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Anno 113 - N. 48
2 dicembre 1977 - L. 200
Spedizione In abbonamento postale
I Gruppo /70
«BtrcfÌÉCA Va'ld«:».
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
TEMPO DI AVVENTO - LA DIVINITÀ’ DI GESÙ’ - 1
Terremoto nelle alte sfere
Proclamare la divinità di Gesù vuol dire scegliere tra un Dio distante, inesorabile, alleato
della brutalità dei potenti, e un altro Dio, che ci appare solo attraverso Gesù.
L'idea di Dio va in crisi.
Gesù le si sostituisce; è lui,
ormai, Dio. (Questo fa tremare i benpensanti). In un
certo senso è un terremoto,
un terremoto nelle alte
sfere.
Tutte le generazioni cristiane hanno discusso questo tema a non più finire. Si
potrà parlarne in poche righe? Potrò io rivolgermi a
te lettore, chiunque tu sia,
e dirti che cosa significa che
Gesù sia Dio, come hanno
detto i cristiani di molti secoli fa? Io cercherò di farlo; tu stammi ad ascoltare.
Abbiamo sempre avuto
due orientamenti contrapposti: alcune persone (e non
sono state poche, per la verità), hanno sottolineato in
Gesù Tesempio da seguire,
l’atto di darsi agli altri, la
predicazione della fraternità
umana; gli altri hanno preferito confessarlo come Signore, pregarlo come Dio,
innalzarlo nei cieli, metterlo
al posto d’onore nelle chiese. La prima traccia della
polemica tra queste due tendenze diverse e a volte opposte, la troviamo già nell’evangelo secondo Matteo:
Non chiunque mi dice:
Signore Signore
entrerà nel regno dei cieli
ma chi compie la volontà
del Padre mio
che è nei cieli.
(Matteo 7: 21)
La discussione è oggi viva come ieri. Contro il Gesù
imbalsamato dell’ortodossia,
contro il Gesù delle formule
dogmatiche e delle istituzioni ecclesiastiche a chi ci si
richiama? Al Gesù della storia. Inni certaimente non approvati dalle chiese lo dipingono come un Che Guevara
(meno guerriero, ma altrettanto generoso), oppure come un anonimo compagno
di drogati ed altri infelici
messi al bando dalla società. Inni ecclesiastici (insegnati ai bambini) lo proclamano un liberatore, che vuol
farci suoi discepoli per portarci ad aiutare il terzo
mondo.
Strana sorte di Gesù, Tesser sempre discusso.
Generazioni di credenti lo
hanno amato perché povero
come loro, perché generoso,
perché autentico. Gesù è una
figura viva per queste tradi
COME FACCIAMO
FRONTE
AL CAOS POSTALE?
Pag. 8: campagna abbonamenti 1978 - 3 iniziative: due nostre e una
vostra.
zioni popolari. L’ateismo
non ha avuto su di loro la
stessa forza d’attrazione che
ha avuto presso gli intellettuali.
Un intellettuale per esempio ha scritto alla fine del
Settecento una storia fantastica e tenebrosa dove Gesù
dalla volta del cielo grida.
rivolto in giù, che non esiste
nessun Dio. Per contrasto,
mi viene in mente l'ingenua
canzone della Zolfatara siciliana dove Gesù raccoglie
tra i beati il povero minatore ucciso dallo scoppio della mina. Il confronto tra
queste due opere ci suggerisce che Gesù sta facilmen
te al posto di Dio per la fede ingenua di chi ha fatto
le parole della canzone siciliana. La quale poi è tanto
fiera che non dimentica
neanche il giudizio finale, e
termina con un Gesù che distrugge la miniera.
Dire che Cristo è Dio è come dire che quel minatore
non è perduto; perduto è invece il Dio della casta sacerdotale e della religione di
stato. Proclamare la divinità
di Gesù vuol dire scegliere
tra un Dio distante, inesorabile, alleato della brutalità
dei potenti, e un altro Dio,
che ci appare solo attraverso Gesù.
Ma certo tutto questo non
ci spiega ancora perché noi
confessiamo che Gesù Cristo è Dio. nella comunione
con i credenti dei primi secoli e con i Riformatori del
sedicesimo secolo. È quel
che vedremo, se possibile, la
settimana prossima.
{continua)
S. R.
RESA NOTA LA BOZZA DELLA COMMISSIONE GONELLA-CASAROLI
Revisione del Concordato: confermiamo sul
testo definitivo il nostro giudizio negativo
A fine ottobre la conferenza
stampa organizzata a Roma dalla
FCEI ha presentato il dossier
« Valdesi e Mistodisti di fronte al
Concordato », che ricostruendo e
commentando la trattativa segreta tra Stato e S. Sede per la revisione del Concordato chiedeva
che il testo fosse pubblicato per
poter essere discusso da chi vi è
implicato direttamente: il popolo italiano. All’inizio di novembre è stato divulgato il « testo definitivo » della bozza di revisione.
Che si tratti a no di coincidenza, la discussione che avevamo
iniziato noi evangelici in modo
quasi completamente isolato (solo rAssociazione per la Libertà
Religiosa in Italia ha assunto una iniziativa simile alla nostra
pubblicando una « Lettera aperta
ad Andreotti [sul concordato] » a
firma Luigi Rodelli, segretario
deH'ALRI) ora può e deve essere
allargata.
Confrontando il testo ora divulgato (che è stato pubblicato
integralmente da CNT 35/13.11.
77) e quello ricostruito pazientemente durante l’estate sulla base
del quale la Tavola valdese aveva
redatto la sua « Nota », si può dire che le differenze sono abbastanza limitate.
È migliorato per esempio Tart.
1 in cui non la sola Chiesa cattolica dichiara che « non si riconosce più in vigore il principio della religione cattolica come religione dello Stato », ma Repubblica italiana e Santa Sede « concordano nel considerare non più
in vigore » tale principio. Ma è
l’unica, per quanto rilevante, coniugazione del verbo « concordare » che ci trova consenzienti.
Per contro altre cose sono peggiorate e riportano il « testo definitivo » al livello del testo reso
noto dal governo Andreotti il 25
novembre 1976, che pure era stato fortemente criticato da diverse forze politiche, o addirittura
a livelli ancor più deprimenti.
A proposito deH’insegnamento
religioso nella scuola materna ed
elementare, si precisa per esempio che tale insegnamento verrebbe impartito « nel quadro del
programma generale e in conformità alle prescrizioni delle leggi
vigenti». Questo è come dire in
primo luogo che resenzione —
diritto che dovrebbe essere garantito a chiunque non accetta
l’insegnamento religioso cattolico 7— sarebbe di fatto svuotata
perché verrebbe sancito il principio che Tinsegnamento religioso
è impartito non in ore definite.
esonerabili, ma ovunque e confinuamente; in secondo luogo che
le « leggi vigenti » richiamate in
tal modo nel testo (leggi extraconcordato che riflettono i privilegi concessi per quasi cinquanta
anni da governi più che compia
centi nei confronti della Chiesa
cattolica) cesserebbero di essere
leggi che lo Stato può mutare o
revocare per diventare materia
concordataria, modificabile solo
mediante accordo con la S. Sede.
Alle critiche che il testo primitivo del governo Andreotti aveva
suscitato, si risponde quindi con
un « testo definitivo » che in alcuni punti peggiora la situazione
istituita dal concordato del ’29.
Non ci dilunghiamo sull’esame
del «testo definitivo» dal momento che pur con queste ed altre modifiche di dettaglio, resta
pienamente valida Tanalisi e l’impostazione generale della ,« Nota » della Tavola, e delTesposizione divulgativa che Giorgio Bouchard ne ha fatto per i lettori
dell’Eco-Luce, che potremmo
riassumere in questo concetto
generale: viene tolto il principio
della religione cattolica come
religione dello Stato, ma vengono mantenute e rinforzate tutte
le conseguenze pratiche che in
termini di privilegio derivano
da tale principio non più riconosciuto.
Pubblichiamo invece la recente
dichiarazione della Tavola e del
Comitato Permanente che ribadendo e precisando la nostra posizione indica nelle trattative per
le Intese un contributo che possiamo dare a livello nazionale
per promuovere una concreta alternativa al regime concordatario. Per parte nostra vorremmo
aggiungere che accanto a questo,
un contrihuto a livello locale può
e deve essere dato dalle nostre
chiese con la presentazione, discussione e divulgazione della nostra posizione sulla base del dossier della Claudiana e degli articoli divulgativi citati, nel diffìcile
ma irrinunciabile compito di
rompere il cerchio di silenzio e
di disinteresse che circonda la revisione del Concordato.
Intese e Concordato
In queste settimane sta riprendendo fiato nel Paese la
discussione sul concordato:
abrogazione o revisione?
Alcune forze politiche e culturali continuano a sottolineare la necessità d’una abrogazione; altre invece appoggiano e portano avanti un processo di revisione che per alcuni
si avvicina di fatto a un superamento dell'attuale concordato, mentre per altri vuol essere un puro e semplice « aggiornamento » del medesimo
(cadano pure le foglie secche
purché rimanga la sostanza).
Sinodo e Conferenza, nella
loro sessione congiunta dell’agosto scorso, hanno invitato Tavola e Comitato Permanente ad inoltrare ai gruppi
parlamentari dei partiti democratici al Senato e alla Camera una « nota relativa alle propóste presentate al Parlamento nell’attuale fase della revisione concordataria » (art. G
della Sessione congiunta ’TI).
Tale nota è stata stampata
dalla Claudiana, con la collaborazione della Federazione
delle chiese evangeliche, e
diffusa col titolo: « Valdesi e
metodisti di fronte alla revisione del Concordato ».
L’atto della Sessione con
giunta e il titolo stesso dell’opuscolo potrebbero far pensare che le nostre chiese voglia
no situarsi nello schieramento cosiddetto « revisionista ».
Un’impressione di questo tipo non trova riscontro nel contenuto della « nota », né nella
linea che da tempo le nostre
chiese si sono date in proposito: questo risulta già dai
tre articoli illustrativi pubblicati sull’Eco Luce (di ottobre
nn. 40, 41, 42). In essi è precisato infatti che una « revisione » quale la nota propone, equivale in effetti ad un completo svuotamento del concordato nelle sue strutture
portanti: e ciò per semplice
coerenza con la caduta del
principio della « religione dello stato ».
A questo punto si inserisce
il discorso relativo alle Intese, che la Sessione congiunta
ha dato mandato a Tavola e
Comitato Permanente di concludere sulla base della linea
da lungo tempo elaborata ' e
confermata dal voto sinodale.
È chiaro che le Intese, così
come le abbiamo concepite, intendono realizzare un rapporto tra chiese e stato, profondamente diverso da quello
che viene imposto, come unico modello, dal Concordato:
non per nulla esse si richiamano all’art. 8 della Costituzione, che sancisce diritti di
libertà e di uguaglianza e non
apre spiragli a situazioni pri
vilegiate.
Perciò la nostra proposta di
Intese si pone come un contributo specifico e concreto al
superamento dell’attuale sistema concordatario.
Va però aggiunto che le Intese non si limitano a proporre una sistemazione più limpida dei rapporti tra stato e
chiese, ma hanno un diretto
riferimento al processo travagliato, attualmente in corso,
di trasformazione profonda
dello stato, e di diversa organizzazione della vita associata: l’obiettivo che esse tendono a raggiungere non consiste
infatti semplicemente nella
formale garanzia degli spazi
già riconosciuti alla nostra testimonianza, ma anche e soprattutto nell’apertura di
brecce, sia pure modeste, nel
muro d’uno stato accentratore che emargina di fatto le
forze minoritarie che non si
adeguino ai suoi schemi; brecce attraverso le quali anche
altri potranno inserirsi per costruire insieme le premesse in
un reale pluralismo, che non
sia,solo oggetto di affermazioni verbali, ma assicuri il diritto alla vita e alla partecipa
zione di tutte
della società.
il comitato
permanente
metodista
le componenti
la tavola
valdese
2
2 dicembre 1977
1 -J
Dalle chiese
RAPOLLA
L’inserimento della comunità
nella vita del paese avviene soprattutto attraverso la scuola
materna. Sia con la sezione direttamente gestita dalla comunità,
sia con le altre tre sezioni che la
comunità ha messo a disposizione del comune.
Questa attività ha ormai una
sua storia: sedici anni or sono
sorse il « Centro sociale per l’infanzia » che svolse la sua attività
a favore dei bambini del paese.
Di fronte al'l’assoluta mancanza
■di scuole materne e all’impossibilità del comune di risolvere la
richiesta, la comunità decise, nel
1973, di farsi carico di questa esigenza. Così sorse il nuovo centro
in cui il comune potè aprire due
nuove sezioni di scuola materna.
Ma non era ancora finita. La richiesta di nuovi locali si ripresenta puntuale ancora quest’anno. Che fare per venire incontro
a questa esigenza?
La comunità decide di offrire
al comune gli stessi locali utilizzati sin qui per la scuola materna gestita dalla comunità. Così,
per recuperare dello spazio utile,
si è deciso di utilizzare parte del
locale di culto per far posto alla
scuola materna.
Nonostante le difficoltà, i disagi, gli inconvenienti, il lavoro è
ripreso a pieno ritmo, grazie anche agli amici olandesi che hanno sostenuto quest’opera sino ad
oggi.
SANREMO
• Le attività ecclesiastiche hanno ripreso normalmente ai primi di ottobre. C’è stata qualche
difficoltà per l’orario dei corsi
di catechismo derivante dal fatto che i ragazzi non hanno tutti il medesimo orario scolastico.
Il pastore ha cercato di venire
incontro; è però anche necessario che i ragazzi e le loro famiglie considerino l’educazione
cristiana come un fatto primario e irrinunciabile in vista della fede. (« Cercate prima il regno e la giustizfa di Dio... » Matteo 6: 33).
• L’unione femminile ha avuto
la sua prima riunione mercoledì; 12 ottobre. Si è parlato del
lavoro da svolgere nei prossimi
mesi. È stato auspicato che anche le sorelle più giovani si uniscano al gruppo delle « anziane »
per collaborare alla riuscita delle iniziative che saranno prese
dall’unione.
• Le prime riunioni di studio
biblico, iniziate mercoledì 12 ottobre, hanno registrato un bel
numero di partecipanti. Alcune
nuove presenze fanno bene sperare. L’argomento di studio per
quest’anno è: Chi è Gesù? Seguendo le linee di una pubblicazione della Claudiana (« Gesù di
Nazareth» del teologo G. Bornkamm) e brani degli Evangeli,
cercheremo di meglio capire la
personalità, l’opera e l’insegnamento di Gesù affinché la nostra fede possa ricevere nutrimento e la nostra vita essere
sempre meglio un discepolato
cristiano. Rinnoviamo l’invito a
tutti a unirsi a noi in questo
studio che si rivela molto interessante.
• Sabato 8 ottobre, nella chiesa di Bordighera, è stato celebrato il matrimonio di Marisa
Superchi e Giovanni Sibilla. Presiedeva il past. R. Nisbet che ha
rivolto ai presenti e specialmente agli sposi un efficace messaggio biblico. Il past. Peyrot ha
portato il saluto e gli auguri
della chiesa di Sanremo.
La comunità esprime la sua
simpatia alla Sig.ra Sandra Coucourde-'Trabucchi per la dipartenza di suo marito, sig. Ettore,
avvenuta recentemente.
• I culti di domenica 9 e 16 ottobre sono stati presieduti rispettivamente dal past. R. Nisbet e dallo studente in Teologia Letizia Tomassone. La comimità si è rallegrata nel rivedere il Past. Nisbet, spiacente
che la Signora Alice non abbia
potuto venire anche lei dovendo
affrontare in quei giorni un intervento chirurgico. Le inviamo
i nostri migliori auguri.
