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30'
ECO
DELLE VAUT VALDESI
Prof.
ARMAND HÜGON AUGUSTO
Case Nueve
TORRE PELLICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCII - Num. Una copia Lire 31 1 3 0 1 ABBONAMENTI | Ero; L. 1.300 per L. 1.800 per Tinierno Testero tt Eco dea Presenza EvangeUca % interno L. 2.000 - estero L. 2.800 Spediz. abb. postale - 1 Groppo Cambio d’indirizzo Lire SO 1 TORRE RELUCE — 3 Agosto Anunin. Claudiana Torre Pellice • C.C.P. 1962 1 2-17557 1
UnB grande giornata di testa a Prati
Il viovD lemplo è sialo iiaugurato: oaa lolla leslaole loa pronta al rauoglimonln è coavennia donieniGa nella conca alpina
Nell’atto di consacrare a Dio questo tempio, destinato al culto in spirilo e verità, deponiamo su questo tavolo della Santa Cena la Sacra Scrittura, documento della rivelazione divina e somma autorità per la fede e
per la vita.
Con queste parole il Moderatore della Chiesa Valdese, Ermanno Rostan,
ha consacrato al culto il nuovo tempio di Frali, deponendo aperta, sul tavolo della Santa Cena, nel centro dell’abside, l’antica Bibbia del vecchio
tempio, che ha rappresentato un elemento di continuità fra il vecchio
tempio ed il nuovo, fra la più antica
predicazione della Riforma alle Vaili (il vecchio tempio è del 1556) e quella attuale, fra i tempi delle lotte e
delle sofferenze (nel vecchio tempio,
l’unico non distrutto nel temp>o dell’esilio, fu celebrato il primo culto del
Rimpatrio) ed il tempK) in cui Dio ha
chiamato noi a testimoniare del Suo
amore e della Sua salvezza.
Alle 10,30 il corteo pastorale era entrato nel tempio, gremito in tutti i
suoi .settori, dopo aver attraversato la
piazza antistante in cui molte centinaia di persone — che non avevano
trovato posto aH’interno — avrebbero
seguito il culto attraverso gli altoparlanti installati allo scopo.
Facevano parte del corteo il Moderatore, il Past. Ribet ed i Sigg. Ugo
Zeni e Ettore Serafino, membri della
Tavola, il Presidente della Commissione del I» Distretto ed una ventina
di Pastori della Chiesa Valdese. Ad
essi .si erano uniti rappresentanti di
Chiese sorelle all'Estero; il vescovo
del Badén Sig. Bender e due Pastori
tedeschi, fra cui il Past. Haarbeck che
anche quest’anno lavora a Prali con
un gruppo di giovani per aiutare la
popolazione e ia Chiesa (l’anno passato aveva diretto un campo di lavoro
in favore dei sinistrati delle Selle e
quest anno lavora in favore del nuovo
tempio). Era presente anche il Past.
Atger di Lione che dirige il II Int.
di Agape, ed abbiamo notato un
Pastoie proveniente dalla Chiesa Unita dell'India del Sud e uno dalla
Nigeria nei loro costumi caratteristici; essi hanno sottolineato con la loro
presenza la realtà dei legami che uni
le di membri di Chiesa in Italia, sia
sul piano delle Chiese dell’Ecumenismo, sia ancora come influenza e come potenza negli avvenimenti della
storia contemporanea. Una piccola
Chiesa a cui Dio concede pure oggi
di dedicargli un nuovo tempio.
Sarebbe presuntuoso pensare che
tutte le parole del testo si adattino alla nostra Chiesa poiché Dio solo può
dire fino a che punto abbiamo serbato la fede e non abbiamo rinnegato
il suo nome; ma esse sono pier noi
oggi una promessa ed un ammonimento.
La promessa che il Signore ci rinnova con questo nuovo mezzo di tesi imonianza che Egli ci ha concesso
di edificare e ohe oggi inauguriamo
nel suo nome e che costituisce una ve
re e propria « porta » che ci è stata
aperta per favorire una predicazione
che possa raggiungere sempre magg’cr numero di persone.
La promessa misericordiosa che
quando Cristo, il Signore della Chiesa e del mondo apre una porta ai
credenti, nessuno può chiuderla e nè
le difficoltà interne nè quelle esterne
potranno rendere vana l'opera che il
Signore ha compiute e compie attraverso a quegli strumenti umani che
egli ha scelto.
Ed anche un ammonimento; Il Signore è colui che apre e che chiude.
Ncn noi o la nostra capacità ed influenza. E’ Lui che apre tante porte
che i grandi ed i potenti di questo
mondo si sono sforzati di chiudere ed
è lui che silenziosamente chiude tan
te porte che gli uomini avevano aperto con clamore ed orgoglio. Occorre
che badiamo quindi a questa realtà e
che cerchiamo la porta che il Signore stesso ci apre ogni giorno nella sua
misericordia e che nella ubbidienza
umile e fedele ci sforziamo di rimanere fedeli alla Sua parola nella predicazione che sarà fatta da questo pulpito e non solo da questo pulpito;
ohe ci sforziamo di essergli fedeli con
le nostre azioni e con la vita quotidiana affinchè per mezzo di noi che
abbiamo partecipato a questa dedicazione, che siederemo in futuro su questi banchi, pralini e non pralini, gente da ogni parte dell'Europa e da fuori dell Europa, non rischiamo di rinnegare, con la nostra vita, il nome del
nostro Dio.
Queste alcime delle impressioni riportate e ritenute della predicazione
e che vorremmo riassumere in qualche modo con alcune parole della preghiera di consacrazione del tempio;
« La tua Parola sia sempre predicata fedelmente in questo luogo... Possano qui le anime assetate di verità e
di giustizia essere saziate, i non credenti giungere alla fede, gli orgoglio
si riconoscere i loro peccati e pentirsi,
le anime travagliate trovare la pace
del perdono e la gioia della salvezza,
e quelli che hanno creduto crescere
in conoscenza, in fede e in amore
per Dio e per i loro fratelli».
Franco Davite
{continua in 3» ¡tagina)
11 sermone di dedicazione
hi testa al corteo pastorale, un Anziano reca l'antica Bibbia dal vecchio tempio (nello sfondo) al nuovo. (Foto .laliier)
scono la nostra Chiesa al mondo teumenic'.
Il ou'lo è stato iniziato dal Pastore
Aldo Comba di Prali che ha guidato
l'assemblea nella liturgia fino alla
consacrazione del tempio. Poi, dopo
un canto eseguito magistralmente dal
la corale di Torre Pellice, il Moderatore ha predicato sul testo della lettera alla Chiesa di Filadelfia (Ap.
3; 7-13) ed in particolare su queste parole ; « Queste cose dice il Santo, il
verace colui che ha la chiave di Davide: colui che apre e nessuno chiude, colui che chiude e nessuno a,pre.
Io conosco le tue opere. Ecco io ti ho
posta dinnanzi una porta aperta, che
nessuno può chiudere, perchè pur
avendo poca forza, hai serbato la mia
parola e non hai rinnegato il mio nome» (vv. 7 e 8).
Certo la Chiesa Valdese «ha poca
forza » sia sul plano della percentua
Fratelli e sorelle in Cristo
Nella lettera alla Chiesa di Filadel
fia c'è un frequente richiamo alla fermezza nella fede e alla resistenza di
fronte al mondo.
Quella Chiesa del periodo apostolico
non era una grande comunità ricca
di uomini e di mezzi. Non aveva nulla
che piotesse impressionare il mondo
dal punto di vista dell’apparenza
esterna, nulla che le conferisse un posto d'onore e di considerazione in
mezzo alla società del suo tempo. Il
testo biblico dice che aveva « poca
forza»; ma, pur avendo poca forza,
era rimasta fedele al suo Signore. E
questa fedeltà non era un ornamento
di poco prezzo, non era adulterata o
falsificata da facili esibizionismi; anzi si manifestava in modo pratico nel
saper ritenere le cose che piacciono
veramente al Signore : « hai serbata
la mia parola e non hai rinnegato il
mio nome ».
Le quali cose, cari fratelli, o ci sono
o non ci sono. Se ci sono, la Chiesa
anche piccola e debole dal punto di
vista numerico, possiede i veri connotati della comunità dei credenti, inconiondibili e insostituibili, perchè la
parola di Cristo non la si sostituisce
ma la si ascolta e la si serba; ovvero
quelle cose non ci sono e allora la
Chiesa, anche se è una potente istituzione o possiede un tempio grande
e nuovo come quello di Prali, perde
il senso della sua vocazione e della sua
missione.
Il messaggio del Signore alla Chiesa
di Filadelfia ha un significato anche
per la nostra Chiesa Valdese e per la
cemunità di Prali.
Dal punto di vista numerico siamo
una minoranza nella grande massa
del nostro popolo e neH'insieme del
Protestantesimo europeo e mondiale
Non amiamo Testeriorità e le manifestazioni spettacolari in campo religioso, anche* perchè stimiamo che la fede debba affondare le sue radici nell’intimo della nostra vita in comunione con Dio. Abbiamo sempre avuto
« poca forza » secondo i criteri del
mondo, dal tempo in cui su questi
monti i nostri padri dovevano lottare
per difendere la. libertà della loro coscienza fino ai nostri giorni in cui,
per una ragione o per l’altra, siamo
spesso considerati come degli sconosciuti o dei nonconformisti dal punto
di vista della professione religiosa.
Ma anche con poca forza una chie
sa può rimanere fedele al suo Signore
e conservare con costanza la sua parola. La storia della piccola Chiesa
Valdese, pur tenendo conto di tutti i
suoi aspetti umani e perituri, indica
che è possibile « serbare la parola di
Cristo e non rinnegare il suo nome»
anche in circostanze sfavorevoli. Se
rievoco per alcuni istanti la storia
valdese non lo faccio con orgoglio; lo
faccio col senso della relatività di
egni azione umana e sopratutto con
riconoscenza a Dio, per la cui bontà
la sua Parola ci è stata conservata,
senza tuttavia iwter asserire che essa
non ci sarà mai tolta.
Al tempo della Riforma, quando si
innalzavano i primi templi alle Valli,
; Valdesi celebravano con fervore il
loro culto anche nella pianura piemontese e nelle valli del Cimeese. Secondo un documento del 1556 ad Angrogna 6(MX) persone prendevano la S.
Cena pubblicanaente e molti erano accorsi da narecchie miglia lontano e,
alle intimidazioni del Commissario,
¡0 coiioscu le tue opere. Ecco, io li ho posto dinanzi
una porta aperta, che nessuno può chiudere, perchè,
pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non
hai rinnepatu il mio nome. (Apocalisse J, 8)
tutti si dichiararono pronti a «soffrire pur di non abband^are il Cristo ».
Un pastore svizzero quell’epoca, inviato alle Valli, scriveva alle chiese
d’oltr’alpe : « Se poteste vedere di che
zelo ardano di udire la parola di Dio!
Da quali distanze e per quali vie scabrose vengano dovunque alla predicai ». E più tardi, alla vigilia dell’esilio del 1686, quando nella Val Pragelato era interdetto l'esercizio del culto
riformato ed era ordinata la demolizione dei templi di Pragelato, Fenestrelle, Usseaux, i Valdesi non esitavano a varcare il Colle del Pis per celebrare il loro culto nel tempio di
Massello. Infine, quando Enrico Arnaud tornando con i reduci dalTesilio
celebrava il primo culto nel tempio di
Prali il 27 Agosto 1689, egli non aveva
dinanzi a sè una grande chiesa secondo l’ordine delle grandezze umane, ma
una chiesa « con poca forza » che aveva però imparato a rinunziare a molte cose pur di « serbare la parola di
Dio e di non rinnegare il nome di Cristo ».
* * *
Anche se piccola e limitata nei suoi
mezzi, la chiesa fedele ha un potente
Signore. E’ necessario ripetere anche
oggi che il Signore della Chiesa è Gesù Cristo ; è contro di Lui che le forze
del male e delTinfemo non prevarranno. Molte volte siamo impressionati
dalla forza degli eventi e dalle minacce che incombono sulla Cristianità.
Sia ben chiaro che le chiese non sfuggono, neppur esse, al giudizio di Dio,
e possono pierciò da un giorno all’altro scomparire dalla scena della storia; ma sia detto anche più energicacente che Cristo rimane il Signore e
Salvatore di quanti confidano in Lui.
I grandi del mondo passano e Gesù
Cristo regna. Egli apre sulla terra molte porte che i potenti di questo mondo
sprangano, e chiude molte porte che
i signori di questo mondo spalancano.
Così come Egli aprirà nel cielo delle
porte che le autorità ecclesiastiche
hanno chiuso e ne chiuderà altre che
le stesse autorità avranno aperto con
troppa facilità, adulterando TEvange
10 di Cristo o confondendo la causa
del Regno di Dio con gli interessi di
questo mondo.
Alla Chiesa di Filadelfia ohe ha poca forza ma che ha serbato la fede, il
Signore dice : « Io conosco le tue opere. Ecco, io ti ho posta dinanzi una
porta aperta che nessuno può chiudere, perchè, pur avendo poca forza, hai
serbato la mìa parola e non hai rinnegato il mio nome ».
Quella chiesa non ha predicato altro che la croce, scandalo e pazzia agli
occhi degli uomini; non ha adattato
11 suo messaggio ai gusti dei mondo,
non ha assunto alcuna coloritura politica, non ha inventato molte novità
per impedire ai suoi fedeli di evadere
o per rendersi simpatica al mondo ; ha
serbato le cose essenziali, si è caratterizzata con un messaggio e con una
speranza che procedono da Cristo; e
siccome non ha cercato di aprire essa
stessa le porte con orgogliosa presunzione dogmatica o con sottile diplomazia, Cristo le ha aperto una porta
per poter penetrare nel mondo ed
frsereitarvi la sua missione in vista di
Dio e degli uomini per i quali Cristo
è morto e risuscitato.
Se ho scelto questa parola dell’Apocalisse per la inaugurazione del tempio di Frali è perchè credo che Cristo
può aprire una porta a questa comunità mediante il nuovo tempio, a condizione che i Valdesi di Prali e delle
altre parrocchie sappiano conservare
la Parola della vita e non lascino offuscare il nome e la realtà di Cristo
dai mille affanni dell’esistenza quoti
li nuora tempio, al termine della dedicazione. (Foto Jahierl
diana o dalle prospettive di una vita
economica più facile, ma anche meno
adatta al buon combattimento della
fede.
E’ cosa estremamente importante
che il Signore apra una porta alla
Chiesa. La comunità dei credenti si
riunisce per celebrare il culto a Dio;
ma è anche chiamata a stabilire un
contatto col mondo comunicando agli
uomini la Parola della vita di cui Cristo ha detto : « Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passerano». La porta aperta è un’immagine per significare che il Signore offre alla chiesa la possibilità di una testimonianza nel mondo. L’apostolo
Paolo, alludendo alla sua opera di
evangelizzazione a Efeso diceva •
«Una larga porta mi è qui aperta ad
un lavoro efficace », anche se poi ag
giungeva « e vi sono molti avversari »
Tl Corinzi 16; 9).
Ed è a questo punto che la comuni
tà di Prali, insieme con le altre chiese
valdesi, è posta di fronte alla sua responsabilità. Se il Signore ci apre una
porta in vista della testimonianza all’Evangelo, siamo noi pronti a servirci
di quell’opportunità, non per il nostro
vanto, ma affinchè per mezzo nostro il
Regno di Cristo sia annunziato ad altri? Siamo noi in grado di conversare
con chi lavora nei campi o nelle miniere, con chi soggiorna per un po’ di
tempo a Prali, accettando la loro
conversazione senza cessare di essere
uomini con gli uomini del nostro
tempo, capaci però dì guidare a poco
a ix)co là conversazione verso le questioni vere ed ultime della nostra esistenza, talché i nostri interlocutori
siano posti di fronte al fatto di Cristo
e alla verità della sua parola? E fino
a che pimto la parola da noi udita
nel tempio riuscirà ad incarnarsi nella nostra condotta quotidiana, creando un costume di vita cristiana nei
villaggi e nei nostri rapporti col mondo?
Si tratta di alcune domande inquietanti, ma che non possiamo evitare,
li « dimorare nella parola del Signore » è il segreto della nostra testimonianza nel mondo. Non si tratta prima di tutto di sapere se i nostri padri
erano migliori di noi con la loro assiduità ai culti; si tratta piuttosto di
domandarci quale senso e quale direzione Gesù Cristo ha dato alla nostra
vita in queita generazione: se gli affari e gli interessi del mondo debbano
recessariamente prevalere conducendoci sulla via dell’egoismo, dell’indifferenza e della schiavitù del lavoro
ovvero se, per la grazia di Dio, riusciamo a manifestare qua e là con chiarezza dei segni di fede, di amore, di
onestà e di sobrietà tali da rivelare
che la parola di Cristo non è stata
ascoltata invano negli anni della nostra vita.
