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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 30 LUGLIO 1993
ANNO I - NUMERO 30
L'ASSEMBLEA DI «FEDE E COSTITUZIONE»
SULLA VIA
DI COMPOSTELA
ANDRE DIRMELE '
Il primo incontro del movimento ecumenico contemporaneo, tenutosi a Edimburgo nel 1910, non aveva tra gli
argomenti aH’ordine del giorno le questioni dottrinali che
dividono le chiese. Tutta questa problematica, fondamentale e complessa, sarebbe stata affrontata da un movimento particolare, una sorta di
commissione teologica, chiamata «Fede e costituzione»,
fondata a Losanna nel 1927.
La commissione si riunisce a
intervalli regolari in assemblea generale, alla quale le
chiese membro partecipano
mediante propri delegati. Nel
1937 una seconda Assemblea
ebbe luogo a Edimburgo.
Dopo la fondazione del
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec) ad Amsterdam
nel 1948, «Fede e costituzione», pur mantenendo una propria autonomia,diventò una
unità di lavoro all’interno del
Consiglio stesso. La terza Assemblea mondiale si tenne a
Lund, nel 1952; la quarta a
Montreal, nel 1963. Tra una
sessione e l’altra l’attività è
condotta da una Commissione, nominata dal Consiglio
ecumenico su indicazioni delle chiese membro, che si riunisce in linea di principio
ogni cinque anni.
La prossima Assemblea, a
San Giacomo di Compostela,
sarà dunque la quinta Assemblea mondiale di «Fede e costituzione»; vi prenderanno
parte circa 400 delegati nominati dalle chiese.
Già da queste poche righe
emerge la portata storica
dell’avvenimento. Non si
tratta semplicemente della
quinta Assemblea di «Fede e
costituzione». L’ultima ha
avuto luogo nel 1963; i
trent’anni che abbiamo alle
spalle sono, sotto il profilo
ecumenico, quanto mai ricchi: Concilio Vaticano II, numerose assemblee del Cec e
delle famiglie confessionali
mondiali, moltissimi dialoghi
multilaterali e bilaterali tra le
chiese, avanzate iniziative
ecumeniche locali, ecc.
A tutto questo bisogna poi
aggiungere un dato di peso:
dal 1967 anche la Chiesa cattolica è membro di «Fede e
costituzione», pur non essendo contestualmente membro
del Cec. A Santiago dunque
saranno riuniti i rappresentanti di tutte le chiese cristiane.
Il primo compito dell’Assemblea sarà quello di fare un
bilancio di questi trent’anni
di dialoghi teologici e dottrinali. Sono solo un aspetto del
movimento ecumenico, ma è
un aspetto che ha tutta la sua
importanza. Si dovrà anzitutto valutare il lavoro compiuto
da «Fede e costituzione» circa i dialoghi multilaterali e,
tra questi, il testo di Lima su
battesimo, eucaristia e ministero - il cosiddetto Bem
uscito nel 1982 -, gli studi
sull’unità della chiesa e 1’
unità dell’umanità e il commento comune al simbolo di
Nicea(1992).
Poi si dovranno affrontare i
testi dei molti dialoghi bilaterali (riformati e luterani, anglicani e cattolici, cattolici e
luterani, anglicani e ortodossi, battisti e riformati, ecc.). Il
compito di «Fede e costituzione» è quello di coordinare
tutti questi dialoghi e di vigilare sulla loro coerenza generale.
Sarà l’Assemblea in grado
di fare questo bilancio? Per
facilitarne il compito la commissione preparatoria propone un documento di lavoro
(testo di Dublino, corretto nel
’93 a Stuttgart) dal titolo:
«Verso la comunione nella
fede, la vita e la testimonianza». Sarà data la parola a
quelli che sono stati i maggiori artigiani della fatica
ecumenica di questi ultimi
anni e i delegati riporteranno
quelle che sono state le esperienze delle singole chiese.
In un secondo momento
l’assemblea di fissare le grandi linee del lavoro ecumenico
dei prossimi anni. Sta per finire l’era dei dialoghi multilaterali e bilaterali. La gran
parte delle maggiori controversie tra le chiese sono state
studiate e spesso, sotto il profilo teologico, anche superate.
È ora necessario trovare una
metodologia e una pedagogia
che consentano di dare una
SEGUE A PAGINA 3
Le elezioni per gli incarichi nella chiesa: che cosa dice il Nuovo Testamento?
Eleggeteli^ ma poi non allontanateli!
____________BRUNO ROSTAGNO_____________
«Fratelli, vi preghiamo di aver riguardo per coloro che lavorano in mezzo a voi, che vi sono preposti nel Signore e vi esortano, e di tenerli in grande
stima e di amarli a motivo della loro
opera. Vivete in pace tra voi»
(I Tessalonicesi 5, 12-13)
Proseguendo la riflessione sulla elezione alle cariche amministrative
nella chiesa, dobbiamo constatare che
non vi sono nel Nuovo Testamento dei
passi che parlino esplicitamente del modo in cui si devono eleggere coloro che
esercitano una funzione nella chiesa.
La ragione di questo scarso interesse
per le modalità dell’elezione è che tutto
il Nuovo Testamento è dominato dal fatto che «il Signore stesso sceglie i ministri, o meglio sceglie in che modo ogni
membro della sua chiesa lo debba servire». L’elezione, sia che avvenga da parte
degli apostoli o dei loro più diretti collaboratori sia che avvenga da parte dell’assemblea dei credenti, è solo un riflesso,
una conseguenza secondaria della scelta
compiuta dal Signore.
Anche per la nostra situazione questo
fatto ha un rilievo fondamentale. Come
ogni decisione delle nostre assemblee, le
elezioni sono il frutto di un confronto
fraterno, il cui scopo è la ricerca della
volontà del Signore. Per l’elezione ci si
può servire di diversi criteri, anche legati
al momento storico e ai problemi che la
chiesa deve affrontare. Non bisogna aver
paura di criteri di valutazione profani:
competenza, efficienza sul lavoro, capacità di ascolto, ecc. Fondamentale è però
che la decisione sia presa da una chiesa
che vuole essere ubbidiente al suo Signore.
Non è un caso, tuttavia, che le direttive
del Signore e le esortazioni degli apostoli insistano molto di più sui rapporti che
devono esistere «dopo» l’elezione. In
che modo «coloro che lavorano in mezzo
a voi» siano giunti ad essere «preposti»,
ad avere una funzione di guida. Paolo
non lo dice (e noi siamo delusi, perché ci
piacerebbe proprio saperlo). Dice però
quale atteggiamento la comunità debba
avere verso queste persone. Da noi accade spesso il contrario: prima dell’elezione ci accaloriamo, circondiamo di attenzione i candidati, ci diamo da fare per
convincerli, per rassicurarli; una volta
eletti, dopo l’applauso di rito, li lasciamo
soli.
Lasciarli soli, lasciarle sole, può volere
Estate 1993
Buone
vacanze!
«Sembra quasi uno scherzo
proporre agli uomini cosa
tanto remota come un ritorno
alla riflessione sul significato
della vita in un momento in
cui le passioni e le follie collettive sono intense ed estese,
in cui la disoccupazione, la
miseria e la fame sono fatti
comuni, in cui il potere viene
esercitato sui deboli senza il
minimo pudore e nel modo
più assurdo e in cui l’organizzazione della vita umana
ha perduto il suo centro e il
suo equilibrio. Tuttavia solo
quando tutti gli uomini cominceranno a riflettere sorgeranno le forze capaci di
opporsi a tutto questo caos e
a questa miseria. Qualsiasi
altra misura condurrebbe a
risultati incerti e inadéguati.
Quando in primavera al grigio arido dei pascoli si sostituisce il verde brillante, vuol
dire che milioni di germogli
spuntano freschi dalle vecchie radici. Nello stesso modo un rinnovamento del pensiero, essenziale per il nostro
tempo, può realizzarsi soltanto attraverso una trasformazione delle opinioni e degli ideali della maggioranza
mediante una riflessione individuale e generale sul significato della vita e del
mondo».
Sia per chi parte in vacanza
sia per chi resta a casa queste
parole di Albert Schweitzer,
scritte nel 1923, suonano vere e d’attualità. Svelano quello stato di intossicazione per
troppa attività che non ci lascia tempo di riflettere e cercare un fondamento saldo per
la nostra vita. Ci fanno riflettere sul fatto che le nostre
azioni devono trovare chiarezza di orientamento e fresca energia morale dalla fede
in Gesù Cristo.
In questo senso diciamo
«buone vacanze» agli abbonati. Il prossimo numero (31)
uscirà in data 20 agosto.
dire due cose: o disinteressarsi compietamente delle loro fatiche, delle loro ansie,
delle loro incertezze oppure sottoporli,
sottoporle, a un giudizio impietoso, in
base a esigenze assolute, a severi ideali.
Quale sarà invece, secondo le indicazioni dell’apostolo, il rapporto da tenere
con i fratelli e le sorelle che hanno ricevuto un mandato? «Tenerli in grande stima»: è ovvio che la stima implica un
controllo ma è soprattutto un accompagnamento, un dare sicurezza; la stima
può anche esprimersi in certi casi attraverso la critica, ma questa sarà diretta e
circoscritta e non sarà fatta dietro le spalle. Infatti l’apostolo aggiunge che si tratta «di amarli a motivo della loro opera»:
proprio perché faticano, hanno bisogno
di amore. I loro doni possono svilupparsi
pienamente o atrofizzarsi; dipende dal
modo in cui sono circondati: se da fiducia, attesa, comunione, oppure da un clima di invidia o indifferenza.
«Vivete in pace tra voi» significa superare sia la sudditanza passiva o maligna, sia lo spirito di rivalità; e questo accade quando ognuno sa riconoscere il
servizio dell’altro, anche quando può
comportare una maggiore responsabilità,
e lo sostiene con partecipazione, gioia e
speranza.
Della Parola
Mossi dall'amore
di Cristo
pagina 6
Storie di donne
valdesi
pagina 9
Le foreste
tropicali
pagina 12
2
PAG. 2
RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 30 LUGLIO 1993
Verso la V Conferenza mondiale di «Fede e costituzione» a Santiago de Compostela
«Santiago è una tappa sulla via che porta
verso una maggiore santità e pienezza»
________MARY TAHWER*_______
Il modo in cui la credibilità
della chiesa in quanto segno viene investita dal peccato dei suoi membri e delle
sue strutture, e dallo scandalo delle divisioni, delle rivalità e del proselitismo.
Per il beneficio della missione, dell’evangelizzazione
e del dialogo, i cristiani devono costantemente essere
rinnovati nell’unità, onde diventare quella «comunità a
dimensione etica» di cui ha
parlato il colloquio svoltosi
in Danimarca. Quando pone
l’accento sul rapporto tra fede e vita morale, la Commissione «Fede e costituzione»
ha bisogno del contributo
complementare di altri settori del Cec e delle loro domande.
Santiago de Compostela
È in questi termini che si è
avviato il dibattito preparatorio alla Conferenza di Santiago de Compostela. Le
questioni di fondo che qua e
là sono state poste dimostrano che il tema della Conferenza è stato azzeccato.
Cosa ci aspettiamo da questo
incontro?
Da secoli, le folle di pellegrini fedeli che si recano a
Santiago vi trovano la forza
e la visione nuove di cui hanno bisogno per proseguire il
pellegrinaggio della loro vita. Per loro, come per noi,
Santiago è una tappa sulla
via che porta verso una maggiore santità e una maggiore
pienezza. Spero che coloro
che si riuniranno a Santiago
vivranno un momento della
comunione di cui parlano.
Sappiamo che è nel culto e
nella celebrazione che siamo
uniti a Dio e che ci raggiungiamo gli uni gli altri nella
vita e nell’amore di Dio, ed è
per questo che abbiamo dedicato molto tempo a preparare
le preghiere e gli studi biblici
della Conferenza.
Ciò ci porterà, spero, a
prendere insieme l’impegno
di affermare, in un movimento ecumenico turbato, in
preda qua e là alla delusione,
il grado di comunione che
esiste già tra di noi. Abbiamo
condiviso troppe cose insieme finora, in quel movimento, per pensare che siamo
privi di ogni comunione. Siamo uniti da una comunione
molto reale, quantunque non
pienamente visibile.
Spero anche che questa
Conferenza sarà per noi l’occasione di impegnarci nuovamente a lavorare insieme
per rendere percettibile la comunione che è il dono di
Dio, per rendere visibile
l’unità della Chiesa, l’unità
nella fede, nella vita e nella
testimonianza.
Reimpegnarci nei confronti dell’unità non vuol dire
servire i nostri fini egoistici;
vuol dire impegnarci a lavorare nella prospettiva del
mondo di Dio e offrire di rimando a Dio, nella lode e
nella preghiera, ciò che riceviamo come un dono.
Dobbiamo scoprire il modo giusto di interpellare le
chiese affinché rivedano le
loro prese di posizione ecumeniche. Alla luce dei colloqui e dei lavori teologici che
hanno luogo a livello locale,
le chiese devono chiedersi,
con una nuova urgenza, ciò
che è oggi possibile, e devono essere ritenute responsabili le une di fronte alle al
Un pellegrinaggio di giovani
tre della messa in pratica di
questo possibile, ad ogni livello. Per doloroso che sia,
non dobbiamo permettere
che nuove difficoltà ci separino. Dobbiamo invece incitarci reciprocamente ad andare avanti con coraggio.
Infine, la Conferenza mondiale deve delimitare nuovi
campi di dialogo. Porre l’accento sulla koinonia non significa voltarsi verso il passato e riprendere un dibattito
superato, bensì evidenziare
la qualità e il marchio distintivo della vita di Dio nella
quale viviamo, cresciamo e
siamo.
Due grandi questioni
A che cosa somiglierà la
chiesa che renderà testimonianza a quel Dio? Due grandi questioni emergono:
- Nella comunione visibile, qual è il posto della diversità risultante dall’espressio
ne autentica dell’Evangelo
nelle differenti culture, diversità che è radicata in percezioni e in temperamenti
teologici differenti e lascia il
campo libero a identità nazionali e etniche differenti?
Porre l’accento sulla diversità preservata nella comunione sarebbe il segno di una
nuova maturità che rende ricettivi alle convinzioni e ai
bisogni di ognuno. Ciò permetterebbe anche ad ogni comunione ecclesiale di guardare in faccia la diversità che
esiste al proprio interno.
- Se la comunione fondamentale che ci è data in Cristo deve essere preservata
nella sua ricca diversità, e se
è chiaro che la tensione, o
magari il conflitto, caratterizzeranno sempre la vita dei
cristiani, come rimarremo
uniti nella comunità conciliare, nella nostra appartenenza
comune segnata dalla grazia?
In quali strutture eserciteremo la nostra responsabilità
gli uni nei confronti degli altri? Come nutriremo lo slancio della nostra fede, come
insegneremo insieme e come, insieme, serviremo il
mondo e la creazione?
Questi due temi troverebbero probabilmente benissimo il loro posto in una concezione più larga e più ricca
della koinonia. Ognuno arricchirebbe la nostra rappresentazione dell’unità visibile.
Ci sarebbero molte altre
cose da dire riguardo alla discussione che seguirà la
Conferenza di Santiago de
Compostela. Spero che essa
sarà più aperta a tutti, più
centrata sulla partecipazione
e la cooperazione, e meno
segnata dalla paura nei confronti degli altri partner, in
quel movimento ecumenico
che è uno.
Spero che «Fede e costituzione» troverà una forma di
ascolto, un modo di offrire,
che spazzerà via i vecchi
«clichés» di quell’antico
strappo del movimento
ecumenico e che, nello stesso tempo, continuerà a costruire pazientemente sulla
base degli insegnamenti e
delle realizzazioni del passato, pur essendo molto al
chiaro sulla sua priorità; operare cioè per giungere a
quell’unità necessaria e sufficiente nella fede che ci
consenta di radunarci e di rimanere insieme.
Insieme compiamo lo stesso pellegrinaggio. Come tutti
i luoghi di pellegrinaggio,
Santiago de Compostela rimanda ad una realtà al di là
di sé. La dimensione escatologica dell’unità della chiesa
è radicata nella comunione
della vita di Dio. Questo è il
nostro fine e anche, in verità,
il nostro inizio.
*Mary Tanner, della Chiesa
d’Inghilterra, è presidente della
Commissione «Fede e costituzione». L’articolo, tratto dalla
rivista del Soepi «Mensuel»
(giugno ’93) è una sintesi di una
sua relazione presentata al Comitato esecutivo del Cec nel
marzo scorso.
La risposta degli arcivescovi anglicani ai vescovi cattolici inglesi
«
Proclamiamo insieme PEvangelo
»
Dopo la decisione presa
r IJ novembre scorso dal Sinodo generale della Chiesa
d’Inghilterra (anglicana) di
ammettere l’ordinazione delle
donne al sacerdozio, alcuni
membri di quella chiesa hanno chiesto di raggiungere la
Chiesa cattolica. La Conferenza episcopale cattolica dei
vescovi d’Inghilterra e del
Galles si è espressa, nel corso
di una conferenza .stampa, sui
principi e le modalità di accoglienza. Gli arcivescovi anglicani di Canterbury e di
York hanno risposto così:
«Ci rallegriamo della dichiarazione dei vescovi cattolici romani su un argomento
pastorale particolarmente deiicato.
In quanto pastori, condividiamo la preoccupazione dei
vescovi cattolici romani affinché una disposizione venga
presa nei confronti di coloro
che non possono accettare la
decisione del Sinodo generale
secondo la quale donne dovrebbero essere ordinate sacerdoti. Crediamo che i principi accettati all’unanimità
dalla Camera dei vescovi della Chiesa d’Inghilterra, riunita a Manchester all’inizio di
quest’anno, prevedono una
struttura in cui coloro che
hanno riserve su questo argomento possano mantenere
tutto il loro posto all’interno
della Chiesa d’Inghilterra.
Presenteremo questa struttura
nel corso della prossima riunione della Camera dei vescovi. Ci rallegriamo comunque per l’attenzione portata dalla Conferenza dei vescovi cattolici romani nei
confronti di coloro che hanno
l’impressione che la loro unica via sia di cercare la comunione visibile con la Santa
Sede.
Riflettendo su questa
preoccupazione pastorale
condivisa, ci rallegriamo in
particolare che la Conferenza
episcopale accetti che una
commissione bilaterale venga
istituita tra la Conferenza episcopale e la Camera dei vescovi. Aspettiamo con impazienza di dibattere in dettaglio sugli assestamenti a tempo debito.
Condividiamo il punto di
vista dei vescovi cattolici romani sui progressi che sono
stati compiuti in questi ultimi
decenni per sviluppare i rapporti ecumenici tra le due
chie.se. Apprezziamo la comunione, quantunque imperfetta, che condividiamo
già e rimaniamo impegnati
con entusiasmo per approfondire tale comunione, in modo
che insieme proclamiamo più
efficacemente l’Evangelo
nella nostra società».
Dal M
Paesi nordici; consacrazione
della prima donna vescovo
HAMAR — Rosemarie Koehn è stata consacrata vescovo di
Ramar (Chiesa di Norvegia) durante il culto dell’Ascensione
(20 maggio), presieduto dal vescovo Andreas Aarflot di Oslo e
alla presenza del re Harald e della regina Sonja di Norvegia. È
la prima donna vescovo dei paesi nordici.
La prima donna pastore della Chiesa luterana norvegese è
stata consacrata nel 1961, anch’essa nella diocesi di Ramar.
Nata a Rathenau, vicino a Berlino, Rosemarie Koehn era venuta in Norvegia come profuga alla vigilia di Natale 1946^
all’età di sette anni. Dal 1989 era direttrice del Seminario di
teologia pratica dell’Università di Oslo.
Svizzera; Assemblea della
Federazione protestante
STEIN AM RHEIN — Martedì 22 giugno si è conclusa
l’Assemblea dei delegati della Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera. 1 temi discussi riguardavano i lavori diaconali in Svizzera, la collaborazione fra opere umanitarie e le
chiese e l’istituzione di un’agenzia stampa. I 65 delegati delle
22 chiese membro hanno incaricato l’Aiuto delle chiese evangeliche in Svizzera, Aces-Reks, di allargare il campo degli impegni al sostegno di programmi umanitari delle comunità protestanti all’intemo del paese.
Altre due decisioni dovrebbero contribuire al rinforzo del
protestantesimo a livello nazionale: da un lato sono state istituite una conferenza e una fondazione diaconali; la prima si occuperà della coordinazione degli impegni diaconali di chiese e
opere umanitarie, l’altro dovrebbe occuparsi soprattutto del sostegno di donne con problemi economici. D’altro lato è stato
istituito un Comitato centrale per le opere umanitarie della Federazione, che sono l’Aiuto delle chiese evangeliche in Svizzera, Pane per i fratelli e le missioni. Il Comitato si assumerà il
compito di coordinare i programmi con lo scopo di impegnare
il meglio possibile i fondi.
La Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera è anche
stata incaricata di analizzare le possibilità di migliorare la presenza delle chiese presso i centri di accoglienza dei richiedenti
d’asilo in Svizzera.
L’Assemblea si è infine espressa unanimemente a favore
dell’istituzione di un’agenzia stampa della Federazione; nel
corso di quest’anno dovranno essere esaminate le possibilità di
finanziare tale impresa.
Zaire; inizia il Sinodo nazionale
della Chiesa di Cristo
KINSHASA — Dopo vari tentativi falliti, il Comitato esecutivo nazionale e il Sinodo nazionale della Chiesa di Cristo in
Zaire (Ecz) dovrebbero svolgere le loro sessioni alla fine di luglio e all’inizio di agosto. Secondo il Dip, bollettino d’informazione dell’Ecz, questo Sinodo nazionale sarà dedicato essenzialmente alla missione della chiesa in una situazione di crisi
socio-politica nell’era democratica.
Nella lettera circolare di convocazione, il presidente nazionale dell’Ecz, il vescovo Bokeleale scrive: «La nostra chiesa deve
cercare di far capire al nostro popolo che, per entrare nella democrazia, spetta al popolo pronunciarsi, scegliere, eleggere i
propri rappresentanti a ogni livello per parlare nel suo nome e
rendergli conto. E il popolo ad essere il primo sovrano e non le
autorità politiche e i politici. Il nostro popolo non ha ancora
una cultura politica e soprattutto democratica, non ha ancora
realizzato che lui solo è la vera autorità e che la gente che lo
governa non è che da esso delegata».
Circa 500 delegati dovrebbero partecipare al Sinodo che di
solito si svolge ogni due anni. Il Sinodo del 1991 non aveva
potuto essere organizzato a causa delle turbolenze e convulsioni socio-politiche in atto nel paese a partire dal 24 aprile 1990,
data d’inizio del processo di democratizzazione delle istituzioni
e della società zairesi.
Ucraina; nuovo patriarca per la
Chiesa ortodossa autocefala
KIEV — La Chiesa ortodossa autocefala d’Ucraina ha un
nuovo patriarca. Il Concilio della chiesa ha eletto l’arcivescovo
Vladimir de Lviv per succedere al patriarca Mystislav Skrypnik, deceduto recentemente all’età di 95 anni. La Chiesa autocefala, fondata nel 1921 poi soppressa nel 1930 dall’Urss, è sopravvissuta nell’emigrazione e si è ricostituita in loco nel 1990.
Non è riconosciuta dai patriarcati di Mosca e di Costantinopoli.
Romania; testimoniare insieme
BUCAREST — Per la prima volta i rettori degli istituti teologici battista e ortodosso dell’Università di Bucarest hanno tenuto un corso agli studenti dell’altro istituto sul modo in cui la
loro chiesa interpreta la propria missione e sulle possibilità di
una testimonianza cristiana comune in Romania.
Il rettore ortodosso’ Dumitru Popescu e il rettore battista Vasile Talpos hanno espresso ambedue il desiderio di proseguire
il loro dialogo e di associarvi gli studenti. Essi condividono la
stessa convinzione che «le due chiese devono cercare di comprendersi meglio e di aiutarsi reciprocamente presentando una
testimonianza morale e spirituale capace di interpellare e di
convincere il popolo romeno». I due istituti di teologia sono
stati accorpati all’Università di Bucarest dopo la caduta del regime comunista nel 1989.
3
\/ENERDÌ 30 LUGUO 1993
PAG. 3 RIFORMA
Il 7 agosto 1945 sorvolò per primo la città distrutta dalla bomba atomica
È evangelico il fotografo di Hiroshima
LUCIANO DEODATO_____
Hai Herman è un nome
sconosciuto, ma le immagini riprese dalla sua cinepresa hanno fatto il giro del
mondo e rimarranno uno dei
documentari più sconvolgenti della storia del nostro secolo. Fu lui, infatti, a girare il
documentario sugli effetti del
bombardamento atomico di
Hiroshima, il «day after». Il
6 agosto avvenne lo scoppio
dell’atomica e il 7 gli americani inviarono un aereo, con
a bordo Herman, per fotografarne gli effetti. «Sorvolammo la città completamente
distrutta. Per quattro volte ci
abbassammo per meglio riprendere i particolari. No,
nessuno ci aveva prima avvertiti degli effetti delle radiazioni. Quel che vedemmo
era terribile: tutto distrutto.
