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Anno 114 - N. 3
21 gennaio 1977 - L. 150
Spedizione in abbonamento postale
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UN MEDICO INTERVIENE NEL DIBATTITO
L’aborto non libera la donna
ma la donna deve essere libera di abortire
Non si può giustificare o condannare in astratto in base alla fredda intransigenza dei principi,
ma occorre pensare a concrete situazioni umane - Due opposte sensazioni nella gestante
È un errore fondamentale nella campagna in corso pro e contro l’aborto provocato quello di
voler essere coerenti giustificando l’aborto nel caso se ne propagandi la liberalizzazione, opponendosi alla liberalizzazione qualora non lo si possa accettare
ideologicamente o sentimentalmente. La coerenza è intrinseca
al ragionamento logico, ma quando si passa a trattare con individui concreti essa deve cedere
il passo a concrete responsabilità, se non si vuol cadere nella
intransigenza o nel fanatismo.
La liberalizzazione è necessaria
c urgente per i molti motivi sociali e individuali che da molte
parti sono stati messi in evidenza e che tutti ormai conoscono.
Una liberalizzazione totale, devoluta alla sola responsabilità della donna, che non deve sottostare all’arbitrio di un estraneo
indifferente o ideologicamente
contrario. Mi consta che persino nella civilissima Svezia chi
ha chiesto allo Stato di poter
abortire deve percorrere un
mortificante calvario che il più
delle volte lascia trascorrere il
tempo utile ad ottenere l’autorizzazione richiesta, dopo di ché la
donna è in condizioni peggiori
che se fosse stata abbandonata
a se stessa. Ma è altrettanto urgente che la società si preoccupi
da ogni punto di vista ad aiutare ed informare la donna, proprio perché si vuole e si deve dare alla donna la piena responsabilità è necessario darle la massima informazione; è mala fede,
quando non è ignoranza, minirnizzare il problema della gravità dell’aborto provocato per vincere una battaglia politica.
Comunque Io si rigiri, dal lato fisico, dal lato psicologico, dal
lato umanistico l’aborto è un
evento che l’uomo civile non
può non respingere, allo stesso
modo come respinge l’infanticidio, il cannibalismo, la guerra o
la condanna a morte.
L’accurata conoscenza del problema permetterà alla donna di
affrontare la strada dell’aborto,
qualora vi sia costretta dalle necessità di sopravvivenza fisica,
psicologica, sociale ed economica, sapendone le insidie e gli agguati; così non la ritroveremo
nel nostro studio a chiederci
perché non la si era informata
prima, perché non si erano diffuse notizie e informazioni utili
a permetterle di calcolare, oltre
ai vantaggi, anche i rischi in cui
avrebbe potuto incorrere. Qualcuno fra chi mi legge potrà riconoscersi in questo rammarico
e sappia che è proprio questo
che mi ha spinta a scrivere, correndo il rischio che mi si accusi
di non essere leale colpevolizzando ulteriormente la donna proprio quando sembro darle tutta
la possibilità decisionale.
Se noi guardiamo indietro nella storia della civiltà ci rendiamo conto che negli animali non
esiste il fenomeno dell’aborto
provocato; sicuramente non esisteva nei nostri più antichi progenitori; come per altri fenomeni umani, esso si è sviluppato
ad un certo livello di civiltà; così la guerra, il cannibalismo, l’infanticidio, i sacrifici umani. Sono tutti fenomeni staccati dalla
pura animalità: l’animale uccide per fame, per difesa, per assicurarsi il proprio territorio:
l'uomo mangia il proprio simile
per amore, fa la guerra per paura, uccide i figli ed abortisce per
troppa tenerezza (non è un paradosso se si considera che in certe civiltà molto amorose verso
i figli questi venivano tuttavia
uccisi e mangiati, pur talvolta
entro certi limiti di numero di
solito il secondo genito, il quarto genito) e di età (non oltre i
cinque anni); anche gli aborti
venivano provocati e mangiati
dalla madre stessa.
Il motivo apparente era ovviamente la fame di carne e una
elementare regolamentazione demografica a favore degli altri figli, il che è dimostrato dal fatto che, protraendosi l’allattamento del primogenito insieme
a quello del secondogenito sovente quest’ultimo anche senza
essere ucciso soccombeva per
scarsità di nutrimento. Ma il fatto che il padre non partecipasse
al banchetto ha fatto interpretare il cannibalismo materno di
questa particolare cultura centroaustraliana, come motivato
inconsciamente dal desiderio di
ricostituire l’unità duale, di reincorporare una parte perduta dell'Io (il feto o il bambino), in
conclusione una forma d’amore.
Tutto questo si spiega con la
qualità del nostro cervello in cui
la pura istintualità tende ad
esprimersi in fantasie; queste si
sviluppano, crescono, diventano
padrone dell’uomo, lo mettono
nei guai tanto che per sopravvivere diventa necessario lo sviluppo della ragione che le affronta, le ridimensiona, instaura nuovi equilibri. Lo sviluppo
della civiltà è in questo tentativo di venire a patti con la fantasia inconscia, di non esserne
sopraffatti. La fantasia infatti
aprendo all’uomo illimitate possibilità ed essendo dotata di carica energetica potentissima, può
farlo angelo o invece farlo cadere in comportamenti di una
ferocia inimmaginabile che non
si riscontra in alcuna belva.
Quello che ho detto per la storia della civiltà, vale per la sto
ria dell’individuo. È necessario
ricordare che la nostra vita adulta mentale ed emotiva, la nostra attività pratica, scientifica
ed artistica portano per sempre
le tracce delle fantasie che derivano dalle esperienze della nostra lunghissima infanzia, quando appunto la mente funzionava
ad immagini. Le esperienze infantili fondamentali dipendono
dai nostri rapporti emotivi coi
genitori e coi fratelli e per sempre rimarranno conformate in
base alla nostra singola storia.
Per il problema che ci interessa sarà utile esaminare alcune particolari fantasie che possono influenzare il decorso della
gravidanza. La gravidanza è un
fenomeno unico nella vita umana; fin dall’inizio la donna vive
una duplice sensazione; quella
di essere tutt’uno con. Tembrione e quella per cui lo avverte
Jolanda Valerio De Carli
(.continua a pag. 8)
SETTIMANA DI PREGHIERA DELL’UNITA’
Una iniziativa al tramonto
Per molti ormai la settimana
di preghiera per l’unità dei cristiani ha fatto il suo tempo. Il
suo fascino appartiene al passato. Non è un’iniziativa che possa pretendere un futuro significativo. Perché vive dell’equivoco; e la fedeltà alPnevangelo non
si fa largo per via di equivoci.
Pur con tutte le buone intenzioni dei promotori, non è una
strada capace di portare ad un
autentico confronto con l’evangelo i cristiani delle diverse confessioni ; rischia di essere una
evasione.
Nella situazione attuale, in cui
l’unità confessionale è quanto
mai precaria, nel cattolicesimo
come nel mondo protestante, la
ricerca di una reale unità della
chiesa in Cristo va ricercata innanzitutto all’interno delle singole comunità cristiane, confrontando le diverse concezioni della chiesa presenti alla luce dei
testi evangelici. È a questo livello che si lavora in primo luogo
e concretamente per l’unità dei
cristiani, non proiettando nel
confronto con le altre confessioni i problemi irrisolti nella propria comunità. È un realismo
evangelico questo, non rinuncia
al dialogo ecumenico; non pessimismo verso l’azione dello Spirito di Dio, ma diffidenza nei
confronti delle aspirazioni ecclesiastiche degli uomini; non
assenza di speranza, ma incarnazione di una speranza che non
si riduca a pura distrazione spiritualistica.
Le profonde divisioni che esistono oggi nelle comunità (tanto più gravi quando sono camuffate da una apparente e formale unità) dovrebbero costringere
ad un maggior realismo il dialogo ecumenico, evitando- di porre la propria speranza « in parole fallaci» (Ger. 7:4) e che ingannano il popolo con delle proposte ecumenico-religiose che si
pongono in una dimensione alienante.
Per questo non è possibile distrarsi in nome di un’iniziativa
che sino ad oggi ha dimostrato
tutta la sua inefficacia: la settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani. Se è servita a
sghiacciare la freddezza di certi rapporti confessionali, mostrà
oggi tutta la sua incapacità à
costruire il nuovo. Un masso
erratico che si inserisce in mezzo a crescenti iniziative di lettura biblica comune, di collettivi
teologici, dove avviene un vero
confronto evangelico, aiuta di
più a dimenticare la cruda realtà del cristianesimo oggi, in un
clima di ripresa religiosa, che
ad affrontarne i grossi nodi che
attendono una risposta. Senza
un rapporto di continuità di lavoro, di ricerca e di speranza
vissute nel concreto della vita,
una settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani proposta dall’alto aleggia negli spazi del disimpegno e dell’irresponsabilità.
La preghiera va tirata fuori
dai salotti ecumenici e vissuta
con intensità nella realtà dei
contrasti umani ; qui è il suo posto, nella storia. E qui ha il suo
pieno significato, nel mezzo di
una ricerca per la giustizia e la
pace, chiedere al Signore il dono di essere uniti a Lui con 1
fratelli.
Ma la via indicata da chi ripropone questa iniziativa sa
molto di via ecclesiastica all’unità della chiesa. E quando opera in nome di un’unità «ecclesiale », la chiesa volendo unire,
spesso divide. Soprattutto quando sostiene che tutto ciò che va
verso l’unità va al tempo stesso
verso Cristo. La voce del «ritorno all’ovile » da una parte
(nel segno dell’unità della chiesa) e l’emarginazione delle comunità di base, di gruppi cristiani cattolici dall’altra, sono
un esempio storico di come la
chiesa romana intenda il processo di unità della chiesa. E indubbio che in questa pretesa si
nasconda una precisa volontà di
far tacere certi gruppi di cristiani che considerano prima Cristo
e soltanto dopo la chiesa, giustificare un ordine. E la funzione della chiesa verso il potere.
La stessa immagine unificante
di Cristo serve a questa « via ecclesiastica » per l’unità dei cristiani. Ermanno Genre
Per la domenica delle missioni pubblichiamo in 5“ pagina un servizio sulla chiesa a Rurutu nella Nuova Caledonia.
Razza
di vipere
Così chiamava Giovanni Battista gli uomini del suo tempo che
si sforzavano e si illudevano di
evitare il giudizio. Chi v’ha mostrato a fuggire Tira a venire?
(Le. 3: 7). La serietà della fede
evangelica consiste nel lasciarsi
interpellare dalla Parola, e dunque nel chiederci in che modo oggi si tenta di evitare il giudizio.
Il primo modo consiste nel
mettersi al riparo dal giudizio
mediante una pratica religiosa.
La molla di questo procedimento è la paura del giudizio (nascosta ma diffusa anche nel nostro tempo emancipato) e l'esigenza di trovare una garanzia di
esenzione dal giudizio. Più c’è
paura e più c’è domanda di questa garanzia. Perciò in tutti i
tempi gli spacciatori di questa
garanzia sono stati i più torbidi
speculatori delle paure della
gente esercitando un vero e prorio terrorismo religioso. Oggi il
primato di questo terrorismo
spetta probabilmente ai testimoni di Geova, che alla tradizionale paura della dannazione
dell’anima non si fanno scrupolo
di aggiungere quella della fine
del mondo, rinfocolando continuamente le paure profonde degli uomini per offrire la loro ricetta di esenzione dal giudizio
mediante l’ingresso nel numero
chiuso, l’adesione ideologica ed
etica alla setta.
Ma può l’Evangelo dell’agape di
CristcKfissere fondato sulla paura? L’amore scaccia la paura,
non se ne fa un trampolino di
lancio.
Il secondo modo consiste nel
negare il giudizio. Molti uomini
del nostro tempo negano non solo — incontestabilmentel — l’uso
terroristico del giudizio, ma il
giudizio stesso. E non solo il
giudizio finale — figuriamoci! —
e Dio come giudice, ma ogni forma di giudizio qui e ora, e cioè
di crisi (il senso originario di
crisi è giudizio!). La paura della
crisi è la forma laica e secolarizzata dell’antica paura del giudizio. E il mezzo per superare il
pericolo consiste nel negare ogni
legittimità a qualsiasi crisi. Ci
si batte per eliminare le crisi
nell’infanzia e. nell’adolescenza
(dal trauma del parto alle forme
di repressione che possono far
sorgere dei complessi, ai meccanismi di discriminazione sociale) e per attenuare le crisi dell’età adulta con una diminuzione di responsabilità (nei rapporti sessuali, matrimoniali, familiari, nel ricorso a ineluttabili
« condizionamenti sociali »). Presi uno ad uno, diversi di questi
tentativi sono veri e validi; ma
nel loro insieme non sono sintomo della disperata volontà di
non lasciare che la propria vita
sia messa in questione da qualsiasi crisi?
Forse anche noi, come credenti, siamo coinvolti, in questo clima e riceviamo e presentiamo
un Evangelo senza giudizio, senza crisi. Ma un Evangelo senza
giudizio è anche un Evangelo
senza grazia, in cui il Cristo è
sostanzialmente inutile.
Dalla predicazione del Battista abbiamo da imparare ad accettare l’ira a venire. E’ questa
l’esperienza di ogni vero credente che ha conosciuto l’angoscia
della crisi e del giudizio come
premessa della liberazione di
Dio. Accettare il giudizio significa essere liberati dalla paura, religiosa o secolare, resi capaci di
afirontare anche le crisi di cui è
costellata la nostra vita, come
uomini e donne in grado di testimoniare concretamente della
grazia perché sono passati attraverso il giudizio.
Franco Giampiccoli
2
21 gennaio 19T7
Pubblichiamo la ’’Nota della
Tavola valdese sulle interferenze
in re aliena contrastanti con la
costituzione contenute nelle proposte di revisione concordataria” che è stata inviata in data 7.1.77 ai Presidenti del Consiglio, della Camera e del Senato, dei gruppi parlamentari dei
partiti democratici e relativi segretari politici, nonché ad un
certo numero di parlamentari
che si interessano in modo particolare all’argomento. Titoli e
sottotitoli non fanno parte della Nota.
REVISIONE DEL CONCORDATO
Perchè lajproposta va
contro la Costituzione
Pretendendo di ribadire néi concordato le libertà sancite dalla costituzione e interferendo in ciò che non la riguarda, la proposta di revisione contiene eiementi iilegittimi
In riferimento alla proposta di revisione del concordato
del 1929 che il Presidente del consiglio dei ministri
ha presentato alla Camera dei deputati il 25 novembre
»corso; ed al voto che ne è seguito il 3 dicembre con il
quale il governo è stato invitato a proseguire le trattative,
tra 1 altro, « al fine di garantire una puntuale rispondenza
del testo (delle proposte) alle esigenze di armonizzazione
costituzionale »
la Tavola valdese, a nome delle chiese valdesi e meto
diste, desidera in proposito prospettare talune questioni che
emergono dagli articoli 1, 2, 9 e 11 delle precitate proposte.
Contrariamente a quanto era legittimo attendersi, ed in
contrasto con il dettato della costituzione della repubblica,
in tali normazioni si trovano infatti coinvolti anche l’esercìzio dei diritti di libertà da parte di cittadini evangelici e
rapporti intercorrenti tra lo Stato italiano e le chiese evangeliche rappresentate dalla Tavola valdese.
Chi è garante della libertà?
Art. 1 — (STATO E CHIESA)
2. - ^Repubblica italiana^ richiamandosi agli articoli 7 e 8 della propria Costituzione per i quali «Io
otato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani» e «tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge », assicura alla Chiesa Cattolica la piena libertà di organizmzione e di magistero, il libero esercizio del suo potere spirituale, il libero e pubblico esercizio del culto,
nonché della sua giurisdizione in materia ecclesiastica.
Art. 2 — (LIBERTA’ RELIGIOSA)
1. - La Repubblica italiana, richiamandosi ai principi della sua Costituzione sulla libertà religiosa, assicura ai cittadini cattolici ed alle associazioni ed organizzazioni cattoliche la piena libertà di parola, di riunione
e di stampa.
Lo Stato garantisce l’esercizio delle libertà religiose, contro ogni violazione, senza discriminazione di fede o
di confessione.
2 Un rilievo particolare merita inoltre il contenuto del secondo comma del paragrafo 1 dell’articolo 2
deUe proposte di revisione con il quale
si vorrebbe che « lo Stato garantisca
l’esercizio della libertà religiosa contro
ogni violazione, senza discriminazioni
di fede e di confessione».
Appare del tutto evidente che tale
norma mira a salvaguardare a favore
della Chiesa romana quella tutela penale fondata sul reato di vilipendio
della religione che venne sancita con
gli articoli 402-405 del vigente codice
penale del 1930. A ciò si tende mediante l’estensione di tale tutela anche
alle altre confessioni religiose sul presuntivo fondamento di una ipotetica
volontà di parificazione confessionale.