La comunità ha vivamente
apprezzato il messaggio di L.
Tomassone e le augura buon
proseguimento nei suoi studi
teologici.
La Riforma è stata ricordata
il 30 ottobre con un culto di
S. Cena. Testo della predicazione Atti 17: 11 : « Una chiesa fondata sulle Scritture».
ALASSIO
Alla riunione di giovedìi 13 ottobre il pastore ha fatto una relazione sul Sinodo e particolarmente sul tema delle « intese »
con lo Stato, argomento che
aveva formato oggetto di trattazione primaria nelle sedute sinodali.
Domenica 30 è stata ricordata
la Riforma con una predicazione intonata alla circostanza.
È partita per fare ritorno in
Svizzera la sig.na Elsa Stoffel,
dopo molti anni di permanenza
ad Alassio. Nel rivolgerle il nostro saluto fraterno, vogliamo
anche ringraziarla per avere accompagnato per molti anni al
piano e all’organo il canto.
Ricordiamo a tutti i membri
del gruppo evangelico il nuovo
orario delle riunioni e dei culti,
adottato dal principio di ottobre e valido fino alla prossima
primavera: 2” giovedì, del mese
(ore 16) studio biblico; ultima
domenica (ore 16) culto. La
Santa Cena sarà celebrata domenica 18 dicembre.
IMPERIA
La riunione mensile di ottobre ha avuto luogo martedì 18
presso la famiglia Pastore-D’Isanto. È stata celebrata la Santa Cena.
Abbiamo distribuito alle famiglie che hanno dei bambini in
età di poter seguire l’istruzione
religiosa in vista della fede, il
materiale didattico e di studio
per quest’anno. Speriamo di
poter vedere sorgere una piccola scuola domenicale anche ad
Imperia.
Sono state riprese anche le
riunioni settimanali di studio
biblico sotto la guida dell’Anziano Ugo Tomassone. Viene letta
e commentata la lettera ai Romani.
FELONICA PO
La comunità ricorda con riconoscenza le numerose persone
che hanno presieduto culti a Felónica nei tre mesi di agosto-ottobre: la studentessa in teologia
Renata Gefmanet, che ha sostituito il Pastore in Agosto e che
jOltre ai culti ha anche fatto numerose visite nelle famiglie, il
Pastore Gino Manzieri, di Piacenza, la Sig.na Margherita Bertinat
di Verona e il Signor Vittorio
Cordini di Piacenza. Inoltre il 29
e 30 ottobre il Pastore Luigi Santini, direttore del Gignoro a Firenze, è stato per due giorni tra
di noi, accompagnato dalla gentil Signora e da Claudio Taccia
obiettore di coscienza che svolge il suo servizio civile alternativo al Gignoro. Il Pastore Santini, oltre al culto del 30 ottobre ci
ha anche regalato, al sabato sera, una bella conversazione sul
libro « I Valdesi » di Giorgio
Tourn. Questa visita dei « fiorentini » ha anche dato modo alla
nostra comunità di esprimere
TRIBUNA LIBERA
I relativi e l'assoluto
Il Sinodo del ’76, pur snaturando in
vari punti l’ordine del giorno presentato a nome dei firmatari della nota
petizione contraria alla politicizzazione
della Chiesa, conservò tuttavia nel testo approvato questa precisa frase :
« ...ognuno deve sentire la Chiesa come la sua propria casa, nella quale il
prossimo è riconosciuto come fratello... ». Evidentemente il Sinodo ritenne
tale afFermazione come indiscutibile
per il concetto stesso di Chiesa quale
appare dalla Scrittura. Ora, che una
proposizione sia indiscutibile non comporta affatto che essa non debba esser
ripresentata, riaffermata con forza, specie quando sembra affievolirsi nella
mente e nel cuore delle persone. I comandamenti della fede, gli imperativi
morali, e, scendendo ad altro livello,
ad es. gli articoli programmatici delle
Costituzioni degli Stati, devono essere
continuamente riproposti, perché non
è poi così facile e spontaneo l’adeguarvisi, data la debolezza della natura
umana.
Ciò premesso, suona piuttosto strana
la critica che il prof. Giovanni Gönnet
rivolge alla TEV riguardo a due punti
del suo atto di costituzione. Il punto 4
ricalca la succitata dichiarazione dell’o.d.g. approvato dal Sinodo: « ...riconosciamo la Chiesa come la casa di tutti... ». Il prof. Gönnet dice « Che senso c’è a parlare di pluralismo dove tutti sono, 0 dovrebbero essere unanimi e
concordi... le persone di varia idea politica, scoprendosi per grazia di Dio
fratelli in Cristo dovranno pur speri
mentare di essere ’’diversi” da quel che
erano prima ». Il ragionamento non fa
una grinza, ma presuppone una condizione (e il prof. Gönnet stesso l’ammette con il suo condizionale « dovrebbero
essere unanimi... ») : che i singoli sentano l’imperfezione, la finitezza, la
contingenza, la provvisorietà, il limite,
in una parola la relatività delle loro
scelte politiche di fronte ai valori
assoluti della fede, del loro essere per Cristo e con Cristo. Allora,
e solo allora, la Chiesa diviene veramente la « casa di tutti », la comunità
dei credenti nella quale ognuno riconosce il fratello al di sopra delle divisioni, delle convenzioni, delle classi sociali, delle provvisorie e molto relative
scelte politiche. Ricordiamoci dell’Epb
stola a Filemone, il cui significato non
è facilmente manipolabile: solo in un
quadro di comune fede si dissolve veramente la distinzione fra schiavo e
padrone! Il credente conosce bene i
suoi limiti, sa bene che nulla può con
i suoi mezzi, con la sua cultura, con le
sue ideologie per « fare ogni cosa nuova ». Il credente testimonia con la sua
vita la fede nel Regno che viene perché sa di essere giustificato per fede.
E’ utopistico, è impossibile ritrovarsi
come fratelli in questa prospettiva, in
questo (( assoluto »? No certo, se si
vede che ciò si verifica largamente in
tante denominazioni evangeliche « non
federate », nelle quali questo senso di
autentica fraternità è avvertito con stupore da quanti di noi, membri delle
« grandi » chiese storiche, hanno occa
Con una traccia filmata e due interviste, rispettivamente al pastore
Paolo Ricca e alla signora Fernanda Comba, la rubrica « Protestantesimo » di domenica 27 novembre
si è occupata del Consiglio Ecumenico delle Chiese (C.E.C.) che raccoglie attualmente i rappresentanti
di circa 300 chiese cristiane, protestanti e ortodosse. In un breve
quanto utile profilo sono state segnate le tappe del movimento ecumenico, dalla prima assemblea ad
perplessità e dissensi all’interno del
C.E.C. stesso e delle singole chiesemembro. Ma è proprio nel pluralismo delle idee e delle posizioni che
va ricercata la possibilità di confronto per delle chiese che si interroghino costantemente e che non
cedano alla tentazione presuntuosa
di accontentarsi dì se stesse e del
proprio « piccolo Dio », come ha
detto il pastore Ricca. E’ in questa
ricerca che si attualizza storicamente la speranza in un’unità delle
Cosa è il C. E. C.
Edimburgo nel 1910, alla formazione del C.E.C. e alla sua ultima
conferenza di Nairobi (1975) in cui
sono state ribadite le linee generali
già espresse ad Upsala nel ’68 per
un impegno di parteeipazione da
parte delle ehiese nella lotta per i
diritti dell’uomo. In questo senso,
come ba detto la signora Comba,
vanno visti i programmi futuri e
in parte già attuati del Consiglio
Ecumenico, quali la condanna del
razzismo, soprattutto di quello istituzionalizzato del Sud-Africa, l’attenzione ai due grossi e attualissimi
problemi del militarismo e dell’energia, la difesa delle popolazioni indìgene dell’America Latina, gli aiuti per la ricostruzione (Vietnam,
Guatemala) e per lo sviluppo economico dei paesi del terzo mondo.
Strutturalmente suddiviso in unità e eommissionì di eui fanno parte pareechie donne e laici, il C.E.C.
cerca dunque di concretizzare lo
sforzo delle singole chiese per una
da sempre agognata unità, nella volontà di testimoniare Cristo con il
servizio nel mondo. Questo preciso
impegno di azione in una realtà
cosi complessa e ricca di contraddizioni come quella attuale, non
manca naturalmente di sollevare
chiese, che non va confusa con
1’« uniformità », poiché Cristo porta sì l’unità, ma anche le divisioni.
Ma le divisioni che esistono nella
chiesa sono il riflesso di quelle presenti nella società : per questo la
vera meta deve essere quella dell’unità degli uomini, per un’umanità pacifica e fraterna, nella certezza che si può diventare davvero
fratelli solo con l’aiuto di Cristo.
Estremamente agile e vivace, la
trasmissione ha avuto il merito di
chiarire che cosa sia il C.E.C. a
molti che sicuramente ne ignoravano l’organizzazione e i programmi o addirittura l’esistenza (c’è gente che lo confonde con la Conferenza Episcopale dei vescovi). Essa
inoltre, toccando il tema dell’unità,
è entrata nel vivo di un problema
presente non soltanto a livello ecumenico mondiale, ma attualissimo
nelle nostre chiese, dove negli ultimi tempi molto vivo si è fatto il
dibattito sul pluralismo spesso inteso e temuto come causa di divisione fra i credenti. A questo proposito sarebbe forse bene riflettere
su una frase di Paolo Ricca : « unità dovrebbe significare comunione
nella diversità ».
Lucilla Pellenco
sione di avvicinare questi fratelli, che
certo nelle elezioni compiono il loro
dovere civico votando per vari partiti,
ma sempre nella piena convinzione che
il Signore è « totalmente altro ». Può
in coscienza il prof. Gönnet dire che
ciò avviene anche nelle nostre chiese
« federate »? L’ovvia risposta negativa,
che nessun « distinguo » serve a mitigare, mostra la necessità di riaffermare
e ribadire il concetto di Chiesa come
casa di tutti i credenti, nel riconoscimento del valore assoluto di Cristo,
Salvatore e Signore.
Se relative, imperfette, provvisorie,
in definitiva illusorie sono le scelte polìtiche degli uomini, ne consegue l’impossibilità per la Chiesa, che deve predicare l’Assoluto, di legarsi ad un partito politico o ad una qualsivoglia corrente ideologica : di qui la necessità
del punto 6 della Costituzione TEV.
Quanto all’ « identità evangelica »
della TEV, essa è si « valdese » per
motivi di origine (il movimento è nato
alle Valli) e per motivi storici (il riconoscimento deH’eredità di fede e di testimonianza dei nostri avi), ma è aperta altresì al pari riconoscimento dei
valori della Riforma (« Ecclesia semper reformanda ») e dei movimenti di
risveglio suscitati dallo Spirito a più
riprese in tanti paesi del mondo : prova ne è l’adesione e le lettere di incoraggiamento da parte di numerosi fratelli delle più varie denominazioni
evangeliche.
per la TEV
Adriano Donini
tangibilmente la sua solidarietà
con il Gignoro inviando a quest’istituto, alcune derrate alimentari.
L’Assemblea di Chiesa del 9 ottobre ha dato il via alle attività
invernali: corso di catechismo,
Scuola Domenicale a cura della
Signora Maddalena Costabel,
progetti di inviti a varie persone
del nostro ambiente e non, per
essere sensibilizzati su determinati problemi. Si è anche deciso
di studiare quest’anno, oltre agli
argomenti proposti dall’ ultimo
Sinodo alle chiese, quello di « fede e politica » disatteso da noi,
per varie ragioni, Tinverno scorso. In quattro serate si sono
quindi esaminati i documenti
che su questo tema la Tavola
'Valdese aveva fatto pervenire ai
Consigli di Chiesa. Le discussioni
sono State a volte anche vivacissime, ma certamente non inutili.
L’Assemblea di Felonica ha
inoltre votato all’unanimità, cori
la Chiesa di Mantova che lo ha
approvato in separata sede, il seguente o.d.g. che è stato inviato
al « Servizio Stampa RAI-TV »
della Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia:
« La Chiesa Evangelica Valdese di Felonica Po e la Chiesa
Evangelica Valdese di Mantova,
riunite in Assemblea nelle loro
rispettive sedi di Felonica Po e
di Mantova, il 9 ottobre 1911,
constatato come molti dei loro membri che seguivano attentamente e assiduamente la Ru
brica televisiva "Protestantesimo", non sono assolutamente più
in grado di farlo ora che essa viene mandata in onda la domenica
sera a tarda ora notturna,
chiedono ai curatori della
suddetta Rubrica di insistere
presso l’Ente RAI-TV per ottenere lo spostamente orario di "Protestantesimo” in un’ora più consona alle esigenze di quelle persone che non possono fare le
ore piccole a causa dei loro im-pegni lavorativi al mattino presto ». B. C.
BORDIGHERA
0 Ricca di profonde e piacevoli emozioni è stata per la nostra
Comunità la domenica 16 ottobre per la gradita presenza in
mezzo a noi di un gruppo della
Corale valdese di Torino. La
sua partecipazione attiva al culto del mattino nel tempio di
Bordighera ed alla riunione del
pomeriggio alla Casa valdese di
Vallecrosia è stata vivamente
apprezzata, così, come lo è stata pure la proiezione di un film
commemorativo delle celebrazioni centenarie che hanno avuto luogo nel cuore delle Cevenne, in Francia, nel corso dell’estate 1976, dovuto al talento artistico ed alla competenza del
signor Pietro Boer di Luserna
S. Giovanni; tutto facilitato
dalla cordiale accoglienza della
Casa Valdese. Grazie a tutti!
TORINO
Il sindaco risponde
Alla lettera aperta che Tassemblea di chiesa di Torino gli ha indizizzato (cfr. Eco-Luce n. 45), il
Sindaco di Torino ha risposto in
data 15.11. con questa lettera rivolta al Presidente dell’assemblea.
Caro Dott. Rochat,
come è difficile fare l’amministratore pubblico!
Tutto quello che Lei mi scrive
è vero, è giusto, ma mi creda,
nelle nostre intenzioni non si voleva assolutamente assumere atteggiamenti che potessero in
qualche modo, sia pure vagamente, avere sapore religioso e per
di più di parte.
Le cose sono andate così: l’assessore ai cimiteri comunica in
Giunta che nei nostri vivai abbondano i fiori che servono abitualmente ad addobbare il cimitero; anziché sprecarli decidiamo
di destinarli alle tombe senza
fiori. Tutto qui.
Personalmente ritengo che le
persone si dovrebbero amare ed
aiutare quando sono in vita:
quando sono morte non hanno
più bisogno di noi e soprattutto
di cerimonie.
Spero di avere chiarito le ragioni di questo fatto.
Con viva cordialità.
Diego Novelli
3
?, dicembre 1977
DIBATTITO SUI RAPPORTI TRA CATTOLICI E COMUNISTI
i
[
L’ecumenismo delle culture
Il dibattito su ’’cultura marxista e cultura comunista di fronte alla crisi” mette in risalto le possibilità e i pericoli del dialogo
Si è svolto il 12 e 13 novembre
a Torino, organizzato dalla rivista « Nuova Società », un seminario su «Cultura marxista e cultura cristiana di fronte alla crisi ». Delle tre relazioni che sono
state presentate {Cesare Cardia,
PCI; Ugo Perone, ACLI; Giulio
Girardi, CpSX soprattutto la prima mi sembra utile per cercare
di approfondire il dibattito che
sui rapporti tra cattolici e comunisti si è riacceso con la risposta
di Berlinguer a Bettazzi e successivi interventi e commenti.
