1
Per 1a OermaniA id.................. „ 6 50
Non si ricevono associazioni per meno di
stali, che dovranno essere inviati franco in Fi
nn anno. \ renze, via Tomabuoni al Deposito libri religiosi.
All’estero, a’ seguenti ^dirizzi: Parigi, dalla libreria C.Meyrueis, rue Kivoli;
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SOMMAKIO
tfaìitcuione bOliea : Le opere della come e dello, spirito — Lettura o studio della Bibbia. UI. —
Riccardo Weaver.
MEDITAZIONE BIBLICA
lE OPERE DELLA CABNE E DELLO SPIRITO
Non v’ingannate: Iddio non si puh beffare:
perciocché cib che l’uomo avà seminato,
quello ancora mieterà. Imperocché colui
che semina alla sua carne, mieterà della
carne corruzione: ma chi semina allo Spirito mieterà dello Spirito vita eterna.
Galat. vi, 7, 8.
Che cosa è la carne? Che cosa è lo spirito? Ecco quello che è necessario prima di tutto definire, per intendere che cosa vuol dire
seminare alla carne, e seminare allo spirito.
Nella Scrittura, carne, qualche volta significa il nostro corpo.
AsiioXI —N. 3. Ili SERIE 15 Fkbbbaio 1862
LA BUONA NOVELLA
gioenale dei-la evangelizzazione
^JVWXcSxAAA/—
Andate per tutto il mondo e predicate l'Evangelo
(la Buona Novell^ ad ogni creatura.
Mattbo xn, 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE | LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per il Recno [franco a dcstinarionel 3 00 ( In Firekis, da Le^tpoldò Ptneili, via Tomabuoni
^ «c S Deposito di libri religiosi.
Per !a Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 jp Livorno, via San Francesco, idem.
Per l’Inghilterra, id..................... 5 50 Jfi“. aUa Chiesa Evang^elica.
' In Torino, via Principe Tommaso dietro ilTcmpio Taldese.
Nelle Provinctb, per mezzo di franco-bolli po-r
2
come si trovà detto: “ Ogni carne è fieno, e che tutto il bene che
ella fa, è come un fiore della campagna (Isai. xl, 6) ; ma quando è
opposta allo spirito, vuol dire la nostra natura corrotta che abbiamo
ereditata nascendo, e che si sviluppa nel crescere, se non è combattuta da una nuova natura, formata in noi dallo Spirito di Dio, che
nella Scrittura è detto lo Spirito. Questa carne, o mala natura, è
benissimo, e chiaramente caratterizzata dall’apostolo nella lettera ai
Romani dicendo: “ Perciocché io so che in me, cioè nella mia carne
non abita alcun bene ” (vn, 18 ; e al cap. viii, 7, 8) ; “ l’affezione della
carne, è inimicizia contro a Dio: perciocché ella non si sottomette
alla legge di Dio; imperocché non pure anche può. E coloro che sono
nella carne, non possono piacere a Dio. ”
Queste due nature, la natura corrotta, chiamata la carne, e la natura santa e rinnovata chiamata spirito, si trovano riunite nel fedele: sono in continuo contrasto, perchè sono in continua opposizione una dell’altra. “ La carne appetisce contro allo spirito, e lo
spirito contro alla carne ” (Gal. v, 17). Li uomini si dividono in due
classi ; una, de’ non rigenerati, dominati dalla carne, si affezionano
alle cose della carne, l’altra, de’ rigenerati condotti dallo spirito, si
affezionano alle cose dello spirito; (Rom. vm, 5). Ugualmente le
azioni de’ rigenerati, che hanno ricevuto, una nuova natura, si dividono in due classi: le une sono prodotte da impulsi nei quali domina
lo spirito; le altre da impulsi nei quali la carne, cioè la vecchia
natura comanda. Quando il cristiano soddisfa ai desideri della vecchia natura, egli semina alla carne. Quando segue i desideri e le
inclinazioni della nuova natura, semina allo spirito. Ogni cura deve
esser rivolta a fortificare l’ultimo di questi principi) e combattere il
primo, obbedendo a queste esortazioni del Salvatore: “ Vegghiate ed
orate, lo spirito è pronto, ma la carne è debole ” (Matt. xxvi, 41).
Ma per discernere viemeglio le opere nelle quali si semina alla
carne, da quelle che si seminano allo spirito, distinguiamo le prime
in due classi generali.
I. Si semina alla carne, ggni volta che si eseguisce qualche
opera condannata dalla legge di Dio: imperocché la carne non si
sottomette alla legge che ne è nemica, come lo Spirito Santo ci dice,
tutte le volte che si trasgredisce la legge di Dio, si adempie la volontà della carne, si semina alla carne: “ or, manifeste sono le opere
della carne, dice lo Spirito Santo, che sono, adulterio, fornicazione,
immondizia, dissoluzione, idolatria, avvelenamento, inimicizia, contese, gelosie, ire, risse, dissensioni, sette, invidie, omicidi, ebbrezze,
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ghiottonerie, e cose a queste somiglianti, delle quali cose vi predico,
come ancora ho già predetto, che coloro che fanno cotali cose non
crederanno il regno di Dio. ” (Galati v, 19, 20, 21.
Nel novero delle opere della carne, vediamo che lo Spirito Santo ha
unita la enumerazione dei vizi abominevoli con quella di azioni che
appena portano il nome di peccati, come la gelosia, la rissa, l’invidia.
E perche? Perchè Dio non giudica delle cose come l’uomo, bastandogli che una cosa sia contraria alla legge, perchè ai suoi occhi sia
segnata del carattere della carne, cioè della corrotta natura, che è
nemica della volontà del Creatore. L’opera della carne è il peccato, e
il peccato, è tutti» ciò che è contro la Legge.
