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Anno 114 - N. 9
4 marzo 1977 - L. 150
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I Gruppo /7C
BIBLIOTRCfl VALDSSE
100&6 TOHRB PHLiCE
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE_
PORTARE IL MESSAGGIO DI NAIROBI NELLE NOSTRE CHIESE
LA DIVERSITÀ DELL’UNITA
Confrontarsi nell’ascolto della Parola non significa sacrificare o l’unità o la diversità, ma ricercare ciò che risulti essere buono per io Spirito e per la Chiesa tutta
Nei corso dell’assemblea di Nairobi, John Deschner, teologo
americano, presentò uno studio che sosteneva la tesi secondo cui
un’« assemblea conciliare » della cristianità costituirebbe lo sbocco e il punto di ripresa del lavoro ecumenico. Di questo studio ci
è sembrato importante per fattuale dibattito aU’interno delle nostre chiese il tema della « diversità dell’unità », per cui abbiamo
attinto liberamente da questo studio la parte biblica relativa alfassemblea di Gerusalemme, tralasciando le parti che attualizza-^
vano più specificatamente il discorso con riferimento a Nairobi
e alla tesi suesposta.
Non è forse superfluo ricordare ai lettori che uno studio biblico perde del 50% se non viene seguito anche il testo biblico
a cui si riferisce...
ATTI 15: 1-35; CALATI 2: 1-10
PERCHE’
QUESTA RIUNIONE
È evidente che TAssemblea di
Gerusalemme non è un avvenimento di normale amministrazione; non è stata convocata nel
quadro di una tradizione e non
si svolge secondo una procedura
stabilita. Si tratta di una riunione di emergenza che deve rispondei’e ad una urgente necessità locale e inserire in una irrinunciabi'e diversità l’idea' dell’unità
della Chiesa.
La giovane Chiesa è profondamente divisa sui problemi del
messaggio e della missione. Da
una parte si trovano coloro che
si preoccupano della tradizione,
della continuità con Israele. Essi sottolineano senza dubbio l’azione di unificazione e di adempimento compiuta da Gesù Cristo. Dall’altra si trovano coloro
che vogliono ampliare la loro libertà di recare il Vangelo a popoli totalmente estranei al giudaismo, in un mondo in cui le
tradizioni di Israele non significano nulla. Questa divisione sembra aver avuto una configurazione geografica, con Gerusalemme
da un lato e Antiochia dall’altro.
Unità o libertà? Si tratta di una
controversia molto antica nell’ambito della comunità dei credenti. Ma il dilemma in quanto
tale non ha per noi una grande
importanza perché ciò che è successo a Gerusu’-emme è questo:
l’unità si è manifestata all'interno di una controversia sulla libertà.
IL PROBLEMA DELLA
RAPPRESENTANZA
Questo aspetto è molto importante: cosa rappresentano i delegati? Quando i delegati di Antiochia arrivano, sono « accolti >■
dalla chiesa, dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme. Talvolta penso che l’insieme del
problema e della speranza ecumenica può riassumersi nel termine « ospitalità ». Non soltanto
sono accolti come dei viaggiatori stanchi o come dei vecchi amici, ma sono anche riconosciuti e ricevuti nella gioia come i
rappresentanti autorizzati di una chiesa sorella con la quale si
è in polemica. Dettaglio importante, essi sono riconosciuti nella loro diversità: anche Tito, greco incirconciso, è riconosciuto
ed accolto come gli altri (Gal.
2: 5).
Inoltre, ed è ciò che dà importanza a questa riunione, essi sono accettati pienamente come i
portavoce della Chiesa nel suo
insieme la cui missione, soggetto di discussione, fa parte integrante delle due chiese, quella di
Gerusa'emme e quella di Antiochia. Ecco il significato della
« mano tesa » in segno di accoglienza.
Non sappiamo molto sul ruolo del culto in questo concilio di
Gerusalemme, ma è possibile
pensare che non si sia celebrata
insieme la santa cena? Sappia:
mo dalla lettera ai Galati che
Paolo ha insistito in seguito sul
fatto che la decisione del concilio non poteva che esprimersi
mediante il riunirsi ad una mensa comune, come lo ha ricordato ad Antiochia molto chiaramente a Pietro. Senza alcun dubbio, l’atto centrale di questo concilio è di offrire a Dio questa controversia in un’adorazione comune. Come avrebbero potuto dire,
con tanta certezza che le loro
decisioni « sono parse buone allo
Spirito e a noi » (Atti 15: 28)?
DIBATTITI
E APERTI
FRANCHI
In questa riunione di Gerusalemme avvengono dibattiti molto franchi ed aperti; leggendo
tra le righe, possiamo vedere che
le opinioni erano molto nette e
forse non ci si è tirati indietro
neanche davanti ad espressioni
violente ("falsi fratelli”. Gal. 2:4).
Le posizioni sono nette: la mis
sione innovatrice di Paolo e di
Barnaba non deve trascurare le
tradizioni mosaiche. Altrettanto
categorica è la difesa di Paolo e
di Barnaba: è evidente che Dio
si serve della loro missione.
Pietro racconta le sue esperienze, un buon esempio di teologia
« azione-riflessione »: lo Spirito
Santo ha veramente benedetto
la missione presso i pagani. Ma
Pietro ' non trasforma in un
dogma o in una regola ciò che
ai suoi occhi è la cosa più importante ___e cioè la sua prewcupa
zione per l’unità della Chiesa; è
significativo che per lui si tratta
di sapere dove è la verità, una
domanda alla quale tutti devono
rispondere: se Dio ha decretato
che non vi è distinzione, perché
fate il processo a Dio?
Ci è detto, incidentalmente, che
l’assemblea mantenne il silenzio
e ascoltò. È questa ulta non trascurabile manifestazione di spirito conciliare soprattutto se ciò
significa che si è all’ascolto di
quanto lo Spirito Santo dice attraverso le parole del prossimo
che si contesta. Ciò che tuttavia
è più notevo’e in questo dibattito, è che non si tratta semplicemente di una messa in conaune
di esperienze né della sola ricerca della maggioranza, ma di una
attenta ricerca del pensiero della Chiesa sotto l’autorità della
Parola di Dio riconosciuta da
tutti.
Giacomo si incarica di un compito essenziale: esprirne un apprezzamento sulla discussione
alla '.uce del messaggio della
scrittura e della tradizione (Atti 15: 15-21). In questo modo, e
gli situa la decisione che sarà
presa, nel quadro della storia
della salvezza e dell’integrità della missione della Chiesa. Paolo
si fa avvocato della libertà, Pie
tro dell’unità; per Giacomo la
volontà di Dio è la coesistenza
di entrambi. Ed è in questo senso che egli fa la proposta che
alla fine è accettata come ciò che
« è parso come cosa buona allo
Spirito Santo e a noi ».
• Il dibattito conciliare è così
passato attraverso tutti gli stadi: controversia aperta, invito
fatto ad ognuno di contribuire
pienamente al dibattito, ascolto
della parola di Dio attraverso il
resoconto di esperienze vissute e
nella Scrittura e nella tradizione, ed infine presa di posizione
netta dell’intera assemblea.
LA DECISIONE
Consideriamo più da vicino la
decisione presa. Questo evento
conciliare si proponeva di giungere ad un risultato sul modo di
confessare la fede: prendere una decisione chiara e netta sulla
verità e l’errore nella testimonianza, la missione e la comunità della Chiesa. Il punto centrale di questa decisione è il se
Sono e resto
indipendente
Forse è necessario, prima di
tutto, rassicurare molti che come « indipendente » sono veramente indipendente, cioè non
vincolato in alcun modo alle decisioni di altri, neppure all’interno del mio stesso gruppo par- '
lamentare.
Un caso particolare è stato
quello relativo al criminale di
guerra Kappler, sul quale è stato scritto tanto. Appena il Tribunale militare ne aveva deciso la libertà condizionata, subito, poiché era conosciuta la mia
posizione al riguardo, ho avuto
un’intervista radio, poi due articoli su un quotidiano, la televisione olandese venuta apposta
a Roma per questo, ed infine
una «tavola rotonda» alla nostra televisione. Ero il solo a sostenere, sia sul piano umano che
politico, la tesi della scarcerazione, e questa per i seguenti
motivi :
a) perché giustizia non è
mai vendetta;
b) perché non saremo mai ri''oluzionari finché saremo condizionati e legati alle esperienze del passato e ne manterremo
i simboli ;
c) perché anche se non noi.
guente: « non porre degli ostacoli davanti a coloro che fra i
pagani si volgono a Dio » ( Atti
15: 19). È apparentemente una
decisione a favore della libertà
nella missione, ma è anche una
decisione a favore dell’unità. Nel
quadro di questa decisione, sembra possibile alla realtà conciliare presupposta, di manifestarsi
in un evento: ogni fazione è in
grado di riconoscere nella decisione ciò che sembra buono allo
Spirito Santo e alla Chiesa tutta
intera (Atti 15: 28, 32).
Riflettiamo su come ciascun
gruppo lavori nell’interesse dell’altro. I sostenitori di Giacomo
non esigono che si osservi la legge giudaica, ma insistono affinché la libertà sia una libertà autentica e non una licenza senza
freno; è questa la ragione per
cui si condanna Tomicidio, l’irnmoralità, l’idolatria, e forse (il
testo non è certo) la provocazione intenzionale dei giudeo-cristiani in materia di nutrimento.
Dalla parte di Paolo si organizza una colletta a favore dei poveri di Gerusalemme, segno chiaramente visibile dell’unità visibile della Chiesa che «Paolo assume di buon grado e incoraggia
ovunque vada (Gal. 2: 10).
Vale parimente la pena di considerare la forma di questa decisione, poiché non si tratta di
un semplice documento! Essa si
esprime anzitutto con un gesto
visibile compiuto in presenza di
John Deschner
(continua a pag. 8)
ma le vittime (o meglio i familiari delle vittime) ^ssóno dare
il perdono, noi possiamo comunque aiutarle a liberarsi da.1 tormento che il passato esercita su
loro ;
d) infine, ma certo è la cosa
principale, perché credo nella
forza dell’amore quale è manifestata in Cristo.
Le reazioni? Certamente ce ne
sono state in varie direzioni, ma
ho avuto anche da molte parti
consensi ; fra gli altri anche
quelli di un gruppo di senatori
comunisti, che mi vennero a
dire che « in fondo avevo ragione » !
Verso la metà di gennaio sono
stato a Mosca per il « Forum
mondiale delle forze della pace ». Nella delegazione italiana
v’erano comunisti, socialisti, democristiani ed infine io, rappresentante della Sinistra indipendente. Ho partecipato ai lavori
della « Seconda Commissione »
(ve n’erano 13), dove si discuteva dei fondamenti della distensione. Il mio intervento, non breve, era centrato sul fatto che la
distensione vera non può avvenire senza una reciproca comprensione e fiducia. Ma questa
Tullio Vinay parla
ad Angrogna dove
era stato invitato per
il 17 febbraio.
Dal “Notiziario
di Riesi" riportiamo
le prime impressioni
da lui registrate
nella sua attività di
senatore della
sinistra indipendente
può essere data veramente solo
dall’agape. Naturalmente ho
spiegato il concetto teologico e
politico dell’agape, manifestata
fra noi dal Cristo. L’attenzione
non è rnancata in un ambiente
in cui c’erano, forse, non pochi
cristiani (la Conferenza raccoglieva delegati da HO nazioni).
Alla fine un sovietico mi venne a
chiedere come si scriveva « agape»! Glielo, scrissi in francese
e in greco. Era interessato. Ma
il fatto .curioso venne in seguito,
perché un membro del Comitato
Centrale del PCUS disse al nostro capo delegazione : « va bene
che voi del PCI parliate di pluralismo ma siete giunti fino ad
abbracciare le tesi protestanti? ».
Per un errore di stampa nell’elenco dei partecipanti accanto al
mio nome era stato messo non
Sinistra indipendente, ma PCI!
Recentemente in un dibattito
sulle pensioni ho richiamato la
attenzione sullo scandalo delle
pensioni minime che sono insufficienti per vivere... Le mie argomentazioni andavano oltre alla tecnica, per toccare il terreno umano, facendo appello a
quei cristiani che « eventualmente » fossero in aula ad essere
coerenti coi loro principi ecc.
Due giorni dopo ho incontrato
al Parlamento il Ministro del
Lavoro, che durante il mio discorso era attentissima, ed asseriva col capo alle mie argomentazioni. Mi prese affettuosamente la mano, dicendomi che
avevo toccato il fondo del problema e che una visuale come
la mia la avrebbe desiderata in
molti parlamentari.
Ecco, tutto questo per dire
che ci sono ancora alcune possibilità di far sentire la «politica dell’agape » anche in seno
agli aridi dibattiti parlamentari. Un senatore recentemente
mi disse : « in occasione del dibattito sul Concordato tu dovresti fare un forte discorso ecclesiologico ». Certamente lo farò. Personalmente penso che anche qui vi è un terreno da seminare, poi i frutti, se verranno, saranno solo perché lo Spirito soffia quando e dove vuole,
e non per le nostre deboli parole che sono balbettamenti di
fanciullo, in una assemblea dove la sapienza di questa nostra
umanità predomina in ogni cam
po.
Tullio Vinay
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4 marzo 1977
settimana di marzo: riunione mondiale di preghiera delle donne
La FDEI si inserisce nel sociale
Ospedali psichiatrici e consultori di maternità
Il 20 febbraio si è ritinito a Roma il consiglio nazionale della
Federazione Donne Evangeliche
in Italia, per definire lo svolgimento dei lavori dei prossimi
mesi. ¡Nella prima settimana di
marzo, come ogni anno, avrà
luogo la riunione mondiale di
preghiera deile donne e questo
anno è stato proposto che la
colletta in Italia sia devoluta alla FDEI — dal momento che
contrariamente agli anni precedenti non era pervenuta nessuna richiesta specifica — per permettere alla FDEI di superare
le difficoltà finanziarie sorte durante il suo primo anno di vita.
Sono in fase di preparazione
i convegni regionali che si svolgeranno a partire dalla primavera per definire il lavoro regionale, e discutere il tema degli ospedali psichiatrici ; il materiale preparatorio è stato fornito alle unioni, con ricerche locali e studi
biblici. Durante questi convegni
saranno elette delle responsabili regionali.
re parte dei CAF (comitati associazioni femminili) nelle regioni dove non esistono le consulte.
Per quello che concerne i contatti con altri gruppi evangelici
in Italia, per ora alla prossima
giunta sarà invitata una rappresentante della FGEI.
Per una sempre più stretta
collaborazione tra le rispettive
denominazioni, si è auspicato di
fare insieme tutto quello che si
può, scambiando i propri doni
per un arricchimento comune;
in modo particolare si è accen
nato agli studi forniti allq unio
ni, e la questione è stata riman
data alle denominazioni per ul
teriori approfondimenti.
Adesso che è stata costituita
la «federazione donne evangeliche », sarà forse più facile essere presenti, in quanto evangeliche, nelle associazioni femminili
italiane. Perciò è stato proposto
di fare domanda per entrare a
far parte delle Consulte Femminili Regionali, là dove esistono già, oppure di chiedere di fa
fi stato approvato un documento relativo ai consultori familiari, elaborato in Puglia e
Lucania, che è scaturito da necessità locali e che sembra riflettere la situazione di molte parti
d’Italia. Il gruppo Fdei di Puglia
e Lucania ha mandato questo
documento ai presidenti delie
due regioni, ai presidenti delle
due giunte regionali, e ad altri
rappresentanti.
Se ne riporta il testo integrale
nel caso in cui potesse essere utilizzato dalle imioni come traccia in altre regioni.
Marie-France Coïsson
Magda Mollica
L’istituzione dei consultori di maternità nel territorio della Repubblica, oltre a colmare un vuoto di assistenza della coppia e del
sirigolo sul piano culturale e sanitario, tende a promuovere una crescita di responsabilità di fronte ai problemi della procreazione, ponendo finalmente l'Italia a livello dei paesi di civiltà più sviluppata.