Per il gran calore il terreno si
era vetrificato; una grande
torre d’acciaio si era liquefatta. Tutto era stato raso al
suolo. Non c’era più niente».
Herman lavorava nei grandi studi di Hollywood come
la Colombia, l’Universal e
frequentava attori famosi:
Humphrey Bogart, John
Wayne, Rita Hayworth.
PROTESTANTESIMO
IN TV
Domenica 8 agosto
ore 23,45 circa - Raidue
Repìica: lunedì 16 agosto
, ore IO circa - Raidue
Hole Güero,
que tal
- < <.'*/< t> ‘ t. ■;*'
•L'esperienza di im
pastore svizzero nel
Chiapas (Messico) ,
DALLA PRIMA PAGINA
Hai Herman e la moglie aH’uscita della chiesa delle Assemblee di'
Dio a Napoli, in corso Garibaldi
All’epoca della guerra fu
chiamato dal Pentagono per
girare documentari sulle operazioni nel Sudest asiatico e
inviato dapprima nella giungla della Nuova Guinea, poi
nelle Filippine. Fece parte,
come fotografo e giornalista,
dello staff del quartier generale statunitense comandato
dal generale Douglas Mac
Arthur. In questa qualità gli
fu affidata la missione, riservata, di fotografare Hiroshima. «Sono contro la bomba;
e credo che chiunque debba
dire un no assoluto. La mia
paura più grande è che possa
finire nelle mani di uomini
senza scrupoli».
Ho incontrato Herman a
Napoli, nel nuovo tempio
delle Assemblee di Dio in
Italia, in via Carafa, una traversa di corso Garibaldi poco
distante dalla stazione centrale, in un quartiere popolare. Dove sorgeva una sala cinematografica, ora i pentecostali hanno costruito un loro
tempio, capace di molte centinaia di posti.
Anche Herman è passato
dal cinema alla fede in Dio.
Il suo è stato un itinerario
combattuto, lungo, e lui ne
SULLA VIA DI COMPOSTELA
visibilità a questa unità, di
trascrivere questi risultati nella vita concreta delle chiese.
Bisogna sgombrare la strada
da ogni intralcio.
E evidente la complessità
di una tale operazione. Lo
stato di avanzamento dei dialoghi e l’accoglimento dei risultati varia da una famiglia
ecclesiastica all’altra, da una
regione all’altra, da un continente all’altro. Non solo, ma
le visioni degli uni e degli altri non sono semplicemente
diverse ma spesso anche divergenti; in particolare quando si tratta del modello di
unità e del rapporto tra unità
e diversità. La discussione a
Santiago non sarà facile, ma è
necessario che avvenga.
Ci sono molti pericoli da
evitare. Secondo me si tratta
di evitare tre grossi scogli. 11
primo sarebbe quello di cedere al pessimismo ecumenico,
presente in molti luoghi. Nonostante le lentezze e le difficoltà di tutti questi anni, la situazione attuale non ha più
nulla in comune con quella
del 1963. «Fede e costituzione» ha dato un contributo notevole in tutti questi trent’anni: l’assemblea dovrà essere
abbastanza obiettiva da apprezzarne l’opera con serenità
ed evitare giudizi affrettati.
In secondo luogo bisogna
augurare all’assemblea di sapersi concentrare sull’essenziale, evitando la tentazione
parla molto più volentieri
che dei ricordi della guerra.
Quelli sono ricordi di morte,
di distruzioni senza fine.
Molti suoi amici ci hanno lasciato la vita; molti sono
morti accanto a lui. Lui stesso non sa come spiegarsi perché sia ancora vivo. «Dio ha
steso la sua mano e mi ha
salvato», dice oggi dopo aver
trovato Dio, o meglio, dopo
essersi lasciato trovare da lui.
«Venni in Italia nel ’62 e
parlai a Roma nel teatro
Brancaccio, nel quadro di
una campagna di evangelizzazione. I giornali pubblicarono poi delle interviste con
titoli del tipo: “L’evangelista
convertito dalla bomba atomica”. Nulla di più falso.
Non è stata l’atomica a convertirmi, ma lo Spirito del
Signore!
Prima di diventare giornalista e fotografo ho fatto studi di filosofia e psicologia,
interessandomi anche alle religioni orientali. Ho avuto
modo di visitare il Giappone
e la Cina; sono stato a Pechino e Shanghai. Ma il problema di Dio non faceva parte
del mio orizzonte. Solo dopo
la guerra iniziai la mia ricer
ca di fede ma mi pareva di
muovermi in uno spazio
buio. Una donna un giorno
mi disse che se volevo conoscere Dio non avevo che da
leggere la Bibbia. E così mi
misi a leggere la Bibbia; ma
senza risultati. Fino a che,
una notte, fui colpito da quel
passo di Isaia 53, dove il profeta dice: “... erano le nostre
malattie ch’egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui
s’era caricato...”. Alzai gli
occhi e... vidi Gesù! Avvertii
con potenza quella presenza
tangibile. Per tre volte mi
disse: “Va’, conosci la verità,
io ti amo e ho dato il mio
sangue per salvarti”. Non riesco a spiegarmi. È un’esperienza spirituale. Io so comunque che in quel momento ho avvertito l’amore divino. Allora sono scoppiato in
un pianto dirotto, come non
mi era mai capitato durante
la guerra. Piangevo come un
bambino: avevo capito l’amore di Cristo. Per sempre
saprò che egli è la vita e ci
ama».
Herman lasciò il lavoro tra
lo stupore e l’incredulità dei
suoi compagni, rinunciò a
una carriera ben avviata, a
uno stipendio di tutto rispetto, e si mise a predicare e a
raccontare a tutti della sua
scoperta. Fece almeno dieci
volte il giro della terra, visitò
decine e decine di nazioni, la
sua testimonianza fu tradotta
in tutte le lingue.
Mentre mi raccontava la
sua storia, il tempio andava
riempiendosi di sorelle e fratelli napoletani, desiderosi di
ascoltarlo. «Arrivederci, fratello - mi ha detto abbracciandomi - se non dovessimo più incontrarci qui, di
certo ci rivedremo lassù. Pace!».
L’uomo che ha visto l’infemo ha conosciuto la gioia
della redenzione.
ECUMENISMO
FACCIAMO CHIAREZZA
VERA VELLUTO
Come è possibile invocare
l’unità dei cristiani e nel
contempo affermare l’universalismo della propria confessione religiosa? Come è
possibile parlare di «dialogo»
interconfessionale quando uno
dei partner è convinto che la
sua sia l’unica via da seguire?
Questi interrogativi si pongono i semplici credenti animati
da un sincero atteggiamento
ecumenico di fronte al moltiplicarsi delle dichiarazioni vaticane sull’unica Chiesa cattolica guidata dal papa e dai
suoi vescovi.
Le recenti norme emanate
dal papa sull’ecumenismo, infatti, non fanno che riproporre
le affermazioni contenute nella esortazione apostolica «Christi fideles laici» del dicembre 1988 relativa alla «vocazione e missione dei laici nel
mondo e nella chiesa». Il documento, che espone la dottrina della Chiesa di Roma, è diretto ai laici operanti nelle diverse realtà, quella ecumenica
inclusa. Si esortano i laici a
prendere consapevolezza che
essi stessi sono la chiesa, vale
a dire «la comunità dei fedeli
sulla terra sotto la condotta
del capo comune, il papa e dei
vescovi in comunione con lui»
(pag.l4).
Fra l’altro, si precisa poi
che «la libertà associativa deve essere sempre e solo esercitata nella comunione della
chiesa» (pag. 45), cioè «nella
relazione filiale con il papa,
perpetuo e visibile centro
dell’unità della chiesa universale e con il vescovo, principio visibile e fondamento della chiesa particolare» (pag.
46). Ciò premesso, anche le
associazioni ecumeniche miste non possono esercitare la
loro attività se non accettano
le condizioni poste dalla gerarchia cattolica. Precisa infatti il documento che spetta al
di volere discutere di tutte le
problematiche ecumeniche,
non solo numerose ma anche
scottanti. È chiaro che non intendo dire con questo che
dobbiamo artificiosamente
separare le cose. Però c’è un
«tempo per ogni cosa». 11
problema del dialogo teologico tra le chiese è un aspetto
del movimento ecumenico.
Bisogna sapergli consacrare il
tempo necessario: se si vorrà
parlare di tutto, si finirà per
non parlare di nulla.
Infine bisognerà evitare le
false polarizzazioni: già fin
dall’inizio il movimento ecumenico ha conosciuto una
certa contrapposizione tra i
sostenitori di un dialogo dottrinale e quelli di un impegno
concreto, sociale e politico.
C’è chi ha voluto negare uno
dei due aspetti a profitto
dell’altro; altri invece hanno
creato polarizzazioni radicali
e insormontabili. C’è da sperare che l’assemblea di Santiago possa superare questo
dibattito sterile, per vivere invece la tensione tra confessione di fede come dottrina e
confessione di fede come
azione, quale un dato del tutto inerente alla confessione di
fede.
* Professore di dogmatica
presso la Facoltà teologica
protestante di Strasburgo e
membro del Comitato centrale del Consiglio ecumenico
delle chiese.
Commissione mista ortodossi-cattolici
Respingiamo l'uniatismo
I partecipanti alla VII sessione plenaria della Commissione mista internazionale
per il dialogo tra la Chiesa
cattolica e la Chiesa ortodossa, riuniti a Balamand, in Libano, dal 17 al 24 giugno,
hanno approvato un documento che respinge «l’uniatismo» in quanto modello dell’unità.
Secondo un comunicato
stampa, pubblicato il 23 giugno, «r apostolato missionario consistente nel far passare persone da una chiesa
all'altra per realizzare
r unità e che è stato chiamato
“uniatismo” non può più essere accettato né in quanto
metodo da seguire né in
quanto modello dell'unità ricercata da tutte le nostre
chiese». Le chiese di rito
orientale in comunione con
Roma vengono abitualmente
chiamate «uniate» e la loro
attività pastorale viene criticata dagli ortodossi che vi
vedono un’intenzione di proselitismo.
A Balamand, il documento
elaborato dal Comitato di
coordinamento durante una
precedente riunione avvenuta
ad Ariccia nel giugno ’91, intitolato «L’uniatismo, metodo
di unione del passato, e ricerca della piena comunione», è
servito di base di lavoro.
Istituita nel 1980, la Commissione mista intemazionale si è riunita ogni due anni,
ma la riunione prevista nel
1992 è stata annullata per il
rifiuto di diverse chiese ortodosse di parteciparvi, perché
temevano che le chiese cattoliche di rito orientale cercassero quanto prima di estendersi ai danni delle chiese ortodosse. Esse ritenevano
inoltre che il rifiuto
dell’uniatismo durante la sessione del 1990 non avesse
portato sufficienti miglioramenti sul piano pratico.
Nove chiese ortodosse erano rappresentate a Balamand: il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, i patriarcati di Alessandria, Antiochia, Mosca e Romania, e
le chiese di Cipro, Polonia,
Albania e Finlandia. Non
erano rappresentati i patriarcati di Gemsalemme, Bulgaria e Serbia, né le chiese di
Georgia e Grecia.
Il documento, come ha precisato Tarek Mitri, membro
dello staff del Consiglio ecumenico delle chiese e coordinatore dell’incontro in nome
della propria chiesa (il Patriarcato di Antiochia), potrebbe contribuire indirettamente alla Conferenza mondiale di «Fede e costituzione» a Santiago de Composte
la. Vari delegati presenti a
Balamand infatti parteciperanno alla Conferenza.
Il dialogo è proseguito
malgrado un attentato dinamitardo contro un autobus
che trasportava i membri della commissione cattolica. La
bomba è esplosa qualche minuto prima dell’arrivo
dell’autobus, uccidendo i due
attentatori.
1 visitatori cattolici, tra cui
i cardinali Cassidy, Etchegaray e Wetter, hanno tuttavia
deciso di proseguire i lavori
come previsto. (Soepi)
pontificio Consiglio per i Laici e al Segretariato per l’unione dei cristiani «definire le
condizioni in base alle quali
può essere approvata una
associazione ecumenica in cui
la maggioranza sia cattolica e
una minoranza non cattolica,
stabilendo anche in quali casi
non si può dare un giudizio
positivo».
Per evitare pericolose fughe
in avanti i laici sono avvertiti
che «nessun carisma dispensa
dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della chiesa» (pag. 37). Una simile normativa, che peraltro non dà
adito a fraintendimenti, avrebbe meritato un ampio dibattito
fra le comunità evangeliche e
i gruppi ecumenici cattolici. 1
limiti ecclesiologici, oltre a
quelli teologici, che la gerarchia cattolica impone ai suoi
laici, non vincolano forse anche i partner non cattolici del
gruppo a un progetto ecumenico deciso unilateralmente e
a loro insaputa? C’è quindi da
chiedersi se la minoranza non
cattolica sia stata sempre
informata delle condizioni poste dal Vaticano per lo svolgimento dell’attività ecumenica.
C’è anche da chiedersi se
per facilitare il consenso della
gerarchia cattolica il gruppo
ecumenico misto non rinunci
a prendere posizioni su temi e
problematiche invise al Vaticano. A ben pensarci, dalla
pluriennale attività di commissioni e associazioni ecumeniche, in Italia non sono
ancora scaturiti fatti concreti
che abbiano superato le contrapposizioni sull’ora di religione, ad esempio, o sui riti
pagani della religiosità popolare o sul confessionalismo
cattolico presente in tutti i settori dello stato laico, e gli
esempi si potrebbero moltiplicare.
Quando, poi, in linea con le
dichiarazioni del Concilio di
Trento e della «Rerum Novarum» e in contrasto con ogni
pretesa di apertura ecumenica,
si continua a definire la chiesa
di Roma «Sacramento universale di salvezza», siamo in
presenza di una voluta radicalizzazione di confessionalismo
religioso. 1 gruppi ecumenici,
se permettono che vi siano zone d’ombra, divieti, percorsi
obbligati sulla via che conduce all’unità, sono inevitabilmente ridotti a programmare
soltanto dibattiti accademici
di tipo teorico o a dar vita a un
lodevole associazionismo con
fini umanitari.
In conclusione, come evangelici bisogna protestare contro un ecumenismo pilotato
per fini di parte e riportare il
confronto interconfessonale
sotto la parola di Dio, nella vivificante libertà dello Spirito,
evitando di cadere nella trappola della retorica e del sentimentalismo.
Nella confederazione elvetica
Protestanti in calo
Le chiese della Riforma regrediscono nella Svizzera. Secondo i risultati del censimento del 1990, le chiese evangeliche coliegate nella Federazione delle chiese evangeliche
svizzere hanno perso negli ultimi 10 anni circa 75.000
membri.
Alle chiese riformate appartengono circa 2.700.000 persone, e cioè il 40% della popolazione, contro il 44,3% di
dieci anni fa, mentre nello
stesso periodo i cattolici sono
scesi dal 47,6 al 46,1%. Degli
stranieri residenti in Svizzera
il 70% è cattolico.
Sono invece in aumento le
chiese evangeliche libere, passate dal 2,9 al 4,8% e i musulmani (0,7% nell’80, oggi
2,2%). Il numero di chi si dichiara senza religione è quasi
raddoppiato negli ultimi dieci
anni e raggiunge il 7,4%.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
L'azione delle chiese evangeliche italiane a favore delle popolazioni jugoslave Chiesa valdese di Pinerolo
I bambini sono le prime vittime della guerra La testimonianza
_______RENATO COÌ'SSON_____
Sono 14 le case per la gioventù (orfanotrofi, convitti, case per handicappati
ecc.) in attività oggi in Croazia, che raccolgono oltre
1.300 fra ragazzi e ragazze.
Prima dell’inizio della guerra
erano 18. Quattro, situate nelle zone di conflitto, sono state distrutte e gli ospiti hanno
dovuto essere ripartiti fra le
altre case, assieme a altri ragazzi che hanno perso tutto.
Queste case risultano perciò
oggi sovrappopolate, con
grossi problemi di gestione e
convivenza.
Nell’opera di solidarietà
portata avanti dalla Chiesa
valdese di Trieste, a nome del
Servizio rifugiati e migranti
della Fcei, abbiamo pensato
che fosse importante e prioritario intervenire a favore dei
bambini che in queste realtà
di emergenza sono fra le vittime più esposte e indifese.
Dietro segnalazione del past. Lino Lubiana di Fiume, da
oltre un anno abbiamo così
preso contatto con tre di queste case: la Dom za Djecu i
omladinu «Olga Ban» di Lovran (a 6 km da Abbazia) con
55 ospiti fra i 3 e i 18 anni,
collegata con un nido dove ci
sono una quindicina di bebé;
la Zavod za djecu invalide
«Ostro» di Kraljevica, con 20
invalidi fisici, dai 7 ai 14 anni, e 20 donne malate mentali, dirottate qui da una casa in
zona di guerra; la Djecji dom
«Zagreb» di Selce, dove ai
60 ospiti normali se ne sono
aggiunti altri 35 provenienti
dall’orfanotrofio di Lipik,
nella zona di Pakrac, distrutto
dalle bombe e dai saccheggi.
A queste case abbiamo fornito più o meno regolarmente
latte in polvere, viveri, materiale scolastico e vestiario
(tra l’altro oltre 200 paia di
scarpe da ginnastica).
Dietro segnalazione della
direttrice della casa di Selce,
ultimamente abbiamo preso
contatto con una quarta casa:
la «Brada Majouramici» di
Novi Vinodolski, a circa 60
km oltre Fiume, lungo la strada che scende verso la Dalmazia. In una bella casa del
secolo scorso, già proprietà di
un’illustre famiglia croata, i
Majouramic, che a dato i natali a una famosa scrittrice e,
più lontano nel tempo a un re,
sono oggi ospitati una sessantina di ragazzi/e, 17 dei quali
provengono da Mostar. Siccome durante l’estate gli
ospiti regolari vengono in linea di massima mandati alle
loro case, perché la famiglia
mantenga un contatto con loro, la casa ha accolto per i
mesi estivi 40 ragazzi/e di
Vinkovci.
Come nelle altre case, tutto
è pulito e in ordine ma i segni
della ristrettezza dei mezzi a
disposizione sono palesi: servizi igienici insufficienti e
malandati, cucina antiquata,
camerate sovraffollate. Su un
muretto alcuni ragazzi ci
guardano con curiosità: per
caso, seduti gli uni accanto
agli altri, sono due musulmani, due serbi e due croati. Il
problema della convivenza
fra le varie etnie, a livello di
ragazzi, non esiste.
Parlando con la vicedirettrice vengono fuori con chiarezza i problemi dell’assistenza ai minori. Queste
grandi case non rispondono
alle reali necessità della formazione dei ragazzi. Bisognerebbe procedere sulla via
degli affidamenti, ma in una
realtà economica disastrata
questo rimane un’utopia.
Nella casa cercano comunque
di formare dei gruppi-famiglia ma gli educatori non sono abbastanza numerosi. Le
difficoltà economiche si ripercuotono anche sul vitto: è
assicurato il minimo vitale
ma nulla più, per cui i ragazzi
sono tutti abbastanza magrolini.
Il problema dei numerosi
orfani di guerra, ci dicevano,
non è acuto, perché di solito
il gruppo familiare (genitore
superstite, nonni, zii, cugini)
se ne fanno carico in una so
Bambini provenienti da Srebrenica attendono un tetto
lidarietà che è molto forte.
Dopo il riposino pomeridiano, i ragazzi partono per la
spiaggia (a 200 metri), ma
prima viene loro distribuita la
merendina: un sacchetto con
4 grissini filiformi, divorati in
un batter d’occhio.
Tornando abbiamo potuto
ammirare le belle spiagge, un
tempo paradiso dei turisti e
oggi semivuote. Gli unici turisti che non hanno paura di
avventurarsi in una realtà di
guerra sono i cechi, gli slovacchi, gli ungheresi, i mssi;
ma è un turismo povero: molti portano con sé oggetti da
vendere per pagarsi le vacanze al mare. E intanto ripensavamo a quei quattro grissini
filiformi e alla velocità con
cui erano spariti. Non abbiamo potuto promettere grandi
aiuti, ma speriamo di poterci
organizzare per far giungere
anche a questa casa un segno
della solidarietà delle nostre
chiese in Italia.
La rivista
compie 100 anni
B L/ O Asì C O
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Alleanza evangelica
Convegno a
Poggio Ubertini
Il 17 e 18 settembre si svolgerà al Centro evangelico di
Poggio Ubertini, in provincia
di Firenze, un seminario internazionale promosso dall’
Alleanza evangelica italiana,
dal titolo: Cristiani e musulmani in Europa: come proporre r Evangelo.
Gli oratori sono il prof. Domenico Maselli, docente di
storia del cristianesimo presso l’Università di Firenze, il
prof. Edoardo Labanchi, direttore del Centro di studi
teologici della Chiesa apostolica, il pastore Franco Santonocito, della Chiesa di Dio di
Ostia, il dott. Wibo Nicolai,
di «Porte aperte», il dott.
Howard Norrish di «Operazione mobilitazione» e il dott.
Colin Chapman della Church
Missionary Society. Il seminario si propone di approfondire la questione dei rapporti
fra cristiani e musulmani elaborando un modello «rispettoso» di evangelizzazione nei
loro confronti.
Quota di partecipazione L.
120.000. Prenotazioni ed
informazioni presso Servizio
comunicazioni cristiane, tei.
06-6146766; fax 06-6146868.
Roma p.za Cavour
Riflessioni
sul culto
La Chiesa valdese di Roma
piazza Cavour ha condotto
nel corso dell’anno un’approfondita riflessione sul culto.
Una serie di incontri comunitari ha permesso di discuterne e approfondirne le caratteristiche, al fine di giungere a un maggiore coinvolgimento della comunità.
Si è deciso che il sermone
sia più «spiegazione della Parola» che non dell’attualità, e
che la liturgia sia uno spazio
per la presentazione al Signore, in preghiera, dei vari
aspetti della vita comunitaria.
Nel corso dell’anno la prima parte del culto è stato seguito anche dai bambini della
scuola domenicale.
della pastora Vololona
_______ERIKA TOMASSONE______
Confusamente avevo già
avuto il sospetto che le
donne pastore, nelle varie parti del mondo, senza conoscersi
e senza potersi parlare, in un
continuo alternarsi (a causa
dei fusi orari), condividono
una serie di difficoltà
nell’esercizio del loro ministero al quale si applicano cercando di tenere insieme tutte
le componenti della loro vita.
L’incontro con la pastora Vololona Andriamitandrina, della Chiesa di Gesù Cristo nel
Madagascar, organizzato dalla
Chiesa valdese di Pinerolo domenica 4 luglio, ha confermato questo mio sospetto.
È stata una bella esperienza
ascoltare questa sorella dare il
suo messaggio in italiano, segno non solo del profitto con
cui segue le lezioni ma soprattutto del suo desiderio di rendersi comprensibile e di comunicare con noi. Vololona
ha scelto di raccontare il suo
ministero in Madagascar dal
1986 al 1992 suddividendolo
in tre fasi: la ragazza pastora,
la pastora coniugata, la pastora madre. Ho personalmente
apprezzato questo tentativo di
intrecciare vita e ministero
nella riflessione permettendo
così una lucida valutazione
delle chance e delle difficoltà
di ogni fase. In questo modo
la ragazza pastora ha dalla sua
parte una grande disponibilità
di tempo per la comunità, una
condizione assai importante
per il villaggio, dal momento
che la pastora può svolgere
anche molta assistenza sociale. A fronte di questa grande
«chance», Vololona ci ha indicato due difficoltà: la solitudine, vale a dire l’impossibilità di trovare confronto e
conforto una volta rientrata
nella propria casa; la non considerazione, vale a dire la difficoltà di essere ascoltata, legata al suo essere donna.
Quest’ultimo problema, che
noi chiameremmo quello
dell’autorevolezza riconosciuta a chi annuncia la Parola, è
cruciale perché la donna pastora percepisce il suo ministero come possibilità di persuadere le persone, di portare
gli altri a Gesù Cristo, ma come si può fare se gli altri pongono fra loro e chi annuncia la
barriera culturale della irrilevanza delle donne? Da questo
punto di vista la seconda fase
che la vede sposa di Fenosoa,
pastore anch’egli, rappresenta
un miglioramento. Fenosoa e
Vololona vengono ascoltati,
insieme possono fare molto, là
solitudine è sconfitta.
Sorgono però nuove difficoltà: ora bisogna mantenere
un equilibrio tra l’impegno
nella famiglia e quello nella
chiesa. Vololona ha espresso
questa esigenza non tanto come il problema della salvaguardia della privacy della pastora, quanto piuttosto come
serietà vocazionale: è compito
del pastore, parte della sua vocazione, applicarsi nella costruzione del proprio focolare
come esortano le lettere pastorali; da qui sorgono i problemi.
