della vita e non della distruzione.
Si tratta dunque per noi tutti
di poter riflettere sulle proprie
esperienze, in vista di un cambiamento dei costumi per sopprimere tante ingiustizie sociali.
E’ possibile che oggi le donne
vedano meglio quello che ci sarebbe da fare, perché ne soffrono di più le conseguenze nefaste
(ad es. il loro doppio o triplo lavoro non riconosciuto — oppure
la tragedia delle madri argentine); ma solo tutti insieme riusciremo ad attuarlo concretamente:
tutti autori o autrici del cambiamento, e non spettatori o spettatrici.
Nelle sue tesi sull'emancipazione della donna Elisabeth Moltmann propone che accanto alla
tradizionale « diaconia all’interno
delle strutture », ci sia una « diaconia di trasformazione delle
strutture ». Tanti problemi d’incomprensione nelle famiglie e
perfino di spaccature nelle coppie, derivano da strutture e lavoro mal organizzati (es. ridurre i
tempi di lavoro per tutti, renderli fiessibili, quando i nostri figli, i nostri vecchi o i nostri ammalati hanno bisogno di noi, ecc.)
cioè migliorare la qualità della
vita. Nell’Antico Testamento le
vedove erano sempre le prime
citate quando si trattava di stabilire migliori rapporti sociali e
fraterni.
Ci impegneremo a dialogare,
senza temere errori o urti forse
inevitabili?
Marie-France Maurin Coisson
ALLE VALLI VALDESI
La scuola dei Bouissa
TORRE PELLICE — I lettori
hanno seguito in questi ultimi
numeri del giornale la polemica
circa la scuola di S.ta Margherita. Chiuso il capitolo Scuola Materna, l’Assemblea di chiesa straordinaria di sabato 26 ha esaminato le possibilità di utilizzo del
locale: riutilizzarlo come luogo
di riunione e centrò culturale nel
quartiere, oppure trasformarlo
in appartamento? Saranno i
membri di chiesa di Santa Margherita a dare indicazioni ad una
prossima Assemblea, dopo una
indagine svolta dagli anziani.
• Nel corso delle ultime settimane si sono svolti i funerali di
Mariannìna Introna, Maddalena
Pasquet ved. Pasquet, Margherita Spartel ved. Sibille, Céline
Giaime ved. Rostan, Elena Odin,
Maria Armand Ugon. A tutte le
famiglie colpite dal lutto la comunità esprime la sua solidarietà fraterna.
Ancora sulla
festa del XVII
A completamento delle informazioni date la volta scorsa sui
festeggiamenti del 17 febbraio,
avvenuti nelle diverse chiese,
pubblichiamo le ultime corrispondenze ricevute tralasciando
quelle che ripetono cose già scritte.
MASSELLO — Al culto ha pre
IL CENTRO FILADELFIA
organizza un corso intensivo di lingua inglese
dal 2 al 30 agosto 1983
L’iniziativa è specificamente per candidati studenti in
teologia, ma la partecipazione è allargata ad un numero limitato di altre persone, interessate al perfezionamento dell’inglese. Per informazioni sulle caratteristiche, i costi e le modalità di partecipazione, scrivere a:
Paolo Spanu - Via L. Colla, 20 - 10098 Rivoli (To)
dicato il past. Paolo Ribet, ha
partecipato al culto il parroco di
Massello e Salza, don Pasqualino
Canal Brunet, il quale da alcuni
anni interviene a questo culto
accompagnato da alcuni studenti
del seminario e da alcuni fratelli
cattolici.
POMARE'TTO — Una nota triste è stata la mancanza di falò
sulla montagna del Podio. Lo
spopolamento ha fatto sì che
nessun « Falò » sia stato acceso.
È un vero peccato. La giornata
del 17 si è svolta come è ormai
consuetudine: corteo con bande
musicali, Agape fraterna (presenti 220 commensali). Quest’anno
per la prima volta erano assenti
i nostri fratelli svizzeri delle
chiese di Onex-Grand e Pety Lancy. Unico presente il fratello Muston.
Recita
'VILLASECCA — Per domenica
13 marzo ore 14.30 nella sala dei
Chiotti è stata fissata la replica
della recita effettuata a 'Villasecca. La recita sarà seguita da un
incontro fraterno in cui sarà offerto a tutti un piccolo rinfresco
a cura della unione femminile.
Ricordiamo che al culto della
mattina avremo ospiti alcuni giovani della Fgei-valli.
• La nostra comunità ha espresso la propria solidarietà fraterna nella sofferenza e la comunione di fede nella resurrezione
dei morti _ ai familiari di Giovanni Enrico Peyrot e di Eugenia Pons ved. Peyronei i quali ci
hanno lasciati a pochi giorni di
distanza l’uno dall’altra.
Dibattito sulla pace
VILLAR PEROSA — Venerdì
4 marzo alle 20.30 il gruppo FGEI
presenterà un audiovisivo sulla
pace. Questo problema è, come
si sa, tra quelli indicati dal Sinodo all’attenzione delle chiese. La
riunione avrà luogo al Convitto
e sarà aperta a tutti.
• Il gruppo FGEI ha avuto un
incontro con i catecumeni di terzo e quarto anno sabato 26 febbraio. Domenica 6 marzo presiederà il culto, che avrà una prima parte centrata sulla riflessione biblica, e una seconda parte
aperta agli interventi di tutti.
• Il 16 febbraio è stato celebrato il funerale della sorella
Jenny Griot ved. Richiardone, di
anni 87. Alla famiglia rinnoviamo l’espressione di solidarietà
della comunità, nel ricordo di
una sorella che ha partecipato
molto attivamente alla vita della
chiesa.
• Per le sorelle che partecipano alla Giornata mondiale di
preghiera ad Ivrea, il pullman
parte da Villar Perosa alle ore
7.25 di domenica 6 marzo, con
fermata al Convitto e al Centro.
Decesso
PRAROSTINO ■— È deceduta
la nostra sorella Fornerone Margherita ved. Ghia via, « Magna Mighitta », alla Casa di Riposo Turina di San Secondo dove era
stata ricoverata alcuni anni fa in
seguito a frattura del femore. I
funerali si sono svolti giovedì 24
febbraio. Alle famiglie in lutto
esprimiamo la nostra simpatia
cristiana.
Visita del Moderatore
SAN SECONDO — Il Moderatore ha incontrato il Concistoro
il pomeriggio del 15 febbraio ed
un gruppo di membri di chiesa
convenuti nella sala la sera dello
stesso giorno. Sono stati discussi
i problemi della vita e della testifnonianza evangelica a San Secondo ed il Moderatore ha dato
un quadro generale della vita
della Chiesa Valdese in questo
momento. Siamo convinti che si
è trattato di un incontro interessante e positivo per tutti.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno tatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
_______Giovedì 3 marzo________
□ ATTIVITÀ’ FEMMINILI
NEL RIO DE LA PLATA
PINEROLO — Alle ore 14.30 presso
i locali della Chiesa Valdese, via dei
Mille 1, Lily Gönnet Artus (Uruguay)
avrà il piacere di incontrare attorno
ad una tazza di tè tutte le sorelle delle
Unioni Femminili del Distretto che lo
desiderano.
Venerdì 4 marzo ~
□ GIORNATA DELLA
PACE
TORRE PELLICE — Ore 20.45. In preparazione della giornata della pace dei
giovani del r Circuito (Bobbio Pellice,
1° maggio) si incontrano i responsabili
dei gruppi interessati alla organizzazione. L'incontro è aperto ai catecumeni.
Sabato 5 marzo ~
□ TELEPINEROLO
CANALE 56 - 36
Alle ore 19 va in onda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangelo •
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fernerone e Paolo Ribet).
_______Domenica 6 marzo_______
a RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.30 (circa): Culto Evangelico a cura delle Chiese Valdesi del II
Circuito.
Lunedì 7 marzo
n INCONTRO PASTORALE
L'incontro pastorale del I Distretto
avrà luogo a Luserna S. Giovanni (al
Presbiterio), con inizio alle 9.30.
— Riflessione biblica.
—^Tema della giornata: Fedi viventi =
sincretismo?
Domenica 13 marzo ~
□ INCONTRO DEI
CONFERMANDI
Tutti I catecumeni di IV anno del
I Distretto sono invitati a partecipare
all'incontro che avrà luogo ad Agtve
domenica 13 marzo. Scopo: avere un
momento di ..incontro e di conoscenza
reciproca.
— ore 10: culto con la comunità di
Praii;
— ore 11.30: incontro con il gruppo
residente di Agape:
— Pranzo ad Agape;
— Pomeriggio di informazione e Incontro.
CASA VALDESE
DI RIO MARINA
Isola d’Elba
La casa offre ospitalità alle
famiglie che vogliano trascorrere un periodo al mare in un
ambiente di viva comunità
cristiana.
Essa è aperta dal 15 giugno
al 15 settembre.
Per informazioni e prenotazioni, rivolgersi a Roberto Romussi - Via del Passeggio n. 8 02044 Forano S. (RI) - Telefono 0765-5018.
Nel periodo di apertura della casa, indirizzare le richieste
in Piazza Mazzini n. 1 - 57038
Rio Marina (LI) - Tel. 0565 962141.
5
4 rnarzo 1983
vita delle chiese ’>
DAL 13 AL 20 FEBBRAIO SI E’ SVOLTA LA « SETTIMANA DELLA LIBERTA’ »
Lutero affascina e mobilita le nostre chiese
Situata a cavallo del li febbraio — che per gli
evangelici è simbolo di libertà civile e religiosa —
la « settimana delia libertà », è stata centrata quest’anno sul 5° centenario della nascita di Lutero
visto sotto l’aspetto dell’attualità del messaggio
della Riforma.
Come nelle precedenti due edizioni, la « settimana » è stata unificata dal manifesto predisposto
dalla Tavola valdese il cui testo è stato riprodotto sui nostro giornale nel numero dell’ll febbraio.
Diamo conto in questa pagina di varie iniziative
a cura delle chiese valdesi e metodiste.
Dalla teologia del buon
senso alla croce di Cristo
Si parte con i turchi e si arriva con Furio Colombo, incontrando Pizarro e Cortéz, Erasmo e Tetzel, Carlo V, Honecker,
Andreotti. Dalla Spagna si salpa
per Messico e Perù, si naviga in
Scandinavia, si accostano i vecchi Stati tedeschi, si veleggia
per il Centro America e si approda a quel calderone teologico (e
non) che sono gli Stati Uniti.
Okay, come ha detto due volte
l’oratore nei 63 minuti della sua
esposizione ai 200 che l’ascoltavano in una sala della città.
Valdesi, Fratelli, cattolici (fra
cui Adriana Zarri, il vescovo
Bettazzi, preti e suore) insegnanti, studenti, e il resto del pubblico che non rientra o non si riconosce in quelle file, non hanno
assistito all’autopsia del retto
monaco agostiniano ; piuttosto
sono stati fatti partecipare al
percorso della sua fede, appassionante e srotolato con altrettanta passione, temperata dalla
dose minima indispensabile di
vigilanza critica.
Bouchard ha parlato il 17 febbraio, fulcro e culmine della nostra ’’settimana della libertà”.
Non ha neppure fatto cenno che
il 1983 è 1’ “anno santo” di Wojtyla. Ha esordito dicendo che è
l’anno luterano e di Lutero si occupano tutti : « Nessuno, tranne
Marx, ha avuto tanta attenzione
nel nostro tempo ».
Ma che uomo è Lutero, in quale clima nasce? Dire Lutero è
dire scisma? La sua figura si
esaurisce in una crisi di coscienza? Si perde in un anti-cattolicesimo improduttivo? Il ’500 è
la rottura del cristianesimo per
colpa sua? « Lutero non si capisce sul fronte religioso ma sul
fronte laico. Erasmo propone la
religione del buon senso, una
fede "ragionevole”, il progresso
morale. Invece Lutero riscopre
il senso della salvezza, che in
termini moderni vuol dire senso
della vita e della storia. Propone la croce di Cristo. Che non è
atto eroico, supremo, ma sorpresa e sconvolgimento — di noi
stessi e della visione del mondo — con i quali credenti e noncredenti devono fare i conti ».
Questo è il primo punto, e giustamente messo al primo posto.
Ma seguono altri cinque:
— la solitudine di Lutero, non
fatta di superbia spirituale ma
di isolamento, da cui ricava forza e coraggio per scatenare un
movimento di massa. Vaticano
e Impero se ne rendono conto,
ed è subito Controriforma;
— dai testi originali traduce
la Bibbia, che sarà diffusa da
ex sacerdoti e frati. Qui come
altrove, prima e dopo Lutero, la
Bibbia in mano al popolo diventa veicolo di cultura oltre che
di fede;
— l’appello al laicato. Siamo
nel Medioevo, gerarchie dappertutto, ma la Riforma respinge
la gerarchia nella chiesa, ed ecco il sacerdozio universale;
— la donna : « Al centro della
parrocchia medievale c’era un
uomo, il prete. Con Lutero, al
centro c’è la coppia pastorale.
La donna vista sulla base della
sua azione e non più della sua
presunta inferiorità». (In questo
preceduto da Valdo, osserva alla
fine uno dei presenti) ;
— in ultimo « L’etica del lavo
ro. Dalla Sassonia fino all’Inghilterra di lOO anni dopo, la persona è ciò che essa diventa col
suo lavoro. Il lavoro non più come salario del peccato, colpa,
maledizione, ma compito esistenziale... Ora Lutero punta ai tempi lunghi, riniziativa passa ad
altri: le rivoluzioni calvinista, la
Scozia, la rivoluzione inglese ».
Sgorga la “pietà luterana”, fruttuosa di grande musica (Bach)
e di filosofia, da Kant a Hegel
(che si professa luterano).
Come ogni vicenda, anche il
luteranesimo ha le sue pagine
nere, contraddizioni colme di interrogativi: la guerra dei contadini nel 15(X), il nazi-fascismo nel
1900 contro il quale la Chiesa
evangelica tedesca ha lottato
proprio nel cuore della terra luterana. Un intervento chiede cosa pensare dei neo-cristiani di
matrice protestante che in America latina appoggiano le dittature, ma la domanda dimentica
che ci sono anche i neo-resistenti che le patiscono sulla loro pelle, per esempio la stessa Chiesa
valdese in Uruguay e Argentina.
Lutero e Calvino sono vincitori,
rileva un altro; ma gli sconfitti? « Oggi, dalla Germania agli
USA, pacifisti ed ecologisti hanno alle loro spalle non Erasmo
e la sua religione del buon senso, ma la riscoperta luterana
dello Spirito di Dio ».
Due impressioni registrate a
caldo: 1) consolante presentazione di Lutero, esaminato in
positivo; 2) Lutero visto nella
storia e nella cultura più che come trampolino di evangelizzazione.
Renzo Turinetto
Alta temperatura
SAVONA — La nostra « sala
evangelica » al centro di Savona
è un po’ il termometro delle nostre relazioni con la città, e lo abbiamo constatato anche in occasione della « settimana della libertà » di quest’anno, quando
sabato 19 febbraio si è riempita
per la conferenza dibattito proposta al pubblico sul tema: « La
Riforma: un avvenimento del
passato o una prospettiva per il
futuro? ».
Il nostro pastore Franco Becchino ha esposto le linee di testimonianza protestante scritte sui
manifesti e sui volantini distribuiti durante la settimana: la
possibilità, nella fede nel Dio vivente, di riforma dell’uomo, di
riforma della società e di riforma della chiesa.
Nel dibattito, la parte cattolica, invero non numerosa né rappresentativa (qui le parrocchie
sono molto restie al dibattito ed
al confronto) ha dimostrato l’imbarazzo di chi cerca la verità
evangelica e nel contempo deve
minimizzare la gerarchia e la
tradizione ohe sente ormai pesante; la parte laica ha invece trovato parole di incoraggiamento
per la posizione delle nostre
chiese vigili sui fatti della vita
civile, nella ricerca di dialogo e
di alleanza per aiutare l’uomo.
L’oratore ha infine ribadito che
« riforma » non significa rivalutare le chiese confessionali e
nemmeno la « chiesa primitiva »
quanto piuttosto ritrovare per
tutta resistenza dell’umanità il
fondamento della Parola di Dio.
Nell’ambito della « settimana
della libertà » dalla nostra comunità è partito pure il predicatore Massimo Rocchi per una conferenza sulla Riforma, domenica
20, preparata con successo a Bassignana; egli ha parlato venerdì
25 anche ad Imperia sullo stesso
tema.
