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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 8 OTTOBRE 1993
ANNO 1 - NUMERO 38
IL FENOMENO LEGHISTA
BOSSOLI
E BOSSI
MAURIZIO GIROLAMI
Nel 1987 la Lega ha due
parlamentari. Il 5 aprile
del ’92 ne ottiene 80. Crescita
di 40 volte. Solo il Partito fascista, se non erro, passando
fra il ’21 e il ’24 da una trentina di deputati a più di 300,
aveva avuto un simile incremento. Condivido il parere di
Pansa quando dice che la forza della Lega è fuori di essa:
neir«affarismo, nella voracità malloppista, nell’arroganza, nell’inefficienza, nel
vuoto ideale, nel cinismo» dei
partiti di governo che la fronteggiano. Ma essa raccoglie
oggi, al Nord, parte della protesta che in passato si riconosceva prevalentemente nella
sinistra.
Ciò significa due cose: che
la sinistra è oggi in crisi e che
Bossi raccoglie i frutti di una
serie di circostanze storiche
eccezionali. La caduta del
Muro che ha scongelato
l’elettorato, cattolico e non,
cementato dal ricatto anticomunista. L’operazione «Mani
pulite», che incomincia giusto poco prima del 5 aprile
’92 e travolge un intero ceto
di governo con i rispettivi 5
partiti mettendo, per la prima
volta in Italia, sul banco degli
imputati comportamenti e
persone ben noti al senso comune, ma considerati fino ad
allora «normali» e «moderni». L’incapacità della sinistra di contrastare una politica governativa di disfacimento dello stato sociale e di
pressione fiscale esosa e inefficiente.
Bossi ha saputo sfruttare il
vecchio e il nuovo. Vecchio è
lo strapotere della grande industria nell’accaparrarsi gran
parte del denaro pubblico, tagliando fuori la piccola e media imprenditoria; vecchia anche l’impunità che il sistema
fiscale ha sempre garantito
all’evasione fiscale praticata
da tanti lavoratori autonomi.
Nuova la concentrazione di
questi ceti intorno al Carroccio in nome dell’identità lombarda o padana e la minaccia
di rivolta fiscale come strumento per accelerare, con le
elezioni, il momento dell’
ascesa al governo. Vecchio è
il «principio del capo» in
virtù del quale Bossi detiene
le lettere di dimissioni dei
suoi parlamentari che governa come un despota.
La personalizzazione della
politica è attualissima. Antico
il meccanismo del capro
espiatorio, dei nemici da incolpare per la crisi italiana (i
meridionali, gli immigrati extracomunitari), ma rimodernato con la pia intenzione di
aiutarli nelle loro terre d’origine, dopo averceli ricacciati
a forza. La proposta della pena di morte e del principio
«meglio un innocente in galera che un colpevole in libertà» la quale, più che al
«nuovo», fa pensare al «trogloditico che avanza», torna
utile per alimentare la voglia
di patibolo e di giustizia sommaria di cui si nutre la sindrome del «nemico». E attira
voti di destra. Non nuovo, se
non per la virulenza, il turpiloquio con cui si attaccano gli
avversari: bossoli per i giudici, Dalla Chiesa chiamato sistematicamente «Dalla Cosa
Nostra» e «otto volte cornuto», la Boniver minacciata di
stupro e così via. Per non dire
dell’esibizionismo genitale
(«la Lega ce l’ha duro!»),
che, anche non volendo scomodare Mussolini, prosegue
il filone dei servili apprezzamenti testicolari tributati a
suo tempo dai media a Craxi.
E se, come è accaduto a Trento, c’è chi protesta in nome
della dignità delle donne.
Bossi «rilancia» vantandosi
di saper mobilitare le folle
meglio di Mussolini.
L’uso ordinario di questo
linguaggio adorno di oscenità, che la tv aveva già legittimato e diffuso, fa sì che tanti fans di Bossi dichiarino che
egli parla il loro linguaggio,
dice ciò che essi sentono e
vorrebbero dire.
L’invito leghista alle donne
affinché «tornino a casa» per
fare spazio agli uomini in
tempi di disoccupazione, apparentemente una riedizione
del modello fascista della
donna dedita al marito e alla
riproduzione, a ben vedere è
un prodotto, amaro ma attua
SEGUE A PAGINA 7
La nostra teologia ha bisogno di considerare anche l'aspetto naturale della vita
Cercare ¡1 fratello oltre le barriere del dolore
FABRIZIO OPRO
S’è udita una voce in Rama, un lamento, un pianto amaro; Rachele piange i
suoi figlioli; ella rifiuta d’esser consolata
dei suoi figlioli, perché non sono più.
(Geremia 31,15)
Spesso, di fronte alle sofferenze che
attraversano la nostra storia e la cronaca più recente (guerre e massacri alle
nostre porte di casa) ho pensato a chi,
nel dolore, rifiuta ogni consolazione perché non riesce più a sperare e mi sono
chiesto se le nostre analisi etiche e politiche, così essenziali e frutto di responsabilità civile e umana, non lascino fuori
qualcosa di estremamente importante: la
realtà stessa della sofferenza, l’avvicinamento al dato di fatto del dolore, qualcosa che, nella sua insondabilità rende il
nostro prossimo così distante, così altro,
così poco comprensibile.
Anche la nostra teologia, in tanta sua
parte, ha preferito occuparsi di quanto è
socializzabile dell’esperienza umana (gli
aspetti etici, le responsabilità politiche),
ha riflettuto sull’essere storico dell’umano, perché la storia ci sembra un prodotto nostro, di cui noi portiamo la responsabilità. ’Vengono alla mente le parole di
Thomas Mann: «La superiorità scientifi
ca della teologia liberale... è sì incontestabile, ma la sua posizione teologica è
debole... È bensì progredita, si dice, ma
superficiale, e la tradizione conservatrice è in vantaggio perché ha mantenuto
più comprensione per la natura umana e
per la tragicità della vita, ma per questa
ragione ha con la civiltà rapporti più
profondi e più significativi di quanto
non abbia l’ideologia borghese-progressista» (T. Mann, Doctor Faustus).
La nostra teologia ha sicuramente contribuito a farci riflettere sul senso delle
nostre azioni e sulla profondità delle nostre colpe ma ha lasciato da parte
l’aspetto naturale della vita, il luogo in
cui il dolore manifesta la sua irriducibilità a ogni rimedio e a ogni consolazione. Anche per questo spesso siamo incapaci di parlare del male se non è il male
etico, la colpa, il male di cui siamo responsabili.
Come possiamo renderci conto di un
male di cui non portiamo la responsabilità, di ciò che costituisce un dato di fatto del mondo, l’indicibile dolore della
creatura? Forse anzitutto riconoscendo
con giusta rassegnazione che ci sono
realtà di dolore che non ammettono
spiegazione perché eccedono la nostra
comprensione. Il dolore così radicato
nella nostra intima e naturale essenza da
non poter essere comunicato e che ci
rende soli. Chi non vuole essere consolato si distanzia e si esilia e diventa come straniero in mezzo a noi.
È questo un livello in cui sentiamo il
limite di ogni etica razionale e di ogni
discorso che sia solo storico o comunque giustificativo, in qualche modo, delle sofferenze nostre e di chi ci circonda.
È un luogo in cui o tacciamo perché non
ci sono soluzioni oppure balbettiamo parole molto grandi: salvezza, redenzione;
parole che appunto perché grandi e definitive non possono essere utilizzate per
risolvere i drammi della nostra vita concreta. Parole che si pregano, salvezza
che si attende ma non consola, non dà risposte alla nostra sofferenza.
Di fronte a chi non vuole essere consolato, se il nostro comportamento non
può essere di comprensione può però
orientarsi in altro modo. Si tratta forse di
accorrere, in un modo concreto ma che
conosciamo così poco, di porsi immediatamente vicino; e di riconoscere il
fratello che, così inavvicinabile e altro
perché il dolore è suo, è comunque prossimo perché richiama la profondità del
nostro essere creature umane e perché,
scoprendo uno spazio di destino comune, ci avvicina l’un l’altro con un irresistibile richiamo.
Secondo il Cec
Il Sud Africa
sta cambiando
Un portavoce del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec)
ha dichiarato in questi giorni
che i progressi recentemente
realizzati dalla Conferenza
multipartitica in vista dell’instaurazione di un regime democratico in Sud Africa sono
un «segno incoraggiante».
Progressi considerevoli sono
stati realizzati, ha dichiarato il
portavoce, dopo la dichiarazione del febbraio 1990 del
presidente De Klerk, che annunciava il piano di smantellamento dell’apartheid.
Nelson Mandela, presidente
del Congresso nazionale africano (Anc), parlando la settimana scorsa davanti al Comitato speciale delle Nazioni
Unite contro l’apartheid, ha
chiesto il ritiro di gran parte
delle sanzioni economiche internazionali. Di fronte a questa dichiarazione di Mandela,
il Consiglio sudafricano delle
chiese (Sacc) ha pubblicato il
24 settembre una dichiarazione in cui esprime soddisfazione per il fatto che «il processso di transizione, in Sud Africa, dal sistema deH’apartheid
a un regime democratico è ormai entrato in una fase
irreversibile». Sottolineando
le tappe positive verso l’instaurazione di un regime democratico in Sud Africa, il
Cec ha anche espresso profonda preoccupazione per le leggi
recentemente adottate che stabiliscono le basi del prossimo
processo elettorale. Queste
leggi escludono infatti dalle
elezioni milioni di cittadini
neri residenti nei cosiddetti
«bantustans». La politica di
sostegno del Cec alle sanzioni
contro il Sud Africa, adottata
dal Comitato centrale del Cec
nel 1980 e fortemente appoggiata da gran parte del mondo
cristiano, sarà con ogni probabilità rivista nel corso della
prossima sessione del Comitato centrale dell’organismo
ecumenico, che si svolgerà
proprio a Johannesburg nel
gennaio prossimo.
Chiese metodiste
in Europa
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Dell.a Par()l,a
Il senso
del lavoro
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Villaggio
L’Eritrea oggi:
la ricostruzione
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2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
venerdì 8 OTTOBRE IQQ^
Si è svolta a Herrnhut (Sassonia) la XIV Conferenza delle chiese metodiste in Europa
I metodisti europei riuniti nel luogo in cui
si incontrano Germania, Cecilia e Polonia
CLAUDIO H. MARTELLI
Si è tenuta a Herrnhut, in
Sassonia, la XIV Conferenza consultiva delle chiese
metodiste in Europa. Le riunioni hanno avuto luogo tra
l’8 e il 12 settembre. A differenza che nel passato da quest’anno le chiese metodiste
europee hanno uno strumento
in più che le lega, infatti hanno dato vita, accanto alla
Conferenza consultiva, al
Consiglio delle chiese metodiste europee, un organismo
permanente che raccorda le
differenti organizzazioni metodiste presenti nel continente e cioè la Chiesa metodista
unita con le sue tre Conferenze (Nord, Centro e Sud Europa) e le chiese metodiste di
Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna.
Le chiese metodiste sono
presenti in molti paesi europei, come del resto era evidenziato dai delegati che
hanno partecipato alla Conferenza di Herrnhut, sia come
risultato dell’azione missionaria avviata nel corso dei
XVIII e XIX secolo, sia
dell’evangelizzazione «di ritorno» realizzata dagli emigranti convertitisi in America
alla fede evangelica. La Conferenza sudeuropea comprende le chiese di Bulgaria, Romania, Macedonia, Serbia e
Vojvodina, Svizzera, Francia, Austria; quella centroeuropea le chiese tedesche, ungheresi, polacche, ceche e
slovacche, ucraine e russe;
quella nordeuropea le chiese
finlandesi, estoni, svedesi,
norvegesi, danesi e olandesi.
A governare queste chiese
sono i rispettivi Consigli, e
quattro vescovi sovrintendono il lavoro nell’intera area.
Il Consiglio delle chiese
metodiste europee consentirà, a partire da quest’anno,
di uscire dalla fase dei contatti cordiali e fecondi, ma
consultivi, per imboccare una
prassi di lavoro comune su
una serie di questioni di
grande rilevanza teologica e
pratica. La prima di queste,
affrontata anche in un recente
incontro a Basilea, è il riconoscimento da parte di tutte le chiese metodiste europee della Concordia di
Leuenberg onde consentire
un ulteriore allargamento
della stessa, con il reciproco
riconoscimento anche formale tra luterani, riformati e metodisti. Per l’Italia, che è tra i
fondatori del Consiglio,
rOpcemi rappresenterà nel
Comitato esecutivo le chiese
del Sud Europa. La prossima
riunione del Consiglio avrà
luogo nel 1995, a Milano.
A Herrnhut le giornate sono state molte intense: gli oltre cento partecipanti hanno
iniziato i lavori mercoledì 8
settembre con un culto serale
presieduto dal vescovo Kleiber nella Chiesa dei Fratelli
moravi, collocata proprio al
centro dello storico paese.
Le giornate di giovedì 9 e
venerdì 10 settembre hanno
avuto al centro lo studio della
Bibbia e la riflessione sul tema della Conferenza: «La testimonianza delle chiese
nell’Europa che cambia». Gli
studi biblici sono stati introdotti dalla dottoressa Frances Young, pastore della
Chiesa inglese. Il professor
Hermann Goltz dell’Università Martin Lutero di Halle, e
il professor Heinrich Schneider, dell’Università di Vienna, hanno messo in luce gli
Sassonia: la città di Dresda, non lontana da Herrnhut dove si è svolta la Conferenza metodista
aspetti politici, sociali, economici e culturali del cambiamento in atto. I momenti
di lavoro in sessione plenaria
sono stati approfonditi in piccoli gruppi misti nei quali è
stato possibile anche un dettagliato scambio di informazioni sulle situazioni delle rispettive chiese e paesi.
Ovviamente le giornate sono state scandite da intensi
momenti di preghiera e di
canto animati da diversi
gruppi nazionali. All’Italia
era stato affidato il compito
di preparare il culto di chiusura della Conferenza con la
Santa Cena che si è tenuto
sabato 11 settembre. È stata
preparata una liturgia con la
partecipazione di persone di
diverse nazioni; le preghiere
di intercessione, di confessione di peccato e i canti sono stati presentati in inglese,
tedesco, francese, italiano,
portoghese, norvegese. Al
culto ha preso parte con una
serie di magnifiche esecuzioni il coro della Chiesa metodista di Westminster Central Hall di Londra, in quei
giorni in tournée in Germania. E stato un momento di
forte intensità spirituale nel
quale i partecipanti si sono
realmente sentiti parte della
medesima famiglia, di quel
popolo cristiano «chiamato
metodista». Sempre nella
giornata di sabato, nel primo
pomeriggio, i partecipanti
hanno preso parte a una marcia attraverso i tre confini
che in quell’angolo di Europa
fino a ieri erano cancelli
chiusi di separazione: il corteo si è snodato lungo le strade che oggi uniscono Germania, Cechia e Polonia.
La scelta di Herrnhut non è
stata casuale: tra i moravi e i
metodisti ci sono legami secolari. Fu in una comunità
dei Fratelli moravi a Londra,
in Aldersgate Street, che
John Wesley si convertì veramente la sera del 24 maggio
1738. A bordo del veliero
Simmons, in rotta per Savannah, Wesley vide la calma fede dei moravi durante una
terribile tempesta. L’influenza dei moravi fu dunque molto forte nel formare la fede
risvegliata del fondatore del
metodismo. Wesley visitò
Herrnhut nel 1738 e si incontrò con il conte Zinderdorf, a Marienborn, trascorrendo alcune settimane in terra di Sassonia. Di ciò restano, oltre alle note nel
«Journal», alcune lettere che
sono conservate nell’archivio
storico dei moravi. Questa
chiesa, che raccoglie in sé
l’eredità degli bussiti di Boemia, seppe rinascere in territorio sassone per l’influenza
del conte Zinderdorf che la
riorganizzò a Herrnhut sugli
schemi del pietismo tedesco.
Da questo centro i moravi,
consapevoli della necessità di
evangelizzare, si mossero e
fondarono missioni in molte
parti del mondo e non solo in
Europa: in America Centrale
e nel Sud, nei Caraibi, in
Africa, in India e presso gli
eschimesi del Labrador e
dell’Alaska.
Negli Stati Uniti, in questo
secolo, le numerose chiese di
origine morava sorte soprattutto a seguito dell’emigrazione dei contadini verso
le terre fertili dell’Illinois e
del Kentucky sono diventate
parte integrante della Chiesa
metodista unita. Ai moravi
infine è dovuta la pubblicazione delle «Losungen,» brevi meditazioni quotidiane
pubblicate in più di 40 lingue. La Chiesa morava, come
molte altre, ha struttura sinodale ed elegge propri vescovi.
Rifiutano di partecipare al Consiglio della Federazione europea
I battisti romeni contro le pastore
I battisti romeni non hanno
voluto partecipare al Consiglio annuale della Federazione battista europea (Fbe), che
raduna i rappresentanti di
tutte le Unioni battiste del
continente e che si è tenuto a
Kishinev, in Moldavia, dal
18 al 26 settembre.
La motivazione di questa
assenza è stata comunicata
poche settimane prima
dell’incontro a Karl Heinz
Walter, segretario generale
della Fbe: «Nel Consiglio
della nostra Unione, che si è
radunato il 16 giugno 1993,
abbiamo discusso il fatto che
una donna, che è stata ordinata pastore, diventerà il presidente della Fbe. Il Consiglio è stato unanime nell’affermare che noi consideriamo l’ordinazione di una
donna come pastore contraria
alla Bibbia.
Poiché a Kishinev una
donna ordinata diventerà presidente della Fbe, abbiamo
deciso che la nostra Unione
non sarà rappresentata in
quell’incontro».
In realtà questa decisione
era già stata comunicata per
fax alla Fbe ai primi di luglio, ma diverse personalità
del mondo battista, tra cui il
segretario dell’Alleanza
mondiale battista. Dentón
Lotz, avevano scritto immediatamente a Nicolai Gheorghita, segretario dell’Unione
battista romena, pregandolo
di far in modo che la questione venisse riconsiderata.
Vi erano poi stati diversi
incontri dai quali sembrava
che il problema fosse stato
risolto, anche perché era stato fatto notare che il compito
di un presidente è «funzionale e non sacramentale».
Il pomo della discordia è
costituito dalla pastora Birgit
Karlsson, da dieci anni segretario generale dell’Unione
battista di Svezia e da due
anni vicepresidente della
Fbe. «La decisione di non
partecipare al Consiglio della
Fbe è tanto più sorprendente
- ha detto Karl Heinz Walter
- in quanto arriva due anni
dopo che Birgit Karlsson è
stata eletta vicepresidente
della Fbe e automaticamente
il vicepresidente dopo due
anni diviene presidente.
In questo biennio nessuno
ha contestato la vicepresidenza di Birgit».
Inoltre la pastora Karlsson
fu eletta vicepresidente
all’unanimità, e i battisti romeni erano presenti alla votazione.
Non è la prima volta che i
battisti romeni assumono posizioni in contrasto con le altre Unioni battiste europee:
si spera comunque che anche
quest’ultima vicenda possa
essere superata senza intaccare i rapporti all’interno
della Federazione europea.
(Ehpf)
Mondo Cristiano
Paraguay: metodisti in crescita
ASUNCION — La Comunidad Evangelica Metodista de Paraguay ha festeggiato recentemente i suoi cinque anni di vita
Essa è composta da 12 chiese, 5 nella capitale, Asunción, e 7
nell’interno del paese. Altre quattro comunità all’interno, dirette da missionari coreani provenienti dagli Stati Uniti sono associate alla Comunidad Metodista: esistono anche due chiese metodiste coreane che sono in relazione con la Chiesa metodista
in Corea.
Le dodici chiese hanno otto edifici ecclesiastici e tre cappelle; una comunità è ospitata presso una chiesa coreana. La Comunidad conta circa 700 membri e una popolazione di 2.000
persone: ha sette pastori (paraguaiani, americani e brasiliani) e
sei aiutanti che si sono formati all’Istituto biblico locale che attualmente conta 20 studenti. Si sta costruendo un piccolo ospedale, mentre a una cinquantina di chilometri da Asunción è in
funzione una scuola elementare.
Secondo il sovrintendente Norival Trinidade la Comunidad
Metodista è conosciuta nel paese e ci sono ottimi rapporti con
la popolazione. Un buon lavoro viene fatto anche dalla Federazione femminile che è stata per la prima volta invitata ad un
convegno delle donne metodiste deH’America Latina, tenutosi
a Buenos Aires.
Donne e comunicazione
ROMA — «Donne e comunicazione: come condividere una
comune responsabilità» è stato il tema di una consultazione
promossa da Netwick (Network of women in communication)
che si è tenuta a Roma, presso la Facoltà valdese di teologia,
dal 16 al 20 settembre scorso. All’incontro, che segue analoghe
riunioni tenute a Varsavia (1991) e a Praga (1992), ha partecipato una quarantina di donne provenienti da dieci paesi europei
impegnate nei media, sia laici che delle chiese.
Nelle conclusioni è stata confermata la necessità di un coordinamento delle donne che lavorano nei media, che non tralasci
però di coinvolgere anche le donne fruitrici della comunicazione; contemporaneamente è stata sottolineata l’importanza di un
costante monitoraggio dell’immagine delle donne proposta dai
media.
La rete Netwick opera in collegamento con l’Associazione
mondiale della comunicazione cristiana (World Association of
Christian Communication, Wacc). Per l’anno prossimo è previsto un altro incontro, in Portogallo, a Lisbona, definita per il
1994 «città della cultura».
Bulgaria: nuovo sovrintendente
della Chiesa metodista
VARNA — Il vescovo Heinrich Bolleter ha annunciato che
il pastore Bedros Altunian, di Vama, è il nuovo sovrintendente
della Chiesa metodista in Bulgaria. Egli succede al pastore
Zdravko Beslov, deceduto poche settimane dopo rincontro del
Comitato esecutivo del Consiglio metodista mondiale radunatosi proprio in Bulgaria. In quell’occasione al pastore Beslov
era stato consegnato il premio mondiale metodista per la pace
del 1992.
In una lettera al Consiglio metodista la vedova del pastore
Beslov ha voluto ricordare quell’occasione e in particolare la
visita a Sofia, la domenica successiva, nella chiesa dove il marito era pastore. «Mio marito ha ricevuto un tributo di amore e
di rispetto, dopo decenni di durissima vita, di sofferenze e di
ingiuste umiliazioni. È stato il culmine della sua vita e ve ne
ringraziamo profondamente. Sono stati momenti indimenticabili che porteremo sempre nel cuore» Bedros Altunian ha assunto
la guida della Chiesa metodista bulgara il 15 marzo scorso.
Cambogia: costituita la Società
biblica: diffonderà le Scritture
PHNOM PENH — La situazione in Cambogia, dal punto di
vista della libertà religiosa, è nettamente migliorata negli ultirni
tempi, come dimostra il fatto che nel 1992 oltre 50 agenzie
evangeliche si sono stabilite nel paese con scopi evangelistici e
umanitari. Il 27 febbraio di quest’anno i rappresentanti di 66
comunità protestanti hanno fondato a Phnom Penh il Consiglio
generale delle chiese cambogiane e hanno immediatamente avviato trattative con il governo per ottenere il permesso di aprire
nel paese un ufficio della Società biblica. Il permesso è stato
concesso il 19 aprile.
Ci vorrà del tempo prima che la Società biblica diventi pienamente operativa, ma il riconoscimento permette l’invio senza
difficoltà di Bibbie e parti della Bibbia in Cambogia. Già 8.000
copie della Scrittura sono entrate senza ostacoli nel paese e un
certo quantitativo di Vangeli, che da un anno erano fermi alla
dogana, è stato ritirato dal Consiglio delle chiese dietro presentazione di una lettera di autorizzazione da parte della Società
biblica.
Ucraina: fondato l'Istituto
biblico San Giacomo
KOROSTEN — L’Istituto biblico San Giacomo è una delle
prime scuole bibliche evangeliche permesse nell’ex Unione Sovietica. Fondato nel 1991 ha ricevuto l’autorizzazione a rilasciare diplomi dal Dipartimento per l’educazione dell’Ucraina.
Un gruppo di 145 studenti ha terminato recentemente il primo
anno di studi.
L’istituto si trova a Korosten, a nord ovest di Kiev e a 100
km da Cernobil, ed è sponsorizzato da tre organizzazioni missionarie evangeliche degli Stati Uniti.
3
mpUFRDÌ 8 OTTOBRE 1993
PAG. 3 RIFORMA
T'iin'
Il pastore Saverio Guarna tiene il primo culto battista a Tirana
Sta per nascere la prima
comunità battista in Albania
EMMANUELE PASCHETTO
Da pochi mesi è in funzione a Tirana un Centro
battista, in un piccolo edificio
acquistato dalla Federazione
battista europea (Fbe) su una
piazza centrale della città. Il
Centro battista ospita Tufficiò della Fbe, un alloggio di
tre camere con cucina e bagno, e un locale più ampio
che verrà trasformato in locale di culto per la nascente comunità battista.
Quattro coppie, alcune con
bambini, provenienti dagli
Usa, dall’Inghilterra, dalla
Scozia e dal Galles fanno capo a questo centro. Si tratta
di medici, di esperti in agricoltura e in amministrazione.
Accanto ad essi lavora il pastore Saverio Guarna, in Albania da poco più di tre mesi,
con compiti di evangelizzazione e di cura pastorale.
Saverio Guarna ha creato
una fitta rete di contatti nella
città, sia nella zona centrale
dove abita, sia nel quartiere
degradato di Bregu, i lumit
(la sponda del fiume), costituito per lo più da baracche
e abitato in gran parte da zingari e perseguitati politici,
delinquenti e nomadi di origine africana. Nonostante le
difficoltà dell’ambiente e la
religione musulmana di gran
parte degli interlocutori.
J
Il pastore Saverio Guarna
Nelle vie di Tirana
Guarna tiene in questo quartiere due studi biblici settimanali, uno per ragazzi e uno
per giovani.
Nel Centro battista, la sera
del sabato 11 settembre, è
stato tenuto il primo culto
battista in Albania. 70 i presenti, tutti i battisti stranieri
del paese e 40 albanesi, contattati da Saverio Guarna e
dagli altri membri del «team»
battista. Guarna ha predicato
in italiano sul testo di Matteo
7, 24-27, «la casa costruita
sulla roccia», invitando i presenti a costruire la loro vita
su Cristo, la roccia eterna. Il
messaggio è stato tradotto in
albanese, nonostante la maggior parte degli albanesi capisca l’italiano che ha imparato
seguendo la radio e la televisione del nostro paese.
Dopo la predicazione Chris
Burnett, coordinatore del lavoro della Fbe in Albania, ha
dato il benvenuto ai presenti,
spiegando che il Centro battista di Tirana si pone come
uno strumento per l’annuncio
delTEvangelo e per l’aiuto
pratico alla popolazione. Il
culto è stato seguito con molta attenzione, specialmente
dagli albanesi presenti, per i
quali esso rappresentava una
novità assoluta.
Dalla metà di settembre è
iniziato presso il Centro un
incontro di studio biblico,
che ha luogo il venerdì sera.