Un’altra difficoltà è rappresentata dalla distanza tra il
luogo del suo ministero e
quello di suo marito. 35 chilometri in Italia non sono molti
ma in Madagascar, date le vie
di comunicazione, significano
ore di viaggio e non tutte comode.
La terza fase vede Vololona
madre di due bambini: Santa e
Fensox. A fronte della gioia,
del poter sperimentare il ministero come impegno non unicamente personale ma famigliare, si evidenzia la difficoltà della programmazione
del lavoro, la necessità di armonizzare i compiti tra marito
e moglie.
Il messaggio che Vololona
ci ha trasmesso attraverso il
racconto del suo vissuto è che
10 scopo, l’ideale resta sempre: che l’Evangelo sia annunciato. Ciò che cambia sono le
condizioni e da ogni mutata
condizione bisogna saper trarre il meglio, non a proprio
onore, ma alla gloria di Dio.
Per questo è importante non
perdere mai di vista il proprio
obiettivo, ma accettare di veder cadere le illusioni, imparare la pazienza, i piccoli passi.
In questo spirito oggi la pastora Vololona Andriamitandrina
e la sua famiglia sono in Italia: dopo il periodo pinerolese,
11 incontreremo a Roma. A Fenosoa, a Vololona e ai bimbi
auguriamo di riuscire a trasmettere in parole e vita quello in cui credono.
TAVOLA VALDESE
SINODO DELLE CHIESE
VALDESI E METODISTE
Il Sinodo, secondo quanto disposto daii’atto n. 86 della sessione sinodale europea
1992, è convocato per
EK>MENICA 22 AGOSTO 1993
I membri del Sinodo sono invitati a trov
carsi nell’Aula sinodale della Casa valdese
di Torre Pellice alle ore 15. . •
II culto di apertura avrà Inizio alle ore
15,30 nel tempio di torre Pellice e sarà presieduto dal pastore Bruno Bellion.
Il moderatore della Tavola valdese
Franco Giampiccoli
5
v/FNERDÌ 30 LUGLIO 1993___________________________
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Successo della terza edizione del campo estivo delle scuole domenicali a Massello
Bambini; giochi; gite e storie bibliche
LILIANA VIGLIELMO
Si è concluso con soddisfazione di tutti i partecipanti il campo estivo delle scuole
domenicali di Ferrerò e Villasecca, che ha avuto il suo
centro logistico nella borgata
Roberso di Massello, nel periodo tra ITI e il 18 luglio.
Giunto alla sua terza edizione, grazie anche alla collaborazione ormai consolidata
tra le due scuole domenicali
geograficamente più vicine, il
campo ha visto un progressivo aumento dei bambini
iscritti, che hanno raggiunto il
numero di 22, dai 6 ai 14 anni, con otto adulti che si sono
occupati dell’organizzazione
sia pratica che educativa.
Aiutati dal tempo favorevole, i programmi che prevedevano uscite sul territorio si
sono svolti senza intoppi: le
gite avevano come scopo visite alle zone di interesse archeologico, dal parco della
rocca di Cavour alle iscrizioni del ponte Raut, in vai Germanasca, e alla famosa pietra
incisa del vallone del Pis a
Massello.
La parte «seria», invece, è
stata occupata da drammatizzazioni su testi biblici, partecipazione al culto con la comunità e una riunione quartierale dove un’educatrice di
una scuola-convitto per ragazzi ciechi ha raccontato le
sue esperienze.
Le monitrici attribuiscono
il successo deU’iniziativa alla
conduzione molto familiare e
alla vicinanza ai luoghi di
provenienza dei ragazzi: i genitori possono partecipare ai
pasti serali e agli incontri che
seguono e contribuiscono al
mantenimento con doni in natura. I costi sono contenuti
grazie all’ospitale casa Righetti e anche questo fatto risulta gradito alle famiglie.
Dopo tre anni di campi a
Massello, è ovvio ipotizzare
una nuova sede, per ampliare
un po’ gli orizzonti, ma gli
aspetti positivi del cambiamento (conoscere altre persone e altri ambienti) non sarebbero poi messi in ombra da
una maggiore lontananza da
casa o da costi sensibilmente
più elevati?
Problemi degli adulti, certamente, perché i ragazzini,
interpellati, si dichiarano non
solo soddisfatti, ma addirittura entusiasti: è stato tutto
splendido, non vorremmo
Il tempio di Massello
cambiare proprio nulla, non
ci siamo neppure accorti della
mancanza della televisione.
E questa approvazione
euforica è senza dubbio la
miglior ricompensa per chi ha
lavorato a lungo e con impegno per la buona riuscita del
campo.
Chiesa metodista di Terni
In festa
per le nozze d'argento
MADDALENA ROELA
«Tutto quello che Dio fa è
per sempre». Su queste parole tratte dal libro dell’Ecclesiaste si è svolta la predicazione di domenica 4 luglio
presso la Chiesa evangelica
metodista di Temi.
A ringraziare il Signore
per le sue benedizioni c’erano parenti, amici, fratelli e
sorelle del pastore Arcangelo
Pino e di sua moglie Emola
che hanno festeggiato il 25°
anniversario del loro matrimonio.
A questa gioia si è aggiunta l’occasione per una significativa testimonianza: la
chiesa infatti era gremita e
molte erano le persone che
per la prima volta avevano
l’opportunità di assistere a
un culto evangelico.
Un bel gruppo venuto dalla
vicina Chiesa valdese di Forano (Ri), dove il pastore Pi
■BAHBIVl :
SIETE TOm ABBOt^AT
DII MNOIULU
Abbonamento annuo L. 18.000 - Estero L. 23.000
Sostenitore L. 25.000 - Una copia L. 2.500 da versare su c.c.p. n. 14603203 intestato a «L'amico
dei fanciulli - Tavola Valdese» - 20159 Milano - Via
Porro Lambertenghi 28
no ha predicato per un breve
periodo, ha accompagnato il
past. Eugenio Rivoir che ha
presieduto il culto.
In questi ultimi anni sono
state diverse le coppie della
nostra comunità arrivate al
traguardo delle nozze d’argento (Baldoni, Galli, Roela,
Balducci). Tutti hanno voluto festeggiare in chiesa questa ricorrenza per ringraziare
il Signore per gli anni di vita
in comune, per le benedizioni, per le gioie, per l’aiuto
nelle prove della vita.
Festeggiare insieme alla
comunità ha significato non
solo gioire con fratelli e sorelle, ma anche con quelli
che sono i propri amici: è
questa la generazione degli
anni ’50, una generazione
che ha riallacciato i rapporti
tra le comunità separate dalla
guerra e, a volte, dal fascismo.
Infatti, tra questi «giovani»
della comunità di Temi, c’è
chi viene dalla chiesa di Villa San Sebastiano (Aq), chi
da Forano, chi da Roma, chi
da Napoli.
Dopo il matrimonio sono
venuti i figli, anche questi
coetanei tra loro; quindi la
vita della comunità ha continuato a intrecciarsi con quella privata e familiare. L’amicizia e la fede sono state i cemento, e molte volte il
conforto, nella gioia come
nel dolore.
Anche il past. Pino e la
moglie Emola fanno parte di
questa storia comune: proprio a Temi, infatti, 25 anni
fa, si sono conosciuti e sposati, e dopo tanti anni di intensa e proficua attività pastorale, sono tornati a vivere
qui, tra i loro fratelli e amici.
Foggia
Due ammissioni
in chiesa
Domenica 13 giugno la
Chiesa valdese di Foggia si è
riunita per il culto durante il
quale sono state ammesse,
quali membri comunicanti ed
elettrici, due nostre sorelle,
provenienti dal cattolicesimo
ma che già da diversi anni
partecipavano alle nostre attività. Da tempo aspettavamo
che Mariannina Suriano e Maria Caruso presentassero la loro richiesta al Consiglio di
chiesa, che è stata accolta con
gioia ed anche come segno di
s-peranza. Gioia nel vedere
queste sorelle attivamente inserite nella comunità, pronte
ad assumersi gli impegni e le
responsabilità che derivano
dalla partecipazione attiva alla
vita della chiesa. Dopo il culto
tutti i presenti si sono intrattenuti nel locale delle attività,
dove era stato preparato un
rinfresco, durante il quale è
stato anche possibile dare
chiarimenti ad alcuni invitati
cattolici che avevano seguito
con interesse le varie fasi del
culto. Queste confermazioni
giungono anche in un momento di particolare preoccupazione per la comunità. In seguito
al trasferimento del candidato
Magri a Pachino, si profila la
possibilità di rimanere per un
anno senza cura pastorale.
La notizia, avuta durante
l’assemblea di circuito del 9
maggio, tenutasi proprio a
Foggia, ha colpito la comunità. Ma grazie a queste sorelle e alla loro richiesta il Signore ha donato anche una
nuova forza e fiducia nel domani certi che, «è vero che lo
Spirito di Dio agisce e continuerà ad agire anche se noi
non ce ne rendiamo conto». E
per questo che alle sorelle
Mariannina e Maria, ma soprattutto al Signore, va il nostro ringraziamento per averci
permesso di provare una grande gioia.
MOTTOLA — Un nuovo «arrivederci» per la nostra comunità: dopo una partecipata e calorosa agape fraterna, domenica 18 luglio abbiamo salutato lo studente in teologia Emanuele Casalino che, giunto ai primi del mese, era di partenza dopo appena 15 giorni. Sono stati giorni, però, molto intensi per lui (non è facile seguire la comunità di Mortola
nelle sue molteplici attività), e molto piacevoli per noi. Casalino è simpaticissimo e, inoltre, anche molto brioso nelle
sue liturgie sempre ricche di vivaci ed esultanti momenti di
canto comunitario. Siamo stati molto contenti di averlo avuto fra noi: che il Signore lo benedica nel proseguimento dei
suoi studi.
• Nella stessa settimana, mercoledì 14, abbiamo ospitato la
delegazione dei giovani americani che in questo periodo sta
facendo visita alle comunità italiane: è stato solo per una
sera, ma importanti e significativi sono stati gli scambi avuti sia a livello di personali esperienze comunitarie, e più largamente sociali, sia al livello più pratico quale quello della
lingua, (v.m.)
ZURIGO — In questo mese la sorella Elena Fischli, dinamica, instancabile e sempre disponibile per il servizio nella
chiesa, compie ottant’anni. La salutiamo con il vecchio inno dettato dalla fede: «Sicura in man di Cristo, sicura nel
suo cuor, l’anima mia riposa all’ombra del suo amor».
• Dalla metà di luglio è con noi la candidata diacona Paola
Reggiani, che assicurerà il servizio della predicazione fino
alla fine di agosto: è già conosciuta per essere stata a Zurigo
in febbraio.
• Il 21 giugno ha avuto luogo presso la chiesa rifomata di
Langnau am Albis il funerale della sorella Maria Giuseppa
Sena. L’annuncio dell’Evangelo della resurrezione è stato
dato dal past. Jörg Häberli e dal predicatore laico Renato
Diibendorfer.
S. ANTONINO DI SUSA — Martedì 27 giugno si sono svolti
i funerali del fratello Carlo Raimondo di Vaie, presieduti
dal past. Adriano Dorma. Per espressa volontà del defunto
non ci sono stati fiori: le offerte di amici e parenti, per un
totale di 1.631.000 lire, sono state devolute alla Casa di riposo Villa Grazialma di Avigliana.
• Domenica 11 luglio, nella locale chiesa battista, il fratello
Mario Fontana, di 76 anni, ha dato la sua testimonianza di
fede mediante il battesimo, amministrato dal pastore Dorma. Ha predicato l’anziano della Chiesa dei Fratelli di Collegno, Luigi Sgrò.
RORA — Con Tarrivo dell’estate le attività si sono momentaneamente fermate; a nome del Concistoro si ringrazia in
particolare la filodrammatica per le serate offerte in allegria
con la simpatica commedia brillante presentata.
TORRE PELLICE — La comunità è riconoscente al pastore
Giorgio Toum e allo studente in teologia Italo Pons, che
hanno recentemente presieduto due culti nel tempio del
centro.
• Con il mese di luglio ha avuto inizio anche quest’anno il
servizio del Tempio aperto. Nell’ambito di questa attività
domenica 18 luglio ha avuto luogo un incontro con il pastore Marchetti sul tema: «I protestanti e le apparizioni di Maria». Nella sua interessante esposizione l’oratore ha illustrato quali spiegazioni teologiche si possono dare al grande
sviluppo del culto di Maria; sono seguite domande degli intervenuti. Il servizio del Tempio aperto continuerà ancora
per tutto il mese di luglio.
• Un augurio fraterno va a Donatella Vernè e Sergio Armand-Pilon che si sono uniti in matrimonio.
• I coralisti disponibili per cantare al culto di apertura del
Sinodo (domenica 22 agosto) sono convocati alla Casa
unionista alle ore 14,30 per la prova degli inni 129 e 278,
sotto la direzione a cura della corale di Lusema S. Giovanni.
POMARETTO — La comunità si rallegra con Fulvio Peyrot e
Nicoletta Reynaud per la nascita di Simone.
• Mercoledì 21 luglio si sono svolti i funerali della sorella
Elda Bleynat deceduta nella sua abitazione alla Lausa di
Pomaretto, all’età di anni 81. La simpatia cristiana della comunità va al figlio Bruno, a sua moglia Lilia e ai parenti
tutti.
PERRERO-MANIGLIA — Auguriamo ogni bene a Roberto
Peyronel e a Enrica Pons per la nascita del piccolo Matteo.
FEDERAZIONE FEMMINILE
EVANGELICA VALDESE E METODISTA
L’annuale corso di animazione biblica avrà luogo
presso la Casa valdese di Vallecrosia nei giorni
30-31 ottobre, con ritorno 1° novembre
Le iscrizioni si ricevono entro il 15 ottobre: il costo è di
£ 60.000 più viaggio. Prenotazioni presso Wanda Rutigliano, Bobbio Pemce (tei. 0121-92731).
OSPEDALE EVANGELICO INTERNAZIONALE
Ente morale fondato nel 1856 da chiese evangeliche
OSPEDALE GENERALE DI ZONA
Salita superiore S. Bocchino, 31 A
16122 GENOVA - Tel. 010/5522-1
BANDO DI CONCORSO
È indetto il seguente concoroi pubblico
per titoli ed esami
per 1 posto di Direttore sanitario
a tempo pieno (area funzionale: prevenzione e
sanità pubblica, disciplina igiene e organizzazione dei servizi ospedalieri).
L’estratto di bando verrà pubblicato sulla
IV Serie Speciale, n. 59, della Gazzetta Ufficiale
del 27 luglio 1993.
Scadenza 10 settembre 1993, ore 12
Il presidente, Bruno Lombardi Boccia
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della
VENERDÌ 30 LUGLIO I993
DIACONIA-4
SOLLECITATI
DALL'AMORE DI CRISTO
Fin da quando ero ragazzo
sono stato attratto da una
frase che vedevo scrìtta sul
muro di una casa cattolica
per persone anziane. Era in
latino e io la vedevo ogni
volta che passavo in bicicletta da Rinasca, nella bassa vai
Chisone. Diceva: «Caritas
Christi urget nos».
La leggevo e me la rimuginavo dentro mentre pedalavo, cercando di tradurla con
il mio latino delle medie e di
renderla nel modo più efficace in italiano. Poi, crescendo
e frequentando più da vicino
la mia Bibbia, ho ritrovato
quella frase amica. È
dell’apostolo Paolo, è contenuta nella seconda lettera ai
Corìnzi ed è tradotta in genecon l’espressione:
PAOLO RIBET
re
«L’amore di Cristo ci spinge».
Quando ci troviamo di
fronte a parole così significative, così forti e incisive, corriamo sempre il rischio di tirarle fuori dal loro contesto,
di leggerle come degli slogan
o delle parole d’ordine, valide per ogni occasione, e
quindi di servircene, invece
di diventare noi servitori della Parola. Per evitare questo
scoglio, seguiamo l’apostolo
Paolo fin dall’inizio della sua
lettera.
E chiaro che a Corinto (ma
contrasti venivano messi alla
luce. C’è addirittura chi vorrebbe che Paolo si presentasse con una lettera di credenziali, scritta, possiamo pensare, dagli «apostoli ufficialmente riconosciuti», che garantisca della sua ortodossia
e che gli conferisca l’autorità
per predicare; ma, risponde
Paolo, la migliore lettera di
raccomandazione sono proprio quelle comunità che da
lui sono state fondate e che
per la sua parola hanno creduto.
Vasi di terracotta
Certo, i successi non devono inorgoglirci, prosegue Paolo, perché noi, anche i migliori esempi della
fede, viviamo nella debolezza e nel confronto costante
con la morte: siamo gli ormai famosi «vasi di terracotta» che racchiudono il grande tesoro del Regno. Ma se
non è un vanto il fatto di
aver successo nella predicazione, se non nasce dalle nostre forze interne, chi ci spinge a predicare e a accettare i
rischi della predicazione?
L’amore, dice Paolo, solo
l’amore di Cristo.
Questo piccolo percorso da
noi compiuto ci porta a nota
«... poiché ramore di Cristo ci
costringe; perché siamo giunti a
questa conclusione: che uno solo
morì per tutti, quindi tutti morirono; e ch^egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano
più per loro stessi, ma per colui
che è morto e risuscitato per loro»
(Il Corinzi 5, 14-15)
non solo a Corinto) l’apostolo aveva degli avversari che
lo contrastavano da «destra»
e da «sinistra» e ogni volta
doveva difendere e giustificare la sua predicazione e la
sua stessa autorità: da un lato
i cristiani che non avevano
abbandonato alcuni fondamenti del giudaismo gli rimproveravano di aver ripudiato la legge e le tradizioni dei
padri mentre, dall’altro lato,
gli spirituali e gli entusiasti
lo criticavano perché non lasciava sufficiente spazio per
le espressioni dello Spirito,
quali il parlare in lingue strane o le profezie fatte in uno
stato di estasi.
Paolo e Corinto
Dunque anche qui, come
spesso gli succede. Paolo si rivolge ai suoi interlocutori difendendo il suo operato. In modo particolare dice che non si è recato a Corinto, come era nei suoi programmi, per non dover litigare e ricorda una lettera
scritta «fra le lacrime e con
molta angoscia» (2, 4) in
cui, evidentemente, tutti i
re, forse, una contraddizione
con quanto si diceva all’inizio. Infatti, come abbiamo
visto, Paolo sta parlando qui
della predicazione dell’Evangelo, mentre la sua parola era
stata scritta sul muro di un
istituto diaconale, con evidente riferimento alle «opere
di carità» che dentro quelle
mura si svolgevano. Non c’è
il rischio di aver «usato» le
parole di Paolo, di averle
tratte fuori dal loro contesto e
quindi, di fatto, depotenziate?
Una simile domanda giunge tutt’altro che a sproposito,
perché da alcuni anni ormai
stiamo discutendo, nel protestantesimo italiano, del rapporto tra predicazione e diaconia, e sembra che molta
della nostra attenzione sia rivolta al nesso, alla relazione
tra questi due termini: fino a
che punto la diaconia (cioè il
servizio al prossimo, sia che
lo intendiamo come il classico bicchier d’acqua donato
all’assetato) è predicazione
di Cristo? O, al contrario, la
predicazione non è forse anche una diaconia, un servizio
fondamentale per gli uomini?
E certamente molto importante proseguire in questo dibattito. Ma a volte mi domando seriamente se procedere solo in questa direzione
non ci porti a fallire il bersaglio, a non comprendere il
nocciolo del problema, in
quanto noi dovremmo piuttosto ricercare qual è il rapporto di entrambe, diaconia e
predicazione, con l’agape di
Cristo. È l’amore di Cristo
che ci spinge, sia quando
predichiamo che quando
agiamo, pena la vanità della
nostra parola e del nostro gesto. Paolo stesso lo dice molto bene nel bellissimo inno
di I Corinzi: «Se io parlo le
lingue degli uomini e anche
quelle degli angeli... Se ho il
dono di essere profeta... Se
dò ai poveri tutti i miei averi... ma non ho amore, non
mi serve a nulla».
La predicazione e l’evangelizzazione semplicemente
non hanno senso se noi ne
facciamo una questione culturale o di affermazione di
sé, se invece di predicare
l’Evangelo predichiamo noi
stessi e se invece di portare
la gente a Cristo la portiamo
da noi. Questa è la grande
critica che recentemente abbiamo fatto alla Chiesa cattolica per il suo attivismo proselitistico e per il modo in
cui si è lanciata nel grande
vuoto lasciato dal crollo
dell’ideologia del socialismo
reale.
È vera evangelizzazione?
La stessa critica, spesso,
può essere rivolta anche
ai protestanti, che si rivelano
incapaci di cogliere il benché
minimo dato positivo nei loro
interlocutori. «Non sono come me, dunque sbagliano»:
questo sembra essere l’unico
atteggiamento ammesso nei
rapporti con chi è diverso e
che, quindi, deve essere
«evangelizzato», cioè reso
uguale a noi.
Io so il fastidio che mi danno gli evangelizzatori dei Testimoni di Geova o dei Pentecostali quando mi parlano
senza porsi minimamente il
problema di chi io sia o di
come io viva la mia vocazione cristiana: semplicemente
non sono come loro e pertanto devo «convertirmi». Posso
dunque immaginare il fastidio che provano quei cattolici, sinceri credenti, ai quali io
mi avvicino con lo stesso atteggiamento. Questa non si
chiama evangelizzazione,ma
affermazione di sé.
E lo stesso si può dire per
le opere sociali e la diaconia:
essa vale soltanto se diventa
palestra per la nostra agape.
Perché anche il gesto più generoso può nascere da motivazioni sbagliate, può derivare dal sottile (e pericoloso)
desiderio di sentirsi superiore
alla persona che si sta aiutando. «Io ti aiuto per rimarcare
il fatto che tu hai bisogno di
me e non viceversa; io ti aiuto perché in questo modo so
che ti sono superiore»; sono
parole che probabilmente
non si sentiranno mai pronunciare in modo forte e
chiaro ma che invece molto
spesso sono, inconfessate, alla base dei rapporti d’aiuto.
Ma, di nuovo, questa non è
diaconia: è uno dei modi in
cui una persona può sentirsi
viva.
Quando io penso alla diaconia, mi vengono in mente
esempi molto semplici, molto umili ma che hanno la forza di durare nel tempo e di
vivere anche lontano dalla
luce dei riflettori, come il
gruppo di canto che da più di
vent’anni è presente al culto
nell’ospedale di Pomaretto.
Il servizio di queste sorelle
non è forse di quelli che
sconvolgono il mondo, ma
certo vent’anni sono tanti e
una tale capacità di durare
nel tempo è indice di una
profondità spirituale che non
è facile trovare attorno a noi.
Il motore
della predicazione
L9 amore di Cristo, dunque, è il motore sia
della predicazione che della
diaconia. E quando parliamo
dell’amore di Cristo, intendiamo questo termine in due
sensi: l’amore che Cristo ha
dato a noi e quello che noi
proviamo per lui. E, si sa,
l’amore non può essere tiepido; può essere solo passione.
Altrimenti, che amore sarebbe? Ricordo le parole,
anch’esse bellissime, del
profeta Geremia: «Signore,
tu mi hai sedotto e io non ho
saputo resisterti. (...) Ma
quando mi son detto: “Non
penserò più al Signore, non
parlerò più in suo nome", ho
sentito dentro di me come un
fuoco che mi bruciava le ossa: ho cercato di contenerlo
ma non ci sono riuscito» (20,
7-9).
Il nostro amore per Cristo
urge, ci spinge, ci sprona, anche perché esso si fonda
sull’amore che da Dio abbiamo ricevuto in Cristo. L’agape diventa allora il senso
stesso della nostra esistenza,
un’agape che è dono di sé
perché ì’altro viva: «Cristo è
morto per tutti, perché quelli
che vivono non vivano più
per se stessi, ma per lui che è
morto ed è resuscitato per
loro», dice Paolo.
Vi è un non credente che
ha saputo esprimere questa
realtà con un’espressione
molto evocativa. È Luigi
Pintor, che raccontando la
propria vita con un linguaggio quanto mai essenziale,
nel momento in cui narra
della lunga malattia della
moglie, fa questa considerazione: «Non c’è in un’intera
vita cosa più importante da
fare che chinarsi perché l’altro, cingendoti il collo, possa
rialzarsi».
C’è un grande insegnamento in queste parole. Noi
non dobbiamo dare la vita
all’altro, perché l’altro la vita
ce l’ha già, la sua. Ciò che
noi siamo chiamati a fare è
abbassare noi stessi, chinar
ci, affinché l’altro possa trovare in noi gli stramenti per
ritrovare se stesso, per rialzarsi.