Costume valdese
BORGIO VEREZZI — Più di
50 persone, per lo più evangelici
delle vicine chiese metodiste di
Savona e di Albenga e alcune famiglie residenti qua e là nei paesi adiacenti alla Casa balneare
valdese si sono raccolte attorno
al falò acceso sulla spiaggia la
sera del 16 febbraio, nonostante
il gelido vento di tramontana
che soffiava le fiamme sul mare.
Alle 21, nella sala grande della
colonia il pastore Franco Becchino ha tenuto una conferenza
dal titolo « Incontro con la storia valdese ». Sono seguiti numerosi e vivaci interventi anche da
parte di alcuni ospiti cattolici
che hanno accolto l’invito. La serata si è felicemente conclusa attorno ad un rinfresco offerto dalla Casa e, particolare curioso per un paese lontano dalle
Valli, servito da una sorella vestita col tradizionale costume
valdese. Altre manifestazioni sono previste, sempre presso la Casa balneare valdese, nei prossimi
mesi nell’arco delle celebrazioni
per il centenario luterano.
Sugli autobus
GENOVA — Della conferenza
di Paolo Ricca su « Lutero secondo Lutero » organizzata dalle
tre chiese evangeliche della città,
i genovesi hanno avuto notizia
tramite locandine appese in tutti
gli autobus cittadini. La conferenza, molto ricca e seguita da
una buona discussione, si è tenuta mercoledì 16 con la partecipazione di almeno 130 persone di
cui una trentina non evangelici.
Domenica 20 la chiesa di via
Assarotti, al culto del 17 febbraio
su richiesta dei giovani ha fatto
seguire una mezz’ora di dibattito.
La predicazione, centrata su Giovanni 15, invitava a non adattarsi alla situazione di libertà, ricordando che la situazione normale
per i credenti è l’odio del mondo, la tensione con l’ambiente
circostante. Dopo il culto, e nel
corso dell’àgape fraterna, è stato
presentato l’opuscolo del 17 febbraio sul colportaggio (past. Gino Conte) ed è stato esposto il
ministero del colportore e le possibilità che esso offre oggi (past.'
Gustavo Bouchard): attività di
distribuzione della Scrittura, fiera del libro, ecc. Un membro di
Amnesty International ha parlato dell’attività dell’organizzazione e in particolare della situazione nel Guatemala: ne è risultata una lettera indirizzata al
Consiglio Ecumenico e alla Commissione dei diritti umani di Ginevra.
Programmi futuri
BOLOGNA — L’attualità sempre viva di Lutero, dei suoi scritti e delle sue evangeliche intuizioni, sono stati gli argomenti
introdotti dal past. Paolo Sbaffi
per un’ampia discussione che si
è svolta nel corso di una giornata comunitaria tenuta dalla chiesa di Bologna il 20 febbraio.
Dalle proposizioni classiche
« sola fide » e sacerdozio universale dei credenti, all’esame di
problemi per il mondo laico di
oggi (al di là di una controcultura quasi essenzialmente rivolta
all’interlocutore cattolico) quali
il rapporto fra « legge e libertà »,
« giustificazione e psicoanalisi »,
« libertà del cristiano e pratica
politica », sono stati i punti indicati dalla Comunità di Bologna
per un coinvolgimento più articolato e approfondito.
A tal fine si è deciso per la fine del mese di ottobre di attuare una serie di iniziative (in coincidenza con la domenica della
Riforma), coinvolgenti il Circuito
per una quanto più organica disamina rivolta in particolare all’ambiente cittadino.
Iniziativa unitaria
ROMA — « Per un futuro di
giustizia e di pace ». Con questo
tema, sviluppato nel corso di una
tavola rotonda aperta a tutti, gli
evangelici romani si sono rivolti
alla città, in occasione della celebrazione della « settimana della libertà », un appuntamento divenuto ormai tradizionale. Punto
di partenza della manifestazione
il testo del « manifesto » diffuso
per il 17 febbraio dalla Tavola.
Prendendo le mosse da quel testo i consigli di chiesa e i concistori delle chiese valdesi, battiste e metodiste hanno preso una
iniziativa unitaria, sforzandosi
di coinvolgere anche le molte altre comunità evangeliche della
città. Si è trattato di un segno
del cammino che le comunità
evangeliche romane aspirano a
percorrere insieme ed è certamente significativo che ciò sia
accaduto nel contesto di una
« settimana della libertà » che faceva riferimento alla Riforma ed
al processo di rinnovamento che
essa ha messo in moto.
Preceduta da im’ampia distribuzione di volantini e dalla affissione di manifesti murali, la tavola rotonda ha avuto luogo con
discreto successo, sabato 19 febbraio nell’Aula magna della Facoltà valdese di teologia. Hanno
parlato il teologo cattolico Dalmazio Mongilli, lo storico Raul
Manselli della Università di Roma e Sergio Rostagno della Facoltà valdese di teologia.
Il dibattito che ne è seguito si
è incentrato sui temi della pace
e sul pon eludibile impegno dei
cristiani in questo campo.
Due conferenze
BARI — Il manifesto affisso a
Bari e a Modugno (qui a cura
della locale Chiesa Apostolica) ha
dato occasione a iniziative unitarie da parte dell’evangelismo barese (apostolici, battisti, valdesi).
Evidentemente, sia il centenario
luterano, che il 17 febbraio valdese (« Settimana della libertà »)
sono stati per tutti spunto non
celebrativo ma di chiarificazione
e di testimonianza della fede
evangelica.
Gli incontri di maggior rilievo
sono stati i seguenti.
I contenuti biblici dell’aureo libretto della Riforma in Italia, Il
beneficio di Cristo, di Benedetto
da Mantova, sono stati presentati, con la maestria e l’efiBcacia che
gli sono riconosciute, dal prof.
Salvatore Caponetto, dell’Univ.
di Firenze, giovedì 17 febbraio,
alle ore 18, nei locali della chiesa
battista. Il pubblico è stato numeroso e attento, nonostante la
straordinaria inclemenza del
tempo. Tra i presenti c’erano diversi fratelli cattolici della consulta ecumenica, il pastore avventista e quello della Chiesa cristiana indipendente.
IL tenia, poi, dèi Laicato protestante in Lutero, o detto altrimenti,. del sacerdozio universale
dei credenti, secondo l’Appello
alla nobiltà cristiana tedesca, è
stato .esposto, con forti stimoli
per l’attualità, dalla prof.ssa Silvana Nitti, dell’Univ. di Napoli,
venerdì 18 febbraio, alla stessa
ora e negli stessi locali. Anche in
questo 'incontro, l’attenzione e
l’interesse del pubblico sono da
sottolineare.
Ringraziamo là Chiesa battista di Bari per i locali messi a
disposizione e i giovani della
stessa chiesa, per l'affissione dei
numerósi manifesti nella città.
Radicalità di Lutero
PACHINO — Il testo del messaggio della settimana della libertà, affisso in manifesti murali a Pachino, Avola, Ispica, Siracusa e riprodotto in volantini distribuiti per , il paese, ha preceduto la conferenza che mercoledì 16 febbraio, il pastore Salvatore Rapisarda di Catania ha tenuto presso la Biblioteca Comunale (prima di una serie di conferenze) sul tema: « L’attualità
di Lutero ».
L’oratore si è soffermato sulla
concezione radicale di Lutero per
quanto riguarda il peccato (amore di sé che porta alla superbia
e a far fare aH’uomo qualunque
cosa per « guadagnare » qualcosa, anche nelle cose più nobili
e anche se inconsciamente) e sulla sua conseguente valorizzazione
della croce di Cristo, imico mezzo di salvezza per grazia e non
per meriti.
Se nessuno può salvarsi con le
buone opere e tutti siamo salvati
per grazia e tutti siamo similmente chiamati, ognuno si deve
sentire responsabile della propria fede, non si può dividere la
vita dell’uomo tra sacro e profano, nella consapevolezza del proprio peccato sì ma nella gioia
che Cristo è morto per ognuno
di noi e ci ama. Va oggi riscoperta questa responsabilità del
: credente di fronte ai fatti di ogni
giorno,, senza deleghe e senza divisioni disimpegnanti.
Il 17 febbraio si è avuta una
recita eseguita dai nostri ragazzi imperniata sulla liberazione da
questa società disumanizzante e
protetta dalle armi e dai soldi e
non dal Signore, dal titolo « Stanotte ho fatto un sogno », seguita da una riuscita agape fraterna con numerosi partecipanti e
un clima allegro e fraterno.
La forza della Riforma
SCTCLI — Il manifesto della
« settimana della libertà » è stato affisso ed esposto nei locali
pubblici e un invito è stato rivolto alle rappresentanze politiche,
scolastiche, culturali e sociali.
Questa la prenarazione per la
conferenza nubblica sul tema
« Attualità della Riforma protestante in Italia y> tenutasi il .19
febbraio presso la Biblioteca comunale a_ cura della locale Chiesa metodista. Relatore il nastore
Salvatore Ranisarda. della Chiesa battista di Catania. Ha introdotto il pastore Mario Berutti
della Chiesa valdese di Catania.
Il pastore Rapisarda ha presentato al numeroso pubblico intervenuto la figura di Lutero e la
sua teologia della croce facendone risaltare la forza della Ritolga. Il nastore Berutti con
chiari spunti di attualità ha anche sollecitato qualche intervento di parte cattolica. Considerevole è stata la partecipazione dì
cattolici aperti aH’ecumenismo e
desiderosi di approfondimenti
teologici e storici del protestantesimo.
6
6 prospettive bibliche
4 marzo 1983
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Parola divina
e testimonianza umana
Il mio articolo « Ancora sulla nascita verginale ^ Gesù », comparso nel numero 2 del 14
gennaio a conclusione di una serie di studi biblici sugli evangeli dell’infanzia, ha provocato alcune rearaoni. Interrompo quindi la serie degli studi biblici di Paolo Ricca per rispondere — già
con_ ritardo — alle due lettere riportate in questa
pagina che mi sono state trasmesse dalla reda
zione con l’offerta di uno spazio maggiore di quello usualmente riservato alla rubrica. Ringrazio
ehi mi ha scritto schiettamente la sua reazione
critica e chi mi ha detto o scritto personalmente
il suo consenso sul mio intervento.
Un contributo di Vittorio Subilla, che concorre a chiarire teologicamente il problema, verrà
pubblicato nel prossimo numero.
Non era e non è certo mia intenzione seminare o diffondere
dubbi. Ma dubbi ci sono, in molti credenti, e hanno anch’essi il
loro posto nella riflessione della
chiesa, nella lotta per la fede e
la testimonianza — almeno quando essi non vengono dalla incredulità, ma da incertezze, contraddizioni presenti nei testi biblici
stessi. Ho cercato, con sincerità,
di dar voce a uno di questi dubbi — non di incredulità, ma di
fede, lo ripeto — esponendone,
magari in modo maldestro, le
ragioni. C’è chi concorda e chi,
come i miei due interlocutori,
dissente recisamente. Mi permetto di far loro notare che discutono (o meglio rifiutano) la tesi,
più che gli argomenti con i quali la sostenevo e che non mi pare
sia il caso di ripetere (così come, per ovvie ragioni, non posso
qui affrontare tutte le questioni
sfiorate da G. Perrin).
La nascita verginale
Naturalmente mi dispiace se
ciò che ho scritto e penso, viene
considerato la manifestazione orgogliosa di chi fa della propria
ragione l’unità di misura: quel
che non capisco, non è. Se così
fosse, negherei la risurrezione di
Gesù: essa è invece il fatto che
fonda la mia fede, il mio rapporto con lui che vive! Così, ho riportato alla fine, come una considerazione aggiuntiva, quello che
razionalisticamente sarebbe forse stato l’argomento determinante: quale madre avrebbe potuto
scordare un fatto sconvolgente
come la generazione miracolosa
di un semidio nel suo grembo
(Marco 3:. 21-22, 31-35 e paralleli)? Ho cercato di spiegare che
quest’affermazione della « nascita verginale» è
a) isolata nel Nuovo Testamento, ignorata dagli altri testimoni di Cristo, senza alcun riflesso nel seguito della stessa testimonianza di Matteo e di Luca
e persino contraddétta da un testo sinottico come quello citato; i due « evangeli dell’infanzia »
sono parabola che proclama in
termini mitologici, intrecciati a
perti Ali anticotestamentari, il
rapporto unico fra Gesù e il Padre, rapporto elaboratosi però,
ne sono convinto, non nell’utero
di Miriam, bensì nella persona,
nella riflessione, nella fede di Gesù che non per nulla solo a
trent’anni suonati, in età già più
che adulta per un israelita del
tempo, esce allo scoperto a compiere ciò che il Padre lo invia a
fare;
b) contrastante — ed è ciò che
più conta — con la linea fondamentale, con la struttura portante del messaggio neotestamentario: la presenza di Dio con noi,
la sua Parola che si fa « carne »
(non semi-carne, semi-uomo, semi-dio), « carne » che sbocca nella « croce », la quale non è solo
il patibolo dell’ora estrema, ma il
modo di essere (ora) di Dio fra
noi, la sua « via »: debole, discutibile, contestabile, e discusso,
contestato, respinto, fallito: l’opposto del miracolistico sbalorditivo, della ’’evidenza”.
Non vorrei fare un processo
alle intenzioni, ma mi pare che i
miei due interlocutori non parlino, in fondo, della nascita vergi
nale: mi pare che non è questa
che sta loro a cuore; ciò che conta, ciò per cui sembra stare o
cadere la fede non è la nascita
verginale o meno, ma la messa in
discussione di una parola biblica. Due sono infatti i ’’nodi” affioranti in queste due lettere: 1)
il nostro rapporto con la Bibbia
e 2) il nostro rapporto con le
Confessioni di fede.
Il nostro rapporto
con la Bibbia
1) Già Lutero — più e meglio
di Calvino, in questo — ha distinto fra Bibbia e Parola di Dio:
« due cose distinte sono Dio e
la scrittura di Dio, come due cose sono il Creatore e la creatura
di Dio ». Non ho esitazioni a sottoscrivere la ’’divinità” della Bibbia: non c’è altra fonte di rivelazione, altra Parola di Dio se non
quella che, animata dal suo Spirito, egli ci rivolge attraverso i
testimoni biblici: lo sottolineo,
di fronte a chi, oggi come sempre, pensa che frammenti di questa rivelazione possano trovarsi
anche in altre ’’fedi viventi”, religioni 0 ideologie che siano. Ma
questa ’’divinità”, questa ispirazione e autorità unica, non significa inerranza, divinizzazione, superamento dell’umano.
I testimoni di Cristo, quelli che
hanno predicato, evangelizzato,
che hanno via via redatto e raccolto le testimonianze, infine
quelli che hanno scelto (questo
sì, questo no) e formato il « canone » biblico — tutti questi sono stati uomini (e donne). In
loro ha operato Dio, ma non in
modo magico, non riducendoli a
robot che dicessero, poi scrivessero meccanicamente o magicamente quel che dettava lui. Se
pensiamo a che cosa stava diventando la « letteratura cristiana »
antica, veramente vediamo lo
Spirito verace di Dio all’opera
nella scelta del « canone »; ma in
questa scelta non è escluso che
qualche frammento di Parola sia i
rimasto escluso e comunque è
certo che all’interno del « canone » non tutto è Parola allo stesso livello, con la stessa verità e
autorità. Se appena si osserva
con un po’ di attenzione — attenzione di fede, adorante e appassionata — si avverte com’è tumultuosa e non di rado dibattuta
la testimonianza biblica, non priva di aperte contraddizioni, che
momenti redazionali più recenti
non sempre sono riusciti a rimarginare fino a far sparire la
cicatrice, l’incongruenza.
Per l’Antico Testamento mi limito a citare gli atteggiamenti diversi, contraddittori verso l’istituzione del tempio; quanto al Nuovo Testamento si fronteggiano
circa la giustificazione la linea di
Paolo e quella di Giacomo; GalSr
ti 2 e 5 e Atti 15, non armonizzabili se non con dubbi equilibrismi; la chiesa di Paolo e quella
delle Pastorali, e così vìa. Si può
anzi avanzare l’interrogativo se,
in misura crescente col passare
del tempo, il letteralismo biblico
(fondamentalismo) non si troverà in inattese convergenze con il
nuovo biblicismo cattolico, all’insegna del « tota Scriptura »:
la Scrittura, sì, ma tutta! —
quindi con quelle tracce primordiali di ’’cattolicesimo” che essa
contiene e che — se non subordinate rigorosamente al centro
della testimonianza che è Cristo,
alla sola grazia che impersona —
si prestano splendidamente al
’’genio” profondo del cattolicesimo, volto a elaborare lentamente e grandiosamente la sintesi
(non evangelica) di elementi diversi, anche opposti.
