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Aìino X —N. IH- , liIE 30 Gicgno 18G1
LA BUON
GIORNALE DEIXA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
-W\AAS:vAAAr
Seguendo la verità nella carità. — EfES. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE i LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione].... £. 3 00 c In Torino all’Uffizio del GiornaJe, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 ^ Tommaso dietro 11 Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 5 50 ' Nelle Provinxib per mezzo di franco-bolli pò
Per la Germania id................... „ 5 50 stali, che do\Tanno essere inviati franco al DI
Non si riceTono associazioni per meno di un anno. ì, rettore della Bdoka Novella.
All’estero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. MejrueÌB, me Eivoli,
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra, dal signor G. F. Muller ;
General Merchant, 26, Leadenhall Street. E. C.
SOMMARIO
Il nostro Santo Pkdrc, il Papa — Questioni ecclesiaitidie. Della elezione dei vescovi — ritn'eià ; Consecrazione di una Cappella Evangelica nei monti della Liguria — Corrii’pondf'uzfi della B. A'oreiln ;
Palermo, 12 giugno 1861.
IL NOSTRO S. '’ADKE IL PAPA
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“ Sempre la solitn, canzona ! Per le strade e per le case, ne’ giornali
e ne’ crocchi, in Chie.sa e all’osteria, non si sente altro ; il Papa, il •
Santo Padre ; il Santo Padre e il Papa.
Sarebbe ora di smetterla. Se quel povero vecchio ha fatto delle
corbellerie, tanto peggio per lui, ma noi non ci abbiamo che vedere :
è aiFar suo.
Se, come dicono, ha fatto berlic e berloc coi suoi sudditi, io per
me credo ch’essi, dopo aver pazientato un pezzo, un pezzo, un pezzo,
hanno tutta la ragione di dirgli : Santo Padre, .scusateci per carità,
perdonateci se noi vi lasciamo, ma che volete? per superiore temporale noi prefei'iamo a voi im re galantuomo e bravo iu battaglia, che
ha mantenuto la sua parola.
Se come dicono, ei maledice la civiltà moderna, e crede che la
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libertà sia fatta per lui solo, che ci si fa ? Ci ristringeremo nelle
spalle, e basta.
Se piglia granchi a bizzeiFe e si crede di far da grande facendo il
capone, d’imporre a tutto il mondo col suo noti possumtis, e scambia
la smargiassiata ridicola di Castel Fidardo j^er un’impresa eroica, e
il rapimento del Mortara per un atto di virtii, mi pare che l’infallilità del S. Padre dia un tuffo assai forte.
E se il Papa fa un gran capitombolo dalla cima del suo dominio
temporale, questo vuol dire che non ha saputo farsi nè stimare nè
amare dai suoi popoli : mi par chiaro ; e tanto peggio per lui.
II
Se il Santo Padre avesse seguitato le orme di Cristo provandoci,
non colle parole, benché anche in quelle, ultimamente in specie, s’è
fatto canzonare, ma colla sua condotta, che egli era il discepolo di
Colui che fu mite cd umil di cuore. ^
Se, invece di venirci a romper le orecchie col denaro di S. Pietro,
e col patrimonio di S. Chiesa, ci avesse parlato de’ tesori della fede
e della morale, chè ce n’ è tanto bisogno.
Se si fosse occupato un po’ meno coi cannoni rigati, e un po’ più
colle armi sjìirituali, e usandole, ed insegnandoci ad usarle per vincere l’ingiustizia, l’ozio, e il mal costume.
Se, seguendo l’esempio del Signore, avesse a furia di santissime
funate, scacciato i profanatori dal tempio, affinchè ci vedessero solamente opere di purità, di pietà e di amore.
Se, in una parola, ci avesse parlato solamente del S. Evangelo :
Oh allora avremmo fatto a gara a dirgli, evviva. Evviva il Papa
de’ tempi ; evviva il vero Santo Padre.
Ili
Ma se egli si rinchiude nel suo non possumus, se mn vuol fare un
sol passo per mettersi del pari coi secolo, e mettersi d’accordo con
Lui che è il Padre de’ secoli, a noi non rimane altro partito che fare
senza di lui.
Nessuno si spaventi.
La sua caduta non ci rovina, perchè in tutti i casi non è lui che
ci salva.
Il nome di Papa non si trova usato nè da Cristo nè dagli Apostoli.
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1 primi cristiaui stettero senza Papa, e stettero benone.
Ecco qui : egli è entrato nella Chiesa con una tiara splendente di
geenne, con un corteggio di prelati che guardano tutti dall’alto al
basso, e pare che gli si abbia a rifar qualcosa, e se ne sta lì col piede
in fuori per darlo a baciare a quelli che gli si avvicinano.
È venuto a dettar leggi ai potenti della terra dicendo che Im li
comandava tutti, e tutti dovevano dipender da lui.
E venuto colla bocca piena di maledizioni contro i suoi nemici, o
contro tutti quelli che non si piegano ai suoi arbitrarli decreti.
È venuto a strappare i figli dalle braccia dei genitori, a proibire
ai poveri preti di prender moglie, a metter la confusione nella Chiesa
di Dio.
È venuto a gridare : All’armi all’armi ! Zuavi qua, a me : su, Lamoricière, alla riscossa : carica l’Europa in nome mio.
Ora come, come mai può egli aver tanta faccia da chiamarsi, e
credersi rappresentante dell’umile e mansueto Gesù che ricusò tutte
le corone, e ne accettò una sola di spine ?
Come ha faccia di chiamarsi col nome di Colui che non venne ad
esser servito, ma a servire ; che non aveva dove riposare la testa, i
cui seguaci erano soltanto i poveri e gl’infermi, e che venne per benedire e salvare ?