Il culto, che per ora si svolge
di sabato, verrà in seguito tenuto regolarmente ogni domenica.
Nella collana «Lùtero/Opere scelte» è uscito il n. 6:
Martin Lutero
IL SERVO ARBITRIO
Ut.! n
r/jW .
Íílíltio) ìii
Risposta a Erasmo ì
J1525)
a cura di F. De Michelis Pìntacuda^'T*' ‘
pp 470, ampìamente illustrato, L. 48.0Ò0
«Il Servo arbitrio è un concentrato della teologia
di Lutero» (Martin Brecht). <
Lutero in quest’opera nega che l’uomo possa
concorrere alla sua salvezza: la buona notizia
dell’Evangelo non è che l’uomo deve salvarsi, ma
,che è già salvato. Davanti a Dio la creatura uma,,na sperimenta non la sua libertà ma quella di Dio
. che la giustifica per grazia rriediante la fede. :
Tra Erasmo e Lutero la questione non è chiusa.
'„Là disputa continua. . ì«.ì. ,, ,
f Q].
lédftrfce
GLI ORTODOSSI
Nel 1991 è iniziata la
ricostruzione della Chiesa ortodossa autocefala
d’Albania (Coaa), dopo il
crollo del regime comunista. La chiesa, che raccoglie il 20-25% circa
degli albanesi, (i musulmani sono il 64% e i cattolici TI 1%) è autocefala, canonicamente riconosciuta, e si articola in
quattro diocesi: Tirana,
¿orca, Berat, Argirocastro. I problemi che la
Coaa deve affrontare sono pesanti e concreti: i
luoghi di culto e i monasteri (324) erano stati
chiusi d’autorità nel
1946; dei 338 preti attivi
prima della stessa data ne
sono rimasti 17, ormai
molto anziani. Ora un ve^
scovo greco, Anastasio
Jannoulatos, è stato inviato, suscitando alcune
polemiche, a riorganizzare l’attività della chiesa e
ha assunto la carica di arcivescovo di Tirana.
In questa situazione un
posto di rilievo viene assunto dai laici nella conduzione della chiesa: in
tutte le parrocchie sono
stati eletti i Consigli e
due delegati di ogni diocesi (un prete e un laico)
formano il Consiglio generale, presieduto dall’
arcivescovo.
Metodisti inglesi contro l'esposizione degli armamenti
La vendita delle armi è immorale
bisogna fare qualcosa
________FLORENCE VINTI_______
Dal 5 al 10 settembre si è
svolta nell’Aldershot, in Inghilterra, una mostra di armi
e materiale bellico organizzata dal Deso (Defence
Export Services Organisation), organizzazione del governo britannico che si occupa dell’ esportazione di armi.
Il seguente articolo è stato
pubblicato dal Methodist Recorder con il titolo «Oscenità
internazionale». Il suo autore
è Kenneth Greet, il quale
scrive per i lettori inglesi
queste notizie che in realtà
interessano anche noi.
John Wesley sapeva usare
un linguaggio forte quando lo riteneva necessario.
Egli descrisse la schiavitù come «quella infamia esecrabile» e lottò contro di essa con
accanimento. La Gran Bretagna ebbe la sua parte abominevole in quel commercio
ignominioso che significava
estrema indigenza, abbrutimento e morte per migliaia di
uomini e di donne.
Fu anche la voce della coscienza cristiana che alla fine
prevalse sugli interessi dei
potenti e la tratta degli schiavi fu messa fuori legge dal
Parlamento britannico, seguito più tardi da altre legislazioni nel mondo.
Oggi la Gran Bretagna si
trova coinvolta in un altro
commercio perverso: risulta
che circa 20.000 visitatori
stranieri sono attesi per questa mostra di armi con la partecipazione di circa trecento
espositori britannici: senza
dubbio vi saranno grosse ordinazioni. Una cosa eccellente per le vendite che
procurerà anche del lavoro
per i disoccupati. Sarà però
anche altrettanto distruttivo
per coloro che saranno oppressi o uccisi da chi acquista
questi strumenti di morte che
portano il marchio di fabbricazione britannico.
Tutto sarà organizzato in
modo da non offendere la
sensibilità dei visitatori: non
ci sarà del sangue sulla moquette, nessun cadavere in
putrefazione negli angoli dei
bei saloni; non ci saranno vedove che piangono. I rappresentanti delle ditte venditrici
saranno delle persone rispettabilissime, buoni padri
di famiglia orgogliosi dei loro
prodotti sofisticati.
Sono anche persone patriottiche ansiose di aumentare le
esportazioni nazionali, come
naturalmente anche il loro
conto in banca. Se mai avessero un dubbio sulla giustezza morale del loro modo di
guadagnarsi da vivere, li conforterà il pensiero che si tratta
di armi per la difesa dei paesi
acquirenti. Infatti i contratti
di vendita sono controllati dal
governo inglese che permette
di vendere armi solo ai paesi
amici. Chi sono questi paesi
amici? In una lettera indirizzata il 9 giugno scorso al presidente del Deso, Alan Thomas, chiesi quali e quanti governi stranieri sarebbero stati
invitati a inviare loro rappresentanti alla mostra; quali tipi
di armamenti sarebbero stati
presentati e quale fosse la
previsione delle vendite. Allegai anche un francobollo
per la risposta che però non
mi è mai pervenuta, il che
non mi fa meraviglia. Lo stipendio di Thomas è di circa
150.000 sterline Tanno (pari
a circa 360.000.000 di lire al
cambio attuale). Immagino
che da un funzionario così
ben pagato si possa pretendere il silenzio. Non sarebbe
opportuno ammettere che noi
accogliamo nel nostro paese
rappresentanti di governi
dittatoriali poco stimati e di
lugubri regimi non rispettosi
dei diritti umani.
Tutto quest’affare penoso è
perciò avvolto nella segretezza e anche nell’ipocrisia.
Si fa in modo che la parola
«difesa» copra una moltitudine di peccati atroci. Le fazioni contendenti della ex Jugoslavia si stanno «difendendo» colpendosi l’un l’altro fino alla morte. La vendita di
armi forse non è la prima
causa dei conflitti, ma questi
sono sostenuti e mantenuti
per mezzo di esse. Dire che
noi vendiamo solo ai governi
amici è una finzione disonesta. I governi amici non rimangono sempre tali, e comunque una volta che le armi
sono vendute all’estero non
possiamo controllare la loro
destinazione. Ci sono molti
esempi di soldati con armi
fabbricate nel loro paese: un
malvagio boomerang.
Non c’è nessun bisogno
che la Gran Bretagna continui
con questa oscenità internazionale. Negli anni ’50 l’Inghilterra ha dato un lodevole
esempio decidendo unilateralmente di rinunciare alla
produzione e vendita di armi
chimiche. Più recentemente il
nostro governo ha resistito
all’invito di armare i musulmani bosniaci ritenendo che
ciò avrebbe prolungato questo triste conflitto in Europa:
sono solo piccoli segni di una
conversione politica. Quello
di cui si ha bisogno è una
campagna con motivazioni
spirituali e politicamente incisiva come quella che sotto la
guida del conte di Shaftesbury e i suoi colleghi, e con
l’appoggio caloroso di John
Wesley, condusse a una conversione nazionale e poi intemazionale nei riguardi della
schiavitù.
È facile sentirsi impotenti
di fronte ad interessi così
grandi; ma siamo impotenti e
rimarremo tali finché resteremo in silenzio. Cosa può
fare Dio di una chiesa silenziosa? Di una cosa ha bisogno il male per poter prosperare: che i bravi credenti
non dicano nulla.
Segue un invito a discutere
di questo problema urgente
nelle chiese locali e di sostenere attivamente il Dipartimento per gli affari sociali
della Chiesa metodista britannica come anche le campagne per il disarmo nazionale e mondiale, ecc., e inoltre di sostenere chi richiede
con urgenza la riconversione
della tecnologia militare per
fini pacifici, così da creare
più, non meno posti di lavoro.
Conclude Green: «...ma, nel
nome di Dio e nel nome della
sanità di mente e della decenza, facciamo qualcosa!».
1 VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
U? TEL 011/668.98.04 - C.C.P. 20780102 ^ ■ o/
L'ex presidente americano visita il nuovo centro battista a Tirana, in Albania
«
Predichiamo e impegniamoci nel sociale»
In occasione della visita a
Tirana effettuata su invito del
presidente dell’Albania, Sali
Berisha, l’ex presidente degli
Stati Uniti Jimmy Carter e la
moglie Rosalyn hanno incontrato il 1° settembre, privatamente, i rappresentanti del
gruppo intemazionale battista
che lavora nella capitale
mentre la mattina dopo, giovedì 2 settembre, hanno compiuto una visita ufficiale al
Centro battista.
Come è noto i coniugi Carter sono membri attivi di una
chiesa battista negli Usa e sono impegnati fortemente
nell’appoggio del lavoro missionario condotto dal Foreign
Mission Board della Convenzione battista del Sud (che
raccoglie più della metà dei
50 milioni di battisti degli
Usa). Non sorprende dunque
il suo desiderio di vedere uno
sviluppo della testimonianza
battista in Albania.
La visita al Centro battista
è stata condotta in forma ufficiale alla presenza della televisione albanese e di giornalisti della stampa locale e
dell’agenzia Reuter. L’amministrazione cittadina aveva
per l’occasione fatto ripulire
la piazza antistante il Centro
battista, sempre colma di rifiuti del mercato che vi si tiene ogni giorno. Quando i
Carter sono arrivati, preceduti dai motociclisti della polizia a sirene spiegate, gli autocarri della nettezza urbana
avevano appena girato l’angolo!
Jimmy Carter ha riferito
dell’incontro avuto il giorno
precedente con esponenti di
altri gruppi religiosi presenti
in Albania fra cui il vescovo
cattolico Mira Dita, l’arcivescovo ortodosso Anastasi,
rappresentanti dell’Islam;
delTAlleanza evangelica, della Chiesa avventista e dei
mormoni. Erano presenti anche due alti funzionari del
governo. Il vescovo cattolico
e l’arcivescovo ortodosso si
sono lamentati per la lentezza
con cui il governo restituisce
le proprietà confiscate dal
precedente regime comunista.
John Quanrud, vicepresidente
delTAlleanza evangelica in
Albania, ha sollevato il problema dell’accesso ai mezzi
di comunicazione, molto limitato nei confronti degli
evangelici. Da parte cattolica
è stato detto che le tre religioni principali (musulmana, ortodossa e cattolica) devono
essere privilegiate in questo
settore, suscitando l’immediata reazione di Carter che
ha affermato che un’obiezione del genere ha un forte sapore di discriminazione religiosa. All’osservazione di un
funzionario governativo che
Carter non conosceva la situazione del paese, questi replicava che la discriminazione è tale qualunque sia la
condizione in cui ci si muove
e che in Occidente si sarebbero tenuti gli occhi molto aperti su questo problema.
Nel suo incontro al Centro
battista Carter ha ripetutamente chiesto di essere tenuto informato su qualunque
tentativo di limitare l’esercizio della libertà religiosa. Rosalyn Carter ha fra l’altro mostrato un particolare interesse
alla situazione della donna in
Albania.
NelTesprimere la propria
soddisfazione per il lavoro
che si compie per mezzo del
Centro, dove si dà ampio spazio agli interventi di carattere
sociale. Carter ha detto: «Uno
dei problemi dei nostri programmi missionari in passato
è stato il fatto che abbiamo
speso troppo tempo nel parlare e nel predicare e troppo
poco nell’affrontare i bisogni
pratici della gente. Credo che
il nostro compito sia anche
quello di aiutare in questo
senso le persone».
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
Fare teologia a Ecumene per tutte le chiese
Chiese battiste di Puglia e Lucania
Costituito un gruppo di lavoro Corso per predicatori
LUCA ANZIANI
Nei giorni 24 e 25 settembre, a Ecumene, si è
svolto il consueto campo biblico, che ogni anno conclude l’attività estiva del Centro. Negli ultimi anni il campo biblico ha trattato tematiche importanti quali la teologia della croce, la teologica
naturale e la rivelazione.
Quest’anno ha avuto invece
un diverso scopo.
Non si è voluto trattare un
tema fondante la nostra fede,
ma porci la domanda: come
Ecumene deve fare teologia
oggi?
L’esigenza che ha portato
a riflettere un buon numero
di persone (pastori e membri
di chiesa) sospendendo il periodo dei campi tematici, è
nata dal fatto che si è riscontrato un costante distacco tra
Ecumene e le problematiche
delle chiese.
Il nostro Centro è delle nostre chiese, quindi fare teologia a Ecumene non vuol dire
riunirsi per creare un’accademia elitaria utile agli addetti
ai lavori, quanto ricostruire
un tessuto connettivo tra le
esigenze delle chiese e la
pratica teologica del Centro.
Il dibattito è stato introdotto da un intervento del pastore Gianmaria Grimaldi il
quale, dopo un’analisi critica
del mondo moderno che vive
un momento di stasi del pensiero teologico, ha portato un
contributo per temi di riflessione: la moderna cultura
cattolica, il protestantesimo e
il suo possibile fallimento,
che cosa voglia dire essere
chiesa, il problema del linguaggio, il rapporto fra teo
Un campo di teologia a Ecumene
logia e etica.
I partecipanti al campo
hanno in generale accolto come fondamentali per una riflessione teologica questi temi e si sono posti molte domande sul come realizzare le
linee di riflessione affrontate
alla luce dell’esigenza di
ascoltare prima di tutto le
problematiche delle nostre
chiese.
Allo scopo di dare concretezza alle conclusioni del dibattito e per rispondere alle
domande a carattere organizzativo, è stato istituito un
«gruppo di lavoro teologico»
affinché il Comitato generale
di Ecumene abbia proposte
per programmare l’attività
del prossimo anno.
A conclusione, è stato ribadito che Ecumene non vuole
porsi in alternativa alla riflessione biblica che è presente
nelle chiese, ma vuole offrire
una possibilità ai credenti di
poter fare teologia in modo
profondo pur nella dialettica
e nel confronto che caratterizza la vita del Centro.
Ecumene vuol essere anzitutto una comunità che con le
altre intende procedere sul
cammino della riflessione
teologica e della sua rilevanza etica.
Come da svariato tempo,
anche quest’anno l’Aceb
(Associazione chiese evangeliche battiste di Puglia e
Lucania), organizza il «Corso per predicatori locali», a
scadenza quindicinale, da ottobre a maggio. Sono previsti un minimo di 14 incontri
e un massimo di 16, il secondo e il quarto sabato di ogni
mese (in ottobre gli incontri
saranno il 3® e il 5® sabato).
Possono partecipare al corso i fratelli e le sorelle delle
nostre comunità interessati
ad approfondire le loro conoscenze biblico-teologiche, in
vista della predicazione e
dell’insegnamento nelle
scuole domenicali o per semplici motivi di crescita e maturazione personale. Il primo
incontro avrà luogo ad Altamura, sabato 16 ottobre, con
inizio alle ore 16.
Il tema di quest’anno sarà:
La teologia sistematica, le
grandi questioni della teologia evangelica». Ogni mese,
nei due incontri, verrà trattato un argomento specifico
della teologia sistematica, secondo il seguente elenco
(non necessariamente nell’
ordine indicato): Introduzione: che cos’è la teologia sistematica. La rivelazione di
Dio nella storia. Le grandi
questioni su Dio. Cristo. Lo
Spirito Santo. L’ecclesiologia. La dottrina della grazia.
Antropologia teologica. Conclusioni.
Gli insegnanti saranno il
pastore Martin Ibarra (coordinatore del corso) e la pastora Elizabeth E. Green.
Inoltre ogni mese un incontro sarà curato da uno dei
membri dei comitati dei di
mn
La pastora Elizabeth Green
partimenti dell’Ucebi, i pastori Adriana Pagnotti, Salvatore Rapisarda, Blasco Ramírez, Raffaele Volpe, Antonio Di Passa, Carmine Bianchi.
Ogni incontro si svolgerà
con un laboratorio di omiletica, un esercizio di predicazione con critica e commento
dei presenti, l’esegesi di un
testo biblico, la presentazione di un libro importante sul
tema del mese; a seguire
conferenza e dialogo/discussione.
Alternando una parte pratica e una parte didattica
pensiamo di poter dare risposta alle diverse esigenze e
necessità dei partecipanti.
Vogliamo ricordare che il
Corso per i predicatori locali
fu attivato in zona dal pastore Michele Sinigaglia e da
lui portato avanti per otto anni. Ringraziamo calorosamente il pastore Sinigaglia,
ormai vicino all’emeritazione, per questo prezioso lavoro svolto con ammirevole
impegno.
VENERDÌ 8 OTTOBRE I993
.Rapallo
Festa scuole
domenicali
Anche se il nubifragio abbattutosi su Genova nei giorni precedenti e lo sciopero
dei treni del giorno stesso
hanno causato molte defezioni, si è ugualmente svolto a
Rapallo, domenica 26 settembre, rincontro di inizio
attività delle scuole domenicali, organizzato dalla Commissione d’incontro Bmv
della Liguria e del Sud Piemonte. I coraggiosi presenti,
in modo particolare quelli di
Finale e di Savona, sono stati
premiati dalla bella giornata.
La giornata ha avuto inizio
con il culto che si è tenuto
nella chiesa evangelica, presieduto dal pastore locale
Enrico Reato. Al posto del
sermone i componenti le
scuole domenicali presenti
hanno illustrato le loro attività, hanno cantato e pregato,
offrendo un’impronta di
spontaneità e di semplicità
ma evidenziando anche l’importanza che i ragazzi devono avere nell’ambito delle
comunità.
Dopo il pranzo, consumato
nei locali della chiesa, i partecipanti si sono trasferiti nel
bellissimo Parco Casale, dove
hanno disputato la caccia al
tesoro, preparata con cura e
solerzia dalla scuola domenicale battista di Sampierdarena^
E stato un esempio piacevole vedere piccoli e grandi,
accomunati nel cercare i messaggi e nel superare le prove
prescritte, fino a quando una
ragazzina del gruppo capitanato da Giorgio Castelli non
ha trovato il tesoro, costituito
da caramelle e cioccolato,
che è stato diviso fra tutti i
partecipanti.
Nelle forme liturgiche deve trovare espressione la vivacità spirituale della comunità
Proposte e suggerimenti per un culto più dinamico e partecipato
m
TEODORO FANLO Y COBTÉS________
Del culto abbiamo detto tutto o
quasi. Ora è necessario mettere in pratica le diverse esperienze,
incoraggiando le comunità non a
grandi innovazioni, ma a rivedere
le nostre abitudini liturgico-cultuali
per rinnovare il culto, riscoprendo
il suo senso e il suo significato.
L’Atto n. 6 del Sinodo valdese
dell’area Rioplatense (1993) è dedicato a questo tema: il culto come
fattore fondamentale nell’edificazione della chiesa e nella testimonianza pubblica. Il Sinodo «esorta alla partecipazione e incoraggia
tutte le comunità ad approfondire la
ricerca e la sperimentazione perché
i nostri culti siano sempre più dinamici e partecipati...».
La Commissione per la liturgia
ed il culto in questi anni ci ha fornito un materiale molto apprezzato
e ora si prepara per organizzare un
convegno su questo tema (Relazione Sinodo 1993).
Un culto vivo non solo esprime
la vivacità spirituale della chiesa
ma la promuove; infatti quando si
ha una grande fissità liturgica è segno che nella comunità non si
muove niente. Ogni generazione
deve reinventare il proprio culto
perché, in un certo qual modo,
cambia la sensibilità, la musica, la
lingua, la gente. Per gli anziani va
sempre bene il mantenimento del
tradizionale, gli indifferenti dicono
che ci sono delle cose più importanti; per i giovani, sempre meno
numerosi, la questione del culto in
genere non si pone, perché si considerano quasi come ospiti, oppure
come una eredità da rispettare. Ecco perché per coinvolgere le comunità in questa problematica ci vuole
una animazione teologica e liturgica seria e motivata, nonché un tantino di fantasia creativa.
Il punto chiave sul quale tutti gli
interventi che appaiono sul nostro
giornale, nelle circolari o relazioni
delle chiese, è sempre quello; «Come far sì che il nostro culto domenicale sia più corale, più partecipato, più vivo».
Alcune proposte per iniziare i
primi passi, sperimentate almeno in
parte in certe comunità;
1 - Fondamento teologico; se
c’è un momento principe dove il
sacerdozio universale di tutti i credenti deve apparire è proprio nel
culto. Questo protagonismo e monologo del pastore, che predica sì,
ma è lì dall’inizio alla fine, fa le
letture, prega da solo il Padre Nostro, e si risponde “Amen”... è la
più grande contraddizione con
quello che il culto dovrebbe essere.
Coinvolgere dunque la comunità,
rendere sempre più attivo ogni
membro presente al culto è un’esigenza di fede pratica, di teologia
fatta vita vissuta (1° Pietro 2, 9).
2 - La presenza: è uno dei doni
che ogni fratello ha ricevuto dallo
Spirito; con la nostra presenza rallegriamo e aumentiamo la gioia domenicale. «Esortiamoci a vicenda»
( Ebrei 10, 25 b). Chi ha mai detto
che un vero protestante non ha il
dovere di essere presente a questo
appuntamento con il Signore, che
ci convoca assieme agli altri fratelli? Calvino diffidava da quelli che
«inseguendo certe fantasie individuali pensano di potersi appartare,
trascurando il lato profondo comunitario dei culti, rischiando di andare lontano, non nella giusta direzione».
3 - Il canto: curato e preparato.
Ecco l’importanza di una corale o
di almeno un coretto che sostenga
il canto comunitario. Succede qualche volta che il predicatore scelga
un inno, il cui contenuto ha un collegamento con il sermone, ma la
comunità non lo sa, cantano in due
o tre e l’organista va per le sue. Se
c’è qualche ospite riceve una cattiva impressione. Proporre un inno
che la comunità non conosce costituisce una mancanza di rispetto per
l’assemblea. Abbiamo chiesto alle
corali delle Valli di registrare l’Innario in tre o quattro cassette, affinché i pastori, anche se sprovveduti
di una cultura musicale, possano
aiutare la comunità in questo settore così importante del culto. Ai
poeti, musicisti e appassionati chiediamo di portare avanti il progetto
«Innario aperto» con canti moderni
e con il ripristino di un buon numero di salmi.
Il canto è una preghiera della comunità che si unisce per esprimere
ad alta voce in forma ritmica e melodica la gioia della salvezza in
Cristo, il fervore dell’adorazione,
la promessa del servizio.
4-1 lettori: le diverse letture
avranno un legame tematico e costituiranno la cornice del testo della
predicazione; fanno parte della proclamazione e dell’ascolto della Parola; il lettore proclama questa Parola con voce giusta, espressione
adeguata e intonazione dovuta. La
lettura ci conduce all’ascolto che ci
porta al secondo fattore del binomio inscindibile, cioè alla preghiera di lode, adorazione e ringraziamento.
In molte chiese metodiste e in alcune valdesi c’è ormai la bella abi
tudine della lettura del salmo alternato e letture dialogate.
5 - Confessione di fede: se il
culto è anche un momento di testimonianza, la comunità unita in un
solo cuore e una sola voce confessa
coralmente la sua fede nel Dio trinitario e nella chiesa di Cristo, una,
santa, universale e apostolica. Calvino ha sostituito il simbolo niceno
con quello apostolico. Oggi abbiamo inoltre confessioni di fede moderne che ci aiutano ad evitare la
routine. La collocazione della confessione di fede nella liturgia valdese è dopo la confessione del peccato; credo che sarebbe meglio dopo il silenzio che segue la predicazione.
6 - Cena del Signore o comunione: la proclamazione dell’Evangelo si fa attraverso la doppia forma del «Verbum audibile» e del
«Verbum visibile» ovvero la Parola
predicata (predicazione) e la Parola
significata (Cena). Ambedue formano il momento centrale del culto
e si complementano a vicenda. Nel
cattolicesimo il sacramento dell’
Eucarestia ha cancellato quasi l’annuncio della Parola, mentre nella
liturgia riformata la centralità della
predicazione ha messo in secondo
piano e quasi cancellato la celebrazione della Cena del Signore. Se
per mezzo della predicazione la Parola di Cristo si fa presente e noi
veniamo al culto con questa speranza, per mezzo della Cena noi
entriamo in comunione con il Signore risorto. Non dimentichiamo,
ogni domenica celebriamo la nostra
festa per eccellenza: la Pasqua.
7 - La preghiera della comunità: un momento qualificante per
coinvolgere la comunità e dare vivacità al culto è quello di sperimentare le preghiere di intercessione, che non sono improvvisate ma preparate e programmate, lasciando che lo Spirito Santo ci guidi nelle nostre risposte alla predicazione e nella nostra intercessione.
La preghiera in nome della comunità e davanti àd essa richiede molto tatto, molta capacità di immedesimazione.
Il linguaggio dovrebbe essere familiare, semplice, senza fare un discorso, con brevità. Ci rivolgiamo
al Signore con fiducia, con fervore,
sentendoci in comunione con tutti i
presenti che sono desiderosi di essere confortati da questa preghiera
che la comunità fa sua con il suo
«Amen». Questo momento si chiude con la preghiera domenicale e
corale per eccellenza che è il Padre
Nostro.
8 - Gli annunzi e saluto fraterno finale: dopo la benedizione finale e l’Amen cantato ci sono due
momenti importanti: gli annunzi
per mezzo dei quali i fratelli sono
informati delle attività della comunità, degli ammalati e degli altri avvenimenti. È un momento aperto,
affinché qualunque altro fratello
possa prendere la parola per completare queste informazioni. Il saluto finale del pastore sulla porta della chiesa non va trascurato, fa parte
del culto ed è un invito a che i fratelli fra di loro si diano la mano,
non in modo formale ma con vero
affetto e vero amore. Con questo
segno si chiude il culto e si apre
davanti a noi la strada della vita
nella quale siamo chiamati ad annunciare le cose grandi che il Signore ha fatto per noi.
5
Genova
Buon
compleanno
Elena
Vita Delle Chiese
Domenica 26 settembre a Corato la festa delle chiese
Evangelici e libertà
PAG. 5 RIFORMA
Improvvisa morte a 56 anni
Concetta Cataudella
Elena Margaret Maurin
Nel pomeriggio del 29 agosto abbiamo festeggiato il
centesimo compleanno della
sorella Elena Margaret Maurin, nata a Londra il 29 agosto
1893. Suo padre fu pastore in
diverse chiese valdesi tra cui
Nizza, Ivrea e Sampierdarena. Nella sua vita ha svolto le
più diverse mansioni girando
quasi tutto il mondo, e tuttora
parla perfettamente il tedesco, il francese e l’inglese.
È da qualche tempo nel nostro ospedale e la sua lucidità
e il suo temperamento fanno
di lei un personaggio dai connotati singolari.
Abbiamo voluto celebrare
questa sua festa con un culto
per ringraziare il Signore per
questo dono dei cento anni
concessi, dopo di che abbiamo concluso con un momento conviviale a base di champagne, dolci e musica sudamericana.