E un pensiero che può essere applicato come norma
non solo ai rapporti tra le
persone, ma anche al modo
di concepire la politica, 0 al
modo di comprendere il rapporto tra i popoli. È, in una
parola, una descrizione laica
della diaconia. In essa vediamo l’immagine dell’agape, e
con essa dell’essenza stessa
della vita.
Perché? Perché l’amore di
Cristo ci spinge!
/ tre precedenti articoli sulla
diaconia sono stati pubblicati
sui n. 27, 28 e 29.
QUANDO E GIORNO?
Un vecchio Rabbi chiese un giorno ai
suoi discepoli: «Chi di voi saprebbe dirmi
come si può distinguere il momento in cui
finisce la notte e inizia il giorno?».
«Io direi - rispose prontamente un allievo - quando, vedendo un animale a distanza, uno sa distinguere se è una pecora
un cane».
«No» - rispose il Rabbi.
«Potrà essere Tinizio del giorno - disse
un altro - quando, vedendo da lontano un
albero, si può dire se è un fico o un pesco».
«Neppure» - insistè il Rabbi.
«Ma allora - chiesero i discepoli - quando mài si può capire quando finisce la notte e inizia il giorno?». .
«Quando - rispose il Rabbi - guardando
in volto un uomo qualunque, tu vedi che è
tuo fratello: perché se non riusciamo a fare
questo, qualunque sia Torà del giorno, è
sempre notte...».
7
Spedizione in abb, post. Gr 11 A/70
In caso di mancato recapito rispedire a.
CASELLA POSTALE 10066
torre PELLICE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui moESi
venerdì 30 LUGLIO 1993
ANNO 129 - N. 30
URE 1200
A 50 ANNI DALLA CARTA DI CHIVASSO
IL FEDERALISMO
GINO LUSSO*
Piano piano, nelia stagione estiva, voiti nuovi si affacciano sui prati e per i sentieri delle valli
Nelle pagine interne un «quaderno» dell’Eco delle valli valdesi con alcuni itinérari
Risultati soddisfacenti nelle scuole del Pinerolese
L'esame di maturità: specchio
attendibile della preparazione?
CAHMELINA MAURIZIO
Se questo è davvero l’ultimo
anno in cui l’esame di maturità si è svolto secondo un
modello in vigore ormai dal
1969, in attesa anno dopo anno
di una riforma annunciata e
mai varata, non si può certo dire che questa edizione 92/93 si
sia distinta in modo particolare
rispetto alle altre die l’hanno
preceduta.
Dando uno sguardo ai risultati che ci sono stati forniti dalle scuole di istruzione secondaria del Pinerolese al termine
degli scrutini, ci si rende conto
ancora di più dell’urgenza di
un cambiamento di un esame
che resta comunque un momento fondamentale nella vita
di tanti giovani. Anche
quest’anno, infatti, a Pinerolo
come a Luserna e Osasco e
Torre PeIlice, sedi delle scuole
superiori di tutta la zona, la
maturità ha sfornato quasi mille diplomati in più e la maggioranza di loro ha conseguito
il fatidico risultato con voti
mediamente accettabili. Sono
stati pochissimi i ragazzi che
non ce l’hanno fatta: i respinti,
infatti, rappresentano appena il
3% del totale e tra questi figurano i pochi privatisti che ogni
anno si presentano all’appello.
La stessa percentuale, appena un po’ più alta, riguarda il
massimo dei voti: tra i quasi
mille candidati che hanno su
L’Eco
Delle Valli Valdesi
,!;.Va in ferie:
n f^-ossimo numero
uscirà li 20 agosto. Ai
lettori i migliori auguri
di buone vacanze. . „
Istituto prom % Res. %
«1. Porro» - Pinerolo 140 99,3 1 0,7
Ito - Luserna S. G. 74 100 - —
Liceo cl. - Pinerolo 38 92,7 3 7,3
Magistrali - Pinerolo 56 93,3 4 6,7
Liceo se. - Pinerolo 171 96,1 6 3,9
Ite - Pinerolo 353 94,9 19 5,1
Itis - Orbassano 72 100 - —
Agrario - Osasco 17 100 — —
Capetti - Pinerolo 31 100 — —
Albergh. -Pinerolo 50 100 — —
Liceo classico i linguist.-Torre P. } 28 100 -
perato l’esame, sono stati una
quarantina coloro che hanno
raggiunto i 60 sessantesimi e
in un caso, presso l’Istituto
tecnico commerciale di Luserna San Giovanni, c’è stato anche un sessanta con encomio,
eventualità assai rara nel panorama scolastico in generale.
I più bravi sembrano essere
stati i ragazzi e le ragazze dello scientifico, dove si registra
una decina di sessanta su circa
180 allievi, mentre nessuno ha
raggiunto il massimo all’istituto magistrale e a quello alberghiero, entrambi con sede a Pinerolo. Le cose sono andate
davvero bene al Liceo classico-linguistico pareggiato di
Torre Pellice dove, non solo
quattro allievi su 28 hanno
conseguito il sessanta, ma nessun candidato ha avuto la maturità al minimo. E a proposito
del voto più basso, le percentuali ci dicono che in totale circa il 10% dei maturati ha superato la prova con 36 sessantesimi. Per il resto, l’analisi dei
risultati ci fornisce un panorama di aurea mediocrità: vale
a dire che i quasi mille diplomati di cui sopra si portano a
casa sì un diploma, ma se al
meno in parte il voto di maturità sta a indicare la loro preparazione, quella scolastica
raggiunta in cinque anni di studi superiori, si può concludere
che il livello generale è appena
soddisfacente. Il dubbio è però
che questi risultati non diano
effettivamente un riscontro vicino al reale sulla preparazione
dei ragazzi.
La maturità 92/93 sta quasi
per essere archiviata e al di là
dei ricordi personali, degli
aneddoti, il bilancio nel Pinerolese può comunque dirsi positivo. Sarebbe certamente interessante sapere cosa faranno
del loro diploma Massimo
delTItis «Porro» di Pinerolo,
maturità con 50/60; Elisabetta
e Silvia, 45/60, studentesse al
classico di Torre Pellice, e tanti altri come loro. La nostra indagine si ferma qui, sperando
che, una volta tanto, dalle parole si passi ai fatti e gli studenti neomaturi, al termine di
questo anno scolastico, possano avere se non altro la prerogativa di essere ricordati come
gli ultimi ad aver sostenuto un
esame di maturità nato, così
come lo hanno svolto, prima
che loro nascessero.
Luserna S. Giovanni
Livio Gobello
dimissionario
Anche Livio Gobello ha deciso di lasciare il Consiglio
comunale di Luserna San Giovanni; le dimissioni, per motivi personali, sono state protocollate lunedì 26 luglio. Al
suo posto dovrebbe subentrare
Mauro Vignola, se^etario prò
tempore della sezione Psi di
Luserna, una sezione sempre
più «fantasma» a far da supporto su un gruppo consiliare
che fu di cinque membri e che
è sempre più diviso.
«Decideremo a fine mese
come comportarci;- ha detto
Vignola, appena appresa la
notizia del suo prossimo ingresso in Consiglio a livello
di valle stiamo cercando di
mettere in piedi una specie di
coordinamento di quanti sono
rimasti a gravitare intorno
all’area socialista per rilanciarne l’impegno amministrativo. Certo non vorremmo essere noi a dare il Comune di
Luserna in mano alla Lega
Nord».
C’è «maretta» anche in seno
alla De il cui capogruppo. Colomba, ha recentemente dichiarato di aver votato il bilancio «con grandi perplessità» e poi è andato in vacanza.
Il sindaco Badariotti intanto
conferma la propria posizione:
«O entro il 7 agosto abbiamo
un accordo sul nome del vicesindaco o mi dimetto».
- 8 agosto 1993
Torre Pellice
piazza Muston
Giornate
di
Radio
Beckwith
Gli eventi politici contingenti e le ricorrenze storiche sembrano congiurare, di
comune accordo, obbligandoci a riflettere su quello che è il
tema nodale della nostra vita
politica nazionale e in particolare, delle aree alpine.
Il cinquantenario della «Dichiarazione dei rappresentanti
delle popolazioni alpine»
(Chivasso, 19 dicembre
1943), il riecheggiare sempre
più insistente di dichiarazioni
«federaliste», le disintegrazioni delle «unità nazionali»
nell’Est europeo e il procedere vischioso del cammino europeo, sono motivi più che
sufficienti per cercare di fare
alcuni sforzi di approfondimento terminologico e di
chiarimento storico-politico.
I problemi più gravi che la
nostra comunità nazionale, in
questa fase, deve risolvere sono contemporaneamente economici, istituzionali e di classi dirigenti. La crisi della nostra debole struttura produttiva ha bloccato il sistema politico, incardinato su clientelari,
massicci e disordinati trasferimenti di risorse, evidenziando
nel contempo la pochezza del
nostro apparato dirigenziale
(politico, economico, sindacale, ecc.). La crisi ha prodotto
una serie di conseguenze su
tutti e tre gli elementi principali del sistema: a) con un
crollo nella produzione industriale e con una forte perdita
di capacità concorrenziali; b)
con una crisi istituzionale che
ha scardinato l’intero assetto
politico-istituzionale (crisi di
rappresentatività degli organi
parlamentari, disgregazione
dei partiti tradizionali, nuove
aggregazioni politiche); c)
con T emergere della pochezza professionale ed etica di
consistenti settori delle nostre
classi dirigenti.
Il paese, lasciato allo sbando politico, ha reagito a questa situazione in maniera
spontanea, con il formarsi di
nuove aggregazioni politiche
(ad esempio la Lega) caratterizzate, tra l’altro, da forti
istanze istituzionali entro le
quali emergono con forte ripetitività parole simbolo (vaghe e quanto mai generiche)
come federalismo, macroregioni, ecc. Pur con imprecisioni, queste confuse
istanze federaliste esprimono
però esigenze concrete, che
non sono congiunturali, ma
interessano nel profondo la
struttura istituzionale del nostro paese. Con queste proposte mi sembra si voglia dire: togliamo di mano ai politici disonesti la possibilità di
autoriprodursi utilizzando
speculativamente le risorse
pubbliche, ricreiamo nuove
classi dirigenti che siano facilmente controllabili su basi
territoriali più limitate, favoriamo uno sviluppo che sia
meno sensibile alle corporazioni finanziarie mondiali e
più basalo sulle capacità e
specificità locali.
Sono convinto che, in maniera più o meno esplicita,
queste siano le principali
istanze che hanno portato
molte adesioni alla Lega, ma
sono altrettanto convinto che
a queste istanze, interessanti e
giustificabilissime, si giustapponga un’altra facile medaglia. Ed è la posizione di
chi, avendo fino a ieri goduto
del sistema ora in crisi, trova
comodo fare adesso il moralista fiscale, o condannare i politici corrotti di cui fino a ieri
si è servito per i suoi interessi
personali e per le sue private
raccomandazioni, o criticare il
servizio sanitario nazionale,
sempre utilizzato ma a cui si è
contribuito il meno possibile,
giù fino ai limiti estremi delle
opposizioni regionali, razziali,
ecc. Queste due facce del problema mi sembra siano strettamente presenti nell’attuale
congiuntura politica: perdere
l’occasione di approfondire le
problematiche di una di queste, perché si è fermamente
contrari alla seconda, credo
sia un errore imperdonabile.
Torna allora utile riflettere
sui precedenti storici che riguardano il riproposto problema «federalista» e toma quanto mai utile rileggere la «Dichiarazione di Chivasso».
Insospettisce il costante richiamo al federalismo di alcuni leghisti, proposto come
panacea contro tutti i mali
della nostra società, riassunti
nello spregiativo termine
«statalismo». Intanto il termine statalismo, senza aggettivi,
ha scarso significato esplicativo, potendosi infatti concretizzare lo statalismo sia in uno
stato federale, che centralizzato, che confederale, ecc. Ma
anche il termine «federalismo», così come viene presentato, dice ben poco, né ci
vengono in aiuto le scarne indicazioni del programma leghista. A dire il vero, sentendo parlare di macroregioni e
di Italia federata in tre stati, il
pensiero corre a quel noto lavoro del valtellinese Torelli,
«Pensieri sull’Italia di un anonimo Lombardo», stampato a
Losanna nel 1846, nel quale
si propugnava la creazione di
tre stati italiani (regno
dell’Italia settentrionale, regno dell’Italia centrale e regno dell’Italia meridionale)
riuniti in un’unica confederazione. Speriamo non siano
queste le fonti a cui fanno riferimento le attuali posizioni
federaliste della Lega.
Molto più interessanti e ricche di valori etico-politici mi
sembrano le posizioni «federaliste» prodotte da quel grande vivaio di idee che è stato il
Partito d’Azione, negli anni a
cavallo del secondo conflitto
mondiale, dal quale nascerà la
pianta che porterà alla «Dichiarazione dei rappresentanti
delle popolazioni alpine».
Chiara l’analisi che viene fatta, ad esempio, sulle cause del
degrado alpino, imputabile a
una politica economica che ha
sempre privilegiato i grandi
centri urbani, le pianure, i
grandi complessi industriali;
chiare le motivazioni eticoculturali; precisa la visione
istituzionale autonomista che
doveva basarsi su strutture
cantonali, base dell’autogovemo. Ma ciò che è più interessante sono le posizioni in
merito alle competenze dei
Cantoni, i quali dovevano essere titolari in proprio di am
SEGUE A PAGINA II
8
PAG. Il
— E Eco Delle '^lli Vai.orsi
Mostra antologica di Paolo Paschetto
Le orìgini
e la memoria
VENERDÌ 30 LUGLIO I993
D’ESTATE, CON LA GHIRONDA — È la musica occitana
a fare da sottofondo a molte manifestazioni estive nelle valli; in alcuni casi questo antico strumento assurge alla ribalta. E il caso del 21 e 22 agosto a Pragelato, con la tradizionale «Festa della ghironda» o del 18 agosto, quando al campo sportivo di Torre Pellice, inizio ore 21, si svolgerà un
concerto del gruppo Lou Dalfin (nella foto), senz’altro il
più noto insieme del genere che propone, fra gighe e courente, nuove sonorità e ritmi accattivanti.
MOSTRA DI RICORDI A MASSELLO — Ancora una volta a Massello, nella scuoletta di Campolasalza, è stata allestita una mostra dei ricordi, dove sono esposte fotografie e
cartoline che coprono il periodo 1900-1950. Tratte dagli archivi familiari, queste testimonianze del passato sono state
raggruppate secondo vari argomenti e fissate su grandi tabelloni; la natura e la vita sociale si esprimono attraverso
scene di montagne, laghi e torrenti, villaggi e miande, lavori agricoli e altre occupazioni, vita ecclesiastica, escursioni
e tempo libero. Il materiale raccolto è risultato così abbondante che il gruppo organizzatore ne ha conservato una
buona parte per un’altra esposizione. Le immagini che si
possono vedere quest’anno fino al 30 settembre sono veramente interessanti, non solo per chi può riconoscere i propri
familiari o se stesso nei gruppi di cui sono stati accuratamente elencati i componenti, ma anche per tutti coloro che
cercano di ricostruire con la fantasia un mondo non tanto
lontano cronologicamente ma ormai profondamente, e in
modo irreversibile, trasformato.
I PREMI DI WFONDAZIONE — Domenica 18 luglio sono
stati estratti i numeri vincenti della sottoscrizione a premi di
Rifondazione comunista a Pinerolo. I premi potranno essere
ritirati telefonando, entro il 15 settembre e dopo le ore 20 ai
numeri telefonici: 6683, 71363, 76604 e 500637. Sono stati
estratti i numeri: 2.064, 2.133, 4.307, 666, 279, 68, 310,
2.161,4.041,857,4.067.
INCIDENTE D’AUTO — Nella notte di mercoledì 21 luglio
un giovane residente a Torre Pellice, Michele Fiocca Matarese, ha urtato violentemente con la propria auto un pilastro
in cemento lungo viale De Amicis a Lusema, abbattendolo.
Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco e i carabinieri
ma fortunatamente, malgrado il pauroso incidente, il conducente rimaneva illeso.
LA PRO LOCO AFFITTA MOUNTAIN BIKE — Valorizzare la bicicletta come strumento per conoscere la realtà
storica e naturalistica della valle; offrire la possibilità di
muoversi su tragitti medio-lunghi, fare attività sportiva.
Con questi scopi la Pro Loco di Torre Pellice ha quest’anno
deciso di acquistare e affittare dei «rampichini» sull’esempio di quanto accade da anni in altri paesi, in Svizzera o in
Francia. Presso gli uffici della Pro Loco saranno disponibili
anche schede con itinerari e proposte accessibili a tutti oppure con qualche impegno in più per chi ha già maggior dimestichezza col mezzo.
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«Le origini - la memoria» è
il titolo della prima di una serie di esposizioni dedicate alle
opere della collezione Paschetto, di proprietà della Tavola valdese. La mostra, che
sarà inaugurata a Torre Pellice
il 16 agosto alle 16,30 e che
sarà possibile visitare fino al 4
settembre, verrà allestita nel
Centro culturale valdese, nella
sala Paschetto recentemente
restaurata.
La collezione esposta è
composta da 140 opere tra oli,
acquerelli e incisioni che Paolo Paschetto realizzò su incarico della Tavola per illustrare le valli valdesi nei loro
diversi aspetti, dalla realtà del
paese alle bellezze naturali dei
boschi e delle montagne. Alcuni quadri raffigurano anche
il quotidiano dei valdesi, addentrandosi nelle scuole, nelle
chiese e nelle abitudini dei
paesani. Il nucleo principale
delle opere risale agli anni
1917 e ’18 anche se non mancano, soprattutto fra gli acquerelli, opere precedenti.
Paolo Paschetto, nato a Torre Pellice nel 1885 e morto nel
1963, frequentò e insegnò
all’Accademia di Belle arti a
Roma; incisore e pittore, fu attivo nel campo della decorazione, deH’illustrazione e della
grafica: è noto, tra l’altro, per
avere ideato l’emblema della
Repubblica italiana. Molte
opere della sua collezione non
sono mai state esposte in precedenza: infatti, dopo una pri
Posta
La Lega e
la buona sanità
In un’intervista a L’eco
delle valli valdesi ho dichiarato che in vai Pellice devono
rimanere i servizi sanitari
mentre la figura di coordinatore (con relative indennità,
che saranno pure legittime,
ma certamente onerose per il
contribuente) può anche sparire.
Il dott. Giovanni Rissone,
coordinatore sanitario
deirUssl 43 con varie altre
mansioni si è (comprensibilmente) risentito, e ha (meno
comprensibilmente) messo in
dubbio «l’onestà, anche intellettuale» della mia parte politica, e dunque anche la mia,
su questi temi, affermando
che «spesso, non si è potuta
riscontrare».
Lasciando da parte l’onestà
intellettuale die è materia
opinabile, mi pare decisamente scorretto negare l’altrui onestà senza precise e
circostanziate accuse, e se si
parla di onestà di forze politiche direi che è proprio un tasto che gli avversari della Lega Nord farebbero meglio a
non toccare, specialmente in
campo sanitario. In merito alla questione in sé vorrei fare
tre osservazioni:
1) Se l’assistenza sanitaria
in vai Pellice funziona meglio
che altrove è soprattutto perché esistono l’Ospedale valdese e strutture private per
anziani, per la cui assistenza
e buon funzionamento si devono ringraziare le offerte dei
privati e l’etica di chi ci lavora, un’etica dalle radici culturali e storiche ben precedenti
ma mostra organizzata a Torre
Pellice nel 1919, che propose
al pubblico cento quadri, tra
oli e acquerelli, una seconda
mostra fu fatta soltanto nel
1983, a Torino, presso il Museo nazionale della montagna
e nell’85 di nuovo a Torre Pellice, in occasione dell’antologica per il centenario della nascita dell’artista, in cui una
parte dei quadri fu di nuovo
esposta ai visitatori.
Per questa prima mostra
sull’opera completa di Paolo
Paschetto sono stati scelti 32
pezzi, in particolare quelli riguardanti le piccole borgate, i
casolari isolati e le strade affiancate dalle semplici case
dei contadini. La mostra resterà aperta tutti i giorni dalle
15 alle 18; dal 23 al 28 agosto
anche dalle 9 alle 12, presso il
Centro culturale valdese, in
via Beckwith 3. All’inaugurazione della mostra, che si terrà
nell’Aula sinodale della Casa
valdese, parteciperà Rossana
Bossaglia, docente di storia
delTarte presso l’Università di
Pavia.
all’arrivo del coordinatore sanitario dell’Ussl.
2) Noi siamo per una riforma generale della sanità in
Italia, fondata (in brevissima
sintesi) sulla possibilità del
cittadino di scegliersi liberamente medici e strutture pagabili tramite polizze assicurative private. Tutti sanno che se i
lavoratori potessero usare in
questo modo i soldi dei contributi sanitari avrebbero un trattamento molto migliore e celere, e avanzerebbero ancora
una cifra notevole. Lo stato
dovrebbe intervenire solo per
le persone che non possono
permettersi l’assicurazione o
per le strutture che il privato
non fosse in grado di gestire.
Per questo i fondi potrebbero
venire da imposte e non da
contributi gonfiati, come succede ora, che gravano unicamente sul costo del lavoro e
contribuiscono dunque alla disoccupazione. Questi non sono i principi delle Ussl in generale, e pertanto non possiamo presentarci come paladini
di nessuna Ussl, in quanto tale, neppure della n. 43 anche
se ciò potrebbe darci qualche
voto in più, ma solo ribadire
che difenderemo la permanenza dei servizi utili e la specificità della nostra zona. Inoltre,
come ho detto in una parte
dell’intervista omessa per ovvi motivi di spazio, troviamo
comunque irragionevole l’accorpamento con Orbassano.
3) Siamo, da europeisti convinti, favorevoli ai progetti di
collaborazione con le strutture
francesi in concerto con le
aree omogenee al di qua delle
Alpi, anche perché come ha
dichiarato a La Stampa il presidente della Comunità montana Alta valle Susa, «il ticket
italiano equivale da solo
all’intero costo delle analisi
nell’ ospedale di Briançon, dove gli esiti sono pronti, gene
Un'esperienza con i giovani
Vita nella «Prateria
»
Può un tranquillo centro ippico, con annessa trattoria,
diventare una vera e propria
casa e famiglia per dei giovani in difficoltà? La domanda è retorica, ma a sentire il
racconto di Pino Costa, che
da diversi anni ha messo in
piedi «La prateria» nelle
campagne di Bricherasio
l’esperienza è ricca e positiva.
«Ormai da anni - dice Costa - con la formula dell’affidamento ho dei ragazzi che
passano una parte della loro
vita con me. Si tratta generalmente di giovani dell’età delle scuole medie che hanno
difficoltà di rapporti nelle famiglie di origine e che cercano, con il dialogo e con una
qualche attività, di ricostruire
una loro capacità di rapportarsi al prossimo». Gli affidamenti arrivano generalmente
dairUssl 43, ma anche da
Piossasco; finora sono stati al
massimo due per volta e sono
stati sempre seguiti dalle assistenti sociali degli enti ed anche dagli psicologi.
Le richieste di portare altri
ragazzi alla Prateria sono
molte; «In qualche modo vorrei accoglierle - aggiunge
Costa - senza peraltro perdere la dimensionò familiare
che è proprio alla base del
buon andamento degli affidamenti. Tuttavia, anche solo
per poter ospitare quattro o
cinque giovani, avrei bisogno
di maggior spazio. Vorrei
cioè poter trovare in affitto
una cascina, in vai Pellice,
dove avviare un piccolo laboratorio di fabbro, attività che
da anni ho imparato a svolge
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raímente, nelle 24 ore». Se
tutto dipendesse dal coordinatore vorremmo allora assumere quello di Briançon. Ma il
punto è probabilmente l’organizzazione generale. Quella
che noi vogliamo cambiare.
Lucio Malan
Lusema S. Giovanni
Un chiarimento
doveroso
In merito all’ intervista di
Lucio Malan, pubblicata sul
n. 28 del nostro giornale, e
riguardo alla questione sanità, il presidente della Comunità montana vai Pellice
Giorgio Cotta Morandini,
precisa con una lettera che:
a) l’istituzione, a suo tempo, dell’Ussl vai Pellice non
ha dato luogo a nuovi posti di
potere nella valle e la sua
eventuale scomparsa non eliminerà nessuna lottizzazione;
b) da due anni non esiste
più la figura di presidente
dell’Ussl, sostituita dall’amministratore straordinario, di
nomina regionale: d’altra parte, in questa valle non è mai
esistito un apposito presidente dell’Ussl, perché le relative
funzioni erano svolte dal presidente della Comunità montana;
c) giustamente il signor Lucio Malan afferma che fondamentale è che i servizi rimangano: il guaio è che l’eliminazione dell’Ussl valligiana, da lui auspicata, comporterà fatalmente la riduzione dei servizi sul territorio,
potendosi sin d’ora considerare a rischio il poliambulatorio di Lusema, i tre distretti
della valle, il servizio domiciliare integrato (specialmente
nel suo aspetto infermieristico), l’attività di tutela
re e che potrebbe essere assai
utile anche per i ragazzi. In
caso contrario questo mio
progetto non potrà prendere
corpo».