La Tavola valdese, coltivando un
ben diverso concetto della parificazio
ne confessionale ai fini delle leggi penali, fa presente ehe le chiese da essa
rappresentate rifiutano una specifica
tutela penale. Esse infatti asseriscono
che ogni fede religiosa ed in ispecie
la cristiana, assicura il rispetto della
propria dignità e sì afferma con l’esempio di vita e di costume dei credenti, senza far ricorso alle leggi penali
dello Stato. Esse ritengono che nel
quadro i djell’indipendenza ed autonoipia riconosciute dalla costituzione alle diverse confessioni religiose, non sia
più oltre' dì pertinenza della Stato il
provvedere alla cura religionis et ecclesiae nei confronti di una o più confessioni religiose; né ohe possa spettare a queste il riohiedere l’ausilio del
braccio secolare per raffermazione e
la difesa della fede. Infine le chiese
evangeliche rappresentate dalla Tavola
valdese rifiutano che una tale tutela
penale possa concretarsi facendo ricorso ad ipotesi di reato quale è quella
del vibpendio che integra un defitto
di opinione in sé contrario allo spirito
ed al dettato degli articoli 19 e 21 della costituzione.
La Tavola valdese pertanto richiede
che in ordine alla norma in questione
venga quanto meno eliminato ogni riferimento alle <c altre fedi e confessioni
religiose ». Infatti il disciplinare materia concernente altre confessioni religiose esula dal campo di competenza
proprio di un accordo bilaterale tra lo
Stato ed una chiesa particolare. Le
chiese evangeliche da essa rappresentate infatti non possono né intendono
essere coinvolte in detta trattativa né
essere strumentalizzate, divenendo oggetto di una parificazione di privilegi,
il cui fine appariscente è quello di continuare ad assicurare il privilegio della chiesa che ne è attualmente l’unica
titolare.
ILa Tavola valdese si permette anzitutto sottolineare che la costituzione della repubbUca con norme
unUateraR, espressione della sola sovranità dello Stato, ha inteso riconoscere, tra gli altri diritti inviolabili
dell’uomo (art. 2), anche quelli attinenti alla libertà in tema di religione
(art. 19). Non si vede perciò ragione
che possa giustificare tra le proposte
di revisione del concordato, quelle contenute negli articoli 1 (paragrafo 2) e
2 (prsragrafo 1), le quali si presentano
come un avallo di talune norme costituzionali, quasi queste non trovassero già attuazione nei confronti di
tutti o non tutelassero di per se stesse
già in modo adeguato anche ì cittadini di confessione cattolico-romana, le
loro associazioni ed organizzazioni e la
stessa Chiesa romana; e necessitassero
quindi di essere ribadite a mezzo dì
norme convenute bilateralmente tra
quest^ultìma e lo Stato.
Le disposizioni contenute nelle due
succitate proposte, inglobando talune
norme costituzionali nel testo del nuovo concordato, infìciano il carattere
sovrano nelle norme costituzionali medesime. In proposito è da rilevare che
la stessa commissione presieduta dal
sen. Gonella che^si adoperò allo studio
della revisione concordataria negli anni 1968-1969, come si legge nel verbale delle sue sedute, aveva considerato
la questione precisando che le convenzioni con le chiese diverse dalla cattolica « devono avere per oggetto punti
diversi da quello della libertà religiosa, la quale trova invece piena garanzia unicamente nell’articolo 8 della
costituzione. Ogni convenzione — precisa la commissione — diminuirebbe
la portata di questo princìpio e rischierebbe di rendere la confessione che
fosse parte in essa ’’più eguale”, come
si suole scherzosamente dire, di altre
confessioni».
Si dovrebbe dedurre che quello che
non è consentito alle altre confessioni
religiose, lo è invece per la cattolicoromana, che può quindi essere più libera e più eguale delle altre?
Appare quindi indubbio, con il conforto esplicito anche degli esperti che
hanno siglato le stesse proposte di revisione, che ogni richiamo alle norme
costituzionali, che possa suonare convalida del loro testo, debba essere eliminato dalle proposte di revisione concordataria.
Assistenza discriminata
Art. 11 — (ASSISTENZA SPIRITUALE)
1. - Nel pieno rispetto della libertà di coscienza di ciascuno lo Stato italiano assicura l’assistenza spirituale delle Forze Armate.
La nomina degli ecclesiastici cui e commessa la direzione dell’assistenza spirituale dei militari di religione cattolica (Arcivescovo Ordinario militare, vicario ed ispettori) è fatta dal Governo italiano su designazione della Santa Sede.
La nomina dei cappellani militari è fatta dalla competente autorità dello Stato italiano su designazione dell’Ordinario militare.
Le predette disposizioni non pregiudicano la facoltà dei militari appartenenti ad altre religioni di ricevere,
a richieda, l’assistenza dei ministri del loro culto e di celebrarne i riti.
2. - Nel pieno rispetto della libertà di coscienza di ciascuno lo Stato garantisce il diritto alla assistenza
religiosa dei ricoverati negli istituti ospedalieri e nelle case di cura o di assistenza dipendenti da enti pubblici. D’intesa con la competente autorità ecclesiastica, lo Stato provvede, per mezzo di cappellani, all’assistenza
religiosa dei ricoverati di religione cattolica e rende loro possibile l’adempimento delle pratiche di culto.
Alle stesse condizioni lo Stato garantisce il diritto all’assistenza religiosa dei detenuti di religione cattolica negli istituti di prevenzione e pena.
Ciò non pregiudica la facoltà dei ricoverati e, rispettivamente, dei detenuti appartenenti ad altre religioni ,di ricevere, a richiesta, l’assistenza dei ministri del culto e di celebrarne i riti.
Risibile nulla osta
Art. 9 — (SCUOLA E INSEGNAMENTO RELIGIOSO)
2. - Lo Stato, riconoscendo il valore della cultura religiosa e considerando l’appartenenza della grande maggioranza della popolazione
italiana alla Chiesa Cattolica, assicura l’insegnamento della religione
cattolica in tutte le scuole pubbliche, materne, elementari, medie e
medie-superiori, fatta salva la facoltà di particolari intese per quel che
riguarda gli appartenenti ad altre confessioni.
3 La proposta di cui al paragrafo 2 dell’articolo 9 in tema di
insegnamento religioso nelle
scuole pubbliche materne, elementari,
medie e medie superiori, dispone anch’essa in re aliena, là dove conclude
precisando che è « fatta salva la facoltà di particolari intese per « quel
che riguarda gli appartenenti ad altre
confessioni ».
La Tavola valdese, a prescindere
dalla non irrilevante circostanza che
le chiese evangeliche che essa rappresenta hanno una cmicezione relativa
all’insegnamento religioso totalmente
diversa da quella indicata dalle proposte in esame, rileva anzitutto che il
diritto di procedere mediante intese a
regolare i propri rapporti con lo Stato
deriva per le chiese evangeliche direttamente dairarticolo 8 della costitu
zione, per cui è risibile oltre che superfluo che di tale diritto si voglia fare menzione in una norma concordataria che non può in nulla completare
o modiflcare tale diritto.
Inoltre rileva che la dignità e la sovranità dello Stato esigono che dei diritti sanciti dalla costituzione non si
faccia oggetto di pattuizioni con terzi.
Pertanto risulta del tutto fuori posto
ohe nella proposta citata venga offerto
allo Stato il previo assenso della Chiesa romana a trattare con le altre confessioni religiose la stessa materia scolastica.
Appare quindi evidente che la proposizione concernente il riconoscimento di un diritto che appartiene già
allo Stato ed alle altre confessioni vada cancellato dal testo della proposta
in esame.
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l’E
4 Più grave delle altre è l’interferenza negli affari deUe altre
confessioni religiose • espressa
dai due paragrafi dell’articolo 11 delle
proposte, concernente l’assistenza spirituale nei riguardi dei militari, degli
ammalati e dei detenuti.
La norma posta. al termine di ciascuno dei due paragrafi del citato articolo precisa che <c le predette disposizioni non pregiudicano (o ’’ciò non
pregiudica”) la facoltà dei miRtari (o
’’dei ricoverati e rispettivamente dei
detenuti”) appartenenti ad altre religioni di ricevere, a richiesta, l’assistenza dei ministri del loro culto e di
celebrarne i riti ».
In relazione a tale testo, la Tavola
valdese richiama tutte le osservazioni
sopra esposte nei riguardi degU altri
casi di interferenza concordataria in re
aliena. Nel presente caso però la normativa proposta è ancora più grave
perché con essa ci si permette di disporre financo limitazioni all’altrui diritto di esercitare l’assistenza spirituale nei confronti dei soggetti indicati,
in ispreto dei diritti di libertà in tema
dì religione riconosciuti e garantiti a
tutti dalla costituzione della repubblica.
La materia di tale assistenza spirituale per quanto riguarda i detenuti
è stata regolata in modo abnorme e
non rispondente neUa recente riforma
dell’ordinamento penitenziario (legge
n. 354 del 1975), per cui, a seguito
dell’esposto della Tavola valdese del
23 novembre 1976 [pubblicata sull’Ecò-Luce n. 48 del 10.12.1976. N.
d.r.] detta materia è stata dal ministro
competente sottoposta a nuovo esame.
Gli altri casi di assistenza spirituale a
favore dei militari e degli ammalati
non possono essere disciplinati che in
modo analogo a quello relativo ai detenuti. Né può sfuggire ad alcuno che
si è in tali casi di fronte ad un tipico
rapporto intercorrente tra lo Stato e
ciascuna confessione religiosa, per cui
la materia, per l’aspetto che concerne
le chiese rappresentate dalla Tavola
valdese, potrà trovare legittima e rispondente regolamentazione solo con
la legge da emanarsi a seguito delle
apposite intese previste dall’articolo 8
della costituzione.
Senza entrare quindi nel merito delle modalità secondo le quali tali forme di assistenza spirituale potranno
essere assicurate anche ai militari, agli ammalati ed ai detenuti di confessione evangelica, la Tavola valdese denuncia la discriminazione e la limitazione della libertà dell’esercizio del ministero spirituale che la norma in questione ipotizza nei riguardi dei ministri di culto delle confessioni religiose
diverse dalla cattolica.
Infatti nelle proposte in esame viene prevista l’istituzione di un servizio
di assistenza a favore dei militari, malati e detenuti cattolici di confessione,
all’interno delle caserme, degli ospedali
e dei penitenziari, per giunta a totale
carico dell’erario, per cui i relativi cappellani hanno il libero ingresso nelle
caserme, negli ospedali e nei peniten
ziari per l’esercizio del loro mandato.
Viceversa la norma prevederebbe che
nessun ministro di altra confessione
religiosa possa accedere alle caserme,
agli ospedali od ai penitenziari per l’esercizio del ministero spirituale a favore dei militari, degli ammalati o dei
detenuti della propria confessione religiosa, né di propria iniziativa né per
invito delle famìglie interessate, ma
soltanto su esplicita richiesta del militare, del malato o del detenuto direttamente interessato.
Tale proposta discriminante lede il
principio dell’eguale libertà di tutte le
confessioni religiose ed il libero esercizio del proprio ministero da parte
dei ministri di culto delle confessioni
diverse dalla cattolica, e pertanto, per
il rispetto dovuto ai diritti riconosciuti dalla costituzione, va cancellata nei
due paragrafi dell’articolo 11 dove essa ricorre.
Peggio del ’29
I Patti lateranensi del 1929, pur stipulati in un contesto liberticida, non
includevano norme riguardanti le confessioni religiose diverse dalla cattolico-romana; sarebbe gravissimo che una
tale inclusione fosse ora consentita dal
governo della repubblica.
La costituzione della repubblica precisa infatti che i Patti lateranensi regolino solo i raporti tra lo Stato e la
Chiesa cattolica romana (art. 7), e vuole altresì che i rapporti intercorrenti tra
lo Stato e ciascuna delle altre confessioni religiose siano regolati per legge mediante intese (art. 8). Tali sistemi di regolamentazione dei rapporti
tra Stato e Chiese sono tra loro diversi, ma paralleli per via del pluralismo
confessionale riconosciuto dalla costituzione. Essi escludono che possano
rientrare nel quadro delle competenze
di una revisione concordataria questioni che debbono per la loro natura formare oggetto di eventuale regolamentazione solo tramite le intese con le rispettive confessioni interessate. Sareb
be evidentemente un’anomala concezione di tale pluralismo quella di far dipendere l’esercizio della libertà e dei
diritti propri delle chiese evangeliche
da norme introdotte surrettiziamente
in un accordo stipulato con una diversa chiesa, riconoscendo così a questa
un diritto a decidere in re aliena.
La Tavola valdese, a nome delle
chiese valdesi e metodiste che essa rappresenta, confida che si voglia porre
la dovuta attenzione a quanto forma
oggetto della presente Nota e che di
conseguenza si voglia svolgere nelle sedi competenti quell’azione di vigilanza necessaria a far sì che le norme
proposte a suo tempo, circa la revisione del concordato del 1929, siano sotto i profili sopra segnalati debitamente emendate c rese rispondenti al dettato ed allo spirito della costituzione
della repubblica.
Sergio Aquilante (Presidente
della Conferenza metodista);
Aldo Sbaffi (Moderatore della
Tavola valdese).
3
21 gennaio 1977
QUALE FEDE E QUALE PQLITICA
regime teocratico
queilo giurisdizionaiista
Gli evangelici in Italia condizionati da queste due possibili forme di
rapporto tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano
Un primo modo di intendere
i rapporti tra Chiesa e Stato è
quello teocratico: la teocrazia è
quel regime che subordina completamente lo Stato alla Chiesa.
È stato attuato, esplicitamente,
poche volte nella storia, ma è,
implicitamente, assai più diffuso di quel che non si creda.
Ai tempi di Innocenzo III e
di Gregorio VII, nel Medioevo,
la Chiesa era forte ed organizzata mentre l’Impero si andava
dissolvendo nei vari regni nazionali peraltro ancora solo in
gestazione. Si spiega così, che la
Chiesa dettasse legge allo Stato
e regolamentasse tutta la vita
non solo privata ma anche pubblica dei cristiani e dei sudditi
in genere.
Anche la Ginevra di Calvino
ebbe un periodo di governo teocratico in cui non solo la vita
pubblica ma anche quella privata dei ginevrini era sottoposta al governo deila Chiesa, tanto che coloro che non volevano
sottomettersi e si richiamavano
alla libertà furono detti « libertini » con espressione che risente ancor oggi del giudizio negativo dato su di loro a quei tempi.
La Chiesa cattolica ha poi ufficialmente ripudiato la teocrazia, sostenendo l’indipendenza
dei due poteri, ma affermando,
però, che l’uno (lo Stato) sta
all’altro (la Chiesa) come il corpo all’anima e quindi con la necessaria subordinazione naturale dello Stato alla autorità della Chiesa. In quanto depositaria
della verità, la Chiesa deve avere una supremazia per il fine più
alto e nobile perseguito. Così,
di fatto, nella storia, specie dei
paesi latini, ci si è venuti a trovare di fronte ad una supremazia della Chiesa sullo Stato, giustificata dalla considerazione che
a lei spettano privilegi e poteri
quali non possono essere riconosciuti a nessuna potestà terrena e tanto meno alle altre
confessioni religiose. Nella storia nostra abbiamo pertanto assistito ad una progessiva teo
crazia di fatto della Chiesa Cattolica tanto più forte quanto
meno pretendeva di volerla attuare, sul presupposto, però, che,
come il corpo non può rifiutare
la guida della ragione, cosi lo
Stato non può rifiutare la guida
della Chiesa.
LA DITTATURA DI CALVINO
Nella Ginevra di Calvino, invece, la teocrazia iniziale fu di
breve durata ed è spiegabile un
po’ sulla falsariga della dittatura del proletariato, sostenuta dal
marxismo, come governo eccezionale per tempi eccezionali
quali quelli della lotta della Riforma per staccarsi dal Papismo. Più si affermava l’indipendenza assoluta e la signoria totale di Cristo, più si faceva di
questo riconoscimento un fatto
di coscienza, sulla base del libero esame, e non una conseguenza della legge. Così,, a differenza
della dittatura del proletariato,
la dittatura di Calvino cedette
il posto alla libertà ed alla autonomia dei credenti, mentre la
dittatura del proletariato non
ha ceduto ancora il posto al socialismo.