ANTONIO CONVERSANO
Domenica 26 settembre a
Corato (Ba) si sono date
appuntamento più di 300 persone, tra battisti, metodisti e
valdesi, in occasione della Festa delle chiese evangeliche di
Puglia e Lucania. Dalla Puglia
sono venuti da Altamura, Bari, Barletta, Brindisi, Cerignola. Conversano, Foggia, Gioia
del Colle, Grottaglie, Gravina,
Lecce, Mortola, Santeramo e
Taranto. Per la Basilicata da
Bernalda, Matera, Miglionico,
Rapolla, Tricarico, Venosa e
persino da Cersosimo e Valsinni.
La manifestazione ha avuto
inizio in piazza Municipio nei
pressi dei locali di culto della
chiesa valdese di Corato, con
un concerto di brani spiritual
dei bravissimi Carlo Leila (alla chitarra) ed Elisa Baglieri
(bellissima voce solista). Anna Sinigallia alla tastiera e Vito Saragallia alla tromba hanno invece eseguito la famosa
Cantata «Wachet auf» di J. S.
Bach.
Gianna Sciclone, vicemoderatore della Tavola valdese,
dopo aver salutato la città di
Corato e i convenuti, ha manifestato l’intenzione di offrire
un contributo culturale e di
amicizia alla città ospitante
per iniziare una ricerca di fede
in Gesù Cristo proclamando il
suo Vangelo di libertà.
Enunciando così il tema
della manifestazione, la Sciclone ha dato la parola a Elizabeth Green, pastora battista
della chiesa di Gravina, che ha
iniziato il culto con un’invocazione. Sono seguiti, oltre
ai tradizionali inni, una confessione di peccato a cura del
gruppo giovanile di Corato, la
lettura dei Comandamenti,
due brevi meditazioni inerenti
Il prof. Maselli interviene aiia manifestazione
il tema della manifestazione,
una delTimmigrato Barthélémy Kouamé della Costa
d’Avorio e l’altra da Domenico Maselli, professore di storia a Firenze e pastore delle
Chiese evangeliche libere.
Il pastore Massimo Aprile
ha tenuto la sua predicazione
basandosi su Isaia 6, 1-8. Ha
concluso il culto Odoardo Lupi, pastore delle chiese valdesi
di Taranto e Grottaglie, con il
Padre Nostro e la benedizione.
La manifestazione in piazza si
è conclusa con il concerto di
Carlo Leila ed Elisa Paglieri
che con altri formano un gruppo di ricerca musicale religiosa, rielaborando testi già conosciuti e non.
Durante i concerti e il culto
è stata allestita una mostra
sulla Bibbia, affiancata da un
tavolino con varie edizioni librarie della stessa. Il pranzo
comunitario si è svolto nello
spiazzo e nella sala antistante
del mobilificio Ciprelli, messo
a disposizione dal membro di
chiesa.
La manifestazione è continuata alle 16 nei locali di culto della chiesa di Corato con
un concerto delle corali di
Conversano, Bari, Corato e
Mottola. È toccato al gruppo
filodrammatico di Matera «La
scintilla» inscenare la commedia di Vittorio Calvino intitolata «L’angelo caporale».
La giornata si è conclusa
con una conferenza condotta,
con la consueta vivacità, dal
prof. Domenico Maselli che,
anche sollecitato da domande
venute dal pubblico, ha parlato sul tema «Evangelici e libertà». Maselli, partendo dalla
ricerca di Lutero sulla giustizia di Dio a stigmatizzato storicamente il contributo della
Riforma protestante riguardante lo sviluppo della democrazia rappresentativa, la lotta
all’ignoranza con opere
scolastiche realizzate dai vaidesi.
Ampio spazio è stato dato
nella sua relazione al contributo e alla presenza evangelica nel Sud durante il Risorgimento.
Ha concluso puntualizzando
che il protestantesimo non è
un corpo estraneo alla società
italiana e che nella crisi politico-sociale attuale la libertà degli evangelici sta ora nel pentimento.
Iniziativa cjGll6 cHìgsg GvangGliche di Torino in occasiono della Domenica della Riforma
Scusa^ conosci la Bibbia?
ALBERTO TACCIA
La settimana dal 24 al 31
ottobre sarà dedicata alla
conoscenza e diffusione della
Bibbia nella città di Torino, a
cura delle chiese evangeliche
della città, in connessione
con la ricorrenza della Riforma protestante.
L’elemento caratterizzante
di questa manifestazione sarà
la partecipazione attiva di
quasi tutte le chiese evangeliche.
Malgrado le diversità più o
meno accentuate che distinguono le varie realtà evangeliche (apostolici, avventisti,
fratelli, nazareni, pentecostali, salutisti, valdesi) tutti ci riconosciamo nelle affermazioni centrali della Riforma protestante: sola grazia, solo
Cristo, sola Scrittura e sola
fede.
La «settimana» vorrà essere un momento unitario di testimonianza che ogni chiesa
svolgerà nella propria sede
secondo il proprio modo di
comprendere, vivere e manifestare la fede evangelica, rivolgendosi alla città.
Tutte le chiese saranno
informate delle attività di ciascuno affinché tutti siano liberi di partecipare.
Ecco la lettera firmata dai
rappresentanti delle varie comunità, rivolta a tutti i componenti delle chiese evangeliche della città:
«Ai membri delle Comu
nità cristiane evangeliche
della provincia di Torino
Noi, pastori e responsabili
di comunità, vi invitiamo ad
unirci tutti per promuovere le
Giornate della Bibbia
dal 24 al 31 ottobre 1993
allo scopo di:
1- Sviluppare e approfondire la conoscenza biblica
all’interno delle nostre chiese;
2- Diffondere all’esterno
delle nostre comunità la conoscenza del messaggio biblico, come Parola di Dio.
Noi cristiani evangelici di
Torino e provincia, chiamati
a vita nuova dal Signore vivente, siamo da Lui mandati
a rendere ragione della speranza che è in noi.
Davanti a questa vocazione
ricordiamo la preghiera di
Gesù al Padre: «Che siano
tutti uno, affinché il mondo
creda» (Giovanni 17, 21).
Nessuno di noi pretende di
possedere la verità, ma insieme dobbiamo pregare e cercare di lasciarci possedere
dalla verità che è in Cristo
Gesù, Via, Verità e Vita.
Viviamo con gioia la consapevolezza che Cristo, per
pura grazia, ha dato un nuovo
senso alla nostra vita. Egli si
è fatto conoscere a noi nella
Sua Parola. Noi la vogliamo,
insieme, comunicare agli altri
senza alcuna presunzione di
superiorità, ma con umiltà,
franchezza, fraternità.
Nonostante la nostra debo
lezza, per l’azione misericordiosa dello Spirito di Dio,
la Parola del Signore è annunciata nelle nostre Comunità e TEvangelo dell’amore
di Dio trasforma i nostri cuori.
In una ricerca comune di
fedeltà all’unica vocazione
che ci è stata rivolta, noi vogliamo impegnarci:
a) ad esprimere con sempre maggiore convinzione e
chiarezza la nostra comunione di fede, sulla base dell’unica Parola di Dio;
b) a rendere in ogni occasione una testimonianza comune della nostra fede, nel
rispetto dei modi e delle forme diverse in cui Dio ci ha
dato di manifestarla;
c) a rispondere alla vocazione di essere lievito nella
pasta c .sale della terra, solidali con le ansie e le sofferenze degli uomini e delle
donne del nostro tempo. Vogliamo portare il contributo
di una predicazione concretamente vissuta, affinché i
segni della Grazia di Dio si
manifestino nella nostra società e ogni persona sia
rispettata nella sua dignità,
tutelata nella sua libertà, sostenuta nelle sue necessità in
un rapporto reciproco di solidarietà e condivisione che,
per noi, è il modo concreto di
esprimere l’amore di «Dio
unico e Padre di tutti» che
Cristo ci ha rivelato».
Il gruppo di lavoro ha pre
Ci ha lasciati aH’improvviso, in seguito a emorragia
cerebrale, all’età di 56 anni,
la sorella Concetta Cataudella. Nonostante la sua vita travagliata (orfana all’età di otto anni) aveva sempre il sorriso sulle labbra, sapeva sempre trovare l’aspetto «umoristico» della vita, anche nei
momenti dolorosi.
Compagna di vita fedele e
infaticabile del diacono Dino
Laganà, ha lasciato un vuoto
incolmabile all’interno della
sua famiglia, dove dava serenità e stimoli propositivi non
solo al marito ma anche ai
due giovani figli, Raffaele e
Francesco.
Dopo tanti anni di permanenza in Germania, dove Dino ha curato delle piccole comunità evangeliche di lingua
italiana, da alcuni anni abitavano a Pachino e solo un anno fa Concetta ha potuto ottenere il trasferimento, lavorando a Pachino stesso
senza dover viaggiare.
Era felice per questo e la
comunità locale è stata arricchita dalla sua presenza co
stante, per la sua disponibilità e per il suo carattere
gioioso e riconciliante.
Originaria di Pachino, aveva ritrovato molte persone
della sua infanzia e la sua vita (salvo alcuni periodi di
malattia) stava trascorrendo
tranquilla e piena di progetti
per il futuro. Nessuno si
aspettava un epilogo simile!
È proprio vero: «Vegliate,
perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt. 25, 13).
Ogni morte ci presenta davanti questo aspetto della vita che speso siamo tentati di
dimenticare. Vegliamo con
costanza, con serenità, nell’
amore per Dio e per il prossimo. Concetta è entrata nel
riposo del Signore con questa fede e con la certezza che
la morte non vincerà, perché
Cristo ha già vinto la morte!
Nell’esprimere solidarietà
al fratello Dino e ai suoi figli, preghiamo il Signore
perché dia loro la forza necessaria e tanta fede in colui
che ha dato la «sua vita perché noi vivessimo», (r.g.)
Cronache
1.
disposto, oltre alla «lettera
alle chiese» su riportata, il testo di una locandina che
verrà largamente diffusa nella città con la presentazione
della manifestazione: «I cristiani evangelici della provincia di Torino, ai loro concittadini: una proposta per un
rinnovamento delle coscienze, delle chiese, della società».
Inoltre sarà stampato un
volantino in cui oltre all’elenco di tutte le comunità
che aderiscono alla manifestazione, verranno riportati i
singoli programmi.
Si prevedono esposizioni
con l’illustrazione di quello
che la Bibbia rappresenta per
noi oggi, conferenze a più
voci sulla Bibbia nella cultura italiana, vendite promozionali di testi e diffusioni di
porzioni bibliche, campagne
a più diretto scopo evangelistico, ecc.
Ogni chiesa si esprimerà
secondo la propria sensibilità, in base ai doni e alle capacità ricevuti dal Signore.
Questa proposta, attuata
per la prima volta nella città
di Torino, ha lo scopo non
secondario di avviare le chiese evangeliche delle diverse
denominazioni in un lavoro
comune che, se il Signore
vorrà e se noi avremo la perseveranza di continuare, potrà ancora esprimersi in azioni comuni di testimonianza
nella nostra città.
MOTTOLA — Un nuovo triste evento per la nostra comunità:
è venuto a mancare, infatti, il fratello Stefano D Elia di 51
anni, che non molto tempo fa, provato da un lungo periodo
di malattia, aveva dato aperta testimonianza della propria fede. Il funerale è stato tenuto lunedì 20 settembre dal pastore Massimo Aprile. Ci uniamo al dolore dei familiari e preghiamo il Signore che sia vicino a loro e li conforti (v.m.).
ROCCA DI PAPA — Presso il Centro battista si è svolto il 1°
e il 2 ottobre il corso dei monitori delle scuole domenicali:
inizia quest’anno un nuovo ciclo che, come i precedenti, ha
durata di sei anni, ma presenta alcune sinipatiche e gradite
novità che sono state prese in considerazione dai relatori,
pastori Blasco Ramirez e Italo Benedetti. Al corso sono stati
invitati a partecipare anche i monitori delle chiese metodiste, valdesi e luterane, (d.g.).
PRAROSTINO — Domenica 4 settembre due sono state le
coppie che si sono unite in matrimonio nel tempio di S. Bartolomeo: Dario Fornerone e Claudia Gay, Giovanni Bounous e Grazia Gardiol. A loro l’augurio di tutta la comunità
per una vita insieme arricchita dalla presenza del Signore.
• Il 26 settembre, durante il culto a Roccapiatta, Graziano
Godin e Fiorella Travers hanno presentato al battesimo il
piccolo Jody. Nel partecipare alla gioia della famiglia chiediamo a Dio di essergli sempre di guida.
POMARETTO — L’Evangelo della resurrezione e della speranza è stato annunciato in occasione di due funerali: sono
deceduti Enrichetta Clot ved. Peyronel e Clot, mancata presso l’Ospedale valdese all’età di 78 anni, e Giovanni Stefano
Rostan, scomparso anch’egli all’Ospedale all’età di 72 anni.
Alle famiglie e ai parenti nel lutto va la simpatia della comunità.
PINEROLO — In questo periodo riprendono tutte le tradizionali attività. Di nuovo c’è un esperimento di studio biblico
nelle ore pomeridiane, oltre a quelli del lunedì sera: speriamo che vi voglia partecipare chi non ha la possibilità di
uscire la sera.
• Il primo turno di riunioni quartierali avrà come tema il documeto comune di studio e proposta per un indirizzo pastorale dei matrimoni interconfessionali. Sarebbe auspicabile
che vi partecipassero i giovani ai quali l’argomento dovrebbe interessare (sia quelli che hanno già celebrato il matrimonio interconfessionale sia chi si accinge a farlo).
• Dopo un periodo di dura prova ci hanno lasciato Letizia
Pons ved. Buffa, originaria di Massello, e Ernesto Costantino, proveniente da Prarostino. I numerosi partecipanti ai funerali si sono stretti alle famiglie in lutto esprimendo le condoglianze di tutta la comunità.
PINEROLO — Domenica 17 ottobre a Pinerolo, presso i locali della chiesa valdese, alle ore 15, si svolgerà l’assemblea
delle corali; alle 14 è convocata la giunta.
VILLAR PELLICE — Sabato e domenica 23 e 24 ottobre al
Castagneto di Villar Pellice riprendono gli incontri di perfezionamento corale diretti da Sebastian Korn. Inizio sabato
alle 14. Le prenotazioni per il corso si ricevono direttamente
al Castagneto. Domenica 24, alle 16, i partecipanti presenteranno un concerto nel tempio valdese di Lusema San Giovanni.
ASSEMBLEE DI CIRCUITO - L’assemblea del X circuito
(Toscana) delle chiese valdesi e metodiste si terrà a Pisa (via
Derna 13) domenica 17 ottobre con inizio alle ore 9,30. Alle
ore 15,30 il prof. Giorgio Spini parlerà sul tema: «Responsabilità degli evangelici nell’ora presente».
• L’Assemblea del XII circuito (Abruzzo e Molise) si terrà
invece a San Salvo (Ch) nella chiesa valdese. Alle ore 15
l’attore Franco Giacobini leggerà alcuni brani biblici a introduzione del tema che verrà affrontato il pomeriggio: «La lettura della Bibbia».
6
PAG. 6 RIFORMA
Della Parola
VENERDÌ 8 OTTOBRE 199.-^
IL SENSO
DEL LAVORO
VALDO BENECCHI
Uno dei problemi più urgenti del nostro paese,
in questa fase di recessione,
è certamente la disoccupazione. Nel momento in cui si
cercano o si dovrebbero cercare delle soluzioni, è giusto
cogliere l’occasione anche
per ripensare eticamente, e
per quanto ci riguarda anche
teologicamente, il concetto
stesso di lavoro che certamente, per la maggioranza di
noi, ha bisogno di recuperare
un senso, una dignità, una
qualità umana.
Cosa dice la Bibbia
A questo proposito leggiamo in primo luogo II
Tessalonicesi 3, 6-11. Qui
Paolo insiste sull’espressione: «Condursi, vivere disordinatamente»; ne esplicita il
significato nei versetti 8 e
11: «Né abbiamo mangiato
gratuitamente il pane d’alcuno, ma con fatica e con pena
abbiamo lavorato notte e
giorno per non essere d’aggravio ad alcuno di voi». «Se
alcuno non vuole lavorare,
neppure deve mangiare. Sentiamo che alcuni si conducono fra voi disordinatamente,
non lavorando affatto, ma
affacendandosi in cose vane».
Vale la pena di ricordare
che nelle prime pagine della
Bibbia il lavoro fa parte
dell’ordine naturale che Dio
ha predisposto per l’umanità.
Il lavoro è il compito collettivo dell’umanità per assicurarsi la vita, rendendo la terra
abitabile, coltivandola e custodendola. Il lavoro è visto
anche come la partecipazione dell’umanità alla creazione, alla sua continuazione. Ma abbiamo finito per
sprecare tutto.
Il non lavorare, il non voler lavorare, il non poter lavorare o il lavorare male sono disordine. La disoccupazione è disordine, perché degrada e mortifica la nostra
umanità.
In Efesini 4, 28, Paolo ci
indica una pista percorrendo
la quale potremmo recupera
«Or, fratelli, noi v’ordiniamo nel nome del Signor
nostro Gesù Cristo che vi ritiriate da ogni fratello
che si conduce disordinatamente e non secondo
Vinsegnamento che avete ricevuto da noi. Poiché
voi stessi sapete com’è che ci dovete imitare: perché
noi non ci siamo condotti disordinatamente fra voi;
né abbiamo mangiato gratuitamente il pane d’alcuno, ma con fatica e con pena abbiam lavorato notte
e giorno per non esser d’aggravio ad alcun di voi.
Non già che non abbiamo il diritto di farlo, ma abbiam voluto darvi noi stessi ad esempio, perché
c’imitaste. E invero quand’eravamo con voi, vi comandavamo questo: che se alcuno non vuol lavorare, neppur deve mangiare. Perché sentiamo che alcuni si conducono fra voi disordinatamente, non
lavorando affatto, ma affacendandosi in cose vane.
A quei tali noi ordiniamo e li esortiamo nel Signor
Gesù Cristo che mangino il loro proprio pane,
quietamente lavorando».
(II Tessalonicesi 3, 6-11)
«Chi rubava non rubi più, ma s’affatichi piuttosto a lavorare onestamente con le proprie mani, onde abbia di che far parte a colui che ha bisogno».
(Efesini 4, 28)
Facoltà valdese di teologia
INAUGURAZIONE DEL 139° ANNO ACCADEMICO
Sabato 16 ottobre - ore 17,30,
Aula magna della Facoltà
(via Pietro Coesa 40, Roma)
Prolusione del prof. Bruno Corsani:
Messaggio e coscienza profetica neii’
orizzonte deii’Apocaiisse di Giovanni.
Il culto di apertura del nuovo anno accademico
sarà presieduto dal pastore Eugenio Rivoir, domenica 17 ottobre nel tempio di via IV novembre
107 in Roma alle ore 10,45, e sarà in comune
con le due comunità di lingua italiana e di lingua
francese.
Le lezioni inizieranno lunedì 18 ottobre.
La sessione di esami di ottobre è fissata per i
giorni 15 e 16.
Il convitto è a disposizione degli studenti a partire
dal 15 ottobre.
Segreteria, tei. 06-3210789; Fax 06-3219729.
Convitto, tei. 06-3611649 (ore 9-13).
re quell’ordine, quel senso,
quella dignità.
1) «Chi rubava, non rubi
più». Il rubare è compromettere quell’ordine naturale in
una forma davvero vistosa e
violenta. Nel nostro tempo e
nel nostro paese non fatichiamo molto a riempire di
esempi attuali quel verbo;
ma ampliamone un po’ il significato.
«Non opprimerai il tuo
prossimo e non gli rapirai ciò
che è suo; il salario dell’operaio al tuo servizio non ti resti in mano la notte fino al
mattino» (Levitico 19, 13).
«Guai a colui che fa lavorare
il prossimo per nulla e non
gli paga il salario e dice: mi
edificherò una casa grande e
delle camere spaziose» (Geremia 22, 13).
Non rubare
Nella Bibbia il non rubare
non è la sanzione del diritto alla proprietà privata
quanto «non ti devi erigere a
padrone, a sfruttatore di altri,
non devi privare altri del diritto del necessario, non
mortificare il diritto di nessuno al lavoro e a una vita
dignitosa».
Non rubare vuol anche dire
non rapinare nessuno della
sua umanità, non mortificare
nessuno della libertà di essere persona. Non ridurre nessuno a merce di scambio.
Rubare è disordine.
2) «Ciascuno si affatichi a
lavorare onestamente con le
proprie mani». Nella Bibbia
ia fatica non è qualcosa di ripugnante. La vita va spesa e
non consumata e la fatica del
lavoro è uno dei modi per
spendere la vita. «Tu mungerai della fatica delle tue mani; sarai felice e prospererai»
(Salmo 128).
«In ogni fatica v’è profitto,
ma il chiacchierare mena
all’indigenza» (Proverbi 14,
23). «La vostra fatica non è
vana nel Signore» (I Corinzi
15, 58). La vita non ci viene
donata per consumarla, per
sprecarla, o per conservarla
gelosamente, ma per spenderla. Gesù Cristo ha speso
la sua fino in fondo.
Fare ciò che è buono
Ma in che direzione
spenderla? a favore di
chi?
3) Paolo continua: «Lavorare onestamente con le proprie mani»: la traduzione letterale sarebbe questa: fare
ciò che è buono con le proprie mani. Buono lo è in riferimento agli altri, come precisa subito dopo: intanto
quello che nuoce non è lavoro. Per esempio, per rubare
ci vuole impegno, calcolo, rischio. Pensiamo ancora al
traffico e allo spaccio della
droga; pensiamo alla fabbricazione e al commercio
delle armi: questi non sono
lavori, sono disordine perché
vanno contro il progetto di
Dio per l’umanità.
Lavoro, fare ciò che è buono con le nostre mani: buono
per chi? Qui Paolo attribuisce al lavoro un senso davvero inaudito: «Onde abbiamo
di che far parte a colui che è
nel bisogno».
Far parte è di più di aiutare. Aiutare è un verbo che ci
fa scivolare nella vecchia beneficenza che lascia le cose
come sono; lavorare per essere nelle condizioni di avere
di che far parte a chi è nel bisogno, e ovviamente non si
tratta solo di beni di consu
mo. Con le tue mani: i bisogni e i diritti degli altri non li
puoi delegare a uno sportello
del Comune o di qualche ente religioso di beneficenza.
Il lavoro come servizio
Il lavoro come occasione,
come opportunità di
condivisione, di servizio a
favore di coloro che hanno
bisogno. Il lavoro come luogo privilegiato per seminare
e per far crescere la solidarietà umana intesa non soltanto come un bel gesto di
generosità. Solidarietà non è
neppure commiserazione: è
impegno a uscire dai propri
schemi di vita per incontrare
i bisogni e i diritti degli altri;
impegno a contribuire a cambiare le situazioni di ingiustizia che si incontrano.
La solidarietà aiuta a crescere e a maturare come credenti e come cittadini. In
questa ottica il lavoro non è
inteso né come idolatria né
come schiavitù, ma come occasione di servizio per la comunità, soprattutto per coloro che hanno bisogno.
4) Sembra un discorso
adatto a un altro mondo? È
vero che ci sembra impossibile sottrarci alle logiche che
ancora regolano il mondo del
lavoro: profitto fine se stesso
passando sopra la realtà
umana, sfruttamento, egoismo, ricatti, umiliazioni,
pressioni e spesso anche violenze di cui sanno molte
donne. Ma di fronte a questa
situazione, come discepoli di
Cristo dobbiamo sentirci attrezzati per lavorare al cambiamento.
Solidarietà
e condivisione
Ecco la premessa al v. 28:
«Avete imparato, per
quanto concerne la vostra
condotta di prima, a spogliarvi del vecchio uomo che
si corrompe seguendo le passioni ingannatrici; ad essere
invece rinnovati nello spirito
della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo che è
creato all’immagine di Dio
nella giustizia e nella santità
che procedono la verità» (v.
22-24). «Perciò...». Perciò ce
la possiamo fare.
5) «Chi rubava non rubi
più, ma s’affatichi piuttosto a
lavorare onestamente con le
proprie mani, onde abbia di
che far parte a colui che ha
bisogno».
La nostra vocazione
Non dobbiamo cercare di
minimizzare la realtà
conflittuale del lavoro oggi
che giunge a tensioni tragiche, come a Crotone e in altre
città, ma intanto possiamo incominciare a vedere il nostro
lavoro come momento di ricerca possibile di una giusti
zia migliore per tutti e di una
vita più dignitosa per tutti: lavoro vissuto in una dimensione di solidarietà e di condivisione.
La nostra vocazione è di
tradurre oggi queste indicazioni di Paolo in un nuovo
stile di vita come testimonianza concreta della nostra
conversione a Cristo, del nostro modo di conoscere e di
vivere TEvangelo come segno della direzione nella quale vogliamo muoverci per offrire il nostro apporto in vista
del cambiamento della nostra
società e in primo luogo della
trasformazione delle nostre
coscienze e dei nostri concittadini.
Preghiera
Signore e Padre nostro, facendoci in Cristo
eredi delle tue promesse, tu ci hai liberati
dall’ asservimento a un mondo vecchio e ci hai
ojferto l’opportunità di partecipare a un mondo
nuovo nel quale vivere in totale apertura a te,
alle donne e agli uomini, nostre sorelle e nostri
fratelli.
Vogliamo dirti di sì ogni giorno nel nostro
modo di vivere. Sì nel rifarci continuamente a te,
perché in te sta il significato di ciò che siamo e
di ciò che facciamo. È per questo che dobbiamo
scoprire, con sempre maggiore chiarezza, quale
sia la tua concreta volontà, quale sia il modo
migliore per sentirci ed essere tuoi collaboratori
nella trasformazione delle coscienze e della società. Dacci la forza di distogliere lo sguardo
dai nostri piccoli, modesti successi di cui è facile compiacersi, per vedere oltre, nella sua lacerante realtà, la tragica situazione del mondo in
cui è manifesto il nostro insuccesso. Dacci di
sostenere di fronte ai sazi chi è affamato, di
fronte ai forti chi è debole; di essere di aiuto ai
sofferenti e di conforto ai disperati; di testimoniare ovunque e per chiunque della salvezza e
della pace in Gesù Cristo. Amen.
7
Spedizione in abb. post. Gr II A/70
In caso di mancato recapito rispedire a:
CASELLA POSTAl.E 10066
torre PELLICE
Fondato nel 1848
Delle Yalu "\àldesi
venerdì 8 OTTOBRE 1993
ANNO 129 - N. 38
LIRE 1300
Adeguamenti strutturali, rapporto con il territorio e dimensione umana
Il ruolo degli ospedali valdesi alle Valli
dopo la legge di riforma sanitaria
GIOVANNI MATHIEU
L.’attuale evoluzione del
quadro legislativo in campo
sanitario, sia a livello nazionale che a livello regionale,
pone interrogativi e incertezze su quello che sarà il futuro
assetto del sistema sanitario.
