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del 20 agosto 1999
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In caso di mancato recapito
-.1 prega restituire al mitteni
presso l'Ufficio PT Torino CW
L'Editore si impegna a
corrispondere il diritto di re
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LA PAROLA UDITA
AMATA E VISSUTA
: «La fede viene da ciò che si ascolta, e
ciò che si ascolta viene dalla parola di
Cristo»
Romani 10,17
T TNA persona che conosco da tempo
i_J sostiene che Paolo inserisce ogni
tanto nelle sue lettere, senza distinguerle dagli insegnamenti dottrinali o
etici, delle «opinioni personali». Questa
teoria mi viene in mente ogni tanto, e
anche di fronte a questa affermazione.
È infatti tutt’altro che scontato che una
parola, per il solo fatto di essere pronunciata, venga creduta. È più spesso
vero il contrario, e non senza ragione.
Siamo troppo abituati a udire parole il
cui significato deve essere decifrato; parole che offuscano più che comunicare
un pensiero; proclami, dichiarazioni,
pronunciamenti di autorità; suggerimenti pubblicitari... e anche comunicazioni personali parziali, imprecise,
fuorvianti. Non c’è da stupirsi se il nostro ascoltatore sia spesso un ascoltatore guardingo e diffidente, a meno che
non ascoltiamo persone che non hanno
deluso la nostra fiducia, o di cui abbiamo imparato a fidarci.
Questo sui piano dei rapporti
umani; è possibile un discorso diverso per ciò che riguarda il discorso
I stilla/ede, il parlare e il sentire parlare
fi Dio? Siamo davvero di fronte a
un’«opinione personale» di Paolo o di
fonte a un aspetto, e un aspetto non
secondario, del suo messaggio etico e
dottrinale? Quando Paolo afferma che
la fede viene dalTascolto, e che l’ascolto
si ha per mezzo della parola, afferma
che Dio ha scelto per comunicare se
stesso a noi quello strumento debole,
inflazionato, screditato, discutibile, debole, umanissimo che è la parola. La
parola di chi? La tua e la mia. La parola di uomini e di donne partecipi, come chiunque, delle ambiguità e della
precarietà della comunicazione, eppure chiamati non a pronunciare semplicemente una parola che meriti fiducia,
ma addirittura una parola che possa
provocare in chi ascolta la sensazione
che si tratti di una parola pronunciata
nel quadro di un rapporto con Dio che
si ritiene essenziale, esistenziale/ e di
cui si vuole, e non si può fare a meno di
rendere conto, affinché lo Spirito possa
far nascere alla fede chi ascolta.
Occorre aggiungere che ci si attende da noi una parola veritiera?
Una parola nella quale sia percepibile,
riconoscibile la parola di Gesù? Una
parola che va detta (senza di che non è
possibile l’ascolto), ma anche una parola che deve «abitare» stabilmente in
noi, cioè deve prendere dimora nella
profondità del nostro essere e orientare
scelte e decisioni, consensi e dissensi,
partecipazioni e astensioni. In breve;
una parola che ci dia a conoscere non
per i suoni a cui diamo fiato, ma per
ciò che facciamo. Per ciò che siamo,
¡’lon per nulla Paolo precisa che l’udire
si ha per mezzo della parola «di Cristo»; di quel Cristo che parlava con autorevolezza perché nel suo parlare si
percepiva una consistenza non paragonabile a quella della parola professionalmente religiosa e pia dei maestri
del suo tempo (Marco 1, 22). Chi ci
darà una parola siffatta se non Dio
stesso? Si può parafrasare così una belpreghiera liturgica in uso nella
Chiesa riformata di Francia: Signore,
fai tacere ogni parola che non sia la
tua. E affinché troviamo salvezza nella
tua parola, essa sia non solo udita ma
anche ricevuta, non solo ricevuta ma
anche amata, non solo amata ma anche vissuta. Apri con il tuo Santo Spirito il nostro spirito. Apri il nostro cuore
alla tua verità.
Salvatore Ricciardi
SKT I IMANAI.K DKI.M: CIIIKSK r.VANCKLICHK BATTIS l K, MKTODlSTi:, VAI.DKSl
Viaggio in un paese ampiamente distrutto e profondamente ferito nella propria indentità
Kosovo^ il dramma di due popoli in lotta
Anni di violenze e poi la guerra hanno distrutto una convivenza antica, anche se spesso difficile
così oggi i serbi e gli albanesi non vogliono più vivere insieme né vogliono lasciare la loro terra
GIANNA URIZIO
UN lento viaggio per arrivare a
Pristina, la capitale del Kosovo. Sono i voli del World Food Programmo da Roma, per giornalisti e
operatori delle agenzie di aiuto. La
città ci accoglie alla stazione degli
autobus, caotica e povera come
molte altre città dei Balcani. Nel
viaggio dall’aeroporto alla città ricerco ansiosamente i segni delle
distruzioni: a parte alcuni affossamenti sul terreno causati da bombardamenti, qua e là solo alcune
case risultano danneggiate. Poco
danneggiata mi appare anche la
periferia di Pristina, con i suoi casermoni intatti disseminati di paraboliche, che attraverso con un taxi
diretta a Vitina, un paese vicino al
confine con la Macedonia.
Prima di arrivare a Binqa, dove
c’è un enclave cattolico kosovaro (lì
vicino è nata Madre Teresa) incrociamo qualche casa bruciata, con i
tetti parzialmente o completamente distrutti. «Serbi!», mi dice lapidariamente il tassista. Con un piccolo
vocabolarietto italiano-albanese
cerco di fare conversazione. Anche
il taxista era scappato, in Macedonia, è tornato il 18 giugno, ha moglie e due figli, 5 e 7 anni. «Serbi
malo» mi dice, «ora Kosovo lire»,
Kosovo libero, mi dice. Sembra
contento. Ma non riusciamo ad andare molto oltre nella conversazione. Per un giorno vedo distruzioni,
danni, check point delle truppe della K-For; cerco di individuare chi è
albanese e chi serbo, ma tutto sommato il paese sembra tranquillo,
teso ma tranquillo.
Un paese distrutto
Era, come al solito, la prima impressione sbagliata. Il Kosovo è ampiamente distrutto anche se a pelle
di leopardo. Accanto a paesi quasi
intatti (non solo quelli abitati dai
serbi) ci sono paesi distrutti, alcuni
rasi al suolo. I campi si presentano
quasi tutti incolti, le vigne abbandonate a se stesse. Molte le scuole
bruciate, le moschee bombardate.
Le città più antiche, più vicine al
confine con l’Albania, come Jacovica o Peq hanno i centri storici, con
le belle case antiche, praticamente
rasi al suolo: centri che erano sopravvissuti alla seconda guerra
mondiale e ora sono andati distrutti. Le distruzioni non sono provocate dai bombardamenti aerei ma da
atti da terra (cannoni, fuoco, bulldozer); Pristina, porta i segni dei
bombardamenti aerei (caserme
della milizia, poste e alcuni depositi
di petrolio alla periferia). Molti edifici sono ancora senza vetri, causa
gli scoppi, ma la città, soprattutto
gli alti edifici delle periferie moderne non presentano molti danni; in
molte parti della città l’erogazione
dell’acqua e della luce è ancora saltuaria. Mitrovica, il maggior centro
industriale della regione, vicina alle
miniere, ha l’antico centro storico
praticamente raso al suolo. Era la
parte di città a grande maggioranza
albanese. Le città in genere sono
nuovamente affollate. Molte attività
di ricostruzione, almeno dei tetti, le
città brulicano di gente.
Nell’aria si sente come un’euforia: abbiamo vinto. Su un muro, nel
viale centrale di Pristina c’è un
enorme graffito: Thank you Nato.
Tutti si danno da fare, questo popolo di trattori corre contro il tem
Un bambino albanese del Kosovo saluta l’arrivo della K-For
po per sopravvivere nel prossimo
inverno rigido, per trovare un lavoro o una fonte di reddito che gli
consenta di comperare da mangiare. I campi incolti parlano di bisogni di farina, fagioli, cibo per l’inverno, non solo nelle città, ma nelle campagne: un’economia che si
riorganizza senza un retroterra ma
con molti soldi che stanno circolando (forse mai come ora) in un
presente euforico sospeso però
verso un futuro incerto.
Negli incontri con vari esponenti
della società civile ho percepito
contemporaneamente riconoscenza e preoccupazione per l’occupazione del K-For, anche se ritenuta
per ora necessaria. Temono un’altra
dipendenza. Il futuro prossimo deve essere l’indipendenza; il futuro
lontano una grande Albania. I serbi
fuori. Piano piano risulta evidente
che qui, già prima dei bombardamenti Nato c’è stata una guerra. Le
distruzioni che ho visto non sono
state realizzate solo nei due mesi e
mezzo di bombardamento ma sono
il risultato di un anno e mezzo abbondante di guerra.
Sui monti con l'Uck
Ho incontrato il direttore della
nuova radio civile dell’Uck, Radio
Kosova Lire, Ahmet Qeriqi, un anziano insegnante che si è fatto otto
anni di carcere, dal 1981 al 1989. È
un uomo dalla faccia buona e chiusa, di poche parole. Un uomo che
ha scelto, un uomo che ha un nemico e un popolo. Con tutta la sua
famiglia ha passato gli ultimi due
anni sui monti con l’Uck a trasmettere programmi radio chiuso in un
bunker. Mi mostra sulla mia mappa la zona che era controllata
dall’Uck prima dei bombardamenti. I suoi margini coincidono con la
zona più distrutta del Kosovo.
Forse in futuro saremo tutti d’accordo nel dire che qui non si è trattato di pulizia etnica ma di una vera e propria guerra: etnica se vogliamo, ma guerra. Da un lato l’Uck
e dall’altro l’esercito serbo, con le
milizie e le forze di polizia che si
sono mosse con una brutalità senza paragoni, distruggendo villaggi,
famiglie, donne e bambini nel tentativo di fare terra bruciata all’Uck.
In questa guerra dai contorni etnici, violenta, con una immane sproporzione di forze, sta la tragedia
del Kosovo. Solo così si spiega il
precedente numero di profughi interni. C’è chi parla di più di 200.000
persone, anche se a me sembrano
tanti, che minacciate dalle milizie
serbe fuggivano dai villaggi nei boschi con gli animali e poche cose.
In quelle zone non si poteva essere
neutrale, se albanese eri dell’Uck.
Chi ha il ricordo dei rastrellamenti
tedeschi nei villaggi di montagna o
di pianura durante la Resistenza
può comprendere quel che dico.
Solo così si spiega la violenza della
vendetta distruttrice che ha animato le forze serbe durante i bombardamenti in una drammatica corsa
contro il tempo.
Un'identità contro l'altra
Due popoli, due comunità in lotta. Una lotta che ha radici antiche
e sviluppi recenti, che cominciano
agli inizi degli anni 90, con una serie di leggi liberticide dell’identità
della comunità albanese, aeravate da licenziamenti, discriminazioni sociali ed economiche e vessazioni. E qui torniamo al dato culturale che anima e caratterizza l’implosione dei Balcani e si aggiunge
ai vari interessi economici e politici che destabilizzano la regione. Il
dato culturale è quello più difficilmente comprensibile dalla cultura
occidentale, necessariamente oggi
massificata e secolarizzata e quindi più facilmente multietnica e
multiculturale. Queste culture viceversa si sono sviluppate per anni
chiuse in una visione sociale che fa
coincidere fortemente l’identità etnica con quella familiare e comunitaria, presidi di difesa contro «l’altro» inteso come diverso, appartenente ad altre culture (e religioni) e
quindi tendenzialmente minaccioso o, peggio, oppressivo, se espressione della classe dominante. Nessuno quindi ha dimenticato la propria origine ma, anzi, ne ha fatto un
baluardo contro l’altro, contro il
dissolvimento di un sistema, contro
i nuovi centri di potere, che a loro
volta l’hanno utilizzata per affermare il proprio potere nel vuoto di un
nuovo covenant (patto) comune. La
società civile si è polverizzata in etnie nemiche e non complementari.
Oggi ci troviamo a cercare una
soluzione per il Kosovo, stretti tra
due gruppi che non vogliono più
vivere insieme e nel contempo non
vogliono lasciare la loro terra. Ma
questo problema riguarda anche il
Montenegro, la Macedonia e la
Serbia. Oggi dobbiamo sapere che
gli albanesi del Kosovo sono pronti
a ribellarsi alla K-For pur di raggiungere il loro obiettivo e che la
loro rabbia vendicatrice è pronta a
riversarsi sui serbi rimasti in Kosovo e sui Rom, senza nessuna distinzione tra gruppi di potere e popolo, tra innocenti e colpevoli. E gli
altri ugualmente. Dialogare con
questa cultura, vincerla politicamente e con nuovi modelli di convivenza che facilitino la costruzione di nuovi ponti di dialogo culturale è la sfida che l’Europa ha davanti. E non da ora.
(continua nel prossimo numero)
MEDITAZIONE
Il sale della terra
di GIUSEPPE PLATONE
A PAGANA
SOCIETÀ
Gesù manager?
di GIOVANNI ARCIDIACONO .
A PAGINA J
CHIESE
Il prossimo Sinodo
a cura di EUGENIO BERNARDINI
.PENTECOSTALI^^
Documento sul dialogo
a cura di SALVATORE fflCaARDt
SCUOLA
Berlinguer e lire
di MARCO ROSTAN
2
í
PAG. 2 RIFORMA
At.,i,’As
Della
VENERDÌ 20 AGOSTO
T TOI siete il sale della ter>> V ra» è il motto del Kirchentag che si svolge a partire
da oggi sino a domenica qui a
Stoccarda, la città della Mercedes, del miracolo economico, la città degli operai metalmeccanici tedeschi, turchi,
italiani, jugoslavi..., che qui
hanno prodotto un immensa
ricchezza. Se parliamo di sale
mi viene in mente ciò che avviene nei paesi poveri del
mondo. Se si rimane senza sale, lo si va a cercare dai vicini,
un po’ da parte di tutti e il
problema in poco tempo è risolto. Il sale diventa qui l’espressione forte di solidarietà.
Dall’altra penso ai paesi del
grande freddo dove in ogni casa c'è sempre una buona dose
di sale di scorta da spargere
per contrastare la pericolosità
del ghiaccio. E qui il sale
esprime sicurezza. Prova tu a
mettere il sale in una determinata situazione e vedi cosa
succede. Dove regna la povertà diventa un elemento
prezioso. Dove regna lo spreco, il sale è un elemento utilizzato in quantità industriali.
Un'immagine forte
Nel contesto biblico in cui
questa affermazione fu
pronunciata evocava due
realtà. La prima di tipo religioso poiché il sale era elemento del rito: cospargendo
la vittima di sale si conservava
ciò era deperibile, anticipando simbolicamente l’eternità.
Ma questo primo significato
probabilmente all’epoca di
Gesù era già oscurato dall’appello alla fede: tu devi dissolverti, scomparire come il sale
che dà gusto alla vita solo
quando si scioglie. Ma la forza
dell’affermazione di Gesù sul
sale è anche nel suo contrario:
«...se il sale diventa insipido,
con che lo si salerà?». 11 sale
raccolto nel Mar Morto, frammisto com’è a varie sostanze
alcaline, può realmente perdere il sapore originario. Esiste realmente un sale insapore. Polvere bianca che assaggiandola sa di gesso. Effettivamente il sale, neH’esperienza
quotidiana ai tempi di Gesù,
poteva essere insipido, insulso. Certo c’è sale e sale. Il sale
purificato dalle scorie non diventa insapore, mantiene nel
tempo le sue caratteristiche.
Ma il sale non basta. Chi sa far
da mangiare sa benissimo che
per dare un gusto vario e gradevole ai cibi, il sale da solo
non è sufficiente. Ci vogliono
altre spezie, altri aromi, gusti.
Non solo, ma troppo sale può
anche far male.
Che cosa significa per noi
quest’immagine, che è nel
cuore del Sermone sul monte
di Gesù e con la quale vengono caratterizzati i discepoli? È
un po’ il ritratto della nostra
società cristianizzata dall’alto, chiese dappertutto, crocifissi, simboli, presenza imponente nei media, nella scuola,
nello stato. Ciò che doveva
dare gusto come elemento
prezioso, da scoprire, da valorizzare si è trasformato in
qualcosa di banale, spesso
commerciale, presente in ogni minestra. Certo noi credenti dobbiamo dare gusto
alla vita e riflettere la luce
evangelica ma senza illuderci
di prendere il posto del Maestro. Per non essere insulsi e
spenti è necessario tornare
montagna, di continua^
salire verso l’alto senza ved,'
re la vetta perché è così 1
che è ancora avvolta dai
nebbia ma ogni passo vei
la vetta è un’ulteriore col
quista. La nostra fatica non
inutile. Saremo credibili
gente, «vedendo le nostj.
buone opere, glorificherà'
Padre nostro che è nei cief
(Matteo 5,16).
Basta poco
Essere saie significai
!
I somma dedicarsi con t,
to noi stessi alla causa dell)
vangelo nella nostra societj
Non solo a parole ma conj
teggiamenti e azioni concreti
Ognuno trovi nel contestoi
«VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA...»
Che cosa significa per noi questa immagine che è nel cuore del Sermone
sul Monte di Gesù e con la quale vengono caratterizzati i discepoli^'
GIUSEPPE PLATONE
sempre di nuovo alla sorgente biblica che riesce a dare un
senso e una giusta direzione
alla nostra testimonianza.
Questa nostra insulsaggine,
questa insipidezza, l’abbiamo
direttamente sperimentata
durante la recente guerra
contro la Serbia di Milosevic.
Eravamo, come cristiani, impotenti, incapaci a costruire
la pace pur essendo una guerra tra battezzati. È stato il
massimo del nostro insapore.
A cosa serve essere cristiani
se non si è capaci di trasmettere il gusto della pace? Abbiamo toccato il fondo, duemila anni d’esperienza non
sono serviti a nulla. Se il Sermone sul mùnte non diventa
azione è solo un «bla bla» filosofico religioso.
I valdesi
ORA se leggo questa affermazione di Gesù alla luce della storia del popolo valdese, la cui origine risale al
dodicesimo secolo, a Lione,
nel Sud della Francia, penso a
una manciata di sale sparsa
in Europa. Dal Nord al Sud,
dall’Austria sino al Sud d’Italia, una diaspora tenuta insieme da predicatori itineranti
chiamati in occitano «barba»
(perché uno solo è il padre, il
barba è semplicemente lo
zio, il parente prossimo nella
fede...) che rischiano quotidianamente la vita per tenere
viva una rete europea di dissidenti. Nel 1532 questa societas valdesiana, considerata
eretica e condannata energi
«'^Voi siete il sale della terra; ma, se il sale
diventa insipido, con che lo si salerà?
Non è più buono a nulla se non a essere
gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo. Una città
posta sopra un monte non può rimanere
nascosta, non si accende una lampada
per metterla sotto un recipiente;
anzi la si mette sul candeliere ed essa
fa luce a tutti quelli che sono in casa.
''^Così risplenda la vostra luce davanti
agli uomini, affinché vedano le vostre
buone opere e glorifichino il Padre
vostro che è nei cieli»
(Matteo 5,13-16)
camente dal papa (l’inquisitore medioevale Walter Map
li caratterizzò dicendo di loro: «Nudi seguono un Cristo
nudo») accetta di entrare nel
grande movimento della Riforma protestante.
Ma anche qui i valdesi, pur
diventando riformati, restano
per così dire valdesi, con la
ìoro salinità. E questa salinità
diventerà ancora più forte nel
momento delle grandi stragi,
dell’esilio della fine del Seicento dalle valli valdesi in
Svizzera e poi il ritorno nelle
Valli, tre anni dopo l’esilio, in
una vera e propria spedizione
militare. Qui in Germania, in
questi mesi estivi, specie nel
Baden-Württemberg, avete
ricostruito minuziosamente
la storia di questi trecento
anni di presenza valdese.
Una storia tragica che ci ricorda come fu necessario,
per non piegare le ginocchia
al papa, fuggire dal proprio
paese per mantenere viva la
propria salinità.
Altra storia è invece quella
della «Glorieuse rentrée» ovvero quando quel piccolo pugno di sale riuscirà incredibilmente a rientrare «manu militari» nelle proprie vallate alpine e ci resterà ghettizzato
sino al 1848, giorno in cui con
un decreto regio fu concesso
un minimo di libertà ai valdesi e agli ebrei. Inizia così per i
valdesi un nuova epoca, finalmente fuori dal ghetto alpino!
Nascono così, in pochi anni,
piccole comunità in molte
città italiane: venti persone,
cinquanta, cento, duecento,
cinquecento. Sono sempre,
da allora, piccoli numeri. Sono oggi l’espressione italiana
del protestantesimo storico
europeo. Piccole comunità
dissidenti, diverse dalla massa cattolica, ieri spesso osteggiate. Oggi spesso oscurate
dai media. Questa salinità
emerge, ogni tanto. È stato
così anche in questo secolo.
Per esempio durante il fascismo. Allo stesso Mussolini e
ai maggiori dirigenti fascisti
non piacevano i valdesi soprattutto per due motivi: per
il fatto che nelle loro vallate
alpine parlassero in francese
e che facessero troppe assemblee. La democrazia nella
chiesa e la dittatura fascista
sostanzialmente non hanno
mai legato o comunque insieme non sono mai riusciti a
costruire nulla. Mi sembra significativo il fatto che nella
Chiesa valdese, e nel popolo
evangelico italiano, molti
(certo non tutti) fossero antifascisti e alcuni pastori e credenti abbiano preso parte attivamente alla Resistenza al
nazifascismo.
Oggi, a più di cinquant’anni
dalla fine della seconda guerra mondiale, i nostri numeri
di popolo valdese e metodista
in Italia restano, come sempre, piccoli. Cento pastori, di
cui il 20% donne, per centocinquanta comunità. Viviamo
la condizione del sale, però
non sempre riusciamo a dare
sapore. Questa è la nostra
maggiore frustrazione. Non
sempre riusciamo a dare quel
gusto, quel sapore del regno
di Dio in cui crediamo. Per
questo come minoranza abbiamo bisogno di mantenere
collegamenti, ponti, solidarietà con tutto il protestantesimo europeo.
Una sfida radicale
N ON è facile perché la sfi
da che Cristo lancia è radicale, assoluta, profonda, a
volte sconvolgente rispetto ai
nostri piani.. E una fede che
non cerca una coerenza, una
credibilità rispetto al Cristo,
non vale la pena di essere
vissuta. Infine io credo che il
nostro essere evangelici deve
sempre collegarsi ad un esigenza profonda di giustizia.