Detto questo, la Bibbia resta
ovviamente quella che è — e ringraziato sia Dio! Rido, o m’indigno, anch’io per la Bibbia ridotta e spurgata made in USA, il
Reader’s Digest biblico... Con fiducia e passione mi accosto a
questi scritti unici: senza sospetto, ma sapendo che incontro dei
testimoni che sono uomini; e attraverso la loro testimonianza,
umana ma unica, insostituibile,
e potente nelle mani di Dio, cerco di mettermi in ascolto di Colui del quale testimoniano, l’uno
in modo più limpido e forte, l’altro meno, chi con maggiore chi
con minore penetrazione e lucidità. Senza dubbio Paolo ha riecheggiato Gesù in modo incomparabile, non l’ha deformato, ma
capito, annunciato, e vissuto, come nessun altro.
Il nostro rapporto con
le confessioni di fede
2) Che cosa sono per noi le
Confessioni di fede. Credo « apostolico » (ma non appare nel III
secolo?) incluso. Lutero sapeva
— e lo disse chiaro a Worms —
che l’autorità di teologi, concili e
sinodi è problematica, poiché è
chiaro che si sono spesso e gravemente sbagliati. Le « confessioni di fede » sono stati e sono
modi di « fare il punto », di indicare la linea di tendenza, di accennare all’essenziale della fede
e della testimonianza cristiana.
Autorevoli e venerabili, ma formulazioni umane, ecclesiastiche,
condizionate dalla mentalità e
sensibilità, dalla cultura, dalle conoscenze, dalle problematiche del
tempo nel quale sono state formulate (tale ’’attualità” costituiva del resto, all’epoca della loro
stesura, il loro valore e la loro
forza). Ci sono i grandi « credo »
della chiesa antica — ineguagliati, se vogliamo — e le confessioni di fede più recenti. È come
una raccolta di carte geografiche
che offrano qualche punto di riferimento nel mondo grandioso e
complesso, intricato costituito
dalle testimonianze bibliche (attraverso le quali soltanto, e pienamente, risuona la Parola), senza dimenticare il compito di annunciare la Parola oggi. Ci sono
le grandi carte più antiche: approssimative, indicano pur tuttavia le grandi linee della nostra
geografìa; ma quante imprecisioni e approssimazioni, quanti punti incerti, o addirittura bianchi;
eppure come giungere alle più
sofisticate piante topografiche e
mappe nautiche odierne, senza
quei tracciati fondamentali? In
ogni caso fra le « confessioni di
fede », i « dogmi » e la Bibbia, la
Parola, c’è diversità e distanza
analoga a quella che c’è fra la
carta e il terreno. Noi sappiamo
che i nostri « dogmi », anche i
più grandi, non sono la Parola
di Dio, ma ’’solo” risposta ad essa, un modo per cercare di riceverla, di capirla, di ridirla; an
Le critiche
Stampate la vostra
Bibbia tagliata
Con grande chiarezza e onestà, il
pastore Gino Conte ha dichiarato,
nel suo « All'ascolto della Parola »
del 14.1.1983, di non credere più al
grande dogma oristologico del Credo Apostolico, che individua « nel
concepimento miracoloso di Gesù
in grembo a Maria ■> la sorgente
della divinità di Cristo. Il motivo è
che egli « non lo ritiene attestato
dal Nuovo Testamento, se non da
documenti secondari, marginali, non
privi d'ambiguità e di ''inquinamenti” ».
Ripeto, la chiarezza di Gino Conte è ammirevole e potrebbe essere
esemplare per molti, ma mi chiedo
se affermazioni di tale portata possono rimanere senza conseguenze.
Non sono un patito delle confessioni
di fede, ma mi sembra che se una
chiesa decide di averne una, dovrebbe essere convinta che serva a
qualche cosa. Nella confessione di
fede della Chiesa Evangelica Valdese si legge allora: « Crediamo che
conviene ricevere, come riceviamo,
questa Sacra Scrittura per divina e
canonica, cioè per regola della nostra fede e vita » (Art. 3); « Riconosciamo la divinità di questi libri
sacri, non solo dalla testimonianza
della Chiesa, ma principalmente dall'eterna e indubitabile dottrina contenuta in essi » (Art. 4); « Crediamo
che conviene ricevere il "Simbolo
degli Apostoli”, r”Orazione dominicale” e il Decalogo come scritti fondamentali della nostra fede e delle
nostre devozioni » (Art. 33).
La « divinità di questi libri sacri »
viene ampiamente messa in dubbio
dalle parole di Conte, che invece
di esprimere fiducia in questi iibri,
esprimono sospetto. E anche il Credo Apostolico, con il suo « concepito di Spirito Santo », non sembra
essere così fondamentale come la
confessione di fede farebbe intendere. I Valdesi sono liberi di credere quello che vogliono, ma se sono
interessati a farlo sapere agli altri,
dovrebbero trovare parole più adatte ad esprimere quelio che realmente credono.
A Conte, e a tutti gli altri ohe la
pensano come lui, vorrei inoltre
chiedere di indicare, una volta per
tutte, tutti i passi della Bibbia che,
come i vangeli della nascita di Gesù, sono « ambigui » e inquinati ».
Potrebbero quindi proporre, per coerenza, di ristampare la Bibbia senza i suddetti passi. Questo avrebbe
il vantaggio, se non altro, di lasciare
autorità a ciò che resta, e inoltre
permetterebbe di paragonare queste
nuove Bibbie (che sarebbero certamente più di una) con la vecchia
Bibbia, che la maggior parte dei cristiani evangelici continua a ritenere
« divina, canonica, cioè regola della
nostra fede e vita ».
Marcello Cicchese
Non è lecito
seminare dubbi
In margine all'articolo di Gino
Conte pubblicato su l'Eco delle Valli
del 14 gennaio vorrei fare alcune
considerazioni.
Nell'articolo viene messa in dubbio la verginità fisica di Maria. La
confessione di fede dei cristiani in
generale e quindi anche della Chiesa Valdese così si esprime: ...credo
in Gesù Cristo... il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da
Maria vergine... ecc. C'è quindi una
affermazione di « verginità » che non
si può negare.
Il concetto di verginità affiora pure nei Vangeli di Matteo e di Luca,
in quest'ultimo specie nei versetti
34 e 35 non viene esclusa la verginità fisica della madre di Gesù. Il
lato grave deH’articolo è che l'autore non si sforza di chiarire il concetto generale di che cosa si può
intendere per « verginità ».
Il negare semplicemente verità
contenute nei Vangeli non fa che
generare confusioni e dubbi.
Vi sono affermazioni evangeliche
difficili da capire e da interpretare,
ma non per questo cessano di essere veritiere.
A parer mio non è lecito seminare dubbi ed incertezze senza porre
accanto a questi elementi positivi
che aiutino a superarli.
Vi possono essere interpretazioni diverse su certe verità e ben
vengano queste, possono essere
stimolo a riflessioni ed a meditazioni, possono essere accolte o respinte dal credente, ma non è costruttivo creare confusioni negando l'autenticità di passi biblici.
Oggi si ha la tendenza, purtroppo,
a negare ciò che non si riesce a
capire. Ho sentito certi valdesi affermare che « noi protestanti » crediamo che la Santa Cena sia unicamente un atto che ricorda il Cristo.
Non farebbero meglio a non usare
il plurale, ma a parlare semplicemente a titolo personale? La famiglia protestante è vasta e la maggioranza non la pensa così, fra
questi gli stessi luterani e Calvino.
Si distrugge il concetto del battesimo per « grazia » per lasciare solo il posto all'antico battesimo del
« ravvedimento ».
Durante uno studio biblico un pastore ha affermato che gli angeli,
gli arcangeli ecc. non sono altro che
invenzioni babilonesi. I Vangeli e
l'A.T. citano in continuazione questi
» servi » del Signore!
Non sono la sola ad essere stanca della vivisezione che si fa di
certe Verità che vengono poi lasciate deformate in balia dei credenti.
Abbiamo bisogno di nutrimento
solido per crescere e non di dubbi e d'intoppi, abbiamo bisogno di
essere aiutati a salire più su.
Graziella Perrin
zi di riceverne, capirne, ridirne,
qui e ora, almeno un frammento, un’eco.
Quando, nel momento in cui la
chiesa mi ha accolto e incaricato come « servo della Parola », ho
sottoscritto la Confessione di fede valdese, non ho abdicato alla
esigenza e alla libertà di ricerca
biblico-teologica (la mia fedeltà
alla mia vocazione le implica, anzi), ma ho dichiarato che mi situavo in una famiglia cristiana
con la sua ascendenza particolare, fatta di chiarezze e di confusioni, in ricerca su un determinato cammino.
Personalmente, a quel tempo
il « nacque dalla vergine Maria »
(e il «concepito di Spirito Santo » inteso in quel senso, che non
è però l’unico possibile) non mi
faceva problema e l’ho sottoscritto serenamente. Oggi non potrei
più farlo senza avvertire il Corpo Pastorale e il Sinodo delle
profonde riserve maturate su
quel punto (come sul « discese
nel soggiorno dei morti », a meno che non sia un’espressione
immaginosa per sottolineare:
« morì, davvero e totalmente »;
non credo infatti che esista un
« soggiorno dei morti »). Riserve,
insisto, maturate non da razionalistica incredulità, ma da una
coscienza vincolata all’insieme
delle Scritture, al cuore del loro
messaggio. Se sono stinto di
’scandalo’ a qualcuno, motivo di
disorientamento e confusione, ne
sono triste; per qualcuno, forse,
è stato invece relativizzato, spianato un inciampo, che a mio parere umile ma convinto è biblicamente infondato. Gesù non
chiamava a credere nella sua nascita verginale, ma a credere che
in lui s’incontrava la persona, la
voce, la mano del Padre, l’amore di Dio esigente e immensamente generoso, vulnerabile ma
invincibile.
Ho detto schiettamente la mia
fede: la chiesa nella quale cerco
di servire la Parola, ha i mezzi
per richiamarmi e sconfessarmi ;
è in essa, comunque, che vado
maturando la mia fede e la mia
testimonianza.
Gino Conte
7
4 marzo 1983
obiettivo aperto 7
6 MARZO: DOMENICA DELLA GIOVENTÙ’
I giovani e ia ricerca sulia soggettività
La domenica della gioventù ha un senso se è tappa di un cammino più lungo ed articolato percorso dalle comunità e
dai gruppi della FGEI in una generale e sostanziale solidarietà - Temi principali e prospettive del lavoro giovanile
Ci sono almeno due pericoli
nel sottolineare l’importanza di
una giornata particolare, nel nostro caso la domenica della gioventù. Spesso, difatti, si finisce
col farne l’occasione annuale di
riflessione e discussione di temi
che dovrebbero essere permanentemente all’attenzione delle
nostre comunità; pensiamo al
rapporto con le giovani generazioni, al confronto con le tematiche per le quali queste si mostrano più sensibili e cosi via.
Il secondo rischio è che la domenica della gioventù diventi
una sorta di ricorrenza particolare che prevede che, per una
volta all’anno, il culto sia presieduto dal gruppo giovanile, che
la comunità sia puntualmente informata sulle attività di quest’ultimo, che sulla Luce appaia
un articolo sullo stato della
FGEI. Tutto questo è utile e
continueremo a farlo ma non
può bastarci. La « domenica della gioventù » può avere senso se
è tappa di un cammino più lungo ed articolato, percorso dalle
comunità e dai gruppi FGEI in
una generale e sostanziale solidarietà.
La FGEI, come il campo invernale di Agape ha dimostrato,
è partecipe del dibattito, della ricerca e dell’impegno delle nostre
comunità; raccoglie la memoria
storica delle passate generazioni ;
realizza concrete iniziative su temi come la pace, il volontariato,
la laicità della scuola che sono
pure all’attenzione delle chiese.
Eppure, nonostante queste
«convergenze» più di qualche comunità non ha ancora dato il
giusto spazio alla riflessione sul
problema giovanile né tanto meno ha promosso concrete iniziative tese a valorizzare il ruolo
dei gruppi giovanili federati che
operano nelle loro realtà ; in
qualche caso, infine, si è pensato a « coprire il settore » di certe fasce d’età senza compiere
un’adeguata analisi sulle ragioni,
a questo punto profonde, che
portano molti giovani ad estraniarsi dalla vita comunitaria; la
esigenza delle soluzioni tecniche,
pragmatiche, in altre parole, ha
prevalso sull’opportunità di una
riflessione profonda ed accurata sulla catechesi, sui modi di
aggregazione, sui programmi di
formazione biblica e teologica.
Il panorama, insomma, è alquanto vario: in alcune comunità il problema è stato affrontato, anche coinvolgendo circuiti
e distretti; altrove ci si è limitati ad affermare con noiosa ripetitività che « i giovani non ci
sono» e, quando si è opposto
che occorre cercarli, che «tanto
non ne vogliono sapere ». Il
« problema giovanile », se esiste
davvero, e se davvero vogliamo
distinguerlo da quello più generale della crisi delle nostre comunità, non può essere risolto
coi fatalismi o scaricando su
qualcuno comuni responsabilità.
In questa direzione la FGEI
ha inteso avviare, talvolta in piena collaborazione con le comunità, concreti progetti di aggregazione e formazione giovanile
che possono essere estesi ad altre realtà ; il problema è fare del
« cammino nella generale e sostanziale solidarietà» di cui si
parlava non un’occasione di facili unanimismi ma di confronto
e ricerca comune sui problemi
più generali dello stato delle nostre comunità, i modi della nostra testimonianza; il rapporto
con la società e la politica del
nostro tempo.
Per tutte queste ragioni i gruppi giovanili non possono essere
dei semplici vivai ma si sforzano
di rimandare — ed in questo dovrebbero essere sostenuti dalle
comunità — ad un impegno di
ordine politico e sociale ; non
sempre questo accade ma è in
questa dialettica tra il momento
della formazione e quello della
testimonianza dell’Evangelo al
l’interno dei processi di trasformazione del Paese che la FGEI
degli anni ’80 sta costruendo la
sua identità. L’impegno espresso nella riflessione sul catechismo e, d’altra parte, il ruolo attivo all’interno del movimento
per la pace esemplificano con
chiarezza questa linea di tendenza.
Il coraggio
di inventare
Ma questa FGEI che negli anni ' ’70 ha saputo resistere alla
spinta centrifuga della fuga nel
privato, che ancora negli anni ’80
si pone il problema della politica, della partecipazione, cioè, ai
processi di trasformazione del
Paese, oggi sembra chiamata a
rispondere a nuove domande:
« occorre avere il coraggio — abbiamo scritto nel documento
conclusivo del campo invernale
di Agape — di inventare una
esperienza autenticamente evangelica della ricerca sulla soggettività; sul senso della vita che
travaglia gli uomini e le donne
di oggi; inventare cioè, quei contenuti di vita e quei modi di essere e di làvorare affinché la pienezza della realtà della fede possa essere trascritta con concretezza nella nostra esistenza ».
Dobbiamo essere ben consapevoli che non ci presentiamo a
questo appuntamento con la soggettività privi d’identità o sconfitti, dobbiamo sentire in noi la
forza dell’annuncio evangelico e
la « necessità » della tensione alla trasformazione che ha segnato gli anni passati e resta attuale. Dobbiamo anche essere consapevoli che questa ricerca, provocata dalle domande irrisolte
dei giovani, delle donne, del nostro prossimo di oggi richiede
una particolare attenzione teologica, una forte coerenza etica ed
una reale spinta al confronto con
Dimmi che catechismo fai
e ti dirò che chiesa sei
L’interesse, a volte direi quasi
la passione, con cui nelle nostre
chiese si svolgono i vari dibattiti organizzati sul problema del
catechismo ci paiono indicativi
della coscienza sempre più diffusa di due fatti, che a molti appariranno generici o scontati, ma
che rivelano invece sempre più
nella loro urgenza: la coscienza,
intendiamo, che, appunto, il catechismo è e diventa sempre più
un problema; in secondo luogo
che il catechismo riflette la coscienza che la chiesa ha di se
stessa e della propria vocazione,
riel mòdo meno idedlogico e più
profondo e duraturo. Se si potesse ridurre un argomento cosi importante a slogan diremmo «dimmi che educazione in vista della
fede dai ai tuoi giovani e ti dirò
che chiesa sei ». Con questo non
si intende porre i giovani al centro di tutto o ipotizzare (sarebbe tragico per tutti e in primo
luogo per loro) una chiesa o una
teologia « per i giovani ». Si intende semplicemente dire che il
modo in cui una esperienza umana vive il suo rapporto con il
proprio passato (rapporto con i
vecchi) e con il proprio futuro
(rapporto con i giovani) è indicativo dell’autocomprensione che
il gruppo portatore di quella esperienza ha di se stesso nel presente.
