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■ ------ Anno 113 - N. 49
- 9-dicemiii'e 1977,* L> 200
Spedizione m abbonamento postale
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X0066 TORRE FELL ICE
delle valli valdesi
SETTI MANALE DEI I F CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
TEMPO Dt AVVENTO - LA DIVINITÀ' DI GESÙ - 2
Uomo o più che uomo?
La sostanza del messaggio cristiano non è né la divinizzazione dell’uomo, né il suo esser senza Dio, ma l’incontro, l’alleanza tra Dio e uomo. Questo afferma la divinità di Gesù
Non ha considerato come
a Dio... Egli è il Signore.
Sono sicuro che se restassi al punto in cui ci trovavamo la settimana scorsa, molti lettori ne sarebbero scontenti. Vogliono di più. E io
cercherò di dire di più, avvertendo, come ho già fatto, che su un argomento come questo si possono scrivere dei volumi. Ma se si
possono scrivere dei volumi,
si dovrebbe anche poter scrivere una colonna di giornale, che dica, magari, l’essenziale.
In verità, ritengo già abbastanza centrale quello che
dicevo la settimana scorsa.
La divinità di Gesù significa veramente la fine dei falsi dèi di questo mondo. Il
dogma della divinità di Gesù Cristo è giusto solo quando dice questo. Non c’interessano le sue affermazioni
astratte, ma la forza contenuta in esse. Il dogma è vero mentre parla con la lingua della denuncia: non prima e non dopo, altrimenti la
nostra non sarebbe una teologia di viandanti.
Possiamo però anche vedere le cose da un altro punto di vista. L’angolatura diversa è necessaria se si vogliono vedere tutti i lati della questione. Un oggetto non
lo possiamo vedere da tutti
i lati, se non ci spostiamo:
così dobbiamo spostare il
nostro punto di osservazione anche ora.
Insomma: nel caso dell’idolo, un falso Dio si mette al posto di quello vero.
Ma ci sono altre possibilità.
Nell’antichità era piuttosto
frequente un altro genere di
relazione tra uomo e Dio:
si pensava in un altro modo.
Per esempio si riteneva probabile che un uomo venisse
premiato da Dio ed elevato
a sé a causa della perfezione
delle sue virtù. Potremmo
dire che veniva divinizzato.
Oggi questo modo di pensare mi sembra completamente scomparso. Gli antichi gli
erano molto favorevoli.
Oggi direi che sia più facile pensare che l’uomo prende il posto di Dio e lo rimpiazza a tutti gli effetti. Questo rientra nello stile della
nostra civiltà moderna. La
storia in qualche modo ha
portato l’uamo moderno alla tentazione di sostituire
Dio. Ma possono gli uomini
mettersi al posto di Dio
senza provocare un’altra
specie di idolatria e di schiavitù? Questa è la domanda
che resta aperta.
una preda il fatto di esser uguale
(Filippesi 2 : 6, 11)
Gesù non è l’uomo che si
sostituisce a Dio, non è neppure l’uomo divinizzato, ma
è Dio stesso che prende il
posto che gli spetta. Fissiamo un momento queste
idee.
La divinità di Gesù non è
una sfida alla divinità di
Dio, come non è neppure
l’incensamento della natura
umana da parte di Dio, ma
è sostanzialmente la possibilità data ai credenti di incontrare il loro Signore. A
che scopo? Per vivere e per
predicare il dono della libertà nel servizio a tutti gli uomini.
Cerchiamq di dire ancora
meglio, in positivo, come
hanno fatto i Riformatori,
rifacendosi agli antichi dogmi ecclesiastici, dogmi che
proprio essi hanno valorizzato, riscoprendone il significato profondo. Gesù è Dio
stesso nella nostra storia, il
lievito nella pasta, il seme
nascosto nella terra, l’incognita che rende problematica la nostra esistenza, ma
anche la chiave che permet
te di risolvere l’equazione.
Che cosa si potrebbe dire
di più preciso? Gesù è Dio
nel suo patto di amicizia
con l’uomo. Egli rende essenziale il dono dell’incontro con Dio, come un incontro che si può fare, senza lasciare questa terra e la sua
umanità. La sostanza del
messaggio cristiano non è né
la divinizzazione deH’uomo,
né il suo esser senza Dio, ma
l’incontro, il patto, l’alleanza tra Dio e uomo. Questo
afferma la divinità di Gesù.
Sergio Rostagno
DOPO L’ULTERIORE STRETTA REPRESSIVA IN SUD AFRICA
Quale sarà la risposta
delle chiese?
Ambiguità e compromessi in un documento del sinodo della Chiesa
riformata olandese sulla discriminazione razziale nel Sud Africa
Si è molto parlato in questi
ultimi tempi del Sud Africa. Ne
sono stati motivo la chiusura
di tutti i giornali e di tutte le
organizzazioni negre, la morte
di Steve Biko, dirigente della
«convenzione del popolo negro»,
ed i « disordini » che ne sono
seguiti. In tal modo molte persone si possono illudere di conoscere abbastanza la situazione politica e delle chiese in Sud
Africa. In realtà si tratta sempre c solo di parti di un mosaico a cui si devono aggiungere
ancora molte tessere per avere
una qualche completezza.
Una di tali tessere potrebbe
essere un documento approvato
nell’ottobre del 1974 dal Sinodo
della «Chiesa Riformata Olandese» (Nederduitse Gereformoerde Kerk) ed ora diffuso
anche in traduzione francese.
In tale documento, partendo
da una indagine biblica sulle nozioni di razza e di popolo, si afferma categoricamente che « la
Bibbia . proclama l’imità fondamentale di tutte le creature umane, come pure l’equivalenza
fondamentale di tutti gli esseri
umani, in altre parole la loro
parità di valore. Si tratta qui di
un punto essenziale... La Bibbia
(Gen. 1, 2, 10) respinge l’idea
pagana di una diseguaglianza
insita nelle razze e negli individui ».
« La Scrittura ci insegna che
questa visione di una umanità
unica, divisa in un certo numero di razze, di popoli e di nazioni diversi, è conforme alla
volontà di Dio. Le chiese riformate non sono concordi nel considerare Torigine di queste diversità "etniche”...».
Ribadisce anche che non è
possibile appoggiarsi sulla maledizione di Cam (Gen. 9: 2427) per motivare la posizione
di asservimento di alcuni popo
li. Esamina quindi con cura i
vari elementi che compongono
la popolazione del Sud Africa
(binachi, negri, meticci, asiatici)
cercando di determinare storicamente lo sviluppo dei rapporti tra questi diversi gruppi e le
attuali difficoltà.
Del gruppo negro si dice che
« risiede in città, in borgate e
villaggi dell’Africa del Sud, in
zone separate che sono loro affidate e che essi stessi amministrano, almeno nel caso delie
grandi città e delle regioni note
con il nome di « Territori Nazionali Bantu » (Homelands),
che sono regioni discretamente
ampie tradizionalmente riconosciute come terre tribali e che
sono loro attribuiti con apposito
decreto. Essi sono amministrati
dai diversi gruppi tribali africani e l’attuale politica di sviluppo separato applicata dal
governo prevede di farli pervenire, non appena vi saranno
preparati, allo stadio che li vedrà completamente indipendenti dal Sud Africa».
Passando ad esaminare il problema della mano d’opera che
per vivere è costretta a lasciare la sua abitazione per recarsi nei territori «bianchi» nelle
miniere e nelle industrie, riconosce che tutta l’economia del
paese è legata a questo fenomeno e afferma che, se questo
dovesse cessare improvvisamente, « questo colpirebbe molto
duramente gli “homelands”». È
certo lecito domandarsi se non
ci troviamo qui già a un momento di grave deformazione
della realtà. Infatti non è solo
l’economia degli « homelands »
che ne sarebbe colpita, ma l’intera economia del Sud Africa,
in primo luogo proprio l’economia «bianca».
Sembra che il Sinodo non voglia ammettere che il lavoro
della popolazione di colore è essenziale alla economia di tuttofi
paese. E questo entra perfettamente nella logica, del sistema
sud africano: non voler ammettere che la popolazione di colore abbia una qualche importanza e quindi implicitamente che
il Sud Africa sia una nazione
in cui bianchi e neri hanno qualcosa da spartire.
Invero è tutta l’organizzazione dello sviluppo sud africa. no, così come è stato unilateralmente irripostato dalla parte
«bianca » della popolazione che
è estremamente problematica e
■ colpisce il fatto che il Sinodo
non lo abbia rilevato. Creare
dei « territori nazionali bantu »
equivale appunto a emarginare
i lavoratori negri in zone a loro riservate, in cui certo si amministrano indipendentemente,
ma che cosa significa in realtà
questa « indipendenza »? Semplicemente che per vivere essi
dovranno sempre essere lavoratori migranti, nelle condizioni
peggiori che si possano immaginare. Se già oggi è particolarmente odioso il sistema vigente
che richiedé ad ogni cittadino
di colore di essere munito di un
apposito documento di polizia
per recarsi nelle zone « bianche» (il che impedisce alle donne di visitare i loro mariti che
vi lavorano e che sono passibili quindi di arresto), domani vi
sarà una frontiera ancora più
rigida, con controlli più severi
e maggiori difficoltà burocratiche per ottenere il necessario
passaporto.
Il Sinodo afferma bensì che
«il lavoro migratorio dovrebbe
essere gradualmente soppresso
nella maggior misura possibile», ma in questo pare muover
Bruno Bellion
(continua a pag. 7)
Paura e
preghiera
Ancora terrorismo. Vorremmo
poter parlare d'altro, ma lo faremmo solo nascondendoci la cupa realtà in cui viviamo e abituandoci ad essa. Così dopo l’assassinio del giornalista di Torino
e quello del giovane lavoratore
di Bari, (in luoghi e modi diversi, ma espressioni di un unico vasto disegno politico), la violenza
terrorista ci impone una nuova
vittima, lo psichiatra nuovamente di Torino. Mi pare che questo
ultimo attentato sia tipico del
disegno che muove la lucida follia di chi spara. Da una parte far
leva sull'indignazione della gente
comune e costringerla a prender
le parti anche di chi (come questo medico degno dei lager, allontanato dal suo posto per il
suo uso disinvolto dell’elettroshock) non è altrimenti difendibile; dall’altra far leva sulla rabbia di chi vede dilagare l’inefficienza, l’ingiustizia e l’impunità,
inducendolo ad ammettere anche
ciò che non è ammissibile, la pretesa dell’autogiustizia, la violenza assassina.
E al di là di queste strumentalizzazioni dell’indignazione e della rabbia, nelTintento di provocare un. massiccio spostamento
a destre della società italiana
(all’insegna della reazione e del
« tanto peggio tanto meglio »), la
leva più potente: la paura. Con
preoccupante « normalità » la
paura spinge oggi a tacere e tirarsi indietro di fronte a un furto o a un’aggressione a cui si assiste per la strada; spingerà domani a tacere e. tirarsi indietro
di fronte ad una involuzione politica?
Siamo immuni da queste strumentalizzazioni e da queste tentazioni? Badiamo bene, noi credenti, perché la paura seminata dalla violenza può anche essere coltivata dalla pietà. Il past. Enos
Mannelli segnala una preghiera,
stampata in Germania, ma forse
ripetuta sotto molti cieli, commentandola nella rubrica « a colloquio con i lettori ». Ne riportiamo qualche stralcio:
Ti supplichiamo, impedisci che i terroristi vengano al potare nel nostrò
paese.
Signore, abbi pietà, Tu solo puoi aiutarci, Tu possiedi la potenza nel cielo
e sulla terra.
Ti imploriamo, lascia fallire nuovi
tentativi di assassinio e di prendere
ostaggi e ricopri con il tuo Sangue i
minacciati perché siano protetti dagli
attacchi delle tenebre.
Signore, abbi pietà...
Ti suppliehiamo, proteggi tutti coloro che ricercano i terroristi e guida
le loro decisioni.
Signore, abbi pietà...
Ti imploriamo, aiuta i giudici e tutti coloro che sono in posti per difendere il diritto, affinché siano saldi sul
fondamento del diritto e della giustizia anche se sono minacciati.
Signore, abbi pietà...
Oggi è vitale che come cittadini, e insieme alle forze vive e sane del nostro Paese, opponiamo
il muro del rifiuto al tentativo di
sovversione violenta preparandoci con calma e determinazione ai
tempi forse dolorosi che stanno
davanti a noi. Ma come credenti
è altresì vitale che noi non permettiamo alla paura di inquinare oltre al nostro buon senso anche la nostra fede e il nostro rapporto col Signore. Molte cose abbiamo da chiedere per pater vivere nel nostro tempo come uomini e come credenti, ma una cosa non abbiamo da chiedergli: di
santificare la nostra paura.
Franco Giampiccoli
2
2 a-.—
i-ft
9 dicembre 1977
T
itìl-U'i OÓVUi
Dalle chiese
a colloquio con i lettori
CREMONA
PALERMO
La Pesta della Riforma è
stata celebrata dalla coniunità
di Cremona domenica 6 novembre con un culto di santa Cena.
La partecipazione dei menibri
di chièsa è ktata-quasi totale.
Neiroccasioiie è stata indetta
una raccolta di Offerte il cui ricavato sarà usato per interisiflcare le varie iniziative di evangelizzazione.
Inoltre il tema della Riforma
è stato dibattuto la sera del 3
novembre^ durante la coiisuerfa
riunione settimanale di studio
biblico introdotta dal nostro pastore Giuseppe. Anziani. Numerosi, come sempre, gli interventi anche non evangelici. ^
• Domenica 20 novembre ha
avuto luogo, nella nostra sala,
una conferenza-dibattito sul tema ; « Cristiani, vangelo e nonviolenza». Ha introdotto il pastore Jean Lasserre della chiesa
riformata di Francia. Molto
chiara ed incisiva la parola di J.
Lasserre, come pure di rilevante interesse gli interventi da parte di parecchi presenti. Buona la
partecipazione del pubblico che
ha vivamente apprezzato il contenuto dell’argomento trattato e
le sue persuasive conclusioni.
• Proseguono, ogni giovedì,, gli
incontri di studio biblico tenuti
dal nostro pastore Anziani, i
quali sono seguiti con evidente
ed accéso interessa anche dai giovani non evangelici che partecipano con assiduità.
BORDIGHERA
Martedii 11 corr. ci ha improvvisamente lasciati per la Patria
celeste la nostra sorella Emma
Jalla all’età di 74 anni. La sua
dipartenza non ha rattristato
soltanto i suoi familiari ma tutta la Comunità e la vasta cerchia degli amici e dei conoscenti, che hanno sempre apijfezzato in lei le doti che le erano proprie: fermezza di carattere, vita attiva, fede, salda, sempre
messe in atto nel suo lavoro di
infermiera prima, e poi, per im
lungo periodo di anni, di istitutrice in famiglia.
La nostra Unione femihinile
la annoverava fra i suoi membri
più attivi e il vuoto che con la
sua dipartenza si è prodotto nelle sue fila è pafticolarmente
grande.
Ricordandola con affetto e
con riconoscenza ripetiamo alle sorelle, al fratello ed a tutti i
congiunti l’espressione della nostra viva simpatia fidando insieme con loro nella grazia consolatrice del Signore.
• Riunitosi ai primi d’ottobre
il Consiglio di Chiesa ha accettato con gioia la richiesta di cqP
laborazione pervenutagli da parte del Centro diaconale « La Noce» ed ha dato incaricò al paSt.
A. Bertolino di tenere dei corsi
biblici (N. B- da nòn leggere « lezioni di religione») in alcune
classi della scuola del Centro.
• Domenica 16 ottobre dopo
che la nostra deputata ha fatto la relazione dei lavori sinodali, l’assemblea hà deciso:
a) di avere un incontro; ógni
domenica dalle ore 10 alle 10,45
per discutere problemi vari;
b) di tenere il tempio aperto durante alcune ore della settimana e alcuni fratelli si sonò
impegnati ad accogliere i visitatori e dare ad essi la loro testimonianza.
• Anche quest’anno un buon
gruppo di adulti segue un corso di catechismo per essere ammesso in chiesa.
• Il moderatore past. Aldo
SbaflB, essendo venuto a Palermo per la seduta del Comitato
Generale del Centro diaconale,
domenica 20 novembre è stato
in mezzo a noi e alle óre 10 ci
ha parlato della situazione della nostra chiesa in Italia e alle
ore 11 ha presieduto il culto. Lo
ringraziamo per questa sua visita e ci auguriamo che presto
possa tornare in mezzo a noi
dedicandoci un po’ più di tempo.
• Ci rallegriamo con la decana della nostra comunità, la
sorella , Giuseppina Carrozza,
che ha compiuto il suo 91° anno ed è sempre vispa, in gamba,
tànto^ che continua a fare i suoi
lavori : all’uncinetto.