In Italia tutte le altre confessioni religiose diverse dalla cattolica furono solo tollerate, in
conseguenza della supremazia
della Chiesa sullo Stato, e vissero sempre, per quel che riguarda la libertà religiosa, di
elemosina. Sia sufficiente ricordare che nel 1849, dopo l’emanazione dello Statuto albertino, un
autorevole ministro del Rjegno
di Sardegna interpretava così la
differenza tra Religione Cattolica come religione di stato e gli
altri culti « tollerati » ; « ...la
Chiesa Cattolica può tenere pubblicamente le sue funzioni, gli
altri culti possono tenerle solo
in privato». Questa privatizzazione del culto non dispiacerebbe neppur oggi a chi vorrebbe
tener lontana la Chiesa valdese
dagli inquinamenti politici, ma
è certamente una aberrazione
perché, per la Chiesa valdese,
non si tratta di farsi inquinare
dalla vita pubblica, bensìi di non
rinunziare alla testimonianza ed
alla predicazione in quella vita
pubblica nella quale è stata chiamata, per vocazione storica, a
vivere. Concludiamo su questo
punto: per quel che riguarda la
nostra storia italiana dal 1848 al
1871 si visse in un clima di coordinazione Chiesa Stato, coordinazione dettata dalla Chiesa e
quindi risolventesi in subordinazione dello Stato alla Chiesa
Cattolica.
LA POLITICA LIBERALE
Dal 1871 al 1929 si attuò, invece, tm progressivo giurisdizionar
lìsmo che ebbe una evoluzione a
parabola (col massimo fino alla
vigilia della I guerra mondiale).
Il giurisdizionalismo è quel regime in cui lo Stato regola i
suoi rapporti con la Chiesa nei
modi che ritiene più opportuni,
unilateralmente. Fu la politica
liberale che attuò, in un quadro
giurisdizionaiista, in seguito al
raffreddamento dei rapporti con
il Papato dopo la presa di Roma, un regime di progressiva
separazione tra Stato e Chiesa
cattolica, con nostro indiretto
vantaggio... Dobbiamo, infatti,
tener sempre presente che la
Chiesa valdese (e così] le altre
confessioni religiose non cattoliche) visse sempre in un regime di subordinazione indiretta
alla Chiesa cattolica: quanto più
la Chiesa cattolica subordina a
sé lo Stato, tanto più la nostra
posizione giuridica è debole ;
quanto più lo Stato italiano riesce ad essere indipendente dalle
influenze del Papato, tanto più
siamo liberi. La Chiesa cattolica
si rese però conto che, sotto i
governi liberali, andava perdendo terreno: lavorò quindi attivamente per riprendere la supremazia e non è a caso che il
Concordato nacque nel 1929, come frutto di due mentalità illiberali. La medesima forma mentale diede vita ad un accordo
nel quale ciascuna delle due parti sperava trarre vantaggi esclusivi in termini di potere.
Roberto Jouvenal
A TQRINQ
Programma del
lavoro giovanile
Il gruppo giovanile dei catecumeni ha definito il proprio
programma per le prossime settimane in base al tema generale
della famiglia, scelto in dicembre dai partecipanti.
32.1 : prefazione del libro di
Engels suH’origine della famiglia (S. Ribet). 29J: studio biblico su Genesi 1 e 2. 5.2: relazione di un esperto sul «diritto
di famiglia». 12.2: àgape. 19.2:
Incontro con le dorme dei CpS
per un confronto sui temi relativi alla famiglia. 26.2: Studio
biblico su « La famiglia nel Nuovo Testamento».
Il gruppo si riunisce ogni sabato dalle 17 alle 19 in Corso
Oddone 7.
« * «
Il Gruppo FGEI continua a
riunirsi presso i locali della
Chiesa battista di via Bertela 63
tutti i giovedì, alle ore 21.
Tema delle serate del 26 e
27.1 è l’intervento del gruppo
sul tema del concordato a Radio
Alternativa Torino. 3.2: discussione sulla famiglia partendo
dalle situazioni personali dei
partecipanti. Il 16.2 il gruppo inizierà una serie di studi biblici
su Amos, in conseguenza dell’esigenza espressa dai partecipanti
di ritrovarsi per meditare sulla
Bibbia.
Il gruppo donne FGEI si riuni
sce ogni 15 giorni presso Evelina Pons, via Cialdini 34. Prossimo incontro lunedì 24 ore 21
precise.
Per eventuali informazioni rivolgersi a Giulia D’Ursi (telef758906).
IL CARDINALE PELLEGRINQ SI RITIRA?
Un vescovo che non scomunica
Il vescovo di Torino, Michele
Pellegrino, ha annunciato, il primo giorno del ’77 durante una'
celebrazione nella chiesa cattedrale, l’intenzione di lasciare il
governo della diocesi : « L'età
avanzata e le precarie condizioni della mia salute non mi consentono di sostenere più a lungo il peso e la responsabilità
che porta con sé il governo dell’archidiocesi di Torino. Perciò
ho pregato il Santo Padre di volermene esonerare ».
La stampa locale e nazionale
Un aiuto ai carcerati
Sono passati ormai trent’anni
da quando inviai la prima lettera ad un detenuto di mia conoscenza.
Quanti tipi diversi ho incontrato in questo lungo periodo!
Con alcuni sono stata per poco
tempo in corrispondenza e poi
li ho persi di vista; con altri la
corrispondenza è continuata per
anni e anni, anche dopo la loro
liberazione. Non molto tempo fa
uno di questi mi scriveva:
« Molte volte penso a voi e a
quanto avete fatto per me in 23
anni circa della nostra relazione
e specialmente durante il periodo deila mia detenzione, che non
dimenticherò mai ».
Egli vive a Cividale del Friuli,
e poco tempo dopo il terremoto
mi scriveva : « Avevo appena
cambiato casa e il giorno dopo
il terremoto me i’ha resa inabitabile ».
Molti hanno fatto quest’anno
per la prima volta l’esperienza di
una breve licenza a casa,, grazie
alla nuova legge carceraria. Alcuni di questi non erano usciti
da 20 anni e più.
Fra questi anche quel detenuto di Procida, di cui vi parlavo
nella relazione dell’anno scorso,
che ha potuto riabbracciare la
vecchia madre ed è stato per
qualche giorno ospite della Casa
Salutista di Forio d’Ischia. Si
sperava per lui nella grazia, ma
non è ancora stata concessa.
Quest’anno sono stata per
qualche tempo in corrispondenza con un giovane venticinquenne, orfano dall’età di 4 anni, cresciuto in collegio : finite le medie
e iscrittosi al Liceo, ha quasi
subito fatto conoscenza con la
droga, ma con molta forza di
volontà è riuscito a liberarsene-.
Sposato, è stato abbandonato
dalla moglie. Si era rivolto all’Esercito della Salvezza, che
mi ha trasmesso la sua lettera.
Ecco quanto mi scriveva dopo
aver ricevuto la mia prima lettera:
« La sua lettera Tho letta e riletta ed ancora non riesco a credere che qualcuno si occupi di
me... Io non ho nessuno ed il
suo scritto mi renderà felice ogniqualvolta lo riceverò. Ho ricominciato a credere nei valori
dell’uomo che credevo distrutti,
in Dio che avevo quasi dimenticato, facendo di Lui parte unica
delle mie sventure, unico responsabile... Il carcere non è un luogo di redenzione, ma una scuola di vera delinquenza, dove un
individuo impara tutto quello
che non sa della violenza ».
Egli doveva uscire il 13.4.77 e
invece l’ultima mia lettera in data 30.4.76 mi è tornata indietro
con la dicitura «liberato». Da
allora non ho saputo più niente.
Che ne sarà di lui? avrà saputo
resistere alle tentazioni, alle lusinghe che lo insidiano da ogni
parte? avrà trovato un lavoro
che gli permetta di rifarsi una
vita?...
Gesù nel suo sermone profetico dichiara che negli ultimi
tempi « riniquità sarà moltiplicata e la carità dei più si raffredderà » (Matteo 24: 12). Che l’iniquità si vada moltiplicando nei
nostri tempi è cosa indiscutibile, e molti, di fronte al dilagare
del male si ritraggono indietro,
trovano inutile occuparsi dei car
da dato molto risalto all’avvenimento. Articoli elogiativi si sono succeduti sulla Gazzetta del
Popolo, che ha sempre dedicato
un notevole spazio agli avvenimenti ecclesiali torinesi, sulla
Stampa ed anche suU’Unità.
La sua nomina, avvenuta nel
’65 al volgere verso la fine del
Concilio Vaticano Secondo, aveva già suscitato un certo scalpore perché il governo di una
delle più importanti diocesi italiane non veniva assegnato, come spesso accade, ad un uomo
che avesse fatto carriera nella
diplomazia del Vaticano o di
qualche importante curia italiana, ma ad uno studioso. Da tempo egli era infatti titolare della
cattedra di Letteratura cristiana
antica all’Università di Torino.
Distanza dalla FIAT
Un suo primo passo fu quello di rompere lo stretto collateralismo tra la chiesa torinese e
la Fiat. Punirono subito i pellegrinaggi Fiat a Lourdes, organizzati dai cappellani del lavoro, classico rito dì collaborazione tra il potere economico e
quello religioso. Pochi anni dopo favorì, l’esperienza dei preti
operai che, sulla falsariga di
quella francese, più volte riprovata dal Vaticano, faceva di alcuni sacerdoti delle persone che
condividevano le condizioni della classe operaia. Tra i gesti,
nello stesso tempo reali e simbolici, di Padre Pellegrino, che
vengono più spesso ricordati c’è
il dono degli anelli dei suoi predecessori al gruppo Abele, per
il recupero dei drogati; l’assunzione dell’appellativo di Padre,
al posto di eccellenza (dovuto
ai vescovi) ed eminenza (dovuto
ai cardinali); l’abbandono della
croce pastorale di metallo prezioso, sostituita con una di legno; il fatto che non abbia mai
distribuito titoli onorifici come
quelli di canonico e monsignore.
cerati senza incontrare critiche
e incomprensione.
Ringrazio coloro che hanno
continuato a corrispondere, con
amore e perseveranza, coi nominativi loro affidati e mi hanno
manifestato la loro comprensione e il loro interessamento.
Fraterni saluti da
Selma Longo
(Villa Elisa, via Angrogna 10
10066 Torre Pellice)
Egli fu uno dei pochivescovi
italiani a stringere ottimi rapporti con Dom Camara, il «vescovo rosso » di Recife, nel NordEst del Brasile, che fu più volte
minacciato di morte dai militari e fascisti per la sua chiara
opposizione al regime ed il suo
impegno di solidarietà concreta
con le classi oppresse. Camara
venne a Torino e parlò a migliaia di persone; Pellegrino andò a Recife e ne tornò, si disse,
sconvolto per la situazione di
estrema miseria e sfruttamento
riscontrata. Porse i fatti più importanti furono la sua solidarietà fattiva con gli operai in lotta
contro i licenziamenti o nei momenti difficili delle vertenze: in
piazza alla tenda dei metalmeccanici, alla Monoservizio durante la lotta per il contratto, in
chiesa a Leinìi, tra le bandiere
rosse e gli striscioni della Firn,
vicino alla gente della Singer
senza lavoro. Per questo il sindaco comunista di Torino, Novelli, ha affermato che Pellegrino a Torino « ha dato un insegnamento : indipendentemente
dalla collocazione ideologica e
politica, si può lavorare insieme
per costruire un mondo migliore, una società che abbia al centrò non l’egoismo, ma i valori
dell’uomo ».
Una nuova pastorale
Il documento più importante
che Padre Pellegrino ha prodotto, con la collaborazione del
consiglio pastorale, è stato la
« Camminare insieme ». All’insegna delle parole d’ordine di
povertà, libertà e fraternità essa ha segnato un avvenimento
nuovo nella chiesa italiana. Per
la prima volta in una lettera pastorale si parlò di «scelta di
classe ». Ricca di tensioni ideali,
questa lettera ci sembra tuttavia debole nell’analisi sociopolitlca; sensibile alla condizione di
sfruttamento della classe operaia, ma incapace di coglierne le
reali motivazioni storiche ed i
meccanismi più profondi. Di
conseguenza manca della capacità di indicare reali strumenti
per il superamento dello sfruttamento.
espresso in una lettera di Giovanni Franzoni, pubblicata sulla Gazzetta del Popolo del 5 gennaio ’77. Egli riconosce nel vescovo di Torino una onesta scelta dei poveri e dei movimenti
di lotta che li esprimono ma
nota «nello stesso tempo l’imbarazzo di trovare strumenti
ideologici e politici di interventi per la loro liberazione ».
(Questo fatto ha reso il vescovo di Torino sempre diffidente
ed a volte chiuso nei confronti
di coloro che nel .mondo cattolico, come ad es. le AGLI, hanno scelto l’analisi e gli strumenti del marxismo come momento
di lotta di liberazione e costruzione di una società senza sfruttati e sfruttatori. Egli ha sempre appoggiato organizzazioni,
come il SER.MI.G. (Servizio
Missionario Giovanile), il Gruppo Abele ed altre, che sono ricche di carica ideale, rna deboli
nell’individuare effettivi strumenti politici di liberazione.
Non vogliamo dire con ciò
che questo sia compito di un vescovo, né sminuire il ruolo innovativo di Padre Pellegrino. L’assunzione del marxismo come
strumento da parte di gruppi
sempre più numerosi di cristiani ha apportato divergenze, a
volte radicali, nelle chiese, in
cui il problema del pluralismo
politico è ancora insoluto. Merito di Padre Pellegrino è quello di non avere mai risolto le
questioni con scomuniche ed
altri provvedimenti canonici. E
questo nel contesto italiano ci
sembra importante.
B. C.
Offerte di lavoro
La Casa Evangelica di Riposo
di Trieste, in seguito al collocamento a riposo dei gerenti, cerca sostituzione. Gli interessati
possono rivolgersi al Rettore
Federico Gienger, presso l’Ospizio Cristiano, via Valdirivo 11,
34100 Trieste, tei. 040/64440.
• Per mancanza di spazio siamo
costretti a rinviare al prossimo numero alcune notizie dalle chiese e una corrispondendenza da Roma sul 3° Convegno nazionale dei Cristiani
per il Socialismo.
Un limite
Fra i tanti effettivi meriti di
Padre Pellegrino, questo ci sembra il suo limite. Esso è ben
Protestantesimo
Domenica 23 gennaio
ore 22,45
presentazione del
« Teatro Angrogna »
4
21 gennaio 1977
L’« ALTRA CHIESA» IN ITALIA-INTERVISTA A GIOVANNI DE MEO DELLA CHIESA AVVENTISTA
Siamo chiesa e non setta
— Ritiene che il libro di Bouchard-Turinetto possa essere
uno strumento utile di comunicazione, aU’intemo del mondo
evangelico per una maggiore conoscenza reciproca e all’esterno
per una presentazione unitaria
deli’evangelismo?
— Di un libro come quello recentemente edito dalla Claudiana, ce n’era bisogno per avere
una panoramica generale sulle
varie chiese evangeliche presenti e operanti in Italia, specie per
coloro che non sono molto addentro nelle varie suddivisioni
storiche e denominazionali.
Mi auguro che tale libro venga preso in considerazione anche dai cattolici per eliminare,
cos\ molti pregiudizi che ancora si ergono, nonostante le molte dichiarazioni di buona volontà.
— Come valuta il libro «L’altra chiesa... » in generale e in
particolare il capitolo che tratta della Chiesa awentista?
— Naturalmente, del libro, la
parte che più mi ha interessato
è stata quella relativa alla Chiesa awentista.
Valuto estremamente positivo
il fatto che finalmente la Chiesa
awentista sia stata classificata
tra le Chiese e non più, come
invece è accaduto per il Quaderno F.U.V. edito nell’ottobre
1960, tra le « Sette e movimenti
evangelici del nostro tempo».
Questo inserire la Chiesa avventista nell’ambito delle Chiese evangeliche in generale, credo servirà moltissimo ad aprire più facilmente un discorso
evangelico con le altre Chiese di
quanto non lo sia stato fino ad
ora, dato che per molti, anzi
moltissimi, tra Chiesa awentista e il movimento dei testimoni di Geova, esisteva solo qualche piccola differenza e pertanto, teologicamente parlando, siamo stati posti sul medesimo
piano.
Il libro di Bouchard-Turinetto, invece, al riguardo è illuminante e spero che tutti coloro
che avevano questa idea leggendo il capitolo che parla della
Chiesa awentista modifichino le
loro vedute e ci considerino
Chiesa evangelica sotto ogni
aspetto e non più setta.
Giusta quindi l’esclusione, fatta dai due autori, dei «Movimenti scarsamente, cristiani come i mormoni e i testimoni di
Geova» e i loro derivati.
Per quel che riguarda il testo
vero e proprio, a parte alcune
interpretazioni discordanti di testi biblici, l’imico neo, e sottolineo il termine neo, è rappresentato dall’inserimento di parte di
una recensione di un libro, apparso in tedesco nel 1972, sugli
avventisti, in cui questi vengono etichettati in modo, credo,
un po’ sbrigativo e troppo generico.