Si tratta senza dubbio di
una iniziativa interessante,
non improvvisata ma «collaudata» negli anni e con gli
operatori pubblici; se qualcuno ha idee e soprattutto locali
adatti, può semplicemente
mettersi in contatto con Pino
Costa, La Prateria, 10060
Bricherasio; il telefono è
0121-598058.
DA PAGINA I
FEDERALISMO
piissimi poteri economici, finanziari e fiscali, poteri che
si concretizzavano nel controllo, da parte delle comunità locali, di ogni attività
che realizzasse utilizzo delle
risorse Ideali (acque, miniere,
pascoli/ecc.).
Se vogliamo che l’istanza
autonomistico-federalistica
non sia un inutile specchietto
per le allodole e se i popoli
dell’Alpe (ma non solo) non
vogliono, per Tennesima volta, perdere l’occasione di impostare un nuovo modo di vivere e di governarsi, è tempo
di abbandonare i facili slogan
per passare alla riflessione
seria, pacata, critica di quelle
che sono state le analisi più
significative delle istanze autonomiste.
*Professore di Geografia politica all’Università di Torino
matemo-infantile e forse altri
servizi;
d) non è, quindi, coerente
la volontà di avere il centro
gestionale dell’Ussl a Pinerolo piuttosto che a Torre Pellice, con la volontà, sacrosanta,
di mantenere i servizi nella
valle;
e) la Giunta dell’epoca ritenne equo e doveroso corrispondere al coordinatore sanitario, e anche al coordinatore amministrativo una somma, pur rilevante nel suo
complesso, per funzioni effettivamente svolte per molti anni ma non remunerate: ciò
venne fatto in base a sentenze
del Tribunale amministrativo;
la cosa venne enfatizzata a
distanza di un anno, con una
campagna giornalistica volta
a colpire una determinata persona e a danneggiare l’immagine di questa Ussl; sinora
la Corte dei Conti - il naturale giudice contabile delle
pubbliche amministrazioni non si è pronunciata sul merito della questione.
Auguri
Ci congratuliamo con i
nostri 28 allievi
tutti maturi.
Facciamo i nostri
migliori auguri
e buone vacanze
ai quattro 60/60:
Massimo Battaglia,
Chiara Doglio, Barbara
Pavia, Michelle Rovara.
agli otto con voto
superiore al 50/60
e a tutti gli altri
Il Collegio valdese
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Un corso regionale per accompagnatori naturalistici
Il «turismo verde», una strada
per fare rivivere la montagna
Iniziativa in vai Pellice
Una cooperativa
per uscire dal tunnel
MILENA MARTINAT_____
Turismo verde. Per molti
pare che sia questa la
forma di turismo che tornerà
a far vivere meglio la montagna e i suoi abitanti. La richiesta di questa forma di turismo «dolce», che non crea
impatto ambientale, sta
aumentando gradualmente.
Quest’anno la Regione Piemonte ha realizzato a Pinerolo un corso di 150 ore per
formare 30 accompagnatori
naturalistici. 150 ore che prevedevano una parte teorica
con materie come botanica,
biologia, geologia, e un’altra
con escursioni in aree protette della zona.
«Ho imparato molto durante questo corso - spiega
Ivano - ma, se queste argomentazioni non sono precedute e seguite da qualcosa di
tuo, di personale, hanno
un’utilità limitata. Attualmente questa attività di accompagnatore naturalistico
non può essere in queste valli
la fonte di reddito principale.
In vai Germanasca e alta vai
Chisone siamo cinque accompagnatori e organizziamo escursioni con alcune
Pro Loco: laghi della Cristalliera, vallone dell’Albergian, zona mineraria di Frali, solo per citarne alcune». E
ancora; «Questa attività si
deve svolgere per passione e
non per denaro - spiega Cristina - ho fatto il corso perché mi dava la possibilità di
approfondire degli argomenti
che da sola non avrei conosciuto. Ma ho fatto il corso
soprattutto perché a me piace molto andare in montagna
Un momento di sosta per gli accompagnatori in gita
e l’idea di poter trasmettere
questo mio entusiasmo ad altri durante le escursioni mi
interessa molto».
Qualcuno potrebbe chiedersi perché doveva essere
creata la figura dell’accompagnatore naturalistico mentre ci sono già le guide alpine... «La figura dell’accompagnatore naturalistico è poco conosciuta perché nuova
- dicono Cristina e Ivano
la guida alpina ha una preparazione molto più approfondita, si occupa di questioni più tecniche; noi abbiamo cognizioni per l’osservazione, ma non possiamo
accompagnare dove servono
corde e ramponi».
«È necessario un coordinamento degli accompagnatori
delle varie valli - spiega
Massimiliano, di Sauze d’
Oulx - per avere caratteristiche di lavoro simili, soprattutto per quanto riguarda il
numero di accompagnati, le
tariffe. Da noi, in vai Susa, il
corso è stato fatto lo scorso
anno e l’anno prima in vai
Noasca».
Ivano spera che «maturi
una coscienza dell’ ambiente,
non soltanto perché può diventare una forma di reddito,
ma anche perché ci consente
sicuramente di vivere meglio.
Le nostre valli sono un potenziale serbatoio turistico
naturalistico, a patto che si
conservi una certa cultura
agricola. A livello turistico è
importante vedere i montanari che zappano o le mucche
pascolare».
Se tutto questo cambierà
aspetto, si sentiranno molti
più bambini che, ascoltando
il nonno descrivere momenti
della vita agricola, diranno
«con voce sognante mi piaccion le fiabe, raccontane altre» come canta Guccini in
una celebre canzone.
Da alcune settimane presso alcuni Comuni della vai
Pellice lavorano dei ragazzi
che stanno uscendo da un
periodo difficile, in cui spesso la tossicodipendenza ha
giocato un brutto ruolo.
Chiediamo di parlarci di
questo progetto allo psicologo Martucci, che segue l’attività del Sert della Ussl 43.
«Si tratta di un’idea nata
all’interno dei servizi della
salute mentale: vogliamo
creare un cantiere di lavoro
di una cooperativa già esistente e che da oltre 13 anni
si occupa di reinserimento di
persone svantaggiate. Abbiamo cercato il contatto
con gli enti locali, e alcuni
amministratori hanno dimostrato in questo una notevole
sensibilità. Si tratta dell’amministratore straordinario
dell’ Ussl, dottoressa Serra, e
i sindaci di Torre Pellice,
Luserna San Giovanni, Bibiana e Lusernetta. Aspettiamo notizie dagli altri sindaci.
In passato abbiamo più
volte cercato il contatto con
le amministrazioni locali;
volevamo passare dalla
preoccupazione per episodi
eclatanti e dai dibattiti al
terreno del concreto: ora
questo è possibile».
I Comuni dunque hanno
messo a disposizione il lavoro da fare e la buona volontà; i ragazzi sono inseriti
in questa cooperativa e sono
lavoratori a tutti gli effetti e
percepiscono un regolare stipendio in base alle ore che
fanno. Non si tratta cioè di
assistenzialismo. Quali sono
le prospettive?
Una lettera del pastore di Torre Pellice
La chiesa e
i panni sporchi
Nel numero del 23 luglio
dell’Eco delle valli leggo un
articolo di Piervaldo Rostan,
come sempre scritto bene e
ben informato, su L’alcol, malattia sociale delle valli alpine.
L’articolo contiene tra l’altro
un’interessante intervista al
dott. Martucci, che va considerato un benemerito nella lotta
all’alcolismo.
L’intervista, purtroppo, si
conclude con una frase infelice, che è que.sta: «In vai Pellice si è un po’ costruita la fdosofia che i panni sporchi si lavano in famiglia e questo, lo
dico in modo un po’ provocatorio, è in parte sostenuto dalle due chiese. Mi sembra che
con il prete o col pastore certe
cose vengano fuori però non si
riesce a farle uscire dalle ca.se
e è su questo che dobbiamo
ancora molto lavorare».
Non posso parlare per la
Chiesa cattolica, ma per la
Chiesa valdese posso assicurare che nessuno degli attuali pastori sostiene che questi panni
si debbano lavare in famiglia.
È ovvio che la famiglia ha diritto alla riservatezza; ma potersi incontrare con altre persone afflitte dagli stessi problemi e cercare così la forza
per superarli, è un atteggiamento positivo che va incoraggiato in tutti i modi. L’anno
scorso il tempio valdese di
Torre Pellice ha ospitato un
concerto molto affollato, in cui
il Cat ha potuto presentare al
pubblico la propria azione.
L’Assemblea del circuito vai
Pellice ha dichiarato la propria
disponibilità a favorire nelle
chiese l’informazione sull’attività dei Cat.
La volontà di collaborare è
dunque indubbia, e l’affermazione del dott. Martucci mi
stupisce profondamente. Certo
non si può e non si deve pretendere dai pastori che, se vengono a conoscenza di un caso
di alcolismo in una famiglia,
lo strombazzino ai quattro
venti. L’opportunità di avvalersi di un sevizio può essere
caldamente raccomandata, ma
dev’essere lasciata alla libera
decisione della famiglia.
Bruno Ro.stagno
La scomparsa del sindaco di Villar Perosa
Ricordando Dario
Dal Pds
Come Unione delle segreterie Pds delle valli Chisone
e Germanasca, uniti nel dolore per la morte di Dario,
[Storero, sindaco di Villar
Perosa tragicamente scomparso, ndr] vogliamo ricordarlo pubblicamente per tutto
ciò che ci ha dato e per quello che ha rappresentato per
queste valli. E stato sempre
attento ad ogni questione,
sempre pronto nell’affrontare
ogni aspetto della vita sociale e politica del paese, sensibile ai problemi che gli venivano posti, onesto e generoso. La sua analisi politica era
lucida, rigorosa e sentita; fortissima era la carica di vitalità che sapeva trasmettere,
trascinando e richiedendo la
partecipazione attiva di tutti
coloro che gli erano vicini.
Grazie Dario, non ci sarà
possibile dimenticare e sarà
molto difficile sostituirti.
/ tuoi compagni
Dagli
Domenica 15 agosto
VILLAR PEROSA:
Incontro del 15 agosto
località Bacino (raggiungibile dalla statale 23 poi, attraverso
la circonvallazione, dalla strada dell'Inverso),
ore 10 il culto presieduto dal past. Tom Noffke;
ore 11 messaggi tra cui quelli del past. Giorgio Bouchard, e
del past. Archimede Bertolino;
ore 14 Paolo Naso presenta il libro L’altro Martin Luther
King.
Partecipa alla giornata il cantautore Tullio Rapone.
«Noi vogliamo ridare a
queste persone un loro ruolo, anche produttivo. In prospettiva puntiamo a far sì
che il primo nucleo di giovani che stanno lavorando oggi diventino i fondatori di
una cooperativa autonoma
di servizi che mi piacerebbe
molto si chiamasse semplicemente cooperativa vai Pellice».
Ci sono state resistenze
nell’avvio del progetto, paure; che ne pensa?
«È molto più pericoloso
un tossicodipendente, un
alcolista, una persona svantaggiata che vive costantemente il rischio, quindi che
sta male quotidianamente,
che uno che sta venendone
fuori grazie allo strumento
lavoro. Per usare un esempio anche pesante: il drogato che continua a drogarsi ai
giardini pubblici ci va e butta la siringa per terra; l’ex
drogato che sta lavorando ai
giardini pubblici ci va per
tagliare l’erba e al limite per
raccogliere la siringa che
qualche anno prima buttava
per terra».
Il amici
Quando un amico se ne va,
la notte scende inesorabile
nei nostri cuori: parlare, scrivere, portare avanti gli ideali
in cui credeva, ci aiuta a sentirlo ancora vicino. Ricordiamo tutti quanto fosse allegro,
altruista, sempre pronto ad
occuparsi concretamente degli altri: amava la montagna,
la buona tavola, lo sci, la
musica classica e i libri, soprattutto quelli sull’America
Latina.
Sapeva soccorrere con delicatezza un pettirosso caduto
dal nido e giocare nei prati
con i bambini. Il suo ecumenismo si manifestava in tanti
modi e non mancava mai alla
festa del 17 febbraio: partecipava con interesse alle iniziative della comunità valdese.
Ora, Dio si prende cura di
lui e lo avvolge nel suo abbraccio, nella sua tenerezza
senza fine: il Signore culla la
sua stanchezza e risponde ai
suoi dubbi. Ma qui, a tutti
noi, Dario manca tantissimo:
era dolce, paziente, onesto...
speciale.
«All’ombra dei tuoi altari.
Signore onnipotente, anche il
passero trova un rifugio e la
rondine un nido dove porre i
suoi piccoli. Mio re, mio
Dio, felice chi sta nella tua
casa: potrà lodarti senza fine» (Tilc - Salmo 84,4-5).
Noi, i tuoi amici di sempre
Domenica 1-agosto
La corsa dei
Tre Rifugi
Ventitré km e settecento
metri di lunghezza, dislivelli
che vanno dai 1.732 metri
della conca del Fra ai 2.373
del colle Baracun e ai 2.701
metri del colle Manzol. Queste sono alcune delle cifre che
caratterizzano la classica corsa in montagna «Tre Rifugi»
che si svolgerà quest’anno
(22esima edizione) domenica
1° agosto. Il vincitore dell’anno scorso. Renato Jalla, totalizzò 2 ore e 10 minuti.
La gara ha anche dei percorsi per le categorie juniores
(circa 9 km fino al pian Sineive) e femminile (11,6 km con
l’ascesa ai 2.377 metri del rifugio Granerò).
La corsa è tradizionalmente
occasione di festa; l’anno
scorso la nottata fu funestata
dalla tragica morte del giovane Eabrizio Davit (caduto?
picchiato?) per la quale è in
corso un processo.
L’augurio è questa corsa
torni ad essere veramente e
per tutti occasione di un sano
cimento sportivo e di festa.
Le iscrizioni alla corsa, valida come prova unica di
campionato regionale Piemonte Valle d’Aosta, si ricevono fino al 29 luglio ai seguenti numeri telefonici di
Lusema: 909584 e 901863.
Il 21 agosto a Torre Pellice
Nomadi in concerto
A distanza di treni’anni da
quando nacquero come gruppo
musicale i Nomadi ricominciano da sei. L’anno scorso tragicamente sono scomparsi due
componenti del gruppo: Dante
Pregreffi in un incidente stradale e la «voce» Augusto Daolio, ucciso da un tumore. È
emersa la volontà di continuare, comunque; le canzoni sono
quelle (molto bello l’ultimo album «Contro»), le voci nuove;
Danilo Sacco e Francesco
Gualerzi. E così, dicono i «nomadisti», la leggenda continua.
Quest’anno i Nomadi approdano a Torre Pellice il 21 agosto, in un concerto organizzato
da Radio Beckwith; dopo gli
Inti Illimani, l’anno scorso,
l’intenzione del team della radio è di riuscire a portare in
vai Pellice almeno un concerto
di un certo livello ogni anno.
Capillare sarà la prevendita.
A Pinerolo presso Rogirò, Magic bus e Bonetto dischi, a Bagnolo presso Punto musica, a
Perosa Argentina alla Panino
teca, a Barge presso Tecnofoto, a Saluzzo da Top sound, a
Savigliano presso Stereo record, a Lusema da Stereo Hi
Fi, a Torre Pellice presso Sibille Hi Fi, a Bobbio all’edicola «Da Malvina», a Villar Pellice alla locanda Bel Sito, a
Rorà presso il minimarket, a
Cavour presso Fiar domus.
Domenica 8 agosto
ore9,30 .
anco vendita
ti focali,^
Nelle Chiese
Valdesi
PERRERO-MANIGLIA — Domenica 8 agosto, alle ore 15, si terrà la
riunione estiva di Grangette, che cade quest’anno nel
ventennale del campo ecumenico che portò alla costruzione della strada.
MASSELLO — Le
prossime riunioni quartierali si svolgono il 30 luglio
•a Campolasalza (J. Elliott
parlerà di temi pedagogici),
il 13 agosto al Ciaberso; il
6 agosto al Roberso (M.
Grill Tron racconterà il suo
viaggio negli Usa), tutte alle ore 20,30. Domenica 29
agosto ci sarà invece la riunione estiva delle Porte.
14
PAG. IV
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VENERDÌ 30 LUGUO 1993
Alimentazione, nutrizione e mangiare sano
La ciotola d'argilla
VALERIA FUSETTI
Il farro; è un cereale antichissimo, coltivato dagli italici, dai latini e dai romani.
Già ai tempi di Augusto cadde in disuso,
soppiantato dal grano. Sopravvisse solo come simbolo nel rituale delle offerte agli dei
e in cerimonie religiose e civili. Nel Medioevo si riprese a coltivarlo e oggi questa
pianta rustica si trova generalmente in alcune zone povere dell’Abruzzo, dove per molti anni è stata utilizzata come alimento e per
la paglia, sottile, elastica, bella, adatta ad
essere intrecciata. Per un uso ottimale, occorre tenere questo cereale in ammollo almeno per 6 ore, cambiando spesso l’acqua.
Si cuoce con una quantità di acqua pari al
doppio dei chicchi (ad esempio 1 tazza di
farro per 2 tazze d’acqua) e, raggiunta
l’ebollizione, a fuoco lento per 60 minuti,
25 se si usa la pentola a pressione. Se a fine
cottura rimane un po’ d’acqua, è bene lasciare a riposo, in modo che il cereale finisca di assorbirla. I cereali, integrali e semintegrali, sono ricchissimi di sostanze nutrienti, e perciò devono cuocere in una quantità
d’acqua esattamente misurata (il doppio del
cereale), in modo che essa sia del tutto assorbita e i nutrienti non vengano gettati.
Quando avrete cotto il vostro farro (ricordatevi che si mantiene in frigorifero, in un
recipiente ben chiuso, al massimo una settimana) potrete usarlo per due piatti estivi
gustosi e veloci.
«Pomodori ripieni di farro»; prendete 4
bei pomodori ben maturi, scoperchiateli e
privateli della polpa acquosa e dei semi;
mescolate 160 gr di farro cotto con alcune
olive nere, un cucchiaio di capperi e un
buon pugno di prezzemolo; tritate il tutto. A
chi piace, è consigliabile anche uno spicchio d’aglio. Con questo composto riempite
i pomodori, ricopriteli, disponeteli piuttosto
stretti in un tegame unto d’olio. Cuocete a
fuoco lento. Questo piatto può essere servito sia caldo che freddo.
Una seconda ricetta è una fresca «Insalata
di farro»; calcolate 450 gr del vostro cereale
cotto per 4 persone, 1 mozzarella, 4 pomodori ben maturi, alcune foglie di basilico e
di boraggine, 1 cucchiaino di miso (se volete omettere quest’ultimo ingrediente usate
solo del buon olio d’oliva extravergine).
Sciogliete con mezzo mestolo d’acqua scarso il miso e poi aggiungete il farro, fate insaporire per bene e lasciate raffreddare. A
questo punto potete aggiungere i pomodori
e la mozzarella tagliati a pezzetti e il basilico e le foglie più piccole della boraggine
spezzettati con le mani. Aggiustate di sale e
servite. Entrambi i piatti descritti possono
essere agevolmente preparati con un giorno
d’anticipo.
Se volete arricchire ulteriormente i vostri
pasti, vi consiglio di iniziare con una buona
insalata mista, con gli ortaggi che la stagione ci offre. In una scheda precedente ho già
accennato alle ottime e utili proprietà della
carota, e data l’importanza di questo ottimo
ortaggio penso sia bene cercare di approfondire l’argomento. Un bicchiere di
succo di carote (se non l’avete, vi consiglio
la spesa di un robot con centrifuga, è un
grande aiuto domestico) a digiuno al mattino per due mesi è un’ottima cura sia nei casi di anemia che di astenia (senso di stanchezza persistente). Con il carciofo, è il rimedio per eccellenza nelle affezioni epatico-biliari. La funzione regolatrice dell’intestino la rende preziosa non solo nelle diarree infantili, ma anche per curare la stipsi;
fate cuocere a fuoco lento 1 kg di carote in
un litro d’acqua per un’ora e poi passate al
setaccio. Potete insaporire la minestra così
ottenuta con 1 cucchiaino d’olio d’oliva
extravergine, un pizzico di sale e uno di pepe. Se li gradite, aggiungete pochi quadretti
di pane raffermo passato al forno.
Sabato 31 luglio — BOBBIO PELLICE: la Pro Loco organizza per la giornata
una gita escursionistica in
alta vai Pellice.
Sabato 31 luglio e domenica 1° agosto — SAN
GERMANO CHISONE: in
occasione della manifestazione Turina in festa, alle
21 di sabato il gruppo La
Cantarana proporrà le sue
musiche tradizionali del
Pinerolese e domenica alle
22 si terrà una gara non
competitiva di karaoke.
Dal 31 luglio al 4 agosto
— TORRE PELLICE:
presso il Collegio valdese si
terranno i concerti (Inali del
IV seminario di tecnica e interpretazione musicale. Quest’anno i concerti sono cinque, tre a Torre Pellice e due
sotto l’Ala del mercato a Luserna San Giovanni. I due
più interessanti sono quello
strumentale previsto per il 2
agosto alle 21, nel tempio
valdese di Torre Pellice e
quello vocale del 3 agosto a
Luserna San Giovanni, parzialmente eseguito in forma
scenica.
Mercoledì 4 agosto —
TORRE PELLICE: alle
20,30 presso il Centro d’incontro, piazza del Municipio, si svolge rincontro
mensile del Diapsigra.
Giovedì 5 agosto —
TORRE PELLICE: in
occasione dei concerti per
l’estate, la rassegna di giovani interpreti, presso il tempio
valdese alle 21 il Nuovo
Quartetto malatestiano
eseguirà musiche di Bach,
Jadin, Rossini, Mozart.
USSL42
CHiSÒNE - QERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENICA AGOSTO
Perosa Argentina: Farmacia
Bagliani - Piazza Marconi 6,
tei. 81261
Ambulanze:
Croce verde, Perosa; tei. 81100
Croce verde. Porte ; tei. 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA AGOSTO
Viliar Peliice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705
Ambuianze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44-PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
teiefono 118
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolon. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.; Gr 2A/70
Cinema
PINEROLO — Il cinema
Italia ha in programma, dal 29
luglio al 1° agosto. Qualcuno
da amare e dal 14 agosto al 19
Lezioni di piano; feriali e domenica 20 e 22,20; sabato 20 e
22,30. Dal 2 al 13 agosto, chiuso per ferie.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento propone; giovedì
29, ore 20,30, Fern gully, le avventure di Zac e Crysta (cari,
animati); venerdì 30, Proposta
indecente; sabato 31, Lo sbirro, il boss e la bionda; domenica 1° agosto, Mamma, ho riperso l’aereo; lunedì Cuori ribelli; martedì La morte ti fa
bella; mercoledì. Il danno. Per
tutte le serate l’orario è 20 e
22,10. Giovedì 5, ore 20,30, Gli
aristogatti.
Economici
ANTICHITÀ, mobili, oggetti
vari privato acquista. Telefonare
0121/78409 ore pasti.
INVALIDO autonomo residente alternativamente città
campagna e Riviera cerca collaboratrice-accompagnatrice anche
ultra cinquantenne. Offre vitto
più alloggio più compenso da
concordare. Contattare Gianni
c/o Gilly Hôtel - Torre Pellice dal 7 al 16 agosto.
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MANSARDA LIBERA Torino; prossimità Largo Bernini,
mq 120, riscald. autonomo, finestre luminose, 4 vani, bagno, ripostiglio vendo prezzo interessante. Tel. ore pasti 0184557294.
mm.
A Torre Pellice, nel 1886, Giuseppe
Morè, abile pasticcere pinerolese,
apre un laboratorio di pasticceria a
cui affianca, dopo i primi faticosi anni
di lavoro, un negozio di vendita con
annesso caffè.
Il prodotto che sin da quegli
anni si afferma è di grade qualità.
La Tradizione delle Valli Valdesi
Gli ingredienti sono tutti naturali
delle campagne della Val Pellice.
Il marchio Morè, sempre più noto e
apprezzato, viene depositato per la
prima volta nel 1933. Da allora i due
valletti che portano il vassoio con le
caramelle contrassegnano le
confezioni Morè.
Molte delle persone che oggi
lavorano alla Morè hanno tradizioni
familiari legate all'Azienda e hanno
appreso dai loro padri l'arte dolciaria
le misure, i tempi e la pazienza
artigiana per preparare il
prodotto e seguirne con
amore la realizzazione.
L'avvento della mèccanizzazione non ha cambiato la
qualità dei prodotti Morè.ll gusto
caratteristico dei fòndants, la
vellutata bontà delle gelatine alla
frutta e la spiritosa fragranza dei cricri sono sempre gli stessi e
rimarranno inalterati, sicuramente
ancora per un altro secolo.
