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Anno 114 - N. 25
23 giugno 1978 - L. 200
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1® Gruppo bis/70
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DAL CULTO DELLA CONFERENZA DEL MI DISTRETTO
Radiografia di una chiesa
Nella sua pesante umanità la nostra chiesa non è dissimile da quella di Corinto. Ma ugualmente simile è la grazia divina che salva
I Corinzi 1
II
"prima”
di Dio
Contese e divisioni
Il capitolo introduttivo della
I Corinzi si divide in due parti:
i versetti 1-9 e 10-31. Qui l’Apostolo indica qualcosa di decisivo, che avvalora o invalida ogni
nostra riflessione sulle chiese.
È vero, dopo si mettono crudamente a nudo le miserie della
chiesa di Corinto: contese, divisioni, personalismi, costumi
aberranti, pettegolezzi, deviazioni dottrinali e presunzioni. Ma
prima l’Apostolo dice che quella è una « chiesa di Dio », dove
vi sono « santiflcati » e « chiamati », creature che « in Lui sono state arricchite », perché « la
testimonianza di Cristo è stata
confermata » ; e di questo egli
ringrazia il Signore.
La nostra autocritica ha la
sua ottica, la misura, in questo
prima che determina ogni realtà: il disegno di grazia di Dio,
la sua vocazione. Mancando questo apprezzamento i nostri giudizi, anche le proposte, vanno
dal flaccante autolesionismo a
uno sprezzo tutto mondano per
l’Opera di Dio fra noi. Le chiese, dove due o tre si raccolgono
e Cristo è in mezzo a loro, ci sono; e una chiesa è creatura di
Dio, è creazione della sua sapienza e del suo amore: dobbiamo
riflettervi, ed amare intensamente, con gratitudine, quanto il Signore ha fatto, per collaborare
alla edificazione del Corpo di
Cristo, per custodire o ritrovare
la gioia del servizio, per portare la consolazione e la speranza
di chi trasmette una testimonianza della potenza dello Spirito all’opera anche fra noi.
ed è pericoloso costruire dei
mostri sacri e non avere più il
coraggio di guardarli in viso.
Abbiamo pagato duramente, in
particolare lè generazioni giovani, e le comunità si sono impoverite, disorientate, divise
(non sempre tacitamente).
— In questi ultimi anni il dissenso si è coagulato nella TEV.
È una reazione che ci costringe a
fare il punto, a chiederci dove
andiamo : è forse l’aspetto positivo di un movimento peraltro
velleitario e confuso. Il rischio
è di ammucchiare attese ideali
e malumori, proteste evangeliche e altre motivazioni politiche
mascherate, e gettare impietosamente nel cuore delle chiese
una nuova forza dilacerante.
Questa è la nostra chiesa di Corinto, ricca di intelligenti ed eloquenti,
pronta alle contese e alle
divisioni.
Confusione e scarsa
apertura allo Spirito
È vano nasconderci che una
delle ragioni del nostro non avere un medesimo parlare, in una
mente e in un unico sentire, sta
nel fatto allarmante che la comune regola di fede si sta ormai riducendo a un patetico, anzi, equivoco rinvio alla Scrittura — al sola Scriptura — variamente e liberamente letta da
credenti impegnati e no. Da decenni manchiamo di una catechesi comune, ed è comprensibile. Se ci chiedono: ma insomma cosa credete? che volete?
possiamo supporre risposte di
una varietà sconcertante e, per
finire, debilitante. Guardate ad
alcuni degli argomenti dibattuti
da Paolo per i Corinti, e vedete se non ci appartengono.
— Anni fa ci siamo impegnati
in una disputa battesimale; con
la migliore delle intenzioni, per
dare efficacia all’assunto abbiamo cominciato con lo screditare la confermazione. ì: stato
saggio? Certo, per coerenza dovevamo portare avanti, a livello
di testimonianza anche fuori delle-chiese, un discorso sulla conversione, sulla nuova nascita, di
cui il battesimo sarebbe stato
segno e corollario. Ma qui tutte
le inibizioni antifondamentaliste, anti-revival, ecc. hanno fatto massa, e tra Pietro, Paolo e
Apollo, ci siamo bloccati. L’approfondimento, o il rinnovamento, della nostra teologia dei sacramenti — poiché l’Apostolo
tratta poi anche della Santa Cena — per la base comunitaria
non è stato positivo; e non ha
destato l’appassionato invito alla conversione rivolto a coloro
che vorremmo, pure, insieme a
noi nella Comunione.
— Ci preoccupiamo del culto,
senza avvederci che siamo in
una situazione capovolta rispetto a quella di Corinto. Là si
trattava di dare ordine a una
vitalità traboccante, a una comunità caotica ma comunque intensamente ricca di presenze attive; noi invece ci affanniamo a
voler rompere i cristalli delle
nostre liturgie, in chiese addomesticate dalla tradizione e acquiescenti (o indifferenti) a ogni
trovata. Vogliamo ridare vitali
La lezione di M. L King
« Vi supplico di
tessere sempre indignati ».
Questo motto
di Martin Luther
King (che compare in testa al libro di Camilla
Cederna, Giovanni Leone, la carriera di im presidente) ripropone
a 10 anni dal suo
assassinio una linea di azione in
cui la costante indignazione per le
ingiustizie, le disonestà, le ipocrisie, non è mai scaduta a violenza
vendicativa, né è
mai degradata, in
amara rassegnazione, ma è rimasta testimonianza di una forza creativa nonviolenta fondata sulla fede in Gesù Cristo. A p. 5 un profilo di Martin Luther King.
tà ai nostri culti comunitari, e
le nostre sperimentazioni fanno
pensare a un disporre dei frammenti anatomici. La nostra intelligenza scrive sulla carta liturgie, con un po’ di abilità dettiamo nuovi formulari o ne recuperiamo di antichi, e poi ci
gingilliamo a traslocare le suppellettili del luogo di culto, a
preordinare lo svolgimento della scena liturgica... Ma l’unica
forza creativa che fa vivo il culto, lo inventa, è lo Spirito Santo. Esso dà vita alle ossa secche, esso solo è energia comunicante. Il nostro impegno, appassionato e patetico, non crea la
vita del culto che è dono del Signore, presenza invocata e recepita.
— L’indeciso contorno del contenuto della fede che dobbiamo,
vogliamo, testimoniare ha una
riprova nell’annunzio della resurrezione. Insomma, questo
Gesù di Nazareth è risorto dai
morti o no? la sua resurrezione,
è o non è il nucleo pregnante
della fede, della predicazione?
Se questo fatto è obliterato, la
speranza cristiana non ha senso,
e vano come un castello di carta è testimoniare la fede nella
vita, nella redenzione, nella potenza di Dio che riconcilia in
Cristo. Eppure, quando troppa
sapienza umana nasconde dietro
uria cortina fumogena la tomba
vuota, allora viene da confessare umiliati che è cosi, noi siamo i più miserabili di tutti gli
uomini, se non altro perché camuffiamo la nostra non-fede,
non abbiamo, il franco coraggio
da dissentire non solo su come
sta scritto, ma su quanto sta
scritto.
IL PAESE DOPO I REFERENDUM
Ma quella di Corinto era anche questo: una comunità sconvolta dalle divisioni, dai personalismi corroborati da intelligenza e linguaggio fluente. L’Apostolo non osserva il fenomeno con distacco, ci lavora dentro senza peli sulla lingua, impietosamente, forse. Ciò non ci
riguarda?
— I personalismi non sono labile fraterno pettegolezzo, quando coagulano opinioni diffuse,
quando investono la dottrina e
mettono in gioco la stessa ragione d’esistere delle chiese; quando combaciano con ambizioni e
frustrazioni, e provocano lo scadimento delle nostre assemblee
— da quelle locali, di base, alle
assise sinodali — a copie conformi della penosa sedicente democrazia parlamentare che sgoverna il paese.
— Il rinnovamento teologico
che genericamente diciamo ’barthismo’ ha operato nelle nostre
chiese a partire dagli anni ’30.
Apprezzato prima dagli intellettuali evangelici, ha trovato spazio nelle comunità per il suo
biblicismo, per la coerenza del
suo insegnamento ecclesiastico.
Ma nel dopoguerra — prima
malgrado l’iniziativa del centro
ecumenico di Agape, poi con
Agape — al privilegio del rapporto tra comunità credente e
società civile è subentrata una
forzatura evidente della teologia politica. E stata una esperienza tormentata per tutti, anche per chi l’ha portata avanti;
La marea dell’indignazione
Questa è la nostra chiesa di Corinto, impelagata
in problemi sacramentali
e di culto, confusa nelTesprimere un messaggio
univoco, tarda a rendersi
disponibile all’opera dello
Spirito Santo.
Una marea di indignazione sta
crescendo nel Paese. Non è in
primo luogo un movimento politico, quanto piuttosto un movimento morale. Se la clasise politica non ne terrà conto si troverà
ad esserne travolta.
Non intendo con questo sottovalutare gli aspetti politici degli
avvenimenti di questi ultimi
giorni. Il risultato del referendum sulla legge Reale, quello
più « politico », ha tutta la sua
importanza nel fatto che i « sì »,
seppur non sono giunti a mettere in questione il quadro politico, hanno tuttavia raggiunto
una consistenza tale da coistituire una spina nel fianco della
« grande coalizione » e una inderogabile esigenza di definire in
termini giusti, efficienti e complessivi la questione deirondine
pubblico.
Ma è l’altro referendum che si
presenta come espressione della
marea montante deH’indignazione. Certo, politicamente, non
è omogenea. Ma non basta consolarsi dicendo che questo voto
è espressione « di qualunquismo,
di faciloneria, di stacco dalla
realtà » (La Stampa, 13.6), o parlare sì di diffidenza e di protesta
ma anche — con una certa dose
di disprezzo — di « scarsa informazione dell’elettorato nei riguardi delle componenti politi
che organizzate » (Il Popolo, 13
giugno). Non hanno votato « sì »
soltanto i qualunquisti e gli ignoranti del Sud: hanno voluto essere qualunquisti e ignoranti —
se si vogliono usare questi termini — anche tanti operai di,
Torino.
In realtà mi pare appunto che
il significato dei « sì » a questo
secondo referendum, non riducibile ad un denominatore comune politico, abbia una stessa
matrice morale, rindignazione:
per la disonestà, la corruzione, il
clientelismo, l’inefficienza, il burocratismo, l’arroganza, l’indifferenza, il cinismo, per tutto ciò
che tutti concordemente da tempo condannano e a parole intendono eliminare, ma che in realtà
rimane tranquillamente al suo
posto, col ghigno dei fratelli Lefébvre che escono tranquillamente dal procesiso Lockheed comprando la libertà "provvisoria”
per un tozzo di pane, o col sorriso sereno del giudice Giacchi
che essendo a loro legato non
sente minimamente il dovere di
dimettersi e se ne resta tranquillamente sulla sua poltrona di
giudice costituzionale.
Ma la tranquillità di sempre
ha avuto un brusco risveglio.
Giovanni Leone — questo presidente che è riuscito a farci vergognare di essere italiani — ha
dovuto fare le valige nel giro di
48 ore. Sono convinto che la
spinta che lo ha sbalzato dalla
poltrona presidenziale — iniziata col libro di Camilla Cederna
« Giovanni Leone, la carriera di
un presidente » e culminata nella serie di articoli dell'Espresso
— di nuovo è stata non tanto politica quanto morale. Anche Camilla Cederna e Gianluigi Melega, insieme ai loro collaboratori,
sono parte della marea dell’indignazione popolare. E se pure
questa spinta è partita da lontano, non a caso è sull'onda delril giugno che i partiti hanno
capito di non poter alzare una
ennesima diga di omertà e di
baratti.
L’indignazione popolare non
ha molte occasioni per esprimersi, ma non per questo essa è meno potente. Ne sapranno tener
conto i partiti, o si tufferanno a
testa bassa nei giochi di equilibrismo e di potere, di corsa al
Quirinale e di immobilismo politico e morale? Da tempo la parola crisi è il connotato fisso
della fisionomia italiana. Ma
questa volta se essa non assume
il suo significato originario di
scelta, se i partiti non si lasceranno costringere a scelte diverse da quelle che indignano, la
prossima volta sarà il fuoco.
Franco Giampiccoli
Poveri dì realtà
autenticamente
nostre
Altri motivi di fondo, potentemente espressi da Paolo nella
sua lettera ai Corinzi, ci richiamano alla nostra situazione:
— La'chiesa non è, e non vuol
essere, una sorta di ghetto separato dal consorzio umano: Paolo infatti considera a più riprese la realtà dei credenti nel mondo, e lo fa in rapporto ai devianti cristiani, agli ebrei ed ai pagani. Anche noi abbiamo il problema di come comportarci di
fronte ai vari cattolicesimi romani ed ai loro esponenti, ma
lo risolviamo in cento modi e
nessuno, raramente esenti da
equivoci. Diamo la sensazione
di non avere un messaggio alternativo, talvolta siamo scambiati per anticlericali, altre per
pudichi romanizzanti;' resta comunque il fatto di un esasperato individualismo, conforme alla nostra frantumazione teologica.
E il problema di Israele? Sembra alle volte che le radici di un
certo antisemitismo cristiano
stiano in una sorta di insofferenza teologica per la sopravviLuigi Santini
(continua a pag. 3)
L
2
M giugnu
RIUNITA AD ECUMENE LA CONFERENZA DEL III DISTRETTO
Una verifica annuale
La ricerca da parte della Chiesa locale di una nuova consapevolezza _ dell'essere comunità;
un'analisi critica ma non masochistica della crisi determinata
dalla fase di transizione della società in cui siamo inseriti; l’esigenza di ima linea più coerente
verso le diverse componenti del
mondo cattolico; l'individuazione dei motivi del graduale ma
generalizzato allontanamento dei
giovani dalie comunità; la .i^alu-.
taziofje, dèlie iniziativi’ di,servi- ''
zio dei centri comunitari e della
nuova apertura verso il quartiere e la città degli Istituti operanti nel Distretto: questi i momenti centràli d^l'ampio dibattito
della Conferenza Distrettuale Che
si è svolta ad Ecumene sabato
27 e domenica 28 maggio presenti 46 delegati, :
La Conferenza ha così nettar,
mente privilegiato i temi e gli
interrogativi di fondo sulla vita
delle chiese rispètto alle questioni amministrative e organizzative che pure sorib istituzionalmente compito del Distretto. Ci è
sembrata una scelta molto positiva, che qualifica iil modo più
preciso e ^completo il senso di
queste assemblee annuàli come
momento di verifica complessiva
della Commissione stessa. I numerosi Ordini del giorno, che
pubblichiamo a parte, definiscono e chiariscono alcuni degli impegni assunti dai delegati e,
in taluni casi, testimoniano (co
me ad esempio quello sul disarmo) l'interesse dedicato dalla
Conferenza a taluni dei grandi
temi che caratterizzano il momento storico nel quale viviamo.
Fulvio Rocco
Durante
i lavori
della
Conferenza.
In primo,..^. ,
(pia,nó i 4*^.7'
i pastori
Gianna
Sciclone e
, Davide
Cielo.
e non di semplice adempimento
burocratico. L'orientamento dato alla discussione dalla relazione della Commissione Esecutiva
Distrettuale e dai rilievi mossi
dalla Commissione d’Bsamè è
stato senza dubbio favorito dalla composizione mólto articolata
e dalle caratteristiche geografiche particolari del III Distretto,
nel quale coesistono e si confrontano realtà comunitarie socialmente, strutturalmente e culturalmente molto diverse.