BARI
La comunità di Bari durante
il mese di settembre ha preso
congedo dal pastore Enrico; Corsani che, avendo conclùso i 1.4
anni di ministerio a Bari, ,è stato trasferito a Brescia. La comunità, estremamente grata al
pastore Corsani per la sua opera appassionata e illuminata,
che ha permesso alla comunità
stessa di essere ampiamente cO'
nosciuta ed apprezzata nella città a seguito dei molteplici
interventi del pastore Corsani a
tavole rotonde, dibattiti e conferenze pubbliche, gli ha voluto
porgere il suo saluto sia in forma di incontro fra comunità e
pastore la sera del 10 settembre, sia con un culto solenne
con S. Cena la domenica 11 settembre. Ad entrambi gli incontri essa ha partecipato compatta e commossa, poiché una permanenza così; lunga è proficua
non permette un facile distacco.
Inoltre la comunità ha anche
preso pommiato dal' fratello Aldo Varese, che per lungo tempo
ha sostituito il pastore Corsani
durante gli ultimi anni e che si
è prodigato nella cura delle due
comunità' di Bari é di Cprato
con slancio é dedizione.
Successivamente, la domenica
25 settembre ha avuto luogo l’insediamento del nuovo pastore
Pièro Santoro, che è. stato preséntàto' alla comunità dal Sovrintendente di circuito pastore
Pino Arcangelo. La comunità di
Bari augura al nuovo pastore
di poter trOvarè in essa quel calore e quella collaborazione che
non sono rtiai mancati ai pastori precedenti e che egli ha certamente lasciato nella sua comunità di Catanzaro.
Incontro
della C.EV.A.A.
La Comunità Evangelica d’Azione Apostolica (CEvAA) ha
organizzato un seminario internazionale di studio a Torre Pellice che si concluderà giovedì 8
dicembre. Una trentina di partecipanti, provenienti da diversi
paesi dell’area europea occid.
hanno dato vita ad un serrato
confronto sulle singole situazioni è parallelamente hanno affrontato lo studio dell’epistola
ai pilippesi. Lo' studio biblico e
■ il ..dibattito sulla realtà missionaria della chièsa sf sono alternati a momenti di riflessione e
culto guidati, ogni giorno, dai
rappresentanti di ogni; nazione
che. partecipa ài seminario- Nel
prossimo numero daremo ‘più
ampie infOrihazioni su questo
incontro internazionale della
CEvAA che, per la prima volta,
si,svolge nèlle Vàìli valdesi..,;^ I
Protestantesimo in TV
Trasmissione dell’ll dicembre
■rete 2, dopo il telegiornale della
notte. , .
FIGLIUOL DI DAVIDE
Perché? Chi era Da'vide?
Presentazione di questo personaggio déH’Antico Testamento
attraverso alcuni episodi famosi
e in riferimento a Gesù.
TRIBUNA LIBERA
Fede cristiana = anticomunismo?
In merito alla nota che Aurelio
Mauri Paolini ha scritto circa le dimissioni . di Giorgio Girardet e mie dalla
Biennale di Venezia, (Eco-Luce n. 47)
settore del dissenso religioso, la questione fondamentale è evidentemente
quella di sapere se Girardet ed io siamo stati coinvolti a titolo personale oppure « come delegati ufficiali di organismi rappresentativi del mondo protestante ». La risposta è molto semplice: Girardet ed io abbiamo ricevuto
dal Presidente della Biennale una lettera personale contenente un invito
altrettanto rigorosamente personale a
far parte del gruppo preparatorio del
settore « religione ». Il mondo protestante e tanto meno i suoi organismi
rappresentativi non hanno avuto assolutamente nulla a che fare con questa vicenda. Il fratello Mauri Paolini
ha ragione quando afferma che il titolo (ma non l’articolo) con cui La
Repubblica ha dato notizia delle nostre
dimissioni si prestava ad equivoci, ma
si tratta di equivoci che noi non abbiamo certo favorito : la nostra lettera a
Ripa di Meana, scritta su carta intestata personale, non lasciava la minima ombra di dubbio, come risulta dal
testo degli articoli pubblicati su questa vicenda anche da altri giornali
(Paese Sera, L’Unità, L’Avvenire, Panorama, PASCA). Dunque, può darsi
che io mi sia macchiato e mi macchi
di settarismo ideologico, di arroganza
del potere, in quanto membro di quel
« ristretto gruppo di gestori del potere
consentito ai protestanti italiani » nel
settore microfono e video, come dice
Mauri Paolini. Ho sempre cercato di
lavorare al servizio di tutto il protestantesimo italiano ma accetto di buon
grado che questo possa essere messo in
discussione, sempre e da chiunque. Però, la storia della Biennale proprio non
c’entra a questo proposito e altri argomenti dovranno essere messi in campo.
Quanto al merito della nostra decisione di ritirarci dalla Biennale, naturalmente si può essere d’accordo o in
disaccordo. Bisognerebbe però conoscere tutta la storia, che è più complessa di quanto la stampa e la stessa lettera di Ripa di Meana aWAvanti non
lascino intendere.
Ad ogni modo, per parte mia continuo a ritenere che il convegno « religione » sarà impostato in base alla
formula, per me unilaterale e inaccettabile : vera fede cristiana = anticomunismo assoluto = Conseguente
martirio. Do atto a Ripa di Meana che
questo non avviene per scelta sua, ma
a causa del vicolo cieco in cui interessati Consiglieri lo hanno fatto trovare.
Infatti, egli ha confessato onestamente
la sua incompetenza in materia di religione e troppo tardi si è accorto che
il gruppo preparatorio che gli era sta
to suggerito non era affatto pluralista :
assenti fin dall’inizio i cattolici di ogni
tendenza (esclusa Pestrema destra); assenti fin dall’inizio gli studiosi laici
(esclusa l’estrema destra); assente già
alla seconda riunione l’unico studioso
ebreo, dov’è il « rigoroso pluralismo »
di cui parla Ripa di Meana? Qualcuno lo aveva messo sull’avviso e ne era
nata la decisione di invitare anche Girardet e il sottoscritto, ma la cosa non
poteva funzionare, e non ha funzionato. Non potevamo francamente pretendere che i cristiani dell’est da noi
interpellati, cristiani in posizione critica rispetto alla situazione delie loro
chiese e rispetto al tipo di socialismo
esistente nei loro paesi, ma non anticomunisti, accettassero di venire a Venezia avendo come soli interlocutori i
nemici giurati delle loro chièse e dei
loro paesi, fuoriusciti che da decenni
operano in noti centri occidentali di
propaganda e di azione anticomunista
spesso collegati ai servizi di sicurezza
americani. Perché tali erano le persone che Scalfì e Codevilla avrebbero
invitato al convegno (non si tratta di
illazioni, abbiamo avuto da loro un
elenco scritto).
Ad ogni modo, il convegno dovrebbe
essere alle porte, e giudicheremo dai
fatti.
Renato Malocchi
Preghiere
a senso unico
Caro dÌJ’®ttore,
allegata alla presente troverai una
preghiera • « per il tempo della paura
e del terrorismo » stampata in Germania in questi giorni '{vedi stralci riportati neir articolo di 1* pagina.
N.d.E.). Credo che' èssa mostri, a chi
ancora non lo avesse capito, che esiste
la preghiera a a senso unico »; cioè si
prega solo perché il Signore sventi i
piani dei terroristi e dei rapinatori o
benedica le indagini della polizia. Non
si prega perché il Signore faccia ravvedere coloro che con la loro « cultura » guidano il popolo, lo determinano nelle scelte (e chi sì oppone à queste viene perseguito come « terrorista »)
o detengono il potere politico ed economico. Molti, anche fra noi, pregano
a « senso unico » in Italia : contro il
terrorismo, gli scioperi, le rapine e
per l’ordine poliziesco, la pena di morte, il ministro dell’Interno, ecc., ma
c’è da chiedersi se questa intercessione è nel « nome di Gesù ». Io credo
che questo tipo di preghiera sia un
voler reclutare il Padre del nostro Signore Gesù al nostro servizio. Non è
più luì a condurre i credenti nelle
lotte, ma sono questi che gli dicono
dove e in che modo Egli deve agire.
Questo modo di pregare Dio ha dato
dei nefasti risultati, come appare dalla
testimonianza biblica (1 Samuele 4).
Grazie per l’ospitalità e fraterni saluti.
Enos Mannelli, La Spezia
Parzialità...
Caro Sig. Direttore
Nel n. 45 del 17.11 ho letto quello
che ha scritto Ferruccio Giovannini.
Le dirò che sono rimasto dolorosamente stupito e un senso di ribellione mi
ha invaso. Ho letto e riletto quello che
ha scritto. Vorrei domandargli se nella
Luce legge solo quello che gli inte. ressa e con prevenzione a se la legge
tutta e con spirito libero da ogni preconcetto. Parla di quell’alto personaggio Brasiliano che rispose a Paolo VI
dicendogli che in Brasile tuttO; neammina alle ,;miile meraviglie,! Io voglio
ricordargli che Se della ^Russia òvdelW
Cecoslovacchia sì pá'íla^mé^O die‘'dell’America Latina (dico meno perché
se avesse letto bene La Luce, avrebbe
visto anche le critiche fatte alla Russia
come alla Cecoslovacchia nel suo lato
negativo. Altro che senso unico), è perché sì è meno informati e La Luce
non sì accontenta di leggere solo una
rivista cattolica e prenderla come oro
colato. Secondo: se La Luce mette Taccento sull’America Latina c’è la sua
ragione. In America Latina abbiamo
molti fratelli nella fede e credo sono
più fcredibili che non appunto quel
tale alto personaggio Brasiliano. Io
stesso che scrivo ho vissuto per qualche decade in quel paradiso e perciò
parlo con conoscenza di causa per essere stato presente prima, durante e
dopo il quartelazo e ho sofferto nella
mia propria carne. Non ho sentito ma
visto. E quando quel servo di Dio
che è il Pastore Vinay {anche se è senatore) parla del Vietnam non parla
per aver udito ma visto. Anche Cristo
visto come vede le cose Giovannini potrd)be essere accusato di andare in
senbo unico. Giovannini, non ha mai
letto quello che ha scritto e detto il
vescovo Brasiliano Helder Cámara più
volte proposto per il premio Nobel della pace? Meno male che non tutti la
pensano come lui de a La Luce ».
Basta che legga nello stesso N. 45
quello che scrivono i fratelli calabresi dove della Luce si dà un ben altro
apprezzamento.
Suo in Cristo
Cattaneo Alcibiade, Genova
...e contraddizioni
Rispondo alla lettera di Ferruccio
Giovannini del n. 5 in data 11.11.77
dal titolo « Il torto e la ragione : quando la chiesa sì immischia di polìtica »
(...).
(..») Il Giovannini dichiara che non
possiamo mai sapere dov’è il torto e
dove la ragione. Dalla risposta dell’alto
personaggio brasiliano a Paolo VI, io
non vedo affatto perché dovrei rinunciare a proseguire senza limiti dì tempo la ricerca della verità; per arrivare
a stabilire chi ha torto o ragione, in
quanto il comportamento delle autorità brasiliane non può essere assolutamente giustificato come una contromisura ad altrettante supposte altrui
violazioni di diritti civili e legali.
Inoltre avrei voluto leggere la risposta di Monsignor Camara aH’intervento di Paolo VI, presso l’ambasciatore brasiliano in merito alle violazio
ni dei diritti umani in quel paese, piuttosto che quella di un esponente deir
le autorità brasiliane. (...)
E vengo alla condanna del pastore
evangelico Vins Petrovic a cinque anni di carcere, per la sua fervente fede
cristiana, che ci dovrebbe toccare tanto da vicino.
Ebbene viene riferito che questi ha
fatto pervenire una lettera al pastore
Giùseppe Laiso, direttore della missione cristiana per le chiese perseguitate,
il quale si è rivolto ali’O.N.U., aH’ambasciatore soviètico a Roma, ed anche
all’onorevole Berlinguer, ma senza ottenere risposta.
Tutti costoro avrebbero potuto benissimo rispondere negli stessi termini
dell’alto personaggio brasiliano, ma
hanno evitato di farlo.
In conclusione vorrei fare notare la
contraddizione nella quale cade il Giovanninì, il quale dopo essere stato tanto fermo nella sua pretesa di tenere
separati la fede dalla politica, lamenta il fatto che « La Luce » finge di
ignorare il caso di Vins Petrovic.
Ma allora se è far politica il parlare
a favore dei torturati nel Brasile o
Cile, non è fare altrettanto il parlare
del Petrovic?
Ma è solo un « far polìtica », oppure
è un nostro compito dì cristiani intervenire, quando possiamo, a favore di
chi è torturato o vittima dell’ìngiusti
zia umana :
Panero Luciano, Torre Pellìce
Fine del Comandi?
Non intendo parlare solo dell’opera
pedagogica svolta ammirevolmente dall’Istituto Comandi per mezzo della
Chiesa Valdese e di quella dei Fratelli
e per la fulgida collaborazione di tutti
gli evangelici italiani , ed esteri, opera
sempre ispirata al suo fondatore (come
giustamente riporta L’EcoLuce del 20
settembre scorso), ma desidero soffermarmi a valutare le decisioni intorno
alla villa ed al terreno annesso. Ho letto, se ho ben capito, su notiziari e su
L’Eco-Luce che probabilmente sarà
posto in vendita tutto redificiò con
Tànnesso terreno. E’ mai possibile che
tanto lavoro, tanti sacrifici, tante speranze e tanto slancio evangelico, si trasformi adesso in un freddo alto di vendita? ^ E soprattutto in un periodo in
cui lirgOnó sanè istituzioni, come foresterie (a prezzi accessibili), convalescenziari, ospedali, istituti di lungodegenza, sbarazzarsi dell’area cornandina
a me sembra del tutto controproducente alle intenzioni di chi tanto lavora a
questi fini e va proprio cercando case,
ville e terreni per realizzare quanto
detto! Dunque le nostre istituzioni cadrebbero una ad una come un castello
dì cartapesta? Si scrive e si osanna
alle nuove iniziative per preparare la
funzione di un Gould-Comandi-Pestalozzi ed il potenziamento del Gignoro;
e ciò come a consolazione per quanti
han fatto qualcosa per Cristo nel servizio verso il prossimo, talvolta al di
fuori delle comunità denominazionali.
Tutto ciò sarebbe apprezzabile nella
misura in ou,i sì potenziasse davvero
quello che già c’è (cioè villa e terreno
agricolo) quali immense fonti di ricchezza, senza ricorrere a vendite disastrose e scoraggianti.
Con vero piacere si apprende che il
Gignoro vorrebbe aprire un’ala per i
non autosufficienti, colla contribuzione
generosa di tanti e per il quale sarei
ben lieto contribuire anch’io. Ma intanto si potrebbe iniziare mobilitando la
bella villa Comandi, panoramica e contornata da vasto terreno alberato perfino a frutteto.
Apriamo gli occhi prima di fare
delle scelte prive di vocazione cristiana
e fidiamo nell’aiuto dell’Eterno che ci
vuole suoi servitori attraverso la carità ed il quale ha detto: a Io sono la
Luce del mondo ».
Elio Giacomelli, Livorno
Rettifica
Caro Direttore,
a proposito di Nobel ad Amnesty International (« Eco-Luce » n. 43) ritengo opportuna una breve rettifica. Nel
1974 non fu Peter Benenson a ricevere il Nobel, bensì il Presidente
Sean Mac Bride. Benenson si era staccato da Amnesty fin dalla fine del
1966 e non se ne interessò più. Mac
Bride nel 1974 era presidente, da dieci anni.
Cordialmente.
Gu.stavo Comba, Torre Pellice
Hanno collaborato a questo
numero: Giuseppe Anziani Ivana Costabel - Franco Davi te - Dino Gardiol - Vincenzo Nigro - Teofilo Pons - Cipriano Tourn - Giorgio Tourn.
3
9 dicembre 1977
DIBATTITO SULLA FEDERAZIONE
Il “patto,, di unione tra le
comunità si è indebolito?
E' trascorso un anno dalla 4“
Asisemblea federativa di Bari, e
fare il punto della situazione può
essere utile e soprattutto ci permette di essere « onesti con Dio
e con noi stessi ».
Dodici anni dal 2° Congresso
evangelico e dieci daH’Assemblea
costituente di Milano sono pochi
e tanti ad un tempo. Nel 1965
sembrava possibile avviarsi verso una testimonianza evangelica
unitaria che fosse il superamento delle funzioni del Consiglio federale delle chiese, verticistico e
basato, nella realtà dei fatti, sul
principio di « fare insieme ciò
che era impossibilè o difficile fare da soli ». Non ci si attendeva
una unità istituzionale di tutto
r evangelismo italiano, ma un
uscire dal nostro guscio, di minoranza religiosa che si difende da
una realtà esterna soverchiante,
per un rilancio della testimonianza evangelistica; il motto
« uniti per l’Evangelo » ne dimostra per lo meno le intenzioni e
gli auspici.