Oggi Morè presenta la prima serie dei '
suoi cofanetti regalo con le preziose
litografie dei luoghi valligiani tanto
cari alla nostra memoria, con il
commento di Osvaldo Coisson, tratte
dal volume "The Waldenses" di
William Beattie. Possono essere un
bel regalo per Natale o per ogni
circostanza dove occorre portare,
anche a chi é lontano da Torre Pellice
un pò delle nostre tradizioni.
Vogliate compilare correttamente il Buono d'Ordine e spedire in busta chiusa a:
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15
\/F.NERDÌ 30 LUGLIO 1993
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
Viaggio tra Napoli e Pozzuoli, dove gli immigrati africani raccolgono i pomodori Pubblicato uno studio del Censis
1 ii_ n_______________________________ r'i:
Nero e non solo^ sulla via Domiziana
MIMMO GUARAGNA________
C5 è calma nella piazza di
Castelvolturno, in un
pomeriggio assolato di luglio.
Poca gente, tutti bianchi, seduti all’ombra davanti al bar.
C’è calma: tanto i bianchi
quanto i neri (che incontreremo più tardi) fanno di tutto
per far credere, e credere essi
stessi, che non è successo
niente. Tutto è tranquillo sul
litorale domizio.
Un manifesto sobrio, fino
alla povertà tipografica, risalta
tra quelli multicolori e vivaci
della pubblicità; è del Movimento sociale e nel titolo annuncia una prima vittoria. Ecco che c’è qualcosa che ricorda la rivolta dei giorni scorsi
contro gli immigrati. E invece
no: il proclama fascista, nei
caratteri fitti del testo, si riferisce ad una vertenza contro i
padroni del Villaggio Coppola
per gli scarichi che inquinano
il mare. E come fai ad essere
contrario anche se la firma ti
disgusta?
Sugli stessi muri c’è però un
altro manifesto, ancora più
malmesso graficamente, siglato in maniera subdola «i cittadini»: se la prende con spacciatori e prostitute (ovviamente di colore) e con quei bianchi incoscienti che li difendono. Francamente dal manifesto non si capisce chi siano
questi protettori bianchi, ma
per chi sta a Castelvolturno è
chiaro; l’avvertimento è alla
sinistra e alla stampa che racconta i fatti usando il termine
razzismo e denuncia le infiltrazioni naziste.
In tutto il centro del paese
non si vede un nero. Una pura
combinazione? No, è proprio
la paura; e la conferma l’abbiamo poco dopo sulla via
Domiziana alla fermata
dell’autobus. Proviamo a parlare con tre ragazzi e una ragazza di colore. Letteralmente
fuggono via. Soltanto un gañese con la bicicletta ci raggiunge e scambia qualche parola con noi. Anche lui ha
paura dei bianchi perché, ci
racconta, aggrediscono e rubano quei pochi risparmi racimolati lavorando a giornata
nei campi. Dice che anche i
poliziotti prendono i soldi; noi
proviamo a spiegargli che probabilmente sono regolari sequestri, ma non lo convinciamo. E come si fa ad insistere in difesa della polizia
quando i giornali di questi
giorni riportano a grandi lettere la notizia che nel commissariato di Ischia si annidavano spacciatori capaci di dar
lezioni ai più incalliti camorristi?
A Villa Literno
Gli immigrati
servono alKeconomia
Immigrato a Villa Literno
pianti igienici. Il sindaco di
Villa Literno, noto per i suoi
furori contro gli immigrati,
quest’armo ce l’ha messa tutta
per bloccare il campo attrezzato del volontariato.
Quando «i cittadini» e la
questura vorranno dare addosso ai neri prenderanno a
pretesto questa baraccopoli.
Ad eventuali obiezioni risponderanno che, per l’amor del
cielo, loro non sono affatto
razzisti, che questo è soltanto
un problema sanitario e che è
importante la salute di tutti,
anche degli stessi neri.
Un ragazzo comincia a parlare con noi, si vede proprio
che vuole raccontare tante cose, ma viene subito bloccato
dai compagni. La censura è
operata con molta discrezione
e gentilezza nei nostri confronti, ma molto chiaramente
ci dicono che se proprio vogliamo avere informazioni
dobbiamo rivolgerci a don
Antonio.
Andiamo dunque alla chiesa
di Pineta Mare. Qui non c’è
un nero, sono tutti bianchi e
ben vestiti, tranne alcune zingare che con i loro bambini
chiedono l’elemosina. Comunque neanche con padre
Antonio è possibile parlare: si
sta preparando a dir messa e,
per poterlo incontrare, ci dicono che dovremmo tornare tra
un paio di giorni. Saliti in
macchina ci interroghiamo su
chi sia e che cosa faccia questo prete. Sinceramente ci
sfiora qualche dubbio, ma alla
fine dobbiamo riconoscere
che almeno ad un po’ di gente
offre una mano; ma Salvatore
sorride e dice: «Già, anche gli
altri aiutano questi neri a sopravvivere dandogli quattro
soldi per spezzarsi la schiena
sotto il sole».
Bosco. Ma a quei tempi, come
affermò solennemente un Padre della Patria, la Democrazia cristiana non si poteva
processare. Lungo la strada
ogni tanto si incontrano prostitute di colore. La meraviglia è che sono tornate anche
diverse bianche che negli ultimi anni erano scomparse. Ma
anche vent’anni fa la Domiziana era un susseguirsi di
bordelli all’aperto e la sera i
falò non avevano soluzione di
continuità da Mondragone fino alle porte di Pozzuoli.
A Caserta
Prendiamo la strada per Villa Literno, e dopo un po’ ci
imbattiamo in una baraccopoli
di neri. È impossibile stimare
il numero, ma veramente sono
tanti. Sono gli ultimi arrivati,
quasi nessuno conosce l’italiano; alle domande rispondono
che qui tutto è tranquillo e se
vogliamo saperne di più bisogna parlare con il leader della
baraccopoli.
Quando finalmente riusciamo ad incontrare l’uomo anziano che è il capo e il portavoce riconosciuto, è impossibile parlargli: è febbricitante, ha forti dolori gastrointestinali e poco prima è
svenuto. Date le condizioni è
il minimo che può succedere.
Dio solo sa quali focolai di infezione si annidano in un
moggio di terra dove baracche
e roulottes stanno strette l’un
l’altra; si cammina nel fango
putrido dei liquami e si cucina
e si mangia come capita, senza alcuna disponibilità di im
Verso Napoli
Siamo sulla via di ritorno
verso Napoli. Come è cambiata la Domiziana rispetto a
venti o trenta anni fa. Allora
viaggiavamo con la 500 o con
la Dyane; soprattutto d’estate
si preferiva andare a Roma
passando da qui; si risparmiava l’autostrada, ci si fermava a
fare il bagno e si mangiava la
mozzarella di bufala appena
fatta. Oggi ti passa la voglia di
tuffarti, il mare è sporco e poi
è un problema arrivare alla
spiaggia con tutti i recinti e i
cancelli che hanno messo.
Bei ricordi ma, come tutti i
bei ricordi, falsi. C’era già allora il saccheggio del litorale
con la costruzione del Villaggio Coppola che saldava gli
interessi della camorra con
quelli del potere politico. Aldo De Jaco, in un libro che
forse oggi è reperibile soltanto
sulle bancarelle di Port’Alba,
denunciò questo patto scellerato patrocinato dal senatore
Il problema della prostituzione c’è sempre stato in questa zona. Dopo la sommossa
di Castelvolturno abbiamo tenuto una riunione a Caserta e
Francesca, che da anni organizza gli immigrati del Liternese, ci ha tenuto a precisare
che hanno fatto un censimento: le prostitute di colore non
sono più di un’ottantina e tanto basta per criminalizzare
trentamila immigrati. Se veramente si vuol bloccare la tratta delle nere bisogna colpire i
vertici delle organizzazioni
che agiscono a livello internazionale e hanno ottimi agganci nelle nostre ambasciate. E
alla questura di Napoli che tipo di prestazioni venivano richieste alle ragazze per avere
il permesso di soggiorno?
Nella stessa riunione di Caserta c’era un anziano sindacalista, scuoteva la testa sfiduciato: ne ha viste tante, conosce la Piana del Volturno
come le sue tasche, ma confessa che questa volta gli
sfuggono le coordinate per
tentare un’analisi. Sa soltanto
che il clima è pesantissimo e
può degenerare ulteriormente
da un momento all’altro. Qui
è tutto tranquillo in apparenza, ma le contraddizioni sono
troppo forti. Se hai occhi per
vedere ti rendi conto che questa calma è carica di tensioni.
I guai ed i problemi, checché ne dica l’opinione generale degli indigeni, non li hanno portati i neri. Vent’anni fa
quante volte d’estate si bloccavano i collegamenti ferroviari con il Nord perché a Villa Litemo i contadini occupavano la stazione esasperati
dallo strozzinaggio degli industriali conservieri. E anche
quando, dopo il bradisismo
dell’83, arrivarono gli sfollati
di Pozzuoli nelle case per i
villeggianti (le stesse dove
oggi abitano molti immigrati)
ci furono tensioni e scambi di
accuse reciproche su chi favoriva il radicamento della camorra.Ci sono immigrati che
stanno qui da tanti anni, hanno messo su famiglia, qualcuno ha sposato gente del posto^
Non hanno affatto gli stessi
problemi di chi è accampato
nelle baraccopoli. Sono loro
che potrebbero fare da cerniera tra gli ultimi arrivati e i
nativi. Chi sta qui da tanto
tempo ha gli stessi problemi
dei bianchi: l’assenza totale
dei servizi sociali e il degrado
delle condizioni di vita. Anche a loro questo flusso migratorio, fuori da ogni controllo che non sia quello camorrista, crea problemi. Ma oggi la
loro preoccupazione più forte
è di venire travolti dalla spinta
xenofoba perdendo anche quél
poco di spazio e di diritti che
hanno conquistato con molta
fatica, molti sacrifici e spesso
subendo tante umiliazioni.
Le chiese evangeliche
Tra le associazioni del patto antirazzista c’è anche la
Fcei, ma purtroppo fino ad
ora non si è vista un’adesione
attiva delle chiese evangeliche di colore che pure sono
abbastanza presenti nella zona. La prima risposta (e sicuramente la più sbagliata) è
che sono chiese pentecostali.
Il fatto vero è che è difficilissimo muoversi in questa realtà. Aveva ragione il sindacalista quando diceva: «Siete
bravi a promuovere manifestazioni, ma voi dopo andate
via, non rimanete qui a fronteggiare l’emergenza di ogni
giorno che travolge bianchi e
neri». L’istinto di sopravvivenza porta a una bestiale e
disumana guerra dei poveri
contro i più poveri.
Però una risposta va data,
finché si è in tempo: non si
può lasciare campo libero alla
demagogia fascista. Dobbiamo fare nostri il messaggio e
l’insegnamento di Martin
Luther King: neri e bianchi
insieme. Ma fino a quando si
può chiedere al nero di fidarsi
del bianco? E i bianchi sapranno ancora pronunciare la
parola solidarietà?
Finalmente rientriamo a
Pozzuoli. Andiamo a prendere il caffè (da noi il caffè si
offre anche di sera tardi) a casa di amici; veramente non è
proprio una casa, è un container in una baraccopoli che
ospita gli sfollati del bradisismo. Quando arriviamo manca l’acqua (ma è normale), si
cerca di riempire qualche bottiglia, anche per i vicini, da
un rubinetto che sgocciola a
fatica. I bambini giocano nella terra tra i rifiuti. Le condizioni igieniche non sono delle
migliori. L’unica risposta alla
disoccupazione sono lavori
marginali che ogni tanto le
forze dell’ordine reprimono
confiscando quei pochi soldi
che trovano nelle tasche di
chi vende cozze o sigarette di
contrabbando lungo la via
Domiziana. Qui sono tutti
bianchi.
MOSTAFA EL AYOUBI
In una conferenza organizzata dal Centro studi investimenti sociali (Censis) sulla
tematica deH’immigrazione,
«I nuovi scenari dell’immigrazione» Roma 14 luglio, a
cui ho assistito in veste di
rappresentante del Servizio
rifugiati e migranti della
Fcei, si è cercato di riflettere
su quelli che saranno i nuovi
scenari dell’immigrazione,
partendo dall’analisi dell’attuale situazione demografica
mondiale; essa è caratterizzata, da una parte, da una forte
crescita della popolazione nei
paesi poveri e, dall’altra, da
un preoccupante calo della
natalità che sta portando
all’invecchiamento della popolazione nei paesi ricchi, in
particolar modo in Italia, che
registra un tasso di natalità
pari a zero.
Secondo dati dell’Onu elaborati dal Censis, la popolazione mondiale prevista nel
2025 sarà intorno agli 6,5 miliardi (contro i 5,3 miliardi
del 1990). Gli abitanti del
Terzo Mondo saranno circa
7,1 miliardi (rispetto ai 4 del
1990), mentre quelli dei paesi
sviluppati non supereranno il
miliardo e 400 milioni (1,2
miliardi nel 1990).
Per quanto riguarda l’Italia
il Censis prevede una popolazione di circa 24 milioni nel
2092 (rispetto ai 56,7 milioni
del 1992) se il tassò di fecondità, cioè il numero medio
dei figli per donna, rimane
costante (stimato nel 1992 intorno a 1,25 figli per donna).
Di fronte a questi dati, a dir
poco allarmanti, il Censis
sottolinea resistenza di due
problemi: il primo consiste
nel controllare i flussi migratori, causati dall’esplosione
demografica nel Sud del
mondo, dai paesi arretrati
verso i paesi economicamente più sviluppati, che provocano un mutamento nell’
equilibrio socioeconomico e
culturale di questi ultimi; il
secondo riguarda il mancato
«ricambio» della popolazione
che sta invecchiando al Nord
del mondo, che porta alla diminuzione della popolazione
attiva, fattore di produzione
indispensabile per il sostegno
dello sviluppo e costringe,
quindi, i paesi ricchi a rivolgersi al mercato del lavoro
del Terzo Mondo, dove la
forza lavoro è in eccesso.
Il problema, sempre secondo il Censis che fa riferimento al caso specifico dell’Italia, è quello di come concilia
re il futuro bisogno di manodopera proveniente dai paesi
extracomunitari e la sua
realtà sociale e culturale, per
evitare mutamenti traumatici
nel sistema sociale italiano.
Per risolvere questi problemi il Censis propone una rigorosa politica italiana
sull’immigrazione, basata
sulla selezione degli aspiranti
immigrati in funzione di
quelle che sono le esigenze
economiche e sociali del paese. In altri termini bisogna
aprire le porte solo alle persone facilmente integrabili
nel sistema produttivo.
Questa politica sembra essere, a mio parere, una politica opportunistica che tiene
conto delle sole esigenze future in termini di forza lavoro, omettendo quella che è
l’emergenza mondiale di
fronte al sovraffollamento e
alla povertà del Sud.
Che cosa significa selezionare gli immigrati? E quali
sono i criteri da utilizzare
nella selezione? Scegliere i
più sani, i più belli o soprattutto i più istruiti perché sono
in grado di interagire con una
cultura diversa — considerata
da un relatore come cultura
«più elevata» rispetto a quella del paese di provenienza
dell’immigrato - o magari
scegliere immigrati di sola
religione cristiana, come
sembrava proporre un intervento durante il dibattito facendo l’esempio degli emirati
arabi (paese musulmano) che
accetta solo immigrati musulmani?
Questa politica sembra
suggerire la scelta di immigrati «ad hoc», magari andando sul posto o tramite
l’ambasciata italiana, prelevando così risorse umane, necessarie per lo sviluppo di
questi paesi, per provvedere
alla «spopolazione» dell’Italia.
Di fronte a una situazione
demografica mondiale disastrosa, che richiede l’impegno comune di tutti i paesi
per cercare di rimediare a
questo problema, il Censis
sembra essere preoccupato
principalmente di come risolvere il problema del deficit
demografico previsto in Italia
fra qualche decina di anni. In
conclusione, fra un’ottica di
interesse nazionale e un’ottica di solidarietà intemazionale, il Censis non sembra avere dubbi riguardo alla propria
scelta: la politica di selezione
degli immigrati per risolvere
la situazione demografica in
Italia ne è la prova.
Centro
Culturale
Valdese
Giovedì 19 agosto - Torre Pellice
PROTESTANTI E POLITICA ^ ,
NEL MONDO MODERNO
Aula sinodale .
ore 9 » ' '
Massimo Teodori, Protestantesimo e costituzione americana. ...t'
(Giorgio Peyrot, Europa del XIX secolo e separatismo.
(presiede Eiena Bein). '
ore 15
Sergio Aquilante, Biagio De Giovanni, Percorsi di
testimonianza evangelica nell’Italia del dopo9^®rrS' ■' r,
(presiede Giorgio Bouchard).*'?* w -,
ore 17
dibattito.
16
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 30 LUGUQ 1993
La vita è un incontro di «persone-in-comunità»
Un interessante libro della Claudiana
Etica cristiana
e mondo protestante
________ADRIANA CAVINA________
L? etica è argomento di attualità, e di etica scrivono oggi un po’ tutti. Un libro che esce per la Claudiana*
e che porta l’impegnativo titolo L’etica cristiana nella tradizione protestante si pone un
compito quanto mai arduo,
perché è facile prevedere che
i’interesse per il «punto di vista protestante» lo porti a essere letto da molto pubblico
attento. Che pensano i protestanti in tema di politica, di
aborto, di omosessualità, di
bioetica, ecc.? Oggi è di moda
chiamare il protestante ogni
qual volta si discutano temi di
interesse etico generale. I protestanti però sanno che le affermazioni dogmatiche non
fanno parte del proprio bagaglio etico, né a livello teorico
né ancor meno a livello pratico. Le Scrittufe costituiscono
l’unica fonte di autorità e ogni
situazione di vita richiede
un’attenta lettura della Parola
che faccia luce sul cammino
da seguire. Non esistono scorciatoie in tema di responsabilità personale, ognuno è chiamato a ricercare e a trovare,
alla luce della parola di Dio,
la via che conduce alla scelta
etica. Potremmo perciò temere che il libro porti a delusioni
per un lettore non evangelico?
In realtà il libro, scritto da
Waldo Beach, professore
emerito di etica cristiana alla
Duke University di Durham,
North Carolina, non corre
questo pericolo. Chiave di lettura dei testo è il fatto che il
libro nasce come manuale per
studenti universitari e dei testi
americani di divulgazione ritiene le caratteristiche positive
di grande pragmaticità e scorrevolezza senza tralasciare
l’orizzonte ampio di trattazione e il fondamento di un solido impianto teologico di chiara impronta riformata. Come
sottolinea nella sua attenta
prefazione Paolo Sbaffi, la riflessione di Beach è tutta basata su quella che l’autore
chiama la «teologia del patto».
Due sono le caratteristiche
Waldo Biaiiii
ii(i la
tradi/ioiK'
protcsIaiiU'
dell’etica cristiana per Beach:
il fatto che le persone, nella
loro natura creata, sono «persone-in-comunità», esseri sociali per cui l’etica che nasce
dalla fede cristiana è sempre,
in certo qual modo, un’etica
sociale; inoltre il fatto che
Dio stesso ha fissato le condizioni della comunione fra gli
esseri, come è scritto in Deuteronomio 30, 15-17, «L’ubbidienza alle condizioni del
Patto conduce alla benedizione della vera comunione; la
disubbidienza conduce alla
maledizione di una comunità
distrutta».
Nella tradizione protestante,
ripete Beach nel corso del libro, la salvezza è un dono divino che proietta fuori dall’io
egocentrico verso una vita di
vera libertà, una vita di responsabilità morale vissuta in
risposta alla grazia di Dio. La
motivazione principale dell’
azione etica viene così spostata dall’interesse personale alla
speranza escatologica attraverso la mediazione della fede. «La molla principale delle
scelte umane, nella vorticosa
mescolanza di beni e di mali,
è il modo con cui rispondere
correttamente all’azione di
Dio creatore, giudice e redentore in questo tempo, qualunque ne sia il risultato».
Chi si aspettasse, nella seconda parte del libro in cui
Beach procede a una lunga disamina dei nodi etici del nostro tempo, qualche indicazione su una «posizione protestante», invano cercherebbe
una risposta.
Beach mantiene una sua
equidistanza tra i vari orientamenti possibili. Spiega il problema, ne sottolinea le implicazioni teologiche ed etiche,
presenta soprattutto le posizioni opposte di quelli che
chiama «fondamentalisti o letteralisti biblici» e quelli cosiddetti «più liberali» e lascia il
lettore libero di prendere la
sua posizione, anche se non
nasconde una preferenza per
un punto di vista temperato e
soprattutto ispirato all’amore
e alla misericordia, come Gesù Cristo ha insegnato.
Questa riflessione che rimane sempre sul generale costituisce il limite del testo, che
del resto non ha altre pretese
se non quella di essere un manuale universitario. Nel panorama italiano spesso affollato
di trattazioni etiche di matrice
magisteriale cattolica o di
scuola prettamente filosofica,
il libro può tuttavia trovare
una sua collocazione come divulgazione di un pensiero
chiaro, di ampio respiro e fortemente evangelico.
(*) Waldo Beach; L’etica
cristiana nella tradizione protestante. Torino, Claudiana, 1993.
Il libro di Eduard Schweizer ripercorre le diverse concezioni elaborate dalla teologia
L'uomo di Nazareth e il Signore glorificato:
l'importanza della cristologia per la fede
SALVATORE RICCIARDI
Gesù Cristo: l’uomo di
Nazareth e il Signore
glorificato*, scritto da
Eduard Schweizer nel 1987 e
pubblicato dalla Claudiana
l’anno scorso, è un libro da
cui si sprigiona una forte carica teologica, che si accompagna a una non meno intensa carica umana. Non solo si
viene condotti con maestria
nelle pieghe del Nuovo Testamento e nella complessità
(e complementarità) delle testimonianze a Gesù che esso
racchiude, ma si ricava anche
l’impressione, a lettura finita,
di avere incontrato un amico
che ha saputo rendere agevole e fascinoso un cammino
non facile.
Chi teme di trovarsi di
fronte a un testo teologico, e
quindi «difficile» per definizione, può a mio avviso cominciare la lettura dal V e ultimo capitolo: «In cammino
con i miei maestri». Senza
raccontarsi, Schweizer si svela. Fede in Cristo, passione
per la teologia, consapevolezza della rilevanza del messaggio evangelico per il vivere quotidiano, sono in lui cresciute insieme e Luna con
l’altra si sono fortificate.
Tre affermazioni mi paiono
particolarmente significative
a questo riguardo: «La lettura del Nuovo Testamento può
essere feconda e significativa
solo quando il lettore è aperto al rischio di essere raggiunto e coinvolto dal testo
proprio al centro della sua
vita» (p. 105); «Una presentazione dell’Evangelo in cui
Gesù non sia altro che un
maestro riverito, oppure un
esempio di morale, è troppo
innocua per sfidare il mondo
contemporaneo» (p. 106); «È
stato per me un dono speciale di Dio quello di permettermi di studiare in un momento
in cui era impossibile separare gli studi accademici dalla vita della chiesa e da quella del mondo nel suo complesso» (gli anni del nazismo, ndr, p. 107).
Non manca neppure un accenno al travaglio con cui
l’autore ha affrontato e vissuto il problema del dialogo
con le altre religioni, per
giungere a una conclusione
che mi sembra assai equilibrata e comunque degna di
grande attenzione nel momento che le chiese cristiane
si trovano a vivere: «Non abbiamo bisogno né di giudicare né di condannare tutte le
religioni umane come peccato, né di sopravvalutarle come un presentimento o ritenerle forme di pietà naturale.
Quando abbiamo imparato a
conoscere Dio in Gesù, parleremo di lui pieni di gratitudine, di gioia e di entusiasmo
a chiunque voglia ascoltarci,
senza mai pensare di essere
necessariamente superiori a
un non cristiano» (p. 115).
Ma si può anche affrontare
la lettura dall’inizio. Ci si
trova subito posti di fronte
all’interrogativo su quale sia
il kérygma centrale del Nuovo Testamento: la resurrezione, la giustificazione per fede, la presenza di Dio nella
storia... interrogativo che
conduce alla constatazione
che «la domanda sull’identità di Gesù è inevitabile» (p.
13). Si risponderà puntando
sull’uomo di Nazareth oppure sul Signore glorificato,
tanto per usare i termini del
binomio che costituisce il titolo italiano, fedelmente tradotto daH’originale americano.
Una veloce e dettagliata
rassegna di autori (da Bultmann a Kàsemann, da Fuchs
a Schillebeeckx) e di teologie
(del processo, della liberazione) cataloga le varie risposte
e le mette a raffronto. È questo lo scopo del cap. I, «Approcci moderni alla cristologia»; nei due successivi si attinge rispettivamente alle risposte kérygmatiche e alle risposte narrative che ci fornisce il Nuovo Testamento.