*t<'
PROTESTANTESIMO IN TV
Quale è stato ed è lo spazio della
donna nelle chiese evangeliche in
Italia?
Sulla 'base della trasmissione che
il 2 giugno è stata dedicata a questo tema dal punto di vista storico
e culturale, si può affermare ohe,
fondamentalmente, la situazione
della donna nelle chiese evangeliche riflette quella della donna nella società.
Anche le chiese quindi, hanno
una parte di responsabilità nella
diffusione dell’emarginazione della
donna e quindi dell’antifemminismo. Non sono mancati a questo
proposito dei riferimenti suU’errata interpretazione fatta in passato
vangeliche e nella società, in teoria può fare tutto, ma nella pratica ciò può sempre avvenire?
A questo prop<»ito ricordo le
numerose perplessità delle studentesse intervistate alla Facoltà di
Teologia.
Riprendendo il problema iniziale, mi chiedo se sia possibile impostarlo tenendolo in considerazione solo nel contesto delle chiese
evangeliche, quando esso riemerge
in tutti i settori della società. La
donna infatti oggi, nella società e
nelle chiese evangeliche opera a
condizioni paritarie con l’uomo ma
in strutture concepite e fatte per
uomini; però come scrive il teolo
Donne nella chiesa
di alcuni passi biblici e si è ricordato che qpieste interpretazioni,
più che di fedeltà al Vangelo, risentono di condizionamenti culturali.
Ai di là di questo orientamento
generale, nelle chiese evangeliche
si sono rinvenuti alcuni esempi diversi: nel Medio Evo infatti, quando inizia il movimento valdese, vediamo predicare non solo gli uomini, ma anche le donne, e a questo
proposito è importante non dimenticare che gli inquisitori accusavano questi movimenti anche per la
libertà di predicazione che questi
coneedevano alle donne; alla fine
del secolo scorso, con il Risveglio,
la donna esprime la propria vocazione nella predicazione e in varie
altre attività di servizio.
Si comincia però a discutere concretamente, nella chiesa valdese,
della idoneità della donna al servizio pastorale, nel Sinodo del 1948
ma solo nel 1962 le viene riconosciuta la piena validità del ministero pastorale.
Oggi la donna, nelle chiese e
go Jean-Marie Aubert nel suo libro « Antifemminismo e cristianesimo », « l’umanità soffre di questo suo orientamento unidimensionale, del suo monosessismo, della
sua strutturazione maschista ». E,
continua « Il problema non è di
renderla femminista e di instaurare
un moderno matriarcato, ma semplicemente di renderla più umana ». L’Aubert ritiene inoltre che
le qualità delle donne, rimosse
sotto la costrizione virile e riservate al settore privato familiare,
debbano essere messe a disposizione dello sblocco della società.
Attualmente questo sblocco si
concretizza in alcuni ambiti sociali soprattutto attraverso forme assembleari; questa partecipazione è
al suo inizio : è importante che
anche le chiese evangeliche trasferiscano nel proprio anAito un
maggiore dialogo, perché esso è una
buona base per consentire loro una
apertura a nuovi spazi di libertà
culturale.
Carla Negri Adamo
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Ciò non isignificà tuttavia che
si sia trascurata l’aijalitsi degli
aspetti finanziari b orgahizzàtivi
della vita delle chiese operanti
nel Distretto. Basterà pensare
all'attenta riflessione e alle decisioni prese sul tema delle contribuzioni e all'ampia discussione sui modi più efficaci di collaborazione a questo settimanale,
intesa non solo come contributo
alla diffusione ma . anche come
attività redazionale. « La Lùce »
è stato concordemente definito
dalla Conferenza uno « strumento indispensabile di testimonianza e di collegamento delle comunità valdesi e metodiste ».
La Conferenza Distrettuale ha
rieletto Davide Cielo presidente
della CED e Fulvio Rocco vicepresidente. Gianna Sciclone, Domenico Aquilante e Marco Ricca
sono stati chiamati a far parte
Dagli atti della Conferenza
• La Conferenza del 111 distretto,
riunita a Ecumene il 27-28 maggio
1978 chiede alle singole chiese del
distretto di analizzare la realtà locale, per Individuare gli: spàzi ^e' | '
metodi più idonei per una testimo
^ niahza cfllübile nella situazione at" tuale, ed inviare le relazioni alla
CED, entro il'’: mese di febbraio'"79.
>Cl\iedè alla^ CED, |dopo aver ràcraltó
il .qiaterialè già ésistente, copve-^
care d'intesa con i CC entro il mese
di aprile '79 un convegno suH'argomento.
• La Conferenza Invita i circuiti
a organizzare con ' la collaborazione
del Servizio Istruzione Educazione
degli incontri tra i responsabili
deii'istruzione religiosa nelle chiese
assieme ai catecumeni per un confronto e una riflessione sui metodi
ed i contenuti in atto in riferimento al problema giovanile.
• La Conferenza auspicando che
l'art. 29/SI/75 venga responsabilmente applicato, chiede alla CED di
curare maggiormente i contatti con
i cassieri e I consigli delle chiese vaidesi del distretto per poter discutere la reale situazione contributiva
delle chiese e presentarla quindi alla
Tavola avendo una conoscenza diretta del problema.
• La Conferenza convinta che il
problema della contribuzione è un
aspetto non trascurabile del problema stesso della fede,
— chiede ai consigli di chiesa vaidesi di adoperarsi maggiormente a
sensibilizzarp ^ ogni ; credènte su ta\
le argomento afFìriché ciascuno possa
e vo^ia responsa^mente indicare
in modo esplicito il proprio impegno
contributivo nello spirito delle no-"
stre\normìutive per-i membri comV"'
gnicapti'^jjè." 2 .art. 2dK
^ La Conferenza, nella consapevolezza che la corsa agli armamenti ha
raggiunto livelli tali da rendere problematica in ogni momento la sopravvivenza dell'umanJtà, valutando
con estrema preoccupazione il progressivo deteriorarsi della situazione internazionale e l'estendersi dei
conflitti in atto ( Africa, Medio
Oriente, ecc. ), chiede alla sessione
congiunta della Conferenza metodista e del Sinodo valdese, di proporre alle chiese una attenzione
particolare e permanente ai problemi del disarmo, della pace, della
nonviolenza, dell'obiezione di coscienza, prendendo contatto col movimenti e le organizzazioni che lottano per la pace e la nonviolenza.
Questa attenzione dovrebbe avere
come finalità non soltanto una maggiore informazione su questi problemi ma anche di rendere le chiese
stesse centri promotori per la pace
e il disarmo.
FORANO
• Durante l'anno è stato completato Forganico del Consiglio
di Chiesa, con la nomina di
Mauro Scarinci, Anziano, e di
Franco Balducci, Diacono.
• Il 9 aprile abbiamo avuto la
gradita visita del prof. A. Sog
Campi
estivi
Centro Evangelico
Battista
Rocca di Papa
— 12-28 luglio: I rapporti internazionali (12-15 anni); quota L. 45.000.
— 30 luglio - 10 agosto: Campo
musicale (10-15 anni). Quota
L. 30.000. - Un canzoniere per
la nostra fede. - Campo organizzato in collegamento con
il Servizio Istruzione Educazione della Federazione.
— 12-28 agosto: Il rinnovamento del culto (campo autogestito per famiglie. Quota L.
2.000 giornaliere (bambini
1,200) più spese vitto ripartite tra i partecipanti.
Informazioni e iscrizioni: Lu* ca Negro, Centro Ev. Battista, v.
Vecchia di Velletri, 26 - 00040
Rocca di Papa (tei. 06/9499014).
Centro Ecumenico
« L. Menegon »
Tramonti di Sopra
— 16-25 luglio: L’inserimento
dei giovani nella loro realtà.
Il tema sarà sviluppato con
la collaborazione dei partecipanti.
Campo organizzato dal gruppo EGEI di Pordenone.
Quota L. 45.000. Età: dai 15
anni in su.
Informazioni e iscrizioni entro il 30 giugno presso Giuseppe Tuccitto, viale Grigoletti 5,
33170 Pordenone unendo L. 5000
di caparra.
gin e della sua gentile signora,
per presiedere il culto dedicato
alla Facoltà di Teologia. Ringraziamo il prof. A. Soggin per il
suo messaggio.
• Secondo l’impegno preso tra
la Facoltà di Teologia ed il Consiglio di Chiesa, il venerdì, di
ogni settimana due o più studenti sono venuti a Forano per
ritrovarsi giovani tra i giovani
nei locali della nostra Chiesa
per incontri culturali di carattere vario e scambio di opinioni. Siamo convinti che questi
incontri (che ci auguriamo si ripetano nel prossimo anno) oltre
che essere utili, abbiano contribuito a dare una maggiore conoscenza di quelli che sono i
problemi dei giovani oggi.
• Desideriamo ringraziare gli
studenti ; Renata Germanet,
Gianni Genre e Giuseppe Della
Torre per avere in varie occasioni presieduto i culti domenicali in assenza del pastore. La
comunità ha molto apprezzato
la loro maturità e la loro preparazione.
• Durante il periodo invernale,
fedeli all’appuntamento del venerdì! sera, un piccolo gruppo
di membri di Chiesa si sono ritrovati insieme per meditare e
per studiare le circolari proposte dal Sinodo e dalla Conferenza metodista alle varie Commissioni e particolarmente su :
Il progetto di Regolamento sui
ministeri e su: Relazione della
Commissione « Educazione e fede ». ( Il problema specifico della Catechesi, Scuola Domenicale
e Catechismo). È stato fatto un
buon lavoro.
• Ancora una volta ci siamo ritrovati al Cimitero per dare l’ultimo saluto ad un caro fratello
in fede. Il 2 maggio ci ha lasciati alla età di anni 81 Torquato
Scarinci. Con lui, ultimo di 11
figli di cui faceva parte l’Evangelista Giuseppe Scarinci, si
estingue la famiglia. Il fratello
scomparso lo hanno ricordato il
pastore Cappella ed il prof. Paolo Ricca (che per l’affetto che
lo legava allo scomparso ha voluto partecipare al funerale) per
la bontà e la dolcezza del suo
carattere e più particolarmente
per la sua fede incrollabile in
Gesù Cristo suo Salvatore.
Una raccolta di liriche
ai nuovi abbonati
Una sorella di Pachino ci scrive esprimendo stupore per il limitato numero degli abbonati,
dal momento che il giornale «oltre ad essere la voce della no
stra Fede è anche il legame delle nostre chiese ».
Volendo quindi dare il proprio aiuto alla diffusione dell'Eco-Luce, Maria Glardina Calogero ha pensato di offrire una
copia di un volumetto di liriche
(qui a fianco un esempio) ai primi 100 nuovi abbonati che sottoscrivano un abbonamento semestrale luglio-dicembre 1978,
Riproducendo una di queste liriche esprimiamo la speranza che
molti altri lettori ciascuno nel
suo ambito si impegnino
come questa nostra sorella per
la diffusione del giornale.
Il grido di Lui
Sempre uguali
siamo stati
caro Fanciullo hippy,
noi, Lui e la carne!
la carne che istiga e perde,
la carne che imprigiona e tortura
la carne che illude ed inganna
la carne che piange e delira,
e s’esalta, e canta e non ode!
Sotto il sole stupito
il grido di Lui
chiama, richiama,
chiama, richiama:
« La carne non giova a nulla
è lo Spirito quel che vivifica! ».
E tu,
caro Fanciullo hippy
odi il Suo grido,
il grido di Lui?...
Abbonamento semestrale 1. 4000
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23 giugno 1978
DAL CULTO DELLA CONFERENZA DEL 111 DISTRETTO
IN PREVISIONE DELLA RIFORMA RAI-TV
Radiografia di una chiesa II diritto di accesso
a iiveilo regionale
(segue da pag. 1)
venza del popolo dell’Antico
Patto. E agli atei del nostro tempo? Preferiamo insegnare come
si gestisce un sindacato o come
si fa politica; oppure facciamo
loro capire che sono tanto cattivi e stupidi, perché sono atei.
È tutto? Nel pieno d’una ripresa di ’religiosità’ all’insegna delle paure, nel vuoto ideale lasciato dall’appiattimento delle ideologie, noi evangelici non abbiamo da dire nulla?
— Ma un discorso aperto, un
confronto tra le chiese e la società, vuole un tipo di comportamento; non per caso l’Apostolo mette a fuoco problemi di
etica sessuale, di diritto legale,
di costume. Oggi, cosa sappiamo dire di chiaro, distintivo, alla nostra generazione? I fantasmi della violenza sono tra noi,
una comunità popolare fondata
sul lavoro offre disoccupazione
e faccendieri, sfaticati che frodano il salario ; dobbiamo pur
dare un contributo alla rinascita
del paese, anche nei piccoli fatr
ti che fanno resistenza di semplici cittadini come noi; quando
lo facciamo, si sentono gli echi,
non troppo lontani, di arruffate
scalmane radicaleggianti piuttosto che di etica protestante.
Questa è la nostra chiesa di Corinto, dove un rapporto è impossibile perché mancano realtà autenticamente nostre, dove
su tutto discettiamo ma
su ben poco osiamo por
tare avanti un impegno
costruttivo e autonomo.
Ministeri sviliti
o soffocanti
Passa attraverso le pagine della I Corinzi un richiamo che
concerne ogni persona; il primato della vocazione di Dio,
una vocazione che si accompagna a doni e responsabilità particolari. Certo, si tratta dei ministeri.
— L’Apostolo si difende da
pettegolezzi e accuse; un fatto
resta fuori discussione: anche a
lui è stata affidata la missione
di Dio, egli è Suo ministro nella chiesa. È una lettura che proponiamo ai fratelli, quando a
un presunto clericalismo evangelico contrappongono un assemblearismo pretestuoso. Nonostante quanto anche fra noi si
è detto e fatto per ’’ridimensionarlo”, il ministero resta, Dio
chiama ancora con una vocazione particolare; dei piccoli uomini qualunque vivono questa
esperienza eccezionale della misericordia, della carità di Dio.
E le chiese chiedono dei pastori. Non degli esperti in salvataggio d’anime belle o in agitazione e propaganda politica; chiedono dei pastori, che amino l’Opera di Dio più della famiglia
naturale e della carriera mondana, che siano poveri ed arricchenti molti.
— Ma quello pastorale è uno
dei ministeri, che sono tanti
Legge sull’aborto: diverse prese di posizione
Contro il sabotaggio
L’appello della gerarchia cattolica rivolto a medici ed operatori sociali a praticare l’obiezione di coscienza contro la legge dello stato che permette la
pratica dell’aborto, è stato considerato come un nuovo e grave atto di ingerenza nei problemi dello stato italiano, in questo caso contro una legge approvata in parlamento, nel tentativo di annullare la legge con l’appello a praticare l’obiezione di
coscienza in massa.
Questo singolare invito che il
papa e la gerarchia cattolica in
altre occasioni non hanno saputo indicare ai credenti con altrettanta puntualità sta suscitando in tutto il paese larga adesione del personale medico
ma al tempo stesso un rinnovato impegno a sostegno della
legge dello stato. Le iniziative
popolari in favore dell’esecuzione della legge dello stato hanno
spinto in secondo piano le critiche e le polemiche sui contenuti della legge in vista di una unità di lotta perché ora non venga
espropriato quel terreno conquistato dopo lunghe battaglie
e che può permettere il perfezionamento di una legge quanto
mai delicata.