Due anni dopo, alla costituente
di Milano, si dovette constatare
che solo una parte, e non quella
numericamente più rilevante, vi
aderiva; ma la delusione maggiore per la Federazione giovanile,
promotrice di questa linea federativa, fu che in quella sede non
riuscì a passare la proposta di
un « patto di unione delle comunità » che permettesse di rendere
attuabili i quattro punti qualificanti espressi nel preambolo dello statuto:
— la natura missionaria della Chiesa,
— il sacerdozio universale
dei credenti,
— la molteplicità dei doni e
dei ministeri.
Iniziative
per i migranti
L’esecutivo del Servizio migranti della PCEI si è riunito
sabato 26-11 ad Altamura (Bari).
Già da tempo sono state individuate quattro linee di azione :
1. Coordinare e potenziare le
attività per e con gli emigranti
e i loro familiari costretti a
tornare nelle zone d’origine.
2. Tener desto l’interesse delle chiese italiane ed estere sui
problemi degli emigranti.
3. Appoggiare quegli organismi che lottano contro le cause
dell’emigrazione sollecitando iniziative in tal senso.
4. Appoggiare ed avallare iniziative nelle zone soggette a emigrazione per creare o potenziare cooperative di produzione
favorendo la formazione di una
mentalità cooperativistica.
Proprio su questa quarta linea si è concentrato il lavoro
della riunione dell’esecutivo. Infatti, su iniziativa di due comunità evangeliche pugliesi si sta
per creare una cooperativa zootecnica a Gravina di Puglia che
in un periodo di circa 5-6 anni
potrebbe dare lavoro ad oltre
150' persone. Ad Altamura invece c’è il progetto di sviluppo di
una cooperativa tipografica già
esistente che dovrebbe permettere la creazione di 5-6 posti di
lavoro entro il 1980.
Le due iniziative — che non
hanno carattere confessionale —
non sono gestite dal Servizio
migranti che non ha questi fini.
Esso ha esaminato i progetti, li
ha fatti valutare da esperti, li
ha appoggiati perché le chiese
evangeliche estere contribuiscano finanziariamente nel caso
della cooperativa zootecnica a
dare un fondo iniziale in dotazione e per la cooperativa tipografica a favorire tramite contributi e prèstiti agevolati il suo
svilunno.
Infine in questa riunione si è
preparato e programmato materiale pubblicabile da parte di
giornali e case editrici evangeliche.
— la Chiesa locale intesa come elemento ecclesiologico primario.
Perché questa linea possa dare
i frutti sperati, un decennio è un
tempo troppo breve; d’altra parte in questo periodo si sono avuti: la confluenza di gran parte
delle comunità dell’ Amei nell’Unione battista ed il processo
di integrazione valdese - metodista. E non è poco!
Ma in questi anni sono accaduti, in Italia e nel mondo, tanti e
tali avvenimenti da avere difficoltà a riconoscere come eravamo dodici anni addietro rispetto
a ciò che siamo oggi. Ovviamente
la contestazione studentesca del
’68-’69, le lotte politiche e sindacali delle masse lavoratrici in
Italia, i carri armati a Praga, il
Cile, la vittoria vietnamita, solo
per fare alcuni esempi più significativi, hanno influito anche sulle nostre chiese; come siano cambiate, non è questa la sede per
una analisi. Constatiamo solo
che per alcuni l’ideale federativo
è venuto ad affievolirsi e dall’auspicato « patto di unione tra le
comunità » si è arrivati alla ricerca dell’« unità nel sinodo »;
per le chiese battiste, invece, c’è
■stato un cambiamento in un altro senso: da una mentalità da
« opera missionaria » che guarda
oltre-Atlantico per la propria sopravvivenza, si è passati o si sta
rapidamente passando ad una
autonomia non solo e non tanto
economica. Perché non degeneri
in individualismo egocentrico,
molti sentono la necessità di indirizzare sempre più fortemente
questa autonomia in senso federativo, congeniale alla pratica
congregazionalista.
Forse per queste diverse evoluzioni non ' ci siamo « incontrati »
aU’appuntamento della 4“ Assemblea di Bari. Di chi è la responsabilità, di qualcuno che è andato
avanti, o forse indietro, oppure
di chi è arrivato in ritardo? Non
serve a nulla ricercare un « colpevole », è invece utile capire a
che punto siamo, programmare
con chiarezza il lavoro in comune ed usare con coerenza i mezzi
più idonei per realizzarlo.
Con una votazione fatta forse
con leggerezza da quanti non volevano trasformare la FCEI nel
Consiglio federale del passato, a
Bari si accantonarono i temi del
materiale preparatorio (cf. l’opuscolo: Crisi e Speranza), che erano « estroversi », cioè tentavano
di allargare l’orizzonte del lavoro federativo. Si preferì esaminare le possibilità teoriche di allargare la Federazione.
FGEI : opposizione
alla nuova bozza
del Concordato
URSS
Richiesta d’amnistia
per i reati d’opinione
In occasione del sessantesimo anniversario della Rivoluzione d’ottobre il past. G. Spilt
e il dott. A. H. van den Heuvel,
rispettivamente presidente e segretario della Chiesa Riformata
olandese, hanno inviato un messaggio a M. Léonild Breznev, invitandolo a considerare la possibilità di celebrare questa ricorrenza concedendo un’arhpia
amnistia a tutti coloro che in
U.R.S.S. sono detenuti per motivi politici e culturali. In particolare il messaggio prende 'posizione a favore di coloro che
reclamano l’applicazione dei diritti dell’uomo, degli ebrei che
desiderano lasciare l’URSS e
dei cristiani di tutte le denominazioni a cui è riconosciuto solo il diritto di partecipazione
alle attività di culto, ma non
quello di vivere la loro fede nella concretezza di ogni giorno.
Abbiamo in questi due fatti
due tentativi di predicare l’Evangelo nel concreto dei problemi attuali che meritano di essere seguiti per la loro puntualità
e tempestività.
(SPR)
È fuori discussione che, allo stato dei fatti, salvo eccezióni significative, l’allargamento sarebbe
una riesumazione del Consiglio
federale, affinché tutto l’evangelismo italiano faccia insieme
quanto ciascuna chiesa farebbe
male da sola (radio, televisione,
scuole domenicali, consulenza legale). Uno degli interventi più autorevoli deH’Assemblea di Bari a
favore di un allargamento il più
possibile ampio, aveva il suo
punto focale nel « rinserriamo le
fila in vista di tempi ancora peggiori »; così si valorizzano solo le
istituzioni ecclesiastiche, tentando di coinvolgere quelle « non federate » in una collaborazione
che, per le differenze teologiche,
di interpretazione della realtà e
del come intervenire in essa, non
potrà non essere generica.
Ed ora ci troviamo a fare i
conti con la contraddizione della
esistenza di una Federazione,
creata per esprimere la testimonianza unitaria, alla quale si chiede di svolgere una funzione introversa e di sussidio alle strutture denominazionali; ogni iniziativa del Consiglio o dei Servizi della Federazione può essere
facilmente interpretata come uno straripamento e gli stessi Servizi sono giudicati utili o disutili
in rapporto più alle strutture denominazionali che alle comunità
come tali, con le quali un tentativo di aggancio diretto o tramite le federazioni regionali può
essere visto ^ con un certo sospetto.
Per le chiese battiste « l’unità
nel sinodo » non è attuabile; il
preambolo dello statuto della
Federazione per esse è il punto
di partenza ed il traguardo allo
stesso tempo, una ricerca ed una
realtà in divenire. Su queste basi l’autorità di qualunque sinodo
nazionale o regionale viene sempre messa in discussione; in altre parole, l’Unione battista è già
in un certo senso una federazione di comunità, per le quali, salvo che per l’aspetto patrimoniale
e per altri, certo importanti, il
tipo di vita e l’andamento interno, la collaborazione tra loro e
con altre chiese non sono mai
imposti dall’Assemblea generale
o dal Comitato esecutivo dell’UCEBI. Qualcuno forse crede che,
per la storia passata, così poco
congregazionalista, di quella che
fu l’Opera battista in Italia (sotto la guida dei missionari prima
e poi di un capo « carismatico »),
sia possibile in un prossimo futuro un tipo di integrazione con
le chiese battiste su base sinodale; se è così, si tratta di scarsa
informazione ed errate valutazioni.
Quindi far chiarezza vuol dire:
o che le chiese federate riconoscono la Federazione come « loro
stesse quando si confrontano reciprocamente e con la realtà non
evangelica », delegando di conseguenza funzioni e compiti ampi
ad essa, chiedendole che inventi
nuovi campi di attività, favorendo un legame sempre più stretto
e diretto con le comunità, oppure, anche senza cambiare nome,
si prende atto che si vuole tornare alle funzioni del Consiglio federale di un tempo. In questo caso però la struttura organizzativa della Federazione deve essere
coerentemente trasformata: l’Assemblea triennale abolita, il Consiglio formato da rappresentanti
delle dirigenze denominazionali,
nominati dalle stesse, un patto
di collaborazione ben preciso al
posto dello Statuto. L’attuale lavoro del Consiglio FCÈI potrebbe essere svolto con minor dispendio di energie e con maggiore incisività.
Per qualcuno (la FGEI, i battisti « federativi » e forse altri)
questo potrà essere interpretato
come un passo indietro; poco male, peggio sarebbe rimanere impantanati nell’equivoco attuale!
Il chiarimento potrà avvenire in
un anno o più, in ogni caiso pri
ma della 5‘ Assemblea della Federazione del ’79, ma il dibattito
deve iniziare subito.
Giuseppe A. Mollica
Il Consiglio della Federazione
giovanile evangelica italiana, riunito a Roma il 12-13 novembre
1977, ritiene positivo il fatto che
finalmente il testo della « nuova
revisione » del Concordato sia
uscito dagli ambienti, riservati
della trattativa e sia stato, fra
l’altro, anche in seguito alla tempestiva azione critica esercitata
dalle chiese evangeliche (vedi
Nota informativa diffusa dalla
Tavola valdese e conferenza
stampa della Federazione chiese) reso disponibile alla discussione di tutti. Questa avvenuta
pubblicizzazione permette infatti di rilanciare, in riferimento a
precisi contenuti, la lotta per il
superamento del regime concordatario, nella quale da tempo la Fgei si è impegnata, accanto a molti altri laici e credenti.
Nel merito del nuovo testo, il
Consiglio ravvisa sia pure all’interno di alcune modificazioni
positive, il permanere dì punti
inaccettabili quali: a) il mantenimento dell’impostazione confessionale nell’insegnamento religioso previsto nella scuola
pubblica; b) le norme riguardanti il regime giuridico-fiscale
degli enti ecclesiastici; c) la riconferma della giurisdizione canonica in materia matrimoniale;
d) il fatto che le norme previste consentono a molti enti di
evadere l’applicazione della legge 382 sulla pubblicizzazione dell’assistenza.
Tutto questo è particolarmente grave dal momento che, nel
nuovo testo sono scomparse alcune premesse teoriche che
« giustificavano » la precedente
impostazione confessionale, e in
primo luogo è scomparso il riconoscimento della religione cattolica come religione di stato:
dal che si deduce che il prin
cipio della laicità dello stato,
pur affermato da tutti in. teoria,
viene vanificato nel concreto.
Il Consiglio della Fgei, di
fronte a questi dati di fatto,
constatato inoltre che le varie
critiche e proposte di miglioramento avanzate nei mesi scorsi
sia da ambienti cristiani che
laici non sono state recepite
quando toccavano questioni di
sostanza, non può che ribadire
la pròpria opposizione a jquesta
nuova revisione, dal momento
che in essa permangono sia privilegi per la chiesa cattolica, sia
discriminazioni fra i cittadini,
entrambe inaccettabili.
Il Consiglio invita pertanto i
gruppi Fgei, le comunità evangeliche a mobilitarsi contro questa proposta di revisione :
a) portando nelle varie sedi dei partiti e delle organizzazioni politiche laiche e democratiche i contenuti concreti di
questa opposizione, e chiedendo
loro un impegno preciso a non
avallare questa revisione qualora i punti sopra citati non vengano modificati; b) discutendo,
in collegamento con gruppi cattolici. comunità di base, gruppi
di cristiani per il socialismo, le
forme e le modalità di una lottó
efficace a questo progètto, é
portando in quésta discussione
il contributo specifico che viene
da una visione evangelica dèi
rapporti fra stato e chiese.
Infine il Consiglio segnala, come momento importante di approfondiménto e di confronto
sul pluralismo, sullo stato è sm
suoi rapporti con le chiese, il
convegno previsto ad Agape (Torino) dal 27 dicembre al 1 gennaio prossimi dal titolo: «stato,
democrazia, lotta per il socialismo: quale ruolo per le comunità cristiane?», (da CNT n. 36).
PORDENONE
Ricordando Iddo Corai
« Cosa di gran momento è
agli occhi dell’Eterno la morte
dei suoi diletti» (Salmo 116; 15).
Quale tremenda realtà la morte! Ma quanto consolante è sapere in che considerazione è
tenuta dall’Eterno !
Per noi uomini la niorte è fine, scomparsa, separazione definitiva da tutto e da, tutti; naa
per l’Eterno è l’incontro con
una creatura che gli appartiene ! Non ci dice Gesù che Diò
non è l’Iddio dei morti, ma dei
viventi? E se l’essere credenti
consiste nell’unione spirituale
con Dio (mediata unicamente e
solamente da Cristo), che nessuna cosa può distruggere, come, allora, non pensare ohe neppure la morte fisica può separare il credente dal suo Creatore? Il peccato è ciò che ci separa da Dio. Ma, quando i suoi
legami sono spezzati dalla grazia e mediante la fede in Gesù
Cristo abbiamo stabilito con
Dio un rapporto di figliolanza,
la morte è vinta e sommersa
per sempre. È così che il credente parla del suo Dio, come
di Colui che, dopo avergli fatto
grazia, lo libera dai legami del
peccato e della morte.
« I suoi diletti ». Chi sono i diletti dell’Eterno? Sono creature
semplici, che si studiano di piacere a Dio, cercando di essere
d’esempio nel parlare, nella condotta, nella fede, nell’amóre, nella castità; e, a motivo di ciò
conoscono l’arte di farsi degli
amici e di riscuotere stima e simpatia.
Il fratello Iddo non è più tra
noi: è andato incontro al suo
Signore che amava con fede e
sincerità di cuore. Egli conosceva quell’arte di farsi degli amici ed è per questo che ha lasciato dietro di sé rimpianto e senso di vuoto. Fra le qualità che
aveva e che sapeva tradurre in
pratica c’era la sua capacità di
mettere a proprio agio con la
sua bonomia e discrezione chi
entrasse in rapporto con lui.
Era buono, morale e tutti quel
li che lo hanno conosciuto hanno ricevuto qualcosa da lui; ma
se pensassimo solo questo di
Iddo, rischieremmo di non capire la sua figura di credente e
non coglieremmo Feredità spirituale che egli .òi ha lasctàtoCon la sua fedelià.-al Signore
egli ha voluto dirci che l’ùòmó
diventa veramente tale,...allorché
diventa libero dalla “schiàvitù
del peccato; ed è libero, se Efio
lo libera. La libertà del cféderite in Cristo è una conquista della fede e consiste nella ritrovata condizione di figliuoli di Dio.
E quando si è figliuoli di Dìo
non si può non riscuotere stima, simpatia, affetto ; non si
può non essere buoni, aperti,
fraterni, seguendo l’esempio di
Gesù. Ed il fratello Iddo lo aveva capito.
V. N.
TORINO
Una merenda calda
Ogni giorno, per tutto il periodo
iiivernale, viene offerta una merenda
calda in un locale accogliente e riscaldato dove ci vien data l’opportunità di rivolgere una parola amica e tanta simpatia umana ad una quarantina
di persone per lo più sole e malferme
nella salute. Tutto ciò, anche-se può
sembrare insufficiente, non immaginate con quanta riconoscenia.iyiaBe.^'flP"
prezzato. • f;(" *
Perciò, ancora una vòlta OÌ; permettiamo di sollecitare la Vostra, generosità cristiana, onde aiutarcij a continuare a svolgere questa costante
azione di bene a favore del nostro prossimo meno fortunato!
Per farci pervenire la Vostra offerta,
potere servirvi del nostro c.c.p. 2/3962
intestato all’Esercito della Salvezza 10125 Torino, o altri mezzi a Voi più
comodi.
A nome loro vi ringraziamo e vi salutiamo nel Signore.
Antonietta e Biagio Garone
Ufficiali responsabili
4
9 dicembre 1977
IL PASTORATO FEMMINILE NELLA CHIESA VALDESE
Il cammino percorso
e quello da percorrere
Dopo il riconoscimento sinodale de^ 1962 gli ultimi quindici anni sono stati decisivi per l’inserimento dei ministeri femminili
ri 1977 ha segnato per la Chiesa valdese Tanno del suo più elevato « femminismo ». Degli otto
nuovi iscritti alla Facoltà di teologia, ben quattro erano donne.