In particolare, il decreto legislativo n. 502 del 30112192 (la
cosiddetta legge di riforma
del sistema sanitario nazionale) e i conseguenti atti legislativi previsti a livello regionale
(riorganizzazione delle Ussl,
creazione delle aziende ospedaliere, ridefinizione del finanziamento delle strutture
sanitarie ecc.), e ancor più i
contenuti della legge finanziaria 1994, in via di discussione e approvazione, richiedono una riflessione approfondita sul ruolo che due
piccoli presidi quali gli ospedali valdesi di Torre Pellice e
di Pomaretto potranno svolgere infuturo nell’ambito
della rete sanitaria della Regione Piemonte.
Abbiamo chiesto al dottor
Giovanni Mathieu, direttore
sanitario dell’ Ospedale valdese di Torre Pellice, alcune
riflessioni sul ruolo degli
ospedali di comunità come
possono essere quelli delle
Valli.
A questo appuntamento, gli
ospedali valdesi delle
Valli si presentano con un assetto strutturale e organizzativo soddisfacente: la dotazione
tecnologica di apparecchiature
sanitarie è valida e aggiornata
con i tempi; il personale dipendente è adeguatamente
preparato e sufficientemente
motivato; i livelli di attività
sanitaria, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, sono validi; dal punto di vista finanziario la gestione del bilancio
è corretta; sono iniziati impegnativi lavori di ampliamento
dei due ospedali volti a superare i limiti derivanti dalla carenza di spazi e locali (a que. sto riguardo è auspicabile che
non insorgano difficoltà di ordine burocratico o di finanziamento, che ostacolino il completamento dei progetti in corso di realizzazione).
Gli ospedali valdesi hanno
assunto una connotazione che
possiamo definire di ospedale
di comunità, con l’attivazione
dei principali servizi di diagnosi e cura compresi nell’
ambito della medicina interna
(degenza continuata per malati acuti, day-hospital, ambulatori vari), unitamente ai servizi di laboratorio analisi e radiologia-ecotomografia, svolgendo da un lato una funzione
di raccordo con il territorio di
riferimento, dall’altro una funzione di collegamento con le
strutture ospedaliere specialistiche di secondo livello.
Le malattie oggi prevalenti
sono caratterizzate da processi
patologici a carattere degenerativo con necessità di programmi terapeutici a lungo
termine, che non si esauriscono nell’arco di un singolo ricovero ospedaliero: questo impone appunto la necessità di
Torre Pellice: confronto fra associazioni
Scopriamo la dignità
del volontariato
L’Ospedale valdese di Torre Pellice e il suo cantiere
una stretta integrazione tra
ospedale e servizi territoriali
(dal medico di base alle forme
più avanzate di assistenza domiciliare integrata e ai servizi
socio-assistenziali) al fine di
assicurare al malato una continuità terapeutica secondo standard qualitativi accettabili.
In altri termini gli ospedali
valdesi delle Valli, attraverso
la loro attività sanitaria, hanno
cercato di assicurare in questi
anni una qualificazione dei
servizi territoriali, attraverso
una stretta integrazione funzionale con i medesimi; un
decongestionamento, e di con
seguenza una maggiore funzionalità, degli ospedali di secondo livello; un’attività di
primo intervento diagnosticoterapeutico per le urgenze ed
emergenze sanitarie, con la finalità di fornire una prima risposta, in tempi brevissimi, a
situazioni critiche, in attesa di
un eventuale trasporto assistito presso strutture di secondo
livello.
Senza dimenticare l’attenzione e la sensibilità alle problematiche sanitarie peculiari
delle zone montane, non soltanto in funzione delle oggettive difficoltà geografiche di
spostamento, ma anche in riferimento alla presenza di un
elevato numero di soggetti anziani, affetti da malattie multiple associate, spesso portatori
di processi patologici cronicizzati e invalidanti, con scarsa propensione ad una cultura
preventiva e a un utilizzo intenso dei servizi sanitari di riferimento.
E ancora; il mantenimento
di una dimensione umana nelle strutture sanitarie di ricovero, allontanando il meno possibile il malato dal proprio
contesto socio-familiare; infine l’espletamento in sede locale, senza disagevoli spostamenti, dei principali esami
diagnostici e delle più comuni
terapie praticate in medicina
interna, evitando di attivare
flussi migratori di pazienti, attraverso una rete viaria e di
trasporti spesso carente o di
non facile fruibilità. C’è da
augurarsi che l’attuale evolversi del quadro legislativo sanitario non modifichi radicalmente il ruolo svolto dagli
ospedali valdesi nelle Valli.
In altre parole, è auspicabile
che gli ospedali possano continuare ad assicurare, ovviamente nel rispetto delle norme
vigenti e dell’oggettività degli
standard, servizi sanitari adeguati alle richieste e alla dimensione umana, mantenendo
come soggetto centrale della
programmazione della propria
attività le persone nella loro
complessità di esigenze e bisogni.
ADRIANO LONGO
Le associazioni socio-sanitarie operanti in vai
Pellice si sono concesse un
serrato confronto domenica
14 ottobre presso il salone
Opera gioventù di Torre Pellice, presenti il dottor Rissone, coordinatore delI’Ussl 43,
alcuni amministratori locali e
la dottoressa Genisio, funzionario della Regione Piemonte. L’occasione è stata offerta
da un convegno patrocinato
dalla sezione locale dell’Associazione volontari ospedalieri (Avo), che con questa e
altre manifestazioni vuole dare rilievo ai dieci anni di vita
del proprio sodalizio.
Sorta nel 1983, e avendo
l’obiettivo di conferire dignità alla persona malata fornendo un servizio di ascolto e
di aiuto pratico ai degenti
dell’Ospedale valdese, l’Avo
ha poi esteso la sua opera alle
case di riposo San Giuseppe e
Rifugio Re Carlo Alberto.
L’interrogativo che si è posto ai convenuti era: «Può essere utile che le associazioni
trovino dei modi di collaborare in vista di una preparazione e formazione professionale
dei volontari? Le Ussl potrebbero appoggiare questa formazione?».
Le risposte ai quesiti sarebbero potute sembrare quasi
scontate ma, all’atto pratico,
l’operare insieme in vista di
questi obiettivi può solo essere il risultato di una lunga ri
Perosa Argentina: convegno internazionale sulle più recenti esperienze europee
La valorizzazione del patrimonio minerario
________MAURO MEYTBE_________
ormai assodato che il progetto Interreg presentato
dalla Comunità montana valli
Chisone e Germanasca e dal
Comune di L’Argentière-laBessée è in fase di definizione.
I 700 milioni di finanziamento
serviranno nell’ambito della
valorizzazione del patrimonio
minerario per sostenere «attività di ricerca e di studio, di
analisi di progettazione di alcune prime realizzazioni»; un
tassello per un modello di sviluppo integrato, forse l’unico
percorribile, per le nostre valli
montane.
In questo quadro si colloca il
convegno internazionale su
«Esperienze europee di valorizzazione del patrimonio
minerario», tenutosi sabato 2
ottobre a Perosa Argentina.
La miniera non è solo più
fonte di reddito con l’attività
estrattiva, ma può diventare
oggetto di sviluppo turistico. Il
taglio delle comunicazioni è
stato soprattutto tecnico e ricco
di scambio di esperienze; validi i contributi da realtà diverse,
sia per il livello di realizzazione dei progetti, sia per le
caratteristiche sociali dei territori in questione: la presenza
anglosassone ha contribuito a
un giusto grado di pragmatismo. La creazione di canali
comunicativi tra comunità locali e visioni di sviluppo a livello europeo coinvolge
profondamente gli aspetti sia
politici che economici e culturali in senso lato, e crea anche
una nuova immagine della nostra realtà.
I politici presenti hanno ricordato come il lavoro svolto
sia stato sostenuto dall’idea di
un’Europa costruita sulle regioni, una doverosa precisazione oggi che si rischia di
confondere un interesse di sviluppo locale con una politica
solo locale e nazionalistica.
Se la creazione delle miniere, il loro sviluppo e la cessazione della coltivazione sono
stati accompagnati dal progresso tecnologico ed economico, la vita di molte realtà
produttive è legata alle leggi di
un’economia di mercato.
Anche nuovi progetti, che
intervengono su realtà già da
tempo abbandonata o in fase di
dimissione o ancora in attività,
non sfuggono alle leggi del
mercato: è quanto ha ricordato
Gareth Gregory, direttore finanziario e commerciale del
I museo di Big Pit in Gran
Bretagna. Ha illustrato come
nel Galles meridionale, una regione a vocazione mineraria e
una realtà sociale plasmata
sull’esistenza della miniera,
oggi accanto a una drastica riduzione dei posti di lavoro si
debba sviluppare una trasformazione della mentalità da minatore a quella di guida turistica, pur mantenendo viva la
consapevolezza del carattere limitato dello sviluppo turistico.
Esiste un dibattito e un lavoro di ricerca nell’ambito
dell’archeologia industriale, al
fine di migliorare la conoscenza per il recupero di strutture a
carattere museale o comunque
di progetti di conservazione,
che Michael Stratton, direttore
deirironbridge Institute, vede
inserito in una collaborazione
intemazionale.
Certamente, come ricorda
Bruno Ancel, archeologo
minerario del (Testi L'Argentière-la-Bessée, accanto ai problemi scientifici è necessario
valutare gli aspetti economici:
la stessa presentazione del prodotto turistico deve essere diversificata secondo il tipo di
turismo stagionale.
Sono tutti aspetti importanti
per lo sviluppo del progetto Interreg nella nostra zona. È pre
sente un contenuto ottimismo
anche per la dichiarata
disponibilità di collaborazione
per il decollo dell’iniziativa da
parte della società multinazionale Lusemac, oggi concessionaria delle miniere in alta vai
Germanasca.
Si tratta ancora di comprendere quale impatto avrà fra la
gente l’iniziativa, e considerare gli effetti concreti in un
contesto di riconversione o
piuttosto di ristrutturazione industriale in atto nella valle.
La validità di questi progetti
può avere come criterio di valutazione il pensiero espresso
da Thomas O. Domhnaill, irlandese: «Il problema centrale
è l’occupazione, per comprendere il successo di un progetto
bisogna misurare quanti posti
di lavoro si creano».
INFORMAGIOVANI
VAL PELLICE
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informazioni su
sport, scuola, lavoro, musica, viaggi, tempo iibero
Lunedì e venerdì ore 14-17
flessione fatta a partire dall’impegno quotidiano e dalla
coscienza che il confronto è
un importante strumento di
vera crescita.
Le associazioni, sollecitate
dal dottor Bissone a prendere
coscienza della dignità del
ruolo svolto, hanno optato per
continuare in maniera più
convinta l’opera di informazione e confronto reciproco
per cui si darà nuovo impulso
al progetto di «volontariato
insieme» già sperimentato
tempo addietro.
In quanto ai rapporti tra enti pubblici e volontariato, secondo il dottor Bissone siamo
in un momento di massima
contraddizione: «La convenzione con la Croce Rossa viene ad essere sostitutiva di un
servizio che dovrebbe essere
di competenza dell’ente pubblico e quindi l’esatto contrario di quanto affermiamo
quando diciamo che non vi
debbono essere sovrapposizioni e deleghe.
Sull’altro versante, vediamo che un centinaio di pionieri del soccorso della Croce
Rossa, quindi volontari e non
personale medico, si sta impegnando al massimo in un
corso di formazione perché
ha preso, specialmente fra i
giovani, la consapevolezza
che l’azione di soccorso può
avere successo solo se si sanno prendere decisioni corrette
e tempestive».
Non sono naturalmente
mancati gli interventi che
manifestavano preoccupazione per l’accorpamento su Pinerolo delle tre Ussl, poiché
c’è il rischio che tutta la gestione, da lungo tempo sperimentata, di integrazione tra
servizi sociali e sanitari venga ad essere stravolta in seguito al ritorno del potere decisionale lontano dalle situazioni del bisogno.
Proprio in questa fase critica, il dibattito ha fatto emergere quanto sia necessario riscoprire la dimensione politica nell’azione delle associazioni di volontariato: a fianco
dell’azione di solidarietà al
singolo è importante che venga dedicato del tempo anche
a ricercare forme nuove nella
gestione dei problemi della
città.
In questo quadro il volontario, come cittadino non disposto alla delega, si batte per
l’applicazione di una giustizia
più equa nella dimensione
della solidarietà.
E infine, l’ultima constatazione incoraggiante è venuta
dalla dottoressa Genisio: «Le
associazioni di volontariato
che aderiscono alla legge
266, la legge quadro sul volontariato, iscrivendosi all’albo delle associazioni regionali, oltre ad ottenere alcune facilitazioni di tipo burocraticoamministrativo, possono
prendere coscienza che tramite le convenzioni partecipano
a tutti gli effetti a un’azione
di interesse pubblico regolarmente programmata, e pertanto possono richiedere il rispetto puntuale delle convenzioni».
8
PAG. Il
^ Eco Delle Valli Wldki
Un convegno farà il punto su un'attività economicamente rilevante per l'intera valle
Quarant'annì di produzione lattiero-casearia
per la Cooperativa di Bobbio Pellice
Tracce della grandinata su un melo a Luserna San Giovanni
UNA GRANDINATA «STORICA» — Grandine grande come
nocciole martedì scorso su San Giovanni a Luserna, su parti
del territorio di Bibiana, Torre Pellice e Angrogna. Ma non è
stata tanto la dimensione dei chicchi a stupire quanto la durata della precipitazione; dopo un’ora la zona colpita aveva assunto una tipica veste invernale con uno spessore di ghiaccio
fra gli 8 e i 10 centimetri. Disastroso l’effetto sulle coltivazioni (nella foto un melo praticamente spogliato di frutti e
foglie) soprattutto sui frutteti e sulle vigne della zona.
ARRESTATO IL CAPO DEI VIGILI — Non c’è pace per il
Comune di Luserna san Giovanni. Appena risolta la lunga
crisi politica ecco anche un caso giudiziario. Il capo dei vigili, Aniello Errico, è stato arrestato la scorsa settimana e si
trova ora in carcere a Pinerolo.
E accusato di aver commesso gravi irregolarità nell’ambito
del piano commerciale e in particolare di aver artificiosamente aumentato il numero di licenze di parrucchiere consentendo così ad un numero di persone più elevato del lecito
di svolgere questa professione. La magistratura ha fornito al
Comune un lungo elenco di elementi su cui si sta indagando.
L’amministrazione si è costituita parte civile e ha provveduto
a sospendere temporaneamente il capo dei vigili dal proprio
incarico.
BAMBINI BOSNIACI A PRA CATINAT — Due settimane
di vacanza a Pra Catinai possono essere interessanti per molte persone, ma sono sicuramente qualcosa di molto speciale
per chi fino a ieri vedeva cadere bombe e morire persone in
guerra. Per quindici giorni erano ospiti del Centro di soggiorno di Pra Catinai 21 bambini fra i 10 e i 13 anni, un bimbo di
6 e due mamme, tutti bosniaci profughi da diverse città teatro
di combattimenti, accolti in un campo a Stifa Lotra, vicino a
Lubiana. Alcuni di loro hanno i genitori al campo, altri non
hanno più notizie da molti mesi dei loro familiari.
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
PIERVALDO ROSTAN
La cooperativa lattiero-casearia di Bobbio Pellice
compie 40 anni. L’Amministrazione comunale, i soci attuali e altri gruppi operanti in
valle hanno scelto di ricordare questa data non solo
con festeggiamenti ma soprattutto con un momento di
confronto sulla realtà della
produzione del formaggio
nelle valli alpine. Ciò avverrà
con un convegno previsto per
domenica 10 ottobre, alle
9,30. Ci saranno anche momenti di festa, una mostra fotografica, visite guidate al caseificio; lunedì si svolgerà la
fiera d’autunno.
Ma quarant’anni rappresentano una storia e un’attività
significativa per tutta la valle,
e come vedremo in seguito,
in prospettiva anche per una
area più vasta. Un caseificio
dove viene convogliato il latte di mezza vai Pellice, un
centro di trasformazione in
formaggio, le classiche tome
ma anche altri tipi di prodotti
caseari.
Una storia, si diceva, nata
nel 1953 a opera di 28 agricoltori di Bobbio Pellice con
una forte volontà di cooperazione. Fin dall’inizio si
partì con la trasformazione
producendo tome, burro, ricotta; il latte in sé non aveva
grandi prospettive, non si
parlava di catene di distribuzione e dunque si pose l’esigenza di far rendere il latte
ottenuto in alta valle.
Negli anni l’allevamento
degli animali ha segnato momenti di crisi e successive risalite; questo può aver inciso
sull’andamento della cooperativa? Ne parliamo con Enzo
Negrin, responsabile del
servizio agricoltura della Comunità montana vai Pellice.
«All’inizio degli anni ‘60
c’è stata una grossa battuta
di arresto; anche sul piano
economico la cooperativa era
in grossa dijficoltà. Allora intervenne la Provincia di Torino é si riorganizzò il caseificio. Negli ultimi anni la situazione è andata lentamente
migliorando anche grazie alla valorizzazione dei prodotti
tipici della montagna, e il
formaggio è tra questi».
- Il conferimento del latte
varia considerevolmente durante i periodi dell’anno; abbondante in primavera, diventa più scarso con l’estate:
è il momento in cui le bestie
vengono portate agli alpeggi
e dunque là vengono prodotti
direttamente i formaggi. Ciò
crea alcuni inconvenienti a livello di produzione ma tutto
rientra nella logica della stagione. In ogni caso oggi il
latte non arriva solamente da
Bobbio ma i produttori sono
un po’ di tutta la valle.
«Verso la fine degli anni
‘70 la comunità montana
aveva promosso l’avvio di un
consorzio agricolo valli alpine per collegare le varie cooperative della valle ma non
solo.
Questa iniziative si è un
po’ arenata. Attualmente si
sta cercando di fare un’ associazione fra cooperative per
collaborare, lasciando un
certo margine di libertà a tutti e tuttavia offrendo un certo
valore economico all’iniziati
1
■é
Una fase della lavorazione alla cooperativa di Bobbio
È»'
va. Al momento l’incidenza
dei soci conferitori risulta essere per il 23% di agricoltori
di Bobbio, il 29% su Villar e
il 7% su Torre Pellice. Gli altri soci, al momento della rilevazione, non stavano conferendo latte».
— La cooperativa ha spazio
ed energia per affrontare un
ampliamento che consenta ad
esempio di trasformare anche
latte raccolto in altre zone tipo la vai Chisone?
«A livello politico e tecnico
ci stiamo muovendo su questa
linea; gli amministratori della vai Chisone sono d’accordo. Si tratta di mettere in relazione tre tasselli. La vai
Pellice ha il caseificio di
Bobbio destinato ad essere la
sola struttura di trasformazione delle valli con un certo
peso (in media 4-5 mila quintali di latte trasformato Tanno ); la vai Chisone ha la
struttura per la raccolta del
latte e per la commercializzazione c’è la cooperativa di
Prarostino che ha una buona
vocazione commerciale. Con
questi tre elementi si potrebbe fare qualcosa di concreto
per il sistema caseario delle
nostre vallate».
- In termini di microeconomia l’attività della cooperativa può essere quantificata?
«Se prendiamo come riferi
i" irt • r., ). ' ' '
mento il 1980 il totale del latte conferito era di 4.180
quintali; dieci anni dopo questo dato passa a 3.875 passando attraverso un calo e un
successivo aumento. La capacità produttiva della vai Pellice, secondo alcuni studi, è
molto maggiore. In termini
economici si tratta comunque
di un giro di affari di alcune
centinaia di milioni».
- Nel tempo sono stati effettuati importanti lavori di
ammodernamento della struttura del caseificio grazie a
contributi regionali. In che
misura questo ha inciso sul
miglioramento della qualità
dei prodotti? E il personale
addetto alla produzione come
viene preparato?
«A livello di Comunità
montana si è spinto per una
revisione generale degli impianti altrimenti vecchi; per
qualificare il personale sono
stati effettuati dei corsi di
formazione per i casari e ora
.si sta valutando come pubblicizzare meglio i prodotti».
- Quali sono oggi i prodotti
caseari della Latteria di Bobbio?
«Accanto alle tradizionali
tome, sono stati inseriti nella
produzione anche formaggi
più freschi quali i tomini, il
sairas, il primo sale, oltre al
burro».
Un incontro di amministratori a Cavour per esaminare la proposta
Un'attività estrattiva rilancerà il Pellice?
MARCO BALTIERI
Alcuni gruppi consiliari
del Comune di Cavour
hanno convocato domenica
scorsa una riunione di
amministratori per discutere
una loro proposta di gestione
del territorio lungo l’asse del
torrente Pellice.
Il pubblico era abbastanza
folto, ma un po’ sconfortante
la scarsa presenza di amministratori in carica (solo 5 su
17 Comuni invitati^ a riprova di una certa crisi di iniziativa e di impegno a livello
locale.
Ambiziosa, anche se contraddittoria proprio per la
sua natura ancora propositiva, l’iniziativa pre.sentata da Giancarlo Perassi e
discussa in un clima psicologico necessariamente condizionato dalle alluvioni delle
scorse settimane in Piemonte
e Liguria.
L’obiettivo che si propongono gli amministratori cavouresi è quello di creare
una forma di aggregazione
tra i Comuni del bacino del
Pellice, per un’operazione di
intervento sul territorio nei
settori di difesa del territorio
e degli insediamenti agricoli
contro l’erosione e i pericoli
di esondazione, del controllo
e della tutela della qualità
delle acque e difesa dei diritti di prelievo (anche mediante più efficaci opere di
presa); senza trascurare l’individuazione e la realizzazione di zone di interesse
naturalistico (ad esempio
con la riforestazione delle
fasce fluviali), la localizzazione e regolamentazione
delle attività estrattive (con
la proposta di riapertura delle escavazioni in alveo).
Soprattutto quest’ultimo
punto sembra aver polarizzato la discussione e l’interesse degli amministratori,
ovviamente attratti dalla
possibilità di utilizzare una
risorsa territoriale molto richiesta e il cui valore è
dell’ordine delle decine di
miliardi di lire.
Un po’ ottimistica è parsa
però l’idea che siano i cavatori stessi ad essere gestori e
protagonisti del ripristino del
territorio. Molti hanno ricordato l’impatto negativo che
le attività estrattive hanno
avuto in passato sul territorio piemontese e la relativa
«anarchia» con cui erano
condotte.
Ancora più difficile da
comprendere è poi l’obiettivo di mettere d’accordo
la tutela della qualità delle
acque con la difesa dei diritti
di prelievo, proprio in un caso come quello del Pellice,
pesantemente condizionato
(dal suo alto corso fino alla
confluenza col Po) da prelievi massicci e scoordinati
che, per lunghi tratti e per
molti mesi l’anno, ne cancellano la stessa esistenza.
Quale area naturale, dunque?
Generale apprezzamento
ha invece avuto l’idea di superare il livello comunale e
arrivare ad accordi di area
più adatti a intervenire sulla
dimensione dei problemi
(soprattutto per ristabilire la
tanto auspicata «cultura della
manutenzione»).
Ma anche qui si apre il
problema del coordinamento
con gli enti preposti alla gestione fluviale, come l’autorità di bacino del Po e il molto criticato Magistrato del Po
(oltre ovviamente a Provincia e Regione).
Buone intenzioni, progettualità, volontà di gestire il
territorio, ma anche dubbi,
apprensioni, timori per un
ambiente già pesantemente
compromesso: queste le sensazioni che si ricavano da
una iniziativa su cui sarà bene continuare a discutere.
Per la pubblicità su RIFORMA
TRS
TRS
Tele Radio Stampa s.r.i.
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fax 02/316374
9
venerdì 8 OTTOBRE 1993
jC Eco Delle va lo
I
PAG. Ili
A Torre Pellice il 24 ottobre
Ritorna in vai Pellice
il treno turistico
Dopo la prima esperienza
positiva del 27 giugno,
domenica 24 ottobre ritornerà
il treno turistico in vai Pellice,
in occasione delle manifestazioni autunnali e gastronomiche sia in Angrogna che in
Torre Pellice. Non si tratterà
in questa occasione di un treno d’epoca ma di un normale
convoglio di linea, potenziato
per l’occasione, in partenza da
Torino alle 9,10 e con ritorno
da Torre Pellice previsto alle
17,58. Il tentativo quindi di
puntare sulle ferrovie come
strumento che potrebbe incrementare la vocazione turistica
di una zona sta dando frutti interessanti.
Questo obiettivo, dato il fascino che il treno suscita più
di ogni altro mezzo di comunicazione, ha fatto sì che in
più parti in Europa e anche in
Italia si sia già pensato ad iniziative del genere.
I tentativi fatti quest’anno
sulle altre linee citate sono in
vista della definizione di un
programma futuro di un anello
transfrontaliero con collegamenti sia con il Sud della
Francia che con la Svizzera e
l’alta Savoia, realizzando così
un percorso a forma di 8 sui
due versanti delle Alpi. «L’ulteriore sviluppo - dice il dottor Gianti, responsabile del
museo ferroviario piemontese
- potrebbe proprio essere il
consolidamento dell’iniziativa, organizzando viaggi con
cadenza regolare alla scoperta
di quelle culture locali e di
quei patrimoni artistici, ambientali, naturalistici, gastronomici e culturali di cui sono
ricche le nostre vallate».
Ogni viaggio si prefigge comunque un obiettivo. Il prossimo, del 24 ottobre, con il
motto «turismo, treno e gastronomia», avviene in concomitanza con la settimana ga
p- ■? -4
stronomica proposta dai ristoranti tortesi e nell’ambito delle manifestazioni dell’Autunno in vai d’Angrogna e
della «festa della castagna» in
tutta la vai Pellice.
È prevista, in uno dei programmi, anche l’effettuazione
di una passeggiata su uno dei
percorsi naturalistici della zona, con pranzo alTagrlturismo
«Bacomela». Per coloro che
sceglieranno i ristoranti torresi, il programma prevede la
visita al museo valdese e a
quello della bambola, oltre alla partecipazione alle manifestazioni pomeridiane con musica e caldarroste.
Per chi sceglierà invece la
vai d’Angrogna, il programma
è a cura dell’organizzazione
dell’Autunno in vai d’Angrogna e il pranzo è previsto
presso il ristorante La Tacula
a Pra del Tomo.
Il prezzo definito per i vari
itinerari comprenderà il viaggio di andata e ritorno, l’ingresso ai musei, il pranzo e i
trasferimenti. In questa occasione non è prevista l’opzione
del pranzo al sacco perché,
dato il tema, tutti i programmi
prevedono il pranzo presso
qualche struttura.
I moduli di prenotazione da
consegnare insieme all’importo del programma scelto si
trovano presso: Lega delle autonomie locali, via Santa
Chiara 1 a Torino (tei. 0114364830); libreria Verde Libri, via Saluzzo a Torino (tei.
011-6670398); libreria Claudiana, via Principe Tommaso
1 a Torino (011-6692458).
Dépliant dell’iniziativa si possono trovare presso le Pro Loco di valle a Lusema San Giovanni (tei. 0121-902441) e
Torre Pellice (0121-91875) e
presso l’ufficio di Informazione turistica di Torino in via
Roma 226 (tei. 011-535901).
Incontro a Pinerolo
Opere valdesi,
enti locali
e sanità
Su proposta della Tavola
valdese e della Ciov si è
svolto lunedì 27 settembre, a
Pinerolo, un incontro fra i
rappresentanti del mondo
valdese e gli amministratori
pubblici delle Valli.