Fra le voci sorte in difesa
dell’applicazione della legge segnaliamo l’appello lanciato dal
settimanale COm-Nuovi Tempi e
sottoscritto da infermiere, medici, operatori sociali, insegnanti e teologi affinché il personale medico non si astenga dal
servizio richiesto dalla legge
dello stato. Nell’appello si afferma : « ...Non possiamo ignorare
che la propaganda all’obiezione
di coscienza... tende non a salvaguardare i diritti dell’obiettore di coscienza, ma a svuotare la legge paralizzandone l’attuazione ». L’appello conclude :
«Anche noi siamo contro l’aborto, ma non contro una legge
che nasce per opporsi alla realtà brutale dell’aborto, strumento magari inadeguato, ma per
ora indispensabile. Gli strati più
umili ed indifesi della popolazione da secoli subiscono l’aborto; oggi è tempo che i santuari
delle coscienze dei medici è dei
ginecologi siano raggiunti e turbati dal grido delle donne fino
ad oggi soffocato. Questa voce
crediamo si debba ascoltare oggi, proprio come cristiani che il
Vangelo muove a collocarsi ac
canto agli ’’ultimi”, molto più
di quello delle autorità sempre
e solo preoccupate degli aspetti
ideologici e politici dei problemi ».
Due altre prese di posizione
sono quelle diramate dal Comitato Esecutivo dell’Unione delle Chiese Battiste in Italia e
dall’assemblea della Federazione regionale delle Chiese evangèliche della Lombardia e Piemonte orientale.
Il documento battista afferma ; « Riterremmo giustificato
l’atteggiamento dei medici che
rifiutano di intervenire per motivi di coscienza — dice il comunicato — qualora tale facoltà
fosse concessa con uguale prontezza anche in altre circostanze,
come nel caso del servizio militare e qualora essa non servisse a mascherare grossi interessi speculativi ». Il Comitato Esecutivo battista esprime la propria solidarietà cristiana verso
tutte quelle donne che si trovano costrette a fare la traumatica scelta dell’aborto e invita i
credenti a lottare perché la società attui, attraverso il potenziamento dei consultori e con
tutti i mezzi di informazione,
un’efficace propaganda per la
realizzazione di una procreazione responsabile.
L’assemblea regionale EGEI,
dopo il rifiuto della posizione
assunta dalla gerarchia cattolica
« Rispetta il valore dell’obiezione di coscienza, che ha sempre sostenuto, in quanto espressione di una libera scelta, mentre
Rifiuta categoricamente l’impostazione ricattatoria che in
questa particolare circostanza
ne dà la gerarchia cattolica, al
fine di paralizzare una legge che
rappresenta il primo tentativo,
sia pure limitato, di tutela e liberazione della donna.
Denuncia questa ingerenza soprattutto per l’ipocrisia che risiede nella pretestuosa preoccupazione di salvaguardare il cosidetto « progetto di vita », nel
moinento in cui, con colpevoli
silenzi e connivenze, si continuano ad appoggiare ovunque nel
mondo, da parte della gerarchia
cattolica, sistematiche violenze
e sopraffazioni nei confronti
della vita, della dignità e della
libertà dell’uomo».
e. g.
quant’è grande l’immaginazione,
l’inventiva dello Spirito Santo.
Ne abbiamo catalogati e diplomati alcuni, di questi ministeri
dei quali si parla come di cosa
tutta nuova, invenzione di questo ventesimo secolo cristiano.
In realtà abbiamo un solo ministero: quello di dottore, specializzato in psicopedagogia o animazione, radiotivvù o canorizzazione, e così via. I più preoccupanti sono coloro che sanno
tutto e fanno tutto, flagello delle chiese, bloccate dal loro accaparramento geloso. E poi
siamo regolarmente surclassati
da poveri cristiani indotti, impreparati, limitati. Perché? Perché in ogni discorso sui ministeri noi diamo per scontato —
diciamolo pure; per risaputo e
noiosamente ripetitivo — il latto che non hanno origine e potenza nelle capacità naturali, ma
nella vocazione di Dio e nel dono dello Spirito Santo. Lo Spirito è dono di spazi creativi, ma
nelle nostre chiese gli spazi sono assegnati secondo criteri assai sapienti, e/o rapinati da
gruppi contrapposti.
Questa è la nostra chiesa di Corinto, dove il ministero per eccellenza —
quello della Parola — è
sconsideratamente svilito
e strumentalizzato per interessi faziosi, dove i ministeri non vivono nella
potenza della Pentecoste
e gli spazi per l’azione sono gestiti senza riguardo
per gli altri cooperatori,
membra del Corpo del Signore.
Carità
e riconoscenza
Cari fratelli, abbiamo visto
che la lettera dell’Apostolo si
apre avvertendoci dell’unica possibilità che abbiamo di dare legittimità e correttezza alla nostra analisi : una lieta, riconoscente consapevolezza del fatto
che Dio ha chiamato, convocato, la chiesa locale, creatura
della grazia, amata dal Signore
e degna di essere da noi amata
profondamente, come madre comune. Ora, verso la conclusione
dello scritto, abbiamo quel celebre cap. 13 conosciuto come
l’inno alla carità. Lo abbiamo
letto tante volte, negli ultimi
decenni. Non lo commenteremo
adesso; ma ognuno se lo rilegga, magari come una esposizione della sapienza da un punto
di vista evangelico.
Forse nella applicazione della
I Corinzi alle nostre chiese vi
sono state forzature e genericità, è venuta meno proprio la carità. Per questo occorre dire
che fra noi ci vogliono anche: la
teologia politica e la TEV, gli
approfonditi dibattiti sul battesimo, il culto, la resurrezione, il
ventaglio di opinioni sui rapporti col cattolicesimo romano, gli
ebrei e gli atei religiosi e no, le
posizioni diverse sul modo cristiano di vivere nella nostra società, la messa in questione del
pastorato e la qualificazione
tecnica dei ministeri... È carità, è saggezza, dare spazio a
ogni credente che vive la comune vocazione secondo il dono
che gli è proprio; è saggezza, è
carità, difendere questi spazi di
libertà del cristiano ed aiutarci
a tenere a bada chi ha il tarlo
dell’invadenza che è sempre in
agguato. Ma occorre recuperare, o privilegiare potentemente,
il momento unificante: che è in
Cristo, nella docilità allo Spirito Santo, in un amore che è capace di solidarizzare col fratello obbediente a scelte operative
che non ci sono congeniali, che
discutiamo. Dov’è Cristo le personalità e le chiese acquistano
una vita autentica, dove è lo
Spirito non vi è livellamento,
appiattimento. E cOsh, lasciate
che questa riflessione — molto
meno amara di quanto le parole possano far credere — si chiuda con la lode e la riconoscenza al Signore, che nella sua sapienza ha convocato ognuno di
noi, e ci ha dato dì vivere in una
sua chiesa, creazione della grazia. L. Santini
Per mancanza di spazio rinviamo la pubblicazione del documento conclusivo del convegno sulla presenza evangelica nelle
Radio e Televisioni libere e nella RAI dopo la riforma.
La prossima attuazione dell’assetto regionale della radiotelevisione di Stato, prevista
dalla legge di riforma, offre alcune interessanti e nuove possibilità di partecipazione. Sembra
opportuno attirare l’attenzione
delle federazioni regionali, delle direzioni delle chiese, degli
organismi circuitali e distrettuali delle chiese locali nella opportunità di programmare degli
interventi che consentano, senza dispersione di energie, una
più ampia possibilità di testimonianza.
Le prospettive che si aprono
possono così riassumersi:
A) Diritto di accesso.
Teoricamente a partire dal 1“
gennaio ’79 tutte le 20 sedi regionali della RAI dovrebbero disporre di « spazi » televisivi e
radiofonici da gestire in modo
totalmente autonomo nell’ambito della terza rete. Secondo la
legge dovrebbero attuare anche
il « diritto di accesso » con modalità analoghe a quelle già applicate in sede nazionale. Come
si sa il « diritto di accesso » riguarda, fra l’altro, le « confessioni religiose » comunque esse
istituzionalmente si presentino
(gruppi, chiese, associazioni,
ecc.). Pertanto si tratta di indirizzare alle singole sedi regionali la richiesta, seguendo di massima lo schema allegato, di fruire di tale diritto. Consigliamo,
ove possibile, allo scopo di una
certa omogeneità di impostazione, di presentare le domande
come « Federazioni regionali
evangeliche » o, in alternativa,
come organismi settoriali e rag
gruppamenti di chiese presenti
in una determinata area geografica. Occorre tuttavia tener conto che l’attuazione della terza
rete sarà graduale cominciando
da quelle regioni che già dispongono di un centro di produzione radiofonica e televisiva
funzionante (Piemonte, Lombardia, Lazio, Campania).
B) Diritto di proposta.
Si tratta della possibilità, anch’essa prevista dalla legge di
riforma, di presentare alle stesse sedi regionali, progetti di
programmi culturali da parte
di « gruppi o associazioni » di
qualsiasi ispirazione. Anche in
questo caso, soprattutto laddove la presenza evangelica si manifesta dal punto di vista storico e culturale come più incisiva, si suggerisce di formulare
tali proposte ai responsabili dei
programmi regionali. Occorre
chiarire che, ove le proposte siano accolte, esse comportano la
autogestione non solo ideologica ma anche espressiva e quindi la disponibilità di persone dotate di un minimo di competenza nel campo delle comunicazioni di massa.
C) Diritto di informazione.
Si tratta della opportunità di
organizzare l’invio per quanto
possibile regolare di notizie che
abbiano un minimo di interesse
generale, nella vita e nelle iniziative evangeliche in una determinata zona da inviare alle
« redazioni regionali » della RAI
per inserirle nei gazzettini informativi quotidiani e nei settimanali radiofonici e televisivi
regionali.
Un occhio alla TV e un orecchio alla radio
L'aborto allo specchio
Una delle trasmissioni radiofoniche della rete nazionale che mi
soddisfa di più perché mi ha fatto
udire spesso qualche cosa di valido
è quella che va in onda sul terzo
programma dal lunedì o martedì,
secondo le settimane, al venerdì,
dalle ore 10 alle 11,30 intitolata
« Dentro lo specchio ». In essa
vengono trattati argomenti di attualità con l’intervento di persone,
uomini e donne preparati, intervistati da Mariella Gramaglia. La
prima parte (10-10,45) si svolge
soprattutto su un terreno socio-politico e la seconda (11-11,30) su
un terreno culturale. Durante la
trasmissione si può telefonare direttamente per intervenire o porre delle domande.
In questa trasmissione da un
po’ di tempo si sta parlando della
parità fra uomo e donna intervistando un uomo ed una donna che
spesso lavorano insieme. Lunedì 12
giugno si è trattato del chirurgo
« quasi sempre uomo » e dell’anestesista « molto spesso donna »;
martedì del magistrato « uomo »
ed avvocato « donna »; mercoledì
del manager « quasi sempre uomo » e della segretaria « sempre
donna ».
Naturalmente nella trasmissione a cui hanno partecipato il chirurgo e l’anestesista nelle telefonate ha prevalso subito il problema dell’aborto e la situazione in
cui si trovano parecchie donne anche dopo il voto sulla legge perché,
come è risultato da una telefonata da Matera, in certi posti non si
trova un solo medico disposto a
praticare l’aborto e quelli più vicini lo praticano ancora con il vecchio metodo del raschiamento e
non con il metodo Karman più sicuro.
Di fronte a questi fatti risalta
l’importanza di ciò che ha scritto in
modo cosi chiaro, umano ed evangelico Marcella Gay (EcoLuce del
9-6-’78 ; « Aborto, una violenza da
rendere inutile ») chiedendo un
doppio impegno: lottare per rendere la legge realmente operante e
batterci perché diventi inutile.
Il primo impegno è urgente ; ad
Ivrea il primario di ginecologia
non ha praticato neanche l’aborto
terapeutico per una donna già madre di tre figli (sette cinque e due
anni) con il marito immigrato dalla Sicilia e da qualche tempo disoccupato, la quale, dopo aver saputo di essere di nuovo incinta,
aveva tentato di suicidarsi. Il fatto è stato citato anche da Mariella
Gramaglia nella trasmissione del
12 giugno e dalla Stampa del 2
giugno. Questo avvemva pochi
giorni prima dell’entrata in vigore
della legge sull’aborto però si trattava di aborto terapeutico il solo
che anche adesso il primario concede di praticare nel suo reparto a
due medici disposti a farlo. Questo
è solo un esempio avvenuto nella
città in cui vivo e che ha suscitato nuove e prevedibili polemiche (perché c’era già stato un caso precedente) ed interventi dell’U.D.I. Questo impegno è grosso
e bisogna muoversi presto per fare
rispettare la legge in favore di situazioni dolorosissime e difficili
per tante donne.
D’altra parte, l’altro impegno
per far si che la legge non sia più
necessaria è per me, ancora più
importante. Certo questo è un lavoro più difficile, capillare, informativo e formativo a lunga scadenza, qualcuno potrebbe dire anche utopistico. Utopistico sì, se
crediamo solo alla « durezza dei
nostri cuori » e non vogliamo credere che Iddio li può anche « cambiare in cuori di carne ».
Termino con una nota personale : non sono una femminista, ma
sono con loro quando combattono
una battaglia che reputo necessaria
anche se dolorosa. Sono per una
collaborazione dell’uomo e della
donna che diventi completamente
reciproco, secondo quanto è espresso nel racconto di Genesi 1: 27.
Con la triplice ripetizione della parola « creò », con la solenne affermazione che Dio « li creò maschio e femmina », l’autore afferma
che l’uomo e la donna hanno pari
dignità e responsabilità.
Elsa Rostan
4
23 giugno 1978
DALLA TAVOLA ROTONDA ORGANIZZATA DAL CENTRO EV. DI CULTURA DI TORINO
1968 - 1978: Cosa è cambiato?
Per una generazione di credenti il '68 ha rappresentato l’occasione per scoprire la propria
identità di fede e di prassi politica - La responsabilità verso la nuova generazione
Riflettendo sul decennio '68-78
per ciò che riguarda l’ambito
delle chiese evangeliche —- e soprattutto l'ambito giovanile —
bisogna osservare che non tutto
quanto è avvenuto in questi anni
è stato diretta conseguenza del
'68. Alcuni fatti importanti avvenuti in questo decennio sono stati il risultato di premesse precedenti. Così il lavoro della Federazione, impostato nei congressi
del '65 e del '67, il processo di
« decolonializzazione» delle Chiese battiste daH’impronta americana, l’integrazione valdo-metodista, le intese con lo Stato. Un
esempio diverso è dato invece
dalla Federaz. Giovanile Evangelica Italiana (FGEI). È chiaro
che anche qui erano presenti linee elaborate in precedenza nei
diversi movimenti giovanili denominazionali e nel Consiglio
della Gioventù. Ma è indubbio
che il modo in cui è nata la
FGEI nel '69 ha risentito del clima del '68. È su questo rapporto
che vorrei imbastire alcune riflessioni.