Su tre consacrati al ministero
pastorale due erano donne. Una
percentuale finora mai raggiunta.
Se però oggi sembra normale
che una donna studi teologia e
venga consacrata al ministero
pastorale, non è sempre stato così nella Chiesa valdese: il pastorato femminile è stato una lunga e lenta conquista che la chiesa ha maturato negli anni.
Prima del 1950, una donna poteva seguire le lezioni di teologia,
a Roma, come « uditrice », senza
possibilità di essere regolarmente iscritta. Gli studi teologici
erano riservati in esclusiva al
sesso maschile. All’estero invece
le donne conseguivano già la
laurea in teologia, anche se il pastorato femminile era dovunque
ancora in discussione. Con la laurea in teologia, nei paesi a maggioranza protestante, le donne
potevano insegnare religione nelle scuole, dedicarsi alla carriera
imiversitaria, ed anche lavorare
nelle comunità, senza essere però titolari di parrocchia. Il mondo ecumenico affrontava in quegli anni, per la prima volta, la
possibilità di concedere anche
alle donne la consacrazione pastorale.
Anche vari Sinodi valdesi affrontarono il problema: il lungo
lavoro della Commissione per i
Ministeri Femminili fu coronato
dalTart. 31 degli Atti del Sinodo
del 1950: « Il Sinodo approva
l’istituzione dei Ministeri Femminili ausiliari; autorizza il Consiglio della Facoltà di Teologia
ad accettare le domande che
vengano presentate da parte di
studentesse, e dà incarico alla
Tavola, d’accordo col Consiglio
della Facoltà di Teologia, di studiare le modalità della loro preparazione e della loro posizione
amministrativa ».
Una vittoria a metà, dal momento che la Facoltà di teologia
apriva le sue porte alle donne.
non in vista del pastorato, ma di
« ministeri femminili ausiliari »,
che la Chiesa valdese avrebbe
istituito?
E’ stato questo, invece, il punto di partenza del lungo cammino per giimgere al « pastorato ».
In una Chiesa, tradizionalmente
maschilista, si affacciava per la
prima volta la figura della ragazza alle prese con testi di ebraico
e prove omiletiche, che, assieme
ai colleghi maschi, riesaminava
la propria fede e la propria vocazione...
Nel frattempo la Chiesa si
preoccupava di tracciare la linea
di studi, di preparare un ruolo e
di definire i compiti futuri per i
nascenti ministeri femminili.
Ogni Sinodo nominava una
nuova Commissione. Le discussioni si moltiplicavano, talvolta
accese: perché creare nuovi ruoli nella Chiesa, se già esisteva un
servizio femminile, quello delle
Diaconesse? La studentessa in
teologia, giunta a metà dei suoi
studi, sarebbe stata invitata a
vestire il velo della « diaconessa » e a continuare la sua preparazione presso la « Casa Madre ».
No. Sarebbe diventata una « diaconessa della Parola » senza velo.
Dato il suo inevitabile complesso di inferiorità, legato al
suo sesso, la sua preparazione doveva essere superiore,
non inferiore, a quella dei
maschi: dopo quattro anni di
regolari studi teologici, in tutto
uguali a quelli per il pastorato
maschile, sarebbe stata invitata
a seguire una Scuola per assistenti sociali (altri tre anni):
quindi la Chiesa valdese Tavrebbe accolta nei ruoli di « servizio
ausiliare ».
In ogni caso veniva scartato il
concetto di « pastorato femminile », ritenuto irrealizzabile nella
nostra Chiesa.
Infatti, il Sinodo del 1954 che
si trovò di fronte alla necessità
di decidere la sorte di studentesse che nel frattempo avevano
compiuto gli studi teologici, così
espresse il proprio orientamento: « Il Sinodo, udita la relazione
della Commissione sui Ministeri
Femminili, invita la Tavola ad
istituire un ruolo di Assistenti di
Chiesa, aperto alle sorelle che,
oltre a possedere i requisiti richiesti per i Pastori, abbiano
conseguito la licenza teologica
ovvero il diploma di un Istituto
per Assistenti di Chiesa. Le Assistenti di Chiesa esercitano un
ministero di cooperazione pastorale, con particolare riguardo alle visite, alTistruzione religiosa
e alle attività femminili. La posizione ecclesiastica ed amministrativa delle Assistenti di Chiesa è, in linea provvisoria, analoga
a quella degli Anziani Evangelisti; il loro Ministero è incompatibile col matrimonio » (Art. 32,
Atti Sinodo 1954).
Fu di nuovo una vittoria ed un
fallimento assieme. Preparate
più al pastorato che al nubilato,
le Assistenti di Chiesa ben presto
si sposarono, ed i ruoli rimasero
vuoti.
Naturalmente tutte queste erano ritenute tappe provvisorie in
vista dell’accettazione del « pa
Sinodo 1917. Su tre neo-pastori due sono donne: una percentuale che indica in prospettiva il crescente impegno femminile
nel servizio pastorale.
storato femminile » da parte della Chiesa valdese, che lentamente cominciava ad abituarsi alTidea di donne licenziate in teologia e all’opera nelle comunità.
La Federazione Femminile Valdese contribuì notevolmente a
riproporre il problema in Sinodi
successivi, finché, interpellate
comunità e Conferenze distrettuali, e raccolto il parere nella
grande maggioranza favorevole,
sia pure « con alcune riserve attinenti principalmente alle concrete modalità d’impiego ed a situazioni che devono trovare la
loro opportuna soluzione e disciplina in sede di sistemazione
del campo di lavoro e di regola
menti », il Sinodo del 1962 riconobbe « nelle Sorelle che siano
state a questo chiamate la piena
validità del Ministero della Parola » (Art. 17, Atti Sinodo 1962).
Le prime due donne vennero
consacrate al ministero pastorale nel 1967. Poi ne seguirono altre.
Il fatto più rallegrante è che
la Chiesa oggi, non solo riconosca alla donna la completezza
della missione pastorale, ma Tabbia accettata anche come « donna» nella sua umanità concreta,
come sposa e come madre. Ha
cioè capito fino in fondo la sua
vocazione.
Lietta Pascal
LA CLAUDIANA PUBBLICA L’ULTIMO LIBRO DI PAUL TOURNIER
Come educare l'istinto
di aggressione?
Nel suo ultimo libro, che esce
ora in italiano\ Paul Tournier
noto medico-psicologo svizzero,
cerca di spiegare, attraverso
una lunga panoramica storica e
psicologica, che cos’è e cosa è
stata la violenza per l’uomo.
« La violenza è talora biasimata, talora lodata, secondo il
campo in cui si trovano i censori o gli ammiratori. Essa pone perciò alla nostra riflessione
UNA VISITA GRADITA
Giuseppe Gangole
alla Facoltà di Teologia
Giuseppe Gangale, che ebbe
una parte essenziale nel rinnovamento teologico del protestantesimo italiano negli anni dal
1922 al 1934, dopo una vita dedicata allo studio dei fenomeni linguistici (egli è di madrelingua greco-albanese, ma ha
soggiornato a lungo anche all’estero, ' specie a Copenaghen,
dove dirige una sezione specializzata della Biblioteca Reale)
ha voluto ritornare sugli argomenti cari alla sua gioventù.
Grazie ad un contatto stabilito dal past. Carlo Gay e ad
una sovvenzione ricevuta per
questo scopo, la Facoltà valdese di Teologia ha organizzato
dal 14 al 18 novembre un corso
del prof. Gangale su «Introduzione a una teoria del linguaggio religioso ».
Ciò Che preoccupa Gangale
oggi (a 79 anni!) è la piccolezza del fenomeno valdese e la
relativa imponenza del pentecostalismo in Italia. Con molti
esempi tratti dalle sue conoscenze linguistiche egli ci ha voluto
rendere attenti alla ricchezza del
fenomeno religioso al di fuori
della teologia consacrata. Il protestantesimo, ha detto sostanzialmente Gangale, evita il numinoso (cioè in termini giornalistici : il sacro che fa impres
sione) per paura di creare un
concorrente a Dio.
Il protestantesimo deve però
rendersi conto della realtà pentecostale. Lo deve fare evitando due pericoli : il cattolicesimo da una parte e dall’altra la
dissoluzione della forza del sacro nella fllosofla o nei simboli
ideali.
Molti sono stati i momenti interessanti, a volte comprensibili
solo agli addetti ai lavori. Tra
le formule più riuscite: «il filosofo è un prete spretato » ( della lingua);« la miglior forma di
esser dotto è a volte quella di
interrompere la dottrina, chiudere la chiavetta e cessare di
esserlo, altrimenti non si va
avanti ».
Gangale si professa sempre
protestante. Egli ci ha dato una
testimonianza viva e molti spunti sui quali riflettere.
S. R.
NOVITÀ’ CLAUDIANA
PAUL TOURNIER
Uomo, potere e violenza
(pp. 208, L. 3.600, «Nostro tempo», n. 25)
— L’ultimo libro del noto medico-psicologo evangelico ginevrino (l’autore di Bibbia e medicina) affronta un tema di
grande attualità.
— L’esaltazione della potenza dell’uomo, tipica del nostro
mondo industrializzato, è la matrice profonda dell’attuale
scoppio di violenza. L’avvertimento di un uomo che lotta
da 50 anni per una rivalutazione della persona.
— Un libro personalissimo, ricco e profondo che si legge
d’un flato.
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1 - 10125 TORINO
dei problemi diffìcili che non si,
possono risolvere con un verdetto semplicistico: violenza colpevole o non colpevole, funesta
o feconda ». Dunque, la violenza è ambigua. Tournier prosegue nella sua indagine analizzando l’aggressività, che è una
forma della violenza umana.
« Essa non è più soltanto una
catastrofe che bisogna scongiurare, un brutto difetto che l’educazione deve correggere, uno
stato morboso che il medico deve curare, un delitto che il giudice deve punire. Non è una
perversione di alcuni, ma una
forza della natura che anima
ogni essere vivente, un dono
della vita che, secondo l’uso
che se ne fa, può avere gli effetti più felici o più disgraziati».
Rifacendosi a noti studiosi
dell’animo umano ( Freud, Melania Klein ecc.) e alle ultime
teorie biologiche, arriva ad affermare che « l’aggressività non
è un male necessario, è un bene, un beneficio finché non degenera in violenza distruttiva».
Interessahfe è il parallelo che
egli traccia ■: ¡fra l’uomo e l’animale: “nell’animale l’aggressione
ha una funzione di selezione tra
rivali e di ritualizzazione sociale, non arriva mai all’assassinio
reciproco nell’ambito della stessa specie; invece nell’uomo manca questo veto istintivo ed infatti egli si rivela capace di annientare i suoi simili.
Qual è dunque la strada che
l’uomo deve intraprendere per
impedire che la sua violenza distruttrice lo porti all’annientamento di se stesso e degli altri?
A questo punto siamo sul filo
del rasoio. Tournier cita Marcuse : « Bisogna instaurare un
nuovo modo di vivere che metta gli istinti d’aggressione al
servizio degli istinti di vita e
che educhi le nuove generazioni
per la vita e non per la morte ».
Ma l’umanità ha una possibilità di uscire dalla violenza che
lei stessa ha creato? Siamo diventati tutti dei robots cosi alienati da non saperci più vedere?
La crisi economico-sociale ha
rotto e spezzato qualcosa in noi ;
abbiamo creduto di poter dimenticare che eravamo solo degli uomini e non delle macchine. Ora siamo davanti al caos
che noi stessi abbiamo creato.
impotenti ed increduli come
bambini di fronte ad un giocattolo rotto.
Abbiamo perso il dialogo con
l’altro, la comunicazione esistenziale profonda nella coppia
perché non abbiamo tempo; abbiamo creduto che la libertà sessuale fosse veramente maturazione della nostra sessualità e
invece è diventata un avvilimento della persona, un oggettualizzarsi l’un l’altro ; abbiamo creduto di poter dimenticare l’umiltà
e la saggezza; noi sappiamo tutto... abbiamo creduto troppo in
noi stessi e nella tecnica.
La seconda parte del libro è
direi più originale e più valida
della prima, perché l’autore si
propone di spiegare, secondo
una sua ottica, che cos’è lo spirito di potenza che domina nella nostra società e quale sia il
rapporto che lo collega alla violenza sempre più dilagante. Persino coloro che scelgono di aiutare gli altri, medici, religiosi
compresi, apparentemente sembrano mossi da disinteresse ma
in realtà decidono di assumere
un bel ruolo, un ruolo di potenza. « Ricordiamo dunque che
vi è in noi, soprattutto in coloro che hanno le intenzioni più
pure, una volontà di potenza
abusiva e distruttrice che sfugge alla nostra introspezione più
leale e sincera».
Da buon psicoterapeuta Tournier riesce a mettersi di fronte
allo specchio e a vedersi; getta
la maschera e conclude che siamo tutti presi dallo spirito di
potenza: questo è violenza per
l’altro. Come uscirne? Bisogna
fermarsi, sapersi specchiare e
vedersi ancora come esseri umani e non macchine alienate, bisogna ritrovare la saggezza antica che è riflessione e meditazione.
Libro ricco e brillante per la
capacità che ha l’autore di dare
molto di se stesso e della sua
esperienza: merita di essere discusso e approfondito in alcune
sue parti, in particolare nelle
analisi politiche che ci sono parse carenti.
Rina Lidia Caponetto
' Paul Tournier, Uomo, potere e violenza (collana « Nostro
tempo », n. 25), Torino, Claudiana, pp. 208, L. 3.600.
5
9 dicembre 1977
- 5
«Cristiani e marxisti; il confronto oggi in Italia e l'esperienza sudamericana»
RICCA: confrontarsi col marxismo
in modo sobrio, leale e lucido ;
La lettera di Berlinguer riflette una concezione dello stato e della
storia che ha ancora una carica mobilitante?
Sobrietà senza
scetticismo
Miguez Bonino è convinto che
il compito del cristiano non è
di accordare una legittimazione
religiosa alla cosiddetta «terza
via » tra capitalismo e socialismo. Queste « terze vie » non
sono vie ma vicoli ciechi. I cristiani non sono chiamati a
prendere una posizione equidistante dalla destra e dalla sinistra, a rifiutare — come han
fatto i pontefici — da un lato
l’individualismo liberale e dall’altro il totalitarismo collettivistico. Essi non sono chiamati
ad accogliere «una miscela di
posizioni socialiste e capitalistiche », politicamente ambigue,
storicamente inoperanti appunto perché contradditorie (56).
L’A. dunque non sta in mezzo
ma da una parte. Non solo; ma
egli ricorda la posizione di Visser t’Hoof secondo il quale « la
maggiore obiezione cristiana al
marxismo dovrebbe essere diretta contro la sua pratica, anziché
contro la sua teoria » ( 67 ) mentre di solito accade il contrario.
« Il cristiano deve criticare il capitalismo in modo radicale, nelle sue stesse intenzioni di fondo,
mentre deve criticare il socialismo in termini funzionali, per
il suo fallimento nel raggiungegere il proprio scopo» (107).
Non solo, ma egli sostiene che
la critica di Marx alla religione
« presenta una somiglianza formale e sostanziale con la critica biblica dell’idolatria » ( 61 ) e
elenca una serie di punti in comune piuttosto consistenti (111113). Ciò nondimeno egli afferma che « se esiste convergenza,
tra cristianesimo e marxismo,
non lo sappiamo » e che « l’alleanza strategica » già vissuta in
America Latina tra cristiani e
marxisti « non può essere accettata in modo acritico» (111).
Insomma: cristianesimo e marxismo non sono complementari,
non li si può ridurre ad unità a
meno di snaturare l’uno o l’altro o entrambi. Non si sa ancora e non si può dire come andrà a finire. Questa sobrietà è
lodevole, anche perché è senza
scetticismo, non paralizza la
partecipazione.
Lealtà senza
timidezza
L’Autore è capace di dire dei
si, e dei no. Non ha alcun complesso di superiorità ma neppure alcun complesso di inferiorità. Egli rivendica la reciproca
autonomia sia del cristianesimo
che del marxismo. La sua argomentazione è «pulita», senza
contaminazioni. Il suo cristianesimo non è intriso di marxismo
e il suo marxismo non è trasfigurato dal cristianesimo. Riesce
a collegarli senza confonderli.
Ha, occasionalmente, ma su questioni decisive, il coraggio di dire che secondo il cristianesimo,
è vero tutto il contrario di quel
che afferma il marxismo. Ha il
coraggio di parlare di una « radicale messa in questione delle
basi filosofiche del carattere etico del marxismo» (107) o della
« fondamentale differenza » con
cui cristiani e marxisti concepiscono la dinamica e la meta finale della storia (112) e così. via.