Le donne evangeliche, consapevoli che, l’Italia vanta in alcuni
paesi del mezzogiorno, una media altissima di mortalità infantile e
che un’alta percentuale di minorati fisici, psichici e di handicappati
è dovuta «ad una cattiva assistenza della gestante sia in fase concezionale che dopo il concepimento », auspicano che i consultori di maternità diventino, nel nostro Paese, una realtà operante.
La F.D.E.I. afferma la sua opposizione alla presenza di consulenti confessionali fra il personale di assistenza dei consultori e chiede
che nel pieno rispetto del comma c) dell’art. I della Legge Nazionale:
a) si garantisca il rispetto delle convinzioni etiche di tutti i cittadini, con particolare riguardo alle minoranze religiose;
b) si rifiuti la partecipazione di consulenti confessionali che limiterebbero la libertà di coscienza, costituendo un grave attentato
alla dignità e al diritto della donna;
c) si prevenga l’aborto con precise indicazioni su metodi di
contraccezione, per mezzo di una sistematica divulgazione di massa
atta a superare resistenze e false concezioni legate a pregiudizi e costumi, per vivere una maternità libera e consapevole;
d) si attui la prevenzione delle malattie genetiche mediante
visite prematrimoniali per la ricerca e l’accertamento di eventuali
tare ereditarie e familiari.
Si richiede inoltre:
1) l’istituzione di consultori pubblici per garantire il cittadino
da ogni forma di clientelismo e di sperpero del pubblico danaro;
2) la gestione sociale dei consultori con la partecipazione delle
associazioni femminili e delle organizzazioni sociali e sindacali;
3) la formazione di équipe di specialisti il cui compito sia esclusivamente limitato a fornire il bagaglio tecnico necessario, lasciando
la donna arbitra delle sue decisioni in piena libertà e responsabilità;
4) di informare la coppia e i giovani sulla conduzione di una
sana e completa vita sessuale che garantisca una consapevole autonomia degli atteggiamenti psico-fisici, nel pieno rispetto di ogni persona umana;
5) di costituire consorzi socio-sanitari controllati dai consigli
di zona e consigli di quartiere, dalle associazioni femminili di massa
e dai sindacati, in attesa della costituzione della U.S.L. (unità sanitaria locale), finanziati dalla Regione, così come previsto dalla legge.
TRIBUNA LIBERA
« Naturale rassomiglianza » ?
Nel pubblicare questo scritto di Domenico Abate, già da
tempo programmato, la redazione dell’ Eco-Luce desidera
esprimere a lui e alla sua famiglia la propria accorata
simpatia per la perdita del figlio Davide.
Senza voler entrare nel merito della questione teologica (ch’è
materia di riflessione degli esperti) sia consentito ad un modesto laico esprimere la sofferenza provata leggendo sulla stampa la recente dichiarazione della Congregazione vaticana per
la dottrina della fede nella quale a pretesto dell’eventuale sacerdozio femminile insiste sulla
« naturale rassomiglianza » fra
il Cristo ed il sacerdote e ciò in
base ad una constatazione teo-'
rica per cui se Cristo è uomo il
suo rappresentante non può non
essere che im uomo.
Ci si permetta di dissentire
avverso la pretesa « naturale rassomiglianza » tra il Cristo ed un
qualsiasi ministro di qualsiasi
chiesa ed in qualsiasi circostanza e sottolineare, purtroppo!,
quanto la così detta cristianità
sia stata infedele al suo Signore
e Salvatore, e come la Chiesa
cattolica coi suoi ripetuti NO
renda poco edificante servizio
alla verità, al progresso ed alla
umanità nel suo divenire.
Insomma quale « naturale rassomiglianza » di papi, cardinali,
preti, frati e gesuiti persecutori
di cristiani e non cristiani in Italia e in altre contrade, dal tempo della Inquisizione ai nostri
giorni (grazie al cielo non più
ora roghi, torture o auto da fè,
ma scomuniche, interdetti e
pressioni d’ogni specie!), dove,
come rilevarla questa pretesa
« rassomiglianza » di certi ministri col Cristo? Non è forse vero che il cammino della chiesa
cristiana è stato segnato da un
terribile calvario di dolori per
quanti hanno osato opporsi al
tradimento che si operava contro la prima Chiesa e la purezza evangelica fatta di autentica
fraternità e democraticità? Pensiamo alla lunga lista dei papi
corrotti, intriganti, assetati di
dominio, alle crociate, all’Inquisizione con il suo apparato di
spie, aguzzini, boia, stermini in
massa, al soffocamento del libero pensiero cui dovettero soccombere in modi diversi GaUlei,
Giordano Bruno, Tommaso
Campanella.
Purtroppo, anche di fronte al
fatto che per grazia di Dio la
Chiesa cattolica ha avuto anche
ministri illuminati dalla fede e
strettamente legati al Cristo,
non è possibile cancellare con
un colpo di spugna i tradimenti del passato e non valgono nulla quelle voci che dicono «erano i tempi, allora»; no!, oggi
ancora — doloroso rilevarlo —
Roma papale scomunica, intriga,
sbarra la strada al civile progresso, alla umana redenzione;
è incapace a operare quella seria riforma che, con una autentica umiltà evangelica, le sarebbe salutare; e non si rende conto che effettivamente i tempi
sono mutati, che i popoli hanno
acquistato una nuova coscienza
sin dal tempo della Riforma e
poi con i rivolgimenti provocati
dal Rinascimento, laddove, come pone in evidenza Gramsci,
«non è stato ’scoperto’ l’uomo
ma è stata iniziata una nuova
forma di cultura, cioè di sforzo
per creare un nuovo tipo di uomo » ; e si sviluppa il processo
rivoluzionario che inizia nel 1789
per giungere ai grandi moti sociali dei presente secolo (URSS,
Cina, ecc.) moti che hanno assestato colpi formidabili ai privilegi medioevali, all’oscurantismo, alla superstizione ed alla
ignoranza. Ma Roma papale è
lenta a mutare, anzi non cambia! prova ne siano le vessazioni (da Pio X in poi) contro ai
timidi tentativi dei « modernisti » come Romolo Murri, Ernesto Buonaiuti, Salvatore Minocchi e Giovanni Pioli, sospesi a
divinis o allontanati dal « grembo » ; in tempi a noi recenti ecco i pesanti interventi contro ai
cattolici nella questione del divorzio, e di questi giorni le pressioni dell’episcopato italiano con
la nuova crociata sul grave problema dell’aborto. Anche Comunione e Liberazione scende in
campo e buttando via stavolta
la mascherina di un presunto
progressismo, intima ai Senatori cattolici, eletti nelle liste della sinistra, di non votare il provvedimento, già approvato dalla
Camera e ora in discussione al
Senato. Sono tutti indizi di una
mentalità anti liberale, schiavistica, reazionaria, dura a morire !
Tutto ciò ci turba profondamente; ancora una volta sacerdoti e laici cattolici impegnati
dimostrano che nessuna « rassomiglianza» v’è fra loro ed il
Maestro, tra tanti Ministri del
la Chiesa ed il dolce, mite e buon
Gesù, Colui che solo può realmente affermare; «Chi mi ha
veduto ha veduto il Padre... Io
sono la luce del mondo..., il buon
pastore pronto a dare la vita
per le sue pecore... ».
Con profonda umiltà accostiamoci a Gesù, tutti quanti ci
professiamo cristiani, di qualsiasi confessione o denominazione religiosa, convinti del nostro
peccato e delle nostre debolez
ze, allontanando da noi la vanità dal volerci configurare una
qualsivoglia naturale rassomiglianza col nostro Signore ma
preoccupati solo di approfondire il senso della Sua Parola...:
« Ti ringrazio Padre, Signore di
tutto l’universo ; Ti ringrazio
perché hai voluto far conoscere
a gente povera e semplice quelle cose che hai lasciato nascoste
ai sapienti e agli intelligenti... Il
Padre ha messo tutto nelle mie
mani. Nessuno conosce il Piglio
se non il Padre. E nessuno conosce il Padre, se non il Figlio
e quelli ai quali il Figlio lo fa
conoscere » (Matteo 11: 25-27).
Domenico Abate
Davide Abate
Davide Abate, studente della Facoltà di Teologia, ha volontariamente posto fine alla sua esistenza a Ginevra, concludendo con un gesto disperato un dramma che non si sentiva più di sopportare. Egli vedeva con implacabile realismo
la propria situazione, ma risentiva acutamente la sua debolezza nel fronteggiarla. E a questa debolezza ha ceduto.
Eppure poteva dare il meglio di se stesso in una umanità servizievole; sapeva anche entusiasmarsi ed amava
aiutare, per esempio le persone anziane. Ma queste cose
non sembravano essergli state di alcun aiuto di fronte all’angoscia per il futuro. Ha preferito rinunciare al futuro,
piuttosto che affrontarlo.
Oggi noi ci sentiamo come quei discepoli di Gesù che
non sono stati capaci di guarire (Marco 9: 28)., Non abbiamo
trovato il modo di esser testimoni del Dio vivente nei confronti di questo nostro fratello. Che il Signore accordi a lui
e a noi di vedere la potenza della sua resurrezione.
La Facoltà di Teologia
Roma, 25 febbraio 1977
a colloquio
con i lettori
RISPOSTA FCEI
Caro Direttore,
ho 'letto eon attenzione tutte le proteste pubblicate sul tuo giornale riguardanti la trasmissione di Protestantesimo del 23/1, oltre alle varie pervenutemi direttamente.
Desidero anzitutto ringraziare tutti
coloro che hanno espresso il loro parere, anche se fortemente negativo.
Una critica aperta è sempre più gradita del silenzio indifferente da cui spesso è circondato il nostro lavoro che implica fatica, dedizione e impegno non
indifferenti (non parlo solo della televisione ma di tutto il lavoro della Federazione).
Non entro nel merito del contenuto
della trasmissione, lasciando questo
compito ai responsabili del Servizio radio televisione, il quale agisce con
una certa autonomia. Questo non per
scaricarmi di una responsabilità che
comprendo è anche mia (come rileva
il fratello Aldo Long), ma perché ritengo che i responsabili del Servizio
siano più competenti di me per dare
questa risposta.
Desidero ricordarè che la Federazione in questi ultimi anni ha organizzato vari convegni ed incontri sul problema delle trasmissioni radio e televisive. Quello era il luogo più adatto
per discutere liberamente dei contenuti. Eppure mai si è presentato a questi incontri nessuno dei « critici »
più severi delle trasmissioni.
Posso tuttavia assicurare tutti coloro
che hanno scritto che le loro osservazioni e le loro critiche saranno prese
in seria considerazione sia dal Servizio
che dal Consiglio della Federazione.
Ricevi i miei cordiali saluti
Piero Bensì
Presidente della Federazione
Sì gioca tutto
nella nostra storia?
Torino, 19 febbraio 1977
Caro direttore,
ho letto con interesse, sul n. scorso,
l’articolo Femministe ma credenti, ritengo utile il lavoro svolto dal gruppo
firmatario e bello cbe queste sorelle
abbiano scritto alla rivista « Effe » la
loro professione di fede.
Sono rimasto tuttavia sconcertato
nel trovare inserita una citazione di R.
Garaudy : « La caratteristica della tradizione rivoluzionaria cristiana (...) è
di concepire il Regno di Dio non come un altro mondo, nello spazio e nel
tempo, ma come un mondo diverso,
cambiato mediante i nostri sforzi. Tutto si gioca nella nostra storia di uomini, essa è l’unico luogo dove si costruisce il regno di Dio ». Dal contesto, parrebbe che le firmatarie concordino con quest’affermazione. Ora, se
è comprensibile che si esprima così un
marxista, sia pure eterodosso, (e di
matrice cattolica), non lo capisco da
parte di chi ha conosciuto la giustificazione per grazia mediante la fede,
non solo a livello individualistico, ma
universale. La testimonianza al Regno,
che dobbiamo attivamente vivere, i segni del Regno non sono il Regno. Ricordare — giustamente — ciò che
dobbiamo fare noi, non deve farci dimenticare ciò che fa e farà Dio. E
quest’ ultimo soltanto è T Evangelo,
Cordialmente
Gino Conte
Una pittrice evangelico
Desideriamo presentare ai lettori del giornale una delicata e
tenace pittrice: Marcella Vangi
è nata in provincia di Lucca, ma
da molti anni risiede a La Spezia, vive in un appartamentino
trasformato in atelier dalla sua
passione creativa; le pareti della stanza, dove di solito lavora,
si aprono su paesaggi autunnali, su giardini ricchi di fogliame
in cui si riscontrano i motivi
fondamentali del suo linguaggio
pittorico.
Come è pervenuta alla pittura questa creatura sensibile dal
sorriso disarmante? A vent’anni
ancora non aveva preso in mano un pennello; la sua vita era
quella di una creatura incapace
di trovare ima sua identità, di
realizzare se stessa. In famiglia,
con le amiche, a scuola, non
riusciva ad esprimere adeguatamente il suo pensiero, la pienezza dei sentimenti.
Di famiglia cattolica, si rifugia nella lettura del Vangelo e,
infine, abbraccia la religione
protestante, con tutte le implicazioni familiari proprie di chi
proviene dal cattolicesimo, fi in
questo periodo, che segna una
tappa fondamentale della sua
vita, òhe Marcella Vangi scopre
la tavolozza e inizia la sua attività di pittrice.
Finalmente sembra avere trovato il mezzo per esprimere se
stessa, il linguaggio adatto alla
sua sensibilità artistica e, diremmo, religiosa. Un mondo si
delinea sotto il tocco dei suoi
pennelli : incerto dapprima, poi
sempre più deciso e compiuto
fino alla maturità di oggi. In
fatti, non vi è mostra d’arte o
concorso di pittura, in cui questa nostra cara sorella non trovi il giusto ed il più lusinghiero
dei riconoscimenti. Poiché lungo sarebbe il loro elenco, ci limitiamo a segnalare il più recente, conseguito alla Biennale
d’Arte Contemporanea, promossa e allestita a Bruxelles dal
Centro Iniziative Culturali di
Roma, in cui ha ottenuto il premio « Riviera dei Fiori ».
I motivi pittorici ricorrenti
nelle sue opere, riflettono una
visione struggente di una natura
che dà l’addio all’estate, con i
gialli caldi delle foglie morte,
con la soffusa poesia delle luci
autunnali, con i tramonti che
scolorano in azzurrine lontananze, nella serena attesa del ritorno. Alma Zoppi
r
il
3
4 marzo 1977
DIBATTITO SU PIERO JAHIER
Un silenzio inevitabile
La penetrante pagina di un critico francese e una serie di dati biografici gettano altra luce sul "silenzio” dello scrittore sotto il fascismo
Non come « fratello dell’anima », come era solito qualificarmi nelle dediche delle sue opere, e neppure come commilitone dello stesso Reggimento (7°
alpini - Belluno) al tempo di
« Con me e con gli alpini », ma
per la ricerca comune della verità, sento il bisogno di portare
un contributo alla chiarificazione del « silenzio » di mio fratello Piero Jahier (cfr. l’articolo di
F. Giacone su Eco-Luce 46/1976).
Nel suo articolo il Giacone,
forse un po’ ingenuamente, sembra inclinare verso l’interpretazione del silenzio fornita dall’autorevoie critico cattolico Carlo
Bo («vuoto creativo»), ma vai
la pena di riportare quanto, a
confutazione di questa tesi, ne
induce più imparzialmente un
altro critico cattolico francese
di vagiia, Henri Giordan, nella
recente sua opera su Paul Claudel (vedi la pagina riprodotta
qui accanto).