Se le opere della carne sono evidenti, quelle dello Spirito non lo
sono meno. I frutti dello Spirito, dice l’apostolo, opponendogli alle
opere della carne, sono “ carità, allegrezza, pace, lentezza all’ira, benignità, bontà, fede, mansuetudine, continenza: contro a cotali cose
non vi è legge” (Galati, v, 22, 23). Per il che vediamo che le opere
dello Spirito sono quelle, le quali ben lungi dall’essere contro la legge
di Dio, ne sono anzi conformi.
Distinte così le opere della carne da quelle dello Spirito crediamo
dover fare osservare che nell’adempimento di ciascuno smoderato desiderio della carne esistono infrazioni della legge di Dio grossolane,
e spiacevoli, altre che sono decenti e approvate dall’uso del mondo,
o che almeno non sono in modo alcuno diffamanti nell’opinione. Ma
6ia che la ricerca di quello che soddisfa alla carne abbia qualche cosa
di grossolano, sia che abbia qualche cosa di piiì decente e più puro,
il gettarvicisi, è sempre seminare alla carne: è sempre nutrire e alimentare i suoi desideri; è sempre vivere per la carne, e non per
lo Spirito.
Il fornicatore e l’adultero seminano alla carne in modo grossolano
e scandaloso: ma colui che riguarda una donna per appetirla, semina
alla carne senza scandalo. La donna che “ in assetto di meretrice,
cauta d’animo, strepitosa e sviata, i cui piedi non si fermano in casa,
essendo ora fuori, or per le piazze, e stando alli agguati presso ad
ogni cantone ” (Prov. vn, 10-13), semina alla carne in modo scandaloso; ma le vergini di Sion alle quali il profeta rimprovera contegno e abito immodesto (Isaia in, 16-24), tutte le donne oneste apparentemente ma che cercano attirare su loro li sguardi altrui, e che
fanno dell’arte di piacere uno studio, seminano alla carne in un modo
che non ha nulla di scandaloso. Dina seminava alla carne, quando
si allontanò dalla casa paterna per andare a vedere le giovinette del
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paese: Jezabel Beminava alla carne, quando si mise alla finestra, abbigliata e imbellettata per attirare li sguardi di Jehu. Salomone seminava alla carne in modo sconvenevole, quando nel suo allontanamento da Dio, ebbe numero infinito di concubine, si lasciò captivare
il cuore dalle donne straniere, fino ad adorare i falsi dei. Ma Sansone
seminava alla carne, benché in modo meno scandaloso, quando trascinato dalla sua passione a sposare una donna dei Filistei,rispondeva
alle osservazioni del padre suo e della madre sua “ Prendimi costei,
perciocché ella piace alli occhi miei” (Giud. xiv, 3). Il profano Esaù
seminava alla carne in modo sconveniente e scandaloso quando per
una minestra di lenti, vendè la sua primogenitura. Ma suo padre
Isacco seminava pure alla carne, quando preferiva il profano Esaù
a Giacobbe uomo retto ed intiero, poiché le salvaggine erano il suo
gusto, e li procurava vivande che gli appetivano. Giuda seminò alla
carne nel modo il piiì. infame, quando per soddisfare aU’avarizia vendè
il suo maestro; lo stesso fecero Anania e Saffira, quando per il medesimo motivo, si ritennero una parte del prezzo del campo che avevano
venduto, e mentirono allo Spirito Santo. Ma seminava alla carne in
modo non scandaloso il nipote di Àbramo, il quale sebbene riconosciuto dallo S. Santo per giusto, aveva la debolezza di essere troppo
attaccato alle cose della terra, prendeva per lui'la piiì bella parte,
lasciandogli Abramo la scelta, e con difiicoltà lasciava Sodoma,
quando bisognava fuggire abbandonando tutto quello che possedeva.
Li esempi di questa natura si moltiplicherebbero, e i casi di seminar per la carne sarebbero numerosi, senza che alcuno si scandalizzasse, ed anche senza far nulla che potesse essere di urto ai figli di Dio,
ed obbligargli a ricusarci il titolo di fratello. Bisogna che ognuno si
esamini sotto lo sguardo del Signore, e domandi a se stesso, se realmente l’insieme della sua vita tende a nutrire la carne o a mortificarla
per mezzo dello Spirito.
II. Abbiamo caratterizzate come opere della carne, tutte quelle
che sono contrarie alla legge di Dio, e per conseguenza come seminando alla carne, coloro che vivono per soddisfare sia in modo sconvenevole sia in modo decente, alcuno dei loro desideri. Ma vi è un mezzo
in qualche maniera più dannoso di seminare alla carne, ed è di fare il
bene per motivi estranei afi'atto a quelli per i quali lo Spirito di Dio
fa agire coloro che conduce. In questo caso, é per propria soddisfazione, dell’orgoglio, o di vedute interessate, che si adempie la legge
di Dio : e siccome l’orgoglio, o delle vedute interessate, fanno parte
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della carne, cioè della nostra propria volontà, si semina alla carne
quando si fa il bene per tali motivi, invece di farlo per il timore, o
iwr l’amore di Dio.