Per altre chiese gli estensori
del libro hanno dovuto in certi
casi arrampicarsi sugli specchi
per avere dati statistici; a tale
proposito credo sia significativo
il fatto che, ad esempio, per
una statistica sui Pentecostali
nel mondo si faccia riferimento, come fonti, a ’Segno dei Tempi’, il mensile delle Chiese avventiste (p. 93). Ma per la Chiesa awentista ci sono statistiche
in abbondanza e abbastanza aggiornate anche se potevano esserlo ancora di più. Nell’ultimo
paragrafo dell’introduzione gli
autori dicono ; « Abbiamo interpellato diversi responsabili delle diverse chiese, ottenendo un
numero limitato di risposte ».
Ma per ciò che riguarda la Chiesa awentista contesto tale affermazione dato che tutto il testo inerente alla Chiesa avventista è stato da me revisionato,
basandomi sul già citato Quaderno F.U.V., nel 1973 subito dopo il congresso della Federazione delle Chiese Evangeliche tenuto a Bologna e spedito in data 13 novembre 1973 a Giorgio
Bouchard.
Forse proprio il fatto che siano passati diversi anni, ha causato l’accusa, velata, di non collaborazione da parte della Chiesa awentista, quando invece è
vero il contrario.
— Come vede la Chiesa avventista, o come vede lei, i contatti e i rapporti con U resto
deiTevangeUsmo italiano?
— Per quel che riguarda i rapporti della Chiesa awentista e
le altre Chiese, posso affermare
che sebbene la nostra chiesa non
sia membro effettivo del C.E.C.,
tuttavia è largamente rappresentata nelle sue commissioni specie per quel che riguarda la libertà religiosa, le comunicazio
ni, l’evangelizzazione, le traduzioni della Bibbia in nuove lingue ed altro. In Italia pur non
essendo Chiesa appartenente alla Federazione collaboriamo al
servizio radio televisione, dove
vorremmo essere ancora più presenti, ed alla commissione giuridico-consultiva.
— Esiste nella Chiesa awentista un’esigenza di tipo « ecumenico », di uscita cioè dallo stretto ambito della propria denomi
nazione? Esistono oggi i presupposti minimi per riprendere un
discorso che si è interrotto dopo
ia breve stagione del Congresso
di Roma dei 1965?
— Il discorso con altre Chiese, fino ad ora, è stato quasi inesistente anche a causa dei vari
pregiudizi di cui parlavo all’inizio. Di conseguenza il discorso
’ecumenico’ è stato fino ad ora
stentato; questa situazione non
ha certo favorito, all’interno della Chiesa awentista, il desiderio
di allacciare quei rapporti fraterni che, dopo il Congresso di
Roma del 1965, molti auspicarono e che la recentissima Assemblea di Bari ha rinnovato.
Perchè non sono cristiana
Laura Conti, consigliere regionale PCI, invitata alla «giornata della
cintura milanese », parla in modo stimolante della sua posizione
In una metropoli come Milano
molti membri delle nostre chiese vivono neU’isolamento e spesso, inevitabilmente, finiscono per
perdere i contatti con gli altri
fratelli e talvolta anche con l’Evangelo.
Per lottare, almeno nei limiti
del possibile, contro questa situazione, da alcuni anni si tengono nella Chiesa Metodista dei
convegni mensili degli evangelici metodisti, valdesi, battisti della « cintura milanese » cui partecipano anche fratelli che vivono
in Milano.
Questi i temi finora trattati
nell’anno in corso: 1) Secondo
voi come bisogna fare per unire
gli evangelici italiani? 2) Il Concordato: revisione o abrogazione; 3) « Perché non sono cristiana »: risponde Laura Conti. In
riferimento a quest’ultimo incontro, proponiamo ai lettori del
giornale alcune delle argomentazioni più interessanti con le quali l’ospite ha creduto di rispondere alla domanda che le era stata rivolta.
Cristianesimo: un
incontro sfortunato
Intanto sono stati dati due ordini di risposte. Uno definito oggettivo: « Sono cresciuta in un
ambiente dove negli anni più importanti della vita non mi è sta
to parlato di cristianesimo. Non
ho avuto un’educazione cristiana ». Uno definito soggettivo:
«Probabilmente non sono cristiana perché sono stata abbastanza
sfortunata nei miei incontri con
i cristiani ». L’oratrice si riferisce alla scuola elementare nella
quale l’insegnante l’ha qualificata « una mela marcia » con conseguente isolamento dalle compagne per non appartenere lei ad
una famiglia di credenti, ma soprattutto si riferisce ai contenuti deH’insegnamento della religione da lei ricevuto a scuola:
« Non mi interessava un tipo di
devozione in cui non c’era amore
per tutti gli esseri viventi. Quella indifferenza al mondo vivente
tranne la specie umana è ciò che
mi ha reso estranea a quel tipo
di educazione religiosa che veniva impartito ».
Tale critica viene allargata da
Laura Conti fino a notare che
« questo privilegio dell’essere umano non è solo nella religione
cristiana, o meglio cattolica, « la
sola che ho conosciuto » ma di
tanti altri modi di pensare. Per
es. deH’idealismo, anche del positivismo, ed è anche dei marxisti ». « Amare la vita in tutte le
sue espressioni: umana, vegetale, animale. Questa la ragione
per cui mi sono dedicata agli studi biologici. Li non ci sono privilegi. La vita viene studiata in
tutte le sue manifestazioni con
lo stesso atteggiamento mentale ». « Avendo trovato questo mo
do di pensare scientifico per cui
non creo privilegi, posso guardare con lo stesso occhio e quindi
con lo stesso amore a tutte le
manifestazioni viventi ». Ecco un
altro motivo per cui l’ospite sostiene di non aver sentito il bisogno di avvicinarsi ad una « religione ».
Ha incontrato
Cristo?
In molti interventi che sono
seguiti si dice con chiarezza che
come evangelici non ci si riconosce nel tipo di cristianesimo incontrato e conosciuto da Laura
Conti. Si è cristiani non perché
si ama il prossimo, o perché si
ha un’etica cristiana, ma perché
si incontra Cristo e lo si incontra attraverso il messaggio dell’Evangelo che è Tunica mediazione per conoscere Cristo, le altre sono false. È attraverso TEvangelo che quelTincontro viene
espresso. Un fratello, intervenendo, pone all’ospite una domanda
precisa: lei ha incontrato Cristo,
lo ha conosciuto?
Laura Conti risponde di avere
incontrato delle versioni di Cristo: una persona portatrice di
valori molto parziali, portatrice
del valore della soavità, della dolcezza, che non va in collera, che
non si indigna, ecc. Una versione
molto pallida del opeale, uno sche
II rapporto Chiesa-Mondo nella
Teologia Protestante contemporanea
Ruben Alves
«Tanto nel Paradiso quanto nella Città Santa non ci
sono templi. La teologia è
una scienza per coloro che
hanno perduto l’unità paradisiaca originale, o per quelli che ancora non Thanno incontrata. E ima ricerca di
punti di riferimento, di nuovi orizzonti che ci permettano di trovare un senso nel
caos che ci ingoia. È un tentativo di rimettere insieme i
frammenti di un tutto che è
stato distrutto ». Così: concepisce la teologia Ruben Alves, nato in Brasile nel 1933,
un rappresentante della « teologia della liberazione » dell’America Latina.
È un teologo che ci propone la liberazione totale dell’uomo; è un nuovo concetto
di salvezza: non più soltanto
individuale, spirituale, futura,
ma comunitaria e inserita
nella storia presente ; una teologia che tenga conto della
fame e dell’oppressione, della
miseria e della sopraffazione...
Alves è giunto ad una nuova visione della teologia fin
dagli anni della sua formazione teologica. La sua prima
battaglia è stata contro il
fondamentalismo che gli veniva insegnato nel seminario.
Racconta nelle sue pagine autobiografiche : « La salvezza
del mondo — questo dogma
basilare del protestantesimo
brasiliano — non era in diretta opposizione alla stessa
Bibbia? La salvezza personale non può occorrere in detrimento del mondo, dato che
l’uomo e il mondo si appartengono reciprocamente. E in
primo luogo nella lotta per
la redenzione del mondo che
l’uomo conquista la sua totalità personale. Così., salvatori
di anime, si trasformarono in
ricostruttori della terra. Una
cosa ci sembrava evidente.
La chiesa doveva liberarsi
dall’incantesimo del linguaggio fondamentalista che la
teneva prigioniera. Appena
questo si fosse realizzato —
noi lo sapevamo — la stessa
chiesa avrebbe lottato all’avanguardia per trasformare
il mondo ».
Il mondo ha bisoco di una
trasformazione radicale — sostiene Alves —. Non si può
andare verso il futuro senza
rendersi conto che la realtà
va mutata, con la consapevolezza che la nostra civiltà è
costruita su radici sbagliate.
« Da questa visione scaturirono speranze e movimenti di
rivoluzione. La politica diventava la nuova religione e la
religione diventava politica. I
cristiani scoprirono un nuovo significato della loro fede... Da oppio del popolo la
religione diventò improvvisamente strumento di liberazione. Forse la Chiesa poteva
essere trasformata in una comunità rivoluzionaria. Forse
era venuta la sua ora d’esse
re levatrice di un nuovo futuro per Tumanità». Quanti
aderirono a questa ideologia
si impegnarono nella lotta
con fervore, trovando nella
rivoluzione un vero significato comunitario e messianico.
Ma Alves ha vissuto anche
la disillusione : « ...la rivoluzione non ha tempo da perdere né può fermarsi per rispettare certe clausole... Il
chiasso degli slogans è sempre più persuasivo del sussurro dei profeti. Nessuno
presta loro attenzione. Le
speranze dei rivoluzionari diventano dogmi e i dogmi sono spiriti diabolici che accecano... I rivoluzionari credevano che bastasse distruggere il vecchio... La negazione
può scacciare uno spirito maligno ma non è in grado di
creare una realtà positiva».
Infatti Alves constata ; « Questa è stata la tragedia della
rivoluzione : ha smarrito la
visione positiva di un nuovo
futuro per Tumanità ».
Alves invece si pone il problema della ricostruzione di
un futuro, anche se questa è
un’operazione difficile e problematica. La funzione della
rivoluzione è di « liberare ed
autenticare » non ancora di
costruire.
« Nonostante, anzi proprio
perché i nostri alberi sono
stati tagliati, l’aria è inquinata dalla paura e il terreno
trasformato in un immondezzaio, una nuova semente deve essere seminata: il seme
della speranza ».
G. G. P.
Giornata
contro
la lebbra
Il nuovo segretario della Missione Evangelica contro la lebbra ha inviato agli amici e sostenitori una circolare per ricordare la XXIV giornata mondiale
contro la lebbra (30 gennaio
1977).
Più di 15 milioni sono attualmente i malati di lebbra e di essi soltanto 3 milioni possono
fruire delle cure di medici, infermieri, fisioterapisti, assistenti
sociali e altro personale.
Si tratta, per quanti lavorano
« in prima linea », di rintracciare i malati di lebbra anche nei
villaggi più remoti, di curarli negli ospedali specializzati e negli
ambulatori o a domicilio, di restaurare i danni fisici e psichici
causati dal morbo: con terapie
plastiche, applicazioni di apparecchi ortopedici, rieducazione
degli arti guariti, e di creare le
condizioni sociali più favorevoii per impedire il diffondersi del
morbo e più rispondenti al reinserimento dei guariti nella società ridando loro una nuova
speranza nella convinzione, per
noi evangelici, che non basta
guarire il corpo ma occorre anche annunziare TEvangelo.
Gli aiuti finanziari vanno trasmessi al c.c.p. 2/35862 - Missione contro la lebbra - Bordighera.
Materiale informativo sul lavoro della Missione (opuscoli e
diapositive) possono essere richiesti al Pastore Guido Mathieu,
Via Pasteur, 60 - 18012 Bordighera (IM) - Tel. 0184/24.29.5.
ma piuttosto piatto. Ha però avuto per il Cristo degli evangeli
un interesse storico. E qui credo
valga la pena di soffermarci un
momento per il ustrare questo
interesse. Durante e dopo la Resistenza Tha considerato un uomo, un partigiano che aveva molto in comune con gli uomini della Resistenza. Gesù aveva contro
una potenza straniera che opprimeva il suo popolo, ma in questa
lotta non gettava solo il nazionalismo e l’amore del suo popolo o
la libertà nei confronti dell’impero romano, ma vi impegnava anche una certa insofferenza per i
valori sclerotizzati, formalizzati.
« Lo potevo capire. Un’esperienza simile alla mia. Sarebbe stata
una diminuzione di noi stessi
pensare di lottare soltanto contro i tedeschi, solo per l’indipendenza dallo straniero. Era un modo di vivere certi valori, certe
espressioni di vita che non avevano solo un nome straniero ».
Stampelle che
devono cadere
Laura Conti è stata inoltre colpita dal destino di Gesù molto
simile a quello di coloro che lottano contro qualcosa, hanno la
vittoria solo formale e si trovano ad essere strumentalizzati da
quel qualche cosa contro cui
hanno combattuto. Per questo
Cristo le è sembrato un personaggio estremamente drammatico in quanto, appunto, strumentalizzato da quelli che portavano
il isuo nome per confermare un
ordine contro il quale ha combattuto. Una figura drammatica
che sente vicina, ma di cui non
accetta il « significato religioso »
Ha visto troppa gente « avvicinarsi alla religione nei momenti
in cui si fanno i conti con la morte, per sperare in un privilegio,
quello di avere una parte di noi
che non morirà. La fede come
modo di soddisfare il bisogno di
non morire. È difficile pensare
che noi uomini abbiamo un privilegio nei confronti degli altri
esseri cui siamo legati ».
Per illustrare il risultato di
questo interessante incontro riprendiamo alcune battute dell’intervento di Giorgio Bouchard
che ha condotto il dibattito. Una
sfida per la nostra fede, per le
sue debolezze e le sue contraddizioni. Laura Conti ci ha colti in
alcuni punti deboli, ci ha fatto
cadere le stampelle con le quali
ci avviciniamo a Cristo. Una sfida, una critica che ci ha messo
in imbarazzo, ma che manca, però, di speranza.
Valdo Benecchi
5
21 gennaio 1977
Un tuaroi a Rurutu
Non è un rebus od un gioco
di parole.
Rurutu è una delle Isole Australi: un arcipelago che si trova in pieno Pacifico a circa 800
Km. a sud-est di Tahiti, nella
Polinesia francese. Rurutu, piccola isola di circa 1.000 abitanti,
costituisce una parrocchia della
Chiesa Evangelica della Polinesia che abbiamo visitato in occasione delle sedute del «Bureau » della CEVAA all’inizio di
dicembre e con la quale abbiamo celebrato il terzo cinquantenario dell’annunzio dell’EVangelo.
Un « tuaroi » è la riunione di
un « gruppo » di chiesa che
si riunisce durante la settimana
(in media 3 volte) per svolgere
un’attività particolare : canto,
unione femminile, gruppi giovanili, studi biblici etc. e che costituisce uno dei cardini della
vita della chiesa. In occasione
del cinquantenario e della nostra
visita a Rurutu abbiamo partecipato ad una grande riunione:
un tuaroi « balena » come si dice in tahitiano con una espressione assai eloquente.
L’evangelo a Rurutu
Nel 1821 una tremenda epidemia (probabilmente vaiolo) decima la popolazione di Rurutu.
Una parte dei sopravvissuti, ed
in particolare le tribù di Moerai
e di Avera, decidono di lasciare
i loro villaggi e di rifugiarsi a
Tubuai, un’isola dello stesso arcipelago a circa 200 Km. di distanza. Ma durante il viaggio un
ciclone investe il gruppo di canoe, le disperde, ne affonda la
maggior parte e solo Auura, il
capo di Avera, con alcune canoe, dopo aver vagato alla deriva per molti giorni, stremato di
fatica, fame e sete tocca terra
a Maupiti, nelle Isole Sotto Vento, a più di 1.000 Km. dal proprio villaggio.
Scampati all’Oceano il rischio
era di essere massacrati sul posto. Ma con grande sorpresa dei
naufraghi, la popolazione dell’isola li accoglie gioiosamente,
li nutre, li assiste in ogni maniera. Stupito, Auura chiede la ragione di questo ed ecco come la
tradizione ci ha tramandato il
dialogo :
Auura — Perché ci accogliete in
questo modo?
Il capo di Maupiti — Un nuovo
Dio è arrivato sulla nostra
isola e queste sono le sue leggi che osserviamo.
Auura — Che leggi sono?
Il capo — Gli idoli sono stati
aboliti, i massacri ed i sacrifici umani sulla laguna interdetti. E il Dio che adoriamo
è un Dio di amore, pieno di
compassione e di misericordia
per tutti.
Auura — Dove si trova questo
Dio?
Il capo — A Raiatea (il capoluogo dell’Isola).