L’A. insomma prende sul serio
l’invito di Che Guevara ai cristiani, a non mimetizzarsi. Questo coraggio di essere se stessi,
di non screditarsi davanti ai
compagni è anch’esso molto lodevole e sotto questo profilo il
libro che presentiamo può essere definito «edificante» nel
senso migliore del termine.
Lucidità
L’A. dimostra lucidità nel cogliere gli elementi essenziali collegati al tema marxismo - cristianesimo. In sostanza egli pone il problema in questi termini: l’essenza del cristianesimo è
l’amore, la solidarietà, il patto,
e il nodo è come realizzare l’amore nella storia. Egli afferma
che non si può realizzare l’amore nella storia a livello collettivo, politico, senza ricorrere al
marxismo. E d’altra parte il cristiano, se vuole essere se stesso, non si può identificare in
esso.
Questo è il dilemma, e l’autore vede molto chiaramente questo problema. C’è tutta una parte del libro dedicata alla questione « può un cristiano essere
marxista? può un marxista essere cristiano? ». È una parte
molto bella e molto profonda
in cui da un lato l’A. fa tutte le
differenziazioni necessarie, dice
i sì e i no quando è necessario
e giusto; dall’altro però si ribella quando ha l’impressione
che il cristiano venga considerato, perché cristiano, un rivoluzionario di seconda classe.
Le risposte
di Berlinguer
Alla luce di questa lezione del
teologo sudamericano sui rapporti tra cristiani e marxisti, si
possono fare alcune osservazioni sulla lettera di Berlinguer a
Bettazzi.
Una delle critiche che l’autore del libro fa al marxismo come sistema è quella di nascere
da una filosofìa della identità
che diventa una filosofia della
totalità, nella quale praticamente non c’è posto per « l’altro »,
non c’è posto cioè per il diverso.
In questa filosofia sembra essere necessaria una corrispondenza perfetta e una identificazione
completa della realtà con il soggetto, una unità praticamente
senza dialettica o che tende a
diventare senza dialettica. Miguez Bonino critica il marxismo
sotto questo profilo, sostenendo
che se non c’è « l’altro », se non
c’è questa dialettica, non è possibile la solidarietà. La solidarietà è possibile soltanto tra diversi, non tra uguali; e siccome
la solidarietà è in fondo l’anima
del movimento socialista, il movimento socialista non realizza
se stesso nella misura in cui resta dipendente da questa filosofia dell’identità e quindi della
totalità.
Or^i a questa critica la lettera di Berlinguer dà una risposta nettamente positiva, nel senso che in Berlinguer abbiamo
una visione molto più mossa e
articolata della realtà. Non c’è
più questo monismo tipico della concezione classica di un certo marxismo. Quindi sotto questo profilo la lettera di Berlinguer viene incontro e risponde
positivamente alla critica dell’A.
C’è però un’altra critica che
Miguez Bonino fa ai movimento socialista internazionale e
cioè che questo movimento ha
perso la sua forza, la sua convinzione, non è più in grado di
mobilitare in senso rivoluzionario l’umanità. È una critica
che è rivolta in particolare alrURSS, ma anche ai sindacati
guidati dai partiti comunisti dei
paesi occidentali. In questa linea effettivamente c’è da porre
una domanda: la lettera di Berlinguer, m cui lo stato democratico si sostituisce a una società
GIRARDI : dal dialogo culturale
al dialogo politico
Tre importanti differenze, tra il dialogo odierno e quello degli anni '60
il cui sviluppo vide un brusco tramonto dopo il ’68
Nel momento in cui sta ridiventando attuale il dialogo tra
cristiani e marxisti — pur col rischio di decadere a diplomazia
culturale — credo siano importanti i contributi come quello del
Miguez Bonino che richiamino
questo rapporto al suo livello
ideale. In effetti questo libro è
segnato da un grande rigore teorico oltre che da una capacità di
penetrazione teologica e da una
solidità di conoscenza del marxismo che gli permette di individuare i veri problemi. E’ effettivamente un libro coraggioso sia
quando denuncia una certa forma di cristianesimo sia quando
indica i limiti del marxismo con
il quale pure intende stabilire un
rapporto profondo.
Espressa in questi termini
l'impressione fondamentale che
ho ricevuto dalla lettura di questo libro, vorrei tuttavia spingermi oltre e dire alcune cose che
si riferiscono maggiormente alla
situazione attuale del dialogo. In
parte si tratterà di problematiche diverse rispetto al discorso
del Miguez Bonino, sia a causa
delle diversità di ambiente, sia
— soprattutto — per una continua accelerazione del ritmo di
queste problematiche.
Recentemente a Torino per
iniziativa della rivista « Nuova
Società » si è tenuto un incontro
su « Cultura marxista e cultura
cristiana di fronte alla crisi ». E’
in preparazione a livello piemontese una rivista di collaborazione
tra cattolici e marxisti che avrà
il titolo di « Oltre ». E’ in preparazione un convegno nazionale a
iniziativa del PCI sul rapporto
con i cattolici e sul piano internazionale un convegno a cui dovrebbero intervenire oltre al PCI
anche il PC spagnolo e forse
quello francese. Assistiamo dunque ad un fervore di iniziative
che ripropongono l’attualità del
dialogo che sembrava un poco
passato dopo la stagione di fioritura degli anni ’60.
Da che cosa è caratterizzata la
fase attuale del dialogo? Vorrei
tentare alcune risposte sulla base di un raffronto con il dialogo
degli anni’60 che ho vissuto piuttosto intensamente e di cui ho
visto anche il brusco tramonto.
Dialogo più politico
La fase attuale è anzitutto caratterizzata da una più stretta
articolazione tra i problemi teorici e i problemi politici. Negli
anni sessanta ci preoccupavamo
molto di dire che il nostro dialogo non era un dialogo politico
ma era un dialogo culturale e ritenevamo che Tautenticità del discorso che con ducevamo dipendesse molto da questo. C’era un
forte timore di contaminare il discorso culturale con compromissioni politiche.
In seguito, dopo il ’68, vi fu
una nuova fase. In Europa orientale il dialogo fu schiacciato dai
carri armati di Praga e cessò. In
occidente al di là dei discorsi intellettuali che possono aver avuto una loro funzione, il clima del
’68 fece la sua irruzione e travolse molte barriere, creando il clima di una nuova fase che si chiamò dell’« incontro sulle cose ».
Oggi ritorna questo interesse
per rincontro culturale, ma ritorna in un contesto che è fortemente legato alla problematica
politica. Lo stretto rapporto con
le strategie politiche conferisce
al dialogo possibilità nuove permettendonili di superare certi limiti intellettualistici del passato
e di investirsi in un grande progetto storico. Tuttavia questo fatto porta anche con sé tutta una
serie di rischi: il rischio che il
discorso culturale assuma un
ruolo molto subalterno rispetto
alle strategie politiche, che esso
abbandoni i grandi temi ideali
giudicati troppo astratti sviluppandosi invece all’insegna di una
certa laicità del discorso politico, ciò che può costituire un forte passo avanti nel rapporto ma
può anche essere un impoverimento.
Consapevolezza
della crisi
Una seconda caratterizzazione
che mi pare distingua il dialogo
attuale da quello degli anni sessanta è che oggi dialoghiamo a
partire da una consapevolezza
molto maggiore della crisi; non
solo della crisi della civiltà ma
anche della consapevole crisi degli interlocutori e delle loro posizioni. Negli anni sessanta, bene
o male, marxisti e cristiani si
muovevano aH’interno di certezze e sistemi acquisiti. Il cristiano
viveva nel clima di rinnovamento conciliare che era vissuto come un clima di arricchimento e
di progresso che gli permetteva
di aprirsi con tanta maggiore libertà quanto più era consolidato
nelle sue certezze. D’altra parte
il marxismo stava superando la
fase della destanilizzazione e aveva trovato una nuova giovinezza
nella riscoperta della possibilità
aperta anche ai marxisti di divergere, di sviluppare le proprie
posizioni. Era in questo clima
abbastanza euforico che si cercavano delle convergenze.
Oggi c’è una sensazione molto
più profonda non solo della crisi oggettiva, ma anche della crisi
di queste stesse posizioni che entrano in dialogo. C’è una crisi del
cristianesimo e c'è una crisi anche del marxismo ed è a partire
da questa consapevolezza che gli
interlocutori si incontrano non
tanto per coniugare o articolare
le loro risposte quanto per far
vedere la convergenza delle loro
domande e quindi la possibilità
e la necessità di aprire una ricerca comune.
Forse questa è una delle cose
che ci differenziano rispetto al
clima che si respira nel libro di
Miguez Bonino, un libro che dà
sempre delle risposte a tutte le
domande che pone, perché riflette appunto la situazione di uomini che si muovono rispettivamente alTinterno di un certo complesso di certezze.,
Diversità e unità
Una terza caratterizzazione del
dialogo, è che esso si sviluppa a
partire da una realtà che è nello
stesso tempo molto più differenziata e molto più unificata di
quanto non fosse negli anni ’60.
Anzitutto è molto più differenziata: negli anni sessanta osavamo
ancora dire « il marxismo » e « il
cristianesimo », oggi marxismo
che cosa significa ? Dopo che i
vari partiti comunisti occidentali
hanno preso le distanze dal
Con questo titolo si è
svolto a Torino, organizzato dal Centro Bv- di Cultura, un dibattito^che presentando il libro di Miguez
Bonino: Cristiani e Marxisti, la sfida reciproca alla rivoluzione, Claudiana
1976, ha affrontato, come
era inevitabile e del resto
previsto dal tema stesso,
gli aspetti del confronto
che riguardano la situazio
ne italiana.
Dalle due introduzioni di
Paolo Ricca e di Giulio Girardi riportiamo le parti
che maggiormente riguardano quest’ultimo aspetto,
pur senza dimenticare la
lezione che ci viene dall’importante libro del teologo
metodista sudamericano.
senza classi, questa lettera senza utopia, senza escatologia, in
cui la speranza viene accorciata
alle scadenze immediate del nostro stato democratico (pur con
tutto il valore che queste cose
hanno), riflette una concezione
dello stato e della storia che ha
ancora una carica mobilitante?
Questa lettera è la lettera dì un
rivoluzionario oppure no? C’è ancora una tensione verso la
creazione di una nuova società
oppure effettivamente questa
forza mobilitante dell’utopia, che
dovrebbe sorreggere il movimento socialista, si è un po’ afflosciata?
Sotto questo profilo forse la
lettera non risponde alle attese
di molti, cristiani e non, in un
tempo in cui il problema di cosa voglia dire essere rivoluzionari nello scorcio del XX secolo è forse il grosso nodo irrisolto.
l’Unione Sovietica e la situazione interna delle sinistre nelle
nazioni occidentali si è fatta molto più complessa attraverso l’irruzione della nuova sinistra è
sempre necessario precisare subito di quale marxismo si parla.
La stessa cosa va osservata, e in
modo forse più accentuato, per il
cristianesimo in generale e il cattolicesimo in particolare. Negli
anni sessanta ilCmondo cattolico era ancora una realtà abbastanza unitaria. Oggi questa situazione è profondamente mutata anche per la profondità delle
differenze politiche esistenti tra
i cristiani che li hanno portati
ad una diversa collocazione culturale e a un diverso senso di essere chiesa. Sarebbe molto illusorio voler aprire oggi un dialogo con il mondo cristiano considerandolo come una realtà unitaria, ed è molto importante che
da parte dei cristiani venga chiarita questa diversità e di conseguenza il senso diverso che assume il dialogo a seconda della collocazione politica e culturale del
cristiano incontrato dalTinterlocutore marxista; non è possibile
unificare in un unico dialogo il
cristiano che milita in un partito
della sinistra — magari aderendo sia pure con molte precisazioni al marxismo — e il cristiano che continua a muoversi all’interno del mondo cattolico e
del partito cattolico.
Nello stesso tempo questa realtà presenta anche dei fenomeni
nuovi di unificazione dovuti allo
spostamento massiccio di cristiani a sinistra. Il cristiano quindi
oggi non è necessariamente Tinterlocutore che sta dall’altra parte. I cristiani — e in Italia si tratta di un movimento che ha investito milioni di persone — sono presenti e militanti nei partiti della sinistra. Molti di loro,
alTinterno di questa militanza ritengono anche di poter assumere
(continua a pag. 8)
6
9 dicembre 1977
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
’IL MONDO DEI VINTI” DI N. REVELLI: DIBAHITO
/ motti: chi c’è dietro?
Vigilia di (^lezioni scolastiche
Una fitta nebbia grava sulle
prossime elezioni nelle scuole. Le
liste con i loro motti sono già
pronte; la posta in gioco è alta
ma il panorama generale è confuso. Si andrà a votare, magari,
per la libertà nella scuola e il
giorno dopo ci si accorgerà
d’aver rafforzato, col proprio voto, la scuota privata. I rischi
quindi non sono da sottovalutare. Chi ha dei dubbi, in queste
ultime ore che ci separano dal
voto, può risolverli leggendosi
con attenzione i programmi delle
liste oppure può tentare di risalire direttamente alla fonte cercando di contattare un candidato. Ogni motto di questa elezione, da qualunque parte lo si giri,
ha dietro di sé un preciso orientamento politico; ed è proprio il
motto che può trarre in inganno.
La scuola « Ubera ed autonoma »,
tanto per intenderci, è quella privata (cattolica o laica) che cresce e si sviluppa sulla crisi di
strutture della scuola statale. La
« partecipazione, e il pluralismo »,
per chi non se ne fosse accorto,
son diventate per l’occasione le
parole d’ordine delle liste demo
cristiane. Mentre « l’unità dei lavoratori » caratterizza le liste di
La confusione che cerchiamo
di esprimere aumenta di fronte
al fatto che, nel nostro piccolo,
alcuni valdesi si sono presentati
nelle liste democristiane, a sostegno cioè del blocco integralista
cattolico. Speriamo che non sia
un’opzione confessionale ma
squisitamente politica. '
Nel guazzabuglio dei motti, tuttavia, una discriminante balza
agli occhi, anche di chi scorre in
fretta i programmi delle liste. Da
un lato c’è chi vuol risolvere il
problema della scuola rapportandola esclusivamente alla famiglia
o alla non meglio precisata « cq^
muniià » (noii sarà la parrocchia?); dall’altro c’è chi desidera
il collegamento reale tra scuola
e mondo del -lavoro nella convinzione che le due cose debbano
crescere insieme.
In quest’ultima direzione (la
più faticosa in ambito democratico) si sono collocati, in numero percentualmente rilevante, alcuni pastori valdesi che, si vede,
credono nella scuola pubblica e
nel potenziamento degli organi
collegiali. Un impegno significativo.
Certamente non sarà questa
tornata elettorale a risolvere i
problemi della scuola ma, dalla
configurazione che uscirà , dalle
urne dei consigli distrettuali e di
quello provinciale, sarà possibile
verificare se il dialogo costruttivo tra scuola e società avrà una battuta d’arresto o, invece,
farà un passo in avanti. A fargli
lo sgambetto son già pronti i paladini dell’ordine e della scuola
« libera ed autonoma » (ma non
autonoma né libera dal mondo
cattolico) timorosi che la realtà
sociale possa mettere in crisi
l’impero delle 24.000 scuole private italiane.
L’appuntamento quindi è grosso e vale la pena di rifletterci su.
Dell’importanza di questo voto,
da cui nascerà il consiglio distrettuale (qui in zona ne abbiamo tre con sedi a: Torre Pellice,
Pinerolo, Per osa Argentina) e il
consiglio provinciale, abbiamo
già parlato ai nostri lettori (vedi
Eco n. 47) e non ci torneremo sopra.
L’unica cosa che si potrebbe
suggerire è di stare all’occhio
perché talune liste, talmente
generiche e qualunquiste ( ma
affascinanti sotto il profilo del
linguaggio) potrebbero anche essere votate proprio per l'apparente mancanza di riferimenti precisi. Meglio comunque non rischiare e attenersi alla grossa
conquista di questi ultimi anni;
quella che vede il mondo del lavoro, le esigenze sociali, la realtà
del Paese entrare nella scuola
per condurla fuori dal ghetto in
cui, famiglia, chiesa e una privatistica gestione dello stato amano conservarla. G. Platone
Ho letto con interesse la recensione del libro di N. Revelli e gli
articoli che ne sono seguiti in
quanto sono perfettamente consapevole deirimportanza del dover scrivere l’altra storia, la storia reale dei contadini che spieghi i compprtamenti delle masse
popolari con m'eccanismi interni
a una specificità di cultura e
non solo con riduttive interpretazioni idealistiche o meccanicistiche. Già troppe volte la storia
del contadino è stata raccontata
dagli « altri », piegata airesigenza della classe dominante in una
arbitraria unificazione che va
dairoppressore aU’op)presso.