Oggetto della serata le prospettive della sanità nelle nostre zone dopo l’approvazione, da parte della giunta regionale, del nuovo quadro di
Ussl piemontesi che nel caso
del Pinerolese vede una sola
unità locale accorpante le attuali 42,43 e 44.
Com’è noto varie istanze
della Chiesa valdese (Sinodi,
Conferenze distrettuali) avevano più volte espresso la
propria contrarietà all’ipotesi
di accorpamento.
Ora i giochi paiono fatti;
chi ha spinto sulla sola proposta di mantenimento delle
Ussl coincidenti con le Comunità montane (per altro
previsto dalla legge) ha perso
una battaglia stando in una
trincea forse improponibile.
C’è qualche margine di discussione? E gli ospedali
valdesi come si collocheranno nella sanità che cambia?
Forti preoccupazioni sono
state espresse sia da parte
valdese istituzionale che da
parte degli amministratori.
L’unica ipotesi su cui c’è ancora qualcuno disposto a
spendere qualche risorsa e
qualche impegno è quella di
una sola Ussl delle valli, che
escluda Pinerolo: sarà questa
la proposta che le due conferenze dei sindaci produrranno alla Regione?
La Tavola intanto ha deciso di chiedere un incontro alla presidenza per un confronto chiarificatore.
Anche il mondo politico
locale intende muoversi. Probabilmente è-troppo tardi. I
politici pinerolesi a livello
regionale o provinciale hanno altro a cui pensare.
Perplessità per una delibera dell'assessore provinciale
Chi può cacciare il cinghiale?
Dal 19 settembre si è aperta
la caccia; come sempre polemiche e manifestazioni si sono svolte sia a livello nazionale che regionale dove ricorsi al Tar contro le decisioni
dell’assessore alla Caccia, a
differenza dello scorso anno,
non sono stati accolti. Su un
tema specifico si discute però
nelle valli: il contenimento
dei cinghiali accusati da sempre di causare danni preoccupanti a pascoli e colture.
L’assessore provinciale alla
Caccia, Besso Corderò, ha
ispirato recentemente una delibera che ha lo scopo dichiarato di «sfoltire» il numero di cinghiali. L’atto della
giunta provinciale individua
due tipi di intervento. Nelle
giornate del 19, 22, 26 e 29
settembre sono possibili abbattimenti da parte dei cacciatori ammessi nei comparti
alpini, proprietari o conduttori di fondi nei comparti stessi,
senza che agli animali venga
attribuito un punteggio per il
carniere giornaliero o stagionale.
Dal 1° gennaio al 30 settembre 1994 su tutto il
territorio provinciale, comprese le aree vincolate a rifugio faunistico, oasi di protezione o zone di ripopolamento saranno possibili abbattimenti da parte dei proprietari
o conduttori di fondi purché,
ovviamente, in possesso di licenza di caccia.
Più di una perplessità a
questo punto è legittima. Da
mesi il comparto alpino n. 1 e
la Comunità montana chiedono di poter effettuare prelievi
selettivi all’interno dell’oasi
del Barant su mufloni e cinghiali a dalla Provincia è
sempre stato risposto che ciò
lAt ' J
VISUS
di Luca Regoli & C. sn.c.
OTTICA • via Amaiid
10066 TORRE PELLICE (TO)
.ìli
Appuntamenti
non era possibile. Cosa è
cambiato? E ancora. È effettivamente questo il modo per
controllare la presenza di cinghiali (spesso immessi dagli
stessi cacciatori) nelle nostre
vallate? Né consulta provinciale né i comparti sono stati
sentiti in merito. Fino a che
punto è logico e legittimo
consentire la caccia quasi indiscriminata ai soli proprietari di terreni col rischio di trovarsi di fronte a richieste di
acquisto di appezzamenti di
terreno solo per poter avere
l’opportunità di cacciare il
cinghiale?
Il problema cinghiale non è
nuovo nelle valli: tuttavia ancora una volta si ha l’impressione di trovarsi di fronte a
una manovra ben orchestrata
politicamente a vantaggio di
qualcuno e a danno della
montagna.
Sabato 9 ottobre — TORRE
PELLICE: in occasione di Castagne in vai Pellice, alle 21
presso il salone Opera gioventù,
si tiene uno spettacolo comico a
cura dell’Avo: «Ai bagni Avo».
Sabato 9 ottobre — PINEROLO: per la celebrazione del
50- anniversario della lotta di Liberazione è prevista una commemorazione dei caduti alle 9,30
presso la lapide della Cappella in
strada Santo Sudario ad Abbadia
Alpina. Durante la cerimonia saranno ricordati i caduti Anna Maria e Anseimo Usseglio.
Domenica 10 e lunedì 11 ottobre — BOBBIO PELLICE:
sempre per la rassegna Castagne
in vai Pellice, si tiene un convegno nella giornata di domenica,
una mostra fotografica e una
proiezione video sul tema 19531993 1 quarant’anni della Cooperativa latteria sociale.
Sabato 9 e domenica 10 ottobre — ANGROGNA: in occasione della rassegna «Autunno in
vai d’Angrogna», sabato alle 21
al tempio del Serre il coro Alpi
Cozie di Susa tiene un concerto;
domenica sotto l’Ala comunale
di San Lorenzo si può invece
visitare la mostra dei funghi, a
cura di Mauro Pons, e partecipare
a un concorso a premi.
Domenica 10 ottobre —
PAESANA: questa volta l’itinerario gastronomico Sapori e musiche del paesi del Monviso si
sposta, con una nuova serata musicale, alla Trattoria della Colletta in via Colletta 29.
Martedì 12 ottobre — PINEROLO: in occasione del corso
gratuito di formazione per volontari proposto dall’Anapaca, alle
20,30 si terrà una lezione su Storia naturale e caratteristiche di
alcuni comuni tumori.
Giovedì 14 ottobre — TORRE PELLICE: Alle ore 20, 45,
presso il Centro d'incontro, riprende l'attività il Collettivo biblico ecumenico. Il past. Ruggero
Marchetti introduce il secondo
Isaia.
Giovedì 14 ottobre — ANGROGNA: alle 20,45, nella sala
unionista di San Lorenzo, si terrà
un incontro-dibattito sul tema La
Giunta regionale ha deciso ia
soppressione della Ussl della
vai Pellice: quale futuro per
l’Ospedale valdese e per i servizi sanitari in valle? Intervengono Giovanni Mathieu, primario
dell’Ospedale valdese di Torre
Pellice, Giovanni Bissone, coordinatore sanitario dell’Ussl 43 e
gli amministratori degli enti locali e Ussl della valle.
Giovedì 14 ottobre — TORRE PELLICE: alle 20,45 nel
tempio valdese si terrà il concerto dei Solisti Aquilani, diretto da
Vittorio Antonellini. Il programma prevede l’esecuzione di musiche di Vivaldi, Mozart, Rossini e
Bottesini. L’ingresso costa 5 mila
lire.
Venerdì 15 ottobre — LUSERNA SAN GIOVANNI:
presso la sala mostre del Comune
in via ex Deportati e Internati 20
alle 21 saranno presentati i corsi
di formazione musicale per
l’anno scolastico 1993-94.1 corsi
previsti sono di sassofono, tromba e trombone, chitarra, pianoforte, violino, canto lirico e leggero.
flauto dolce; sono previsti anche
corsi propedeutici per bambini,
esercitazioni corali, elementi di
composizione, educazione all’ascolto, musica d’assieme, lettura della musica e corsi per insegnanti e per tutti coloro che si interessano di cultura musicale.
Dal 16 al 30 ottobre — TORRE PELLICE: nella sala Paschetto del Centro culturale valdese, in via Beckwith 3, è allestita la mostra di Giancarlo De
Leo «Iniziazione agli angeli: pianissimo». Le opere esposte sono
raccolte sotto le denominazioni
«Appunti di viaggio», «E noi
spettatori sempre», «Il vincitore
ha il controllo del tempo» e «Vedi la terra».
L'.OTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C, s.n c
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>
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TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma,
giovedì e venerdì, ore 21,15,
Ball room; sabato e domenica,
ore 20 e 22,10 e lunedì, ore
21,15, Hot shot 2.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì. Verso
sud; sabato La metà oscura; da
domenica a giovedì. Made in
America. Feriali ore 21; domenica 15,17, 19, 21.
PINEROLO — II cinema Italia continua a proporre, per tutta
la settimana, Jurassic Park; feriali ore 20 e 22,20, sabato 20 e
22,30 e domenica 15, 17,30, 20 e
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A Nelle
Chiese
Valdesi
TORRE PELLICE —
Lunedì 11 ottobre, presso la
Casa unionista, si svolgerà
il primo incontro pastorale
del nuovo anno ecclesiastico. In programma: meditazione a cura di Erika Tomassone; riflessione su «La
liturgia, strumento utile per
il rinnovamento del culto?»
con introduzione di Bruno
Rostagno. Inizio ore 9,15.
Dopo il pranzo in Foresteria, comunicazioni e programma per altri incontri.
ANGROGNA — Domenica 10 ottobre, alle
10,30, nel tempio del Serre
avrà luogo il culto di inizio
del nuovo anno ecclesiastico; verranno presentati i responsabili delle varie attività.
BOBBIO PELLICE —
Venerdì 8 ottobre, alle
19,30, presso la casa pastorale si incontreranno le monitrici della scuola domenicale.
• Sabato 9, alle 14,30,
nella sala, si riuniranno i
bambini della scuola domenicale; alle 14,30 i ragazzi
del precatechismo si troveranno al presbiterio e alle
15,15 sarà la volta dei corsi
di catechismo.
• Domenica 10 ottobre,
alle 14,30, si svolgerà il primo incontro dell’Unione
femminile.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 10
ottobre, nel tempio, il culto
sarà condotto dal gruppo
che ha partecipato a «Vacanze insieme» a Vallecrosia nel mese di agosto e che
darà ai presenti il frutto delle sue riflessioni mattutine.
• Domenica 17 ottobre si
svolgerà la tradizionale
«Festa del raccolto»; il culto, alle 10, sarà dedicato alla riconoscenza e al ringraziamento. Nel pomeriggio
alla sala Albarin, a partire
dalle 14,30, avrà luogo la
consueta esposizione e vendita di prodotti della natura;
sarà in funzione il servizio
buffet. Per le 18,30 la commissione ricevimenti organizzerà una simpatica «marenda sinoira» per la quale
è opportuno prenotarsi
presso l’Asilo o i pastori.
Nello stesso giorno sarà
possibile visitare i nuovi locali dell’Asilo valdese di
cui è terminata la ristrutturazione.
POMARETTO — Do
menica 10 ottobre, alle ore
10, culto con assemblea di
chiesa con all’odg la relazione sul Sinodo.
PRAROSTINO — Domenica 10 ottobre culto di
inizio attività, ore 9,30.
PRALI — Domenica 10
ottobre culto di inizio attività, ore 10,30, con la partecipazione di catechismo e
scuola domenicale.
COLLEGIO VALDESE
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D.M. 9.8.1890 e D.M. 8.8. 1898
con opzioni sperimentali
- linguistica D.M. 11.8.84 e segg.
Corsi di lingue straniere
tedesco inizio 20 ottobre; 2 ore settimanali
spagnolo inizio 22 ottobre; 2 ore settimanali
(Colegio Salamanca)
inglese inizio 20 ottobre; 3 ore settimanali
Per informazioni e iscrizioni telefonare al numero
0121/91260 (oppure lasciare i propri dati in segreteria telefonica).
10
PAG. IV
r-< ...
E Eco Delle Yaui Vai.desi
VENERDÌ 8 OTTOBRE1993
Alimentazione, nutrizione e mangiare sano
La ciotola d^argilla
VALERIA FUSETTI
In genere si ha un concetto
piuttosto vago di cosa avvenga nell’organismo dopo
aver ingerito del cibo. Gli
alimenti non seguono le stesse modalità di percorso.
Ogni cibo staziona secondo
tempi diversi nello stomaco
e nell’intestino, perché può
essere scomposto solo da sostanze specifiche, in situazioni ambientali diversificate
(più o meno acide, più o meno basiche). Dato che la digestione non è un processo
standardizzato, è determinante combinare bene i cibi
fra di loro. Per produrre la
quantità minima di tossine è
bene cercare di abbinare
all’intemo dello stesso pasto
alimenti che stiano bene assieme. La nostra società è
caratterizzata da un’ipernutrizione che è, contemporaneamente, malnutrizione.
L’ideale è una dieta alimentare per cui il cibo passi velocemente dallo stomaco e
transiti agevolmente lungo
l’intestino.
Una semplificazione dei
pasti può favorire tale condizione: non si tratta di ingerire un solo cibo alla volta ma
di associare tra loro cibi
compatibili. I monopiatti tipici della cucina «povera»
possiedono, dal punto di vista della moderna scienza
dell’alimentazione, una grande saggezza nutrizionale.
Una buona regola è quella di
farli precedere da un gran
piatto di verdure miste.
Stabilire automaticamente
un nesso tra colore e composizione (vitamine, sali minerali, ecc.) delle verdure è
azzardato, ma in ogni caso la
loro varietà di colore è data
dalla loro ricchezza di componenti e proprietà.
Cosa mangiare
con i cereali.
Alimenti positivi: verdure,
crude e cotte in gran quantità; solo le patate, essendo
ricche di amido, saltuariamente. Legumi: combinazione ottimale. Formaggi: è preferibile fare uso di formaggi
grassi e stagionati, eliminando decisamente i magri.
Olio e burro, sì. Frutta secca:
noci, nocciole, arachidi (oleosa e semioleosa) sono un’
associazione positiva ma è
consigliato un uso saltuario,
tritate in salse o leggermente
tostate. Frutta: mentre la
frutta dolce non ha nessuna
controindicazione, la frutta
semiacida tipo mele o pere è
piuttosto controversa; conviene fare la prova della tollerabilità personale con piccoli quantitativi alla volta.
Lo stesso consiglio può essere seguito sia con le uova
che per il latte. Quando la
besciamella, per esempio, è
mal tollerata, è possibile
sostituire il latte con brodo
vegetale: personalmente, il
brodo che preferisco è quello
di finocchi.
Cavolfiore al forno
1 cavolfiore; 3 cucchiai di
parmigiano grattugiato, olio,
pangrattato, 2 uova sode. Per
la besciamella: 4 cucchiai di
olio o 2 di margarina, 2 cucchiai di farina, un rametto di
timo serpillo (o timo semplice), sale, 2 bicchieri di acqua
di cottura dei cavolfiori. Lavate il cavolfiore, privatelo
delle foglie più esterne (mettetele da parte per la prossima ricetta!) e lessatelo. Scolatelo ancora al dente e disponetelo in una pirofila da
forno precedentemente unta
d’olio e spolverata di pane
grattugiato.
Ricoprite con le fette di
uova sode e poi ricoprite ulteriormente il tutto con la besciamella che avrete preparato scaldando l’olio (o la margarina), incorporandovi la
farina e poi, a poco a poco,
aggiungendo l’acqua di cottura del cavolfiore mescolando bene, in modo che non si
formino grumi. Quando la
besciamella è pronta, aggiungete un pizzico di sale e
di timo. Quando avete ben
ricoperto i cavolfiori e le uova con la besciamella, spolverizzate di grana e pangrattato, infornate nel forno ben
caldo sino ad ottenere una
crosticina dorata (20 minuti
circa). Servite caldo questo
delizioso sformato; è un piatto unico di sicuro successo,
soprattutto se lo avrete fatto
precedere da una buona insalata di stagione.
HOCKEY GHIACCIO — Roberto Goveani, pinerolese presidente del Torino Calcio, approda in vai Pellice diventando lo sponsor dell’H.C. Valpellice?
La notizia dovrebbe essere certa dopo una serie di improvvisi incontri svoltisi lo scorso fine settimana tra il notaio e il dirigenti del Valpellice.
La squadra (un centinaio di atleti fra seniores e formazioni
giovanili) sta subendo in questi due anni le vicissitudini
del palazzo del ghiaccio i cui lavori di copertura si stanno
protraendo oltre il previsto. Proprio in questi giorni la Comunità montana vai Pellice dovrebbe affidare a una delle
società che ne hanno fatto richiesta la gestione della pista,
che comunque non dovrebbe aprire prima della fine di novembre.
TENNIS TAVOLO —• Nel campionato di serie D femminile
ottime prestazioni per il Valpellice di Bruscagin e Quarantelli vittoriose per 5-0 sul Lilly Torino e per 3-2 sul Verzuolo. Nelle prossime giornate esordirà la prima valligiana
doc. Elisa Mondon di Bobbio Pellice. Esce sconfitta invece la formazione di DI maschile per 4-5 con il Grugliasco.
Sabato prossimo la squadra di serie C, che domenica ha riposato, sarà in campo a Chivasso, mentre la DI giocherà a
Torre Pellice alle 16 con il Ciriè e la D femminile sarà in
trasferta a Serravalle. Sabato 2 ottobre a Pinasca si è svolto il 1- trofeo per amatori; vincitore è risultato Costabello
davanti a Martinetto e Francesco Ghiri.
SKI ROLL — Quattro vittorie e tanti ottimi piazzamenti hanno caratterizzato la partecipazione degli atleti dello S. C.
Angrogna alla gara, disputata a Orbassano, valida per l’assegnazione della quarta Coppa delle Alpi. I successi sono
stati ottenuti da Fabrizio Chiavia (giovani). Elisa Codino
(esordienti), Davide Coucourde (allievi), Fabrizio Malan
(seniores).
VOLLEY — La stagione del volley femminile pinerolese è
iniziata sabato scorso con un netto successo in trasferta a
Torino con un secco 3-0 sull’Antares nella coppa di Lega.
E bastato un set alle pinerolesi per prendere le misure; nelle successive frazioni di gioco le ospiti hanno lasciato alla
formazione di casa una manciata di punti.
CALCIO — Un pareggio che lo allontana dall’ultimo posto
in classifica; questo è il magro bottino ottenuto domenica
sul campo di casa dal Pinerolo nel campionato nazionale
dilettanti di calcio.
I biancoblù, complice anche l’espulsione di Giorsa che li
ha costretti a giocare in 10 per quasi un’ora, raramente sono riusciti a mettere veramente in difficoltà il Colligiana a
sua volta incapace di sfruttare appieno la superiorità numerica. Domenica prossima derby piemontese con il Pinerolo in trasferta a Moncalieri.
)ERVIZI
I ?‘ì USSL42 :
CHISONE • GERMANASCa’
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto, tei
81154.
DOMENICA 10 OTTOBRE
Perosa Argentina: Farmacia
Bagliani - Piazza Marconi 6
tei. 81261
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde. Porte : tei. 201454
• VALPELLICE .
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 10 OTTOBRE
Torre Pellice: Farmacia Muston - Via Repubblica 22, tei.
91328
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei,
598790
USSL 44 - PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolon. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.; Gr 2/V70
A Torre Pellice, nel 1886, Giuseppe
Morè, abile pasticcere pinerolese,
apre un laboratorio di pasticceria a
cui affianca, dopo i primi faticosi anni
di lavoro, un negozio di vendita con
annesso caffè.
Il prodotto che sin da quegli
anni si afferma è di grade qualità.
La Tradizione delle VaHi Valdesi
Gli ingredienti sono tutti naturali
delle campagne della Val Pellice.
Il marchio Morè, sempre più noto e
apprezzato, viene depositato per la
prima volta nel 1933. Da allora i due
valletti che portano il vassoio con le
caramelle contrassegnano le
confezioni Morè.
Molte delle persone che oggi
lavorano alla Morè hanno tradizioni
familiari legate all'Azienda e hanno
appreso dai loro padri l'arte dolciaria
le misure, i tempi e la pazienza
artigiana per preparare il
prodotto e seguirne con
amore la realizzazione.
L'avvento della meccanizzazione non ha cambiato la
qualità dei prodotti Morè.Il gusto
caratteristico dei fóndants, la
vellutata bontà delle gelatine alla
frutta e la spiritosa fragranza dei cricri sono sempre gli stessi e
rimarranno inalterati, sicuramente
ancora per un altro secolo.
Oggi Morè presenta la prima serie dei
suoi cofanetti regalo con le preziose
litografie dei luoghi valligiani tanto
cari alla nostra memoria, con il
commento di Osvaldo Coisson, tratte
dal volume "The Waldenses" di
William Beattie. Possono essere un
bel regalo per Natale o per ogni
circostanza dove occorre portare,
anche a chi é lontano da Torre Pellice
un pò delle nostre tradizioni.
Vogliate compilare correttamente il Buono d'Ordine e spedire in busta chiusa a:
MORÈ-ViaFilatoio, 16- l0066TorrePellice/To-Tel.0l2l/953222-9l27l -FaxOI2l/932934
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11
\/F.NERDÌ 8 OTTOBRE 1993
mi
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
La marcia da Wittenberg a Roma per chiedere il ritiro della scomunica a Lutero Nei campi delTAnc in Sud Africa
È stata praticata
la tortura
Non era un raduno di nostalgici neonazisti
BIRGIT SCHOMAN_______
Erano piuttosto delusi i
45, uomini e donne, arrivati stanchi e sudati il 7 settembre a Piazza del Popolo,
dopo 11 giorni di staffette
«sulle tracce di Martin Lutero». L’accoglienza alla stazione centrale era stata sostituita dal benvenuto di uno
sparuto gruppo dell’«amicizia italo-tedesca» il cui presidente, Gino Ragno, esaltava
da un megafono gracchiarne
¡’«impegno e il sacrificio» di
quella lunga marcia di 1.715
chilometri da Wittenberg a
Roma. Un violento acquazzone annunciava intanto la fine dell’estate romana.
È vero, era apparso anche
il cardinale Willebrands, del
Segretariato pontificio per
l’unità, a ricevere il messaggio di comprensione fra i
popoli e di ecumenismo pratico portato dagli staffettisti.
Ed aveva anche detto che
amava Wittenberg, la città di
Lutero. Ma i wittenberghesi
si sentivano un po’ a disagio.
«Il manifesto che annunciava la nostra iniziativa non
era stato concordato con noi»
protestava il teologo Ulrich
Pfingsten, che in costume
cinquecentesco guidava la
staffetta. Lo si poteva leggere
sui portoni di tutte le chiese
del vecchio centro di Roma;
«Omaggio della gioventù tedesca al papa». Allibito, il
decano della Chiesa luterana
in Italia aveva esclamato:
«Non me la sento di parlare
con queste parole alle spalle»
e aveva girato al largo.
I wittenberghesi in realtà
non avevano alcuna intenzione di omaggiare il papa,
che d’altronde in quei giorni
si trovava sul Baltico. La loro
iniziativa si inseriva nei festeggiamenti per il 700° anniversario della fondazione di
Wittenberg, ed erano venuti a
Roma per chiedere alla curia
la riabilitazione di Lutero.
«Sono d’accordo anch’io diceva Barbara Leps, cattolica, che faceva parte della
staffetta - il bando nei confronti di Lutero deve essere
tolto, come è stato fatto per
Galileo».
Nel lungo viaggio attraverso le Alpi, la Pianura Padana
e le colline toscane, i wittenberghesi avevano avuto tempo di discutere la discesa di
Lutero in Italia nel 1511.
Anche il monaco agostiniano voleva vedere il papa, il
quale però era impegnato
fuori Roma in una campagna
militare, per parlargli delle
discordie all’interno del suo
ordine. Ciò che Lutero vide a
Roma lo atterrì. «Non avrei
mai creduto che il papato fosse così raccapricciante, se
non avessi visto con i miei
occhi la corte romana», avrebbe detto più tardi, concludendo: «Là c’è l’inferno e
Roma vi è costruita sopra».
Le impressioni dei wittenberghesi sono state ovviamente diverse. Essi sono rimasti impressionati dalla bellezza degli edifici romani e, a
differenza di Lutero, sono
stati ricevuti da cardinali di
PROTESTANTESIMO
« 'NW
Domenica 10 ottobre'
, ore 23,30 circa - Raidoe
Replica: lunedì 18 ottobre
ore 9,30 circa ■ Raidue
4 Due popoli, una speranza
‘ Cristiani palestinesi dopo
la firma di Washington
Wittenberg: piazza del mercato, municipio e chiesa della citta (incis. di fine 800)
curia, dall’ambasciatore tedesco alla Santa Sede e dal Segretariato pontificio per
l’unità. Il fatto che il papa
non ci fosse e che non ci fosse nemmeno il sindaco, dopo
lunghe e varie vicende di corruzione la città è retta da un
commissario prefettizio, non
ha scalfito l’ottimismo ecumenico degli staffettisti.
Il guaio è che i cristiani
della città di Lutero, per l’organizzazione del loro viag
gio, avevano puntato su un
cavallo sbagliato, l’«Amicizia italo-tedesca», alla quale
del messaggio ecumenico dei
wittenberghesi non gliene
importava nulla. Le dure critiche dei luterani italiani
suscitate dall’infelice manifesto sono state bollate <Ja Gino
Ragno, noto simpatizante
della destra, come manifestazioni di «meschina gelosia».
A lui interessava soltanto la
«comune civiltà italo-tede
Consiglio della Federazione battista europea
La Federazione
si allarga a Est
ITALO BENEDETTI
Dal 18 al 25 settembre a
Chishinau, Moldavia
(ex Urss), si è riunito il Consiglio della European Baptist
Federation (Ebf). L’Ebf solo
quattro anni fa riuniva 26
unioni battiste dell’Europa,
mentre oggi le Unioni nazionali rappresentate sono 47,
senza virtualmente aver aumentato il numero dei membri. Questo è un segno di come la riorganizzazione che
avviene in Europa investa
anche questi aspetti.
Al Consiglio sono state
ammesse le Unioni battiste
di Armenia, Azerbaigian,
Kazakstan, Kirghistan, Uzbekistan, e dell’Asia centrale: un’unione che raccoglie
cinque nazioni ex sovietiche.
Insieme a queste sono state
ammesse anche le Unioni
battiste di Egitto e Siria.
L’Ebf non è mai stata
un’agenzia missionaria ma
oggi, spinta dagli eventi, si
trova a sostenere due missioni interne; in Moldavia e in
Albania (dove opera il nostro
Saverio Guarna). A questo
incontro mancavano i romeni
che non hanno voluto partecipare in segno di protesta
per la candidatura di una
donna alla presidenza
dell’Ebf.
Alcuni temi delicati erano
all’ordine del giorno; in primo luogo l’elezione della
nuova presidente, la svedese
Birgit Karlsson. In secondo
luogo il futuro del seminario
intemazionale di Rùschlikon:
il Comitato esecutivo aveva
proposto al Consiglio (che è
composto dai rappresentanti
delle Unioni nazionali), a
causa del costo enorme del
seminario in Svizzera, di
spostare lo stesso in Inghilterra e di trasformarlo in un
istituto per laici e per la ricerca su battismo e anabattismo, senza più un programma di studi né un corpo docente.
Pur accettando lo spostamento in altra sede da definire, la proposta è stata rimandata al Ce affinché valuti
meglio, e in concerto con le
unioni nazionali, l’idea di
sopprimere corsi e corpo docente.