Qui i rurutesi incontrano il
missionario John Williams, Auura accetta l’Evangelo e frequenta la scuola per evangelisti. Alla fine, con due altri evangelisti,
ritorna nel 1822 a Rurutu e vi
porta l’Evangelo. Oggi la popolazione è protestante al 100% e
l’origine locale dell’evangelizzazione si nota in una penetrazione dell’Evangelo nella cultura
tradizionale e veramente locale,
più profonda e spontanea che
nelle altre isole e comunità che
abbiamo visitato.
Il Terzo cinquantenario
Ad essere pignoli, gli anni sono 154, ma anche l’ottavo centenario del movimento valdese
non era probabilmente fatto di
800 anni precisi!
Per ricordare questo avvenimento le chiese della Polinesia
hanno organizzato un grande incontro a Rurutu: un culto con
Santa Cena in comune nel tempio di Moreai, domenica 5 dicembre, e l’inaugurazione di un
cippo con una lapide commemorativa. Il Bureau della CEVAA
è stato invitato a questo incontro e tre dei suoi membri, due
africani ed un europeo, hanno
curato la predicazione. Era pure presente il governatore francese.
In questa occasione è pure sta
to organizzato il grande incontro di gruppi che, almeno per
noi europei ed africani, è stata
la grande scoperta del nostro
soggiorno polinesiano.
Il «tuaroi balena»
Perché non proporlo anche
da noi? Si dà alle chiese un argomento di studio biblico, per
es. «la legge e la grazia» come
a Rurutu, per tutto un anno.
Poi si fa un grande convegno
di alcune centinaia di persone
(a Rurutu erano circa 600) nel
quale ogni gruppo espone i risultati del proprio lavoro. Si
canta molto e si comincia la
riunione alle 18 per finirla alle 6
del mattino- seguente. Non ci
sono cenoni e non si prende neppure il caffè per tenersi svegli.
Qualcuno se la sente?
Eppure non abbiamo trovato
le ore lunghe (anche se è vero
re meglio il proprio pensiero. I
relatori sono stati in maggioranza donne, sebbene anche gli
uomini (un terzo dell’assemblea)
siano intervenuti diverse volte.
Un grande senso di comunità
che in Europa non riusciamo
neppure ad immaginare. Questo
fa certamente parte della sensibilità e della cultura polinesiana e, come tutte le cose di questo mondo, pone i suoi problemi, ma vedere l’Evangelo vissuto in un modo così comunitario
è certamente una esperienza
molto formativa per noi europei
che parliamo di comunità e rimaniamo individualisti.
La sintesi di questi studi è
stata fatta da un pastore fra le
due e le tre del mattino ed alla
fine sono stati distribuiti i premi. (Nelle «case di gruppo» di
tutta la Polinesia abbiamo sempre visto delle coppe: gare di
corali, incontri di calcio e... con
Ai piedi di una stele commemorativa, un anziano racconta come
ha avuto inizio l'evangelizzazione dell’isola.
Risveglio, portati dai missionari
e rimasti tali (il 139 dell’Innario
Cristiano, per es.), poi ci sono
cantici di origine europea, ma
30 GENNAIO: DOMENICA DELLE MISSIONI
Diaspora agli antipodi
Franco Davite, rappresentante della chiesa valdese nella CEvAA riporta dalla sua recente visita nella Nuova Caledonia l’eco di un protestantesimo vivo e profondamente inserito nella cultura locale
che verso mezzanotte ai poveri
europei una tazza di caffè è stata offerta!). Gli interventi dei
vari gruppi erano brevi, intercalati da canti; ogni gruppo riferiva almeno tre volte per espor
corsi di studi biblici).
Durante tutta la notte, fra un
intervento e l’altro e dopo la
conclusione: molti canti. I protestanti polinesiani ne conoscono di tre tipi: quelli europei del
profondamente rimaneggiati con
musica polinesiana. Questi due
tipi si cantano in chiesa. Poi ci
sono gli « Himénés ruau » che si
cantano in questi incontri. Si
tratta di versetti biblici della
lunghezza di una strofa di cantico. La melodia, molto semplice, di ritmo binario, è polinesiana e si presta ad essere danzata. Non è un ballo a coppie,
ma danza di singoli che danno
un tono mentre il gruppo canta e ritma con le mani. Non si
usano strumenti musicali. Questa unica strofa è ripetuta molte volte fino a fare durare il
canto per mezz’ora od anche
un’ora. Quando la strofa è terminata il gruppo tiene la nota
ed un solista riintona il canto.
L’effetto è molto suggestivo, ma
la cosa che mi sembra più importante è che questi nostri fratelli e sorelle hanno saputo esprimere la loro fede in un modo
che è profondamente sentito e
che corrisponde alle caratteristiche più profonde della loro
anima polinesiana.
Franco Davite
Obiettivo sulla Nuova Caledonia
Strana sorte quella della Nuova Caledonia: per cercare di spiegare ciò che essa rappresenta
oggi bisogna evocare dei paesaggi magnifici, ma anche enumerare delle cifre; bisogna parlare
di uomini di carne e sangue, ma
enumerare altre cifre. Questo
perché una civilizzazione fondata sulla produzione e sul profitto
ha spezzato gli equilibri antichi,
installandosi su di una terra isolata che si è rivelata infinitamente ricca di nickel e che attira irresistibilmente gli stranieri. Per
vedere cosa sta accadendo alla
popolazione melanesiana autoctona ed alla sua Chiesa è necessario tener presenti questi elementi.
Un po’ di geografìa
L’arcipelago formato dalla
Nuova Caledonia e dalle isole
Loyauté è lontano da qualsiasi
altra terra abitata. L’Australia,
la più vicina è a 1.700 km., la
Nuova Zelanda a 2.000, Tahiti a
5.000 e la Francia a 20.000 km.
Il clima tropicale è fortemente attenuato dagli alisei, ma le
isole si trovano in una zona soggetta ai cicloni; l’ultimo dei quali, nel 1975, ha causato gravi
danni.
Una popolazione
in equilibrio precario
Su di una popolazione di circa
130.000 persone i melanesiani
non rappresentano ormai più
neppure il 50%. Vi sono infatti
78.000 immigrati (di cui 53.000
europei e 8.000 tahitiani) contro
appena 55.000 melanesiani. Facile immaginare le tensioni razziali che ne nascono.
Le sole zone interamente riservate alla popolazione melanesiana sono appunto denominate
« riserve » ed occupano, tra l’altro, la totalità delle isole Loyauté. Esse rappresentano il 25%
delle terre coltivabili.
Il nickel:
fortuna e disgrazia
Il nickel rappresenta il 96%
delle entrate del territorio all’esportazione. Dal 1969 al '72 ciò
ha provocato un boom straordinario.
Quando, nel ’72, la recessione
si è fatta sentire in modo brutale, la popolazione autoctona ha
per prima pagato un caro prez
zo in termini di disoccupazione,
debiti, ecc.
Quale potere
ai melanesiani?
Esiste in Caledonia il suffragio
universale (dunque anche i melanesiani hanno la possibilità di
esprimersi sul piano politico).
Ma sul piano economico, tecnico,
finanziario, amministrativo, militare, giudiziario essi hanno scarse possibilità di far valere le loro opinioni.
Di qui due reazioni: a un ripiegarsi su se stessi o il rifiuto
di lasciarsi integrare al sistema
occidentale, con conseguente rivendicazione sempre più chiara
e talvolta anche violenta dell’indipendenza.
La chiesa evangelica
La Chiesa evangelica conta circa 20.000 membri e 65 pastori
melanesiani. Essi, come a Tahiti,
sono per lo più operai, coltivatori o pescatori, oltre che pastori.
Sono formati alla Scuola pastorale di Lifou. Tre di questi pastori hanno la licenza teologica, ottenuta sia a Figi sia a Parigi.
Naturalmente la chiesa risente al suo interno tutte le tensio
ni e le difficoltà con le quali si
confronta ognuno dei suoi membri. Essa cerca di lottare per
evitare ogni scontro violento ed
ogni rottura definitiva tra i vari
gruppi etnici. Questo in due modi: prese di posizione pubbliche
e pubblicizzate e formazione accelerata.
Prese di posizione
Seguendo la prima delle linee
appena indicate la « Tavola » locale ha, a due riprese, preso posizione su fatti dovuti a disordini politico-razziali, che hanno
condotto all’arresto o all’uccisione di melanesiani. Ecco alcune
frasi di questi due significativi
documenti:
« Non abbiamo intenzione di
prendere posizione, in quanto
Chiesa, prò o contro questo o
quelValtro partito o movimento
politico. Tuttavia, toccati da recenti avvenimenti in seguito ai
quali dei giovani, molti dei quali appartenenti alla nostra Chiesa, sono stati condannati a pene
detentive, teniamo ad affermare
quanto segue:
Siamo convinti che l’avvenire
della Nuova Caledonia può costruirsi sulla coabitazione attiva
e fraterna di comunità etniche
diverse. Ma ciò implica la loro
Il «bureau» della CEvAA
Nei confronti della riunione generale (il « Conseil ») nella quale sono rappresentate tutte le 25 chiese che compongono la CEvAA il « Bureau » si presenta come la Tavola Valdese nei confronti del Sinodo. È composto di quattro rappresentanti di chiese: Africa, Madagascar, Polinesia, Europa e dai componenti
del segretariato. Ha compiti esecutivi e deve curare che vengano applicate le decisioni prese in sede di Consiglio generale. Si riunisce due volte alPanno; quest’anno una sola volta perché le sedute in Polinesia hanno impegnato tutta la
somma disponibile per questa attività. Nel <c Bureau » il pastore Davite è supplente del past. René Blanc, Moderatore della chiesa luterana di Francia.
I lavori del «bureau»
I lavori si sono svolti dal 26 novembre all’8 dicembre ed hanno consistito
in sedute ed in contatti. NeUe prime si è svolto il lavoro vero e proprio del Bureau e le altre ci hanno permesso di prendere contatto con la realtà delle chiese
e della fede evangelica polinesiane.
Tutti i giorni a pranzo ed a cena si era ospiti di comunità e di gruppi diversi. Inoltre si sono visitate le chiese delle isole Rurutu, Tubuai e Moorea. La
visita alle isole Sottovento è stata impedita dalle condizioni del tempo (inizio della stagione delle piogge). Abbiamo conosciuto e parlato con centinaia di persone
ne abbiamo viste alcune migliaia e questo ci ha permesso, non certo di penetrare
nei dettagli della vita polinesiana, ma di avere un quadro d’assieme molto vivo
di queste chiese sorelle.
uguaglianza sociale reale, il rispetto reciproco delle loro diversità, la possibilità di sviluppo
delle loro culture e lingue rispettive, delle possibilità uguali per
tutti (...). Constatiamo che tali
obiettivi non sono ancora raggiunti e siamo profondamente
convinti che possono esserlo senza che sia necessario di ricorrere ad affrontarsi con violenza ».
Questo avveniva nel ’74. Agli inizi del ’76, in seguito ad altri episodi sanguinosi, i respKmsabili
evangelici scrivevano: « La lotta
per una. società nuova è divenuta
urta realtà, e chi se ne rammaricherebbe? (...). Ma se desideriamo che tutto questo abbia un
orientamento evangelico, l’avvenire che ci sta davanti esigerà
tutti i nostri sforzi, tutta la nostra consacrazione, tutta la nostra fede, tutto il nostro amore. (...) La Chiesa deve rivolgere al mondo il suo messaggio di
vera pace e di una giustizia che
sorpassa quella degli uomini.
Dobbiamo animare una riflessione teologica in ogni campo; in
tal modo saremo vicini a coloro
che hanno una responsabilità
politica, sociale, economica. Doobiamo sostenere quanti tra di
noi sono nell’amministrazione,
nell’insegnamento, nella polizia,
soprattutto perché gli atti e le
idee siano ispirati dallo Spirito
Santo di Dio, solo savio ».
Formazione biblica
e istruzione
Per far fronte alla necessità di
dare la miglior formazione generale possibile ai propri membri,
la Chiesa evangelica si sforza di
sviluppare l’insegnamento protestante. A questo si accompagna
una intensa formazione bib icoteologica a tutti i livelli ed un
regolare lavoro di evangelizzazione.
Come si vede la Chiesa caledoniana si riconosce una missione
profetica di riconciliazione e di
critica costruttiva. Questo implica la necessità di essere sostenuta da altre chiese sorelle, come
ad esempio quelle collegate nella
CEvAA. Non dimentichiamo di
pregare per i nastri fratelli e coi
nostri fratelli del Pacifico, aiutandoli a sfuggire all’isolamento,
uscendone noi stessi.
(gli elementi di questo articolo sono stati tratti dal « Journal
des missions évangéliques »).
Giovanni Conte
6
21 gennaio 1977
cronaca delle valli
PROSEGUE IL DIBATTITO SUL « TACULOT »
Ma la chiesa valdese dev'era?
Sembra proprio che «Taculot»,
il giornalino della scuola di Angrogna, sia destinato a turbare
le coscienze religiose della Valle.
Era già successo al suo apparire come ciclostilato, allorché il
prete del villaggio, indignato per
alcuni spunti di educazione sessuale in esso contenuti, telefonò
scandalizzato al Direttore Didattico perché l’incauto maestro fosse censurato e il fatto non avesse più a ripetersi.
Ora, a distanza di sei anni, con
la pubblicazione di parte dell’esperienza in un libro ^ la storia sembra ripetersi, anche se le
motivazioni che traggono in profondo turbamento il pastore
Giorgio Tourn sono di ben altra
consistenza:
« Taculot ...redige l’atto di morte della realtà riformata alle Valli Valdesi. La Chiesa Valdese negli ultimi 70 anni ad Angrogna
non ha significato assolutamente
nulla. Il fatto di essere valdesi
non ha avuto la minima incidenza sulla formazione culturale degli angrognini... che sono identici ai proletari della montagna di
Cuneo e dì Bergamo ». (Eco-Luce
3/12/76).
La storia dei giornalino
« Taculot »
Sono considerazioni d’effetto,
che forse avranno lasciato sconcertato più di un lettore; si tratta comunque di riflessioni stimolanti. Peccato che nel lungo articolo affiorino qua e là insinuazioni spesso gratuite, che esigono una puntualizzazione.
In primo luogo il giornalino
non è nato per essere pubblicato,
ma semplicemente perché rappresentava — e rappresenta tuttora — uno strumento di lavoro
didattico alternativo al libro di
testo.
Airinizio, con altri compagni
di lavoro, ci si proponeva unicamente di coinvolgere le famiglie
nel processo educativo dei figli.
Successivamente, quando gli
alunni furono in terza, in base a
precise esigenze di carattere psicologico e didattico, la ricerca
d’ambiente si allargò a considerare i rapporti del bambino con
il mondo dei « grandi » (genitori
e nonni). E’ questo un approccio
naturale alla storia: il bambino
di 8 anni non è in grado di costruirsi il « senso storico » studiando, ad esempio, le antiche
civiltà o le gesta dei legionari romani, proprio perché a quell'età
non possiede ancora gli strumenti conoscitivi e logici che gli
permettano di cogliere il vero significato di una realtà così lontana dalla sua esperienza.
Iniziò quindi la ricerca delle
testimonianze: la gente veniva a
scuola a pnilal^, oppure i ragazzi e il loro maestro andavano in
giro nei villaggi, con il registratore. Alunni, insegnante, genitori, nonni, abitanti del quartiere,
tutti fummo coinvolti nella ricerca.
Certo, non era una novità. Mario Lodi questo lavoro lo faceva
da anni, queste cose le scriveva
nei suoi libri. E sono passati 7
anni dalla pubblicazione del
« Paese sbagliato » ma quanti
insegnanti hanno saputo trarre
profitto daH’esperienza di questo
autentico maestro ed educatore?
Ci si guardi pure intorno, lo faccia anche Giorgio Tourn: se ne
ha la possibilità. E poi si traggano le conclusioni.
Fuori dal
« sacro recinto »
La scuola di Angrogna ha
cercato dunque anch’essa, come
quella di Vho, di uscire dai « sacri recinti », trasformando i ragazzi, le loro famiglie, gli anziani, l’insegnante stesso in protagonisti dell’educazione, in protagonisti della cultura.
La cultura, dunque. E qui arriviamo ai problemi di fondo sollevati da Giorgio Tourn. In effetti la cultura che usciva dalla
bocca degli ojjerai e dei contadini angrognini era una cultura di
cui non vi era traccia nei libri
di testo, né tra le righe dei programmi ministeriali.
Quella che si andava elaborando nella scuola di Angrogna sulla base' delle testlmoitìaflze raccolte era proprio una « contro
cultura, come dice Tourn, fatta
di « parole », usi, costumi, lingua »... una cultura diversa da
quella ufficiale, insonmia.
Non era neanche foiklore, come invece sarebbe piaciuto a
qualche maestro della Val Germanasca (Eco-Luce 14.1.77): era
proprio ciiltura, quella delle classi subalterne, l’unico patrimonio
di quella gente da sempre sfruttata, buona soltanto come carne
da cannone in difesa degli interessi dei loro padroni.