A sette mesi circa dal congres
so di Adelfla, tentiamo di riassumere le prime impressioni sulla
inchiesta nazionale sul catechismo che quel congresso ha voluto. Di impressioni si tratta e non
di un bilancio preciso e ponderato, che intendiamo rendere
pubblico entro la prossima estate, il quale dovrà rendere conto
in modo specifico anche dei limiti e dei veri e propri errori che
caratterizzavano lo stesso questionario: per fare due esempi,
mancava la specificazione del sesso dei catecumeni, e l’indicazione delle modalità con cui il catechiStà laico ha cominciato questo
lavoro, vale a dire non si comprende dal questionario l’impostazione con cui le chiese chiamano e preparano i propri catechisti non pastori.
Dovremo tra l’altro cercare di
comprendere co-n precisione se
siano da riferire solo ad un certo modo di funzionare della Egei
le cause di una notevole disparità nella provenienza delle risposte: infatti ad una risposta dettagliata e massiccia delle Valli e
in sostanza di tutto il Nord Italia corrispondono grandi silenzi
dal centro e soprattutto dal sud
e più in generale dall’area battista.
Con questi e gli altri limiti che
intendiamo esplicitare più ampiamente in segqito, ci sembra che
questa inchiesta, con i dati che
fornisce, possa essere uno tra gli
altri strumenti utili ad intensificare, estendere ed approfondire
il dibattito in corso sulla questione catechismo, i cui nodi ci paiono sommariamente i seguenti:
rapporto catechista-catecumeni,
socializzazione tra i catecumeni,
organizzazione didattico-pedagogica del lavoro catechetico e la
sua impostazione teologica, che
non può limitarsi ad autoriprodursi; relazione tra i catecumeni
e la chiesa (intesa sia in senso
locale che in quello più generale), sbocchi, qhe Teducazione catechetica presenta ai giovani e
significato di questi sbocchi nella
concezione ecclesiologica più generale delle nostre chiese, sia pur
nella loro specificità denominazionale.
Il dibattito sul catechismo, cui
la Fgei intende offrire il suo contributo a partire ma senza fermarsi ai risultati dell’inchiesta,
non si situa in una malsana mania di « aggiornamento » o di mode giovanilistiche; rientra piuttosto in quella ricerca di autenticità evangelica, in quello spirito
libero che non teme critiche ed
autocritiche anche profonde e radicali, che, crediamo, stia alla base di ogni impostazione protestante che intenda rimanere tale.
f. s.
Una veduta del seminario donne della FGEI tenutosi il 1° maggio
dell’anno scorso nel Villaggio della Gioventù di Santa Severa.
chi è più lontano da noi.Davvero non stiamo muovendo che i
primi passi.
Questo il quadro generale nel
quale ci stiamo muovendo e nel
quale si collocano le nostre iniziative. La domenica della gio
ventù può essere l’occasione per
precisare ed aggiornare questo
quadro ma sono il confronto e
l’impegno quotidiano di gruppi
giovanili e delle csomimità che
possono animarlo ed arricchirlo.Paolo Naso
Pace: sviluppo di un
tema congressuale
In piena coerenza con le decisioni del VI Congresso nazionale
{Adelfia, Scoglitti [RG], agosto
1981) la Federazione Giovanile
Evangelica Italiana ha assunto
quasi ovunque come prioritaria
la lotta per la pace e il disarmo,
riconoscendo — come del resto
ha fatto il movimento per la pace, a tutti i livelli — la centralità
di Comiso. Sin dagli ultimi mesi
deH’81 molti gruppi FGpI hanno
collaborato aUà costituzione dei
comitati per la pace locali, spesso accanto alle loro comunità. Le
grandi manifestazioni di Comiso
(11 ottobre ’81, 4 aprile ’82), di
Roma (24 ottobre ’81, 5 giugno
’82), di Palermo (29 novembre
’81) e buona parte di quelle regionali o cittadine hanno visto i
giovani evangelici sfilare, con
striscioni e messaggi propri, insieme con la miriade di forze che
la questione della pace e del disarmo ha riaggregato. La partecipazione a queste ed altre iniziative (marce, convegni di studio,
raccolte di firme, il campo internazionale a Comiso dell’estate
scorsa, ecc.), quantunque numericamente irrilevante, è stata tutt’altro che passiva: la FGEI ha
avuto sin dall’inizio rappresentanti nelle strutture unitarie del
movimento, a livello locale o anche regionale (Coordinamenti),
in Piemonte, in Liguria, in Lombardia, nel Triveneto, nell’Emilia-Romagna, in Toscana, nel Lazio, in Sardegna, in Campania, in Puglia, in Calabria, in
Sicilia. Una partecipazione’ attiva pressoché costante è stata garantita anche alle assemblee nazionali (dalla prima, tenutasi a
Comiso il 6-7 marzo ’82, sino alla
più recente, del 22-23 gennaio a
Roma).
La FGEI — come le cljiese —
mette al servizio del movimento
i propri canali internazionali,
che hanno registrato nell’ultimo
periodo un salto di qualità (soprattutto riguardo gli USA), non
mancando inoltre agli appuntamenti più importanti, come il
Convegno della Bertrand Russell
Peace Foundation a Bruxelles, 2-4
luglio ’82.
La riflessione biblica e teologica sulla pace e la giustizia è stata al centro dì nùfnerosi conve
gni FGEI regionali, di campi nei
diversi centri evangelici e del lavoro dei gruppi.
Il contributo specifico fornito
dalla FGEI alla lotta per il disarmo riguarda però il settore dell’informazione e dell’educazione
alla pace. In particolare, la FGEI
Valli ha prodotto una mostra assai ampia, i cui materiali sono
stati successivamente raccolti in
un fascicolo ciclostilato; la FGEI
Lombardia sta lavorando a un
audiovisivo sull’industria bellica
nella propria regione; la FGEI
Catania, dopo aver prodotto e
diffuso in più di venti copie un
audiovisivo, ha costituito, insieme con un gruppo di quartiere,
un Centro di documentazione e
di iniziative per la pace, il quale,
a sua volta, ha allestito una mostra, organizzato un seminario
sull’educazione alla pace e gestito un incontro pubblico con E.P.
Thompson, storico e esponente
dell’European Nuclear Disarmament (END) inglese, in collaborazione con altri centri culturali
(novembre ’82).
Programmi
per il futuro
L’attività della FGEI nei prossimi mesi sul fronte della pace
sarà segnata, come sempre, dalla
ricerca della fedeltà all’Evangelo
e di un’efficace testimonianza.
Importanti momenti di riflessione in tale direzione e, in qualche
caso, anche buoni contributi al
movimento dovrebbero essere i
campi estivi che si vanno preparando nei centri evangelici. In
particolare, si svolgerà ad Adelfia, in agosto, un campo organizzato dal Consiglio Ecumenico
Giovanile in Europa (CEGE), di
cui la FGEI è membro, che prevede la partecipazione di giovani
evangelici dell’Ovest e dell’Est.
Per la prima volta persone «d’oltre cortina » potranno vedere Comiso: ci pare significativo che
questo accada attraverso quelle
organizzazioni evangeliche (prima fra tutte, Aktion Siihnezeichen) che sole hanno rifiutato,
dopo la Seconda Guerra Mondiale, la logica della divisione.
Bruno Gabrielli
8
8 ecumenismo
4 marzo 1983
PREPARATIVI E PROSPETTIVE DELLA VI ASSEMBLEA DEL CEC I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Vancouver^ assemblea aperta
Giustizia e carità
(segue da pag. 1 )
bury in visita al CEC. Quattro
mesi più tardi la chiesa dell’arcivescovo rifiutava di formare una
alleanza con le chiese protestanti della Gran Bretagna.
Ci sarà dunque modo a Vancouver di interrogarsi su questa
apparente schizofrenia e se essa
è sufficientemente fondata da
impedire di rompere il pane insieme.
Fino a che punto le chiese
prendono sul serio il movimento
ecumenico? E fino a che punto
quest’ultimo prende sul serio le
cWese? Questa mutua responsabilità sarà il leit-motiv di Vancouver riproposto particolarmente con forza dalle chiese ortodosse, che rappresentano un
quarto delle chiese membro del
CEC.
L’impossibilità di monopolizzare il microfono, durante i dibattiti, da parte dei grandi oratori ecclesiastici darà un tono
tutto particolare ai lavori: il 48%
dei delegati non sono ordinati e
il 31% sono donne. Malgrado la
lievitazione delle tariffe aeree
e l’attuale recessione mondiale
mai come in questa occasione
sono stati rispettati scrupolosamente gli equilibri regionali. Sicché l’assemblea di Vancouver sarà il campione più rappresentativo sinora realizzato della chiesa nel mondo.
Ciò costituirà una buona ragione per ascoltare ciò che verrà
detto in particolare da parte di
coloro che, nonostante la loro importanza numerica nella chiesa,
non avevano avuto la possibilità
di farsi ascoltare. Greizie ai recenti studi promossi dal CEC, come quello sulla comunità degli
uomini e delle donne nella chiesa, che hanno dato risultati
sproporzionati alle loro dimensioni, e grazie alle riunioni che,
prima dell’assemblea, prepareranno i delegati per permettere
loro di sfruttare al massimo tutte. le possibilità, la partecipazione avrà a Vancouver un ruolo
che non ha mai avuto prima. E
se la chiesa può essere posta sotto il segno della partecipazione
durante tre settimane a Vancouver perché non potrebbe esserlo anche altrove?
Non bisogna trarre la conclusione che quella che vedremo a
Vancouver sarà una super-chiesa.
Se qualcosa dovrà colpire i delegati sarà al contrario il carattere incompiuto e fluttuante, la
fragilità di questo incontro di
chiese nel quadro dèi CEC.
Dopo Vancouver
Il Consiglio non ha. predisposto piani di riserva per il dopo
Vancouver. Poche organizzazioni si rendono altrettanto vulnerabili e dipendenti da ciò che
può succedere nel corso di una
sola assemblea. E’ difficile convincere i critici suH'amplezza di
questa reale apertura. Lo Spirito
avrà tutto lo spazio per muoversi. Perciò la tenda per i culti quotidiani simbolizza bene l’assemblea: essa evoca un Consiglio
pronto a adattarsi, a cambiare,
accettando di essere provvisorio.
Ciò che fin d’ora appare chiaro è che l’ecumenismo a Vancouver, e forse anche dopo, dovrà
più nettamente collegare le parti
del suo ordine del giorno.
Opporre l’azione sociale all’evangelizzazione o all’unità, o il
politico allo spirituale è un gioco più pericoloso e deformante
che mai. Sul modo in cui si coniugheranno i diversi aspetti potrà misurarsi in definitiva a Vancouver la qualità della grammatica ecumenica.
«Unità della chiesa e rinnovamento deH'umanità », la parola
chiave sta in quell’«e» in una frase che non è soltanto il titolo
dato a un programma dalla se
zione "Fede e Costituzione” ma
costituisce la missione stessa di
un Consiglio come l’attuale che
ha creduto di non poter ricercare seriamente l’unità delle chiese isolandole dal mondo. Ciò che
divide le nostre chiese divide
anche le nostre società. I diritti
dell’uomo e la giustizia economica sono altrettanto aH’ordine
del giorno quanto la teologia
dell’altare o l’ammissione delle
donne al ministero nelle trattative tra le chiese in vista della
loro unità.
Se l’assemblea di Vancouver
riuscirà a dimostrare la stretta
correlazione esistente tra tutti i
pxmti all’ordine del giorno ecumenico la fattura di 7 milioni di
franchi svizzeri (modesta se paragonata a quella di altre riunioni ecclesiastiche ben più ristrette), occorrente a sostenere
tutte le spese, apparirà leggera.
E sarà un investimento ancora
più prezioso se al seguito di Vancouver il mondo finalmente vedrà il Consiglio ecumenico per
quello che realmente è negli anni
’80 e non più come si pensava
che fosse negli anni ’50.
Storicamente le diverse correnti che sono confluite per formare il Consiglio (Missione e Evangelizzazione, Fede e Costituzione,
Cristianesimo pratico. Educazione cristiana e le organizzazioni
della gioventù e degli studenti)
hanno cominciato a fondersi insieme a partire dagli anni ’20. Coloro che pretendono che il CEC
sia dominato da attivisti o che
questa o quella ideologia vi regni
in modo predominante esprimono non soltanto accuse infondate ma presuppongono una centralizzazione a livello di gestione e
orientamenti generali che non
esiste. La sede di Ginevra conta
110 collaboratori destinati specificamente ai programmi e che
servono 300 chiese membro estre
mamente diverse le une dalle altre; i comitati e i colloqui che
parlano a nome del CEC non hanno altra autorità se non quella
« conferita dalla verità e dalla
saggezza di cui si testimonia »,
per dirla con le stesse parole del
Regolamento.
Si spera che l’assemblea farà
chiaramente intendere queste cose. Ma ciò che conterà sarà il peso che i delegati daranno al loro
ritorno alle cose sentite e vissute a Vancouver e l’impegno
che vi metteranno per darvi seguito.
Una campagna di propaganda
di alcuni milioni di dollari, finanziata dal governo sudafricano, ha
preso il CEC come bersaglio per
i propri attacchi. I neo-conservatori dell’America del Nord hanno
anche loro orchestrato campagne anti-CEC più insidiose ancora. L’assemblea di Vancouver
che si svolgerà in pieno giorno
affinché tutti possano vedere e
che sarà ritrasmessa in diretta
dalla televisione rivelerà un'organizzazione unica che non ha
nulla da nascondere e molto da
celebrare.
Dopo Vancouver costerà ancor
di più far parte del CEC. Non
si può parlare, cantare e pregare
durante tre settimane con dei
cristiani, per i quali l’ecumenismo è una questione di vita e di
morte, e poi prendere alla leggera la propria appartenenza al
movimento. Non si può sognare
con loro sul senso nuovo che può
rivestire l’appartenenza al corpo
universale di Cristo e poi ritirarsi comodamente nel proprio angolino.
L’autentica importanza di Vancouver si basa su queste scoperte. E per raccontarle bisognerà
avere più sensibilità e tatto di
quanto abbiamo avuto sinora.
John Bluck
Recensendo sulla Stampa un libro di P. Colombo sui nuovi aspetti della religiosità protestante americana, L. Firpo, fra l’altro,
osserva che in questa ripresa di
certo fondamentalismo si trova
una « ispirazione di fondo, più
veterotestamentaria che evangelica, la quale esalta la dura giustizia di Dio, ignorando la carità ». E su quanto vi è certamente di vero in questa osservazione faremo bene a riflettere, non
dimenticando mai l’irmo alla carità della Epistola ai Corinti. Come faremo bene a riflettere sui
risultati di una inchiesta sulla
presenza di argomenti religiosi
nella stampa, condotta dalla Asfereco, dalla quale risulta lo
scarso rilievo dato alle religioni
non cattoliche. Il che non stupisce in un paese come il nostro,
ma dovrebbe incitarci ad orientare sempre più verso l’esterno
l’attività dei vari Centri Culturali e Sociali, cui le nostre comunità danno vita.
La ricorrenza dell’ll febbraio
ha rilanciato le discussioni sulla
mancata ratifica delle Intese, ormai evidentemente subordinata
alla revisione del Concordato. Alle nostre proteste si uniscono ora
anche quelle della Comunità Ebraica, che ha nel frattempo discusso accordi simili ai nostri.
L’ultima settimana di gennaio
è per tradizione dedicata a riunioni ecumeniche di preghiera.
Diverse da regione a regione le
manifestazioni di cui dà notizia
la stampa, in funzione della situazione dei rapporti esistenti a livello locale. In questo quadro anche riunioni diverse, come quella
di Com-Nuovi Tempi, che cerca
un suo rilancio in una diversa
accentuazione; o il commento negativo di Famiglia Cristiana alle
dichiarazioni del presidente della
P.C.E.I., Aurelio Sbaffl, che aveva rilevato la incongruità della
coincidenza della Proclamazione
di un Anno Santo, con relative
indulgenze, con il centenario di
Lutero. O anche un interessante
articolo di L. Sartori (Pres. della
Associazione teologi [cattolici] italiani) su Rocca in cui viene
fatto il punto sulla situazione attuale dell’ecumenismo, rilevandone sia gli aspetti positivi che
quelli ancora negativi.