Il terzo argomento era il
fenomeno carismatico, che
specie al Nord e all’Est crea
non pochi problemi alle
Unioni. Questo tema è stato
affrontato con tre conferenze
che hanno permesso un largo
dibattito teologico.
Lo svolgimento dei lavori
è stato turbato dalle notizie
provenienti da Mosca e dalla
Georgia, che hanno costretto
i delegati di quelle nazioni a
rientrare, creando momenti
di preoccupazione. Per lo
svolgimento di questo incontro, tra l’altro, era stata scelta
la Moldavia proprio per il
programma missionario organizzato dalla Ebf e dalla
Cooperative Baptist Fellowship (Cbf, l’organizzazione
missionaria dei «moderati»
della Southern Baptist Convention, oggi separata dalla
Foreign Mission Board).
L’Unione evangelica battista moldava (che è organizzata episcopalmente), conta
250 chiese e un incremento
di 1.000 battesimi l’anno.
Durante una commovente cerimonia pubblica alla presenza delle comunità e delle autorità dello stato, sono stati
consacrati dai delegati del
Consiglio 40 missionari moldavi.
sca» e per questo a Piazza del
Popolo garrivano le bandiere
della Germania e quelle
dell’associazione con la lupa
romana e la porta di Brandeburgo.
Molti romani hanno reagito
indignati a queste bandiere
comparse la vigilia dell’8 settembre, data in cui 50 anni fa
veniva firmato l’armistizio
con gli americani e incominciava l’occupazione tedesca
di Roma.
Bruxelles
Chiese
e Comunità
JOHANNESGURG — Il
movimento di opposizione
dell’African National Congress (Anc), durante gli anni
della lotta per la libertà ha
maltrattato, torturato e ucciso
in alcuni suoi campi in esilio.
A queste conclusioni è arrivata una Commissione d’inchiesta nominata dallo stesso
Anc che ha consegnato il 23
agosto un rapporto a Johannesburg.
Il segretario generale dell’
Anc, Cyril Ramaphosa, ha dichiarato davanti ai giornalisti
che la direzione dell’Anc
prende il rapporto in seria considerazione. Sarebbero già state prese misure contro membri
dell’Anc che si sono resi responsabili di violazioni dei diritti umani. Il segretario generale ha tuttavia escluso la consegna dei responsabili alle autorità giudiziarie sudafricane.
L’African National Congress, fuori legge in Sud Africa dal 1960 al 1990, dopo le
sollevazioni studentesche di
Soweto del 1976 aveva inviato
un notevole numero di giovani
nei paesi confinanti, Angola,
Zambia e altri, dove gestiva
dei campi di addestramento
militare. Alcuni di questi divennero in seguito campi di
prigionia, quando i servizi di
sicurezza dell’Anc si accorsero che fra i giovani che venivano espatriati si erano infiltrati degli agenti dei servizi segreti sudafricani con compiti
di spionaggio e sabotaggio.
Secondo il rapporto vennero
però internate in questi campi
anche persone che non si allineavano alle direttive o erano
cadute in disgrazia presso i loro superiori.
La maggior parte dei maltrattamenti e delle violazioni
dei diritti umani sarebbe avvenuta soprattutto nel campo
Quatro in Angola. Nelle 180
pagine del rapporto sono elencati molti casi di torture e di
esecuzioni.
I campi erano sotto la responsabilità del capo militare
dell’Anc, Joe Modise, e del
capo dei servizi di sicurezza
Jacob Zuma: quest’ultimo è
diventato nel frattempo vicesegretario generale. La commissione d’inchiesta ha raccomandato che tutti i responsabili di violazioni dei diritti umani vengano puniti e ha chiesto
che l’Anc si scusi pubblicamente con le vittime e garantisca loro un indennizzo finanziario.
(Da EPD - 2/9/93 )
europea
L’assemblea generale annuale della Commissione ecumenica europea per chiesa e
società (Eeccs) si è svolta a
Bruxelles il 23 e il 24 settembre, dibattendo le difficoltà e 1
problemi etici e politici che
coinvolgono attualmente l’Europa e le istituzioni europee.
L’assemblea ha affrontato in
particolare il problema del futuro dell’agricoltura e della
società rurale nella Comunità
europea in dialogo con funzionari ed esperti della Commissione della comunità europea.
Altri temi affrontati dall’assemblea sono stati la collaborazione con la Commissione
degli episcopati cattolici nei
paesi dell’Europa dei 12, il
prossimo summit del Consiglio d’Europa a Vienna e la situazione dei paesi dell’Europa
centrorientale, con particolare
riferimento all’azione delle
chiese per il dialogo dei cristiani e musulmani, illustrata
dal segretario generale della
Conferenza delle chiese europee (Kek), Jean Fisher.
Il dibattito dell’assemblea
ha voluto essere una risposta
alla sfida del presidente della
Commissione della comunità
europea, Jacques Delors, che
ha ripetutamente invitato le
chiese cristiane a «partecipare
attivamente al dibattito intellettuale e spirituale sull’Europa».
Le attività dell’Eeccs includono il monitoraggio degli
sviluppi all’interno delle istituzioni europee, la promozione del dibattito sui problemi
europei all’interno delle chiese, il dialogo con i responsabili della Comunità europea e
del Consiglio d’Europa, nonché vari organismi ecumenici
e consigli nazionali di chiese
(alcuni dei quali con partecipazione cattolica).
Una manifestazione a Soweto
DALLA PRIMA PAGINA
BOSSOLI E BOSSI
lissimo, di una crisi del capitalismo italiano e dei suoi ceti dirigenti i quali, pur di non diminuire gli orari di lavoro e di
non toccare rendite e profitti,
penalizzano le donne, i meridionali, i giovani esclusi dalla
scuola, i lavoratori anziani.
L’idea leghista di rispondere
a bisogni sociali fondamentali,
come la salute e l’abitazione,
con le assicurazioni private o le
banche (naturalmente per chi
può pagare rate o mutui) non è
lontana da quanto sta facendo o
preparando il governo Ciampi.
Quanto ai richiami leghisti al
federalismo, la tradizione federalistica italiana non ha mai
teorizzato la secessione, né
dall’Austria-Ungheria, prima,
né dal Regno italiano dopo
l’unificazione. 11 federalismo si
proponeva la promozione dei
più deboli, in nome di valori di
solidarietà umana e sociale.
Proprio l’opposto di quanto
propugnato dalla Lega.
La frode di Bossi, infine, di
far votare in Parlamento al suo
posto un collega di partito, coniuga anch’essa il nuovo (la
scheda magnetica) con il vecchio (la furberia e il cinismo).
E aperta una sfida e tra pochi
mesi gli italiani voteranno: ci
sono governanti onesti capaci
di rendere efficiente e solidale
la società italiana? Fortunata
mente esistono ancora partiti o
movimenti in Italia, se non immacolati almeno ad alta densità
di onesti e nel frattempo i giudici seguitano la loro opera. Vi
sono esperienze recenti, anche
se limitate ad alcune regioni e
città, in cui l’efficienza dei servizi pubblici, cioè per tutti, è
stata finalizzata alla solidarietà
sociale. 1 valori dell’efficienza,
dell’onestà e dell’impegno solidale e altmistico nella società
sono centrali nella tradizione
protestante: su di essi ci sforziamo di orientarci, individualmente sul posto di lavoro e come soggetti politici.
Ma cosa ha a che fare tutto
ciò con la Lega, con le sue proposte, con ìL suo stile? Mi pare
infatti evidente il carattere stmmentale e falso dei richiami al
calvinismo e delle minacce leghiste al cattolicesimo sull’otto
per mille. Non sarebbe la prima volta in Italia che un partito
cavalchi l’anticlericalismo, per
virare di 180 gradi appena la
Chiesa cattolica si mostra disposta a patteggiare reciproci
vantaggi. Non è chiaro tutto
ciò agli evangelici?
La risposta è «no», poiché
parecchi evangelici, ovviamente al Nord, votano Lega e allora la domanda che dobbiamo
porci è: in che abbiamo peccato perché ciò accadesse?
12
PAG. 8 RIFORMA
venerdì 8 ottobre 1993
Il «Cristo portacroce» di Hieronymus Bosch (1515)
Interpretazioni di un passo celebre
Il peso della croce
_______BRUNO CORSAMI_______
La recente pubblicazione
del Servo arbitrio di Lutero nella collana «Opere di
Lutero» della Claudiana, con
le bellissime tavole a colori di
Cristo che cade sotto il peso
della croce (Brueghel il Vecchio) e Cristo portacroce (Bosch), ha consentito a Paolo
Ricca di attirare l’attenzione
(pp. 420-421) su un particolare dei racconti della Passione:
in Giovanni 19, 17 leggiamo
che Gesù «portando la sua
croce venne al luogo detto del
Teschio». Negli altri Vangeli
invece si legge che costrinsero Simone di Cirene a prendere la sua croce (così più o
meno Marco 15, 21 e Matteo
27, 32) ovvero che gli misero
addosso la croce perché la
portasse dietro a Gesù (Luca
23, 26).
Che il condannato a morte
dovesse portare la croce (o
per lo meno il suo braccio
orizzontale che veniva fissato
a quello verticale già confitto
nel suolo) era una prassi abituale. Ne è testimone Plutarco
nello scritto De seriore vindicta deorum (2, 554 A), in
cui dice: «Ciascuno dei malfattori puniti porta la sua croce». Non ci sarebbe dunque
nulla di strano nella notizia di
Giovanni 19, 17, salvo la sua
diversità dai vangeli sinottici.
Come la si può spiegare?
Si è detto che evitando di
menzionare Simone di Cirene
il quarto Evangelo dava maggiore risalto alTimpegno personale di Gesù nella sofferenza per gli altri, quel Gesù che
aveva voluto prendere su di sé
il peccato del mondo (1, 29),
quel Gesù che aveva il potere
di deporre la sua vita e di ripigliarla senza intervento di alcuno (10, 18). Nessun cireneo
deve distrarre l’attenzione
dalla persona di Gesù.
Altri hanno pensato che
Giovanni qui polemizzi tacitamente con gli gnostici che
affermavano ci fosse stata
una sostituzione di persona, e
che Simone fosse in realtà colui che era stato crocifisso,
mentre Gesù tornava al Padre
(così secondo Ireneo affermava lo gnostico Basilide). Vangelo e Lettere di Giovanni
combattono ripetutamente le
teorie docetiche, secondo cui
l’umanità e la sofferenza di
Gesù sarebbero stata pura apparenza.
Queste due ipotesi presuppongono che il quarto Vangelo «corregga» la tradizione sinottica che parlava di Simone
il cireneo. Ma se fosse il contrario? Dal testo di Marco si
ha quasi l’impressione che
l’evangelista voglia convincere i suoi lettori che veramente
ci fu l’intervento di Simone di
Cirene: infatti Marco aggiunge dopo il suo nome «il padre
di Alessandro e di Rufo».
Questi due personaggi dovevano essere conosciuti dai lettori, e servivano a dare credi
bilità alla notizia, di cui probabilmente avevano sentito
parlare dal loro padre.
Ma c’è un’altra possibilità:
che la figura di Simone sia la
predicazione in forma narrativa, cioè in forma d’esempio,
dell’appello di Gesù a prendere la propria croce e a seguirlo. Questo scopo pedagogico
potrebbe aver influenzato la
dizione di Luca 23, 26. Solo
qui si legge infatti la precisazione «dietro a Gesù». Il noto
passo sinottico dice infatti;
«Se qualcuno vuol venire dietro a me... prenda la sua croce» (Marco 8, 34; Matteo 16,
24; Luca 9, 23. Luca riprende
il concetto in 14,17).
Rimane ancora una possibilità, evocata da alcuni commentatori: che il quarto Vangelo, descrivendo Gesù che
porta da sé la sua croce, segua
il modello di Genesi 22, 6 dove Isacco porta sulle spalle la
legna per il sacrificio (parallelo sviluppato da Giovanni
Crisostomo).
Alcune di queste ipotesi sono suggestive, ma leggendo i
passi della Passione a mente
fredda credo si debba escludere l’idea di un intervento correttivo o censorio, sia da parte
di Giovanni che da parte dei
sinottici, e pensare più semplicemente all’esistenza di
due tradizioni indipendenti,
una con l’intervento di Simone di Cirene e l’altra senza. E
forse non è un caso che la tradizione che parla solo di Gesù
sotto il peso della sua croce si
sia tramandata nella comunità
giovannea, che mette sempre
in gran risalto la persona del
Cristo.
Per la stessa ragione è questa tradizione che ha ispirato
un buon numero di artisti come i due citati all’inizio.
Quanto alla caduta di Gesù
sotto il peso della croce
(Brueghel il Vecchio) si tratta
di una tradizione senza base
biblica, e le «stazioni» delle
tre cadute di Gesù nella liturgia della Via crucis sono leggendarie. E anche da respingere l’idea che Gesù abbia
portato da sé la croce, come
dice Giovanni, per un tratto, e
poi Simone sia stato requisito
per aiutarlo: ognuna delle due
tradizioni, quella giovannea e
quella sinottica, va presa per
quello che dice e vuole essere,
senza tentativi artificiali di armonizzarle fra loro.
Tutte e due però convergono nel sottolineare il peso
materiale (oltre a quello interiore) della condanna inflitta
a Gesù, peso che in Giovanni
egli porta faticosamente da
solo, e che negli altri Vangeli
è visto così gravoso (per la
debolezza a cui i tormenti
avevano ridotto Gesù) da dover imporre a un’altra persona di prestare il suo aiuto.
Grazie a Simone, osserva
Atanasio, diventava anche
chiaro che Gesù moriva non
per colpe sue ma per quelle
degli uomini.
La Claudiana ha pubblicato il testo luterano in una edizione critica molto curata
La nuova edizione del «Servo arbitrio»
e la lettura che ne fece Giovanni Miegge
__________CARLO GAY_________
LO aspettavamo; il Servo
arbitrio* doveva uscire
nella collana delle «Opere
scelte» diretta da Paolo Ricca. E grande è la nostra gratitudine verso tutti i facitori: il
prof. Marco Sbrozi, traduttore e autore delle note; la prof.
Fiorella De Michelis Pintacuda, docente di storia della filosofia presso l’Università di
Pavia, curatrice; Paolo Ricca
e Carlo Papini, commentatori
delle tavole, rispettivamente
quelle a colori e quelle in
bianco e nero.
Un’opera complessa «guidata» da competenti. Il progetto è stato finanziato dal
ministero dell’Università e
della Ricerca scientifica e
tecnologia (al 40%, non possiamo lamentarci verso la nostra nazione), e la pubblicazione ha potuto essere eseguita anche grazie a un contributo della direzione della Chiesa evangelica luterana unita
di Germania (Velkd).
L’ottima nota bibliografica
di Fiorella De Michelis Pintacuda ripercorre la fatica dei
pochi dotti scrittori di luterologia dall’inizio del secolo e
conclude: «Occorre notare
che la cultura italiana, nelle
sue componenti cattolica e
laica, si è dimostrata sostanzialmente avara di attenzione
per l’opera teologica di Martin Lutero e per il "De servo
arbitrio” in particolare (...).
Occorre fare menzione della
significativa presenza di un
gruppo di teologi che sin dagli anni Trenta del nostro secolo si appropriarono dei temi della barthiana teologia
dialettica e che, sotto la suggestione di questa, vi si sono
accostati in maniera assolutamente non conforme alle
tendenze dominanti della cultura italiana».
E qui la nota si rifà ai nomi
di Giovanni Miegge, Valdo
Vinay, Roberto Jouvenal. Il
non citato è Giuseppe Gangale, calabrese, convertito, che
diede a un’Italia dimentica e
a un protestantesimo stanco
delle sue lotte secolari il sen
so di una testimonianza di
«spirito profetico dotato» in
chiave protestante. La nota
sottolinea che la presente versione integrale del De servo
arbitrio si pone idealmente
nella linea della fatica di
Miegge e Jouvenal.
Non è dunque inutile trarre
dalla lista dei libri editi dalla
Doxa il vecchio libro di
Miegge, certamente rivolto
all’Italia della Conciliazione
e dei Patti lateranensi del
1929 come monito della minuscola minoranza protestante italiana e come invito non
borioso al ravvedimento. La
nostra vigile (e ignorante)
censura deH’«uomo della
Provvidenza» non ritenne nocivo il «libercolo» e lo passò
alla nostra gente: gliene siamo grati e passiamo oltre.
A differenza dell’attuale
versione integrale in copertina rossa cardinale, l’edizione
del 1930 si presenta con una
copertina blu sbiadita e ha
per titolo: Lutero: il servo arbitrio contro Erasmo (introduzione, traduzione e annotazioni in italiano di Giov.
Miegge, Doxa editrice, Roma, 1930, tip. Ideal, Vili).
La diatriba ecclesiastica si
trascinava dal 1517 e creava
man mano consenzienti e dissenzienti. Le famose tesi avevano determinato controtesi,
dispute teologiche, commenti. E, tra gli incerti, un certo
Erasmo da Rotterdam doveva
uscire dal silenzio: Erasmo, il
grande biblista che pubblica
nel 1516 un Novum Testamentum, il grande umanista,
capace di battersi con il piccolo lettore del convento di
Erfurt.
Esitante, con nessuna voglia di lottare, più favorevole
a uno scetticismo che a un
confronto pubblico, alla fine
su invito alla tenzone da parte di papi, cardinali, amici e
nemici, con finezza accademica, Erasmo nel 1524 pubblica contro Lutero il libero
arbitrio. Potrà servire a frenare «il cinghiale selvaggio,
che porta danno e rovina agli
ordinati solchi dei campi della chiesa ufficiale»! E, a ri
dosso dei campi religiosi,
porterà danno alla retroguardia dei fautori dell’Umanesimo, del movimento di rinascita e di riscoperta dei documenti classici dell’antichità
letteraria?
Umanesimo e Riforma: binomio o contrasto? Quale linea seguirà la cristianità?
Una linea rinascimentale e visibile come i suoi monumenti
o un percorso ignoto fra tumulti e violenze? Una grande
idea muove i credenti, l’attesa di un Concilio ecumenico,
universale: sarà il Concilio di
Trento o le future assemblee
del Consiglio ecumenico?
Erasmo e Lutero sono, evidentemente, nel discorso o
nell’introduzione di Miegge,
persone rappresentative di
movimenti spirituali: «Erasmo difende, nei limiti del
Giovanni Miegge
dogma cattolico, il suo razionalismo morale (...). Erasmo
non è pelagiano. Ad essere
salvo, cioè ad acquistare valore eterno davanti a Dio, è
necessaria la grazia. Ma la
grazia aiuta, non sopprime il
libero arbitrio». Per Erasmo i
concetti di grazia e di libero
arbitrio hanno soprattutto valore pratieo, egli ha un interesse per l’aspetto psicologico e morale: qui sta il suo
scetticismo.
Lutero non afferma la sovranità dell’uomo. L’uomo
può solo muoversi nella
schiavitù del peccato, cioè
nella contrapposizione a Dio.
Solo la grazia lo può salvare.
«Dalla servitù del volere soltanto Dio libera l’uomo con
la sua grazia, creando in esso la libertà dello Spirito; e
questa libertà è incondizionata obbedienza alla volontà
divina».
L’accento è posto sopra
«libera l’uomo» perché in
questo sta la glorificazione
del nome di Dio. L’uomo
trova la sua libertà sulla roccia non frantumabile della
misericordiosa libertà di Dio.
Lutero non la trova nei suoi
riflessi sentimentali, ma nel
mistero del suo battesimo:
quando nella Wartburg vive
nel dubbio, frutto della sua
carnale disobbedienza, il grido liberatore si esprime nella
frase: «Sono stato battezzato!». Non è il marchio di una
chiesa gloriosa, ma è il segno
dell’elezione non mai definibile.
Nei suoi Trischreden Lutero dice di riconoscersi «veramente» nel Servo arbitrio e
nel Catechismo. Nel Catechismo spiega ai suoi minatori
sassoni che il vecchio uomo
è sommerso nell’acqua, mentre l’uomo nuovo risorge nella grazia. E il De servo arbitrio rimane il libro della riflessione sulla grazia, che libera e non solo aiuta l’uomo
altrimenti sommerso nella
sua perdizione. Questo è il
dramma e la speranza di Lutero, del luteranesimo e del
suo controcanto che è il calvinismo.
Saprà o meglio potrà la
presente generazione trasmetterne il messaggio? Potranno
farlo i protestanti? Potrà la
nostra debole, umanista e
guelfa Italia percepirne il
suono del corno, in una «liberazione» che la investa nella
sua vicenda spirituale, ecclesiastica e politica? Al nostro
popolo la risposta, se non
sarà sommerso dal suo secolare provincialismo.
(*) Il servo arbitrio. Risposta
a Erasmo (1525). Lutero, Opere
scelte, 6. A cura di Fiorella De
Michelis Pintacuda. Torino,
Claudiana, 1993, pp 471, £
48.000.
Padova: VI edizione delle «Giornate teologiche» organizzate dall'lfed
La dimensione storica delPidentità evangelica
LEONARDO DE CHIRICO
Quando si pensa in chiave
storica a una questione
cruciale come quella dell’
identità evangelica si è soliti
operare un collegamento privilegiato alla Riforma e al
Risveglio del secolo scorso
in cui si riconoscono due
momenti forti che ne delineano con sufficiente chiarezza i contorni. Risulta più
arduo tentare un confronto
con l’età tardo-antica e il
Medioevo per individuare ed
evidenziare la continuità della storia della chiesa che non
necessiti salti arditi dai tempi
apostolici del Nuovo Testamento alla Riforma e l’unitarietà dell’identità evangelica
stessa.
Le «Giornate teologiche»
giunte alla loro 6® edizione
che l’Istituto di formazione
evangelica e documentazione
(Ifed) di Padova ha organizzato il 17 e 18 settembre,
hanno avuto come intento
l’esplorazione introduttiva
della dimensione storica
dell’identità evangelica soprattutto per quanto attiene ai
grandi temi della riflessione
dogmatica di cui è debitrice
alla patristica.
Relatore principale è stato
il prof. David Wright, docente di storia ecclesiastica
all’Università di Edimburgo
che, riflettendo intorno agli
elementi costitutivi dell’identità evangelica ai tempi dei
Padri ha indicato l’importanza storica della loro opera per
l’evangelizzazione del mondo antico, per l’approfondimento in ambito apologetico
delle verità della fede cristiana e per la definizione dottrinale della cristologia e della
trinità.
Con sguardo panoramico
tanto essenziale quanto avvincente, Wright ha ripercorso inoltre il pensiero di Agostino in relazione all’antropologia e alla dottrina della gra
zia, sottolineandone l’estrema
importanza per i riformatori.
Riguardo al Medioevo, è stata
accennata la preziosità dei
monasteri per la conservazione e la trasmissione del testo
biblico nonché la possibilità
di apprezzare esempi autentici di pietà evangelica, come
Bernardo di Chiaravalle e
Francesco d’Assisi.
La dottrina anselmiana
dell’espiazione è stata infine
presentata come imprescindibile alla nostra comprensione
dell’opera di Cristo.
I contributi di Augusto Merini e di Daniele Walker si
sono invece indirizzati al tentativo di contestualizzare in
ambito italiano la necessità
del confronto con la storia
per riconoscere il patrimonio
della fede evangelica ereditato dalla patristica e dal Medioevo.
L’approccio alla storia, e
stato più volte ribadito, non è
un mero esercizio speculativo
estraneo alla genuinità della
fede, ne è la riduzione storicistica dell’identità evangelica alle singole espressioni nel
corso del tempo; al contrario
è un percorso problematico
per scoprire il lascito, dai risvolti pratici enormi di generazioni di credenti che ci hanno preceduto nei secoli e che,
sotto il vaglio critico della
Scrittura, può essere ribadito
e fatto proprio. Per attuarlo,
occorre però abbandonare i
corposi pregiudizi astorici o
antistorici che caratterizzano
l’identità di molti ambienti
«evangelicali» italiani e impegnarsi con serietà nello
studio.
Le «giornate», i cui lavori
sono stati seguiti da un centinaio di persone, hanno costituito un’utile occasione di
confronto e di arricchimento
per procedere alla valorizzazione dell’identità evangelica
così spesso vittima di appiattimenti o di confusioni.
13
UENERDÌ 8 OTTOBRE 1993
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Un utile libro di Christos Yannaras rivela la lunga tradizione della spiritualità orientale
Linguaggio poetico e esperienza di fede:
unintroduzione alla teologia ortodossa
EUGENIO STRETTI
Apofatismo della verità
ecclesiale: quest’espressione, per noi occidentali di
difficile digeribilità sul piano
teologico e elaborata sul piano linguistico, costituisce la
chiave di lettura del bel volume del teologo greco-ortodosso Christos Yannaras*.
Nelle nostre categorie di
pensiero, severamente redarguite dall’autore (pp 198203) Dio è comunque esprimibile, seppure in linguaggi
differenti, dalle prove della
sua esistenza (Tommaso)
all’analogia (sant’Anselmo,
Barth), descritta peraltro in
alcune stupende pagine della
Genesi; non così nel linguaggio apofatico del Padri di cultura greca.
Dio è sempre l’ineffabile:
«La verità non si esaurisce
nella sua formulazione, in
quanto questa non è che una
frontiera limite della verità,
un “involucro" o una “custodia” della stessa. Verità è la
realtà che non smentisce se
stessa, verità ultima è la vita
che non è tolta con la morte.
Per questo, la conoscenza
della verità non si ottiene mediante la comprensione delle
formulazioni, ma mediante la
partecipazione all’ evento
della verità, alla verità della
vita, all’ immediatezza dell’
esperienza» (p. 193).
È dunque attraverso il linguaggio poetico e iconologico che il fedele ortodosso
partecipa alTesperienza di fede ecclesiale. La divina litur
gia e le icone introducono il
fedele nella realtà ineffabile
di Dio.
Due teologie differenti che
si esprimono in linguaggi non
compatibili: non a caso il tentativo dell’intemazionale calvinista di avvicinare i due
mondi fallì miseramente: il
pastore Antoine Léger e il patriarca Cirillo Lucaric si incontrarono a Costantinopoli e
quest’ultimo pagò con la vita
la sua simpatia per la dottrina
della giustificazione per fede.
La diversità ortodossa è
ben illustrata nei 10 capitoletti del volume. Mi soffermo
solo su due aspetti, che mi
paiono originali, del contributo ortodosso alla comprensione della fede cristiana: la
dottrina trinitaria e la conce
zione scientifica del mondo.
La classica formulazione:
un solo Dio, in tre persone,
viene spiegata dall’autore con
il ricorso al termine greco
prósopon (persona), un termine composto dal prefisso
prós (verso) e dal sostantivo
óps che significa sguardo, vista, che indica non un’entità
in sé,ma un’alterità in comunione con un’altra esistenza.
L’idea di pericoresi (comunione continua) tra il Padre, il
Figlio e lo Spirito originata
dai Padri cappadoci, Basilio
di Cesarea, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa, e
sistematizzata da Giovanni
Damasceno, si spiega alla luce del termine greco per indicare il latino persona. La pericoresi divina, alla luce del
«Cristo salvatore tra le potenze», Scuola di Novgorod (XVI sec.)
moderno dialogo interreligioso e di fronte alle istanze della teologia femminista, appare un’adeguata dottrina trinitaria che evita da un lato la
monarchia del Padre e dall’
altro la Gesulatria.