Le acute osservazioni del Giordan hanno il merito di trovare
ampia conferma nel fallimento
delle due opere intraprese a Firenze, nei primi anni del fascismo, da mio fratello nella casa
ospitale degli amici fratelli Carlo e Nello Rosselli di Via Giusti (poco dopo devastata e saccheggiata dalle squadracqe fasciste, qualche anno prima del
loro duplice assassinio in terra
di Francia) e non concluse « per
la conti'adizion che noi consen- '
te »: « La Passione di Cesare
Battisti » (intorno al quale egli
aveva raccolto a Trento materiale di notevole interesse) e
« Storia degli alpini » (richiestagli, chi sa perché, dall’editore
A. Vallecchi).
Il prof. Giacone sembra inoltre non aver sufficientemente
soppesato alcuni elementi biografici;
L'antifascismo di mio fratello
non fu quello adottato dalla maggior parte degli italiani, con la
approvazione delle autorità ecclesiastiche e laiche (brigidino
para-fulmini aH'occhielìo e giuramento di fedeltà a Mussolini,
con riserva mentale nel portafogli), ma lo espose fin dall’inizio
alle più gravi rappresaglie. Contrariamente agli altri vociani
(Prezzolini, Papini, Soffici ecc.)
egli non mantenne rapporti cordiali con Mussolini; anzi, interpellato personalmente da lui intorno ad una possibile collaborazione, gli oppose un energico,
irremovibile e motivato diniego.
Dopo l’arresto e le perquisizioni domiciliari a seguito dei fatti delle Porte Sante (commemorazione non autorizzata di G.
Matteotti) egli venne schedato
dalla polizia fascista come sovversivo, collaboratore con Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi,
f.lli Rosselli ed altri del « Non
mollare » e della « Italia libera »
e trasferito a Bologna.
Dopo l’approvazione e applicazione dell’iniqua legge fascista
che, discriminando i non iscritti al Partito fascista, tagliò loro
^le vettovaglie escludendoli da
ogni promozione ed altri adeguamenti di carriera, le sue condizioni finanziarie ed editoriali
andarono precipitando proprio
quando il peso familiare, con
quattro figli agli studi universitari feliceménte conclusi, esigeva quel massimo sforzo che .spiega facilmente anche la necessità di ricorrere alle ben retribuite, ma laboriose e assorbenti,
traduzioni (Bompiani e Mondadori).
Ricordo, fra l’altro, che egli
mi raccontò una volta come, in
occasione di un suo viaggio estivo alie Valli, egli fu sollecitato,
non so da chi, a prendere la parola a un raduno montano del
15 agosto e che egli fu trasportato ad esprimersi in tali termini da avere riportato l’impressione o di non essere stato capito o giudicato come se egli
avesse perduto il ben dell’intelletto. Gli era venuto detto infatti che per il popolo valdese erano tornati ormai i tempi della
resistenza e della ribellione, ma
che i due poli opposti della scelta non erano più costituiti dal
Cattolicesimo romano e dal Valdismo, ma fra il Cristo e l’Anticristo. Ricercai in seguito sul
Bollettino della Società di studi valdesi qualche traccia di questo intervento, e la trovai, ma
L’autunno del Concordato
CHIESA CATTOLICA E STATO IN ITALIA:
I DOCUMENTI DEL DIBATTITO POLITICO
(1929-1977)
Introduzione di F. Traniello e M. Cordero pp. 304 - L. 3.600
— Le fonti essenziali, storicamente inquadrate, fino al recentissimo dibattito parlamentare e alle critiche al progetto Andreotti.
Contro la fretta del governo, un « dossier » da riaprire
per ricordare inadempienze ed errori e per valutare la
maturazione politica di questi anni.
— Revisione o abrogazione? Un falso dilemma da superare per realizzare uno stato non confessionale.
CLAUDIANA
Via Pr. Tommaso 1 - 10125 TORINO - c.c.p. 2/21641
Un gesuita se ne va
Il gesuita canadese, padre Davis Stanley, membro della Pontifìcia Commissione Biblica, ha
dato le dimissioni da questo organismo per protestare contro la
recente Dichiarazione della Congregazione per la dottrina della
fede che nega l’accesso delle
donne al sacerdozio. Padre Stanley ha inviato le sue dimissioni
al cardinale Seper, prefetto della menzionata congregazione romana. Il gesuita ha dichiarato:
« Non ce l’ho con il cardinale e
tanto meno con il papa. Ma come membro della Commissione
Biblica, che per un anno ha lavorato a tale tema ho potuto
constatare molto chiaramente,
leggendo la Dichiarazione, che
del nostro lavoro non è stato
utilizzato nulla. Non vedo quindi perché devo continuare a
perdere tempo ». Padre Stanley ha poi affermato che la Con
gregazione per la dottrina della
fede «ha costruito per suo conto argomenti biblici che non
hanno nulla in comune con quelli che noi abbiamo presentato ».
Per il gesuita l’argomentazione
del dicastero romano per escludere le donne dal sacerdozio ministeriale è « abbastanza superficiale e non particolarmente convincente». (Adista)
A La Spezia
Le Chiese Evangeliche battista
e metodista di La Spezia e la
FGEl-Toscana, organizzano per
il giorno 8 marzo alle ore 21,
presso il « Centro S. Allende »,
una pubblica manifestazione su:
« Il nuovo Concordato: perché
siamo contro ». Oratore della serata il pastore Giorgio Bouchard.
Seguirà un dibattito.
non vi rinvenni le espressioni
drammatiche sulla libertà, forse omesse per evidenti ragioni
di opportunità politica. In queste condizioni esasperate fino ai
limiti della fissazione e col presentimento, sempre presente,
della inevitabile seconda guerra
mondiale, sfido chiunque, al di
fuori dei compagni compromessi come lui, ma riparati all’estero, ad intraprendere scritture
creative di immaginazione artistica al di fuori della miriade
(era un grafomane come il Tommaseo) di appunti e taccuini,
spesso illeggibili, sui quali soltanto gli eredi hanno il ragionevole diritto di esercitare la tutela prevista dalla legge.
La liberazione ed il collocamento a riposo del sessantacinquenne Ispettore capo sup. F.S.,
trovò però un uomo che pur
stanco e deluso ebbe la forza di
scrivere e pubblicare una delle
sue migliori liriche « Ultima
marcia alpina » (che traduce in
poesia le ultime disperate parole realmente pronunciate da un
alpino morente) e di mettere insieme e consegnare tempestivamente all’editore Vallecchi che
gliene aveva fatta richiesta
quelle carte sparse, parzialmente edite, ma anche inedite, che
costituiscono l’ancora inedito e
ponderoso IV volume dell’« Opera omnia ».
II suo ultimo tentativo letterario (un dramma di argomento valdese di cui mi parlava
quasi ogni giorno) sta a dimostrare che ormai il « vuoto creativo » imputatogli non era di
natura spirituale e ideativa, ma
la conseguenza naturale ipertensiva con la quale si conclude
quasi ogni vita di artista intensamente impegnata e strenuamente combattuta.
Enrico Jahier
Il fatto capitale per valutare
l'impatto dell’opera di Jahier
nella cultura italiana della
metà del secolo è senza alcun
dubbio il silenzio nel quale egli si è rinchiuso durante il
periodo fascista. Jahier accusa molto esplicitamente il regime di Mussolini di avergli
impedito di scrivere. È costretto, secondo quanto afferma, a restare con prudenza
nel suo modesto impiego alle
Ferrovie per essere in grado
di offrire ai suoi figli non già
sieme di idee", nota con ragione R. Ai. Jodi a proposito
della rivista di Prezzolini.
Questa morale e questo individualismo, questa attività
letteraria autobiografica, anche se si rivolgono a tutta
una generazione, non costituiscono una forza capitale capace di opporsi all’ideologia
del fascismo. Jahier ha potuto trovare in se stesso delle
forze per resistere, Helia sua
vita privata, alle sollecitazioni dei fascisti. Ha potuto ac
Protesta individuale
il lusso, bensì "quegli studi
regolari che la miseria mi aveva rifiutato”. Sceglie di essere "un uomo comune" rinunciartdo al suo "piano illusorio di libera traversata della
vita come scrittore". Di fronte a questa affermazione decisa, si può considerare ben
superficiale l’opinione di Carlo Bo secondo cui "non bisogna spiegare il silenzio di Jahier con la dittatura: se avesse avuto da dire altre cose,
Jahier l’avrebbe fatto. Non le
avrebbe pubblicate, ma le avrebbe conservate per il tem
po del ritorno”. Si può obiettare a questo che Jahier era
sorvegliato molto da vicino
dalla polizia di Mussolini e
che non gli sarebbe stato facile lavorare su dei manoscritti segreti essendo sempre
esposto ad una perquisizione
imprevista.
Questa situazione ha avuto
certamente la sua importanza, ma le ragioni del suo silenzio ci paiono essere altrove. È
la cultura stessa de "La Voce" che è qui in questione, la
sua impotenza a raggiungere
una efficacia rivoluzionaria:
"tutto resta nella sfera delle
piccole proteste individuali,
generiche e poco concludenti,
delle proposizioni che non si
organizzavano in un vero in
cettare una vita mediocre per
non collaborare. Ma questa
posizione di ritiro lascia intero il problema dell’attività letteraria. La concezione che Jahier aveva della sua attività
di scrittore, più implicita che
teorizzata, rende impossibile
il suo proseguimento nella situazione di lotta creata dal
fascismo...
L’attività letteraria è allora
nella situazione di un oggetto
chiuso, che trova la sua necessità e la sua funzione nella
sua esistenza di oggetto. Di
qui la necessità dello scambio, della comunicazione immediata con un pubblico.
Questo commercio, questa
conversazione e questo scambio, sono resi impossibili dalla censura fascista. Di colpo
Jahier cessa di scrivere... Questa esposizione di una cultura nazional-popolare diventava impraticabile sotto la dittatura di Mussolini: sarebbe
stata immediatamente captata dall’ideologia fascista. La
grandezza di Jahier è di aver
impedito questa deviazione.
Il suo silenzio significa anche
questo: la sua fedeltà ad una
esigenza fondamentale.
(Henri Giordan, Paul Claudel en Dalie, ed. Klincksieck,
Parigi 1975, p. 167 trad. redazionale).
_____________VISUALE LAICA CON OCCHIALI CATTOLICI
Maestra con bidello
Un discorso laico non riesce a spiegare il Concordato se non prende In
considerazione la differenza tra la Chiesa "Mater et magistra” e la
Chiesa comunità dei credenti
Recensendo nel suo numero
del 28 gennaio un libro del prof.
Bellini della Università di Firenze sul Concordato, il Corriere
della Sera, a firma di uno dei
suoi più autorevoli collaboratori, sottolinea gli aspetti della politica concordataria che derivano, secondo noi, da alcuni lati
della concezione ecclesiologica
cattolica. Non ci sono, e sarebbe troppo bello ci fossero, espliciti riferimenti a quella diversa
concezione che renderebbe totalmente inutile tale politica, e
forse non ve n’è neppure la conoscenza, ma il lettore «protestante » non può non lamentare
questa riduttiva mancanza di
chiarezza.
Se una Chiesa concepita come
organizzazione gerarchica investita del compito di guidare e
ammaestrare i fedeli è «naturaliter » motivata a cercare di rafforzare il suo potere di Mater et
Magistra assicurandosi attraverso i concordati i servizi di un
braccio secolare, una Chiesa
concepita come Comunità di fedeli, che trovano nel loro reciproco rapporto le ragioni e i modi per testimoniare la propria
Fede e di vivere la loro vita ecclesiastica potrebbe, dovrebbe
anzi, rinunciare ad ogni alleanza col potere, da cui nessun aiuto sostanziale può ricevere per
la sua vita comunitaria. Anche
perché è inevitabile che ogniqualvolta la Chiesa cerca l’appoggio dei potenti, finisce essa
stessa col ricambiare tale appoggio riuscendo cosi; a compromettersi con chi dovrà poi amaramente pentirsi di aver sostenuto; Hitler e Mussolini lo hanno largamente dimostrato, e si
può credere che la D.C. lo stia
dimostrando.
Ma il nostro recensore non sa
o non vuole mettere in chiaro
questo punto fondamentale e sviluppa quindi la sua recensione
con argomentazioni tratte dal
patrimonio di una cultura laica
che, applicata a questo tipo di
problemi, dimostra una sua innata insufficienza ad arrivare al
cuore della questione. Quindi
un lùcido ragionamento sui motivi storici che hanno indotto ed
inducono la Chiesa di Roma a
cercare accordi con i diversi poteri mondani assicurandosi il
massimo possibile di privilegi
(ad una «mater» è utile essere
affiancàta da un «pater» che la
affianchi ad educare a suo modo i figlioli e ad una « magistra »
fa comodo un bidello che la aiuti a tenere la disciplina fra gli
allievi più discoli); ed altrettanto lucida messa in chiaro del
come in tal modo la Chiesa finisce, in un primo tempo volutamente nella sua difesa del vacillante principio delle «investiture », in seguito meno volontariamente, ma con la stessa efficacia, per assicurarsi un minimo
di sicurezza temporale nel godimento dei privilegi ottenuti anche da regimi con i quali la inerente compromissione sarà presto causa di amare recriminazioni. Il recensore continua infine con l’esame della situazione
attuale in Italia e con la ricerca della identificazione di chi è
oggi la reale controparte di un
rinnovo del concordato, che il
recensore (ed il prof. Bellini)
identifica nel P.C.I., come presunto titolare in un futuro più
o meno prossimo di larga parte
del potere in modo non omogeneo a quello desiderato e detenuto dalla Chiesa Cattolica.
Tutto bene, tutto chiaro, tut
to in larga parte accettabile.
Ma tutto su di un piano culturale che pare insufficiente a giudicare di un fenomeno in cui
l’attore principale è ben una comunità religiosa. L’unico accenno ad una giustificazione «teologica » della scelta concordataria della Chiesa di Roma è il riferimento alla affermazione latta in altra occasione sullo stesso
Corriere da un intervistato, secondo il quale la Chiesa doveva
chiedere protezioni e privilegi
economici per disporre dei mezzi necessari a dar vita ad opere
meritorie che assicurassero la
salvezza delle « anime del purgatorio ». Era stato un cattolico ad
avanzare questa curiosa giustificazione, ma sembra a noi che la
vera ragione che non giustifica,
ma spiega, la politica concordataria stia proprio nella diversa
concezione ecclesiologica che sopra abbiamo tentato di riassumere. Se non si ba presente questo punto fondamentale si rischia, come ha rischiato il recensore (non diciamo il prof.
Bellini perché non ne abbiamo
letto il libro), di dare una interpretazione che è valida in sé, ma
è tanto riduttiva da non essere
sufficiente a spiegare le vere ragioni di tante campagne cattoliche (oltre a quella del concordato anche quelle del divorzio e
dell’aborto per esempio) la cui
radice può essere identificata solo con una visione più culturalmente approfondita della vera
natura della Chiesa di Roma.
Sono forse questi, più che
quelli sociopolitici, gli argomenti che la nostra proclamata lotta alla cultura cattolica dovrebbe tendere a mettere in chiaro.
Niso De Michelis
4
4 marzo 1977
a cura delle
unioni femminili
Perchè erotismo pornogrs
Ora la terra era corrotta davanti a Dio,
la terra era piena di violenza.
E Dio guardò alla terra
ed ecco era corrotta
perché ogni uomo aveva corrotto la sua vita sulla terra.
Genesi 6, 11-12.
Discorrere di sessualità, pornografìa, violenza nell’educazione e nella
vita, ci ha portato a fare delle riflessioni di cui abbiamo desiderato far
parte a quelle lettrici che si sentono coinvolte in questo settore in cui
l’etica cristiana è oggi alle prese con una situazione particolarmente scatenata. Riportiamo alcuni pareri da vari punti di vista, dopo esserci chieste: “e qual è l’atteggiamento del credente di fronte a questo fenomeno?”
Il sesso nella Bibbia
POI ET VIE ha pubblicato, nell’ottobre 1975, uno studio di Alphonse Maillot che sunteggeremo
a grandi tratti.
Israele ha profanato il sesso. È
raffermazione centrale e massiccia
dell'analisi biblica condotta dal pastore Maillot. Egli dà un’occhiata
al mondo dell’antico Vicino Oriente, quel mondo ambiente pagano in
mezzo a cui si trova Israele e scopre nei racconti di cananei, fenici,
egiziani, babilonesi, assiri, che le
relazioni sessuali delle loro infinite
divinità sono addirittura folli !