Il centenario di Lutero continua anche a suscitare interesse.
Tra i tanti, un articolo di G. Licata sul Corriere (titolo a 5 colonne e fotografìa), che nel dare
l’annuncio delle celebrazioni promosse al riguardo in Milano, fa
una succinta storia della presenza protestante a Milano, dai « Poveri Lombardi », seguaci di Pietro Valdo, ai protestanti valtellinesi, non dimenticando le persecuzioni di cui furono vittime ad
opera della Controriforma (personalizzata nei due card. Borromeo) e terminate praticamente
con il « saggio » governo di Maria
Teresa d’Austria. Mentre Andreotti rilancia la sua proposta di
un convegno che studi la « riforma della Chiesa, daH’interno e
dall’esterno ».
Il problema della pace, con
particolare attenzione ai riflessi
della « escalation » nucleare in
corso, ha occupato molte chiese cristiane. Il Sinodo anglicano ha finalmente deciso di
chiedere al governo inglese di rinunciare ad usare per primo le
armi nucleari, respingendo una
più radicale proposta per un disarmo nucleare unilaterale. Il
Consiglio delle chiese cristiane
(cattoliche e protestanti) canadesi ha invece richiesto a quel governo, pare senza molto successo, di rinunciare a qualsiasi attività, anche industriale oltreché
politica, che abbia attinenza col
riarmo nucleare.
Niso De Michelis
Anglicani sudafricani
rifiutano l’unione
(Soepi) — Il Sinodo generale
della chiesa anglicana dell’Africa
Australe ha deciso di non aderire all’accordo di unione con i metodisti, i congregazionalisti ed i
presbiteriani. Il Sinodo ha approvato tre dei sette principi dell’accordo: « collaborare alla diffusione dell’Evangelo, alla promozione della giustizia, della pace e
della libertà », « diventare una
comunità in Cristo, che non sia
divisa da tradizioni, confini nazionali, cultura, classi sociali o
razze », e « cercare i mezzi di
cooperazione nel culto, di testimonianza e di servizio ». Il punto di disaccordo è stato la proposta di reciproco riconoscimento dei membri e dei ministeri.
Parigi: l’Esercito e la
<f minestra di notte »
(BIP) — Di fronte al fenomeno della « nuova povertà », l’Esercito della Salvezza ha ripreso quest’anno a Parigi una forma di soccorso in vigore negli
anni 1920-1930: «le minestre di
notte ».
Questa operazione è stata resa necessaria dal fatto che si
contano oggi a Parigi da 1500 a
2000 senza tetto fra cui si trovano, oltre i soliti marginali, molte persone provenienti dalla provincia che pur avendo una qualificazione professionale, non
trovano impiego.
Le carrette tirate a braccia
dai salutisti per il trasporto della minestra calda cinquanta o
sessanta anni fa, sono state sostituite da due furgoni che partono ogni giorno dalla stazione
Austerlitz per portare nel po
dal mondo
cristiano
a cura di Renato Ooisson
sti di Parigi dove si conta il
maggior numero di «nuovi poveri» la minestra calda con pane, pàté e formaggio.
Assegnato il premio
letterario protestante
(BIP) — La Giuria del Premio
letterario Protestante di lingua
francese creato dal Servizio Editori Concordia e dalla Libreria
Protestante, ha premiato il romanzo di André Bouvier « Un
tempo per piantare, un tempo
per sradicare» (Indocina 19341948). L’opera diffusa dalla Libreria Protestante sarà pronta
il prossimo marzo.
Il 1983 è stato scelto per il lancio del primo Premio letterario
Protestante per sottolineare insieme due avvenimenti: il 500f
anniversario della nascita di Lutero e il centenario della creazione della Libreria Protestante
a Parigi, come frutto del Risveglio del secolo scorso.
Battisti giapponesi
contro le atomiche
(BIP) — Ij3 Convenzione Battista del Giappone si unisce all’appello dei battisti di tutto il
mondo nella preghiera per la
soppressione delle armi nucleari
e la costruzione della pace.
Nella sua dichiarazione viene
precisato : « Come tutti sanno,
molto prima della seconda Assemblea generale delle Nazioni
Unite sulla riduzione degli armamenti, del giugno scorso, attraverso il mondo intero si è
espressa una ferma volontà di
vedere interdette le armi nucleari e ridotto il numero delle altre
armi. E’ chiaro che il mondo vive oggi sotto la paura della distruzione nucleare. La natura rischia di essere distrutta, la vita
umana di essere sterminata: ci
troviamo di fronte ad un momento cruciale per la sopravvivenza dell’umanità. Per questo
la missione principale e la responsabilità di tutti i popoli è
quella di eliminare questa minaccia.
Crediamo che la natura umana è un dono inestimabile di Dio
e che la pace fa parte della sua
volontà, come ci è stato indicato da (jtesù Cristo. Le armi nucleari sono una minaccia per la
pace e condurranno inevitabilmente alla distruzione della vita
umana. Per questo insistiamo
fortemente per la soppressione
di tutte le armi nucleari.
Abbiamo personalmente sperimentato il terrore e la distruzione causati dalla guerra con
la bomba atomica. Con profondo pentimento riconosciamo che
questo era il risultato del peccato dell’uomo contro Dio ed
esprimiamo la nostra ferma determinazione di fare tutto quan
to è possibile per prevenire una
tale calamità.
Noi, battisti giapponesi, siamo
un piccolo gruppo. Tuttavia in
quanto cristiani, discepoli del
Signore, vogliamo partecipare
alla realizzazione dell’amore e
della pace sulla terra. Anche se
la situazione nel mondo è molto
instabile, la nostra speranza si
fonda in Cristo ».
Gabon; Amnesty
e i prigionieri politici
(BIP) — Amnesty International ha rivolto un appello al presidente Omar Bongo del Gabon
chiedendogli di liberare 29 persone che recentemente sono state condannate fino a vent’anni
di lavori forzati per aver criticato il governo e chiesto un sistema pluri-partitico.
Tredici accusati sono stati condannati a 20 anni e sedici altri a
pene variabili la minore delle
quali è di 18 mesi di reclusione.
La maggior parte dei condannati erano stati arrestati nel dicembre 1981 nel corso di una
manifestazione pacifista a Libreville in favore del gruppo di opposizione Morena (Movimento
di rifondazione nazionale).
Due dei condannati a 20 anni
sembrano soffrire di disturbi
mentali come conseguenza delle
condizioni terribilmente dure
dello stato di detenzione.
Uno dei condannati è JeanMarc Ekoh, direttore del servizio di pianificazione e di sviluppo della chiesa evangelica del
Gabon, membro del comitato
borse della CEvAA, membro della Commissione di aiuto del
Consiglio Ecumenico che era
stato arrestato nel corso di ima
seduta del sinodo della sua
chiesa.
9
4 marzo 1983
cronaca delleValli 9
Evangelo
e tragedia
Le tragedie di Champoluc e
Cinema Statuto sarebbero successe perché Dio ha castigato
l’umanità per la sua miscredenza, il suo peccato. Queste due
stragi rappresenterebbero un
tremendo segnale di avvertimento dall’alto. Dio suonerebbe così
l’allarme in mezzo a una società
sempre più atea e lontana dall’altare. Sostanzialmente in questi termini si è svolta l’omelia funebre di don Francesco Ricca
che accoglieva nella sua chiesa,
in mezzo ad una folla affranta, la
salma di una giovane ragazza
della Valle d’Angrogna, perita
nel tremendo rogo torinese.
Confesso d’aver a lungo riflettuto sul contenuto di quella 'predica e di essere uscito sconvolto
da quella ’’funzione”. Credevo
che in questi anni il cattolicesimo, proprio sul terreno biblico,
avesse fatto progressi notevoli,
invece il funerale a cui ho assistito mi ha convinto che questo
processo non è così diffuso. La
coreografìa e i contenuti di quella ’’funzione” segnano una significativa distanza tra protestantesimo e cattolicesimo a proposito dei funerali, anche se voglio
sperare che questa funzione non
sia rappresentativa di tutto il
cattolicesimo. Non mi addentro
qui sulle polemiche del sacerdote
con la famiglia se seppellire la
ragazza al primo o al secondo
piano del cimitero cattolico (il
piano inferiore è terra non consacrata destinata ai casi dubbi)
— tragica raffigurazione della divina Commedia — segnalo solo
lo spirito di giudizio del predicatore che parla di un Dio sanguinario e vendicativo, che colpisce
i suoi ’’sudditi” con morti atroci. C’è da chiedersi: come mai
allora molti farabutti e delinquenti continuano a prosperare
senza mai essere colpiti dal giudizio di Dio?
Ma le domande che scaturiscono da questa teologia sono
troppe e tutte inutili. Noi rifiutiamo questa visione di Dio perché
sappiamo — e vorremmo dirlo ai
familiari della ragazza — che di
fronte alla tragedia, alla sofferenza, Dio ci è vicino perché in Cristo ha attraversato e preso su di
sé il dolore e la morte dell’uomo.
C’è stato un coralista la sera
del n ad Angrogna che, a questo proposito, ha detto pubblicamente nel corso di una serata di
canti: « Non possiamo accettare,
come vogliono alcuni, di addossare a Dio le colpe dèi fuoco
dello Statuto, dimenticando le
precise responsabilità che andranno accertate. Noi ora cantiamo ”Oh Signor da cui scende
ógni bene” riaffermando così la
nostra fede in Dio che è vita,
amore, risurrezione ».
Morte, disgrazie, malattie e via
dicendo sono il segno della nostra appartenenza a questo mondo che geme, soffre e attende —
come dice l’apostolo — la completa redenzione. Ma la lotta di
Cristo contro la morte, la malattia, le disgrazie della vita indica che la volontà di Dio è
orientata verso la salvezza dell'uomo.
Se non si sa opporre l’Evangelo al male ma si trasforma il
male in Evangelo è inutile lamentarsi che il mondo non frequenti le chiese. La gente ha ragione di stare alla larga da una
religione così crudele e vendicativa. Ma appunto l’Evangelo è
un’altra cosa.
Giuseppe Platone
A DUE ANNI E MEZZO DALLE ELEZIONI DELL’80
Insoluti molti problemi centrali
per la vita del Pinerolese
Difficoltà dei partiti ad affrontare la crisi economica e sociale
In breve
A due anni e mezzo dalle elezioni del 1980 quasi tutti i problemi delle- valli e della pianura
pinerolese sono irrisolti. Lavori
pubblici già deliberati e finanziati non iniziano mentre l’infiazione triplica i costi. Gli uffici regionali del comprensorio hanno calcolato che vi sono lavori per almeno 15 miliardi che possono essere messi in cantiere subito. Nonostante questo, strade, fognature, arginature, rifacimenti di municipi continuano ad aspettare.
E la situazione è uguale sia che
si tratti di piccoli comuni come
Bobbio Penice o grandi come
Pinerolo.
Il problema della viabilità con
Torino è sempre più grave: le
due strade, la statale 23 e la 589,
sono piene di traffico e rese ancora più pericolose dalla continua
crescita di capannoni, di aziende
commerciali che si installano lungo la strada.
Le USSL un po’ per la politica
governativa in materia e un po’
per le insufficienze locali, sembrano assolutamente incapaci a
governare un processo attivo per
la salute della gente. Nonostante
la regione Piemonte abbia approvato la legge del piano sanitario
regionale, non si sono costruiti
nei tempi previsti i piani operativi (« di attività e spesa ») delle
USSL.
E mentre la legge prevede una
ampia partecipazione a queste
scelte, la gente non viene in alcun modo consultata e al massimo viene informata che deve
pagare le medicine.
L’occupazione industriale è in
crisi e a parte iniziative commerciali, più demagogiche che
concrete verso i paesi del terzo
mondo, non vengono fatti studi
concreti per lo sviluppo dei settori economici che soffrono di
meno la crisi: l’artigianato, il
terziario produttivo, e in una certa misura anche la agricoltura
di pianura.
Si continuano a sognare aree
industriali più o meno grandi, e
non si pensa a come utilizzare
le decine e decine di capannoni.
vuoti. Sul piano della casa si
continuano a costruire secónde
case o case destinate al mercato
della vendita (che hanno costi
sempre crescenti, da 700.000 lire
al mq. in su) e non si pensa al
mercato dell’affltto per chi ha
bassi redditi. Non si trova più
una abitazione da affittare sia in
comuni come Torre Pellice, che
a Pinerolo ed a Porosa.
I comuni — anche per la contraddittorietà delle leggi nazionali — sono paralizzati e non riescono ad affrontare questi problemi.
I partiti politici sembrano paralizzati. Viene meno il loro ruo
SCUOLA MEDIA STATALE DI TORRE PELLICE
Attività scolastiche
All’inizio del 1° quadrimestre,
si è riunito il Consiglio di Istituto della Scuola Media « L. da
Vinci ». Ha approvato il piano
delle attività parascolastiche proposto dal Collegio Docenti e dalla Giimta.
Gite: avranno come meta Como, Bergamo e le Langhe con
l’obiettivo di socializzazione e
approfondimento di nozioni geografiche, di arte e di economia
locale. Cinefórum: si privilegeranno i film di animazione, del
periodo della Resistenza iniziando con il film « Delitto Matteotti » e la rappresentazione di episodi di film cinema-scuola. Conferenze: come si è fatto l’anno
scorso per la ricorrenza del centenario di S. Francesco si terranno conferenze-studi, aperte ai
genitori, nella ricorrenza del 5°
centenario della nascita di Lutero. Introdurranno un protestante e un cattolico.
La partecipazione dei genitori
a questi incontri, offre spesso
spunti di notevole interesse che
suscitano una riflessione nei docenti e nei membri del Consiglio.
Verrà esaminata la possibilità
di creare momenti di lettura a
scuola per un accrescimento culturale degli studenti, migliorando altresì l’attuale biblioteca con
altri libri che potranno essere
offerti dai* genitori stessi. Più
spazio dovrà trovare a scuola l’attività fisico-ricreativa. Gli
enti locali dovranno farsi carico
di questa esigenza.
E’ stato rilevato che in questo
settore la Comunità Montana, e
per essa l’Assessore allo Sport e
cultura, ha fatto una politica
oculata.
Il Consiglio di Istituto ha pure deciso di sollecitare gli Assessori allo Sport e Istruzione del
Comune a presentare tempestivamente il programma sportivo
scolastico per l’anno venturo per
esaminarlo collegialmente. Si è
auspicato di ovviare agli inconvenienti quest’anno verificatisi
con la richiesta di un concorso
delle famiglie nelle spese per
l’attività programmata e con
l’interruzione del nuoto, tuttora
sospeso per motivi non chiariti.
Entro l’anno scolastico si spera di redigere anche il regolamento dell’Istituto come strumento di informazione per le famiglie.
lo di mediazione istituzionale. Il
PCI attraversa una delicata fase
congressuale che lo vede localmente impegnato a spiegare, a
molti suoi militanti le ragioni
politiche dello « strappo » e della « alternativa ». Inoltre in questo partito sta emergendo un
nuovo gruppo dirigente, che proviene da esperienze politiche diverse da quelle della militanza
sindacale e di fabbrica che era
stata tradizionalmente la fucina
dei dirigenti locali comunisti.
Il « polo laico » (PSI, PRI,
PSDI, PLI) sembra ricercare più
una definizione di ruolo politico
tra i due grandi partiti popolari
che assicuri in qualche modo le
governabilità possibili a livello
locale, piuttosto che iniziative
volte a risolvere determinati problemi.
Le piccole formazioni dell’estrema sinistra DP e PdUP, in assenza di significativi movimenti sociali con cui confrontarsi hanno
perso ogni iniziativa, almeno a
livello pubblico, e centrano principalmente il loro impegno nella
battaglia sindacale e nella lotta
per la pace.
In questa situazione l’unico
partito a « pensare in grande »
per quanto riguarda i problemi
del pinerolese è la DC. Si tratta
però di proposte estremamente
conservatrici: abbandonare ogni
politica di programmazione per
lasciare al mercato la gestione
dei problemi. In un suo documento infatti la DC propóne lo
accorpamento delle USSL in una
sola, lo smembramento della comunità montana Val Pellice col
passaggio dei comuni di Bricherasio e Bibiana a quella Pedemontana Pinerolese, la abolizione
dei critèri antisismici per le costruzioni, e in definitiva meno
vincoli per l’azione dei privati.