Una cultura operaia e contadina dove però, come rileva
Tourn, manca, poiché siamo alle
Valli, un’ impronta riformata.
Già i « Taculot » non parlano della loro chiesa; dai loro discorsi
non traspare la religione (fa bene Tourn a non parlare di fede,
che è un’altra cosa, molto più seria, e difficile da valutare), e
neanche l’educazione « ricevuta
nel contesto di una comunità religiosa riformata ».
Accade spesso che molti vaidesi soprattutto della « vieille
roche », continuino a pensare le
Valli come a una terra tutta valdese ed abitata esclusivamente
da valdesi.
Ora, e non è storia soltanto di
ieri, ad Angrogna, su 800 abitanti, la metà è costituita da cattolici; nella scuola di Angrogna Capoluogo, attualmente, su 18 alunni i valdesi sono 9. La realtà religiosa alle valli, oggi, è anche
questa. Non si può non tenerne
conto. C’è già la Chiesa Romana
che afferma che il 97% della popolazione italiana, o giù di lì, è
di religione cattolica. Come ben
hanno dimostrato i risultati del
referendum sul divorzio.
Bisognerebbe poi anche chiarire cosa si intende per « comunità religiosa riformata »: quella angrognina di 70 o più anni fa,
così efficacemente descritta da
Adelchi Ricca (Eco-Luce 7.1.77)
sulla base di testi inoppugnabili?
Rimane infine un’ultima consi
derazione, a mio avviso la più
importante. Si parla di « cultura
riformata » che dovrebbe distinguere il proletario valdese dai
proletari di Crissolo o di Lugo
di Romagna.
Ma allora siamo veramente alla « religione » intesa come « fondamento e coronamento » della
personalità umana, come recita
un passaggio della premessa ai
programmi didattici per la scuola primaria. A parte che lì sopra
si intende la religione cattolica
espressa dal concordato.
Ricco = colto
Povero = ignorante
Ma la cultura è un fatto di religione, o non è invece un fatto
di classe?
Certo, si nasce « valdesi » come si nasce « cattolici » o « atei »,
ma è più vero ancora che
si nasce « ricchi » e si nasce « poveri ». E chi nasce ricco
nasce anche « colto », mentre chi
nasce povero nella maggior parte dei casi nasce anche « ignorante ».
La cultura ufficiale è quella
dei ricchi: questa cultura è un
mezzo, e non certo il meno significativo, per sottomettere sempre più i non colti all’ideologia
della classe dominante.
Tra i valdesi ci sono i poveri,
gente la cui realtà è fatta soprattutto di duro lavoro, nei campi,
nelle fabbriche, nelle miniere;
gente che è stata progressivamente emarginata dalla vita della Chiesa (cfr. lo studio del
gruppo EGEI di Luserna S. Giovanni), che, se ci rimane, assume però queU’atteggiamento di
« delega » e di « rinuncia alla parola » che fa tanto comodo a chi
gestisce il potere.
E, guarda caso, anche nelle comunità valdesi ci sono i « ricchi », o quelli del ceto med’o, come li chiama Paolo Bogo, i quali « da sempre hanno avuto il po
POMARETTO: CENTRO D’INCONTRO
Fervore < iì iniziative
L’attività del Centro di Incontro di Pomaretto, che in questo
periodo si è tanto intensificata,
è dovuta in gran parte aH’iniziativa di un gruppetto di anziani
che riesce a trascinare gli altri.
Di solito i pomeriggi trascorrono, per le signore, chiacchierando e lavorando a maglia, mentre
gli uomini si mettono a fare una
partita a carte o qualche discussione.
In occasione del Natale, hanno
voluto offrire una festa a tutti
quelli che desideravano partecipare. Così c’è stato molto fervore di iniziative. Per allestire ima
lotteria si è chiesta la partecipazione di tutti i negozianti che generosamente hanno offerto doni,
le signore hanno confezionato in
società una simpatica coperta e
altri oggetti. La festa si è svolta
il 18 dicembre con moltissimi
partecipanti. Come già era successo il giorno dell’inaugurazi<>
ne, si è potuto constatare che il
locale del Centro è estremamente piccolo e sarebbe desiderabile
che per giornate come queste,
qualcuno offrisse un locale più
spazioso. Tutto comunque è andato benissimo. Ci sono state
poesie e canzoni eseguite dai
bambini, una anziana signora ha
cantato canzoni della sua giovinezza e un anziano ha suonato
vari brani con la fisarmonica.
Un rinfresco offerto dagli organizzatori ha preceduto l’estrazione della lotteria che ha accontentato un po’ tutti tanto numerosi erano i regali.
Durante il mese di dicembre
si sono avute anche molte altre
attività. Il dott. Baschera ha continuato le sue conversazioni sui
temi della salute, seguite con estremo interesse da tutti, che
continueranno anche nei prossimi mesi. Anche il dott. Bounous
della Sezione Agricoltura della
Comunità Montana ha tenuto una conversazione con proiezioni
su alcuni problemi inerenti la
sua attività ed ha promesso di
tornare ancora per altre chiacchierate e discussioni. Adriano
Longo ha proiettato alcuni documentari che hanno fatto passare
un piacevole pomeriggio a un
bel numero di frequentatori abituali del Centro e speriamo che
queste occasioni si potranno ripetere ancora.
È chiaro che l’attività del Centro non si esaurisce in queste
giornate particolari. In realtà la
parte importante è proprio il rapporto che ogni giorno si instaura
fra le persone che si trovano insieme. Si parla, ci si conosce più
profondamente e si cerca di fare
qualcosa di comune accordo, anche per aiutare e seguire quelli
che sono ancora più soli. Una visita di un gruppetto di signore
aU’Asilo di San Germano è stata accolta con grande piacere
dai ricoverati che hanno chiesto
loro di ritornare.
Parlando con chi si occupa di
più di questo centro ci siamo
sentiti dire che tanti piccoli
problemi personali, dovuti più
che altro alla mancanza di un
qualcosa che riempisse le giornate così spesso vuote dei pensionati, sono stati superati ed è
subentrata una maggiore serenità.
Ora è necessario che chi ha iniziato questa attività non si fermi
ma pensi ad organizzarne altre.
Se ognuno porta le proprie idee
e una parte di lavoro, sicuramente questa iniziativa avrà un
ritmo continuo e riuscirà di sicuro aiuto per tante persone isolate.
FRALI
Sono riprese le lezioni di sci
per gli alunni della scuola elementare, organizzate dal Comune di Frali, con la collaborazione della locale Scuola di Sci.
Le lezioni, di due ore ciascuna, si svolgono una volta alla
settimana e sono frequentate da
una trentina di bambini.
tere nella chiesa, gestendo le iniziative, le opere, i dibattiti, le assemblee, i culti, le testimonianze, ecc.» (Eco-Luce 26.11.76). Hanno prodotto, cioè, « cultura ».
I nostri interlocutori, a scuola, seno stati unicamente dei
proletari, e non soltanto dei vaidesi; non sono stati, invece, i
« prof. », i « dott. », i « past. » o
gli « ing. » appartenenti al ceto
medio della chiesa valdese.
Indubbiamente può apparire
strano che fra i Taculot valdesi
intervistati nessuno abbia fatto
riferimento alla « religione », ed
è giusto domandarsi come fa
Tourn, se questa realtà « non e
mai giunta a livello di coscienza
o è stata rimossa ».
Penso che Tourn probabilmente una risposta l’abbia già in
mente; il « Gruppo TEV » di Angrogna (da non confondersi con
il Gruppo Teatro) ha già espresso il suo punto di vista in merito.
(Eco ^ Luce 24 dicembre 1976).
10 so soltanto le ragioni per cui
11 vecchio Gustin, raccontandoci
la sua storia, non parla volentieri della « sua » chiesa. Ne accenno sommariamente, può servire
a qualcuno.
Nel 1920 Gustin era uno degli
oltre 4000 dipendenti della ditta
Mazzonis.
Faceva l’operaio a Pralafera:
poche lire di paga, in un ambiente malsano, con ritmi di lavoro
estenuanti. Molti doveri, nessun
diritto.
A metà gennaio le maestranze
di Pralafera scesero in sciopero,
avanzando una serie di rivendicazioni, tra cui il riconoscimento dell’organizzazione sindacale
all’interno della fabbrica.
L'intransigenza e la cocciutaggine del padrone fece sì che lo
sciopero si protraesse per più di
40 giorni. Per sopravvivere molti
operai furono costretti a vendersi perfino il materasso.
Era il mese di febbraio. Il 17,
la Chiesa Valdese festeggiò, secondo la più sana tradizione, la
emancipazione: cortei, pranzi e
recite.
La sera del 27 gli operai, con
alla testa il socialista Matteo
Gay, invasero lo stabilimento e
lo occuparono.
Era la seconda occupazione
nella storia d’Italia.
La Chiesa Valdese, in quei giorni, cosa faceva? Dov’era? Forse
alla Sala Albarin, o all’Aula Magna del Collegio, dove, alla presenza di uno « scelto pubblico »
si recitavano le farse brillanti
« Les deux timides » e « L’equivoco », nonché la commedia « Anime allegre », di Alvarez Quintero... Jean-Louis Sappé
1 « Taculot, esperienza di controscuola y>, Emme Edizioni, L. 3.400.
2 Lodi « Il paese sbagliato », Einaudi, L. 1.800.
COMUNITÀ’ MONTANA
VAL GERMANASCA
Piano urbanistico
Nella sua ultima seduta, il
Consiglio della Comunità Montana aveva discusso in modo un
po’ affrettato l’attuazione del
piano urbanistico di Valle, considerato un’indispensabile strumento di lavoro. All’iniziativa di
dotarsi di un piano generale intercomunale, avevano aderito 13
dei 16 Comuni facenti parte della Comunità Montana, con la
esclusione di Pragelato, Usseaux
e Fenestrelle. Questi ultimi sono infatti, oltre a Frali, i soli
Comuni nei quali il turismo giustifica ampie realizzazioni edilizie con un grandioso impiego di
capitale privato.
Fer gli altri Comuni, che, senza avere una situazione territoriale cos'i interessante, si trovano comunque costretti ad attuare nel proprio ambito una politica urbanistica non sempre agevole, la Comunità Montana ha
ora fatto un passo avanti verso
la realizzazione del piano urbanistico, stabilendo alcune linee
programmatiche da esprimere
poi in forme concrete. Nel bilancio di previsione 1977, sono a
disposizione per la formazione
del piano 40 milioni di contributo regionale.
Nella relazione programmatica si rileva lo sviluppo disarmonico del territorio, particolarmente nelle zone montane, dove, in seguito aU’industrializzazione, si è disgregato un modo
di vivere e di abitare che aveva
una sua profonda motivazione.
Ad un reale aumento del reddito e ad una maggior richiesta
di servizi, deve corrispondere
una politica di programmazione
per evitare i già troppo evidenti
squilibri tra settore pubblico e
settore privato.
Nel piano urbanistico di Valle, ogni Comune può portare il
proprio contributo per una migliore organizzazione del territorio, in una prospettiva non
campanilistica, ma comunitaria.
***.,'
Al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’attività e sui
problemi del soccorso agli infortunati ed alle vittime della
montagna, venerd’i 21 gennaio
presso le scuole di Ferrerò e sabato 22 gennaio presso la Sala
valdese di Frali Ghigo, alle ore
20,30 verrà proiettato il film
« Stelle e tempeste » di G. Rebuffat, a cura della locale stazione del Corpo Nazionale del
Soccorso Alpino, in collaborazione con la Sezione C.A.I. ValGermanasca. Tutta la popolazione è cordialmente invitata alla
proiezione.
LUSERNA ALTA
Caccia all'handicappato
14.1.77: Interclasse aperta nelle scuole elementari di Luserna
Alta per affrontare il problema
degli handicappati.
I fatti; nel ’75 l’amministrazione comunale di Luserna affìtta
due locali nelle scuole di Lusernetta per le classi speciali.
Quest’anno, con la nuova scuola sono stati riportati indietro.
Questo trasferimento ha provocato non poche reazioni in un
gruppo di genitori, presenti alla
riunione in circa 30, (nessun genitore di handicappati) e in una
parte di insegnanti, perché si è
tentato di creare moménti socializzanti fra bambini handicappati e « normali », svolgendo in comune alcune attività espressive
(pittura, musica, drammatiz
La discussione; l’équipe della
della Comunità Montana, convenzionata con il Consiglio di
Circolo, ha spiegato il tipo di
appoggio e collaborazione che
intende e ha inteso offrire agli
insegnanti perché chiaramente
nessuno nasconde i problemi,
diffìcili, che comporta un impegno verso una maggior socializzazione di questi bambini, emarginati nella nostra società come
qualsiasi altro soggetto non in
grado di produrre ed essere efficiente.
La risposta dei genitori ha
buttato tutto in un calderone:
problemi personali, scuola che
non insegna più a leggere e contare, impreparazione degli insegnanti, ordine, disciplina... Si
sono accavallate le questioni ;
inserimento degli handicappati,
voluto, s’i, ma poi questi « elementi » (così definiti da una accanita genitrice) non frenano lo
svolgimento del programma
« normale »? Senza approfondire il problema degli handicappati che meriterebbe un capitolo
a sè, va tuttavia rilevato come
sia prioritario l’essere accettati, prima che dai compagni, dagli
insegnanti stessi, non in modo
verbale, ma in modo globale,
sia nei rapporti interpersonali,
sia nell’organizzazione specifica
della classe, utilizzando per esempio gli insegnanti di appoggio.
Questi bambini che rappresentano « il diverso » hanno provocato malcontento, forse, perché con la loro presenza imponevano una revisione necessaria
del metodo di insegnamento e
l’esigenza di una seria preparazione. Anche verso i genitori
non c’è stata una decisa volontà
di far capire i termini reali della questione, semplificandola così a sterili polemiche.
È la solita cantilena; per certe
forze politiche (vedi D.C.) se la
scuola va male... la causa è di
chi vuol cambiare tutto, e non
invece frutto di una errata politica scolastica, mancanza di riforme, carenza di aule ecc...
A proposito, sorge spontanea
una domanda: dov’era il sindaco, insegnante proprio a Luserna
Alta, impegni seri o assenza diplomatica? B. Peyrot
7
21 gennaio 1977
CRONACA DELLE VALLI
ANGROGNA: INCONTRO GIOVANILE
PERRERO
Linee di un lavoro ben avviato
Ad Angrogna, domenica 16
gennaio, una ottantina di persone ha partecipato alla giornata
di incontro della FGEI-valli;
presente anche il gruppo di Torino. Il pranzo e l’ospitalità son
stati egregiamente organizzati
dal gruppo giovanile del Prassuit. Dopo la partecipazione al
culto e una buona polenta e salsiccie, due relazioni introduttive
hanno ripreso i temi discussi già
all’ultimo Congresso FGEI. La
prima di G. Tron ha presentato tre delle più significative mozioni del Congresso, rispettivamente sul Concordato, sulla questione giovanile e sul rapporto
chiesa-proletariato.
Concordato : abrogazione e
non revisione, qualsiasi forma
possa prendere, perché vada
spazzato non solo il concordato
in senso stretto, ma tutta la legislazione concordataria prodotta in 30 anni di regime D.C., che
ha clericalizzato interi settori
della assistenza pubblica, della
scuola pubblica statale e non
statale immettendo nelle casseforti di molti enti ecclesiastici
beni e denaro pubblico. In particolare per quanto riguarda
l’ora di religione, non bisogna
cedere ai raggiri, anche di molti
preti progressisti, di un’ora di
religione alternativa, perché, sì,,
i dibattiti, le conversazioni, i temi trattati saranno più stimolanti e partecipativi per i ragazzi, ma non mettono in crisi il
meccanismo di fondo, il privilegio di usare un’ora di lezione
della scuola statale e nello stesso tempo non si rivendica la
priorità della comunità dei credenti nell’educazione religiosa
dei propri figli.
Questione giovanile: in un’ottica di classe, si tenga presente
le diverse situazioni vissute dai
giovani, privilegiando problemi
che ne condizionano drammaticamente resistenza : disoccupazione, anche intellettuale, selezione nella scuola, lavoro « nero » dei minori, ecc. Alla luce di
questo, analizzare il tempo libero, l’alienazione e il consumismo, la droga... Riguardo i gruppi FGEI, è importante una preparazione-quadri, in vista di un
loro contributo ai centri giovanili evangelici, in particolare
Agape.
Chiesa-proletariato : è l’impegno fondamentale della FGEI,
da portare avanti nella realtà di
ogni gruppo, chiedendoci cosa
significa la riforma della chiesa
in un processo di emarginazione
progressiva degli operai e dei
contadini dalla sua gestione e
cosa significa predicare nel proletariato. In questo contesto, un
^verso rapporto va posto con
i gruppi a composizione proletaria, impostati e legati tradizionalmente alla chiesa, presenti in
molte comunità di montagna.