Nella « contestazione ecclesiastica » del '68 in fondo non si sono dette cose molto nuove, né
particolarmente radicali rispetto agli anni precedenti. C’era abbastanza poco di nuovo nelle cose dette ma era nuovo il contesto
in cui queste cose venivano dette. Quello che qualiflcava cioè
il '68 era il legame preciso con
una prassi ohe si portava avanti
nella società compiendo una analisi di tutte le istituzioni totali: scuola, carcere, esercito, manicomi, ecc. Questa analisi non
potevamo non rifletterla anche
sulla chiesa che avevamo vissuto
come una di queste istituzioni
totali, tendenzialmente repressive, mettendo insieme legami e
somiglianze, ma anche la speranza, che in fondo avevamo
sempre avuto, di una chiesa diversa. Certo avevamo coscienza
che non si può avere una chiesa
ideale in una società non ideale
e che quindi solo modificando le
strutture sociali era possibile
avere una riforma della chiesa,
una chiesa che osa confessare il
proprio peccato in modo autentico.
STORIA DI ERETICI
In questo legame tra teoria e
prassi abbiamo anche riscoperto la nostra storia di eretici, di
evangelici, di protestanti, come
qualche cosa di veramente nostro (cfr. su questo un articolo
molto buono di Francesca Spano nell’ultimo numero di GE). È
di questi anni la riscoperta della
storia protestante, del valdismo
medioevale nei suoi aspetti di
rifiuto della società costantiniana, la dialettica fra Lutero e
Müntzer, il mancato appuntamento fra protestantesimo e proletariato, la polemica del rappor
Comitalo di Redazione : Bruno Bellion. Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto Sbaffi,
Liliana Viglielmo.
Direttore; FRANCO GIAMPICCOLI
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Monealieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
to fra protestantesimo e resistenza ecc. C’è stato in questo
una riappropriazione della nostra storia minoritària e tendenzialmente eversiva, e credo che
questo è un fatto che per noi ha
contato moltissimo.
Un altro fatto legato alla riscoperta della nostra storia vissuta
nella teoria e prassi di quel momento è che abbiamo vissuto
questo nostro essere protestanti
non nel chiuso delle nostre mura, ma all’aria libera incontrando dei cattolici e degli atei. Direi
che prima i cattolici per noi erano quello che noi non siamo, e
dal catechismo in poi di loro
avevamo una visione precostituita: ci importava molto poco di
incontrarli perché sapevamo già
cos’erano e sapevamo già che
noi eravamo il contrario. Qra
invece trovare dei cattolici nel
movimento studentesco, nelle
lotte, nella confusione di allora, e vederli animati da speranze, da volontà uguali o simili
alle nostre, ci ha dato l’occasione di un incontro nuovo molto
importante per gli anni successivi quando sono nate le Comunità di base e i Cristiani per il
socialismo. Un discorso simile
vale per gli atei. Prima gli atei
erano qualche cosa che si studiava ad Agape e in altri pochi posti. Alcuni di noi li avevano incontrati nel mondo del lavoro,
ma per molto tempo avevamo
compiuto l’errore di pensare in
modo ingenuo — e molto più
cattolico che riformato — che
in fondo di atei veri non ce n’é
perché tutti quanti credono in
qualche cosa. Abbiamo scoperto
che l’ateismo è un dato di fatto
da prendere sul serio, che è una
posizione che può avere una sua
coerenza e una sua ricchezza.
Quando nella primavera del
'69 ci siamo ritrovati ad Ecumene per fondare la EGEI con lo
scopo di superare le barriere denominazionali dei piccoli movimenti giovanili valdese, battista
e metodista, abbiamo così scoperto qualcosa di strano e cioè
che tutti quanti, alle Valli o in
Sicilia, a Roma o a Torino o Milano, eravamo stati coinvolti in
questo movimento studentesco,
tutti quanti avevamo svolto più
o meno le stesse lotte in contesti
che si richiamavano fortemente
l’uno con l’altro. E abbiamo scoperto che ci ritrovavamo al congresso di Ecumene non solo come protestanti ma anche come
militanti di questo movimento
che ci era esploso addosso e nel
quale d’altra parte ci eravamo
ritrovati in accordo con la storia ereticale e di lotta del nostro
protestantesimo.
UN NUMERO DI ’’GIOVENTÙ EVANGELICA” NEL DECENNALE DEL ^68
Una «memoria storica» per molti
Il '68 e la contestazione nelle
chiese evangeliche: questo il tema dell’ultimo numero di Gioventù Evangelica^ - Il. tema potrebbe suggerire l’idea di un
numero retrospettivo, commemorativo di un movimento e di
un dibattito ormai ’storici’, una
sorta di manifesto programmatico che pochi hanno raccolto.
Al contrario credo si possa affermare che questo numero di
G.E. apra all’interno della EGEI
(soltanto?) un dibattito che per
varietà e spessore può essere
considerato ’di linea’.
Chi scrive non ha vissuto il
’68, né la prima contestazione
nelle chiese evangeliche; eppure
i problemi, i giudizi, le ipotesi
raccolte su G.E. non gli suonano estranei. Due di questi problemi vanno sottolineati: il rapporto tra formazione evangelica
e militanza politica ed il rapporto delle chiese evangeliche
con il proletariato. Questioni entrambe riconducibili al problema della riforma della chiesa.
Un filo conduttore che lega i
vari documenti è quello che potremmo definire 'la centralità
della testimonianza’. Non è un
caso, difatti, che in tutti i documenti riportati emerga con
forza la volontà di predicare, e
su una base teologica riformata, entrando nel merito di questioni sociali e politiche assai
scottanti (il Viet Nam, il razzismo, il terremoto in Sicilia, la
repressione dei movimenti anticapitalistici ecc.).
Un esempio ci è dato da un
articolo di E. Rivoir, scritto nel
1968 (terremoto e predicazione)
di cui riportiamo una nota conclusiva : « Dio interviene come
vuole e quando vuole e si serve di chi vuole: ma noi abbiamo disubbidito e non abbiamo
preso sul serio la sua Parola».
Si trattava di una confessione
di peccato che però si legava alla ricerca di una testimonianza
nuova in Gesù Cristo che incidesse sulla militanza politica nel
movimento operaio. In sostanza si trattava di recuperare il
senso della fede evangelica non
già nel contesto delle comunità
tradizionali, delle loro attività
cultuali e teologiche, degli istituti evangelici, ma nella cornice dei problemi che la crisi del
sistema capitalistico da una parte, e le lotte operaie e studentesche dall’altra, evidenziavano.
L’altro problema che emerge
con forza è quello del rapporto
chiese evangeliche-proletariato.
Gioventù Evangelica ci propone una lettera indirizzata 'ai pastori’ scritta da un gruppo di
operai della Val Pellice nel Natale del 1968 e la risposta di due
dei destinatari (G. Tourn, F.
Giampiccoli). Chi scrive e chi
risponde vive nelle Valli Valdesi, nell’unica realtà di massa
per l’evangelismo italiano. Il
gruppo di operai firmatari della
lettera chiede: da che parte sta
la chiesa? È una domanda che
oggi, forse, giudichiamo schematica; certo veniva posta in un
momento di esplosiva conflittualità di classe, in cui gli schieramenti erano chiaramente definiti. Per altro poneva un problema che ancora oggi è sul tappeto. Nulla di nuovo negli ultimi 10 anni allora? È una domanda inquietante che apre un
dibattito di centrale importanza tanto per la vita delle nostre
comunità che per quella dei
gruppi EGEI.
Il numero di G.E. si chiude
con un articolo di F. Spano:
«che cosa avevamo ’dentro’ (ed
alle spalle) in quel nostro ’68:
una storia che ci appartiene ».
Appartiene alla FGEI che su
quella storia è nata e cresciuta,
appartiene alle comunità che su
-di essa si sono variamente confrontate, appartiene a tante comunità di base che quella storia
si sforzano di capire. Ma soprattutto credo che appartenga ai
’diciottenni’, tanto più a quelli
che fanno riferimento alla
FGEI; ed è a loro che questo
numero della rivista andrebbe
’dedicato’. Oggi c’è molto bisogno di ’teoria’, di una ’memoria
storica’. Chi non ha un retroterra ed una linea scompare facilmente: questa è la (triste) lezione che ci viene da un confronto tra il movimento del ’68
e quello del ’77. Di qui l’importanza per i ’diciottenni’ di riappropriarsi di un dibattito che
gli appartiene dal momento che
è a partire da esso che va fatto
il bilancio di 10 anni di ricerca
teologica e politica, e che va approfondito il nostro lavoro di
formazione delle giovani generazioni.
Paolo Naso
G.E. n. 50: « Il ’68 e la contestazione nelle chiese ■ evangeliche », L. 1000.
Naturalmente dal '69 al ’78 di
cose ne son successe molte: in
tre o quattro congressi abbiamo
definito una linea, poi Tabbiamo
ritoccata, precisata, sviluppata,
anche se la sua formulazione
non sempre ha corrisposto a
contenuti precisi e specifici. In
più ci siamo trovati a doverci
confrontare con scadenze che
non eran le nostre: noi avevamo
bisogno di tempo per definire
una nostra linea e una nostra
teologia e siamo stati costretti
a una serie di polemiche pesanti
con le nostre comunità, a dovere
sempre spiegare le cose da capo
come se non ci fossero mai state spiegazioni esaurienti, perché
purtroppo non è facile spiegarsi
con chi non vuol capire.
In questi ultimi anni abbiamo
avuto qualche spunto sessantottesco ma probabilmente questi
sono stati insufficienti e risentiamo questa carenza di fronte ai
giovani di oggi.
I GIOVANI DI OGGI
Qualche tempo fa ho preso
parte ad un incontro tra il Concistoro della Chiesa di Torino e
un gruppo di catecumeni in vista della loro confermazione. In
un colloquio comunitario vivo e
sentito (non più un esame individuale come nel ’68!) mi hanno
colpito due motivazioni emergenti: l’adesione alla chiesa valdese perché « qui C’è libertà »
(segno di spazi esterni che si
stanno restringendo o chiudendo) e l’affermazione anticattolica (segno delTinsiourezza di una
identità non definita in modo
autonomo). Qggi siamo di fronte
a questi giovani, gente seria che
ha un suo modo di esprimere la
fede, ha un suo modo di viverla,
ma che ci chiede delle cose che
sono forse un arretramento:
spazi di libertà nella chiesa. È
bello poter dire che tutto sommato qualche spazio di libertà
nella chiesa esiste; ma è triste
che la si debba cercare o trovare soltanto nella chiesa, insieme
ad una ricerca di identità che
non è tanto la saldezza della fede quanto la paura del mondo
circostante. Credo che di fronte
a questa situazione abbiamo una
autocritica da fare: dobbiamo
riuscire a recuperare ciò che abbiamo perso, un po’ di quella
fantasia e creatività che bene o
male siamo riusciti a vivere nel
’68-’69 e riuscire a dare delle prospettive in un momento che certamente non è facile, che vede
chiusure e arretramenti. Teniamo molto saldo lo spazio di libertà che esiste nella chiesa; ma
rendiamoci conto che se gli spazi si chiudono fuori sarà difficile difendere degli spazi autentici
anche dentro le mura ecclesiastiche. Sergio Ribet
1
RILEGGENDO GANGALE - 1
“Rivoluzione protestante”
« Rivoluzione Protestante »
è il primo saggio di Gangale :
breve (98 pagine), agile, è diviso in quattro parti : « Il male cattolico », « La nostra generazione protestante », « Linee di una ideologia protestante », « Linee di una prassi protestante ».
Molto vicino all’opera di
Piero Gobetti (il titolo rieccheggia la « Rivoluzione liberale » di Gobetti ed esce nella serie dei « Quaderni di Rivoluzione iiberale »), il libro
risente ancora del periodo
più politicizzato di Conscientia, e per questo sarà poi il
meno amato da Gangale stesso, che vi vedrà un testo che
anche un anticlericale, e non
necessariamente - un protestante, avrebbe potuto scrivere. La maturazione teologica di Gangale è ancora in
formazione. Non mancano
tuttavia spunti estremamente interessanti del pensiero
politico di Gangale.
« Se per rivoluzione s’intende quel che sempre s’è inteso, il fascismo non poteva
essere rivoluzione. Poteva invece essere una rivoluzione
alla rovescia, una vasta restaurazione dispotica imposta da una minoranza e subita dalla maggioranza. Non fu
neppur questo. L’Italia è la
terra del compromesso e del
cattolicismo » (p. 40). O ancora : « Il paternalismo è
sempre stato un metodo per
ritardare in un popolo minorenne la maggiore età, e per
incanalare in vecchie forme
nuove aspirazioni. (...) Ma un
secolo di riforme illuminate
non salvò l’Europa dall”89 e
nessuna riforma illuminata
avvenire salverà da nessuna
ribellione avvenire. Qui secondo noi è Tunica base per
dare una coscienza protestante e ribelle alle masse »
(p. 81). Non a caso, il momento in cui compare «Rivoluzione Protestante » è anche il momento in cui compare il primo numero del famoso « Non mollare - Bollettino d’informazione durante
il regime fascista », è Tanno
del « Manifesto degli antifascisti», del Croce, firmato
da Gangale, ed è Tanno in
cui il regime, per sentirsi al
sicuro, dovrà mettere il bavaglio alla stampa. Un giudizio sul saggio?
G. Miegge cos), scriveva
nel marzo 1932 (Gioventù
Cristiana, N. Serie, 1/3, p. 41
sg.. La fede di G. Gangale):
« Il problema di Rivoluzione
Protestante è l’Italia cattolica nel mondo moderno. Tesi: L’Italia non è una nazione moderna, perché non ha
avuto la Riforma religiosa.
Questa impostazione non deve ingannarci. La preoccupazione di Gangale non è politica, quasi dicesse: ”se dunque vogliamo una Italia moderna, dobbiamo volere la
Riforma religiosa”; dove il
risultato politico sarebbe il
fine, e la Riforma religiosa,
si degraderebbe a semplice
mezzo. No. Ma il problema
è quello religioso, posto con
grave urgenza appunto dalla
realtà storica. L’Italia cattolica e il mondo protestante
sono elementi di prova, dati
di esperienza, sulla base dei
quali si deve risolvere il problema della validità del protestantesimo e del cattolicismo ». Il cattolicesimo discusso in « Rivoluzione Protestante », osserva ancora
Miegge, in quanto concreto sistema di vita più che astratta
idea religiosa, è « l’atteggiamento ’’compromessista”, ’’riformista” della chiesa che
persuasa di possedere nei suoi
dogmi e nei suoi riti una statica rivelazione divina, soffoca, attenua, e finalmente assorbe tutti i movimenti che
tendono a liberarsi della sua
supremazia ». in quanto tale
è fuori della storia che, in
quanto storia di liberi contrasti spirituali, è tutta sul
piano del protestantesimo.
Sergio Ribet
5
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23 giugno 1978
---5
A 10 ANNI DALLA MORTE CRESCE L’ATTUALITA' DEL SUO INSEGNAMENTO NELLA LOTTA CONTRO L’INGIUSTIZIA
Martin Luther King
apostolo
deila nonviolenza
La vera forza rivoluzionaria,
cioè capace di cambiare
le cose, della nonviolenza
è stata in Martin Luther
King la capacità di accendere
una grande speranza mediante
una nuova idea: questa idea era
la forza del buon diritto. Là dove il buon diritto cioè quello che
dà a tutti giustizia uguale, non è
applicato, bisogna far vedere che
i negri hanno il diritto di dissentire. E non è un caso di ribellione, ma semplicemente di reclamo di giustizia. Per esempio i
negri non presero più gli autobus perché la separazione razziale sugli autobus non era secondo il buon diritto, cioè secondo il diritto in sé.