Come ha faccia di rassomigliarsi a Colui che benediceva i bambini, e li rendeva alle loro madri, che dichiarò il matrimonio onorevole per tutti, che disse : “ Kimetti la tua spada nel fodero, perchè
chi sguaina la spada perirà di spada ? ”
E Gesù dis.se ai suoi discepoli: “ Voi sapete che i principi delle
genti le signoreggiano e che i grandi usano potestà sopra di esse.
Ma non sarà così fra voi, anzi chiunque fra voi vorrà divenir grande
sia vostro ministro ; siccome il Figliuol dell’uomo non è venuto per
e.sser servito, ma per servire ... voi avete un solo Padrone, e siete
tutti fratelli. ”
Non ci diamo tanto pensiero dunque del destino del nostro Santo
Padre.
Riconosciamo come Santo Padre e Maestro solamente il Cristo.
Sì, Gesù Cristo che dà a Dio solo il titolo di Padre Santo, e che
ha detto ai suoi discepoli: “ Non chiamate sulla terra alcuno vostro
Padre, poiché voi avete un solo Padre che è nei cieli. ”
Sì, Gesù Cristo che si offre a noi come maestro, pontefice, intercessore e Salvatore.
Gesù Cristo insomma che morì, ma che vive per tutti i secoli, e
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che ci iiromette un solo vicario, finché non ritorni in persona, e questo vicario è lo Spirito Santo, ch’egli dà come guida e consolatore a
tutti quelli che mettono la loro fiducia in Lui.
In conclusione : Lasciamo accomodare gli affari di Eoma, a chi
tocca. ■
Prendiamo per sola guida il Santo Evangelo, per solo padrone
Gesù Cristo.
Lasciamo cuocere il Papa nel suo brodo. Amen. ”
QUESTIONI ECCLESIASTICHE
DELLA ELEZIONE DEI VESCOVI
V. Diritti del Popolo e del Clero alla elezione dei vescovi, per Giacomo Oddo
al Parlamento italiano. — Milano, 1861.
Il signor G. Oddo già autore di parccclii opuscoli diretti contro il protestantismo, nei quali ei ripetea più o meno tutte le vecchie e logore accuse
messe in campo dai preti contro la Eiforma, ha pubblicato, due mesi fa,
questo nuovo trattato in cui dà prove di maggior buon senso e di scienza
più positiva. Egli scrive sempre per salvare il cattolicismo ed allontanare
d’Italia la sventura d’uno scisma, la formazione di Chiese nazionali, e la
invasione del protestantismo. Ma questa volta lo fa con più senno, moderazione e criterio. Il signor Oddo ha letta l’opera di Rosmini: Le cinque
piaghe della chiesa, e quella ohe più gli ha dato neirocchio è la così formolata dal gran pensatore : La nomina dei vescovi ahhandonata al potere
laicale ! Quindi convinto che questa è madre di molti abusi, e che precipuamente a’ giorni nostri è causa che l’episcopato è avverso all’italica indipendenza, ei rivendica al popolo ed al clero il diritto all’elezione dei
vescovi, come la sola via per salvare l’episcopato stesso, la patria e la
religione. A dimostrare ciò, <( ei mette avanti prima lo ragioni di questo
diritto ; poi accenna l’uso che i Cristiaui per molto tempo ne fecero, e
finalmente mostra la convenienza che esso torni oggi al clero ed al popolo.»
Fra le ragioni del diritto, l'autore ne annovera parecchie attinte a purissima sorgente.
L’amore del vescovo per sua gregge, famiglia di cui dev’essere il padre,
la scambievole carità che dee regnare nelle loro relazioni, la fiducia che
devono i fedeli poter riporre in chi li ammaestra, la solidarietà che esiste
tra il clero ed il vescovo, e l’influenza grandissima di questo sopra quello.
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ecco un primo ordine di motivi potenti percliè nel popolo e nel clero sorga
il diritto a tale elezione !...
La necessità poi che il vescovo conosca la sua gregge per rispoudere ai
di lei bisogni, e la necessità che il popolo conosca il suo vescovo od il suo
clero, che Tuno e l'altro abbia sperimentati, e che iu essi ritrovi non solo
la teoria ma la pratica; ecco un altr’ordine di ragioni che danno al popolo
ed al clero il diritto all’elezione dei vescovi. La possibilità, nel caso di nomina governativa, che nasca opposizione tra popolo e governo ; la falsa posizione in cui ciò metterebbe l’episcopato ; Tinimicizia che sorge allora tra
l'episcopato ed il popolo, e le tremende conseguenze di questa lotta, che
si compendiano tutto neWindiJJercnthmo religioso ; ecco le ragioui per
togliere la nomina dei vescovi al potere laicale. L’ingerirsi dei papi nella
politica; la possibilità che gl'interessi politici di un popolo venissero in
urto con le opinioui dei papi; e la schiavitù dell'episcopato alla romaua
curia, col medesimo antagonismo, e le stesse conseguenze di sopra, ecco
le ragioni di togliere la nomina dei vescovi al potere papale. Aggiungansi
gli abusi in cui sono andati e l'uuo e l’altro potere, e la prova sarà completa. ■'
SiiFatte ragioni erano il diritto, il quale poi passato nell'uso della Chiesa,
ed esercitatosi per secoli, diventa inalienabile, tale da non potersi togliere
alla Chiesa, senza uccidere la sua libertà.
Qui l'autore dimostra, con in mano la storia, che ad onta delle papali
imprudenze e delle laicali usurpazioni, il popolo godette questo suo diritto
ben fino all’ottavo cd al nono secolo, dove vien sancito persino da Carlo
Magno nei suoi capitolari; che tali imprudenze dei papi ed usurpazioni dei
principi, erano frutto della cupidigia ; e che se valsero a privar la Chiesa
di sua libertà, fu a patto di travolgerla negli abusi più indegni di lei e della
religione.
La convenienza poi che si ponga mano alla riforma in questo punto, si
è che l'attuale episcopato italiano è tutto avverso alla causa italiana, che il
potere, la forza e la dottrina della Cliiesa vanno a confondersi col potere ,
la forza e la dottrina del dispotismo e che l’episcopato è assorbito dall’assolutismo.