Si potrebbero, per esempio, fare i due piìi grandi sacrifizi ; si
potrebbero dare tutti i .propri beni ai poveri, e il corpo per esser
bruciato, senza che ciò nulla ci giovasse, se questi sacrifici in luogo
di aver per movente la carità, avessero per impulso l’orgoglio e
10 spirito di partito. Si potrebbero fare atti esterni e le mille volte
ripetuti, e moltiplicare domande, come dice il profeta, senza che
Dio le riguardasse, senza che ce ne fosse grato, ed anche ricevendo da lui la formale dichiarazione che tutte queste cose gli
sono in abominazione, e che non può sopportarne la noia, perchè
non procederebbero da un cuore retto e disposto a togliere d’innanzi a Dio la malizia delle sue azioni. La preghiera del cattivo gli
sarà imputata come un delitto. Si protebbero tiare esteriormente delle
cose sorprendenti e ammirabili, per il bene della umanità, e per
l’avanzamento del regno di Dio, si potrebbero parlare le lingue delli
nomini ed anche delli angeli, si potrebbe avere alli occhi delli altri
una virtù quasi soprannaturale, essere vantato, ammirato da tutti, ed
anche fra il popolo di Dio, e non ostante esser trovato non aver fatto
che l'opere della carne, non aver seminato che per la carne, perchè
l’orgoglio, 0 altro motivo contrario all’amore di Dio, saróbbe stato
11 princijiio di un apparente affetto. Per quanto sieno belli i rami
ed i frutti, se il timore e l’amor di Dio non ne sono il sugo, saranno
condannati nell’ultimo giorno come opere della carne “ Perciocché
ecco quel giorno viene ardente come un forno: e tutti i superbi, chiunque opera empiamente, saranno come stoppia, e il giorno che viene gli
divamperà: ha detto il Signore delli eserciti; talché non lascerà loro
uè radice nè ramo. ” (Malac. iv, 1).
Nonostante che i due tratti generali per i quali caratterizziamo le
opere della carne, possano già guidarci nelle classazioni delle nostre
azioni, in opere della carne ed in 0{)ere dello Spirito, nondimeno, siccome per la malizia del nostro cuore, siamo indotti a farci molte illusioni, e a malamente applicare le massime generali, crediamo utile
dar qui alcune regole più circostanziate, per le quali ognuno possa
riconoscere quando semina alla carne.
1° Siamo spesso avvertiti da un segreto malessere, indizio che non
siamo approvati da Dio, che si fa quello che gli dispiace, o che non
si fa il bene con retta intenzione: “ Colui che cammina in integrità,
cammina con sicurezza: e quando si mangia del frutto delli alberi
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<lei quali Dio ha permesso di mangiare, se ne mangia liberamente.
Ma quando si sente, non ostante tutti li sforzi che facciamo a persuaderci che non vi è male in una cosa, quando si sente in se qualche inquietudine, qualche interna condanna, sebbene indeterminata,
ciò prova che non siamo pienamente persuasi che si fa bene. Ciò
prova che non si semina allo Spirito, imperocché là ove è lo Spirito
del Signore ivi è libertà. ” (2^ Corit. ni, 17).
2° Quello che si fa con precipitazione e senza prendere il tempo
per pregare, è ordinariamente opera della carne. Chi si affretta si
smarrisce: Colui che è condotto dallo Spirito Santo, livella il sentiero
dei suoi piedi, consulta la bocca dell’Eterno, e lo riconosce in tutte
le sue vie. Quando si precipitano le parole, o le azioni, è raro che
questo impetuoso movimento non sia quello della carne che è spinto
dalla passione, dall’orgogUo, e che si affretta per essere soddisfatto.
Lo Spirito di Dio è uno Spirito di un sentimento di calma, prudenza,
sfiducia di se stesso, di esame di tutto, per non ritenere che quello
che è buono: e tutte queste disposizioni portano ad agire lentamente,
come portano a non agire senza aver consultato colui che è, il Consigliere, e che ha detto: “ Io ho l’occhio sopra di te. Agire senza prendere il tempo di pregare, è agire da orgoglioso, che si fida di se
stesso, 0 da chi teme consultare l’Eterno ; nell’un caso e nell’altro è
un agire secondo la carne non secondo lo Spirito.
3° Però havvi alcuno che, anche pregando, agisce secondo la
carne, perchè fa della preghiera la scusa della propria volontà dicendo: “ Ho pregato son sicuro dunque, seguendo il mio sentimento,
di essere nella volontà di Dio. Ma costui non si accorge che ha pregato, essendo già in qualche modo deciso di fare la propria volontà,
e che coà non giudicando rettamente, non ha ricevuto da Dio una
risposta: poibhè Egli ci dice per mezzo di uno dei profeti, che se alcuno viene a lui avendo i suoi idoli nel cuore, gli ha già risposto quello
che gli doveva rispondere.
In conseguenza, un deciso carattere dell’opera della carne, una
prova senza replica che si semina alla carne, è di non poterci render
conto con la Parola, chiaramente e semplicemente interpetrata, del
modo con il quale si agisca Quando in luogo di dire, così è scritto,
si appoggia per agire, nel suo sentimento, sopra una persuasione interna, sull’opinione e l’esempio del tale o tal altro, in una parola, su
cose affatto estranee alla lettera o allo Spirito di un passo della Parola, si deve temer grandemente di seminare alla carne, imperocché
quando la Parola non è, lampana ai nostri piedi, e lume al nostro
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sentiero, (Salm. cxix, 105), si cammina nelle tenebre e non bì sa
ove si va. È ancora piiì evidente che si semina alla carne, quando si
recusano i consigli e le direzioni dei fratelli, che si offende o sdegna,
0 che si cerca almeno di eludere una discussione chiara su di un
punto pratico in cui si cita la Parola per combattere le nostre idee.
Lo Spirito S. dice; “ colui che ascolta il consiglio è savio colui che
odia la riprensione è un insensato: ” il servo di Dio non deve essere tenace al proprio sentimento, che si deve, aver di se stesso idee modeste, e non essere savio ai propri occhi. Dunque non è per lo Spirito
di Dio che si è condotti a non volere nulla ascoltare, nulla esaminare,
e a seguire con testardaggine le proprie idee, senza riguardo alcuno
alle osservazioni altrui.
4° Un altro indizio dell’opera della carne, è quando si temerebbe
la presenza del Salvatore, o solamente quella di un fratello del quale
si ha stima: quando non si ardirebbe lasciar penetrare fino nel proprio cuore lo sguardo di alcuno che si crede santo. Le cose che si nascondono, sono cose vergognose, dice la Scrittura. Non si teme la presenza di un uomo rispettabile, neanche quella di Dio, quando si ha
la coscienza di agire rettamente; “ Guai a coloro che vogliono andare
piiì lungi che l’Eterno, le di cui opere sono nelle tenebre, e che dicono
chi ci vede, chi ci scorge 1 Guai alle parole che non si ardiscono dire
che aU’orecchio, con raccomandazione che il tale o il tal altro non le
sappia! Guai alla camera della quale è chiusa la porta, non per esser solo con Dio, ma per esser solo, lontano da Dio e dalli uomini!