King non predicò mai che i
bianchi erano dei violenti, ma
insistette sul fatto che i bianchi
erano in, cpntrappqsizione con il
buon diritto, magari senza saperlo. Solo dopo aver preso coscienza che la segregazione era
contro il buon diritto persistere
in essa sarebbe stato far violenza al diritto stesso. Ed invero
King nei suoi frequenti viaggi
al nord e nei suoi incontri con
Eisenhower e Nixon li invitò
spesso a recarsi nel sud per proclamare il buon diritto della costituzione e garantirne Papplicazione. Che i negri avessero un
buon diritto da affermare era
una nuova idea che accendeva
una speranza. La ribellione nasce dalla disperazione, mentre
la rivoluzione nasce sempre soltanto da due cose: un'idea nuova ed una speranza.
Il boicottaggio degli autobus
che doveva durare un giorno durò un anno e nel frattempo la
Corte Suprema americana dichiarò illegale la segregazione
sugli autobus. La sua decisione
giunse ai negri come apportatrice di un’alba radiosa. M.L. King
aveva 27 anni e con quell’alba
cominciava per lui il giorno in
cui riuscì a dare una nuova coscienza e una nuova speranza al
movimento negro. Incitando
sempre i negri a non lasciarsi andare alla violenza, li rese consci
del loro essere nel giusto.
LA CONVERSIONE
VIENE PRIMA
DELLA POLITICA
M.L. King è un apostolo della
nonviolenza, influenzato da Gandhi (rivissuto attraverso Nehru)
e seppe creare nelle comunità
battiste négre lo stesso spirito
che animò le comunità cristiane primitive: senza fare politica
fecero politica, la politica del Regno che trasforma, con un’esasperante mitezza, il cuore dei duri. Ci sono quelli che predicano a
parole la nonviolenza, denunziando come violenza anche certi atteggiamenti del « potere » che,
pur non essendo violenti, costituirebbero una ispecie di violenza indolore o bianca. In realtà
questo tipo di predicazione, di
fatto, si risolve in una giustificazione della violenza e fornisce
un alibi al terrorismo: infatti
mette sullo stesso piano la violenza fisica e quello che è discriminazione o sperequazione di
trattamenti. A questo punto il limite è difficile da stabilire, perché non si sa più cosa sia veramente violenza: sarebbe violenza anche ogni forma di dissenso.
perché, in quanto dissenso, farebbe violenza al consenso. Ed il
criterio discriminativo tra consenso e dissenso sarebbe dato
dal numero: la maggioranza è il
consenso, la minoranza è il dissenso. Ciò andrebbe però contro ad ogni principio di tutela
delle minoranze. Ma M.L. King
non si comportò così. Egli credeva veramente nella validità del
messaggio cristiano e non aveva
bisogno di prendere a prestito
alcunché da alcun’altra ideologia. King infatti insiste nell’avanzare argomenti morali, non
politici: la politica viene di conseguenza. Questi argomenti morali M.L. King crede veramente
che siano capaci di trasformare
il cuore dei segregazionisti bianchi e dei negri
In M.L. King la predicazione
innanzitutto si incarna in una
conversione morale e provoca di
conseguenza determinati atteggiamenti politici, che solo in
quella prospettiva hanno senso.
Noi oggi reputiamo che la conversione consista nell’ atteggiamento politicamente impegnato,
dimenticando, invece, che essa
deve venire prima. '
Fuori di questa logica della
mitezza, che è poi la mitezza della Croce, si arriva a conclusioni
aberranti: che, cioè, tra la politica di Moro e quella delle Brigate Rosse non c’è alcuna differenza, perché anche Moro, nell’ottica fanatica ispirata dall’odio
di classe, era un violento. Perciò
le B.R. avrebbero fatto bene ad
ucciderlo; anzi, sono parole di
Curcio, gli sarebbe stato riservato il trattamento più umano che
sia concepibile in una società.
Danielle Jouvenal
SCHEDA BIOGRAFICA
Una vita contro l'odio
1929 15 gennaio: nasce ad Atlanta (Georgia), figlio di Martin Luther senior e Alberta
Williams.
1944 Atlanta: è iscritto al Morehouse College.
1951 Chester (Pennsylvania): si
diploma al Crozer Theological Seminary e decide di
diventare pastore.
1951 Boston : si iscrive alla Scuola superiore di teologia della Università di Boston.
1953 18 giugno: si sposa con Coretta Scott, originaria di
Marion (Alabama). Si spostano a Montgomery (Alabama) dove a M. L. King
viene assegnata la parrocchia battista di Dexter
Avenue.
1955 Montgomery: il caso Rosa
Parks dà inizio al boicottaggio dei servizi di trasporto.
1956 M. L. King subisce il primo arresto ma viene rilasciato subito. 31 gennaio:
viene lanciata una bomba
contro casa sua. Sua moglie e sua figlia si salvano
per miracolo.
13 novembre: la corte suprema afferma che la se
gregazione sui pullman è
anticostituzionale.
21 dicembre; M. L. King
sale sul primo autobus «integrato».
1957 3 settembre; viene arresta
, to a Montgomery sotto un
pretesto ma rilasciato subito.
1958 19 settembre; a New York
è pugnalato da una squilibrata.
1959 Compie un viaggio in India. Al ritorno abbandona
la parrocchia per dedicarsi
totalmente al problema negro.
1960 19 ottobre: è arrestato ad
Atlanta e condannato a 4
mesi di carcere ma non li
sconta che in parte. Appoggia reiezione di John Kennedy a presidente degli Stati Uniti.
1963 La lotta si sposta a Birmingham, la città più razzista
dell’Alabama.
12 aprile; M. L. King è arrestato e rilasciato 6 giorni dopo per intercessione
del presidente Kennedy
che verrà assassinato otto
mesi dopo.
1964 14 ottobre: M. L. King è
insignito del premio Nobel
per la pace e devolve le
283.000 corone di premio al
movimento negro.
1965 1 febbraio: è arrestato a
Selma (Alabama) e rilasciato dopo 4 giorni.
6 agosto: i negri ottengono
l’effettivo diritto al voto.
11 agosto: rivolta di Watts.
1966 Mississipi: James Meredith che guidava una marcia è ferito. King si precipita a continuarla al suo
posto. Sale alla ribalta Carmichael che lancia lo slogan «Black power», potere negro.
1968 28 marzo; a Memphis M.
L. King si prepara a partecipare ad una marcia.
4 aprile; King è assassinato sulla terrazza del motel
dove alloggia.
Le condizioni di vita dei negri degli Stati Uniti, in particolare degli stati del Sud, sono
disastrose quando Martin Luther King prende in mano le redini della lotta per le rivendicazioni.
La sua capacità oratoria è tale che, alla sua prima predica
Un sogno non può
essere ucciso
Ho il sogno che un giorno gli uomini si rizzeranno
in piedi e si renderanno conto che sono stati creati
per vivere insieme come fratelli. Questa mattina ho
ancora il sogno che un giorno ogni Negro nella nostra
patria, ogni uomo di colore in tutto il mondo, sarà
giudicato sulla base del suo carattere piuttosto che su
quella del colore della sua pelle, e ogni uomo rispetterà
la dignità e il valore della personalità umana. Oggi ho
ancora il sogno che un giorno le industrie inattive dell’Appalacchia rinasceranno, che le bocche affamate del
Mississipi saranno saziate, che la fraternità diventerà
qualcosa di più che le poche parole alla fine di ogni
preghiera, diventerà l'ordine del giorno di un uomo
d’affari e la parola d’ordine dell’uomo di governo. Ho
ancora il sogno oggi che in tutti i municipi gli uomini
saranno eletti per agire giustamente, per amare la misericordia e camminare umilmente accanto al loro Dio.
Ho ancora il sogno oggi che un giorno la guerra cesserà, che gli uomini muteranno le loro spade in aratri e
che le nazioni non insorgeranno più contro le nazioni,
e la guerra non sarà neppure più oggetto di studio.
Ho ancora il sogno che un giorno l’agnello e il leone
saranno l’uno accanto all’altro e ogni uomo siederà
sotto l’albero suo e non avrà più paura. Ho ancora il
sogno che un giorno ogni valle sarà innalzata ed ogni
montagna sarà spianata. E la gloria di Dio sarà rivelata e la carne tutta la contemplerà. Ho ancora il sogno
che con questa fede noi riusciremo a vincere la disperazione e a portare nuova luce per distruggere il pessimismo. ,
Con questa fede noi saremo capaci di affrettare il
giorno in cui vi sarà pace sulla terra e buona volontà
verso tutti gli uomini. Sarà un giorno glorioso, e le stelle canteranno tutte insieme, ed i figli di Dio grideranno
di gioia.
(Dalla predica di Natale del 1967 pronunciata nella chiesa bat, tista Ebenezer di Atlanta; in Martin Luther King, Il fronte della coscienza. SEI, 'Torino, 1968). i
nella parrocchia del padre, si
sparge la voce che egli sia ispirato da Dio, le sue armi sono
le stesse di Gandhi, quelle della
nonviolenza; marce, sit-in, boicottaggi.
Il primo dicembre 1955 scoppia il «caso Rosa Parks». Sui
pullman della Montgomery City
Lines i negri dovevano restare
ammucchiati nei posti posteriori mentre la parte anteriore dei
pullman era riservata ai bianchi.
Ma se il veicolo era pieno e
qualche bianco restava in piedi
era regola che un negro gli cedesse il posto. Rosa Parks salì
sull’autobus, era stanca e quando salirono 6 bianchi rifiutò di
cedere loro il posto. Fu arrestata. Fu la fiamma che accese il
ghetto: King ebbe la forza di
guidare la grande rabbia negra
verso la nonviolenza. Venne indetto il boicottaggio dei pullman: nessun negro doveva salirvi fino a che non avessero eliminato la segregazione. Gli autobus viaggiarono quasi vuoti
per circa un anno.
Finalmente il 21.12.1956 l’agenzia fu costretta ad integrare gli
autobus. Non era una grande
vittoria ma aveva dimostrato la
forza dei negri. Ormài essi avevano un’ideologia, la nonviolenza, e proprio in nome di questa
ideologia riuscirono a portare
avanti e concludere tutte le loro
lotte.
Con la sua profonda fede nella nonviolenza King non poteva
non criticare la guerra del Vietnam e probabilmente fu proprio
questo che alcuni bianchi non
poterono mai accettare. Il 4.4
1968 Martin Luther King fu assassinato con una fucilata. L’assassino fu presto individuato ma
non si seppe mai ufficialmente
chi aveva mosso la sua mano.
Naturalmente furono organizzati grandi funerali e tutte le autorità seguirono il suo feretro.
Con lui accompagnarono alla
tomba anche il suo metodo di
lotta poiché molte lacrime e
molti discorsi furono sparsi su
di lui, ma non si fece nulla per
seguire i suoi insegnamenti.
Giovanna Paltrinieri
pagina a cura del gruppo rédazionale di Torino.
6
23 giugno 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
CONCLUSO IL CICLO DI PUBBLICI DIBATTITI SUI PROBLEMI DELLA DONNA
Da Massello
due volte sì
Massello è l'unico comune in
tutto il pinerolese (e forse in Italia) in cui i sì abbiano vinto, sia
per il referendum sul finanziamento ai partiti, sia per quello
sull’abrogazione della legge Reale. Le percentuali sono queste:
70,24% contro il finanziamento
ai partiti e 29,76% a favore; mentre la percentuale dei contrari
alla legge Reale è stata del 57,14
per cento, contro il 32,86% dei
voti favorevoli. Il dato significativo è evidentemente la percentuale dei voti sulla legge Reale,
in quanto per il finanziamento ai
partiti quasi tutti i comuni del
pinerolese (nelle valli valdesi
l’eccezione concerne solo Pramollo, S. Germano e Rorà in cui
hanno prevalso i no) si sono
espressi per l’abrogazione.
Se andiamo a riguardare i dati delle politiche del 1976 a Massello vediamo che i partiti che
si sono espressi per il sì all’abrogazione delle due leggi avevano
ottenuto esattamente il 91,5%
contro Z'8,42% dei partiti dèi no.
Dal momento che Massello è anche l’unico comune del pinerolese in cui i fascisti non hanno ottenuto neppure un voto ed i due
partiti della sinistra storica, PCI
e PSI avevano 65 voti su 95, è
chiaro che, nonostante l’indicazione dei partiti a votare no, i
massellini hanno invece detto sì.
Questo dato chiaro e limpido
che viene da Massello è stata
però la tendenza emersa in tutto
il pinerolese anche se con percentuali molto più basse: i sì
alla legge Reale nella Val Germanasca sono stati di poco inferiori al 28% e a Pinerolo hanno registrato il 28,6% al di là di ogni
previsione più ottimistica. Si
tratta di risultati che devono far
rivedere i giudizi espressi prima
del voto dalla sinistra e in particolare dal PCI. Tutti questi sì
sulla Reale sono voti di sinistra,
di gente che alle politiche del ’76
ha votato PCI e PSI e non solo
Democrazia Proletaria e Partito
Radicale la cui percentuale nel
Pinerolese non andava oltre il
4-5%.
In Val Pellice la percentuale
dei sì è stata, per la legge Reale,
inferiore al 24%, rilevando, anche in questa occasione, uH
orientamento più moderato rispetto alla Val Germanasca.
Anche nei comuni in cui non
si registra una presenza valdese
i dati sul referendum del finanziamento ai partiti hanno evidenziato un’alta percentuale di
sì: a Sestriere ad esempio, i sì
rappresentano il 67,09%, mentre,
per la Reale, scendono al 27%!
Nella pianura pinerolese invece, salvo alcune eccezioni, i no
hanno prevalso, anche se in non
larga misura, sul sì al finanziamento dei partiti, mentre sulla
Reale la percentuale è del 25%,
superiore quindi ai dati nazionali.
Se Massello ha toccato la punta più alta dei sì sulla legge Reale, il 57,14%, Lusernetta, in Val
Pellice, ha toccato invece la percentuale più bassa, inferiore addirittura al livello nazionale, il
21,8%. Dopo Massello la più alta
percentuale di sì alla Reale è
quella di Inverso Rinasca con il
41,89%.
Angrogna hq invece un altro
primato: quello delle astensioni,
di molto superiori ai dati nazionali: ha votato il 58%. Seguono poi Bobbio, Villar Pellice, Rorà e Massello, con una media inferiore al 70%.
La poca chiarezza, di molti
elettori si è pure manifestata in
un’alta percentuale di schede
nulle e di schede bianche che
ha toccato in alcuni comuni
circa il 12%.
Il voto sostanzialmente favorevole alle indicazioni dei partiti
della maggioranza parlamentare
ha dunque confermato le attese,
ma allo stesso tempo messo in
luce come nel resto del paese, e
più che nel resto del paese, una
protesta che, almeno per la legge Reale, non può certo essere
letta come espressione di qualunquismo, ma come critica politica di un certo modo di comportamento politico all’interno
.Stesso della sinistra.
E. Genre
Tavola rotonda sull’aborto
Positivo il bilancio degli incontri richiesti dal comitato di partecipazione del Consultorio della Val Pellice e organizzati dalla Comunità
Montana - Riferiamo qui sugli ultimi 2 incontri su aborto e menopausa
Giovedì 8 giugno a Torre Pellice, si è svolto l’ultimo degli incontri-dibattiti organizzati dalla
Comunità Montana, su richiesta
del Comitato di Partecipazione
del consultorio. Il tema: l’aborto, affrontato in una tavola rotonda a cui erano stati invitati,
un giurista, un medico, un pastore valdese e un sacerdote cattolico. Il pubblico era numerosissimo considerata l’attualità
del tema affrontato, delle polemiche suscitate.