Noi siamo il 20% dell’umanità e consumiamo l’80%
delle risorse.
Credo che dovremmo promuovere sempre di più programmi di rinascita dei paesi
poveri del mondo, credo che
dovremmo abbassare ulteriormente il nostro livello di
vita perché altri comincino a
crescere. Anche questo non è
facile. Ma chi pensa che essere cristiani sia una semplice passeggiata ha sbagliato.
Qui si tratta di scalare una
cui vive la propria salinità,!
poi faccia protestanticamei
il proprio bilancio: essem
molto esigenti con se stessi!
tollerante con gli altri. Noi
stiamo ora qui a redarre uni
nettario con tutte le risposi
ai vari problemi (per quesi
aspetto rinviamo al confront
con la propria coscienza]
L’importante è dare saporei
ciò che ci circonda attraveij
la nostra scelta cristiana diii
ta. Non c’è bisogno di azioi
spettacolari, a volte basta*
piccolo gesto, un’azione se*
plice ma coraggiosa. Chi èli
dele nelle piccole cose lo sai
anche nelle grandi (Matta
25, 21). L’Evangelo ci preset
ta spesso piccoli numeri, gei
te semplice come noi. Geni
che ha tenuto duro davani
all’arroganza, che non si èfàt
ta comprare dai padroni tì
proprio tempo perché il cri
stiano risponde, ieri come oggi, a un solo padrone. E solói
lui risponde della propria viti
e delle proprie scelte. Questi
nostro padrone è venuto tra
noi come un diacono, un servo. E ci insegna a servire il nostro prossimo per scopriiei
senso dell’esistenza.
Ci sia dato di essere salel
dove viviamo. Ne basta poti
per dare il gusto del regno i
Dio. Basta un pizzico di sp
rànza, un po’ di coloreiii
grigiore della vita, un po’!
luce nel buio in cui spesso»
viamo. Non tanto, non ttop
po: un poco, ogni giorno ni
pizzico di sale evangelico pe
dare gusto a questa nostiai
ripetibile vita che Dio cih
donato. Piccolo popolo cii
stiano, sii il sale di questa»
stra società. Lo so che picco!
è ancora troppo poco.M'
Limportante è essere grani
di fronte a Dio.
Sermone predicato dalp
store Giuseppe Platone in ®
castone dell’apertura del ®
dientag di Stoccarda pr®*
la FriedensKirche merco»
16 giugno 1999.
Essere sale in Italia
Essere saie in Italia, nella
1
I terra della religiosità talismanica e miracolistica, dei
santuari e dei santi protettori,
significa per noi almeno tre
cose: innanzitutto essere una
chiesa povera. Non una chiesa
misera, sciattona, ma povera
economicamente e ricca biblicamente. Anche per questo
non possiamo accettare il denaro dello stato per pagare
l’espressione concreta della
fede ma la chiesa la pagano
solo i fedeli. E siccome la fedeltà dei membri di chiesa è
quella che è, la nostra chiesa è
sempre stata povera.
Non prevedo, nell’immediato, grossi miglioramenti. Il
che non necessariamente significa che una chiesa economicamente ricca lo sia anche
sotto il profilo della fede. La
seconda cosa da fare per
mantenere viva la nostra salinità è di cercare, ogni giorno,
la coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo. Dobbiamo impegnarci anche nella nostra vita privata, anche
nelle cose piccole di essere
«in linea» con il messaggio
dell’Evangelo.
La saliera
I discepoli di Gesù,
sono come il sale.
II sale è salato,
ha un gusto speciale,
lo si mescola alla minestra,
le dà sapore.
Esiste forse
un sale con il sapore dell’acqua,
che si potrebbe mescolare alla minestra
senza che si senta?
Questo non servirebbe a nulla!
Un sale così va bene, soltanto,
per la pattumiera!
I discepoli di Gesù,
noi, i cristiani,
siamo come il sale della terra,
è Gesù che lo dice.
Non dobbiamo avere paura di essere diversi
a causa di Gesù,
non dobbiamo avere paura di essere mescolati
agli altri.
Non si mette la saliera chiusa
nella minestra!
Forse i cristiani chiusi
nelle loro quattro mura
sono come una saliera...
Ebbene, bisogna aprire la saliera!
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Alcuni bambini di Clamad
(tratto da Quando è giorno? àeM Cevaa, 1994)
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PAG. 3 RIFORMA
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mercold
hr È l'ipotesi sviluppata da un americano in un libro tradotto da Mondadori
Gesù come esempio di manager moderno?
£ vero che devoluzione dell'economia mondiale sta cambiando anche la cultura
manageriale a livello aziendale ma non per questo si può deformare il dato biblico
OIOVANNI ARCIDIACONO
La fine di questo secolo, da
una parte sembra volere
confermare prepotentemente
e violentemente la profezia di
Gesù: «I poveri li avrete sempre con voi» (la globalizzazione dei mercati, localizzando
la ricchezza, presenta il conto
alla povertà... globalizzandola), dall’altra, in un processo
di inculturazione egemonica,
propone il principio di autoreferenza economica quale
sintesi paradigmatica per la
scelta degli indicatori dello
sviluppo umano.
Anche la dimensione soggettiva della microeconomia
globale soggiace a questa sintesi. L’economia aziendale,
orientata alla ricerca del prestigio aziendale quale finalità
ultima, propone una visione
strategica dell’impresa che,
fondata sul controllo della
qualità totaie, della flessibilità delle risorse umane e dell’amministrazione, punta alla
creazione di valore aziendale
attraverso Vinformation technology, subordinando il volume dell’occupazione aziendale ai risultati strategici intermedi e di lungo periodo.
Quello dell’incremento dei
disoccupati e della povertà
non è ancora una preoccupazione diffusa e condivisa dalle aziende, in particolare di
quelle italiane, anche se analisi economico-aziendali avanzate dimostrano come innovazione tecnologica e occupazione siano un binomio
inscindibile per favorire il
conseguimento delle finalità
strategiche fondamentali per
l’azienda.
Accanto a questi problemi
strutturali, c’è anche molto
spazio per preoccupazioni disciplinari: oggi si discute molto animosamente sulla presunta legittimità scientifica
della branca dell’economia
aziendale denominata «management», cercandone di
delimitare il campo nell’anallsi dei comportamenti
economico-aziendali. Uno
degli ambiti manageriali di rilevante importanza è quello
delle «risorse umane» le cui
variabili organizzative non
possono prescindere dall’ambiente culturale in cui opera
l’azienda. La cultura, intesa
come programmazione mentale collettiva di persone in
un ambiente, è data da un insieme di valori, ideologie, credenze, modi di pensare, condivisi 0 prevalenti in un certo
ambiente. Spesso si cristallizza nelle istituzioni, nelle leggi, nelle strutture familiari e
in quelle educative e religiose
e nelle stesse teorie scientifiche. In particolare, studi di
economia aziendale hanno
definito la cultura in funzione
di quattro dimensioni:
la disianza dal potere,
cioè la misura in cui una società accetta che il potere
nelle istituzioni e nelle organizzazioni sia distribuito in
modo disegnale;
-l'avversione all’incertezza,
cioè la misura in cui una società si sente minacciata da
situazioni incerte e ambigue
all'opposto, accetta il rischio;
7 l'individualismo, ossia la
misura in cui una struttura
sociale è allentata o prevale il
senso dell’appartenenza al
gruppo;
~ la mascolinità, cioè la
contrapposizione dei due poli maschio-femmina, ossia la
misura in cui i valori domi
nanti sono il successo, l’efficienza, il denaro e le cose materiali o, all’opposto, la preoccupazione per gli altri, la qualità della vita, l’uguaglianza.
Secondo un’indagine risalente agli Anni 80, la cultura degli Stati Uniti è caratterizzata
da un indicatore molto basso
per la distanza del potere, ma
da indicatori altissimi per
l’individualismo e per la mascolinità; basso l’indicatore
per l’avversione all’incertezza. In Italia, viceversa, tutti gli
indicatori sono alti e quello
della distanza del potere risulta abbastanza alto.
La fedeltà a vita
del lavoratore
Nella gerarchia dei bisogni
umani, quello di stima e di
autorealizzazione sono rispettivamente espressione dell’esigenza di definire la propria identità rispetto all’ambiente e di voler essere ciò
che si può essere in base alle
proprie capacità e alla propria
vocazione. L’orientamento
economico-tecnico del Management Sciences, nel tentativo di rendere razionale l’amministrazione dell’impresa,
utilizza non solo la motivazione alla stima e all’autorealizzazione del lavoratore, ma soprattutto la sua fedeltà, cioè la
sua identificazione nell’organizzazione di cui fa parte e
nei suoi obiettivi.
Se in Italia gli amministratori delegati più attenti sono
impegnati a colmare il gap rispetto agli Stati Uniti sul grado di benessere dei dipendenti e sulla loro crescita professionale (a tal punto che in
qualche azienda il dipendente, dando il voto all’azienda,
fa dipendere il 30% del salario variabile del top management], negli Stati Uniti vi sono già aziende, come la Harley-Davindson, che hanno
adottato la tipologia dell’impiego a vita sulla base della fedeltà del dipendente, riducendo, in alcuni casi aziendali, perfino le occasioni in cui il
dipendente possa assentarsi.
Più legato all’effimero che
alla scentificità dei risultati,
l’album di famiglia di eccezionali individualità imprenditoriali che non fa mistero
delle sue vere intenzioni: rivisse più o meno «mondane»
con sezioni economiche specializzate sono piene di statistiche, di sondaggi, di opinioni per stabilire chi fra gli imprenditori più di successo,
più ricchi, più potenti al
mondo, e non sono molti, sia
il più grande «manager» della
storia economica.
Gesù, la chiesa
e il management
Deve essere stato questo
clima di ipermanagerialità a
ispirare a Bob Briner (presidente della ProServTelevision, azienda leader negli Usa
e nel mondo per la produzione e distribuzione di prodotti
sportivi) la pubblicazione del
suo scritto «Gesù come manager». Molto significativamente il sottotitolo del libro è
«Gli insegnamenti di Gesù
per il business di oggi», edito
in Italia da Mondadori.
La presentazione di copertina e l’introduzione recitano: «L’organizzazione fondata da Gesù è la migliore che ci
sia mai stata. Vogliamo considerare la longevità? Duemila anni. La ricchezza? Al di là
di ogni misura. I numeri? Oltre ogni possibile conteggio.
La devozione dei seguaci?
Molti hanno dato la vita per
l'organizzazione. La diffusione? In tutto il mondo, in ogni
paese. La diversificazione? Si
è integrata con successo in
qualsiasi tipo di contesto».
Il libro, dedicato fra l’altro
«a un uomo d’affari cresciuto
alla scuola di Gesù», presenta
130 insegnamenti ispirati
dalla vita e dagli insegnamenti di Gesù che, sostiene
l’autore, «a prescindere da
qualsivoglia contesto mistico
o spirituale, sono una fonte
inesauribile di saggezza per
quanto riguarda il mondo degli affari». In questa sede mi
limiterò solo ad alcune osservazioni allo scopo di contribuire solo in parte ai dibattito che si è aperto su Riforma
a proposito della concezione
del lavoro e la vocazione del
credente.
Costruire un progetto
Sulla base di Isaia 50, 7
(«perciò ho reso la mia faccia
dura come la pietra e so che
non sarò deluso») l’autore individua la determinazione di
Gesù a portare a termine il
suo progetto che rispettò
sempre, fino a Gerusalemme,
fino alla morte. Questa sarebbe la ragione fondamentale
del suo successo. Da qui l’insegnamento fondamentale
per il management, avere un
progetto, rispettarlo e realizzarlo con determinazione.
Domande: è lecito individuare nel testo di Isaia sul
servo sofferente il carattere
determinato di Gesù e, per
questa via, quello dei manager? Nel libro di Isaia il servo
è sicuro che Dio sta dalla sua
parte ed è la certezza della fedeltà di Dio che lo rende sicuro anche nella sofferenza.
Il manager del 2000 è sicuro
di avere Dio dalla sua parte?
Il progetto di Dio per l’uomo
è il regno di Dio; per questo
preghiamo «...venga il tuo
_Regno». Può il progetto di
Tina qualsiasi azienda essere
paragonato, sia pure in senso
figurativo e strumentale, a
quello di Dio, posto che le finalità dichiarate delle aziende (profitto, potere, prestigio)
non hanno nulla a che vedere
con quelle di Dio? E soprattutto, accettando di utilizzare
il progetto di Dio per fini
aziendalistici, non certo come orizzonte aziendale, non
si attua una strategia simile a
quella aggressiva che di solito
si applica nei confronti della
concorrenza per far fronte ai
cosiddetti punti di debolezza
nella formazione della catena
di valore aziendale?
Scegliete i vostri
collaboratori
Scrive Briner; «Uno dei più
grandi errori dei Consigli di
amministrazione e delle altre
società di ricerca del personale è selezionare un manager e poi accollargli uno staff
non di sua scelta. Non si mette in discussione la qualità
dello staff, ma se il manager
non ha scelto i suoi collaboratori, e se loro non hanno
scelto lui, le probabilità di
fallimento sono enormi». Aggiunge: «Se state considerando di accettare una posizione
manageriale, una delle vostre
richieste preliminari dovrebbe essere il diritto di scegliere i vostri collaboratori [...]. L’
ultima cosa di cui avete bisogno è uno staff di “avanzi”,
alcuni dei quali, senza dubbio, penseranno che il vostro
posto avrebbe dovuto essere
dato a loro [...]. Gesù scelse i
sui discepoli e lo fece con attenzione. È vero che uno dei
dodici lo tradì, ma vorrei essere riuscito io a scegliere i
giusti collaboratori undici
volte su dodici. Sarei stato
molto più ricco e avrei avuto
molto più successo di quanto
non ne abbia».
A proposito del discepolato
Bonhoeffer, a commento della chiamata di Levi, il pubblicano, (Marco 2, 14) scrive;
«Questo incontro attesta l’autorità di Gesù incondizionata, immediata e ingiustificabile. Nulla precede questo incontro e nulla segue se non
l’obbedienza del chiamato
[...]. Gesù invita a seguirlo,
non come maestro né come
esempio, ma perché è il Cristo, il Figlio di Dio. |...] Il discepolo viene gettato dalla sicurezza relativa della vita al
m mm0dnrice
Claudiana
via Principe Tomaso, 1 - Torino
011 -6689804 - fax 011 -6504394
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IN»
Dietrich Bonhoeffer
l’assoluta mancanza di sicurezza, [...] cioè appunto la
rottura con ogni piano programmato, ogni aspirazione
idealistica, ogni legalismo.
Vocazione a seguire Gesù è
[...] opera della grazia di colui
che chiama».
I chiamati da Gesù non sono scelti sulla base di prerequisiti e nessuno di loro può
considerare «avanzi» chi, come loro, è stato chiamato per
vivere, nell’obbedienza, qui e
ora, il futuro di Dio. A mio
giudizio, risulta improponibile la similitudine operata
da Briner; la «fedeltà» del manager si fonda sul rapporto
tra prestazione e compenso
monetario. La sua fedeltà aumenta con l’aumentare del
suo compenso e del suo potere, e con l’aumentare del
salario aumentano il tempo e
le spinte motivazionali dedicati dal manager all’azienda e
al suo progetto. Questa scelta
nulla ha a che fare con la
chiamata a seguire Gesù che
inserisce il discepolo nella dimensione dell’amore del
prossimo Come ci ricorda
sempre Bonhoeffer, «il prossimo non è una qualificazione dell’altro ma è il diritto
che l’altro fa valere su di me».
Per coprire una posizione
chiave passate sopra
a tutti gli ostacoli
«Uno dei più grossi errori
commessi dalla nostra azienda è stato quello di non impegnarsi a fondo quando si
trattava di ottenere un importante elemento per un
posto chiave. Se avessimo
fatto affidamento su Gesù e
seguito il suo esempio, non ci
saremmo comportati così.
Sebbene potesse contare su
dodici grandi uomini (Mattia
aveva sostituito Giuda) Gesù
capì che era necessario aggiungere alla sua organizzazione una persona di più alto
livello». Dopo aver considerato la conversione di Paolo
un «reclutamento aggressivo», Briner, abbandonandosi
a considerazioni veramente
azzardate, aggiunge; «Penso
che il coinvolgimento di Paolo nella causa di Gesù sia stato una delle più brillanti e
riuscite assunzioni negli annali della storia delle organizzazioni. [...] Paolo è stato
l’uomo chiave per eccellenza
[...]. Gesù ha insegnato che
nella nostra ricerca delle persone migliori, non dobbiamo
trascurare di considerare i
nostri concorrenti».
La scelta dell’elemento
chiave è uno dei problemi
aziendali più delicati e complessi perché occorre preliminarmente risolvere diverse
opzioni, tra loro alternative e
tutte egualmente possibili,
ma ciascuna con un margine
di rischio potenzialmente indeterminabile e ciascuna con
un’alta probabilità di succes
so. La qualità personale è certamente il requisito fondamentale per ottenere risultati
di qualità e le modalità con la
quale si misurano i livelli delle
prestazioni attuali e di quelle
ideali sono tutte orientate ad
individuare nei soggetti-chiave la loro propensione al miglioramento continuo. Tuttavia non si può trascurare, e
ciò riguarda la strategia aziendale, lo stile manageriale-, non
è la stessa cosa se il manager
si ritiene un’autorità o un
consulente, se ama la gerarchia del comando o se interagisce con chiunque, se si rifà a
modelli preesistenti di management o se è portato ad attivare profondi cambiamenti,
se prende decisioni senza interpellare nessuno o se le
prende dopo aver consultato i
collaboratori, se gestisce le
informazioni come strqmento
accentratore di potere o se distribuisce informazioni.
Lo stile manageriale combinato alla propensione al
miglioramento continuo può
essere causa di gravi errori,
determinanti nella formazione della Qualità totale. Anzi è
proprio in vista di quest’ultima che il manager assume la
funzione direttrice per adeguare il proprio stile e la propria propensione al miglioramento. In quest’ottica c’è addirittura chi ha definito la
Qualità totale «come un fuoco che deve ardere perennemente». Non solo, ma l’uomo
in azienda non è più considerato una risorsa assimilabile
a quelle finanziarie (e ciò è
già di per sé quanto meno discutibile), ma per la Qualità
totale l’uomo è azienda: «Prima di produrre i prodotti,
dobbiamo creare gli uomini»
è il motto di questa nuova
teoria che propone una vera
e propria rivoluzione culturale in azienda.
Alcune domande
conclusive
Come non intravedere in
queste teorie una preoccupante pretesa invasiva? Se
i’uoino è azienda, che ne è
dell’azione creatrice di Dio
che crea l’uomo a sua «immagine»? Se il lavoro aziendale è ideologizzato con la
pretesa di inglobare tutta
l’umanità, che ne è di chi
azienda non è? Se la stessa
chiesa arriva a autodefinirsi
«azienda non profit», che ne è
della sua identità e della sua
missione? E, soprattutto, chi
la governa? In che misura
l’azione e l’organizzazione
del lavoro delle sue istituzioni
sono ispirate a teorie manageriali e scuole di pensiero
economico invasive? Con
quali conseguenze? E; infine,
il criterio dell’amore, quale
sintesi della giustizia umana,
di cui scrive Paolo ai Calati in
5, 13, quale spazio occupa
nella concezione aziendalistica dell’uomo e della chiesa?
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Il romanzo storico del gruppo informatico «Luther Blissett»
«Q» 0 la complessità della storia
Sullo sfondo di contrasti tra Riforma radicale e realismo politico-ecclesiastico
questo curioso libro provoca, interroga, stimola riflessioni certo poco abituali
ANTONIO DI GRADO
Thomas Müntzer risorge
on line, gli Anabattisti
scorrazzano sulle autostrade
telematiche. E chi l’avrebbe
mai previsto? Stiamo parlando di Q*, il romanzo-evento,
il libro-rivelazione che ha
sfiorato il premio Strega, e del
suo autore collettivo, Luther
Blissett, un nick all’insegna
del quale, nella rete e oltre, si
sono consumate imprevedibili trasgressioni telematiche
e fantasiose performances di
matrice anarchico-situazionista. Stupisce e intriga, intanto, il fatto che i quattro giovani bolognesi contrassegnati
da quel nome-spauracchio e
passepartout abbiano deciso
di misurarsi col Romanzo e
con la Storia. A destare curiosità e simpatia è, poi, la loro
irruzione sfrontata nel salotto
buono delle patrie lettere,
con questo bel brogliaccio
gonfio di umori eversivi ma
confezionato con tradizionalissima maestria, alla Riccardo Bacchelli o (che è quasi lo
stesso) alla Umberto Eco.
Ancor più stupefacente è,
però, che quei quattro coltissimi monelli eleggano a terreno del cimento la Riforma
protestante, e che su quella
scena muovano, con perizia
da studiosi consumati, personaggi del calibro di Melantone e Müntzer, di Anton Fugger e Paolo IV Carafa, ed eventi che vanno dal 1525 della rivolta contadina al 1534
della conquista anabattista di
Münster, e poi dall’indulgente e inquieta Olanda dei mercanti riformati all’Italia feroce e ambigua degli Anni 40
e 50, del Sant’Uffizio e del
Concilio tridentino, nonché
del cripto-evangelico Benefìcio di Cristo, libro nel libro
che assurge a protagonista
della terza e ultima sezione
del romanzo.
Il filo rosso, di sangue e di
sconfitte, che lega la narrazione è ordito da due figure antagonistiche: l’avventuriero
anabattista dai molti nomi
che corre, attraverso l’Europa,
ovunque un sogno estremo e
disperato di palingenesi arda
di speranza e di furore, e poi
si estingua nel disincanto; e la
spia di Carafa, il perfido Q
(come Qoelèt, l’Ecclesiaste),
altrettanto ubiquo e umbratile, che non solo orchestra la
repressione di quei conati ma
addirittura contribuisce a tramarli, li ispira e li manovra
per conto e a uso dell’occhiuto Inquisitore. È anzi questo
sinistro personaggio, è quest’uso reazionario della rivoluzione, a liberare la narrazione da quel tanto di apologetico e di enfaticamente manicheo, tra Bertinotti e Tex Willer, che aduggia qualche pagina e forse l’ideologia degii autori ma, fortunatamente, non
inquina il romanzo.
Gli autori, cioè, possono
pure detestare Lutero, ridotto
a turpe caricatura, a goffa
marionetta in mano ai principi tedeschi, e tifare per
Müntzer e per gli anabattisti,
obbedendo alla stessa vulgata paleomarxista che elevò
l’incolpevole Jan Hus agli altari dello stalinismo cecoslovacco. Ma la storia che da
quel groviglio di giudizi e
pregiudizi si dipana è invece,
come la grande storia delle
umane vicende, ambigua e
impura, complessa e contraddittoria, inestricabilmente impastata di purezza e ferocia, di candore e cinismo,
di fede e disincanto.