Ma sembra che queste proposte
siano dovute più a calcoli elettorali (l’85 è vicino) che ad uno
studio attento dei problemi.
Giorgio Gardiol
Segnalazioni
TORBE PELLICE — Venerdì 4 marzo,
alle ore 21, nella Sala Operala In vìa Roma, il Partito Socialista Itaiiano ha organizzato una conferenza deila prof.ssa
Elena Ravazzinl-Corsani, dal titolo:
« L'importanza deH’inserimento degli
handi'oàppatl ,nella Scuola Media superiore - Nuove sperimentazioni ».
Seguirà un dibattito con la partecipazione del Dott. Elvio Chiatellino del
« Gruppo - Incontro » di Pinerolo.
TESSUTI
CONFEZIONI
ARREDAMENTO
pedipssia
Via Duca degli Abruzzi, 2 - PINEROLO (To) - (Telef. 0121/22671)
Nuovi treni
TORRE PELLICE — Dal 1°
marzo le ferrovie attivano due
nuove corse di treno tra Torre
Pellice e Finerolo:
• ore 16.20 partenza da Torre
ore 16.45 arrivo a Pinerolo;
• ore 17.15 partenza da Pinerolo - ore 17.45 arrivo a Torre.
Rinviata i’apertura
della mostra
di Paolo Paschetto
TORINO — In attesa della autorizzazione per la prevenzione
anti-incendio, l’apertura della mostra ha dovuto essere rinviata.
La direzione del Museo della
■ Montagna, in contatto con la
Società di Studi Valdesi, che ha
Partecipato alla organizzazione,
comunicherà tempestivamente al
nostro giornale la data di apertura al pubblico.
Chiuso il salone
comunale
TORRE PELLICE — Mancando l’agibilità per la sala comunale _di Viale della Rimembranza,
la stessa non potrà più ospitare
spettacoli e manifestazioni pubbliche. Il comune Tha richiesta
e spera in una sollecita definizione della pratica.
Lutero visto da
cattolici e valdesi
TORRE PELLICE — «Valdesi e
cattolici di fronte a Luterò » è il
titolo di un incontro pubblico,
organizzato dalle comunità cattolica e valdese di Torre Pellice,
cui interverrà: don Candido Bona e il pastore Giorgio Tourn.
L’incontro si svolgerà domenica
13 marzo alle 15 presso il salone
parrocchiale della chiesa cattolica.
Incendio
POMARETTO — Un incendio
ha quasi completamente distrutto un fabbricato sito in via Balziglia, di proprietà delle sorelle
Rostan. È andato distrutto completamente il tetto e il sottotetto, mettendo così sul lastrico due
famiglie che vi abitavano, le famiglie di Pons Ettore e di Gaydou Enrico. Ingenti i. danni materiali, per fortuna nessun danno
alle persone.
Grazie al pronto intervento di
alcuni volontari del luogo ed ai
pompieri l’incendio non ha raggiunto i fabbricati confinanti tra
cui la casa pastorale. L’incendio
sembra essere stato causato dal
surriscaldamento di una canna
fumaria.
Hanno collaborato a questo
numero: Pino Arcangelo, Gustavo Bouchard, Alberto Canè. Franco Davite, Anna Maria Giachino, Franco Girardet, Sauro Gottardi, Nino
Gullotta, Antonio Kovacs,
Giovanni Lento, Luigi Marchetti, Adriano Morelato,
Bruno Rostagno, Aldo Rutigliano, Francesca Spano,
Franco Taglierò, Cipriano
Tourn, Giulio Vicentini.
Dottor Silvio Boèr
MEDICO CHIRURGO
Specialista in Ortopedia e Traumat.
Via Caduti per la Libertà, 2
10066 TORRE PELLICE
Comunica che a partire da lunedì 21 febbraio 1983 l’Ambulatorio sarà aperto col seguente nuovo orario:
lunedì 17,30-19; martedì 8,3010; mercoledì 17,30*19; giovedì
8,30-10; venerdì 8,30-10.
Per informazioni: tei. 932450
10
10 cronaca delle Valli
La vita in miniera
ri LAVORO IN VAL GERMANASCA SCRIVE UN SINDACALISTA OSPEDALIERO
Sciopero dei medici
La miniera di talco, località
Malzat, miniera esposta al grande pericolo di grosse valanghe
che si scatenano dalla Costa Nera piinta Gavaluppo a quota 2.034
metri e scendono nella comba del
l’Aguglia, passando sopra i baraccamenti dei Malzat a quota 1.800
metri. Fu l’anno 1918 l’otto aprile ore 9, gli operai erano preparati
a_ partire e lasciare la miniera,
visto il grande pericolo; un operaio di un’altra baracca disse ai
suoi compagni: vado solo a prendere il mio sacco poi andiamo,
ma proprio in quell’istante si
udì un forte boato, quelli che si
trovavano tutti insieme nella medesima baracca si sono buttati
tutti in fondo, così i travi della
soffitta e del tetto caduti, sono
rimasti appoggiati al muro di fondo e li salvò, ma rimase vittima
quello che era andato a prendere
il sacco. Il poveretto col suo piccolo ritardo salvò la vita di
tutti i suoi compagni, altrimenti
la valanga li avrebbe presi tutti
in partenza.
Da quella primavera la paura
era cresciuta. Tutte le volte che
la neve cadeva un po’ abbondante c’era l’ordine di lasciare la miniera. Ma purtroppo il pericolo
c’era sernpre, a restare bisognava
rifugiarsi nella miniera, ma era
così gelida che ce n’era fin troppo delle 8 ore giornaliere, a partme c’era il pericolo di restare
vittime delle valanghe. Al momento di quella sciagura io ero
ancora bambino. Pericoli della
neve nella mia gioventù ne ho
affrontati tanti, ma per il momento ne voglio ricordare solo
due.
Una discesa
avventurosa
Il primo; era l’ultima decade di
gennaio 1932, erano caduti 160
centimetri di neve appoggiati su
di im metro di neve residua. Al
momento che dovevamo partire
i visi dei minatori si rattristavano e tanti piangevano per paura di non più poter vedere i loro
cari. Al momento di uscire dalla
galleria più bassa, ci siamo divisi in tre gruppi, il primo, cinque con gli sci tutti attaccati ad
una corda per non perdersi; il secondo gruppo formato di dieci
con le racchette per fare im po’
di traccia; il terzo e ultimo gruppo, ima ventina tutti attaccati ad
una grossa corda sempre perché’ nessuno si perdesse che era
così facile nella bufera; tre gruppi tre corde, l’ordine era di non
parlare nel modo più assoluto.
perché la vibrazione della parola
provoca la caduta delle valanghe.
Così incominciò la discesa verso
la comba della Guglia, in un silenzio mortale: tutto sotto la discesa delle valanghe, per poi attraversare un altro versante sempre in pericolo, la bufera infuriava in modo tale che alla distanza di 80 centimetri l’uno dall’altro non Dotevamo vederci, se non
fosse stato della corda che tutti
avevamo impugnato ci saremmo
perduti.
Tutti involti di neve, sudati per
l’affanno e la fatica. Per quelli di
punta era assai difficile orientarsi dove andare, per fortvma
in testa c’era sempre qualche anziano minatore che era ricco di esperienza e che si offriva
di fare da guida, il quale conosceva perfino le piante di larice che gli servivano da itinerario. Quando noi del terzo gruppo
siamo arrivati nella comba delTAgugUa, i primi, quelli con gli
sci ci hanno fatto correre la notizia da orecchio a orecchio che
avevano raggiunto i vecchi ruderi di una vecchia stazione di
teleferica; ima volta arrivati tutti a quel posto eravamo salvi e
per fortuna con l’aiuto di Dio ci
siamo arrivati. A quel punto, sui
visi di ognuno di noi si cancellò
il terrore e si vide spuntare il
sorriso, dopo pochi istanti di ripresa, udimmo un boato: era la
grossa valanga staecatasi dalla
montagna, scivolava con furia
giù per il pendio dove eravamo
scesi noi, 20 minuti di ritardo e
ci saremmo rimasti tutti.
Il lavoro nella
tormenta
Il secondo avvenne il 19 novembre 1933, incominciò a nevicare alle ore 13 del pomeriggio,
era di venerdì, la squadra che
terminava alle ore 16 rientrò alle ore 17 per fare la giornata del
sabato e poi scappare, visto il
pericolo; io ero della seconda
squadra, entravo in miniera alle
17, facevo parte dei 4 addetti al
trasporto del materiale della miniera allo scarico esterno. Dall’uscita allo scarico c’era una
ventina di metri e bisognava
spalare la neve per poter spingere il vagoncino; il rumore delle valanghe, del vento, della tormenta, era infernale, si vedeva
ammucchiare a vista.
Noi quattro fuori, notte scura
al chiaro delle lampade a carburo, la tormenta che le spegneva
di continuo, due di noi reggevano le lampade in mano per illumi
VASTA PRODUZIONE
croci
ugonotte
in
oro e argento
da
Oreficeria BORNO
di TESI e DELMASTRO
Via Trieste, 24 PINEROLO - Telefono 3117
e presso le Librerie ’’Claudiana”
nare i due che spalavano, in quella triste e pericolosa situazione
ci siamo rimasti tre terribili ore,
senza che nessuno si occupasse
di noi, né il capo squadra, né il
capo cantiere; dopo di quelle tre
ore non eravamo a metà tragitto, avevamo tanta neve dietro
come davanti, per renderci meglio conto avevamo messo una
plancia appoggiata sul vagoncino: in 60 minuti ne sono caduti
32 centimetri; a quel punto ho
detto ai miei compagni: qui è inutile, abbandoniamo tutto e rientriamo in miniera e andiamo
uno di noi dal capo cantiere a
fare presente la nostra situazione, visto che nessuno si occupa
di noi, se siamo vivi o morti, ma
nessuno osava fare il primo, allora ho detto: ci vado io. Ho fatto le tre rimonte interne che davano uscita alla galleria superiore vicino alle baracche, al capo
che se ne stava tranquillo al caldo, gli feci presente il nostro caso, dopo un po’ di riflessione, mi
rispose, con tono alquanto seccato: prendete il materiale e mettetelo in ripiena. Così, sudati e bagnati, abbiamo terminato il nostro orario.
Il sabato mattina cessò di nevicare, ma lo spessore di neve superava i due metri, noi del secondo turno dovevamo fare la
nostra giornata del sabato: ei
fecero spalare neve otto ore di
fila; siamo seesi alla sera alle nostre case, pestando neve finn al
collo, stanchi in modo tale; che
ci dava la sensazione di non avere più le braccia, bagnati, intirizziti dal freddo, per poi di nuovo
dover affrontare i pericoli a risalire il lunedì tutto di notte.
Carlo Ferrerò
Il più importante problema di
questo periodo nel campo della
salute, è quello dello sciopero dei
medici ospedalieri.
Di fronte a questa continua
mobilitazione, bisogna porsi alcune domande legittime: che cosa vogliono i medici della medicina pubblica? In che modo
gli utenti sono coinvolti in questa vicenda con un danno non irrilevante?
Proviamo a dare alcune risposte senza entrare nel merito delle forme di lotta, sulle quali bisognerebbe fare una lunga discussione. Partiamo innanzitutto
dallo staio del servizio sanitario,
cioè che la medicina pubblica è
sottopagata, che esistono ritardi
che limitano l’utilizzo delle strutture e degli operatori e generano
ineflBcienza, incompetenza e sprechi.
Inoltre la riforma sanitaria,
che a livello nazionale non è ancora del tutto decollata, (le ultime UU.SS.LL. si sono costituite
di mesi fa nella regione
Sicilia), trova sempre nuovi ostacoli in quanto vi sono interessi
che vanno al di là della salute.
Se la riforma sanitaria e la medicina pubblica sono il punto di
riferimento per l’assistenza sanitaria, ^ è bene che la medicina
pubblica sia valorizzata con tutte
le strutture e strumenti necessari.
Un altro dato oggettivo è che
le Confederazioni sindacali, forse
per tradizione storiea-culturale,
non spno né portatori né interlocutori delle istanze dei mediei,
in quanto in generale, si organizzano più facilmente tra loro seguendo l’idea del corporativismo.
Un punto delle rivendicazioni
mediche è la perequazione esterna, si tratta in sostanza di una
richiesta economica ( doverosamente dovuta) uguale a quella
dei medici convenzionati (di famiglia).
Altro punto delle rivendicazioni dei sindacati Medici sono sul
piano normativo: l’istituto delle
compartecipazioni, un istituto
creato nel precedente contratto che dà la possibilità di
«arrotondare» lo stipendio creando inoltre una diversità di applicazione tra regione e regione
e specialità e specialità. Il nuovo
contratto ne prevede di fatto la
abolizione, dandogli nuovi obiettivi: estensione in tutto il territorio; ridistribuzione delle risorse
che tenga conto della professionalità acquisita; istituzione di
incentivi di produttività legati
alla maggior efficienza ed efficacia dei servizi.
Resta ancora da dire sulle incompatibilità delle diverse attività che molti medici svolgono,
limitando gli incarichi, e la tendenza alla fuga fuori dall’Ospedale per moltiplicare lo stipendio. Ancora una volta si torna a
ribadire il ruolo fondamentale
del medico a tempo pieno, la cui
figura va riconosciuta e rivalutata.
Di fronte al neo-corporativismo della classe medica, ci si
chiede se effettivamente gli interessi dei medici a tempo pieno
siano comuni agli interessi dei baroni; di fronte a questo compatto e composito gruppo nasce
l’esigenza di capire che ruolo e
eome si pongono all’interno di
tutto il mercato del lavoro e di
tutti gli altri lavoratori.
Agostino Valenti'
Visto che molti hanno capito
che non va che i catecumeni vengano in chiesa solo alla confermazione, non sarebbe bene incoraggiare i genitori, i bambini
piccoli e grandi di cercare di frequentare il culto? Per i più piccoli avere qualcosa per distrarli?
E per i più grandi dar loro la
possibilità di cantare o suonare?
Molti pensano che non aiuti la
separazione fra generazioni che
c'è oggi.
Ci sarebbe la possibilità insieme di seritire molta lettura della
Parola di Dio che è il buon seme; unirsi alla preghiera e ai
cantici. E se venisse semplificato anche il culto? Certo dobbiamo chiedere a Dio di lasciarLo
agire nei nostri cuori. E a Dio
sta più a cuore ancora che a noi.
Lettera firmata,
Torre Pellice
Secondo me, lei ha ragione. Mi
pare difficile che un giovane, anche se ha fatto la sua professione di fede con piena convinzione,
senta il bisogno di ritrovarsi
ogni domenica al tempio con persone più anziane e quasi completamente sconosciute, se fino a
quel momento non ha quasi mai
partecipato ai culti.
Credo che ai nostri tempi, soprattutto qui in campagna, tutto
fosse molto più facile.
Fin da bambini, potevamo venire in chiesa da soli, la scuola
domenicale si faceva prima del
culto a cui ci fermavamo anche
noi, e così, quando smettevamo
di frequentarla perché ormai eravamo « grandi », continuavamo
naturalmente ad andare in chiesa e io aspettavo con ansia la
fine del catechismo per essere
ammessa a partecipare alla Santa Cena con tutti gli altri, che
conoscevo fin da piccola.
Ma adesso come si fa? Nelle
città si è sparpagliati a grandi
distanze, culto e scuola domenicale sono alla stessa ora, perché
è quasi impossibile mandare i
bambini da soli; e poi, quando si
sta chiusi tutta la settimana sul
lavoro o a scuola, nell’aria sporca e nel rumore, è naturale che
si abbia voglia di passare almeno
una giornata lontano da tutto
questo. Cosi si scappa via appena si può, sacrificando il culto
domenicale.
Io che vivo nell’aria pulita non
mi sento di criticare i ragazzi
che la domenica vanno a sciare.
Eppure noi anziani abbiamo bisogno dì loro, della loro voglia
di fare, anche delle loro critiche,
spesso così dure e recise che ci
fanno star male; e forse anche
noi potremmo aiutarli in qualche modo a maturare, a rafforzare la loro fede, spesso così insicura.
Che cosa si può fare?
Io credo che, con tutte queste difficoltà attuali, la chiesa
possa ancora offrire ai giovani il
modo di entrare a far parte veramente di una famiglia di credenti, in cui è necessario radunarsi nel nome di Dio.