Tale convenienza risulta poi evidentissima quaudo si consideri i frutti
raccolti da tanto errore, che sono la divisione tra popolo ed episcopato,
tra popolo e clero, l'antagonismo universale che si manifesta alla religione,
l’incredulità progrediente, ed il pericolo che vadano a formarsi le Cinese
nazionali, che sarebbero l’ultima rovina del cattolicismo.
Opinione della maggioranza è che a tanto male non si riparerà senza separarsi da Roma. Tale non ò il sentimento del signor Oddo. A lui sembra
ohe si possa riparare senza lo scisma, e col solo mezzo di ritorn.are al clero
cd al popolo il diritto alfe vescovili elezioni. — Con questo mezzo rinasce
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la fiducia, e colla fiducia l’amore ; si scelgono uomini conosciuti, capaci e
degni, ed in tal modo cessano gli abusi. Togliendo la nomina ai governi
cessa la confusione del religioso e del politico ; togliendola ai papi cessa la
schiavitù e l'attaccamento al dispotismo.
Il papato non ci perde, anzi vi guadagna in morale influenza perche il
potere temporale fu quello che lo avvilì. I governi anch’essi ne approfittano,
perchè anch’essi si avviliscono col servirsi dell’episcopato come istromento
per i loro fini politici. Infine Italia ritroverebbe nell’episcopato così riformato il vero mezzo di conseguire il nobile fine del perfezionamento suo morale e religioso !
Quindi l’autore propone al Governo ed al primo Parlamento Italiano di
prendere l’argomento in esame, di passare un progetto di legge e di ridonare al popolo ed al clero il diritto di eleggere i vescovi !
Tutto ciò, il lettore se ne rammenti, vien detto per tentare di riconciliare
il cattolicismo colla civiltà e coU’Italia, ed in questo modo salvare il cattolicismo stesso ! Bla noi domanderemo al signor Oddo se il cattolicismo ,
abbisogna di essere salvato, vuol dire che corre gran pericolo dì perdersi!
Voi infatti confessate che se si formassero le chiese nazionali ciò sarebbe
la rovina del cattolicismo ! Or cosa intendete voi per cattolicismo? Se con
questa parola accennate solamente alla forma esterna della Chiesa, voi non
dovete temere che questa forma perisca, giacché lavoravate voi stesso a distruggerla coi vostri opuscoli.
E se per cattolicismo intendete la religione stessa, allora badate bene a
quel che dite, signor professore, perchè confessate ingenuamente che la
religione cattolica corre grave pericolo di morte, di totale rovina. E questa
confessione oltreché sta in aperta contraddizione colle proprie vostre parole
(p. 38) dove ripudiando l’accusa di protestante dite non doversi toccare
alla dottrina, alla tradizione, ai dogmi, rovescia tutto il vostro ragionamento per la base, imperocché se non solo nelle forme, ma nell’insegnamento, nel suo spirito, il cristianesimo è stato tanto alterato dal clero che,
come lo confessate alla medesima pag. 38, ei si presenta all’umano spirito
pieno di paradossi tali da sconcertare il buon senso e da ingenerare l'indiffereuza e l’avversione : tutto materializzato, meschino, contraddittorio, fantastico, mutabile... e diverso .affatto dal cristianesimo primitivo... credete
voi che in tal caso basti ridonare al popolo ed al clero il dii'itto alla vescovile elezione per salvare la Chiesa e la Religione?... — E chi vi garantisce
che operata questa parziale riforma cesserà l'urto colla romana cm'ia, l’m'to
tra clero e popolo ?... Chi vi dice che una parte della popolazione non seguirà gli antichi vescovi, un’altra parte i nuovi? Chi vi assicura che scanserete lo scisma?
Nissuno !, E non evitando codesti mali, conseguirete voi i vantaggi cho
ne sperate? Noi credo !.— Anche voi, signor professore, vi siete lasciato
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illudere da false speranze. Aspettate qualche cosa dal cattolicismo ! Ma se
invero il cattolicismo 6 nemico giurato deH’italiano riscatto, non lo sarà
egli del riscatto delle anime? S’egli osta alla nazionale indipendenza, sarà
egli congruo alla religiosa libertà? Se vuol perdere la nazione , non vorrà
egli perdere la Chiesa? S’egli ò quale lo dichiarate yoi stesso nelle cose
politiche e sociali, quanto più noi sarà nelle cose religiose che più davvicino
gli spettano?
Non avete capito ancora che tutte quante queste cose sono frutti d'un
sistema, di principii e di dogmi fra loro uniti e collegati, il cui insieme forma
il cattolicismo. E se questo cattolicismo nou è più come voi lo confessate,
non è più il cristianesimo, perchè volete voi salvarlo ? Voi dite bone che
« un giorno si conoscerà, che ancJie voi avete fatto qualcosa per saU'are il
cattolicismo in Italia » ma si ti-atterà di vedere se avete operato per il vero
bene d’Italia ! Le dirò come ha detto lei : «. Si persuada, signor professore,
che quel trionfo si otterrà solamente quando il Cristianesimo cessando di
essere ciò che è, ritornerà ciò che fu » (p. 39). 0. C.
TAR1ETA
CO.XSECIIAZIOSK DI I.NA C.4FPELLA EVANGELICA SEI M0:>TI DELLA LUJUKIA
Caro signore e fratello ,
Avendo fatto ultimamente una gita a Favale, in occasione della dedicazione della Cappella ivi eretta alla predicazione dell’Evangelo, vengo a darvi
qualche ragguaglio in proposito, dolente di non averlo potuto far prima.
Favaie non è parola che suoni nuova ai lettori della Buona Novella , e
quindi mi tengo dispensato dal darne la descrizione.