Presentando la posizione comunista, Cardia ha centrato il
suo discorso sulla tesi dell’incontro e confronto critico di tradizioni e culture diverse. Ha preferito dare un taglio meno filosofico e più storico, parlando solo di
rifiesso di diverse ideologie e
prevalentemente di diverse culture. Una cultura — egli ha detto
— è Taccumulazione storico-teorica di esperienze, conoscenze e
interpretazioni della realtà alTinterno di una concezione ideologica. Come si vede, il riferimento
ideologico non è smentito o relativizzato, ma in primo piamoi è
posto l’elemento storico-sociale
che determina una particolare
cultura, tanto che questa è definita anche come « fenomeno di
continua interazione tra ideologia e società ».
A partire dalle rispettive ideologie e realtà sociali, sono quindi a confronto la cultura comunista che ha prodotto il meglio
di sé nella teoria sociale, sviluppando molto meno la concezione
delTuomo, e la cultura cattolica
(anzi le culture cattoliche, ha precisato l’oratore, pur continuando a parlare poi al singolare)
che è caratterizzata da una sottolineatura del privato e da una carenza di elaborazione della teoria della società. Di qui la tesi
centrale della necessità di abbandonare «sistemi» ideologici chiusi e immobili e di operare un
confronto critito delle culture.
Ma in questo modo — si è chiesto Cardia — non si apre la porta
ad un « pasticcio ideologico »? Al
contrario, ha risposto: si apre
una fase nuova in cui il confronto permetterà ad ogni cultura di
verificare se stessa vagliando e
facendo propri quegli stimoli e
quelle intuizioni che altre culture avranno elaborato.
Ascoltando, mi sono trovato a
tradurre in termini ecclesiastici
la tesi delToratore comunista e
a riconoscere così i tratti essenziali di un « ecumenismo delle
culture». Per quanto non si possa
spingere molto in là questa analogia, mi sembra possibile questo
accostamento: anche nel movimento ecumenico il punto di partenza è dato dalla rinuncia a considerare chiuso e immobile un
sistema teologico e dalTaccettazione di un confronto di quei fenomeni di continua interazione
tra teologia e società che sono le
chiese. E anche nel movimento
ecumenico il primo rischio a prospettarsi è quello della perdita
della propria identità, della confusione teologica, rischio temuto
e respinto dagli uni e accettato
con apertura da altri che vi hanno trovato un profondo stimolo
di rinnovamento.
Tendenzialmente e in via teorica mi sembra da valutare positivamente questo « ecumenismo
delle culture ». Non vedo quale
vantaggio vi sarebbe nelTopporre
chiusura a richiesta e offerta di
apertura, nel ricacciare il comunismo italiano nel dogmatismo
ideologico da cui sta uscendo.
Nel 1961, commentando la misurata valutazione del comunismo
da parte delTAssemblea del CEC
che ad Amsterdam nel 1948 aveva rifiutato di aderire alla crociata anticomunista allora imperante, Giovanni Miegge diceva:
« In conclusione : che cosa rimproverano le chiese evangeliche in quanto
chiese al comunismo? (...) La principale obiezione per parte nostra rimane
il metodo seguito nell’attuazione della
società socialista e in particolare il
dogmatismo comunista. Noi possiamo
comprendere che quel metodo sia stato necessario nella fase rivoluzionaria,
nella instaurazione della società comu
nista, cioè per gravi ragioni, ma per
ragioni contingenti, in fondo, non essenziali ed intrinseche. La nostra critica dovrebbe quindi elidersi da sé, col
favore delle circostanze e col progresso del tempo, senza che ne sia alterata
l’essenza della grande esperienza in
corso. Nella misura in cui ciò accadrà,
sarà anche più facile un dialogo, che
crediamo utile per le due parti e che,
per parte nostra, desideriamo ».
(« Il comunismo e le chiese - dalla
crociata al dialogo », in Giovanni
Miegge, Dalla ’’riscoperta di Dio” all’impegno nella società^ Claudiana, p.
256).
Ora che questa eventualità si
va avverando — non per il comunismo in generale ma per ciò che
riguarda quello italiano — vorremmo davvero smentire, per
opposte paure di « pasticci ideologici», le speranze da tempo formulate?
D’altra parte, non basta certo
enunciare a parole e scritti un
« ecumenismo delle culture » per
risolvere tutti i problemi. Proprio Tesperienza ecumenica —
che ci ha fatto incontrare tanto
un vero quanto un falso ecumenismo — può per analogia mettere
in luce alcuni pericoli.
Un primo perico-lo è costituito
dalla confusione, dal tatticismo,
dal melenso « badiamo a ciò che
ci unisce e lasciamo da parte ciò
che ci divide ». Il prof. Cardia
nella sua relazione non è caduto
in questo pericolo neH’analisi
stringente che ha dato della « cultura del privato » sviluppata dal
cattolicesimo (che purtroppo per
ragioni di spazio non mi è possibile riferire). Ma non sempre il
PCI manifesta uguale chiarezza
nei fatti e nei « no » che coerentemente dovrebbe pronunciare
pur nelTambito di un ecumenismo delle culture.
Un altro pericolo è quello di
privilegiare Tecumenisrno di vertice rispetto a quello di base. È
la logica propria di un organismo gerarchico come la Chiesa
cattolica e sarebbe molto pericoloso per il PCI non sviluppare
gli opportuni antidoti a questa
tendenza. In questo senso sarebbe particolarmente importante l’ascolto non di una indifferenziata cultura cattolica ma della
pluralità delle diverse culture
cattoliche esistenti, graduando la
apertura nei loro confronti non
in base al potere che rispettivamente detengono ma in base alla
loro disponibilità a portare un
contributo di rinnovamento della
società.
È quindi nei fatti che 1’« ecumenismo delle culture » sarà
messo alla prova. In questo senso, la discussione della bozza di
revisione del Concordato xni
sembra essere non Túnico ma il
più indicativo banco di prova
per mostrare quale cattolicesimo
il PCI intende incontrare, oggi e
in futuro, e in che misura è disposto a tener conto delTapporto della cultura laica presente al
di fuori del proprio ambito. Su
questo — come su altri terreni
concreti — si dimostrerà se quello del PCI sarà un ecumenismo
bolso e confusionario oppure vitale e foriero di autentico rinnovamento.
Berlinguer
due vescovi
la 382 e i valdesi
Franco Giampiccoli
Recentemente sull’ Eco-Luce,
il pastore Sergio Ribet ha detto
di ritenere positive le dichiarazioni di Berlinguer nella sua fumosa corrispondenza col vescovo di Ivrea, segno di accettabilità del PCI come partito di
governo.
Esaminiamo che cosa ha detto in sostanza Berlinguer ; innanzitutto ha cercato di sgombrare il campo dall’accusa di
senza Dio che si dà al partito
comunista :
« Il PCI desidera uno Stato
laico e democratico, non teista,
non ateista, non antiteista » e
questo accontenta i vescovi e
Ribet !
Secondo me questa frase girata e rigirata, è priva di senso: se uno Stato non è teista,
né antiteista, cioè se non afferma, né nega Dio, è per forza di
cose ateista (vale a dire indifferente al problema, neutrale).
Probabilmente Berlinguer voleva dire che il suo Stato ideale
è uno Stato che non professa,
né privilegia la religione, ma
nemmeno la perseguita, lasciando liberi i cittadini di praticarla
o no. Questo Stato indifferente
lo hanno già inventato da secoli i liberali e, in Italia fu tradotto da Cavour con la formula
« libera Chiesa, in libero Stato ».
Ammettiamo che il PCI resti
agnostico e permetta ai Cristiani di credere, nel segreto delle
loro coscienze, a Dio, ma è
certo che esso fa chiaramente
RIUNITO A ROMA IL CONSIGLIO EGEI
Una linea di lavoro
tra molti problemi
Preceduto da un incontro della
commissione esteri, il Consiglio
della Federazione giovanile si è
riunito a Roma nei locali della
Facoltà di teologia sabato 11 e
12 novembre. Due mozioni, di
cui una già nota ai lettori (lettera di solidarietà al pastore
Ensslin) e l’altra (che sarà pubblicata sul prossimo numero) sul
« nuovo » Concordato, un telegramma di adesione al Convegno sui paesi dell’Est che si teneva negli stessi giorni a Venezia, hanno caratterizzato, alcuni
punti che erano alTo.d.g. Queste
mozioni sono riprese nel Notiziario spedito in questi giorni e
inviato a lutti gli aderenti alla
EGEI, cioè a quanti versano la
loro quota annuale.
Le presenza dei segretari regionali, dei direttori dei centri giovanili e del direttore di Gioventù
Evangelica ha permesso un panorama generale del lavoro svolto dalla EGEI. Alcune regioni sono in fase di rilancio: la Lom
bardia innanzitutto, con un nutrito programma di attività presentato nel bollettino regionale
di collegamento fra i gruppi,
programma a cui Paolo Naso offre una collaborazione particolare, richiesta alla EGEI dalla Conferenza del II Distretto (cfr.
o.d.g.), la Puglia-Lucania, dopo
il positivo convegno regionale
del 6 novembre; la regione napoletana che ha avuto un momento
di particolare apertura verso
l’esterno in occasione delle iniziative intraprese per il 56° anniversario della comunità di Pozzuoli.
Segni di ripresa anche in Piemonte, Lazio, mentre occorrerà
lavorare sodo per riallacciare
contatti e crearne dei nuovi nel
Triveneto ,nella Toscana e in Sicilia.
Una lunga discussione abbiamo avuto a proposito di Adelfia,
del suo ruolo che ricopre nel Sud,
della sua gestione, della ristrutturazione; uno strumento che do
NOVITA’ CLAUDIANA
Nedelia TEDESCHI
Mio fratello mongoloide
Esperienze e problemi di una emarginazione
128, L. 2.200 («Nostro tempo» 24)
PP
Che cosa avviene in una famiglia in cui nasce un figlio
handicappato? Una ’storia vera’ sincera e toccante.
Che cosa si è fatto e si potrebbe fare per inserire Thandicappato non solo nella scuola ma nella società, iniziando dalla famiglia?
In appendice: un dibattito fra un genetista, una psicoioga e una neuropsichiatra infantile. La legislazione
attuale e le proposte di legge in corso.
Un grosso problema sociale che non può più
considerato una « disgrazia » individuale.
essere
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso, 1 - 10125 TORINO
vrà essere valorizzato e utilizato
sempre più per la formazione
evangelica dell’evangelismo apulo-calabro-siculo.
Il lavoro delle commissioni
(Bibbia, Chiesa, politica, donne,
esteri) ha procurato del materiale in parte già pervenuto ai
gruppi, in parte in arrivo sia tramite ciclostilati che su Gioventù
Evangelica; sta ora ai gruppi locali utilizzarlo intelligentemente.
Per quanto concerne la commissione esteri è stato riferito in
consiglio il buon esito delTincontro di Darmstadt ed il contributo
dato dalla EGEI in occasione dell’assemblea annuale del Consiglio giovanile europeo che si è
tenuto in ottobre ad Eisenach
(DDR).
Sempre nel merito di questi
rapporti internazionali ospiteremo in Italia verso la prossima
primavera un gruppo di fratelli
della DDR con i quali faremo
una verifica degli incontri avuti
sin qui e delle prospettive che ci
proponiamo
Dibattuto anche il tema del
campo studi EGEI 1978; fra le
proposte emerse quella di riprendere in modo articolato i
problemi sui quali ci si confronta attualmente nella EGEI: riforma della chiesa, questione giovanile, problema del sud; bilancio
teologico di una generazione, per
affrontare in modo più sistematico la linea di riflessione e di lavoro seguita in questi anni; testimonianza evangelica e dissenso
cattolico. Il Consiglio è del parere che questo confronto sia utile
in vista del congresso nazionale
della primavera 1979; pertanto la
proposta che attualmente gode
maggiore appoggio è che il campo studi non interferisca nella
normale attività dei campi estivi
che vede impegnata la EGEI nei
vari centri e che si tenga pertanto verso il dicembre 1978.
Un dibattito sulla situazione
delle CdB e dei CpS in questa
fase, il nostro atteggiamento nei
--------------------------------->
intendere che questo è l’atteggiamento del bambino che crede
alle fate.
In altra parte della corrispondenza Berlinguer afferma che la
legge delega deve trasferire ai comuni le istituzioni di assistenp, e
beneficienza e, poiché gli enti locali sono sotto la responsabilità
di una maggioranza politica, ne
consegue, che anche quelle istituzioni, vi sarebbero sottoposte.
Scomparirebbe nel servizio assistenziale il ruolo degli organi
intermedi: non verrebbe rispettata la volontà dei cittadini che
donano o lasciano i loro beni per
determinate finalità. Il Vescovo
di Firenze dice che « dietro la
legge 382 c’è un’idea collettivista
e totalitaria». In effetti non ha
tutti i torti : il nostro ordinamento regionale dovrebbe ubbidire ai
principi fondamentali stabiliti
dalle leggi dello Stato. E scritto
nell’articolo 117 della Costituzione, l’elenco delle materie su cui
la regione può emanare norme
legislative; ma è proprio nella
Carta che si trovano sanzionati,
oltre al principio della libertà
della iniziativa economica privata, quelli che riguardano la garanzia delle associazioni e delle
istituzioni con fini religiosi o di
culto per ogni forma delle loro
attività e gli altri che conferiscono a Enti o a privati il diritto di
istituire scuole e istituti di educazione, sia pure senza oneri per
lo Stato.
Non è sulle norme del rispetto
dovuto ad ogni istituzione relT
giosa, che si verifica la legittimità costituzionale della 382 e
delle norme che vogliono attuarla e non solo per i vescovi di Ivrea o di Firenze, ma
anche per noi Valdesi e i nostri
istituti che, in parte, sono già
fagocitati dalle regioni; con lo
appoggio benevolo di fratelli
progressisti e con il silenzio della 'favola, che consente si definiscano Valdesi degli istituti che
di Valdese non hanno più nulla.
Ma noi dobbiamo prendere le
difese di Dario Fo e di tanti
altri, dobbiamo riconoscere come benevole le parole di Berlinguer e C., piuttosto che difendere il nome Valdese, rimasto soltanto un’etichetta di istituti senza alcuna impronta dell’insegnamento di Cristo.
Prezzolini scriveva in questi
giorni su un quotidiano «Che
cosa c’è di più cattolico della
parola ’’compromesso”, sbandierata da Berlinguer? Il compromesso storico, se si farà, sarà
la coabitazione forzata di due
coniugi che spiano il momento
di mettersi le corna e ognuno
dei due prega il cielo di restare
vedovo ».
Questa è la politica ; una lotta
violenta, senza esclusioni di colpi, piena di « furbizie » e di intrallazzi, merce non fatta per
degli «ingenui » come i credenti; possiamo noi parteggiare per
una delle due parti? credere alle parole dell’uno, piuttosto che
a quelle dell’altro? Entrambi
hanno per base la menzogna a
fini di potere; facciano pure i
loro intrallazzi, realizzino il
compromesso storico, ma noi
stiamone fuori.
Vogliono trovare consensi nel
popolo, spiegandosi con lettere o
volumi dove la «furbizia» e la
dialettica mascherano la loro
base di menzogne per uno scopo preciso? S’accomodino. Non
possiamo né approvarli, né tanto meno aiutarli. « Non è conveniente» dirà qualcuno. La propria convenienza non è mai stata cercata dal credente.
Aldo Rostain
confronti di questi fratelli e compagni è stato fatto in riferimento
agli ultimi interventi apparsi sui
settimanali « La Luce » e « ComNuovi Tempi » e su Gioventù
Evangelica.