Il volto esteriore di Prali è cambiato
in questi ultimi quindici anni ed oggi
Dio ci dona la gioia di dedicare al suo
servizio questo nuovo tempio. Vi domando, cari fratelli di Prali, di amare
questa casa e di non abbandonare i
culti che vi si celebreranno: e chiedo
ai Valdesi che verranno a Prali in
estate o in inverno di cooperare con i
loro fratelli di Prali affinchè la « porta aperta » alla Chiesa lo sia in vista
di una efficace testimonianza cristiana.
In un tempo in cui si costruiscono
molte case anche a Prali, ci aiuti Iddio a costruire ed a ricostruire la nostra vita sulla parola di Cristo mediante la quale potremo discemere il
reale valore delle cose; di quelle che
passano e di quelle che sono eterne.
E ci dia Egli la forza di sostenerci a
vicenda in quest’opera di edificazione,
con la preghiera e con l’amor fraterno.
Vorrei che uscendo da questo tempio e tornando alle nostre case ci accompagnasse con insistenza l’eco della esortazione alla Chiesa di Filadelfia ; « Io conosco le tue opere. Ecco io
ti ho posta dinanzi ima porta aperta,
che nessuno può chiudere, perchè, pur
avendo poca forza, hai serbata la mia
parola e non hai rinnegato il mio nome. Perchè tu hai serbata la parola
della mia costanza, anch’io ti guarderò dall’ora del cimento che ha da venire su tutto il mondo. Io vengo tosto ;
tieni fermamente quello che hai affinchè nessuno ti tolga la tua corona ».
Amen. Ermanno Rostan
2
pag. 2
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3 agosto 1%? — N. 31
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£1 RIUNIONI
del XV Agosto
Le feste del XV Agosto avranno luogo quest'anno a VILLAR PELLICE e all'lNVERSO RINASCA (« la ruina »).
VILLAR PELUCE
Ore 10 - Culto: Past, Enrico Geymet.
Ore 10,45 - « I Cattolici e noi » : Past. Renzo Bertalot.
Ore 15 - « La Chiesa Valdese in Sicilia: il gruppo di Riesi
Past. Tullio Vinay.
La colletta è devoluta a favore del lavoro del « Servizio Cristiano »
a Riesi. ,
INVERSO PINASCA ■ La ruina
Ore 10 - Culto :
Ore 10,45 - « I Cattolici e noi »: Past. Ernesto Ayassot.
Ore 15 - « La Chiesa Valdese in Sicilia: L'opera sociale di
Palermo»; Past. Pietro Valdo Panascia. La colletta è
devoluta a favore del lavoro sociale evang. a Palermo.
áá
Sianchexxa e riposo,,
EVIAN : 7° Congresso Medico - Sociale Protestante
Georges Cresipy, professore alla Facoltà
di Teologia di Montpellier, ha fatto al
Congresso uno studio aigarofondito su
quello che rappresentano la stanchezza ed
il riposo nell’ambito cristiano, prendendo
eo'ine base le parole di Gesù in Matteo
11: 28, 30: «Venite a Me voi tutti che
siete travagliati ed aggravati ed io vi darò
riposo ». — « Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me, perchè io sono
iinansueto ed umile di cuore, e voi troverete riposo alle anfane vostre; poiché il
mio giogo è dolce e il mio carico è leggero ».
Noi ne pubblichiamo un frammento concernente il « riposo ».
« Io vi darò riposo ». Le versioni inglesi dicono : « Io vi ristorerò » e la Bibbia
di Gerusalemme « Io vi alleggerirò ». Questa forma è impossibile in francese, j>erchè il verbo riposare cessa di essere ri
iimiHinMiiiiiimiiiti
iiiitiiiuminiiniiMiniiiiuniiini:iiiiiiii>ii
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A RIESI E A VITTORIA
Nella corriera per Blesi siede al
mio fianco un’anziana contadina, tetta raccolta nel suo scialle nero: ha
un viso sereno, lo sguardo intelligente, il tratto gentile; parla un perfetto siciliano, con un succedersi di
«d» addolcite a tal punto da rendere piacevoli ed incomprensibili ad un
tempo le parole eh’essa mi rivolge con
squisita cortesia. A stento riesco a
cogliere il senso del suo discorso: ma
quando poi la conversazione scivola
sul terreno religioso ci si comprende
di più: ho accanto un’anima credente, ricca di fede profonda: essa ini
cita dei versetti deiravangelo con
gioia ed è felice di scoprire ohe anch’io li conosco; eppure non ha mai
letto l’Evangelo e tanto meno la Bibbia. La corriera sta per raggiungere
la sua «masseria»: la mia compagna
di viaggio è assorta nei suoi pensieri
religiosi e medita le cose ohe ci siamo scambiate lungo il viaggio; poi,
quasi d’improvviso mi dice: «l’avete
un Nuovo Testamento?»; una sola
copia era rimasta in foiido al mio
sacco. Nelle sue mani stringe ora trepidante quel tesoro come un bimbo
al quale è stato dato un giocattolo atteso da lungo tempo: un radioso sorriso illumina il suo volto ed anche il
mio per la gioia di dare ai cercatori
del Regno.
Nella polverosa via Paraci c’è Turiddu, Totozzo, Faccia di cane; sono
lì, avvolti in una nube di polvere, i
protagonisti del diario dell’Agape riesina. La strada è il loro regno, la loro vita, con una legge qualche volta
implacabile e dove si sta meglio che
a casa; la fame ha lasciato ancora
degli occhi, grandi, penetranti ohe investono il pellegrino che varca il loro feudo; per loro c’è una porta, ora,
che li introduce in un altro regno:
qui, nei locali della chiesa, sono ormai di casa; hanno imparato tante
cose, soprattutto che Uno ama questi
carusi del Regno di Dio.
Dino mi accompagna alla collina
degli ulivi. Ascolto la mia guida: su
questo colle c’è una grande speranza,
la speranza di noi tutti di veder bimbi, carusi, figli della strada quale prò
messa d’una nuova Sicilia, dalla nuova dimensione segnata dallo Spirito
di Dio. Per questo, nesstmo di noi può
rimanere spettatore e tanto meno
giudice della capacità d’un uomo e
d’un gruppo di impegnati. Questa
nuova linea della palma, non della
lupara ma dell’Amore, deve raggiungere anche noi, qui nel Nord, per essere vicini a quanti in Sicilia ed altrove operano per il trionfo del Regno del Signore.
Con Dino andiamo dal vasaio: le
anfore sono allineate nel magazzino,
di fianco c’è uno stanzino; che dico!
sembra il vano d’un carcere, nella penombra scorgo un ragazzo o meglio
vedo dei grandi occhi in un viso scarno ed i piedi immersi neU’argiila; ed
i piedi impastano per ore l’argiila;
moderno galeotto che muove le gambe anziché le braccia per un magro
salario; è già invecchiato, il ragazzo,
e presto reumatismi ed artrosi gli saranno sinistri compagni della sua
prematura vecchiaia. Anche questa è
Sicilia,
Quasimodo parla della sua terra siciliana con soffusa melanconia : « di
te m’attrista, mia terra, se oscuri i
profumi perde la sera d’aranci o d’oleandri, sereno, cammina con rose il
torrente ohe quasi n’è tocca la foce».
Ernesto Pozzanghera ricorda invece
«,l’acre odor dello zolfo» della sua
terra riesina e così pure Ernesto Naso « rammenta il sole amor di zagare
e di zolfo la terra mia bruciata...».
Melanconia profonda in questa terra
bruciata dove lo zolfo uccide e più
che lo zolfo l’uomo spietato che inghirlanda la bara, amaro, tragico frutto de! Dio Mammona.
L’autobus mi ha portato a Vittoria con molti singulti. Un amico mi
ha portato nella casa pastorale. Visito il nuovo Asilo che ospiterà una
trentina di persone; Tedificio è moderno ed aocc^liente. Incontro la
maestra Di Gennaro: questa cara so
rella l’avevo incontrata a Santa Lucia di Quistello quale direttrice della
scuola evangelica; ha prestato la sua
opera all’asilo infantile evangelico di
Vittoria ed ora è costretta al riposo.
Con lei salutiamo tutte le valorose
insegnanti evangeliche che in silenzio e con un incerto e magrissimo salario hanno dato il loro tempo per la
causa del Signore. Per mezzo loro la
nostra opera ha prosperato in molte
parti d’Italia.
Il collega Giovanni Scuderi mi conduce ad .Adelfìa : la casa della gioventù è sorta con un atto di fede: il collega Liborio Naso ed i suoi successori hanno innalzato pezzo per pezzo,
assieme ai giovani, questo edificio che
sorge non lungi da una spiaggia stupenda; le anfore attestano la presen
za dell’antica necropoli e poco lontano altri scavi attestano la pre.senza
deirantica Grecia. Qui si incontrano
i giovani del Sud in un clima di entusiasmo e di gioia: e i giovani del
Nord e delle Valli? sono attesi con
ansia e con grande affetto! I Pastori
incoraggino i loro giovani a fare l’esperienza di Adelfia!
Anche a Vittoria come a Riesi, la
cemunità ha subito una profonda emorragia a motivo deiremigrazione :
le fila si sono assottigliate; nel mio
breve soggiorno è stata condotta una
campagna evangelistica con la collaborazione di vari colleghi; anche qui.
come altrove la presenza d’un asilo
infantile è urgente e può preparare i
rincalzi della futura chiesa.
Il viandante
flesso, salvo quando designa il rq>oso della morte (lei repose). Ci sembra significativo che noi ci riposiamo, mentre nei linguaggi biblici è D'io che ci riposa.
In effetti, il riposo non è, indipendentemente dalla grammatica, un bene che possediamo e che possiamo comunicarci. Dio
è il nostro riposo. In altre parole, il riposo ha le sue sorgenti fuori di noi. E’
per questo die la nozione biblica del riposo non abbraccia soltanto l’idea di una
sospensione di attività (in tal caso, la forma riflessa, a rigori, andrebbe bene) ma
anche quella di una riparazione, di una
rigenerazione. L’idea di « ristorare » (rafraichirl ha risonanze profonde neU’An
lico Testamento pereliè rende bene l’imluagine dell’oasi nel deserto.
Per il ivoanade il riposo è legato all’abbondanza alimentare, aH’ombra, e soprattutto all’acqua. Non ci sorprende quindi
che la predicazione profetica annunzi il
Regno che viene con una serie di imagini evocatrici di sorgenti che scorrono e di
cibi succulenti (Isaia 41: 18; 43; 20; Gioele
3: 18 ere.). Queste iiTiiagìni agresti rivelano una sensitbilità no>iTiade.
E’ ila un giardino, come è stato spesso
osservalo, che l’umanità è disioesa, un
giardino nel quale il Creatore stesso non
disdegnò di soffermarsi.
Non vi è quindi da sorprendersi se il
riposo è legalo al Paradiso come la stanchezza è legata alla marcia nel deserto.
Al popolo che esce dall’Egitto e traversa
il deserto, è promesso una specie di giardino i rui frutti sono enormi e succos-i.
Possiamo allora constatare, attraverso l’illustrazione ofteTlaci dal pensiero ebraico,
che il paese di Canaan, i] Regno di Dio,
sono in stretta relazione con il riposo nelrinitìgine del giardino. In particolare il
passato, con l’entrala nella terra promessa, e l’avvenire con il Regno di Dio si
loimpendiano in un solo avvenimento che
vuole significare il ristoro.
Quando Gesù dice: lo vi riposerò, annuncia che i tempi messianici sono venuti.
Nel iiiomenU) in mi Dio crea « nuovi cieli
e nuova terra » secondo la profezia del
secondo [saia {65: 17) una promessa so
.iiiiiiiiiiiimmimiiiimiiiiiiiiiimiihmiiimiiiimiiiiiiii
IL CATECHISMO JDI HEIDELBERG - XI
La giustificazione per fede
— Ma ora, a che cosa ti, .aiuta a credere in tutto ciò?
— A essere giustificato in Cristo davanti a Dio e ad essere erede della vita eterna.
Il credere aiuta, serve a qualcosa. Questo è buono a
sapersi, perchè spesso si ha l’impressione contraria, sembra che Tesser cristiani sia inutile; ci si chiede, a metà
corsa, se non corriamo o abbiam corso invano, se per
caso non ci siamo sbagliati, se insomma vale veramente
la pena di credere. Ebbene sì, vale la pena. Ripetiamocelo pure: vale la pena. Mi serve, credere. So'lo non serve
a ciò a cui segretamente vorrei forse che servisse. Non
mi serve a reali2zare i miei sogni, non mi fa vivere meglio, non mi procura dei vantaggi, non mi rende. Mi è
utile credere, ma non nel senso che la fede mi porti fortuna. Guai all’uomo che pensa alla fede come a un buon
affare: proverà un’amara delusione. Guai all’uomo che
pensa che gli conviene credere; non crederà mai, non saprà mai quel che è fede. E guai a predicare all’uomo che
egli può credere, purché lo voglia, guai a dirgli che la
fede è una possibilità delTuomo, una questione di volontà: ne farai un disperato. A cosa serve dunque la fede?
Serve a una cosa sola, che però è la cosa essenziale. Tunica cosa che conta; serve a rendermi giusto davanti a
Dio. Questo insegna la giustificazione per fede.
t ^
« Dobbiamo tenere bene a mente che la giustificazione per fede è l’articolo principale della religione cristiana, aflSnchè ciascuno metta maggiore impegno e diligenza
per intenderne il senso » (Calvino). « Da questo articolo
non ci si può scostare nè su di esso si può fare alcuna
concessione, dovessero anche cadere i cieli e la terra »
(Lutero). « Pensando ai 150.000 anni di problematicità
umana, si può forse prendere in considerazione un altro
rapporto positivo tra Dio e l’uomo (che non sia quello
stabilito dalla giustificazione per fede)? C’è forse nella
stotía d’Asia, d’AMca e d’Amerka. per non parlare dell’Europa, un’altra risposta che non sia Dio stesso, Dio
solo, la misericordia di Dio? » (Barth). No, non c’è altra
risposta. Ma risposta a che cosa? QuaTè la domanda?
I 150.000 anni di problematicità umana non sono stati
150.000 anni di preghiera, di domanda, di attesa. Si è
detto molto, ma si è chiesto poco. Tanto che Gesù ha
ordinato : « Chiedete! » (Matteo 7: 7). Dovremmo chiederci: Come posso io, uomo ingiusto, sussistere davanti
a Dio, la cui « destra è piena di giustizia » (Salmo 48 :
10)? Dovremmo chiedere, come il pubblicano: Q Dio,
sii placato verso me peccatore! (Luca 18: 13). Ma questa, oggi soprattutto, non è la domanda del giorno. Perciò la giustificazione per fede risponde a un problema
che l’uomo moderno non si pone. Esser peccatore non
ha più nulla di drammatico per la coscienza contemporanea. L’uomo moderno non ha più paura delTinferno e,
se teme la morte, la teme solo perchè essa lo priva delTal di qua, non perchè essa lo introduce nelTal di là. Questo per dire che la giustificazione per fede non trova in
noi nessuna preparazione. NuUa in noi precede la nostra
giustificazione da parte di Dio, ma essa precede ogni cosa.
Come la luce non è risposta alTombra perchè l’ombra
non cerca la luce, così la nostra giustificazione non è risposta a una nostra esigenza, non ci trova preparati, ma
è puro annuncio di tempi nuovi, assoluta apparizione di
Dio, miracolo. La Parola di Dio ci anticipa sempre. Cristo è l’Alfa, non noi. Egli è l’inizio. Egli è il primo, non
il secondo.
* * *
Se Dio giustifica, vuol dire che giudica. « L’empio,
nelTalterezza della sua faccia, dice: L’Eterr.c non farà
inchieste » (Salmo 10: 4). Invece Dio fa inchieste, perchè
« tu, o Dio, ami la giustizia e odii l’empietà » (Salmo 45 :
7). Dio è giusto, questo è un pilastro della fede. Se non
10 fosse, non sarebbe Dio. Dio giudica secondo giustizia,
perciò non considera il colpevole innocente. « Certo, tu
ucciderai Tempio, o Dio» (Salmo 139: 19), ma «lungi
da te il far morire il giusto con Tempio, in guisa che il
giusto sia trattato come Tempio! lungi da te! » (Genesi 18: 25). Dio non punisce là dove non c’è colpa. Ma
dov’è che non c’è colpa? Solo in Cristo non c’è colpa,
solo in Cristo Dio non punisce. Fuori di Cristo, il giudizio di Dio diventa ira. C’è una versione romantica del
Cristianesimo che sorvola sull’ira di Dio. Ma Tira di
Dio non è che Tespressione della sua gelosia e la gelosia non è che eccesso d’amore. Gesù ha anche predicato
11 fuoco (Marco 9: 49). E TEvangelo non è che Dio
non si adira, ma che Egli « non serba Tira sua in perpetuo » (Salmo 103: 9). Fino a quando la serba? Finché non trova giustizia, finché non trova un giusto, uno
in cui si ]X)ssa compiacere, uno solo. L’Evangelo è che
c’è un giusto. L’Evangelo è quel giusto. « Il centurione
glorificava Iddio dicendo : Veramente quest’uomo era
giusto » (Luca 23: 47). QuelTuomo in croce era giusto.