Già da alcuni anni esisteva a Castello, borgo della Valle di Favaie abitato dai nostri fratelli Ccreghini, una casa contenente una Cappella , una
scuola ed un’abitazione per il maestro; ma quella casa fatta senza disegno
innanzi stabilito, senza direzione, non era quasi finita che già dava indizi!
non dubbii di prossima rovina; e dopo quattro o cinque anni di esistenza,
si dovette pensare seriamente, non già a ripararla, ma bensì a disfarla intieramente onde rifarla di bel nuovo e meglio. I compaesani dei Cereghini si
rallegravano oltremodo di vedere quella casa minacciare rovina perchè
avvezzi, come sono i cattolici romani, ad attribuire un’importanza immensa
agli edifizii materiali, essi si lusingavano che , rovinata la casa, anche
la religione evangelica sarebbe in pari tempo sparita da quel paese. Grava
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errore, poictitì quando la fede è stata generata nel cuore dallo Spirito di
Dio, non valgono a distruggerla nemmeno i supplizii, e quanto meno la
rovina d’un povero edificio. Però i Cereghini giudicando che lo scomparire
di quella casa sarebbe stata di sc.apito se non alla loro fede, almeno all’influenza dell’Evangelo in quel paese, si raccomandarono caldamente per non
essere privi d’un luogo di culto. Mercè la carità di alcuni amici si potè por
mano aU’opora, ed in breve tempo una Cappella ed una casa per scuola ed
abitazione del maestro furono erette separatamente e solidamente. La
Cappella fu terminata or sono poche settimane alla gran soddisfazione dei
nostri fratelli e specialmente dei loro vecchi, per i quali il vedere a Castello
una casa di orazione dedicata al culto in ispirito e verità era un vivissimo
desiderio, dopo il cui conseguimento essi ^i mostravano pronti a partire da
questo mondo, senza rincrescimento. La dedicazione al Signore di quel piccolo tempio fu fissata pel 30 maggio scorso. Incaricato di presiedere a
quella funzione, mi vi recai in compagnia dei signori Gay e Giulio Jorand di
Genova. Ilo sentito alcune persone le quali si figuravano la via da Genova
a Favaie essere una passeggiata da fare prima di colazione. Se alcuni lettori della Buona Novella la credessero cosi, io sarei in grado di rettificare
il loro sbaglio. Passando per Chiavari si va in vettura da quella città fino
a Cicagna per una via in parte intieramente nuova. Ma da Cicagna a Castello vi sono tre ore di cammino a piedi, per una via non troppo comoda,
dovendo ora salire, ora scendere per risalire di bel nuovo, seguendo il corso
di un torrente in cui talvolta corre rischio di precipitai'e il viandante. Mi
fu detto che quando monsignor arcivescovo va a visitare quella valle, egli
si fa portare in lettiga, a braccia d’uomiui, giudicando probabilmente questo
metodo di trasporto più sicuro e più comodo di ogni altro. Mi fu indicato
un luogo dove, non so quanti anni sono, un prete che non si faceva portare
perchè non era un monsignore, precipitò nel torrente e vi rimase annegato.
Si aggiunge maliziosamente che in quel tempo la vigna non era ancora guastata dalla crittogama.
Giunti a Cicagna alla sera del 29 maggio, vi eravamo aspettati da due
giovani Cereghiai venuti al nostro incontro. Essi si tolsero sulle spalle il
nostro bagaglio, e ci avviammo alla volta di Favaio. Uno dei nostri compagni
tornato di fresco dalla Sicilia dove erasi occupato a vendere Bibbie e Nuovi
Testamenti, aveva molte cose da narrarci, cammin facendo, e così fu meno
sensibile l'asprezza della via. Si sapeva nella vallata che l'indomani si sarebbe fatta l’inaugurazione del Tempio Evangelico di Favaie, e quindi nou
è da maravigliarsi se eravamo riguardati un tantino di cagnesca dai contadini che incontravamo. Alcuni però ci salutavano con rispetto e fra gli
."litri un vecchio che se ne stava a pasturare lo sue vacche lungo il torrente,
ed il quale vedendo passare poco dopo uu Cereghino, gli disse : « se allungato
il passo l'aggiungorete i vostri predicatori; essi sono tre, e farebbero perfino
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paura al diavolo. » Meglio cosi, dissi io fra me, sentendo un tal giudizio ;
buon segno se facciam paura al diavolo, perche egli se ne fuggirti ed insieme
con lui Terrore ed il pregiudizio, invenzioni sue.
Maggiormente ci avvicinavamo a Castello e maggiore era altresì la curiosità con cui eravamo osservati dalla gente, che si affollava alle finestre
a guardarci passare. Qua e là si sentiva qualche risata, qualche parola di
disprezzo; ma non fummo da nessuno insultati ostensibilmente; il che dimostra che anche in quelle montagne i popolani hanno dovuto, a malgrado
del loro preti, imparare la tolleranza. Dico hauno dovuto perchè i lettori
della Buona Novella si rammenteranno, come pochi mesi sono, il tribunale
di Chiavari abbia stiin;ito di dare una buona lezione di tolleranza e garbatezza ad alcuni di loro, facendo pagar piuttosto caro lo loro ingiurie contro
il maestro di scuola.
Giunti in vista di Castello io fui sorpreso dell'aspetto nuovo per me di
quel villaggio. Sovra una piccola collina, cd in mezzo al verde castagneto,
faceva bella mostra di sè la facciata bianca del nuovo tempietto, di stilo
greco, e dominata da tre torricelle, ehe abbelliscono non poco il piccolo
edifizio. Una comoda scala di pietra mette dalla via sul piazzale alto e
lastricato, che vi sta davanti.