Il compito essenziale della storia orale, concretizzato attraverso la ricerca sulla cultura materiale e sulla vita quotidiana, è innanzitutto il recupero di una documentazione repressa, svalutata, scomparsa, annientata dal
Vinti o protagonisti?
susseguirsi delle generazioni,
non solo e non tanto F»er ricostruire dei fatti, degli episodi,
quanto soprattutto per analizzare una cultura, un diverso ordine
di ciò che è stato, le motivazioni di certi comportamenti (individuali o collettivi), una diversa
« gerarchia delle rilevanze », una
diversa visione del mondo.
Se è vero, come dice A. Armand Hugon, che la difficoltà sta
nella scarsezza del materiale, è
vero soprattutto che è questa la
conseguenza della secolare aggressione della cultura delle classi dominanti su quella delle classi popolari.
Il conflitto fra le due culture
ha infatti prodotto la privatizzazione di elementi che sono fon
Una ricerca capillare
Microanalisi della vita comunitaria
L’articolo apparso sul numero
del 25 novembre, in cui il prof.
Armand Hugon invita gli studiosi, giovani e non, a ricercare
finalmente « l’altro volto » delle
Valli Valdesi nei secoli passati,
al di fuori della storia «ufficiale », dei grandi avvenimenti e
dei personaggi famosi, mi ha
trovato perfettamente d’accordo
sui propositi di studio, che in
buona parte concordano con
quanto ho cercato di fare nella
mia tesi di laurea sul comune
di San Giovanni verso la metà
del ’700.
Vorrei tuttavia esprimere alcune opinioni sulla possibilità e
sul metodo di ricostruzione di
un quadro storico vasto e continuo toccando, come auspica
l’Autore, « la demografia, il bestiame, le risorse agricole, le
attività artigianali, gli usi ed i
costumi, il livello culturale (...)
ecc. ».
La ricostruzione di un quadro
di vita COSI completo, con presupposti scientifici, comporta infatti, quando si intenda retrocedere di almeno un secolo, l’uso
di documenti scritti, più che di
INTERVISTA A ORIANA BERT
Leggende popolari
delle Valli Valdesi
Una felice iniziativa dell’Editrice Claudiana offre al
pubblico leggende e tradizioni inedite delle nostre
valli -. Un testo che merita di entraire nelle scuole
— Come mai, alla Claudiana,
avete pensato di pubblicare le
leggende delle Valli Valdesi? L
— Si tratta di rispondere a una richiesta pervenutaci da più
parti: persone che erano a conoscenza di vecchie raccolte di
leggende ormai esaurite da decenni e praticamente introvabili, si preoccupavano che questo
patrimonio non si perdesse e
non venisse dimenticato, e ce
ne proponevano la riedizione.
La pubblicazione cade in un
momento di interesse per questo
filone: lo dimostrano, oltre alle
numerose iniziative editoriali simili a questa e concernenti altre
zone montane o isolate, gli interventi di Claudio Tron e di Angusto Armand Hugon, apparsi
sui Nn. 45 e 47 di questo giornale, che si propongono di studiare
1’« altro volto » della storia valdese, quello della gente delle valli.
— Quale valore hanno e quale
civiltà rispecchiano queste leggende?
Quella contadina, delle Valli
valdesi del passato. La gente
delle alte valli, vissuta a cavallo
fra la fine dell’800 e i primi del
’900, non è mai stata soggetto
di storia. Sappiamo solo quel
che gli storici scrivono su di loro. Perciò il materiale delle leggende è importantissimo per delineare la loro identità, che viene fuori in controluce. Se si fosse chiesto loro che cosa pensa
vano della vita, quali valori per
loro erano importanti, probabilmente non avrebbero risposto
a una domanda astratta. Ma
guardando in controluce questo
materiale, si scopre il loro mondo. Un esempio: per loro «andare a vivere in città » significava «vivere da signóri», come si
desume dalla leggenda della zangola. Hanno perciò un valore storico di fonte insostituibile, e non solo folkloristico,
che appare in controluce.
— Ma quali erano le precedenti raccolte di leggende?
— Quelle dell’inizio del secolo.
Esiste tutto un lavoro, inedito
in Italia, di materiale di prima
mano raccolto alle Valli da Marie Bonnet, che lo pubblicò interamente a Parigi, a puntate,
sulla Revue des Traditions populaires, accessibile a pochi, dal
1910 al 1914.
Il libro della Claudiana che
sta per uscire presenta ai lettori italiani una scelta: su 42
leggende, più di 20 sono tratte
da questo materiale inedito, ed
è stato peccato doversi limitare
nel numero, per motivi economici, e non poter pubblicare l’intera raccolta Bonnet che ha un
grande interesse anche per le introduzioni dell’autrice alle leggende sulle fate, sui folletti,
sulla stregoneria, sul diavolo,
che abbiamo riprodotto nelle
loro parti più significative.
Le altre leggende sono state
scelte daU’ottimo libro pubblicato da Jean Jalla nel 1911 e ripubblicato nel 1926, anch’esso
ormai esaurito.
— Sono ancora vive?
— Sì, anche se vanno scom
parendo. Durante la preparazione del libro, siamo andati a Poumeifré, sulla strada di Prali, per
fotografare la gola e la vecchia
mulattiera nel punto in cui i
briganti che nel 1600 abitavano
quelle case, tendevano agguati
agli abitanti di Prali e di Rodoretto che risalivano con qualche
soldo, dal mercato, dove avevano venduto i loro prodotti. Una
contadina si era nascosta i soldi nelle trecce, ed era riuscita
ad ingannare i briganti che la
stavano interrogando al passaggio fra le case e che la lasciarono passare, avvertendo anzi i
loro compari che tendevano l’agguato oltre le case, di non aggredirla. Uri attuale abitante di
Poumeifré che ci illustrava la
località, ripetè il racconto con
la leggendaria frase : « Laisà
passa coùrriaire Meinièro, qu’à
pà fait fièro ». Lasciate passare
la comare Meynier, che non ha
fatto affari aiià fiera.
— Che uso si può fare, di questo libro?
— Bèh!... Anzitutto comperarlo! Per sè e per regalarlo,
perché ha anche delle belle foto. Inoltre potrebbe essere usato nel tempo libero, per ricavarne itineràri, e nelle scuole della zona, per ricerche ambientali e storico-geografiche, sia alle
elementari, sia alle medie, dato
che ha il testo francese a fronte di ogni leggenda.
’ Leggende e tradizioni popolari delle Valli Valdesi, a cura
di Arturo Genre e Oriana Bert.
Prefazione di Arturo Genre.
Testo originale (francese o patois) e versione italiana a fronte. Volume in 8° grande (17x24)
di 220 pp. illustrate, otto pagine in quadricromia é copertina
plasticata a 4 colori, L. 5.000.
notizie orali, al contrario di
quanto ha fatto N. Revelli; ma
il problema non consiste nel reperimento di materiale utilizzabile, che è infatti numeroso sia
in archivi comunali ancor poco
o niente sfruttati, sia nello stesso Archivio di Stato di Torino
(minute notarili), quanto nel
fatto che la consultazione, la valutazione e l’uso dei documenti
sono impegni laboriosissimi,
È infatti necessario un lavoro capillare, una vera e propria
microanalisi della vita comunitaria, che quindi una persona
isolata diffìcilmente può estendere a lunghi periodi, pena la
esclusione di molti argomenti
interessanti, la rottura del filo
logico che lega molteplici avvenimenti ed aspetti della vita
quotidiana e conseguentemente
il ritorno ad un certo tipo di
storia « popolare » fatta di immagini oleografiche, più o meno aderenti alla realtà, che era
ed è molto diversificata, anche
all’interno del piccolo popolo
valdese.
Più che «captare o indovinare », attraverso la paziente lettura di documenti vari, « quei
piccoli elementi che sono poi rivelatori di tutto un retroscena »,
è necessario ricostruire capillarmente tutta la scena, tutto il
panorama sociale in cui certi
atteggiamenti e mentalità si sono trovati inquadrati.
Ancor più interessante, ma
problematico, è il confronto con
le popolazioni cattoliche, non
solo delle altre valli, ma anche
della nostra, addirittura conviventi in vari paesi con i valdesi,
che prima di svolgersi sul piano
della tradizione, dei miti e delle
leggende popolari, deve svolgersi sul piano concreto e fondamentale, ma molto complesso
da ricostruire, della vita quotidiana e dei suoi aspetti socioeconomici.
Al contrario, per periodi a noi
più vicini, è possibile far uso,
congiuntamente ai documenti
grafici, di una documentazione
orale e di una ricerca di testimonianze visive di un modo di
vita ormai in via di scomparsa,
operando anche in questo caso
una ricerca capillare, non una
scelta di « casi tipo ».
Il lavoro è comunque estremamente impegnativo ed il campo aperto molto vasto, per cui
è auspicabile un lavoro di équipe o, per lo meno, un collegamento tra gli autori degli studi
ultimamente intrapresi, per individuare gli argomenti di maggior interesse comune ed eventualmente continuare negli studi fino a ricomporre un quadro
storico di lungo periodo senza
soluzione di continuità.
Gianni Bellion
Primo Distretto
Cassieri. Come convenuto a
suo tempo i cassieri delle comunità del I Circuito (Val Pellice) sono convocati venerdì 16
a Torre Pellice alle ore 20,30 per
la presentazione dei preventivi
di spesa approvati dalle assemblee e per l’esame della situazione per quanto concerne i
problemi degli stabili.
La CED
damentali per la storia sociale.
La riduzione della vita quotidiana, e quindi di ciò che è importante, al privato, ad un ristretto ambito familiare e di
amicizie ha negato agli strati
subalterni T identificazione con
propri ambiti di valori, propri
modelli di comportamento, proprie interpretazioni del mondo,
cioè con quello che intendiariio
individuare concretamente come
« cultura ».
Le conseguenze sono palesi:
raccogliendo le storie dei contadini il ricercatore si troverà a
contatto con lo stupore degli informatori di fronte all’interesse
per la loro vita non solo, ma potrà rilevare come la scelta di ciò
che deve essere raccontato e ciò
che deve essere taciuto, lo stesso funzionamento della memoria, siano socialmente determinati.
La stessa cosa avviene per la
preservazione dei documenti (di
cui A. Armand Hugon lamenta la
penuria) in quanto lettere, fotografie, lavoro, lotte, amore lasciano solo frammenti che ogni
generazione distrugge.
Si constata infatti di conseguenza come le classi popolari
tendano a minimizzare e nella
maggior parte dei casi addirittura a soffocare come irrilevanti ai
fini della storia le proprie lettere, i propri rapporti amorosi, familiari, di lavoro, di vicinato,
quanto cioè vi è in loro di più
strettamente quotidiano e cioè
autentico. E’ questa la grande
vittoria delle classi dominanti
che ha tuttavia un risvolto: il
quotidiano, benché aggredito,
esiste sempre, anche se trasferito al privato e in questo possiamo scoprire qualche tutela della
autonomia della cultura popolare.
E’ proprio questo lo scopo che
deve prefiggersi ogni storia orale, anche se non sempre si è fatto così, soprattutto in Italia. La
memoria come fonte di documentazione è stata usata nelle
ricostruzioni di episodi di storia
politica e militare della Resistenza, ma in una prospettiva puramente fattualistica e non in
quella -di ristabilire una visione
del mondo reale, di ricostruire
le cause dei comportamenti e
ancora la concreta gerarchia delle rilevanze. Per evitare questo,
per non perdere cioè la reale ricchezza delle fonti, ci si è rifugiati in una forma di comunicazione « evocativa »; così N. Revelli, tramite le testimonianze
raccolte, delinea una situazione
drammatica, fatta di sofferenza
ed esclusione, ma da cui non
emergono elementi positivi per
rilevare una cultura che, se pur
vive il dramma deH’emarginazione e della devastazione dovuta
alla pressione ideologica da parte delle classi dominanti, tuttavia ha saputo garantirsi una certa autonomia anche se, come ho
già detto, riducendo i suoi valori,
le sue interpretazioni, i suoi modelli alla sfera del privato.
Vorrei ancora notare come
l’aggressione della cultura borghese-verso- quella popolare si
esplica anche là dove A. Armand
Hugon indica come oggetto di ricerca simultaneamente la cultura materiale e spirituale della
classe contadina; .infatti per la
cultura delle classi dominanti
questo criterio non si applica: è
solo quando si tratta dei contadini che le attività artigianali e la
produzione letteraria possono essere studiate da una sola disciplina.
E' evidente che tra la cultura
materiale e la cultura spirituale
c’è un legame strettissimo per
cui devono essere oggetto di discipline diverse anche se reciprocamente connesse e dipendenti,
esattamente cosi come per le
classi dominanti la storia della
tecnica e quella della letteratura
costituiscono discipline diverse.
Certo il discorso sarebbe ancora lungo, spero comunque di
aver portato alcuni chiarimenti
per tutti coloro che vogliano in
traprendere questo lavoro: l’importante è avere una metodologia precisa oltre che riunire gli
sforzi in un lavoro d’equipe, in
modo da dar voce non ai vinti,
bensì ai protagonisti della storia.
Esther Cairus
7
9 dicembre 1977
CRONACA DELLE VALLI
PRAROSTINO
Domenica 23 ottobre abbiamo
inaugurato il nuovo anno di attività con un culto solenne, con
la partecipazione degli alunni
della Scuola Domenicale, dei catecumeni (pochi in verità) e di
genitori, e con la celebrazione
della Santa Cena.
Tutte le attività hanno ripreso e procedono con il ritmo
tradizionale. La Scuola Domenicale, più numerosa dell’anno
scorso, sta preparando un ricco
programma per la Pesta di Natale, sotto la guida delle solerti
monitrici.
Battesimi. Il 30 ottobre è stato amministrato il S. Battesimo
a Germana Costantino di Gino
e Almerina del Collaretto e il
4 dicembre a Katia Gay, di Vanni e Enrica del Ser. Iddio benedica i teneri agnelli che Egli si
compiace di aggiungere al suo
gregge.
VILLAR PEROSA
Per il culto di domenica 4 c.m.
sono stati con noi due componenti il gruppo della Comunità
Evangelica d’Azione Apostolica,
che in questi giorni si è riunito
a Torre Pellice per un incontro
di studio; il sig. Luigi Parisi,
oriundo di Napoli, ma che da
anni svolge un’opera di evangelizzazione tra gli operai italiani
nel Cantone di Berna (Svizzera)
e particolarmente nella città di
Bienne, il quale ci ha parlato
delle sue esperienze sottolineando che tutti i credenti sono chiamati ad essere testimoni di Gesù Cristo, Signore e Salvatore
e la signorina Cathérine Attias,
membro della Chiesa Luterana
di Parigi, che ci ha tratteggiato
l’opera ‘della CEvAA nel mondo.
La Chiesa esprime ad entrambi
la sua gratitudine per la loro
visita e per i loro messaggi ed
invoca sul loro lavoro la benedizione del Signore.
UNA LETTERA DA SAN GERMANO
Il giallo del Bollettone
Circa la mancata adesione della chiesa di San Germano al
primo numero della lettera circolare unita all’Eco, desidero
precisare quanto segue;
1) la mia appartenenza alla
TEV non ha nulla a che vedere con questa decisione. La TEV
non è un partito che dà ordini
di scuderia (né io li accetterei);
2) la decisione di non aderire alla circolare di ottobre è
stata presa dal Concistoro in
una riunione ristretta, a causa
del tempo troppo esiguo concesso per decidere in seduta regolarmente convocata. Questo
con l’intesa che l’assemblea di
chiesa deciderebbe sul da farsi
per i numeri seguenti ;
3) l’assemblea di chiesa non
ha potuto decidere un bel niente
Sud-Africa
(Segue da pag. 1)
si su un piano piuttosto illusorio! I territori nazio'nali non sono certo ricchi né da un punto
di vista agricolo né da un punto
di vista delle risorse minerarie!
Tutto un capitolo è dedicato
al problema complesso dei « matrimòni misti » (sarebbe più esatto chiamarli « interrazziali »).
Il Sinodo riconosce che « in
condizioni normali non è compito dello stato ostacolare la
libertà di scelta dei coniugi » ;
ma in Sud Africa la situazione
è del tutto particolare e quindi « vi sono circostanze ‘ in cui
tali matrimoni possono essere
vietati. È cost perché compito
delle autorità è quello di mantenere l’ordine nella società, e
quando queste autorità sono
convinte, basandosi su dati specifici, che l’ordine pubblico in
una comunità multirazziale e
multinazionale sarà garantito in
miglior maniera nella misura
in cui i diversi gruppi esisteranno separatamente, oppure
che l’ordine sarà turbato da simili matrimoni, il divieto a tali
matrimoni può essere approvato ».
La Società di Studi Valdesi organizza per la sera di
Venerdì 9 dicembre
alle ore 20,45 nella Sala delle
assemblee gentilmente concessa
dal Comune di Torre Pellice, pres.
so le Scuole Comunali in viale
della Rimembranza, un dibattito
pubblico sul tema :
Le comunità cristiane
di fronte allo Stato
CONCORDATO O INTESE?