A. Ferrerò ha tracciato le prospettive della FGEI alle valli.
La posizione di partenza è ribadire la centralità del proletariato e non la centralità della chiesa, perché si corre il rischio di
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGi?OGNA - TORRE
PELLiCE - LUSERNA S. GiOVANNi
- LUSERNETTA - RORA'
Dal 22 al 28 gennaio 1977
Dott. PIERO SCAROGNINA
Via L. Tegas - Telef.. 90092
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FARMACIE DI TURNO
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Torre Pellice: Tel. 91,365-91.300
Luserna S. G. Tel. 90.884 - 90.205
lavorare per la riproduzione istituzionale della chiesa stessa. Di
qui la necessità, con analisi approfondite, di riverificare la propria situazione e la presenza costante nelle lotte del movimento operaio come militanti singoli e in alcune occasioni come
gruppi.
FILONI DI LAVORO
Analisi delle comunità, con inchieste, sul tipo di quella del
gruppo FGEI di Luserna, iniziate ora in altre comunità.
Studi biblici: i gruppi devono
crescere in vista della predicazione, sia in contatto anche con
i cattolici delle comunità di base, sia partecipando agli studi
organizzati nelle nostre comunità, sia nei gruppi FGEI stessi.
« Battaglie nella chiesa » : portare avanti lotte, coinvolgendo
gli strati proletari, su temi che
interessano tutti, anche i non
valdesi, per esempio, il problema della scuola privata, della
assistenza... e costruire momenti di confronto con i compagni
al di fuori della chiesa.
Gruppo donne: già esiste come gruppo che analizza la condizione della donna nella chiesa
e cosa significa il messaggio di
liberazione di Cristo, in una prospettiva di liberazione, sia della
donna, sia di tutta la società.
Allargamento gruppi FGEI :
occorre costituire nuovi gruppi
su un programma preciso e non
nell’ottica di creare prima il
gruppo e poi presentare il lavoro FGEI.
Gruppo o Comunità : Gesù
aveva scelto i discepoli per diffondere il messaggio dell’Evangelo; poiché la nostra testimonianza come singoli, ha valore
solo individuale, è prioritaria la
presenza di un gruppo che viva
e sia testimone secondo la propria fede.
Coordinamento : per verificare quanto si è deciso e valutare
il lavoro nel corso del suo svolgimento, diventa indispensabile
un coordinamento-gruppi efficiente, non solo per la parte
strettamente organizzativa, ma
come momento di confronto diretto.
IL DIBATTITO
Sono emerse due posizioni sul
problema giovanile, non antitetiche ma dialettiche, che troveranno la loro verifica nella prassi dei gruppi. Da un lato si ribadisce che il lavoro con i giovani è uno dei settori di intervento, perché centrale resta la
predicazione e il lavoro nel proletariato e la formazione, quindi, dei gruppi giovanili, su contenuti e linee precise (inchieste).
La FGEI non è solo un’organizzazione giovanile, ma un movimento di cristiani impegnati nella lotta per il socialismo.
Dall’altro si prospetta la precedenza di un lavoro giovanile,
perché ritenuto il settore naturale della FGEI, per cui è importante far crescere gruppi, là
dove ci sono i giovani, in una logica organizzativa ch,e va oltre
la scuola domenicale e il catechismo.
La FGEI, inoltre, secondo un
altro intervento, deve tener conto dei nuovi solidarismi di tipo
cristiano che stanno venendo
fuori, sia nella chiesa valdese
(TEV), sia nella chiesa cattolica (Comunione e Liberazione),
e deve pronunciarsi, facendosi
portatrice di iniziative che coinvolgano i giovani in primo luogo (disoccupazione giovanile) e
poi tutta la gente, utilizzando
scadenze come il 17 febbraio, il
periodo di Pasqua...
Si è proposto, da ultimo, di indire nuovi convegni su ognuno
dei filoni di lavoro individuati e
si è eletto Aldo Ferrerò alla segreteria regionale FGEI.
B. F.
SAN SECONDO
• Domenica 23 è la « domenica
della missione » che sarà celebrata in comunione con le altre
24 chiese evangeliche di Africa,
Madagascar, Polinesia ed Europa che fanno parte della CEvAA.
La colletta sarà inviata per il
fondo comune delle chiese
CEvAA.
• Domenica 30 la chiesa di San
Secondo prenderà parte alla Domenica contro la lebbra: iniziativa mondiale giunta alla sua
ventiquattresima edizione ed alla quale partecipa anche la Missione Evangelica contro la lebbra. La colletta e le altre offerte già giunte b che giungeranno
per questo scopo saranno inviate alla Missione ev. contro la
lebbra.
• La stessa domenica è convocata l’assemblea di chiesa con il
seguente Ordine del giorno : Rendiconto finanziario 1976 - Elezione degli anziani di Combe e Brusiti - Celebrazioni del 17 febbraio.
• Le prossime riunioni: 26/1
Brusiti; 28/1 Centro.
ANGROGNA
Giovedì, 13, nel tempio di Pradeltorno, si sono svolti i funerali del 24enne Giuliano Miegge,
deceduto in seguito alle lesioni
riportate in un incidente di moto occorsogli due anni or sono.
Alla famiglia, così, duramente
colpita, esprimiamo la nostra
simpatia cristiana.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
RORA’
Riapre il Centro di educazione
permanente.
Con oltre tre mesi di ritardo,
riprendono le attività del centro
di educazione permanente. In
un incontro avuto giovedì, 13 con
la popolazione intervenuta, l’insegnante incaricata del centro
ha presentato il programma di
attività che consiste in un
corso di lingua francese per i
bambini delle elementari, un
corso di flauto dolce e di chitarra per tutti gli interessati.
• Durante il culto di domenica
23 saranno insediati i 7 membri
del concistoro eletti dall’assemblea di chiesa il 9 gennaio.
• Auguriamo un pronto ristabilimento alla sorella Paimira Rivoira che in seguito ad un incidente per una caduta dalle scale, ha riportato delle lesioni alla testa e la rottura di un polso.
Con il mese di gennaio si è
reso disponibile un locale in più
per la biblioteca comunale.
Questa saletta, più ampia delle altre che contengono gli scaffali dei libri, sarà destinata agli
alunni della Scuola media per
le loro attività di ricerca, a riunioni varie e ad eventuali proiezioni.
• Il preannunciato incontro su
« I problemi della famiglia » avrà
luogo al presbiterio sabato 22
c. m. alle ore 20,30.
L’invito è rivolto a tutti, ma
in modo particolare alle giovani coppie alle quali maggiormente interessa questo importante
argomento attinente alla vita coniugale.
• L’opuscolo suirinchiesta fatta dalla FGEI nella nostra comunità sarà presentata dal
gruppo giovanile alle seguenti
riunioni: mercoledì, 26 gennaio,
Airali; giovedì 27, Peyrot; martedì 1° febbraio, Bibiana; mercoledì, 2 febbraio, Giuvinera; mercoledì 9 febbraio, Malanot.
Al termine di ogni riunione il
pubblico sarà invitato ad esprimere il proprio giudizio su questa interessante e discussa inchiesta.
• Domenica prossima, 23 c. m.,
in occasione della « giornata
delle missioni », il culto sarà
presieduto dal pastore Pier Luigi Jalla e la colletta andrà a favore della CEvAA.
• Rallegramenti ed auguri vivissimi alla sorella Enrichetta
Revel ved. Roland di Luserna,
che ha superato felicemente ed
in buona salute il traguardo del
secolo.
• Anche questa settimana alcuni lutti hanno colpito la nostra
comimità. Sono deceduti: Mourglia Emestina Ester in Giusiano, dei Nazzarotti, di anni 67;
Gay Elisa ved. Jalla di anni 79
e Malan Mllly Maria in Avondet di Ciot Mai, di anni 67.
Il Signore che è « risurrezione e vita» voglia essere vicino
ai familiari nel dolore della separazione.
Il n. telefonico della Chiesa Valdese
di Ferrerò, come del resto quello di tutto il comune,, è cambiato. Sono infatti
state aggiunte' in testa le due cifre 84
e risulta pertanto il seguente: 848816.
POMARETTO
L’Unione Femminile nella sua
ultima riunione ha avuto come
ospite la signora Mariuccia Barbiani che ha parlato delle sue
esperienze negli ospedali psichiatrici di Torino.
• Sabato sera il Gruppo Teatro Aperto di San Secondo ha
presentato a Pomaretto « L’eccezione alla regola» di Bertold
Brecht. Alla rappresentazione è
seguita una discussione sul tema
affrontato nella recita. Un ringraziamento ai bravi attori.
• Il Concistoro è convocato sabato 22 gennaio alle 20.30 nella
Sala Lombardini di Perosa.
• Martedì 18 gennaio ha avuto
luogo il funerale di Baret Adolfo, di anni 73, di Pomaretto, deceduto presso l’ospedale valdese
di Pomaretto. Rinnoviamo ai familiari l’espressione della nostra
simpatia cristiana.
S. GERMANO
______________________CHISONE
• Il coretto dei ragazzi della
scuola domenicale ha potuto
continuare il suo lavoro in modo soddisfacente, grazie alla risposta favorevole di molti genitori. Ce ne rallegriamo assai.
• La corale, dal canto suo, sta
già preparando intensamente il
programma di Pasqua, senza dimenticare, naturalmente, il XVII
febbraio. Per intensificare il lavoro preparatorio le voci femminili e quelle maschili si sono
riunite separatamente sotto la
guida le une di Clara Bouchard
le altre della sig.na Tiìrck. Ricordiamo che sono ancora disponibili le cassette natalizie della corale.
Chiediamo a tutti coloro (ad
esempio ex coralisti) che hanno
il libro « Cento Canti popolari »
di imprestarlo o di rivenderlo ai
nuovi coralisti, dato che è esaurito. Grazie!
• Al banco libri è possibile procurarsi ii Nuovo Testamento in
italiano corrente, che usiamo
spesso anche nel corso dei nostri culti e riunioni quartierali.
Inoltre sono disponibili «Paroles et Textes », il testo delle meditazioni radiofoniche « Ascolta
si fa sera » e quello, in riedizione, di « Venga il tuo Regno »,
l’ottimo volumetto « Impegno
politico del cristiano » di Jacques Darchon, oltre a libri per
ragazzi ecc. Val la pena di dare
un’occhiata all’uscita del culto.
• Mercoledì 19 gennaio ha avuto luogo il funerale del fratello
Eli Comba che ci ha lasciati all’età di 80 anni. Negli ultimi tempi aveva vissuto alla Casa di Riposo. Il Signore gli dia riposo.
Avviso di Asta
pubbiica
In esecuzione della deliberazione del
Rifugio Re Carlo Alberto N. 27 del
29.5.1976, il giorno 28 gennaio 1977
alle ore 15,30 nei locali degli Uffici
C.I.O.V. in Torre Pellice, Via Caduti
per la Libertà N. 6 avrà luogo l’Asta
pubblica per la vendita di piante d’alto fusto e di ceduo di robinia del lotto
boschivo « Musset » (Luserna San Giovanni) in base al prezzo di stima di
L. 2.300.000 e col metodo delle offerte segrete da confrontarsi con il
prezzo indicato nella busta segreta dell’Amministrazione.
Le condizioni di vendita sono contenute nel capitolato che è visibile
presso gli anzidetti uffici (tei. 91.536).
Torre Pellice, 11 gennaio 1977
Il presidente E. Aime
BOBBIO PELLICE
Nozze d’oro. - Il 15 gennaio
1927 il pastore Enrico Tron invocava la benedizione di Dio sul
matrimonio di Paolo Re e Anna
Baridon, entrambi di Bobbio.
Ora gli «sposi» circondati dai
loro familiari si sono ritrovati
nel tempio dopo 50 anni per ringraziare il Signore di averli sostenuti fin qui e per chiedergli
di continuare per loro la sua
promessa : « Io sono con voi tutti i giorni ». È l’augurio che anche tutta la comunità rivòlge ai
due «sposi».
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Doni ricevuti nel mese di dicembre 1976
In memoria della cara cugina Mary Pastre, René et Hélene Blanc-Bonnet (Lausanne) L. 20.000; Margiunti
Enrico e Luigia, in mem. di Anita
Ricca Bastia 10.000; Unione Femm.
di Luserna S. Giovanni, in memoria
di Pia Mercandalli 5.000; Unione Femminile di Luserna S. Giovanni da una
colletta ricevimento Femmes d’Alsace
40.000.
Fenouil Enrico (Torino) L. 1.500;
Sorelle Corlando, in memoria di Lidia
Caveglia 25.000; Scuola Media « Cantore » Genova, in memoria di Ida Peyrot Alimonda 75.800; A. Ruffinando,
in memoria di Turck Rodet Elena
5.000;Amici di Famiglia in memoria
di Turck Rodet Elena 50.000; Bellora
L. e M. 5.000; Giordano Bensi, una
modesta offerta 10.000; Bastia Maria,
in memoria di mia soreUa Bastia Bellion Caterina 10.000; In memoria di
Viglielmo Armando, i parenti 50.000,
Chiesa Valdese di San Remo 25.000.
Michelin Lausarot Edoardo L. 15
mila; Pauline, Libane, Gustave, in
memoria del Dr. Paolo Pellizzaro 15
mila; Olga e Ernesto Pons 20.000;
Famiglie Bodoira e Almani, in mem.
di Piero Bodoira e dei Nonni 10.000;
N. N., in memoria del pastore Renato
Bertin 50.000; Lily Elsa Carstanyen
3.000; Tinette e Rina Bertin, ricordando con affetto Anita Ricca Bastia
20.000.
Bounous Mondon Adelina, in mem.
del Dr. P. Pellizzaro 20.000; Gönnet
Alessandro 50.000; N. N., con riconoscenza verso i nostri cari anziani
1.000.000; Bounous Edda, in memoria
di Lidia Caveglia e Elda Baridon-Valente 10.000; Gay Paolo e Elvira 5
mila; Pogliani Na 5.000; Filippi Elsa
5.000; N. N., in memoria di Guido
Rostagno 25.000.
Paschetto Adolfo, in memoria della
mogbe L. 5.000; Alda Toselli Albarin,
in memoria di: Dr. P. PeUizzaro e di
Giovanni Ramella 10.000; Adriana Al
barin, in memoria di: Paolo Pellizza
ro e di Giovanni Rameba 10.000; Malago Dies 50.000; Reynaud Lea 5.000;
Ricca Ameba e figlia, in memoria di
Riccardo Ricca e Anita Ricca Bastia
500.000; Laura Rostagno Avondetto
30.000; In memoria di Cecilia Besozzi, i vicini di casa T. P. 15.000.
Al prossimo numero i doni pro
deficit del mese di dicembre '16.
« Beato V uomo che ripone
■ neU’Etemo la sua fiducia »
(Salmo 40: 4)
Il 5 gennaio 1977 è mancato a
Roma
Carlo Ade
Lo annunciano con dolore i figli Renato e Lia, i fratelli Ugo e Tecla, e
famiglie.
RINGRAZIAMENTO
La mogbe e la madre di
Spartaco Adolfo Proietti
profondamente eommosse ringraziano
tutte le gentili persone ehe, presenti
od in altro modo, hanno preso parte al
loro dolore.
Desiderano esprimere un particolare
ringraziamento al pastore Franco Giampiccob.
Rivoli, 1 gennaio 1977
La mamma, i frateUi, le sorebe ed i
congiunti tutti del compianto
Giuliano Miegge
riconoscenti ringraziano le direzioni e
il personale degli Ospedali Mobnette
di Torino e Valdese di Torre Pellice,
il Pastore Platone, la rappresentanza
del CRAL « Fratellanza » di Torre
Pellice, il suo datore di lavoro e gli
amici del Sestriere e tutti coloro che
hanno preso parte al loro dolore.
Angrogna, 14 gennaio 1977.
8
8
21 gennaio 1977
NELLE RECENTI ELEZIONI PER GLI ORGANI COLLEGIALI
L'aborto non libera
Conferma di possibilità limitate
È di questi giorni la notizia
che le elezioni per i consigli scolastici distrettuali sono state rinviate a novembre, su richiesta dei
partiti democratici, per farle
coincidere con il primo rinnovo generalizzato dei ConsigU di Circolo e d’istituto ed
evitare che troppe elezioni provochino un abbassamento del livello di partecipazione. Sicuramente però questo rinvio è dovuto anche ai ritardi di questi
partiti nell’elaborare una linea
nei confronti di un organismo
collegiale molto più complesso
degli altri, ritardi difficili da superare mentre ancora si è impegnati ad analizzare le ultime
elezioni dei Consigli di Circolo
e d’istituto.
Più Studenti...