E lo stesso Gert dal Pozzo,
incontaminato campione
deH’ingenua fede dei santi
straccioni, finisce via via col
Riunione ciandestina di un gruppo di anabattisti su una barca
somigliare a uno smagato
mercenario, a un antieroe
della beffa e del raggiro, a un
avventuriero da western crepuscolare o da torbido noir,
non a caso precipitato, dalla
limpida icona del martirio di
Frankenhausen, nella raffinata ed equivoca Venezia, patria elettiva di incanti e di inganni, dell’incrocio e dell’intrico dei destini umani. E
non a caso, in quello che doveva essere la resa dei conti
tra il bene e il male e invece è
un finale di esemplare ambiguità, l’eroe positivo finisce
con lo specchiarsi nel proprio
antagonista, nel malefico Q,
riconoscendo nel nemico di
sempre e nel sicario della reazione pontificia un compagno di pena e un doppio speculare, una intercambiabile
pedina dello stesso grande
gioco tragico e beffardo. Si
farà presto a dire, da parte
d’un lettore scaltrito e magari
di fede evangelica, che la ricostruzione del grande scenario della Riforma offerta
dagli autori di Q è faziosa e
strumentale, in quanto azzera il significato e i moventi religiosi di quello straordinario
evento e viceversa ne esalta e
radicalizza certe sfocate risonanze libertarie.
Vero, così com’è vero che
l’occhio del fantomatico Blissett è rivolto piuttosto al presente, ai Lutero-D’Alema e,
di contro, alle patetiche eresie e alle rivoluzioni virtuali
dei nostri giorni, tra retroguardie neocomuniste da
museo degli anni di piombo
e irriverenti hacker giocosamente sguinzagliati nel Web.
Vero, ma è altrettanto vero
che da questo grumo di vicende e di umori, di storia e
di polemica, di documentazione e di gioco, vien fuori
un’accattivante prova di
scrittura romanzesca e affiora una piccola ma viva e fresca lezione, di caparbio impegno e di fresca coscienza,
un afflato che potremmo definire di realismo romantico
e di spes cantra spem.
E infine è assai probabile
che alla fede riformata, se
non altro sull’onda d’una curiosità storico-culturale o
d’un sacrosanto impulso esistenziale all’eresia, possano
avvicinare più e meglio queste pagine prive di fede che
la catacombale ortodossia di
certe chiese che di fede sono
fin troppo sazie.
(’) Luther Blissett: Q. Torino,
Einaudi, 1999, pp. 651, £ 26.000.
Immigrazione e società in una rivista universitaria
La Sicilia crocevia di genti e di culture
FRANCO CALVETTI
ALVATORE Nicosia, che è
I il curatore del volume*.
inizia con un asserzione unanimemente condivisibile:
«Siamo tutti testimoni di uno
straordinario processo di trasformazione sociale e culturale». È a partire da questa
constatazione che si dipana
la raccolta dei quattordici capitoli-contributi di studiosi
(sociologi, antropologi, giuristi e comunicatori) su temi di
grande attualità quali immigrazione, diseguaglianza e diversità, coabitazione, costru
zione di identità, scuola e famiglia, prima accoglienza.
Sono sempre più importanti le masse di cittadini del
Terzo e Quarto Mondo che
premono sul tessuto politicoeconomico e culturale del
Primo Mondo a prefigurare
uno scenario del tutto nuovo
in cui società multietniche
dovranno fare i conti con la
convivenza fra etnie, lingue,
religioni, culture altre.
Si avverte, nel corso della
lettura, che gli studiosi sono
per lo più siciliani: per questo
presentano il fenomeno dei
«nuovi barbari» come norma
La cattedrale di Catania
le, essendo la storia dell’umanità (e la Sicilia ne è un
esempio vivente) tutta fatta di
spostamenti, di migrazioni, di
scontri, di accoglienze, a volte
conflittuale a volte solidale.
Ma il mondo così perturbato
ne è sempre uscito e ne uscirà
ancora, sembrano dire i nostri
autori, dando vita a nuovi
equilibri, a nuove impostazioni del vivere civile. In un momento in cui si torna a parlare
di «pulizia etnica» si percepisce, nel corso dell’interessante lettura, che è semplicemente aberrante parlare di nazioni che fanno ricorso a parole
quali «razza pura», superiorità
di intelligenze, orgoglio nazionalistico.
I contributi, che si distinguono per il loro carattere
pratico ed esemplificativo, ci
danno la misura di ciò a cui
andiamo incontro: per giungere a una reale e equilibrata
integrazione fra popoli diversi occorre risolvere numerosi
e complessi problemi di natura religiosa, giuridica, pedagogica, psicologica e culturale. Un ottimo contributo
perché chi ha responsabilità
a livello politico o formativo
si attrezzi con strumenti ricchi di riflessione e di linee
operative per la convivenza
civile fra uomini e donne che
si affacciano alla soglia del
terzo millennio.
(*) Aa.Vv.: I «barbari» tra noi.
Problemi sociali e culturali
deH’immigrazione. «Studi e ricerche» n. 29 degli Annuali della
facoltà di Lettere e Filosofia
dell'Università di Palermo, Salvatore Sciascia ed.
Un «best seller» di valore
L'Editore
Il contributo ebraico
alla civiltà occidentale
SERGIO N. TURTULICI
SI può raccontare la Bibbia
ebraica e il popolo che
l’ha espressa (all’inizio una
piccola stravagante tribù di
vagabondi del deserto, il nome di ebrei era sinonimo di
«impolverati») che ci ha donato le parole migliori della
visione del mondo, della cultura dell’Occidente e che oggi, nel bene e nel male, tende
a diventare comune al mondo intero? Si possono raccontare la Bibbia e l’ebraismo
con il taglio di un romanzo
divertente (il libro che presentiamo è negli Usa un best
seller) e insieme con il rigore
di approccio, di ricerca delle
fonti e dei documenti di un
saggio scientifico? Si può ma
occorre mettere insieme la
solida preparazione di un ricercatore di Storia delle religioni, di un biblista, la creatività di un professionista della
comunicazione e forse anche
una misura di genio specifico
della cultura angloamericana, capace per lunga tradizione di dire le cose anche
difficili con piena concretezza e un tocco di humour.
Thomas Cahill, responsabile del settore religioso dell’
editrice americana Doubleday, ha evidentemente tali frecce al suo arco e questo
suo libro* che pure, l’autore
ha premesso, non vuole essere un’introduzione alla Bibbia
e all’ebraismo, è in questo
campo uno dei libri più singolari e affascinanti che ho
letto. «Wayyalekh Avram»
(partì dunque Abramo), seguendo la vocazione di Dio,
un dio radicalmente altro dai
molti e contraddittori che si
coltivavano nel mondo di allora, e queste due parole che
raccontano la partenza di
Abramo nel buio, verso l’ignoto, dice Cahill, sono le più
coraggiose di tutta la letteratura. La civiltà occidentale ha
inizio con questo viaggio.
Abramo veniva quasi certamente dal Sumer, dalla «Mezzaluna fertile», a ridosso del
Tigri e dell’Eufrate, culla della
prima civilizzazione umana.
Già questo fatto, che si mise
in viaggio dando ascolto a
una chiamata divina che risuonava neH’intimo della
mente e del cuore per costruirsi una storia personale
che divenne collettiva e il fatto che il racconto di questa
storia entrò con la sua valenza simbolica nella Bibbia, libro fondante e pietra angolare del mondo occidentale, segnavano una novità, il ruolo e
il primato che avrebbe avuto
la cultura dell’Occidente, la
sua vitalità diffusiva. Perché
la cultura che si lasciava alle
spalle il sumero Abramo, la
cultura del mondo antico, anche di popoli che avrebbero
vissuto livelli di civiltà enormemente più raffinati, era e
rimase la cultura del Cerchio,
della «Grande ruota».
Così come la cosmologia
anche la visione delle cose
umane era circolare, ciclica'
la vita ritorna eternamente
uguale a se stessa, così conte
ritornano il sole, la luna, le
stagioni, i ritmi naturali, i cicli delle donne; non si va da
nessuna parte: così uomini
saggi, Eraclito, Lao-Tsu, Sid- ;
dharta dicevano ai loro se- [
guaci; non viaggiate ma state ii ,
seduti; gli antichi greci avreb- r
bero potuto raccontare ad t.
Abramo che partiva la vicen- f
da di Prometeo la cui ricerca *
del fuoco e della scienza degli ■
dei si concluse con una sciagura personale. Sia esistito
un «uomo d’affari» chiamato
Abramo, spiega Cahill con
Thumour che si diceva, o sia
solo quella che la Bibbia tramanda un mito di fondazione, resta che la tradizione
ebraica della progenie di
Abramo, dei patriarchi, del
popolo in cammino definiva
una nuova concezione del
tempo storico lineare, l’idea
di un destino individuale, di
una storia della civiltà e delle
vicende umane in movimento, progressiva.
«Gli ebrei - conclude Cahill
la sua carrellata dalle prime
esperienze religiose del Medio Oriente attraverso i libri
dell’Antico Testamento - ci
hanno regalato il Fuori e il
Dentro, il nostro modo divedere e la nostra vita interiore.
Difficilmente possiamo alzarci la mattina o attraversare la
strada senza essere ebrei. Sogniamo sogni ebrei e speranze ebree. Gran parte delle nostre parole migliori infatti
(nuovo, avventura, sorpresa,
unico, individuo, persona,
vocazione, tempo, storia, futuro, libertà, progresso, spirito, fede, speranza, giustizia)
sono doni degli ebrei».
Il libro di Cahill mi suggerisce una postilla. È indubitabile che oggi non poche parole
che ci vengono dalla tradizione ebraica e cristiana sono in
crisi, che crisi e stanchezza
vive la visione occidentale del
mondo che pure, Cahill dice,
è così diffusiva. Non sappiamo, per esempio, dove ci porterà il futuro 0 se sia progresso il cammino nel quale da
sempre siamo messi. La tradizione dell’Occidente, ebraico-cristiana è escatologica,
ma di un’escatologia del tutto
secolarizzata, terrena, che
non sappiamo dove ci porti.
Per molti quello che Rudyard
Kipling chiamava orgogliosamente il «fardello dell'Occidente» è diventato pesante da
portare, molti cercano di liberarsene, trovano proficuo regredire a New Age e tendenze
simili, culture orientali riciclate e ammodernate del Cerchio e della Ruota. Ma io mi
chiedo se possiamo sfuggii
alla nostra vocazione al nostro destino.
(*) Thomas Cahii.l: Come gl>
ebrei cambiarono il mondo. Ko
ma, Fazi, 1999, 240 pp, £ 28.000.
9e
gioventù evangelica
ABBONAMENTI
normale....................l. 45.000
sostenitore................... 90.000
estero........................ 60.000
«3 copie al prezzo di 2»...... 90.000
cumulativo GE/Confronti....... 90.000
versamenti da effettuare sul ccp n. 35917004 intestato a:
gioventù evangelica
via Porro Lambertenghi, 28
20159 Milano
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Fondato nel 1848
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VENERDÌ 20 AGOSTO 1999
ANNO 135 ^ N. 32
LIRE 2.000 - EURO 1,03
XV AGOSTO A FERRERÒ — Bella, piena di gente e
di contenuti la festa valdese tenutasi a Cialancio. Culto in
mattinata a cura di Daniela di Carlo, Miguel Angel Cabrerà
e Luciano Deodato, con interventi del moderatore sulla formazione e di Franca Coisson sugli ospedali valdesi. Nel pomeriggio, con la terza puntata della affascinante storia raccontata da Giorgio Toum (il giovane Tiene fra Custoza e la
Repubblica Romana, rincontro con Gavazzi e sullo sfondo
le decisioni del Sinodo 1848) il XV Agosto si è confermato
come prezioso momento popolare di formazione storica ed
ecclesiologica. Daniele Tron ha raccontato l’emigrazione di
300 anni fa dei valdesi in Germania e i bambini, animati da
Patrick Stocco, ne hanno fatto una rappresentazione raccontata dalla patata e dalla castagna. Quasi 5 milioni di colletta
per il Centro culturale che compie 10 anni di attività.
Cinema in piazza è una
bella rassegna di film
che si svolge all’aperto nei
comuni del Pinerolese, per
quest’anno dal 16 giugno al
28 agosto, con la collaborazione di associazioni locali,
assessorati, Pro Loco. Tutto
bene, dunque, e come dice la
locandina di propaganda questa iniziativa si colloca, insieme ad altre, nel quadro di una
valorizzazione del territorio
«coniugando efficacemente le
suggestioni dello spettacolo
con le attrattive ambientali e
le peculiarità enogastronomiche della zona». Peccato che
queste belle intenzioni siano a
volte frustrate dalle lentezze
della burocrazia o più semplicemente da distrazioni o incapacità organizzative. Così
CURARE IL SERVIZIO, NON SOLO L'IMMAGINE
CINEMA IN PIAZZA
MARCO ROSTAN
giovedì 12 agosto era prevista
sulla piazza di Villar Pellice
la proiezione di La gabbianella e il gatto. Nel pomeriggio
era piovuto fino a tardi, ma
alle 21 il tempo era buono e
in cielo cominciavano a brillare le stelle. Mi ritrovo sulla
piazza, insieme a un certo numero di altri aspiranti spettatori, ma del film nessuno sa
niente. Non un cartello, non
un responsabile che spieghi
che cosa è successo. Timore
della pioggia? Comprensibile,
ma in tal caso si organizza
una alternativa al chiuso.
Chiedo notizie al bar, inutilmente; nessuno sa il perché,
ma il film non ci sarà. Pure
una sala si poteva rimediare,
in attesa che sia pronta la nuova struttura polivalente. Non
si poteva andare nel tempio?
Problemi di agibilità? E perché non in uno dei tanti bellis
simi spazi della tanto citata e
costata Crumière, vanto della
Comunità montana, che sta
proprio sotto la piazza? Non
c’è ancora l’agibilità, mi dicono. Ma è mai possibile? E stata inaugurata parecchi mesi
fa, si fece nell’occasione un
seminario con centinaia di
presenti, molti mangiarono e
bevvero lautamente a spese
della collettività. Come mai
allora era agibile e per fare
una tranquilla proiezione con
poche decine di spettatori non
lo è? È solo colpa delle lentezze da parte di chi deve dare l’autorizzazione, oppure
quando si tratta di curare 1’
immagine ci si fa in quattro e
quando invece solo di offrire
un film perché fuori piove
nessuno se ne cura?
Torre Pellice
Il Sinodo delle
chiese valdesi
e metodiste
Si aprirà domenica prossima
22 agosto a Torre Pellice l’annuale Sinodo delle chiese vaidesi e metodiste; i lavori inizieranno domenica pomeriggio con un culto presieduto
dalla predicatrice locale Maddalena Giovenale Costabel.
Nel corso del culto saranno
consacrati tre nuovi pastori:
Monica Michelin Salomon,
originaria di Bobbio Pellice,
Emanuele Fiume, che attualmente opera la cura pastorale
a Prali, e Davide Ollearo.
Numerosi anche quest’anno
gli ospiti dalle chiese sorelle
di altri paesi: tra gli altri il pastore Peter Steinacher, presidente delle chiese evangeliche
dell’Hessen-Nassau in Germania, il vescovo metodista
Walter Klaiber, il pastore Nikolaus Schneider, vicepresidente della Chiesa evangelica
della Renania (Germania). La
delegazione della Cei sarà
composta da mons. Giuseppe
Chiaretti, presidente del Segretariato Gei per l’ecumenismo e il dialogo e da due
membri dello stesso segretanato, mons. Francesco Coceopalmerio, vescovo ausiliare
di Milano, e don Mario Polastro di Pinerolo.
Fra i temi che dovrebbero
essere discussi vi è la ricostruzione nei Balcani, la bioetica
(varie comunità hanno discusso il documento sull’eutanasia
presentato allo scorso Sinodo,
® il gruppo di lavoro sui promemi etici posti dalla scienza
presenterà quest’anno un nuovo documento sulla «procreazione medicalmente assistila»), l’ecumenismo con le sue
mci (il Sinodo riceverà il testo
applicativo del documento comune sui matrimoni interconfessionali fra cattolici e valdesi-metodisti) e le sue ombre
(si prevede un dibattito sui
problemi che l’imminente
«anno santo-giubileo» pone
slla collaborazione ecumenica
fra evangelici e cattolici).
Torre Pellice, promotori il Centro culturale e il Collegio valdese
Dieci anni di corsi di tecnica
e interpretazione violinistica
È il decimo anno che a
Torre Pellice si svolge il corso di tecnica e interpretazione violinistica promosso dal
Centro culturale e dal Collegio valdese, che si avvale
dell’insegnamento di Daniele
Gay, con l’assistenza delle
pianiste liarla Carnevali e
Monica Natali. Il maestro
Gay, che insegna violino al
Conservatorio G. Verdi di
Milano, ogni estate riunisce
un gruppo di allievi, diversi
dei quali già diplomati, per
approfondire lo studio della
musica da camera per archi e
pianoforte, nelle aule messe a
disposizione dal Collegio. I
giovani, seguiti tutti personalmente dall’insegnante, alloggiano alla Foresteria per
due settimane di lavoro intensivo che si concludono ormai tradizionalmente con tre
concerti di chiusura. Ad alcuni di loro sono destinate le
borse di studio offerte dalla
Fondazione Gardiol e dal
Caffè Londra.
Iniziato dieci anni fa con un
piccolo nucleo di allievi, il
corso ormai può contare sulla
presenza di musicisti già in
seriti nella professione e che
provengono, oltre che dall’Italia, dal Canada, dalla
Germania, dall’Albania, dal
Giappone e dall’Ucraina. Una
piccola Accademia che, in linea con la sobrietà e la discrezione della nostra cultura,
non ha mai vantato pubblicamente il titolo di «internazionale». In questi anni si sono
affiancate al corso principale
interessanti sperimentazioni,
come il corso di tecnica vocale di Giovanna de Liso, nel
1993, il corso di violoncello
di Frances Marie Uitti nel
1994 e ’96. Dall’anno scorso
si è creato anche uno stage
per ragazzi dagli 8 ai 12 anni,
finalizzato non solo allo studio del violino ma anche alla
possibilità per i più piccoli di
cominciare da subito a fare
musica insieme, col pianoforte o in piccoli gruppi.
Per festeggiare il decennale
un gruppo di ex allievi, tra
cui il giovane direttore Alessandro Crudele, e gli iscritti
di quest’anno hanno formato
l'Orchestra da camera di Torre Pellice, che ha ottenuto
una gratificante successo nei
due concerti di Torre Pellice
e di Luserna San Giovanni.
Va sottolineata la disponibilità dell’assessorato alla Cultura di Luserna e la partecipazione delle associazioni locali
per i concerti sotto la Loggia
dei mercanti che portano la
musica da camera nel quadro
di un bellissimo centro storico alla suggestiva luce delle
torce. I concerti di chiusura in
agosto hanno registrato un
considerevole aumento di
pubblico, nonostante la stagione estiva fosse già ricca di
appuntamenti. Ma, oltre ai
concerti, c’è la magica atmosfera che si crea nella città
per due settimane.
Torre Pellice si riconosce
in questo ruolo di contenitore
di cultura e ogni anno accoglie con simpatia i giovani
che, con le custodie delle
strumenti a tracolla, vanno a
lezione, visitano il museo, curiosano al mercato. 1 ragazzi
del corso studiano quotidianamente, e la musica trabocca
dalle mura del Collegio, dalle
finestre della Foresteria; appassionate discussioni si accendono ai tavolini dei caffè,
serate informali in cui si fa
musica, dovunque ci sia la disponibilità a ospitarla, continuano il filo del discorso oltre
l’orario di lezione. Il corso
sta dimostrando tenuta e crescita; il problema che pone il
suo futuro decidere e come
valorizzarlo: si potrebbe spaziare da una diffusione maggiore dei concerti all’integrazione con corsi dedicati ad altri strumenti, purché qualificati per un discorso di perfezionamento di master class.
Il 20 agosto 1874 alle due pomeridiane
prendeva la parola alle Confeienze
pedagogiche evangeliche in Torre Pellice
il signor G. L. Longo da Firenze. Un argomento importante il suo, e soggetto di
dibattiti accesi in quei decenni: Delle
.scuole miste come mezzo di semplificazione delle classi; i loro vantaggi e i loro
inconvenienti. 11 relatore parte dalla considerazione che le scuole miste, «quegli
stabilimenti d’istruzione in cui si riuniscono bambini dei due sessi», non sono
in uso in Italia mentre lo sono moltissimo in altri paesi, «per molte cose superiori al nostro e per l’istruzione in particolare». E riferisce sul caso della Scozia
dove fin dal 1618 «vanno tutti i figli del
popolo senza distinzione se siano bene o
male vestiti, e senza badare alla differenza delle varie credenze. La scuola è aperta a tutti e spesso il figlio del povero
IL FILO DEI GIORNI
SCUOLE MISTE
FRANCO CALVETTI
scalzo e senza cappello, il quale sarebbe
nell’impossibilità di pagare, è ricevuto
gratis». Nessuna differenza in quelle
scuole fra maschi e femmine, «mescolati
fino a un’età anche troppo avanzata; e
non succede mai nessun inconveniente».
Come giustifica l’oratore questa presenza di maschi e di femmine nella stessa classe? La risposta è delle più semplicistiche: «la stessa na'tura, che fa nascere
nella medesima famiglia fanciulli maschi
e femmine, permette altresì che i bambi
ni ricevano in comune Fistruzione, non
essendo altro la scuola che la continuazione dell’educazione in famiglia». 11
maestro Longo ha una ricca documentazione in proposito: parla con cognizione
di causa della Svizzera, della Francia,
dell’Inghilterra, dell’America. Oltre 120
anni fa già si guardava all’Europa, al
mondo per cercare confronti ma anche
per tentare di raccordarsi. Invita gli italiani a visitare quei paesi e quelle scuole
perché a un primo moto di scandalo essi,
vedendone i risultati ne sarebbero meravigliati. Quei paesi, che sono protestanti
«sono superiori agli altri, sia per l’istruzione come per l’educazione; sanno che
la Bibbia è il libro per eccellenza». L’ultimo argomentare è quello che ci convince maggiormente: «il metodo che sostengo è utile ad insegnare ai bambini a vivere insieme e a rispettarsi a vicenda».