Da segnalare, infine, un incontro del Consiglio con gli studenti
della facoltà di teologia sui problemi della loro formazione teo
logica e delle possibilità del pastorato. E- G.
4
2 dicembre 1977
DUE INTERVENTI NEL DIBATTITO SULL’ENERGIA NUCLEARE
Rilancio o crisi
della civiltà industriale
La società industriale è destinata all’espansione o alla crisi? Nel primo caso l’energia nucleare è Inevitabile, ma nel secondo è follia
Si è molto scritto in questi ultimi tempi, anche su La Luce, di
centrali atomiche; presso la sala
Valdese a Milano si è tenuta una
discussione; i pareri pro e contro
si sono sprecati; siamo stati bombardati da statistiche discordi e
tirate da ciascuno a favore della
sua tesi; è stato approvato un
piano che darà il via ad un inizio ■
(o meglio ad una ripresa, perché
ci sono almeno tre centrali atomiche funzionanti in Italia) di
costruzioni.
Ma da tutto questo polverone
non mi pare sia apparso quanto
sta sostanzialmente dietro il problema dell’energia. Senza energia
non isi dà nessuna società industriale, qualunque sia la forma,
capitalistica o socialista, secondo
cui essa si realizza. Del resto era
proprio Lenin che identificava il
comunismo nella somma dei soviets più le centrali elettriche, e
di centrali atomiche anche i paesi deH’Est ne costruiscono e ne
hanno costruito.
E quindi riteniamo chela civiltà industriale, cui siamo avvezzi
da non più di dieci/dodici generazioni, ha ancora diritto e possibilità di vivere, sembra difficile
dire di no a nuove centrali atomiche. Fin dagli anni 30 funziona
nei Pirenei una centrale solare,
ma non sembra si sia andati molto avanti su questa via se non si
conoscono, oltre quella iniziale,
che piccolissime installazioni (se
ne può ammirare una anche a
Torre Pellice) atte a dare al massimo un poco di acqua calda e di
riscaldamento domestico. Il vento ha azionato da secoli mulini e
gualchiere, ma la trasformazione
della sua raergia in qualcosa di
trasportabile non ha ancora trovato soluzioni valide. Le centrali
a carbone no-n rifiutano certo tutti i possibili miglioramenti che
consentano di elevare il loro rendimento, ma chi ne afferma la
possibilità non sa poi come realizzarla. La Tennessee Valley Authority ha dimostrato come si
può « razionalizzare » un intero
comprensorio fluviale ottenendo
grandi quantità di energia ed eliminando ogni rischio di inondazione; ma non tutti hanno un fiume come il Tennessee a disposizione e gli enormi mezzi fmanziari necessari allo scopo (tuttavia anche in Italia questa potrebbe forse ancora essere una ipotesi valida).
Ma se crediamo che la civiltà
industriale, così nella forma capitalistica come in quella socialista, sia ormai in una crisi irreversibile, allora possiamo ben
chiederci se vale la pena di prolungarne l’agonia costruendo centrali a costo di spese enormi e di
rischi reali.
E non è solo questo rifiuto di
una forma valida di energia, per
quanto altamente significativo,
che fa credere che la civiltà industriale sia realmente in una crisi
che assomigMa molto ad una parabola irrimediabilmente in discesa. La base della civiltà industriale è la trasformazione di
massa di materie prime in prodotti per l’uso, con il premio conseguentemente riconosciuto a
questa capacità di trasformazione (scienza e tecnica). Ma la coscienza della finitezza delle materie prime disponibili, quelle alimentari comprese, ha già provocato una inversione di questa
scala di valori, premiando più le
ultime disponibilità di materie
prime (non solo il petrolio) che
non la capacità di trasformarle.
E la necessità di destinare risorse Siempre crescenti al rinnovo ed
aggiornamento dei mezzi di trasformazione, da un lato tende
(nella fase di prima accumulazione) alla compressione dei consumi (e che ciò avvenga con bassi salari o con piani quinquennali
che lirnitano la disponibilità di
beni dà consumare è irrilevante),
e dalTaltro (nella successiva fase
del consumismo) li distorce imponendo in un modo o nell’altro
al consumo beni superflui, ma
redditizi perché consentono rapidi ammortamenti, a svantaggio
di beni più necessari (la casa, la
salute, Tambiente, l’istruzione:
tutte cose di lentissimo ammortamento).
E Torganizzazione accentrata
del lavoro industriale, atìche nei
suoi aspetti economici, rende inevitabile l’esercizio di una autorità, sempre meno accetta a chi
nella civiltà industriale non può
più credere. Per tacere del rifiuto di tale civiltà a livello di gruppi o di individui (gli hippies, americani e non, la diffusione della droga e via dicendo), o delle
conseguenze suU’aumento della
popolazione mondiale necessario
per avere sempre più larghe masse di produttori e di consumatori, o deirurbanesimo strettamente legato alla fabbrica, o dei movimenti ecologici e di quanti altri segni si potrebbero rilevare.
Certo, come la fine della civiltà agricola non ha significato la
fine dell’agricoltura, ma solo l’applicazione ad essa dei principi
della civiltà industriale, cosi la
fine di questa civiltà non potrà
dire la fine delTindustria, ma solo il suo adattamento a quei nuovi principi che l’umanità sta molto lentamente maturando e che
finiranno col regolare la vita delle future generazioni.
E se questo è vero, allora realmente la costruzione di nuove
centrali nucleari non giustifica
Timpiego di risorse che potrebbero essere altrimenti usate per riparare ai molti danni che (pur
assieme agli evidenti innegabili benefici) la civiltà industriale
ha prodotto al mondo in cui viviamo. E a noi, che ci diciamo
cristiani, spetta allora anche un
"nostro” compito. Ogni passaggio di civiltà, come quello che pare ci aspetti, provoca lunghi periodi di sconvolgimenti, e la storia insegna quanto alto possa esserne il costo e quanto elevati e
duraturi i danni. Spetta a noi
prepararci a vivere giorno per
giorno il periodo difficile già cominciato, sforzandoci di portare
in salvo, attraverso di esso, ciò
in cui crediamo e che è nostro
compito predicare: la libertà nell’Agape di Cristo... ammenoché
la nostra Fede non sia invece riposta nella Scienza e nella Tecnica e nella loro capacità di assicurare la continuità della civiltà
industriale in cui stiamo vivendo.
Niso De Mlchelis
Nella società
Dio non
nucleare
e programmato
«Avete bisogno d’energia? Allora fidatevi di noi e lasciateci
lavorare in pace senza scocciature». In questa battuta — immaginata dal teologo luterano
Gerard' Siegwalt — i tecnici della ’rivoluzione energetica’ invitano gli ecologi ad un atto di
fede. Ma un atto di fede non
può essere imposto, né tantomeno richiesto a chi non conosce i termini esatti del problema. Così è scoppiata la bomba
nucleare (si fa per dire) durante il recente sinodo regionale
francese della zona Centre-Alpes-Rhóne della Chiesa Riformata, svoltosi recentemente a
Viviers. Ad innescare la bomba
ci ha pensato un giovane professore luterano della Facoltà
teologica di Strasburgo (catte
BARTH INEDITO
La vita cristiana, conseguenza
pratica deiia preghiera
Col titolo « La vita cristiana », pubblicate le ultime lezioni suM’etica L intera esistenza dei credenti vista nella prospettiva della preghiera
Dal 1959 al 1961, Karl Barth
ha tenuto i suoi ultimi corsi come professore ordinario iniziando a trattare l’etica della riconciliazione, che avrebbe dovuto
concludere, in analogia con il
secondo e terzo volume, il quarto volume della sua « Dogmatica », secondo la sua concezione
dell'etica come parte integrante
della riflessione teologica. Questo nuovo capitolo di etica doveva iniziare con la dottrina del
battesimo, inteso come fondamento della vita cristiana e si
doveva concludere con la dottrina della santa cena. La dottrina del battesimo fu poi pubblicata come « frammento » nel
1967 (vedi la recensione all’edizione italiana sull’ultimo numero dell’Eco-Luce), mentre Barth
non ebbe più il tempo di sviluppare il suo pensiero sulla
santa cena. Nella prefazione al
volume sul battesimo egli scrive che da questo volume « il
lettore accorto potrà facilmente dedurre la linea che avrei .seguito nella presentazione della
dottrina della santa cena ». (Qualcosa di più si apprende dal paragrafo introduttivo (finora inedito) dell’etica: come il battesimo è visto in riferimento al fondamento della vita cristiana, così la santa cena doveva essere
vista in riferimento al suo rinnovamento. Nel battesimo si
tratta dell’ingresso nella vita cri
stiana, nella santa cena della
sua prosecuzione.
Entrambi, questi due momenti sono visti come atti di ubbidienza dell’uomo riconciliato con
Dio in Gesù Cristo: « Battesimo
e santa cena non sono manifestazioni, dimostrazioni, mediazioni o rivelazioni della salvezza. Non sono rappresentazioni o
attualizzazioni, emanazioni, ripetizioni o prolungamenti, ma
neppure conferme e suggelli dell’opera e della parola di Dio, né
strumenti, veicoli; canali e mezzi della sua grazia riconciliatrice. Non sono ciò che, a partire
dal II secolo, si è sempre detto
e capito di loro: non sono « misteri », non sono « sacramenti ».
Battesimo e santa cena appartengono, con l'intero essere, parlare e agire della comunità di
Gesù Cristo e dei suoi membri,
alla risposta, alla testimonianza,
aìVannuncio, permesso da Dio
agli uomini raccolti nella cristianità, dell’unica opera di salvezza, dell’unica rivelazione della
salvezza, che è avvenuta nell’unico mediatore tra Dio e gli uomini (I Tim. 2: 5), il quale, nella potenza del suo Spirito Santo, attualizza, presenta, dimostra e fa conoscere se stesso in
modo immediato ».
Il corpo della trattazione,
aperta dal battesimo e conclusa dalla santa cena, doveva essere la presentazione della vita
cristiana, sulla base delle donaande del Padre Nostro. Le lezioni di Barth giungono fino alla spiegazione della seconda domanda, « il tuo Regno venga ».
È comunque già una bella porzione: 470 pagine, scritte con la
stessa ampia articolazione, con
lo stesso desiderio di precisione
e di completezza, con lo stesso
respiro e vivacità degli altri volumi della « Dogmatica ». Alla
loro pubblicazione nel corpo
della grande opera mancava
soltanto l’ultima revisione dell’autore. Ora Hans-Anton Drewes e Eberhard Jiingel ne hanno curato l’edizione critica nel
quadro dell’« Opera omnia » che
sta uscendo a ritmo (e prezzo)
sostenuto.
Perché il Padre Nostro? Il capitolo di etica che concludeva la
dottrina della creazióne era stato sviluppato nella prospettiva
della libertà. In un brano interessante del paragrafo introduttivo, Barth passa in rassegna i
concetti che potrebbero servire
da filo conduttore per un’etica
della riconciliazione: lo stesso
concetto di libertà, oppure ravvedimento, decisione, fede, riconoscenza. Si era quindi deciso per il concetto di fedeltà, la
fedeltà deH'uomo che corrispon
BiTino Rostagno
(continua a pag. 8)
dra di dogmatica) : Gerard Siegwalt. Il Sinodo lo ha invitato
a tenere una conferenza su ’cosmologia e teologia’ con riferimento al problema nucleare. Ne
è seguito un dibattito di grande
qualità che ha visto avvicendarsi tecnici, ecologi, teologi, ingegneri nucleari.
Il problema è stato visto innanzitutto in una prospettiva
teologica, nel quadro della creazione-redenzione dove l’uomo è
posto (I Cor. 3: 9) come collaboratore di Dio nel suo progetto di redenzione. Sicché l’uomo
deve rendere conto (vedi Genesi 2; 15) a Dio del suo atteggiamento di fronte alla natura.
Ma l’uomo — secondo Siegwalt
— è diviso dalla natura come
è diviso in se stesso («il dualismo della cultura occidentale »).
Grazie a questa divisione la
natura diventa un oggetto da
manipolare come, di riflesso, il
nostro prossimo. La crisi della
natura diventa quindi crisi di
civiltà. In altre parole, quando
l’uomo pecca contro la natura
pecca anche contro se stesso e,
senza avvedersene, partecipa al
destino dell’ambiente naturale
che lo circonda. I termini del
rapporto Dio-uomo-natura se visti, ora, nel quadro della scelta
energetica nucleare assumono
una certa gravità. La scelta nucleare infatti, non soltanto porta con sé la possibilità di una
catastrofe ecologica (si pensi
solo alle scorie delle centrali
nucleari la cui radioattività è
praticamente ineliminabile se
non dopo millenni) ma implica,
oggi, una scelta che riguarda direttamente le generazioni future (vedi Eco-Luce n. 37). Da questa scelta i nostri figli non si
potranno sottrarre. Sul piano
economico, inoltre, le centrali
nucleari rappresentano un potere immenso la cui difesa prevede il graduale evolversi di stati
polizieschi (già oggi nelle centrali nucleari un impiegato su
sette lavora per la sicurezza degli impianti). Quindi — qualcuno ha chiesto a Siegwalt — tutto dipende dall’uso che noi ne
facciamo?
Ma anche a questo quesito (è
la domanda classica dell’etica
tradizionale) bisognerà rispondere negativamente; l’uso pacifico dell’energia nucleare non elimina di fatto i rischi e le nostre responsabilità, entrambe
destinate a proiettarsi nel futuro. E i rischi sono già in atto.
Tant’è che le centrali nucleari
esistono già, altre son già state
decise sulla carta; il problema
quindi non è solo teorico ma è
già « attivo » in . molte nazioni.
Tra l’impossibilità di un ritorno indietro e una fuga in avanti che, attraverso la proliferazione dei centri nucleari, porterebbe alla catastrofe è necessario
— ha osservato Siegwalt — trovare un’altra via che miri alla
qualità della vita.
I^ centrali nucleari fanno ormai parte del nostro paesaggio
e degli imperativi della nostra
economia (insieme alla legge
del profitto, della tecnocrazia,
dell’efììcientismo) che sottolineando gli aspetti positivi di
questa ricerca energetica (per
es. l’indipendenza dal petrolio
arabo ) blocca, praticamente,
ogni ricerca scientifica nel campo delle fonti alternative di
energia. Non a caso, oggi, non
ci sono investimenti di una certa consistenza per intraprendere
la strada dell’alternativa energetica perché i centri di potere
(in Francia, ma diciamo pure in
tutta l’area occidentale) hanno
puntato le loro carte sul ’regime nucleare’.
Si ha cos'-j l’impressione che
l’umanità debba decidere, oggi,
della propria sopravvivenza. Di
questo il professore Siegwalt
è convinto e invita le chiese (che
predicano la « salvezza cosmica») ad inserirsi nel dibattito
e nella lotta contro la catastrofe ecologica.
Ma quale ruolo possono avere
le chiese sul piano della crisi
energetica? Le comunità cristiane possono dire una parola diversa rispetto agli anti-nucleari
dichiarati o produrre una riflessione specifica convincente? Di
fronte a questi interrogativi i
partecipanti al dibattito hanno
osato alcune risposte che, molto schematicamente, riprendiamo. Innanzitutto l’immagine cristiana, quella del Nuovo Testamento, dell’uomo è già di per sé
alternativa rispetto a quella che
offre la nostra società dove, appunto, Dio non è programmato.
La chiesa può così, sfatare una
falsa immagine dell’uomo insieme agli idoli che la circondano.