Si può chiedere ai catecumeni l’impegno a partecipare regolarmente almeno ad una delle occasioni d’incontro con i fratelli
(e non solo con i compagni di
corso): culto, riunioni quartieralù studio biblico, corale, e così
via. Si può organizzare apposta
per loro una serie di incontri
con la comunità o con singole
famiglie.
Una sorella emigrata negli Stati Uniti mi ha raceontato che nella sua città rincontro domenicale
dura due ore. Nella prima i bambini se^ono la scuola domenicale, e i grandi, a scelta, stanno
insieme a loro, oppure seguono
uno studio biblico, o semplicemente prendono insieme una tazza di caffè, mentre i giovani giocano a pallavolo. Nella seconda
ora invece c’e il culto e un gruppo di volontari bada ai neonati
e fa giocare i bambini. Così si riuniscono varie attività in una sola mattinata, dato ehe le distanze
impedirebbero di venire altre
volte nella settimana.
Forse non sarebbe impossibile
organizzare qualcosa di simile.
Ma ognuno di noi può fare
qualcosa purché non dimentichiamo di essere una comunità.
Per esempio, se la domenica
vogliamo andar fuori, abbiamo
mai pensato di scegliere una località dove ci sia un culto evangelico e di informarci suH’orario
per poterci andare?
Così la nostra gita all’aria aperta diventerà anche il modo di
eonoscere altri fratelli (e questo
vale anche per le ferie h Io ho
notato che, stranamente, quell’ora di culto allunga la giornata
di libertà invece di accorciarla.
Ma è chiaro che il modo migliore di aiutare i catecumeni, e
i giovani in genere, ad amare il
culto domenicale, a sentirne la
mancanza quando non è possibile parteciparvi, è quello di amarlo noi stessi, di andarci non per
dovere, o per abitudine, o per far
due chiacchiere con gli amici all’uscita, ma perché siamo riconoscenti a Dio e vogliamo lodarlo
e ringraziarlo insieme ai nostri
fratelli, perché vogliamo ascoltare la lettura e la spiegazione
della Sua parola. Non le nostre
critiche, più o meno acide, agli
assenti, ma la nostra gioia di ritrovarci insieme sotto il Suo
sguardo, può, Dio volendo, essere
contagiosa e invogliare altri a
fare altrettanto.
magna Linota
11
w
4 marzo 1983
cronaca delle Valli li
JOSUE’ JANAVEL
Janavel homme héroïque de son pays
fut défenseur, combattant le plan diabolique de l'ennemi pèrsécuteur.
Dans les jours d'une grande épreuve,
Dieu lui donna plus d'un succès, la foi
fut la plus noble preuve de ce champion si redouté. Oh grand Dieu que
dans nos vallées sois adoré Emmanuel,
ta volonté exécutée, suscite des hommes à Janavel.
De Rorà ces héros Intrépides au
sommet de Casuler, combattent d'un
bras invincible que l'ennemi doit reculer. A Ciapel une grêle de pierres
fond sur les persécuteurs, à Dieu s'élève une prière car il fut leur libérateur.
Les ennemis lâchèrent prise ce butin
qu'ils avaient emporté, ils en subirent
la crise, d'être au moins la moitié tués.
Janavel, en revenant de la défaite devant Dieu se jeta à genoux, rendant
grâce de la conquête, certainement
Dieu est pour nous.
Bénit sois-tu Dieu charitable de nous
avoir bien préservés plus haut que ces
liens misérables, protégés en ces calamités. Ah! donne-nous la promptitude
d'énergie, de décisions, qu'en nous
soit toujours l'habitude de te prier
pour nos actions. Mais un jour, oh dérision funeste, l'ennemi se rendit vainqueur, ce fut une charnelle fête pour ces
fanatiques sans coeur. Janavel et ces
vaillants hommes furent attaqués des
deux côtés, en vain et comme des atomes les habitants furent emmenés. Ils
incendient les villages et les cabanes
d'alentour mettant tout à feu et pillage, tuant et massacrant tour à tour.
Janavel n'avait plus rien à défendre,
son Rorà était détruit, on amène les
gens par bande, ceux qui n’avaient pas
péri.
Le lendemain, par finesse une lettre
on lui apporta; c'était le Marquis de
Pianesse, « parmi les prisonniers de
Rorà, j'ai votre femme et vos filles entre
nos mains, nous les tenons, rendezvous, soyez docile et tous vos biens
nous vous rendront, cessez d’être hérétique, Capitaine Janavel »; mais le montagnard héroïque ne fut pas d'avis à
cet appel, « Ne tenez vous pas à la vie
de votre femme et de vos enfants, abjurez donc votre hérésie, sinon nous les
brûlons vivants ».
Mais la foi la plus vigilante que le
monde ne connaît pas, ne laisse pas
l’âme vaillante s’abandonner au triste
état.
Il répondit: « Vos menaces me fortifient seulement, je ne serais jamais un
lâche de m'effrayer par vos tourments,
je me renforce davantage sur l'évangile de ma foi; Dieu est celui qui m’encourage, je ne crains donc pas vos lois.
Quant à ma femme et mes filles, si
vous faites périr leurs corps. Dieu est
le maître de leur vie, l’âme ne va pas
à la mort; elles savent qu’elles me sont
chères, je les retrouverai un jour, si ce
n’est pas sur cette terre, Dieu les rendra à mon amour. Dans le ciel mon
autre patrie Dieu nous recevra dans sa
paix unis à ces âmes chéries nous ne
nous séparerons jamais ».
Si tôt après cette réponse sa tête
lut mise à prix, mais Dieu veillait
à cette annonce, ce crime ne fut pas
permis.
Ils combattirent longtemps encore et
grands furent ces exploits, pour le
grand Dieu que l’on adore pour soutenir sa vraie loi.
Que de martyrs dans nos vallées
que Dieu connaît pour ses enfants, la
Bible fut respectée, ils la signèrent de
leur sang. Au fer longtemps ils gémi
rent ces glorieux persécutés suivant
Jésus dans leur martyre, le ciel leur
était réservé. Mais dans ces luttes si
terribles ils ne purent plus soutenir,
ces pieux guerrleté si Intrépides pour
l’exil durent partir.j-Véï'is la Suisse ils
se dirigèrent, vers ce pays hospitalier.
Mais leur vallée si chère ne purent un
instant oublier, Janavel dans sa cohorte
marchait au nom du Roi des rois, encourageant d’une voix forte: Rien n’est
plus ferme que notre foi. L’accompagnant jusqu’aux limites, ce peuple qui
était son troupeau, il le remit à la conduite de l’immortel Henri Arnaud.
Us comparurent à la Baizille pour
protéger sa liberté étant une seule
famille que Dieu bénit à jamais. Dieu
fut toujours notre retraite, il nous a suscité un Roi, Charles Albert donna dans
sa largesse la liberté de coeur de foi.
Oh Dieu dans ta miséricorde veille sur
nous, tes enfants, nous sommes toujours ta cohorte, rend-nous donc reconnaissants. Oh Dieu bénit soit ton ouvrage, que nous puissions hautement
t’aimer et n’être plus dans les carnages
maïs librement t’honorer.
Pasteurs prêchez en assurance, rien
ne vous empêche plus, dites de Dieu la
délivrance qu’il accorde à ses élus,
Lettera finmata, Terre Pellice
informo e vengo a sapere che veramente il grosso della comunità e quelli che amano ritenersi - colonne della
Chiesa », sono assenti; non vedono di
buon occhio questo gruppo di giovani,
quindi disertano persino la serata del
17.
Amareggiata, non faccio commenti e
lascio le Valli chiedendomi dove è andato a finire lo spirito evangelico e
comunitario che i vecchi valdesi hanno
tentato di tramandare.
Fraternamente.
Anna Balla, Alba
Le divisioni nelle chiese sono un
fatto. Però in questo caso l’episodio non
può essere preso a prova di quanto si
afferma. Infatti la rappresentazione
della sera del XVII a Lusema San Giovanni era una "replica” della stessa
rappresentazione fatta a Lusema qualche mese prima. Questa forse la ragione di molte assenze.
(g-g-)
DA VERCELLI
A BORA’
UN XVII FEBBRAIO
ALLE VALLI
Caro Direttore,
ho trascorso il periodo del 17 febbraio
alle Valli, dopo anni di assenza, ed è
stata per me, che vivo lontano dalla
Chiesa, un’occasione per rivivere alcuni momenti comunitari. Ho, infatti, ammirato i falò di Torre ed ho preso parte al culto di Villar e all’interessante
serata di Lusema, dove il Gruppo Filodrammatico ha ben rappresentato uno
spettacolo sul problema della droga che
ha notevolmente ' coinvolto il pubblico
presente. Lo ha dimostrato la discussione che ne è seguita, durante la quale, con mia sorpresa, sento un giovane
chiedere: - Perché avete scelto di fare il vostro spettacolo il 17 sera, speravate che la comunità fosse presente? ». Stupita guardo il pubblico abbastanza numeroso che, in maggioranza
giovanile, non rispecchia la comunità
che generalmente frequenta I culti. Mi
Avendo ancora in noi le note del
Giuro di Sibaud siamo scesi a valle
per ritornare a Vercelli dopo aver trascorso un indimenticabile 17 febbraio
con i fratelli di Rorà.
Invitati dal pastore Sergio Ribet mia
moglie, mio figlio ed io siamo saliti a
Rorà la sera del 16 e già intorno al falò
abbiamo avvertito che, per la prima
volta nella nostra vita, eravamo coinvolti in qualcosa di particolare, profondamente sentito, e che non si era di
fronte alla celebrazione di una ricorrenza.
La conferma l'abbiamo avuta il giorno dopo, dal culto all'agape fraterna: al
di là della festa, abbiamo sentito vibrare la profonda fede di un popolo geloso della sua libertà, non quella degli
uomini ma quella che Dio dona in Gesù Cristo; siamo stati inondati dalla
gioia che sgorgava dai cuori e dai canti e siamo stati stimolati a continuare
nella lotta ad ogni nuova forma di
schiavitù, emarginazione e sopraffazione.
Grazie, fratelli rorenghi, per quanto
ci avete donato!
Renato di Lorenzo, Vercelli
Scuola Latina di Collegio Valdese
Pomaretto di Torre Pellice
COMUNICATO COMUNICATO
Le preiscrizioni alle classi: 1", 2*, 3*, presso la Scuola Latina legalmente riconosciu- ta di Pomaretto, sono aperte a tutti gli interessati nei se- guenti giorni: Sono aperte le pre-iscrizioni per Tanno scolastico 1983-84 alle cinque classi del Ginnasio- Liceo Classico Pareggiato e al- la prima e seconda classe del Liceo Linguistico.
Venerdì 25 febbraio: ore 11-13 Venerdì 4 marzo: ore 11-13 Sabato 5 marzo: ore 9-11 La Presidenza Per maggiori informazioni rivolgersi a: Collegio Valdese, via Beckwith 1, 10066 Torre Pellice (To), tei. (0121) 91260, orario segreteria: ore 8,30- 11,30 dal lunedì al sabato.
^-n
Macchine per scrivere e calcolo
Fotocopiatrici
Registratori di cassa
Mobili per ufficio
Sistemi contabili
Accessori e assistenza
Massimino e C.
P.za Roma, 23 - Tel. 0121/22.886
10064 PINEROLO
RIMBORSO MEDICINE
La Comunità Montana Val Pellice informa tutti i cittadini che^harrno presentato ricette mediche cori' annesse
fustelle agii LÌfflci di via XXV Aprile
per il rimborso delle spese sostenute
durante il periodo di sciopero delle
farmacie, dal 17 novembre al 13 dicembre 1982, che riceveranno un avviso
di pagamento da presentare alla Cassa
di Risparmio indicata, dove potranno
ritirare la somma loro dovuta.
SOSPESI GLI SPETTACOLI
La Comunità Montana Val Pellice informa che gli spettacoli della Rassegna
■■ Giornate Folkloristiche invernali '83 »
sono sospesi causa inagibilltà di alcuni locali nei quali gli stessi erano programmati.
Alcuni degli spettacoli ora sospesi
saranno rinviati alla prossima stagione
estiva.
INDENNITÀ’ COMPENSATIVA
La Comunità Montana Val Pellice comunica agli agricoltori delia Valle che
le domande di rinnovo per l’indennità
compensativa anno 1983 dovranno pervenire alla Comunità Montana Val Pellioe entro e non oltre il 31 marzo 1983.
Si ricorda inoltre che in base alle disposizioni impartite dalla Regione Piemonte verranno accettate solamente le
domande di rinnovo (con o senza variazione) di coloro che hanno presentato per la prima volta domanda negli
anni 1979-80-81.
Non si accetteranno quindi le nuove
domande di coloro che intendano presentarle per la prima volta nel 1983.
Pro Asilo Valdese
di Lusema San crovanni
Pervenuti nel mese di gennaio 1983
L. 5.000: Cavo Ernesto (Ge); Zoppi
Elsa Costantin (Ge); Reynaud Lea (ospite Asilo); Lilia Malacrida (Como);
N, N. (Como).
L. 10.000; Nilda e Nino Chauvie; Della Putta (Varese)'; Mirella'e Ernesto
Bein; Brizzi Malan Giovanna, in mem.
del marito (Ivrea); Cristoro Emilio (Loranze); N. N., in mem. di Jourdan Enrico; Juliette Balmas, in mem. di Lilly
Ayassot Ippolito; Coucourde Giulio (Pinerolo); Famiglia Abruzzese (Roma);
Armand Pilón Erica, in mem. di Michele (Ge); Falchi Velia (Ge); Schenone
Emma (Ge): Schenone Emma e Noemi,
in mem. di Federico Schenone (Ge).
L. 15.000: Judit B. Chadima, in mem.
di Edwig Pelizzaro Kind (Verona); Bertarione Bice (Pavone Canavese); In memoria di Talmon Enrico, la moglie (Pinerolo).
L. 20.000: Mariuccia Barbiani, in memoria di Mimi Monti; In mem. di Mary
Paschetto, Alda Cougn (Torre Pellice);
Ida Subillia in Girotte, in mem. di Mary
Paschetto in Peyrot (Pinerolo); Armand
Pilón Erica, in mem. di Bruno (Ge);
Biglione Eunice, in mem. di Salvaran!
A. (Ge).
L. 25.000: Bertin Rina, in mem. di
Mimi Monti; Corlando Perside, in memoria dei suoi familiari defunti (Ge-Pegli); P. E. e S., in mem. dei nostri ca
ri; René e Flora Pons, in mem. di Hé
lène Pons: Biglione Eunice (Gè); Ame
deo e Elvira Balma-Bertolino, in mem
del cugino Arturo Balma (Pomaretto).
L. 30.000: Famiglia di Danna Tiziano
Chiesa Evang. Valdese di Como; In
mem. di Mary Paschetto, Emma Paschet
to Cougn (Torre Pellice) ; Odette Bai
mas, in mem. di Hélène Pons.
L. 50.000: Emma Bertalot Armand
Bosc, in mem. di Fanny; N. N., in memoria di Elda Fornerone (Torré Pellice);
Elda e Valdo Rivoir, in mem. dell'amico
Piero Gallo (Torre Pellice); Ricordando
lo zio Guido, Liliana e genitori Edoardo
e Alina Rostagno; In mem. di Elena Ippolito-Ayassot (pervenuti a novembre
1982), i nipoti Marco, Elena e Romano
Ippolito (Pallanza).
L. 70.000: Jourdan Claudio e Alda.
L. 100.000: Coucourde Giulio, in memoria di Arturo Balma (Pinerolo); In
mem. di nonna Elvira De Bettini, Mario
e Bianca Bounous (Torre Pellice) ; Giancarlo e Ada De Bettini, ricordando Elvira e Sebastiano De Bettini (Torre Pel
lice); Giancarlo e Ada De Bettini, ricordando Emilio Ostorero (Torre Pellice); In memoria di Elena Ippolito Ayassot (pervenuti a novembre 1982), i figli
Elena e Romano Ippolito (Pallanza).
L. 120.000: Unione Femminile Valdese
di Vallecrosia.
L. 150.000: N. N., in mem. di Ida
Giordan Tron; Marangoni Caterina (Ivrea); I cugini Balma, Morello e Giaiero, in mem. di Arturo Balma (Pomaretto); In mem. del Pastore Mollica, la
sorella é le figlie.
L. 200.000: Albarin Bianca Maria e
Daniele, in mem. di Bruno Albarin (Roma) .
1. 250.000: Madelaine Revel, in ricordo
del fratello Giacomo Schweizer (Milano); E tu mi glorificherai.