Ma se Dio non fa morire il giusto con Tempio, come
mai quel giusto muore? Questo è « il segreto dell’Eterno » (Salmo 25: 14): «l’Eterno ha fatto cadere su lui
l’iniquità di noi tutti;... il mio servo, il* giusto, renderà
giusti i molti;... è stato annoverato fra i trasgressori perch’egli ha portato i peccati di molti » (Isaia 53). In Cristo, ogni peccatore è al sicuro. « Se tu poni mente alle
iniquità. Signore, chi potrà reggere? » (Salmo 130: 3).
Solo Cristo regge, perchè lui solo è giusto. Ma in lui
tutti possono reggere. Secondo la fede che hai in Cristo,
la sua giustizia è tua. C’è solo la fede che riceve: tutto
il resto, nelTuomo, è chiusura, rifiuto. « Senza fede è
impossibile piacere a Dio » (Ebrei 11: 6) perchè senza
fede significa senza Cristo, cioè senza giustizia. Certo,
non è la fede che giustifica, è Cristo. « La fede è solo
strumento; Gesù Cristo è la sostanza della nostra giustizia » (Calvino). Ma è per sola fede che si può « guadagnare Cristo » (Filippesi 3: 8). La preghiera è anche
sempre una sola : « Signore, aumentaci la fede » (Luca
17: 5). C’è ancora molta religione in giro, «ma quando
il Figliuol delTuomo verrà, troverà egli la fede sulla
terra? » (Luca 18:8). Per fede, dunque, si è in Cristo e
in Cristo si è giusti. Per fede, cioè al sicuro in Lui. Chi
non crede è perduto.
« ...e ad essere erede della vita eterna ». Chi scampa
dall’ira perchè lo copra la giustizia di Cristo, scampa
dalla morte. E può dire, tenendo lo sguardo fisso sul
Risorto: «Io non morrò, anzi vivrò» (Salmo 118; 17)
Paolo Ricca
lenne è fatu, che il popolo sarà nella
(?ioia, file si vivrà almeno cento anni, che
il lavoro dell’aomo non sarà più sfruttato;
et pianteranno vi.gne per mancarne U
frutto e non si costruiranno case per<'hè
altri le abitino. « Essi non lavoreranno invano » aggiunge il profeta. Il riposo non
sarà la sospensione del lavoro, ma il fruì,
to deiraltività, la fine del logorìo provocato dall'attività. E" questo il riposo che
Dio prevede per il suo poipolo. Lui, il
Messia, inaugura il tempo del lavoro senza stanchezza.
Ma questo tempo è anohe tempo di riconciliazione, tempo senza gravami. E’ a
questo die Gesù si riferisce quando parla
del suo giogo e del suo insegnamento. Al
fardello dell’insegnamento dei farisei e
dei « legisti », Gesù sostitoiisce il giogo
dolce del suo inisegnamenlo. Certo, a pri.
ma vista, l’imagine del giogo non evotìa
precisamente il riposo.
C’è da osservare che la parola che noi
traduciamo « leggero » o « facile », è, nella versione greca del Nuovo Testamento
la traduzione di un aggettivo die noi ben
conosciamo, poiché rincontriamo al primo capitolo della Genesi, là dove è detto
elle lutto quello che Dio aveva fatto era
« buono ». li termine ebraico è quello
stesso elle l’Antico Testamento greco traduce con la parola .che troviamo nel nostro testo.
Pos.sia:iio quindi, senza forzare i| lesto,
leggere liaiiquillamente : « Il mio giogo è
hiioito ». Ma resta a precisare che questo
aggettivo non vuole attribuirsi in iie.ssun
modo un valore morale. Quando una creazione è « buona » per il Signore, vuol
dire elle è adatta al fine ohe il Creatore si
era proposto.
Così il giogo di Cristo è adatto al iiiie
perseguito da Gesù, alto a servire questo
scopo. Il «larico leggero » diventa « il ranco lacile a porlar.si », poiché l’aggcliivo
in origine significa: rapido, agile. Coriei
10 da que.ste con.siderazicmi, rimagine del
giogo diventa meno pesante.
La legge era considerala come un giogo
in Israele (Geremia 2; 20; S; ,'i; Osea
11: 4; Lamenl. 3; 27) e S. Paolo preciserà
elle e.>«sa era il giogo al quale i crisi nini
non devono sottoporsi (Atti 15; 10; Gal.
.5:. 1). Proponendo il «ito giogo dolce e
leggero il Cristo oippose il suo insegmimcnlo a quello dei dottori della legge. Ma
in elle cosa consiste questo insegnamenlo?
L’Evaiigelo ce lo dice. Coiisisle nella hiioiia novella die i leiiipi sono eoinpiuti e hi.
sogna ora vivere nella speranza della |)roniessa del Regno di Dio.
Ma Gesù fa ancora ima precisazione, e
dice che questo Regno è per i « piccoli »,
per gli « umili », .per il « popolo delle
beatitudini ». A questo popolo Egli pro('laina die è finita la servitù della legge,
die i tempi nuovi sono eoiiiinciali, in cui
dii erede sarà salvato.
Que,sto insegnamento non è dato nella
durezza di una legge inflessibile, ma nella dolcezza, neH’uimiltà di cuore di Gesù.
E’ per questo die in Lui si trova « il riposo deH’anima ».
Per « riposo deiranima » una tradizione quietista intende una evasione dal lavoro. Non sembra sia questo il senso in
dicalo dal lesto evangelico.
Il riposo dell’anima è la fine dei suoi
tormenti, allorché inquieta si domandava
cosa doveva lare per essere gradita a Dio.
Gesù annunzia all’anima tormentata che
11 tempo deUa pace è venuto, poiché Dio
ha deciso di riconciliare a sé gli uomini,
non a motivo della loro ubbidienza alla
legge, (ma a motivo della loro di-sponibililà per la buona novella del Regno La
lutee non esclude l’attività, al contrario.
Il Signore agiva, e oeeorre agire, e presto, prima die venga la notte. Questa attività non è feibbrilmenle rivolta verso una
salvezza da conquistare, ma è polarizzala
da una salvezza annunziata e già venuta.
...Alcuni manoscritti dell’Ev. di Luca
hanno coniservato un episodio die non figura nelle edizioni della Bibbia die noi
abbiamo. Eccolo quale lo leggiamo al seguito di Luca 6: 5: «Lo stesso giorno,
vedendo qualeuno clic lavorava in giorno
di sabato (Gesù) gli disse: « O uomo, se
tu sai quello che fai, tu sei bealo; se non
lo sai tu sei maledetto, trasgressore della
legge ». « Se tu sai quello che fai, sei benedetto ». Se in piena coscienza bai de<i«o che il sabato li appartiene, sei bealo.
I cemmentatori aggiungono, a giusto titolo, che Gesù evoica qui il '.suo proprio concetto del sabato, cioè la libertà die si inserisce nel sabato al momento in cui si
comprende die il sabato è dato all’uomo
per vivere ne] mondo del Regno di Dio.
Per parte mia ammiro die il Signore
abbia attiralo rallenzione sulla presa di
eoscienza, sulla deliberazione, e sottolineando il fatto l'iie tutto è preferibile alla
ineoiseienza.
Ma Puonio di oggi, sa quello fa?
E come può saiperlo se non glielo dieiaiiio ?
Da « Réformp » del 7-7-1962
Iraduz. E. V.
lina buona notizia
... per l'Iii ama le Valli Valdesi e la loro
poesia: è in ristampa il libro da tempo
esaurito « O paese, paese, paese... » di Ada
Melile. .Alle Valli e fuori di esse, la « piccola patria » è nel cuore di mo-lti che ameranno ritrovarla, o almeno ritrovarne diversi aspetti, nelle poesie di questa figlia
delle Valli, die, pur vivendone spesso lontana, vi è rimasta saldamente radicata. La
raccoilla sarà pronta prossimamente; quanti
la desiderano poissono fin d’ora prenotarla
alla Claudiana, a Torre Pellice o a Torino,
Via Principe Tommaso 1.
3
N- 31 — 3 agosto 1962
^ il- - I i I
pag. 3
DALLA VÊTA
O! DOM LORENZO PEROSÊ
A Frali, in gioiosa comunione ecumenica
L'ora della solitudine wo strumento di tesUmonlanza cristiana
// grande maestro, il maggiore dei
compositori di musica sacra di questo secolo, nacque novant’anni fa a
Tortona. A cinquant’anni, dopo ceeer
dato opere mirabili per profondità
di significato religioso e valore artistico, la siui vita spirituale incontri)
la crisi. Il caso del sacerdote cattolico divenne drammatico, sia per la
fama del personaggio sia per gli ambienti nei quali si svolse e dai quali
il maestro ebbe raddoppiati il tormento e l’amarezzja. Im stampa di
ogni corrente si impadrorà di una
così delicata situazione e frugò spietatamente nell’animo e nella vita di
don Perosi, con la manìa di sapere,
di rivelare il vero motivo, il nascosto
impulso che aveva determinato un
passo così grave.
Poi. per vie traverse ma di ben nota derivazione, quando oramai la crisi era in atto e l'indirizzo religioso
del sacerdote aveva chiaramente mostrato la sua via, si cominciò a gettare la consueta parola demolitrice:
squilibrio mentale.
Il giudìzio sereno e imparziale sarebbe spettato agli uomini di scienza
e nessuno aveva il diritto di sostituirsi agli psichiatri; se lo stato d’animo del maestro presentava turbamenti emotivi, più che logici nella
tempe.vta accumulata durante lunghe
e ansio.'ìe giornate di meditazione e
dì ricerca, la scienza poteva contribuire a far luce nel grande animo
tormentato mettendo la .ma esperienza al .servizio di una mente altrettanto grande. Ma quando alcune voci
si sparsero dicendo che don Lorenzo
Perosi aveva intenzione di lasciare
la Cappella Sistina per aderire alla
Chie.sa Valdese \qualcuno corse subito ai ripari e don Lorenzo fu proclamato pazzo. Il fine era evidente:
si voleva .svcdutare in anticipo la probabile conversione al protestantesimo presentandola come l’effetto dello .smarrimento di una intelligenza
ormai irresponsabile. Cìw/, da parte
di alcuni periodici romani ci fu una
esposizione di particolari intimi, il
più delle volte inesatti, una increiUbile mancanza dì riguardo verso il
grande artista che tanto onore aveva recato, con la sua attività, alla
Nazione.
hi realtà don Lorenzo Perosi era
assai .sofferente. Non si mostrava agitato, parlava con tranquillità, sereno,
soltanto nel toccare certi argomenti
mostrava di avere idee fisse ma ritornava allo .stato normale appena la
conversazione veniva abilmente sviata.
La .sofferenza del .sacerdote, acuta
e profonda, proveniva dal conflitto
della crisi di coscienza religiosa con
il posto che occupava. Il maestro era
un'anima candida e semplice, di una
semplicità francescana che cercava
tale semplicità in ogni credenza e forma religiosa. Sognava, per esempio,
una religione con il minor numero
possibile di dogmi e si diceva esasperato nel vedere attorno a sè, in Vaticano, dei teologi preoccupati di preparare dogmi nuovi; desiderava manife.staz.ioni di fede che appagassero
più il cuore e lo spirito che gli occhi
e si lamentava delle fastose cerimonie
che anche in occasione del Conclave
era .stato .suo ufficio dirigere. Molto
prima di quel periodo, che ebbe il
suo culmine nel 1922, aveva cessato
di celebrare la messa perchè non credeva alla transustanziazione nè ad altre specìfiche dottrine della Chiesa
Cattolica. Quanto più sentiva il desiderio e vedeva la necessità di una riforma cui si sentiva chiamato tanto
meno ne sentiva le forze. In questo
contrasto giornaliero che logorava e
tormentava il suo spirito stava il grande pericolo per la sua mente affaticata.
Così un giorno il grande artista si
recò dal prof. Ernesto Comba, della
Facoltà 'Teologica e della Direzione
Generale della Chiesa Valdese italiana in Roma e disse: « Eccomi qui,
da voi. Datemi riposo. Datemi qualsiasi occupazione, musicale o non musicale, ma toglietemi da quell’ambiente! ».
Allora gli inquinatori di acque dissero che gli era stato subito offerto
un posto di pastore valdese, in .seguilo .si parli) anche di "turpe .sfrutta
mento". La Chiesa Valdese aveva
agito nel modo più corretto, leale, caritatevole: il grande maestro tormentato neU’animo tendeva le mani come un naufrago, in cerca di guida e
di conforto spirituale. Poteva la nostra Chiesa respingerlo? Nessuno gli
parlò di conversione e tanto meno di
abiura, parola che ci ripugna anche
se è tanto comune a chi non conosce
la serietà con la quale la Chiesa Valdese propaga la fede evangelica.
Il prof. Comba e i suoi colleghi
non ebbero che una sola preoccupazione: che al maestro grande e infelice venisse assicurata una piena e
assoluta libertà, onde la sua crisi di
coscienza potesse svolgersi senza coercizioni dì sorta e le sue condizioni di
turbamento psichico si avvinsero ad
una felice soluzione. Alla Chiesa Valdese premeva, al di sopra di ogni interesse, conservare quel genio magnifico all'Arte che non conosce frontiere di confessioni religiose.
Non era vero, come ìnsimtavano ì
detrattori e i penm'vendoli, che Perosi danneggiasse le preziose partiture
racchiuse nelle sue casse, i pastori
della Chiesa Valdese dì Roma lo irdevano sedersi al l’or gatto e abbandonarsi all’ispirazione trasfondendo
la grandezza e l’anelito della Fede in
armonie di sublime dolcezza. Perosi.
ancora nella pienezza degli anni, poteva dare alTumanità altre creazioni
degne del suo genio, purché intorno
a lui non .sì elevassero siepi dì rovi.
« lo sono protestante » confermò
personalmente don Lorenzo al prof.
Comba la sera prima che questi ritornasse a Firenze, « e voglio unirmi alla Chiesa Valdese, abiterò ancora
qualche giorno in Vaticano, ma ormai l'ho detto e lo ripeto a tutti colà,
che mi considero definitivamente uscito dalla Chiesa Romana. Stamani mi
hanno olTerto un riposo al Convento
di Montecassino ma ho rifiutato. Voglio sceglierlo io, il riposo di cui ho
bisogno, e finche non si voglia sostenere che oltre che pazzo sono agitato
e pericoloso a me e ad altri, intendo
disporre liberamente della mia persona ».
Ma il maestro non potè disporne.
.Si riuscì a isolarlo, a intimidirlo. La
sua salute già provata ebbe Tultimo
colpo nel ritiro di un convento dove
trascorse gli ultimi anni. Fu per il
grande artista l’ora della solitudine.
Nessuno .sa come e per quali vie raggiunse il suo spirito e ricondusse a lui
in certezza di Fede e in luce di Verità, quanto egli aveva dato, a tutto il
mondo, di bellezze e di armonìe .scaturite dalle .sorgenti di un’unima così
veramente e devotamente cristiana.
Marco
{segue dalla 1« pagina)
Adesioni
ed ospiti graditi
Hanno inviato la loro adesione: il
Signor Prefetto della Provincia di Torino; il Prof. Grosso, presidente della
Provirxcia; i ConsiSlleri Provinciali:
Sigg. Bardelli e Borra; l'ing. Tarizzo
ingegnere capo della Provincia; l’on.
Valdo Fusi dell’EPT; il Pastore Atiguste Lebet di La-Chaux-de-Fond (Svizzera): il Sig. Felix Canal (USA).
Hanno partecipato alle cerimonie:
i Consiglieri Provinciali Sigg. Pittavino e Resiale, in rappresentanza del
Prof. Grosso, presidente della Provincia; il Tenente dei Carabinieri di Pi
nerolo in rappresentanza del Capitano Sig. Castagnola: Il Maggiore Bonomi; Eton Livio Brun, Parroco di
Piali : il Sindaco, il Vice Sindaco ed
ii Segretario Comunale di Prali; il
Brigadiere Ferruccio Franceschielli
della Guardia di Finanza: l’Architet
to Prizzoni, progettista del tempio;
l’ing. Ravazzini, dell’Ufficio tecnico
delia Tavola Valdese; il geometra Garzena che ha costruito il tempio.
Erano pure rappresentate le Chiese
sorelle : Consiglio Ecumenico delle
Chiese; Chiesa Evangelica Tedesca;
Eglise Réformée de France; Chiesa
Unita dell’India del Sud; Eglise Au
tonome de Nigèrie (Africa).
Vi erano pure delegati della Chiesa
Valdese di New York e del Rio de la
Piata.
Il mosaico
de! tempio
Quest’opera caratteristica del tempio di Prali, eseguita da un architetto
tedesco e che colpisce chiunque entra nella chiesa merita un cermo di
spiegazione a parte ohe cercheremo
di dare seguendo le indicazioni ricevute dal Pastore Aldo Comba nel corso della riunione pomeridiana.