Anche l’esperienza dell’Orchestra da camera potrebbe
trovare un suo spazio come
una piccola tournée nelle valli, l’incisione di un Cd. Sarebbe un modo per dimostrare che la musica si può costruire qui e adesso, meglio
che importando passivamente
i concerti proposti dalle agenzie che qualunque località turistica ormai acquista come
«pacchetto estivo». Torre
Pellice con la sua tradizione
culturale, i comuni delle valli
con un turismo sempre più
qualificato, Luserna col suo
straordinario valore architettonico, possono diventare un
cuore pulsante per la musica
nella nostra regione.
RADIO BECKWITH
EVANGELICA
fm 91.200 e 96.550
in diretta
culto dì apertura
del Sinodo
delle chiese valdesi
e metodiste
domenica 22 agosto
ore 15,20
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IL CENTRO CULTURALE COMPIE 10 ANNI — Nato
nell’anno in cui si celebrava il 300° anniversario del «Glorioso rimpatrio», il Centro culturale valdese di Torre Pellice
(nella foto) si avvia a superare il traguardo dei dieci anni di
attività. Lo farà fra la fine di agosto e i primi di settembre
con varie iniziative. Domenica 29 agosto ci sarà un concerto nel tempio di Torre Pellice offerto dalla corale di San
Germano e dal coro «Les musiciens» con la presentazione
del Cd e dell’opuscolo della Ssv «Atravers le grillage» a
cura di Riccardo Bertalmio e Marco Chiapperò. Il 4 settembre, alle 15 apertura dei festeggiamenti alla Casa valdese;
alle 16 in sede visite guidate, stand, buffet e apertura di una
mostra «Una finestra su... 10 anni di Centro culturale»; alle
19 cena su prenotazione in Foresteria. Alle 20, in piazza
Muston, concerto con «Lou magnaut big band», «Riddle
Dust» con servizio bar e tavola calda.
RIATTIVATO L’AMBULATORIO DI ABBADIA ALPINA — Da fine luglio è stato riattivato il servizio di ambulatorio infermieristico di Abbadia Alpina; l’attività era stata
sospesa a fine maggio a causa dell’inagibilità decretata dal
Comune di Pinerolo. L’Asl 10 ha così attivato una convenzione temporanea con la dott. Maria Grazia Camusso, medico di famiglia, per utilizzare l’ambulatorio intestato alla
dott. Camusso come spazio per l’ambulatorio. L’orario
dell’ambulatorio infermieristico è dal lunedì al venerdì dalle 14,30 alle 15; l’indirizzo è via Nazionale 146.
PATTO TERRITORIALE: PRIMO BILANCIO — Tre Comunità montane e oltre 50 Comuni hanno aderito alla bozza
di patto territoriale del Pinerolese; nelle scorse settimane è
stata la volta dei privati, nei settori dell’agricoltura, industria, servizi informatici, energia, estrattivo a esprimere la
dimostrazione di interesse: anche in questo caso le adesioni
sono state molto elevate, per un totale, in termini economici, di progetti per un valore ben superiore ai previsti 100
miliardi. La banca Mediocredito provvederà ora a valutare
la compatibilità dei singoli interventi proposti per poi presentare il tutto al governo centrale. Se verrà concesso il finanziamento (in parte in conto capitale, in parte come bonus fiscale) le singole imprese dovranno confermare il loro
interesse e il rispettivo impegno economico.
CONCERTI DEL CORO DI BAMBERG — Anche quest’
anno, ormai per la settima volta, il coro e l’orchestra dell’Università di Bamberg (Nord Baviera, Germania) svolgono il loro seminario estivo in Piemonte. Sotto la direzione
del maestro Michael Goldbach il gruppo (circa 70 persone
tra coristi e strumentisti) prepara e poi esegue in pubblico
brani di musica sacra provenienti da tutte le epoche della
storia della musica sacra. Quest’anno il programma comincia con brani per coro e orchestra del tardo Seicento e Settecento; prevede poi una serie di canti per coro a cappella di
maestri russi per concludersi, dopo un mottetto di Mendelssohn, con la grande «Missa trinitatis» di Mozart. 11 gruppo
proporrà alcuni concerti nella zona, sempre alle 21: venerdì
27 agosto nel tempio valdese di Torre Pellice, sabato 28
nella chiesa di San Pietro a Savigliano, domenica 29 a San
Donato di Pinerolo, martedì 31 nella cattedrale di Saluzzo.
UNIVERSITÀ DI PINEROLO: ULTIMI GIORNI PER
L’ISCRIZIONE — Ultimi giorni per le iscrizioni alla
scuola universitaria di Pinerolo che ormai da tre anni opera
in città. Quest’anno si arriva perciò ai primi diplomi negli
indirizzi scelti e, spiegano all’Università di Pinerolo, quasi
sempre si trova lavoro in breve tempo; infatti uno degli scopi che portarono alla nascita del consorzio universitario è
stato fin dall’inizio il formare giovani secondo le esigenze
delle imprese. Gli indirizzi presenti a Pinerolo sono «Economia e amministrazione delle imprese», «Economia e gestione dei servizi turistici» e «Gestione delle amministrazioni pubbliche». Fra l’altro per ogni cor.so è previsto un ampio periodo di stage presso aziende o enti. Iscrizioni e informazioni in segreteria, via Cesare Battisti 6 a Pinerolo.
MOSTRA A CAMPOLASALZA — Si è aperta nella scuoletta
di Campolasalza (Massello) la decima mostra sulla cultura e
l'ambiente locale che rievoca i 10 anni trascorsi con la riproposta di alcuni pannelli significativi. Il comitato organizzativo per il futuro sollecita la collaborazione di tutti per continuare il lavoro; tra i progetti la pubblicazione della ricerca
sui toponimi. La mostra rimarrà aperta fino al 30 settembre.
GIOVANE SUB MUORE IN GRECIA — Il 13 agosto, al largo di Pylos, nel corso di un’immersione subacquea, è morto
per un malore Guido Rostan, 21 anni. Figlio di Franco Ror-io« VoIHpQP Hi TiArÌnr\
stan, medico chirurgo all’Ospedale valdese di Torino, Guido,
benché molto giovane, era un sub piuttosto esperto (era stato
primo del suo corso). Il funerale si è tenuto a Torino dove era
membro, come tutta la famiglia, della locale chiesa valdese.
Venti ragazzi della vai Pellice in Sicilia
Un campo a Adelfìa
FEDERICA TOURN
12-23 luglio: Adelfia, Sicilia. Undici giorni per (in ordine sparso) percorrere tutta
l’Italia in un sen.so e nell’altro, conoscersi, vivere insieme, andare al mare, parlare
della memoria, festeggiare
compleanni, recuperare gli
svogliati, arginare i troppo entusiasti. E naturalmente tante
altre cose, visto che si trattava
di un campo cadetti di 30 ragazzi, una ventina partiti dalla
vai Pellice e gli altri arrivati
da diverse zone della Sicilia.
Il tema del campo era la memoria: che cosa si deve e che
cosa si può ricordare, e perché
è importante fermarsi a pensarci un momento. Abbiamo
allora provato a ragionare insieme sulla memoria individuale, per passare poi a quella
collettiva; abbiamo ripescato i
ricordi dell’infanzia, riflettuto
sul perché ci rimangono in
mente alcuni particolari e non
altri e abbiamo convenuto, mi
sembra, che la memoria più
che un magazzino di merce in
accumulo è il risultato di scelte, più o meno accurate.
Primo Levi, Anna Frank,
Rosetta Loy e Aldo Zargani
ci sono venuti in aiuto per
parlare della seconda guerra
mondiale e dei campi di concentramento, e l’attenzione e
la cura con cui tutti hanno letto e pensato e scritto, nonostante il sole invitante fuori
dalla stanza, ha lasciato in noi
soltanto riconoscenza per il
lavoro condiviso. La riflessione sulla figura e la testimonianza di Dietrich Bonhoeffer,
a partire da alcuni passi di Resistenza e Resa e dell’Etica, ci
ha portati sul terreno appassionante e disarmante della discussione sul bene e sul male,
sul come vivere la fede e affrontare il dolore, sulla morte
e il rapporto con Dio.
Un corso di formazione dell'As110 fra '
I cuochi a scuola Vi
Alimenti squisiti ma anche
sicuri, igienicamente ben conservati e correttamente manipolati da personale preparato.
Chi non desidera la massima
garanzia quando va al ristorante? Nel Pinerolese si volta
pagina e per farlo l’Asl 10 organizza un corso di formazione finalizzato a migliorare insieme e garantire la massima
tutela del consumatore: vigilanza sì, ma prima formazione
e prevenzione. Questo è il
motto dei servizi dell’azienda
sanitaria e in particolare del
servizio veterinario coordinato
dal dott. Filippin.
Il corso di formazione per
ristoratori del distretto vai Pellice dell’Asl 10 è stato presentato presso il ristorante Flipot
di Torre Pellice il cui titolare,
Walter Eynard, oltre a collezionare riconoscimenti prestigiosi della propria attività, è
stato il promotore sollecitando
le autorità competenti in materia di controlli sanitari.
In particolare lo scopo principale del corso è quello di
fornire ai partecipanti le nozioni fondamentali e la formazione specifica prevista del
decreto 155/97: verranno affrontati temi quali il rischio di
contaminazione microbiologica degli alimenti durante la loro manipolazione, concetti generali di igiene, detersione e
sanificazione delle strutture e
delle attrezzature, corretta la\ orazione e conservazione
lidie derrate, alcune nozioni
Mii germi quali possibili fonti
Il rinnovato giardino di Fllpoi
di tossinfezione alimentare
significato, principi e appl
zione del sistema Haccp.
La struttura degli inconi
prevede una sintetica lezi«
«ex cattedra», un lavorol
gruppo volto alla soluzione!
specifici problemi pratici,«
discussione in plenaria dt
prodotto dei lavori di gruppe,
una valutazione formativa è
contenuti appresi. E così, è
po altri anaioghi incontrii
formazione, anche il moni
della ristorazione, particola
mente significativo come»
mero e qualità nelle valli p»
rolesi, avrà l’opportunità di ri
cevere nuovi strumenti di'crescita a tutela propria e éi tutti i
cittadini clienti.
La crisi alla Beloit
Ci vuole un
nuovo piano
industriale
A proposito della questione
della Beloit, e in particolare
alla possibilità che una parte
di lavoratori sia messa in mobilità a partire da settembre,
l’Alp ha diffuso un comunicato secondo il quale emerge
che il rischio di chiusura
dell’azienda esiste concretamente. Secondo Enrico Lanza, dell’Alp, il peggiorare
della situazione con la richiesta dell’amministrazione controllata da parte della Harnischefeger rende ancora più
difficile una soluzione industriale vera con obiettivi produttivi e investimenti.
Un piano industriale sarebbe l’unico strumento che permetterebbe di mantenere a Pinerolo una parte di attività
produttiva e di salvare quindi
una parte di occupazione. Se
invece la Beloit non è in grado di presentare un piano, allora bisognerebbe cominciare
a cercare altri interlocutori ai
quali offrire gli stessi incentivi finalizzati a una soluzione
industriale. Le .soluzioni individuali in altre aziende non
sarebbero comunque sufficienti (oltre 100 dipendenti
qualificati hanno già lasciato
la Beloit). perché il problema
sono i lavoratori più deboli,
operai e impiegati per i quali
è necessario costruire un piano di riqualificazione forte. In
attesa di trovare gli interlocutori adatti, prosegue Lanza, è
indispensabile prorogare la
Cassa integrazione straordinaria e non permettere la messa
in mobilità a settembre, perché sicuramente riguarderebbe i lavoratori più deboli. In
alternativa si potrebbe invece
pensare a una prima fase di
mobilità per alcuni lavoratori.
Grandi celebrazioni a Perouse, nel Baden-Württemberg
300 anni dei valdesi in Germani!
ANDREA RIBET
Perouse, Baden-Württemberg, Germania. Per 4 giorni
consecutivi, a cavallo del primo fine settimana di luglio, il
ridente paese di Perouse ha festeggiato i 300 anni dalla sua
fondazione, da quando famiglie valdesi esuli provenienti
dalla vai Chisone, e in particolare da Perosa, nel 1699 si sono stabilite nei territori del ducato del Wuerttemberg.
A Perouse vivono attualmente 1.100 persone, per lo
più discendenti da quei valdesi del 1699; in occasione della
ricorrenza dei 300 anni, il pastore Herbert Vinçon ha scritto la sua storia, dalle origini
ad oggi; una signora perousina
ha redatto l’albero genealogico di tutte le famiglie che hanno dato origine a Perouse, fino
all’attuale generazione, con
teutonica precisione. Da questo lavoro emana una cura che
rende «biblico» un elenco che
altrimenti sarebbe un semplice
resoconto demografico.
La festa è stata organizzata
coinvolgendo in modo compatto tutte le famiglie del paese. 11 programma è stato intenso e articolato: la mostra
itinerante organizzata dalla
Deutsche Waldenser Vereinigung sulla storia dei villaggi
valdesi in Germania, accompagnata da un’esposizione fotografica con didascalie preparata da Gustavo Alabiso
sulla situazione odierna della
chiesa valdese in Italia, la cerimonia ufficiale, il culto solenne, i momenti di partecipazione spontanea, il grande
corteo nel quale erano rappresentate tutte le organizzazioni
presenti in Perouse e dintorni.
Una grande tenda che doveva
ospitare 1.000 persone (ma
molti sono stati fuori) è stata
il teatro della vita di Perouse
per 4 giorni; oltre ai momenti
ufficiali, tutto il paese vi si è
ritrovato per mangiare, bere,
cantare e stare insieme. L’atmosfera era quella delle grandi occasioni. Vorrei sottolineare alcuni aspetti che hanno
attratto la mia attenzione.
1) L’approccio alla festa da
parte dei politici e dei credenti. Per i primi la ricorrenza era
collegata eminentemente al
fatto storico della fondazione
di Perouse e a una certa curiosità per una storia che non appartiene loro; si è trattato di
un’occasione un po’ folcloristica per far festa e per ricordare il ruolo deH’amministrazione pubblica. Faceva da
contraltare la partecipazione
delle persone convenute che
hanno vissuto questo avvenimento, con la ioro presenza
attiva e creativa, come momento forte di testimonianza
della parola di Dio, attestando
con discreta fierezza la loro
identità. Qualcuno potrebbe
commentare che si è trattato
di un chiaro esempio di separazione tra stato e chiesa, altri
potrebbero vedere un’occasione persa di dialogo e di crescita comune.
2) Il rapporto dei valdesi c
la chiesa evangelica locale. È
interessante notare che i vaidesi insediatisi in Germania
dopo l’esilio di fine ’600 hanno vissuto mantenendo a lungo tradizioni e costumi propri
ma nel contempo hanno aderito alla chiesa evangelica locale. Particolare è invece il rapporto che i valdesi tedeschi
tendono a ristabilire con la
Chiesa valdese in Italia; il ricordo delle origini comuni acquista un significato profondo
per la comprensione della propria identità e di un rinnovato
senso di appartenenza. Solo in
questa prospettiva si può comprendere la generosa colletta
Dorothea Vinçon
devoluta per la diaconia del
Chiesa valdese nelle valli
3) La partecipazione di®'
ti. Molto significativo è sii
il corteo che ha coinvolto d
ca 1.000 persone; attravei*
la loro presenza, organizz*j
in una settantina di gruppi*
rappresentanza di vari org®*
smi, associazioni, attivila*
vario genere presenti in ‘*
rouse e dintorni, queste pel**
ne hanno voluto partecipa’
alla festa comune esprimer»
la propria gioia e consenso,’
è avuta una fotografia md’
espressiva della pluralità
soggetti, di iniziative espro”
liberamente da singole ped*
ne e gruppi, creando il tessei
sociale variegato ed attivo
territorio. Difficilmente m
segna
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^ SERGIO FRANZESE___________
LJ estate è tempo di concerti all’aperto e all’insegna di questa tradizione si è
svolto anche quest’anno il Festival di musica klezmer e
zingara «'Vincoli sonori»,
giunto ormai alla sua quarta
dizione, per l’organizzazione
della Teatrosfera di Torino,
Ideila T circoscrizione Città di
forino, del Comune di Pinerrolo, della Comunità montana
s vai Penice, della Provincia di
̻Torino, della Regione Pier monte e dal ministero per i
Beni e le attività culturali.
Non a caso le tradizioni
musicali della diaspora ebraica e dei Rom si incontrano in
questa rassegna. Accomunati
dallo stesso destino di minoranza ebrei e zingari, pur senza mai mescolarsi, hanno
spesso vissuto gli uni accanto
agli altri. Nei paesi dell’Europa centrorientale, in una vasta
regione che si estende dalle
rive del Danubio alla Russia,
allo stesso tempo si è sviluppata la cultura yiddish e si sono tramandate di generazione
in generazione le tradizioni
del popolo Rom.
Accadeva perciò che musicisti zingari si ritrovassero a
suonare nelle piccole orchestre klezmer e che le melodie, a differenza delle persone, incontrandosi si mescolassero dando vita a un’infinità di virtuosismi e di suoni
che più di altri esprimono i
diversi stati d’animo dell’essere umano: la gioia, il dolore, la melanconia... Chissà se,
come nel film Train de vie.
musicisti ebrei e zingari non
si cimentassero qualche volta
in vere e proprie sfide a suon
di musica. Viene naturale
pensarlo mentre, ascoltando
una doina o mfreilech, ci si
immagina carovane di zingari
percorrere strade polverose e
uomini dalle basette ricciute
e dalle fluenti barbe assorti in
preghiera nelle sinagoghe dei
piccoli villaggi ebraici chiamati shtetl.
Dopo che l’affermazione di
nuovi modelli sociali ed economici hanno decretato (parziale) la scomparsa sia degli
shtetl sia del nomadismo e
dopo che la follia dello sterminio nazista si è abbattuta
su ebrei e zingari, accomunandoli in un tragico destino
di sofferenza e di morte, poco rimane di quei piccoli
mondi così culturalmente diversi da tutto ciò che li circonda. La rassegna di musica
klezmer e zingara è il segnale
di una riscoperta dell’identità
di minoranze che fanno parte
fino in fondo della storia e
della cultura europea.
Tutti molto bravi, i gruppi
musicali che si sono esibiti
dal 5 al 16 luglio nella rassegna, che prende il nome dalla
prima delle diverse piazze
che hanno ospitato il festival,
l’ex cimitero di San Pietro in
Vincoli a Torino; un grande
successo per ciascuna delle
dieci serate, che sono proseguite a Pinerolo e in vai Pellice. E come non soffermarsi a
considerare la maestria dei
Loyko, il favoloso trio composto da Sergej Erdenko,
Oleg Ponomariev e Vadim
Itili Un video del Gruppo teatro Angrogna
^ ^ Seguendo le tracce
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La conservazione della memoria rispetto all’esperienza
storicamente e umanamente
pregnante della Resistenza si
unisce al dialogo fra le diverse generazioni. Con questi
presupposti nasce l’operazione video che il Gruppo Teatro
Angrogna sta realizzando in
queste settimane: si tratta di
un video di fiction, della durata ipotizzabile fra i 30’ e i
40’, dedicato alla vicenda di
un vecchio partigiano, ma
con costanti e puntuali riferimenti alle vicende dell’attualità, come quelli suggeriti dalla guerra in Kosovo.
«L’idea è venuta - spiegano
dean-Louis Sappé e Maura
Bertin - in occasione delle celebrazioni dell’8 settembre
1997 al Bagnòou di Angro§na. In quell’occasione presentammo il racconto della vita di Gino, un “ragazzo del
24” che, come tanti, scelse la
Via della Resistenza: una stona in cui potevano riconoscer^ in molti. L’assessore alla
Çttltura della Provincia di Torino, Valter Giuliano, trovò
idea interessante e meritevole di prendere una veste di video destinata in primo luogo
^lle scuole. Con Enrico Venuitti, poi, militante pacifista e
^tdeomaker torinese, da anni
^pegnato nella produzione di
‘limati di documentazione sol'iale, abbiamo scelto di non
radio BECKWITH
evangelica
FM 91.200-96.550
ripresentare il semplice racconto, ma di costruire un’irnpalcatura che partisse dai più
giovani. E infatti la vicenda
muove da una ragazza, Giulia,
che al termine del liceo affronta gli esami documentandosi sulle carte del nonno».
Di più forse non è lecito dire per quanto riguarda la tramlt; certo si faranno apprezzare le «rievocazioni» del passato della famiglia, oltre agli
elementi di attualità. Ma un
elemento su tutti sembra irnportante e culturalmente significativo: non c’è estraneità reciproca, non c’è incompatibilità fra quanto si studia a scuola e quanto si ricostruisce a
partire dal proprio ambiente e
dalla propria famiglia; e inoltre c’è un ruolo di «complicità» del padre della ragazza,
che fa in un certo senso da tramite alla ricerca sul passato.
L’ambiente valdese, poi, gioca un ruolo non da poco nella
maturazione di Giulia.
Le riprese si sono svolte in
gran parte tra la valle d’Angrogna e altri luoghi della vai
Penice, ma necessiteranno di
un’appendice nella «brutta
stagione» per esigenze di copione. Poi si passerà al montaggio e alla presentazione
del prodotto in occasione del
XXV Aprile prossimo. Da lì
in poi le scuole superiori ma
anche le classi terza delle medie saranno sollecitati a utilizzare il video per avvicinarsi alla tematica e poi, chissà,
a proseguire nella ricerca con
quei testimoni diretti che non
si sottrarranno alle richieste
dei più giovani.
Kulitsky che per un’intera serata ha incantato un pubblico
che avrebbe voluto non il bis
di uno o due soli brani ma
dell’intero concerto: musica
della tradizione zigana russa
suonata e cantata con passione e capace di trasmettere dal
vivo sensazioni ed emozioni
che nessuna incisione, per
quanto perfetta, può riprodurre. Dallo stesso repertorio ha
attinto nella penultima serata
il gruppo Ogila (sebbene, bisogna dirlo, in modo qualitativamente assai diverso).
I Bratsch, quintetto di marca francese (ma in realtà un
melting pot franco-italo armeno), si è esibito con grande
bravura per la prima volta in
Italia andando al di là dei
confini musicali del festival
ed eseguendo anche brani
della tradizione greca, armena e balcanica. Altra provenienza, altra musica: il trio
Ziroli Winterstein Ensemble,
sulle orme del famoso chitarrista jazz Django Reinhardt,
ha saputo senza difficoltà tenere desta l’attenzione della
platea con un concerto di
swing, tipico della tradizione
musicale dei Sinti e dei Manouches, popolazioni zingare
del nord Europa (in particolare Germania e Francia).