Sulla facciata, come nell’interno, sono trascritti passi della Bibbia, scelti
con molto a proposito. Sul vestibolo stanno scritte due date care ai nostri
fratelli, cioè quella della promulgazione dello Statuto in virtù del quale
essi possono liberamente professare la loro fede, e quella della dedicazione
del Tempio di Torre, come essendo il giorno in cui, per la prima volta, un
membro della famiglia Cereghino sentì la predicazione del puro Evangelo,
ed andò posola a riferire ai suoi com'egli avesse trovato un popolo nella
valle di Luserna, il quale professa l’Evangelo quale essi l’avevano trovato
leggendo la Bibbia.
Dietro al Tempio s'innalza la casa nuova che contiene la scuola, l'abitazione del maestro e la stanza dove alberga il pastore, che ogni mese va a
visitare quella piccola ma interessante congregazione.
La casa è dominata da un modesto campanile dove venne collocata una
campana comperata col frutto di una colletta fatta fra i soli membri di
quella piccola Chiesa e la quale serve a chiamare la gente per il culto
eome ancora a chiamare alla. scuola i bambini. Giunti lassù sul finir del
giorno, fummo ben presto circondati dai nostri amici che venivano a darci
il benvenuto.
L'indomani era la festa del Corpus Domini, e nulla fu trascurato dal
parroco onde farla riuscire splendida ; si riunivano tre parrocchie in una
allo scopo di avere una numerosa processione.
Mi è parso evidente che noi non facciam paura solo al diavolo, ma anche
un tantino ai preti, e non c’è dubbio ehe senza di noi essi non spieghereb-
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bero tanto zelo. Quel piccolo ed umile tempio, posto lassù sul monte è una
spina negli occbi loro. Egli fu certamente preso di mira nella disposizione
della festa. Infatti vi furono due particolarità non usate per l’addietro , le
quali dimostrano cbe la nuova cappella, non era dimenticata. La processione
s’inoltrò più del solito onde venire a passare in vista di Castello, luogo dove
la via era splendidamente addobbata, e mentre la processione passava colà,
si fece, ad una piccola distanza del tempio, lo sparo di più di cinquanta
mortaletti: due cose fatte evidentemente a nostra intenzione, come sei
i preti, con questo mezzo, ci avessero voluto dire: « vedete quanto siete
piccoli e meschini voi a fronte di noi colle pompe del nostro culto 1 Non
sperate già di convertire alla vostra religione un solo, di questi popolani ;
vedete com’essi ci sieno devoti e quanto sieno attaccati alla nostra Santa
madre Chiesa; non c’è pericolo che vadano mai a sentire le vostre prediche. » Pure devo aggiungere che il parroco di Favale non pareva fosse
tanto certo della fedeltà dei suoi parrocchiani, nè deH'effetto che dovevano
sortire su di loro le pompe e splendido cerimonie della festa; egli non era
senza timore che alcuni di loro, lasciata messa e processione, se ne andassero a sentire la semplice esposizione dell’Evangelo nel tempio di Castello,
dove non si vedono nè apparati, nè immagini, nè altari, nè niente di simile.
libbiatene per prova ch’egli scomunicò anticipatamente chiunque sarebbe
intervenuto alla nostra funzione, e ciò non ostante un giuramento già fatto
prendere da lui ai suoi parrocchiani, di non mai assistere neppure una sola
volta alle adunanze dei Cereghini.
Molti erano stati invitati a prender parte alla festa di famiglia dei nostri
amici, ma altri non vennero per la lontananza, altri furono ritenuti a casa
dall’apparenza piovosa del tempo; dimodoché se si eccettuano due signori,
un magistrato ed un altro impiegato del governo , i quali fecero parecchie
ore di strada per assistere alla nostra religiosa funzione, vi furono tre soli
stranieri a Castello; ossi venivano dai comuni circonvioini, e tutti e tre conoscono ed amano l’Evangelo.
Fui sorpreso di trovare in uno di essi tanta conoscenza della Bibbia e
tanta abilità nella controversia; in un altro si scorgeva piuttosto molta
fermezza nei principii evangelici; due fra di loro sono consiglieri municipali
nei rispettivi comuni.
Valga questo fatto a provare che se i Favalesi si mostrano per ora inaccessibili, anzi avversi all’Evangelo, i nostri fratelli trovano simpatia ed
accoglienza in molti luoghi circonvicini, dove un buon numero di persone
leggono la Bibbia, attingendo la verità alla pura sorgente.
Verso le nove del mattino la piccola campana avvertiva le varie frazioni
della numerosa famiglia ad adunarsi per il culto. Tutti, grandi e piccoli,
furono presto raccolti nell’angusto recinto, in cui, per la prima volta, doveva riauonare la Parola eterna della salute.
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Dopo il cauto di un inno, il maestro di scuola lesse il capitolo V III del
primo libro dei Re; poi il signor C. già pastore della Chiesa di Genova e
quindi pure della piccola congregazione di Favaie, sali sul pulpito portandovi seco la Bibbia e ponendovela — non già soltanto come essendo il cannone che deve liberare l’Italia, come ebbe a dire uno dei nostri grandi uomini,
ma anzitutto come essendo la luce che dirada le tenebre in cui giaciono per
natura le anime nostre; come essendo la spada a due tagli che fuga il
maligno, che fuga il peccato, l'errore, il pregiudizio; come essendo la po
tenza di Dio e la sapienza di Dio in salute ad ogni credente; come essendo
la nostra forza e consolazione nell’ora della prova, e specialmente nell'ora
suprema della morte. Egli pronunziò quindi la preghiera di dedicazione che
venne seguita con molto raccoglimento; in seguito ebbe luogo il servizio
ordinario di predicazione, se non che il discorso era naturalmente adattato
alla circostanza; il testo ne era il versetto -1 del capo ii della 1^* Epistola
di S. Pietro.
I due signori di cui ho parlato più sopra assistettero all'intiero servizio
quantunque piuttosto lungo, e furono anche presenti ad un battesimo che
si fece in appresso.