Ha introdotto l’argomento l’avvocato Bert, facendo presente
che gli articoli che, nel nostro
codice penale, proibiscono l’aborto sono nati durante il fascismo,
con precise ragioni economico sociali, legate al regime di Mussolini; di fatto oggi questi articoli sono superati ■— ha ricordato l’oratore — citando a questo
proposito alcune sentenze della
Corte Costituzionale, e giungendo quindi alla conclusione, che
è necessario ed urgente arrivare
alla nuova regolamentazione dell’aborto. L’aw. Bert ha ricordato
le difficili tappe attraverso cui è
dovuta passare la legge e come
il testo approvato risenta di questo iter travagliato e sofferto. Il
risultato lascia quindi molti dubbi, molti problemi aperti, molte
contraddizioni, in particolare
quando ad abortire sarà la minorenne, che non solo deve sottostare al giudizio del medico,
ma deve anche avere il consenso
del padre. E’ comunque risultato chiaro dall’esposizione di
Bert che la donna, soggetto interessato, non può prendere nessuna decisione autonoma, delegando ancora una volta ai tecnici e all’autorità maschile (qualunque essa sia) una decisione
che la riguarda direttamente e
che qualunque siano le conseguenze di queste decisioni sarà
ancora una volta solo lei a pagare.
Particolarmente significativa è
stata l’osservazione di Bert quando ha detto ohe sul banco degli
imputati per reato di aborto
non si sono mai viste donne dei
ceti elevati, ma per lo più proletarie; e questo non certamente
perché le donne benestanti non
abortiscano, ma, come tutti sanno, perché queste lo possono fare in condizioni di semi-clandestinità, con ampia copertura da
parte delle autorità.
Su questo argomento si è an
che intrattenuto il medico ginecologo, dott. Campogrande, che
ha notato come l’aborto, sia procurato che spontaneo, rimane
sempre un fatto triste e di sconfitta per la donna. Campogrande ha aggiunto che come pratica ospedaliera ha comunque
sempre avuto di fronte casr-idi
donne proletarie, che dopo essersi fatte fare interventi da mammane, con sonde o altri strumenti del genere, si facevano ricoverare in ospedale con emorragie
in atto, con le conseguenze che
si possono facilmente intuire.
Ha poi riconosciuto come ci
possa essere una certa difficoltà
da parte dei medici ad accettare
di fare gli aborti, dopo che per
anni hanno dovuto rifiutare simili interventi. Ma di fronte ad
una realtà di seicentomila aborti
clandestini all’anno, non si poteva continuare a chiudere gli
occhi ed è giusto che le donne
abbiano in momenti difficili come quello deH’aborto tutta l’assistenza necessaria in ospedali
organizzati con personale competente.
Concludendo il suo intervento
il dott. Campogrande ha sottolineato l’assurdità della legge
L’ESPERIENZA DI UN GRUPPO DI MONITORI DI POMARETTO
Scuola Domenicale a domicilio?
Un esperimento interessante che ha coinvolto le famiglie in una riflessione da cui si sentivano escluse - Indicazioni per il prossimo anno
Concludendo Tanno di attività
della Scuola domenicale, si fa
un po’ un bilancio di ciò che si
è potuto o no realizzare. A Pomaretto un gruppo di monitrici
ha avuto im’interessante esperienza che potrebbe servire come riferimento per iniziative
analoghe. Con questo scopo abbiamo chiesto loro di raccontarcela.
— Nella riunione dei monitori del circuito che ha avuto luogo a gennaio, si era proposto di
portare la Scuola domenicale
nelle famiglie per interessare
maggiormente i genitori. Ci risulta che soltanto a Pomaretto
si sia realizzato qualcosa del
genere. Come sono andate le
cose?
— Nella riunione dei monitori
si era discusso sullo scarso inserimento dei genitori nell’attività della Scuola domenicale e
avevamo deciso di andare noi a
trovare loro; per varie ragioni
solo due gruppi, uno di piccoli
e l’altro di grandi, si sono potuti organizzare per queste visite.
In tutto sono stati coinvolti 40
ragazzi, 4 monitrici e una decina di famiglie.
Anche noi monitrici dapprima non sapevamo se era preferibile svolgere una lezione vera
e propria oppure rivolgere domande su esperienze di vita. Ma
poi nei nostri incontri preparatori abbiamo visto che i vari
gruppi avevano un’età e una
preparazione diversa e che quindi non potevamo adottare uno
schema Asso.
— Potete raccontare quello
che è successo in concreto?
— Nel gruppo dei più piccoli
(terza elementare), dopo aver
esaminato tutta la sequenza della Risurrezione, volevamo verificare se l’affermazione « Gesù
vive» interessi soltanto i bambini oppure se sia una realtà
anche per gli adulti. Dopo molte discussioni, perché anche i
bambini dovevano conoscere
bene l’argomento, ci siamo decisi a muoverci terminata la sequenza. Abbiamo portato con
noi un cartellone con su scritte
le riflessioni fatte a proposito
della Risurrezione e altri lavori
da far vedere ai genitori.
— E quale è stata Taccoglienza?
— Prima di tutto avevamo
chiesto il parere dei genitori durante una riunione e siamo andati in casa di quelli disposti
ad accoglierci. Si trattava più
che altro di famiglie provenienti dall’alta valle che si sentivano un po’ isolate a Pomaretto
e che sono- state ben contente di
essere interpellate.
— Di che cosa avete parlato?
— Abbiamo chiesto se ritenenevano che Gesù fosse vivente
e loro hanno dichiarato che lo
credevano e ne hanno dato anche delle motivazioni profonde.
Altre hanno affermato che credevano nella Risurrezione anche se poi non partecipavano
alla vita della chiesa. I bambini
erano contenti di ospitare gli
amici e avrebbero voluto tutti
che si andasse a casa loro.
— E il gruppo dei più grandi?
— Noi monitrici con il pastore siamo andate prima a parlare con i genitori che potevano
epere ben disposti, ma subito
si sono un po’ spaventati perché pensavano di non essere all’altezza della situazione. Poi i
ragazzi. alTinizio. li hanno fatti
parlare della loro vita, del lavoro e dell’ambiente del paese che
avevano lasciato per venire ad
abitare a Pomaretto.
In seguito abbiamo affrontato
gli argomenti più aderenti al
programma della Scuola domenicale e hanno capito che la vita
e la fede non sono slegate tra
di loro. C’è una grande esigenza di vivere insieme come comunità, ma non si sa bene come fare.
— L’esperimento vi sembra
valido?
— Certamente sii, perché ha
coinvolto tante persone che non
si interessavano di questi problemi; alcuni genitori non sapevano neanche di che cosa si
parlasse alla Scuola domenicale. È importante capire che di
questi argomenti i genitori possono discorrere con i loro Agli
e che i monitori non sono gli
esperti che hanno una risposta
per tutto.
— Vi proponete di continuare
Tanno prossimo?
— Abbiamo iniziato molto
tardi perciò gli incontri sono
stati pochi. Ma abbiamo lasciato tante domande senza riposta e su queste dovremo tornare Tanno prossimo con i ragazzi. Andremo certamente in altre famiglie perché ci siamo accorti che non sono distaccate
dalla vita della chiesa come a
volte sembra, ma che anche loro sono in ricerca, ora che le risposte valide nella loro infanzia
non servono più.
(intervista a cura di
Liliana Viglielmo)
che non lascia alla donna il minimo spazio in questa decisione
e che delega al medico il compito di risolvere i problemi di ordine morale, sociale, economico,
psicologico che hanno spinto la
donna a chiedere l’aborto.
Ha in seguito parlato la signora Gandolfo, pastore Valdese,
che ha sottolineato come la chiesa valdese non dia delle direttive
in proposito, ma lasci la decisiorv2 dell’aborto alla coscienza di ognuno. Ha detto che all’interno della chiesa ci sono delle
posizioni decisamente favorevoli
all’aborto. Ma ha subito aggiunto che l’aborto è sempre un rimedio estremo e che il problema
va affrontato nella sua completezza, riferendosi a questo propoisito alla tematica della sessualità femminile e di conseguenza ai contraccettivi. Ha detto come troppo peso abbia ancora, tra le donne, il sesso vissuto come peccato e come invece
il sesso debba essere gioia, godimento, dono di Dio. Ha quindi
accennato ai contraccettivi e ha
ricordato come la pillola sia in
uso da parecchi anni in molti
paesi protestanti e come ogni
credente sia libero di adottare il
metodo contraccettivo più consono alle sue idee ed esigenze.
Per ultimo ha preso la parola
il sacerdote don F. Trombotto,
che ha dichiarato di trovarsi a
disagio a causa delle opinioni
che avrebbe espresso. Ha tuttavia dichiarato di parlare a livello quasi personale, non essendo
autorizzato a portare la voce dei
vescovi. Molte le citazioni di don
Trombotto, cominciando dalla
Bibbia e finendo con un teologo
protestante, tutte però volte a
condannare l’aborto come assassinio puro e semplice. Molto confortante per il sacerdote il numero piuttosto basso di donne morte per aborto; molto confortante anche il fatto che gli aborti
clandestini siano « solo » 600.000
all’anno e non alcuni milioni,
molto confortante anche il fatto
che i bambini non desiderati
vengono adottati da famiglie
« per bene ». Insomma condanna dell’ aborto senza assolutamente tener conto della realtà,
non solo italiana, ma anche cattolica. E questo come atto di testimonianza cristiana.
Il dibattito è stato molto vivace, ma forse un po’ troppo improntato a un tono moralistico;
poche le voci a favore della donna e di come la nuova legge sull’aborto la releghi ancora una
volta a un rango di dipendenza e
sottomissione a decisioni di altri.
Anna Bertholé
Menopausa
Il penultimo incontro-dibattito organizzato dalla C. M. verteva sul problema della menopausa. L’oratore, questa volta, è stato il Dott. Campagnoli, endocrinologo-ginecologo presso l’Ospedale S. Anna di Torino.
Dopo una accurata relazione
accompagnata da numerose diapositive esplicative, che il pubblico presente (donne per la
maggior parte) ha seguito con
molto interesse e attenzione data l’importanza delTargomento,
il Dott. Campagnoli ha risposto
in modo ampio ed esauriente ai
diversi quesiti.
Molti aspetti del problema infatti vanno ancora oggi approfonditi e studiati dalla medicina: i disturbi che accompagnano la menopausa sono spesso
considerati « fenomeni naturali »
e quindi da accettare senza poter porre rimedio, oggi invece la
medicina può, come scienza, aiutare la donna a superare questo
periodo con terapie appropriate
a base di ormoni. La menopausa
non deve più segnare il declino
verso una difficile mezza età e
non deve più essere sinonimo di
« vecchiaia » per il fatto che la
donna non è più in grado di procreare. Attraverso una adeguata
informazione e conoscenza dei
fenomeni fisiologici, si potrà affrontare questo momento senza
essere disorientate o preoccupate. Si tende invece a non voler
parlare delTargomento e a non
confrontarsi sui problemi che
subentrano con l’inizio del climaterio neppure fra donne e sovente non ci si rivolge al medico. Certo è da sottolineare che
i medici stessi dovrebbero essere i primi ad informarsi e ad informare le donne per aiutarle. A
tale proposito il dott. Campagnoli ha informato che la Regione
si sta occupando di organizzare
un corso di aggiornamento per
i medici, sapendo che il climaterio cornporta una serie di disturbi fisici che, se non curati, possono portare a ulteriori complicazioni: tessuti genitali delicati,
pareti vasali fragili, osteoporosi.
Il dott. Campagnoli ha affrontato nella discussione molti problemi, quali: depressione e menopausa, sessualità e menopausa, gravidanza e menopausa,
ecc., argomenti di cui si parla poco, ma che per le donne costituiscono dei problemi considerevoli.
Ci auguriamo che tali incontri
si ripetano anche in altri comuni
della valle per facilitare Tinformazione che auspichiamo diventi sempre più anche motivo di
confronto fra le donne.
Vera Cognazzo e
Miriam Bein
7
r
23 giugno 1978
CRONACA DELLE VALLI
- 7
DIBATTITO
PRAMOLLO
Mentalità chiusa
e ristretta?
Quale rappresentante delle Unioni
femminili delle Valli in seno al C.N.
della FFV desidero rispondere alle sorelle che hanno espresso telegraficamente le loro impressioni spi congresso di Poggio Uhertird.
Un grazie innanzi tutto a quelle che
hanno capito lo sforzo non indifferente
che ahhiamo fatto per organizzare un
congresso così numeroso e che effettivamente ci ha latto vivere 4 giorni
indimenticabili, ma, pur rispettando
le idee di tutti, non posso tacere la
mia sorpresa nel leggere la critica che
alle Valli siamo troppo ristrette, non
si avrebbe uno spirito comunicativo,
nonché il trovare da ridire su... candeline, il canto del giuro, il troppo valdese.
Insieme a Maria Tamietti in questi
2 anni abbiamo visitato ben 20 Unioni Femminili delle 3 Valli, ma non
abbiamo avuto minimamente Fimpressione d’aver trovato uno spirito ristretto e non comunicativo, anzi caso
mai il contrario, ovunque abbiamo trovato apertura cordiale e fraterna verw
gli altri e ricevuto un’ospitalità veramente commovente.
Se l’aver messo 20 candeline per fei 20 anni della. fondazione della Federazione Femminile Valdese, per alcune è stata una cosa puerile, per molte invece è stata una nota
gentile e delicata, cosi pure l’aver messo il costume valdese ha reso felici
molte sorelle del sud che ci dicevano
averlo visto solo in cartolina e grate
ci ringraziavano per questo pensiero.
Per quanto riguarda il Giuro, a
parte il fatto che era la logica conclusione dei vari canti presentati dal mini-coretto del gruppo del canto attraverso i secoli, è stato richiesto e intonato a conclusione del congresso
proprio dalle sorelle del sud che lo
cantavano commosse.
Ricordo che nella cronaca di Pomarcito della 1® settimana di maggio
suirBco-Luce un gruppo di giovani catecumene confermate, facevano esplicita richiesta affinché il costume valdese fosse messo più frequentemente
e non soltanto nelle grandi cerimonie.
Se tutto questo è troppo valdese,
ringrazio il cielo che i giovani ritornano a pensare in questo modo, come la
bella trasmissione di protestantesimo
delle Corali in TV (così ben elogiata
da Marco Ayassot) ottimamente riuscita, ove non solo si vedevano moltissimi costumi valdesi, ma si cantava
anche il giuro, questo giuro che può
essere cantato insieme ai cori dei cadetti di Agape, e alTAlleluja di Haendel, proprio come è stato fatto a Poggio
libertini, senza per questo vergognarci
d’essere troppo o troppo poco valdesi.
Termino ricordando che essendo stato un Congresso valdese forse l’uìtimo,
mi sapreste dire come avrebbe dovuto essere altrimenti improntato?
Niny Boer
Signor Direttore,
mi riferisco all’articolo « Gli Alpini e il Culto » (La Luce, 26,5.78), dove si dice ...(( Si tratta di un’occasione per evangelizzare... », per poi informarci che l’occasione è stata rifiutata perché... per cc evangelizzare occorre prima dimostrare che si crede » ecc.