Mangiare e andare a letto sono le
loro principali attività ed è facile
pensare che quelle orgie paradisiache abbiano dato origine al pensiero che la sessualità è divina e religiosa.
In mezzo a quei popoli che adorano Tammuz, Ischtar,' Astarte e
Baal, c’è Israele e il suo Dio : un
Dio rivoluzionario, asessuale e che
non fa banchetti pantagruelici an
che sé la sessualità e la fame umana non gli sono indifferenti.
Non si sa se Israele abbia sempre capito a fondo il messaggio di
cui era portatore. Lo aveva capito
per es. quando chiedeva un re « come lo hanno le altre nazioni» (I
Sam. 8)? In quelle nazioni il re era
spesso di natura divina, generato
dagli dei nel momento del concepimento terreno. Ma Samuele lotta perché sa che Israele volendo
essere come le altre nazioni respinge il Dio che non genera im re. Poi
le storie di Saul, il pazzo, di Davide e Batsheba, il senso critico che
Israele ha verso di loro, ridimensionano tutto; i re biblici non sono
esseri celesti e chiaramente la sessualità diventa per Israele faccenda umana, anche se attorno si celebravano miti che spesso erano
miti di fecondità. La pratica, nel
mito, vuole che non si sia solo spettatori, ma si partecipi per aiutare
la divinità. Perciò siacerdoti e sa
Il tipo d'eroe
del ragazzo d'oggi
Rapine, scippi, omicidi, sequestri
di persona sono quotidianamente
sotto i nostri occhi.
Ai fini dell’educcizione queste sono però le forme di violenza che
più facilmente possiamo tenere sotto controllo, perché generano sgomento e riprovazione generale. E
forse più da temere per i bambini
— sempre agli effetti educativi —
la violenza quando appare sugli
schermi come prerogativa degli
eroi ammirati dai ragazzi; quando
si nasconde nelle pagine dei loro
giomalini; quando si adagia sugli
scaffali luccicanti dei negozi di giocattoli. È più da temere, perché
avallata da professionisti stimati,
da persone degne di fiducia come
genitori, registi, scrittori e venditori.
• La condotta aggressiva dell’uomo
primitivo, che fu necessaria per
la sopravvivenza, è un istinto o
una abitudine mentale, acquisita
nel tempo per necessità?
• Può venire modificata dall’educazione?
Questi due interrogativi sono stati posti in discussione in una conferenza deirUNESCO, tenuta nel
1970 da esperti di 22 paesi sul te
ma « Violenza e informazione ». Tra
i problemi emersi da questo colloquio è interessante quello che riguarda l’informazione e che si può
riassumere così: i racconti, le immagini di episodi violenti, generano altra violenza. L’appello è rivolto a chi ha delle responsabilità professionali; ai genitori si chiede una
scelta responsabile delle letture e
degli spettacoli per i propri figli.
Ma in pratica cosa si può fare
quando un bimbo di sei anni assiste estasiato alle gesta di un Sandokan, personaggio prestigioso che
infilza con disinvoltura la gente, di
un Maximilian Schell che in « Topkapi » ruba scientificamente i gioielli del museo e a cui vanno tutte le
simpatie della platea, di un cowboy
dalla pistola facile che ammazza
per altruismo?
Certo non ci azzarderemo a chiudere la televisione, a proibire un
giornalino o un film: non bisogna
reprimerli!... Forse si può parlare
ai bambini, ai ragazzi, discutere
con loro le cose viste. Forse ci è
permessa, anche dalla più avanzata psicologia, la trasmissione orale
di una tradizione etica.
Inda Ade
A. Dürer
Cristo davanti a
Hanna (dalla Piccola Passione)
cerdotesse si accoppiavano, la prostituzione sacra era diventata una
istituzione, la sessualità appariva
la via per raggiungere la divinità.
Invece nel culto di Israele la sessualità è assente. Anzi l’Antico Testamento si scaglia contro la sessualità religiosa, non moralisticamente, ma perché si tratta di una
sessualità ibrida, che mescola cielo e terra. L’A.T. non ammette l’ibrido, sdivinizza la sessualità, la
profana. D’altra parte non la svaluta affatto. I grandi miti dei primi
capitoli, della Genesi sono la verifica di come Israele ha capito i
rapporti sessuali.
Genesi 1 (posteriore di 4 secoli
a Gen. 2) ricorda che l’uomo è subito creato coppia: maschio e femmina. Non c’è più, come nel cap. 2,
l’idea di un sesso forte completato
più tardi da im sesso secondario.
Vi sono subito i due sessi paralleli
e complementari. Tra l’altro maschio, Zàkàr, in ebraico significa
«membro virile» e Naqévàh, femmina, colei che si perfora. La coppia è « a immagine di Dio » nel senso che, a livello d’uomo, la coppia
sarà quella che farà ciò che Dio
aveva già fatto: creare degli esseri,
operare. Adamo lo esprime nel suo
canto d’amore:
«L’uomo lascerà suo padre e
sua madre
Si unirà alla sua' moglie
I due saranno una stessa carne ».
La sessualizzazione dunque fa la
sua comparsa nelTA.T. immediatamente con la creazione (e non è,
come hanno pensato i Padri della
chiesa, un fenomeno posteriore alla caduta).
Genesi 2 riferisce invece le perturbazioni Che, con la caduta, si sono create nella sessualità come in
ogni altro rapporto umano.
Avendo voluto essere come Dio,
Adamo ed Èva fanno ora una fatica immensa a sopportarsi quali sono, uomo e donna. Non sopportano il loro sesso, la loro umanità, si
nascondono. Sono perturbate le relazioni umane, tanto più il rapporto sessuale die è la relazione per
eccellenza. I vestiti — il pudore —
nasconderanno d’ora in poi quello
che l’essere umano è veramente.
Questi miti grandiosi demitologizzano la situazione, riportano sulla
terra ciò che appartiene all’uomo.
In questo senso profanano la sessualità.
La stessa cosa fa il Cantico dei
Cantici (« Il più bello dei cantici »)
che demitizza, liberalizza, umaniz-,
za l’amore, lo svincola dai miti della fecondità e dai doveri di procreazione e mette in discussione
gli usi dell’epoca che impedivano
all’amore di esprimersi liberamente.
Bisogna ricordare che per l’A.T.
Dio è prima di tutto il Dio dell’Alleanza, il Dio che ama. Solo dopo
è il Dio che crea. Se nella creazione qualche cosa aliena o opprime,
bisogna farla saltare. Certo, le leggi naturali non devono essere troppo sovvertite (cfr. oggi!) ma quando rischiano di diventare una bardatura soffocante, vanno rivedute.
Stranamente negli Evangeli il problema del sesso è assente. Il punto forse più polemico è la nascita
verginale. In essa però non è respinto il sesso, ma l’uomo in quanto potrebbe credersi autore o coautore della salvezza. Solo verso la
fine del I secolo la chiesa ha cominciato a valorizzare la verginità
in sé e a dare quindi im giudizio
negativo della sessualità.
L’apostolo Paolo affronta il problema sessuale non da un punto
di vista moralista, ma dal pimto di
vista della fede : in I Cor. 6,12 dice
che la relazione sessuale con la prostituta (la porné), che in genere
era una schiava al servizio del tempio di Venere, rompe la propria
unità al corpo di Cristo, perché non
si può appartenere a due mondi
così, opposti.
In I Cor. 7 riprende quei cristiani che vorrebbero invece evitare la
sessualità, sposandosi, ma senza
rompere i voti di verginità che avevano fatto e che l’apostolo trova
assurdi.
Invece in Ro. 1,18 formula un
grave giudizio sulla omosessualità.
Gli ebrei l’avevano in orrore. Non
così i Greci, e Paolo probabilmente denuncia quelle religioni e quelle filosofie che per cercare Dio partono dalla natura e, nell’entusiasmo
per la creazione e per la creatura,
arrivano fino ad adorare degli animali o a fare azioni contro natura.
L’omosessualità, insieme con l’adorazione degli animali o idolatria, è
una deviazione e una colpa. Per
questo non è senza perdono.
Giovani e turpiloquio
Oggi si parla molto del linguaggio dei giovani nella scuola, perché
proprio nella scuola il fenomeno è più sentito. Oltre che sentito è anche
visibile nelle scritte che decorano i muri e le varie suppellettili scolastiche come banchi, sedie, lavagne, pannelli. Le frasi sovente sono illustrate
da disegni che, il più delle volte, fanno riferimento al sesso. Noi insegnanti siamo ormai abituati a udire frasi di contenuto del tutto amorale
e a vedere disegni che potremmo definire per lo meno pornografici. Qualche volta il Comune stanzia dei fondi per ripulire almeno i muri, come
avviene attualmente all’I.T.I.S. « E. Fermi » di Roma nel quale insegno.
Ma il problema rimane perché le scritte riappaiono ancora più brillanti
sull’abbondante e decorosa imbiancatura.
Mi sembra che non si possa dare un giudizio di questo vistoso fenomeno del linguaggio dei giovani, senza aver prima affrontato la problematica che gli sta dietro. Anzi, potremmo osservare che il più delle volte
ciò che si vede o ciò che si sente non è altro che l’effetto di una causa:
nel nostro caso, il disgregarsi di una società che si reggeva su modelli e
miti che oggi non hanno più alcuna credibilità: la famiglia, la scuola,
l’economia e, in genere, ogni struttura sociale della nostra epoca. E le .
strutture saltano perché il mondo evolve malgrado coloro che vorrebbero arrestare il corso della storia: il modello di famiglia dell’epoca dei
Patriarchi non è più il nostro di oggi e il nostro modello odierno di famiglia non sarà più quello di domani. Fermarsi e credere che quello che
si è raggiunto è il meglio, sia rispetto al passato che all'avvenire, vuol
dire aver perso il senso della storia, vuol dire lasciar entrare in decomposizione tutto ciò di cui si arresta la crescita o l’evoluzione. Il linguaggio dei giovani è, forse, soltanto un segno di questa decomposizione e
dovrebbe farci riflettere piuttosto che scandalizzarci.
La componente della nostra società che più sente la necessità di un
mutamento di strutture e l’ansia di raggiungere le cose nuove cui aspira
è certamente la componente dei giovani; ed è proprio per questo che nel
1968 i giovani si sono rivoltati contro un mondo che nascondeva loro il
vero volto della giustizia, dell’amore, della cultura.
A scuola i giovani hanno chiesto una cultura alternativa, ma hanno
trovato buona parte di noi insegnanti impreparati a dare una risposta
esauriente: non ci rimaneva che cercare insieme a loro un nuovo metodo di studio, dei contenuti nuovi. Persino nel campo della fisica, una materia che negli ultimi 50 anni ha mutato l’immagine del mondo, non si è
riusciti a dare alle moderne teorie uno spazio sufficiente nei programmi
scolastici. Se si accenna alla fisica moderna lo si fa in modo acritico,
senza spiegare perché ima teoria nuova stenti ad affermarsi e venga accettata solo nel momento in cui se ne scopre la utilità per motivi tecnici o
militari.
Il discorso vale per altri campi di conoscenza e i giovani si sono
espressi contro questa cultura manipolata dall’istituzione e per una cultura libera di esprimersi. Ma Seveso e tutti gli altri esempi insegnano
che la cultura non è libera, ma serva di un potere sordo a qualsiasi avvertimento.
Non dobbiamo quindi stupirci se oggi il linguaggio dei giovani denuncia un vuoto culturale e di costume che è poi quello di coloro che
non hanno voluto o saputo dare una risposta al momento giusto alle richieste di verità, di giustizia, di conoscenza che venivano loro rivolte.
Questo linguaggio, di un realismo crudele, rivela che si sono persi tutti
i punti di riferimento ; tanto quelli che ci stanno alle spalle quanto quelli che dovremmo avere dinanzi a noi.
Abbiamo perso il senso della vita, ma quale senso può avere la vita
soprattutto per dei giovani emarginati dal mondo produttivo e senza prospettive per il futuro?
Noi credenti dovremmo sapere che quando i nostri valori vengono
profanati, vuol dire che abbiamo sbagliato direzione, che certament
qualche cosa non va nel nostro modo di vita e che la responsabilità è
della comunità intera e non soltanto di alcuni, perché « quando un mem
bro soffre tutti i membri soffrono con lui». Non possiamo sottrarci a
questo momento di riflessione, perché viviamo nel mondo anche se non
gli dobbiamo appartenere.
Giovanna Pons
Mercificazione della donna
Viviamo in una società che i grandi mezzi di comunicazione definisconc
come quella della « scoperta del sesso » e della « liberazione sessuale », fe
nomeni che si tende a presentare come conquiste rispetto alla « tradizio
naie » visione borghese che sarebbe di per sé improntata alla repressioni
sessuale.
Ma è valido questo giudizio?
Storicamente è difficilmente sostenibile perché la concezione borghese
non ha mai avuto, per principio, un atteggiamento negativo nei confrc àti
del sesso. Ha invece percorso un cammino che va da un iniziale perm ssivismo sul piano privato, alla tolleranza di fenomeni come l’adulterio, l’omosessualità, la pornografia, per giungere, infine, alla situazione attuale dove
il sesso rappresenta un « bene di consumo ». Del resto, tutto ciò rientra perfettamente nella visione del mondo e della società propria della borghesia.
Infatti i princìpi di ogni suo comportamento sono il profitto e il dominio,
e, dunque, la mercificazione di ogni valore. Così è avvenuto sin dagli albori
del capitalismo. Con il progressivo svilupparsi della società moderna questa
logica si è via via estesa a ogni ambito della vita; nella fabbrica, dove l’operaio viene mercificato in ossequio ai princìpi del profitto e del potere
aziendali, che, tra l’altro, rifiutano qualsiasi messa in discussione; alla società, dove l’attuale sfruttamento del sesso mercifica la donna nel suo corpo, dal quale si trae profitto — all’interno di un sistema che, ugualmente,
non tollera critiche. Esso infatti cerca di presentare il sesso come un fatto
metastorico e dunque non discutibile, come avviene in larga misura nella
psicanalisi moderna. In questa logica di mercificazione il sesso è perciò
diventato un’industria come le altre, tanto che esiste un « mercato del sesso » che assicura un profitto a ogni imprenditore che vi investe il suo denaro.
Ma più delle altre industrie questa ha una funzione fortemente ideologica: suscitare e sollecitare nelle masse comportamenti conformisti ed evasivi dai loro problemi reali, funzionali dunque alle esigenze della classe
dominante, nel tentativo di incanalare il loro potenziale rivoluzionario in
una privatizzazione piccolo-borghese.
In conclusione, se è giusto denunciare il carattere mistificante di tanta
parte del silenzio delle epoche passate su questo argomento, è d’altro canto
necessario essere ben coscienti del significato reale della attuale situazione
di pansessualismo.
Ai credenti che vivono in questa società si impone poi, con urgenza, il
dovere di agire in una etica di responsabilità e di impegno.
(riduzione di Berta Subilìa)
Alessandra Ippoliti
5
4 marzo 1977
ifia turpiloquio violenza?
UN LIBRO DI CUI SI PARLA
In Svezia
Porci con le ali
A. Dürer
Adamo ed Èva:
la caduta (dalla
Piccola Passione)
Bambini^repressi
i
■ Linguaggio osceno, giornalini e film pornografici, immagini e parole di
^rgomento sessuale scritte sui muri, perversioni: tutto questo ci scandalizza molto, ci dà fastidio. Ma non serve condannare e giudicare immorale
■questo sesso che ha invaso tutto e dire che occorrerebbe indirizzare altrove gli interessi dei giovani.
I Bisogna capire perché molti giovani hanno concentrato il loro interesse sul sesso e lo vivono in modo tormentato e conflittuale.
Jn questo non possiamo dimenticare che Freud ha parlato di ’’istinti"
di "libido”, di "sessualità” nel bambino e ogni genitore dovrebbe fare un
esame del proprio comportamento nei confronti di questa che è ormai unanimamente considerata una realtà.