In questo compito di demistificazione della religiosità del benessere (al cui altare tutto si
sacrifica) la chiesa deve promuovere il dialogo e il confronto con tutti quelli preoccupati
dal problema della natura, dell’energia e della qualità della vita. In questo dialogo sulla scelta nucleare non bisognerà perdere di vista alcuni aspetti. Il
primo riguarda i dati tecnici;
essi devono essere accessibili a
tutti, devono insomma uscire
dai cassetti degli scienziati. Il
secondo aspetto concerne il futuro. Facendo appello alla saggezza dell’esperienza bisogna approfondire la conoscenza delle
implicazioni e delle future conseguenze delle decisioni nucleari
di questi anni. Infine, e qui le
chiese hanno molto da dire, si
tratta di adottare il criterio della rivelazione di Dio nel giudicare l’etica di un’economia che
è in mano a pochi gruppi di potere. Sostanzialmente, questa mi
sembra essere la conclusione, ciò
che è valido in economia lo deve
essere anche in teologia e, aggiungiamo, in ecologia.
Giuseppe Platone
5
2 dicembre 1977
A DIECI ANNI DALLA SCOMPARSA
Arturo Pascal: la pazienza dello storico
Studioso della storia valdese e della Rifoma, ha affrontato con serietà e precisione un materiale immenso. Ha saputo così far parlare gli archivi in un discorso minuzioso eppur vivido, dettagliato ma di ampio respiro
Dieci anni fa, il 7 novembre,
il mondo valdese veniva privato
di uno dei suoi migliori rappresentanti nel campo della cultura
e della storia: a ottant’anni (era
nato nel 1887), dopo una vita ■laboriosissima ed intensissima, Arturo Pascal ci lasciava. I funerali 'dimostrarono con una grande
partecipazione di gente quanto
egli fosse stimato nell'ambiente
scolastico torinese: aveva infatti
consacrato la sua carriera aH'insegnamento e per decenni era
Stato professore di lettere al Ginnasio del Liceo d’Azeglio. In questo comipito aveva operato con
spirito di vocazione (era figlio di
pastore), e tutti sapevano, alunni
e professori, che il « valdese »
Pascal rappresentava la serietà
unita alla preparazione, la carica
umana unita alla dirittura morale e civile. Ancora oggi, a molti
anni di distanza, i suoi allievi
non lo hanno dimenticato.
Vogliamo qui ricordarlo nella
sua figura di storico, perché la
sua passione costante fu la storia dei Valdesi e della Riforma in
Italia.
In questo campo, insieme a
Jean falla e a Davide Jahier, egli
ha rappresentato e personificato
il periodo in cui questa storia ha
messo radici solide e profonde,
ed ha contribuito largamente alla sua validità scientifica.
Era stato Emilio Comba in particolare, attraverso la Rivista
Cristiana e le sue opere ancor
oggi fondamentali, a sottrarre la
storiografia valdese e della riforma italiana alle tentazioni agiografiche ed alle interpretazioni
approssimative: bisognava continuare a scavare negli archivi e
nelle biblioteche, per circostanziare meglio gli avvenimenti e delineare più chiaramente i personaggi, ed il materiale certo non
mancava.
Arturo Pascal fu uno di questi
ricercatori appassionati ed intelligenti, la cui fatica permise di
sfogliare migliaia di documenti
inediti, dai quali balzarono vivide e precise ricostruzioni di eventi e di personaggi. Egli affrontò
un materiale immenso, riuscendo
a dare vita alle aride pagine delle vecchie carte, in una serie molto lunga di opere, che possiamo
solo sommariamente citare in
questa sede.
_ La storia della Riforma in Italia lo appassionò fin da giovane,
e a questo problema dedicò una
serie -di studi riguardanti gli emigrati lucchesi e messinesi a Ginevra per motivi religiosi; alla
riforma in Piemonte, oltre a varie monografie, fu consacrato il
grosso e prezioso volume della
storia della Riforma nel Marchesato di Saluzzo; e Pascal si appassionò, con competenza di storico, alla figura deirammiraglia
di Coligny, la giovane e sfortunata moglie della più illustre vittima della strage di S. Bartolomeo (1572), di poi opetto di losche trame e di vili ricatti da
parte delle autorità sabaude.
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Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
Di più vasta mole la produzione dedicata alla storia valdese:
gli studi in questo campo furono
assai numerosi, e sempre contrassegnati da una rigorosa documentazione archivistica e bibliografica: non c’è periodo della
vicenda valdese, a partire dal
'500, che non sia stato illuminato
dalle pazienti ricerche di Arturo
Pascal.
La pagina che più lo interessò
e che più di ogni altra egli volle
approfondire, è quella del grande disastro del 1686-1690: gli anni del « martirio e della gloria »,
come volle chiamarli in una lunga serie di studi dapprima pubblicati sul Bollettino della Società di Studi Valdesi, e poi continuati nei quattro grossi volumi
sempre a cura della Società. In
essi viene sfruttata una mole immensa di materiale, quasi totalmente inedito, e le vicende dei
Valdesi dal momento in cui si
iniziò la persecuzione del 1686,
fino alla fine deirassedio della
Balziglia (1690) sonò stati studiati nei minimi dettagli, qualche
volta di ora in ora.
Inoltre, a questo lavoro straordinario si devono aggiungere al
tri studi sulla prigionia dei pastori, suiresilio in terra svizzera,
sulla dispersione nelle carceri
piemontesi, sui cattolicizzati di-_
spersi nel vercellese, sui tentativi
di rimpatrio ecc. Di quel periodo,
si può dire non rimanga quasi
nulla di segreto.
Il contriibuto di Arturo Pascal
alla storia valdese è stato davvero imponente ed i riconoscimenti gli vennero, nonostante la sua
riservatezza e modestia, dalla Deputazione storica Subalpina, che
lo nominò suo membro corrispondente, e dairUniversità di
Ginevra, che nel 1959 (in occasione del suo quarto centenario) lo
volle professore « honoris causa »
per la validità e vastità dei suoi
studi.
Fu anche logicamente presidente della Società di Studi Vaidesi nel periodo anteriore alla 2‘
guerra mondiale e negli anni di
guerra: in quel periodo fu l’organizzatore delle celebrazioni per il
250“ anniversario del Rimpatrio
(1939) con la sistemazione del
Museo Valdese, del Museo della
Balziglia, con le pubblicazioni relative. Un’attività pratica, a cui
egli si dedicò con impegno e con
successo, come ben ricorda chi
scrive, quando ancor giovane cominciava ad interessarsi della
storia valdese.
* * *
Arturo Pascal non è stato uno
studioso di quelli che vogliono
dare dei fatti un’interpretazione
critica, tanto più che tale interpretazione non sarebbe una necessità: ha invece svolto un lavoro isistematico di ricerca, di verifica e confronto, un lavoro che
non è soltanto erudizione, ma è
scavo e ricostruzione pezzo per
pezzo di un grande mosaico: tale mosaico oggi noi lo vediamo
al completo, perché tutte le sue
parti sono state messe a posto,
e nella giusta luce.
E non senza partecipazione:
l’opera di Arturo Pascal non è
mai fredda e distaocata, ma vi
senti l’uomo che nella vicenda
del passato entra con la sua sensibilità, con l’insofferenza per
rintolleranza e lo sdegno per le
malvagità umane: senza che ciò
disturbi o si trasformi in agiografia celebrativa, ma con quelLumanità che arricchisce e personalizza il ricercatore.
Augusto Armand-Hugon
DUE OPERE DI IMMUTATA VALIDITÀ’
La storia al posto di
imprecisioni o leggende
brava destinata a una vita di
feste e di lusso. Ma già col suo
primo matrimonio nel 156i con
Claude de Bastarnay, conte du
Bouchage, doveva attirarsi le
ire dei duchi di Savoia che non
potevano tollerare che questa
ereditiera portasse in dote i
suoi possedimenti a una famiglia straniera. Venne promulgato un editto che proibiva a partire da questo momento i matrimoni con famiglie straniere
salvo speciali autorizzazioni da
parte del re. Ora, Giacomina
d’Entremont, vedova fin dal 1567
infrangerà subito questo editto
sposando Gaspard de Coligny
molto più vecchio di lei. Si era
sposata, dunque, in Francia,
contro il parere del duca e per
giunta si era fatta ugonotta. Ma
dalla Rochelle, dove viveva, poteva beffarsi della collera di
Emanuele Filiberto di Savoia.
Purtroppo la sua felicità fu
di breve durata poiché un anno
solo dopo il suo matrimonio, la
Saint-Barthélémy doveva privarla in circostanze drammatiche
del marito che era il capo dei
protestanti francesi. Doveva allora fuggire dalla Francia e rifugiarsi nel castello che sua madre possedeva in Savoia. Credendosi al sicuro si diede corpo
ed anima alla cura dei figli del
defunto marito e diede ospitalità anche a Louise de Téligny.
Ma la madre la contessa d’En
Franco Giacone
(Continua a pag. 1)
Fra le innumerevoli pubblicazioni di Arturo Pascal, che potrei citare, Saluzzo e la Riforma protestante durante il periodo della dominazione francese * e FAmmiraglia di Coligny,
Giacomina di Montbel contessa d’Entremont, 1541-1599*, mi
sembrano conservare a tutt’oggi quella validità e importanza
che ebbero nel momento della
loro pubblicazione.
Nella prima. Pascal rintraccia
la storia di Saluzzo restituendo
alle minoranze protestanti il
ruolo che fu il loro. Occorreva
considerare tutti gli aspetti di
questa storia, porsi in tutti i
punti di vista simultaneamente
e non solo in quello della Riforma; è ciò che Pascal ha fatto.
Gli studiosi che si erano occupati della storia del Marchesato di Saluzzo, che dal 1588 fa
parte del Piemonte, avevano o
trascurato il ruolo del movimento riformato o l’avevano sottovalutato, vedendovi solo un
fattore di disordine, una congiura che tendeva a rompere scandalosamente l’unità della Chiesa
cattolica.
Pascal situa la sua ricerca tra
le date del 1548 e il 1588, periodo in cui il Marchesato di Saluzzo appartenne al regno di
Francia. Il 29 giugno 1548 moriva Gabriele, ultimo marchese di
Saluzzo, sovrano fantoccio, giocattolo nelle mani del re di
Francia, che occupava già le terre vicine della Savoia e del Piemonte e che ne divenne dunque
l’erede: il 1548 è, dunque, il punto di partenza della narrazione
politica di Pascal che però giustamente ci dà tutta una serie
di dati e di elementi di storia
religiosa precedenti quella data, che ci permettono cos‘, di
meglio inquadrare gli avvenimenti che succederanno in seguito. Alcuni interessanti capitoli sono consacrati alle origini
della Riforma, alla vita spirituale e al clero cattolico, alle principali correnti riformate che si
propagarono. Saluzzo si trovava
a un crocevia d’influenze valdesi, calviniste, luterane, senza tralasciare i vari movimenti ereticali di cui l’Italia abbondò.
Il periodo compreso tra il 1562
e il 1588 fu in Francia quello
delle guerre di religione. Ora il
marchesato di Saluzzo, pur facendo parte del regno, non partecipò direttamente a queste
guerre ma'solo alcuni volontari
si arruolarono nelle truppe francesi; così, come la Saint-Barthélemy risparmiò del tutto il Marchesato. Il governatore Louis
de Birague fu un uomo sufiBcientemente tollerante nella misura in cui seppe preservare la
pace religiosa. E se questa terra
rimase lontana dalle guerre, un
trattamento particolare le fu anche riservato nei trattati di pace dove i « religionnaires d’outr’Alpes » erano esclusi, per
esenipio, dalla semi-libertà di
coscienza che accordava agli
Ugonotti l’editto della Rochelle
del 1573. Benché francese questa provincia conobbe dunque
una sorte, per certi aspetti analoga a quella delle terre italiane. Ciò dipende dall’influenza
che il duca di Savoia non cessò
d’esercitarvi. In realtà Emanuele Filiberto non cessò mai di
bramare quel territorio per sé;
ciò spiega tutti gli intrighi cui
venne associato e che culminarono con la brutale annessione
del 1588 ad opera di Carlo Emanuele. Questi intrighi savoiardi
non si spiegavano solo con una
brama territoriale ma soprattutto col desiderio di porre un
freno al passaggio dei riformati che transitavano liberamente
vicino alle frontiere del Marchesato. La storia politica e la storia religiosa erano strettamente
legate, come possiamo vedere, e
bene ha fatto Pascal a trattarle nel modo in cui le ha trattate. La sola critica che gli si può
fare è che avrebbe potuto evitare almeno in parte il racconto di tutta una serie di intrighi
diplomatici estranei al suo assunto.
Le fonti sia italiane che francesi così come la bibliografìa
sono davvero imponenti.
Con L’Ammiraglia di Coligny, Giacomina di Montbel contessa d’Entremont, 1.541-1599, Pascal mette la parola fine a un
dibattito, cominciato nel 1867 da
Jules Delaborde, sulla figura
divenuta leggendaria dell’Ammiraglia. Con un libro di 628
pagine Pascal riprende tutti i
termini della questione sfrondandoli dei numerosi elementi
leggendari e mitici e con un rigore scientifico ci dà il ritratto
di Giacomina d’Entremont, che
appare non più come un modello di virtù ma come una donna
appassionata con tutte le qua
lità del martire della fede ma
che non fu al tempo stesso
esente da debolezze.
Giacomina d’Entremont era
l’ultima erede d’un illustre casato della Savoia proprietaria di
grossi beni situati ai confini
strategici del Delflnato e sem
' Arturo Pascal, Il marchesato di Saluzzo e la Riforma protestante, durante il periodo delta dominazione francese, 15481588. Firenze, Sansoni, 1960. In
8”, XX-1-659 pp. (Biblioteca storica Sansoni).
* Arturo Pascal, L'Ammiraglia
di Coligny, Giacomina di Montbel contessa d’Entremont, 15411599. Torino, Deputazione Subalpina di storia patria, 1962.
In 8“, 628 pp.
Memorie degli esuli
Riportiamo un breve stralcio dall’opera di Arturo Pascal
« Da Lucca a Ginevra. Studi sull’emigrazione religiosa lucchese nel secolo XVI », pubblicato fra il 1932 e il 1935 sulla
« Rivista di Storia Italiana » e successivamente raccolto in
un volume (Pinerolo, 1935).
La citazione è tratta dalla seconda parte del lavoro, in
cui l’Autore mette in evidenza l’importanza genealogica,
commerciale, storica e religiosa delle «Memorie» degli
esuli lucchesi.
Ma di tutti gli elementi, di
cui constano le Memorie, il religioso è senza dubbio il più
importante.
Da altri documenti potremo
forse in avvenire attingere notizie più precise intorno alle
vicende pubbliche e private
dei profughi o intorno alla lo
ro attività commerciale: diffìcilmente invece potremo rintracciare documenti che, meglio delle memorie, ci permettano di penetrare nel sacrario
dell'anima loro.
Il profondo rivolgimento,
che nel secolo XVI si produce
in Lucca nell'ambito di un piccolo gruppo di ardimentosi,
non è solo politico e materiale, ma morale e religioso.
Esso infatti non consiste
soltanto nell’abbandono della
patria o nel sacrifizio doloroso delle ricchezze e degli ono
ri lungamente goduti, ma nel
travaglio spirituale di coscienze profondamente turbate, nel
risveglio improvviso di forze
intime e misteriose, che, spezzando quasi di colpo i più tenaci allettamenti del mondo,
afferrano l’anima con tanta
violenza da imporle una nuova norma di vita, nuovi bisogni, nuove aspirazioni, una
più alta coscienza del proprio
destino.