Quanto al mondo contemporaneo, muovendo dal pensiero di Massimo il Confessore e dal suo concetto di
energia, Yannaras sviluppa
una concezione del mondo fisico alquanto originale (pp
62-70) con fondamenti biblici e di segno diverso rispetto
al cattolico rapporto fedescienza ribadito recentemente, in termini rigorosamente
tomistici, dal cardinal Ruini
(v. La Repubblica, 27 dicembre 1992).
Il lògos, osserva Massimo
il Confessore, è la parola
creatrice di Dio che dà luogo
a differenti lógoi che Yannaras chiama, con terminologia
fisica moderna, «misure di
energia» (p. 64). Il tentativo è
convincente, perché parte dal
testo biblico (Genesi 1 e Giovanni 1) e non da una filosofia, come quella evocata da
Ruini, che ha alla base una
cosmografia ampiamente superata.
Non so se come credente
occidentale sono riuscito a
comprendere la «teologia
dell’esperienza ecclesiale ortodossa». Devo esprimere comunque la mia gratitudine al
teologo Yannaras per la sua
confessione di fede.
(*) Christos Yannaras: La
fede dell’esperienza ecclesiale.
Introduzione alla teologia orto
Riflessioni per fare chiarezza attorno a una scienza che rischia di essere strumentalizzata
La bloetìca, tra ricerca e politica
_________DENIS BUICAN*________
La genetica - la scienza
dell’ereditarietà - deve il
suo battesimo alla scoperta
delle leggi di trasmissione dei
caratteri dagli ascendenti ai
discendenti, messa in evidenza dal monaco e scienziato
Mendel nel piccolo giardino
del suo monastero, verso
l’anno di grazia 1865, quando
le sue celebri leggi dell’ereditarietà furono pubblicate, per
essere dimenticate e finalmente riscoperte alle soglie
del nostro secolo.
Da scienziato «maledetto»,
come i poeti maledetti, Mendel visse la marginalità
dell’essere eccezionale, incompreso nella propria epoca, senza conoscere il trionfo
delle proprie ricerche che restano le basi fondanti
dell’esplosione eccezionale
della genetica di oggi, che
tenta di mettere un’impronta
indelebile sull’evoluzione
della biosfera di domani.
La genetica, risuscitata nel
1900, si arricchisce della teoria cromosomica dell’ereditarietà grazie alla biologia molecolare, con il suo ultimo
gioiello, il genio genetico. In
effetti il genio genetico che
alcuni chiamano, con una sfumatura peggiorativa, «manipolazione genetica», apre delle prospettive ieri ancora insospettabili, nella rivoluzione
biologica, agronomica e medica, con ricadute senza pari
per l’avvenire della vita e della specie umana.
Per fare solo qualche esempio, si sono già ottenuti degli
animali che, con meno spettacolarità, ricordano le famose «chimere» dell’antichità
classica, fra cui i centauri, le
sirene, le sfingi che suggellano le pagine della mitologia
greca o le Metamorfosi di
Ovidio. Così, grazie al genio
genetico, si sono ottenuti, da
ormai vent’anni, degli ibridi
,»< l'iH •' llM
^ I*» tlilt w r
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cellulari fra l’uomo e il topo,
delle cavie e perfino delle
mucche «transgeniche» e, in
questi ultimi tempi, dei maiali nel patrimonio ereditario
dei quali si innestano geni
umani e che potrebbero diventare dei donatori di organi
per i trapianti del futuro. E
non parliamo della rivoluzione genetica del regno vegetale, ancora più malleabile, che
dovrebbe sfociare in specie e
varietà di piante utilizzabili
in agricoltura.
Una tale dinamica esplosiva della scienza dell’ereditarietà, con le sue luci smaglianti e le sue ombre inquietanti, implica una bioetica
adeguata a una vera e propria
rivoluzione dell’evoluzione
biologica, presentata dalla
nostra teoria sinergica. In effetti la teoria sinergica
dell’evoluzione, partendo
dalla selezione multipolare,
si applica anche, evidentemente, alla selezione artificiale.
Ora il ricercatore, capace
ormai di elaborare dei mosaici genetici nuovi, deve guardarsi (tramite una selezione
multipolare epistemologica
guidata da una bioetica) dal
pervenire a un mosaico da
stanza da bagno cercando di
ottenere un mosaico di Ravenna. In altre parole, volendo arricchire il patrimonio
ereditario dell’uomo e combattere così le più di 3.000
malattie di origine genetica,
non si deve in alcun modo dilapidare, da apprendisti stre
goni, il sostrato innato della
specie umana.
Bisogna sottolineare d’acchito che la bioetica e i comitati incaricati di difenderla
non devono assolutamente
censurare a monte la ricerca
fondamentale (per sua essenza imprevedibile) dove ha sede la libertà; d’altra parte occorre restare vigili quanto alle
eventuali ricadute tecniche, a
valle, della scienza fondamentale. E a questo livello
l’esperienza indica che non
gli scienziati ma i politici sono colpevoli di aver rivoltato
la scienza, utilizzando le
stampelle della repressione
poliziesca e/o psichiatrica.
Il nostro secolo ha dovuto
sopportare i veri e propri
«massacri di cromosomi» voluti da Stalin e Hitler... e
l’utilizzo della medicina psichiatrica, come mezzo di tortura poliziesca, da Mosca a
Washington passando da Parigi (che divide con il Cremlino il triste primato di avere
un’«infermeria psichiatrica»
che risponde direttamente alla
prefettura di polizia).
Possiamo sperare che la
bioetica, con la sua deontologia scientifica e medica, saprà, e soprattutto potrà, opporsi alle intollerabili pressioni degli apparati statali, dittatoriali e/o demagogici, che
hanno la tendenza di condurre un totalitarismo e un terrorismo di stato abbracciando
tutto per meglio soffocarlo?
* Docente universitario
di Storia delle scienze
«Il volto» (1958): nel film di Ingmar Bergman è Importante II riferimento alla pratica del mesmerismo
•J
Le inquietudini di Maupassant
Nell’anno del centenario di Guy de Maupassant (che morì
cent’anni fa a 43 anni, colpito dalla sifilide, minato dagli abusi
di farmaci, in uno stato psichico alterato) Einaudi raccoglie tematicamente una serie di racconti che hanno a che fare con
«l’incubo»*. Altre raccolte seguiranno, per un’opera di pubblicazione per generi: sono previsti racconti d’amore, di caccia e
pesca, racconti della guerra franco-prussiana, a loro volta collazionati in ordine cronologico. I Racconti dell’incubo vanno dal
1875 al 1890 e spaziano largamente nella materia sempre un
po’ indefinita della letteratura che si chiama fantastica (e anche, a volte, «gotica»): entrano in campo personaggi misteriosi,
casi di pazzia (fin troppo facile, e anche banale, scorgervi le
tracce dell’esperienza personale dello scrittore), episodi di
«mesmerismo» (studi sul magnetismo animale, dalla teoria di
Franz Mesmer, 1734-1815), delitti orripilanti, allucinazioni.
Ma su tutti spicca un classico della letteratura fantastica e
moderna, come quello del doppio: repliche di uomini che compiono azioni da loro indesiderate, uomini che «escono di sé»,
compiono come in stato di sonnambulismo atti di cui poi si
pentono o che non ricordano affatto; un preludio al senso di angoscia e di solitudine che l’uomo del Novecento vivrà con
maggiore, lucida e spietata consapevolezza fino alla schizofrenia. Al volume si accompagna tra l’altro un interessante saggio
di quello che sarà un altro maestro del genere letterario (nonché
erede di Maupassant), Henry James. Nelle stesse pagine si avverte però l’esatto contraltare di questo senso di cupezza opprimente: la ricerca della solarità, del calore umano, dell’amore,
dell’amicizia: tutti valori che Maupassant probabilmente sfiorò
senza attingervi compiutamente; e proprio nel senso del rimpianto sono da leggersi questi racconti, solo apparentemente
soprannaturali e orrorifici. Espressione invece dell’aspirazione
alla felicità e all’amore, tradita e frustrata dalla società, dalle
convenzioni e dalla fragilità interiore.
(*) Guy de Maupassant: Racconti dell’incubo. Torino, Einaudi,
1993, con un saggio di Henry James, pp XLIV-296, £ 14.000.
L'inventiva matematica
Jacques Hadamard, insigne matematico francese, è morto nel
1963 a quasi cent’anni. Il manoscritto di questo volumetto* fu
ricevuto dall’Università di Princeton nel 1944, tradotto in francese nel 1959 e per la prima volta in italiano solo quest’anno.
Inutile indagare i motivi di un tale ritardo, spiegabile forse con
la sostanziale mancanza fino a pochi anni fa di un dibattito culturale non eccessivamente specialistico su temi legati in qualche modo alla pratica scientifica.
Certo, pubblicato oggi, il libro finisce per avere più che altro
il valore di una testimonianza non solo personale ma anche storica, in grado di richiamare quelle che furono le prime ricerche
sistematiche sul tema dell’«inventività» e dell’«inventività in
matematica» in particolare. La lettura è comunque piacevole,
poiché l’autore è sì un matematico professionista ben documentato, ma non uno psicologo o un neurofisiologo; quindi il
suo punto di vista appare soprattutto essere quello della cavia,
che manifesta spesso freschezza e curiosità nell’introspezione e
anche la disponibile partecipazione a un’indagine che riguarda
l’attività a cui si è dedicata l’intera vita.
Il confronto con le opinioni dei colleghi o di altri studiosi
non porta l’autore a conclusioni definitive: solo l’esperienza
concreta, personale, quotidiana rimane, secondo Hadamard, il
vero banco di prova di qualsiasi ipotesi sul funzionamento
dell’«inventiva matematica» (e, ovviamente, non solo di questa). (a.b.)
(*) Jacques Hadamard: La psicologia dell’invenzione in matematica. Firenze, Hopefulmonster, 1993, pp 175, £ 20.000.
Appuntamenti
Lunedì 11 ottobre — TORINO: Alle ore 20,30, presso la
Sala valdese di corso Vittorio Emanuele 23, Raniero La Valle
illustra il progetto di legge di iniziativa popolare per l’attuazione del principio costituzionale del ripudio alla guerra (art. 11 ).
Sabato 16 ottobre — BERGAMO: Nella sala dell’Archivio di stato, alle ore 16, si inaugura l’attività del Centro culturale protestante, il cui programma verterà nel corso dell’anno
sul tema: Il protestantesimo nella formazione del mondo
moderno.
Sabato 30 ottobre — TORINO: Alle ore 15, nel salone
valdese di cosrso Vittorio Emanuele 23, Paolo De Benedetti
(docente di Giudaismo), Fulvio Ferrario (pastore valdese) e
Brunetto Salvarani (teologo cattolico), parlano sul tema: Bibbia e cultura italiana.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 8 OTTOBRE 1993
Fede, opere, rapporti con lo stato, autonomia degli ordinamenti: per un dibattito
L^ordinamento valdese è un ombrello?
SERGIO ROSTAGNO
Tutti ne sembrano ormai
convinti. Okay, andiamo
avanti. Con il contributo
dell’otto per mille prossimo
venturo creeremo opere sociali nuove e potenzieremo quelle esistenti. È proprio della fede creare opere.
E non è forse giusto metterle giuridicamente all’ombra di
queir«ordinamento valdese»
che ci ha retto per tanti secoli
in modo sostanzialmente corretto e indipendente? E forse
sbagliato rivedere e ampliare
di conseguenza le nostre strutture? In tutto questo molti vedono soltanto un progresso e
si può quasi affermare che ora
intorno a tali idee c’è sostanziale unanimità. Quella
che va delincandosi poco alla
volta è una tendenza ritenuta
necessaria nel periodo storico
che stiamo attraversando. Se
qualcuno ha dubbi è meglio
che se li tenga, perché esponendoli farebbe soltanto brutta
figura.
Questa tendenza, che i Sinodi hanno approvato con votazioni a volte risicate a volte
plenarie, determinerà i nostri
prossimi anni. Che cosa suscita perplessità?
Cominciamo dal fondo e
cioè dair«ordinamento valdese». Non è affatto ovvio che
lo si possa estendere a piacimento. I principi di questo ordinamento si applicano in origine a materie sulle quali la
chiesa rivendica piena e
assoluta competenza, escludendo che altri (soprattutto lo
stato) possano trovarvi nulla
da osservare. Quali sono tali
materie? Si tratta di questioni
che attengono al fondamento
della predicazione o a momenti organizzativi strettamente connessi con la libertà
della predicazione stessa
(esempio reiezione di un pastore).
Quest’ordinamento fu in
passato anche una protezione
per le minoranze; non è però
un ombrello sotto il quaìe si
rifugia non importa quale organismo e non può essere ampliato in ogni senso.
Il riconoscimento statale
Si dirà che l’Intesa del 1984
sancisce il riconoscimento
dell’ordinamento valdese come tale. Ma che vuol dire questo per noi? Quando lo stato
riconosce l’ordinamento valdese, riconosce il suo limite.
A sua volta la chiesa riconosce il proprio limite nei
riguardi dello stato. La chiesa
Un nuovo repertorio bibliografico
Bibbia e teologia
PAOLO T. ANGELERI
Il Sinodo valdese è l’Assemblea che ha approvato l’ordinamento
non istituisce affatto se stessa
come un ordinamento parallelo, perché non è un doppio
della società civile. Non ne è
un parallelo e meno che meno
è sovraordinata ad essa in
quanto portatrice di valori
«più alti» e così via.
Non c’è nulla che crei più
equivoci di un rapporto tra entità così diverse come la chiesa e lo stato. Che i giuristi si
preoccupino dei lati di loro
competenza ci pare giusto. Ma
si lascino anche i teologi essere giustamente preoccupati.
La Riforma
e il governo civile
Il governo civile viene riconosciuto dalla Riforma in linea di principio come un fatto
necessario, non esente da contraddizioni, ma fondamentalmente positivo. Questo può
oggi facilitare le cose, ma ricordiamo che il riconoscimento dell’ordinamento civile da parte della chiesa non
è quello che una suprema autorità offre ad un’altra suprema autorità. Non si tratta di
due poteri, ecclesiastico e civile, che reciprocamente si riconoscono. Non è questo il
senso dei principi della Riforma. Ogni frase, ogni sfumatura che leda questi principi, ci
porta sensim sine sensu (poco
alla volta, senza che ce ne accorgiamo) verso una visione
della chiesa che non ci appartiene. Separatismo e antiseparatismo qui non c’entrano. La
chiesa non è un’entità separata, giuridicamente a sé stante,
anche se essa esprime un proprio «ordinamento».
Per tali ragioni non è possi
3AKBU/1
SIETE TOTTi
DII MNCIULU
Abbonamento annuo L. 18.000 - Estero L. 23.000
Sostenitore L. 25.000 - Una copia L. 2.500 da versare su c.c.p. n. 14603203 intestato a «L’amico
dei fanciulli - Tavola Valdese» - 20159 Milano - Via
Porro Lambertenghi 28
bile estendere in ogni senso il
concetto di «ordinamento ecclesiastico». L’intrico s’infittisce ancora di più se poi la
chiesa, per gestire le sue opere, cerca di dotarsi di nuove
sedi di autocontrollo. Sotto
l’egida dell’autonomia della
chiesa si creano organi di autocontrollo che a loro volta
vengono dipinti come sedi efficienti dell’autonomia ecclesiastica. Ma se questo fosse
spinto alle estreme conseguenze, configurerebbe un
giuridismo parallelo a quello
della società civile. Il Sinodo
non può diventare un «supremo tribunale», in nome
dell’ordinamento valdese.
Non credo che voglia questo.
Nondimeno occorre chiedersi
se poi questo non succeda da
sé e se tale autocontrollo rechi
sufficienti garanzie o configuri un’autoillusione. L’assemblea sinodale dovrà essere in
ogni caso molto accorta.
La laicità della chiesa
Dietro i discorsi giuridici
c’è spesso una teologia e in
questo campo c’è soprattutto
una visione più o meno ideale
della chiesa e del rapporto tra
fede e opere.
Diciamo che per alcuni le
opere rendono visibile la fede
(e quindi la chiesa), per altri il
credente è prima di tutto un
laico, che opera nella società.
Nel primo caso è facile che
l’ordinamento venga invocato
come ombrello della propria
autonomia e collegato con la
visibilità della chiesa attraverso le opere. Nel secondo caso
invece si legge l’ordinamento
da un punto di vista di laicità.
Oggi un’ondata retorica sembra portarci nella prima direzione. Anche il giornale delle
chiese parla più spesso dei
viaggi del direttore di un istituto valdese piuttosto che di
persone impegnate in una sede pubblica 0 in una associazione laica.
Il problema non è però
quello di sapere se le opere
vanno o non vanno fatte. Nel
secolo scorso gli ospedali vaidesi vennero fondati perché i
valdesi non avevano materialmente un posto dove andare a
curarsi (gli altri ospedali erano cattolici). In questo secolo
ospedali sono stati fondati in
zone densamente popolate dove non esistevano (né esistono) altre strutture. Le case per
anziani o per fanciulli possono trovare a loro volta autentiche giustificazioni contingenti. Nelle opere ci è di guida il
riconoscimento della necessità e del bisogno in cui il
prossimo si trova.
Tutte le volte che il bisogno
è oggettivo, le opere vanno
fatte. Il problema invece sta
nel carattere che molti vorreb
bero dare loro. Come non ci
stanchiamo di ripetere, la
chiesa che entra nel campo
dell’educazione, nel campo
della società, nel campo delle
cure mediche eccetera, cessa
di essere chiesa e diventa società civile, realizzando forse
nascostamente anche la risposta alla predicazione cristiana,
ma soprattutto realizzando
strutture civili di salda fattura.
La chiesa incontra qui le stesse difficoltà e le stesse possibilità di chiunque altro, e .situandosi su un terreno prevalentemente etico e critico, incontra solidarietà e opposizioni, incontra altre fedi e convinzioni, incontra battaglie da
sostenere che non sono battaglie per il regno di Dio, ma
per un tipo o un altro di società civile. Chi questo non
intende è lontano dalla linea
della Riforma. L’autorispecchiarsi della fede nelle opere
crea soltanto illusioni ottiche.
Pertanto, volerle fissare mediante concetti giuridici è
opera tanto irrealizzabile
quanto vana.
Il rapporto
con la società
È poi dimostrato che attraverso le sue opere la chiesa è
portata ad affrontare drammatici problemi di un quartiere o
di un villaggio, senza poterli
risolvere se non parzialmente
e provvisoriamente. Su questo
punto esistono molti scritti di
Sergio Aquilante e non mi
diffondo su di essi. Vorrei tuttavia osservare che, anche attraverso di essi, i metodisti
hanno maturato una concezione che non è più quella del
paleometodismo. Le nuove
esperienze hanno persino modificato la presentazione della
tradizionale storia metodista.
L’impatto sulla società sembra più interessante della conversione del cuore.
Del resto la chiesa nel nostro secolo ha fatto bella figura soltanto quando ha affrontato i problemi e si è battuta per questioni precise, come i diritti civili delle minoranze (essendo essa stessa
minoranza), e così via. Ha
cioè sempre combattuto battaglie laiche. Talvolta le ha anche vinte, non da sola ma insieme ad altre persone e altre
associazioni e sempre senza
la pretesa di incarnare il cristianesimo nella società.
Dietro le decisioni sinodali
ci sono dunque visioni differenti e talvolta opposte su
varie materie giuridiche e teologiche tra loro apparentate.
Per questo la direzione che il
Sinodo ha preso non è ancora
ben chiara e abbisogna di discussione piuttosto che di
unanimità.
«o
bibliografìa, il tuo
nome è incompiutezza!», soleva ripetere Benedetto Croce: e l’incompiutezza non è solo figlia della ricerca in continuo aggiornamento, ma anche delle scelte
compiute dal ricercatore. Il
lavoro bibliografico dunque,
figlio di molti padri, è spesso
privo di difese, quasi sempre
esposto a critiche non benevole. Troppo facile e ingiusto, dunque, riferirsi a questa
«inferiorità di base» per impostare un discorso riduttivo
nei confronti del recente e
apprezzabile repertorio teologico-biblico del prof. Pietro
Bolognesi*. Il lavoro è degno di ogni considerazione,
anche perché viene a colmare
una lacuna nel campo
dell’informazione teologica
«evangelicale», in Italia assai
trascurata.
Nella prefazione l’autore
ne prospetta i limiti: corsia
preferenziale riservata ai testi
accessibili al pubblico italiano di indirizzo evangelicale,
senza però recar danno alla
visione globale; rinvio ad altra occasione della ricerca
teologico-storica e pratica.
Questi punti di partenza spiegano in larga misura omissioni e incompletezze.
Ciò premesso possiamo dire che, nell’area protestante
sarebbe, stato opportuno citare di Eric Fuchs (nella sez.
BACILI), oltre al saggio Desiderio e tenerezza (Claudiana)
anche il più recente Ethique
protestante (Parigi-Ginevra
1990) e, in area cattolica, il
bel saggio di Alfons Auer
Morale autonoma e fede cristiana (Torino 1991). È citata
l’edizione Feltrinelli del Dizionario biblico di Giovanni
Miegge, ma non la prima
(1957) e seconda edizione
Claudiana (1984), quest’ultima riveduta e corretta da
Corsani, Soggin e Toum.
Di E. Lohse, professore di
Nuovo Testamento in varie
università tedesche, sono citati molto opportunamente
L’ambiente del Nuovo Testamento (Brescia 1980) e Die
Texte aus Qumram hebräisch
und deutsch (München 1964),
ma non il Compendio di teologia del Nuovo Testamento
(Brescia 1987), che pur rappresenta il punto di arrivo del
suo impegno teologico. È valida l’indicazione delle opere
di Soggin, Kreck e Corsani,
ma per maggiore chiarezza ai
termini «visione critica» e
«ottica critica» sostituiremmo la più congrua espressione «metodo storico-critico».
Senza dubbio di ogni omissione esisteranno serie e motivate giustificazioni: in ogni
caso i nostri rilievi, del resto,
nulla tolgono al significato e
all’importanza dell’opera.
Ottima e di facile consultazione la classifica delle opere: (A) Bibbia: sussidi, fonti,
lessici, traduzioni, dizionari,
commentari, teologia biblica:
(B) Teologia sistematica:
dogmatica e etica. Utili e
orientativi i succinti commenti; opportuna la costante
preoccupazione «di non trascurare totalmente o squalificare in maniera radicale le
opere che non appartengono
alla scuola evangelica» (p.
77, ove è da leggersi: «evangelicale»).
Un repertorio bibliografico
è strumento troppo prezioso
per venir abbandonato alla
prima stesura e tutto dunque
fa sperare in future integrazioni. A ogni buon conto, anche negli attuali limiti si tratta di un valido e sostanzioso
ausilio, a cui auguriamo ampia diffusione in ogni ambiente sensibile alla problematica biblica.
(*) Pietro Bolognesi: Repertorio bibliografico su Bibbia e
teologia. Supplemento a «Studi
di teologia», Padova, Ifed, pp 88,
£ 15.000.
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE
IN ITALIA
Firenze 5-7 novembre 1993
Centro giovanile protestante
(Istituto Gould)
NON IMPARERANNO
PIÙ LA GUERRA
(Isaia 2. 4)
convegno sulla situazione
dei paesi della ex Jugoslavia
Al convegno, che si apre il sabato mattina, prendono
parte come relatori Gian Franco Schiavone («Dal ruote alla pace», Trieste), Gied. ter Berge (Consiglio delle
chiese olandesi per la pace), Renato Coisson (Fcel,
pastore valdese a Trieste), un rappresentante delle
chiese evangeliche in Croazia. Nel pomeriggio gruppi di
lavoro coordinati dal pastori Eugenio Rlvolr e Claudio
Martelli. Verranno studiate le origini del conflitto, i
modelli delle chiese per contribuire alla riconciliazione
nelle situazioni di guerra, le modalità concrete di intervento. Nel pomeriggio di domenica è prevista la partecipazione all’apertura dell’anno di studio del Centro di
formazione diaconale «G. Comandi» (prolusione del
prof. Giorgio Spini sul tema «La responsabilità degli
evangelici neU’Itedla di oggi»). Il costo dell’Incontro è di
£ 100.000.
Per ittformazioni e iscrizioni: Servizio rifugiati e
migranti della Fcel, via Firenze 38, 00184 Roma, tei.
06-483188 - fax 06-4828728. „
Sono previste borse per la partecipazione all’incontro
(rivolgersi al Servizio entro 11 20 ottobre).
15
\/F.NERDÌ 8 OTTOBRE 1993
PAG. 1 1 RIFORMA
FCEI
Per
'India
Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) si è
mobilitato, in accordo
con le agenzie internazionali cristiane di soccorso,
per inviare aiuti immediati nelle zone colpite dal
terremoto nell’India sudoccidentale, nella notte
tra il 29 e il 30 settembre.
La Federazione delle
chiese evangeliche in Italia si associa all’iniziativa
del Cec; eventuali contributi in denaro possono
essere versati sul conto
corrente postale n.
38016002 intestato a Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, via
Firenze 38, 00184 Roma,
specificando nella causale
«prò terremotati dell’India».
Posta
Pds
e tangenti
In questi giorni è apparsa
con sempre maggior evidenza la notizia su tangenti
che sarebbero state pagate al
Pci-Pds; molto si discute sul
grado di coinvolgimento del
maggior partito della sinistra
in un sistema di corruzione.
Mi pare si possano fare alcune considerazioni.
La grande maggioranza dei
giornali ha svolto analisi e ha
usato toni molto misurati e
improntati a serietà di indagine. Si è rimasti lontani
da tentativi di sciacallaggio,
salvo forse il caso isolato
dell’Indipendente.
Ciò fa ritenere che il Pds
sia visto come un partito che
può aver avuto cadute nella
corruzione, ma che sostanzialmente è costruito attorno
ad un corpo politico onesto
di iscritti che spesso hanno
sacrificato molto alle idee e
alle attività del partito senza
alcun vantaggio personale.
Molto lontani insomma dal
doroteismo De o dal rampanti smo craxiano.
Va però detto con molta
chiarezza che ogni elemento
utile alle indagini va messo
in luce con rapidità; perciò la
migliore difesa da parte del
Pds mi sembra quella di lasciare i giudici al loro lavoro
facendo il proprio, che per
un partito politico, è quello
di esaminare fino in fondo
quanto ci sia stato di eventualmente coinvolgente nel
sistema di corruzione che ha
inquinato il paese per molti
anni.
«La morale non è doppia.
Anche su questo terreno occorre affermare una discontinuità, come facevamo al
tempo del crollo del muro di
Berlino. Altrimenti non avrebbe avuto senso la svolta.
Noi non siamo un partito di
affaristi o dei politicanti; i
funzionari non si arricchiscono alla greppia dei potenti. E
se qualcuno lo ha fatto, paghi
il suo debito penalmente,
moralmente e politicamente.