Il mosaico è situato dietro il tavolo della Santa Cena ed occupa il fondo dell’abside da terra al soffitto. E'
eseguito in pietra tagliata ed in pietra di torrente (quella che localniente si chiama c palet ») di color grigio
con diverse sfumature.
Anche l’osservatore più superficiale
e profano si rende ^bito conto che si
tratta di una rappresentazione simbolica; ma sia la novità della tecnica
con cui è costruita, sia il simbolo fuori dal normale possono renderlo di
difficile interpretazione.
Il corteo pastorale si avvia al tempio, in testa, il
Moderatore Ermanno Rostan e il Pastore di Prali.
Aldo Comba.
(Foto Jahier'
D’altronde lo scopo dell’artista è di
suscitare in noi una emozione che ci
riporti in qualche modo a fatti centrali della nostra fede.
Per questa ragione può essere altrettanto valido quello che vedono e sentono coloro che osservano il lavoro,
quanto l’interpretazione di chi l’ha
pensata. E quindi vale la pena chiedersi che cosa ha visto la gente in
quell’opera.
La prima sensazione ohe si può ricavare è ohe si tratti di im candeliere (a sette od otto bracci — a seconda se si calcolano i rilievi o gli incavi) che ci ricorda l’irranagine dell’Apocalisse, che ci richiama alla luce
di Cristo stesso.
Un’altra sensazione — quella stessa
dell’autore — ci riporta al libro dei
Salmi ed a altri passi della Bibbia con
l’immagine dell’albero della vita, piantato accanto ai rivi perenni (rimmagine dei due pesci in basso) e che
estende i suoi rami non solo in alto
dove sono più evidenti, ma anche a
destra ed a sinistra in una grande
chioma. Esso diventa cod. il simbolo
della nostra salvezza, accentuato aricora dall’ombra della croce ohe è distinguibile nel gioco dei rami e che
ci annunzia non una generica speranza di eternità, ma il fatto unico e centrale del sacrificio e della resurrezione di Cristo al di fuori del quale non
vi sono speranze, ma semplici illusioni E come una mano tesa nella direzione della resurrezione e della signoria attuale di Cristo è la pietra che
rassomiglia ad una corona, posta dall’artista nel centro della seconda corona di rami.
Questa impressione — voluta dal
La riunione
pomeridiana
Alle 15 la Chiesa si è di nuovo riempita per udire alcuni messaggi ed
ascoltare la Corale di Torre Pellice
che ha dato una collaborazione veramente valida e di alto livello, per la
quale vogliamo ringraziarla a nome
di tutti i convenuti. Un gnmpo di giovani tedeschi partecipanti ad un campo di Agape hanno pure contribuito
alla buona riuscita del pomerìggio con
un quartetto di ottoni e con la loro
gioia di fratelli capaci di rallegrarsi
quando altri fratelli sono nella gioia.
E mentre parliamo di trombe desideriamo anche esprimere la nostra riconoscenza alla banda di Prali ohe,
la mattina, ha accolto il corteo pastorale con le note del Giuro di Sibaud.
Nel corso di una serie di brevi messaggi il Sovrintendente Alberto Ribet
ha inquadrato la costruzione del tempio di Prali nel piano generale dei
templi della Chiesa Valdese, edificati
in questo ultimo periodo con una media di uno ogni tre anni ed ha .
sottolineato il significato di questo
tempio così divei-so dagli altri non solo come architettura, eppure sorto per
una fondamentale ed uguale esigenza di testimonianza a Gesù Cristo.
Il capodistretto Franco Davite, tracciando alcune linee della storia di
Piali neU’ultimo dopoguerra ha messo in risalto il significato che questa
costruzione ha non solo per Prali, « 13parrocchia più futura » delle Valli, ma
per tutto il I» Distretto impegnato a
testimoniare in condizioni simili.
L’Avv. Serafino, cittadino adottivo
di Prali, ha ricordato il momento in
cui la Comunità ha deciso la costruzione del tempio, quando l’attuale svi
l li gruppo di ospiti d(dVEcumenes fra cui
il vescovo Render, del Baden.
ditazione della nostra salvezza e molti credenti potranno scoprire numerosi altri elementi in questo senso; ma
c’è ancora un’altra interpretazione
data da alcuni amici francesi: il mosaico ricorda la coppa della Santa Cena.
C’è pure da chiedersi se non possiamo ora fondere assieme queste varie
impressioni, tutte spontanee e quind;
autentiche, in una sola meditazione
attorno all’ombra della croce e della
gloria di Cristo che sono state messe
al centro del mosaico ; Gesù Cristo,
la nostra luce. Gesù Cristo, la nostra
salvezza. Gesù Cristo, la nostra coiriunione fraterna e la nostra riconciliazione con Dio.
Scusi, Lei vuole la guerra?
No, non possiamo fare questa domanda
alla genie che incontriamo per la strada :
nessuno ci prenderebbe sul serio. Chi vuole la guerra? Nessuno. Oggi ancora meno
che nel 1939 e nel 1914. Tutti lo sanno:
una guerra significherebbe la catastrofe atomica. Noi amiamo le nostre famiglie, il
nostro lavoro, il Ivenesserc raggiunto e le
speranze di nn domani ancora migliore.
Non vogliamo più deportazioni, torture,
bombardamenti, distruzioni, non vogliamo
vedere le nostre case distrutte, non vogliamo essere cacciati dalle nostre terre. (Questo lo pensano anche i profughi algerini
che sbarcano in Francia). Un referendum
fra tutti i popoli della terra per invitare r
governi ad attuare ogni mezzo per stabilire
fra i popoli una pace giusta e duratura troverebbe un’adesione unanime.
E con questi uomini, desiderosi di pace
e di tranquillità, si prepara la terza guerra mondiale. Mai tante energie, mezzi, denaro, uomini sono stati impegnati per la
preparazione della guerra.
Vi è una distanza, un distacco insormontabile, fra il desiderio dei popoli (e dei
governantiì e la realtà della politica internazionale. E’ in gioco, fra i popoli, una
potenza di distruzione che letteralmente
« prende la mano « airumanità.
N^ipure Gerusalemme voleva essere di
strutta. Essa godeva anzi della sua prospe
rilà e .sognava che un giorno avrebbe do
minato su tutti i popoli. Poi i popoli s
sono riversali su di lei e Thanno distrutta
Riflelletido a quegli avvenimenti possia
ino dire che Gerusalemme ha compiuto al
lora una scelta politica errata e che que
sta se-ella errala le è stala suggerita dalla
-Da fondamentale infedeltà al suo Signore.
Gerusaleinime ha scelto di essere un popolo
in mezzo agli altri popoli, un popolo come lutti gli altri ed è entrata necessariamente nel gioco politico, dove contano le
posizioni strategiche, gli eserciti, le alleanze, i capitali. Ed è stala travolta dalla sua
debolezza, percliè sul piano politico era
tjtbole. Si è inserita nel gioco delle nazioni, minuscola potenza in mezzo ai colossi,
ha creduto forse che l’elezione di Dio riguardasse anche la sua potenza fra i popoli, ed è stala travolta d.alle leggi ferree
<-he regolano la storia della violenza umana: violenza ha chiamalo violenza più forte e Gerusalemme ne è siala sommersa: la
sua gloria è stata trascinata nel fango.
Gerusalemine non ha avuto il coraggio
di anticipare il tempo del Messia e di tra•J'ormare le sue spade in vameri di aratro,
le sue lance in falci per mietere e di proseguire, fra i popoli armati, una politica
di pace. Ed è divenuta per noi un segno
di quello die aw'iene all’uomo quando si
sottrae all’obbedienza al suo Greatore.
dir la verità può sembrare di cattivo
gusto ricordare qui le guerre passate e la
catastrofe di Gerusalemme; è un fatto che
il nostro mondo occidentale non ha mai
goduto di tanta pro^erità e abbondanza.
Abbiamo visto anzi, a dispetto dì lutti i
pessimisti, come sì fa presto a tornare alla normalità, dopo una guerra come quella del ’39-’45. Gin ha vissuto in quegli anni ricorda con quanta nostalgia e speranza
si parlava dei tempi « normali ». Goloro
i lu ricordavano il primo dopognerra ci avvertivano che dopo ogni guerra si desidera
anche rinnovare, riformare, rivoluzionare,
fare più ordine, più giustizia... ma dopo
questa fiammata di dopoguerra lutto torna
l’architetto Dreher — cl permette cer- luppo del paese era ancora nelle speto di spingerci molto avanti nella me- ranze di pochi ed in cui dei credenti
hanno saputo — non cogliere una
buona occasione — ma prevederla ed
impegnarsi profeticamente ed altrettanto ben concretamente per un futuro che sembrava ancora lontano.
Il Fast. Guido Comba, il più anziano conduttore di Prali presente alla
cerimonia, ha portato il suo saluto con
un ricordo di tempi passati, ma che
pure sono monito di fedeltà per oggi.
A nome della Chiesa Valdese di
New York e della Waldensian Aid Society hi parlato il Fast. Alfredo Janavel ricordando l’interesse e la collaborazione ohe molti fratelli e sorelle
della lontana America e fuori delle
fila della Chiesa Valdese hanno dlnrnstrato per la costruzione del tempio,
e in particolare la vedova Antony che
ha lasciato, in memoria del marito, un
dono cospicuo per questo tempio.
Le Chiese del Rio de la Piata hanno espresso il loro saluto fraterno per
mezzo del sig. Clement Beux di Buenos Aires.
Ricorderemo ancora i messaggi del
Fast. Daniel Atger per la Chiesa Riformata di Francia e del Vescovo Bender del Baden.
Cosi come non vogliamo dimenticare il Fast. Tullio Vinay ohe ha avuto
tanta parte in questa opera, e che
non era presente solo perchè impegnato all’estero.
Il Moderatore ha concluso, ponendo
in realtà una domanda:
A Prali c’è un nuovo e bel tempio.
Ma il vecchio — l’unico mai distrutto
dal 1556 ad oggi — non è crollato, per
fortuna! Che cosa se ne farà? Rimarrà semplicemente vuoto? Perchè non
farne il luogo dove presentare al visitatore una rassegna della storia e del
la vita attuale della Chiesa Valdese?
Certo anche per questa realizzazione occorre una collaborazione di tutti, deJla Società di Storia Valdese, che
certo ha del materiale utilizzabile, a
tutti quei privati che vogliano offrire
un qualche documento della vita passata o anche attuale della Chiesa.
Lanciamo da queste righe un invito, sicuri che molti risponderanno.
Ma non potremmo concludere queste note della giornata senza esprimere una parola di riconoscenza sincera
a quanti hanno curato l’organizzazione della ospitalità a Prali: dalle sorelle che hanno organizzato il buffet,
la pesca, agli agapini per la vendita
dei libri, all’infaticabile Giuseppe :
« Scusi, non Le piacerebbe un via^o
sulla Costa Azzurra?» (alias: nessuno
se l’è cavata con meno di tre bìglìet
ti della lotteria!). Ed un grazie agli
organizzatori di questa magnifica giornata: il Concistoro, il Pastore di Prali e la sua Signora. F. Davite
egualmente alla normalità. E ci si accontenta del mondo come è, di un mondo ebe
accumula le cause delle guerre future e che
si arma per affrontarle.
Eccoci dunque nei tempi « normali » in
cui non si pensa alle guerre passate nè alla caduta di Gerusalemme. Tutto è normale nell’Italia divìsa in classi, che spende
abbondantemente per le sue spese di lusso
e di rappresentanza e si rompìace del suo
miracolo economico e che continua ad offendere e umiliare i milioni di italiani costretti ancora a cercarsi lavoro all’estero.
I nostri consolati danno sontuosi ricevimenti per l’uomo di cultura, ai quali invitano la « gente bene » della colonia italiana... e poi ignorano e trascurano e maltrattano l’operaio clic ha bisogno di rinnovare il suo passaporto.
Tutto è normale nella ricca Germania,
dove le famiglie industriali eoraplìci di due
guerre mondiali sono tornate ai loro posti
di onore e dove si eontiniiano silenziosamente ad alimentare i fantasmi di potenza
e di violenza, come se il popolo tedesco
dovesse considerare cosa del tutto naturale
Tessersi fatto docilmente complice di Hitler e fosse pronto a ricominciare quando
8» ne presentasse l’occasione.
Tutto è normale negli Stali Uniti d’America in cui lo spirito di ricerca e avventura
dell’uomo della frontiera si manifesta oggi ingigantito .-ome volontà dì dominio
tecnico nulla natura, sull’uomo, sui popoli
c detta ai responsabili della sua politica
scelte disumane che portano a soffocare la
libertà, la comprensione e la giustìzia fra
i popoli. G. Girardet
(continua a pag. .5)
4
pag. 4
3 agosto 1962 — N. 31
I lettori ci scrivono
# •
e dialogano fra loro
Sul pastorato femminile,
due voci favorevoli...
Avevo scritto, con impegno un
articolo su questa materia e credevo
che il sig. Direttore sempre tanto
buono con i vecchi me lo passasse...
E invece no! Con tono giovanile mi
ha detto: «Troppo lungo!» Eìd io
allora, un po’ mortificato, pubblico
solo qualche frase qua e là:
... Ancor oggi, alla stazione di
Torre, un noto avvocato dei nostri
ambienti mi ha detto : « No, non
ammetto il pastorato femminile, gli
sono sempre stato contrario!... » ...
convinzioni radicale neirargilUa della tradizione e della propria « forma
mentis »...
... Si cerca quel che non c’è: Una
prova prò o contro, nella Sacra Scrittura... E ci si accorge che neppure
il pastorato mascliile è esattamente
insegnato nella Sacra Scrittura.
... si chiudono gli occhi su quel
che c’è, sui cambiamenti che avvengono nel mondo : Allora c’era la
schiavitù e la donna era quasi una
schiava... Oggi qualcosa è -cambiato!
... Ci vengono a sciorinare tutta
una casistica di guai che potrebbero
intralciare il pastorato femminile...
Non si accorgono che quegli -stessi
guai avrebbero anche potuto impedire a tante giovinette di diventar
diaconesse... Per carità, il pericolo
del matrimonio e della maternità...!
Ma nel corpo pastorale stesso ci sono stati dei figli di ex ottime diaconesse elle dopo aver curato i malati
per degli anni con amore, un bellissimo giorno -si sono sposate...
— Si rivendiM al sesso maschile
il privilegio del pa-storato e si dimentica quante volte questo nostro
povero sesso lo abbia invece compromesso in un modo come, forse,
quello femminile non avrebbe fatto.
A tutti questi oppositori voglio
contestare una cosa sola: Il diritto
di Dio di rivolgere le sue vocazioni
t: chi gli pare e piace e come gli
[tare e piace. Se Dio ha voluto non
son tanti anni chiamare una giovanetto a diventare « Reine bianche en
pays noir » potevo io forse dire di
noi O Se Ila chiamato tante donne
a diventare ufficialesse dell’Esercito
della Salvezza... O se chiama oggi
iiiolte giovanette ad esercitare come
« assistenti di chiesa » delle funzioni delicate che fan parte del ministero pastorale... O se ne chiama altre a diventare Pastori, debbo, posso io forse oppormi e dire di no?
Se Iddio tra due sorelle ne chiama
una a diventare diaconessa e un’altra
pastore, posso io forse dire aU’una
SI e all’altra no?
Ecco, io potrei anche aderire volentieri al punto di vista -di tutti
gli oppositori, io che sono conservatore e tradizionalista più di loro,
ma mi turba il pensiero ch’io non
ho il -diritto di impedire a un mio
fratello o una sorella di servire il
Signore come me. Ci pensi, amico
lettore, a quella tua sorella o a quella tua diletta figliuola alla quale forse il Signore concederà la grazia di
tarlo udire la sua vocazione a servirLo, proprio in quel modo, nel pastorato... E osi tu con un facile
« No » obbligarla a soffo-care nel suo
cuore la vocazione e a dire: «Non
ho potuto, la mia Chiesa non ha voluto? ».
lo credo che il nostro prossimo Sinodo vorrà, in questa cosa, lasciarsi
ispirare dalle sue più nobili e pure
tradizioni di « Timore deill’Eterno ».
Spesso in occasione di elezioni di
candidati in teologia al pa-storato,
■sono stato impressionato dall’alto
senso di -responsabilità dei nostri Pastori. Prima, nelle conversazioni tra
amici, avevo sentito aspramente criticare questo o quel giovane, si sa,
siamo uomini, abbiamo le nostre
simpatie e i nostri punti di vista e
io sentivo dire: «Quel tale, non mi
persuadi" punto -di v'ederlo diventare
[/astore, se -porterà in mezzo a noi
quel suo spirito e quel suo modo di
pensare... ». Sentivo dire questo e
peggio e mi figuravo <1" dover assistere ad una Iroociatura. Invece no:
v-ersate le schede -sul tavolo della
presidenza, ne udivo con stupore lo
.spoglio: eran quasi tutti dei sì, della
bocciatura neppure l'oinl-ìra. Quei
colleglli avevano in loro un timore
di Dio che era più forte dei loro
gusti personali. Avevano avuto paura di intralciare il cammino ad un
nuovo collega. Se è proprio Dio clic
lo ha chiamato, mi confidavano poi,
non vorremmo esser noi ad impedirgli la via.
