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E CO
DELLE mU VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - Num. 22
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TORRE PEIXICE - 1 Giugno 1973
Amm. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
L’EVANGELO DELL’ASCENSIONE
Il Signore invisibile
Italia grande e bella, si, ma...
In una lettera del 18 ottobre 1931 a
un giovane pastore tedesco col quale
aveva studiato teologia, D. Bonhoeffer
scriveva tra l’altro: « Come concepisce
Lei l’eternità del cristianesimo, tenuto
conto della situazione mondiale e del
nostro modo di vivere? Diventa sempre
più incomprensibile che, per amore di
un giusto, ’’la città debba essere risparmiata". Sono ora pastore degli studenti al Politecnico; come predicare simili
cose a questa gente? Chi ci crede ancora? L'invisibilità ci uccide!... Nessuno più sopporta di essere continuamente rinviato al Dio invisibile ». Eppure questo rinvio diventa inevitabile
dopo l’ascensione: Gesù è sottratto allo sguardo dei discepoli (Atti 1: 9),
diventa invisibile. « Fra poco non
mi vedrete più » (Giovanni 16: 16).
Proprio per questo l’ascensione non
sembra, a prima vista, una buona notizia; può anzi dispiacere o lasciare
perplessi. È certamente evangelo, buona notizia, la venuta di Gesù tra noi;
ma lo è anche la sua ’’partenza”? È
evangelo la sua apparizione sulla terra;
ma lo è anche la sua ’’scomparsa” dalia terra e assunzione in cielo?
Il 4° evangelo ci parla di discepoli
disorientati. Con rascensione Gesù diventa invisibile e non è facile appartenere a un Signore invisibile, vivere con
un Signore invisibile, annunciare un Signore invisibile. L’invisibilità forse non
ci uccide ma certo ci pesa ed è vero
che nessuno più sopporta di essere rimandato al Dio invisibile. Non che se
Gesù fosse oggi visibile come allora ci
sarebbe più fede in lui: quando era sulla terra, era ben visibile, eppure non
fu creduto. La fede non vien dal vedere ma dall’udire la parola di Cristo.
Quindi non è che daH’ascensione in poi,
cioè da quando il Signore è diventato
-invisibile, sia più diflìcile-credere: ma ,
ora che il Signore è invisibile, l’incredulità ha una scusa in più e la fede un
punto di riferimento in meno. Perché
anche la fede, e non solo l'incredulità
(come nel caso di Toma), desidera vedere. Aspettiamo tutti di poter dire con
Giobbe: « Il mio orecchio aveva sentito parlare di Te, ma ora l’occhio mio
t’ha veduto ». L’ascensione ci ricorda
che non viviamo ancora nel tempo della visione e la fede non ha altro punto
di riferimento che la nuda parola di
Dio. Ecco perché l’ascensione, a prima vista, può non sembrare ai discepoli una buona notizia.
I discepoli sono contristati ma non
handicappati e neppure messi in crisi
dal fatto che il Signore diventa invisibile. Perché? Perché invisibile non vuol
dire assente e i discepoli si rendono
presto conto che ascensione non significa assenza ma un modo diverso di
presenza del Signore. Gesù scompare
dalla vista ma non dalla storia. Ed è
questo l’evangelo, la buona notizia dell’ascensione: Gesù diventa invisibile
ma non assente, la sua apparizione non
può essere considerata una parentesi
e tanto meno una parentesi chiusa, Gesù non resta prigioniero del passato e
neppure prigioniero del cielo. Perciò i
discepoli non dicono: Poiché il Signore
è salito in cielo, noi ci ritiriamo in con
vento. L’ascensione non è una ritirata
dalla terra da parte del Signore e non
lo diventa per i discepoli. Anzi « se ne
àndarono a predicare dappertutto, operando il Signore con essi e confermando la Parola coi segni che l’accompagnavano » (Marco 16, 20).. Come già il
ministero di Gesù, così pure quello dei
discepoli comprende la predicazione e
i segni. Cosa sono questi « segni »? Sono i fatti, che confermano la Parola nel
senso che attestano la sua efficacia.
Non ci ritroviamo forse con molte parole e pochi segni, con troppe parole e
troppo pochi segni e comunque con più
parole che segni? Perché ci preoccupiamo così poco dei segni? Perché diciamo tante cose che non sono confermate da segni? È, questa, vera predicazione?
Così, l’evangelo deH’ascensione pone
alla fede una duplice esigenza. La prima è di sottoporsi alla severa disciplina di vivere con un Signore invisibile,
senza cedere alla tentazione di farsi
delle immagini di lui, siano esse viventi (tipo papa), raffigurate (tipo statue,
santini, etc), o mentali (tipo idee che
ci facciamo su Dio): questi surrogati
contraddicono il messaggio dell’ascensiòne e devono perciò essere banditi.
La seconda esigenza è quella di una
predicazione accompagnata e confermata da segni: dobbiamo vedere quali
delle nostre parole non sono accompagnate da alcun segno.
Paolo Ricca
La Bibbia parla anche di pace fra le
nazioni. Dio non ha creato i popoli per
la violenza più o meno micidiale e per
le guerre più o rneno sovvertitrici. La
pace fra le nazioni corrisponde alla volontà di Dio; può essere considerata
come un favore da parte di Dio, a condizione che essa non diventi una falsa
pace, al servizio deU’egoismo umano e
delle ingiustizie sociali, una pace insomma che non può sussistere a lungo
perché anche sul terreno sociale e politico gli uomini raccolgono ciò che
hanno seminato. Geremia diceva ai
suoi contemporanei: « Dal più piccolo
al più grande, sono tutti quanti avidi
di guadagno; dal profeta al sacerdote,
tutti praticano la menzogna. Essi curano alla leggera la piaga del mio popolo; dicono "pace, pace”, mentre pace
non v’è ».
Per conservare la pace, non basta
condannare le guerre, fare appelli alla
civiltà e al prestigio dei popoli, if discorso sulla pace è facile e difficile al
tempo stesso; è facile, cioè, fare appello
alla pace ed alla dignità di un popolo;
è più difficile operare in favore della
pace, creare le premesse e le strutture
per una pace duratura, che ha bisogno
di impegno e di lealtà, di costruzioni e
non di distruzioni, di sensibilità alla
voce degli oppressi anziché di sordità e
di inganni. Volere la pace non significa
soltanto firmare un accordo fra due
popoli, darsi caloiusamente un abbraccio e molte strette di mano. La convivenza dei popoli nella pace richiede da
parte dei piccoli e dei grandi una volontà di giustizia, non di giustizia punitiva, ma di qiiella che non può tollerare le sofferenze & gli egoismi a danno
dei singoli e della collettività. « Noi
aspettavamo la pace », così dice ancora
Geremia, « ma nessun bene giunge;
aspettavamo un tempo di guarigione,
ed ecco il terrore ».
Il rapporto fra la giustizia e la pace
è costante nella profezia dell’Antico
Patto. Isaia lo sottolinea in questi termini: « Il frutto della giustizia sarà la
pace, l’effetto della giustizia, tranquillità e sicurezza per sempre ». Perciò possiamo affermare che il vero nemico della pace non è la guerra, ma è l’ingiustizia praticata a danno dei popoli e
degli individui, è l’ambizione del successo e dell’arricchimento dei grandi a
danno dei piccoli, è il disordine sociale
che favorisce l’iniquità, la violenza, la
mancanza di rispetto, l’inquinamento
delle coscienze. Sotto questo aspetto, i
responsabili della vita politica internazionale e nazionale dovrebbero ripetere
la preghiera di Daniele, invece di pronunziare troppi discorsi inneggianti alla democrazia e alla libertà: « O Signore, Dio grande e tremendo, che mantieni il patto... Noi abbiamo peccato, ci
siamo condotti iniquamente... O Signore, a noi la confusione della faccia, ai
ai nostri re, ai nostri capi e ai nostri
padri... A te, o Signore, la giustizia; a
noi la confusione della faccia, come
avviene al dì d’oggi ».
, Vorremiiiftjalyare la faccia senza doverci pentire del male che abbiamo
fatto. Ma, lo ripetiamo, la via della pace non passa solamente accanto al ravvedimento, anzi lo annunzia e lo esige.
Gli uomini di governo i quasi si dichiarano cristiani hanno Tobbligo di conoscere queste cose, per evitare di costruire l’edificio della pace con « una
malta che non regge ».
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMtiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiHiiniiiiiiiiiiiliiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiimmiiiiiiiiiii
il grido d’allarme degli scienziati e gli appelli delle Chiese
lo sviluiH>o fellèr;;ima tematica
da affrontare con coraggio e concretezza
Pur nella sua brevità e con un tono nettamente discorsivo l’ultimo volume del pastore economista André
Biéler — Lo sviluppo folle — può essere considerato una summa enciclopedica delle citazioni preferite dalla
tendenza riformista del cristianesimo
sociale che conta numerosi tecnici e
sostenitori negli apparati del Consiglio ecumenico delle Chiese. Pamphlet
dovuto al rimaneggiamento di una
comunicazione presentata al Sinodo
della Chiesa Riformata del Belgio dello scorso giugno ’72, conserva decisamente un tono provocatorio, d’altronde mutuato in larga parte dal rapporto del M.I.T. sui « limiti dello sviluppo ». Amplissime infatti le citazioni e
i riferimenti allo studio commissionato dal Club di Roma, confortate da
citazioni da U Thant, Mansholt, Me
Ñamara, Mende e dai lavori della Conferenza delle Nazioni Unite per il
Commercio e lo Sviluppo di Santiago
del Cile (1972).
Tra i tanti temi sollevati dalla scuola dello « sviluppo zero » il Biéler, fedele alla linea indicata dal C.E.C., pone l’accento sulla necessità della sco
Mi chiamate il Redentore
e non vi fate redimere.
Mi chiamate la Luce
e non mi vedete.
Mi chiamate la Via
e non mi seguite.
Mi chiamate la Vita
e non mi desiderate.
Mi chiamate il Maestro
e non mi credete.
Mi chiamate la Sapienza
e non m’interrogate.
Mi chiamate il Signore
e non mi servite.
Mi chiamate l’Onnipotente
e non vi fidate di me.
Se un giorno non vi riconosco,
non vi meravigliate.
Iscrizione nel Duomo di Lubecca
perta del terzo mondo sintetizzata e
specificata in questa affermazione:
« non si può più parlare — non si ha
più il diritto di parlare — di sottosviluppo dei paesi poveri senza mettere
ciò immediatamente in rapporto, anche dal semplice punto di vista della
gestione quantitativa del patrimonio
terrestre, con lo sviluppo aberrante
dei paesi ricchi, col nostro stesso sviluppo con tutta la sua ideologia ».
VERSO LA CATASTROFE
PER IL MITO DELLA CRESCITA?
La terra è limitata e a causa della
industrializzazione crescente, della rapida crescita della popolazione, della
sottoalimentazione, del depauperamento delle risorse naturali, del deterioramento dell’ambiente si avvia verso
la catastrofe, condotta incoscientemente da pochi grandi depredatori, in
maggioranza cristiani. « Il nostro sviluppo mondiale è dunque folle. E lo
è per due sensi precisi di questo termine. È folle perché non lo controlliamo più, ne abbiamo perso il comando. Ed è folle perché è perseguito nel
mondo secondo modi contrari alla ragione e contrari alla giustizia che la
ragione ci permette di conoscere. Non
si tratta più di sviluppo, se lo si considera globalmente, ma di un controsviluppo, nel quale trova la sua origine il sotto-sviluppo ».