Viene qui fatto notare come l’acclamazione di Gesù
quale risuscitato e Signore
venga osata dalla chiesa in
un quadro di contrapposizione e di rifiuto (p. 31). Non
quindi in una situazione «accademica», ma di frontiera e
di rischio. La chiesa riconosce in Gesù un’azione di Dio
per noi, sia che si intenda
questo «per noi» come an
Eduard Schweizer
Gesù Cristo :
l'uomo di Nazareth
eil
Signore glorificato
nuncio del perdono dei peccati, sia che lo si legga come
una sottolineatura dell’iniziativa di Dio nei confronti
dell’umanità. Che si usi il
linguaggio della lode (l’inno)
o quello narrativo, che il testimone sia la «fonte Q» o
Paolo o Giovarmi, Dio ci incontra in Cristo e nessuno
può fare a meno della sua
grazia: «Esisteva una grande
varietà di tradizioni prima
che i nostri Vangeli canonici
fossero scritti (...) tutte, per
quanto possiamo vedere,
proclamavano Gesù come la
manifestazione finale e definitiva della pienezza della
grazia divina che perviene al
suo popolo» (p. 65-66).
Mi limito a segnalare ancora il cap. IV, «Gesù di Nazareth: il Cristo di Dio», che è
l’assunto del libro, il modo di
Schweizer di fare propria
l’affermazione petrina di
Matteo 16, 16, affermazione
che risponde, come sappiamo, a una domanda di Gesù
che è difficile aggirare, «la»
domanda con cui ciascuno è
chiamato esistenzialmente a
fare i conti: «Voi, chi dite che
10 sia?» (Matteo 16, 14). Una
breve e succosa panoramica
su alcuni titoli messianici,
collegata con la rassegna delle affermazioni e delle esperienze postpasquali, conducono a risolvere il binomio
del titolo sostituendo la congiunzione con una copula:
l’uomo di Nazareth è il Signore glorificato. E a questo
punto, i termini del binomio
si possono anche invertire.
Chi è Gesù in fin dei conti?
11 crescendo della partitura
schweizeriana conduce all’
'r> ‘.i ti .i-“. ■ J J-5-
affermazione più alta, che
non supera né racchiude né
sostituisce le altre, ma le presuppone e illumina. Quella
tratta da Giovanni 11,25: «¡0
sono la resurrezione e la vita». «Marta non viene interrogata su quel che conosce, 0
sulle confessioni di fede (.,.),
Le viene soltanto chiesto se
può vedere in Gesù la potenza della risurrezione e la vita
che scorrerà fino a lei (...). U
problema non è più se lei
crede in un avvenimento miracoloso alla fine dei tempi
(...). Quel che veramente
conta è se la parola di Gesù
conduce a un’apertura, se la
risurrezione e la vita diventa
realtà viva ora, nel suo dialogo con Gesù (...). Se questo
accade, allora la vita di
un’altra dimensione entra
nell’esistenza di Marta:
“Chiunque vive e crede in
me, non morrà mai’’ (...)
Marta dovrà morire. Ma c’è
un’altra Marta, creata dalla
parola di Gesù e nella quale
è entrata la vita di Dio; e
questa Marta vivrà, anche se
il suo corpo terreno e la sua
anima moriranno» (p. 9798).
Si può avanzare il dubbio
che questo libro non dica
nulla che non sapessimo già,
con la sua affermazione che
l’uomo di Nazareth è il Signore glorificato. Vecchio
bagaglio, che ci portiamo appresso dagli anni del catechismo e che ora non cj, serve
più, anzi ci intralcia nel nostro desiderio di ricerca teologica e di formulazioni teologiche non più condizionate
dagli schemi culturali che
hanno concorso alla formulazione della cristologia neotestamentaria. 11 fatto è, a mio
modesto avviso, che della
cristologia non è possibile fare a meno, anche se essa non
esaurisce né sostituisce Cristo. Come avverte Schweizer, le formulazioni sono i
«guardrail» di un’autostrada.
Non sono la strada, ma non si
cammina senza di loro (p.
128).
(*) Eduard Schweizer: Gesù
Cristo: l’uomo di Nazareth e il
Signore glorificato. Torino,
Claudiana, 1992, pp 164, £
18.000.
Un numero monografico della rivista «Certezze» dei Gruppi biblici universitari
L'eredità calvinista nella società postmoderna
Fede e etica nel calvinismo
- Eredità protestante e Europa postmoderna era il titolo,
denso e impegnativo, del seminario organizzato a Roma
dai gruppi biblici universitari
alla fine di novembre dell’anno scorso. All’iniziativa hanno preso parte Giorgio Toum,
Mario Miegge, Emidio Campi, Pietro Bolognesi, Paolo
Ricca, Daniele Garrone, Eugenio Biagini, Pasquale lacobino. Massimo Bubboli.
Ora i materiali, relazioni e
interventi alle tavole rotonde,
sono disponibili in un bel numero monografico della rivista Certezze*. La posizione
del calvinismo di fronte al
governo, l’assenza delle tracce di «misticismo e quietismo» che caratterizzavano alcuni aspetti del luteranesimo,
e il rapporto con la Scrittura
sono i punti fermi che vengono ripresi nell’introduzione
alla rivista da Stefano Pietra,
e che in vario modo hanno
informato di sé i lavori del
convegno.
Se Giorgio Tourn affronta
la Teologia di Giovanni Calvino (che nei secoli è stata
fatta coincidere con la dottrina della predestinazione e che
nel nostro secolo si scopre invece essenzialmente teologobiblica), Mario Miegge (Calvino e la società) si sofferma
sul concetto della vocazione,
sulla «mobilità sociale» e
sull’economia, mentre Emidio Campi traccia un quadro
completo di quella che fu
VOrtodossia riformata.
Alla prima tavola rotonda
(L'eredità teologica del calvinismo e i protestanti deli
Europa ecumenica e multiculturale) Pietro Bolognesi,
presidente dell’Istituto di formazione ecumenica e formazione di Padova, e Paolo Ric
ca hanno portato contributi
incentrati sui concetti di dialogo e sulla dialettica fra
chiesa visibile e chiesa invisibile.
La seconda tavola rotonda
(L'eredità calvinista e la costruzione della democrazia
nella «post-modernità»), ha
visto gli interventi di Eugenio
Biagini, storico presso l'Università di Newcastle, che ha
illustrato il caso del Regno
unito (1945-1992) e di Pasquale lacobino, autore di
una tesi di laurea sulla matrice calvinista dello stato sudafricano.
Nel momento stesso in cui
esce il numero speciale della
rivista, i Gruppi biblici universitari si accingono all’organizzazione di un’altra importante iniziativa:infatti un
altro seminario verterà prossimamente sul tema impegna
tivo del Regno di Dio.
(*) Certezze, rivista dei Gruppi biblici universitari. Abbonamento annuale £ 20.000 (ccp n.
25526005 o assegno bancario,
intestati a Marcella Fanelli, via
Poggioli 9/17. 00161 Roma).
Questo numero speciale è in
vendita a £ 10.000.
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17
\ÆNERDÎ 30 LUGLIO 1993
PAG. 9 RIFORMA
Un libro di Bruna Peyrot e Graziella Bonansea ripercorre diversi secoli di storia
Una mappa della presenza femminile:
corpi e immagini delle donne valdesi
MARIELLA TAGLIERÒ
Le «vite discrete» che ci
presentano le autrici di
questo libro* sono quelle
^lle donne valdesi del passato remoto e recente interrogate, come precisa Luisa Passerini nella sua densa prefaàone, dal punto di vista delle
categorie di genere, di soggettività, di intersoggettività.
Non si tratta certo ancora di
una storia delle donne valdesi, e in pii! larga prospettiva
protestanti, in Italia ma di
una sorta di «mappa della
presenza femminile» (p. 11),
che ne permetta da un lato il
riconoscimento come soggetto storico collettivo e dall’altro, sul piano simbolico, indaghi sulle forme di rappresentazione, e di autopresentazione, del femminile nella
cultura valdese.
11 saggio di Bruna Peyrot è
un viaggio Verso le madri
antiche: alla ricerca delle
donne nella storia valdese.
L’itinerario si articola in tre
blocchi tematici: «La storia
dei padri, le forme del maschile e del femminile (...) in
particolari fonti dell’Ottocento (...), rautorappresentazione di donne che hanno
lasciato testimonianza di sé
nella scrittura familiare» (pp
15-16).
La prima parte della ricerca ci racconta «come vengono citate, descritte, narrate
le donne dai volumi fondamentali della storiografia
valdese e protestante in Italia...» (p. 16), a partire
dall’origine del movimento
valdese fino al ’700. La seconda, dedicata all’800, ricostruisce con l’uso di varie
fonti (verbali di associazioni,
stampa, necrologi, opere letterarie) i modi e i tempi
dell’apparire della «visibilità
collettiva» delle donne valdesi, individuando nell’associazionismo il modo peculiare
in cui ha avuto luogo la ridefinizione del rapporto pubblico/privato per cui la donna
valdese, «valorizzando la
“sua” via individuale come
credente troverà, sia nella
dome.sticità familiare sia nella domesticità allargata alla
comunità, la sua interezza di
persona» (p. 61).
La molteplicità dei percorsi
di analisi fa sì che in questa
sede si possano solo suggerire alcuni itinerari di lettura: il
ridefinirsi del rapporto pubblico/privato e il modo in cui
tale processo avviene, nel
mondo protestante rimodellato dal Risveglio, alla luce
della categoria di servizio; il
generale attivarsi delle energie femminili nel corso
dell’800 e l’emergere del
movimento emancipazionista, le cui tappe anche le donne valdesi sembrano ripercorrere; l’esame dei modelli
maschili e femminili quali
emergono dai necrologi comparsi sulla stampa evangelica, che se da un lato ribadisce l’emblematicità e la forza
del modello maschile, soprattutto pastorale, fa emergere
tuttavia la presenza di quel
referente ideale rappresentato
dalla persona.
È all’interno di questo quadro che bisogna leggere la
soggettività femminile che,
giocata nella costante tensione al rafforzamento dell’
«io», avvolge nel silenzio la
corporeità del «sé». Il corpo,
soprattutto quello femminile,
diviene allora «indicibile»,
«sembra non avere alcuna
autorizzazione simbolica, se
non in alcuni suoi aspetti, il
volto e l’intensità dello
sguardo che sembrano addensare tutta la corporeità
altrimenti inespressa» (p.
76).
L’ultima parte del saggio
indaga infine «quale autorappresentazione di sé sia legittimamente possibile attri
buire alle donne valdesi» (p.
77), sottolineando l’importanza delle fonti costituite
dalla «scrittura familiare»
(lettere, diari, agende, poesie,
ricordi, Bibbie di famiglia)
dei valdesi e tracciando tre
biografie femminili che, se
non sono sufficienti a trarre
conclusioni, suggeriscono
però molte domande e lasciano «qualche suggestione sul
modo diverso in cui esse [le
donne valdesi, ndr] hanno
giocato, o aggirato, la loro
identità valdese, scomponendo e scommettendo le carte
della loro cultura» (p. 81).
Il saggio di Graziella Bonansea, Corpi assenti, corpi
esemplari nell’ immaginario
femminile valdese, interroga
la simbolicità del corpo femminile intessendo fonti orali
e fonti scritte, attingendo a
romanzi scritti tra fine ’800 e
prima metà del ’900. Dall’
esame del materiale letterario
emerge la centralità della figura femminile, costante referente simbolico, tesa alla
realizzazione di un progetto
interiore che tuttavia la trascende, poiché «r individuazione del soggetto è strettamente collegata all’ individuazione della comunità in
cui è destinato a realizzarsi»
(p. 109).
Le figure centrali dei testi
analizzati sono giovani donne
«pure, virtuose, integre» (p.
Ili), «metafore della fede di
un popolo» (p. 114), che «si
caricano di valori simbolici
molto forti per il gruppo, al
centro dei quali stan l’eccellenza della verginità» (p.
115). Il concetto di verginità
nel mondo protestante, a differenza della concezione cattolica, non rimanda tuttavia
all’inviolabilità del corpo e al
rifiuto dell’uomo, ma «riguarda l’esperienza complessiva del soggetto femminile
ed è strettamente connessa
all’ identità sociale. Essa è
connaturata alla perfezione
morale e non comporta, di
per sé, una rinuncia all’atto
sessuale, ma è piuttosto una
disposizione interiore che
continuamente rinnovandosi
consente di modellare la propria esistenza su ideali etici e
spirituali» (p. 116).
Queste purezza e integrità
ideali non sono infatti espresse solo da figure virginali,
ma anche dalla donna moglie
e madre; entrambe esprimono con chiarezza le due funzioni del femminile: «Preservare i valori culturali e l’atteggiamento religioso verso
la vita, e contrastare così
ogni possibile mutamento»
(p. 119). La metafora della
verginità rimanda dunque a
un ideale di «conservazione
della purezza originaria, che
unisce l’idea della fedeltà a
uno stato interiore a quella
della chiusura alla contaminazione esterna» (p. 173).
Da queste premesse si dispiega l’analisi dell’autrice,
che indagando le relazioni
del soggetto femminile «con
lo spazio domestico e naturale, con il trascorrere del tempo e la memoria» (ivi) ci
porta per altre vie al nodo
io/sé, coscienza/corporeità
che abbiamo già visto emergere.
Tante storie di donne, dunque, restituite con grande ricchezza, strappate al silenzio
che sembra circondare le
donne protestanti ancor più
di quelle cattoliche, rese a
una memoria che non è nostalgia del passato, ricognizione di destini ormai compiuti, ma forse «memoria del
futuro», per dare presenza,
parola, immagini a percorsi
che sono anche nostri, e ancora da fare.
(*) Graziella BonanseaBruna Peyrot: Vite discrete.
Corpi e immagini di donne
valdesi. Torino, Rosenberg &
Sellier, 1993, pp 183, £ 28.000.
Si è svolto ad Agape il XIV incontro di studi sul tema «Fede e omosessualità»
Vivere tra la responsabilità e i conformismi
_______GIOVANNI JALLA_______
Che si dice di nuovo dal
fronte dell’elaborazione
sul tema «fede e omosessualità»? Il tradizionale incontro
di Agape porta questo titolo
da ormai 14 anni e in questo
lasso di tempo ha riunito credenti e non credenti, gruppi di
gay cristiani e singoli interessati all’argomento.
Il tema di quest’anno era
Responsabilità e conformismi. Che cosa sta a indicare?
In pratica siamo tornati al nucleo centrale della persona,
noi stessi impegnati in un
cammino di crescita e di realizzazione, di fronte alla responsabilità verso noi stessi,
in primo luogo, e verso la comunità umana. Il percorso
ideale si è sviluppato attraverso tre tappe:
1) Consapevolezza. A partire da ciascuno di noi la necessità di avere coscienza di sé,
di conoscersi, di sondare quel
mondo infinito e misterioso
della propria identità personale. Scoprire quello che abbiamo dentro, scoprirsi omosessuali, riconoscersi, venire
fuori, accettarsi, ma non solo.
Aprire gli occhi sulle nostre
emozioni, sulle necessità, riconoscere i propri limiti ha
voluto dire capire la necessità
di voler bene alla nostra persona, senza rinnegarla.
2) Stereotipi e bisogni. Il
confronto problematico tra le
istanze personali, i bisogni interiori, i nostri desideri e le
imposizioni sociali, le regole
di comportamento che ci sentiamo spinti ad assumere. A
tutti, in questo conflitto, capita di indossare delle maschere
e usare degli stereotipi, sia
per confrontarci con le altre
persone sia, ben più grave,
per nasconderci a noi stessi,
per negarci, per rifiutare i nostri bisogni. Abbiamo cercato
di vedere queste maschere, di
identificarle e capire che cosa
nascondono, quale parte di
noi stiamo rifiutando, pagando, per cercare di non farci
mettere ai margini della società.
3) Responsabilità. Una volta presa coscienza di sé e dei
propri conflitti, si pone il problema della responsabilità
verso se stessi e verso le altre
persone. Di fronte a noi stessi
abbiamo la responsabilità di
crescere, di realizzarci pienamente, di decidere se e in
quale misura vogliamo spendere le nostre forze per affrontare noi stessi e la mentalità delle persone che ci stanno intorno. Di fronte alla società abbiamo la decisione
delle forme e delle direzioni
dell’impegno.
Questi tre momenti sono
stati organizzati con apporti
differenti, per altro tutti ben
accolti. Due psicoterapeuti,
Roberto Del Favero e Maurizio Palomba, dell’istituto
«Gay Counseling» ci hanno
condotto nell’affrontare il
rapporto con noi stessi, nel
cercare in noi le emozioni, i
bisogni e i limiti personali.
Poi ci è stato offerto lo
spunto di alcune riflessioni
su quanto ci può indicare la
Bibbia in merito al cammino
che abbiamo tentato di percorrere (grazie alle relazioni
del pastore riformato francese Christian Demur, della pastora Daniela Di Carlo e di
padre Bernardo Antonini). E
infine i momenti di discussione sono stati animati, e
motto facilitati, da alcuni
«trainer» della Rete di forma
Marcel Marceau (a destra) in compagnia di Jean-Louis Barrauit
(1975)
zione alla nonviolenza.
Per ultimo abbiamo avuto
un confronto con due forme
di impegno sociale e politico:
un rappresentante del gruppo
«Il guado» ci ha raccontato la
sua esperienza di volontariato
nell’Asa come assistente di
persone malate di Aids, e con
Graziella Bertozzo abbiamo
discusso delle forme di impegno nell’Arci-gay.
Da questa bella settimana
fra i monti è sorto il preciso
impegno a aprirsi all’estemo;
si comincia a pensare a una
qualche forma di coordinamento dei gruppi di omosessuali credenti per costituirsi
come movimento effettivo di
emancipazione e liberazione,
si è espressa la volontà di
collaborare con le associazioni laiche, a partire dall’Arcigay. Infine abbiamo sentito
l’esigenza di darci visibilità,
cosa che ha avuto una prima
concretizzazione in un comunicato stampa inviato a una
ventina di testate giornalistiche.
Che dire? Fra le cime abbiamo sentito soffiare un vento nuovo, speriamo che la
brezza non cessi!
L'espressione del gesto
Il volto segnato da cinquant’anni di trucco, le mani affilate,
lo sguardo fisso in un punto di fuga imprecisato, a metà strada
tra lo spettatore e il filo dell’orizzonte (ma forse, proprio per
questo, tutto rivolto all’intemo di sé), Marcel Marceau, quasi
settantenne, è in giro per l’Italia (si è esibito a Torino giovedì
15 luglio).
Con un programma come al solito diviso fra Pantomime di
stile e Pantomime di Bip, il personaggio dal cilindro grigioverde sgangherato con il suo fiore simbiotico, il celebre mùno, allievo fra gli altri di Jean-Louis Barrauit, ha raccontato personaggi, situazioni (il tribunale, l’uccellatore, il giardino pubblico...) catturando come per incanto l’attenzione sul solo gesto e
sulla sola, ricchissima, gamma di espressioni del volto.
La pratica del mimo è un esercizio di analisi e scomposizione del gesto, delle azioni quotidiane; e richiede allo spettatore
un reciproco lavoro di anamnesi, che lo porta a riconoscere
nell’astrazione dei controllatissimi movimenti di Marceau quegli elementi stilizzati che normalmente passano inavvertiti sotto i nostri occhi.
Poi però, soprattutto nell’Uccellatore e in Bip domatore,
emerge non solo la maestria, ma anche la visione del mondo di
questo grande artista: una visione tragica, sconsolata seppure
percorsa da un sottilissimo umorismo: l’uomo che cerca di imporsi, crede in realtà di vivere padrone degli altri esseri e del
mondo, e finisce, a poco a poco, impercettibilmente, di gesto
in gesto, per ritrovarsi egli stesso intrappolato.
È ancora una grande lezione, di stile e di umanità. A chi accusa Marceau di ripetere da decenni lo stesso tipo di spettacolo
si può obiettare che esso non è mai uguale: tale è l’impianto
ma le corde, i registri che balzano in primo piano sono sempre
più rarefatti e sempre più pregnanti, più profondi e più angosciati.
Come praticare la lettura
Ai nostri tempi - diciamo noi anziani con un tipico stereotipo
- la lettura era tutto. Si leggeva di nascosto, si leggeva in ogni
luogo e in ogni occasione; si veniva rimproverati perché si leggeva troppo («ti guasti la vista!»). Di notte la mamma spegneva
il lume, mentre di soppiatto sotto le coperte entrava in funzione
la torcia elettrica per consentirci di leggere fino al mattino.
Oggi sembra che non sia più così. I giovani vengono sollecitati a leggere (magari leggessero fino al mattino!) e l’impressione è che abbiano smarrito il gusto per la lettura. Di chi la
colpa? Secondo Daniel Pennac*, professore di francese in un
liceo parigino, essa andrebbe attribuita all’eccesso di preoccupazione degli adulti, degli anziani, e alla loro ignoranza del decalogo dei diritti imprescrittibili del lettore.
Primo fra tutti, quello di non leggere, di saltare le pagine, di
non finire il libro, di rileggerlo a piacere. Ma soprattutto di leggere qualsiasi cosa, di entusiasmarsi per qualsiasi lettura, di
«bovarizzarsi» senza esporsi alle critiche supponenti degli altri;
di leggere in qualsiasi luogo, compresa la latrina; di spizzicare
asistematicamente qua e là senza ordine, di leggere a voce alta
e di non dover rispondere a nessuno di quel che si è letto.
Se si tenessero presenti queste regole, probabilmente si riuscirebbe a sbloccare l’innaturale ostilità per la lettura strettamente dipendente dalle importune, e inopportune, sollecitazioni
degli obblighi scolastici e dai fastidiosi controlli familiari. Un
libro divertente, che si può leggere tutto d’un fiato, appunto
«camme un roman». (p.a.)
(*) Daniel Pennac: Come un romanzo. Milano, Feltrinelli, 1993,
pp 139, £ 15.000.
Associazion« «Amici di Agape CeiM^ ecumenico»
ASSEMBLEA ANNUALEi^’’"'
* «r*
sabato 14 agosto 1993 ore 9 i />.
per iscrizioni e informazioni: segreteria di Agape tel.0121-807514
18
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 30 LUGUQ 1993
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Illustrazione di Claudius Ceccon
da One World, mensile del Consiglio ecumenico delle chiese.
19
\/ENERDÌ 30 LUGLIO 1993
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Meno cultura,
più Evangelo
Leggo Riforma, ma non
appartengo a alcuna chiesa.
Mi interesso di cristianesimo
e buddismo, ma senza adesione personale. Vorrei riflettere un momento sul tipo
di presenza che rappresentano i protestanti in Italia.
Scrivo da esterno e sulla
base delle limitata esperienza
personale: preciso questo per
chiarire che non intendo dare
consigli e tanto meno lezioni
a nessuno.
La questione è riassumibile
in una domanda: non potrebbero i protestanti essere meno impegnati sul versante
culturale e più presenti sul
terreno loro specifico, cioè
sul terreno religioso, tramite
la predicazione e la testimonianza di fede? Ovviamente
non si discute sull’importanza dell’attività culturale, specialmente in un paese come
l’Italia dove il predominio
cattolico si esercita con invadenza e arroganza in tutti i
campi del vivere collettivo e
individuale. Tuttavia, tenuto
conto dell’esiguità del numero e quindi della scarsità di
risorse umane e materiali, la
presenza protestante dovrebbe essere centrata sull’annuncio del messaggio cristiano, considerando tale compito come priorità assoluta, in
un contesto dove la chiesa di
Roma pretende di avere
l’esclusiva della verità in
campo religioso (e non solo),
in particolare riguardo alla
fede cristiana.
Certamente la predicazione
avviene nei luoghi di culto a
uso interno dei membri di
chiesa, ma non basta. Occorre che diventi in qualche modo pubblica e che acquisti un
carattere di visibilità, altrimenti la predicazione rischia
di ridursi a un pio esercizio
per anime devote.
Nella fede cristiana c’è una
dimensione privata, in quanto adesione personale, che è
irrinunciabile, ma c’è pure
una dimensione pubblica, in
quanto annuncio, testimonianza offerta agli altri, ai
lontani, che è altrettanto irrinunciabile.
È proprio su questo versante che i protestanti paiono
essere piuttosto tiepidi o addirittura latitanti ed è grave,
perché una chiesa che si definisce cristiana è tale solo se
annuncia TEvangelo, predica
Cristo e Cristo crocifisso: a
tempo e fuori tempo, sempre
e comunque. Viene invece da
pensare che ci si vergogni
della propria fede e si abbia
timore a manifestarla, forse
per non apparire fuori moda,
inopportuni... e allora si ripiega sulla più gratificante e
meno compromettente, meno
frustrante attività culturale.
Non si tratta certo di entrare in concorrenza con la
chiesa di Roma e con io suo
ridurre la fede a uno spettacolo, il suo farne strumento
di potere e oppressione; al
contrario, è necessario rifuggire da ogni forma altisonante e rumorosa di annuncio,
per orientarsi verso una testimonianza di fede centrata
sulla comunità locale e quindi su una presenza per quanto possibile disseminata sul
territorio.