Per le musiche klezmer
vanno citati in modo particolare tre formazioni, i Krupnik,
il Rhapsikmusiche e il Progetto Lokshen che in modi diversi hanno saputo presentare
al pubblico un affresco in
chiave musicale della diaspora ebraica affiancando motivi
tradizionali a composizioni
innovative, fino a una rappresentazione teatrale scandita dall’esecuzione di brani
yiddish. Il gruppo degli Ziganamama sfugge un parte ai
tentativi di classificazione
in quanto mescola musiche
klezmer e rom creando sonorità che non sono in realtà né
l’una né l’altra cosa. Queste
si affiancano ad un repertorio
di musica balcanica, una musica che in alcuni momenti ricorda Goran Bregovic e la
Kochani Orchestar.
Il Festival di musica klezmer e zingara rappresenta un
momento importante nella vita culturale dei luoghi in cui
si svolge e nel corso degli anni ha saputo conquistarsi un
proprio pubblico attento ed
esigente. Ma esso è importante soprattutto perché, al di là
dell’aspetto artistico, costituisce una breccia verso realtà
culturali diverse. In particolare questa manifestazione contribuisce a riscattare l’immagine dei Rom che spesso, come si sa, è presentata in modo
negativo dai mezzi di informazione. Dopo aver seguito
la manifestazione percorrendo con essa i pochi chilometri
che separano Torino dalla vai
Pellice si ha l’impressione di
aver compiuto un lungo viaggio attraverso luoghi e tempi
diversi. E ora, a luci spente, il
pensiero corre già all’estate
del prossimo anno quando la
carovana del festival si rimetterà in cammino per portare
verso il terzo millennio un
pezzo di storia e di cultura
che appartengono un po’ a
ciascuno di noi.
Mostra al Centro culturale valdese
Ettore Serafino
«Il colore e la Parola»
FRANCO CALVETTI
E stata una riapertura alla
grande quella della sala
espositiva Paolo Paschetto
del Centro culturale valdese a
Torre Pellice, dopo un semestre di chiusura per lavori di
ristrutturazione: Ettore Serafino ha esposto una sua antologica di pittura insieme a
una manciata di poesie. Serafino è molto conosciuto nelle
valli valdesi e nel Pinerolese
per la sua affermata professionalità di avvocato, per la
sua militanza partigiana e per
l’impegno sempre rinnovato
teso a «costruire» uomini e
donne di pace. Meno conosciuta è la sua vena artistica
per la pittura, per la poesia,
per la narrativa.
La mostra, allestita in occasione del Sinodo 1999, porta
come titolo «11 colore e la Parola», dove la Parola sta a indicare sia la parola di Dio,
lampada al nostro piede, sia la
parola degli uomini, testimoni
deH’Eterno, dove il colore è
espressione vibrata del segno
grafico e trasporto del sentimento. L’artista è conosciuto
ai più come il pittore della
montagna: suggestive e cariche di comunicatività sono le
sue visioni di Prali sotto la neve, delle cime superbe che incoronano le nostre valli, dei
luoghi teatro delle vicende
valdesi. Nella mostra abbiamo voluto segnalare un Serafino che va anche fuori dalle
sue montagne, a lui tanto care; lo presentiamo come un
viaggiatore pronto a far vibrare cuore e pennello ovunque
egli si trovi: Stromboli, la Camargue, le Cinque Terre...
La visione paesaggistica è
quello che impegna maggiormente l’artista, un paesaggio
dove l’osservazione attenta,
l’emozione per il creato, l’incanto e la testimonianza per il
Creatore fanno Un tutt’uno,
creando un’atmosfera di risonanza esistenziale in cui l’uomo si pone come umile spettatore e sgomento protagonista di tanto splendore. Ettore
Serafino ci aiuta a riscoprire
questo ruolo della creatura
anche con i versi «Puoi forse
desiderare/ di trovare altra pace/ una verità più limpida/
una bellezza più pura/ di ciò
che il Signore dell’universo/
ha quaggiù per te, uomo,
creato?». E questo visionario
non si ferma ai primi piani
dell’orizzonte, ma spazia oltre (ricordiamo la sua raccolta
di poesie Oltre la soglia, ed.
Albert Meynier). E da visionario l’uomo prefigurato da
Serafino vive l’esperienza del
credente che «dal buio mantello» passa «alla lucente alba» in «attesa paziente».
Non voglio dimenticare Favole per Alice e Alice e la sua
valle, che furono per me, prefatore dei due libri, occasione
per stringere una solidale
amicizia con lui e che rimangono, a distanza di anni, una
emozionante testimonianza
dell’amore di un nonno per la
sua nipotina. Un omaggio
all’uomo, all’artista, al credente è quello che il Centro
culturale valdese vuole offrire
a Ettore Serafino in spirito di
stima e di affetto fraterno.
Musica al campo zingaro
Fotografie d'arte a Torre Pellice
Occhi stranieri
sul paesaggio alpino
_______ALBERTO CORSANI_____
Quattro fotografi hanno
illustrato i loro viaggi
nelle valli alpine della Provincia di Torino: Takeshi Mizukoshi, giapponese (valli
Pellice, Chisone e Germanasca); Craig Richards, canadese (valle di Susa); Bruca
Barnbaum, Usa (valli di Lanzo) e Jiri Havel, cèco (valli
Orco, Soana, Chiusella e Canavese). La mostra, ideata in
prima istanza dal Museo della
montagna «Duca degli Abruzzi» in Torino fra marzo e
maggio, è stata aperta a cavallo tra luglio e agosto alla Civica Galleria d’arte contemporanea di Torre Pellice, ed è
stata un evento artistico di notevole spessore. E poiché la
mostra è stata imperniata sulla
regola del «quattro», possiamo trovare quattro valide ragioni per darne una valutazione entusiasta e ragionata. In
primo luogo, per una volta,
aldilà del particolari localismi, il territorio montano del
Torinese è stato considerato
come un insieme organico,
non appiattito nell’uniformità,
ma comunque con caratteristiche che consentono di trovare
riscontri e analogie paesaggistiche, ambientali, antropologiche. Non succede spesso.
Secondo buon motivo è
r «occhio» dei fotografi stranieri, che evidentemente possono guardare a queste vallate con sensibilità diverse rispetto a quelle dei residenti e
degli abituali fotografi, che
pure non mancano (pensiamo
in primo luogo proprio alle
valli del Pinerolese) ma che
vivono «simbioticamente»
l’ambiente che è loro. Uno
sguardo lontano porta con sé
abitudini visive, educazioni
all’immagine di altro taglio:
si va dal modo tutto particolare ed evidentemente orientale
che ha Mizukoshi nel raffigurare gli alberi allo stile da
grandi riviste di prestigio che
soprattutto il canadese Richards introduce nelle sue foto, ai toni drammaticamente
evocativi, poco «documentari» del praghese Havel.
Terzo. Strettamente legato
al motivo precedente, è il tono generale che i quattro hanno impresso alla loro ricerca:
né indagine folclorica, né appiattimento documentario
sull’ambiente. È assente, ed è
un bene, la tendenza a presentare i luoghi alpini come
luoghi di «tradizioni che
scompaiono», di un’umanità
perduta, di un vecchio paradiso. No, ambiente naturale e
urbanistica si fondono con
l’elemento umano; nel paesaggio c’è spesso l’impronta
dell’uomo e della sua attività,
nei ritratti c’è anche volentieri la tessitura del paesaggio.
Infine, la scelta rigorosa del
bianco e nero. Una vecchia
«vulgata» lo considera più
«artistico». Si può dire senz’
altro che è più astratto. Di
fronte a un paesaggio (vicino
o lontano, monti piuttosto che
alberi), si impone all’artista
di vedere mentalmente l’ambiente prescindendo dai colori reali, di immaginarlo fatto
solo di linee e di superfici, di
pesi e di masse visive; non è
concesso fare affidamento sul
colore ebe invece «spiega»
molti dettagli a chi contempla
la natura e la percorre per viverci dentro. Un processo
mentale che richiede capacità
di «pensare» il paesaggio. 1
grandi ci riescono con risultati fortemente evocativi, ed è il
caso di queste immagini.
T. Mizukoshi: «L’alpeggio di Crevlira in vai d’Angrogna»
8
PAG. IV
Delle Yalli ^ldesi
VENERDÌ 20 AGOSTO 1999
Nelle
Chiese
Valdesi
CULTI DEI CANDIDATI AL MINISTERO
PASTORALE — Dopo
r esame di fede di sabato
21 agosto i candidati al
ministero pastorale presiederanno i seguenti culti
della domenica: Emanuele
Fiume a Frali; Monica Michelin Salomon a Villar
Pellice e Davide Ollearo a
Lusema San Giovanni.
AGAPE — Dal 19 agosto al 26 campo politico su
«(Dis)occupazione, nuove
visioni per la città europea», in italiano, francese,
inglese, tedesco. Dal 19 al
22 agosto, week-end etica
su «Ricettario di famiglia». Venerdì 27 agosto
network donne. Dal 28 al
29 agosto assemblea degli
Amici e amiche di Agape.
FERRERÒ — Domenica 22, alle 10, culto a
Maniglia, con confermazione di Anita Tarascio.
POMARETTO — Domenica 29 agosto, alle 15,
riunione estiva a Eiciasse
con la chiesa di Villasecca.
FRALI — Sabato 21
agosto, ore 20,30 nel tempio, spettacolo di canti a
cura del Gruppo teatro
Angrogna. Ingresso libero
e colletta a favore del Museo di Frali.
PRAROSTINO — Alle
9 culto al Roc, alle 10,30
culto a Roccapiatta.
RODORETTO — Domenica 22 agosto, alle 9,
culto a Rodoretto.
VILLASECCA — Domenica 22 agosto, alle 9,
culto a Combagarino.
Morto in Australia
Il partigiano
Philip Weiss
Era stato nelle valli due anni fa per un XXV Aprile con i
suoi ex compagni partigiani;
si è spento il 22 luglio in Australia. Philip Weiss, o semplicemente Philip Richard,
era partito dal suo paese per
arruolarsi volontario; catturato dagli italiani era finito al
lavoro coatto nel Vercellese
ma riuscì a fuggire. Venne in
contatto col mondo protestante e da lì arrivò in vai Pellice
dove si unì ai partigiani che
operavano in zona. Philip
l’australiano combattè nel
gruppo guidato da Paoluccio
Favout e ha mantenuto sempre nel cuore il ricordo dei
mesi passati nelle valli valdesi a combattere la guerra partigiana.
La notizia della sua morte è
giunta in vai Pellice tramite la
nipote Rita che ha scritto a
Gustavo Malan, suo grande
amico di Torre Pellice insieme a Franco Pasque!; «Philip
amava voi, i suoi amici italiani Franco e Gustavo, Torre
Pellice, e i giorni trascorsi
con voi in Italia con un ricordo profondo», scrive la nipote
agli amici italiani.
Torre Pellice, cartografia dal '500 al 700
L^immagine delle Valli
BAZAR ALL’ASILO
DI SAN GERMANO
Domenica 5 settembre,
ore 14,30, bazar all’Asilo
dei vecchi di San Germano. Verranno esposti i
lavori eseguiti dagli ospiti, dall’Unione femminile.
Non mancheranno i tradizionali banco dolci, pesca, lotteria e buffet.
«Entre le Piedmont & le
Dauphiné, dans l’Enceinte
des Alpes, sont quatre Vallées célébrés par des Hérétiques...». Con queste parole
inizia la lunga Description
des Vallées de Piedmont,
qu 'habitent les Vaudois ou
Barbets che incornicia la carta delle valli valdesi stampata
a Parigi nel 1690 da JeanBaptiste Nolin, geografo del
re di Francia, con dedica a
«M.r de Catinat, lieutenent
generai des armées du Roy en
Italie». Riconducibile all’
epoca di grandi sconvolgimenti per gli abitanti delle
Valli, è questo uno dei più significativi esemplari (una
quarantina, provenienti da
due collezioni private, dall’Archivio storico della Città
di Torino e dalla Biblioteca
della Società di studi valdesi)
esposti alla mostra L’immagine delle Valli valdesi nella
cartografia dal '500 al '700,
inaugurata il 13 agosto alla
civica Galleria d’arte contemporanea di Torre Pellice in
via Roberto D’Azeglio 10.
Le carte svolgono differenti
funzioni (scientifiche, culturali, militari, politiche) a seconda del periodo storico in cui
vengono stampate, del pubblico a cui sono dirette, degli
obiettivi da raggiungere; l’analisi di quelle esposte evidenzia come soltanto nel Seicento, quando la minoranza
protestante nelle Valli assunse
un interes.se strategico per le
potenze europee, le descrizioni geografiche riportino, a seconda dei luoghi di stampa,
l’indicazione del credo religioso delle popolazioni.
La mostra, curata da Marco
Fratini con la collaborazione
di Gabriella Ballesio e accompagnata da un catalogo a
colori curato da Gino Lusso
pubblicato dall’editrice Claudiana, è visitabile fino al 10
ottobre con i seguenti orari:
martedì, mercoledì, giovedì e
domenica ore 15,30-18,30;
venerdì 10,30-12,30; sabato
10,30-12,30 e 15-18,30.
Nella foto. Nicolas Tassin:
«Gouverneme[n]t de Pignerol &
Brigeras», 1634.
I Luoghi Dilla Memoria
a cura di Marco Rostan
Luogo: Perrero
Data: 1704-1708
Fu capitale, in questo periodo, della Serenissima Repubblica di San Martino, minuscolo staterello che comprendeva la vai Germanasca e Inverso Pinasca, creato sotto la protezione di Luigi XIV, per essere una testa di
ponte francese al di qua delle Alpi. Lo statuto
della Repubblica prevedeva libertà di culto,
ma non per i francesi, libertà di commercio
con la Francia e la concessione del sale a due
soldi la libbra. Fu quest'ultima l’unica cosa
buona e la voce pubblica battezzò lo staterello con il nome di Repubblica del sale. In as.senza dei pastori che erano fuggiti dalla zona,
due studenti in teologia, Leydet e Malanot, si
prestarono per i servizi religiosi; ma il Sinodo
del 1708, oltre a criticare l’atteggiamento tenuto da quelle chiese, dichiarò nulli tutti i
battesimi impartiti dai due giovani candidati
non ancora consacrati pastori.
ducali sul terreno, il campanile e la campana;
con una permuta i valdesi, nel 1677, diventarono finalmente proprietari di ciò che era loro ma nel 1686 il tempio fu completamente
distrutto. Grazie al soccorso economico del
marchese Belcastel, un ugonotto a cui Vittorio Amedeo II aveva affidato il governo delle
Valli, il Concistoro potè varare il progetto di
ricostruzione che terminò ai primi del 1707
(la lapide sull’ingresso riporta il 1706). Nel
1846 fu necessario fondere una nuova campana che l’intendente pretese fosse esattamente dello stesso peso (e suono) della precedente. Altri restauri nel 1862 e rimaneggiamenti della facciata più tardi.
Luogo: Rorà-Casa Salvajot
Data: 1694
Luogo: Villar Pellice, tempio
Data: 1706-1707
Entrando nel paese di Rorà, sul secondo
cortile a sinistra si trova una casa su cui compare la scritta B. Sarvaiot, 1694. Si tratta della casa del capitano Barthelmy Salvajot, noto
per le sue memorie sulla persecuzione e
l’esilio del 1686.
Dopo il 1555 e l’uscita dalla clandestinità,
i valdesi si appropriarono senza problemi
della chiesa cattolica che sorgeva più o meno
al posto del tempio attuale, avendo però il
campanile sul retro. Nella guerra del 1561
l’edificio fu incendiato dal Trinità, insieme al
capoluogo e dopo la pace di Cavour ricostruito con il campanile sul fianco, incorporato nella facciata più arretrata. Importante il
Sinodo che vi si tenne nel 1564 perché si decise di seguire il più possibile le ordonnances emanate da Calvino nel 1542 e si stabilirono varie norme fra cui la cadenza mensile
degli incontri pastorali. Altri luoghi di culto
erano in funzione a Ciarmis, Subiasc, Bes.sé,
Comba e Pertusel. Dopo i vari conflitti sulla
presenza dei cappuccini e le distruzioni del
1655 (sembra che il tempio del capoluogo sia
stato risparmiato perché doveva servire da alloggio a un reparto di truppe irlandesi al servizio del duca), vi furono importanti restauri
nel 1674 a cui concorse tutta la popolazione
a ciò educata da Arnaud che fu pastore dal
’74 al ’78. Seguirono contrasti con le autorità
Luogo: Rorà-Casa Durand Canton
Data: estate 1706
Nella guerra per la successione di Spagna
(1700-1713) i valdesi combattono fedelmente per il Duca, ospitando anche Vittorio
Amedeo nel saldo rifugio di Rorà, nella casa
Durand-Canton. In ricordo di questo suo passaggio il Duca offrì ai suoi ospiti una coppa e
un cucchiaio d’argento, concedendo loro la
possibilità di seppellire i morti nel proprio
giardino (all’epoca i cimiteri del valdesi non
potevano avere recinzioni, cosa che provocava numerosi inconvenienti).
Luogo: Bric delle Bariole
Data : 1706
La tradizione racconta che durante l’assedio
di Torino (1706) il Duca Vittorio Amedeo II,
accompagnato dal capitano Bonnet (antenato
del past. Bonnet di Angrogna) avrebbe seguito da questo punto particolarmente panoramico il movimento delle truppe nella pianura.
Al museo di Frali
Mostra su
Ercole Ridoni
Nei locali del museo Scopriminiera a Frali, il Civico
museo didattico di scienze naturali di Pinerolo ha allestito
una mostra su «Ercole Ridoni:
uomo, ingegnere, collezionista, tra ’800 e ’900». Ercole
Ridoni, dal 1910 al 1921 direttore delle miniere della società Talco e Grafite, inventò
e mise a punto un procedimento per la purificazione
della grafite e per la sua lavorazione nella produzione degli
elettrodi impiegati nelle acciaierie, nei forni di fusione
dei metalli, metodo utilizzato
fino al 1980 nello Stabilimento Elettrodi di Pinerolo. Ridoni era inoltre un appassionato
collezionista di minerali molti
dei quali, grazie al lavoro di
raccolta dell’Associazione naturalistica pinerolese, sono ora
esposti al pubblico.
La mostra presenta la comunità locale, l’attività mineraria
e la vita del minatore: aperta
tutti i giorni escluso il martedì, dalle ore 9,30 alle 17, fino al 31 agosto, è allestita nelle aree e negli edifici industriali adiacenti l’imbocco della galleria della Paola. L'ingresso è gratuito. È inoltre
sempre possibile una visita
(ingresso £ 12.000, gratuito
per i bambini fino a 5 anni,
prezzi promozionali fino al 15
settembre) all’interno della
miniera per conoscere le attrezzature e le tecniche di
estrazione del talco, con orario 9,30-12,30 e 13,30-18
(chiusura il martedì). Per ulteriori informazioni e prenotazioni, rivolgersi allo «Scopriminiera», loc. Paola, 10060
Frali, tei. e fax 0121-806987.
20 agosto, venerdì
MASSELLO: Fino al 21,
XXI Festa della Valaddo, intrattenimenti musicali e sfilata in costume, con danze eccitane.
PINEROLO: Alle 21,30,
in frazione Abbadia, intrattenimenti musicali nella piazza
del supermercato «Il Continente».
SAN SECONDO: Festa
patronale fino a domenica 22.
TORRE PELLICE: Giornata «Giovanni Miegge» dei
Centri culturali evangelici.
21 agosto, sabato
ANGROGNA: Balli occitani alla Vaccera a partire
dalle 18.
TORRE PELLICE: Alle
21, in piazza Muston, spettacolo di musica e balli tradizionali della Sicilia con il
gruppo Folk di Agrigento.
PRAGELATO: Gara com
binata con arrampicata e tiro
con l’arco, in serata festa a
Grange.
TORRE PELLICE: Alle
17, presso l’archivio della Tavola valdese, assemblea della
Società di studi valdesi.
VILLAR PEROSA: Festa
campestre in borgata Caserme.
TORRE PELLICE: Alle
20.45, nell’aula magna del
Collegio valdese, presentazione del libro di Piera Egidi
«Voci di donne», oltre il decennio di solidarietà delle
chiese con le donne.
22 agosto, domenica
ANGROGNA: Lo Sport
Club Angrogna organizza la
Festa d’la Vacira.
FENESTRELLE: Mercatino dell’artigianato.
SAN SECONDO: Festa
patronale con il gruppo folcloristico «Kokalos» di Sant’
Angelo Muxaro, Palermo.
TORRE PELLICE: Dalle
9 alle 18, nell’isola pedonale,
esposizione di quadri «L’isola per l’arte».
PEROSA ARGENTINA:
Nel parco della Comunità
montana, dalle 7 alle 17,30,
mercatino delle pulci.
TORRE PELLICE: Alle
20.45, nell’aula sinodale, serata storica della Società di
studi valdesi su «1 luoghi della memoria, la memoria dei
luoghi».
TORRE PELLICE: Al
circolo Mûris gara a bocce alla baraonda, a partire dalle 14.
23 agosto, lunedì
FENESTRELLE: Alle 21,
mostra «Homo Faber» Occitania ’99, con gruppi di musica etnica; laboratorio Graal.
25 agosto, mercoledì
FENESTRELLE: Festa
del paese in frazione San Luigi, con serata danzante e balli
latinoamericani, serata con
«Enzo e Massimo».
27 agosto, venerdì
PINEROLO: Alle 21,45, a
Abbadia Alpina, nello spazio
antistante l’ipermercato Continente, spettacolo di cabaret
con Poletti e Paglieri.
r settembre, mercoledì
TORRE PELLICE: Alla
Bottega del possibile, alle
20,30, presentazione del libro
di Valter Careglio «Quando il
telaio scricchiola», la vai Pellice e la crisi del cotonificio
Mazzonis; saranno presenti
l’autore e l’editore.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo
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dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
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Cinema
PINEROLO — La multi
sala Italia propone alla sala
«2cento», da venerdì 20, Nemico pubblico; alla sala
«5cento», da giovedì 19,
Startrak; per gli orari telefonare allo 0121-393905.
SAN SECONDO — Venerdì 20 agosto, in piazza Europa, ore 21,45, proiezione di
Muían. Venerdì 27 agosto,
ore 21,45, Z la formica.
FENESTRELLE — Sabato 21 agosto, alle 21,45, in
zona casermette, proiezione
di Così è la vita.
RORÀ — Giovedì 19, ore
21,30 in piazza Fontana,
proiezione di Svegliati Ned.