LMncontro sarà introdotto da
alcuni interventi fra cui quelli
del prof. Giorgio Peyrot e di don
Franco Barbero e si svolgerà liberamente con partecipazione
déirassemblea.
TORRE PELLICE
perché i membri presenti erano
pochissimi ;
4) tuttavia il Concistoro ha
deciso di aderire, a titolo di
esperimento, al numero natalizio
della circolare. Questo non senza
manifestare seri dubbi sulla bontà della soluzione scelta, a causa dei costi, deU’inevitabile disordine nella distribuzione, dello strano modo di forzare la
gente a leggere l’Eco. Resta inteso che, comunque, gli abbonati riceveranno il giornale direttamente e non tramite gli anziani.
La nostra comunità ha, comunque, molti abbonati al giornale, senza che sia per questo,
necessaria alcuna pressione. A
questo proposito un membro di
chiesa mi ha detto ; rifiuterò il
giornale perché, non essendomi
più abbonato, non intendo essere forzato a leggerlo. Mi auguro francamente che molti facciano lo stesso.
,Va da sé che;'aé^ehdo uria
linea lip èorréttezza,, gli abbonati dovrebbero riceverò il supplemento-circolare senza alcuna
spesa per loro o per le comunità, ma non sembra essere così,.
Se poi si vuole il mio parere
personale (e anche se non lo si
vuole) la soluzione adottata è
del tutto cervellotica. Una circolare locale è, per le sue stesse
caratteristiche, troppo diversa
da un'giornale per potervi essere inserita senza figurare come
elemento spurio.
Quanto al giornale non merita di essere diffuso per il suo
costante carattere partigiano e
per gli articoli spesso illeggibili
per lunghezza e difficoltà di linguaggio. Le pagine delle Valli
sono pian piano « piegate » alla
politica perseguita dalla redazione. In queste condizioni la
spesa supplementare è del tutto ingiustificata e in pura perdita. Meglio tornare al bollettone o scegliere il giornale distrettuale ( tipo « Messaggero Evangelico») o riprendere le circolari separate. Sperando che... il
giallo del bollettone sia chiarito.
Giovanni Conte
• A tre riprese ci siamo recati nelle ultime settimane al cimitero ; mercoledì 23 e martedì!
29 novembre e lunedi 5 dicembre per i funerali di Giuseppina Balangione in Simond, di
Remigio Roland e di Luciano
Praterrigo. Il Signore ci dia di
saperci consolare, come dice
l’Apostolo, nella speranza della
fede.
• Si ricorda l’assemblea di
chiesa che avrà luogo domenica
11 alle ore 10,30 per l’approvazione del preventivo 1978 e la
nomina dei membri del Concistoro.
• È iniziato marted’i 29 novembre rincontro di rappresentanti
delle chiese della CEvAA presso la foresteria. La nostra chiesa si trova così ancora una volta a contatto con fratelli provenienti da diversi altri paesi
per un confronto di esperienze.
Alcuni fratelli di queste chiese,
hanno partecipato al nostro culto ed alla scuola domenicale.
« Sabato 26 il Coro alpino Val
Pellice ha offerto una serata di
canti del suo ricco repertorio
nella sala dei pogpieTi su Invito
dell’Unione locale ; serata simpatica e fraterna di cui ringraziamo il Val Pellice.
• Domenica 11 avrà luogo il
Bazar, delle,“Missipm a cui tutti
sonò iftaternainénie invita!^ •*, a'
paftecìparè; -àilà’ ^òresteria. •
m Ricordiamo il concerto che
avrà luogo nel tempio sabato 17
c. m. alle ore 20,45 e che sarà
presentato—dalle corali di San
Germano Chisohe e Torre Pellice.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
L’Assemblea di chiesa di sabato sera ha rieletto con ima
larga maggioranza di voti i diaconi Ferdinando Girardon e Gino Goss ed ha eletto in sostituzione dei diaconi Ivonne Allio e
Jacques Jalla, dimissionari, i signori Enrico Charbqnnier per il
quartiere dei Jalla-Lantaré e
Luisa Caffarel per il quartiere
della Cartera.
Ai nuovi membri del concistoro, che saranno insediati durante il culto di Natale, auguriairio
un ministero benedetto dal Signore ed ai membri dimissionari va il ringraziamento e la riconosceirza della comunità .per
il lavoro che hanno sempre svoL
to con impegno attraverso una
collaborazione seria e fattiva.
La stessa Assemblea ha inoltre eletto due revisori dei conti
nelle persone del geom. Piero
Boer e della signora Lodi Laura Long.
Al termine l’Assemblea ha
approvato il bilancio preventivo
per il 1978 presentato dal cassiere, accogliendo in tal modo
la proposta di aumento delle
contribuzioni avanzata dalla Tavola.
• Un vivo ringraziamento ai
pastori della Comunità Evangelica di Azione Apostolica che,
in visita alla nostra comunità,
hanno partecipato alle lezioni
di catechismo e della Scuola Domenicale ed hanno presieduto il
culto domenica mattina.
• La Commissione Stabili, al . fine di
reperire i fondi necessari per la tinteggiatura della Sala Albarin, ha organizzato una « bagna cauda » per sabato sera
17 c.m. alle ore 19,30.
Per informazioni ed eventuali prenotazioni, che si spera numerose, telefonare
al n. 90124 di Luserna S. Giovanni.
POMARETTO
• Il Concistoro ha provveduto alla noniina della nuova Commissioné stabili; Ldng Aldo,
presid.; Rostan Gino, consul.
tecnico ; Tron Anita, cassiera ;
Garrou Silvio, Tron Attilio, Gén.-:
re Nino, -Trcm Rino,--Loi^,^
to. St scbò pòi;apòrpvaté^'felli-■
nee di ■ lavoro - della commissione ; coordinamento del lavoro
con la collaborazione degli anziani dei vari quartieri che hanno la responsabilità diretta dei
locali nella loro zona.
LA TEV AD ANGROGtlA
SAN SECONDO
• Domenica 18 dicembre vi sarà «un’Assemblea di Chiesa per
la discussione e l’approvazione
del bilancio preventivo della nòstra comunità per il 1978.
PRAMOLLO
• Domenica 20.11.’77 è stato
amministrato il battesimo' alla
piccola Monica di Delia' e -Franco Beux ai quali auguriamo di
saperle dare un’educazione sempre fondata sulla parola del Signore.
• Domenica ,4.12 abbiamo avuto il piacére di ,a,veré in mezzo
a noi quattro, rappresentanti
della CEvAA che, hanno partecipato al culto'spiegando il significato e gli scopi della CEvAA.
• Domenica 11.12 saranno con
noi le Signore Tamietti e Boer ;
che verranno a visitare la locfli,.
le Unione femminile, conyocatai!
alle ore 14,30. , • ; ,i t
• L’assemblea di Chiesa è convocata per domenica 18.12, nel
corso del culto, per decidere il
preventivo di spese e del versamento alla cassa centrale per
l’anno 1978.
AVVISI ECONOMICI
COMPRA e vendita legname da
ardere. Ribet Erardo - Tel.
91.929 - Torre Pellice.
ORARIO AMBULATORI
IN VAL GERMANASCA
Per i Comuni di Perrèro, Prali. Salza e Massello, è in vigore
dal 28 novembre il nuovo orario degli ambulatori.
Ferrerò: luned’J ore 18,3()-21;
martedì ore 9-11,30; mercoledì
ore 18,30^20; giovedì ore 9-11,30;
sabato ore 9-11,30.
Chiotti: venerdì ore 9-11,30.
Frali: lunedì: ore 14-15,30; giovedì, ore 14-15,30; sabato ore 1415,30.
Massello : mercoledì ore 14-15.
Salza; mercoledì ore 15-16.
L’ambulatorio del mercoledì,
sera è aperto a tutti. I certificati dell’Ufaciale sanitario possono essere richiesti durante il
normale orario di visita.
Domenica 18 dicembre siamo
invitati a parteciparè ad Angrognà al culto che avrà luogo nel
tempio del Capoluógo alle ore
10.30. Seguirà nel pomeriggio
alle 14.30 nella sala delle attività una riunione per uno scambio di idee su un argomento di
vitale importanza ; Conservazione ; trasformazione o abolizióne del culto domenicale.
Al culto e alla riunione parteciperà anche un gruppo di mepibri del Movimento di Testimonianza Evangelica delle varie
parrocchie.
Sono particolarmente invitati
gli amici che non partecipano
abitualmente ai culti, in vista di
eventuali proposte da sottoporre
alle Assemblee di chiesa.
La T.E.V.
RINGRAZIAMENTO -I familiari del compianto ii
, Francesco Bertea ,
neU’impossibUità di raggiungere con,
lo scritto tutti coloro chè, con commovente cordialits» hanno parteoipattr al
loro lutto, con viva ricónoÈcenza li
ringraziano pubblicamente. ’
In modo particolare ringraziano il
Prof. Cenna, ,i'Medici,curanti, le'Spore e gli infermieri deU’Ospedale Cotfòlengo, il Parroco Don GiuUo Castagno,
i parenti e gli amici’ di famiglia, i vicini di casa, i sacerdoti, i portalettere^
e gli impiegati deU’Ufficio Póstale di
Ìinerolo, la Sezione .AVIS d-i Sgn Secondo. -. . »
Leìofferte di omaggio pervenute sono state versate a favore delÌ’Àsil.o. Itifantile di S, Secondo e di Annalisa, Ig
bambina focomelicà di, Mcntoùlles.
S. Secondo,-di Pinerolo, 212-1977..
Venerdì 2 .dicembre 1977 si e serenamente. addormentato nel Signore
- L^raiio Fratefrigo
- 1 i; ' -eli aiittl 70’ì ’
La mogUe Violette Uogi,. le figlie
Violetta e Licia'Con le loro famiglie e
i parenti ringra«3,abo , tutti , coloi» che
:— durante la malattia e per il funerale del loro, caro —- hanno manifestato
simpatia e solidarietà.
In particolare ringraziano il Personale Medico e Paramedico deRa Div.
Urologia deU’Osp. Civ. «E. Agnelli»
di Pinerolo, i pastori G.. Tourti, -A.
Adamo, M. Ayassot è A, Taccia e i
coniugi Charles e Velia Paschetto.
«il Te, o Eterno, iò levo
l’anima mia.
Dio mio, in Te io tni confido :^.
(Salmo 25 : 1-2).
Torre PeUice, 5 di(?émbrd*S977
VAL PELLICE
11-12 DICEMBRE ELEZIONI NELLA SCUOLA
LISTA « Unità dei Lavoratori per il rinnovamento delia Scuola e-della Società ».
Genitori: Bouissa Giovanni, Calzi Mirella, Ghiri Giorgio, De Santìs Beatrice
in Granerò, Gelso Dario, Grìndatto Pergiorgio, lazeolla Alba in Kovacs, levine
Antonio, Martina Giuseppe, Miegge Angelo, Oddone Giovanni, Pontet Laura in
Reggente, Sup^o Mauro, Vottero Silvio.
Insegnanti : Tarditi Mario, Bein Myriam in Buzzi, Pons Mauro, De Rosa Maria Carmela in Rivoira, Ferrier Sandra,
Gjraudo Franca, Gaglio Speranza, Long
Eldina in Sappé, JanaveI Adriano, Peyrot Bruna.
Non docenti: Agli Prosperino, Bonansea Anna Maria in Forneris, Sappé Marisa in Bertln.
LISTA <c Per una scuola libera e responsabile »
Genitori: Acerbis Roberto, Bussi Amilcare, Caonio Giuseppe, Danna Stefano,
Fassino Aldo, Fornerone Alberto, Gay
Sergio Granata Giovanni,- Maianot Rinaldo Paolo, Martina Giuseppe, Michialino Marco Giovanni, Paschetto Rodolfo,
Scalbazzinì Lucia in Imberti, Vottero
Bruno.
Insegnanti: Benech Clara in Fornerone, Costabel Eleonora in Bernardini, Dapiran Mirella in Croce, Falco Bartolomeo
Le liste dei distretti
Giachero Carla, Pontet Maria in Monnet,
Reale Alessandro, Ribodino Caterina in
Romero, Riggio Mario, Vittone Giovanni.
USTA « Alternativa scolastica ».
Genitori: Borzello Decker Elisabetta,
Poet Alfredo, Sappé Franco, Simondi
Edoardo.
PINEROLO
USTA « Unità dei Lavoratori per il rinnovamento della Scuola e della Società »
Genitori: Bertozzi Donatello, Bessone
Celso, Borgato Franco, Garnero Mario,
Guiot Guido, Moretti Alessandro, Mottura Marisa in Garbarino, Nerozzi Giuseppe, PasquettI Costanzo, Piacentino
Giorgio, Piegnatelli Amos, Ristori Elio,
Taccia Alberto, Tentine Maide in Blanc.
Insegnanti: Avondetto Mario, Boni Gastone, Carpegna Gabriella in Bessone,
Gaietto Carla in Pavan, Manavella Pier
franco, Sìsmondini Marisa in Zanzottera,
Ughetto Mauro, Valenzano Roberto, Vallino Federico, Zanzottera Carlo.
Non docenti : Nicola Anna in Giannelli. Primo Pierluigi, Samuel Egidio, Tesio
Dalmazio.
Studenti : Musco Michele, Idrofano
Carlotta,, Garbarino Alfredo, Lupi Vanda, Lupi, Vilma, Lupo Claudio.
USTA « Per una partecipazione respon.
sabile della comunità ».
Genitori: Boccardi Arnaldo, Bonizzoli
Renato, Bricco Dante, Bruno Franco Filippo, Locana Lidia, in Innocenti, Maritano
Severino, Marocco Orsola in Gambino,
Martoglio Pier Luigi, Parassi Ugo, Ferrerò
Lidia in Pronello, Rasetto Stefano, Rey
Mariateresa in Marino, Rota Ferruccio,
Suino Francesco.
Non docenti: Bruno Marisa in Gontero. Garello Germana, Gelato Alfonso, Turina Franco.
Insegnanti ( Nuove proposte per una
autonomia educativa): Lazzini Paola in
Maggia, Bourlot Mario, Burzio Giuseppe,
Dosio Levi Trento, Giraudo Giovanni,
Coisson Antona, Locana Giorgio, Soppegno Silvano, Raimondo Giorgio, Vergano Vittorio.
Studenti ( Collegamento Democratico
per una scuola libera e pluralista ) : Ar
mand Carlo, Bertea Claudio, Buniva Franca, Chiapperò Giuseppe, Cirri Annalisa,
Fava Maria Vittoria, Luparia Lorenzo,
Martina Silvio, Merlo Giorgio, Narcisi
Paolo, Pronello Piero, Pavera Livio, Vagliene© Liliana, Vigliani Alessandra.
VAL CHISONE
LISTA « Unità dei Lavoratori per il rinnovamento della Scuola e della Società »
Genitori : Bonnet Luciana, Siondino
Lorena, Borsetto Placido, Marconi Giuliana, Lami Beniamino, Varalda Francesco,
Canino Giuseppe, Devalle Marco, Long
Renato, Rivoir Eugenio, Castelluccia Nicola, Refourn Giovanni, Charrier Walter.
Insegnanti : Bonansone Ennio, D'Eusebio Mauro, Micol Annalisa, Perro Paolo,
Pireddu Rosanna, Reusa Cristiano, Viglielmo Liliana, Seglie Dario, Corsani
Ondina.
Non docenti: Colella Giovanni, Rostan Marilena, Fiorenza Luigi, Santini
Maria Rita.
Studenti : Baret Guido, Stazzale Mirco,
Canino Paolo, Cogno Giovanni, Dongu
Massimo, Falco Bruno, Galliano Daniele,
Giansante Aurelio, Devalle Giovanni, Richiardone Walter, Skeardi Pierluigi.
LISTA « Por una pertoeìpazipn# respon.
tabile della comunità '
Genitori : Palmero Mario, Gay Giancarlo, Bonetto Marco, Bellini Piera, Crescenzi Guido, Coutantin Adriano, Bollario Anna, Gouschon Giorgio, Prot Ernesto, Carrera Carla, Trombetto Luciano,
Castagna Alberto, Marchisio Luigi, Zanin
Francesco.
Insegnanti : Rostagno Adriana, Cordiero Paola, Rameila Giuseppe, Colombo
Cesare, Capoano Imperia, Maurino Mauro, Giustetto Rosanna, Siccardi Donato,
Garavello Sergio, Chiaretta Wanda.
Insegnanti scuole private; lista unica:
Suor Masseti Raffaella.
8
8
9 dicembre 1977
ISRAELE OGGI - IMPRESSIONI DA UN BREVE SOGGIORNO IN ISRAELE
viaggio nelPutopia
Il nostro collaboratore Enrico Bènedetto è stato quest'estate
per un mese in Israele. Riportiamo le sue impressioni in una serie di tre articoli; il primo-sull'organizzazione collettivistica dei
kibbutzim, il secondo sui « luoghi santi » detta Palestina e il terzo
sulla situazione politica!.^-Il primo articolo, scritto in collaborazione con un amico, è comparso anche su «La Voce Repubblicana ».