Entrati poscia un momento con noi nella scuola, ed il maestro avendoci
offerto da bere, essi con un sentimento delicato e cortese, portarono un
brindisi alla prosperità del nuovo tempio ; dopo di cho avendoci, coi
modi i più garbati, proiTerto i loro servizi nell oceorrenza , essi si congedarono.
II dopo pranzo fuvvi una seconda predicazione a cui intervenne insieme
cogli altri anche la moglie di A....., la sola donna appartenente alla famiglia dei Cereghini che fosse, per umani riguardi più che altro, rimasta
attaccata alla Chie.sa romana e si fosse astenuta di assistere alle religiose
adunanze.
Alla notte ci riunimmo per la terza volta nella Cappella per leggere
ancora la Parola santa e pregare insieme ; vi interveniva nn nuovo uditore
venuto a bella posta da Cicagna, Finito il culto ci congedammo dai nostri
amici, dovendo partire l'indomani mattina molto per tempo. Così ebbe fine
quella giornata memorabile per la località.
Egli 6, per vero, un fatto sorprendente quello della esistenza, in quel
remoto paese, di una chiesuola evangelica circondata dovunque dalle tenebre dell’errore e della superstizione ; e la quale ora possiede un tempio,
una scuola diretta da un maestro patentato dal Governo ed un cimitero
per sepelirvi in pace i suoi defunti.
In questo modo gli evangelici di Favaie rimangono del tutto indipendenti
dajla Chiesa romana del luogo e dai pretif
Vero è che non ad un tratto sono essi pervenuti a questo punto ; essi
dovettero per l’addietro soffrire a.ssai ; alcuni fra loro hanno patita la pri-
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giouia per aver anteposto l’ubbidienza a Dio all'ubbidienza ai preti. Ma
ora tutto ciò è dimenticato, e vi posso assicurare che la loro allegrezza, il
giorno che passai in uiez/.o a loro, era vera e commovente.
Due fra di loro vennero dalla Sicilia por assistere alla festa di famiglia ;
un terzo trattenuto sotto le armi nel mezzodì dell’Italia, si fece almeno rappresentare a mezzo di una buona ed affettuosa lettera; altri ancora, trattenuti dai loro lavori in Sardegna, ci facero egualmente pervenire la espressione del loro rincrescimonto di non aver potuto trovarsi con noi.
La decisione del clero di non volere intervenire alla festa nazionale che
dovea celebrare il gran fatto dell'unificazione d'Italia, produsse un ottimo
effetto anche in quei monti remoti ; voglio dire che servì a manifestar
meglio il clero come una potenza straniera, qual’è infatti, una casta che
non divide i sentimenti del popolo, ma anzi si affligge della sua allegrezza
e gode delle sue sciagure.
Il grand'imbarazzo per i municipii di quei comuni dove la vita politica
6 poco sviluppata ancora, e dov^e talvolta non si trova un uomo abile a
tessere un discorso di cinque minuti, si era di ordinare una festa dove uon
intervenissero i riti religiosi e gli apparati di Chiesa. La cosa era sì nuova
jer loro che essi sono stati colti all’improvviso ; ma anche questa difficoltà
sarà presto vinta. Del resto volete voi sapere in quale concetto sieno tenuti i preti in quei paesi e generalmente nella Eiviera di levante? Giudicatelo dal fatto seguente : Al nostro ritorno, avendo preso una vettura cui
era attaccato, insieme con un cavallo, un mulo di misera apparenza, io
dissi al garzone che quella bestia ci avrebbe lasciati per istrada e che meglio
era ricondurla alla stalla. « Oh!» diss’egli nel suo dialetto, « la vedrà
che andrà molto bone, e so non vuole lavorare, si faccia prete, allora non
avrà più da far niente, altrimenti conviene che lavori ; » ed egli andava
ripetendo con compiacenza ; « se non vuole lavorare si faccia prete. »
Li 15 giugno 1861
Vostro affezionato, G. D. G.
CORRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Palermo, 12 giugno 1861
È passato il mese di maggio e la festa del Corpus Domini; come i popoli
meridionali sono avidissimi di spettacoli, la settimana scorsa e stata per
così dire una continua processione ; ogni sera si è ripetuta l’esibizione del
Sacramento sopra gli altari costrutti nelle diverse parrocchie; la funzione
riveste un carattere lugubre per lo strano costume dei « babbuini, » specie
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(li maschere che precedono generalmente le processioni. Il suono delle
campane, la musica della guardia nazionale e spesso, anzi generalmente,
un chi.asso tremendo di piccoli « petrieri » sono l'accompagnamento re
gelare della pubblica adorazione dell’Ostia, la quale mi sembra difTerir
-pochissimo dalle fe.ste idolatre dei paesi pagani. Quando si attacca così
direttamente il culto roTiiano i preti si lagnano, e gridano che sono calunnie; ma cosa mai è idolatria se non un culto, xm’adorazicne, una «latria»,
(( dulia » 0 « iperdulia » offerta ad una figura, perchó rappresenta una divinità. Nou credo cho mai un uomo abbia reso un culto ad un pezzo di
legno, di pasta o di pietra, scmplieemente come tali, ma sempre perchè egli
credeva di trovarvi qualche potere nascosto, qualche santità intrinseca, invisibile. Ora, quando io vidi, alcune .settimane fa, il papa, con tutto il suo
seguito di svizzeri, di ciamberlani, di cardinali, colla regina di Napoli e
colla sua famiglia, entrare nella grande cattedrale del mondo romano, avvicinarsi alla statua di San Pietro, cho si sa essere stata anticamente una
figura di Giove, poi quando uno dei ciamberlani ebbe spolverato il piede
della statua eoi suo fazzoletto, baciarlo, levandosi la piccola berretta bianca,
infine inchinarsi, "mettere la sua testa sotto il piede di Pietro e balbettare
la sua preghiera, quando vidi tutti gli altri prelati imitare l’esempio suo e
salutare l’idolo, — cosa dovetti dire a me stesso, se non che codesti preti,
con codesto sommo pontefice sono tanti idolatri, inconsci, lo voglio credere,
ma puro colpevoli di aver offesa la maestà di Dio co’ loro idoli?