Non intendo entrare nel merito della particolare questione^ ma, a parte
il carattere negativo implicito nella
conclusione raggiunta dai fratelli di
Bobbio, non Le sembra che la Chiesa
valdese si chiuda un po’ troppo in una
sorta di splendido isolamento? Non ritiene che la cc mater reformationis »,
proprio perché tale, e per la sua storia gloriosa, abbia più responsabilità
di altri per soddisfare la fame e la se^
te della Parola sempre più avvertibili
nella nostra società?
Cordialmente,
Stefano Sodano, Torino
Credo che la lettera del signor Sodano metta esattamente il dito sulla
piaga. Effettivamente si può affermare
che la chiesa si chiude in se stessa (o
meglio si è chiusa già da un bel po
di tempo). Ma il grosso problema che
io cercavo di mettere in evidenza è
proprio questo: se abbia un senso de’
legare a una persona (nel caso concreto al pastore) ü compito di testimoniare delVEvangelo di Gesù Cristo
o se questo compito non spetti invece
alla comunità dei credenti nel suo insieme.
E allora^ dato che per me è questa
seconda linea la sola accettabile^ penso che la presenza del pastore a una
cerimonia come quella di cui si discorreva nelVarticolo citato, sarebbe
per lo meno equivoca. In altri termini,
ai fini: dèlia testimonianza, è più efficace là presenza di un pastore durante una cerimonia ’^al campo’^ o il fatto
che tutti gli alpini valdesi che partecipano alVadunata al momento della
messa si assentino e non già per recarsi alla vicina osteria a bere un
bicchière ricordando il passato, ma per
recarsi al tempio dove la comunità
locale è riunita per il culto? Può darsi che le mie valutazioni siano sbagliate, ma credo proprio che questa seconda soluzione sarebbe assai più valida
come elemento di testimonianza evangelica. E’ questo che volevo dire affermando: ^'occorre prima dimostrare
che si crede^\ E finora una dimostrazione di questo genere è assai dubbia.
Vorrei ancora aggiungere un altro
elemento che non era ancora a conoscenza della comunità di Bobbio Pellice al momento di prendere la decisione che ha dato origine al mio scritto. In un recente numero del giornale (( tranta sold », organo dinformazione della sezione di Pinerolo delVA.
N.A. (Associazione Nazionale Alpini),
nella sua relazione sulVanno 1977, il
presidente della sezione, ten. col. Matteo Bruno scrive: « Culto in memo*
ria degli Alpini Caduti.
Finora nessun gruppo ha comunicato di aver organizzato il culto. Tuttavia confermo che il gruppo che prendesse l’iniziativa avrebbe il mio pieno consenso e la mia presenza con il
vessillo sezionale e accompagnatori del
Consiglio direttivo ».
Come si vede Vintenzione è assolutamente chiara, da parte dell’AN A: si
tratta di organizzare un ’’culto in memoria”. Quale senso si possa dare a
una iniziativa del genere e e rimane
per la fede riformata un problema irrisolto. Significativo è che finora nessun gruppo lo abbia organizzato. E
probabilmente non lo organizzerà mai,
proprio perché i culti alla memoria
non hanno posto nell’ambito delle
chiese protestanti!
Tutto sommato, continuo a pensare
sempre di più che la chiesa di Bobbio non abbia sbagliato invitando gli
alpini a partecipare al culto della comunità piuttosto che partecipare a
cerimonie il cui senso non è chiaro.
tor.
BOBBIO PELLICE
• La comunità ringrazia il pastore Roberto Nìsbet che ha
presieduto il culto la domenica
4 giugno.
• Purtroppo, causa l’epidemia
di morbillo, la partecipazione
deila Scuola domenicale al culto
della stessa domenica ha dovuto essere rinviata all’autunno.
• Presso la sua abitazione ai
Payant è deceduto il fratello
Luigi Durand Cantón, all’età di
73 anni. Negli ultimi tempi era
stato molto sofferente. Ai figli e
alla sua compagna rinnoviamo
l’espressione della solidarietà di
tutta la chiesa.
• Gradita sorpresa al culto
della domenica 18. Un numeroso gruppo di tedeschi di origine
valdese, provenienti dalle comunità di Palmbach e Untermutschelbach (Karlsruhe), accompagnati dal pastore Augenstein
hanno partecipato al nostro
culto. Molti di noi "fconoscono
bene il pastore Augenstein e
molti membri delle due comunità, perché la nostra corale è
stata ospite da loro per ben due
volte. È un legame simpatico
che Si mantiene e si approfondisce malgrado le difficoltà della lingua.
FESTA AL COLLE DELLA CROCE
Il tradizionale incontro italo-francese al Colle della
Croce si terrà quest’anno la domenica 23 luglio.
Il culto avrà inizio alle ore 10,30.
Prendete nota di questo appuntamento e salite numerosi per conoscere o ritrovare i fratelli e le sorelle in fede
che abitano le vallate di là dal confine!
Un vivo ringraziamento al pastore Alberto Ribet che, domenica 11 giugno, ha presieduto il
culto, a cui ha partecipato pure
il Coretto di San Germano, portando un contributo canoro molto apprezzato.
• Domenica 18 u.s. nel corso
del culto è stato battezzato il
piccolo. Roissano di Codino Pierino e Monnet Aldina.
Ai genitori i migliori auguri
affinché sappiano educare questo
bambino nelle vie del Signore.
• Hanno celebrato le nozze
d’oro Beux Bartolomeo e Jahier’
Silvina domenica 18 giugno mentre la domenica precedente hanno festeggiato i loro' trent’àrini di
matrimonio Travers Attilio e
Long Ida. ’ , '
Alle due coppie auguriamò di
poter continuare insieme il loro
cammino, sostenute daH’aiùto di
Dio.
ANGROGNA
Nel corso del culto al Capoluogo abbiamo salutato il gruppo dei giovani evangelici di Esslingen accampati alla «Barbota» che lo scorso anno hanno
collaborato ai lavori di ripristino dopo l’alluvione. Essi parteciperanno al culto di domenica
prossima.
Lunedì, 19 è giunto un gruppo
diaconale di Stoccarda che ' si
fermerà nella nostra Valle sin
verso la metà di luglio. (Questo
gruppo svolgerà un campo dì
lavoro per il rifacimento di una
parte del muro del tempio del
Serre in vista dell’ampliamento
dell’angolo « cieco » sulla strada
che va a Buonanotte. Tutti gli
angrognini che desiderano collaborare si mettano in contatto
col sindaco o col pastore. Grazie.
• Complimenti a Silvio Berlin, membro attivo della nostra
comunità, che ha ricevuto, domenica 18 c.m., il « Premio della
Fedeltà Montanara » assegnato
dalla Provincia di Torino.
LUSERNA I
SAN GIOVANNI
Organizzato dalla Società di Cucito « Le Printemps », domenica 25 giugno alle ore 15 nella Sala
Albarin, avrà luogo il tradizionale
BAZAR
con buffet e lotteria.
Tutti sono cordialmente invitati.
POMAREnO
RORA’
Due incidenti, uno dei quali
molto grave, si sono verificati
venerdì, 9. Riri Pavarin, della
Vernarea, è stato schiacciato da
un mezzo meccanico, a motivo
di una errata manovra del conducente, nel deposito-lavorazione di pietre adiacente alla stazione ferroviaria di Luserna. Ha
riportato la frattura del bacino
ed ha dovuto essere sottoposto
ad intervento chirurgico per
riattivare l’uretra e la vescica
che erano rimaste lacerate. Lo
attende ora un lungo periodo
di degenza. I nostri più fraterni
auguri per una completa guarigione. Il Concistoro ha deciso
di aprire una sottoscrizione per
manifestare la solidarietà della
comunità verso Riri che non
potrà per alcuni mesi, svolgere
alcuna attività. Le offerte vanno
consegnate ai membri del Concistoro.
Il secondo incidente a Federico Rivoira, precipitato dalla roccia su cui lavorava. Il salto di
oltre 7 metri gli ha provocato
una profonda ferita nella fronte senza però segni di lesioni
interne. È ormai stato dimesso
dall’ospedale di Luserna ed in
via di completa guarigione.
• Dopo due settimane di prove spericolate si è concluso il
rally automobilistico durante la
intera notte tra sabato e domenica. Il disagio della popolazione per manifestazioni di questo
tipo non è tanto il fatto di una
notte in bianco (e qualcuno si
si è anche divertito) quanto
piuttosto il pericolo a cui i
bambini soprattutto sono andati incontro durante le prove:
peccato che le autorità che concedono questi permessi non
provvedano ad inviare la polizia
stradale a controllare la velocità nel centro abitato. Il comune avrebbe potuto arricchirsi
di alcuni milioni di lire tutelando al tempo stesso l’incolumità
degli abitanti... C’è solo da augurarsi che questa sia l’ultima
edizione.
Hanno collaborato a questo
numero: Anna Albertina - Enrico Benedetto - Ivana Costabel - Dino Gardiol - Rocco
Giuliani - Luigi Marchetti Patrizia Mathieu - Teofilo
Pons - Paolo Ribet - Giorgio
Tourn - Renzo Turinetto.
TORRE PELLICE
Il culto ai Coppieri, a partire
dalla prima domenica di luglio,
sarà alle 9.
• Domenica pomeriggio i cat^histi,' i monitori e i responsabili del gruppo cadetti hanno avuto un incontro per valutare
l’attività di questo scorso anno
ed impostare il programma dell’anno prossimo.
• Il gruppo dei giovani si ritrova giovedì sera alle 20.30 per
proseguire la sua lettura dell’Apocalisse e programmare le attività estive.
• Sabato sera ha avuto luogo
nell’Aula Sinodale la replica
della serata offerta dal gruppo
Cadetti e dal Coretto per 1 restauri dei Coppieri, la collètta
ha dato L. 124.000.
Nella sala dei Coppieri l’Unione dei Coppieri ha avuto invece Una serata di diapositive sull’America Latina.
• Lunedi 19 all’Ospedale Valdese ha avuto luogo il serviziofunebre del fratello Alberto
Charbonnier. Ai familiari rinnoviamo la nostra fraterna simpatia.
VILLAR PEROSA
Una parola di gratitudine ai
giovani Enrica Rochon e Paolo
Ferrerò ed al pastore emerito
Lamy Coisson che hanno rispettivamente presieduto il culto
delle domeniche 28 maggio e
11 giugno.
• Domenica 11 giugno un
gruppo di bambini della Scuola
Domenicale con i loro genitori
ha effettuato la sua gita a Massello. Dopo aver partecipato al
culto coi fratelli 'di quella chiesa, siamo saliti alla Balziglia dove abbiamo visitato il locale Museo coi suoi sempre interessanti ricordi di storia del popolo
Valdese. '
______________ FRALI
• Domenica 4 giugno c’è stata
la gita dell’AVIS. Anziché scegliere una meta a caso, la comitiva è andata a Coazze. Cosi
quasi una ventina di noi si è incontrata con quei fratelli e quelle sorelle e con altri venuti da
zone diverse per il centenario
della fondazione della chiesa di
Coazze.
• Due incidenti, non gravi ringraziando il Signore, hanno turbato alcune nostre famiglie. Sabato 27 maggio Leontina Garrou
in Peyrot, di Orgere, lavorava
nei prati quando a causa delle
piogge precedenti una valanga
si è staccata dal monte precipitando nella sua direzione. Nella
fuga la nostra sorella si è lussata una spalla. Per rimetterla a
posto l’hanno trattenuta due
giorni all’ospedale Cottolengo
di Pinerolo.
• Il piccolo Ivano, di Emilio e
Miranda Richard di Ghigo, sabato 3 giugno è caduto dallo
scivolo nel parco-giochi di Prali
picchiando sulla base di cemento. Un esame al pronto soccorso
di Pinerolo ha permesso di dimetterlo subito perché non c’era
alcun allarme.
PERRERO
• Il pastore emerito Lamy
Coisson ha presieduto domenica scorsa il culto a Perrero ed
a Maniglia. Le comunità lo ringraziano per il suo apprezzato
messaggio.
• Domenica 25 c. m. la Corale
di Perrero sarà in visita alla
chiesa di Massello.
Ci rallegriaifiò della possibilità di questo incontro fraterno.
Domenica abbiamo avuto il
battesimo di Simona Bernard di
Margherita e di Davide Riceli di
Arturo e Olga Bleynat. Che il Signore aiuti i genitori a portare
questi bimbi ad una conoscenza
personale della fede.
• Il gruppo giovanile ha .distri
buito Un ciclostilato, che èj. stato
presentato al culto, sul problema degli handicappati, frutto
del lavoro di quest’anno, per
.coinvolgere un maggior-numero
di persone su questo grave problema. ' ’
• Sabato prossimo, 24 giugno
il Gruppo Teatro Angrogna presenterà nella sala del Teatro al
Convitto l’ultimo lavoro: « Pfalafera 1920» alle ore 20,30. La
commissione Sport Cultura Tempo Libero del Comune è la promotrice di questa serata. ■
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti nel mese di maggio
L. 2.053.450: Freundenkreìs der ,Waldenser Kirche, Esseri (Germania).
L. 300.000: Chiesa dei Fratelli, Torre
Pellìce.
L. 100.000: N. N.
l. 50.000': Castagno. Ida ; Laura Avondetto Rostagno (Tp).
L. 42.000: Un gruppo di colleghi di Marisa Pontet, in mem, della sua marrima«
L. 30.000: In mem. della zia Evelina
Taccia-Rostan, Selti Alberto e mamma; Luigia e Margherita ; Girardon, in
mem. de! fratello Davide; Irma Mussano (To); Pastore-Bertot Irene (Roma).
L. 25.000; Chollet Pierre « Choeur Parois?ìaI grandes Roches », Morges;
Gay Cornelio, in occas. del XVII febbraio '78 (To).
L. .20.000: In mem. di Giulio Bellion,
Matildine; P.E.S., in mem. nostri cari ; Julìette Balmas, in mem. di mio
marito; Cannariato Giuseppe e Germana; Tinette e Rina Bertin, in mem.
di Luisa Pontet.
L. 10.000: Maria Baridon ved. Bonnet,
in metti, del marito Daniele; Vlttone
Rosetta, in mem. dello zio Alfieri Pellegrin; Romano Alberto, in mem. suoi
cari defunti ; Niny e Piero Boer, in
occas. nascita della nipotìna Alessandra Fiorenza; Mina Signorettì, in
mem. deila sig.ra Luisa Pontet; Unione Femminile di Angrogna; Erica
Martini Armand-Pilon, ìn mem. di
Bruno; Gìordan Maddalena, in mem.
miei cari; Sorelle Romano (Vercelli); Stecchetti Vittoria (Genova);
Coniugi Capello Besson, in mem. di
Enrica Bellion.
L. 5.000: Gustavo e Laura Bastia, in memoria di Davide Girardon; Pauline,
Liliana e Gustavo, in mem. di Davide
Girardon; LiUne Beux, in mem. dì
Pontet Luisa (osp. Asilo); Reynaud
Lea (osp. Asilo); Odin Desoline ved.
Tourn; Paglianì dr. Adriano (Mi);
Paschetto Caterina, in mem. della cognata (To); Vittone Rosetta, in mem.
del sìg. Giulio Bellion.
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« Io sono la risurrezione e la
vita; chi crede in ine anche se
muoia, vivrà » (Giov. 2: 25).