Io credo che il nostro Sinodo vorrà agire con la inedesinia nobiltà e
aprire le porte del Pastorato alle sorelle elle si presentano affermando
di sentirsi chiamate.
Dinanzi a queste sorelle io mi tolge il cappello e m’inchino. La loro
via non sarà certo facile; se già è
spesso assai dura per un uomo lo
sarà ancor più per una donna e se
mi ricordo dell’angoscia crudele
che ha spesso trafitto il mio cuore,
io tremo al pensiero che un tale tormento possa colpire q-ueU’essere fragile e debole che è una donna neUa
vita... Ma se è Dio die le chiama,
sia benedetta la sua volontà. Forse
la debolezza di una donna nel mondo, strumento della potenza di Dio
potrà farne più e meglio di quanto
non ha fatto la mia forza di uomo.
-Non io ad ogni modo vorrò essere
d. inqiedimento ad una mia compagna d’opera che vuol servire il Signore. Enrico Geymet
Un lettore da Napoli:
La donna dei nostri giorni è mollo lontana da quelle posizioni entro
i cui limiti era stata relegata, e nessuno mai -penserà di esercitare pres- .s.; pure con qualche riserva) il maI -„wi , trimonio non dovrebbe costituire se
al momento giusto, per consigliarci
una linea -li condotta anziché un’altra; di farci dire un saggio: no
qr-ando avevamo deciso diversamente?
L’uniio motivo di perplessità ri;;^
mane quello del matrimonio della
donna pastore. Come ebbi ad esprimermi neil’odg presentato alla assemblea della comunità del Vome-:
lo, della quale faccio parte, (-votato
anche da quella di Via dei Cimbri e
dalla stessa Conferenza distrettuale
sioni perchè vi -ritorni. Sarebbe un
grave torto nei suoi confronti, perchè la donna ha ormai acquisita una
ben definita personalità, che le viene da Dio perchè Sua creatura al
pari dell’uomo, ed è stato un imperdonabile -peccato averla costretta
per millenni ad nno stato di vero
plagio. La donna moderna -ha un
carattere ben sviluppato ed ba acquisito il diritto di avere tutta la nostra
fiducia. La donna moderna quando
assume degli impegni li mantiene
cón coscienza. Essa vota, veste con
disinvoltura la toga di giudice come
quella di avvocato, legifera in Parlamento, calza la feluca di ambascia
tore come quella di ministro, redige
atti notarili, impugna il bisturi e
maneggia lo stetoscopio con la stessa
sicurezza con la quale maneggia il
poppatoio, si destreggia con scaltrezza fra storte ed ampoUe, fa l’annuncialrice radiotelevisiva, fa la speleologa, il poliziotto, la partigiana,
ecc. In tutte codeste attività, che sono molto lontane da quelle tradizionali, la donna moderna ha dimostrato di possedere spiccate doti di
tenat'ilà, di perspicacia, non comune, anche nelle scienze esatte, chiaroveggenza, lungimiranza. Quanti di
noi, uomini, padri di famiglia abbiamo dovuto rendere atto alle nostre compagne di essere intervenute
rio motivo per bocciare la pròpo.sta. Le aspiranti saranno, a causa
della carenza di vocazione da tutte
le parti lamentata, purtroppo poche.
La frequenza alla Facoltà di Teologia è di 4 anni. Gli insegnanti sono
carichi di esperienza e se attualmente .sono all’altezza di scendere nell'animo degli allievi maschi, affineranno certamente il loro spirito di
osservazione e con maggiore senso
di responsabilità accetteranno il nuovo gravoso onere di preparare le
donne al pastorato.
Io sono sicuro che la donna pastore saprà certamente conciliare il
suo sacro dovere di conduttore di
anime, con quello non meno benedetto da Dio, di madre e di sposa,
Comunque, affidiamo la soluzione di
questo problema a Colui che tutto
può. Egli farà presentare alla Facoltà di Teologia solo quelle donne che
sentono interamente la vocazione,
quelle ragazze sapranno dedicarsi
anima e corpo al servizio pastorale
c al momento giusto sarà lo sle-sso
Signore a definire anche la loro situazione matrimoniale. E non è da
escludere che il lavo-ro in comune
di eventnali future coppie di pastori, darà al Signore frutti -più copiosi e più succosi di quelli finora raccolti . F. .1.
Chiudiamo il “caso Falchi
Signor Direttore,
poeln intimi »anno del mio stalo
d animo in qneisti anni e non sarei
uscita dal rìfierbo se lo scritto del
Sig. Guido Ritbei non mi costringesse a farlo per diiarire immediataiinente un punto su cui non posso
a^-ceitare di lasciare omibre sospetti
e duhbi e c;ioè sulla lealtà di mio
guarito verso la Chiesa Valdese.
I. Se circostanze serie — forse
anche familiari — hanno reso neibessario il suo riserbo (molti pastori sono .stati però da lui informati nel corso di questi anni! ciò
non significa ciò che Guido Ribet
afferma.
II. Mio marito da moltissimi
anni non Ita mai frequentalo sedute sinodali 0 Assemblee di Chiesa o
altre riiservate ai soli membri.
III. Cade quindi raffermazione
che: Franco Falebi in veste dì emis.
garìo cattolico ìpoeriiamente abbia...
ecc. ecc. Circa poi all’abiura... si
vede che non è nemmeno stato ben
letto quanto scritto sull’argoimenio.
A parte raocettare o il comprendere o meno una tale posizione, il
dovere della Carità impone Tesatlezza delle proprie affermazioni.
Non posso perciò a<x*etiare in silenzio a causa del nome che porlo e
dei miei, bimbi, die la figura di
Franco Falcili sia messa in tale luce. Sono e resto come quando il 15
gennaio 1938 a Milano ho iniziato
la mia vita di sposa celebrando il
mio matrimonio evangelicaimenle
con un giovane evangelico valdese
volontariamente scelto. Ma non per
questo posso lasidare compiere una
ingiustìzia.
Guido Ribet concepisce nella sua
intransigenza... die necessariamente
tutto quello che è cattolico è sempre in malafede, subdolo, falso e
ipocrita... lascio ad altri più competenti il giudizio. Voglio solo riordare nella specifica circostanza
quali sofferenze ha recalo con sè un
fallo de! genere.
Penso, a parte <>gni personale
considerazione singola, che Tanelito ecumenico debba avere vita attraverso noi stessi: è un dovere.
Forse è troppo chiedere che un
livello spirituale allo sia sempre
presente in una dWussione del genere portandoci così a co-nsiderare
i veri valori cristiani che ci »H>n:*eniono e di cui siamo responsabili? Pia Falchi Polizzy
u
Poiché Guido Ribet ha riaperto
l’argomento relativo a Franco Falchi parlandone i‘on tanta log:ù‘a e
chiarezza, direi esaurienti, mi si
permetta tuttavia d’insistere con
una breve domanda sopra un punto sfioralo anche dal Ribet.
Ma perdiè mai si è data tanta
pubblicità a quello che in realtà è
solo un fallo del tutto personale di
Franco Falchi? Egli è forse ben
conosi*iuio nelle Valli Valdesi, ma
che iie sanno i membri delle chiese valdesi e metodiste della Toscana, per esempio, o della Sicilia a
cui pure va il nostro settimanale?
Franco Falchi non è stato nè il
Moderatore nè un Pastore e allora
che ragione c’è di dare tanto spazio del nostro giornale a ciò che
riguarda unieamenie la coiscienza di
un senipliee iscritto sui registri di
una chiesa valdese il quale ba cambiato convinzioni e logicamente si
è rivolto dove credeva meglio?
u S;’ioglieielo e lasiuatelo andare »,
in silenzio, secondo i nostri benedetti canoni di libertà di coscienza.
Quando mai su un giornale cattolico sì è dato modo a uno dei
tanti (battolici converlili alla religione evangelica ed entrati a far
parte delle nostre file, di pubblicare dichiarazioni e di dare spiegazioni e giustificazioni? Eh via!...
E — .seconda domanda — è interessante sapere se la chiesa cattolica ha abrogato (forse in questi
tempi ecumenici) il divieto ai suoi
fedeli di entrare in luogo di cullo
protestante poiché Franco Falchi li
frequenta. Era finora un divieto
assai stretto e noi ne sappiamo qualcosa. Ada Meille
Chiudiamo, sulle nostre colonne,
il ”caso falchi**. Se id è stato <fedictìto un certo sìmzìo. è stato perchè al Sig. Falchi proprio sul giornale era stato chiesto di chiarire il
SU4> atteggiamento, e gli era stato
chiesto perchè ¡ter il name che porta e \per le iniziative ecclesiastiche
in cui è impegruuo, era necessario
che fosse pubblii'amente definita la
sua posizione vonjessiomde, il che
è avvenuto.
Curo Signor Direttore,
spero mollo che non venga istituito nella noisira (‘hiesa valdese il
ruolo delle donne paisiori.
Parecchi si sono già pronunciali
in senso negativo intorno a questa
questione gul noslro giornale, con
argomentazioni die, secondo me
sono tulle ugualmente valide.
Desidererei, se lei me lo permette, aggiungere alcune cose.
1) Non vedo perchè la chiesa deb.
ba conformarsi alle <‘onsueludini
del presente secolo; e cioè non
comiprendo il ragionamento di coloro che dicono: «la donna, nel
mondo moderno ha lutti i campì
aperti davanti a sè; è tempo che
la chiesa si adegui ed apra la porta
al pasloralo femminile, se non vuole essere sempre rultiima ». Nella
chiesa le coise non sono fatte secondo il metro del mondo, bensì secondo ili metro della Scrittura, la
quale indica chiaramente che Tuomo e la donna non sono stati creati
per camminare nella vita spalla
contro spalla, come nei cortei delle
rivendicazioni sociali, ma uno di
fronte alFallro; ¡nsieiine, ma in faccia; per una compleiezza convenevole delle loro nature, e non per
una gara « à tout prix » di raggiungimento delle medeisime mete. Se
vi è tra Fuoimo e la donna un’identità di valori, non vi è un’identità
di natura ; per cui non è detto che
la donna debba fare sempre e dovunque lutto quello che Fuónto fa.
2) Guardando al catmipò ^ di lavoro
della noislra chiesa in* Italia, a parte
ogni altra considerazione, sarebbe
molto più saggio e più prudente
non creare questo ruolo della donna pastore fra i nostri oiperai. Non
siamo una chiesa moliitudinaria di
un paese nordico, ma una piccola
chiesa di infima minoranza in un
paese Ialino.
3) Abbiamo una carenza spaventosa di spirilo di servizio nella nostra chiesa: percliè nasconderlo?
Per non parlare che della parte
femminile, manchiamo di un diaconato femminile numeroso e ben
preparato. Le polche diaconesse o
direttrici distillili ospitalieri che
ancora zbhiaiiio idi una consacrazione, queste, a iiiiia prova) guardiamole bene in faccia, perchè non
so se ve ne saranno ancora altre
quando esse non vi saranno più.
D O'bbi ani 0 (’o n t in u a in en l e ri eh i ed ere
i( spirito di servizio » al di fuori
della nostra chiesa (alla seiinpre
soccorrevole Svizzera, per es.) per
poter andare avanti con i nostri
asili, ospedali, rifugi. In questo doloroso quadro di deficienza della
volontà di servire là dove è necessario nell’umillà e nel silenzio, non
è forse un voler buttare la polvere
negli occhi creare un ruolo dì donne pastori? Non manca (sono tentata di dire: «ahimè! ») nella nostra chiesa la dottrina, la conoscenza, l’ìnlelletLualismo e persino il
cerebralismo; manca Io spirilo di
servizio di cui dicevo: non appariscente, fattivo, feidele in poca cosa.
La porta agli studi teologici è
aperta alla donna nella nostra chiesa; accontentiamocene; vi è anche
una donna che fa le veii del pa
...e due contrarie
slore e lo fa bene; lo sì è fallo an
che nel passato; vi sono sempre
stale donne che hanno tenuto culti
e fatto opera pastorale nelle nostre
comunità. Non è una novità. Dov’è
necessario facciamoci lutto a lutili:
ma creare il ruolo della donna pastore, è una cosa assai diversa.
4) Perchè nessuno parla di « predicatrici laiche »? perchè non si potrebbe tentare un esperiniento in
questo cainipo, per vedere come sì
svolgerebbero le cose, prima di
creare ruoli che lasciano per lo meno perplessi molti di noi?
5) In ultimo mi rincreisce dì do
ver dire, per amore di verità, che
in alcune nostre àSfieimiblee di chiesa
sono venuti a « votare la donna pastore » troppi membri di chiesa che
della (hie^ s’interessano assai poco, che non sono perciò al corrente
dei vari probleani della cliiesa, ohe
nelle aasemMee non sono inai, o
quasi mai, presenti. Epjnire sono
aocorsi in questa specifica occasione
per « votare la donna pastore » : fa
tanto « à la page ». E’ deplorevole
che sia penetrato a tal punto nella
nostra chiesa lo spirito dei partiti
politici : « venite, bisogna votare
questo e quello »!
Grazie deirospitalilà.
Edina Ribet
Un lettore, da Trieste:
■Pur essendo personalmente contrario dU’introduzione del pastorato
femminile, convinto che si possa allargare e potenziare l’opera delle
Assistenti di chiesa, voglio ammettere per un attimo che non vi siano
dubbi biblicamente fondati (ma quanto discutere si è fatto su quel « nè
uomo nè donna » dagli uni e sul
«lacciaiisi le donne nelle assemblee»
dagli altri) e dare per risolte quelle
(he gener;(lmente sono chiamate
(■ difficoltà di ordine pratico »
Ammetto che teoricamente, dunque. nulla vi sia in contrario alla
introduzione del pastorato femminile. Tuttavia vi è una domanda che,
rileggendo la 1“ Epistola ai Corinzi
(Cap. X, vv. 23-33j, si è presentata
alla mia meditazione e ohe io giro
ai delegati al prossimo Sinodo. « 0gni cosa è lecita ma non ogni cosa
è utile; ogni cosa è lecita ma non
tgni cosa edifica. Nessuno cerchi il
proprio vantaggio, ma ciascuno cerchi l’altrui » (vv. 23-24) scrìve l’Apostolo e nei versetti die seguono
ricorre di frequente alla parola « co•scienza » concludendo con la domanda «... [terehè la mia libertà sarehh ella giudicata dalla coscienza altrui ? ».
Vi è quindi un limite alla nostra
libertà cristiana, un limite segnato
dalla Carità, dall’amore fraterno che
ri deve animare verso il nostro prossimo. Nel caso particolare del pa■slorato femminile io mi domando;
andie ammettendo die tutti i membri delle nostre diiese siano d’accordo sulla introduzione del pastorato femminile e die tale introduzione non possa in alcun modo avere
riflessi negativi nei riguardi delle
altre -chiese evangeliche italiane,
quale ripercussione può essa avere
su quelli che chiamerei « quelli di
fuori », coloro che portati da -una
ragione o dall’altra eiiitrano nelle
nostre chiese? Non mi riferisco esdusivamente ai fratelli romani praticanti e ligi ai dettami della loro
chiesa (per essi sia il pastore uomo
o donna, la cosa non muta) ma a
tutti quei fratelli sbandali che cer('ano la vera Via con passo titubante
come pure -a’ colui ohe per la prima
volta pofie piede in un tempio evangelico e non può sapere nulla dei
nostri -problemi e delle discussioni
sul pastorato femminile.
Non vorrei che proprio in un moniento. in cui la nostra chiesa valdese
riscopre i « ministeri ed [ doni »,
forti della nostra libertà di cristiani
e, perchè no, anche spinti dall’a-ssilbnte problema dell’insufficente numero di pastori, noi confondessimo
(io che è lecito al libero credente
( on ciò die è utile ai fini di una
più edificante testimonianza cristiana in questo mondo scristianizzato e
pagano. maria macchioro
Si giunge ni Sinodo con i pareri
profondamente divisi: forse ha fatto difetto a tutti noi lo studio ttpprofondita di quanto la Parola dì
Din ci dice dell’uomo e della donna. della loro rispettiva natura e
dei loro rapporti reciproci, della
loro^ complementare vocazione ?
L innegabile dipendenza della
donna dall’uomo — che è cosa diversa dalla soggezione, esprimendosi in un rapporto d’amore reciproco - nell’ambito della coppia
umana, evidente nell’Antico Testamento e largamente ripreso dal
Nuo-vo, è qualcosa di valido anche
al di fuori della co-ppia? La RihIna non condanna certo l’odierna
e benedetta emancipazione della
donna, ma mette in guardia di fronte alla mascolìnizzazione della donna.