Guai a tutte le conversazioni e a tutte le azioni che il Signore turberebbe con la sua presenza, se ad un tratto apparisse, e che entrasse
come al tempo dei discepoli a porte chiuse I Quando si fa il bene non
ci nascondiamo: non ci mascheriamo per seminare allo Spirito, ma
per seminare alla carne: imperocché la sapienza che viene dall’alto
è senza finzione.
5'’ Finalmente l’ultimo mezzo per sapere se si semina alla carne
0 allo Spirito, è di domandarsi, se ei direbbe, se si farebbe la tal cosa,
se si approverebbero i motivi per i quali si agisce, nel caso che si
dovesse morire il giorno stesso, e fra alcune ore. Quante cose sulle
quali si passa leggermente, delle quali ci facciamo poco rimprovero
o che si tengono per buone, prenderebbero un altro aspetto, e ci apparirebbero come opere della carne, se le giudicassimo alla luce del
giorno dcU’eternità 1
Non termineremo questa prima parte, senza fare osservare che
l’apostolo non mette via di mezzo fra il seminare alla carne, e semi-
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nare allo Spirito, che così ad ogni momento della nostra vita, seminiamo per l’uno o per l’altra. E vero che finché siamo qui in terra,
e che ciò che è imperfetto non è ancora distrutto, è raro che seminiamo allo Spirito, senza che vi abbia nelle nostre migliori azioni
qualche mistura della carne. Ma non ostante questa mistura, ogni
azione, come tutta la vita, è dominata da uno di questi due principi.
Quelli che sono condotti dalla carne, si affezionano alle cose della
carne, e quelli che sono condotti dallo Spirito, si affezionano alle cose
dello Spirito. Ogni giorno, ogni ora, ogni azione, ogni pensiero, è
marcato del sigillo della carne, o del sigillo dello Spirito, secondo che
l’uno o l’altro domina. In certi casi, Dio solo è in grado di discernere fra quello che viene dall’uno o dall’altro di questi principi; non
pertanto sta a noi ad impiegare tutti i mezzi che sono in poter nostro
per assicurarci che seminiamo allo Spirito e non alla carne.
( continua )
LETTURA E STUDIO DELLA BIBBIA
III
(Continuazione, V. N. 1 e 2)
Quinta bbgola. — Bisogna spieg<vre la Scrittura con la Serittum.
È questa una regola semplice, facile, e naturale. Le cose di Dio non
possono essere intese che con lo spirito di Dio, 1* Corint. ii, 10-13. In
questo modo si giunge non solo alla intelligenza di alcuni passi particolari,
ma ancora alla certezza della dottrina delle Scritture sui punti di fede e di
morale.
L’importanza di studiare in questo modo la Santa Scrittura è dimostrata
dal numerosi equivoci che l’assenza di questa regola fece prendere ai Giudei
contemporanei del nostro Signore. Noi abbiamo inteso dalla legge che il
Cristo dimora in eterno. Gen. xii, 34; essi alludevano al Salm, lxxix, 36,
37; Isai. ix, 7; Dan. vii, 14; ma non avrebbero aggiunto: « come dunque
dici tu che conviene che il figliuolo dell’uomo sia elevato » se avessero
studiato questo passo alla luce vira e spirituale d’Isala lui; Dan. ix, 26.
Vi sono diflFerenti generi di paralellismo: li andremo enumerando.
Paràlellismo di parole. — Quando una parola ha in una frase un senso
che l’insieme di essa lascia dubbio, si cerca allora spiegarla col senso più
chiaro che può avere altrove. David è chiamato un uomo secondo il cuore
di Dio, 1 Sam. xiii, 14 conf.; Atti xm, 22; ma veramente Dio ha voluto
presentarcelo come modello di perfezione? I due passi lasciano il dubbio:
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si ricorra a 1 Sam. ii, 35; o troveremo espressioni analoghe, che dissiperanno il dubbio, dubbio che sarà viepiù dissipato dalla lettiira dei Salmi che
ci assicurerà del fermo ed umile pentimento del re profeta dopo la sua
caduta.
L’espressione, vestir Cristo 6 adoprata, Gal. iii, 27; parlando di coloro
che sono stati battezzati in Cristo. llom. xiii, 14; in opposizione a coloro
che hanno cura della carne, per soddisfarne i desideri. Col. iii, 10; vestir
l’uomo nuovo, implica il rinnovamento in conoscenza secondo l'immagine
del Redentore, cioè. Col. iii, 12-14; in misericordia, bontà, dolcezza......
e sopra tutto in carità, perchè la carità è il legame della perfezione. Queste
espressioni si legano le une colle altre.
Quando S. Paolo dice, Gal. vi, 17; io porto nel mio corpo le stimmate
del Signore Gesù, non vuole alludere, come han preteso certi teologi, alle
stimmate e alle piaghe della croce come se l’apostolo le avesse avute nel
suo corpij, in una maniera miracolosa, come si è inventato per S. Francesco, per S. Caterina da Siena; ma come ognuno può convincersi leggendo,
2 Cor. XI, 23; che S. Paolo intendeva le pene e le sofferenze che sopportava
per la predicazione del Vangelo.
E il paralellismo dei nomi propri è della più grande importanza, imperocché rende sensibili o fa rilevare dei fatti e delle verità che senza esso
perderebbero ogni loro importanza e significazione. La menzione del Salmista, Salm. evi, 13; del vitello che li Israeliti fecero in Oreb, risalta quando
si vede, 1 Esodo xxxiii; menzionato il luogo stesso ove Dio ha fatto alleanza
con loro, e dove avevano pur allora solennemente renunziato alla idolatria,
commettevano quest’atto idolatra e ribelle.