Quante volte abbiamo represso il bambino nella naturale ricerca del
piacere fìsico: gli abbiamo detto che non sta bene succhiarsi il pollice (che
invece a lui piace tanto!) gli abbiamo dato uno scappellotto sulla mano
quando scopriva_i suoi organi genitali; gli abbiamo proibito di mettere
tutto in bocca, di trattenere la popò e di regalarcela quando a lui piaceva.
Quante volte abbiamo pensato che nostro figlio fosse troppo piccolo per
raccontargli come lui è « entrato » e si è formato nella pancia della mamma, abbiamo nascosto dietro all’alibi che tanto lui non aveva interesse per
questi argomenti, la nostra paura di affrontarli. Spesso noi genitori abbiamo evitato di esprimere davanti al bambino la reciproca attrazione fisica
nascondendogli la vista di baci e carezze, come delle cose vergognose. E ci
siamo chiesti quanta parte di personalità sacrifichiamo alla bambina quando, sulla base di un presunto «istinto femminile» la invitiamo fin da piccolissima a giocare tranquilla, a fare la mammina, ad aiutare la mamma in
casa, ad evitare giochi « da maschiaccio »? E quante esigenze e bisogni conculchiamo nel maschietto quando lo costringiamo a giocare con le cose
«da maschio » e ad assumere atteggiamenti che presumiamo «maschili»?
Quanti istinti repressi, quanta creatività avvilita, quanti bisogni puniti! Ed ecco che da questa educazione sessuale negativa e repressiva emerge un ragazzo che considera il corpo come una cosa di cui vergognarsi, i
propri bisogni di piacere come istinti a cui non bisogna indulgere, un bambino che non fa domande sul sesso ai genitori, perché sa di metterli in imbarazzo, che sa che i genitori hanno dei rapporti fisici, ma li immagina violenti, sa che la donna è un essere inferiore e subordinato, e che quindi anche nel rapporto sessuale è in posizione subordinata, un oggetto, e ne ha
la conferma nei messaggi continuamente trasmessi dal cinema, dalla reclame ecc.
A questo punto non possiamo più meravigliarci se i ragazzi ricerchino
in modo distorto quel piacere che gli è stato negato, quel sesso che gli è
stato presentato come sporco, misterioso e affascinante insieme, quelle
sensazioni che sono riservate ai grandi e sono proibite.
Chiediamoci piuttosto perché noi siamo così repressi, perché abbiamo
bisogno di trasmettere^ ai piccoli una visione non naturale del sesso, perché abbiamo tanti tabù, e troveremo forse la risposta al « perché» di cui si
accenna all’inizio. Uno dei grossi meriti della psicanalisi è di aver scoperto che, se reprimiamo un istinto naturale, questo riemerge in forma
patologica in altri modi e direzioni.
Silvia Miegge
UN’ESPERIENZA AL GOULD
Il primo giornaletto pornografico
Che i nostri ragazzi, i vostri figli, si imbattano prima o poi nella
infinita varietà di sottocultura fumettistica che il mercato editoriale continuamente sforna, è, crediamo, fatto scontato. Un fumetto di ba,ssa fattura grafica, mistifica amore e violenza prendendo
in prestito dal De Sade volgarizzato e dalle bugie più sfrontate
intorno al rapporto dei sessi.
Noi sappiamo che questo è senz’altro finalizzato a scopi precisi, di disorientamento ideale e morale. Ma i nostri ragazzi non
lo sanno. Basta semplicemente il divieto della letttura? È senz’altro inutile se è l’unico. Sono tanti gli spazi al di fuori della portata dei genitori e degli educatori dove la stampa « eroticomaniaca »
ha una diffusione.
Un esempio. La scoperta in convitto di un campione della più
stupida bassa specie. Abbiamo fatto subito una riunione con i ragazzi e discusso intorno a quella inutile presenza. Ma questo è il
punto. Non basta biasimare e condannare quella stampa cosi, stupida e bugiarda, sarà senz’altro ancora letta; bisogna combattere
quei modelli di rapporti sessuali sbagliati con una chiara discussione del rapporto di amore fra gli uomini, confrontato da approfondimenti scientifici.
Sono discorsi che necessitano tempi lunghi. Noi però li stiamo
percorrendo.
E il fumetto è finito nel fuoco.
(da «Il Gouldino ») Maddalena e Giuseppe
Credo che su questo libro siano
state scritte molte cose anche dotte, quelle che seguono sono solo le
impressioni di una qualsiasi credente di una nostra qualsiasi cO'
munità. Non ho letto il libro per
ché è di moda, ma perché sono anche madre e insegnante e i ragazzi
da 12 anni in su l’hanno letto quasi
tutti.
È stata un’esperienza deludente,
non tanto per il linguaggio, anche se
più di 170 pagine di parolacce sono noiose, ma per i problemi posti,
per le situazioni, per i personaggi
e soprattutto per quello che manca,
che si cerca di pagina in pagina
superando lo « stile », ma che non
si trova mai. Quello che non si trova mai è la realtà della vita dei
giovani di oggi. Rocco e Antonia
sono due ragazzi che vivono in un
quadro di maniera che mi ha fatto
pensare a romanzi ottocenteschi
scritti per giovani, immaginando
le loro esperienze, nei quali si sa
alla prima pagina quello che è scritto nell’ultima.
Se leggete le prime pagine, quello
che segue è perfino logico: c’è una
madre che non vale niente, dei genitori che potrebbero sparire anche se sono di sinistra, soprattutto
perché sono di sinistra, un amico
« diverso », la manifestazione politica, le esperienze particolari e via
via. Chiudete il libro alla fine, leggetevi il «Dialogo a posteriori» (si
legge bene, è anche riposante, dopo) e proviamo a fare un bilancio.
Proviamo a farlo senza la stizza
che assale pensando al tempo perso... C’è uno squallore enorme,
sembra quasi che gli autori abbiano detto: mettiamoci tutto quello
che il mercato fornisce in fatto di
porno-lingua e cosi facciamo un libro che porterà alla ribalta il problema della sessualità degli adolescenti. Perché bisogna lottare contro la sessualità come è imposta,
contro il senso di colpa, la paura
dell’atto sessuale. E mettiamoci anche un pizzico (molto scarso, siamo sinceri) di politica.
Tutto questo disturba: mi disturba come credente. Non c’è preoccupazione vera, partecipazione vissuta ai drammi degli altri. È ovvio
che mi disturba come madre e come donna : troppo facile descrivere cos’i i genitori, trinciare giudizi,
come se si potessero caricare, i po
veretti, di tutte le colpe e incomprensioni ed è molto significativo
che sia Antonia a subire, in senso
materiale e nel senso peggiore una
esperienza che non può proprio definirsi esaltante.
Disturba soprattutto veder presentati i giovani in questo modo,
preoccupati unicamente di correre
a casa dell’uno o dell’altra per farsi i loro affari. Può anche darsi
che alcuni si riconoscano in Rocco
e Antonia, che adottino il loro linguaggio (il guaio è che Tadottano
anche gli adulti per adeguarsi) come un esperanto degli anni '70, ma
gli altri? Del resto, parliamoci chiaro, non sono stati degli adolescenti e dei giovanissimi a scrivere il
libro (e a guadagnarci!), come non
saranno dei giovanissimi a trarre
profitto del film che si sta per girare né scriveranno la sceneggiatura, meri esecutori di un’operazione economica fine a sé stessa.
Però gli autori hanno deciso che
questa è un’esperienza (liberante)
tipica dei giovani, ché il linguaggio
è quello dei giovani, che i problemi di Rocco e Antonia sono quelli
dei giovani. Porse qualcuno penserà che fra i « giovani » ci sono anche i disoccupati, quelli che non
hano casa per dormire (altro che
esperimenti sessuali!), che hanno
fame, che fanno violenza o ne subiscono, ma altri, prendendo in
mano il libro diranno: vedete questi giovani, figli della sinistra!
È certo che su fenomeni come
l’apparire di questo volume, si possono fare molti discorsi e molti infatti ne sono stati fatti fino al sequestro del libro, per lo meno ridicolo e del tutto controproducente. Forse si troverà superfluo e anche disdicevole parlarne su una
pagina dell’U'.F., ma sono convinta
che non parlarne, soprattutto quando il libro viene presentato come
« rifiessioné » sulla coppia, potrébbe essere uno sbaglio. Rendersi conto degli aspetti della realtà
che ci circonda non significa condividerli, ma, se mai, pensare che
in nessun caso i nostri simili sono
porci (anche se con le ali).
Maddalena Costabel
Porci con le Ali, Autori Rocco e
Antonia, Edizioni Savelli, nella
serie il Parie e le Rose, 1976
Roma.
Dal giornalaio
Ho domandato a vari giornalai
di Torino una statistica delle loro
vendite pornografiche. Ho diviso la
mia inchiesta su due zone: centro
e periferia.
Gli edicolanti del centro sono stati concordi nel dichiarare una vendita del 30-35% di giornali pomografici rispetto agli altri rotocalchi,
ossia su 100 rotocalchi 35 sono materiale pornografico. Gli acquirenti
variano molto: gente di passaggio,
viaggiatori, uomini di mezza età.
I giovani sono una minoranza.
La situazione cambia in periferia:
le vendite aumentano sensibilmente nelle zone industriali dove le riviste pornografiche vengono comperate indifferentemente da uomini
e donne (tuttavia con una percentuale maggiore di donne) che lavorano in fabbrica e vengono guardate e commentate da entrambi i sessi insieme. I giovani di periferia
comprano molto e vanno via col
loro giornale bene in vista, senza
complessi!
Allontanandoci dalle zone industriali, ci troviamo di fronte al fenomeno della compera dissimulata. L’acquirente si fornisce di queste pubblicazioni non dal suo abituale giornalaio, ma da uno che
non lo conosce e spesso pretende
che la rivista gli venga incartata.
Quanto alla classe dei compratori i giornalai sono stati tutti d’accordo nel dirmi che compera il
nrofessionista come l’operaio e l’impiegato.
Ho chiesto a vari giornalai romani a che punto è la vendita dei
giomalini per ragazzi. Di gran lun
« Una delle lotte ingaggiate dai
gruppi femminili scandinavi è quella contro la pornografia e la strumentalizzazione delTimmagine femminile ad uso commerciale. Questa
continua offesa fatta alla dignità
della donna, viene rintuzzata anche
in Francia, da un apposito comitato che agisce soprattutto a livello
teorico: invece le femministe svedesi sono passate all’azione. In ima
sola notte, a Stoccolma, circa 80
donne, divise in piccoli commandos ricoprirono tutti i manifesti
degli spettacoli pornografici con
scritte e simboli femministi. Intervenne la polizia, che procedè ad alcuni arresti ed anche i « gorilla »
dei club che pestarono diverse ragazze: ma i giornali dettero molto
spazio all’avvenimento, la palla rimbalzò alla radio e alla tv e in breve
tutta la Svezia s’interessò al problema, organizzando dibattiti e discussioni. Questo non vuol dire che
ora la pornografia sia scomparsa,
poiché tutto ciò che nasconde grosse speculazioni commerciali e provoca grandi guadagni è duro a morire; ma almeno si sa che rappresenta un’umiliazione per l’intero
sesso femminile, e quindi va combattuta ».
Gabriella Parca
in «L’avventurosa storia del
femminismo ».
In Francia
Il Sinodo 1977 della Chiesa riformata di Francia discuterà sul tema: Etica sessuale e familiare. Tra
il materiale preparatorio vi è lo
studio del pastore Maillot che abbiamo riassunto e dei contributi
del prof. A .Dumas, di J. Maury
che dice tra l’altro : « Dopo un gran
silenzio sulla sessualità durato secoli, oggi ne riscontriamo l’abuso
che porta alla pornografìa. Nell’opinione pubblica c’è ancora molta
confusione e se da un lato la sessualità resta tabù, dall’altro l’erotismo crescente fa st che molti si
chiedano: perché parlarne quando
non si fa altro che esserne aggrediti? Questo è il segno che il problema è generale per gli uomini e le
donne di oggi e noi dobbiamo leggere l’Evangelo con loro, perché
l’Evangelo parla all’uomo che trascina i suoi interrogativi anche se
sono aberranti...».
(raccolto da
Marie France Coisson)
ga il più letto è Topolino, veramente universale perché lo leggono da
5 a 15 anni... ed oltre! C’è anche il
Corriere dei piccoli che va parecchio pur se meno di prima. A parte questi e Tex, Intrepido, Braccio
di ferro che sono western o avventurosi, gli altri sono tutti giomalini di violenza. Quelli di violenza
esposti sono i meno peggio. I peggiori sono tenuti sottobanco, sono
porno-violenti e sono comperati dai
15 anni in su. Di alternativo non
c’è molto. Ma sarebbe richiesto?
Diabolik, nato poco più di 10 anni fa, ha sovvertito l’ordine dei
giomalini. Negli avventurosi si aveva sì la violenza, ma l’eroe era il
buono che alla fine trionfava. Con
Diabolik si ebbe l’inverso: l’eroe
del male trionfa. Lo seguirono altri giornaletti, per es. Satanik. Si
aggiunse poi la componente erotica che diventa in seguito pornografia. Avviene che li comprino i genitori per i figli.
Gli edicolanti, forse per il loro
quotidiano rapporto con la popolazione attiva, sono persone pratiche
e al corrente. Uno di essi esaltava
il valore dell’educazione, uno ha
perfino auspicato un maggior « puritanesimo ». Per qualcuno quella
dei giomalini è la realtà della vita
ed è inutile nasconderla ai ragazzi, meglio che la affrontino e se saranno forti sapranno dqminarla.
La più decisa è stata una giomalaia di periferia che mi ha detto:
« Io i giomalini più violenti non li
tengo: per principio! ».
(Inchieste condotte
da Mimma e Paola)
LIBRI
R. De Pury, Liberi in due. Uomo e donna
di fronte alVEvangelo. Claudiana, Attualità protestante, L. 200.
E’ una serie di conferenze in cui il pastore francese riflette su matrimonio, vita
sessuale, divorzio alla luce della libertà
della scelta che si rinnova nell amore.
N. Sentllhes, Ueducazione sessuale, Mondadori, L. 1.300.
Un discorso molto preciso, facile, completo, fatto dall’autrice che è medico e
insegnante, utile per i giovani e per i genitori impreparati a spiegare ai loro figli.
— Sesso e moralità, Paìdeìa, L. 1.000.
Un rapporto del Consiglio Britannico
delle Chiese sulle varie posizioni morali
attuali e sul significato del sesso alla luce
delle conoscenze moderne, a confronto con
la visuale cristiana.
U. Beer, Amore o erotismo?, Claudiana,
L. 700.
Dieci arringhe in difesa deH’amore.
V. Benecchi, Perché la pornografia, Claudiana, Attualità protestante, L. 200.
C. Tron. Il nuovo costume sessuale, Claudiana, Attualità protestante, L. 300. In
appendice, cenni di bibliografìa.
R. Mehl, Société et amour. Labor et
Fides.
6
4 marzo 1977
cronaca delle valli
PUBBLICO E PRIVATO NELL’ASSISTENZA
I CIRCUITO
Puntare sulle persone
non sulle istituzioni
La Chiesa deve creare nuove strutture di servizio o formare nuovi servitori? Essere presenti non per gestire ma per vivere una vocazione
Convegno monitori
Vorrei in queste righe sollevare un problema che ritengo
importante e di cui è stato fatto
solamente cenno, quasi di scorcio direi, al termine dell'articolo « Intervista su im’esperienza
di controscuola » (vedi La Luce
del 14-1-1977).
In esso è riferita una conversazione fra tre maestri ed un pastore della valle Germanasca a
proposito degli interventi pubblicati dalla Luce sul libro « Taculot »; quasi al termine di questa, mentre un interlocutore afferma che « quando le scuole di
quartiere sono passate allo Stato la chiesa non si è più preoccupata di fornire dei maestri che
continuassero nella scuola di
stato il lavoro che era stato fatto nella scuola di quartiere »,
l’altro interlocutore risponde con
una frase che suona così: « se
capisco bene, allora per la scuola è avvenuto quello che rischia
di avvenire per tutti gh istituti
il giorno in cui avvenisse un passaggio allo stato; la chiesa si
troverebbe del tutto impreparata. Si tratta di mancanza di previsione: bisogna saper preparare vocazionalmente le persone
per quei posti ».