Occorre giungere invece ad « uno
sviluppo coerente, integrato e solidale di tutte le nazioni e di tutti i gruppi di ogni nazione », superare lo stadio degli aiuti occasionali per alleviare le piaghe sottolineate periodicamente dalla stampa, ripudiare il « trapianto » della civiltà consumistica, la
tutela politica, economica e culturale
del III mondo. Ma senza un’opposizione al progresso cieco, senza riforma
della nostra società, senza dare allo
sviluppo dei criteri d’ordine morale,
non vi è speranza per il terzo mondo.
E LE RESPONSABILITÀ’
DEI CRISTIANI?
Se il mondo secolarizzato si è posto
di fronte ai paesi in via di sviluppo
con posizioni sempre negative passando dal pessimismo conservatore alla
indifferenza irresponsabile, i cristiani
hanno giustificato la propria « giustizia » conservatrice col rifiuto della politica espresso da una teologia disfattista, la propria passività con lo scoraggiamento per le sconfitte delle azioni pratiche.
Di fronte all’attuale alternativa del
riformismo e della rivoluzione il cristiano, nella prospettiva obbediente
del Regno del Dio della giustizia, che
viene ma che non può essere completamente realizzato prima della fine dei
tempi, deve scegliere coscientemente
i mezzi della propria azione, deve
optare tra la « non-violenza attiva » e
la violenza rivoluzionaria. E la responbilità dei cristiani appare particolarmente grande se si accettano le osservazioni del Biéler secondo le quali —
mentre occorre una resistenza spirituale all’inadeguatezza delle ideologie
— solo le azioni con una motivazione
etica resistono nel tempo.
VERSO UNA RADICALIZZAZIONE
DELLA SPERANZA E DELL’AMORE
« L’essenziale è di ritrovare, con la
fede, la speranza e l’amore che si ergano contro la fatalità e che diventino efficaci in una catena continua di
azioni significative ». Primo obiettivo
la riscoperta dell’etica cristiana che
contraddice la supremazia degli imperativi economici, il passaggio da un
cristianesimo provinciale a un cristianesimo totale, il porsi dalla parte degli oppressi non tanto, con prese di
posizione ufficiali quanto con una prassi continua che non tema di mettere
in causa i sistemi economici e sociali.
Sarà così possibile cambiare metodi e
valori della società senza rinnegare il
passato, meglio distribuire e meglio
produrre superando l’illusione di un
semplice ritorno a una società agricola.
Il discorso a questo punto continua
spesso per slogans scontando l’eterogeneità del libro - economico e teologico. Sarà pertanto deluso chi cercherà in esso qualche passo in avanti nel
dibattito che si è sviluppato nei due
campi e che ha portato, specie in quello economico, alla rilettura dei classici.
Un libro pertanto consigliabile per
chi si avvicina titubante all’argomento, utile per le scuole come sussidio
ai testi di storia e di geografia e —
perché no? — ai corsi di catechismo
per avvicinarsi alla missione nel terzo mondo con spirito critico. Ma la
stessa dimensione della materia trattata e gli ampi ed eterogenei riferimenti rendono evidente che la lettura dovrà essere a sua volta attenta e
critica, disponibile ad un approfondimento dei molteplici) e complessi problemi in una prospettiva che non trasformi l’attesa riscoperta del III mondo in una specie di terra promessa su
cui misurare tutti gli uomini di buona volontà, ed il cambiamento dei valori in un campo di confluimento e di
fusione — acritico e mistico — di tutte le ideologie presenti, inadeguate
singolarmente ad affrontare i grandi
problemi che ci stanno dinnanzi.
Renato Balma
André Biéler: Le développement fou,
le cri d'alarme des savants et l’appel des Eglises, Labor et Fides, Genève 1973.
Tutto ciò è vero, per i grandi e per
noi, credenti e cittadini della nostra
nazione. Se sappiamb di avere una responsabilità come questa, allora ci rendiamo anche conto della necessità di
vivere e di operare con im comportamento nuovo, sensibile non soltanto ai
nostri diritti ma anche ai nostri doveri, in possesso di una libertà di critica e di giudizio che c’impedirà di percorrere le vie del conformismo o del
menefreghismo, come se la pace potesse essere conservata dal nostro benessere, dalla nostra protesta più o meno
retorica o dalle nostre follìe. « Io ascolterò », dice il salmista, « quel che dirà
Iddio, l'Eterno, poiché Egli parlerà di
pace al suo popolo e ai suoi fedeli; ma
non ritornino più alla follìa ». Ovvero
alle follìe che contrastano con la volontà di Dio e turbano profondamente
la giustizia e la convivenza dei popoli.
La vita e la pace delle nazioni sono
messe in giuoco da problemi politici o
economici, ma anche da cause d’ordine
morale, come si può dedurre dal severo ammonimento del salmista: « non
ritornino più alla folTta ».
E follìa scatenare le guerre all’interno ed all’esterno delle nazioni per
motivi di prestigio ntizionale o di dominio economico. E follìa creare fra i
popoli sottosviluppati condizioni eco.pomiche tali da non poterne uscire se
non mediante la violenza scatenata. È
follìa stanziare enormi spese militari
quando milioni di persone ik®l hanno
di che nutrirsi. È follìa pensare che
una democrazia possa durare a lungo
se non c’è vigilanza di fronte agli scandali di un regime corrotto, in cui i principi di libertà e di giustizia non corrispondono a un costume morale onesto
nei governanti e nei responsabili della
vita di una nazione. Un regime democratico in cui la vigilanza morale vien
meno crea un po’ alla volta le premesse per un regime corrotto, che tollera e
nasconde gli scandali nelle alte sfere,
a daimu della popolazione e di quella
'■ e'gùagìfàriza démÒcratliSa dtfe' ta dire':
« la legge è uguale per tutti ». La follìa della grandezza, della corruzione e
della oppressione dei deboli è una vergogna per i popoli; un incitamento al
possesso della ricchezza e al « si salvi
chi può », senza riguardi per il prossimo e per la sua libertà. Il denaro è
una potenza micidiale che fa compiere
follìe d’ogni genere, tanto sul piano sociale quanto nel campo deirindustria e
della politica, legate l’una all’altra da
enormi interessi economici, che determinano e condizionano la vita dei popoli.
Gaetano Salvemini, antifascista, scriveva una lettera al fratello, in data del
2.5 giugno 1925, e gli diceva; « Un’Italia
grande che non fosse giusta, sarebbe
una nazione di uomini malvagi, e le altre nazioni dovrebbero mettersi d’accordo per distruggerla come pericolosa
per l’umanità, come si misero d’accordo per resistere alla Germania di Guglielmo II che era grande e non era
giusta. Essere grandi non significa nulla, perché c’è sempre qualcuno più
grande di noi, di fronte a cui noi siamo
piccoli. Essere grandi non dipende da
noi, ma dal fatto che gli altri siano più
piccoli di noi; un bel giorno, cambia la
situazione, questi divengono più grandi di noi e noi ci troviamo più piccoli.
Ma essere giusti dipende da noi —
grandi o piccoli che siamo — e nessun mutamento altrui può toglierci il
merito di essere giusti, perché la giustizia è un valore assoluto e non un
giudizio relativo.
«Quanto all’Italia bella, anche questo non è merito nostro se l’Italia è
bella; l’ha fatta così la natura, l’hanno
fatta così i meriti delle generazioni che
ci hanno preceduto. Un’Italia bella che
non fosse buona sarebbe una baldracca
oscena, che non dovremmo amare, ma
odiare. E appunto per trarla sulla via
della bontà, per poter continuare ad
amarla, per non essere costretti ad
odiarla, è per questo che abbiamo l’obbligo di lavorare e magari di affrontare
qualche piccola seccatura. Dunque rimaniamo intesi: l’Italia giusta e buona,
sì, grande e bella, sì, ma a patto che
sia prima giusta e buona. Se no, se ne
vada al diavolo con tutta la sua grandezza e con tutta la sua bellezza ».
Queste parole, nel 1925, avevano gli
accenti di un avvertimento profetico.
Si era all’inizio del regime fascista e
ciò giustifica il linguaggio severo di
Gaetano Salvemini. Preferisco quel linguaggio alla retorica ufficiale di uomini di governo e di partito, tutti impegnati a modo loro a difendere la pace,
la libertà, la giustizia e la civiltà.
Non basta parlare di pace e di giustizia. Bisogna camminare insieme in
quella direzione, con la volontà di non
più ritornare alla follìa, con tutto ciò
che essa contiene e significa per noi e
per gli uomini del nostro tempo.
Ermanno Rostan
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pag. 2
1“ giugno 1973 — N. 22
LE PARABOLE
DEL.REONO
ATTESA
OBIEZIONE DI COSCIENZA
Può sembrare • crudele-il dire a gente che soffre: aspettate
alla fine di questo periodo storico vi sarà resa giustizia. Eppure,
l'evangelo, fa così; e se lo fa, evidentemente è giusto aspettare.
Vi è una certa nobiltà nel saper aspettare; non è da tutti; ed infatti oggi la massa degli uomini non vuole aspettare, non sa farlo,
perché per saper aspettare, per poter aspettare ci vogliono nervi
saldi, non bisogna essere ammalati di nevrosi varie, come siamo
tutti più o meno in questi tempi. Eppure, specialmente per le
cose più importanti, aspettare è una necessità. Il tempo è una
triste categoria cui siamo ora sottoposti; le cose importanti sono
spesso molto complesse, e non possono svolgersi fuori dal tempo
od in poco tempo. L’evoluzione impone una scelta, si sviluppa
attraverso una serie di scelte: bisogna che i caratteri positivi e
quelli negativi verigano a confronto, e l'affermazione definitiva
dei primi, come l’elitninazione dei secondi, richiede in genere
secoli e millenni di duro trava^io. Avviene come quando una
rete è gettata in mare, e raccoglie ogni sorta di pesci; non tutti
sono buoni da mangiare: occorre compiere, nella massa del pescato, una selezione. Questo avviene nei secoli, attraverso le vicende della storia: continuamente il buono è raccolto nei vasi
che lo custodiranno in eterno, e quello che non vai nulla è gettato via (Matteo 13: 47-50). È .così, ed è inutile che ci ribelliamo.
Del resto, il tempo non ha quell’importanza che in genere gli si
attribuisce: l’importante è lo scopo da raggiungere. Chi è ben
persuaso della certezza dello scopo — che è, ancora una volta, il
re^o di Dio — è anche soccorso perché l’attesa gli sia più lieve:
egli vive già nel regno di Dio.
Lino De Nicola
Dopo il servizio civile, quello militare
L'incredibile caso di cinque giovani che, espletando il servizio alternativo in Somalia, hanno ricevuto la cartolina
precetto — Verso il « MEC » degli obiettori di coscienza?
Notiziario Evangelico Italiano
Un convegno
interdenominazionale
femminile a Napoli,
sui « mass media »
Domenica 20 maggio 1973, si è svolto a Napoli, presso la Chiesa Valdese
di via dei Cimbri, il convegno interdenominazionale delle donne evangeliche
della Campania e del Molise.
La partecipazione di ben 43 elementi, rappresentanti le comunità battiste,
metodiste, luterane e valdesi, ha permesso di svolgere un buon lavoro di
approfondimento del materiale fornito dal Consiglio di Collegamento, riguardante il cinema, la stampa, la radio e la televisione, con particolare riferimento alla trasmissione « Protestantesimo ».