Da ciò consegue che, per
studiare la storia di questi
lucchesi, non basti indagare le
vicende esteriori e mutevoli
della loro vita, ma occorra
scendere nel santuario delle
anime loro, dove il gran dramma nacque e si svolse; non bastino i documenti storici e civili, i quali colgono, per lo più,
le sole apparenze della vita e
dell’attività esteriore e più
spesso le ombre e il male che
le virtù e le luci, ma occorrano documenti intimi, soggettivi, che ci rivelino l’anima nella sua essenza, nelle sue lotte,
nei suoi dubbi, nei suoi travagli e nelle sue aspirazioni.
Di qui la vera importanza
delle memorie biografiche.
Esse armonizzano in sé l’elemento storico ed esteriore con
quello intimo e spirituale dandoci di ognuno dei profughi
un ritratto completo, vivo e
palpitante. Ci forniscono il
racconto delle loro peripezie
materiali e famigliari e le prove della loro inesauribile attività commerciale e politica:
ma ci danno in pari tempo lo
specchio della loro fede, la
confessione delle loro debolezze, l’eco delle loro speranze,
la ragione del loro sacrifizio,
la misura del loro eroismo.
6
2 dicembre 1977
cronaca delle valli
Come si studia teologia
Continuano gli scambi con la Chiesa Riformata di Francia
Nei giorni daH’ll al 13 novembre si è tenuto a Viviers, in Francia il Sinodo della regione Centre-Alpes-Rhóne della Chiesa riformata di Francia. La Chiesa
valdese vi era presente con una
delegazione formata da tre pastori del I distretto, a testimonianza di una volontà di interscambio; non si è trattato infatti
di una presenza formale (tre parole di saluto, due di ringraziamento, magari una richiesta di
aiuti, e via), ma siamo stati immediatamente proiettati dentro
questo Sinodo. Una cosa va subito detta: che i nostri Sinodi hanno certo molto da imparare dall’agile organizzazione di quelli
francesi. In tre giorni si è fatto
il lavoro che noi si fa in una
settimana, eppure i delegati erano 180 con voce deliberativa e 70
con voce consultiva, e i problemi
non erano certo di poca importanza.
Questa agilità è data da una divisione del lavoro secondo un ritmo triennale deciso da im precedente Sinodo nazionale. Il primo anno dopo le elezioni del
Consiglio: studio di un tema di
grande importanza; secondo anno: esame dettagliato della gestione del Consiglio e delle Commissioni; terzo anno: orientamenti generali p>er l’avvenire, esame dell’attività della Federazione Protestante di Francia e dibattito sulle relazioni ecumeniche ed infine le elezioni.
Secondo questo schema, quest’anno si doveva trattare di un
« grosso » tema: la valutazione
della riforma degli studi in teologia. Nel 1972 infatti era stata
presa la decisione di dare una
nuova struttura agli studi teologici; a quel tempo vi erano due
facoltà di teologia dipendenti
dalla Chiesa riformata di Francia, una a Parigi e una a Montpellier. Vi era inoltre una facoltà
statale a Strasburgo e una appartenente alle Chiese libere a Aix
en Provence. Il Sinodo decise allora di unire Parigi e Montpellier
in un ’’Istituto Protestante di
Teologia^’, per cui gli studenti devono trascorrere il primo triennio a Parigi e il secondo biennio
a Montpellier. Come compimento
degli studi — qui sta la novità
che viene contestata — gli studenti devono compiere durante
l’estate dei periodi di lavoro, per
i primi tre anni presso delle
aziende, i due successivi presso
delle parrocchie.
Questi periodi di lavoro
vengono poi analizzati durante
delle settimane di studio insieme
da studenti e professori perché,
si dice, il lavoro e la maturazione
teologica devono partire dal ’’vissuto”. La critica che viene portata è che questo piano di studio
denota un’impostazione sociologica — si direbbe da noi — del
lavoro teologico. Avviene così il
fatto sconcertante per molti, che
un numero notevole di studenti
della resone preferisca — anche
per ragioni geografiche — compiere i suoi studi presso la facoltà di Aix en Provence. Questa facoltà ha un carattere abbastanza
rigido di ortodossia protestante e
pietista, nettamente ostile all’apertura verso un certo pluralismo voluto dalle Chiese riformate di Francia. Il dibattito su
questo tema è stato ampio e acceso in tutti i gruppi in cui il Sinodo si era diviso; al termine
della discussione è stato ribadito
l’appoggio all’attuale linea pluralistica e di confronto in cui si
muove l’Istituto protestante di
Teologia e si è chiesto che gli studenti di Aix che vogliano diventare pastori presso la Chiesa ri
formata di Francia siano accolti
nel ministero dopo un anno supplementare destinato a fornire
loro l’esperienza della pluralità
delle correnti teologiche che esistono sia nelle parrocchie sia
neH’insegnamento teologico dell’Istituto.
Il dibattito sull’insegnamento
teologico è proseguito su quella
che è stata definita l’educazione
continua di tutti i membri delle
chiese. Molto sentita è infatti
l’esigenza di una preparazione
dei laici e molti corsi sul tipo dei
nostri week-ends teologici, sono
organizzati durante l’anno in varie localtà.
Come già accennato, il Sinodo
si è diviso, per poter meglio ap
profondire i diversi problemi, in
sette gruppi: il primo aveva il
compito di esaminare la vita della regione, il secondo ha invece
tratto un bilancio dell’esperienza
delle chiese che per un tempo restano senza pastore. Il terzo
gruppo si è intrattenuto sui problemi della formazione catechetica, mentre il quarto ha esaminato il problema dell’ecumenismo, con particolare riguardo ai
matrimoni misti e al battesimo.
Il quinto gruppo si è fermato
sulle questioni finanziarie, viste
un po’ come lo specchio della vita spirituale della Chiesa, il sesto
si è interessato all’azione apostolica, cioè come far aumentare
l’interesse delle chiese per il lavoro della CEvAA, il settimo
gruppo, infine, ha esaminato l’ordine del giorno del Sinodo nazionale suH’etica sessuale e familiare. E’ noto infatti che questo tema era stato negli anni scorsi al
centro del dibattito della Chiesa
francese, ora il tema ritorna alla
’’periferia” per un.confronto sulle posizioni espresse dal ’’centro”.
Un’ultima parola per la riflessione biblica che ha fatto da corona a tutto il lavoro sinodale. Il
tema allo studio è stato quello
della riconciliazione che sarà al
centro del rassamblement régional del prossimo anno.
Al termine di ogni riunione la
commissione liturgica guidava un
momento di culto la cui liturgia
era estremamente libera. Un
esempio per tutti: una sera è stata proiettata una diapositiva raffigurante una croce formata da
catene trasversali; mentre la gente osservava l’immagine della
croce venivano dette alcune parole di commento. Al termine ad
ognuno fu chiesto di rispondere
per iscritto su un foglietto alla
domanda: « che cosa porti tu alla croce? ». L’indomani tutte queste risposte sarebbero state messe attorno al tavolo della Santa
Cena, così che ognuno, avvicinandosi al corpo e al sangue di
Cristo, ciò che Lui ha portato alla croce, avrebbe rivisto se stesso. Nel quadro di questa riflessione il professor Pierre Bonnard
ha guidato uno studio biblico,
durato un’intera mattinata, sul
tema della riconciliazione.
In conclusione pare di poter dire che l’evangelismo italiano non
può che trarre vantaggio da questi scambi con l’estero per uscire
da un certo provincialismo che lo
attanaglia. All’estero siamo apprezzati, ma non è detto che noi
dobbiamo sempre andarci « per
portare la linea »; spesso abbiamo di che imparare.
Paolo Ribet
POMARETTO: L’ASSEMBLEA DISCUTE
Qual è la funzione
della Scuola Latina?
Sabato 19 novembre si è tenuta a Pomaretto un’ assemblea
della Comunità per avere uno
scambio di idee e di informazioni sulla Scuola Latina.
Il problema si era aperto al
Sinodo con l’intervento di una
delegata della Chiesa di Pomaretto che chiedeva spiegazioni
circa la prassi adottata per
l’iscrizione alla prima media per
l’anno 1977-1978.
Questa riunione era stata auspicata dairassemblea di chiesa
del 23.10.77 perché il problema
toccato era apparso importante
ai presenti e non si era potuto
prolungare il dibattito.
E’ stato distribuito un ciclostilato con Pintervento del sig. Guido Baret, membro del Comitato
della Scuola Latina, fatto in assemblea di Chiesa e stralci degli
articoli apparsi sull’ Eco delle
Valli del 2 e 23 settembre sull’argomento.
Superando le tensioni personalistiche si è cercato di inquadrare il problema della Scuola
Latina in una visione più ampia,
chiedendosi: « Qual è la funzione
della Scuola Latina in questo
momento, ha una funzione sociale, visto che a Pomaretto non
c’è la Scuola media statale, oppu
DIBATTITO A PINEROLO
Quale libertà per la chiesa?
Su questo tema si è svolto sabato 26 nei locali di San Lazzaro a Pinerolo un dibattito organizzato dalle Comunità di Base. Erano presenti numerose
persone.
Hanno introdotto il dibattito
l’avv. Giancarlo Faletto, membro di una C.d.B. di Torino, e
Giulio Girardi, ex-prete, sospeso « a divinis » 6 mesi fa. Faletto
ha affrontato il tema attualissimo della attuazione della Legge 382 in materia di assistenza
e le reazioni che ha provocato
nel mondo cattolico. Ha inquadrato il problema storicamente,
partendo dall’Unità d’Italia, e
facendo notare il peso determinante esercitato dal Vaticano
nell’impostazione della politica
assistenziale in Italia : mentre
altri paesi industrializzati dell’Europa occidentale hanno presto riconosciuto l’assistenza come un diritto del cittadino, in
Italia, fino ad oggi, è stata considerata invece come carità e
beneficenza. Il regime fascista,
col Concordato, ha restituito alla Chiesa i beni ed il potere che
le erano stati tolti con le « leggi
eversive » del 1866-67. Soltanto
nel 1946, con gli articoli 38, 117
e 118 della Costituzione, si comincia a parlare dell’assistenza
in termini di diritto. La legge
382, emanata nel 1975, 30 anni
dopo, non è altro che l’avvio
dell’applicazione del dettame
costituzionale. Ma dal ’75 sono
passati altri 2 anni ed il recente
(luglio ’77) decreto di attuazione dell’art. 1 della 382, riguardante il trasferimento alle Regioni e Enti locali di tutte le
competenze in materia assistenziale ha incontrato subito la forte opposizione della Chiesa cattolica la quale vede in esso una minaccia al dominio pressoché assoluto che esercita in questo campo. Basti pensare che
sono almeno 7.633 le opere pie
in Italia, con un giro annuo di
oltre 20.000 miliardi, e che più
deH’80% dei posti-letto degli ospizi ed orfanotrofi è gestito dalla Chiesa. Per questo il
parto della 382 è stato così travagliato e dopo varie proposte
si è arrivati ad un decreto di
attuazione che, fortemente condizionato dalla D.C., offre fra
l’altro, all’art. 25, un’ancora di
salvataggio a numerosi Enti inutili. E ciò in nome di un pluralismo che ognuno interpreta come vuole, a difesa cioè dei propri interessi.
Giulio Girardi è partito da
questo problema della 382 per
far vedere come dietro alle reazioni della Chiesa cattolica ci
sia una certa idea della libertà
della Chiesa, della fede e dell’uomo. L’Istituzione cioè concepisce la libertà come difesa ad oltranza di spazi suoi senza i quali
non potrebbe svolgere la sua mis
Un modo diverso
di fare catechismo
Cielo limpido, temperatura
molto bassa, terreno gelato, assenza di neve, era questo l’ambiente naturale che ha raccolto
domenica 20 novembre una ventina di catecumeni di IV anno
provenienti dalle comunità di
Pinerolo e Villasecca accompagnati dai rispettivi pastori.
Ci siamo ritrovati insieme per
tutta la giornata visitando i vari luoghi storici e il Museo Valdese di Torre Pellice. Abbiamo
partecipato anche al culto ad
Angrogna-S. Lorenzo conclusosi
con una chiacchierata col pastore locale che ha presentato tutta la problematica della comunità angrognina fortemente decimata dall’emigrazione in questi ultimi anni.
Una lezione dinamica di catechismo. Certo, non riferita agli
spostamenti del gruppo, ma alla forza spirituale che questi
luoghi emanano costringendo il
visitatore a riflettere sulla propria vocazione, oggi. Luoghi storici che ci dicono ancora oggi
con immediatezza che li i nostri
Padri si radunavano non solo
per rendere il loro culto al Signore, ma anche per decidere
su problemi di sopravvivenza fisica. Non si nascondevano per
salvarsi la vita, ma per ricercare insieme quale fosse la volontà del Signore che li chiamava
a vivere quei momenti cruciali e
di importanza vitale.
Queste « giornate » vogliono
proporre un modo diverso di
fare catechismo. Certo, non rappresentano l’ideale, ma allo stato attuale sono valide.
A. R.
sione, il che implica la giustificazione e il mantenimento del potere temporale della Chiesa (le sue
opere attraverso le quali si esprime il suo messaggio, cioè la sua
ideologia). Volendo a tutti i costi difendere questi spazi e perciò stesso dovendo trattare con
Io Stato, la Chiesa paga inevitabilmente un prezzo elevato che
va a scapito dell’autenticità del
messaggio evangelico. Questa è
la storia del Cattolicesimo romano da Costantino in poi, cioè da
quando la Chiesa, ponendosi sullo stesso piano del potere politico, ha contratto alleanza con esso. Questo patto tra Chiesa e
Potere che dura tutt’oggi col
Concordato è stato contrabbandato dalla Chiesa come riconoscimento della sua libertà mentre significa l’esatto contrario
ed afferma solo in modo arrogante il suo potere temporale.
A questa concezione della libertà della Chiesa e della fede soggiace una certa idea dell’uomo
e del mondo: il mondo secolarizzato è un bambino che ha
bisogno della guida morale e
spirituale della mamma Chiesa.
La Chiesa cioè non riconosce la
autonomia del mondo diventato
adulto (come diceva Bonhoeffer)
e da ciò deriva una sostanziale
incomprensione dei fenomeni e
dei movimenti che avvengono
nella società civile (battaglie
per i diritti civili, per la democrazia, manifestazioni, scioperi,
rivoluzioni, ecc.). La vera libertà cristiana invece è quella che
ha manifestato Gesù il quale,
come testimoniano i Vangeli, si
è scontrato duramente con la
religione del suo tempo che usava la Legge per incatenare l’uomo anziché liberarlo .secondo la
volontà di Dio. Il risvolto politico della concezione della libertà
di Gesù è quello di una società
in cui l’uomo da oggetto sfruttato e oppresso diventi soggetto libero e partecipe. La Chiesa deve dunque ritrovare questa libertà che è incompatibile con un
suo potere temporale e col compromesso col potere politico,
qualunque esso sia. La libertà
che le è data nella sua fede in
Cristo per poter annunciare il
messaggio della risurrezione, la
deve vivere proprio in mezzo al
mondo, nel Movimento.
È seguito un interessante dibattito che, salvo un intervento,
ha evidenziato nei presenti la volontà di vivere la fede nella stessa libertà di Gesù, senza paura,
senza « opere », senza spazi sacri,
ma nella partecipazione sofferta
alle lotte della società nella quale viviamo.
Jean-Jacques Peyronel
re si propone di essere una alternativa alla scuola statale »?
L’alternativa può avere un duplice aspetto: essere uno stimolo
e un esempio alla scuola statale
nel campo didattico e pedagogico, oppure presentarsi come la
scuola seria, dove i professori
non scioperano e svolgono il loro lavoro con coscienza.