IN VIAGGIO DA
BOBBIO PELLICE
ALLA GERMANIA
Per i 300 anni di Waldensberg, nell’ambito del
gemellaggio realizzato
con la chiesa, si sta organizzando una gita dal
costo approssimativo di
lire 100.000 (sconto per i
bambini minori di 10 anni). La partenza sarà venerdì 27 agosto alle ore
4.00 del mattino da piazza Caduti: l’arrivo a Waldensberg è previsto intorno alle ore 16,30 dello
stesso giorno. Il rientro a
Bobbio avverrà nella serata di lunedì 30 agosto.
Per le prenotazioni rivolgersi ad Antonio Zatti
(tei. 0121-933435). All’atto della prenotazione occorre versare una caparra di E. 50.000 a persona. Si chiede di portare il
costume valdese da indossare per il culto della
domenica 29 agosto; è
cosa simpatica portare
anche un regalino per la
famiglia che ospiterà.
Le chiese
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Sinodo. Al
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BIBIANA — Giovedì 28
agosto, alle 21,45, nell’area
di villa Bodo (in caso di pioggia nel salone parrocchiale),
proiezione di Così è la vita.
BOBBIO PELLICE —
Domenica 2 agosto, alle ore
21,45, nel prato adiacente il
tempio valdese, proiezione di
Patch Adams.
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I Intervista al moderatore, Gianni Rostan, sul trascorso anno di lavoro
Il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste
[a recente crisi dei Baicani è stata ai centro delle preoccupazioni delle chiese
e dell'attività del Servizio rifugiati e migranti della Fcei. I temi del Sinodo
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Le chiese valdesi e metodi
si preparano al prossimo
Inodo. Abbiamo chiesto al
Sderatore della Tavola valle Gianni Rostan, una valutazione dell’anno di lavoro
appena trascorso.
.(Direi un anno tranquillo
oer quanto riguarda i problemi interni. Abbiamo avuto alarne chiese che sono rimaste
scoperte più a lungo del preristo dal servizio pastorale
regolare; la situazione delle
juntribuzione delle chiese si
è evoluta positivamente, più
dell’aumento del costo medio della vita ma meno delle
nostre previsioni, tanto che
non abbiamo potuto adeguare l’assegno pastorale come
avevamo sperato. L'anno è
stato caratterizzato però dalla crisi dei Balcani che ha
molto colpito e impegnato
tutte le nostre chiese, gli esecutivi nazionali e in particolare il Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle
chiese evangeliche. Noi non
pensiamo che i problemi in
quell'area siano finiti, tutt’altro: il compito della ricostruzione è immane, sia in Kosovo sia in Serbia. E poi c’è da
ricostruire la fiducia reciproca fra i popoli della regione e
con i popoli europei. La nostra responsabilità di chiese
evangeliche in Italia è ancora
più grande perché diverse e
importanti organizzazioni
ecumeniche e internazionali
desiderano fare riferimento a
noi per gli aiuti che nei prossimi mesi e anni saranno indirizzati verso i Balcani, in
particolare verso il Kosovo e
la Serbia. Vorremmo appoggiare anche l’azione di quanti
chiedono che l'Onu recuperi
spazio e credito nella gestione delle crisi internazionali
mentre la Nato dovrebbe fare
un passo indietro».
-Si tratta di temi molto impegnativi, insieme a molti altri che si stanno affrontando
in questi anni...
«Sì, anche per questo pensiamo che bisogna un po’ riprendere la questione della
Gianni Rostan
formazione, sia dei pastori
sia dei laici, sia di coloro che
sono chiamati a svolgere servizi per l’insieme delle nostre
chiese, sia di quelli che sono
chiamati a farlo a livello locale. La riflessione deve coinvolgere la Facoltà di teologia
ma anche tutti i nostri interventi a livello culturale e formativo».
- Ci sono state novità sul
fronte dell'ecumenismo?
«Abbiamo avuto luci e ombre. Con i cattolici è continuata una buona collaborazione nella commissione che
si occupa del documento di
applicazione del “Testo comune” sui matrimoni interconfessionali. Forse arriveremo al Sinodo con la versione
finale del documento che è
nelle ultime fasi di elaborazione. Si tratta senz’altro
dell’esempio di migliore disponibilità e massima apertura che ha avuto la Chiesa
cattolica negli ultimi anni.
Certamente ci sono anche le
ombre, in particolare quelle
riguardanti il Giubileo e le indulgenze che hanno già fatto
reagire le nostre chiese e le
Conferenze distrettuali».
- Ci sono delle novità anche
nei rapporti con le chiese pentecostali?
«Sì, come ha riferito “Riforma” nell’ultimo numero, abbiamo dovuto affrontare
qualche malinteso riguardo
il libretto di Eugenio Stretti
sulle Assemblee di Dio in Italia, ma ora spero che tutto si
sia chiarito nel massimo della fraternità. La cosa più significativa, comunque, è stata la conclusione di una prima fase di incontri con alcune chiese pentecostali da cui
è emerso un documento sul
dialogo [vedere a pagina 6 di
questo numero, ndr] che lascia prevedere buoni sviluppi nell’immediato futuro, anche nella riflessione su temi
teologici molto pregnanti come, per esempio, quello della Trinità».
- A livello parlamentare e
di governo in questi mesi si è
riaperto il capitolo scuola,
con qualche sofferenza da
parte degli evangelici...
«Infatti, sulla questione del
credito scolastico derivante
dall’ora facoltativa di religione cattolica abbiamo dovuto
di nuovo ricorrere in giudizio
a causa delTanticostituzionalità dell’ordinanza del ministro della Pubblica istruzione: il Tar del Lazio ha rimandato la discussione in novembre. Vedremo. Certo che
su tutta questa materia la
Chiesa cattolica non solo è
sorda ma vuole anche superare le garanzie laiche dell’attuale Costituzione, soprattutto in materia di parità scolastica, su cui, tra l’altro, il Sinodo ha già discusso nel recente passato e su cui dovremo ritornare».
- Di che cos’altro si discuterà nel prossimo Sinodo?
«Sarà il Sinodo stesso a deciderlo. La Tavola indica una
serie di temi che ci sembrano
importanti e urgenti: la situazione internazionale con particolare riferimento alla crisi
dei Balcani e alle sue conseguenze; la bioetica: il Gruppo
di riflessione incaricato dalla
Tavola presenterà un nuovo
documento, inoltre molte
nostre chiese hanno riflettuto
a fondo sui precedenti documenti, soprattutto su quello
dell’eutanasia; poi si dovrebbe discutere di ecumenismo,
con le sue luci e le sue om
Il lavoro delle due Commissioni d'esame per il Sinodo
Al vaglio l'opera degli esecutivi ecclesiastici
Le due commissioni d’esame (Cde) che ogni anno verifreaiio l’operato delle Commissioni sinodali amministrai^e (Tavola, Opcemi, Commissione per la diaconia, Fai-efrà di teologia) e delle opere
ene rispondono direttamente
P Sinodo (Agape, Ecumene,
^asa Materna, Servizio cris lano di Riesi, Centro diaco.me La Noce), sono formate
mascuna da quattro persone,
Uella Cde della Tavola,
a Opcemi, della Facoltà di
ologia e delle opere che riPondono al Sinodo fanno
P he Franco Siciliano, relavau’ "^^hibro della Chiesa
Mi ùi Pinerolo; Gianni
Hi c Chiesa valdese
^ Lerentino, nel Lazio; i papi Franco Carri (in servizio
®rignola. Venosa e Rapol
la) e Klaus Langeneck (in servizio a Riesi e Caltanissetta).
Chiediamo a Franco Siciliano come valuta questa sua
prima esperienza di «esaminatore» sinodale: «Visto più
daH’interno, cresce l’apprezzamento e la stima per il lavoro, tanto e difficile, che la
Tavola svolge». La Commissione d’esame è un istituto di
controllo che consente ai
«commissari» di avere un
mese per leggere qualsiasi
documento e incontrare
chiunque: «In effetti - continua Siciliano - soprattutto
per i laici che normalmente
sono meno addentro alle attività della chiesa, si consente
di “aprire le carte”, di vedere
tutto. Bisogna dire, però, che
la mole di documentazione,
di problemi, di persone coin
P®*’ l8 Commissione diaconia: da sinistra Thomas Noffke, Mariiy
l'Sonelii, Christian Gysin e Paoio Gay
bre. Sarebbe poi necessario
tornare a discutere a fondo di
formazione, in vista del pastorato, del diaconato, della
predicazione o di un qualsiasi altro servizio nella chiesa,
anche a livello locale, e anche
di strategia culturale; a settembre ci sarà un incontro a
Ecumene tra i diversi operatori del settore, per cui un indirizzo sinodale sarebbe utile. Naturalmente si parlerà
anche della vita delle chiese,
di finanze e contribuzioni e
anche della collaborazione
tra battisti, metodisti e valdesi che sta procedendo bene a
livello di cura pastorale delle
chiese locali e di pubblicazione del settimanale “Riforma”
e che ora dovrebbe continuare anche sul piano della
Claudiana e della Facoltà di
teologia. Infine, credo che si
dovrebbe parlare di futuro,
nel senso che l’anno prossimo ci sarà un ricambio di
persone nella Tavola, scade il
moderatore, e nella Commissione sinodale per la diaconia (Csd), scade il presidente.
Bisognerà anche ripensare il
modo di lavorare, per esempio quanti tempi di lavoro
(pieni o metà tempo) sono
necessari per fare funzionare
bene questi esecutivi ecclesiastici, oppure se non sia il
caso di prevedere una designazione un anno prima per
moderatore Tavola e presidente Csd in modo da prepararsi un minimo di fronte a
queste responsabilità».
- Uno dei problemi tipici
del Sinodo è l'affollarsi di
tanti argomenti: quest’anno si
sperimenterà il lavoro in
gruppi...
«Sì, penso che si dovrebbe
poter lavorare in gruppi nel
pomeriggio di lunedì e nella
mattinata di martedì. Si dovrebbe così facilitare la partecipazione di tutti, l’approfondimento degli argomenti e la
preparazione di ordini del
giorno o documenti che comunque dovranno essere discussi e approvati in assemblea plenaria sinodale».
is Parla il presidente Csd, Paolo Ribet
La diaconia evangelica è in
fase di grandi cambiamenti
La Commissioni sinodale
per la diaconia (Csd) si occupa, con la collaborazione di
comitati locali, delTamministrazione, gestione e coordinamento di sei Case di riposo
per anziani (Vittoria, Firenze,
San Germano, Luserna San
Giovanni e Torre Pellice),
dell’istituto Gould di Firenze,
di sei foresterie. Case di vacanza o accoglienza (Venezia, Rio Marina, Vallecrosia,
Torre Pellice, Borgio Verezzi
e Torino), coordina le attività
degli ospedali gestiti dalla
Ciov (Torino, Torre Pellice e
Pomaretto) e segue anche altre attività diaconali di opere
e istituti gestiti da Concistori
o da altri enti evangelici. Insomma, una massa notevole
di attività e responsabilità.
Chiediamo al presidente
della Csd, il pastore Paolo Ribet, una valutazione sull’anno di lavoro che sta per terminare: «Credo che un aggettivo solo non basti. È stato
certamente un anno difficile.
Gli ospedali hanno attraversato alcuni mesi di crisi; siamo in un momento di grandi
trasformazioni nel campo
della sanità e gli ospedali di
Torino e delle Valli si devono
strutturare sia dal punto di
vista dell’organizzazione che
degli edifici. Questo fatto
crea grandi apprensioni sia
nel personale che negli amministratori, in quanto da un
lato si deve razionalizzare il
servizio e operare dei risparmi e dall’altro dobbiamo finanziare le ristrutturazioni.
D’altro canto, o si fa così o si
chiude. E credo che nessuno
voglia chiudere tre realtà
operative che hanno dimostrato di saper lavorare bene.
Basti un dato: l’ospedale di
Torino con 150 Ietti ha un
fatturato pari al San Luigi di
Orbassano che di letti ne ha
400. Quanto detto fin qui per
gli ospedali vale anche per le
Case di riposo o per gli istituti per minori. In tutta Italia vi
è una contrazione della spesa
per l’assistenza; lo stato esige
servizi molto alti, ma non è
altrettanto pronto a pagarne i
costi per cui non paga o preferisce avvalersi di cooperati
volte è tale da costringerci
comunque a fare delle scelte,
anche perché poi i lavori sinodali durano cinque giorni,
non un mese».
Quali sono i problemi principali che, secondo voi, dovrebbe affrontare il prossimo
Sinodo? «Certamente i problemi deH’ecumenismo e di
quelli che la scienza pone
all’etica cristiana. Poi quello
della formazione: si tratta di
capire come migliorare, il lavoro di quefl’insieme di istituzioni che si occupano di
questo, dalla Facoltà di teologia, alla Commissione per gli
studi, al Centro di formazione diaconale. Un altro problema su cui si è riflettuto
spesso in questi anni riguarda il funzionamento della nostra struttura ecclesiastica
complessiva; Tavola, distretti, circuiti: si fa tantissimo lavoro, forse troppo, forse ci
sono dei margini per migliorare la funzionalità del nostro
sistema. Anche il lavoro in
gruppi che sperimenteremo
in questo Sinodo dovrebbe
migliorare la funzionalità di
questa grande assemblea nazionale; amplierà certamente
la possibilità di partecipazione e anche il tempo a disposizione per discutere di una
serie di argomenti».
Cde per la Tavola: da sinistra Gianni Musella, Klaus Langeneck,
Franco Siciliano e Franco Carri
Della Cde che esamina il
lavoro svolto dalla Commissione sinodale per la diaconia (Csd) fanno parte Paolo
Gay, relatore, della Chiesa
valdese di Luserna San Giovanni, Mariiy Scorsonelli
Manfrini, metodista, della
Chiesa valdese di Pisa, i pastori Christian Gysin (in servizio a Basilea) e Thomas
Noffke (in servizio a Roma
via IV Novembre). «Ci ha particolarmente impressionati dice il relatore Paolo Gay - il
grosso lavoro svolto dalla
Csd, e non ancora terminato,
per l’accorpamento di 13 istituti in un ente unico. 11 Sinodo dovrà dare indicazioni
operative per continuare il
lavoro in questa direzione.
Comunque, ci sembra che
sarebbe stato meglio se la
Csd avesse curato di più, anche attraverso Riforma, l’in
formazione alle chiese anche
su questi aspetti. Sugli ospedali, invece, c’è stata indubbiamente più informazione.
Abbiamo anche notato che
ovunque i rapporti con gli
enti pubblici sono un po’
problematici, come problematica resta la quadratura
dei bilanci, trattandosi di
opere diaconali. Ci dispiace
che di tutto il lavoro che abbiamo fatto come Cde potremo presentarne al Sinodo solo una piccola parte; infatti,
se si volesse ridiscutere a fondo la politica diaconale della
nostra chiesa ci vorrebbe ben
più del tempo che normalmente si dedica alla diaconia.
Speriamo che il lavoro in
gruppi di quest’anno ci consenta di dedicare più attenzione anche a questo aspetto
importante della testimonianza della chiesa».
Paolo Ribet
ve che danno salari ridicoli ai
loro dipendenti. Faccio un
solo esempio: una nostra Casa non ha pagato gli stipendi
per due mesi perché l’ente
pubblico non versava regolarmente i suoi contributi».
I problemi, dunque, non
sono mancati, ma non ci sono stati solo problemi; «Grazie a Dio, no. Sul fronte degli
ospedali, in giugno, abbiamo
avuto la firma di un documento tra Comune di Torino,
Regione Piemonte e Ospedale evangelico di Torino che
ha richiamato tutte le massime autorità politiche e amministrative e lì abbiamo
sentito parole di grande apprezzamento, segno che stiamo lavorando nella direzione
giusta. Ripeto che il nostro è
un tempo molto particolare,
in cui la filosofia stessa della
sanità e dell’assistenza stanno cambiando in Italia e in
Europa, e noi dobbiamo
cambiare cercando non di
stare a rimorchio di ciò che
fanno gli altri ma (se ne saremo capaci) anticipando tendenze nuove e proponendo
un tipo di assistenza che sia
cura della persona nella sua
interezza e dignità».
Dall’anno scorso il Sinodo
ha dato il via alla Csd come
«ente unico» delle diverse
opere e istituti che le sono
stati affidati, come ha funzionato questa nuova struttura?
«Da gennaio la Csd è un’unica azienda formata da una
dozzina di opere, ognuna
della quali però ha mantenuto, come prima, la sua autonomia interna di gestione.
Non è facile mettere insieme
stili e abitudini diverse e
dunque abbiamo avuto qualche problema, che tuttavia
stiamo superando. Al di là di
questo, rimane il fatto che la
nuova struttura dovrebbe dare maggiore forza e solidità a
tutte le opere e consentire un
aiuto reciproco per affrontare
le sfide di cui ho parlato poco
sopra. È bene che tutti riflettano sul fatto che i grandi
cambiamenti strutturali possono essere affrontati soltanto dandosi una solida organizzazione e non muovendosi in ordine sparso».
Quest’anno in Sinodo si
parlerà anche dei cambiamenti che si avranno nel 2000
a livello di moderatola e di
presidenza della Csd; «Sì, il
prossimo anno scadranno il
presidente e il vicepresidente
della Csd. Dopo sette anni di
lancio della nuova struttura
con un vertice a tempo parziale, sarebbe bene ipotizzare
un periodo di consolidamento con una presidenza a tempo pieno. L'ultima parola,
però, la vorrei spendere per
ricordare il gran lavoro fatto
in questi anni da Anita Tron,
la segretaria della Csd, che
ora lascia perché la Tavola le
ha affidato un altro incarico:
molte realizzazioni di questi
anni non sarebbero state possibili senza il suo contributo».
Pagina a cura di
EUGENIO BERNARDiNi
10
PAG. 6
RIFORMA
Riforma
La nostra crisi
Giuseppe Platone
Leggendo le cronache delle Conferenze distrettuali delle
chiese valdesi e metodiste [Riforma del 25 giugno) ho colto
alcuni dati preoccupanti. Nel primo distretto la notizia che
nel 2001 verrà una équipe della Cevaa composta da tre persone (una africana, una del Pacifico e una europea) con
l’obiettivo di confrontare i diversi modi di vivere la fede e di
riappropriarsi del senso della propria missione, pare che sia
stata accolta con «marmoreo entusiasmo». C’è qui un segnale di chiusura che indica come su quest’aspetto, diciamo
interculturale, alle Valli (e non solo) ci sia ancora molto da
lavorare. Nel secondo distretto è emerso il fatto che in
vent’anni c’è stato un calo del 18% dei membri di chiesa. Ci
sono, in quest’area, chiese sempre più piccole e con meno
giovani. Insomma, vent’anni di forte dimagrimento. Bisognerà verificare se questo dato è valido anche sul territorio
nazionale. Nel terzo distretto si è discusso a lungo sui ritardi
e le assenze di pastori e deputati ai lavori della stessa Conferenza. Su questo problema di disordine partecipativo si è
votato un apposito ordine del giorno in cui si rileva «con
grande dispiacere l’assenza del rappresentanti di diverse
comunità». Dopo tanto dispiacere alcuni deputati e pastori
hanno lasciato i lavori della Conferenza la domenica mattina, prima del culto e della conclusione dei lavori. Infine, nel
quarto distretto, di fronte alle difficoltà di individuare nuove persone a cui affidare incarichi importanti all’interno
della chiesa, è scaturito un energico appello, rivolto in particolare al giovani pastori, a farsi carico delle responsabilità
del lavoro comune. Emerge qui un problema legato al passaggio delle generazioni nella dirigenza della chiesa.
L’impressione generale, leggendo le cronache di queste
Conferenze, è che abbiamo chiese ben strutturate, un lavoro delle opere diaconali decisamente in crescita, ma tutto si
svolge in un generale calo di tensione. Manca un po’ di entusiasmo che si coniughi con quel rigore calvinista che sino
a ieri (purtroppo anche nei suoi eccessi) ci caratterizzava.
C’è qualcosa che non funziona nel nostro modo di essere
protestanti. Una sorta di eccessiva staticità e melanconia.
Eppure abbiamo tutti gli strumenti che vogliamo (dai circuiti ed Sinodo) non per contarci ma per rilanciare il nostro
progetto. Siamo, insomma, una chiesa che vive, anche a livello pastorale e diaconale, la crisi del cristianesimo europeo. Crisi economica? Sì, certamente, ma non è l’unico elemento. La fraternità? Sempre troppo scarsa. La professionalità? E in genere poco curata, bisognerebbe aggiornarsi di
più, documentarsi. La famiglia? Non se ne parla. Parliamo,
giustamente, di tanti temi etici e sociali ma non affrontiamo
il problema di famiglie in crisi. La cosa più difficile oggi per
un pastore e un diacono, è gestire bene la propria famiglia e
parallelamente la propria comunità. 1 risultati derivanti da
questa duplice difficoltà sono sotto gli occhi di tutti.
C’è però un dato positivo che bisogna sottolineare: il coraggio che ancora abbiamo di analizzare, con cruda franchezza, la situazione della nostra chiesa. Ma non basta, bisogna anche trovare il modo di uscire dalla crisi. E qui occorre che ciascuno di noi faccia il proprio esame di coscienza. Non possiamo pretendere dagli altri quello che noi
non riusciamo più a vivere con forza e passione. Ancora
una volta l’aiuto dovrà venirci dall’alto. Ma non in una sorta d’automatismo. Solo impegnandoci a dare quello che
abbiamo le forze si moltiplicano. Se ci fermiamo alla constatazione nuda e cruda dei fatti resteremo al palo.
Continueremo ad avere di fronte a noi una folla affamata
a cui non daremo nulla perché pensiamo di dovere fare tutto da soli. Senza l’aiuto di Dio e del suo Spirito resteremo lì,
paralizzati, tra incredulità e fede, tra nostalgia del passato e
incapacità di progettare il presente. La nostra precarietà
nasce nella tua coscienza, che alle prime difficoltà, pensa di
risolvere tutto da sola dò che va invece costruito insieme.
Si lavora troppo spesso contro, anziché con gli altri.
Non ho una risposta, vorrei però anteporre all’angoscia
del piccoli numeri, dei compiti che ci sovrastano rispetto
alle forze in campo il gusto del rischio della fede. Non l’incoscienza e neppure la fuga dalle difficoltà ma la consapevolezza che affrontando con coraggio le attuali difficoltà
saremo sostenuti da colui che è stato abbandonato ma non
abbandona. Che ti tira su mentre stai andando a fondo.