Il carattere di Balaam, Num. xxii, xxiv; lascia incerti e si vuol sapere
se veramente fu profeta, e se lo fu, quali furono le cause della sua caduta :
la risposta trovasi, 2“ Pietro ii, 15; Giuda ii; Apocal. n, 14; ove è detto
che egli amò il salario d’iniquità, che era avaro, e non si allontanò da nes •
sun delitto per soddisfare alla sua passione.
Si distinguono tre diiferenti specie di paralellismo nelle parole :
I. Quando la stessa cosa è espressa nei medesimi termini così Esod. xx,
2-17; Deuter. v, 6-18; Salm. xiv, e lui; Isaia ii, 2-4; e Mich. iv, 1-3. In
questo caso un passo viene all'appoggio dell’altro, e serve ad illuminare
l'esatto suo senso. Isaia vi, 9, 10; per esempio è citato sei volte nel N. T.,
e paragonare questi sei passi non può che aiutare a far comprendere il
pensiero del profeta. Vedi Matt. xiii, 14; Marc, iv, 12; Luca vm, 10;
Giov. xn, 40; Patti xxvm, 26 ; Rom. xi, 8.
II. Quando i medesimi fatti sono raccontati presso a poco nella stessa
maniera colla riproduzione di espressioni talvolta identiche, come avviene
nell’Esodo, Levitico, Deuteronomio riguardo alla storia di Mosè, nei libri
di Samuele, dei Re, delle^Croniche per la storia della dignità reale : negli
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Evangeli per la vita e gli ammaestramenti di Gesù Cristo. Allora una narrazione completa, spiega l’altra. Le parole difficili sono rese chiare dalle
parole paralelle dell’altra versione, e talvolta si modificano. V. Matt. n, 1 ;
Luca II, 1-4.
III. Finalmente quando le stesse parole o locuzioni sono adoperate in
diversi contesti. L’espressione € la sana dottrina » che trovasi 1 Timot. i,
10; VI, 3; 2 Timot. i, 13; iv, 3; Tito i, 9; n, 1, 2, 8; significa evidentemente, dal confronto di questi passi, le semplici e grandi dottrine del Vangelo in opposizione alle sottigliezze dei filosofi. La parola carne che è vaga
Rom. VII, 18; deve esser presa nel senso che ha in Rom. vni, 8; come
stato naturale del peccata.
Talvolta due frasi, quantunque paralelle e per se stesse identiche, hanno
difi’erenti significati, Giov. i, 21 ; Matt. xi, 14; Giov. v, 31 ; vìi, 14; Atti ix,
7; XXII, 9; Luca i, 33; 1 Cor. xv, 14.
Un accurato esame fa ordinariamente sparire le apparenti contradizioni
che si scontrano nei passi paralelli. I sette anni di carestia, 2 Sam. xxiv,
13; che comprendono il corrente, ed i tre che precedettero, xxi, 1; sono
ridotti a tre 1 Cron. xxi, 1 ; poiché quest’ultimo passo tocca solamente li
anni deU’avvenire senza far menzione del passato. Si confronti, 2 Sam, xxiv,
24; e 1 Cron. xxi, 25.
Siamo diligenti: 1® NeU’esaminare il senso che ha unr parola in un libro e
presso un autore, con quello che ha nelli altri scritti della stessa epoca, e con
quello che ha nel resto della Bibbia; 2“ Non ammettiamo in un passo apparentemente paralello, senso alcuno che non sia in rapporto col contesto
0 coll’oggetto che tratta e si propone l’autore. La parola opere non ha in
G iacomo lo stesso senso che nella lettera ai Romani ed ai Galati. La voce
parola non ha lo stesso senso in Giovanni, i, 1; e nella 2 Timot. iv; ove
significa Evangelo.
Paralellismo delle idee. — Si paragonano fra loro due differenti narrazioni di uno stesso fatto, o dei fatti della stessa natura, o dei passi differenti
ma relativi ad una stessa dottrina per ottenere una idea esatta e completa
della verità, tal quale è contenuta nell’insieme della Scrittura. Per esempio.
Vuoisi sapere se il calice della comunione appartiene a tutti i fedeli, o se
debba esser dato al solo prete? Trovisi prima il comandamento del Salvatore: « Bevetene tutti », Matto, xxvi, 27. Se si pretende che qui trattisi
solo delli apostoli, bisogna esaminare, 1 Cor. xi, dove lo stesso soggetto si
trova svolto sotto il punto di vista della Chiesa e dei fedeli: ivi in sei versetti consecutivi 22, 23, 26, 27, 28, 29, le espressioni mangiare e bere
sono riunite parlando della comunione, come essendo inseparabili : mangiare
il pane e bere il calice sono adunque atti comandati a tutti i cristiani senza
distinzione. Or provi Yuomo se stesso, e cosi mangi di questo pane e bea
di questo calice. Secondo esempio, Matt. xvi, 1^ Tu sei Pietro e sopra
11
questa pietra edificherò la mia Chiesa. Noi vediamo da 1 Cor. iir, 11 ; che
tjon vi può essere per la Chiesa altro fondamento che Gesù Cristo ; ciò
toglie al primo passo un senso che potrebbe avere se fosse preso letteralmente. D’altra parte risulta dalli Atti, n, 14; x, 15; che le predicazioni di Pietro furono le prime indirizzate ai pagani, ed in tal caso si può
dire che fu lui che fondò primieramente la Chiesa fra i pagani. Infine si
può aggiungere con Agostino, Lutero, che le parole di Gesù Cristo si riferiscono non già a S. Pietro, ma bensì alla confessione che egli aveva fatta:
e questa idea è avvalorata dalle espresse idee paralelle, Gal. i, 16; Giov. vi,
51 ; 1 Giov. in, 23 ; iv, 2, 8.