I vari argomenti sono stati trattati
ampiamente e serenamente. Si è ravvisata la necessità di documentarsi più
ampiamente sui fatti che avvengono
e sulla veridicità dei mezzi di informazione.
Ci si è ripromesso di incontrarsi più
spesso per studiare ed analizzare altri
problemi di viva attualità per il mondo della donna. Il risultato del convegno è stato senz’altro positivo.
In merito alla rubrica « Protestantesimo », il convegno ha sottolineato che,
pur nella ristrettezza del tempo concesso, essa suscita interesse e approvazione.
Silvana Carcò, Elda Ricciardi
FEDERAZIONE DELLE CHIESE
EVANGELICHE IN ITALIA
Offerte in favore
dell’opera di soccorso
e ricostruzione in Indocina
(1° elenco)
Scuola Domenicale Metodista di Bologna
L. 120.500; Ida Santini, Novara 5.000; Biagio Rocchi, Roma 10.000; Domenico Lancellotti. Terni 6.000; Chiesa Evangelica Battista,
Pordenone 30.000; Chiesa Luterana, Venezia 15.000; Chiesa Luterana e Gruppo cristiani di base. Torre del Greco 15.000; Chiesa
Evang. Battista, Genova-Sampierdar. 20.000;
Chiesa Valdese di Venezia in occasione culto
ecumenico organizzato del SAE 104.500; Chiesa Valdese, Rorà 10.000; Chiesa Evangelica
Battista di via Antelao, Roma 10.000; Comunità Metodista, Gorizia 100.000; Comunità
Metodista Trieste 50.000; Comunità Metodista, Udine 50.000; Centro Sociale Valdese, Cerignola 10.000; Comunità Metodista, Vintebbio 6.000 Chiesa Evangelica Battista di Via
Passalacqua, Torino 30.000; Chiesa Evangelica Battista, S. Antonino di Susa 50.000;
Chiesa Evangelica Battista, Meana di Susa
25.OOO; Comunità Metodista, Roma 57.575;
Comunità Metodista, Pòrtici e alunni ed insegnanti di Casa Materna 164.850; Chiesa
Valdese, Sanremo 30.000; Diaspora Valdese,
Rivièra Ligure di Ponente 5.000; Comunità
Metodista, Intra 12.500; Comunità Metodista,
Domodossola 9.000;
Totale L. 945.925.
Malgrado numerose interpellanze in
parlamento, ricorsi e controricorsi (come informa L'Espresso del 20 maggio)
allo stesso Consiglio di Stato, cinque
giovani che, in base alla precedente
legge Pedini, avevano compiuto due
anni di servizio civile in un paese del
Terzo mondo dovranno ora compiere
il servizio militare e regalare così allo Stato altri 15 mesi della loro vita.
Ma come è potuta accadere una cosa
simile? I cinque giovani di cui parliamo si trovavano, un giorno dello scorso anno, davanti a un’edicola di Mogadiscio, capitale della Somalia dove
essi insegnavano (in sostituzione appunto del servizio militare) in una
scuola media gestita dai frati francescani, ai ragazzi somali. Quel giorno,
il quotidiano « Stella d’ottobre » (di
lingua italiana) pubblicava un lungo
articolo in cui si analizzava l’assurda
situazione delle scuole straniere in Somalia e il loro significato neocolonialista ed alla cui conclusione si deprecava il caso di certi insegnanti venuti da
turisti « invece di fare il loro dovere
difendendo la loro patria » (da notare
che la Somalia ha un governo di ispirazione socialista).
I cinque giovani, tutti cattolici del
dissenso e alcuni già obiettori con mesi e mesi di galera militare, risposero
in modo adeguato. Scrissero al giornale (che la pubblicò) una lettera ponendo ben in chiaro che, pur essendo
del tutto contrari al genere di scuola
che dovevano fare, certamente non
erano propagandisti del neocolonialismo: si erano recati in Somalia proprio per non far parte di un esercito
che « Se non sbaglianio, è lo stesso che
un giorno occupò la Somalia ». La lettera piacque molto ài somali ed assai
meno all’ambasciatore italiano a Mogadiscio che convocò subito i cinque
sgridandoli per aver commesso « una
grave mancanza suscettibile di nuocere alle buone relazioni fra i due Stati ».
Ma egli non si è fermato alla ramanzina: tramite il ministero degli esteri ’a
grave mancanza è stata segnalata a
quello della difesa. I giovani si son
visti recapitare il cartoncino giallo-ro
J Con Tinizio di luglio la televisione
austriaca abolirà la pubblicità televisiva
per tabacchi, sigari e sigarette (il monopolio spendeva per questo annualmente 30 milioni di scellini, circa 800 milioni di lire);
produttori e commercianti di bevande alcooliehe si sono impegnati a ridurre la loro pubblicità.
I Continua Tidillio economico cino-eUenico: il vice primo ministro greco Makarezos è stato accolto in visita a Pekino dove
ha avuto colloqui con Ciu En-Lai e altri dirigenti cinesi. Sono stati firmati tre accordi
per la navigazione, per il commercio e per
l’aviazione civile.
LA CHIESA NEL MONDO
Un centro
di conferenze sudafricano
posto sotto accusa
Johannesburg (soepi) - Il centro di
conferenze Wilgespruit ha momentaneamente posto fine al suo programma conosciuto sotto il nome di corso
di « sensibilizzazione alle relazioni umane » in attesa che venga svolta un’inchiesta dal proprio comitato esecutivo
e dal Consiglio delle chiese del Sudafrica (CCSA).
Contemporaneamente, il primo ministro Vorster ha posto Tultimatum al
CCSA dandogli tre settimane di tempo
per mettere in chiaro « il nido di iniquità » del Wilgespruit. Questo ultimatum fa seguito a un rapporto della
Commissione di inchiesta Schlebusch
la quale raccomanda che il corso di
’sensibilizzazione’ sia posto sotto stretto controllo, simile a quello cui viene
sottoposto il corpo medico. Il rapporto
accusa il centro Wilgespruit di lavorare in vista di un radicale cambiamento sociale in Sudafrica, di indurre la
gente in errore mediante la sua pretesa di essere collegato alla Chiesa, di
essere quasi totalmente finanziato da
organismi stranieri, infine di essere stato teatro di servizi religiosi « riflettenti un grossolano erotismo ».
La commissione parlamentare è stata oggetto di numerose critiche. È stata accusata di tenere in spregio le
procedure democratiche e giudiziarie
da quando essa lavora a porte chiuse,
di non rivelare l’identità dei testimoni
e la natura delle loro deposizioni, di
non permettere contro-interrogatori e
di non concedere nessun diritto alla
difesa. Nel respingere le accuse contro
il centro il CCSA ha difeso « l'evidente carattere cristiano » del centro stesso, ed in modo particolare il suo nrogramma di missione in ambiente urbano e industriale, come pure il suo progetto riguardante i lavori indigeni.
Il Consiglio delle chiese fa pure notare che il rapporto della commissione
parlamentare probabilmente si era anche occupato « di organizzazioni che
mettono in pericolo la sicurezza dello
Stato ». Tutta la questione verrà esaminata dal Comitato esecutivo del
/ lettori ci scrivono
Defenestrazione pasquale
di Haendel
Genova. 26 aprile 1973
Caro direttore,
a parie frequenti ricadute nello sterile patois de Canaan, linguaggio perfettamente ermetico per i non « iniziati », che si sente
affermare siano abbastanza numerosi fra gli
ascoltatori, si dovrebbe essere lutti d'accordo
sulla opportunità dì qualche innovazione nei
culti-radio.
Ciò vale evidentemente anche per la parte
musicale, ma da questo a dare Tostracismo
alla Marcia trionfale dal « Giuda Macabeo »
di Giorgio Federico Haendel, ce ne corre.
Negli « Inni Sacri » (n. 77) alla splendida
melodia settecentesca erano state adattate parole che la rendevano pressocché incantabile,
e poco più che un rabberciamento si aveva
neir« Innario Cristiano » del 1922 (n. 78).
Neirinnario dì recente introduzione, la versione (n. 228) è certamente più degna del capolavoro del grande musicista tedesco, pur essendo tutt'altro che indesiderabile un ulteriore perfezionamento in una futura edizione (e
molli miglioramenti sono auspicabili per la
raccolta nel suo insieme).
Non a caso un motivo « trionfale » è stato
scelto per celebrare Tevento pasquale, e poiché
di questo coro grandioso esiste un'ottima registrazione, lascia a dir poco perplessi che
esso sia stato escluso dalla trasmissione di domenica 22 aprile e sostituito da qualche cosa
dì « moderno », sul cui valore artistico è .assai dubbio si sìa avuta unanimità di consensi.
Venga pure, ogni tanto, qualche esempio
di spiritual o di altro genere di importazione,
ma « Pedro, addante con juicio! ».
Grazie e cordiali saluti dal Suo incorreggibile
EMA^UELE TrON
Consiglio, che si riunirà al principio
del mese di giugno.
Il Dipartimento Chiesa e società della chiesa congregazionalista unita del
Sudafrica ha pubblicato un comunicato nel quale si dichiara: « Le attività
del centro Wilgespruit menzionate nel
terzo rapporto Schlebusch non possono
essere considerate con'ie sovversive o
come minaccia alla sicurezza dello Stato e, per questo motivo, la chiesa congregazionalista unita ritiene che ulteriori inchieste complementari sul centro non devono cadere sotto la giurisdizione della commissione Schlebusch ».
I missionari gesuiti
torneranno in Cina?
Roma (Relazioni Religiose) - Da sicure
fonti confidenziali, risulta che, presso la Curia Generalizia dei Gesuiti, si terrà prossimamente una riunione dei maggiori esponenti
deirOrdine, di tutti i paesi del mondo. Uno
dei temi che saranno discussi, riguarda il
problema se inviare o meno nella Cina Popolare i missionari gesuiti. Non si sa ancora in
quale forma questi missionari dovrebbero
eventualmente raggiungere il suolo cinese,
perché è da escludere a priori il permesso del
governo di Pechino per Tentrata in Cina dei
missionari cattolici. La Compagnia di Gesù
conta ancora in territorio cinese la presenza
di oltre cento religiosi con i quali non esistono contatti regolari. Non si esclude che il
primo compito dei nuovi missionari potrebbe
riguardare un collegamento con i loro confratelli deirOrdine, che sono riusciti a rimanere in Cina durante gli ultimi decenni.
La ’’Pravda” di Bratislava
condanna
il revisionismo teologico
Bratislava (Relazioni Religiose) - L'organo
del partito comunista slovacco, la « Pravda »
di Bratislava ha dedicato nel numero del 28
aprile scorso un lungo artìcolo alle « radici
del revisionismo », attraverso il quale i revisionisti cercano d'introdurre nel marxismo delle idee che gli sono estranee sulla religione,
minimizzando in questo modo, attraverso la
vìa interiore, l'aleismo scientifico.
sa della chiamata alle armi e malgrado tutti i ricorsi di cui si è detto, il
20 maggio, data di partenza del secondo scaglione, hanno dovuto partire.
Questi i fatti a tutt’oggi. Ci pare impossibile che la cosa possa concludersi in tal modo, per di più in dispregio
delle stesse leggi.