Si è visto come i problemi della scuola statale in questo momento sono senz’altro grandi,
ma che vi è in molti un impegno
per superarli. E’ proprio in questo contesto che un insegnante
evangelico può dare la sua testimonianza e dedicare il suo impegno!
E’ emerso che la Scuola Latina ha in questo momento una
funzione di « surroga » perché
lo Stato non interviene; quando
lo Stato interverrà questa funzione cadrà, allora le uniche vie
per la sopravvivenza saranno o
l’alternativa d’avanguardia o il
ripiegamento su se stessi, diventando così una scuola confessionale.
Il membro del Comitato ha ribadito che la Scuola Latina è stata fondata prima di tutto per i
ragazzi evangelici delle Valli Chisone e Germanasca.
Questo è tuttora valido.
Quindi il problema rimane: si
è suggerito di portarlo alla prossima assemblea distrettuale, dove sono presenti i delegati delle
altre comunità delle valli per verificare se i principi su cui è sorta la Scuola Latina sono ancora
validi oggi o se devono essere
modificati.
Meytre Ribet Lorena
Marchetti Silvana
TORRE PELLICE
Sabato 17 dicembre 1977, alle
ore 20,45 nel Tempio Vajdese di
Torre Pellice, avrà luogo a D.p.
un concerto presentato dalle Corali Valdesi di S. Germano Chisone e di Torre Pellice.
L’ingresso è libero ed il pubblico vi è fin d’ora cordialmente
invitato. Maggiori dettagli e il
programma si avranno nei prossimi numeri dell’Eco delle Valli.
• II BAZAR per la MISSIQNE
avrà luogo domenica 11 dicembre, ore 15, alla Foresteria, invece di giovedì 8, come di consueto.
Tutti sono cordialmente invitati.
PERRERO-MANIGUA
Diamo qui di seguito il calendario delle riunioni quartierali
di dicembre. Venerdì 2, ore 16 a
Pomeifrè, ore 19 a Fontane ;
mercoledì 14, ore 19.30 a Forengo; venerdì, 16, ore 16 a Grosetto e ore 19.30 a Grangette e
Perrero; gioved’-, 22, ore 19.30 a
Baissa; venerdì 23, ore 16 a
Gros Paset e ore 19.30 al Roberso; mercoledì, 28, ore 19.30
al Bessè.
Segnaliamo fin da ora che domenica 18 sarà la giornata della Scuola Domenicale di Perrero
e Maniglia; mercoledì; 21, alle
ore 14.30 si avrà la festa della
Unione Femminile. La sera di
Natale, infine si avrà la festa a
Maniglia.
POMARETTO
Domenica scorsa la scuola
domenicale di Inverso Rinasca
ha prolungato la sua «lezione »
in un incontro di tutta la giornata, pranzo in comune presso
la famiglia Ribet e pomeriggio
di giochi. Purtroppo non tutti
i bambini hanno approfittato di
questa occasione di incontro,
ma per quanti si erano fermati
le ore sono trascorse troppo rapidamente ed in buona allegria.
• Giovedì 24 novembre ha avuto luogo nel cimitero di Porosa Argentina il funerale della
piccola Cristina deceduta dopo
due soli giorni di vita, figlia di
Romeo e Rina Tron. Alla mamma ancora in ospedale a Torino e a tutta la famiglia va la solidarietà di tutta la comunità.
•A- Hanno collaborato a questo
numero: Aldo Rutigliano,
Giovanni Peyrot, Bruno Costabel, Arcangelo Pino, Guido
Mathieu, Dino Gardiol.
7
2 dicembre 1977
CRONACA DELLE VALLI
Più dialogo e più silenzio
Le unioni femminili del II Circuito si interrogano sul culto
Domenica 13 novembre si sono riunite a Pomaretto più di
80 sorelle delle unioni femminili
del III circuito (Frali, Ferrerò,
Villasecca, Pomaretto) per introdurre l'argomento del « culto », proposto quest’anno e dalla PFV (federazione femminile
valdese) e dal sinodo 1977.
Dopo una brevissima meditazione di Katerina Rostagno su
I Cor. 26: 33 («Quando vi ritrovate, ognuno può cantare o
dare un insegnamento o trasmettere una rivelazione... per far
crescere la comunità... »), seguita da un lungo momento di silenzio, ci siamo divise in cinque
gruppi per approfondire — in
base al testo biblico proposto —
5 domande: Quali possono essere le cause della crisi del culto?
La forma del nostro culto è l’unica possibile? Perché si va al
culto e che cosa si ricerca? Può
il culto dare una risposta ai
problemi della vita? Se c’è la
crisi del culto, c’è qualche cosa
da cambiare nella forma e nel
contenuto?
Porse alcune di noi, non abituate a questo metodo di lavoro
si sono sentite un po’ a disagio
per il lavoro nei gruppi; altre
hanno apprezzato l’arricchimento reciproco dello scambio spcmtaneo di idee e esperienze.
Dalle relazioni dei gruppi sono apparse due grandi tendenze: una che sembra soddisfatta
del « culto » cosi come è — con
alcune migliorie, ad es. partecipazione di altre persone per le
preghiere ; la Santa Cena più
frequente perché è un momento
che unisce... ; e un’altra che lo
vorrebbe diverso, per attirare di
più, i giovani in particolare che
ne sono i più assenti (spesso
perché non trovano una risposta efficiente ai quesiti che pongono alla chiesa). Questa seconda tendenza — che sente il distacco tra « culto », isolato, e la
nostra vita — proporrebbe o la
discussione subito dopo la predicazione' (ma molte non si sentono all’altezza del « linguaggio »
adoperato, c’è il rischio che parlino sempre le stesse persone, e
si temono le tensioni) oppure
un dialogo di gruppo di tipo studio biblico, dove tutti possono
esprimersi più facilmente. La
sola predicazione è sentita come
un momento troppo individualistico, non un momento in cui
si testimonia l’uno all’altro. Si
riceve qualche cosa, ma non c’è
la possibilità di dare qualche
cosa di sé. Inoltre si sente la
mancanza di calore umano, e
sarebbe anche apprezzato il semplice ritrovarsi dopo il culto intorno a una tazza di thè per
non rimanere come estranei, o
anche con agapi fraterne, soprattutto in questo tempo in cui
il contesto sociale disgrega le
famiglie.
Si è notato che si è perso il
senso dell’adorazione.
È stata anche accennata la
possibilità di avere 4 culti diversi sull’arco di un mese: uno
con Santa Cena, uno di lettura
biblica in gruppo, uno di informazione e intercessione, uno di
predicazione riassuntiva (cf. l’opuscolo « Comunità Cristiana e
mondo secolarizzato »), ma non
c’è stato il tempo di approfondirla.
Siamo rimaste per ora su una
proposta per una via di mezzo,
con un « culto alleggerito » nella forma che può essere interpretata nelle varie comunità a
secondo dei punti a cui si tiene
di più (inni, confessione di peccato, predicazione che dia una
spinta per la vita...).
Si sarebbe auspicato che potesse partire dal nostro incon
tro un incoraggiaménto alle comunità del circuito a provare
per 2 o 3 mesi — nel quadro della riflessione proposta dal sinodo per quest’anno —• dei culti
diversi l’uno dall’altro, a titolo
di esperimento, per una migliore riflessione, di modo che venisse fatta sul concreto, non solo a parole. Ma è sembrato ancora prematuro, e si è lasciato
l’incarico alle responsabili di
farsi portavoce di questi nostri
pensieri nelle riunioni quartierali e nei consigli di chiesa della propria comunità.
Due indicazioni essenziali sembrano essere emerse dal nostro
incontro, che sono opposte e
complementari : più dialogo e
più silenzio; cioè più comunione fraterna, abbiamo bisogno di
riscoprire il valore del dialogo
e dell’ascolto; e più silenzio insieme davanti a Dio.
Una seconda parte della riunione era prevista per programmare alcune attività in comune
a livello di circuito, ma è stata
appena sfiorata per mancanza
di tempo. Due sorelle per comunità continueranno a fare da
collegamento tra le varie unioni
del circuito per occuparci in
questo momento degli istituti
(Frali ha già ricevuto degli anziani di S. Germano) cucire per
l’ospedale (federe e lenzuola sono in distribuzione) informarci
sui lavori della comunità montana ecc...
Marie-France Coïsson
E’ solo questione
di costi?
A proposito di un « vuoto » nella circolare alle chiese
Nell’ultimo incontro pastorale
tenutosi a Torre Pellice il 14 u.s.
si è parlato, come si aspettava,
della « Lettera circolare alle Comunità delle Valli » incorporata
nell'Eco. Nel numero di ottobre
avevo notato un « vuoto »: la
mancanza cioè di notizie da parte di due Chiese delle valli, quelle di San Germano Chisone e di
Villar Pellice. Questo forse è il
Arturo Pascal
(segue da pag. 5)
tremont rimasta cattolica non
mosse un dito per proteggere la
figlia quando il duca di Savoia
cominciò ad occuparsi seriamente di lei volendo innanzitutto
che abiurasse e in secondo luogo che sposasse, anche controvoglia, un notabile della corte
di Torino. Avendo opposto un
deciso rifiuto cominciarono per
l’Ammiraglia 30 anni di calvario
che la portarono dapprima in
prigione poi in residenze coatte ed infine la esposero a soprusi e vessazioni di ogni genere. Infatti i sovrani di casa Savoia non smisero un attimo di
controllare i possedimenti d’Entremont per assicurarne la successione a proprie creature.
E non valse a nulla l’intervento di Théodore de Bèze presso
i principi protestanti d’Europa
né tanto meno le lettere del cardinale d’Ossat o di Enrico IV
in favore della disgraziata.
La leggenda doveva inevitabilmente impadronirsi di una tale
figura! Dopo il libro di Delaborde, quelli di Claparède, Hudry-Menos e Victor de SaintGenis misero in risalto aspetti
leggendari e tipici al tempo
stesso dell’agiografla protestante dell’epoca.
Nella Storia della m-onarchia
piemontese ad opera di Ercole
Ricotti (voi. IV, anno 1862) furono pubblicati alcuni documenti per offuscare la reputazione
delTAmmiraglia. Si tendeva a
far credere che Giacomina non
fosse stata prigioniera durante
gli ultimi anni della sua vita,
che il suo ritorrio al cattolicesimo doveva essere preso sul
serio e che essa fu l’amante di
Einanuele Filiberto da cui ebbe
anche una figlia naturale oltre
ad essere stata l’amante di Carlo Emanuele. Un documento
inoltre l’accusava di pratiche
magiche per poter conservare
l’amore del giovane principe.
La Société d’Histoire du Protestantisme français designò una
commissione di specialisti per
appurare se le accuse del Ricotti fossero fondate. Il risultato
fu che si trattava di pure calunnie.
Più tardi, nel 1884, un erudito
piemontese Gaudenzio Claretta,
ignorando queste polemiche,
pubblicò una serie di documenti sulla vita di Marguerite de
Non, figlia naturale di Emanuele Filiberto e di Giacomina d’Ehtremont, senza provocare nessuna reazione nel mondo degli
storici. Le cose rimasero a questo punto come se nessuno pensasse più all’Ammiraglia né tanto meno alla sua reputazione.
Appartenne quindi ad Arturo
Pascal il compito di riprendere
dalle origini tutta la questione
e di ristabilire la verità storica.
Egli appurò che Giacomina
fu per un periodo molto breve
l’amica di Emanuele Filiberto
(ma non quella di Carlo Emanuele) e, pare, che le accuse di
magia fossero infondate, ma soprattutto i tormenti cui venne
sottoposta a causa della sua fede furono di gran lunga superiori a quelli che si conoscevano Ano ad allora. FU solo la ragione di Stato ad accanirsi contro questa donna isolata che
mor'i in prigione nel castello di
Ivrea nel 1599.
Ancora una volta Arturo Pascal era riuscito con il suo rigoroso metodo storico a porre la
storia al posto della leggenda e
a ridare a tutta la vicenda la
sua giusta collocazione.
Franco Giacone
La Società di Studi Valdesi organizza per la sera di
Venerdì 9 dicembre
alle ore 20,45 nella Sala delle assemblee gentilmente concessa dal Comune di Torre Pellice, presso le Scuole Comunali in viale della Rimembranza, un dibattito pubblico
sul tema;
Le comunità cristiane
di fronte alio Stato
CONCORDATO O INTESE?
L’incontro sarà introdotto da alcuni interventi fra cui
quelli del prof. Giorgio Peyrot e di don Franco Barbero
e si svolgerà liberamente con partecipazione dell’assemblea.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• L’Assemblea di chiesa, convocata per sabato 3 c. m. al presbiterio alle ore 20.30, avrà all’ordine del giorno i seguenti
punti: 1) Relazione dei deputati
al Sinodo ed alla Conf. Distrettuale. 2 ) Preventivo finanziario
anno 1978. 3) Elezione di quattro diaconi. 4) Nomina di due
revisori dei conti.
Data l’importanza della seduta, molto impegnativa per le decisioni che si dovranno prendere, si raccomanda a tutti i membri di chiesa di intervenire numerosi.
• Il culto di domenica 4 dicembre, in lingua francese, sarà presieduto da un membro della
CEvAA, che in questi giorni è
riunita a Torre Pellice per un
seminario di studi.
• La comunità esprime al prof.
Dario Varese ed alla sua famiglia tutta la simpatia cristiana
nel dolore per l’improvvisa dipartenza del padre dott. Carlo,
valente medico molto conosciuto e stimato dai nostri valligiani.
ROR A’
meno: quello che mi lascia perplesso è che da queste due chiese non è nemmeno stata distribuita la copia dell’Eco abbinata
alla circolare. Pure queste chiese erano rappresentate quando
a San Germano Chisone la Conferenza distrettuale aveva deciso (ed era stato approvato) di
distribuire 4 volte la lettera abbinata all’Eco in via sperimentale per la durata di un anno.
Il motivo di questa decisione
credo sia bene ricordarlo: far sì
che per 4 volte il giornale della
Chiesa Evangelica Valdese entri in tutte le famiglie; logico
che questo comporti delle spese
non del tutto indifferenti alle
comunità. Ma penso che questa
spesa sia utile se si riesce a far
sì che la stampa valdese arrivi
a controbattere quella stampa
che per vari motivi primeggia
ora in molte case di valdesi, ma
che di valdese non ha nulla.
Quello che però mi fa pensare
seriamente, è che nei due luoghi ove ciò è avvenuto. S. Germano e Villar Pellice, i pastori
titolari fanno parte del movimento evangelico (TEV), movimento che si definisce di « risveglio evangelico ». L’agire in
tal modo da narte dei concistori di queste due chiese (o forse
solo l’imposizione della volontà
di uno o di alcuni membri che
le compongono) ha impedito in
modo categorico che la stampa
valdese entrasse in tutte le famiglie. Solo alcune, quelle abbonate, hanno usufruito di questa. A parte che in questo modo di agire io vedo tutt’altra cosa che un risveglio evangelico,
mi chiedo come due concistori...
possano rifiutare una delibera
distrettuale accettata in assemblea da tutte Je chiese... Se la
causa di tutto ciò deriva dalla
spesa (ma anche le altre chiese
la devono sostenere) allora perché la TEV non interviene direttamente con propri fondi?
Sarebbe questo, a mio avviso,
un vero cenno di « risveglio »
verso quei fratelli che non possono, causa forza maggiore, usufruire di questo privilegio. Mi
auguro che questo mio intervento non procuri polemiche
inutili e dannose, ma che faccia
ritornare sulle proprie decisioni
coloro che per motivi vari hanno agito così, in modo che la
prossima circolare di dicembre
con TECQ possa raggiungere
TUTTE le famiglie delle Valli.