L’affermazione è grave e merita di non essere lasciata cadere; è infondata o suona invece
come un campanello di allarme
per la chiesa?
Altre volte, già nel passato, siamo arrivati, come chiesa, dopo
gli altri, in ritardo perché non
sufficientemente attenti all’ascolto delle difficoltà, delle angoscie
e delle crescite del nostro tempo. Siamo arrivati tardi e per
di più impreparati, nell’impossibilità di dare ciò che pure la conoscenza dell’Evangelo di Cristo
ci avrebbe permesso di dare.
Diceva il past. Taccia l’anno
scorso in una conversazione ad
Ivrea in merito ai nostri istituti che, nel passato, la Chiesa valdese aveva saputo offrire soprattutto alle Valli delle strutture
valide nel campo assistenziale e
che adesso era forse giunto il
tempo di offrire delle persone
valide in quel campo (non già
che non ve ne siano state anche
nel passato, per carità!) specialmente delle persone preparate
ad entrare nelle nuove strutture
del nostro tempo per esserne il
lievito.
Credo che sia questo il discorso che dobbiamo fare oggi nelle
nostre comunità, fra i nostri giovani, nelle unioni femminili; prima sarà un discorso informativo, di sensibilizzazione, ma dovrà presto mutarsi in un operare^ un prepararsi veramente ad
un compito importante. La nostra chiesa non sarà allora colta
di sorpresa, senza strumenti, ma
avremo degli operatori speciali
pronti ad entrare nelle nuove
forme di servizi sociali, non per
possederli o per gestirli, ma per
servire in essi ed anche per lottare onde certi valori di uguaglianza, di libertà, di rispetto
della persona umana siano salvaguardati.
Siamo in un momento in cui
si fa un gran parlare delle nuove strutture dei servizi sociali;
ma c’è, oltre che nel pubblico,
anche fra gli stessi operatori ed
enti sociali, tanta confusione,
tanta incertezza (senza contare
anche in taluni casi il desiderio
di lasciare il più possibile le cose come stanno, salvo una facciata diversa) che è più che necessario un apporto di forze sa
ne, preparate ed anche disponibili, che sappiano affrontare in
modo adeguato questa nuova
realtà.
L’Evangelo si predica in tanti
modi per le strade del mondo
dove cammina il nostro fratello
che ha bisogno di essere amato;
questo aiuto pratico dev’essere
affiancato all’annunzio se si vuole che quest’ultimo sia ancora
credibile nel nostro tempo già
saturo di parole.
Forse in questo momento la
nostra chiesa, come dicono i firmatari dell’articolo a cui mi sono riferita, è del tutto impreparata a questo compito. Forse invece si sta già preparando (vedi
il lavoro che si compie in Val
Pellice) ed ha solo bisogno d’essere sempre più stimolata ad adeguare il suo passo alle necessità urgenti del nostro tempo.
Iddio non lesina, i suoi doni
neanche oggi e la chiesa deve discernerli, incoraggiarli, aiutarli
quando è necessario, farli crescere onde maturino e portino
frutti.
Ho l’impressione d’aver buttato un piccolo sasso in uno stagno: chissà se riuscirà a smuovere un po’ le acque?
Elsa Rostan
Domenica 27/2 si sono riuniti a
Torre Pellice i monitori del I
Circuito: erano presenti i monitori di Bobbio Pellice, Torre Pellice, Angrogna, Luserna San Giovanni e Rorà. Dopo una breve introduzione ed una preghiera è
iniziata la discussione sugli argomenti all’ordine del giorno. Da
essa è emerso il valore che ha il
canto nelle scuole domenicali: i
bambini imparano facilmente se
lè melodie sono interessanti; il
momento del canto è importante
perché attivizza. Bisogna perciò
trovare il modo di incrementare
questo amore per il canto cercando inni e melodie adatti ai
bambini. Purtroppo nel nuovo
innario non sono numerosi gli
inni adatti; un altro ostacolo sono le parole talvolta difficili, soprattutto per i più piccoli.
I monitori hanno deciso di fissare degli incontri fra le varie
scuole domenicali del circuito
che si terranno in luoghi da
destinarsi, il 15 o 22 maggio, con
i seguenti abbinamenti: Bobbio
Pellice e Luserna San Giovanni,
Torre Pellice centro con Angrogna e Rorà, Torre Pellice (Appiotti e Coppieri) e Villar Pellice.
Poiché è risultato positivo imparare gli stessi inni si è deciso
di scegliere per tali incontri i seguenti inni: n. 17 e n. 27 dell’innario e il canto: « Te voglio seguir » pubblicato sul n. 3 della
rivista «La scuola domenicale».
II 16 aprile avrà luogo a Torre
Pe’lice un incontro sul mate
III CIRCUITO
Indagine conoscitiva
sullo spopolamento
Abbiamo già rilevato che molti
hanno perso fiducia nelle indagini. Si fanno dei questionari poi
sembra che tutto svanisca nel
nulla. Gli Enti Locali alle prese
con pressanti problemi giornalieri finiscono col depositare nei
cassetti i risultati e con questi
le speranze che a volte la gente
ha riposto e non vi è chi sia materialmente in grado di rispolverarle ed aggiornale.
Di conseguenza se nell’ambito
del 3° circuito ci prefiggiamo di
raccogliere dei nuovi dati, que
PEROSA ARGENTINA
Quali prospettive
per il comprensorio?
Un gruppetto di amministratori e di membri delle commissioni comunali della zona ha avuto a Perosa tm incontro con
il senatore Giovanni Ayassot, capo gruppo del PCI nel comprensorio di Pinerolo.
Gli argomenti discussi nell’incontro sono stati appunto le
prospettive del comprensorio di
Pinerolo e la difficile situazione
finanziaria degli Enti locali. Riguardo al comprensorio, i presenti si sono dichiarati molto
perplessi, sia perché nessuno è
ancora riuscito a capire bene
quale sia la sua funzione in rapporto ai Comuni, sia perché proprio quello di Pinerolo ispira
scarsissima fiducia.
Il senatore Ayassot ha spiegato che il comprensorio non sarà quello che la DC e il presidente Martina vorrebbero che
fosse, cioè una specie di supercomune, ma soltanto un ente di
programmazione e di coordinamento della Regione. Le decisioni rimarrano affidate ai Comuni che ne fanno parte. È anche previsto nel regolamento
delle commissioni comprensoriali che non vi sia incompatibilità
tra la carica di presidente di
commissione ed altre cariche esterne. Il regolamento è ancora
da discutere, ma questo può es
sere un vantaggio perché si può
approfittare dell’esperienza degli altri.
Più grave, quasi tragica, la situazione delle finanze degli Enti
locali; è stato osservato che le
entrate tributarie, superiori al
20% perfino nel periodo fascista, sono ora dimezzate e che i
recenti decreti governativi rendono soprattutto la vita impossibile ai piccoli Comuni. Se verrà approvato il decreto Stammati, non si potrà sostituire il
personale né fare nuove assunzioni, quindi tutti i servizi sociali (asili nido, refezioni, assistenza agli anziani) non si faranno
più. Alcuni Comuni hanno già
protestato, ma non in modo
coordinato, perciò si è proposto
di organizzare un convegno di
massa per reagire a questa manovra governativa, che ha lo scopo evidente di mettere a terra i
Comuni di sinistra.
Ayassot ha garantito l’intervento del proprio partito per una
azione rivolta a modificare il
decreto, precisando che il PCI
aveva chiesto al governo unicamente di prendere provvedimenti nei casi evidenti di parassitismo e di spreco del denaro pubblico; dalla risposta si può capire quali sono i reali obiettivi
della politica democristiana.
sto deve essere attuato nel breve
volgere di qualche mese e con il
•preciso impegno di rendere immediatamente pubblici i risultati
cui si perverrà.
Altro argomento che ci pare
debba essere sottolineato è che
ci siamo accorti che queste ricerche e questi dibattiti non possono essere fatti in una visione tutta airinterno delle comunità; poiché le recenti trasformazioni
hanno chiaramente portato ad
una rottura del quadro sociale
agricolo precedente.
Di conseguenza, per la chiesa
non è più possibile discutere in
separata sede il suo ruolo ed i
problemi che ogni giorno i suoi
membri hanno, senza comprendere in questo dibattito anche le
altre componenti sociali che sono presenti sul territorio. Facciamo un esempio: quando negli
anni 1963-65 la Commissione Distrettuale cominciava a segnalare l’urgenza che !e comunità pensassero a come affrontare il periodo di grosse trasformazioni
in cui erano coinvolte, discutendo in quale modo si poteva prevedere la ristrutturazione delle
forze pastorali, le comunità rispondevano che anche se ridotte
di numero, si sarebbero avvalse
della loro autonomia, e guai a
chi avesse tolto loro il pastore!
Ora che l’operazione di esodo è
quasi al termine, c’è da chiedersi
se i pochi superstiti sanno cosa
farsene de la loro autonomia. Ci
pare che l’esempio faccia balzare
chiaramente agli occhi come
l’aver separato artificiosamente i
problemi interni della comunità
da quelli esterni, comuni a tutta
la popolazione, abbia alla fine
impedito una presa di coscienza
della situazione reale e quindi
abbia condotto quasi ad una resa
senza condizioni. La proposta
allora che si può fare è che nel
caso dell’indagine in questione,
si confrontino le posizioni alla
presenza anche di altri interlocutori (cittadini, amministratori,
insegnanti, operatori sociali, rappresentanti delle forze presenti
in zona o comunque con coloro
che nello svolgere la loro attività
tengano normalmente i contatti
con la popolazione).
riale usato quest’anno nelle scuole domenicali presieduto dal pastore G. Tourn.
La riunione è risultata proficua ed interessante e ci si augura che possa portare ad un migliore affiatamento tra le varie
scuole domenicali ed a stabilire
contatti con altri circuiti.
E. Bonnet
Anche le riunioni pastorali devono ogni tanto aprirsi a questa
prospettiva ed essere luogo di dibattito e confronto se si vuole
che la predicazione cali nella
realtà che la gente conosce. Ci
pare ancora che questo metodo
di continuo confronto e di dibattito allargato stenti ad essere recepito; anche se come valdesi
vantiamo lontane tradizioni democratiche, purtroppo rimaniamo ancorati agli schemi dei responsabili: « Ci pensino loro ».
Un responsabile valdese, in linea
di massima, si è sempre distinto
per l’impegno con cui porta
avanti questa responsabilità. C’è
però da chiedersi se con le fratture createsi con trasformazioni
troppo repentine sia sufficiente
il fatto che ci sia solo qualcuno
che è responsabile. Forse non si
carica o non lo carichiamo noi
di responsabilità troppo grandi
da portare da solo? Chiediamoci se non è più giusto che queste
responsabilità le si porti insieme.
Adriano Longo
TORRE PELLICE
Convegno
FGEI
La FGEI delle valli organizza per domenica 13 marzo un convegno su:
CONCORDATO,
ORA DI RELIGIONE
Il convegno si terrà a Pomaretto, con il seguente
programma:
Mattino: ore 10,30 - partecipazione al culto con la
comunità di Pomaretto;
ore 12 - pranzo nei locali
del Convitto.
Pomeriggio: ore 14.30 inizio del dibattito sul tema del convegno (sempre
nei locali del convitto). La
discussione sarà introdotta da due re azioni, la prima sul tema generale del
concordato con particolare riferimento alla bozza
di revisione, alla posizione
della FGEI, la seconda sui
problemi inerenti l’ora di
religione con particolare
riferimento alla situazione
del’e valli e del Pinerolese.
ore 18 circa: termine del
convegno.
Chi desidera partecipare
al pranzo, il cui prezzo è
di L. 1.000, deve iiiformare
il convitto di Pomaretto
(tei. 81273) entro la sera
di venerdì 11 marzo.
Il convegno, naturalmente, è aperto a tutte le persone interessate all’argomento.
GITA DEL CAI
Il CAI-UGET Val Pellice organizza per il giorno 19 marzo 1977
(San Giuseppe) una gita sciistica
a Chamonix, salita in funivia alrAiguille du Midi e discesa in sci
per la Mer de Giace.
La quota del viaggio in autopullman è fissata in linea di massima in L. 4.000 per i soci e lire
5.000 per i non soci di cui L.
2.000 da versare all’iscrizione.
Le iscrizioni si ricevono presso: Caffè d’Italia, Volpe Sport,
Maison du sport, e presso la Sede sociale, piazza Gianavello 2,
Torre Pellice ogni venerdì sera
dalle ore 21.
Il programma dettagliato verrà reso noto nei prossimi numeri del giornale.
LUSERNA S. GIOVANNI
Inchiesta FGEI
Il gruppo FGEI di Luserna S.
Giovanni, organizza per venerdì
11 marzo, alle ore 20,30, nella
Sara Albarin, via Beckwith, di Luserna San Giovanni un
PUBBLICO DIBATTITO
sull’inchiesta nella comunità di
Luserna San Giovanni condotta
d’anno scorso. Per l’occasione sarà pure in vendita l’opuscolo ciclostilato con i risultati dell’inchiesta.
Comunità Montana
Val Pollice
Considerata la situazione di disagio
creatasi negli allevatori di ovini che
sempre di più vedono diminuito il
prezzo della lana; ritenuto che tale situazione dipenda dalla mancanza di
un momento di organizzazione fra gli
allevatori, creando quindi le condizioni per una facile speculazione da parte di alcuni commercianti della zona;
il Servizio Agricoltura della Comunità Montana, nell’ambito delle iniziative per la commercializzazione dei
prodotti agricoli, organizza una vendita
collettiva di lana di pecora.
La lana — sudicia — dovrà essere
consegnata insaccata nel luogo che
sarà di volta in volta comunicato.
Il prezzo concordato con la Ditta
acquirente è di L. 970 al Kg. (IVA
compresa) per qualsiasi tipo e quantitativo di lana.
Gli interessati devono mettersi in
contatto con il Servizio Agricoltura
della Comunità Montana entro il 14
marzo 1977 comunicando il quantitativo che intendono vendere.
L’Assessore all’Agricoltura
(Prof. Franca Coisson)
Il Responsabile
del Servizio Agricoltura
(Charbonnier geom. Enrico)
7
4 marzo 1977
CRONACA DELLE VALLI
TORRE PELLICE
• Domenica 6 febbraio, dopo
il culto presieduto dal pastore
Giorgio Tourn, si è riunita l’assemblea di chiesa diretta dal missionario Roberto Coisson, che
ha comunicato la designazione
fatta dalla Tavola Valdese del pastore titolare della chiesa di Torre Pellice nella persona di Giorgio Tourn. Sia il presidente delTassemblea che alcuni presenti
hanno espresso la loro viva riconoscenza alla Tavola per questa
nomina. Viene inoltre comunicato che il pastore Tourn sarà affiancato, nella sua opera pastorale, da un candidato in teologia.
Al termine dell’ assemblea G.
Tourn pronunzia brevi parole
chiedendo alle comunità che il
peso e la responsabilità dell’impegno siano portati da tntti nell’aiuto reciproco.
Vivi ringraziamenti vengono
anche espressi dall’assemblea per
l’opera svolta fino ad ora, nella
conduzione della chiesa, dai pastori G. Tourn, A. Deodato, R.
Nisbet.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Il primo incontro primaverile
di « aggiornamento biblico » avrà
luogo presso il Presbiterio venerdli, 4 marzo, alle ore 20.30, e
tratterà l’argomento sul « significato della Santa Cena », in base al testo di I Corinzi 11.
L’incontro è aperto ai vari
gruppi componenti la comunità ed a tutti i membri di chiesa come base di studio e di confronto con la Parola del Signore.