* * *
Abbiamo già avuto occasione, varie
volte, di illustrare la « legge Marcora »
sull’obiezione di coscienza, legge che è
venuta a sostituire la precedente «legge Pedini » ed abbiamo posto in rilievo
che uno dei suoi maggiori difetti è
quello di condannare duramente coloro che respingono l’alternativa mistificata del servizio civile (alle dipendenze del ministero della difesa!). Per
chiarire e possibilmente modificare
questo ed altri punti della legge, un
gruppo di parlamentari (in maggioranza di sinistra, oltre che allo stesso
de. Marcora) hanno redatto una proposta di legge e presentato una richiesta di riesame delle numerose domande fin’ora respinte.
In questi giorni poi tre rappresentanti della LOC (Lega obiettori di coscienza) parteciperanno ad un incon
tro europeo di obiettori in occasione
del quale verrà proposto un progetto
di legge unitario da far approvare in
tutti e nove i paesi del MEC.
Roberto Peyrot
Limitazioni di viaggio
per gli stranieri nell’URSS
Secondo l’ANSA, che riferisce su fonti diplomatiche occidentali a Mosca, le autorità
sovietiche hanno limitato tutte le autorizzazioni singole di viaggio aH’interno dell'URSS
per un certo numero di residenti stranieri : a
diplomatici statunitensi, canadesi, inglesi e tedesco-occidentali è stato comunicato che per
il momento le richieste di autorizzazione per
viaggi airinterno dell’URSS venivano respinte. Il divieto è stato applicato anche a corrispondenti di giornali occidentali, ma sì ignora per il momento se è esteso pure agli uomini d’affari residenti a Mosca o ai turisti.
Com’è noto, gli stranieri devono avere uno
speciale permesso per allontanarsi dalla capitale oltre un raggio di 40 chilometri.
NINO RUNA DA PALERMO - 1864-1937
Un popolano valdese Impegnato
nella lotta politica e sociale
Nel periodico valdese « La Luce » dì Roma
del 17-2-1937 apparve una corrispondenza da
Palermo nella quale si informava i lettori che,
<( in circostanze particolarmente tristi, lontano
dalla sua famiglia e dalla sua chiesa », si era
spento il fratello Antonio Riina. Dopo alcune
notizie esclusivamente religiose, e prima di un
brano del testamento spirituale del defunto,
nel necrologio c’era altra espressione... ermetica : cc In questi ultimi tempi la sua salute
era stata scossa; e per quanto malato dovette
lasciare Palermo ».
Pochissimi lettori de ”La Luce”, fuori di
quelli di Palermo, sapranno leggere tra le
righe di questa cronaca tipica di come si potevano riferire certe notìzie in regime fascista.
(c Dovette lasciare Palermo », « circostanze
tristi » stavano per : « Nonostante fosse malato
e quasi cieco, dovette partire perché condannato al confino politico, essendo stato e continuando ad essere repubblicano attivo ».
« Morì al confino in solitudine e senza assistenza ». Non si seppe mai con precisione
la causa della morte. Antonio Riina, meglio
noto come Nino Rìina, era stato un operaio
(sarto) che con studiì di autodidatta e con doti eccezionali di cuore e di mente si era elevato ad una posizione dì primo piano in varie
istituzioni cittadine, siciliane, nazionali ed oltre il limite nazionale.
La vita di Riìna si svolse nel quadrilatero
famiglia, lavoro, protestantesimo e repubblicanesimo.
Impossibile però è dire quale tra l'ideologia
religiosa e quella politica avesse prevalenza,
perché erano intimamente ambedue legate ed
interdipendenti, erano poi unica matrice di
dì corollarii nell’ordine sociale. Nel dizionarietto dei nomi citati in « Diario Garibaldino »
di Giuseppe Chiostergi, Riina è definito :
« Repubblicano tra i più amati ed ascoltati.
Attivissimo ». Questa breve ma precisa descrizione dell’uomo politico è veritiera anche per
l’uomo religioso.
Riiria ai protestanti confratelli soleva porre
il problema istituzionale con sollecitazioni per
la democrazia pura, ai repubblicani poneva il
problema religioso con le istanze di fedeltà
alla Bibbia.
Alla vita della Chiesa Valdese Riina partecipò sempre attivamente interessandosi ai
varii aspetti dottrinali ed a quelli pratici e fu
solerte in ciò che sì riferì alla cura degli stabili specie nel tempo del trasferimento dei locali di culto, di scuola e di casa pastorale nell'attuale sede in Palermo via Spezio.
Riina sovente sostituiva i Pastori nella celebrazione dei culti e fu più volte delegato
della Chiesa in raduni di varii tipi.
Di mentalità aperla, non esauriva il suo
zelo ed il suo servizio nella sola sfera valdese.
Non valdesi, lo avemmo maestro ed .amico.
Il debutto di Riina nella vita politica e sindacale — come in quella religiosa — avvenne assai presto: fu nel tempo in cui era assai
elevato ed intenso il livello del fervore di lotta post-rìsorgimen tale.
La scontentezza del tipo di soluzione unitaria che era venuto fuori dal fermento patriottico siciliano arroventava gli animi e suscitava rivendicazioni sociali. Riina svolse attività
polìtica-sociale di ])rimo piano. È la Questura
di Palermo a darci alcuni elementi conoscitivi; nei rapporti di que.sta alle sue autorità
superiori troviamo sovente il nome di Riina.
S. F. Romano in appendice al .secondo volume
della « Storia della Sicilia post-unificazione »
pubblica alcuni di questi rapporti.
1880: A. Riina è dato come presidente delia
Società giovani operai a Stella d’Italia » (Romano pag. 331):
1892: Riìna prende parte attiva alla compilazione dello Statuto del Fascio dei Lavoratori (28-4-1892) quale consigliere della Sezione Sarti (pag. 441):
1892 (settembre); Riina nella suddivisione
delle sezioni è nominato Consigliere Delegato
della sezione Sarti e di altre 8 sezioni (pag.
446-7).
Riina ebbe nel 1885 rapporti epistolari con
Aurelio Saffi che seguiva le vicende degli operai siciliani. Nel P.R.I. Riìna svolse più intensa attività dal 1913 al 1926. È un periodo
di vita straordinaria densa dì avvenimenti per
i repubblicani di Palermo e di Sicilia.
Quando Cono Lena per preparare il 1° Congresso della Federazione Repubblicana Siciliana fece da Catania viaggi a Palermo e Messina per concordare sede, data, relazioni ecc.
tenne la riunione di Palermo in casa Riina.
Il Congresso fu tenuto a Messina il 26-4-1914.
Rìina fu nominato vice-presidente e tenne la
relazione su a Organizzazione economica ».
Nei successivi congressi regionali siciliani
— fino alla soppressione dei Partiti politici •—
Riìna fu sempre alla presidenza e tra i relatori.
Nel periodico organo della Fed. Rep. Sic.
(c La Fiaccola Repubblicana » di Palermo,
Riina fu prima redattore poi direttore.
Il 10 marzo 1914, ricorrendo l’anniversario
della morte di Mazzini, a Palermo fu organizzata una commemorazione con oratore il Barone Francesco Mormina Penna. Durante la
manifestazione vennero lanciate grida di viv.i
la repubblica e di abbasso la monarchia. La
polizia arresta un giovane. Riina ed altri giovani con lettera in carta da bollo spedita per
raccomandata al Questore esprimono la solidarietà con l’arrestato. I firmatari vengono
arrestati. Il processo risultò una solenne manifestazione repubblicana per le dichiarazioni
degli imputati e le arringhe dei difensori.
Altra manifestazione repubblicana a Palermo si ebbe attorno Riina e Chiostergi in occasione della « Settimana Rossa » che scoppiò
ad Ancona ed ebbe eco in più parti.
Per gli arresti a Palermo in quest’occasione
si ebbe un’eco alla Camera dei Deputati
(18-6-1914) per interrogazione fatta da Colajanni. Questa volta gli arrestati non ebbero
l’onore del processo per sopravvenuti avvenimenti di profondo spirito patriottico con l’interventismo;
Riina fu fiero di aver avuto rapporti fraterni con Cesare Battisti e Vincenzo Bucca.
Cesare Battisti fu a Palermo per tenere
(18-11-1914) un comizio nel Foyer del Teatro
Massimo a favore dell’intervento dellTtalia
nella guerra contro l’Austria.
Vincenzo Bucca fu il primo caduto italiano
nella U guerra europea, essendo morto da
eroe — diciottenne, siciliano — in difesa del
suolo serbo dove era accorso come volontario.
Durante la 1“ guerra europea Riina si distinse nel fronte interno mentre i suoi amici
combattevano sul fronte delle Argonne (Francia) e poi nelle trincee italiane.
Dopo la guerra Riina riprese con ardore la sua azione repubblicana. Segnaliamo due
momenti differenti.
Nel 1922 ricorrendo il cinquantenario della
morte di Mazzini Rìina fu Presidente del Comitato Siciliano per le onoranze a Mazzini e fu
firmatario del Manifesto del Comitato Internazionale Mazziniano.
L'ultima volta che io vidi Riina fu quando
era seduto sul banco degli imputati in Corte
d’Assisi a Palermo (30-6-1925) per un reato
commesso cinque anni prima quando era Direttore-responsabile del periodico « La Fiaccola Repubblicana » organo della Fed. Repubblicana Siciliana. L’imputazione era violazione degli arti. 126 e 247 del Codice Penale:
« vili^>endio alle istituzioni » e « incitamento
alFodìo dì classe ». I reati sarebliero stali
commessi in due articoli non firmali apparsi
nel periodico de) luglio 1920.
Nonostante che Farticolisla — Renzo Marchese — uscì dall’anonimato. Riina fu processato lo stesso. I giudici popolari assolvettero ì due imputati.
* Hi *
Nel « Bollettino delFAssemblea delie rappresentanze Comunali e Provinciali della Sicilia » del 1944 (Fase 1-2 pag. 10) si legge che
nella seduta del 4-6-1944 il rappresentante
della Deputazione Provinciale di Messina,
Giuseppe Vinci, dopo la commemorazione dì
Giacomo MalleoUì fatta daH'avv. Nicolò Maggio. dice: celo ritengo doveroso elevare un
pensiero a un popolano palermitano: Antonio Riìna al quale io credo il Comune di Palermo debba intitolare una via o una piazza ».
A Nino Riina è intitolala una delle sezioni
del P.R.T. di Palermo.
Paolo Sanfilippo
Da a Storia dei repubblicani in Sicilia ». di
prossima pubblicazione.
3
1" giugno 1973 — N. 22
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
V&g. 3
Il Servizio Cristiano a Riesi
Come lo vede la popolazione locale
Molte volte sia quando mi è dato di
parlare altrove di Riesi, sia quando riceviamo dei visitatori, mi vien fatto
la domanda: « quai è l’atteggiamento
della popolazione nei riguardi del
'Servizio Cristiano’ »? Generalmente
osservo che una risposta è difficile per
la varietà dell’ambiente e, anche, perché il comportamento di un popolo è
mutevole a seconda degli avvenimenti; comunque — dico — personalmente mi sembra che la maggioranza abbia fiducia nel nostro lavoro. Da molti
mesi a questa parte mi pare che la
mia considerazione sia del continuo
avvalorata dai fatti. Mi pare che il dialogo sia sempre più facile, che gli incontri con i più diversi settori della
popolazione siano più cordiali, che
molti ricerchino di discutere insieme.
Possono essere impressioni personali,
però, giorno dopo giorno, hanno confei ma e 1’« andare in piazza » diviene
più piacevole e, forse, più fruttuoso.
Nc clanno occasione i molti problemi
cti.: si devono affrontare insieme (questione degli uffici finanziari, dei piani
di zona, della cantina sociale, del centro dibattiti) che hanno crescente intei esse fra la gente.