Luigi Marchetti
Incontro
pastorale
Il prossimo incontro pastorale del 1” Distretto avrà luogo il 12 dicembre
con il seguente programma:
ore 9.15 presso la Biblioteca di Torre Pellice, discussione delle bozze per
TABC della fede evangelica : giustificazione ( E.
Genre), Israele (B. Bellion).
Ore 12: pranzo a Villa
Olanda; ore 13.30, a Villa
Olanda: culto e secolarizzazione - liturgia.
ANGROGNA
A Edy Bertin e Ercole Monne! che si sono uniti in matrimonio, sabato 26 novembre, nel
tempio del Capoluogo l’augurio
di una nuova vita insieme benedetta dal Signore.
• A seguito del calendario delle riunioni quartierali riportate sul Bollettone ricordiamo che
la prossima settimana si terranno: lunedì, 5 ai Pons, martedì, 6 al Marte!, mercoledì 7 al
Cacet, gioved'/ 8 agli Odin-Bertot, venerdì 9 al Prassuit.
Sabato 3 sera al Pradeltorno
e nei culti di domenica 4 (Serre e Capoluogo) avremo con
noi un rappresentante della
CEvAA.
PINEROLO
Giovedì, 8 dicembre alle ore
14.30 Bazar della comunità nei
locali della Chiesa.
Domenica 27 abbiamo avuto
l’assemblea di chiesa inserita nella giornata comunitaria con il
pranzo. È stato approvato il
preventivo di spese per il 1978
accogliendo la proposta di aumento per la cassa culto avanzata dalla Tavola e discussa dai
cassieri del 1° distretto.
L’assemblea ha sottoscritto una lettera di solidarietà al pastore Ensslin ed è stata informata
dal Concistoro della visita programmata per la prossima primavera alla Facoltà di teologia,
della lettera pervenuta da parte
della TEV al Concistoro stesso.
Dopo il pranzo comunitario
seguito dalla Cena del Signore è
stato discusso il tema: culto e
secolarizzazione nelle valli valdesi, come proposto dalla Conferenza distrettuale. Un gruppo
di giovani ha iniziato im lavoro di indagine e di interviste
nella comunità per avere altri
elementi di valutazione della
realtà rorenga. L’argomento sarà ripreso successivamente, in
un’altra assemblea, in relazione
all’educazione alla fede, secondo l’invito sinodale.
• Domenica 4 dicembre il culto sarà presieduto da un membro della Comunità evangelica
di azione apostolica a cui diamo il benvenuto sin d’ora.
8 Giovedì, 8 dicembre unione
femminile al presbiterio alle ore
14.30; l’argomento di studio e di
discussione è tratto dall’opera di
Nuto Revelli: Il mondo dei vinti, che ha suscitato notevole interesse.
8 Venerdì, 2 dicembre alle ore
20.30 avrà luogo la riunione
quartierale in località Fucine.
8 Lunedì 21 novembre si sono
svolti i funerali di Romeo Giuseppe, ben conosciuto a Rorà,
nonostante abitasse da molti anni a Torino. Ai familiari rinnoviamo la nostra solidarietà cristia.na.
Il 22 novembre il Signore ha chiamato a sé
Filomena Recchia
nata Di Bisceglie
Il marito e i familiari, nel darne
l’annuncio, ringraziano tutti coloro che
con la loro presenza e con la preghiera sono stati vicini in questi momenti
di prova.
« Sii fedele fino alla morte,
e io 'ti darò la corona della
vita » (Apoc. 2: 10).
La Commissione Direttiva, il Direttore
sanitario, i Sanitari, il Direttore amministrativo ed il Personale tutto dell’Ospedale evangelico valdese di Torino
prendono parte al dolore del prof. Dario Varese, primario della divisione di
medicina generale, per la scomparsa del
Dott. Carlo Varese
che per oltre venti anni, dal 1948 al
1970, esplicò la propria apprezzata attività professionale — con umanità e
dedizione — presso l’Ospedale evangelico valdese quale Direttore sanitario e primario medico incaricato.
PROBLEMI DI LADRI?
Finalmente anche nelle nostre valli valdesi
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8
8
2 dicembre 1977
1
[
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
j La vita cristiana
Medio Oriente; nulla
sarà più come in passato
Quanto è accaduto la scorsa
settiinana è certo un fatto straordinario e, per lo più, inatteso (Intendiamo dire che solo pochi personaggi politici, nel mondo intero, erano in grado di prevederlo).
Ecco anzitutto ,un resoconto,
molto sobrio e obiettivo, degli
ultimi avvenimenti.
« Dopo la fine della sua "missione di pace", accolto al Cairo
lunedì 21-11, al ritorno da Gerusalemme, da una folla esultante,
Sadat appare oggi, in Egitto, in
posizione rafforzata. Invece le capitali arabe che furono ostili all'iniziativa del capo di Stato egiziano, si vedono confermate nella
loro opposizione, dall'assenza di
risultati immediati e spettacolari.
Sia le autorità egiziane che
quelle israeliane assicurano che
le probabilità di un accordo nel
M. Oriente sono molto aumentate. Già i due statisti, Sadat e Begin, si sarebbero accordati, in via
per altro del tutto riservata, sulla procedura di convocazione della conferenza di Ginevra, particolarmente sul tema della rappresentanza palestinese.
Nella loro comune conferenza
stampa del 21.11, i due statisti
si erano dichiarati ottimisti, l'uno
quanto l'altro: Sadat dicendosi
felice d'esser riuscito a "dar nuova vigore al cammino verso la pace", Begin annunciando il "proseguimento del dialogo da cui
scaturirà la pace" ».
Una valutazione di questi avvenimenti sarebbe oggi ancora
prematura, e perciò ci limitiamo
a riportare, con riserva, il seguente commento, molto sommario, del giornale « Libération ».
» Se si prendessero sul serio
le reazioni arabe nella loro maggioranza, (...) si dovrebbe ritenere la guerra inevitabile e vicina.
Noi invece non crediamo all'inevitabilità della guerra, per almeno tre ragioni:
1) Pur essendo difficile misurare, dopo solo pochi giorni,
l'impatto della visita di Sadat
sull'opinione pubblica israeliana,
è tuttavia inverosimile che questa avrà la tendenza ad irrigidirsi.
2) La violenza delle proclamazioni contro il "traditore" Sadat nel mondo arabo, non sembra corrispondere a una mobilitazione popolare di pari ampiezza. Il discorso di Sadat alla Knesset (il parlamento israeliano)
non è stato quello di un "traditore", né il suo atteggiamento, a
Gerusalemme, quello d'un vinto
umiliato: la responsabilità delle
risonanze, che il viaggio ha avuto
in toni diversi, non può essere
imputata a Sadat. Al contrario:
se è vero che lo choc psicologico
nel mondo arabo è importante,
la verità è che Sadat ha detto ad
alta voce precisamente quello che
gli attuali dirigenti arabi effettivamente pensano.
3) Di fronte all'opposizione
internazionale, gl'israeliani non
possono più trincerarsi in un'atteggiamento d'intransigenza. In
particolare essi dovranno seguire, nei riguardi della conferenza
di Ginevra, una politica che non
sia più una constatazione di
"scacco a priori" (la politica seguita da loro fino a ieri). Si può
anche pensare che gli Americani
faranno pressione in questa direzione.
La cosiddetta "mediocrità del
risultalo politico" non è per se
stessa sorprendente, ma finalmente è Begin, più che Sadat, che
rischia d'uscirne indebolito. Per
il resto, l'unico dato di fatto essenziale emerso negli ultimi due
giorni, è che una pace è possibile
in M. Oriente: ciò basta per de
durre che, d'ora in avanti, "nulla
sarà più come in passato" ».
Forse in un avvenire molto vicino, potremo dire qualcosa di
più. Per ora vogliamo solo aggiungere una semplice congettura. Leggiamo che « Begin ha telefonato, la sera del 21, al presidente Carter, per informarlo del
tenore delle sue conversazioni.
Carter ha qualificato rincontro
dei due statisti "caloroso ed incoraggiante" ». Ma noi ci permettiamo di mettere in dubbio che il
presidente americano sia stato,
in tutta la faccenda, un semplice
spettatore. Almeno lui non è stato « sorpreso » dai fatti! Non diceva Carter, già molti mesi fa,
che uno dei suoi compiti importanti li. politica estera, f>r.se anzi il più importante, era quello di
risolvere il problema del Medio
Oriente?
(Le citazioni sono da
de » del 23.11.1977).
Le Mon
( segue da pag. 4)
de alla fedeltà di Dio. Nella prima redazione (ora riportata in
appendice), lo schema da sviluppare era cosi descritto: 1. Fedeltà verso Dio; 2. Fèdeltà verso la comunità; 3. Fedeltà verso
l’uorho;--'4. Fedeltà verso il
mondo.
Ma poi, al momento di entrare nel vivo della trattazione, dev’essersi accorto che, come filo
conduttore, il concetto di fedeltà rischiava di lasciare troppo
in secondo piano l'iniziativa di
Dio, di cui la vita cristiana ha
continuamente bisogno. Perciò
ha preferito cambiare compietamente la propria impostazione,
cercando un centro unificatore
più soddisfacente, e l’ha trovato nella preghiera: la vera azione richiesta all'uomo, l’azione
che riassume ed esalta tutte le
altre (libertà, ravvedimento, decisione, fede, riconoscenza, fedeltà), è l’invocazione di Dio
(l’il settembre I960, proprio
mentre stava rivedendo il corso
sull’etica che avrebbe tenuto nel
semestre invernale, aveva predicato nel penitenziario di Basilea
sul testo del Salmo 50: 15: « Invocami! »). La' preghiera è il filo conduttore dell’etica, perché
determina tutta la vita, il comportamento, l’azione dei cristiani. Niente di più naturale, quindi, che scegliere come base della trattazione la preghiera del
Signore.
In un primo paragrafo troviamo un’analisi approfondita del
termine « Padre », che nella fede cristiana può essere compre
so soltanto « come vocativo ».
Negli altri due paragrafi, molti
sviluppi particolari che possiamo qui soltanto elencare.
In connessione con la prima
domanda — sia santificato il tuo
nome — troviamo una riflessione sull’ateismo, e una precisazione della posizione rispettiva
del mondo e della chiesa di fronte alla gloria di Dio, in cui si
può forse vedere una valutazione obiettiva del laicismo. Il compito della chiesa è invece di
uscire dall’agnosticismo e dalla
ambiguità, per dare una testimonianza limpida alla gloria di
Dio.
Quanto al « 'Venga il tuo regno », Barth sottolinea innanzi
Nel prossimo
numero
■ I RAPPORTI TRA
CATTOLICI E COMUNISTI : due interventi di
Paolo Ricca e Giulio Girardi.
■ KIBBUTZ: VIAGGIO
NELL’UTOPIA ; inizia una
serie di tre articoli del nostro collaboratore Enrico
Benedetto, reduce da un
soggiorno di un mese in
Israele.
Ricostruzione sociale in Vietnam
In tutto il Sud-Vietnam le
prostitute sono circa trecentomila e rappresentano purtroppo
una delle più gravi ferite nel tessuto morale che la guerra imperialista americana ha lasciato
dietro di sé. Figlie e vittime del
continuo movimento di truppe
americane, a guerra finita, si
son ritrovate ai margini della
.loro stessa società. Oggi, non
sono più respinte, anzi un grande programma sociale mira al
loro completo reinserimento.
Il Ministero della sanità del
nuovo Vietnam si sta attivamen
te occupando di loro. Certamente, e di questo i vietnamiti non
fanno mistero, ricostruire il
tessuto morale lacerato dalla
guerra è un traguardo a lunghissimo termine. Eppure esso è
perseguito con speranza.
Di questa grande iniziativa
sociale parla con entusiasmo
suor Françoise Vandermeersch,
direttrice della rivista « Echanges », attualmente collaboratrice, in Sud-Vietnam, presso il dipartimento degli affari sociali.
Suor Françoise, da alcuni mesi, lavora per la ricostruzione
del Vietnam e si occupa particolarmente del problema della
prostituzione. « Non ho mai trovato — ha dichiarato suor Françoise al settimanale svizzero ”La
Vie Protestante" — da parte
né dei governanti, né degli operatori sociali, né dei medici il
minimo disprezzo o la pur minima canzonatura nei confronti
di queste donne. Tutto questo
invece l’ho trovato nei paesi occidentali. Debbo dire che qui,
pur con poveri mezzi, si sta facendo l’impossibile per reinserire le ex-prostitute ».
tutto che soltanto Dio può realizzare il suo regno; ma questo
non esclude, anzi rende possibile la « lotta per la giustizia umana », in cui ci si riconosce al
servizio del Signore e si rifiutano le « potenze ribelli al Signore ». Tra queste Barth indica
l’assolutismo, il denaro, l’ideologia, ma anche la moda, lo
sport, il consumismo, il traffico stradale. Si tratta di aspetti
dell'uomo, che, non più sottoposti all’unico Signore, acquistano
una potenza autonoma e finiscono per asservire l’uomo. Anche
in quest’opera postuma, le pagine importanti sono molte, dunque, e ci auguriamo che la « Labor et Fides », la benemerita caso editrice svizzera, decida di
aggiungere anche quest’ultimo
volume alla traduzione francese
della « Dogmatica ». Certo, una
traduzione, almeno parziale, in
italiano, potrebbe essere un buon
contributo alla chiarificazione
di problemi oggi molto dibattuti da noi. oltre a costituire un
energico invito a porre al centro della nostra azione la realtà
della preghiera.
Bruno Rostagno
Come facciamo fronte al caos postale?
Per l'Eco delle Volli Valdesi
Per lo Luce
Abbiamo inoltrato la domanda per essere autorizzati a far pervenire
il giornale direttamente a 16 uffici postali delle Valli. Questa via —
che comporta un notevole impegno supplementare per la distribuzione — evitando il passaggio da Torino, consentirebbe un arrivo rapido
e regolare del giornale agli abbonati.
Stiamo ristrutturando la fascettatura per la distribuzione nelle grandi città in modo da far pervenire agli uffici postali di sezione i relativi pacchi, evitando che l’intero invio debba essere lavorato dagli
uffici centrali. Anche questo provvedimento comporterà più lavoro
per noi, ma speriaino serva a ridurre ritardi e irregolarità.
Anche a te, lettore,
chiediamo un impegno
per sostenere e migliorare il giornale: rinnovare l’abbonamento e
allargare il raggio d’azione dell’Eco-Luce senza far dipendere questo
impegno dalla situazione delle poste italiane.
Hai rinnovafo
rabbonamenio per il 1978?
Hai pensalo ad aiularci
l’abbonamenlo soslenilore?
con
Non costringerci a fare dei debiti per pagare le forniture per il ’78
per le quali è necessario spendere ora. Non costringerci a spendere
tempo e denaro per i solleciti dopo la scadenza di fine anno. Rinnova
il tuo abbonamento ora.
Ci sono due modi per farlo, il primo consiste nell’arrotondare o raddoppiare la propria quota di abbonamento.
La seconda consiste nel regalare ad un parente o ad un amico un
abbonamento semestrale o annuale all’Eco-Luce.
Hai pensalo ad impegnarli per
procurare nuovi abbonamenli?
Basta una semplice segnalazione di indirizzi perché a ciascuno noi
inviamo gratuitamente un paio di numeri di saggio e successivamente una proposta di abbonamento. Ma l’esperienza ha dimostrato che
questa azione produce frutti solo se accompagnata da un CONTATTO PERSONALE che presenti e promuova il giornale.
ABBONAMENTI :
ANNUO L. 7.000
SEMESTRALE L. 4.000
SOSTENITORE L. 15.000
ESTERO L. 10.000