• Domenica prossima, 6 marzo,
il culto sarà presieduto dai giovani della PGEI. Farà seguito
una discussione comunitaria in
riferimento alla predicazione.
La domenica seguente sarà celebrata la Santa Cena e la Corale darà il suo contributo con
il canto di un inno.
Il culto con battesimi è pertanto spostato alla terza domenica del mese.
• All’età di anni 80 si è spenta
la sorella Goss Caterina Margherita, ospite del Rifugio.
Dopo lunghi anni di sofferenze, si è chiusa tragicamente l’esistenza terrena di Revel Emilia
in Bertalot, di anni 61. In questa particolare e dolorosa circostanza tutta la comunità è vicina ai familiari con cristiana simpatia.
T. E. V.
Domenica 13 marzo avrà luogo a Villar Pellice la seconda domenica della TEV.
Il Pastore Ernesto Ayassot presiederà il culto del mattino. Alle
14.30 avrà luogo l’Assemblea con
due relazioni su « Il Risveglio
del secolo scorso a Villar Pellice ». Tutti i membri delle chiese
delle Valli e dei dintorni sono
cordialmente invitati.
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
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Torre Pellice ; Tel. 91.365 - 91.300
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SAN SECONDO
I falò, accesi nei vari quartieri e nei gruppi di diaspora verso
la pianura hanno avuto quest’anno una caratteristica inconsueta: nessuno li ha visti... se non
coloro che erano a meno di cento metri di distanza. Non che
siano stati dei mini-falò, tutt’altro, ma un fitto nebbione ha avvolto tutta la zona con una coltre impenetrabile. E così anche
il grande stemma luminoso che
quelli di Grotta hanno innalzato
su di un colle visibile anche da
Torino è stato visto solo le sere
seguenti. Questo non ha impedito
a molti di partecipare ai fuochi
di gioia e di seguire con raccoglimento, ai Brusiti, i canti della
corale, la lettura biblica e la
preghiera.
II 17 il tempio era quasi interamente occupato, anche le sedie complementari, per il culto
con Santa Cena al quale ha partecipato la corale che ha presentato due canti nuovi, uno dei
quali subito ripreso da tutta la
comunità.
Al pranzo, nella sala, 133 persone, più i collaboratori, hanno
dato vita ad un pomeriggio ed
una serata molto fraterni con la
partecipazione di fratelli e sorelle proveniàiti da altre comunità delle Valli, dalla diaspora
piemontese e da Bologna. Inviamo ancora loro T espressione
della nostra gioia di averli avuti con noi e ringraziamo sinceramente il gruppo di collaboratori che, con parecchio lavoro,
ha permesso la realizzazione di
questo simpatico incontro.
• Renato Romano, dei Brusiti,
si è unito in matrimonio con Silvia Comba sabato 26 febbraio.
Agli sposi che si stabiliscono a
Pinerolo, il nostro augurio più
sincero.
• Giovedì 24, dopo una lunga
malattia, è mancato il fratello
Giulio Oliva di 81 anni. Abitava
con la moglie a Miradolo, in via
Fossat. Il 27 è pure improvvisamente deceduto Oscar Avondetto di Miradolo, via Colombini,
all’età di 69 anni. Alle vedove ed
ai figli inviamo il nostro pensiero fraterno.
• Le riunioni; mercoledì, 9 ai
Prima e venerdìi 11 a Cavoretto.
ANGROGNA
FRALI
Circuito
Val Pellice
Domenica 6 marzo alle
ore 14.30 a Torre Pellice
(sala unionista) avrà luogo
la seconda parte dell’Assemblea di Circuito, aperta ai membri di Concistoro e a quanti sono interessati, sul tema del cattolicesimo.
All’o.d.g.:
a) lezione di religione nelle scuole:
b) Collettivo biblico;
c) Varie.
Il Foyer va in porto
Tutte le parti interessate (Comunità Montana, Concistoro,
Giunta del Comune e Sindaco)
erano presenti, lunedì, sera, nella sala comunale per dibattere
la questione del « Foyer » per
anziani da realizzarsi nei locali
del Presbiterio del Serre. L’edificio, affittato da quattro anni
al Comune, per essere trasformato in « Foyer » (una struttura aperta destinata alle persone
anziane, specie nei mesi invernali) necessita di alcuni lavori
di trasformazione.
Benché da parte della Comunità Montana non sia mai mancata la volontà di realizzare questo servizio è mancata la dotazione di un fondo che ne permettesse, in concreto, la realizzazione. Quest’ultimo problema
sembra ormai superato perché
— così, afferma l’assistente sociale Gaietti — i fondi promessi
sono disponibili. La Regione,
l’A.A.I. (prestito internazionale),
la Comunità Montana concorrono alla spesa per una cifra che
è vicina al preventivo di trasformazione dell’edificio. Adempiuti
tutti gli impegni formali i lavori potrebbero così già iniziare
nell’estate (se non vi saranno ulteriori impedimenti burocratici) e consegnare l’opera
nei primi mesi invernali.
• L’Unione Femminile, mercoledì 23, ha trascorso il pomeriggio al « Rifugio » portando il saluto fraterno della nostra comunità agli anziani ricoverati.
• Nel quadro della riunione
quartierale di Buonanotte è stata battezzata la piccola Fulvia
Long di Franco e Stellina (alla
Buffa). Genitori e comunità sono invitati a riflettere sulla testimonianza cristiana verso le
giovani generazioni.
• Si sono svolti, domenica -27, i
funerali di Monnet Luigi (84 anni), da diversi anni ospite del
« Rifugio ». All’avv. Crosto e a
tutti coloro che partecipano a
questo lutto esprimiamo la nostra simpatia cristiana.
PRAMOLLO
Ver.erdì 25 febbraio abbiamo
accompagnato all’estremo riposo la sorella Sappé Enrichetta
(Ruata) di anni 91, deceduta all’ospedale di Pomaretto dove era
ricoverata da alcune settimane.
Rinnoviamo ai familiari le nostre fraterne condoglianze e simpatia cristiana.
• Domenica 6 marzo saranno in
mezzo a noi i giovani della filodrammatica di Prarostino che
ci presenteranno il dramma « La
Libreria del Sole», il loro ultimo lavoro teatrale. Tutti sono
invitati ad assistere a questa
rappresentazione e ad applaudire i taravi attori, alle ore 14,30.
VILLASECCA
PERRERO
CHIOTTI
Tutta la comunità è profondamente grata al Moderatore Aldo
Staaffl che ha voluto trascorrere
con noi la ricorrenza del XVII
fin dalla sera del 16 partecipando alla accensione del falò.
Presieduto dal Moderatore,
nell’antico tempio di Villasecca,
quasi gremito di fratelli, il culto del XVII ci ha consentito di
ascoltare la Parola del Signore
che ci chiama ancora oggi ad una testimonianza rinnovata e
responsabile di fronte agli avvenimenti grandi e piccoli della
storia. La Corale, che manifesta
sempre più evidenti i segni di
progressi tecnici e di armonia
fraterna sotto la direzione della
signora Rutigliano, ha eseguito
due corali di circostanza....
Particolarmente significativa è
stata quest’anno l’àgape perché
ci ha consentito di avere col Moderatore uno scambio di idee e
di informazioni sulla Chiesa
Valdese in generale e sulla nostra comunità.
Ringraziamo i sigg. Poét delrUnion Vaudoise de Marseille
per i loro auguri inviati alla comunità di Villasecca-Riclaretto;
la sig.ra Ida Gardiol che ha offerto tovaglioli, tovaglie e festoni dì carta; i membri del Concistoro che hanno preparato l’àgape come nel passato; il gruppo
dei fratelli che ha adornato con
gusto e sobrietà il tempio di
Villasecca.
Per motivi di forza maggiore
la recita programmata per domenica 20 è stata rinviata a tempo indeterminato a causa dell’influenza che continua a dilagare
ffa gli attori.
XVII Febbraio
I pralini hanno l’abitudine di
raccogliersi al ponte di Ghigo e
di attraversare la piazza in corteo, con i bambini in testa, che
portano le bandiere delle vecchie scuole. Non è retorica, perché quelle scuole hanno formato generazioni di pralini, che sono persone colte, e perciò di tenace memoria.
II sermone, sui testi del Salmo 124 e di Atti 4: 23-31, ha esordito con il famoso simbolo ugonotto, dell’incudine su cui tre
soldati invano si affaticano a
battere con i loro martelli. Di
questa straordinaria resistenza
che i valdesi, come gli ugonotti,
hanno opposto ai tentativi di
eliminarli, sono state indicate
quattro ragioni: 1) la «franchezza » dell’annuncio evangelico, anche di fronte alle autorità
politiche; 2) la priorità data alla fedeltà alla Parola di Dio, rispetto ad altri interessi, come
la difesa dei propri beni; 3) l’unità, che non significa uniformità di opinioni, ma una chiara
coscienza dei compiti della Chiesa e la volontà di rispondere a
questa vocazione; 4) la solidarietà, che in passato come nel
presente si è esercitata in nostro
favore, e che oggi dobbiamo sentire intervenendo attivamente in
favore di coloro che in molti
paesi del mondo sono ancora
sotto il martello della repressione e della tortura.
Dopo il culto una quarantina
di persone ha pranzato e passato il pomeriggio insieme. Di questo pomeriggio ricorderemo la
conversazione storica, sulTapologia e confessione di fede del
1560. Ma a chi non è praline di
nascita sarà concesso pure ricordare lo straordinario modo di
cantare dei pralini. Essi sono capaci di cantare un intero pomeriggio senza ripetersi mai, passando dalle complaintes alle canzoni popolari antiche e più recenti: un repertorio sconfinato.
Quando attaccano le canzoni più
note, non si fermano, come i
cittadini, alle due-tre strofe contenute nei dischi della S.A.T., ma
dopo la terza uno ne ricorda
ima quarta, un altro una quinta, una sesta, e così via, fino a
raggiungere il senso compiuto
della canzone. Loro dicono che
questo è niente, che bisognava
sentire i cori di una volta, e le
complaintes di 25 strofe cantate
durante le veglie nelle stalle, a
memoria e senza dimenticare
una sola strofa.
È vero, tuttavia un pomeriggio di canto così; è pur sempre
un fatto entusiasmante. Speriamo che si ripeta.
• Sabato 26 febbraio si sono
sposati Emilia Genre e Walter
Meytre. l'due sposi si stabiliranno a San Germano. Ci rallegriamo molto con loro. Un po’ di
malinconia nel veder partire Emilia, che faceva parte della corale, a Frali. Ma questo sentimento è compensato dalla certezza che essa diventerà, con il
marito, parte attiva della Chiesa di San Germano.
• Giovedì 10 marzo, alle ore
20, nella sala di Ghigo, Franco
Davite parlerà sulla Chiesa Evangelica nella Polinesia, con
proiezione di diapositive.
• Dornenica 13 marzo, ore 10,
Assemblea di Chiesa.
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Al Centro sociale di Chiotti,
nel mese di marzo, verranno
proiettati i seguenti film;
5 marzo : Imputazione di omicidio per uno studente.
12 marzo : Ultimo domicilio conosciuto.
19 marzo: Più forte, ragazzi.
26 marzo : Appuntamento sotto
il letto.
Le proiezioni inizieranno alle
ore 20.30.
Lascito
Cecilia Besozzi alla sua morte ha
voluto devolvere la somma di lire
1.500.000 in obbligazioni ai seguenti
Istituti: per la Chiesa Valdese di Torre Pellice L. 500.000; per l’Ospedale
Valdese di Torre Pellice L. 500.000;
per il Rifugio C. Alberto di Luserna
S. Giovanni L. 300.000; per l’Asilo
Valdese di Luserna S. Giovanni Lire
200.000.
VILLAR PEROSA
Nel corso della settimana tra
il 9 ed il 13 marzo p.v. i componenti la Commissione Esecutiva
Distrettuale visiteranno la comunità di Villar Perosa col seguente programma di attività:
Mercoledì 9 marzo alle ore
20,30 riunione nel salone del Ckinvitto per le zone Villar Perosa
Dubbione - Pinasca e Chenevières
Venerdì 11 marzo alle ore 20,30
riunione a Vivian nella scuola.
Sabato 12 marzo alle ore 14,30;
Scuola Domenicale e Catechismo
Sabato 12 marzo alle ore 20,30
riunione del Concistoro.
Domenica 13 marzo ore 10
Culto.
Invitiamo fraternamente tutti
a voler partecipare a queste attività.
Ricordiamo che il culto di Domenica prossima 6 marzo sarà
presieduto, D. v., dal gruppo giovanile EGEI del'a zona.
Doni « Pro deficit » pervenuti nel
mese di gennaio:
Famiglia Mirabile L. 24.000; Jalla
Bruno e Albina 25.000; Gobello Livio
24.000; JaUa-Gobello Dina 24.000;
Tourn Elena ved. Pons 10.000; Torino Giuseppe 25.000; Pons Giovanni
(Peyrot) 24.000; Zoppi Elio e Franca
2.000; Ricca Roberto 2.000; Albarin
Evelina 50.000. Boero Rol Elsa 2.000.
Beux Liline 4.000; Bounous Edda
10.000; Caffarel Calia e Alberto 2.000;
Caffarel Luigi e Franca 2.000; Albarin
Maria Regina 25.000; Rostagnol
Stefano 24.000; AUio Davide e Laura
20.000; Marauda JuUette ved. Raimas
12.000; Pontet Lina 24.000; Scaccioni Linda 12.000.
Les amis de M.M. Caveglia 30.000;
Sig.ra Müller (Zurigo) 35.000; Monnet SU vio 4.000; Charbonnier Enrico
e Giuliana 12.000; Gaydou Nelly e
Guido 20.000; Meynier Gino e Edmea 12.000; Gay Jeannette 2.000;
Benedetto Susy e Enzo 2.000; Charbonnier Paolo e Costanza 2.000; Roman Emilio 24.000; Chiavia Silvio e
Maria 12.000; Jalla Margherita 12.000.
Villa Francesco (ringraziando la signora E. Caffarel) 50.000; Bonjour
Grill Ester in mem. del cognato Gaydou Guido 10.000; GrUl Pabnira ved.
Gaydou in mem. del marito Gaydou
Guido 10.000; Cardón Lidia 2.000;
Tagliabue Adriana 20.000; Benech Alfredo 2.000; Bellion Irene 10.000;
Mourglia Amedeo e famiglia 10.000;
Chiavia Susanna 12.000.
Long Ernesto e famiglia 12.000;
Odin Leontina ved. Rivoira 12.000;
Pons Andrea e Livia 4.000; Paschetto
Anita ved. Pasquet 4.000; Revel Ernesto e Luisa 24.000; Ribet Livietta
25.000; Malan Liliana 6.000; Albarin
Arturo e Aurora 15.000; Micol Edoardo e famiglia 24.000; Cullo Dora e
Franco 12.000.
Costantin Eugenio 12.000; Lapisa
Cesare e Liliana 10.000; Girardon Ferdinando e Erica 25.000; Prassuit Romano e Elsa, in mem. di Elisa Jalla
25.000; Reynaud Lea 10.000; Long
Emilia ved. Monti, in mem. sig.ra Riccio 20.000; Benech Giidio e Rita
2.000; Rivoir Ilda 25.000; Durand
Enrico e Elva 2.000; Martina Caterina
e Pietro 12.000.
Bastia Maria 5.000; Rovara Umberto 24.000; Rostan Eugenio 25.000;
Gaydou Clelia Amalia 10.000; Gaydou
Guido 2.000; Enrieu Emma ved. Bounous 12.000; Meynet Roberto e Fiorella 25.000; Meynet Mario e Albina
25.000; Malanot Rinaldo e Rita 24
mila; Rostagno Edoardo e Aline
10.000.
Jalla Renata 25.000; Mourglia Caffarel Bruna 12.000; Malan Lina ved.