■CENTRO DIBATTITI
Il Centro Dibattiti ha avuto delle
c( i iferenze che hanno incontrato molto favore del pubblico e sono state
normalmente bene affollate.
li Prof. Giuseppe Marasso di Torino
1j:' tenuto una conferenza sul tema
<• Rivoluzione non-violenta ». Con chia1X0 za estrema e validità di argomenti,
f a esposto come non solo la unica
possibilità di mutamento integrale
deila nostra società stia in una rivoluzione non-violenta, ma anche che
ogni violenza rappiesenta un ripetersi di vecchi schemi, vecchi quant’è vecchio il mondo, sempre coi medesimi
1l!!i
risultati che finiscono col violare la
persona umana, che comunque deve essere al centro delle nostre ricerche politiche. Sia per l’esposizione chiara ed
efficace dell’oratore, sia per i numerosi interventi che l’hanno seguita, possiamo considerare la serata, che il
Pj'of. Marasso ci ha data, come una
celle migliori in questa serie di dibattiti.
Il gruppo dei Condirettori della rivista « Dialogo » di Palermo ha parlato, col sistema di una tavola rotonda,
sul tema: « La partecipazione democratica e i piani zonali ». È stata involontariamente la prima scintilla di
una discussione pubblica che doveva,
comunque, riprendere, sulla questione
dei piani zonali che l’Ente Sviluppo
Agricolo (ESA) porta avanti. La nostra zona è collegata con i comuni viciniori che fanno capo al comune di
Gela, il maggiore e più popolato della provincia. Vi è intervenuto anche
come esperto il perito agrario dell’ESA, Sig. Bregamo.
Sala gremita per la venuta del Prof.
Dr. Arch. Leonardo Ricci, preside della Facoltà di Architettura dell’Universiià di Firenze che ha parlato su « A.ssetto territoriale ed il problema della
casa ». Alla conferenza ha partecipato
anche l’ing. Benedetto Colajanni incaricato per il piano di fabbricazione
del Comune. La conferenza ha avvinto il numeroso pubblico che ha reagito con una discussione veramente ottima. Degli amici venuti da fuori (una
dozzina fra Palermo e Caltanissetta)
hanno manifestato la loro ammirazione per il tenore della discussione. .Anche questo tema ha inciso su questioni del giorno proprio perché il piano
d' fabbricazione del Comune deve essere riveduto. Il mese prossimo, dal
Comune stesso, sarà indetta una conferenza popolare per discutere il piano che sarà approntato alla fine di
marzo. Il Prof. Ricci, che ci è sempre
amico (ci ha dato tanto i piani di
Agape come tutti i disegni delle costiTJzioni del « Monte degli Ulivi » come benevolo dono), si è intrattenuto
poi, ancora il giorno sedente, con un
gruppo di operai appositamente venuti. La sua conferenza ha avuto notevoli echi nella città e fuori.
L’attività del Centro Dibattiti risponde alle nostre aspettative: quelle
di muovere l’interesse della popolazione per i grandi problemi del mondo
che hanno, inevitabilmente, i loro riflessi anche nelle situazioni locali.
John D. Guigou
di Valdese
Ci è giunta da Valdese, negli Stati
Uniti, la notizia della morte subitanea
di John D. Guigou, bella figura di credente, deceduto a Valdese (N.C.) alla
età di 74 anni, il 18 aprile u. s.
John D. Guigou era nato a Valdese
nel 1898 da Jean e Catherine Guigou,
emigrati con molti altri pionieri provenienti quasi tutti dalla valle della
Germanasca in cerca di lavoro oltre
oceano. Aveva sposato Louise Gaydou,
oriunda di Angrogna e viveva con lei
nella loro bella casa in mezzo ai boschi, alla periferia della cittadina costruita in buona parte da emigrati.
Ho avuto il privilegio di essere ospite della famiglia Guigou tre volte in
occasione del 17 febbraio a Valdese;
si parlava in inglese o in francese, talvolta in patois, e ricordo con quale interesse John Guigou mi accompagnava nelle visite alle persone anziane o
inferme. Era stato per vari anni direttore di banche locali, anziano di
chiesa, e per ben 17 anni direttore della scuola domenicale, oltre che presidente di varie commissioni ecclesiastiche sul piano locale e regionale.
Il suo corpo riposa nel cimitero di
Valdese. Alla vedova ed alla figlia, Mrs.
Phyllis Jacumin, giunga il nostro grato ricordo ed il nostro incoraggiamento cristiano.
e. r.
Cronaca delle Valli
Un momento nnovo per In montagna L'attività
del Cinefórum
Val Penice
Tempestività e rapidità d’intervento
non sono caratteristiche della vita politica nazionale né tanto meno di quella regionale, eppure anche la « legge
sulla montagna », emanata nel lontano dicembre 1971 è finalmente stata
resa operante con la decisione del
Consiglio Regionale Piemontese del 18
maggio scorso.
La Comunità Montana della Val Pellice è dunque nata o forse più esattamente è stata concepita ed è entrata
i l fase di gestazione: questo Ente di
Diritto Pubblico che ha ricevuto il diritto alla «esistenza» deve ora concrciamente darsi corpo e anima e poi
cominciare subito ad operare.
innanzitutto il Consiglio della Val
Pellice, che ne è la matrice, deve provved-ere a formulare lo Statuto del
nuo\o Ente, ovviamente basandosi sulle norme stabilite dalla legge regionale.
i rappresentanti dei nove comuni
saranno eletti dai Consigli Comunali
(purtroppo non siamo ancora alla elezione di primo grado), e saranno probabilmente meno numerosi degli attuali Consiglieri del Consiglio di Valle: ogni Comune invierà due rappresentanti per la maggioranza ed uno
per la minoranza, totale 27 membri.
Nominato il Consiglio questi si sceglierà un Presidente ed una Giunta
esecutiva che si metteranno al lavoro,
affiancati dagli uffici tecnici, che per
fortuna già esistono, per elaborare dei
piani zonali di sviluppo e dei programmi annuali per realizzarli. Il fi
nanziamento ed il controllo .dei piani e del programma saranno di pertinenza della Regione, si dovrebbe quindi poter sperare in un lavoro proficuo
e più tempestivo che in passato, cosa
di cui la nostra zona ha grandissima
necessità.
Nei prossimi numeri pensiamo sia
opportuno riprendere il discorso per
allargarlo ed approfondirlo: per il primo scopo servirebbe la collaborazione
di quanti si sentono parte in causa di
questa « piccola riforma » locale, per
il secondo vedremo di esaminare a
fondo il testo della legge.
R. Gay
San Germano
Chisone
Il bazar annuale organizzato con la consueta
cura dairUnione femminile ha avuto luogo,
come previsto, domenica 27 maggio, nella sala
Valdese. Un grazie sincero a quanti (e
sono molti) hanno permesso questa giornata
riuscita, che è stata anche un’occasione di
incontro fraterno.
Ricordiamo ancora il Saggio della Scuola
Materna che avrà luogo, sempre nella Sala
Valdese, domenica 10 giugno.
Un saluto fraterno a Maurizio Rostan, che
ci ha lasciati per effettuare il suo servizio militare a Sora (Roma). Lo ringraziamo per il
suo lavoro in seno alla comunità e gli diciamo sin d’ora arivederci, sapendo che potremo
contare ancora su di lui non appena sarà di
ritorno. Giovanni Conte
Festa di canto
delie Scoole Domenicali della Val Pellice
Pubblicata ed annunziata tempestivamente, la Festa di Canto delle Scuole
domenicali della Val Pellice ha avuto
luogo domenica pomeriggio 20 maggio
a Torre Pellice. La Scuola domenicale
di Bobbio non ha potuto parteciparvi,
impedita da un’epidemia che auguriamo sia stata leggera e oramai scomparsa. Il cielo è molto nuvoloso, ma
non piove. Alle 14,30, nell’aula sinodale,
le Scuole domenicali di Villar Pellice,
Torre Pellice (Appiotti, Asilo, Coppieri)
e Rorà provano gl’inni d’insieme sotto
la direzione del Pastore Aime, Presidente della Commissione del Canto
sacro, il quale consiglia, incoraggia i
piccoli cantori e si compiace del loro
affiatamento canoro. Alle 15, nel Tempio, il Pastore locale signor Sonelli legge la Parola di Dio, fa la preghiera, rivolge a tutti un messaggio e dà il ”ben
Direltore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
venuto”, in maniera particolare, ai
bambini. Dirige in modo impeccabile il
Pastore Aime il quale, ad un certo punto, rivolge ai presenti un discorso ben
intonato al momento e adatto per i
piccoli e per i grandi, e vengono cantati gl’inni d’insieme intercalati da
quelli preparati da ogni singola Scuola
domenicale: Villar n. 150 Innario e
n. 169 Pseumes et Cantiques, Appiotti
n. 257 Ps. et Cant., Asilo n. 139 Innario,
Coppieri n. 162 Innario, Rorà n. 321
Vecchio Innario.
Il pubblico che c’è può constatare
con quale impegno ed amore Direttori,
Sig. E. Coisson, L. Varese, E, Negrin.
Ins. P. Frache, monitrici ed alunni hanno lavorato durante l’anno anche in vista della Festa di Canto non per esibirsi, ma per cantare tutti insieme, riconoscenti, le lodi del Signore,
La Chiesa di Torre Pellice offre un
rinfresco ai piccoli cantori e il suo Pastore mette a loro disposizione il cortile dell’Asilo di fronte al Tempio dove,
naturalmente, essi giocano e fra loro
fanno conoscenza ed amicizia.
Uno del pubblico
Susa: gita intercomunitaria a Nizza
Nei giorni 19 e 20 maggio è stata effettuata una gita di Chiesa tra le comunità valdesi di Susa e Coazze e
quelle battiste di Susa, Mompantero e
Bussoleno accompagnate dal pastore
G. Morlacchetti e famiglia.
Presso la nostra Casa Valdese di
Vallecrosia la comitiva ha trovato una
ottima ospitalità per quanto riguarda
sia la cena ed i pasti del giorno seguente preparati ugualmente con molta cura nonostante fossero ad orario
anticipato rispetto a quello abituale,
sia il pernottamento.
Dopo il culto di domenica mattina
presieduto dal sig. Sergio Nisbet, direttore della Casa, la comitiva, composta di 45 persone, di cui una diecina
di ragazzi, si è jjortata a Nizza, quindi
a Montecarlo e a Monaco.
A sera, dopo aver consumato un’eccellente cena, ci siamo rimessi sulla
via del ritorno, stanchi sì, ma conten
ti di aver trascorso insieme una giornata e mezza.
Anche se lungo e faticoso il viaggio
in pullman non ha causato disturbo
di alcun genere a nessuno dei partecipanti fra i quali vi erano alcuni che
normalmente soffrono di mal d’auto.
E questo successo si è avuto grazie alla felice decisione di seguire l’itinerario autostradale evitando il Colle di
Tenda sia all’andata che al ritorno.
Questa gita costituisce un’ulteriore
tappa di quel processo di avvicinamento e di dialogo che abbiamo appena
iniziato fra le comunità evangeliche
della Val di Susa. Speriamo che, superando le prime difficoltà e le incertezze, copie anche alcuni aspetti negativi che si verificano in ogni attività, si
possa addivenire ad una sempre più
stretta e profonda collaborazione ed
intercomunione fra le nostre comunità.