LIVJ'
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VENERDÌ 20 AGOSTO
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sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 31 del 30 luglio 1999 è slato spedito dall'Ufficio CMP
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periodica italiana
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Documento comune sul dialogo
Dai colloqui con alcune chiese pentecostali è stato elaborato
un testo su significato, modalità, strutture e scopi del dialogo
Da circa un anno, i rappresentanti di alcune chiese pentecostali
e una piccola commissione valdese-metodista si sono ripetutamente incontrati per verificare la possibilità di un dialogo teologico. Non si tratta del primo tentativo in assoluto: già dal 1995 una
delegazione dell'Alleanza riformata mondiale e alcuni rappresentanti del mondo pentecostale si incontrano annualmente e hanno
già verificato convergenze (molte) e divergenze (alcune) su varie
questioni. Se non sbaglio, però, è la prima volta che questo accade
in Italia, e che non ci si è limitati a un incontro occasionale.
Incontrarsi e dialogare: ecco due verbi, due modi di essere che
dovrebbero distinguere quanti si richiamano all’Evangelo di Cristo
e dell’Evangelo non si ritengono custodi esclusivi e privilegiati. Incontrarsi e dialogare: è uno svelarsi reciproco, un presentarsi come
si è sapendo che l’altro desidera sapere come sei e non presume di
saperlo già. È uno svelarsi davanti a Dio, per scoprire i doni e le
potenzialità l'uno dell’altro, per scoprire che tutti viviamo della
sua grazia. Le tesine che seguono concludono la prima fase degli
incontri. Esse indicano che cosa tutti possiamo pensare quando
parliamo del dialogo. Forse, appunto, è stata aperta una porta al
dialogo. Ci doni il Signore di varcare l^soglia e di procedere.
Salvatore Ricciardi
Il significato del dialogo
1) Dialogare significa intavolare un discorso o un colloquio tra due o più persone.
La persona umana è strutturata per il dialogo e ne è plasmata. La vita è un intreccio
dì relazioni, cioè di dialoghi.
La fede poi riconosce nella
capacità di dialogo della
creatura umana il riflesso
(l’«immagine e somiglianza»)
della realtà stessa di Dio. Dio
infatti è Parola (Giovanni 1,
1), non silenzio. Parola rivolta all’uomo perché gli risponda ed entri in dialogo con lui.
Il dialogo è dunque «figlio»
della Parola.
2) Dialogare significa per
ciascun interlocutore parlare
e ascoltare. Senza ascolto
non c’è dialogo, ma solo una
somma di monologhi. Questo è vero in generale, ed è
insito nel significato stesso
del termine «dialogo». Lo è
tanto più nel caso di un dialogo come il nostro, che è un
dialogo tra chiese diverse chc>^
finora non hanno dialogato
tra loro, e nei cui rapporti reciproci non sono mancate
incomprensioni, dovute
principalmente al fatto che le
informazioni di cui le nostre
chiese disponevano raramente erano dirette o di prima mano. 11 dialogo comporta invece, per sua natura, che
le informazioni siano date direttamente dagli interlocutori, ciascuno dei quali deve
poter dire in prima persona
chi è, che cosa crede e che
cosa fa. Ciò indica la massima apertura possibile sia riguardo ai temi da affrontare
' sia riguardo alla libertà di
espressione di ciascuno. Nel
nostro dialogo abbiamo scelto di esaminare insieme ciò
che unisce, ciò che distingue
senza dividere, ciò che divide. È intenzione di tutti i partecipanti dare il giusto rilievo
a ogni aspetto che dovesse
emergere nel cammino che si
farà; così il dialogo trova la
Qualche settimana fa è
arrivata da Salerno una
lettera di alcuni ascoltatori
che chiedevano un commento sulla guerra di questa primavera. La lettera ci ha messo purtroppo un po’ di tempo
ad arrivare e il ritmo di questa
trasmissione domenicale, affidata a voci diverse ogni domenica, non ci ha permesso
di rispondere prima. Ma diciamo innanzitutto che siamo
contenti che questa lettera (e
poi altre simili) sia arrivata; e
anzitutto che sia stata scritta.
Ci sembra infatti impossibile
rimanere impassibili di fronte
a questa guerra, se l’Evangelo
della pace di Gesù Cristo ci ha
anche .soltanto sfiorati.
L’Evangelo è il racconto
(scritto, spiegato, ripreso, discusso, capito, accettato o respinto) della riconciliazione
sua ragion d’essere in relazione alla sua stessa natura.
3) 1 credenti vivono il dialogo nella chiesa e tra le chiese
come un dono di Dio («Nessuno di noi vive per se stesso
e nessuno muore per se stesso», Romani 14, 7), mediante
il quale esse esprimono la loro comunione («Allora quelli
che temono l’Eterno si sono
parlati l’uno all’altro; e l’Eterno è stato attento e ha ascoltato...», Malachias, 16), oppure la approfondiscono, o ancora cercano insieme, alla luce della parola di Dio, il consenso della fede e la grazia di
un discorso comune sui vari
temi e problemi della testimonianza cristiana nel nostro
tempo. Il dialogo fra cristiani
è dunque al servizio della comunione in Cristo e tra loro,
per manifestarla, ampliarla,
nutrirla, purificarla. Questa
comunione, a sua volta, è al
servizio dell’evangelizzazione
secondo la promessa di Gesù
in Giovanni 17, 21.
Modalità e struttura
del dialogo
1) In ogni colloquio o conversazione e più voci, quindi
in ogni dialogo dove si voglia
mantenere chiarezza e correttezza, è necessario individuare gli interlocutori, occorre cioè sapere chi partecipa al dialogo e a che titolo.
Un primo passo in questa direzione è stato compiuto
quando si è precisato che,
nel nostro dialogo, le chiese
pentecostali partecipano singolarmente per cui ognuna
rappresenta se stessa.
2) Di solito in dialoghi di
questo tipo vi sono i partecipanti a pieno titolo, gli osservatori e gli invitati. Ciascuna
di queste tre modalità costituisce un particolare tipo di
partecipazione al dialogo e
può contribuire ad arricchirlo. Negli incontri preliminari
le diverse posizioni vanno
chiarite, così come vanno fis
-"n
sati modi, tempi e luoghi del
dialogo. Va precisato che le
chiese partecipanti possono
essere rappresentate da più
persone anche se in caso di
votazione ogni chiesa o gruppo dispone di un solo voto.
3) Per un ordinato e sereno
svolgimento del dialogo sembra opportuno creare una
struttura operativa costituita
da una co-presidenza e una
co-segreteria per la circolazione delle informazioni, i
rapporti con la stampa e l’opinione pubblica, le questioni logistiche, la convocazione
e preparazione degli incontri,
la pubblicazione e diffusione
dei documenti comuni frutti
del dialogo.
Scopi del dialogo
1) Il dialogo non è un fine
ma un mezzo; non si dialoga
per dialogare, si dialoga per
qualcos’altro. Vi è uno scopo
oggettivo del dialogo perché
insito nella sua natura; conoscersi. È questo lo scopo primario del nostro dialogo. Essendo la prima volta che in
Italia un’iniziativa di questo
genere è stata presa, è evidente che non vi possono essere
altri obiettivi se non quello dì
cominciare a conoscersi, presentandosi direttamente ciascuno con la sua autocomprensione. Questa può essere
finalmente l’occasione in cui
chiese evangeliche riformate
e chiese evangeliche pentecostali, con una storia e una teologia diverse, si parlano alla
pari e direttamente, raccontandosi e ascoltando come gli
altri si raccontano.
2) Altri scopi immediati
questo dialogo non ne può
avere. Vi potranno essere
obiettivi derivati da questo,
ma è difficile per ora immaginare quanti e quali possano
essere. Solo dialogando si potrà eventualmente andare
verso nuove scoperte. È un
cammino che tutti dobbiamo
compiere con umiltà, invocando la guida dello Spirito.
Chiesa valdese (Unione delle
chiese valdesi e metodiste), moderatore Gianni Rostan; Missione nuova Pentecoste, past.
Remo Cristallo; Chiesa cristiana pentecostale italiana (Comunione di chiese pentecostali
autonome), past. Giacomo
Loggia; Chiesa evangelica internazionale, past. Silvano Lilli;
Chiesa pentecostale di Catania,
past. Ottavio Prato; Chiese
Elim, past. Giuseppe Piccolo;
Chiese del pieno Evangelo, past.
Enzo Grande; Chiesa apostolica
in Italia, past. Roberto Mazzeschi; Chiesa pentecostale di
Giugliano (Na), past. Antonio
Romeo; Chiese della valle del
Sele, past. Romolo Ricciardiello; Chiesa pentecostale di Napoli-Secondigliano, past. Michele Romeo.
/ IV' S ■' Jì •
OiJM E)
EUGENIO RIVOIR
di Dio con gli uomini e le
donne di ogni tempo e di
ogni terra; la buona notizia
della riconciliazione. Siamo
chiamati ad essere testimoni
della riconciliazione. È chiaro
che ognuno di noi sarà sempre soltanto un testimone imperfetto, incapace, timido,
ignorante come sono tutti i
testimoni di questa terra ma,
anche se imperfetti, siamo testimoni della riconciliazione.
Il racconto giunto fino a noi
dell’incontro di Gesù Cristo
con uomini e donne di questa
terra è la storia della riconciliazione di Dio con il mondo,
con noi e con altri, che incontriamo e che ci incontrano.
Per questo siamo lieti di
questa e di altre reazioni che
esprimono lo sconvolgimento di tanta gente di fronte alla guerra. La guerra è il contrario della riconciliazione;
ruiittà
Il papa e l'ecologia
Nell’inserto del venert^,,
nominato «Ecologia e tei
rio», Marino Niola (16
commenta le parole chei
pa ha pronunciato dalla
vacanza nella valle di
mes, provincia di Aosta,
vanni Paolo II ha auspii
«un nuovo patto - scrive
la - tra la generazione ^
te e quelle future fònZ.
sull’equilibrio tra sociejj
ambiente, che "favorisca^
rapporto armonico e sosijc
bile”. (...) L’intervento (.,j|
gna una novità di grandep
tata nel rapporto tra il cali,,
cesimo e le tematiche!
bientaliste. L’antropocea"
smo, ossia l’affermazifc
dell’assoluta centralitàè:
l’uomo rispetto alle altre|;
eie viventi (...) è infattiiu
delle ragioni storiche deli!
rivo disinteresse cristiano^
le sorti della natura. Fini
origini, infatti, la religione!
Dio fatto uomo, si coni
per una distanza verso#
ciò che è natura, intesa cti
ambiente esterno...». L'aà
lo prosegue: «Tale atteggi
mento è legato al tentatìvoi
estirpare dal mondo ognii
siduo del paganesimo eiej)i
neva invece un Dioinoga¡
luogo naturale», secouàoo
mito della dignità esdusii.
della natura umana, peti/
creata a immagine esoi
glianza di Dio». Conclude|
l’autore; «L'umanesimoi
futuro sarà umanesimo è.
‘‘condivisione” o non sari
parole di Giovanni Paoli
indicano dunque una stii
con una lungimiranza!
sembra mancare a molti)
tenti della terra». Ma cliei
presente, possiamo aggiri
re, nelle idee ispiratiicii
progetto «Giustizia, pace,!
vaguardia del creato» la«>
dal Cec molti anni fa.
la Repubblica
Le «Valli di Valdo»
Imprecisione nel sup|(
mento settimanale dediti
agli itinerari turistici. IH
articolo dedicato ai sitip»'
Olimpiadi invernali deli!
assegnate a Torino, C#
Corti (15 luglio) parla di
rolo «che dischiude la pi>*
ra (...) ed è punto di part*"
per percorrere tutta h’
Chisone, Salice d’UlziolJ
colle del Sestriere e lavalj
lice, città d’arte e custode*
le antiche tradizioni dia*
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le cosiddette Valli di V®
dove nacque e si perpete*
religione valdese».
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(Rubrica «Parliamone
della trastnissione «CmIIO ^j^
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onda domenica 15 agosto)
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20 AGOSTO 1999
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Il pastore
Elio Maggi nel
Rio de la Piata
Il 1® luglio è mancato a Colonia Vaidense (Uruguay) il
nastore Elio Maggi. Venuto
nel Rio de la Piata come evangelista, fu consacrato pastore
valdese nel 1963. Per molti
anni curò la comunità evangelica di Nueva Helvecia che
orafa parte della Chiesa evangelica di Rio de la Piata (lerp).
Lavorò anche nella Chiesa
valdese di San Gustavo, nella
■provincia di Entre Ríos (Argentina) e fra i gruppi disseminati della provincia del
Chaco e Santa Fe. In Uruguay
lavorò nelle comunità di Colonia, Tarariras e Miguelete.
Maggi apparteneva alla generazione di pastori che vennero dallTtalia a svolgere il
loro ministero nelle nostre
chiese valdesi d’America. Il
suo nome è strettamente legato a quello dei pastori Ernesto e Juan Tron, Silvio
Long, Emilio H. Ganz. Il suo
ministero, però, lo ha inserito
pienamente nella generazione di pastori formatisi in
America. La sua personalità
molto originale rompeva tutte le barriere ed eliminava le
separazioni. Fino alla fine è
stato un uomo libero, che
non si è mai impedito di dire
e fare ciò che le situazioni
che viveva gli imponevano.
Questo gli ha creato conflitti
e scontri, ma tutto si risolveva sempre anche grazie al
suo gran senso dell’umorismo. Con lui nessuno poteva
sentirsi offeso.
Nella sua vita ha sempre
considerato fondamentale la
presenza e la compagnia di
sua moglie, Delia Benech. In
varie situazioni diceva che se
aveva potuto andare avanti
superando gli ostacoli della
vita, questo si doveva alla
presenza di Delia. E lo diceva
senza pudore, con la piena
convinzione dell’importantissimo ruolo da lei svolto
nella sua vita e nel servizio
che insieme poterono prestare nei luoghi in cui furono inviati a lavorare. Entrambi sono stati un ponte tra le comunità valdesi rioplatensi ed
europee. Infatti Maggi potè
occuparsi per un breve periodo di alcune comunità in Italia e in Svizzera in sostituzione di suoi colleghi.
Il ricordo della personalità
tanto speciale di Elio Maggi è
per tutti noi un invito a coltivare la nostra personalità con
un senso di autentica libertà,
quella che il Signore ci permette di vivere in fraterna co
munione. In questo senso ci
mancherà la sua presenza, ci
mancherà qualcuno che diceva quello che sentiva e
pensava, mettendo a rischio
l’immagine che i più potevano formarsi di lui. Questa è
la sfida che la sua vita di servizio ci lascia come eredità. Non lo dimenticheremo.
«Ora, o mio Signore, tu lasci
andare in pace il tuo servo,
secondo la tua parola; perché
i miei occhi hanno visto la
tua salvezza» (Luca 2,29-30).
Carlos Delmonte - Ombùes
de Lavalle (Uruguay)
Una bella
e simpatica
testimonianza
In questi ultimi anni, come
pastore battista in emeritazione, in forza del bmv sono
stato spesso invitato nelle varie chiese valdesi e metodiste
della Liguria e Basso Piemonte a sostituire i pastori tempotaneamente assenti. Durante una di queste trasferte
a Bassignana ho avuto occasione di ascoltare questa bella e significativa testimonianza della sorella Maria Allerici,
che a settembre compirà 98
anni. «Io sono nativa di un
paese vicino a Bassignana e
precisamente di Pecetto. Ero
giovanissima quando mi sono innamorata di un bel giovane di Bassignana che si
chiamava Ercole Cortella.
C’era però un grosso ostacolo
che a quei tempi sembrava
insormontabile. Io ero “figlia
di Maria”, cattolica, mentre il
giovane era protestante. Ero
molto preoccupata perché
quel giovane mi piaceva proprio tanto e non volevo perderlo. Allora, dopo tante incertezze, decisi di rivolgermi
a uno zio, sacrestano della
Chiesa cattolica di Pecetto,
per chiedere un consiglio.
Dopo avere esposto il mio
problema rimasi in attesa
della risposta che supponevo
negativa. Invece lo zio mi disse: “Vai tranquilla. Fidanzati
con Ercole e sposalo perché i
metodisti sono meglio di
noi”. Quelle parole mi diedero una tale carica che io incontrai Ercole e dissi: “Sono
pronta a sposarti, a seguirti
nella tua religione”. Da quel
giorno, dopo aver fatto la mia
confessione di fede nella
Chiesa metodista di Bassignana, prima con mio marito
e ora con mio figlio e mia
nuora, non sono mai mancata a un culto domenicale e
oggi, a 98 anni, ringrazio il Signore di avermi fatto conoscere Ercole, perché per mezzo suo ho conosciuto TEvangelo in cui si dice che siamo
salvati per grazia mediante la
Nella collana «Nostro tempo» è uscito:
Piera Egidi
Voci di donne
224 pp., L. 23.000, Euro 11,88, cod. 316
Tra_giornalismo e storia orale l’autrice raccoglie
50 interviste/percorsi di
vita di donne evangeliche italiane (pastore, diacene, mogli di pastori, laiche) di diverse generazioni e condizioni, del Nord,
Centro e Sud d’Italia e
delle valli valdesi. Ne nasce un mosaico di «voci
di donne» che costituiscono uno spaccato di storia
del protestantesimo italiano nell’arco di un secolo.
Il ministro Luigi Berlinguer sull'insegnamento della religione cattolica
«A scuola si deve fare cultura e non catechesi»
MARCO ROSTAN
E bravo ministro Berlinguer. Lo abbiamo spesso criticato, negli ultimi
tempi, e abbiamo temuto che la questione della parità scolastica venisse risolta senza tenere conto di quanto stabilito nella nostra Costituzione a proposito degli oneri dello stato per la
scuola privata. Sembra ora, anche se
parecchi nodi sono ancora da sciogliere, che si sia raggiunto un compromesso dignitoso, secondo il quale ci saran-^
no soldi per il diritto allo studio di tutti
gli alunni, indipendentemente dal tipo,
di scuola frequentata, e non soldi dati
direttamente alle scuola private. Ma diciamo bravo Berlinguer perché, finalmente, sulla questione dell’ora di religione cattolica, il ministro ha detto delle cose importanti, ha messo il dito sulla piaga, con una improvvisa e inaspettata impennata di laicità che, come
protestanti, ci fa piacere.
Non a caso, invece, dispiace a molti
altri, da Forza Italia ai responsabili della Conferenza episcopale (Cei), a settori
del mondo politico cattolico. Quando,
su queste cose, sono i vescovi a protestare, è buon segno. Vuol dire che la
scuola cerca di muoversi nel senso della libertà e del pluralismo. Come è noto, in una recente intervista il ministro
Berlinguer ha serriplicemente detto cose che tutti sanno sulla problematica
presenza dell’insegnamento religioso
cattolico nella scuola pubblica. Tra l’altro ha affermato che «a scuola si deve
fare cultura e non catechesi» e che «oggi sarebbe giusto che tutto il problema
tra laicità, religione e insegnamento
fosse affrontato con distacco sia per la
scuola non statale, che ha un progetto
educativo forte, sia per quanto riguarda
l’insegnamento di religione nella scuola statale. Dobbiamo aggiornare quell’impianto. Io penso che si debba discutere di questo, ma comunque per
trovare un’dternativa si deve modifica
re il Concordato». Molti sono immediatamente insorti per queU’accenno alla
modifica del Concordato, senza capire
il senso del discorso.
Infatti è verissimo che nel programma delTattuale governo non c’è alcuna
volontà di arrivare a tanto (e noi diciamo: purtroppo), ma è altrettanto vero
■che non si potrà mai trovare una seria
alternativa alTattuale modo di affrontare la religione a scuola se non si modifica quanto affermato nell’art. 9 del Concordato, dove «lo Stato deve assicurare
l’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole statali di ogni ordine e grado». Tra le reazioni più incomposte
quella delTineffabile Ombretta Fumagalli Carulli (Rinnovamento italiano),
ministro agli Interni, secondo la quale il
mettere in secondo piano l’insegnamento della religione cattolica nella
scuola statale significherebbe «creare
una generazione di alunni analfabeti
dal punto di vista religioso». Evidentemente la cara Ombretta non si rende
conto che Tanalfabetismo religioso non
solo degli alunni, ma degli italiani e di
molti deputati come lei, dipende precisamente dalla pervicacia con cui si è voluto mantenere nella scuola un monopolio confessionale. Del resto, pur con
le sue lodevoli intenzioni, anche il ministro contìnua a parlare di religione anziché di religioni, al plurale, di Chiesa anziché di chiese, minuscole e al plurale.
Nella speranza che in futuro impari
anche queste differenze che non sono
sottigliezze ma sono fondamentali, ci
congratuliamo con lui perché ha messo
l’accento su due questioni essenziali
nella prospettiva di una scuola europea, Primo: non è più possibile andare
avanti così, occorre che lo studio delle
religioni, dei fatti religiosi, nella scuola
statale, venga affrontato nell’ambito
del progetto culturale complessivo, in
modo plurale, culturalmente valido,
senza tutele gerarchiche. Secondo; poiché è il Concordato a prescrivere ùn in
segnamento confessionale della religione cattolica, non lo si può trasformare
in un insegnamento di etica, pur con
lodevoli intenzioni, da parte di molti
insegnanti di religione, senza che si
modifichi lo statuto di tale materia e
soprattutto le modalità di assunzione,
diverse da quelli dei docenti di tutte le
altre materie, di insegnanti che devono
avere il benestare da parte di una gerarchia confessionale, ma poi diventano di
ruolo nello stato. In altre parole: è il testo del Concordato che prescrive un insegnamento confessionale, quindi di
fatto catechetico, anche se poi in quell’ora si fa di tutto un po’ e anche se la
Cei si arrampica sugli specchi per dimostrare che non è come il catechismo
dell’oratorio (in parte con ragione). Le
cose sarebbero grandemente semplificate se, come avviene in molti paesi europei, gli insegnamenti confessionali
fossero collocati in orario aggiuntivo e
nell’orario obbligatorio per tutti si affrontasse la dimensione religiosa, la
storia delle religioni, il nesso fra fatti religiosi e avvenimenti storici, nel contesto delle altre materie e comunque con
insegnanti che seguano un percorso
formativo adeguato nell’università e
siano assumibili solo sulla base della
loro professionalità anziché della loro
appartenenza confessionale.
Sono queste, tra l’altro, le richieste
contenute in numerosi documenti votati nelle assemblee delle nostre chiese
e ripetutamente presentate al ministro
da parte del Consiglio della Federazione. Che sia la volta buona per una svolta? Cè lo auguriamo sinceramente, anche se il tutto ci sembra difficile. In un
famoso film Nanni Moretti scongiurava
D’Alema di «dire qualcosa di sinistra».