Cos’è successo appunto il 5 e
il 12 dicembre scorsi? Quali valutazioni si possono trarre da
queste indicazioni? Per quello
che riguarda gli studenti si è verificata la loro disponibilità ad
un rapporto positivo con le istituzioni: la percentuale dei votanti, pur restando inferiore a
quella del ’75, è salita rispetto a
quella dell’anno scorso, giungendo quasi al 70%. Fra le liste che
si sono presentate appaiono essere vincitrici quelle che con varie sigle (Comitati studenteschi
unitari. Associazione unitaria
degli studenti, ecc.) si richiamavano ad un movimento studentesco autonomo dai partiti, unitario e antifascista, ed erano sostenute dalle maggiori organizzazioni giovanili (FOCI, FGSI,
FGR, Giov. Aclista, talvolta dal
PDUPC).
Queste liste hanno raccolto
più della metà dei voti, e sembrano oggi rappresentare la proposta più credibile per il rilancio del movimento studentesco.
Un successo, di proporzioni minori, è stato riportato pure dalle liste di orientamento moderato. In questa definizione sono
però racchiuse realtà molto eterogenee : dalle liste del movimento giovanile DC e di Comunione e Liberazione, si passa a
quelle sorte spontaneamente nelle varie scuole (ce ne sono di
para-fasciste e di progressiste, di
qualunquiste e perfino liste di
stampo goliardico). È soprattutto a queste liste moderate « spontanee » che si deve attribuire un
relativo successo dei moderati:
l’integralismo di CL è stato combattuto efficacemente col pluralismo e lo spirito unitario, tanto che questo gruppo ha avuto
degli importanti successi solo
dove le forze di sinistra hanno
accettato lo scontro frontale. Gli
sconfitti di quest’anno sono stati, per motivi opposti, i fascisti
e i gruppi che un tempo si chiamavano extraparlamentari. Per
i fascisti, si tratta essenzialmente dell’isolamento in cui sono
costretti a causa della natura
eversiva delle forze che li sostengono, e della loro incapacità
di esprimere delle proposte che
non siano demagogiche o aper
tamente reazionarie; per i gruppi dell’estrema sinistra il discorso è più complesso. Si manifesta oggi il fallimento delle ipotesi di fondo che fino ad ora li
hanno caratterizzati : dal rapporto con le istituzioni scolastiche, dapprima rifiutato e poi visto in modo limitativo come
boicottaggio dall’interno, alla
teorizzazione della disaffezione
allo studio, airintolleranza spesso manifestata nei confronti di
altre forze politiche. Non a caso
il gruppo della « nuova sinistra »
che ha ottenuto relativamente i
migliori risultati è stato proprio
il PDUPC, che spesso si è presentato assieme alle liste unitarie e che comunque aveva fatto
proprie quelle impostazioni disgregatrici in una misura molto
minore che le altre organizzazioni.
Comitato di Redazione : Bruno
Bellion, Ermanno Genre, Giuseppe Platone - Paolo Ricca, Fulvio
Rocco, Sergio Rostagno, Roberto
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semestrale 2.500 - estero annuo
7.500 - sostenitore annuo 10.000
Una copia L. 150, arretrata L. 206
Cambio di indirizzo L. 100.
Inserzioni : prezzi per mm. di altezza, larghezza 1 col.: commerciali L. 100 - mortuari 150 - doni
50 - economici 100 per parola.
Fonde di selidarietA : c.c.p. n.
2/39878 intestato a Roberto
Peyrot, corso Moncalieri 70,
10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175
8 luglio 1960
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice
...e meno genitori
Al contrario degli studenti,
per i genitori e i professori si
registrano delle diminuizioni
nelle percentuali dei votanti. Si
deve notare che gli uni votavano solo per i consigli di classe
e gli altri solo per surrogare
consiglieri dimissionari; e che
quindi le elezioni non avevano
per loro il valore politico complessivo che assumevano per gli
studenti; ma lo scarso interesse
dimostrato da queste componenti per gli organi di democrazia rappresentativa deve portare ad un’analisi più approfondita. Gli insegnanti si sono trovati in un periodo difficile a causa dell’opposizione ministeriale
al rinnovo del contratto di lavoro ed all’inadeguato livello organizzativo dei Sindacati della
Scuola, anche di quelli Confederali. I genitori subiscono il fatto
di non essere una realtà sociale
precisa, di non essere cioè una
vera componente: risulta infatti estremamente difficile dare vita ad un « movimento dei genitori» che possa vivere anche al
di fuori e oltre le elezioni scolastiche, fatto che compromette
la possibilità di mobilitarli per
farli votare. In altre parole, si
dimostrano oggi fondate le osservazioni di chi nel 1975, all’atto dell’ingresso nella scuola dei
decreti delegati, aveva espresso
perplessità sul fatto che i lavoratori entrassero nella scuola
non come tali, ma come « genitori ».
Paolo Fiorio
{segue da pag. 1)
come un parassita, un corpo
estraneo. Entrambe le sensazioni corrispondono a realtà fisiologiche ed entrambe sono da
prendere in considerazione in
qualunque discussione sul problema dell’aborto.
Prendendo in esame la prima
di queste sensazioni, « quella di
una assoluta unità organica » fra
la donna e il prodotto del concepimento noi dobbiamo dedurre che, comunque, l’asportazione deH’embrione o del feto debba costituire un intervento che
viola la sua integrità, vissuto il
più delle volte come una frattura fisica e psichica sofferta unilateralmente dalla donna soltanto, determinante perciò un senso di inferiorità e di ingiustizia
con la netta sensazione di essere stata la sola ad aver pagato
con la propria pelle. Sovente
questo senso di essere stata la
sola a subire completamente il
trauma si ripercuote sull’armonia della coppia anche se la decisione era stata presa insieme e
persino quando il peso di essa
stava essenzialmente da parte
della femmina. A volte la frattura si estende dal partner al
sesso in genere, creando amarezza e negativismo.
Quindi l’aborto non può « liberare » la donna, ma la ripre
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Primi segni di pace in Medio Oriente?
Chiusa, speriamo stabilmente, la cruenta, terribile crisi
del Libano, appaiono nel M.
Oriente alcuni segni che fanno
bene sperare nell’awio di trattative fra Israele e l’Olp (= Organizzazione per la liberazione della Palestina). Queste speranze
non sembrano compromesse da
alcuni spiacevoli episodi degli
ultimi giorni.
Il più spiacevole è il caso Abu
Daud, uno dei capi della guerriglia palestinese indiziato come
organizzatore del famoso, tremendo massacro degli atleti
israeliani alle gare sportive di
Monaco di Baviera. L’Abu Daud,
poco dopo essere stato arrestato
dalla polizia francese è stato liberato per decisione superiore
della magistratura e il fatto ha
provocato reazioni molto varie e
molto vivaci in campo intemazionale: dalla protesta tedesca e
dal richiamo in patria, da parte
di Israele, del proprio ambasciatore, alla disapprovazione da
parte del presidente americano,
Jimmy Carter, nei riguardi della
decisione francese ( « Sono enormemente sorpreso e profondamente turbato »...).
Su « Le Monde » (del 31.12.’76),
Uri Avnery, ex deputato, redattore capo del settimanale « Haolam Hazeh » e uno dei fondatori
del « Consiglio per la pace israelo-palestinese », scrive: « Mai,
dopo il 1967, le probabilità di
pace fra Israele e i Palestinesi,
sono state più grandi. La tragedia libanese ha paradossalmente
generato una situazione favorevole ad un accordo: per la prima
volta, nella sua breve storia,
l’Olp ha acquisito una indipendenza politica reale, perché la
Siria non è riuscita ad imporre
la propria tutela alle forze palestinesi della resistenza.
Il Fath (o Al-Fatah, movimento
palestinese nazionalista, diretto
da Yasser Arafath) si è assicurato un'incontestata autorità in
seno all’Olp, perché la Saikà
(partito libanese d’obbedienza
siriana) ne è uscita praticamente
annientata. (...) D’altra parte
l’Olp non si sente più legata all’URSS, perché l’URSS, nella tormenta della guerra libanese, non
ha fatto neanche il minimo gesto
in favore dei Palestinesi.
In che modo gli avvenimenti
del Libano hanno anch’essi contribuito a far evolvere la posizione israeliana? La risposta è:
« Tutti quelli che, in Israele, speravano vedere l’Olp annientata
dai Siriani, hanno oggi capito
che un tale obiettivo è evidentemente irrealizzabile. Se Rabin (il
premier israeliano) e il suo governo s’ostinano ancora a non
modificare la loro attitudine, è
pur vero che gl’israeliani, in numero vieppiù crescente, comin
ciano a realizzare che il progetto
di pace non può venire rilasciato senza la collaborazione dell’Olp. Il recente dibattito alla
Knesset (il parlamento israeliano), sui ”si dice” a proposito di
contatti segreti fra responsabili
dell’Olp e personalità israeliane,
ha messo in evidenza, che una
frazione considerevole del parlamento, anzi addirittura dello
stesso governo, non è ostile a simili contatti.
Orbene, per la prima volta nella situazione del conflitto del Ai.
Oriente, le principali parti interessate (Israele, Egitto, Siria,
Olp, Arabia Saudita e Stati del
Golfo 1) sono pronte ad accogliere favorevolmente un’ iniziativa
americana diretta a regolare il
conflitto. Il governo israeliano è
il solo a respingere ancora l’idea
di uno Stato palestinese ed a rifiutare la partecipazione dell’Olp
ai negoziati. Ma è lecito sperare
che, dal giorno in cui gli USA
avranno presa, sull’ argomento,
la decisione che i fatti impongono, le forze politiche realiste di
Israele si accoderanno e finiranno per prendere, all’interno del
loro paese, il sopravvento ».
1 Si tratta degli emirati bagnati dalle
acque del Golfo Persico.
REPRESSIONE C(I)ECA
Il « socialismo dal volto
umano », in Cecoslovacchia,
ha ricevuto dal regime 'di Musale un nuovo potente schiaffo. La polizia ha perquisito,
interrogato e sequestrato materiale ai « traditori e controrivoluzionari » (come li definisce « Rude Pravo », organo
del pc cecoslovacco) che hanno sottoscritto, perché impegnati in una lotta per il libero
esercizio dei diritti politici e
civili, la « Carta 'Il », nuovo
manifesto del dissenso. Sicché, pur fuori stagione, rifiorisce quella primavera praghese che nel ’68, con Dubcek, s’era creduto di poter
soffocare.
E oggi, la « Carta TI », sottoscritta da operai, intellettuali e tecnici, ha rimesso Praga al centro di un dissenso
che ha ramificazioni profonde in tutta l'area sovietica.
Il modello post-dubeekiano
scricchiola e già lo avevano
rilevato gli « eurocomunisti »
che, nella recente conferenza
di Berlino, rilasciarono dichiarazioni . pericolosamente
incoraggianti per il dissenso
nell'Est. In questa linea, una
recente dichiarazione di alcuni intellettuali del PCI, richiama l’attenzione sul « rispetto
dei fondamentali diritti di libertà e sull’interesse stesso
della causa del socialismo »,
di fronte alla repressione scatenata dal regime cecoslovacco contro i firmatari della
« Carta 77 ».
Chi è antisovietico qui trova materia per dilettarsi. Ma
sarebbe un errore mettere
tutto il dissenso sullo stesso
piano. Non credo che Solgenitzin e Bukovskij, che vedono nel capitalismo un sistema
migliore di quello da cui vo
lentieri espatriarono, possano
mettersi sullo stesso piano del
movimento « Caria 77 ». In
questo caso il dissenso è veramente più profondo: tra un
« socialismo democratico » e
un socialismo d’apparato burocratico. Il problema è quale socialismo e non la sua
scomparsa. Si potrà dire che
le realizzazioni storiche del
socialismo — specie l’URSS
con i suoi sei figli gemelli —
hanno troppi prigionieri politici e troppo poco confronto
d’idee. E questo va contro
non solo alla nostra coscienza
cristiana ma anche alla nostra (se pur ne abbiamo una)
concezione socialista.
In ogni caso prima ancora
di fare le necessarie distinzioni tra chi, nel suo Paese socialista, lotta per un altro socialismo, e chi invece aspetta di
essere espulso e arrivare a
Zurigo per sentirsi libero, esiste un momento unificante
del dissenso che non va sottovalutato. La libertà, insomma,
di critica e di pensiero interessa tutti. Certo che quella
distensione firmata ad Helsinki, anche dai Paesi socialisti,
aveva lasciato sperare in un
positivo Sviluppo della democrazia nel socialismo. Per
il momento quelle speranze
(ma il dibattito verrà ripreso
tra poco a Belgrado) sono andate deluse. Il recente giro di
vite cecoslovacco dimostra
che la via alla partecipazione,
al dibattito delle idee, alla critica nella costruzione del socialismo, non è così semplice
come da noi. Dove appunto
il socialismo non c’è, ma c’è
disoccupazione e una tale crisi economica che nessuno c’invidia. Specie dall’Est.
G. Platone
cipita in una inferiorità inattesa ed in una solitudine non prevista. Per quanto riguarda le
specifiche conseguenze psicologiche individuali è noto che separarsi da « qualunque prodotto
che metta in causa l’unità corporea » è cosa dolorosa. L’angoscia
di separazione, vissuta da ognuno più o meno drammaticamente al momento della nascita, modello e denominatore comune di
tutte le angoscio, viene riacutizzata, come d’altronde in altre
circostanze fisiologiche (si pensi
a tutte le complesse fantasie inconscie collegate all’evacuazione
o alla eiaculazione, causa di molti intoppi all’estrinsecarsi di una
piena vitalità).
Se poi nella storia individuale
vi erano state forti pulsioni sadiche contro i fratellini nati o
non nati (si sa che persino il fi;
glio unico può essere geloso dei
fratelli che potrebbero nascere),
l’antico senso di colpa per le
fantasie omicide viene riproposto e convalidato da un evento
reale, assumendo proporzioni
difficili da sopportare. Continuando ad esaminare il tema
dell’angoscia di separazione conviene mettere in evidenza, secondo l’interpretazione psicologica, che tutta la civiltà è un
tentativo di ricostituire (simbolicamente) l’antica unità duale
madre-figlio; è quindi decisamente antiabortiva nella sua essenza
stessa.
Esaminando ora la seconda
delle sensazioni tipiche della
gravidanza, quella che riconosce
nell’embrione un elemento estraneo, persino nemico, si sa che
le nausee, il vomito gravidico, la
particolare voracità della gestante sono altrettanti fenomeni che,
pur possedendo degli spunti tossici, parlano un linguaggio simbolico significante il desiderio
di distruggere, di allontanare il
feto; essi sono talvolta così intensi da portare all’aborto spontaneo psicogeno. È ovvio che
possono sovente essere la motivazione profonda di un aborto
provocato, essendo vissute in
questo caso dopo l’espletamento di esso come profonda colpevolezza. Tale ostilità è presente
anche verso il bimbo, ma nella
donna normale la quota amorosa tende in questo caso a compensarlo o ipercompensarlo. D’altronde l’ostilità verso i figli come elementi disturbanti (complesso di Crau) fu determinante
nell’infanticidio sistematico o
saltuario che ritroviamo in ogni
civiltà e ancor molto vicina a
noi nel tempo essendocene casi
tutt’ora. Si pensi che esiste una
configurazione giuridica particolare, l’infanticidio (art. 578 C.P.)
per cui la pena è assai minore
che per l’omicidio mentre dovrebbe, se mai, essere aggravato
dai vincoli di parentela, in quanto ad effettuarlo è sempre la
madre.
Del resto l’aggressività verso il
fanciullo, nonostante i progressi civili del nostro secolo che
appunit) per questi è stato chiamato il secolo del fanciullo, in
quanto per la prima volta ne sono stati riconosciuti i diritti, la
ritroviamo ogni giorno nell’indifferenza, abbandono, sistematica denigrazione, crudeltà con
cui ancora oggi si tratta l’infanzia. Molti aborti (per restare nel
nostro argomento) non avverrebbero se la donna fosse consapevole di questi impulsi aggressivi.
Concludendo; ha un senso affermare che la nostra specie sta
sviluppando nel corso della sua
millenaria storia un’etica che ha
salde fondamenta in quanto non
è imposta dal di fuori, ma sofferta nelle vicende interiori e nella progressiva presa di coscienza. È un’etica nuova che ha superato la primigenia etica predatoria che è andata oltre alla
masochistica etica cristiana (io
muoio per te) ed ha come metro
di base, come dice il Fornari, la
« reciprocità simmetrica », cioè
« voglio salvar me stesso, ma insieme voglio anche la tua salvezza ». L’uomo civile non può
non agire secondo quest etica. Si
responsabilizza in prima persona per ogni conflitto in cui sia
messa in pericolo una sopravvivenza; cerca di salvare in ogni
modo il piccolo embrione umano lottando contro 1 aborto, cerca di salvare la donna che abortisce in condizioni disperate perché non è stata aiutata in tempo lottando per la liberalizzazione dell’aborto.