Ciò comporta che il partito
non possa vivere al di sopra
delle possibilità garantite dal
suo lecito finanziario. Noi ci
proponiamo, noi che non siamo mai stati al centro del sistema di potere che ha dominato questo paese, di salire il
calvario di un’autocritica
spietata perché a noi è sufficiente molto meno di quanto
è necessario ad altri per sentirci in colpa».
Questa lunga serie di citazioni tratte dall’intervento di
Achille Ochetto alla fine di
maggio del 1992, all’inizio
del «caso Milano» con coinvolgimento di esponenti del
Pds, mi pare dicano nettamente quale deve essere il
metodo del Pds in momenti
come l’attuale.
Altri comportamenti e dichiarazioni da fortezza assediata, improntate a un fideismo totalizzante per nulla
laico, insistenze sulle diversità date per acquisite una
volta per sempre come emer
Riforma
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del r gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli, Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: Bambini armeni dell'Azerbaigian
DUE BATTESIMI
TULLIO VINAY
Un fatto concreto è molto e costantemente doloroso nella nostra vita. Noi
battezziamo i nostri piccoli bambini
senza che, per la loro minima età, abbiano la possibilità di confessare la loro fede. Li battezziamo nella coscienza che
la grazia di Dio è preveniente ogni nostra decisione o scelta. Gesù ha detto
(Giovanni 15, 16): «Non siete voi che
avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi». Siamo scelti da lui.
Così battezziamo con acqua, attendendo che al nostro segno esteriore segua ciò che a esso dà vero significato, il
battesimo dello Spirito Santo che, solo,
può far «nascere di nuovo» e fa appartenere a Cristo. Ma quanti nostri figli e nipoti rimangono con il nostro segno senza giungere alla fede!
Dio si è dimenticato della sua promessa? Ci ha detto: «Andate e battezzate»; ma ci ha lasciati soli? È incontestabile che molti rimangano fuori dalla nostra fiduciosa attesa e che le vicende
della vita li portino a scegliere «il piatto
di lenticchie» e perdere la «primogenitura» che era ed è la nostra vera attesa,
lasciandoci nel dolore anche se si affermano nella umana esistenza. Hanno
scelto il «comfort» della vita, prima e
più del suo vero senso.
Ormai sono una schiera innumerevole i figli di credenti, anche di pastori,
che seguono strade lontane dalla vocazione esplicita del battesimo. Certo Dio
è libero, chi oserebbe contrastarlo? ma
chi li ha, forse, dimenticati?
È questa Fultima realtà, o piuttosto
chi ha dimenticato la promessa siamo
proprio noi, e con noi la comunità che,
al momento, era in preghiera, e poi abbiamo dimenticato, o trascurato, di annunziare ai piccoli, e poi ai grandi, la
Parola della vita, fuori della quale non
c’è altra parola che indichi la vita vera e
perciò eterna?
Le cose stanno così. Il frequentare le
comunità dei credenti, anche se importante, dice poco al riguardo, ma anche
statisticamente questo segno esteriore ci
dice che se tutti i battezzati fossero con
noi, le nostre chiese avrebbero un numero di credenti centuplicato dai nostri
figli, nipoti, pronipoti e via dicendo.
Se lo Spirito Santo scendesse, come
in una nuova Pentecoste, tutto sarebbe
mutato. I milioni di chiese, grandi o piccole, che sorgono ovunque, compietamente rinnovate, avrebbero, seguendo la
vocazione del loro battesimo, la capacità di annunziare la Parola ai popoli fino alle estremità della terra. Questi popoli avrebbero una via, politica e sociale, diversa, e nella fede cercherebbero
prima di tutto la pace e la fratellanza.
Attenderebbero l’altra promessa di Cristo di stabilire finalmente il Regno di
Dio che è quello dell’agape.
Dipende tutto da Dio o dal rinnegamento della sua chiamata che noi, per
primi, abbiamo dimenticato? Siamo stati preoccupati più della loro carriera che
della loro fede.
La prima confessione di fede cristiana è «Gesù Cristo è resuscitato» e che la
sua agape ha vinto per sempre il potere
letale del nostro mondo. In più egli ci ha
promesso di associarci alla sua resurrezione. Ciò ha definitiva infiuenza su di
noi anche prima del nostro addio a
quanti amiamo e che abbiamo trascurato
nell’essenziale.
La doppia domanda ci sta dinanzi e,
senza esagerazione, è quella che ci logora anche se, in preghiera, chiediamo
l’intervento di Cristo sui tanti e tanti che
amiamo e per i quali chiediamo non il
successo (che ben spesso hanno) ma
quella vita nuova che può essere donata
da Dio solo. Pongo anche a voi queste
due domande che ci angustiano.
geva da interventi di altri dirigenti del Pds, non rende la
sostanza di una ricerca della
verità sui fatti in questione e
finisce per omologare il partito agli altri della schiera
tradizionale.
Forse in questo momento
sarebbe opportuno che tutta
la sinistra, coloro che si definiscono progressisti e coloro
che ritengono di essere rimasti unici depositari di un
ideale che la storia ha logorato, si ponesse con più realismo, più apertura al dialogo,
più pluralismo, il problema
del cambiamento della politica nel governare e nell’opporsi, per costruire un’alternativa al sistema di governo
sconfitto dalle cose e dalla
sfiducia popolare.
O dovremo constatare che
per arroganza, per eccessivo
leaderismo, per scarso coraggio nell’innovare da parte
della sinistra, l’alternativa
sarà solo il qualunquismo di
destra e di sinistra della Lega
Nord?
Sergio Pasetto
Lusema
La Bibbia
sconosciuta
Leggo su II Tirreno del 29
settembre che la Bibbia molti
non sanno che cosa sia: questa inchiesta è stata fatta a
Roma, proprio a Roma!
Se le persone leggessero la
Bibbia capirebbero che ci sono molti «baciapile», tanti
registri pieni di nomi e molto
del piede in troppe scarpe per
far contento qualcuno e accontentare l’altro.
Ma questa è proprio una
bella vergogna!
Carolina Dovico
Salviano (Li)
Chiarezza
per chiarezza
Caro direttore.
Mi consenta di rubare un
po’ di spazio al giornale per
un breve intervento sulle osservazioni della signora
Sfredda al mio articolo «Facciamo chiarezza».
Sono certa che se la signora
Sfredda, prima di mettere mano alla penna, avesse letto
l’enciclica oggetto dell’articolo, il tono della lettera sarebbe stato più aderente
all’argomento.
Così, le appassionate affermazioni sull’associazionismo
ecumenico cattolico, trasgressivo e inosservante delle direttive pontificie (e di ciò mi
compiaccio) non sarebbero
state indirizzate alla sottoscritta ma, per conoscenza,
all’autore della Christifideles
Laici.
Anche fuor di luogo il riferimento all’integralismo religioso confessionale, tutto da
dimostrare, che la signora
Sfredda attribuisce a tutti i
valdesi indistintamente perché, pur deprecabile, non è
certo normativo mentre, come è noto, ben altra valenza
assumono per i cattolici le
prescrizioni papali come
quelle contenute nel documento citato.
Vera Velluto
Taranto
metterlo e incominciare una
vita nuova.
Vorrei leggere su Riforma
e poter dire agli amici:
«Guardate che razza di argomenti trattano i miei amici!»,
«A Torino si pensa forte e bene!»... Purtroppo voi danzate
in punta di piedi.
Il nostro compito è di raccontare agli italiani che il
guelfismo cerca di imperare a
360 gradi e che noi dobbiamo
vedercela con il più grande
dei camaleonti politici. Insomma, da voi ci sono gli
specialisti della storia; perché
non li utilizzate per smascherare il Carolus polacus?
Guido Pagella
Fano
Attenti al
neoguelfismo
Vi scrivo per segnalarvi
l’articolo di Eugenio Scalfari
su «Repubblica» del 26 settembre scorso sul rapporto tra
Chiesa cattolica e stato italiano. Perché deve essere un uomo che non crede a farci da
battistrada? Non vedete il
guelfismo che fa breccia da
tutta le parti? Che debba essere Scalfari a trattare un problema che dovrebbe essere di
Riforma?
Voi vi incancrenite dietro a
Crotone come i vescovi! Loro
hanno tutto da guadagnare a
fare i populisti, ma noi no.
Dobbiamo dirlo chiaramente
che la loro è una battaglia
perduta, che andare sotto le
miniere e sopra le strade non
serve a niente!
Andrà bene per protestare e
far presente alla nazione che
gli errori dei politici e degli
imprenditori non li devono
pagare i lavoratori... ma il
male da denunciare è tutto nel
furto che il Vaticano ha praticato da sempre.
Certo noi non dobbiamo essere degli ottusi. Se al nostro
fianco abbiamo un buon cattolico come compagno di lavoro o vicino di casa gli dobbiamo rispetto e ammirazione, ma se a Roma rubano lo
dobbiamo dire e se a rubare
siamo noi... dobbiamo am
ONORANZE E TRASPORTI FUNEBRI
Torre Pellice - Via Matteotti, 8 - tei. 0121/932052
LusernaS.Giovanni-ViaGianavello,31 -tei. 0121/909565
Servizio Notturno e festivo: Lusema S. Giovanni C.so Matteotti, 13 tei. 0121/909745
RINGRAZIAMENTO
La moglie, i figli e i familiari tutti
di
Luigi Travaglini
commossi per la dimostrazione
di stima e di afffetto tributata al loro caro, ringraziano tutte le gentili
persone che con fiori, scritti, presenza e parole di conforto hanno
preso parte al loro dolore.
Lusema San Giovanni,
6 ottobre 1993
RINGRAZIAMENTO
«Non abbandonarmi nel tempo
della vecchiaia,
non lasciarmi ora
che le forze vengon meno».
Salmo 71,9
Anglesina e Annalisa partecipano la scomparsa del loro caro
Emanueie Coucourde
di anni 80
Ringraziano di cuore I dottori V.
Della Penna e M. G. Camusso; i
medici e il personale dell'Ospedale valdese di Pomaretto che l'hanno curato con umanità e rispetto; i
militi della Croce Verde di Porte; il
pastore Paolo Ribet; il gruppo anziani Riv-Skf; l'Anmi; i colleghi e
gli alunni dell'ltscg «M. Buniva»; il
fisioterapista e la signora Iole; I
parenti e gli amici che le hanno
aiutate nei momenti di maggior
difficoltà e angoscia; le numerose
persone intervenute al funerale e
tutti quelli che sono stati loro vicino in vario modo durante la lunga
malattia del loro caro.
San Germano Chisone,
25 settembre 1993
RINGRAZIAMENTO
La moglie, I figli e familiari del
caro
Ernesto Costantino
riconoscenti e commossi per le
numerose manifestazioni di affetto e di stima tributate al loro caro,
nell'impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano di cuore tutti
coloro che con presenza, offerte,
scritti e parole di conforto hanno
preso parte al loro dolore.
Pinerolo, 25 settembre 1993
RINGRAZIAMENTO
«lo so in chi ho creduto»
Il Timoteo 1,12
Il marito della cara
Eleonora (Nora)
Costabel Bernardini
ringrazia di cuore tutti coloro
che con la presenza, fiori, scritti e
parole di conforto hanno partecipato al suo grande dolore.
Un ringraziamento particolare
ai medici e a tutto II personale
dell'Ospedale valdese di Torre
Pellice.
Torre Pellice, 8 ottobre 1993
I necrologi si accettano
entro ie ore 9 dei lunedì.
Telefonare al numero
011-655278
fax 011-657542.
16
PAG. 1 2 RIFORMA
alW
VENERDÌ 8 OTTOBRE 1993
Di ritorno dal paese africano aH'indomani dall'indipendenza
Viaggio attraverso l'Eritrea oggi:
la ricostruzione della nazione
CESARE MILANESCHI
L? Eritrea, conquistata
l’indipendenza il 24
maggio 1991 (che è stata poi
sancita dal referendum del 25
aprile 1993), è governata oggi dai leader del Fple (Fronte
popolare per la liberazione
dell’Eritrea). Il Fple fin dal
1987 si propose di governare
il paese, avendo già il controllo di larghe porzioni del
territorio nazionale.
In quell’anno si tenne il secondo congresso del Fple, in
cui il segretario, Mamadam
Mohamed Murra, fu sostituito da Isaias Afeworki, attuale
presidente dell’Eritrea, che
da qualche anno era il leader
reale del Fronte. Il Congresso
del 1987 fu caratterizzato da
diverse novità nell’indirizzo
politico del Fple, fra cui la
condanna dell’Urss come superpotenza (a motivo dell’appoggio dato a Menghistu),
ipotesi di privatizzazioni in
economia, il rafforzamento
dell’unità del movimento
nelle sue componenti islamica e cristiana. Il governo attuale ha i posti di responsabilità equamente suddivisi fra
cristiani e musulmani, e si è
conquistata la fiducia del popolo sia sul campo di battaglia che neH’amministrazione
delle poche risorse disponibili quando governava, in condizioni difficili, i territori
liberati.
Tuttora, due anni dopo la
fine della guerra, si può constatare le capacità di ricostruzione messe in atto nella città
di Asmara e ciò che ancora
resta da fare: strade sconnesse per l’azione dei carri armati, carenza di acqua, mancanza di lavoro, ecc.
«Noi abbiamo ereditato un
paese distrutto - osserva il
sindaco di Asmara, Efrem
Sebath sia l’agricoltura che
l’industria sono distrutte».
Per avviare una ripresa in
questi due settori chiave
dell’economia, il governo
punta più sul risparmio interno degli eritrei che sugli
investimenti esteri, i quali
tardano ad arrivare pretestuosamente, perché alcuni
paesi vorrebbero costringere
l’Eritrea ad accettare pesanti
condizioni. È naturale allora
che si punti sulle capacità
operative degli stessi eritrei,
procedendo magari a piccoli
passi, invece di ricorrere oltre
il necessario al prestito estero. E quando gli eritrei risparmiano fino ad essere in grado
di dar vita a una società finanziaria, il governo favorisce la loro azione benché essa
sia di carattere privato.
È il caso della «Prima Oil
Company», finalizzata all’estrazione e alla distribuzione di petrolio in tutto il territorio eritreo, con previsioni
anche di esportazione. La società è stata creata da quaranta eritrei residenti all’estero,
soprattutto negli Stati Uniti e
in Germania, lo scorso mese
di luglio. Messasi all’opera,
ha già iniziato il primo grosso
lavoro: la costruzione di una
megacistema di dieci milioni
di litri nella zona di Massawa, per la raccolta del petrolio che si estrarrà nel bassopiano, lungo il Mar Rosso.
Lo sviluppo
dell'agricoltura
L’agricoltura è il settore su
cui più punta il governo per
la rinascita del paese. L’Eritrea ha come obiettivo a bre
ve termine l’autosufficienza
alimentare e lo sviluppo
dell’esportazione, soprattutto
nell’ambito della frutta (banane, arance, mandarini, cipolle, ecc.). Lo dice Weldegabriel Tareke, responsabile
del Dipartimento pianificazione e programmazione del
ministero dell’Agricoltura.
Per raggiungere questo
obiettivo, il ministero interviene con un’azione concentrata in due direzioni: da una
parte fornisce agli agricoltori
gli elementi essenziali per organizzare il proprio lavoro
(sementi, fertilizzanti, attrezzature, animali da allevamento); inoltre fornisce
un’assistenza tecnica e veterinaria per addestrare gli agricoltori nel passaggio dai metodi tradizionali di produzione a metodi più razionali ed efficienti.
Uno sforzo notevole viene
poi compiuto per l’approvvigionamento di acqua, attraverso la costruzione di dighe
e rescavazione di pozzi.
Un notevole sforzo creativo
è richiesto per creare una pre
della loro militanza. Questo
è infatti l’atteggiamento del
nostro popolo, che non ama
distruggere, e tanto meno
vuole la guerra, ma vuol dare
il meglio di sé per costruire,
sia a proprio vantaggio che a
favore degli altri».
Ricostruire
un paese unito
Questa disponibilità del
popolo eritreo al sacrificio
per il bene del paese è confermata anche da un testimone italiano, mons. Luca Milesi, amministratore del vicariato apostolico di rito latino,
che vive ad Asmara da un
trentennio: «Il governo eritreo ha degli oneri gravissimi, e il popolo se ne rende
conto. Perciò vive d! grandi
speranze, anche se la realtà è
molto dura: è un popolo abituato alla sofferenza, e sa
continuare». E lo farà, conclude Milesi, nella consapevolezza che l’Eritrea «deve
ricominciare tutto daccapo^
perché non ha niente».
La ricostruzione procede
Asmara: donne a passeggio con il tradizionale chador
duzione in zone deserte, specialmente quelle del bassopiano. Per questo il ministero
dell’Agricoltura ha organizzato degli scambi con paesi che hanno già affrontato
problemi analoghi, come
israele.
Osserva ancora Weldegabriel Tareke: «I nostri esperti
di agricoltura si recano ogni
tanto in Israele per osservare,
ed esperti israeliani vengono
da noi per insegnare». Gli
sforzi attuali per la modernizzazione dell’agricoltura
hanno un precedente nel programma di risanamento agricolo che il Fple aveva attuato
fin dal 1985 con iniziative di
riforestazione delle zone
danneggiate dalla guerra. Attualmente, i militanti che restano nell’esercito sono impegnati in particolare nell’
aiutare gli agricoltori nei momenti di lavoro più intenso
(semina, raccolti, ecc.) e nella ricostruzione delle strade.
La strada che da Asmara
conduce a Massawa, per
esempio, gravemente deteriorata negli ultimi anni di
guerra, è stata riassestata e
allargata ad opera dei militanti del Fronte.
A coloro che lasciano il
servizio militare per attivare
una produzione agricola, il
governo dà «un aiuto di avviamento, un’abitazione e
l’attrezzatura necessaria per
proseguire l’attività», continua Weldegabriel Tareke. «I
militanti del Fple, sia che restino nel servizio militare, sia
che si inseriscano nella vita
civile - conclude Weldegabriel Tareke - daranno il meglio di .se stessi, come hanno
dimostrato in tutto il tempo
ovunque, sotto il segno dell’unità del popolo e della solidarietà con chi ha maggior bisogno di aiuto.
A Mai Habar, un villaggio
a circa trenta chilometri da
Asmara, vivono circa duecentocinquanta mutilati di guerra, che oltre all’assistenza .sanitaria hanno a disposizione
dei corsi di avviamento professionale, in vista deH’inserimento nel lavoro. Il villaggio è continuamente raggiunto da visitatori e amici, che
vedono nei mutilati il segno e
il ricordo del sacrificio dell’
intera popolazione.
Vicino al villaggio ha lavorato per un periodo di otto
mesi, come pena di carattere
rieducativo, un gruppo di detenuti rei di collaborazionismo con il regime di Menghistu, nella costruzione di edifici scolastici. A qualche chilometro di distanza sorgono già
i primi muri di un nuovo piccolo ospedale. La sua costmzione è finanziata da un amarico ultraottantenne, Seyum
Alemayo, che ha trascorso
gran parte della sua vita nel
vicino paese di Nefasit, dove
si è affermato come commerciante di stoffe e vestiti,
A Nefasit, oltre dieci anni
fa, fece costruire una scuola.
Quando l’Eritrea conquistò
l’indipendenza, Seyum Alemayo chiese la cittadinanza
eritrea, e ora vuole sancire il
suo legame con la popolazione del luogo attraverso la
nuova struttura sanitaria.
Quello di Seyum Alemayo
non è un gesto isolato, ma
quasi il segno di un rapporto
stretto fra Eritrea ed Etiopia
che ha origini lontane nel
tempo e che alla fine dello
Asmara: scena di vita contadina
scorso mese di luglio è stato
sigillato da un accordo di
stretta collaborazione firmato
dai capi di stato dei due paesi, Isaias Afeworki e Melles
Zenawi.
In base a questo accordo
l’Etiopia avrà libero acceso ai
due porti di Assab e di Massawa, e le due nazioni attueranno una «stretta cooperazione nei campi dell’economia, dello sviluppo, dei problemi sociali e della politica
regionale». Si è decisa anche
la libertà di circolazione dei
cittadini di entrambi i paesi e
si assumeranno «decisioni
comuni» in materia finanziaria e monetaria, oltre ad attuare un «aiuto reciproco nel
processo di ricostruzione
dell’agricoltura e dell’industria».
Con questo accordo. Eritrea ed Etiopia costituiscono
un polo di stabilità nel Corno
d’Africa e possono contribuire in modo determinante
alla pace nella regione. Lo
dichiara il ministro degli
Esteri, Mahmoud Ahmed
«Sherifo», il quale asserisce
che l’Eritrea, sebbene sia una
nazione piccola, vuol gestire
la propria politica estera senza ipoteche da parte di altri
stati e con la più ampia libertà e apertura possibili. In
questo senso si spiegano sia
l’apertura verso Israele sia i
progetti per allargare la cooperazione economica fra gli
stati vicini al Como d’Africa.
Il rapporto con Israele è
«leale e paritario», aggiunge
Sherifo, dettato da ragioni di
cooperazione e dalla «ricerca
di rapporti positivi con tutti
gli stati»; perciò è un rapporto che «non comporta nessun
detrimento alle nazioni arabe», e può avere effetti positivi «sia per Israele e l’Eritrea che per le altre nazioni».
Sherifo, uno degli esponenti islamici di spicco del
governo eritreo, esprime una
notevole sicurezza nella propria linea di politica estera
perché sa di godere di un forte consenso interno a motivo
della collaborazione raggiunta fra cristiani e musulmani;
«Il popolo eritreo è molto vigile, attento, solidale al suo
interno, e questa è la nostra
sicurezza; noi crediamo nella
forza della nostra unità», afferma.
Di conseguenza in Eritrea
non si pone il problema del
fondamentalismo islamico
(al contrario di quanto temono alcuni in Italia); «Non c’è
nessuna forza fondamentalista da temere - conclude
Sherifo - ma anche se questo
fenomeno si presentasse, noi
abbiamo forza e capacità
sufficienti per fermarlo in
tempo».
In Eritrea, l’indipendenza
conquistata a caro prezzo fa
sì che ancora la popolazione
parli molto di patria. In molte
case le bandiere della nazione
e quella del Fple affiancano
spesso le fotografie dei caduti, detti senz’altro «martiri».
Il prezzo
dell'indipendenza
Sono stati cinquantamila,
un numero elevato su una popolazione di tre milioni e
mezzo di abitanti. Insieme alle bandiere, sono molto presenti le memorie visive della
guerra e della liberazione.
All’«Asmara Restaurant», un
piccolo locale al centro della
capitale, tre illustrazioni rispecchiano ciò che passa tuttora nella mente degli eritrei e
anima le loro speranze. Un
quadro mostra una madre colpita dal cannone, mentre il figlio sopravvive; un altro mostra alcuni combattenti che
piantano una bandiera su
un’altura; un altro ancora ritrae quattro giovani sorridenti
che impugnano il mitra. Un
militante conferma che uno
solo di loro è tornato a casa.
Il quadro porta la scritta:
«Rallegrati Eritrea per i tuoi
figli gloriosi» ma per quei tre
giovani, come per tanti altri,
la gloria ha coinciso con la
morte.
Questo amore di patria è da
considerare nel preciso contesto della stona recente
dell’Eritrea, dove le parole
«patria» e «nazione» non sono né abusate né logore. In
quel preciso contesto, i caduti
nella guerra di liberazione sono l’ultima componente, in
ordine di tempo, di una unità
nazionale molto sentita,
all’interno di una comunità
umana molto diversificata sia
sul piano etnico che storico e
culturale: nove gruppi etnici e
una ripartizione paritaria della popolazione fra cristiani e
musulmani, con un notevole
pluralismo nell’area cristiana:
copti, cattolici, luterani, pentecostali...
Lo afferma il segretario del
Centro islamico di Asmara,
Abdusalam Ahmed Saleh:
«Abbiamo combattuto per
trent’anni senza distinzione
fra musulmani e cristiani (...).
I combattenti che sono morti
erano metà cristiani e metà
musulmani, e tutti sono caduti per un’unica Eritrea».
(Primo di una serie di
tre articoli)
Ex Cecoslovacchia
Per i giovani
il '68 è
ormai storia
EVA GLAUBER
Asmara: le giovani generazioni vestono aii’occidentaie
A un quarto di secolo
dall’occupazione delle
truppe del patto di Varsavia i
cechi e gli slovacchi ricordano ormai distrattamente le vittime della resistenza all’invasione. Poche decine di persone hanno preso parte il 20
agosto scorso a una commemorazione dei caduti di quei
tragici giorni.
Il 21 agosto 1968 i dimostranti avevano costruito delle
barricate per cercare di impedire l’occupazione della radio
e della televisione da parte
delle truppe. I carri armati
spararono sulla folla uccidendo 15 persone.
Anche i «media» della Repubblica ceca sono stati molto contenuti nel ricordare il
25° anniversario della fine
della «Primavera di Praga».
Dopo la svolta verso l’economia di mercato e la divisione
della Cecoslovacchia, i cechi
e gli slovacchi guardano con
sentimenti misti a quel tentativo di riforma del socialismo
stroncato da Mosca con la
violenza. Il premier ceco neoliberale Vaclav Klaus riconosce che l’ala riformista del
partito comunista voleva veramente una «umanizzazione» del sistema; «ma non si
può negare - aggiunge - che i
loro progetti erano irreali e
destinati inevitabilmente
all’insuccesso».
Per Vaclav Benda, presidente della De ceca, la data
del 1968 non significa molto.
Le proposte di riforma di allora non erano altro che «ritocchi cosmetici» del regime comunista. Vi sono però anche
delle critiche all’atteggiamento che i politici di oggi assumono verso il passato. Jiri
Kanturek, fino al 1992 direttore della televisione cecoslovacca, afferma che oggi nella
Repubblica ceca c’è una grossa «lotta per il potere ed è interesse dei contendenti cercare di squalificare moralmente
i “sessantottini”».
Anche fra la gente della
strada le reazioni sono diverse. Un pensionato di 62 anni
ritiene che l’occupazione della Cecoslovacchia sia stata
«una questione concordata fra
le due potenze mondiali,
rUrss e gli Usa». Un elettricista di 47 anni ripensa con tristezza a quegli eventi; «In
quel momento avevamo delle
buone possibilità. Se non fossero arrivati i russi, oggi saremmo molto più avanti». Per
i giovani che conoscono quegli avvenimenti solo per sentito dire, il 1968 non è che un
capitolo della storia del paese.
L’occupazione instaurò
l’era della «normalizzazione»
neostalinista che ebbe gravi
conseguenze per centinaia di
migliaia di cittadini; persecuzioni politiche, discriminazioni sociali, esilio. La via al
«socialismo dal volto umano»
era stata imboccata nel gennaio del 1968 con la scelta di
Alexander Dubeek, come primo segretario del Comitato
centrale del Partito comunista.
Il programma dell’ala riformista raccolta attorno a Dubeek
prevedeva l’abolizione della
censura, l’introduzione di una
forma mista di economia di
piano e di mercato e una progressiva liberalizzazione politica. Questi inizi di una società pluralistica suscitarono
un’eco entusiasta nella popolazione e fecero dello slovacco Dubeek, anche fuori del
paese, il simbolo della «Primavera di Praga». ( Epd) )