•k In pochi paesi del mondo, l’adorazione della Vergine ha preso una forma
tanto esagerata quanto qui in Sicilia. Pare impossibile che preti sinceri c
desiderosi della salvezza delle anime tollerino eccessi così strabocchevoli.
M ho parlato delle processioni e delle imagini, cosa dirò ora delle prediche? Ne sento pochissime, e benché si annunzino conferenze, spiegazioni
daH’Evangelo e molte altre cose, più d’una volta mi accadde di trovare la
porta della chiesa serrata all’ora che mi si diceva doversi fare la predica ;
intanto nel mese di maggio si sono dato sfogo e come per scongiurare la
tempesta della libertà che minaccia di far crollare l’edifizio marcio della
superstizione, hanno raddoppiato i loro sforzi per ravvivare da pertutto il
culto della Vergine Maria. Caro fratello, nou vorrei essere amaro nè ingiusto; ma non posso a meno di sentire una profonda indignazione contro
uomini i quali mettono sempre innanzi il preteso potere della nuova dea,
invece di dare ogni gloria, ogni fiducia od amore all unico nostro Mediatore (j. Cristo. Sì, egli fu con indignazione che sentii, domenica scorsa, un
predicatore attempato presentare coi sofismi i più indegni d'un uomo sincero, quanto più d’un ministro del Vangelo, la vergine Jlaria còme la vera
dispensatrice di tutto le grazie. Mai, nonmai avea inteso cose tanto stravaganti.
Non parlo dell'apparenza e della decorazione del coro della chiesa, che
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sarebbe stato degno del teatro « tZes Variétés » di Parigi, ossia d’una sala
da concerto. In mezzo ad un fresco ed ombroso boschetto, leggiermente
posato sopra una roccia, dalla quale sgorgava un ruscello cristallino, appariva una ninfa vaga e pietosa, come quelle fee o nudine che ancora nel
medio-evo abitavano le selve e le querce dei nostri antenati, e che probabilmente non erano che l’avanzo deH’antica mitologia, una ricordanza delle
driade, naiade che visitavano i pastori fortunati della Trinacria, nei tempi
di .Teocrito o di BIosco. Ginocchioni davanti alla buona dea tutta risplendente d’oro era dipinto un paesano, uno di quei pastori ideali delle ecloghc,
domandando la pace per l’Italia e la fine della peste e della carestia. Abbiamo imparato dal discorso che quella bella ninfa era la Vergine Maria,
che questo paesano era un piemontese di Savona, chiamato Antonio Botta,
il quale ebbe la fortuna di vedere quell’essere misterioso e di sentire dalla
sua bocca le parole seguenti : « non volo justitiam sed misericordiam » !
Taluno ci dirà forse che questo è innocente ed al più ridicolo, ma che
non V 'è niente che meriti la mia indignazione ; aspettate e sentirete un
bi'ano del discorso: (i3Iiserìcordia ejus a 2>rogenie inprageniemy: ;—all’udire di questo tosto, pensai che avremmo un discorso intorno alla grazia di
Dio, e che forse il predicatore ci avrebbe veramente edificati nella fede,
come sono sicuro che molti membri del clero siciliano ne sarebbero stati
capaci e desiderosi; ma sentite qu.oli furono le due parti della trattazione :
1° Maria fu dispensatrice della grazia quando era in terra,
2° È tuttora tesoriere della misericordia dopo chè è salita al cielo. <■
Per provare la prima parte il predicatore mise insieme più o meno tutte
le occasioni nelle quali la beata madre del Salvatore si trovò col suo Figlio,
lasciando prudentemente da parte parole eome quelle: « Che v’è fra te e
me, o donna? » (Giov. II, 4.) o qucll’altra di (S. Marco III, 35J: « Chi
è mia madre, o chi sono i miei fratelli? » o la risposta ch’egli fece a quella
donna la quale esclamò : « Beato il ventre che ti portò, e le mammelle che
« tu poppasti »! — « Anzi, beati coloro che odono la parola di Dio, e Tos ■
« servano! » (Luca XI, 28^.
L’esegèsi dei mariolatri è conosciuta; ma non avea ancora sentito pretendere ehe Maria ebbe parte alla istituzione della S. Cena, — ecco come il
predicatore lo dimostrò.
Il primo miracolo, quello delle nozze di Cana ci rappresenta il vino
nuovo della grazia che cambia la natura caduta, e più specialmente ancora
il dogma della transustanziazione; ora quel miracolo fu fatto dopo la preghiera di Maria, afUnchè tutti sapessero ch’essa ebbe parte alla istituzione
Eucaristica. Avevo seguito con qualche maraviglia i ragionamenti del predicatore, quando pretendeva dimostrare la dignità di Maria per mezzo del
fatto ch’essa portò il bambino nel tempio e che d’altronde il profeta dice :
« La forza e la gloria sono nel suo santuario (Saìm. XCVl, o qualche altro
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della stessa risma; ma chi non avrebbe provato un profondo rammarico, o
piuttosto una vera indignazione, quando giunse al mistero della croce : « Perchè, 0 signori, egli disse, venne la madre di Dio al colle cruento del Calvario,
se non per offrire anch’essa la sua parte del sagrifizio? Come avea adomato
Bella culla di Betleem il talamo dove la divinità celebrò le sue nozze colla
nostra umanità, così conveniva ch’essa acconciasse, per così dire, la vittima
del sacrifizio; quando il figliuolo diceva; « Padre, perdona loro, perciocché
« non sanno quel che si fanno n (S. Luca JÍXJJI, 34J, anch'essa pregava
il Padre, dicendo: « o Dio giusto, sentite ed esaudite la preghiera del vostro figlio c del mio! » —quando il nostro divino Salvatore, bramando di
vedere il mondo colpevole salvato e perdonato esclamò; s sitin! n allora
anche la madre, associandosi alla bramosia del figlio, domandava ancora
nuovi tormenti, nuove angoscie, afiinchè la misura fosse colma. Quando il
Salvatore disse al buon ladro: « oggi sarai meco in paradiso! » essa si
tenne dalla parte dove egli era appiccato, affinchè apparisse che per l'intercessione della madre dello misericordie egli avea ottenuto il perdono !!!