Non chiediamo tanto, ma prendiamo
atto che il ministro Berlinguer ha finalmente detto qualcosa di laico; adesso
bisogna che il governo di cui fa parte,
ma di cui fa parte anche il Ppi, provi seriamente a metterlo in pratica.
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINCT ^
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
Wtp;//www.arpnet.lt/-valde8e/claudlan.Mtn
fede per cui le opere servono
solo come testimonianza di
quello in cui si crede, ma non
hanno nulla a che fare con la
salvezza. E ieri come oggi
credo in un unico Signore,
Gesù Cristo, morto e risorto
per noi».
Erminio Podestà-Genova
Il mondo in
cui viviamo
Caro signor Artus-Martinelli, per quanto riguarda gli
appunti [Riforma del 16 luglio) fatti al mio articolo, concordo pienamente con lei. Se
avrà la compiacenza di farsi
inviare da Riforma il testo integrale del mio articolo, che
peraltro non è stato pensato
come un editoriale, capirà
meglio.
Ma non è per difendere la
mia modesta prosa che le
scrivo; mi ha colpito la frase
con cui mi ha «liquidato»;
«...il fatto che bisogna essere
rassegnati a essere avvelenati
dai cibi...: non mi sembra un
concetto fondamentale da
meditare». Qui, caro signor
Artus, dissento profondamente e le consiglio vivamente di meditare anche su
questi concetti. Le consiglio
di meditare quando mette in
moto la sua automobile o
quando sale su un aereo;
quando entra in un supermarket, quando sceglie un
paio di scarpe, perfino quando acquista la sua rivista preferita. Si renderà conto di
quanto il mondo in cui viviamo sia coinvolto da un suo
gesto abituale.
Salvo che il suo modello di
vita non sia quello di Simeone Stilita; in questo caso ha
ragione lei. Cordialmente
Piero Rostagno - Milano
U Asilo dei Vecchi,
di San Germano Chisone
ricerca un infermiere/a
da inserire nel proprio organico
Si prega di far pervenire dettagliato curriculum vitae non oltre il 20 settembre al seguente indirizzo:
Asilo dei vecchi, via C. A. Tron 13, San Germano Chisone (Torino). Tel. 0121-58885
Pai
SICHEM - Itinerari di teologia riformata
invita tutti gli interessati/e all'appuntamento di riflessione teologica postsinodale su
L’ecclesioloqia in analisi e in discussion
Venerdì 27 agosto dalle ore 21
presso la Foresteria valdese di Torre Pellice
L'incontro si concluderà alle ore 12 di sabato 28.
Si consiglia di leggere; G. Calvino, Istituzione, III, 1-3 (ed.
voi. Il, pp. 1197-1261).
Per informazioni: Emanuele Fiume, 10060 FRALI (TO)
tei. 0121-807519, e-mail: efiume@tpellice.it
Utet
Ogni settimana, Riforma,,,
ti fa conoscere un mondo evangelico più grande di quello
che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato
dal 1997); se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi
utilizzare liberamente l’abbonamento ridotto di 85.000 lire
oppure un abbonamento semestrale che costa 55.000 lire.
Se, invece, hai qualche risorsa in più, puoi aiutarci sottoscrivendo l’abbonamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può
permettere.
Le tariffe per l’estero sono;
ordinario: £ 170.000; via aerea £ 195.000;
sostenitore £ 250.000; semestrale £ 80.000.
Gli abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal giorno di ricevimento della prima copia del giornale.
RINGRAZIAMENTO
«Soltanto in Dio trovo riposo,
da lui viene la mia salvezza»
Salmo 62,1
Nipoti e familiari tutti della cara
Susanna Irene Benech
commossi e riconoscenti ringraziano tutte le gentili persone che
con presenza, scritti e parole di
conforto hanno preso parte al loro dolore.
Ringraziano in modo particolare la direzione e il personale tutto
deH’Asilo valdese di Luserna San
Giovanni e il pastore Claudio Pasquet.
Luserna San Giovanni
28 luglio 1999
RINGRAZIAMENTO
»L’Eterno ha dato, l’Eterno
ha tolto, sia benedetto
il nome dell’Eterno»
Giobbe 1,21
Tragicamente ci ha lasciato
Guido Rostan
di anni 21
Lo annunciano, affranti, il padre
Franco e i fratelli Jean-Daniel con
Elena e Gabriella Anna, la sua
cara Francesca, gli zii e i cugini.
Torino, 16 agosto 1999
La famiglia Nisbet partecipa
con affetto al dolore del cugino
Franco Rostan, di Jean-Daniel,
Elena e Gabriella per la morte di
Guido
Torino, 16 agosto 1999
RINGRAZIAMENTO
«Anche là mi condurrà
la tua mano
e mi afferrerà la tua destra»
Salmo 139, 10
Mercoledì 4 agosto, all’età di
95 anni, ha concluso la sua esistenza terrena
Bianca (Blanchette) Pontet
vedova Prochet
Ne danno il triste annuncio i figli Roberto, Renata, Adriana e le
rispettive famiglie.
La certezza cristiana della resurrezione è stata annunciata in
occasione dei funerali che si sono
svolti nel tempio valdese di Bobbio Pellice venerdì 6 agosto.
La famiglia ringrazia quanti,
con la loro presenza, scritti e pensieri sono stati loro vicini in questa circostanza e, in particolare, i
figli sono riconoscenti al personale e alla direzione della Casa delle diaconesse di Torre Pellice per
l’assistenza e la cura prestata alla
loro mamma negli ultimi anni della sua vita. Eventuali segni di riconoscenza in memoria possono
essere devoluti direttamente
all'amministrazione della Casa
delle diaconesse.
Bobbio Pellice, 10 agosto 1999
AI LETTORI
Il nostro settimanale non
pubblica lettere anonime.
Sono tali anche quelle che
non riportano ITndirizzo
completo (che ovviamente
non pubblichiamo) o ne riportano uno di fantasia.
12
PAG. 8 RIFORMA
mi
VENERDÌ 20 AGOSTO 19go
Berlino: Settimana biblica organizzata dalla Chiesa evangelica dell'Unione
«L'ecumenismo vissuto a partire dalla comunità locale»
PAWEL GAJEWSKI
Non sono molto frequenti
gli incontri ecumenici
che diano la possibilità di lavorare in piccoli gruppi di carattere internazionale e interdenominazionale senza essere costretti a ritrovarsi soltanto tra i cosiddetti «addetti ai
lavori». La Settimana biblica
organizzata dalla Chiesa evangelica dell’Unione (formata da luterani e riformati)
raduna ogni anno un gruppo
di laici provenienti dalle chiese appartenenti alla «Concordia di Leuenberg». Il tema
scelto per quest’anno è stato
«L’ecumenismo vissuto a partire dalla comunità locale».
Un gruppo di trentuno persone ha lavorato a Berlino,
nell’accogliente casa «Dietrich Bonhoeffer» soprattutto
sul confronto tra varie esperienze di ecumenismo di base, condividendo testimonianze di collaborazione ecumenica realizzata, prima di
tutto, sul piano sociale. Il lavoro è stato coordinato da un
team guidato dalla dottoressa
Christine-Ruth Müller, pastora della chiesa luterana della
Baviera e membro della segreteria della Comunione ecclesiale di Leuenberg.
Molto visibile è stata la presenza delle chiese dell’Est europeo, dalle quali provenivano quindici partecipanti all’incontro. Per la prima volta
ha preso parte ai lavori della
Settimana biblica un rappresentante ortodosso, Jan Kulik,
sacerdote e teologo, rappresentante della chiesa ortodossa polacca che da molti
anni mantiene rapporti ecumenici con le chiese evangeliche in Germania.
Le relazioni riguardanti la
situazione nei paesi dell’ex
blocco sovietico hanno messo in evidenza un importante
elemento comune; la ricerca
della propria identità nel
contesto di una società profondamente secolarizzata.
Ostacoli e restrizioni hanno
costretto le chiese cristiane a
creare una sorta di «ecumenismo di sopravvivenza» finalizzato alla preservazione di quei pochi spazi, nei
quali la testimonianza cristiana poteva essere visibile.
La svolta democratica, a partire dal 1989, ha fatto però
emergere alcuni conflitti di
vecchia data come, ad esempio, il problema dei cosiddetti uniati (cattolici di rito
orientale) in Polonia, in
Ucraina e in Bielorussia. Non
mancano però esempi di una
buona collaborazione tra
chiese evangeliche e cattoliche. Un esempio di questo tipo può essere la città di Pilsen (Boemia), famosa nel
mondo per la sua eccellente
birra. In un ambiente in cui
meno del dieci per cento della popolazione dichiara un
minimo di interesse per il cristianesimo, le piccol^ comunità riformate, hussite, metodiste e cattoliche hanno creato una forma di testimonianza comune senza perdere per
questo le proprie caratteristiche denominazionali. Tendenze molto simili si notano
anche nella Svizzera tedesca.
A Basilea, ad esempio, una
piccola comunità luterana ha
attuato un modello di comunità aperta ai membri di tutte
le denominazioni cristiane.
Tutti i partecipanti hanno
sottolineato che nonostante
una buona tendenza generale
nei rapporti con le comunità
cattoliche, che non di rado si
esprime anche sul piano liturgico, resta irrisolta la questione dell’ospitalità eucaristica e
dell’intercomunione, problema dovuto principalmente alla rigidità dottrinale della
chiesa cattolica. Chi scrive
queste righe ha rappresentato a Berlino le chiese battiste,
metodiste e valdesi in Italia.
Berlino: la porta di Brandeburgo
Il progetto Bmv (collaborazione e mutuo riconoscimento dei membri di chiesa e dei
ministeri) ha suscitato molto
interesse e numerose domande riguardanti i suoi
aspetti teologici e giuridici. È
stata inoltre apprezzata la
particolare forma di «ecumenismo dal basso» che si è rea
lizzata nell’ambito del corso
di diploma universitario in
cultura teologica attivato dalla Facoltà valdese di teologia.
Il fatto che vi siano attivamente coinvolti molti membri delle chiese libere nonché
numerosi cattolici costituisce
un fenomeno unico all’interno delle chiese di Leuenberg.
La «Concordia di Leuenberg»
La Comunione ecclesiale di Leuenberg
raccoglie 92 chiese luterane, riformate, unite
e hussite che nel 1973 hanno firmato a
Leuenberg (Svizzera) un atto di concordia dichiarando la piena comunione di pulpito e
del tavolo delia Santa Cena. A queste chiese
si aggiungono le 7 chiese metodiste che in
virtù di una «Dichiarazione comune sulla comunione ecclesiale» fanno parte integrante
della «Comunione di Leuenberg». Le chiese
italiane sono rappresentate nella Comunione di Leuenberg dalla Chiesa evangelica luterana, dalla Chiesa evangelica metodista e
dalla Chiesa evangelica valdese (in questo
caso le due componenti dell’Unione delle
chiese valdesi e metodiste sono rappresentate separatamente). Dal 1987 la sede della Segreteria esecutiva della Comunione si trova a
Berlino ospitata dalla Cancelleria della Chiesa evangelica dell’Unione.
La Chiesa evangelica dell’Unione è stata
creata nel 1817 con un decreto imperiale che
riuniva in un solo organismo le chiese luterane e riformate della Prussia. Dal 1922 la chiesa ha smesso di essere una chiesa territoriale
e ha fondato la base dell’Unione sulla comune confessione di fede e ha formato una comunione di sette chiese territoriali (Landeskirchen) chiamandosi «La chiesa evangelica
delTantica Unione prussiana». Nel 1953, a
causa di un radicale cambiamento della si
tuazione politica, la chiesa ha assunto il suo
attuale nome. Dal 1972 al 1991 la chiesa è rimasta divisa in due aree autonome; Ovest ed
Est. L’Eku fa parte integrante e costitutiva
della chiesa evangelica in Germania (Ekd).
Le Settimane bibliche delle chiese di
Leuenberg, iniziate nel 1990, fanno un ampio
lavoro di riflessione biblica che la chiesa
svolge da diversi anni. Ogni anno a Berlino
vengono offerti più di trenta seminari, destinati a vari gruppi ecclesiali, professionali, e
sociali; tutti i seminari hanno carattere internazionale. Tra le aree di lavoro sociale delle
chiese della Concordia di Leuenberg le principali sono le seguenti.
Disoccupazione. La chiesa luterana della
Baviera ha proposto un’azione denominata
«1 + 1». Una comunità cristiana si assume
l’impegno di creare almeno un nuovo posto
di lavoro nella propria località.
Debito mondiale. Il ruolo delle chiese è determinante per sostenere una ricerca indipendente sul problema nonché sull’opera di
sensibilizzazione.
Opere diaconali nei paesi dell’Est. Il problema è molto evidente in Romania, uno dei
paesi più poveri dell’Europa. Con grande impegno le comunità riformate e luterane stanno costruendo lì una rete di servizi sociali
che, di fatto, devono sostituire le strutture
statali inesistenti.
Linz: LXX Conferenza annuale della Chiesa evangelica metodista
Consacrata la prima donna pastore metodista in Austria
ANDREAS KÖHN
A Linz, oggi il più grande
centro industriale di tutta l’Austria (oltre 200.000 abitanti), dove Giovanni Keplero
elaborò le sue teorie sul moto
planetario e Mozart compose
i’omonima sinfonia, dal 9 al
13 giugno si è svolta la 70“
Conferenza annuale (Sinodo)
della Chiesa evangelica metodista in Austria.
1 lavori dell’assemblea,
presieduta dal vescovo Heinrich Bolieter, hanno visto la
partecipazione di circa 30 deputati (tra pastori e laici),
provenienti dalle sette comunità locali a Salisburgo, St.
Pölten, Vienna-Fiorisdorf,
Vienna-Fùnfhaus, Linz-Ried
e Graz. Tra gli ospiti c’erano
anche il pastore della comunità coreana di Vienna e, nella persona di chi scrive, per la
prima volta anche un pastore
italiano che ha portato alla
Conferenza i saluti delle
chiese metodiste e del presidente del Comitato p>erma
nente deH’Opceml, past. Valdo Benecchi. Come in Italia,
la nascita della Chiesa metodista in Austria risale alla seconda metà dell’Ottocento.
Riconosciuta dallo stato già a
partire degli Anni Cinquanta
del nostro secolo, questa
chiesa con una struttura episcopale comprende oggi una
popolazione complessiva di
circa 1.500 persone (che si dividono in 650 membri comunicanti, 450 simpatizzanti,
HO aderenti, 340 bambini).
Sono all’opera 8 pastori (tra i
quali un sovrintendente e un
pastore locale) e 4 predicatori. I pastori gestiscono anche
l’insegnamento religioso, per
chi lo desidera, nelle comunità. Numerose sono le scuole domenicali con ben 52
monitori e 130 alunni.
Lo «Jugendbund» (la Federazione giovanile), il «Frauendienst» (Unione femminile) e
il gruppo dei giovani adulti
completano il quadro di questa chiesa sorella che pubblica anche un proprio mensile
e gestisce una libreria con un
settore specifico per letteratura evangelica. Anche in Austria il concetto di chiesa si
sta allargando; la comunità
non viene più considerata né
un circolo ermetico, né punto
di riferimento per alcuni
emarginati dalla cultura cattolica prevalente. Le comunità sono diventate luoghi
pubblici dell’annuncio dell’Evangelo. Luoghi pubblici di
un tale messaggio sono, naturalmente anche in Austria, le
opere diaconali, come il Centro «Spattstrasse» a Linz, che
offre servizi pedagogici e aiuti
terapeutici a bambini e adolescenti a rischio.
La Conferenza annuale a
Linz, che forma insieme alle
rispettive assemblee in Svizzera, Francia, Spagna, Portogallo, Bulgaria, Repubblica
Ceca, Slovacchia, Estonia,
Lettonia, Lituania, Polonia,
Ungheria, Jugoslavia e Macedonia, la vasta «Zentralkonferenz» della Chiesa metodista
unita per l’Europa centrale e
meridionale, si è occupata
poi delle varie voci che compogono il campo di lavoro di
qualsiasi altra assemblea sinodale; la relazione generale
dell’amministrazione e quella del direttore del seminario
teologico a Reutlingen (Gerrhania), prospettive ecumeniche, problemi etici e teologici, riforma delle proprie
strutture ecclesiastiche.
Al termine della Conferenza la tedesca Anke Neuenfeldt è stata consacrata prima donna pastora della chiesa metodista in Austria. Vi è
stato un grande interesse da
parte della Conferenza per la
presenza delle chiese metodiste in Italia (che rispetto
all’Austria mostrano una diffusione quasi «capillare» sul
territorio). Nel futuro sarebbe auspicabile, perciò, un
maggior scambio di persone
e di idee, proprio partendo
dalle varie chiese metodiste
«mitteleuropee», per vivere
nuovi rapporti tra le persone
e tra i popoli.
Dal Mondo Cristiano
Brasile: «Lasciate in pace Gesù Cristo!>
SAN PAOLO — «Per favore, lasciate in pace Gesù Cristo!»; è il
titolo di un accorato appello pubblicato dal quotidiano
«Foiba» di San Paolo in Brasile. Riferendosi in particolare al
mondo del calcio, l’autore, Marcelo Pires, stigmatizza l’eccesso di preghiere pubbliche, dichiarazioni pie e ringraziamenti al
Signore che avvengono «prima, durante e dopo ogni partita»,
«Se il Signore accogliesse queste preghiere sportive - commenta - ogni partita dovrebbe finire in parità!». «La sincerità di
una preghiera - conclude l’articolo - deve essere direttamente
proporzionale alla discrezione con cui viene fatta». (nev/alc)
Torre Pellice, dal 29 agosto al 2 settembre
colloquio sulla missiologia
TORRE PELLICE — Si terrà a Torre Pellice dal 29 agosto al
2 settembre il colloquio comune della Associazione francofona ecumenica di missiologia (Afom) e del Centro di ricerche e
di scambi sulla diffusione e l’inculturazione del cristianesimo
(Credic). I circa 80 membri di queste associazioni si ritroveranno per un programma di conferenze e dibattiti sulla missione oggi nella sala della Casa valdese, e alloggeranno alla
Foresteria valdese. Gli oratori, tra cui pastori protestanti e sacerdoti cattolici, oltre che professori delle università francofone europee come Jan van Butselaar (Olanda), Marc
Spindler (Leyda), Jean-François Zorn (Montpellier), JeanClaude Basset (Losanna) daranno i loro contributi storici e
teologici sul tema; «L’alterità religiosa; una sfida per la missione cristiana; XVII-XX secolo». L’ultimo giorno Geneviève
Chevalley (Segretario generale del Defap, Parigi), Guy Musy
(prete domenicano) e Jean Comby (professore onorario alla
facoltà teologica di Lione) cercheranno di fare una sintesi del
colloquio. Da parte degli organizzatori è auspicata la partecipazione di pastori/e valdesi e metodisti, anche se nessuno risulta membro della Afom. Il programma prevede; «Studi di
casi; rappresentazioni missionarie delle religioni» (lunedì 30
agosto): «Sguardi e riflessi; il punto di vista dei destinatari»
(martedì 31 agosto); «Prove di sistematizzazione; modelli e
strategie missionarie rispetto alle altre religioni» (mercoledì
1“ settembre): «Apertura e sintesi» (giovedì 2 settembre).
Italia: proposta del movimento
per la libertà del popolo curdo
ROMA — Dal movimento per la libertà del popolo curdo e
per l’annullamento della pena di morte per Abdullah Ocalan,
viene ora la proposta di costituire un Comitato permanente
contro la pena di morte e per la pace in Turchia. La proposta,
sottoscritta da numerose associazioni (tra cui il Cipax, Pax
Christi e la Federazione delle chiese evangeliche in Italia),
chiede anche al governo italiano di farsi promotore della convocazione di una Conferenza internazionale per la pace in
Kurdistan e di vigilare attentamente sull’applicazione delle
restrizioni previste dalla legge sull’esportazione di armamenti e tecnologie belliche alla Turchia. (nev)
Francia: il primo ministro jospin incontra
il presidente della Federazione protestante
PARIGI — Giovedì 15 luglio il primo ministro francese Lionel Jospin ha incontrato il presidente della Federazione protestante di Francia, pastore Jean-Arnold de Clermont, che aveva
chiesto di essere ricevuto per esprimere le forti riserve dei
protestanti francesi su come il governo sta affrontando la crisi
nel Congo-Brazzaville. Secondo il pastore de Clermont, è necessario che la Francia eviti ad ogni costo di essere coinvolta
nella crisi, impegnandosi invece per portare a buon fine una
mediazione politica dell’Unione Europea. (nev/afp)
Brasile: il presidente della Chiesa luterana
denuncia l'ingiustizia sociale
RIO DE JANEIRO — Con una lettera pastorale inviata a tutte
le comunità del paese, il presidente della Chiesa luterana del
Brasile, Huberto Kircheim, ricorda il 175° anniversario della presenza luterana in Brasile. Una lettera critica che, ricordando come i primi luterani sbarcati in Brasile avessero lasciato l’Europa
alla ricerca di libertà e lavoro, rileva che oggi in Brasile nonostante grandi progressi, non vi è vera giustizia sociale. «Non possiamo accettare - dice la lettera - un modello di sviluppo che
consegna terra e ricchezza nelle mani di pochi, disinteressandosi della sorte della maggior parte dei brasiliani». (neu/alc)
Si terrà a Quito (Ecuador) il IV Congresso
evangelico latinoamericano
QUITO — Sarà dal 2 all’8 settembre del 2000 il 4° Congresso evangelico latinoamericano (Clade), a Quito, Ecuador, con
il tema conduttore «La testimonianza evangelica nel terzo
millennio: il mondo, lo Spirito e la missione». Gli incontri
Giade sono momenti importanti di confronto, collegamento
e riflessione per le chiese evangeliche dell’America Latina in
vista di una testimonianza più incisiva e unitaria. 1 congressi
precedenti sono stati tenuti a Bogotá, Colombia (1969); Lima,
Perù (1979): Quito, Ecuador (1992). (nev/alc)
Sud Africa: associazione cristiana chiede
il ripristino delle punizioni corporali
JOHANNESBURG — Sconcertante richiesta alla Corte suprerna di giustizia del Sud Africa da parte dell’Associazione
per 1 educazione cristiana (Cesa), che chiede di essere autorizzata a ripristinare nei suoi istituti le punizioni corporali, attualmente proibite dal sistema scolastico del paese. La Cesa
rappresenta 200 scuole confessionali presenti in tutto il Sud
Africa e, a supporto della richiesta, cita il versetto biblico di
Proverbi 23,12: «Non temere di educare un ragazzo con severità; anche se lo batti con un bastone non morirà. Anzi se lo
batti con il bastone gli salverai la vita». (nev/spp)
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