L. 500.000; Giuliana e Italo Eynard
(Pinerolo).
RINGRAZIAMENTO
Bruna e Nella ringraziano sentitamente R personale dell’Asilo 'Valdese di
San Giovanni e tutti coloro che hanno
preso parte al loro dolore per la perdita del padre
Giovanni Malan
San Giovanni, 10 febbraio 1983
RINGRAZIAMENTO
« VeTÙte a Me voi tutti che siete travagliati ed aggravati e Io
vi darò riposo »
(Matteo 11: 28)
La moglie ed i figli di
Gustavo Ribet
oominossi e riconoscenti per la dimostrazione di affetto espressa al loro caro, ringraziano tutti coloro ohe ' oon
scritti, parole di conforto e partecipazione ai funerali, hanno preso parte al
loro dolore. Un ringraziamento particolare ai personale medico ed infermierbtico dell’Ospedale Vald^e dì Poma*
retto, al pastore Renato Coisson, al
dott. Peyrot, alla sig.ra Long ed alla
Banda Musicale di Pomaretto.
Pomaretto, 19 febbraio'1983
AVVISI ECONOMICI
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Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo; 22664.
USL 43- VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese) .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 6 MARZO 1983
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Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellice; telefono 91.288.
12
12 uomo e società
4 marzo 1983
TORINO - COMITATO PER LA LAICITÀ’ DELLA SCUOLA ESTREMO ORIENTE
Un’azione per scalzare il
“fondamento e coronamento”
Riporsi di genitori contro il R.D. del’28 possano indurre la Corte Costituzionale a pronunciarsi sul confessionismo della scuola elementare
TORINO —Definendo la laicità
con alcune citazioni di Nicola Abbagnano, Norberto Bobbio e Valerio Zanone, Carlo Ottino, professore di storia e fìlosofìà al liceo Alfieri, ha aperto l’assemblea
che il 15 febbraio ha costituito
il Comitato torinese per la laicità
delta scuola. Presieduta dall’avv.
Bruno Segre, l’assemblea ha in
seguito approvato lo statuto e nominato il Consiglio direttivo. Ne
fanno parte un rappresentante
per ognuno degli Enti aderenti
(tra cui il Concistoro della Chiesa valdese e la FGEI di Torino)
e sei membri eletti dall’assemblea.
Nel corso della serata la professoressa Graziella Fresia, segretaria della VIL Scuola, ha illustrato un’iniziativa che — insieme al dibattito e all’informazione sulla riforma della scuola
secondaria superiore — caratterizza in questa fase l’attività del
Comitato: l’organizzazione dei ricorsi avverso il R.D. del 1928 di
cui riferiamo in questa pagina.
Vivace e intenso è stato il dibattito sulle finalità del Comitato, in particolare su un paragrafo dell’articolo dello statuto
che le elenca: affermazione nella scuola di un metodo che
consenta la massima circolazióne delle idee e rifiuti qualsiasi
forma di indottrinamento e di
dogmatismo. Il Comitato non si
contrappone cioè al confessionalismo cattolico da un punto di
vista anticlerical-laicista di vecchio stampo, ma a questo e ad
ogni dogmatismo e indottrinamento di tipo culturale o politico in una visuale più ampia che
afferma la necessità di uno studio critico e pluralistico del fenomeno religioso come fatto culturale nell’ambito delle diverse
materie in cui esso si presenta.
Negli altri punti programmatici il Comitato ricalca in gran
parte la linea di separazione tra
scuola pubblica e insegnamento
confessionale della religione affermata in modi diversi dall’ALBI e
dall’Intesa valdese-metodista.
« L'Eco delle Valli Valdeidi »: Reg.
Tribunale di Pineròio N. 175.
Comitato' di Redazione: Franco
Becchino, Mario F. Berutti, Franco
Carri, Dino Ciesch, Niso De Miche
lis, Giorgio Gardioi, Marcella Gay
Adriano Longo, Aurelio Penna, Jean
Jacques Peyronel, Roberto Peyrot
Giuseppe Platone, Marco Rostan
Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
- 10125 Torino.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
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655.278 • c.c.p. 327106 intestato a
« L'Eco della Valli - La Luce >.
Abbonamenti '83: Annuo L. 18.000,
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luglio (semestralè).
Redazione Valli: Via Arnaud, 25 10066 Torre Pellice.
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200 e partecipazioni personali 300
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intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V, 15 - Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
E’ noto come la scuola elementare sia tuttora regolata in base
ad una normativa che risale all’epoca fascista e che pone a fondamento e coronamento dell’istruzione elementare l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla
tradizione cattolica. Contro la
legge nel suo complesso ha sviluppato un’azione durante lo
scorso anno il Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti (CIDI) raccogliendo e superando di molto le 50.000 firme
necessarie per la presentazione
di una legge di iniziativa popolare. Mentre questa legge attende
di essere discussa dal Parlamento è necessario non fermarsi e
attaccare il R.D. del 1928 anche
da altre parti. Una delle possibilità consiste nel denunciare l’incostituzionalità del « fondamento e coronamento» cattolico dell’istruzione elementare.
Ci hanno provato i genitori di
Natalia, una bimba di Roma, che
hanno inteso educare la figlia
senza il condizionamento cattolico che deriva dai programmi
scolastici a carattere confessionale e in particolare dalla recitazione delle preghiere che la
maestra richiede agli alunni. Non
c’è dubbio che cosi agendo la
maestra si muove legalmente all’interno del R.D. del 1928; ma è
altrettanto indubitabile — hanno affermato i genitori di Natalia — il fatto che questa legge
contrasta con la Costituzione
in particolare con gli artt. 19,
21, 30, 33 relativi alla libertà religiosa, alla libertà di opinione, al
diritto-dovere dei genitori di educare i figli e alla libertà di insegnamento.
Esiste infatti il diritto all’esonero dall’insegnamento religioso
ma esso non tutela se non nei
confronti di quell’istruzione impartita in determinati giorni e in
ore stabilite, a mezzo di insegnanti riconosciuti idonei che
accettino di impartirla oppure
da altre persone la cui idoneità
sia accettata dall’autorità scolastica e religiosa. A nulla vale invece l’esonero nei confronti della dottrina cristiana secondo la
forma ricevuta dalla tradizione
cattolica che deve costituire fondamento e coronamento di tutta
l’istruzione elementare. Il-R.D. a
questo proposito indica la preghiera e nozioni fondamentali
della dottrina cristiana al primo
punto deH’insegnamento e il genitore che intenda impartire al
proprio figlio un altro insegnamento religioso, o nessun insegnamento religioso, non ha strumenti idonei per attuare il proprio indirizzo educativo: non potrebbe ovviamente chiedere l’esonero dall’impostazione religiosa
di tutta la didattica. In altre parole l’esonero tutela nei confronti dell’insegnamento religioso
specifico, ma non nei confronti
dell’insegnamento religioso diffuso in tutti i programmi delle
elementari e presente nelle pratiche culturali quali la preghiera.
Il giudice ha riconosciuto che
non era manifestaipente infondata l’eccezione di incostituzionalità così sollevata perché si
evidenzia una netta disparità tra
i genitori che intendono educare
i figli nella fede cattolica e quelli che intendono adottare un diverso indirizzo educativo, secondo un’altra fede o ad esclusione
di qualsiasi fede. I primi infatti
trovano nella scuola pubblica lo
strumento adatto a perseguire 1
loro obiettivi educativi, mentre i
secondi non solo non hanno nella stessa scuola pubblica uno
strumento adatto alla loro im
postazione educativa ma addirittura vi trovano un obiettivo impedimento a realizzare le loro
finalità educative e ideologiche.
La Corte non toglie
le castagne del fuoco
Tutto bene, quindi: aspettiamo che la Corte Costituzionale
si pronunci sul caso che il pretore di Roma le ha sottoposto. Se
non che il caso risale al febbraio
del 1977 e in questi 6 anni la Corte Costituzionale non ha ritenuto di prendere in esame la questione.
Evidentemente non ha voluto
togliere le castagne dal fuoco per
il Parlamento in una questione
che investe tutta la concezione
della scuola e lo ha potuto fare
essendo sollecitata da un solo
caso. Ma che succederebbe se le
istanze presentate dai genitori si
moltiplicassero e se, sulla base
dell’ordinanza del pretore romano, diversi altri pretori ritenessero di rinviare altrettanti casi
alla Corte Costituzionale? Difficilmente questa potrebbe esimersi da un pronunciamento in
merito.
E’ su questo che contano i 200
genitori che in questi ultimi mesi hanno presentato a Roma ricorsi simili a quello dei genitori
di Natalia che saranno esaminati il prossimo aprile. Ed è su
questo che conta il Comitato
per la laicità della scuola che ha
lanciato un appello perché anche
dal Piemonte partano delle azio
ni in questo senso, il Comitato
ha già acquisito la collaborazione di un consistente gruppo di
legali che sono disponibili per
patrocinare i ricorrenti prestando gratuitamente la loro opera.
Per partecipare a questa iniziativa è sufficiente essere genitori di figli che frequentano le
elementari: il ricorso è contro
il R.D. del ’28 e non contro specifici atti particolarmente discriminatori, contro il « fondamento
e coronamento » e non contro
singole persone. Naturalmente è
molto meglio non essere soli in
questa azione, collegandosi con
altri genitori della stessa classe.
L’optimum consiste in un ricorso presentato da tutti i genitori
di una classe, raggiungendo questo scopo con riunioni di genitori favorite da un insegnante che
condivida quest’azione i.
Vale la pena
Vale la pena spendere tempo
e impegno, nervi e fegato? Ritengo di sì. Certo non è detto
che l’azione indicata valga ad ottenere un pronunciamento della
Corte Costituzionale e, in caso
affermativo, non è detto che tale pronunciamento dichiari incostituzionale il R.D. del ’28 (il
massimo che si potrebbe sperare sarebbe la dichiarazione di incostituzionalità di quell’insegnamento religioso che non possa
essere chiaramente delimitato e
quindi soggetto a esonero per
chi non lo desidera). Ma anche
questo non sarebbe poco e comunque il tentare non nuoce.
Alla laicità della scuola nuoce
solo l’inerzia che lascia le cose
come stanno.
Franco Giampiccoli
1 II Comitato torinese, che è a
disposizione per ulteriori informazioni e per l’attuazione dei ricorsi, ha sede presso il COGIDAS,
via Principe Amedeo 19, 10123
Torino.
GENOVA
Rifiuto dei missili
E’ la proposta dei comitati
per la pace indirizzata al comune di Genova per dichiarare il
territorio « zona denuclearizzata ». Il documento è stato presentato alla conferenza stampa
alla quale ero invitato per riferire sul nostro settimanale. Si
rileva nella proposta « la diminuzione di spazi per tentativi di
sviluppo nuovi, autonomi e pacifici per il bene dei popoli »; aumentano invece gli spazi per reprimere i movimenti di liberazione, accrescere la produzione
in settori legati all’industria bellica, con conseguente maggiore
disoccupazione.
La pace non si consegue con
questi strumenti di guerra né a
scopo difensivo né a scopo preventivo, si afferma nel documento, per le comprensibili conseguenze d’una maggiore tensione
internazionale e aumento del potenziale distruttivo nei paesi dell’Est. Il clima della minaccia e
della diffidenza è foriero del peggio e non del meglio. La propaganda e l’esaltazione che si va
facendo del nucleare come fonte
di energia alternativa e del suo
uso esclusivamente civile è illusoria; infatti numerosi esperti
hanno illustrato lucidamente la
facilità del passaggio dalTimpiego civile a quello nucleare con
poche modifiche.
Nel documento c’è un appello
alla gente per contribuire responsabilmente alla pace in modo da creare un movimento capace di modificare le scelte governative. Si propone inoltre al
comune di Genova di estendere
l’appello al comune di Odessa
cui è legato da gemellaggio ferma restando la propria libera
decisione.
Nel corso della conferenza
stampa si è pure ricordato il
problema àe\Vobiezione di coscienza che intacca _ alla radice
ogni forma di militarismo, apportatore di rovine passate e presenti. In questo il Valdismo medioevale ha dato una testimonianza straordinaria in ubbidienza a Colui che ha rifiutato ogni
potere tranne quello dell’amore
e del servizio.
G. B.
Pericolose
manovre
militari
Le grandi manovre militari
congiunte USA-Corea del Sud
che, iniziatesi il 1° febbraio si
protrarranno fino alla metà di
aprile, hanno seriamente inasprito la già precaria situazione coreana e costituiscono un pericolo per la pace mondiale.
Non si giustifica infatti l’ingente impegno militare e l’impiego
di più di 180.000 uomini e di armi moderne e sofisticate.
Gli Stati Uniti hanno coinvolto
in queste manovre, le unità della
6“ Armata, il quartier generale
del 1° Corpo d’Armata, la 7“ Divisione di fanteria e la 82’* Divisione aereotrasportata, il Comando
occidentale dell’esercito di stanza nelle Hawai, la 25^ Divisione
di fanteria, la forza mobile della 7^ Flotta di stanza nella base di Yokosuka (Giappone), la 3”
Unità navale di sbarco della base
di Okinawa, il 1“ Corpo dell’aviazione navale, il 43° Corpo di aviazione strategico che comprende i
« B52 » di stanza nella base di
Guam, sei Corpi di Aviazione facenti parte delle forze tattiche
degli Stati Uniti di stanza ad
Okinawa e nelle Filippine e più
di 70.000 uomini dell’ esercito
USA.
In queste esercitazioni sono
mobilitati i più moderni mezzi
bellici tra cui la portaerei a propulsione nucleare « Enterprise »,
la più grande della T Flotta,
nonché ogni tipo di aerei, di missili, di cannoni e di strumenti di
guerra più sofisticati.
Naturalmente, sotto il comando militare americano, sono impegnate nelle manovre le unità di
prima linea dell’esercito sudcoreano.
In questa grave situazione il
Comando supremo dell’Esercito
della Repubblica Popolare Democratica di Corea ha promulgato lo stato di massimo allarme
permanente fino alla metà di
aprile come misura di autodifesa
contro la provocazione delle manovre militari al Sud del Paese.
Il Comitato Italiano per la riunificazione della Corea mentre
denuncia la gravità della situazione in Corea dove viene mantenuto imo stato permanente di
tensione estremamente pericoloso, esprime la più viva preoccupazione per la politica degli Stati Uniti verso la Corea, espressa
durante il suo recente soggiorno
a Seul dal Segretario di Stato
americano Shultz e che si concretizza in Un maggiore sostegno
politico, economico e militare al
regime antidemocratico della Corea del Sud.
Comitato italiano per
la riunificazione della Corea
Doni Eco-Luce
DONI DI L. 8.000
Luserna S. Giovanni: Giordan Enrico
— Beinasco: Genre Aldo — Pomaretto:
Genre Beri Pietro — Torre Pelilce: Paschetto llda.
DONI DI L. 12.000
Acqui Terme: Archetti Maestri Lionello — Bruino: MenUSan Aldo — Catania:
Carco Antonio — Corneliano d'Alba:
Bouchard Samuele — Matrice; Colletta
Antonio — Imperia: Rinolfi Comba Lidia
— Aosta: Peloso Piero — Cinisello B.;
Rostan Marco — Condove: Oiindo Bufalo — Borrello: Palmieri Costantino —
Firenze: Fontana Delia, Gambi Ornella
— Ivrea: Longo Giuseppe, Manfrini Daniela, Perini Daniele, Marangoni Ferdinando, Vinay Aldo — Milano: Bassignana Marina — Pinerolo: Grill Bonjour Attilia, fam. Boccessini — Perosa Arg.:
Griglio Livia — Pavia: Calvi Beniamino
— Roma: Capparucci Fausta, Sommani
Ernesto — S. Secondo; Paschetto Gino — S. Giovanni di Bellagio: Giampiccoli Lina — Spinea: Bonaldo Gino —
S. Germano Chisone: Bertalot Emma,
Melchiori Eugenia, Jahier Bouvier Rachele — Torino: Godine Costantino Ivonne. Palomba Vincenzo, Bandiztol
Germanet Anita,» Braga Tullio — Blesi: Pagano Fifina — Torre Pellice: Comba Elvira, Malanot Ferruccio — Villapriolo: Longo Gemma — Pordenone:
Casonato Aldo.
DONI DI L. 15,000
Svizzera: Benigno Adriana, Moret Emilia.
DONI DI L, 22.000
Bergamo: Rivoir Alma — Milano:
Manzoni Elvina — Pinerolo: Long Luciano.