e quando, alla fine, il sacrifizio fu consumato, c'ssa rivolgendosi a Dio gli
disse: « o Dio, se i patimenti del vostro figlio e del mio non sono bastanti,
ecco unaìtra vittima, non risparmiate i colpi della vostra ira, affinchè più
ampiamente si estenda la vostra misericordia!! —■ Ma una parola doveva
ancora uscire dalla bocca del figlio por stabilire per sempre la grandezza
della madre, adottando nella persona del suo di.scepolo Giovanni l’intiera
chiesa, egli le lasciò per consolarla, confortarla, benedirla, la madre sua,
dicendo al discepolo : « ecco tua madre ; donna, ecco il tuo figliolo ! » — Così
fu data alla Chiesa ed all umanità quella madre che da tanti secoli aspettavano e desideravano i popoli. Oh ! madre della misericordia, spada contro al
nemico, scudo nella battaglia, luce nella notte, tu che schiacciasti la testa
dell’antico serpente, regina del cielo, conforto nella morte! »—Vi risparmio
la seconda parte nella quale fu provato che ogni bene, ogni cosa grande,
ogni vero progresso dei tempi moderni fu concesso all’intercessione della
vergine Maria, perchè essa è la « corredentrice » del genere umano. Nou
ardisco esprimere il mio sentimento; — ma alterare così assolutamente la
verità storica ed associare una natm-a imperfetta all' opera divina della
redenzione, non è questa, im'idolatria, per non usare espressione più energica ancora?
Hanno un bel dire i preti, che la vergine Maria non istabilisce una mediazione contraria a quella del suo figliuolo; questa e pretta menzogna,
imperocché se Gesù Cristo è il mediatore nostro appo Iddio e la vergine
Maria la nostra mediatrice appo Cristo, eome lo diceva quel predicatore, a
chi, domando io, si rivolgeranno i peccatori? al figlio terribile e santo, che
siede sul trono e verrà bentosto per giudicare il mondo, ovvero alla buona
madre, la quale, come diceva ancora, riunisce in se stessa tutti gli attributi
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della donna, ohe fu creata per l'amore e non manca mai di affetto se anche
può mancar di forza e d'intelligenza? Un proverbio dice; « ciò che fa amar
« un uomo è la sua bontà » ; Dio è santo, ma la Vergine è la buona madre,
ed il popolo la preferisce — Sì, con tali dottori è impossibile che un popolo
non metta la sua fiducia nella creatura anziché nel Creatore, e non cada sem*
prepiù nell’idolatria. Dicano ciò che vorranno, questo è per la moltitudine
idolatria, ed io vorrei che almeno alcuni preti sinceri d’Italia protestassero
contro eccessi tali. Mi dicono -che fra i Cruciferi di Sicilia siano alcuni veramente degni di lode, i quali presentino ai moribondi il sacrifizio di Gesù
Cristo e la sua misericordia in una maniera benefica e consolante, in modo
da meritare il nome di veri cruciferi; speriamo che Dio ha anche in queste
profonde tenebre il suo popolo sincero, il quale cerca il Salvatore e lo serve;
ma le apparenze sono buie, e per un popolo generoso, intelligente e bollente come il popolo siciliano sarebbe d'uopo uu clero che abbandonasse il
vecchiume della religione dei sensi, delle imagini e delle processioni, per
muovere guerra decisiva contro la bugia, l’ignoranza e la pigrizia, e che
attingesse alla sorgente dell’Evangelo quelle forze nuove tanto necessarie
ad un popolo che gode oramai la libertà; uomini come il padre Girard,
Aporti, 0 Fénélon, i quali mentre ci condannerebbero come eretici, dannati e
scismatici, pure si adoprassero a tutt’uomo per istruire il popolo nelle verità
dell’Evangelo e nelle conoscenze utili e pratiche, sino che venisse il momento,
quando Dio separerà esternamente quelli che non servono lo stesso padrone,
ed unirà per sempre i suoi servitori fedeli! — Non terminerò senza parlarvi delle prediche del padre domenicano Maggio, cugino di Crispi (mi
dicono), il quale con un accento caldo e sincero raccomanda ai suoi concittadini le virtù civili. Egli ha, nella prima sua predica, trattato la differenza
tra libertà e licenza; domenica scorsa, l'amor della patria, e ci ha annunziato per la prossima volta un discorso sopra il soggetto morale il più necessario, il più pratico che trovar si possa ; « lavoro sempre, ozio mai » ;
l’ultimo tratterà, se sono bene informato, della concordia tra cittadini. Il
predicatore ha un vero amore per il suo paese; ne conosce le bellezze ed i
pregi, e sarà capace di fare profonde impressioni sopra le moltitudini; non
vorrei però ohe l'aria politica del giorno lo trascinasse fuori di quegli argomenti scrii e grandi, di que’ soggetti essenzialmente cristiani, i quali rispondono alle quistioni solenni della salvezza in Gesù Cristo, per fargli cercare
una popolarità troppo superficiale nella trattazione d’interessi politici ©nazionali; ma egli ha bei doni, ai quali desideriamo un successo duraturo.
Addio, caro fratello, che il Signor Nostro dia ad ogn’anima sincera di
trovar l’unica cosa necessaria. Il vostro aff. G-. A.
Woigt Giovanni gerente
TORINO — Tiiwjfralia Cl.A!jmA.NA. diretta ila H. Troinbi llèi.