Per realizzare questo bisogna inventare modalità
d’azione adeguate ai tempi,
che permettano di incontrare
le persone nel loro quotidiano e allo stesso tempo consentano una assoluta fedeltà
alla verità cristiana, che è poi
la verità della croce, della
grazia a caro prezzo, da proporre senza sconti né accomodamenti di sorta.
Tale predicazione dovrebbe sempre essere rispettosa
in assoluto della coscienza e
della libertà altrui, senza mai
assumere i toni delTarroganza, da terrorismo psicologico
in cui altri sono già maestri.
Una predicazione semplice,
essenziale, offerta con
l’umiltà di chi sa che è servo
inutile, semplice strumento
nelle mani di un «Altro» e
senza l’ossessione dei risultati, che appartengono
anch’essi a un «Altro».
L’umiltà di chi non pretende
che la verità cristiana sia
Via Pio V, 15-10125 Torino-tei. 011/655278-fax 011/657542
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1° gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le
modifiche sono state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: L'esercito della Repubblica federale tedesca si
esercita in vista della missione in Somalia; fronteggiano I carri a rmati reclute
travestite da somali
l’unica risposta possibile,
«la» risposta in assoluto, ma
offre semplicemente ciò che
ha ricevuto.
La verità è per sua natura
discreta e dimessa. Accanto
all’umiltà occorre la franchezza nella predicazione,
quella franchezza che era
propria della chiesa primitiva, secondo quanto è testimoniato dagli Atti degli apostoli e dalle epistole di Paolo.
I protestanti dovrebbero avere il coraggio di rappresentare una voce di opposizione al
modo cattolico di intendere e
vivere la fede: una voce chiara, riconoscibile, che obblighi a confrontarsi, che susciti
dubbi e interrogativi.
Occorre offrire un’alternativa a quelle persone (per poche che possano essere) che
soffrono nel cattolicesimo e
cercano un’aria più respirabile, una vita interiore e una
spiritualità autentiche; a coloro che, rigettato il cattolicesimo, vorrebbero, se possibile, salvare dal naufragio
Cristo e TEvangelo. La chiesa, prima di tutto il resto, (risorse, diaconia, politica, cultura, ecc.) dovrebbe considerare come priorità assoluta il
compito della predicazione;
un dovere verso Dio, un servizio da offrire agli altri, a
chi è in ricerca, a chi vorrebbe incontrare concretamente
nel proprio quotidiano la testimonianza credibile d.i una
radicale fedeltà alTEvahgelo
(parlo sempre da «esterno»).
La questione su cui ho cercato sommariamente di riflettere è complessa e di non
facile soluzione, tuttavia è
decisiva nel decidere del carattere cristiano di una chiesa, la quale altrimenti finirà
per essere tante cose, magari
lodevoli e rispettabili, che
nulla hanno dello specifico
cristiano.
Kim Pastorino — Savona
Il futuro
del Collegio
Cari amici dell’Eco delle
valli,
leggo dell’intenzione di da
re una dimensione europea al
Liceo valdese di Torre Pellice. Non vorrei che foste in ritardo. Durante la Resistenza
sognai di fare a Torre un istituto di studi internazionali.
Trovai poi incomprensione, e
un po’ di irrisione, nella élite
a cui mi rivolgevo. Trovai
l’opportunità e una sincera
attenzione in Valle d’Aosta,
accentuando l’interesse sui
problemi dell’Europa nel suo
insieme. Vicino alla realizzazione e già trovata la sede,
d’accordo con le autorità regionali (Deffeyes, Caveri), e
con l’appoggio soprattutto di
Arrigo Olivetti, fui costretto
dal mutato potere politico e
dal parere di Luigi Einaudi a
portare il progetto a Torino
dove fondai e feci funzionare
per un quarto di secolo l’Istituto universitario di studi europei (Institut Universitarie
d’Etudes Européennes) a cui
diedi subito un taglio per
quanto possibile mondialista.
Oggi da così com’era è diventato uno strumento superato e ha cambiato alquanto
le sue funzioni. Il problema
dei problemi oggi è il mondo
e, anche se ci sono più vicini
certi problemi europei, allargando un po’ il discorso,
chiedersi se bisogna costruire
prima l’Europa o il mondo e i
loro governi è un po’ ozioso,
come chiedersi se vanno fatte
prima le elezioni comunali o
statali. «Tout se tient» dalle
autonomie all’universo in
una visione armonica, le
priorità sono occasionali, maturano sul momento, ma bisogna sempre arrivare a una
ricomposizione dinamica,
nella costruzione di istituzioni che debbono essere diverse da quelle del passato. Non
c’è da chiedersi se il mondo
va governato, perché un governo del mondo già un po’
esiste. L’importante è volere
un governo e una costruzione
democratici. Anche Hitler
voleva un’Europa unita e un
mondo sotto protettorato. Per
quanto valgano i riferimenti
storici io sono più dalla parte
di Jefferson che da quella di
Hamilton.
La vocazione delle valli
valdesi non si limita all’Europa. Credo che lo sappiamo
bene. Non ci sono solo gli
Pubblichiamo l’elenco dei
doni pervenutici nei mesi di
maggio e giugno e con l’occasione ricordiamo le attuali
iniziative del Fondo.
Cooperativa agropastorale di Kansounkpa in Benin (Africa): si tratta del già
più volte illustrato progetto a
cura della locale gioventù
metodista che mediante
l’adozione di moderne tecniche agricole e di allevamento
di bestiame cerca di favorire
l’occupazione e la lotta alla
fame. Allo stesso tempo esso
vuole essere una guida e costituire un aggiornamento per
tutti gli abitanti della regione.
Unione per la lettura della Bibbia a Ngwo, Nigeria:
si tratta di un gruppo segnalato e seguito da fratelli nigeriani residenti a Rovigo e
Mestre, che opera da oltre
vent’anni nell’evangelizzazione in villaggi e città.
L’Unione ha avuto in dono
un terreno sul quale intende
costruire uno stabile per riunioni, raduni e seminari, per
diffondere sempre più
TEvangelo in quelle zone.
Infine, è aperto un Fondo
di emergenza per poter intervenire con una certa sollecitudine a fronte di improvvise calamità naturali o umane.
1 doni vanno inviati al
Conto corrente postale n.
oriundi in Germania ma anche i rapporti con le Afriche
e le Americhe, e anche altrove.
Quando un secolo e mezzo
fa fu fondato per opera di
Gilly, e poi con Beckwith
(canadese?) il Collegio della
Santa Trinità; si voleva fare
un «College» cioè un istituto
universitario e non solo un liceo. Erano i tempi in cui a
Torre c’era qualcosa come
una piccola Facoltà di teologia, quale che ne fosse il nome. Erano i tempi dell’Unità
d’Italia, allora forte ideale,
ora c’è da andare avanti. C’è
da trasferire in una dimensione mondiale l’eredità valdese
e delle valli valdesi con spirito laico e non con grettezza
confessionale, se è vero che
il protestantesimo è alle origini del meglio dell’Europa e
del mondo moderno.
Ben venga una evoluzione
del Liceo. Licei europei funzionano già da diversi anni.
Ma si tenga ben presente
l’esigenza di una dimensione
mondiale, e anche dell’urgenza dei problemi locali sia
in questa che in altre eventuali iniziative. Temo le limitazioni nella visione e nei
progetti. Come è stato prospettato in questa iniziativa
l’insegnamento da parte di
docenti di madrelingua,
«stranieri», e l’accesso di allievi da altri paesi che la Repubblica italiana?
Gustavo Malan
Torre Pellice
11234101 intestato a La luce - Fondo di solidarietà,
via Pio V 15, 10125 Torino,
indicando possibilmente la
causale del versamento (Benin, Nigeria, emergenza). In
mancanza di indicazioni
provvederemo a ripartire le
offerte.
Offerte pervenute
in maggio e giugno
£ 300.000: Renata Pons, ricordando i miei nipoti;
Bruno Ispodamia.
£ 200.000: Olindo Bufalo.
£ 150.000: Enzo Robutti.
£ 100.000: Mirella Argentieri Bein, Tina Scorzon, Federica Ambrosini, Giacinta
Mazzia, Giovanna Erminia
Maiorana, Delia Fontana.
£ 60.000: Anonimo veneziano.
£ 50.000: Angelo Busetto.
£ 40.000: Kim Pastorino.
£ 30.000: Edvige Paimeri.
£ 25.000: N.N. Verbania.
Totale £ 1.755.000
Totale precedente: £
9.036.999
In cassa: £ 1.0791.999
Inviato £ 5.JOOO.OOO per Parrocchia di Tsiroanomandidy Fjkm, Madagascar.
La formula
del battesimo
Gradirei intervenire riguardo alla domanda posta sul n.
27 dal pastore Giacomo Tumbarello circa la formula battesimale. Luciano Deodato afferma che la formula di Matteo 28 non è da attribuire a
Gesù stesso ma è tardiva. Tale affermazione e concorde
con T ipotesi sostenuta da alcuni esegeti che affermano
che la formula è stata inserita
da qualche copista in epoca
successiva alla stesura dei
Vangeli, probabilmente per
avvalorare la dottrina della
Trinità.
Se le cose stanno effettivamente così, ne deduco che
Gesù non pronunciò alcuna
formula battesimale e poiché
il libro degli Atti (essendo un
libro anche storico) usa solo
la formula «nel nome di Gesù» e anche Paolo allude a tale formula nei suoi scritti, mi
sembra logico ipotizzare che
Tunica formula battesimale
canonica sia quella di Luca,
senza con ciò voler fare discorsi antitrinitari.
Ora, affermare che le chiese della Riforma abbiano
adottato la formula «nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo» perché
chiese trinitarie, non mi sembra equivalga a dire che esse
si siano scrupolosamente attenute al messaggio biblico. Il
battesimo, secondo un’esegesi accurata, è un’immersione,
mentre le chiese della Riforma, continuando nella stessa
linea della tradizione cattolica, battezzano i bambini, e
per aspersione.
A tal proposito Franco
Giampiccoli manifesta riserve a proposito dei Rriformatori e, nell’introduzione al li
bro di Jiingel «Il battesimo
nel pensiero di Karl Barth»,
afferma: «.../ riformatori su
questo punto [il battesimo]
mostrano di non essere del
tutto sicuri di aver ragione»
(p. 58). Con cordialità.
Maria Felline
Garbagnate milanese
Per la libertà
religiosa
in Grecia
La sezione italiana dell’Associazione intemazionale per
la difesa della libertà religiosa, in collaborazione con
TUnione delle chiese cristiane avventiste del 7° giorno,
ha lanciato una petizione popolare per chiedere al presidente del Parlamento europeo
di intervenire affinché sia
abrogata la legge del governo
greco che rende obbligatoria
la menzione dell’appartenenza religiosa sulla carta
d’identità.
La Grecia fa parte della Comunità europea ed è difficile
capire come abbia potuto decidere una cosa così grave.
Mentre da una parte non possiamo non gioire per il progresso della libertà di coscienza e di religione nei paesi dell’Europa dell’Est, proprio in un paese della Comunità europea si è varata una
norma che ci fa tomare indietro nei tempi bui. Ciò non
onora né la Grecia né tanto
meno l’Europa.
Riteniamo sia compito di
ciascuno salvaguardare la libertà di religione e di convinzione creando un clima di
maggiore comprensione e di
rispetto reciproco tra gli uomini di ogni fede e convinzione affinché si possa combattere l’intolleranza e il fanatismo in tutte le loro manifestazioni.
Per questo motivo abbiamo
lanciato una petizione popolare con raccolta di firme e
chiediamo a tutti coloro che
vogliono collaborare di scriverci o telefonarci. A chi lo
richieda, invieremo dei fogli
per la raccolta firme.
Associazione internazionale per la difesa della libertà
religiosa - Lungotevere Michelangelo, 7 - 00192 Roma.
Tel. 06-3211207 - 3212808.
Fax 06-3210757.
Il segretario nazionale,
past. Ignazio Barbascia
«Quand'anche camminassi
nella valle dell'ombra della morte,
io non temerei mate alcuno,
perché tu sei meco».
Salmo 23,4
È mancata
Germaine Bàchstàdt
ved. ReveI
Lo annunciano Graziella Lupo
e Carlo Bàchstàdt-Malan con la
moglie Flavia e i figli Andrea e
Isabeiia.
Torre Pellice, 30 lugiio 1993
I necrologi si accettano
entro le ore 9 del lunedì.
Telefonare al numero
011-655278 - fax 011657542.
Restano in
5.791.999.
cassa:
ONORANZE E TRASPORTI FUNEBRI
Torre Pellice - Via Matteotti, 8 - tei. 0121/932052
Luserna S. Giovanni - Via Gianavello, 31 - tei. 0121/909565
Servizio Notturno e festivo: LusemaS. Giovanni C.so Matteotti, 13 tei. 0121/909745
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RIFORMA
VENERDÌ 30 LUGUO 1993
Filippine: un colloquio ecumenico organizzato a metà maggio lancia un grido d'allarme
Fermiamo il massacro delle foreste tropicali
del Sud-Est asiatico prima che sia troppo tardi
Le foreste tropicali del
Sud-Est asiatico non godono di buona salute. È
quanto è emerso da un colloquio ecumenico svoltosi nelle Filippine a metà maggio.
Organizzato dal Consiglio
nazionale delle chiese delle
Filippine, la Chiesa unita del
Cristo nelle Filippine e la
Chiesa unita del Canada, il
colloquio ha riunito 43 rappresentanti di sette paesi del
Sud-Est asiatico e del Pacifico (Hong Kong, Indonesia,
Malaysia, Nuova-Zelanda,
Filippine, Taiwan, Vietnam).
L’incontro era il frutto di
conversazioni avviate durante la riunione del Consiglio
ecumenico delle chiese
(Cec) al «Vertice della Terra» a Rio de Janeiro nel giugno 1992. Erano presenti anche rappresentanti di organizzazioni non governative
(Ong) di difesa dell’ambiente e dell’Istituto di protezione delle foreste deH’Università delle Filippine, a Los
Baños dove si è svolto rincontro.
Secondo il rapporto di
Fortunato O. Nicolas, del dipartimento della protezione
dell’ambiente del Consiglio
nazionale delle chiese delle
Filippine, i partecipanti hanno auspicato «una gestione
vivibile delle foreste» come
migliore soluzione per salvare le foreste del Sud-Est
asiatico. Tutti hanno chiesto
al presidente Fidel V. Ramos
di proibire immediatamente
lo sfruttamento commerciale
delle foreste delle Filippine;
in caso contrario, hanno detto, queste foreste potrebbero
scomparire del tutto entro il
2000.
Lo sfruttamento commerciale delle foreste allo stadio
primario e secondario della
loro crescita «equivale a un
delitto contro Vumanità»,
sottolinea la dichiarazione,
«dato il costo sociale, economico ed ecologico che ciò
Un carico di iegname deiie foreste dei Sud-Est asiatico viene trasportato via mare in Giappone
rappresenta. Lo sfruttamento delle foreste ha ridotto la
copertura forestale a circa il
20% , o anche meno, al di
sotto del livello necessario
per conservare la qualità dei
suoli, della falda freatica e
della vita della flora e della
fauna».
La situazione è ugualmente allarmante in altri paesi
del Sud-Est asiatico, ha dichimato Gumit Singh, esperto malaisiano dell’ambiente.
Avendo perso praticamente
l’intera sua copertura forestale, la Tailandia sfrutta ora
foreste in Birmania, nel Laos
e in Cambogia. Gli alberi
della Malaysia e dell’Indonesia vengono abbattuti a un
ritmo tale che fra vent’anni
queste foreste saranno inutilizzabili. In Vietnam, dopo
gli anni di guerra, soltanto il
10% della terra è costituito
da foreste primarie, rispetto
al 44% nel 1943 e al 24%
nel 1983. La giungla del
Brunei è «insignificante» e
la crescita della foresta primaria di Singapore «si nota
solo nei giardini botanici».
Per Gumit Singh, la situazione delle foreste del SudEst asiatico viene aggravata
dalle pressioni economiche e
dalla forte domanda di legno
del Giappone, che egli considera come «il grande responsabile della tragedia
continua del diboscamento
delle foreste». Secondo un
rapporto del 1991 dell’Organizzazione intemazionale del
legno, il Giappone importa
più della metà del legno
tropicale del mondo e lo utilizza per lavori di bassa categoria nell’edilizia. «Immaginate che vengono utilizzati
alberi vecchi di cinquanta o
cento anni in questo modo!»
si indigna Gumit Singh.
I partecipanti hanno redatto una risoluzione che chie
de una vera riforma agraria e
l’adozione di una legge che
riconosca i demani ancestrali
dei popoli autoctoni. Tali
misure, hanno detto, faciliterebbero l’inizio di un «rimboscamento sociale» efficace, perché «la vivibilità di
una silvicoltura comunitaria
durevole dipende dal suo interesse per la vita della popolazione».
Per il coordinatore della
conferenza, José “Pepz” Cunanan, il colloquio ha «posto
l’accento sul ruolo vitale
delle foreste che permettono
di mantenere la vita nella
biosfera. Un appello urgente
è stato lanciato per porre fine alla distruzione continua
e al degrado della foresta...
Questo colloquio è stato per
noi una sfida a continuare la
lotta per accrescere, preservare e sviluppare le risorse
forestali».
(Soepi)
Ginevra: «Giornata del bambino africano»
30 milioni di bambini
africani hanno fame
Secondo le indicazioni
deirUnicef in Africa i bambini al di sotto dei cinque anni muoiono in misura dieci
volte maggiore rispetto ai
paesi industrializzati del
Nord del mondo. La crisi
economica mondiale costringe molti governi del Continente nero a tagliare gli stanziamenti per la tutela della
salute e per l’istmzione.
Ciò è stato affermato durante la «Giornata del bambino africano» tenutasi il 16
giugno scorso a Ginevra. E
naturalmente i bambini sono
coloro che subiscono le maggiori conseguenze di questa
situazione. Secondo l’Unicef
dei 13 milioni di bambini che
muoiono ogni anno un terzo è
africano. Oltre 30 milioni di
bambini africani soffrono per
denutrizione cronica.
Nelle campagne oltre il
50% dei bambini non dispone
di acqua potabile pura.
Molti neonati nascono già
malati, perché due terzi delle
donne incinte soffre per mancanza di ferro.
Anche la mortalità durante
l’allattamento è molto elevata. Soltanto la metà degli africani usufruisce di cure sanitarie e le donne e le bambine
sono le meno protette. Ciò vale anche per l’istruzione; il
65% delle donne africane al
di sopra dei 15 anni è analfabeta, mentre per gli uomini
l’analfabetismo scende al
40%. Come conseguenza dell’ignoranza e della mancanza
di cure più di 100.000 donne
africane muoiono ogni anno
durante la gravidanza.
Altra conseguenza dell’ignoranza è la rapida propagazione dell’Aids nel continente.
Sono circa 7 milioni gli
africani (uomini e donne) affetti da Aids e di questi quasi
800.000 sono bambini piccoli. Secondo l’Unicef la maggioranza di questi bambini
muore prima del quarto anno
d’età.
Congo: tensioni dopo le elezioni politiche
Attaccata la sede della
chiesa evangelica
La contestazione dei risultati del primo turno delle elezioni legislative da parte dei
partiti di opposizione ha gettato il Congo in una gravissima crisi politica. In questo
contesto, un gruppo di uomini
armati, militanti del Movimento congolese per la democrazia e lo sviluppo integrale
(Mcddi), ha attaccato, il 17
giugno scorso, i locali della
presidenza della Chiesa evangelica del Congo (Eec), causando gravi danni e minacciando le famiglie che vi risiedono.
L’indomani, un altro gruppo di militanti armati è tornato ed ha rapito due bambini, fra cui il figlio del presidente dell’Eec, il pastore
Alphonse Mbama. I due bambini sono stati rilasciati alcune ore più tardi. La vittoria
dei partiti presidenziali al primo turno con 63 seggi è stata
contestata dalla coalizione dei
partiti di opposizione che ha
denunciato brogli.
Ha quindi boicottato il secondo turno che si è svolto il
6 giugno. Tutti i tentativi portati avanti dai responsabili
ecclesiastici e dall’esercito per
cercare di conciliare i due
campi sono rimasti vani.
L’opposizione ha anzi irrigidito la propria posizione alzando barricate nei quartieri
meridionali della eapitale dove militanti sono stati armati
per costringere i cittadini a rispettare la parola d’ordine di
«città morta». Violenze sono
state segnalate anche all’interno del paese.
I motivi dell’attacco contro
la sede e il personale dell’Eec
non sono ancora noti. Si pensa
ad una vendetta tribale oppure
al fatto che lo stesso sia membro dell’Eec. La chiesa ha vivacemente protestato contro
quell’attacco ed ha invitato i
cristiani delle chiese membro
del Consiglio ecumenico delle
chiese cristiane del Congo a
mobilitarsi per sostenere l’Eec
in questa prova. (Soepi)
Presentato alla Conferenza dell'Onu a Vienna
Appello ecumenico
per i diritti umani
Dodici organizzazioni cristiane, presenti alla Conferenza mondiale sui diritti
umani promossa dall’Organizzazione delle Nazioni
Unite (Onu) a Vienna dal 14
al 25 giugno, hanno presentato nell’assemblea plenaria
del 23 giugno un intervento
comune, sottolineando la
realtà di violenza strutturale
perpetrata contro i richiedenti asilo, i migranti, i rifugiati
e le minoranze, e la crescita
di fenomeni di xenofobia,
razzismo e violenza etnica in
molti paesi.
Nell’intervento, i firmatari
chiedono «rispetto culturale
e tolleranza basata su
un’etica della dignità umana» e affermano che «l'esercizio della libertà religiosa e
della tolleranza è inseparabile da altri diritti umani
fondamentali ».
Nessuna comunità religiosa, si legge nel documento,
può chiedere libertà per se
stessa senza mostrare attivo
rispetto per la fede e i diritti
umani degli altri. Ricordando il Decennio ecumenico
delle chiese in solidarietà
con le donne, iniziativa promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), il
documento afferma che «argomenti di cultura, tradizione e religione sono spesso
stati usati per rifiutare alle
donne una vita dignitosa».
Chiedendo alla comunità
internazionale di dare «una
nuova direzione al sistema
delle Nazioni Unite, basata
su equità e partecipazione»,
l’intervento si conclude affermando che «ogni nuova
comprensione dei diritti
umani deve essere fondata
su una coscienza del profondo significato della comunità umana. La dignità umana deve portare ad una solidarietà umana che superi
tutte le divisioni».
L’intervento è stato sottoscritto dai seguenti organismi: Alleanza battista mondiale, Alleanza riformata
mondiale. Comitato consultivo mondiale quacchero.
Commissione affari internazionali del Cec, Conferenza
delle chiese europee. Federazione internazionale cristiani
per l’abolizione della tortura.
Federazione mondiale donne
metodiste. Federazione mondiale luterana. Intemazionale
francescana. Pax Christi
intemazionale. Pax Romana,
Ywca mondiale. (Nev)
Comitato (ielle chiese per le migrazioni
Politica migratoria e
rispetto delle persone
Dal 27 al 30 giugno ha
avuto luogo a Schloss Huenigen, presso Berna, in Svizzera, l’assemblea del Comitato
delle chiese per le migrazioni
in Europa (Cerne). Questa
assemblea si tiene ogni tre
anni e decide le linee e le
strategie politiche del Cerne,
organismo a cui collaborano
quasi tutte le chiese protestanti europee e inoltre alcune chiese ortodosse per coordinare le loro iniziative a favore di una politica migratoria che rispetti i diritti umani
e sia espressione di un spirito
di solidarietà.
Per l’Italia hanno partecipato come delegati Aster
Hailè Jacobson e Annemarie
Duprè, del Servizio migranti
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.
L’assemblea ha individuato alcune aree di priorità sulle quali intervenire nei prossimi anni: azioni contro la
discriminazione razziale;
proposte ed iniziative per
una politica migratoria non
esclusiva, ma che rispetti i
diritti umani e il dovere cristiano di solidarietà; rafforzamento della collaborazione
con le chiese dell’Europa
centrale e dell’Est sui temi
delle migrazioni; impegno
per sostenere alcuni gruppi
particolari di immigrati: donne, giovani, anziani.
L’assemblea ha eletto il
Comitato esecutivo del Cerne, confermando come moderatore il pastore battista
francese Jean Yves Thobois.
Per le chiese del Sud Europa
è stata confermata Annemarie Duprè.
Nonostante che in ogni
paese la situazione sia diversa e anche i modi di affrontare i problemi cambino, l’assemblea ha lavorato con
grande impegno e ha elaborato un programma che permetterà una collaborazione
tra le chiese e la promozione
di una politica comune.
(Nev)
Una famiglia di immigrati turchi in Germania