A me ¡Mire che il pastorale fern
minile fmssa e debba essere riconosciuto, ma neU’amlììto di un mitUstero pastorale assai diversificalo.
E la nostra piccola chiesa, almeno
allo stalo attuale, conscia di questa
necessaria revisione pastorale? è in
grado di attuarla? La soluzione
delle "assisleiui di chiesa”, alme,
no come lo pratichiamo, è un ipo.
crita compromesso: a uno donna
sono affidate in pieno funzioni ¡mstorali e non le viene riconosciuto
Il titolo di tale ministerio.
Quanto alla clausola del nubilalo, ne considero inaccettabile l’imposizione (questa è certo una delle
ragioni della mancanza di risjtosta
all appello diaconale): è la posizione cattolica secondo cui soltanto individui ¡>articolari, sejMrati
dalla vita Comune, jmssono esercir
lare un sacerdozio. Certamente una
donna può esser pienamente sè
stessa al di fuori del matrimonio
e della maternità, quando il Sigtw
re le chuirisca questa vocazione pitraverso la sua convinzione o le
circostanze della sua vita ; ma per
altre, accettarle n condizione che
non si sposino, non significa chieder loro di non essere veramente
donne ?
F orse dobbiamo riconoscere la
nostra superficùdilà, che infirma
conservatorismo” e ’’progressismo”. E. studiando più a foiulo la
Bibbia, considerare pure, umilmente, con precisione, quanto fanno le
Chiese sorelle. Proprio in questi
giorni è stato accettato dall’E.K.U.
(Chiesa evangelica imita di Cermania, luterano-riformata) il pieno
ministero pastorale femminile. Il
mensile evangelico Kirche in der
Zeit, di Düsseldorf, nell’ultimo numero riporta il testo completo dell’ordinamento stabilito in merito
da quel sinodo: un documento importante, che varrebbe la pena di
far conoscere anche fra noi
Gino Colli
La Chiesa
di Napoli
Caro Direttore,
poiché la Conferenza del V Disti etto, tenutasi a Carundiio nei giorni 2 e 3 Giugno II. s., è stata accusala di mancanza di senso di responsabilità per avere espresso in un
ordine del giorno il suo compiacimento per la migliorala situazione
interna della Coinuiiilà di Napoli via
dei Cimbri (v. lettera del Sig. Emilio Nini nel 11. 27-28 de La Luce),
ci l'cnsentu due parole di diìarimciilo.
Come lei sa, la Coiiuinità di Napoli Via dei Ciiiiibri lui avuto una
vita alquanto difficile in questi ultimi anni a causa deirazione svolta
nel suo seno da un gruppo di iiieinbri legati da particolari vincoli alla
famiglia del predecessore deH’attiia1( pastore. Questi membri, con i
quali il resto della Comunità ha ccrcalo invano di stabilire una intesa
parifica, ad lui certo momento lianno diniso di costituire un grupiui
separalo, roiiipendo ogni rappoil.i
con la Comunità.
La Cuinunilà, tuttavia, non si è
lassegiiala alla ¡separazione. Alleile
la Tavol-a è interveiiula a più riprese, per esortare alla riconciliazione e
lilla pace. Il risultalo è stalo che da
alcuni mesi in qua il dialogo fra la
Comunità ed il gruppo separalo è
stalo ripreso in uno spirilo dj lealtà
e sincerità, e dalle due parli è stalo
iiiaiiifestalo il desiderio e l’iiiipegno
d; arrivare alla riconciliazione.
Natiiral-niente, non iiiancaiio coloro che non sanno superare i loro
raiici,rl personali (la lettera del Sig.
Emilio -Nini ne è una prova). Ma
quello che iaiporla è ("he gli elciiienli più responsabili e più autorevoli delle due parli sono der isi ad
andare avanti fino al laggiiiiiginienlo della pace.
Appunto a questo fallo la Conferenza di Carun-c-hio ha inteso riferir■si quando si è « rallegrala per il
miglioramento della situazione interna della Comunità di Napoli ».
Giudiclii lei, caro Direttore, e giudichino i lettori de La Luce se cosi
facendo la Conferenza di Car-unchio
ha compiuto iin atto di irresponsal'■!ità.
La Commissione del V Distretto
I Napoli, 26 luglio 1962
Quello di cui
non si è parlato...
No
sono insegnante nè pastore e
perciò dovrei occuparmi dei fatti
miei e non entrare nella discussione
sorta in seguilo alla lettera del pastore F. Sommani, nella quale si aclennava ad un parallelismo tra la
ii!issione deirin-segnante e la vocazione pastorale.
I.e risposte da parte degli insegnanti sono arrivate immediate e numerose e, cosa che mi ha piuttosto
meravigliato, quasi tutte pervase di
un tono risentito se non addirittura
invelenito.
Considerare ¡1 lavoro dell’insegtianle analogo a quello del pastore
può essere più o meno esatto e disiutibile, ma sicuramente è un allo
d: profonda stima verso il genere di
attività che svolgono o dovrebbero
svolgere gli insegnanti. Perchè dunque tanto risenitimeiito da parte di
questi? Evidentemente perchè l’acl'OkstaJiienlJo Insegnante-Pastore, pur
e.“seiido stabilito sul concetto lavoromissione, può essere esteso, come effellivainente è avvenuto, ad altri aspelti collaterali e nel ca.so specifico
ai diritto allo sciopero.
Il principale quesito sollevato dal
pastore Sommani è questo: gli insegnanti hanno retribuzioni inadeguatc alla loro attività e per le normali esigenze di vita, di conseguenza scioperano per ottenere i miglioranienti economici desiderali; ma
per i pastori, che per la maggior
p;'rle si trovano in situazione ancora
peggiore, qua’ie soluzione potrebbe
essere prospettala? Possono i pastori scioperare come gli insegnanti o
sarebbe meglio che gli insegnanti si
aslenerssero dallo sciopero come i
pastori ?
Per me il significato non eccessivameiilp recondito della lettera del
pastore Sommani è questo: «voi in.segnanti protestale percliè vi sembra
elle il giorn.ile della Chiesa (La Lii
ce - Eco) non appoggi abbastanza il
vostro sistema di rivendicazioni mediante lo sciopero, però vi ricordo
clic non siete i soli a trovarvi in
strie difficoltà economiche; se vengono sollevali i vostri problemi,
[lercliè allora dovrebbero essere taciuti quelli dei pastori, che non sono meno gravi e per i quali è altrettanto necessario trovare una soluzione? » (E qui è superfluo aggiungere che i sacrifici per tirare
avanti con le proprie famiglie non
riescono pesanti e talvolta dolorosi
soltanto agli insegnanti, ma anche a
chi può aver avuto una vocazione
pastorale).
Come abbiamo visto in queste ultime settimane le risposte degli insegnanti .sono state piuttosto crude:
« noi svolgiamio una professione, abbiamo i sindacati <die ci organizzano
ed un Ministero ed un Governo contro cui difendere le nostre posizioni; voi pastori avete la vocazione c
siete al servizio deU’Aiiiministrazione della Chiesa » quindi, aggiungo
io, a noi il diritto allo sciopero eil
agli aumenti di retribuzione, a voi
il permanere neU’altuale situazione,
nel disinteresse generale.
E poi si parla d’imuraggiainenlo
alle vocazioni pastorali! D’accordo,
il fattore economico deve essere uno
degli ultimi nel campo della vocazione pastorale; ma non si potrà negare che, se non dovrebbe essere
difficile il'^orgere di vocazioni per
un pa.slorato da esercitare tra un
gregge costituito anche da pecore
zoppe, cieche, malate, con lana scadente ma tuttavia affezionate, sarà
l?en più raro il caso che vi sia chi
s! senta di lavorare in mezzo a un
gregge di pecore pronte, alla prima
occasione, a mordere il loro pastore.
Ma questo è ini altro discorso.
E. S.
5
N. 31 — 3 agoeto 1962
pog. 5
BERTRAND
RUSSEL
11 novanlesimo compleanno di Bertrand
Russell è stalo celebrato il 19 maggio, al Festival Hall di Londra, con opere di Stracinsky e di Mozart, suonate dalla Filarmonica di Londra, diretta da Colin Davis, con
l,ì partecipazione della pianista Lily Kraus.
L'introito ricavato dalla vendita dei 2.S00
biglietti — al prezzo unico di IO scellini —
è stato consegnato alVillustre filosofo perthè lo usi come meglio crede.
Lord iuisselt era accom¡>ainat} dalla sua
Consorte, dalla Duchessa e dal Duca di
Bedford (quest’ultimo è capo dellt tamiglio
Russell) nonché dal suo segreinno Ralph
Schoenman, di nazionalità ameriuma (E’
interessante notare che Sichoenman. assieme
allo stesso Russell, ed al Reverendo Michael Scott fu, in data 17 settembre 1961,
arrestato e condannato a tre mesi di reclusione per aver attivamente partecipato ad
una dimostrazione di disubbidienza civile
che ebbe luogo in Trafalgar Square. Fu in
seguito alla promessa fatta dairinteressato
alle Autorità di non organizzare più dima
strazioni di tale carattere in territorio bittannico, che gli fu rinnovato il permesso di
soggiorno in Inghilterra e di continuare a
lavorare in qualità di segretario di Bertrand
Russell).
Fra i tanti messaggi di augurio e di congratulazioni, vi sono stati quelli inviati dui
sei membri del Comitato dei 10i> (tutt’ora
in prigione), dalla Regina Madre Elisabetta del Belgio, dal Presidente Tito, dal Dotdor K. Nkrumah presidente del Ghana, dai
Pandit i\ehru.
Lettere e telegrammi sono anche giunti
praticamente ita ogni nazione del mondo:
dalla Groenlandia, dalla Francia, dalla Bulgaria. dalla Romania: da Pekino, dall’Indonesia. da Burma, dalla Corea, dal Giappone: dal Gabon, dalla Sierra Leone, dalla
Nigeria, dalla Repubblica del Sud .àfrica
dal Congo, dall’Etiopia; dal Mes.sico, dal
Brasile, dal Cile, dal Canada e dagli Stati
Cniti d'America. Questi, per citarne solo
alcuni.
l rcgidi, uno dei quali opera dello .scultore Svizzero Hans fCilli, furono presentati
dalla signorina Vanessa Redgrave.
Co.sì rispose Bertrand Russai:
’’Amici, questa è un’occasione nella quale so a mala pena trovare ¡varóle. Sono piti
commosso di quanto possa dire. A voi tutti,
il mio più profondo ringraziamento per questo magnifico concerto diretto con somma
maestria.
"Il mio credo è molto semplice ed è questo: vita, felicità e bellezza sono preferibili alla morte in polvere. (’’Are better than
dusty death’’). Quando ascoltiamo la musica dobbiamo sentire che tanto la capacità di
eseguirla quanto la capacità di ascoltarla .sono cose degne della loro conservazione’’.
Liliana Miinzi
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii'liiiiii’iiiiiiim
ACCANTO Al ROMANZI..
Qualche libro per
le vostre vacanze
Mic.hihiko Hmhiva: Diario di Hiroshima.
l'Vlirinelli, Milano I960, L. 500.
Robkht .Jl'nck; Hiroshima, il giorno dopo
Linamii, Torino 1960, L. 1.500.
John FOwt.er: Fall-out, le precipitazioni
allive e il l'uluro ileirumanilà. Boni,
piani, Milano 1961, L. 1.000.
— Il disarmo utile, raipporto di esperti
dcirONLJ, con una prefazione di U.
Tliani. Editori Riuniti, Roma 1962,
!.. 5,50.
Aihkkt Schwe.tzek: I popoli devono sapere. Einaudi, Torino 1958, L. 400.
Biìktkanu Ri ssem.: Lettera ai potenti della terra. Einaudi, Torico 1958, L. 500.
Bertrand Rtissele: Prima dell’Apocalisse.
Longane.si, Milano 1959, L. 750.
Bertrand Russeet.; E domani? ixinj!ane.si,
Milano 1962, L. 900.
tei, Lei Toole la guerra?
Bertrand Russell e .Albert Schweitzer, a Londra nel 1955.
{segue da pag. 3)
Tutto è normale in Russia dove anche si
persegue il mito del benessere per il popolo russo privilegiato e dove le aofferenge e
le speranze della parte più numerosa e sofferente deirumanità continuano ad essere
strumento di lotta politic'a per allargare nel
mondo la propria sfera di influenxa trasformando la scelta tra servitù e libertà in
una scelta fra due padroni.
Tutto è normale nel resto dell’Europa,
dove la gente pensa alle vacanze e si occupa il meno possibile della « politica », come faceva nel 1914 e nel 1939. Fino a cbe
fu svegliata bruscamente: molti perirono,
molti persero la ragione. Gli altri che sopravvissero, siamo noi. E i più giovani, ai
quali evitiamo di parlare di quelle cose.
I cristiani sono stati e sono malamente
coinvolti in questa storia di guerra e prepai azione alla guerra. Nel ’14-’18 le chiese
si si'hierarono obbedienti e combatterono
coscienziosamente. La cultura cristiana tacque perchè non aveva nulla da dire, oppure giustificò le ideologie che sostenevano
ia guerra. Nel tempo fra le due guerre la
paura della rivoluzione comunista impedì
ai più di rendersi conto di quello che succedeva. Fu soltanto durante la secondi
guerra mondiale che i primi timidi segni
iiiiiniimiiKimiuiiliiiii
niSDBBIDIEIVZA CIVILE
Ci sono :du« tipi diversi di difiul>hidienza civile. C’è la disubbidienza a<l una
legge che ordina un’azione specifica, considerata profondamente malvagia; resenipio più ìi^iiporlante è, nel nostro iciiipo,
l’oibiezionei di coscienza.
Il secondo tipo di disubbidienza civile,
che qui desidero considerare, è quella che
tende ad lOllenere un cambiamento nelle
legigi o neirordinaiìnento pubblico. Sotto
queisto aspetto, è un mezzo di propaganda, e lertaini penisano cbe sia di un genere indesiderabile: altri invece, tra cui mi
annovero, ¡pensano clie sia ora necessaria.
credom
uò n|iui
non può ntiui esser giustificalo, in una democrazia, ;Sebl>eiìe ammettaiio che possa
essere nn, dovere sotto qualunque altra
forma di ! governo. 1 govertii vittoriosi,
dopo la secomla guerra mondiale riprovarono e punirono i Tedestdii per non aver
infranto la legge, quando essa ordinava
azioni atróci. Moti comprendo come si
possa provare che un governo « (leniocralico » non iKussa giungere ad ordinare
azioni atroci e che, in lai caso, sia erralo
disubbidire ai suoi ordini.
I cilladini democratici pensano, per la
maggior parte, ai propri alTuri e non possono studiare a fondo difficili questioni.
Le loro opinioni sì basano sulle informazioni t'acilmente accessibili e le autorità
possono (ciò accade troppo spesso) far si
die tali informazioni non portino ad una
esatta valutazione. Quando parlo delle
autorità, non penso soltanto agli uomini
politici; al governo o all’o-pposizione, ma
anche ai loro consiglieri tecnici, alla stampa popolare, alla radio e alla televisione,
noncbè alla polizia. Queste forze, ora,
sono usale per Impedire alle democrazìe
dei paesi occidentali di conoscere la verità sulle armi nucleari.
Le cause accidentali di guerra sono numerose, e già a più riprese hanno quasi
causato un dlsaislro. La luna, almeno una
volta, e persino voli di oche selvatiche
sono siali scambiati per missili russi! Ciò
nondimeno, poco tempo fa, il Premier,
con dogmatismo pontificale, annunziò che
non ci sarà alcuna guerra per cause accidentali: non so se credesse a ciò che diceva (ili lai caso Ignora cose die sarebbe
suo dovere conoscere); in caso contrario
si è reso colpevole del delitto dì adescare
l’umanità alla propria distruzione, promuovendo vsperanze prive dì fondanienlo.
Si consideri la questione delle basi
americane in Gran Bretagna. Chi può sapere che in ognuna di esse c’è un nucleo
centrale di aviatori, in grado di rispon
SAHATI) Il K DOMENICA 12 AGOSTO 1902 A PINKUOLO
Terzo Congresso Nazionale della
Federazione Femminile Valdese
P R O G R .A M M A
Sabato 11
ore 9
ore 9.30
ore 12.30
ore 14.30
ore 19.30
ore 20.30
Culto di apertura presieRiiio dal Moderatore, Past
Elezione del seggio
Relazione morale, e finanziaria del Comitato Nazionale
Discissione suUa Relazione
Pranzo in lomune nei loeali della l'oniunità di Pinerolo
Proiseguiiinenlo della discu.ssione
Elezione del Coimiiato Nazionale
Cena in comune
Serata offerta dall’Unione Femminile di Pinerolo
Ermanno Rostan
Domenica 12
ore 10 Culto
ore 12.30 Pranzo in comune
ore 14.30 Relazioni sul tema: Responsabilità della donna cristiana nel mondo
di oggi (Relatrice: Signoriua Evelina Pone). Notizie sul Dipartimento
Ecumenico della collaborazione tra uomini e donne nella Chiesa e 'nella .società (iRelalore: Pastore Pierluigi Jalla)
ore 16.30 The di chiusura
♦ * e
La giornata di domenica 12 agosto avrà un carattere di Convegno delle Unioni al quale sono caldamente invitale tutte le socie.