A. Rutigliano
Al Centro « Andreetti » di S. Fedele Intelvi
Convegno conclusivo sulla giustificaziuue
Con il convegno indetto presso j1
Centro Evangelico « P. Andreetti » di
S. Fedele Intelvi (Como) per il 2 e il ‘
3 giugno, si conclude il ciclo di incontri e studi sul tema della giustificazione. Sono stati esaminati i testi neotestamentari, è stato seguito lo sviluppo
del tema nel corso dei secoli, con particolare riguardo alTimportanza centrale che esso ha nel pensiero dei Riformatori. In quest’ultima sessione,
centrata su « La giustificazione e noi »,
si conta trarre le conclusioni, chiedendosi che cosa comporta nell’ora attuale, per noi, giustificazione. La discussione sarà introdotta da due conversazioni del past. Otto Rauch.
L’attività del Cineforum Val Pellice nella
stagione 72-73 si è sviluppata in due direzioni: proiezioni per i soci (tessera d’iscrizione lire 3.000) e proiezioni per gli alunni delle Scuole Medie Inferiori
Il programma per i sor! si è articolato in
tre cicli:
1) nei mesi di novembre e dicembre cinque film al Cinema Trento di Torre Pellice.
2) Nei mesi di gennaio e febbraio sei film
a passo ridotto proiettati in sedi diverse a
Bricherasio, Cinema dell’Oratorio e a Torre
Pellice, alla Sala Operaia.
3) Nei mesi di marzo e aprile sette film
al Cinema Allemandi di Luserna San Giovanni.
Il numero dei soci, provenienti da Bobbio
Pelice, Villar Pellice, Torre Pellice, Luserna S. Giovanni, Bibiana e Brieberasio, si è
aggirato intorno ai 250. A Brieberasio, grazie alla collaborazione del centro di lettura e
del suo attivissimo animatore, il maestro Mauro Pons, l’affluenza di pubblico è stata notevole e ha dimostrato la validità di trasferire
parte della nostra attività culturale in sedi
decentrate.
La scelta dei film, sebbene condizionata dal
meccanismo poco flessibile della distribuzione cinematografica e da non trascurabili esigenze di ordine economico, si è attenuta al
criterio di presentare opere recenti, accanto
ad altre meno recenti o classiche, di buon livello artistico e accessibili allo spettatore medio, che offrissero una problematica interessante ed attuale, o di natura sociale e politica o di natura esistenziale.
Le proiezioni sono state precedute da una
breve presentazione e seguite da un dibattito
orientato non tanto ad illustrare le caratteristiche tecniche e il valore estetico quanto
piuttosto ad approfondire la problematica delle singole pellicole. Agli spettatori inoltre sono
state regolarmente distribuite schede contenenti, accanto alle notizie essenziali sui film,
una proposta di interpretazione.
Il programma per gli alunni delle scuole
medie si è svolto nel periodo novembre-aprile e si è articolato su otto pellicole:
— Alphaville, di Jean Lue Godard
— La traversata di Parigi, di Claude ,Autant-Lara
— Morire a Madrid, di Frédéric Rossi!
— Tutti a casa, di Comencini
— L'Arpa Birmana, di Kon Ichikawa
— I Capitani Coraggiosi, di Fleming
____ Per tutto l’oro del mondo, di René Clair
— Billy Kid, di Artur Penn.
Alle proiezioni hanno assistito, nei rispettivi locali scolastici e in date diverse, i frequentanti le classi terze delle scuole medie di
Torre Pellice (Media Statale e Collegio Valdese), di Luserna S. Giovanni e di Bricherasio, presenti gli insegnanti che hanno guidato ed animato il dibattito. Anche per questo ciclo scolastico sono state elaborate e distribuite schede di presentazione dei film. Il
programma è stato fissato in modo da offrire
pellicole stimolanti e gradevoli, che favorissero la discussione su momenti e aspetti della
storia recente e promuovessero la consapevolezza critica della realtà contemporanea.
Il Direttivo
Un lutto a Genova
Il nostro fratello Arturo Peyrot ha
terminato la sua vita terrena. Non è
possibile esprimere qui in poche righe
i pensieri ed i sentimenti che proviamo nel ricordo di questo fratello che
lascia un’orma profonda nella nostra
comunità di cui era membro e diacono da parecchi decenni.
Ha lasciato scritto che il versetto biblico ch’egli prediligeva era l’esortazione del Signore: « Sii fedele fino alla
morte »: non possiamo non riconoscere ch’egli ha considerato quella parorola non solo come « un bel versetto »,
ma come un programma di vita.
Fedele nel confessare, nella sua debolezza, che Cristo è grazia e salvezza,
'■ fedele corne amico, sempre presente là
dove poteva incontrare dei fratelli, nel
culto comunitario ed in qualsiasi occasione che gli consentisse di studiare
la Parola di Dio e d’interessarsi ai problemi della testimonianza delta Chiesa: tale era Arty Peyrot, figura di valdese credente. Nell’attesa di rivederlo
nel mondo nuovo della risurrezione,
ricordiamo la sua fedeltà, per cui ringraziamo il Signore, sperando che molti, nella chiesa di Genova ed altrove,
possano dare questa testimonianza di
fedeltà.
Esprimiamo la più. viva simpatia alla famiglia colpita dal lutto.
P. M.
Raduno Salutista
dell’Unione Femminile
Sabato 2 e domenica 3 giugno, a Bobbio Pellice, avrà luogo il raduno annuale delle Unioni Femminili del Nord,
presieduto dalla Colonnella Càchelin.
Le riunioni si terranno la mattina alle ore 10,30 e il pomeriggio alle 15.
Cordiale invito a tutti.
Illllllllllllllllllllllllllfllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Salvatore Briante, Lamy
Coisson, Giovanni Conte, Riccardo Gay,
Paolo Marauda, Roberto Peyrot, Elsa e
Speranza Tron, Tullio Vinay.
Echi della settimana
(segue da pag. 4)
accettiamo il dialogo, nelle riunioni
scolastiche el altrove, con elementi fascisti: siamo lieti che i nostri figli facciano altrettanto, e li incoraggiamo su
questa strada. Se è questo l’atteggiamento delittuoso a cui Lei allude, ce lo
voglia precisare con chiare parole. Voglia dirci se dobbiamo essere imparziali, e se Lei stesso, in quanto Ministro, è imparziale, verso chi è fedele
alla Costituzione ed alla legge e verso chi la elude e la ferisce ».
AVVISI ECONOMICI
AFFITTASI subito centro Torre PeUice aUoggio tre eamere, cucina e servizi. Rivolgersi
Tron - Via Cavour 1 bis - Torre Pellice.
Pomaretto
Le madri di Pomaretto si sono forse strette più forte i loro figli, sabato 26, pensando
al dolore di quella di loro che aveva perso
per fatalità stupida e tragica, in un attimo,
uno dei figli. Il pensiero di tutto un paese,
che non può staccarsi da lei, possa esserle di
sostegno, in un momento di dolore così profondo. Il piccolo (sette anni) correndo nel
gioco è venuto a urtare contro un automezzo
che sopraggiungeva, a quanto sembra, a velocità moderata, e li cui autista non ha colpa.
Come al solito c’è comunque da trarre dall’accaduto una lezione di prudenza, perché
non sempre i limiti di velocità vengono rispettati, ed è tanto presto fatto per un bambino uscire all’improvviso. Il vero automobilista tiene conto in ogni caso di questa eventualità.
Ci sia permesso esprimere alla famiglia
colpita anche i sentimenti di affettuosa partecipazione della chiesa valdese.
Domenica 27 maggio ha avuto luogo il saggio della Scuola Materna; la paziente opera
delle maestre è stata premiata dalla gioiosa e
simpatica partecipazione dei bambini e dalla
riconoscenza dei genitori. Il pastore ha fatto
una relazione da parte del comitato di gestione. In settembre sarà distribuita la relazione annua stampata, s. r.
Il Convitto di Pomaretto,
a partire dal 1« settembre ricerca :
Monitori, di ambo i sessi, maestri o con titolo di studio superiore come assistenti ai ragazzi (scuola d’obbligo).
N. 1 cuoca.
N. 1 operaio qualificato per la
manutenzione. Eventualmente
coppia.
Si offre vitto, alloggio, stipendio ed inquadramento di legge.
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4
pag. 4
I NOSTRI GIORNI
N. 22 — 1" giugno 1973
VITA ITALIANA a cura di Emilio Nitti
PERCHF lE BOMBE?
Napoli, 21 maggio.
I . episodi di violenza politica
verificatisi nelle ultime settimane hanno sconvolto l’opinione pubblica; ma
è necessario sforzarsi di formulare su
di essi dei giudizi che, superando il
naturale raccapriccio e il facile moralismo, esprimano una valutazione
politica il più possibile precisa.
li fallito attentato ai treno TorinoRoma, i disordini a Milano in Piazza
Tricolore, lo stesso tragico episodio
di Prim^ayalle a Roma (pur con le sue
ambiguità), la folle impresa di Gianfranco Bertoli, con il loro strascico di
morti e feriti, vanno inquadrati in un
unico piano tendente a creare le condizioni per un’involuzione politica in
Italia, se non addirittura per un colpo di forza, e comunque per un ulteriore spostamento a destra dell’asse
politico italiano. Non è possibile non
ricollegare questi fatti con quelli «famosi », pure di Milano, del 12 dicembre 1969 e con tutta la situazione politica di allora.
II 1969 era stato un anno di grande
avanzata delle lotte proletarie, che
avevano realizzato successi anche per
l’ampia solidarietà ottenuta presso le
classi sociali. Le nuove prospettive di
sviluppo economico, presentate dai
sindacati, con la loro capacità di affrontare in maniera concreta l’esigenza di riforma della società, si presentarono in quegli anni come una reale
alternativa al tipo di sviluppo tradizionalmente legato agli interessi capitalistici. Non per caso il grande sciopero nazionale del 19 novembre di
quell’anno sul tema della casa aveva
coinvolto larghe masse popolari al di
là degli schemi politici e sindacali tradizionali: si parlò di 20 milioni di partecipanti.
Furono queste le premesse dell’eccidio di Piazza Fontana e degli attentati di Roma, per i quali furono accusati prontamente elementi estremisti
di sinistra (ma oggi la magistratura
indaga in tutt’altra direzione) e l’opinione pubblica, scossa, impaurita e
commossa chiese al governo di tutelare maggiormente l'ordine e nelle votazioni che seguirono dal ’70 al ’72 diede un progressivo aumento dei voti
della destra estrema, di quel partito
che non nega di essere erede spirituale del fascismo.
Consideriamo ora la situazione di
questi ultimi mesi. Da un lato le lotte
vittoriose di tante categorie di lavoratori per il rinnovo dei contratti, il perfezionamento della strategia sindacale
per realizzare riforme capaci di rilanciare lo sviluppo economico del paese
e che difendano nel contempo il potere di ..acquisto del salario, attraverso
la riduzione dei costi de^i alloggi, dell’istruzione e delTassistèifiiza sanitaria,
htmno confermato la capacità di coagulare ancora una volta interessi di
vaste categorie sociali intorno a queste lotte popolari, creando le premesse per una svolta democratica nella
gestione del paese.
D’altra parte si oppongono a ciò gli
orientamenti conservatori dell’attuale
Governo che si vale frequentemente
dei voti del MSI-DN per i provvedimenti legislativi più iniqui (l’ultimo
episodio della scorsa settimana non è
valso a confermare gli scandalosi stipendi ai superburocrati, bocciati dalla Corte dei Conti!).