Dobbiamo aver presente che i passi oscuri, debbono essere interpetrati
coi passi più chiari: le parole difficili e figurate dalle parole più facili; e le
dichiarazioni astratte e sommarie dai paralelli più espliciti e più sviluppati.
La dottrina della giustificazione per la fede brevemente annunziata in
Filip. in, 9; è pienamente esposta nelle epjptole ai Eomani ed ai Galati.
La espressione figurata « una nuova creatura s adoperata nei Galati vi, 15;
è spiegata v, 6; e 1 Corint. vn, 19; La carità della quale parla, 1 Pietro
IV, 8 ; è l’amor fraterno, e se dice che essa copre una moltitudine di peccati, non è che giustifica i peccatori, ma evita le occasioni del male, e
calma le dispute come si vede dal passo paraleUo, Prov. x, 12.
h'Analoffia della fede. — Sotto questo nome di analogia della fede si
pone il paralellismo applicato non solo a qualche parola, o qualche idea,
ma all’insiettie deHé verità evangeliche ed al generale tenore delie Scritture;
ne abbiamo qualche esempio, Galati v, 14; 1 Cor. xv, 3-11; ove l’apostolo
dopo avere esposto i fatti e le dottrine che si referiscono alla morte e alla
resurrezione di Cristo, deduce altri fatti e dottrine come conseguenze naturali.
Questa analogia della fede è chiamata nella Bibbia « Le Scritture »
1 Corinti XV, 3-4: t Tutta la legge », Gal, v, 14; « la bocca di tutti i
profeti », Atti in, 18; San Paolo la dice pure: « proporzione della fede »,
Rom. XII, 6.
Una dottrina non è analoga alla fede se non quando risulta da tutti i
testi delle Scritture relativi allo stesso soggetto attentamente esaminati,
dai termini di un passo atti a registrare e talvolta a modificare quelli di un
altro, per spiegarli e renderli più chiari. Alcuni esempi schiariranno il
concetto.
I. Dio è nella Scrittura, uno spirito, puro, santo, presente per tutto
conoscendo tutto. Tutti i passi che sembrerebbero materializzarlo, o localizzarlo, o limitarlo, nei suoi attributi devono essere interpetrati per analogia della fede, in una maniera spirituale lasciando intatta la dottrina di un
Dio spirito.
II. L’Evangelo ci chiama alla santità. Ogni altra conseguenza che si
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vorrebbe far deviare alla dottrina della giustificazione per fede, deve esser
rigettata siccome falsa e non analoga alla fede.
III. Il passo nei Prov. xvi-, 4; « II Signore ha fatto ogni cosa per se
stesso », eziandio l’empio per lo giorno del male! non può significare che
Dio ha creato l’empio a bella posta per condannarlo: ciò è contrario alla
analogia della fede. Vedi Salm. cxlv, 9; Ezech. xvin, 23; 2 Pietr. iii, 9.
Paralellismo apjdicato allo stile figurato. — La ricerca dei paralelli è
importantissima quando per esempio si tratta di determinare se un passo
debbasi prendere in senso proprio o figurato. Dio è talvolta rappresentato
come avendo in mano un calice che Egli da a bere a coloro che vuol punire, i quali cadono colti da inebriamento: questa immagine che si trova
in Nahum in, 11; Abacuc ii, 16; Salm. lxxv, 8; è pienamente spiegata
dal paralellismo d’Isaia li, 17-23. Il calice è il furore dell’Eterno e la sua
giusta indignazione : V inebriamento è una desolazione ed un affanno al di là
di quello che l’uomo può sopportare. Parimente leggiamo, Atti ii, 21 ; che
« chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato », ma noi leggiamo
in S. Matteo che non tutti coloro che diranno: Signore! Signore! entreranno nel regno de’cieli: dove resulta che il passo delli Atti non deve esser
preso in un senso letterale e ristretto. Si spiega nei Eom. x, 11-14; e
1 Cor. i, 2. Qui vediamo infatti che quelle parole tolte al profeta lode ii,
S2; devono intendersi come atto di fede nell’accettare Gesù siccome il
Messia, e della adesione alle dottrine rivelate da Lui.
Premesse'queste regolo come lè più importanti, con Tarato e il soccorso
dello Spirito di verità scendiamo a studiare i libri della Bibbia.
Angus.
RICCARDO WEAVER *
Il lettore, si convincerà che il predicatore del quale siamo per parlare, è
stato provvidenzialmente chiamato a compire un’opera particolare e necessaria. Sembra che sollecitato dall’onorevole Noel, Riccardo Weaver si recasse a Londra, e cominciasse quei suoi commoventi e patetici discorsi che
resero venerato il suo nome, alla numerosa classe operaia che popola quella
capitale.
In un assemblea di ministri e signori tenuta nell’aprile del 1861, il rev.
Noel pronunziò molte ed ardenti esortazioni sulla necessità di risvegliare il
sentimento religioso del popolo delle grandi città, impiegando a questo
scopo, tutti i mezzi i più efficaci. Sviluppando la sua idea, disse : Weaver,
* Si pronunzia Uivar.
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per esempio, minatore convertito, predicando il Vangelo, ha avuto gran
successo presso quei della sua classe; eppure, appena sa leggere. Egli ha
predicato a Sheffield ed in altre città alla moltitudine dei lavoranti, ed
hanno avuto il loro dilette, nell’udire la parola di verità che esciva dalle
sue labbra, Quand'era tutto dedito alle pubbliche lotte, fu sempre vittorioso. I suoi compagni solevano chiamarlo « l'intrepido », ora ch’egli è
cristiano, conserva sempre quell’eroico carattere. Quando si convertì fu
molto ed in diversi modi beffato e persegxiitato dagl’irreligiosi suoi compagni che lavoravano seco lui alle miniere. Uno di loro gli rubò una certa
quantità di carbon fossile; accortosene Weaver, gli disse; — quel carbone
c mio e non tuo; come cristiano non debbo nò posso incoraggiare i ladri.