Le Unioni che non Iianno ancO'ra segnalato i nominaitivi delle loro delegate
al Congresso sono pregate di farlo immediatamente preeso la Signora Ade Varese.
Tlieiler, viale Trento, TORRE PBLLICE (Torino).
6 agosto 1945
Hiroshima, il giorno dopo. Ma ora vi sono bombe più « pulite ».
Quesl’ariicolo di li. Russe/ è comparso sul u New
Stalemenl », Fauno scorsoi
dere ad un allarme e posi egregiamente
addestrati da poter essere in volo in un
minuto o due? Questa nucleo è tenuto
(O'inpletamente separato*aal resto del eam.
tH). Ha la sua mensa, i suoi dormitori, la
sua biblioteca, il suo cinema, ecc., e guar.
die annate impediscono Taoeesso agli altri Americani del campo-base. Ogni uno
0 due mesi tutti, compreso il comandante, sono ritrasportati in volo in America,
e sostituiti da un altro gruppo. Gli uomini di questo gruppo interno non possono
avere quasi alcun contatto con gli altri
Americani, e assolutamente nessuno con
gli abitanti dei dintorni. Pare evidente
che lo scoipo è queUo di mantenere i Britannici all’oscuro e di formare il pensonaie del nucleo ad una risposta puramente
mieeeanlea agli ordini e alla propaganda.
Inoltre gli ordini al gruppo non vengono
dal comandante del campo, ma diretlainenle da Washington. E’ pura fantasìa
supporre elle, in un momento di crisi, il
governo britannico possa avere un qualche controllo sugli ordini dati da Washinigton, ordini che condurrebbero in un’ora a
rappresagaie da parte di forze sovietiche.
La situazione di queste basi nucleari è
analoga a quella dei sottomarini Polaris.
Si ricorderà che il Premier ha detto che
1 govenii degli S. U. e del Regno Unito
si sarebbero consultali prima di lanciare
un missile Polaris, e che la fondatezza di
quest’affermazione fu negata dal governo
americano: ma tutto questo non è a conosienza del pubblico non-ipolitieo.
l'ar conoscere i fatti che dimostrano che
la vita di ogni abitante della Gran Bretagna, giovane o veodiio, uomo, donna o
fanciullo è ad ogni ¡stante in pericolo imminente, e cbe questo pericolo è determinato da ciò che a torto vien chiamato
difesa, far sapere questo è sembrato ad
alcuni di noi un dovere imperativo da
perseguire con ogni mezzo a nostra disposizione. La Campagna per il disarmo
nucleare ha coiuipiuto e sta compiendo
un’opera di gran valore, anche se la stampa si sta abituando al .suo atteggiamento.
Ah’uni di noi lianno quindi considerato
necessario di integrare la campagna con
azioni che colpiscono la stampa.
C’è un’altra ragione, forse anche più
importante, per praticare la disubbidienza civile in questo, tempo di pericolo acuto: è assai diffuso il sentimento che l’individuo è impotente di fronte ai governi
e che, per quanto cattiva possa essere la
loro politica, i singoli non possono farci
nulla. Questo è un grave errore. Se tutti
coloro che disapprovano la politica del
governo si unissero in mandfeAazioni massicce di disobbedienza civile, potrebbero
rendere impossibile la follia governativa
e costringere i cosiddetti statisti ad accettare misure alte a render po^ibile la sopravvivenza umana. Un vasto movimento
di questo genere, ispiralo da un’oipiniome
pubblica allarmata, è possibile. Se vi partecipate, farete qualcosa d’importante per
preservare la vostra famiglia, i vostri compatrioti, il mondo intero.
Un caso estreouamente interessante è
quello di Claude Eatlierly, il pilota che
sganciò la bomba su Hiroshima: nel mondo moderno succede spesso che solo in
frangendo la legge un uomo può evitare
di commettere atroci delitti. Non gli era
stato spiegato l’effetto della bomba, e fu
sconvolto quando scopri le conseguenze
del suo atto. Per molti anni, in seguito,
si dedicò a varie speci di disobbedienza
civile, con lo scopo di ricliiamare l’attenzione sull’atrocità delle armi nucleari e di
espiare il senso di colpa che, se non avesse aigìto, lo avrebbe sopraffatto. Le autorità hanno deciso cbe egli dev’esser considerato pazzo, e una commissione di psichiatri notevolmente confomristi ha confermato il punto di vista uiBciale.
Ho letto un certo numero di dichiarazioni di Ealherly che spiegano i suoi motivi e
che sono completamente equilibrate. Ma
tale è il potere della pubblicità mendace
che quasi tutti, ed io per primo, han credulo che egli era diventato pazzo!
Nel nostro mondo a soqquadro, coloro
che hanno il potere di vita e di morte su
tutto il genere umano possono persuadere
quasi l’intera popolazione dei paesi che nominalmente godono della libertà di stampa
e di pubblicità, che chiunque considera la
preservazione della vita umana una cosa di
valore dev’essere pazzo. Non mi stupirei
se dovessi passare i miei ultimi anni in un
manicomio, dove godrei della compagnia
di tutti coloro che nutrono sentimenti di
umanità. B. Russell
(irad. E. C.)
di un’opera cristiana per la liconciUazkùie
si fecero sentire. E oggi? Anche se esiste
indubbiamente un movimaito cristiano per
la pace, k grande maaaa di cristiani nelle
chiese è rimasta insensd>de ad un impegno
di pace. Desideriamo k pace, come tutti
gli altri. Ma non sappimno adoperarci pei
essa con mite le nostre forze e non sappiamo andare al di là dell’esortazione acco
tata e un tantino patetica: ma via, siate
bravi, non vedere che se continnate cosi
salteremo tutti in aria?
E’ venuto il momento in coi ia nostra
appartenenza a Cristo acquisti un senso e
contenuto nel vivere fino in fondo, fino
alile sue estreme conseguenze, il meesaggio dell’Evangelo drik pace. La pace di
Cristo non è un’ideologia, cioè un orientamento di pensiero politico con il quale
pensiamo di risolvere il problema delk
pace e delk guerra, non è « pacifismo »,
ma è uno stile di vita: in Cristo siamo
chiamati a « vivere » la i»ace in ciascuna
delle nostre azioni, pnehè essendo riconciliati con Dio siamo in pace con l'altro
uomo. L’inimicizia antica di tutti contro
tutti può cessare. Possiamo deponre le armi di offesa. La pace come stile di vita
vuol dire che possiamo in ogni occasione
essere solidali con l’uomo, con ogni uomo
che si trovi comunque oppresso o disprezzato 0 nel bisogno o neUa sofferenza, poiliiè riconosciamo in ogni uomo la dignità
deH’immagine di Dio, che Cristo ha ristahilìto in lui con k sua opera e che noi
dobbiamo ora manifestare per lui. La pace fra gli uomini non sarà una visuale
grandiosa die ci ipermetta dì realizzare, ancora una volta, una politica cristiana, quasi da contrapporre ad altre politiche non
cristiane, che sarebbe rinnovare un errore
fatale. La pace riguarda tutti gli uomini, e
non solo i cristiani e tutti sono chiamati
ad operare per essa. Ma l’Evangelo di Cristo ri rivela ohe se la pece totale non è
perseguibile con i mezzi della politica, ma
è il dono che egli riserva a sè stesso, nel
suo giorno, fino da oggi possiamo e dobbiamo (lare dei segni effettivi delk sua
pare in ogni azione singola di riconciliazione fra gli uomini.
Questo programma ha delle conseguenze
enonnj di cui stentiamo a vedere la portala per la vita delle nostre chiese. Uno stile
cristiano per la pace significa che fra i cristiani, nelle chiese, non vi possono essere
separazioni o divisioni dovute a questieni
umane di tradizione o classe sociale o razza: tutte le nostre chiese separate cadono
o restano al più come stili diversi nel perseguire il fine unico e comune dell’Evangelo (Iella pace. Uno etile cristiano per la
pace significa che nessun cristiano può essere indifferente o « senza opinione » relativamente alle questioni della giustizia, della libertà, della pace fra i popoli, ma è attivamente impegnato per k comprensione
(non cpnosce barriere ideologiche o confini polirci), per k riconciliazione, p^ k
giustizia: Ila un’opinione sua, ohe si è formata in una ricerca paziente di informazione, sull’unità della Germania come su
Castro, sul valore del regime di Franco in
Spagna é sulla politica dei sindacati, ed è
pronto ad impegnarsi in un’opera di pace
(o per la libertà e la giustizia con le quali
ricostruire la pacei, con il suo voto, con
l’azione attraverso l’oiñnione pubblica o
gli enti q. organismi di cui fa parte. Uno
siile cristiano per la pace significa anche
un’azione* non orgogliosamente riservata ai
a cristiani », ma apertamente e onestamente alleata con coloro che lottano per i medesimi finì, senza preclusioni ideologiche;
poiché colui che daUe pietre trae i figli di
Abramo è abbastanza ipotente per trarre
opere di pace dalle più disparate intenzioni degli uomini. Ma vuole che anche coloro che sperano nel Regno onestamente
collaborino con gli altri.
Così si presenta la chiesa di domani: accanto alle grandi chiese tradizionali che
potranno forse conservare parte del loro
valore e prestigio, l’azione cristiana è affidala .r gruppi di cristiani impegnati a vìveri secondo lo stile cristiano delk pace, negli ambienti più diversi e lontani, simili a
dei « commandos » che agiscono in piccoli gruppi isolati, a volte in t^rrao favorevole, a volte in territorio ostile: uniti dalla medesima fede in Cristo, Signore deUa
Itóce che vuole essere conosciuto al mondo
come colui che dona agli uomini k riconciliazione e la pace, (^esta azione è urgente, e richiede a molti di noi nn impegno serio e totale.
Per questo anche Agape vi domanda di
considerare seriamente la vostra vocazione
eli SI lana. Affinchè viviamo secondo lo stile di vita che ci è insegnato dall’Evangelc
della Pice. Giorgio Girahdet
Questo articolo è comparso sulle
« Informazioni di .Agape » {giugno
1962).
UUt
Per meditare la nostra
responsabilità di cristiani
Hellmut GollWITzer; Les chrétiens et les
armes atomiques. Labor et Fides, Genève 1958, L. 640.
Daniel Parker: Le choix décisif, face aux
menaces de guerre, à l’âge atomique.
Labor et Fides, Genève 1962, L. 1.360.
Franco Riva: L’agonia di Hiroshima. La
Locusta, Vicenza 1961, L. 500.
Bertrand Russell: Perché non sono cristiano. 6“ ed. Longanesi, Mikno 1959,
L. 1.250.
6
pag. 6
3 agosto 1962 — N. 31
AÜAPË - nm CAUPO nizioMiK
DIMANCHE 29 JHJILLET
Il nostro compito
in lina sodetà
in L'apièi trasformazione
Dal 31 luglio al 9 agosto si tiene ad Agape il 3" Campo internazionale, un lampoiniontro fra afrieani, asiatiei ed europei
centrato sul tema; «Il nostro compito in
una società in rapida trasformazione ». Dopo la bellissima e.sperienza deirincoiitro
Areica-Europa, della «corsa estate, ecco quest’anno allargarsi ancora l’orizzonte. Il tema di quest’anno non è particolarmerute ’europeo’ o ’asiatico’ o ’africano’. Ci riguarda
tutti. Riguarda i cristiani e i non cristiani.
11 mondo si trasforma rapidamente. Politica
ed economia mutano il volto della vec'chia
Europa, dell’Asia antichissima, della giovane Africa. Tutto è nuovo, pieno di sorprese e di pericoli. Le vecchie strutture sono
in crisi, cadono rapidamente; e ancora non
vediamo le strutture nuove che prenderanno il posto delle antiche.
1 problemi sono gravi, e come cristiani
non possiamo sottrarci alla responsabilità
comune che abbiamo insieme con tutti gli
altri. Dobbiamo capire e vedere il mondo
com’è, senza illusioni ma anche senza paure. E dobbiamo anche vedere in che modo
la Parola di Dio parla oggi al mondo. Questo non ha però da essere un -monologo di
cristiani che parlano fra loro di loro prohlerai. Come si potrebbe parlare del « monde in trasformazione » dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa senza considerare l’insieme di questi paesi dove il cristianesimo è
in minoranza. Perciò la presenza di non
cristiani non è soltanto benvenuta, ma necessaria.
Ei;co un cenno sul programma, che seguirà il solito schema : studi biblici e relazioni al mattino, discussioni a gruppi e generali nel pomeriggio. Mere. 1: Isaia 58; -5-12
- Eddy MOUKOKO-KOULLi.A : Trasformazioni economiche e cooperazione internazio
naie; Giov. 2; Efes. 2: 14-21 - Dr. Keji
OGAWA: Vecchie e nuove nazioni fra Tautcrità e la democrazia; Ven. 3: gita; Sab.
4. Matt. 4: 23-5:2 e 5: 13-4 - Dr. Horst
KROCKERT: La civiltà contemporanca fra
tradizione t dinamismo; Dom. 5: culto Fi eddy YIN ; Crisi e trasformazione delle
religioni - Luti. 6: tavola rotonda su: 11 nostra compito dinanzi ai problemi economi<-i e politici (KROCKERT, MBITI, OGAWA, FOWODE, THANGIAH, YIN) - ÌWart.'
7- (onvegno: 11 nostro coinpito culturale.
Come possiamo edificare una nuova umanità riconciliala con il fratello e aperta alla
Parola di Dio? - Mere. 8: convegno: Il nostro compilo come testimoni di Cristo nel
mondo delle religioni antiche e nuove conclusioni - (.ulto con S. Cena.
Rencontre protestante
au Col de la Croix
Atteindre une localité en voiture ou moloi-yclette est sans doute plus aisé que monter jusqu’à 2300 mètres, surtout lorsque cela exige trois heures de rude «entier après
(lue l’ou a quitté une route carrossable...
au moins officiellement. Mais malgré la
coïncideni-e avec l’inauguration du temple
d( Pral — dommage que l’on n’ail pas
pen.sé de l’éviter... en haut lieu — dimanche 29 juillet un passable noyau de jeunes
d ■ tous les âgés a gravi la montagne pour
la Rencontre Protestante an Col de la
Croix, rencontre qui eetle fois a été plus internationale que jamais (Italie, France,
.Suis.se, Allemagne, Uruguay). Sous le beau
(ioleil de cette j|ournée, plus de quatre
(ents personnes se sont réunies. Du côté
fiançais, on remarquait avec sympathie un
groupe de jeunes éclaireuses et un autre
de très jeunes éclaireurs.
Le pasteur de Bobi, M. Edoardo Aime,
après quelques mots de bienvenue à tous
les présents, a présidé le culte, qui a commencé à onze heures bien passées. La lecture biblique a été choisie dans Ezéchiel
28 et Romains 8. La méditation a été tenue par M. Paul Kelter, pasteur à Freissinières (Queyras). L’impossibilité de servir
deux maîtres à la foie (Matth. 6: 24) nous
impose la néces.silé du choix, ce que nous
pliférerionâ éviter en ne nous servant que
Fotografíe
/ Prafí
In occasione della inaugurazione
del jóuovo tempio di Frali sono state
fatte molte fotografìe. 'L'Uffìcio della
Tavola Valdese ha urgente bisogno
di una documentazione fotográfica al
riguardo. Faccio appello agli amici
fotografi affinchè, nella misura delle
toro possibilità, abbiano la cortesia
di farmi pervenire presso la Casa
Valdese di Torre Pedice alcune fotografìe prese in quella circostanza. Il
tempio, il pubblico, il corteo dei Pastori, il villaggio e le montagne costituiscono oggetto d'interesse e di
necessità per l'ufficio della Tavola ;
posso sperare in qualche risposta?
Sarò sinceramente grato a quanti
mi offriranno la loro collaborazione.
Ermanno Rostan
nous-mêmes; l’astuce de .'>atan exploite notre désir d’indépendance pour noue rendre
insensiblement ses esclaves. Jésus-Oirist
,'.enl doit être notre maître: il est impossible d’isoler Dieu dans l’honneur qu’on lui
réserve le dimanche et l’cxelure de notre
vie privée et publique. C’est à Dieu qu’appartiennent tous les secteurs de notre existence, et ce n’est qu’à lui que nous devons
un abandon total. Dans son affirmation, Jésus ne veut nullement nier l’imiportance de
ii(}« bes,ains matériels: il est question de
fixer à qui doit revenir la première place.
Servir Dieu en pr^ier lieu et ne servir
que lui n’est pas facile, et c’est par une
exhortation à une courageuse fidélité que
M. Keller termine son fort message. Quelques mots d’intrcduclion à la Sainte-Cène
de la part de M. Aime et la participation
d’un grand nombre des présents au symbolique repas ont lerrainé le culte, au cours
duquel le chant nous a semblé plus uni et
plus entraînant .¡ut d’habitude.