La popolazione è poi gravata dal costante aumento dei prezzi, falsamente
giustificato come inevitabile in seguito « agli aumenti dati ai lavoratori »,
mentre in realtà essi derivano da nuove forme di speculazione capitalistica,
oltre che dagli errori compiuti dal Governo a proposito della crisi monetaria (di cui già abbiamo avuto occasione di parlare in un altro articolo).
In questa situazione contraddittoria,
scoppiano le bombe, cadono vittime
innocenti e in ogni occasione troviamo in prima linea implicati esponen
Costa molti miliardi
il nullaostra ecologico
(L’Espresso) - La Fiat ha aperto i battenti
ti a Crescentino, un grosso centro agricolo a
metà strada fra Vercelli e Torino.
Si tratta di una fonderia, che ha iniziato
l’attività con 200 operai ma che nel giro di
un triennio potrà occupare 2.000 addetti, portando il potenziale produttivo a 600 tonnellate giornaliere di getti finiti, per la produzione
di particolari in ghisa per auto, autocarri, trattori. L’investimento totale è stato di 60 mi.
bardi, un quinto dei quali destinato a ’’spese
ecologiche” per costruire cioè impianti di depurazione di polvere e fumi, per rigenerare
acque tecnologiche e di scarto, per contenere
i rumori. In questo modo l’azienda torinese
ha cercato di mettersi al riparo dalle ire della
Regione Piemonte che, pur non disponendo
di un piano operativo per le localizzazioni industriali e la politica urbanistica regionale,
aveva espresso notevoli riserve sull’insediamento di Crescentino.
Nella zona, lo stabilimento Fiat è stato però accolto con favore perché rompe il circolo
chiuso di una monoeconomia rurale in crisi
permanente, mentre crea centinaia di posti di
lavoro e contiene nel raggio di una ’’pendolarità breve” gran parte di manodopera locale che giornalmente raggiungeva Torino. Lo
stabilimento di Crescentino infine realizza
una indicazione specifica degli studi preliminari di programmazione regionale : cioè decongestionare l’area metropolitana torinese.
ti della destra, parlamentare e non.
Vero è che gli esecutori hanno frequentemente una verniciatura di sinistra, fornita da comodi circoli sedicenti anarchici o comunisti, ma basta
esaminare anche superficialmente il
passato di questi individui per scoprire la loro appartenenza a movimenti
di ispirazione fascista. L’opinione pubblica ancora una volta è scossa. Questa tensione che viene a crearsi, soprattutto perché le colpe sono falsamente attribuite ai « rossi », sembra
ormai chiaramente essere un tentativo
per far pesare, come nel 1969, a destra la bilancia dell’equilibrio nazionale, ostacolando quel progresso sociale previsto dai programmi dei sindacati e favorendo le scelte reaziona
rie dell’attuale governo.
Che la cosiddetta « trama nera »
(cioè questo piano di eversione fascista e antipopolare) non sia un’ipotesi
fantastica, è confermato dalle dichiarazioni fatte dallo stesso Forlani (Segr.
Naz. D.C.) lo scorso anno a La Spezia
e da quelle dell’on. Piccoli alla Camera dei Deputati, i giorni scorsi. Quest’ultimo ha addirittura denunciato la
possibile esistenza di un complotto intemazionale (si ricordi in proposito
che il Bertoli ha militato nel movimento « Pace e Libertà » finanziato
dalla CIA, l’organizzazione americana
di spionaggio).
Tuttavia, mentre nel 1969 la strategia delle tensioni ottenne il successo
sperato, oggi la reazione dell’opinione
pubblica sembra essere diversa. Significativo è stato anche il fatto che alla
Camera un discorso antifascista dell’on. Natta (comunista) è stato applaudito da tutti settori (tranne quello del
MSI!).
Occorre che sia in tutti sempre vigile l’attenzione e pronta la capacità critica per interpretare gli avvenimenti
ed arginare ogni manovra antidemocratica.
L'ambigua apertura sociale
della televisione italiana
I Al termine di una conferenza dell’Organizzazione dell’unità africana (OUA), è
stata decisa la creazione di una « Organizzazione panafricana dei sindacati ». La sede del
nuovo organismo, di cui è segretario generale
Denis Akumu (Kenya), è Accra, nel Ghana.
Ogni singolo sindacato potrà decidere se mantenere o no l’adesione alle organizzazioni internazionali delle quab faceva parte.
I L’Egitto e Malta hanno firmato un accordo commerciale con cui si sono impegnati a rafforzare le relazioni economiche, aumentando gli scambi di prodotti commerciali;
una commissione congiunta veglierà all’attuazione.
I In sedici mesi si sono avute, in Sud-Africa, 103 impiccagioni per assassinio, quasi tutte di neri o meticci,
m In Polonia la censura è stata sospesa, a
titolo Sperimentale, per « Trybuna Ludu » e per « Polityka », il quotidiano e il settimanale del Comitato centrale del Partito
operaio unificato polacco. Se quest’esperimento si rivelasse positivo, l’abolizione deUa
censura potrebbe essere estesa a tutta la stampa periodica.
I La commissione americana per l’energia
atomica ha reso noto di avere effettuato
un’esplosione nucleare sotterranea, nel centro
sperimentale del Nevada, di una potenza oscillante fra le 20 e le 200 tonnellate di tritolo.
Un portavoce della commissione ha precisato
che l’esperimento è stato effettuato per conto
del laboratorio scientifico di Los Alamos nel
Nuovo Messico. Non sono state segnalate radiazioni.
H Su iniziativa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le università di Ginevra e di Parigi-V (René Descartes) hanno istituito un certificato comune di laurea in ecologia umana e antropologia. Quest’esperimento d’insegnamento integrato a livello europeo,
che implica l’identità dei programmi e uno
scambio regolare di professori, con l’ottobre
prossimo sarà esteso aUe università di TolosaIII (Paul Sabatier) e di Torino, poi, nel 19731974, a un certo numero di altri istituti d’insegnamento superiore. Sanzionato da uno
stesso esame dinanzi a commissioni miste,
questo corso deUa. durata di dùè anni è orientato verso l’analisi 'dell’ambiente, le interazioni che si determinano in seno a popolazioni umane costrette a questo nuovo ambiente e il modo di dirigerne l’evoluzione. Il
corso è offerto a medici, urbanisti, sindacalisti, industriali, sociologi ecc.
Non si può dire che manchino, qua
e là, nei nostri programmi televisivi,
rubriche e trasmissioni di notevole
impegno e apertura; soprattutto sul
II canale. Si pensi a certe inchieste,
a rubriche come TV-7, a talune tavole
rotonde. Resta però il fatto che queste impennate di livello sono sporadiche, immerse in tutt’altro ’ambiente’
usuale e soprattutto accantonate, per
lo più, sul secondo canale che ha notoriamente un indice di pubblico fortemente inferiore al primo. Dire questo non significa essere incontentabili
critici per partito preso, né significa,
appunto, dimenticare ciò che di più
problematico e critico viene presentato; significa semplicemente constatare uno stato di fatto.
Questo discorso torna di particolare attualità in queste settimane, che
vedono, il martedì sera, i programmi
sul II canale occupati da una serie in
sei puntate: « L’America Latina vista
dai suoi registi », un programma a cura di Alberto Luna e di Roberto Savio. Si tratta di una rassegna di film
che la TV italiana ha prodotto, affidandoli ad alcuni fra i più noti registi latinoamericani odierni, alcuni in
tensione più o meno forte con i regimi al potere nel loro paese, alcuni nettamente in rotta con loro, (juest’ultimo era il caso, la scorsa settimana, di
Jorge Sanjines, un regista boliviano
in esilio che ha presentato il film più
aspro ma certo più terribilmente effi
cace (almeno finora) della serie: La
notte di San Giovanni. Con la scarna
crudezza del documentario, sullo sfondo della miserabile situazione sociale
che non da oggi grava sulla gran maggioranza di questo paese andino (non
per nulla il Che Guevara l’aveva scelto per farne uno dei punti su cui far
leva per la rivoluzione), il film ha rievocato un drammatico episodio del
recente passato: nella notte di S. Giovanni, il 24 giugno 1967, le forze armate boliviane, su ordine del goveino, compivano una strage repressiva
nel villaggio della miniera di Venti
Siglo, dove la popolazione, le donne
in testa, si era rivoltata contro le disumane condizioni sociali.
Mentre si dà atto della sensibilità
coraggiosa che questa serie, prodotta dalla nostra TV, rivela (a parte la
riuscita o meno di alcuni dei film),
non si può non associarsi a questo
commento del critico televisivo de
« La Stampa », Ugo Buzzolan: « Prudente in patria e rivoluzionaria all’estero, la nostra Rai finanzia e trasmette La notte di San Juan perché
si riferisce alla Bolivia (di oggi), ma
non ha trasmesso, "benché abbia finanziato, Bronte di Vancini perché si
riferiva all’Italia (di cent’anni fa); è
una politica ambigua, aggravata da!
fatto che anche questi film sudamericani vengono sistematicamente sottratti alla massa dalla concorrenza
schiacciante del ’nazionale’ ».
LE NAZIONI PROIBITE
Un libro che vuol essere una cc guida
dell'Europa Occidentale »
In generale quasi tutti confondono l’idea
di « stato » con quella di « nazione », che invece sono due concetti assai diversi. Se prendiamo infatti un vocabolario, (e per dimostrare che questa distinzione non è una trovata
recente di noi autonomisti ne ho scelto uno
del secolo scorso) leggiamo:
Nazione: Generazione di uomini nati nel paese medesimo, che hanno la medesima origine e parlano la medesima lingua.
Stato: Quella istituzione la quale rappresenta
l’universale dei cittadini governati dalle
stesse leggi e soggetti al medesimo operante.
(Rigutini-Fanfani : Vocabolario italiano del
la lingua parlata, Firenze 1883).
...................■'UHI................................................................................................................................................................imi......Illllllllllllllllllllllllllll..
LO STATO
D’ASSEDIO
CONTINUA
Nel n. preced.
di questo settimanale (art. "Esercito e Tupamaros")
abbiamo riportato la seconda parte
dWampia esposizione di Aldo Santini (pubblicata sull’« Europeo » del 3.5.
1973) della triste decadenza dell’Uruguay, che ha origini lontane di più di
mezzo secolo. Tale decadenza s’è accelerata negli ultimi vent’anni ed è infine precipitata a partire dal 1969. I
famosi guerriglieri cittadini, i cosiddetti «Tupamaros », sono stati non la
causa, ma una causa del tutto secondaria, o meglio il vistoso sintomo della crisi finale.
Nella terza ed ultima parte del suo
articolo, che ancora vogliamo riportare, il Santini illustra con maggior precisione il rapporto politico fra i Tupamaros e la classe dominante, e termina con alcune considerazioni conclusive.
« Usciti allo scoperto con la tregua
del ’71 per galvanizzare le elezioni del
novembre e appoggiare il Frente Amplio costituito sull’esempio dell'Unidad Popular cilena di Allende, i Tupamaros sono stati sconfitti alle urne.
Una sconfìtta dura. Il paese ha continuato a credere che bastasse espellerli per risolvere la crisi. Ha continuato
a credere che i Tupamaros fossero dei
corpi nocivi ed estranei, e non gli anticorpi d'una grave malattia. Il fronte
popolare uruguayano, appoggiato dai
Tupamaros, ha ottenuto 162 mila voti
che corrispondono alla somma dei voti normalmente riscossi dai partiti di
sinistra. Fra alte accuse di brogli, ha
vinto di stretta misura il partito di
governo, il "colorado", con 575 mila
voti sui 565 del partito “bianco”.