— Non importa — rispose l’altro — sarà mìo. — Se così pensi, — disse
Weaver — vedremo chi sarà più forte — e riprese il carbone. 11 ladro
s’infuriò e gli dette uno schiaffo, e si pose in attitudine di menargli dei
pugni. Ma Weaver disse; il mio Maestro dice, « se alcuno ti percuote in
su la guancia destra, rivolgigli ancor l’altra », e si lasciò dare un altro
schiaffo da quell'uomo infuriato e non lo rese. Il percuotitore pacificatosi
tornò al lavoro. Ciò accadde il sabato. H lunedì venne da Weaver tutto
tremante e pallido come morto, e gittandosi ai suoi ginocchi gli chiese perdono dicendo: — Da sabato in qua non mi sei più uscito dalla mente; sono
un disgraiiato; perdonami! — Weaver, rispose, — se sei pentito di quanto
hai fatto, volentieri io ti perdono. — La oonclusione fu che quell'uomo riconobbe gli effetti del suo cattivo carattere, e convertitosi gode i frutti della
grazia.
Potrei aggiungere, continuò Noel, molti altri esempi del salutare effetto
prodotto dalla condotta cristiana di Weaver, e della buona influenza delle
sue parole; e come gli si dovrebbe impedire di predicare, mentre l’indemoniato di cui parla il Vangelo venne nelle dieci città di Decapoli predicando
la buona nuova della salvazione in Gesù Cristo crocifisso! Il popolo che conosceva l’indemoniato probabilmente gli avrebbe detto; —Come! ieri tu
eri nudo, e fuor di senno, come sai queste cose? Ma egli avrebbe risposto : — È vero, ma posso dirvi quello che Gesù benedetto ha fatto all’anima
mia; non sono stato istruito, ma amo il Salvatore, e desidero che voi pure
l’amiate. Appunto perchè io era un indemoniato, ed ora sono cristiano
posso predicare. — Non i da maravigliarsi, aggiunse Noel, che migliaia di
persone sieno state commosse nell’udire le prediche di Riccardo Weaver,
poiché egli ha cuore, carattere e vita da vero predicatore. Se si posson combinare questi mezzi naturali, l’ingegno con l’educazione, tanto meglio; ma
frattanto la Chiesa non deve disprezzare, nè ricusare d’incoraggire un
uomo come lui.
Weaver non ha che circa 37 anni, benché ne dimostri di più; è magro
e piccolo. Li uomini i più spregiudicati che lo hanno sentito sono stati toc-
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cati fino alle lacrime dalle sue commoventi descrizioni; eppure non ha
nulla di simpatico nel volto, nè di patetico nella voce. Parla ad alta voce,
e la sua pronunzia spiace agli abitanti di Londra, specialmente per il suo
accento di provincia deciso e marcato. Somiglia il famoso Gough, — e
come lui ha gran potenza sulla massa del popolo per il suo modo di porgere
che ha qualcosa di drammatico. Però non ha nella maniera nulla di teatrale
ha gesti naturali, benché violenti, prodotti da uno schietto ardore del soggetto del quale parla, e da una fortissima convinzione della verità di tutto
quello che dice. A quindici anni abbandonò la casa paterna e da quel momento si allontanò dalla virtù ingolfandosi nei vizi fino a ventott’anni; a
quell’età in modo rimarchevole riconobbe il pessimo stato della sua moral
condizione. Li mezzo a vili dissipazioni, le sue orecchie furono colpite da
parole di grave importanza, e fermarono la sua mente. Sebbene non appartenesse a quei che lottano per ottenere un premio, pure fu spesso impegnato in lotte con altri minatori di StrafFordshire. Una mattina, dopo
aver passata la notte in degradanti gozzoviglie, mentre era ancora in
letto, udì parte di una conversazione religiosa, fra due che erano nella
stanza sótto di lui. In quel momento pensava al tenuto combattimento;
sentì che uno degl’interlocutori disse: — Quando Iddio verrà per giudicare, come faremo ad andargli incontro? — fu distolto dai suoi pensieri per un poco di tempo, e si sentì commosso. Gli parve che la domanda avesse ua’applicazione personaLej e involoittariamente la ponderò.
Dopo poco fu chiamato al lavoro. Si alzò, ma non potè andarvi. — Bevi
ancora — disse il tentatore invisibile; egli dette ascolto al maligno suggerimento, andò alla bettola, e per un poco di tempo lasciò le sue buone
riflessioni nella tazza avvelenata. Tornando la sera a casa, inebbriato dai
liquori bevuti, fu spaventato da queste parole della Scrittura che gli vennero alla mente: — gli ubbriachi non erediteranno il regno di Dio. —
Questa tremenda verità lo tormentò tutta la notte, non potè dormire;
la mattina fuggì i compagni, e si nascose in una remota cava di rena, e
quivi la coscienza gli fece sentire la sua colpa e lo immerse nella disperazione. Ma il Signore si mostrò verso di lui misericordioso, ed un raggio di
speranza illuminò la sua mente agonizzante, rammentandogli quello che la
sua pietosa madre gli aveva detto nel momento in cui alzava le mani per
batterla; essa lo supplicava di non farlo per amor suo, e diceva: — Se
vuoi, tu puoi battermi, Riccardo, ma non cesserò di pregare per te. Certamente, pensò egli tra se, queste memorie che mi rivelano la mia cattiva
condotta sono la risposta alle di lei preghiere. Allora gli si affollarono
alla mente, da tanto tempo rimasta ofiuscata, molte verità, insegnategli
nella infanzia da quella cristiana donna, le ultime parole, della quale furono: — che Iddio ti benedica, Riccardo figlio mio, — ed egli pianse
come un bambino manifestando il profondo desiderio di esser perdonato
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delle sue innumerevoli colpo. Questa preghiera fu esaudita, egli lo rammenta spesso con gratitudine, ed una inesprimibile gioia s’impossessò dell’anima sua. Fu un rapido passaggio dal settimo capitolo dei Romani
all’ottavo, dalle parole — Misero me! — a quelle — non vi è nessuna
condannazione. — L’effetto fu tanto potente che egli tornò prestamente a
casa e con viva sensazione raccontava all'uno e all’altro il gran cambiamento che erasi operato in lui. È matto, dicevano gli uni, e gli altri cercavano di farlo tornare alle sue male abitudini; ma egli rispondeva: Non ingombrate la via; lasciatemi andare; addio miei antichi compagni, non
voglio andare aU’inferno con voi, ma dimorare in Cristo.