A deux liemcs de l’après-midl, quand la
as.semblée s’est formée à nouveau, on a
regretté de la constater un peu moins nombreuse, car quelques groupes avaient à affronter un long voyage de retour. M. Robert Kriegk, pasteur à Nancy mais qui se
déplacera prochainement à Avignon, après
une amusante introduction présente M.
Emile Reutrumer, pasteur à Forbach (Moselle, France). L’orateur parle de ses expériences dans lelte région houlllière, où se
irouvciil des miliiers de mineurs italiens,
dont l’indifférence religieuse est à peu près
totale, malgré la présence d un prêtre de
leur nationalité. Un jeune pasteur allemand,
M Siegfried Schubert, en vacance au Villar avec Un groupe de ses paroissiens de
l’Hamiover, donne un court message d amitié, après quoi M. Aime développe une
sorte d’interyiew avec deux différents MM.
Rivoir, originaires d’Angrogne, qui sont revenus de l’Uruguay pour une visite à leurs
A^allées. M. Emimuele Tron, professeur a
Gênes, demande si parmi les présents il y
en a qui ont pris part, conimc lui-même, a
la première Rencontre remontant à 1934,
et si quelqu’un a été présent a lotîtes les
éditions successives: mais personne n’csl a
même de répondre affirmativement.
La tradition exige que la réunion se terjuiine par un imniense cercle au chant de
l’aii-revoir. A ceux qui, pouvant physique
mtnt l’accomplir, préfèrenl renoncer à celle randonnée alpine annuelle, on peut dire sans rancune: vous ne savez ce que
vous perdez!
Praesens
iiiiliinimiiKiiilliiiiiiniUiliMini
niiiiiKiimiditmiiti
(iniiiiuiiiiiiiuiiiiiii
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
POMARETTO
.Abbiamo avuto per alcuni giorni quali
ospiti del Convitto Valdese una cinquantina di giovani delle Cevenne guidali dai
Paislori Müller e la signora Picot di Víalas. [ nostri amici hano visitato le Valli e
Torino ed hanno presieduto i culti a Pomaretto e Massello: la domenica 22 u. a.
hanno trascorso parte de’la giornata nelle
famiglie della parrocchia ospiti d’onore
delle famiglie pomarine e di una dell’Inverso. Nel pomeriggio si è avuto un raduno con messaggi aU’Inverso di Ptmaretto
e la sera proiezione e ricevimento nel teatro con canti del gruppo « cévenol » e del1.1 nostra corale. L’esperienza deH’incontro
è stata benedetta : ringraziamo i nostri amici per. la loro visita, esprimiamo un pensiero riconoscente alla direttrice Sig.na
Ines Castagno e le sue collaboratrici per la
ospitalità nondiè le famiglie che con molto, entusiasmo hanno accolto nelle loro ca
se per. il pranzo della domenica 22 i nostri
giovani delle Cevenne. Inviamo a tutri nn
grazie riconoscente.
— Ricordiamo che il 15 agosto si terra
alla (( Ruina » dell’Inverso di Rinasca : pur
avendo ricevuto la richiesta « in extremis »
speriamo che la nostra eomuni'.à possa eollaborare attivamente per l’organizzazione
della giornata e del buffet che andrà a he
neficio della cappella (lell’lnverso: lutti i
giovani e non giovani, tulle le sorelle di
chie.sa sono invitale a dare (pialcosa per lo
scopo indicalo. Grazie.
hfiii
Convitto Valdese
di Pinerolo
Sono apèrte le iscrizioni per il Convitto Valdese di Pinerolo.
Data la limitazione dei posti letto
disponibUL, si r«ide noto che sarà data la precedenza agli studenti provenienti dalle Parrocchie Valdesi di
montagna e a coloro che hanno riportato le migliori medie agli scnitinii di giugno.
Le domande di ammissione dovranno pervenire al Comitato del Convit
to, Via dei Mille 1, Pinerolo, corredatiti
da una presentazióne del Pastore, entro il 26 agosto.
— 11 bazar delle Fucine ha avuto regolarmente luogo domenica 29 luglio. Ringraziamo vivamente l’Unione delle Madri
e i signori Prospero Goss, Bruno e Edinira Ponlel, le signore Elena, Fernanda,
Erminia, Rosina, Letizia Benecdiio che
hanno volónlerosamente ed efficacemente
cooperato alla buona riuscita, sotto la
guida della Sig.ra Ida Benecchio.
~ Per domenica 12 agosto è in programnia unti recita organizzata dai nostri giovani a favore delle Missioni. Sdamo lieti
di pensare che essi hanno voluto in qualche modo dare il loro saluto al pastore
(■(jn r tjueista buona iuizigliva e ci auguriamo dite la loro fatica sia compensata dalla
iir(?senza di un follo pubblico.
— Dopo una quindicina di giorni IraseoPòi tra di noi ed al termine di un campo particolarimenle ben riuscito, i nostri
giovani amici francesi hanno voluto invitare tutta la popolazione rorenga ed i
villegigianti ad una serata di addio che
lutii- hanno assai apprezzato. Siamo loro
ricono-scenti per la calda amicizia con la
quale hanno voluto prendere parte alla
vita del nostro villagigio e non dimenticheremo, tra rallro, lo spirito di servizio
con il quale hanno dedicato un’intera
giornata di lavoro a favore della nostra
coimunità. Gli uni hanno dipinto o ridipinto gli infissi della Sala nuova e il parapetto del balcone del (( Camoscio », glialpi hanno compiuto una sempre così ne^
ce.s«aria opera di pulizia. Come d’incanto
col loro aiuto, e con la guida di Roberto
Morel, abbiamo finalmente potuto togliere
dalla- circolazione delle grosse piePe che
da mesi semibravano ancorate al suolo nel
bel mézzo del paese. Il torrentello iniriminato', cui accennavamo la .scorsa volta,
è ^alo pazientemente pulito, tanto che,
oh' stupore!, abbiamo potuto contemplare
libere dal cumulo di detriti, le pietre originali del fondo. Fino a quando? Auguriamo“ ai nostri' amici ogni bene nel Signore, sperando elle i legami appena sorti
non si allentino' col tempo.
-7 jJilihiamo appreso con vero piacere
( lijfji»Ì^gfo Odetto ha oHeniito il diploma
djtii;j|isl^'etra. Sappiamo che (pièsto risul
I »•»ir.rTÌ-im-tA'. 0/-VT1 iin i.lTlirkPiff'nfili.
'Stato raggiunto con un impegno dur^-'ev.'pA'òIungato e siamo certi che tanto
pliuC' prende è la soddisfazione del nostro
rorengo ormai quasi torinese.
(-4 GL rallegriamo vivamente con Edilio'
e Virginia Rivoìm per la nascita del loro
prim&geiiilo Elvio.. Vegli il Signore su
(^éBtb- bimbo e sui. «noi genitori,, chiaiftirti h't^òsV bella responsabilità. -*
MASSEL
— Dimanche 22 nous avons eu le privilège
d’avoir avec nous Mr. J. Müller, pasteur
dans les Cé .-ennes, à St. Croix Vallée Française ; son message au culte nous a profon.
dément édifié, nous l’en remercions. Le
(uJte de dimanche 15 a été présidé par Mr.
Claudio Tron, nous lui adressons nos remerciements et nos félicitation pour cette
oeuvre de prédication qu’il a(Complit dans
les paroisses de notre vallée chaque fois
(pte les circonstances le demandent.
Le baptême a ètè administré dimanche
22 a Daniela et Fulvio Peyran du Champ
la Salse.
LUSERNA S. GIOVANNI
Liturgia della morte e della vita.
Alcuni nuovi dolorosi vuoti si sono falli nella famiglia della coimunità, con la
dipartenza il 28 giugno, al Rifugio, di
Francesco Costabel, originario di S. Geriiano Chisone, in età di 64 anni; il 7 luglio di Maddalena Pontet in Paolo Rostagnol, nata a Villar Pellice 61 anni fa; il
10 luglio, al Rifugio, Carlo Ernesto Guglielmo Bonin nato a Berlino nel 1880;
11 23 luglio, Adelina Margherita Bonnel,
compagna fedele del noistro Anziano Adolfo Coisson dei Pcyroit, in età di 76 anni;
il 28 luglio Giuseitpa Gisolo in Stefano
Cdìsson in età di 76 anni e il 31 luglio,
alle Vigne, Cesare Tourn in età di 47 anni.
Alle famiiglie nel duolo ridiciamo la
nostra partecipazione al loro dolore e alla
loro ferma speranza.
Nuovi focolari.
Il 21 luglio, dal pastore Gustavo Boiichard, che ringraziamo vivamente, è stato
celebralo nel nostro tempio il matrimonio
del Dott. Giovanni Enrico Peyrot con la
Sig.na Vanda Elisa Meynci ; il 22 luglio è
stalo celebrato il matrimonio di Cesare
¡.apisa con la Sig.na Liliana Revel e il 26
luglio il matrimonio di Bruno Davide
Revel e Carla Albarin.
A tutte queste care coppie e alle loro
famiglie rinnoviamo l’auigurio di vita felice nella benedizione del Signore. J.
imiiiiiimiiiiiiiitiiMii
iiii(iiiiimiliiiiiiiiiiiii
PERSONALIA
Al Pastore Bruno Costabel e alla
sua Compagna i nostri affettuosi rallegramenti e auguri per la venuta della piccola Alice.
Dal 31 luglio al 21 agosto
La Corale Eàrangelica di
Badeo - Baden Lichtental
visita l’Italia valdese
Awogliendo un suggerimento ricevalo
a VilJar Pellice, la Corale Eìvangelica della Chiesa di Baden-Baden LiehtenUil, accompagnala dalla sua Direltriee, sig.ra
Elise Katzenmeier, visiterà nei prossimi
giorni numerose Comunità offrendo dei
concerti vocali-strumentali, di musica sacra nelle chiese locali.
Eà-eo le tappe del lungo viaggio che verrà effettuato in autobus: 31-7, Milano 1-8, Villar Pellice - 2, Pomaretto - 3, Bassignana • 4, Felonic-a Po - 5, Forano Sabina . 6, Roma - 9, Onsara di Puglia lo, Ceriignola . 11, Catanzaro - 12, Falerna - 13-17, Palermo - 18 Napoli - 19, Forano Sabina - 20, Firenze - 21, Rimpatrio.
1-a visita deUa Corale di Baden-Baden
vuole recarci in uno spirito ecumenico ed
in un modo pratico e capillare, il saluto
dei fratelli in Cristo della Chiesa Unita
del Baden. Non potremo accoglierli che
con grato e fraterno affetto, così come,
cordialmente, invochiamo sul loro viaggio la benedizione del Signore.
A TORRE PEUJ€E
Società (li Studi Valdesi
Assemblea annua
L’assemblea annuale dei soci è fissata per domenica 5 agosto alle ore 21
nell’Aula Sinodale di Torre Pellice,
col seguente
ORDINE DEL GIORNO
1) Relazione morale.
2) Relazione finanziaria.
3) Rievocazione storica del prof. Augusto Armand-Hugon ; Tre secoli
di vicende italiane ed europee di
una famiglia delle Valli: i Pelle
grin.
4) Elezione delle cariche.
Il seggio
N.B. - La seduta è pubblica e tutti vi
sono cordialmente invitati.
Perchè il Collegio
viva !
Ajill olenchi pubblicati preceilcnlcmentc
e conlciicnti U somme pervenute al cassiere degli « Amici del Collegio», nella sol*
Uscrìzione aperta lo scorso gennaio w per
cbè il Collegio viva », facciamo seguire il
iiomiualivo degli ullimi sotloscritlori, finì)
alla dal‘1 del 31 luglio.
Sig.na R. M., Angrogna L. 6.000; prof.
M. A., Milano 6.(>0O; doti. R. G., Torino
20.000; sig. G. M., Ivrea 1.000; doli. T. C.,
I\rea 5.0Ò0; sig.ra T. L., Ivrea 5.000; sig.
P. A., Ivrea SOO; ing L. G., Ivrea 2.000;
sig.na L. E., Terre Pellice, « in memoria
del caro fratello i>rof. Edoardo Longo »
2(;.ooo.
Il prof. M. G., Torino, anziché L. 10.000,
com’era (’omparso in un precedente elenco,
aveva versato L. 30.000, per n. x anni, facendo notare che egli è nato nel 1881! « Ad
luiiltos annos » ancora, professore.
Convitto Maschile Valdese
di Torre Pellice
E’ indetto un concorso per il godimento di due borse di studio (metà
retta) per l’anno scolastico 1962-63
presso il Convitto Maschile Valdese di
Torre Pellice.
Titolo valido per concorrere: le votazioni conseguite al termine deU’anno scolastico 1961-62. Sono ammessi a
concorrere solo i ragazzi le cui famiglie sono in condizioni economiche
molto modeste.
Tempo utile per la presentazione
delia domanda: 25 agosto.
Per informazioni e ulteriori dettagli rivolgersi al Direttore del Convitto
bott. Franco Girardet, Torre Pellice
( Torino ).
I A VVISI ECONOMICI I
SEI CAMERE, giardino, vendesi Luserna
S. Giovanni. Gay, Pralafera 5, Torre Pellice.
visitate
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vi troverete certamente qualche oggetto interessante
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La XIII Mostra d’Arte
Contemporanea
Si è puntuahuenle aperta al pubblico la
Mostra d’.Arte conteimporaiiea, che questo
anno si présenla nella sua 13“ edizione.
Non è superñuo rammentare ohe la rassegna nata nel 1949 per iniziativi di Filip.
po Scroppo ha sempre mirato, a scopi in.
formativi e formativi, a dare un’iminagi.
ne completa ('ulturalmente della situazione
artistica italiana e assai spesso europea.
Le maggiori figure dell’arte d’oggi si sono avvicendale attraverso le loro opere alle pareti del Collegio Valdese di Torre Pellice, dove anche quest’anno è stata alllestila l’esposizione, da Picasso a De Pisis, da
Cliagall a Sironi, da Matisse a Spazzapan,
(la Casorali a Rosai, da Léger a Rouault.
.AiK'he in questa edizione la formula delrinvilo agli artisti più quotali deBe tendenze maggiori, assieme ai pittori deUe leve ultime, è stala osservala e allargata a
paesi di tradizione artistica diversa dalla
nostra. Artisti spagnoli, giapponesi, svizzeri, tedeschi presenti con interessanti composizioni piltork'he. Oltre ducento opere di
un centinaio di artisti tra cui Wols, Prampolini. Casorati, Fautrier, Giacometti vincitore del massimo premio per la scultura
alla Bie'tnale 1962, Mastroianni, Paulucci,
Cassinari, Morlotti, Romiti, Soffianlino,
Gali vano, Martina, Aimone e decine di al- (
tri assai noti nel mondo delle arti.
La mestra inauguratasi sabato 28 Luglio |
resterà aperta fino al 26 Agosto. g. c.
CATAJNIA
Sabato 21 luglio ha avuto luogo nella mattinala la celebrazicne del matrimonio della
Signorina Turco Maria Rosaria della Chiesa Valdese di Riesi, ( ol Signor Li Veli Giuseppe di Mazzarino.
Alla cerimonia, presieduta nel Tempio
Valdese dal Pastore Enrico Corsani, lianno
partecipalo numerosi parenti ed amici da
Riesi, tra i quali ricOl^diamo il Pastore Vinay Tullio con la famiglia, ed il Pastore
J’islone Giacomo della Chiesa Battista di
T.enlini.
Ha rivolto un messaggio agli sposi lo zio.
Turco Luigi, Pastore della Chiesa Battista
americana, tornalo al suo paese palale per
un periodo di riposo.
Rinnoviamo agli sposi il nostro augurio
aileliuoso, invitandoli a mettere la loro vita
sotto lo sguardo e la benedizione del Signo
Direltore resp.: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. • Torre Pellice (Tot
In memoria di
Emma Costabel Ricca
deceduta l’8 luglio 1962, all’età di 62
anni.
Il marito e i figli, mentre la ricordano con rimpianto, ringraziano quanti
hanno partecipato al loro dolore e in
particolar modo il Dott. Carlo Varese.
Suor Ernesta, il Pastore Ayassot, i
Sigg. Dottori ed il personale tutto dell’Ospedale Evangelico Valdese di Torino, per l’assistenza -data alla loro cara durante la sua lunga degenza.
« Beati i morti che muoiono
nel Signore» (Apoc. 24: 13)
La famiglia Coisson, profondamente addolorata per la dipartita dopo
lunghe sofferenze della cara Mamma
Adelina Coisson
nata Bonnet
ringrazia sentitamente quanti si sono
uniti ai suo dolore e particolarmente
il dottor Gardiol che l’ha assiduamente curata.
Luserna S. Giovanni (Peyrot), 22
luglio 1962.
« Venite a me voi tutti che siete travagliati ed aggravati, io
vi darò riposo »
(S. Matteo 11: 28)