Dopo è stato facile, per l'esercito ormai agguerrito e ben armato, sollecitato dal governo e dall’opinione pubblica, sconfiggere anche nelle strade i
Tupamaros che avevano ripreso l’offensiva in grande stile. Ma subito dopo averli sgomitati e aver scoperto le
loro prigioni del poppalo, i loro nascondigli, i loro arsenali, le loro cliniche,
l'esercito ha fatto proprie le accuse
dei Tupamaros alla classe politica e
dirigente. E a sua volta ha chiesto di
liquidare la corruzione e l’arrivismo
che uccidono l’Uruguay e di procedere
a sostanziose riforme sociali ed economiche. Ha chiesto cioè dall’estrema
destra quello che i Tupamaros chiedevano dall’estrema sinistra.
E ora c’è stato il “golpe” dimostrativo, ora che presidente e governo lavorano all'ombra dei lucidi fucili acquistati per liberarsi dai Tupamaros.
Ed ecco che l’esercito, per bocca del
ministro degl'interni colonnello Néstor Bolentini, dopo aver comunicato
che negli ultimi tre mesi 2228 Tupamaros sono comparsi davanti ai tribunali nùlitari, che altri 55 attendono d’esser processati e altri 321 sono ricercati, ha dichiarato testualmente: "7 Tu
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
pamaros non possono esser considerati dei criminali come lo sono stati
finora. Essi sono il prodotto delle aspirazioni di giustizia proprie di ogni uomo in questa terra. Pretendere di sradicare la sovversione con misure di
forza è un profondo errore. La sedizione non può esser considerata semplice violazione della legalità. È un problema molto più ampio, che esige analisi e studio. La sedizione è un modo
organizzato per imporre con la violenza un certo tipo di Stato, un certo tipo di assetto sociale ed economico.
Questo significa che essa non è che un
mezzo, uno strumento, mentre il fine
sta nel programma dell’organizzazione
che vi ricorre. Se il movimento dei
Tupamaros è andato crescendo, ciò è
dovuto agli errori compiuti in questo
paese. Un movimento nato da sette samurai, che nel 1972 è arrivato a far
tremare l’Uruguay dalle fondamenta,
non è un movimento di delinquenti,
né un fenomeno accidentale”.
Poi Néstor Bolentini ha annunciato:
“Lo stato d’assedio continua”.
L’Uruguay paga dunque con una
svolta autoritaria la sua cecità e il
suo conservatorismo. Il suo errore capitale è stato quello di tutti i paesi
che reagiscono alla contestazione giovanile e operaia con la forza, rifiutandosi di fare un esame di coscienza e
di mutare indirizzo, princìpi, strategie. E le conseguenze di questo suo errore, l’ultimo e il più disastroso d’una
serie molto lunga, si stanno già delineando. La sinistra, che in un primo
tempo pareva dovesse schierarsi dietro il presidente Bordaberry per difendere le ultime garanzie costituzionali, ha deciso di passare dalla parte
dell’esercito. Il partito comunista ha
giudicato positivo l’intervento militare. E la confederazione operaia s'è felicitata con ì generali. Con tale intervento la sinistra mira a far rientrare
il “golpe" e ad attuare le necessarie
riforme con l’avallo dell’esercito. Ma
l’Uruguay, intanto, scivola irrimediabilmente verso un regime di tipo romeno che segnerà la fine, certo meritata, d’una borghesia corretta e imprevidente, ma anche quella ufficiale,
in pratica avvenuta da tempo, dell’ultimo paese libero del Sud America ».
Vogliamo da ultimo avvertire i nostri lettori che, personalmente, ci sentiamo di condividere in grandi linee
le opinioni dell’articolista. Ma in alcuni dettagli dissentiamo: per es. là
dov’egli dice che i Tupamaros erano
« gli anticorpi d’una grave malattia ».
Noi parleremmo piuttosto (lo ripetiamo) dei sintomi d’una grave malattia.
LETTERA APERTA
ALL’ON. SCALFARO
if È Stata indirizzata, al ministro
È stata indirizzata, al ministro
della Pubblica Istruzione, dal "Centro Operativo tra
genitori per l’iniziativa democratica
antifascista nella
Scuola” (= COGIDAS) di Torino, e
pubblicata su « L’Unità » del 24.5.’73.
(16.5.’73)
« Signor Ministro,
noi, genitori e insegnanti del COGIDAS di Torino, siamo stati sgradevolmente stupiti da alcune delle dichiarazioni da Lei fatte in occasione dell’intervista da Lei rilasciata nel n. 19 della
rivista “Gente” dell’11 c. Alieni quanto Lei dalla violenza, rifiutiamo la facile identificazione della violenza col
fascismo: esiste infatti, accanto al fascismo del manganello, un ben più pericoloso ed insidioso fascismo occulto,
che non tende apertamente alla sovversione, ma paralizza ed inquina la
vita politica del Paese. A questo fascismo “per bene” pare che si rifacciano
certe Sue dichiarazioni.
A nostro parere, è fuori luogo parlare di tolleranza nei confronti d’individui e di gruppi che della tolleranza
hanno fatto strazio, in tempi lontani
e vicini. È sospetto che parli di giustizia chi sistematicamente nega la giustizia, insabbiando i procedimenti giudiziari, varando le inchieste a senso
unico, dimenticando le promesse, falsificando e mentendo. Chi fa queste cose
può anche non dichiararsi fascista,
può perfino non credersi tale, ma di
fatto è fascista, e spiana la strada ad
una restaurazione fascista.
Non ammettiamo che Lei, e molti
con Lei, definiscano odio quanto in noi
è antica (e insoddisfatta) sete di giustizia. Noi non odiamo nessuno: ma ci
appare strano che, in una Repubblica
nata dalla Resistenza, ad un insegnante sia concesso di dichiararsi fascista
in scuola; che vengano accettati e diffusi libri di testo in cui la storia recente del nostro paese e del mondo
viene abilmente (o rozzamente) travisata, che alle porte delle scuole si
faccia impunemnte propaganda fascista; che giovani additati come “politicamente attivi” vengano minacciati,
insultati, vilipesi e percossi in presenza della polizia, e senza che questa intervenga.
Non crediamo che i nostri tentativi
di opporci a tutto questo possano decentemente essere definiti “un’istigazione a delinquere”: La invitiamo perciò ad uscire allo scoperto, nella sede
e nella forma che Ella vorrà preferire.
La invitiamo a dirci se, in questo paese sostanzialmente antifascista, e fiero
della sua democrazia conquistata a così caro prezzo, la Sua tolleranza e la
Sua equanimità si estendono a tutti i
partiti, a tutte le tendenze, a tutti i
modi d’agire. La nostra equanimità .si
ferma prima: rifiutiamo di accogliere i
fascisti nel gioco e nella tecnica democratica, a cui essi sono per loro ìtatura
estranei, e perciò effettivamente non
(continua a pag. 3)
a dieci colonie interne
Vi è perciò una differenza sostanziale perché nella prima sono predominanti i fattori
etnici, nel secondo quelli politici, e quasi nessun (( stato » attuale nel mondo, è contemporaneamente una « nazione » (taluni sono invece dichiaratamente multinazionali come per
es. la Svizzera e l’URSS), ma quasi tutti includono nei loro confini, oltre alFetnìa majxgioritària, delle etnie diverse, a sé stanti od
appartenenti a un gruppo la cui maggioranza
è inclusa in altri stati; così in Italia abbiamo
dei gruppi tedeschi, francesi, sloveni, greci,
albanesi, occitani, appartenenti ad etnìe presenti in altri stati confinanti, oppure etnìe a
sé stanti come quella friulana e quella sarda.
Basandosi su questo principio, Sergio Salvi
ha scritto il libro Le Nazioni jf^roibite (Vallecchi ed., Firenze 1973), individuando, fra
gli « stati » dell’Europa Occidentale delie
(( nazioni » che sono state, per eventi storici
e politici, soffocate da altre più potenti, che
le hanno fagocitate imponendo ad esse la loro
lingua e le loro leggi. Tralasciando alcuni
gruppi minori (su cui si ripromette un eventuale studio in avvenire) egli prende in e^ame i 10 maggiori gruppi etnici che dovrebbero essere « nazioni » a sé stanti, mentre
sono invece .incorporati in a^rl « stati » di cui
siibi'sconò l’imperialismo linguistico e culturale. Essi sono : (in ordine alfabetico secondo
il nome espresso nella loro lingua): Alba (Scozia), Breizh (Bretagna), Catalunya (Catalogna), Cymru (Galles), Euzkadi (Baschi), Friiìl
(Friuli), Fryslan (Frisia), Kernow (Cornovaglia), Occitània (Occitania), Sardigna (Sardegna).
Questo libro vuol essere, come indica il
sottotìtolo, una « guida a dieci colonie interne
dell’Europa Occidentale », per cui l’A. le ha
descritte; immaginando che esse siano anche
uno « stato » con una capitale : ne descrive
l’origine del nome, il territorio, la popolazione, la lingua, la letteratura, la storia, l’economia e la lotta politica per la loro autonomia (generalmente intesa nel quadro di
un’Europa Unita di « nazioni » e non di « stati »). Rigorosamente documentato, consultando non solo le pubblicazioni che descrivono
queste regioni come parte di stati europei, ma
anche quanto è stato scritto da quanti rivendicano la loro autonomia, consultanto con un
lungo lavoro di ricerca delle centinaia di
pubblicazioni locali di limitata tiratura, spesso
clandestine o semi-clandestine, prendendo
contatto personalmente con esponenti dei movimenti autonomisti. Salvi è riuscito a darci
un quadro aggiornato e vivo di questo « terzo mondo europeo », che vive per lo più in
condizione semi-coloniale rispetto alle etnìe
più forti, teoricamente in posizione di perfetta
eguaglianza con gli altri cittadini dello stato a
cui appartiene, poiché ha il diritto di imparare una lìngua che non è la sua, una storia
che non è la sua e di esser tutelato da leggi
che non sono le sue.
Nel capitolo dedicato all’Occitania, una
(( nazione » di circa 12 milioni di abitanti che
comprende quasi tutto il sud dello « stato »
francese, ma sconfina anche in piccola parte
in Spagna e nelle vallate delle provincie di
Cuneo e Torino, nel citare queste ultime, non
poteva mancare un accenno alla presenza dei
Valdesi, in quanto popolazione occìtana, e anche per il fatto che Valdo, pur essendo originario di una città non provenzale, abbia fatto tradurre l’Evangelo in provenzale (occitano
o lingua d’oc) che era la lingua di cultura
dell’epoca. A pag. 507 troviamo un breve
cenno di storia valdese, che, nel contesto di
un’opera di quella mole (oltre 600 pagine),
non poteva che essere brevissimo, ma che ha
il merito di essere storicamente esatto.
Scrittore e poeta, Sergio Salvi, redattore
capo della rivista « Il Bimestre », è uno dei
maggiori esperti per quanto riguarda le questioni relative alle minoranze etniche e sulla
sua rivista, in collaborazione con altri specialisti, ha in corso di pubblicazione tutta una
monografia dedicata al « terzo mondo in Europa », cioè a quelle etnie minoritarie di cui
l’Europa Unita non potrà non tener conto se
vorrà veramente essere una federazione di nazioni indipendente e non una semplice pe.dina
nel gioco imperialista delle grandi potenze
che si vogliono spartire il mondo.
Osvaldo Coisson