Weaver fece le sue prime prediche a Londra, nel Mercato di Cumberland, sulla strada di Hampstead, ed in una stanza nella via di Euston,
che era servita per un teatro. Tutte le sere nel giugno del 1860 parlava per molte ore nel suo rozzo e spedito modo, ma commovente, a
migliaia di persone, jpolte delle quali appartenevano alla bassa società, e
per le quali le sue esortazioni erano più specialmente adattate. A mezzo
della predica, fatta all’aria aperta, qualche volta Weaver mettevasi a cantare ; un» volta, il soggetto del discorso era : Quelli adunque che dal Signore
sono stati riscattati ritorneranno, e verranno in Sion con canto : ed allegrezza eterna sarà sopra il capo loro: otterranno gioia e letizia: il dolore
ed il gemito fuggiranno, Isaia 51, 11. — La parte principale del discorso
consisteva- nell’osservare che i riscattati del Signore sono un. popolo che
continuamente canta inni, e la via per andare a Sion è la via del canto, —
verranno in Sion con canto. — Mi è sempre piaciuto il canto, disse, e
credo che nacqui cantando; ma le canzoni che io intuonava ima volta,
non sono quelle che mi piacciono ora; ne ho imparate delle migliori. E qui
l’oratore ripetè con sorprendente prestezza, almeno una dozzina d’inni o
porzidhi d’inni, alcuni dei quali cantava, e l’adunanza ripeteva in coro.
Quindi raccontò il seguente aneddoto, che mostra quanto il cuore di un
uomo destinato a duro lavoro, ed inclinato ai più turpi vizi, possa dalla
grazia di Dio esser reso affettuoso.
Io conosceva un minatore a Straffordshire che aveva una cara bambina, la più piccola di quattro o cinque. Elia era la sua prediletta; e
quando tornava la sera dal laVoro, gli andava incontro fino alla porta della
capanna per dargli il bentornato. Un giorno venendo a desinare non vide
come al solito, la sua cara bambina, ed entrato in casa, la moglie lo chiamò
in camera. Il silenzio e il parlar piano della moglie, lo sorprese e ne concepì tristo presentimento. Sua moglie gli disse che la bambina era ammalata, che il dottore non aveva speranza della guarigione, e che era moribonda. Le lacrime caddero abbondanti sulle nere guancie del padre, ed
accostatosi al letto della figliuolina, essa gli disse: Papà cantami un inno.
— No, mia cara, non posso; non posso cantare. — Oh! si, canta! — Quel
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pover’uomo si provò dunque a cantare, ma il dolore gli serrava la gola. Si
provò di nuovo per contentare la sua cara bambina, ma i singhiozzi gVimpedirono di continuare; aDora la bambina disse adagino: — canta un altro
inno, ed il povero padre riprincipiò a cantare. — Ora basta disse la bambina, e mettendo le braccia intorno al collo del padre, spirò nella pace del
Signore.
Le prediche di Weaver commuovono; il patetico predomina in tutte,
abbenchè egli possa con le sue parole produrre un certo spavento e scuotere le coscienze degli ascoltanti.
Crescendo sempre l’interesse per le prediche di Weaver, diversi signori
desiderosi che il Vangelo fosse predicato ai lavoranti, e specialmente a
coloro che l’ignoravano, risolsero di prendere in affitto una sala per le prediche serali.
Molte parole occorrerebbero se dovessimo dire le interessantissime conversioni di cui abbiamo udito parlare come risultato dglle fatiche di Weaver.
Non pochi di coloro che hanno percorso più di lui la via dell’eterna perdizione, sono stati convertiti a Londra per mezzo suo, ed ora si rallegrano in
Dio loro Salvatore.
Forse molti dotti cristiani non accetteranno tutto quello che dice Weaver,
e talvolta saranno male impressionati pel modo con cui egli esprime i suoi
sentimenti ; ma dovranno eglino per questo, opporre il più piccolo ostacolo,
o ricusare di proteggerlo, quando è manifesto che l’intero suo cuore è occupato a chiamare i peccatori,a Gesù, e che il Signore che serve, si è degnato di accompagnare le sue parole e le sue preghiere con la possente
forza dello Spirito Santo?
Quei signori che si sono associati con Weaver alla sua opera in Londra,
sono tanto soddisfatti del bene spirituale prodotto per mezzo suo, che
l’hanno persuaso promettere di dedicarsi a quest’opera per divergi Aesi, se
glielo permetterà la salute e la forza, cosa che pare poco probabile, a meno
che egli non limiti le sue prediche a non più di sette o otto ore il giorno.
Benché Riccardo Weaver non sia mai stato vinto nelle lotte, egli è però
lungi dal sembrare robusto e forte. Egli pure lo crede, poiché dice che non
vivrà nemmeno altri dieci anni, sebbene non ne abbia che trentasei.
Leopoldo Pinbili gerente
FIRENZE — Tipografia CLAUDIANA, diretta da Raffaele Trombetta.