Dopo lunghe sofferenze è mancato
all’affetto dei suoi cari
Emilio Matthieu
di anni 78
Ne danno il triste annuncio la moglie Piera Piana, le figlie Mary e Giuliano con le rispettive famiglie, le sorelle e parenti tutti.
La famiglia ringrazia sentitamente
i Pastori Sigg. Alberto Ribet e Thomas
Noffke per la loro fraterna partecipazione.
LivOTno, 15 giugno 1978.
8
8
23 giugno 1978
ERITREA :
un popolo martoriato
che resiste da 16 anni
Anche se ora le etichette politiche sono cambiate, per la popolazione
eritrea è sempre I Etiopia che uccide, distrugge, tortura e opprime
Le radici più recenti dell’odierna situazione politica dell’Eritrea vanno ricercate nel periodo dell’occupazione britannica
(aprile 1941 - settembre 1952).
In quel jjeriodo il banditismo,
che era éndemic'o nella régione
almeno da qualche secolo, si intensificò e prese chiari connotati politici. Di quest’arma si servì
soprattutto l’Etiopia che mirava
ad annettersi l’ex colonia italiana; ma anche altre correnti politiche non rifuggivano dal praticare il banditismo.
La situazione si faceva tesa e
veniva polarizzandosi intorno a
due posizioni: quella dell’unione
con l’Etiopia e quella per l’indipendenza. Le Nazioni Unite, poco dopo la. loro costituzione, avvertirono la tensione ed inviarono numerose missioni per sondare l’opinione del popolo eritreo. Alla fine l’ONU optò per la
soluzione federativa: l’Eritrea
con costituzione, parlamento e
governo propri veniva federata
alla corona imperiale. L’imperatore Hailè Selassiè nominava un
rappresentante personale in Eritrea col compito di ratificare le
leggi votate dal parlamento eritreo; l’Etiopia inoltre si assumeva la responsabilità della difesa
e delle relazioni con l’estero e la
valuta etiopica diveniva l’unica
moneta con corso legale in Eritrea. Ma la presenza etiopica negli affari puramente interni dell’Eritrea si fece sentire subito
ed erose gli istituti federali fino
a farli abolire dall’Assemblea eritrea in una seduta pagliacciata
del Settembre 1962: l’Eritrea diventava la 14^ provincia dell’Etiopia. Il giorno dopo, nel caso che
alla popolazione venisse qualche
velleità di protesta, gli aviogetti
dell’aereonautica etiopica sorvolavano a bassa quota Asmara ed
altre città principali del territo
rio, mentre le forze terrestri davano segni inequivocabili della
loro presenza.
Fronte di Liberazione
Na^eva allora il FrOTÌte di Liberazione dell’Eritrea (noto come ELF dalla sigla del nome inglese del movimento). Erano gli
eredi di una rivolta armata di
abitanti del bassopiano occidentale contro i soprusi ' dei governanti federali di Asmara ai danni delle loro terre. È da tener
presente però che anche durante
la federazione, alcuni fuoriusciti
politici avevano formato gruppi
per rindipendenza del loro paese ed erano molto attivi nei contatti con la gioventù che si recava all’estero per studi.
Da principio l’attività del movimento di liberazione era molto
limitata e non si distingueva da
quegli atti di banditismo che or
Bruno Tron, dall’autunno scorso pastore della
Chiesa valdese di Messina,
ha trascorso là sua vita in
Eritrea. Sulla base di questa conoscenza diretta ha
curato questo servizio che
proseguirà nel prossimo
numero con una panoramica suila situazione religiosa, con particolare riferimento alla Chiesa Evangeiica dell’Eritrea.
mai nella regione erano diventati la consuetudine. Alla fine degli anni ’60 però il movimento
cominciò a far sentire la sua presenza militare; il governo di Addis Abeba rispose con la tattica
della terra bruciata. Migliaia di
SCHEDA STORICA
Al ceppo originario delle popolazioni camitonilotiche, nel corso di
diversi secoli in era precristiana, si innestò la cultura
semitica che le massicce immigrazioni di popolazioni arabe portavano soprattutto dallo Yemen. Fu da questo connubio che nacque la civiltà
axumita il cui regno, nel periodo di massimo splendore,
copriva grosso modo la regione corrispondente alle provincie del Tigrai e dell’Eritrea fino alla costa a Sud di
Massaua (e nel periodo di
massima estensione anche
parte della prospiciente fascia
costiera della penisola araba
al di là del Mar Rosso).
Verso il KKX) d.C. cominciò
la decadenza del regno axumita éd il peso del potere imperiale si spostò sempre più
verso il Sud all’interno dell’acrocoro etiopico; la regione eritrea rimase così al margine del nuovo impero etiopico.
Nel le» secolo l’impero ottomano estese il suo dominio su Massaua e col tempo
impose il suo controllo sulle
grandi vie carovaniere che
attraversavano la regione verso il Sudan. Fu questo per
l’Eritrea un lungo periodo di
anarchia caratterizzato dalle
scorribande dei piccoli signori della guerra che seminavano terrore e distruzione
fra le popolazioni.
Nel 1886, l’Italia, partendo
da Massaua, dette inizio alla'
sua avventura coloniale africana conquistando quel territorio che è fino ad oggi
chiamato Eritrea. L’opposi
zione all’avanzata italiana fu
più che altro un fenomeno
locale; il neo impero etiopico che si stava allora consolidando ad Est, Sud ed Ovest
di Addis Abeba, non dovette
vedere di mal occhio l’intrusione degli italiani ai suoi
confini settentrionali. La reazione avvenne più tardi alla
fine del secolo scorso quando gli italiani vollero spingersi più addentro verso l’Etiopia propria (battaglia di
Adua).
Gli italiani si dettero da
fare per costruire strade e
città nella neo-colonia, impiantarono le prime aziende
agricole e dettero l’avvio ai
primi embrioni di industrie.
Nel 1935 l’Eritrea fu il trampolino da cui prese l’avvio
l’avventura imperiale dell’Italia. Alla conquista delFimpe,ro presero parte nunìfirosè
truppe di « ascari eritrei ».
Dal giugno del 1940 fino alla fine del marzo 1941 l’Eritrea conobbe la sua parte del
secondo conflitto mondiale.
Gli inglesi, provenienti dal
Sudan entrarono in Asmara
il lo aprile 1941 e vi rimasero
per undici anni e mezzo. Fu
sotto gli inglesi che la coscienza politica eritrea si irrobustii e si diversificò in varie tendenze: quella pro-etiopia, quella indipendentista,
quella dell’unione con il Sudan (almeno per il bassopiano occidentale) incoraggiata
dagli inglesi, e quella di pochi che volevano di nuovo la
amministrazione italiana. Vista l’esiguità degli aderenti a
questa tendenza e l’anacronismo della medesima, l’Italia
del dopoguerra simpatizzò
per gli indipendentisti.
abitanti furono costretti ad abbandonare i loro villaggi (per lo
più di capanne) che venivano rasi al suolo dai soldati del Negus.
Più di una volta a'wenne il massacro degli abitanti di quei villaggi da eu) er^o partiti i guerriglieri per le loro azioni (o almeno tale era la supposizione
del governo). Il numero dei prigionieri politici cominciò a salire vertiginosamente e così anche a'wenne per il numero dei
profughi che scappavano nel Sudan; ma aumentò anche il numero dei guerriglieri e dei loro
sostenitori. La politica di oppressione e di soppressione alienava
le popolazioni eritree, che vedevano nel governo del Negus un
governo di stampo chiaramente
coloniale.
Nel 1974 scoppiò la rivoluzione
militare non cruenta in Etiopia.
Cominciò proprio con l’ammutinamento delle truppe di stanza
in Eritrea nel mese di febbraio
e culminò con la deposizione del
Negus in settembre. Il cambiamento in Addis Abeba fu salutato con gioia in Eritrea, perché si
sperò che l’ormai lungo conflitto
sfociasse in una soluzione pacifica; tanto più che il capo della
giunta militare era un generale
di origine eritrea, che fu accolto trionfalmente dalle popolazioni della provincia durante il suo
giro colà nell’estate del 1974. Ma
la sua uccisione, per mano dei
colleghi della giunta, diede un
brusco colpo a tutte le speranze
di pace.
Scissione
Il fronte di liberazione si era
intanto scisso; da un paio di anni si era formata un’ala più motivata ideologicamente di tendenza marxista che si chiamò Fronte Popolare di Liberazione dell’Eritrea (EPLF). Aveva elementi
ben addestrati nella guerriglia e
disciplinati. I due fronti si combatterono spietatamente sia in
territorio eritreo che su quello
sudanese (divenuto un po’ il santuario dei ribelli). La popolazione, ormai conquistata alla causa
indipendentista tentò a più riprese la conciliazione fra le due fazioni, ma con scarsi risultati anche perché l’ELF era indebolito
da gravi contrasti interni. Un
riavvicinamento a'wenne verso
la fine del 1974 quando apparve
chiaro che la giunta di Addis Abeba non aveva nessuna intenzione
di mollare l’Eritrea e nel febbraio del 1975 i fronti sferrarono un violento attacco contro i
presidi militari di Asmara. Da
allora le truppe di Addis Abeba
continuarono a perdere terreno,
la guerriglia era ormai guerra.
Questo successo militare dei
fronti si spiega sia con ima accresciuta capacità organizzativa
dei fronti che con un più completo appoggio della popolazione, ma anche nel cedimento del
morale delle truppe etiopiche
che si arrendevano a centinaia
negli ultimi due anni. Entro la
fine del 1977 i fronti arrivarono
al controllo di più del 90% del
territorio eritreo. Addis Abeba
aveva in mano Asmara, Massaua,
Assab ed un paio di città minori
senza avere tuttavia il controllo
delle vie di comunicazione terrestri.
Interessi stranieri
Naturalmente la posizione strategica deH’Eritrea non poteva
mancare di richiamare l’interesse e l’intervento delle potenze
straniere. Gli americani erano
presenti in Etiopia fin dal 1942
sia come istruttori e fornitori
deH’esercito imperiale, sia con
una presenza militare diretta
con la base di comunicazioni di
Asmara. La base venne ridotta
quattro anni fa ed è stata chiusa
su richiesta del governo di Addis Abeba neH’aprile dell’anno
scorso. Verso la fine degli anni
60, numerosi furono gli istruttori e i consiglieri militari israeliani proprio nelle operazioni antiguerriglia in Eritrea, ed è naturale che fosse coisì, perché gli
israeliani hanno un interesse vitale nel Mar Rosso che gli stati
arabi, sostenitori dei ribelli, volevano chiudere alla navigazione
israeliana.
Per contropartita, la Russia,
per motivi ideologici e dunque in
opposizione al regime feudale del
Negus, e per motivi espansionistici, ha appoggiato fino a ieri i
fronti di liberazione, non direttamente però, perché vi erano pure dei rapporti economici fra
l’Etiopia e la Russia. L’appoggio
era dunque dato via Libia e Yemen del Sud per il rifornimento
di armi per lo più cecoslovacche,
mentre Siria e Irak addestrava
no i guerriglieri. Alcuni guerriglieri avevano anche rice-vuto il
loro addestramento in Cuba.
Da quando però la giunta di
Addis Abeba ha ufiìcialmente abbracciato il marxismo-leninismo
come ideologia di stato, le parti
si sono capovolte. .L’esercito di
Addis Abeba, potentemente armato dai russi e rinvigorito dalla presenza numerosa dei cubani
è passato alla contro-offensiva
con risultati facilmente immaginabili: ulteriore distruzione e
terrore. Già sono giunte notizie
dirette dei massicci bombardamenti aerei su tutti i centri principali delle zone controllate dai
fronti; gli eccidi della popolazione eritrea che qualche anno fa
erano perpetrati dai soldati del
Negus armati dagli americani
oggi sono perpetrati dai soldati
della giunta militare armati dai
russi. Per la popolazione, ormai
compatta dietro i fronti di liberazione, è sempre e comunque
l’Etiopia che uccide, che distrugge, che imprigiona, che tortura,
che opprime, anche se le etichette sono cambiate.
Un vsuccesso militare ietiopico,
almeno temporaneo, sarà quasi
sicuramente inevitabile (così come è avvenuto nell’Ogaden) ed i
fronti dovranno biasimare la loro incapacità di accordarsi. Al
principio dell’anno scorso una
vigorosa spinta unita ed unanime avrebbe quasi sicuramente
fatto crollare le ultime resistenze etiopiche prima che cominciasse la poderosa iniezione di
armi dalla Russia; ma i fronti
erano preoccupati di chi si sarebbe impadronito del potere in
un’Eritrea libera, così le lotte ed
i sacrifici di sedici anni rischiano di essere vanificati.
C’è però un’opera dei fronti di
liberazione che comunque porterà frutto ed è la capillare educazione e responsabilizzazione della popolazione eritrea premessa
di un autentico processo di democratizzazione; sono solo alcuni semi gettati in questi pochi
anni di lavoro, ma il terrorismo
del regime di Addis Abeba difficilmete riuscirà a soffocarli del
tutto.
LA GUERRA HA ROVINATO LA GIÀ’ PRECARIA ECONOMIA DEL PAESE
Terra avara e bruciata
GEOGRAFIA
Posizione: sia geograficamente
che etnicamente l’Eritrea ha caratteristiche che si riscontrano
e nel Sudan e sull’altipiano etiopico. Con i suoi mille e più chilometri di coste lungo il Mar
Rosso e l’ottimo porto di Massaua, gode di una posizione strategica notevole.
Superficie: 117.600 kmq.
Popolazione : stimata intorno
ai 2 milioni di cui urbana 350 mila circa.
Conformazione: altipiano centrale parallelo alla costa degradante ad occidente verso il Sudan e tagliato da ripidi precipizi ad est verso la costa. In complesso l’Eritrea è un paese molto montuoso.
Clima : temperato sull’altipiano (oltre i 2000 m. sul l.m.), caldo nel bassopiano occidentale e
la fascia costiera. Torrido nella
depressione dancala. Le precipi, tazioni sono scarse.
ECONOMIA
L’economia di base è un’agricoltura di sussistenza (vari tipi
di granaglie) per altro insufficiente, per cui l’Eritrea dipende
dall’importazione di granaglie
sia da altre provinole etiopiche
che dal vicino Sudan.
Non sono un’eccezione le carestie o quasi carestie dovute a
scarse precipitazioni ed in misura minore a pestilenze delle
coltivazioni.
Abbastanza estesa la pastorizia: ovini e caprini sull’altipiano e bovini nel bassopiano.
L’industria ha avuto uno sviluppo soprattutto dopo la seconconda guerra mondiale, special
mente negli anni 50. È quasi tutta concentrata in Asmara e Massaua. È principalmente industria
tessile, vetraria, ceramica, alimentare, fiammiferi, abbigliamento, edilizia. Gli italiani hanno avviato molte officine meccaniche e di trasformazione del legno poi rilevate da eritrei.
È superfluo dire che l’attuale
situazione ha infierito un colpo
tremendo all’industria eritrea.
Minerali : tradizionale la rac
colta del sale marino e terre
stre, sfruttati alcuni giaciment
d’oro. Di recente una compagnia giapponese di prospezioni
minerarie ha trovato interessan
ti giacimenti di rame. Da sfrut
tare è la ricca energia geotermi
ca della depressione dancala. So
no state fatte anche ricerche di
giacimenti petroliferi lungo la
costa, ma i risultati non sono
mai stati resi noti.