Caffarel 12.000; Caffarel Rino 12.000;
Caffarel Sandri Ada 2.000; Tourn
Aldo 24.000; Giordan Enrico e famiglia 24.000; Malan Bruno e Rina 25
mila; Bellora Alberto e Marcella 10
mila; Benedetto Lina e Edmondo 24
mila; Villa Giovanni e Jeannette, in
mem. della mamma (Roma) 10.000.
Morasca Vittorio 25.000; Pons Giovanni (BeUonatti) 25.000; Bounous
Attilio 12.000; Bounous Mariuccia
12.000; Martinat Remo 6.000; Buffa
Edvy 6.000; Gaydou Rita 12.000;
Grand Pietro e Grand Tourn Cesarina, in mem. iella mamma Rivoira Stefania e della sorella Caterina 30.000;
Odetto Ivonne 30.000; Bonnet Franco
2.000; Beux Augusto 25.000.
Grazie!
« Venite a me, voi tutti che
siete travagliati ed aggravati,
e io vi darò riposo »
(Matteo 11: 28)
Riposa nella pace del Signore
Davide Abate Revel
di anni 28
Profondamente colpiti ma fiduciosi
nelle promesse dell’Evangelo lo annunciano la famiglia tutta e Erica
Avondetto.
Ginevra, 25 febbraio 1977
RINGRAZIAMENTO
La moglie e il figlio del compianto
Ernesto Fornerone
Cav. di Vittorio Veneto
commossi per la grande dimostrazione
di stima e affetto tributata al caro
estinto, gentilmente ringrazia quanti
hanno voluto con presenza e scritto
prendere parte al loro dolore.
Un particolare ringraziamento ai
vicini di casa, ai parenti e aH’amico
fraterno Cav. Codino Wilfrid e al Pastore Cipriano Tourn che tanto si sono
prodigali nella triste circostanza.
Prarostino, 14 febbraio 1977.
8
8
4 marzo 1977
_____MOVIMENTO STUDENTESCO E RIFORMA UNIVERSITARIA
Le fabbriche
dei disoccupati
La laurea non è più sicurezza di lavoro - Saldare la ricerca universitaria ai reali bisogni del paese
Le Università italiane stanno
attraversando una fase di crisi
profonda, le cui radici vanno cercate ben al di fuori delle università stesse. Da un lato infatti
la base studentesca si allarga in
seguito alla scolarizzazione di
massa e diviene rappresentativa
di un numero crescente di componenti della società italiana.
D’altro canto, sia i docenti (in
massima parte precari, cioè legati aH’università da rapporti di
lavoro a termine), sia le strutture
di ricerca e di didattica (laboratori, biblioteche, aule) sono del
tutto insuiRcienti ed inadeguate
a coprire le esigenze degli studenti. Questi ultimi si sentono
nella struttura universitaria sempre più emarginati e prendono
coscienza che tale struttura è diventata ormai xm’area di parcheggio per disoccupati e che
non fa altro che rinviare per alcuni anni la drammatica ricerca
del posto di lavoro.
Succede allora che il momento dell’esame diventi l’unica occasione perché studenti e docenti riescano a parlarsi, mentre di
lezioni, esercitazioni e seminari
beneficia solo una piccola percentuale di studenti. A Roma,
per esempio, la maggioranza non
frequenta, e del resto, se frequentasse, non si potrebbero <fare entrare tutti gli studenti nelle aule per mancanza di spazio. Certi
corsi, paradossalmente, sono deserti, perché, creati a tavolino
per sistemare questo o quel docente, non hanno nessrm riscontro sul terreno sociale.
Il disagio, comunque, non è
solo degli studenti, che vedono
la loro laurea diventare sempre
meno sicurezza di lavoro (e d’altra parte non è neanche garanzia
di buon livello culturale), ma anche dei lavoratori dell’imiversità,
molti dei quali (circa 25.000 in
tutta Italia) sono quei "precari”
di cui si diceva prima, che pur
facendo la maggior parte del lavoro di didattica e di ricerca, si
trovano spesso a trent’anni senza un posto di lavoro stabile, con
la prospettiva di non essere assorbiti dai rispettivi istituti, ma
di dover ripiegare su altre attività.
Il Parlamento sarà presto chia
mato a legiferare sulla riforma
universitaria, considerando le varie proposte che sono già state
presentate. Certamente non si,
può essere d’accordo con la linea
Malfatti, che in sostanza propone di reintrodurre il numero
chiuso (che è stato liquidato nelle scuole superiori), e, nel giro
di qualche anno, ridurre il numero dei precari. Solo una miope
politica o la scarsa conoscenza
della situazione delle università
possono far pensare che si risolvano i problemi con questi criteri. Il corpo docente va invece
esteso, ed ai docenti bisogna mporre misure come per esempio
il tempo pieno e robbiigo di versare agli istituti i diritti d’autore dei libri scritti durante gli anni di lavoro.
Ma il nodo della riforma, la "iforma vera, quella che sola potrebbe fermare l’attuale processo di disgregazione nelle imiversità, è un altro: saldare i contenuti della ricerca e della didattica ai reali bisogni del paese.
In altre parole, ciò che si_stu
dia deve avere una ricaduta concreta sulla società in termini incisivi e costruttivi, e questo si
può ottenere migliorando il livello dei corsi, sul piano culturale,
e collegando i gruppi di ricerca
con situazioni concrete in \,ui la
validità di tali ricerche venga
misurata. Devono uscire dalle
università chimici che sappiano
far funzionare gli impianti e al
tempo stesso si intendano di riconversione industriale, e ingegneri che sappiano costruire case e abbiano competenze di pianificazione territoriale.
Le 150 ore universitarie, seminari di studio frequentati da lavoratori, docenti e studenti, sono state in questi anni la sede
in cui meglio si è discusso, anche
con proposte operative, il rapporto fra mondo del lavoro e
università. I lavoratori, infatti,
e i settori progressisti del mondo universitario, non vogliono
certo atenei disgregati in balìa di
centri di potere c’ientelare. Ciò
che si vuole è una sede in cui
si preparino coloro che dovranno misurarsi coi reali bisogni del
paese, e che dovranno in ogni
momento essere sottoposti a un
controllo critico da parte della
stessa collettività.
Laura Scarino e Pietro Comha
La verità a fondo
Quando scoppiò lo scandalo Watergate in USA, molti furono quelli che si consolarono dicendo: sì, è scoppiato
un grosso scandalo, ma vedete il vantaggio di un regime
democratico: consente che la
verità venga a galla e che il
marcio riscontrato venga eliminato.
Che cosa diremo oggi, dopo
la decisione dei partiti socialista e repubblicano di non
portare il caso Rumor-Lockheed davanti al Parlamento
per far luce completa? È con
profonda amarezza che dobbiamo constatare che per
quanto noi siamo nell’area
del cosiddetto regime democratico, da noi la verità va
sempre a fondo.
Da noi c’è la libertà, certo,
ma non la libertà di guardare in faccia la verità, bensì la
libertà di insabbiare impunemente, di ricacciare nelle vene del paese il marcio che
doveva cominciare ‘una buona volta a uscire.
Così oltre al danno, la beffa: non solo abbiamo gli scandali, ma dobbiamo tenerceli
stretti e impuniti, con la certezza di essere democratici
come gli americani, ma con
l’aggettivo: democratici falliti. Chissà se ci consoleremo
dicendo: sì, è scoppiato un
altro scandalo; ma vedete il
vantaggio di un regime democratico: consente che la
verità affiori in modo che si
possa ricacciarla ben a fondo.
Naturalmente il mancato
deferimento dell’on. Rumor
davanti al tribunale compe
tente non è che un episodio
tra i tanti che caratterizzano
il nostro paese. Il minimo común denominatore della nostra democrazia fallimentare
è — mi sembra — la svalutazione della verità. La verità
non è un termine di riferimento ma un elemento nel
gioco politico. Può servire e
può non servire. La si può
buttare in faccia all’avversario e la si può sacrificare alla ragion di stato, alla ragion
di partito, di alleanza, di compromesso, di omertà, di baratto, di tutto quel che si
vuole.
Sarà sciocco e ingenuo pensare che in politica possa essere diverso. Ma sono convinto che ovunque noi militiamo
come credenti abbiamo da
affermare in modo intransigente questa sciocchezza e
questa ingenuità: che un sistema politico in cui si dimostra di non essere liberi di
guardare la verità in faccia,
e in cui si fa un uso strumentale della verità, non potrà
che seminare la sfiducia e incoraggiare la disonestà e da
corruzione; e che l’unica base per promuovere i l rinnovamento reale, che da ogni
parte si sbandiera con facilità o si chiede con sofferenza e impazienza, consiste nel
porsi alla ricerca e al servizio della verità anche quando
questo costa e politicamente^
sembra non rendere, perché
solo così si semina fiducia e
onestà e partecipazione.
Franco Giampiccoli
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
L'Argentina è vicina
Sotto questo titolo, leggiamo su « La Repubblica » (del
2.2.’77) un articolo che ci rattrista profondamente.
L’articolista sostiene essere
gran parte dell’America Latina
un continente in stato di avanzata decomposizione sociale, e
l’alto capitalismo, particolar
La diversità deli'unità
(Segue da pag. 1)
tutta l’assemblea: ci si dà la mano in segno di fraternità. E come se questo segno visibile fosse
l’autentico risultato, si prende
la decisione di inviarne ad Antiochia la rappresentazione vivente: ima delegazione, incarnazione vivente della controversia
e nello stesso tempo dello spirito di fraternità in cui questa è
terminata. Dopo, non prima,
prende posto in questo contesto
il documento scritto del concilio
che è una sorta di lettera di introduzione.
CHI VINCE?
È successo qualcosa? In un
certo senso ciascun gruppo «vince con l’aiuto dell’altro, e nello
stesso tempo vince l'intera chiesa. Le due forme di missione rimangono, e cosi pure la controversia ed una certa tensione, come ben sappiamo. Ma prima di
questa riunione c’erano due missioni che dilaniavano la chiesa,
mentre dopo la coesistenza diventa possibile, immaginabile,
« sembra buona allo Spirito Santo ed a noi », può essere pienamente riconosciuta e concepita
come una manifestazione della
volontà e della vita «della Chiesa intera ».
D’ora in poi, anche se rimangono dei punti di contrasto, non
si permetterà più che questi dividano la Chiesa. La diversità
dell’unità si è manifestata per
permettere che la missione si indirizzi a tutta l’umanità e dei
segni visibili sono apparsi — la
mano tesa, giudei e pagani seduti alla stessa mensa, colletta —
mostrano che il Cristo non è presente soltanto nella comunità
della Chiesa ma anche negli aspetti più trascurabili della sua
missione. Ecco ciò che la « comunità conciliare » può fare per
la Chiesa dilaniata dalle controversie e dai conflitti.
UNITA’ LOCALE
E UNITA’ UNIVERSALE
Rimane da rilevare come la
delegazione e la lettera che questa reca con sé sono accolte con
gioia ad Antiochia.
Il riconoscimento reciproco e
l’ospitalità abbondano. La vita
conciliare, già presente a livello
locale, è affermata e confermata.
Di qui nasce l’interrogativo che
si è tentati di porre: se questo
mutuo riconoscimento nella controversia non sia un aspetto fondamentale della gioia cristiana.
Al ritorno, non ci sono difficoltà a comunicare il risultato della
missione. Le chiese sentono il bisogno di questo incontro e ne
aspettano il risultato con impazienza. La parola che il concilio
aveva udita era piena di autorità: è rivestito di tale autorità
che il concilio ha parlato ed agito. Le chiese ricevono la parola
di cui hanno fame e sete e le riconoscono il valore di consenso
di tutta la chiesa.
Una tale gioia non è forse il
segno che un’autorità autentica
è stata udita e ricevuta? Ad ogni
modo, è con forza rinnovata che
essi si consacrano ai diversi aspetti della loro comune missione e che riprendono il dibattito
necessario che vi si riferisce. Ed
in tutta questa vicenda l’unità
locale e l’unità universale si sono
visibilmente affermate reciprocamente.
(trad. di Antonio Adamo).
mente quello nord-americano,
esserne, per ragioni di sfruttamento economico, il principale
responsabile.
« Uno studio di Hugo Neira,
pubblicato su “Le Monde diplomatique” (del gennaio c. a.), addita la chiave del problema (così
si legge nell’articolo): esiste ed
è attuato in America Latina un
"progetto militare” che è strettamente connesso con una scuola economica, quella di Chicago,
diretta da Milton Friedman. Nonostante i suoi fallimenti proprio sul terreno economico, il
progetto militare sudamericano
si è installato e non lascerà facilmente il campo a ritorni civili: “Si tratta di abbandonare
il sogno di un decotto economico che diminuisca o spezzi la dipendenza, e di adattare, il più
rapidamente possibile, l’economia metropolitana industriale...
Per imporre questo progetto teorico coattivo, occorre un potere
crudele e manipolatore” ».
Nella valutazione d’un simile
perverso progetto, l’articolista è
del parere che l’Argentina, in
particolare, sia un centro pericoloso d’infezione che, tramite
la Spagna, minaccia gravemente l’Europa intera e soprattutto
l’Italia. « Di lì vengono i “commandos” a operare in Europa.
(...) Quando si parla di “internazionale fascista”, i più pensano
esclusivamente alÌ’Europa. (...)
Ma non vi è dubbio che gli uomini di mano a disposizione,
possano essere sudamericani: il
subcontinente è povero, gli sradicati sono molti e disponibili
come sicari, dovunque; per di
più, uno dei primi paesi a pra
ticare il metodo del terrorismo
come strumento di provocazione
e di repressione è stato il Brasile, poi seguito quasi immediatamente dall’Uruguay, dall’Argentina e dal Cile. E il Berla di
questa violenza istituzionalizzata, José Lopez Rega (servitore
di Juan Peròn, nell’ultima fase),
si trova appunto, sotto la protezione di numerose polizie, esule
in Spagna e in Italia.
Ma sarebbe stolto ritenere (...)
che si tratti di “estremismi marginali". Purtroppo l’etichetta di
“latinoamericani” evoca ancora,
in molti europei, l’immagirie di
paesi e popoli emarginati, di
gente dalla testa calda, fuori dal
mondo. È così che in Italia ci si
disinteressa del tutto di una “civiltà che si sfalda e muore di
fronte all’avanzata della dittatura industriale”, unicamente presi, come siamo, dalla preoccupazione per il “dissenso" nell’Europa orientale. Che là esistano
gravi problemi, è vero. Che quei
problemi ci riguardino da vicino è pure una verità incontro
alla quale occorre andare con
armi e strumenti nuovi e appuntiti. Ma intanto è delittuoso trascurare “l’implacabile progetto
delle tecnocrazie militari’’, che
stanno già conducendo in America Latina una guerra totale
contre le élites e le idee di origine europea; e che tale guerra
vengono a condurre fino in Europa. (...)
Sarebbe tragicamente assurdo
sostenere che si tratta di fenomeni marginali. È dimostrato
che quei militari provengono da
accademie nordamericane; e quei
poliziotti hanno tutti sostenuto
corsi di aggiornamento per la
lotta contro la sovversione presso una scuola speciale istituita
da più di quindici anni negli
USA. In Italia molte persone dall’apparenza responsabile, alzano
le spalle quando si mette il dito su questi pericoli. “Non siamo in Argentina", dicono. E hanno ragione. Ma la Spagna è vicina e la sua sorte è, per molti
motivi politici profondi, intimamente legata alla nostra, più che
mai in questo momento. Dire
che occorre prestare attenzione
a quello che vi accade, è poco.
Occorre considerare la minaccia
che là si delinea contro la ripresa democratica, come una minaccia diretta contro la salvezza ' della democrazia nel nostro
paese ».
Noi non condividiamo interamente il parere dell’articolista.
Di fronte alle conseguenze mortali di una politica abietta come
quella del mondo capitalista, qui
denunciata, il problema non si
limita soltanto a tenere il più
lontano possibile il pericolo che
appare vicino. Il vero problema
è, molto più, quello di combattere il male nella sua stessa sede. Non dimentichiamo poi neppure che in una delle nazioni
sudamericane vivono molti nostri fratelli in fede.
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8 luglio 1960
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