Se non fosse per l’eco continuo
dei bombardamenti nel vicino
Libano, per i razzi Katiuscia
palestinesi che cadono nella città di Quiriàt Shmonà, a pochissimi kilometri dalle nostre baracche, per lo spettacolo, cui
difficilmente ci si abitua, di un
popolo armato fino ai denti,
un’esperienza di lavoro come
volontari in un Kibbùtz israeliano non si colorerebbe più di
tinte avventurose o romantiche.
Tali connotati avevano certamente i primi insediamenti in
Palestina, quaranta e più anni
fa, allorché i rampolli di facoltose famiglie della buona borghesia ebraica abbandonavano
le loro case europee e sceglievano di vivere come contadini, di
dormire nelle tende e di patire
la fame, spinti dagli ideali del
socialismo a creare dal nulla sopra un’arida terra di nessuno
forme rivoluzionarie di organizzazione sociale. Ma se le comuni agricole si sono sgretolate al
venir meno del primo vago entusiasmo ecologico, i Kibbùtzim
non solo sono strutture stabili
ed economicamente autosufficienti, ma rappresentano la
punta avanzata dello schieramento politico progressista israeliano, che contende oggi il
potere al governo conservatore
di Menachém Begin.
Isole di socialismo
Il Kibbùtz dell’Alta Galilea,
dove abbiamo prestato per un
mese la nostra opera di braccianti, appartiene all’Hashom^
HatzMr, il più à sinistra (e fqirs§ il più fedele ai principi originai'i) fra i tre movimenti kibbutzistici laici israeliani, affiliato al piccolo, ma vivace partito
socialista Mapam. E socialisti si
definiscono i suoi membri citando Marx e la dottrina del
plusvalore aH’origine della loro
organizzazione del lavoro, fondata sul collettivismo e sull’autogestione. Ma più che al marxismo, essi sembrano riallacciarsi
alla tradizione del socialismo
utopistico ottocentesco ; straordinarie sono .le soihiglianze delle
strutture comunitarie del Kibbùtz con il falansterio di Fourier o con la New Harmony di
Robert Owen. E tutt’altro che
marxista è l’assunto che sta alla base dell’ideologia del Kibbùtz ; il vero socialismo non
può che essere volontario, frutto di una libera scelta dell’individuo; dove si è tentato di imporlo ad un popolo intero, come
in Unione Sovietica e in Cina,
la rivoluzione è abortita, trasformandosi in tirannia. Poco
importa che in tal modo i Kibbùtzim aon siano che isole di
,ùn .paese capitalista, per-3i più con scarse pro
Comilalo di Redazione : Bruno BelMon, Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto SbafFi,
Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Respontabiie : GINO CONTE
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intestato a : Roberto Peyrot • Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
spettive di espansione; questo è
il prezzo che si deve pagare per
salvare l’essenza socialista, anzi,
comunista, di queste comunità.
Le terre su cui sorgono i Kibbùtzim sono di proprietà statale, e vengono concesse loro in
affitto ad un prezzo irrisorio,
simbolico, con il vincolo che
siano destinate ad agricoltura.
Le tecniche di coltivazione sono
le più moderne, e consentono ai
Kibbùtzim di formare la struttura portante della fiorente produzione ortofrutticola israeliana. L’ideologia del Kibbùtz, un
tempo fieramente contraria all’industrializzazione, si è dovuta piegare negli ultimi anni alle esigenze della società moderna; sorgono cosli un po’ dovunque piccole fabbriche, anche se
queste comunità, aliene alle
grandi concentrazioni umane,
non costituiscono il substrato
ideale per il sorgere di una forte industria.
Rigorosa
etica dei lavoro
L’autogestione nella produzione è completa; e poiché manca
l’incentivo economico individuale, (naturalmente non esiste
proprietà privata) e non vi sono
nel Kibbùtz norme coattive di
nessun genere, esso può reggere il passo solo grazie alla tensione ideologica dei suoi membri e alla loro rigorosissima etica del lavoro. Il lavoro dell’uomo è riconosciuto come massimo dei valori; e tutti senza eccezione sono tenuti a svolgere
un lavoro manuale. Capita cosi
che la stessa persona a metà
mattina smetta la tuta di facchino per andare ad insegnare
matematica (o magari dottrina
socialista) nelle scuole.
Il prodotto del Kibbùtz viene
in parte consumato internamente e in parte venduto sui mercati
esterni. La destinazione del ricavato viene decisa dall’assemblea generale del sabato, organo
sovrano di governo nella comunità (esistono anche degli amministratori, eletti e rinnovati
ogni anno per prevenire burocrazia e personalismi). I consumi, primo fra tutti il vitto, sono collettivi, il benessere viene
ripartito fra i membri, seguendo il principio : « a ciascuno secondo i propri bisogni ». Ognuno ha gratuitamente ciò di cui
necessita; non esiste alcun uso
interno del danaro.
Estremamente avanzata è anche la politica sociale del Kibbùtz. L’assistenza agli anziani è
completa ; la donna, sollevata
dagli obblighi relativi alla cucina, e all’educazione dei figli, raggiunge nel lavoro e nella vita una completa parità con l’uomo.
I bambini vengono allevati collettivamente fin dalla più tenera età: abitano in case fatte apposta per loro, e trascorrono in
famiglia solo due ore al giorno.
La portata pedagogica di tale
sistema è discussa dentro e fuori del Kibbùtz; secondo i suoi
denigratori, esso crea il rischio
di carenze affettive nei bambini; secondo i suoi sostenitori,
sviluppa in loro la società e
rafforza i legami umani con i
coetanei, mentre d’altronde con
il sistema tradizionale, se si detraggono le ore di lavoro e quelle del sonno, non restano ai genitori molto più di due ore per
occuparsi dei propri figli. Certo
è che i ragazzi del Kibbùtz non
manifestano disturbi psichici
di alcun tipo in seguito all’educazione ricevuta ; qualche problema in più sembra esserci invece da parte dei genitori.
li malessere delle
nuove generazioni
I giovani studiano alle scuole del Kibbùtz con metodi didattici di avanguardia, fino al
diciottesimo anno di età; ma
già da molto prima vengono
gradualmente inseriti nel mondo del lavoro. Dopo i diciotto
anni, il Kibbùtz decide, secondo le proprie esigenze e secondo i meriti .dì ciascuno, chi e
per quanto tempo può accedere ad una delle quattro Università israeliane. Per tutto questo
periodo lo studente verrà mantenuto a spese del Kibbùtz; ciò
che gli si chiede è che, al termine degli studi, abbia l’umiltà
di tornare a lavorare la terra
come tutti gli altri, senza accampare pretese in nome della
sua laurea. Sembra tuttavia che
[
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
1
Germania; un rischio superato?
■¡Ar Sotto il titolo: « La Germania ha rischiato una svolta
autoritaria », « La Repubblica »
del 21.11.’77 ha commentato la
notizia sulle conclusioni del
XXIII congresso della Spd ( =
Partito Socialdemocratico Tedesco) tenutosi ad Amburgo. I
congressisti si sono infatti lasciati il 19.11, « con la solenne
promessa di difendere lo stato
di diritto e la costituzione, anche nel clima avvelenata dalla
paura del terrorismo. Ha vinto,
dunque, la linea del “patto costituzionale e democratico” che ha
consentito, nei giorni precedenti, l'accordo politico fra Brandt
e Schmidt ».
Barbara Spinelli, inviata de
« La Repubblica », ha potuto intervistare , sull’argomento, l’exCancelliere Willy Brandt. Ha
chiesto il perché della grande
paura che serpeggia nella Germania Occidentale. « Com'è possibile che una democrazia solida abbia bisogno di escludere i
“radicali” dai pubblici uffici? Com'è possibile che si senta minacciata da un piccolo gruppo di
terroristi? ».
Brandt, sorridendo con amarezza, ha rispósto: “Vede, i caratteri nazionali hanno radici
lontane. Mutarli, soprattutto da
noi, dura secoli. Da sempro, i
tedeschi oscillano tra quello che
Goethe ha chiamato l'entusiasmo divino e il cupo senso della
morte. Vi sono, qui, forti labilità, più forti che altrove. Gli
sconvolgimenti che ha patito
l'Inghilterra (ad es. il caos econornico, e in più la piaga del terrorismo irlandese), sarebbero
stati per noi insopportabili. Allora sì che avrei temuto circa
la sopravvivenza della democrazia nella Repubblica Federale
Tedesca!" ».
Brandt ha poi accennato al
fatto che l’opinione pubblica tedesca tende a non parlare del
passato nazista, quasi cercasse
di dimenticarlo. La Spinelli ha
chiesto allora: « Ma non è proprio qui il male oscuro della
Germania, nel rifiuto di parlare
di quel passato? ».
La risposta di Brandt è stata:
« Qui tutto è diverso^. I padri
non hanno parlato ai loro figli,
perché temevano il loro rimprovero. E anche i maestri di scuo
la non hanno parlato: le loro lezioni di storia, se mai c'è stata
lezione di storia in Germania,
si fermano a Bismarck. E tuttavia, le cose potevano andare
molto peggio. Perché è vero:
nelle scorse settimane, la Germania ha corso il pericolo reale
di una svolta in direzione autoritaria. Ma il pericolo è ormai
superato. Non sottovaluti la fermezza con cui ha reagito il cancelliere: la capacità che egli ha
dimostrato, qui ad Amburgo,
ma anche durante la prova di
Schleyer, di non cedere alla tentazione autoritaria. Molti non se
10 aspettavano, che egli difendesse con tanto vigore, qui ad
Amburgo, la causa della libertà
e delle riforme ».
V. Accattatis, sul « Manifesto »
del 20.11, indaga sulle cause vicine dell’involuzione autoritaria
della Germania, oltre che su
quelle lontane (e quindi più profonde). Dal suo lungo e bell’articolo togliamo qualche punto
saliente.
« Partiamo da una frase di
Konrad Adenauer: “Date ad ogni
cittadino tedesco una piccola casa con giardino, e la pace regnerà per sempre in Germania
ed in Europa”. Il cittadino tedesco medio ha oggi casa, giardino, frigorifero, lavatrice ed
anche una comoda automobile,
ma, ciò nonostante, non si sente tranquillo e sicuro. Dalla frase di Adenauer emerge comunque il sistema di valori che ha
guidato, dal secondo dopoguerra, il cittadino tedesco: la ricerca del benessere, il consumismo,
11 pragmatismo. Anche Strauss,
più recentemente, ha riaffermato
il medesimo sistema di valori,
naturalmente con la sua abituale
rozzezza: “Questo stato (egli ha
detto) non vive della gloria dei
suoi scrittori e ancor meno delle
chiacchiere dei politici, vive invece della capacità produttiva
della sua economia”. Insamma,
lavorare con disciplina e cercare di godersi la vita. Il “modello
tedesco” dà questo tipo d'indicazione “culturale”. (...)
In una società in cui si è puntato tutto sul “produciamo e
godiamoci la vita"^, la prospettiva della crisi, ovviamente, fa
molta paura. Con la crisi del
benessere è entrato in crisi, nel
la Repubblica Federale, tutto il
sistema di valori. “Passeggiate
per la Germania (dice un cittadino berlinese ad un giornalista
che lo intervista), sarete colpiti
dall'impressione di una paura
diffusa, di un’ansia crescente,
di un forte sentimento di precarietà, molto più intenso e profondo delle rumorose testimonianze del trionfalismo economico”. “Paure che sembrano irrazionali (dice Heinrich Boll) ma
che irrazionali non sono, ove si
consideri la storia tedesca” ».
Per chiudere, due nostre profonde convinzioni personali:
1) Qualunque opinione ci si
voglia fare sulle condizioni odierne della Germania Occidentale,
essa deve tener conto della
struttura federale di quella nazione. Ciò che accade a Monaco è difficilmente confrontabile
con ciò che accade ad Amburgo:
i vari Laender hanno comportamenti diversissimi. Non a caso
gli orrori del carcere di Stammheim sono accaduti nella roccaforte del Partito di Strauss. Le
possibilità di osmosi politica, sociale, culturale (non parliamo
di quella religiosa) fra i vari
Laender, sono scarse (persino
più che fra i cantoni della pur
democraticissima Svizzera), e le
stesse normé giuridiche non le
favoriscono.
2) Il modo migliore di aiutare
i tedeschi è qùéllo di appoggiare validamente, nell’opinione
pubblica internazionale, le forze migliori che agiscono in Germania, anche se queste hanno
tendenze relativamente reazionarie o se, semplicemente, non
ci piacciono! (v. il recente incontro, a Milano, con Giinther
Grass). E tali forze sono, senza
dubbio quelle della Spd e dei
suoi leaders (Brandt e Schmidt).
non siano pochi i giovani i quali, allo , soadere del periodo loro concesso, rifiutino di rientrare, ma preferiscano invece
continuare gli studi per proprio
conto, o comunque trasferirsi a
vivere in città. E questo è soltanto un aspetto di un problema profondo che coinvolge la
cosiddetta « seconda generazione » del Kibbùtz : i giovani, infatti, manifestano una latente
insoddisfazione, un -malessere
che si riflette in un continuo
stillicidio di energìe del Kibbùtz. Essi prendono a contestare le regole del gruppo: mal
sòpportano di vivere in una comunità ristretta dove tutti si
conoscono e dove è impossibile
godere di una propria «privacy»; lamentano che nel Kibbùtz nulla sia lasciato alla loro
iniziativa personale e che il loro futuro sia già pianificato da
altri ; soffrono della mancanza
di esperienze, della scarsità dei
contatti con l’esterno, del clima
inevitabilmente un po’ provinciale che respirano. Si verificano paradossali fenomeni di ritorno all’indietro : le giovani
coppie rivogliono i figli a casa;
le ragazze tornano spontaneamente ai lavori domestici dai
quali sono state liberate. Scarsa
è anche fra i giovani la convinzione ideologica, forse per una
naturale reazione all’indottrinamento al quale sono stati sottoposti fin da tenera età. Per riassumere, una volta risolti i problemi sociali, riaffiorano all’interno del Kibbùtz, insospettate
difficoltà di carattere individuale e psicologico. E questo in
parte per i limiti insiti in ogni
modello sociale, in parte per la
spietata concorrenza che le
strutture capitalistiche dell’ambiente circostante fanno tuttora
alla società dei Kibbùtzim.
La ’’lezione”
del kibbùtz
Il fascino delle grandi città, le
ambizioni personali, il desiderio
dell’indipendenza e del benessere sono avversari duri da combattere ; tanto che, nonostante l’eccezione, del modello di vita offerto dai Kibbùtzim, solamente il 3% dell’attuale popolazione di Israele sceglie di farne
parte, e tale proporzione è in
ulteriore discesa.
Vero è che, scossi dall’ondata
di sfiducia e di stanchezza che
pervade l’opinione pubblica
israeliana, anche i Kibbùtzim
attraversano un momento di difficile ricerca della propria identità.
Resta tuttavia, per un osservatore esterno proveniente dalla « civile Europa », la lezione
straordinaria di un’utopia socialista realizzata e funzionante all’interno di un paese in trincea.
È arduo dire se il modello sociale del Kibbùtz sia indissolubilmente legato alle vicende
storiche della nazione di Israele o non possa essere esportato
e diventare oggetto di altre esperienze; cos’i com’è arduo conoscere se i problemi nati all’interno di queste comunità finiranno con l’intaccarne l’essenza
ideale. Ma in ogni caso il Kibbùtz, così, come l’abbiamo conosciuto, rappresenta una realtà sociale, anche se limitata, così avanzata da poter utilmente
divenire un punto di riferimento originale per quelle forze politiche giovanili, socialiste o libertarie che lottano in Europa
per preparare un domani molto
diverso dall’oggi.
Enrico Benedetto
Antonio Graziosi
(I. continua)
Girardi
' « Qui tutto è diverso ». Brandt (se capiamo bene) vuol
dire che la Germania è diversa
dall’Inghilterra e da altri popoli, non solo per la « labilità » di
cui ha parlato prima, ma anche
perché il rifiuto, cui accenna la
Spinelli, ha in Germania conseguenze diverse. Brandt lo spiegherà poco dopo, quando dirà:
« Tuttavia le cose potevano andare molto peggio ».
(segue da pag. 5)
criticamente il marxismo come
il loro modo di leggere la realtà
e aH’interno di quest’ottica stanno praticando il tentativo della
teologia della liberazione, il tentativo di ripensare la fede all’interno delle lotte di liberazione ricorrendo anche molto decisamente a categorie marxiste. Ora
questo tipo di rapporto nuovo
che si stabilisce tra marxismo e
cristianesimo aH’interno di questa esperienza, presenta un nuovo potenziale politico-religioso
che il dialogo non può trascurare — livellandolo in un generico incontro col mondo cattolico — se non al prezzo di un forte
impoverimento.