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Anno llf.
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GIORNALE RELIGIOSO
PRKZZ» »’ASS0ra.tK!0:\’E
(.1 domicilio^
Torino, por un anno L. C,00 L.7,00
— per sci mesi » 4,00 » 4,SO
Per le provincia e l’estero franco sino
ai conlìni, un anno . . L. 7,20
per sei mesi , » 5,20
A/iOs'jovTiC fJi i'jiyirn
Sogui’iulo ia vrrilii nrlla cni ilà
Efrs. IV. n.
L’UfTicio della lUJONA NrtVKLLA è in
Torino, presso la libreria Kvan^eliiM
di GIACOMO BIAVA, viaCarlo Allicrto,
dirimpelto al CaITù Diiei.
Le associazioni si ricevono in Torino allo
stesso Uflìcio.
Gli Associati delle Provinciepcilrajino provr:cdensi di vn raglia pcatah’,
inviandolo franco alla libreria lìiava.
L’Armonia e la Storia. — Esposizione Evangelica. — Menzogne dei Clericali.
Notizie religiose. — Cronachetta politica.
l’armonia e la storia
Non vi è ceto dì persone die odii
la sloria quanlo i clericali. La scimmia della favola mandava in pezzi lo
speccliìo che dimostrava la sua deformità. Lo stesso governo fanno i
clericali della storia. L'na storia dei
papi fatta coscienziosamente metterebbe in luce le piìi infami nequizie
che hanno disonorato il genere umano, ma una tale storia in mano dei
clericali diviene la storia dell’eroismo
e della santità. La Buona Novella
nel suo N, 20 avea preso a dimostra
re in un breve articolo, per mezzo di
alcuni fatti, come i papi sono stati
sempre compiacentissimi verso quei
governi die temono, o dai quali sperano, siccome sono stati e sono durissimi verso quei governi da cui non
temono e non sperano nulla.
Noi portavamo a modo dì esempio le compiacenze che hanno usato venliquat ro papi violando ogni
legge umana e divina a favore dei
sovrani dai quali speravano o temevano qualche cosa. L’ Armonia ci
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traila perciò da calunniatori : e siccome.l’accusa di calunnia non vogliamo sopportarla, così ci crediamo in
obbligo di fare una eccezione ai nostri principii stabiliti e scendere in
polemica coWArmonia.
Mettiamo pure da un lato tutte le
trivialità e le ingiurie alla nostra direzione di cui è pieno quell’arlicolo ;
noi non ci abbasseremo mai tanto
per ¡scendere su quel terreno così
caro ai clericali. Dopo due settimane
di studio {'Armonia viene a confutare
il nostro arlicolo, ma di ventiquattro
papi che, secondo essa, noi abbiamo
calunniato non imprende a difenderne
che tre. Per gli altri ventuno dunque
noi abbiamo detto la verità. VArmonia dunque non ha trovato nel suo
lungo studio di tutti i suoi teologi
collaboratori, nulla a ridire della
compiacenza di papa Silvestro e successori verso Costantino, nulla di
papa Simmaco che si prostrava innanzi al barbaro Teodorico, nulla di
papa Liberio che rinnegava la sua
fede per compiacere a Costanzo, nulla di papa Vigilio che sanzionava infallibilmente Terrore, nulla infine di
tutti gli altri papi che abbiamo nominati. Solo si ferma a difendere i
papi Siricio, Bonifacio III e Gregorio
II. Posto dunque che noi avessimo
preso abbaglio su questi tre papi, re.sterebbe provato il nostro principio
della compiacenza papale col fatti
dei ventun papi sui quali \'Armonia
non ha nulla che dire.
Ma anche su questi tre papi non
possiamo passare in silenzio le osservazioni Armonia, la quale ci
accusa di calunnia per aver detto che
Valenliniano I essendo pubblicamente
bigamo, il suo amico papa Siricio nè
lo scomunicò, nè lo riprese. Noi
abbiamo calunniato, secondo X Armonia, perchè quando Siricio fu eletto
papa Valentiniano era morto da dieci
anni; perchè la bigamia di Valenliniano è una asserzione erronea di
Socrate riconosciuta universalmente
dai dotti per falsissima ; perchè Valentiniano è lodato per la sua pudicizia da Ammiano Marcellino storico pagano. Esaminiamo pacatamente
queste accuse.
Noi non pretendiamo alla infiillibilità, e perciò quando riconosciamo
di avere errato siamo pronti a confessare il nostro errore. Abbiamo errato dicendo che il papa compiacente
sulla bigamia di Valentiniano I fosse
Siricio, mentre dovevamo dire Damaso. Il nostro errore è nato dalla lettura di un rescritto dell’imperatore
Valentiniano indirizzato a Piniano
prefetto di Roma, col quale approva
e .sanziona la elezione di papa Siricio, rescritto riportato dal Baronio
aU'anno o85, ^ 6. Noi per inavver-
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lenza vedendo papa Silicio e Valentiniano, ci è fuggita dalla mente la
data cronologica, ed abbiamo errato.
Questo errore però uon solo uon è di
nessun vantaggio per i principii difesi AdiW'Armonia, ma noi crediamo
che il pio giornale avrebbe falto assai meglio a lacere, imperciocché si
traila di sapere se fosse stato un
papa che si fosse taciuto sulla pubblica bigamia di Valentiniano. Ma se
fosse stato Siricio, come noi avevamo
dello per errore, i clericali avrebbero
avuto una difesa dicendo che Siricio
non è un papa santo e neppure uno
dei migliori; ma invece siamo grati
vl\YArmonia c!ie ci fa conoscere che
il papa cosi compiacente fu san Damaso, dottore vergine della vergine
Chiesa, come lo chiama YArmonia.
Questo santo papa, come dicono gli
storici contemporanei, montò sulla
sede di Roma, per mezzo di una sedizione, e prese possesso del papato
calpestando i cadaveri di cento Irenlaselle persone uccise nella stessa
basilica dove egli fu eletto. Questo
santo papa si mantenne sul suo seggio per la violenza, come Io dice il
Pontificale. Questo santo papa ottenne da Valentiniano I nn rescritto per
il quale il Vescovo di Roma diveniva
giudice degli allri vescovi suoi colleghi. E YArmonia troverà poi strano
che ii santo papa Damaso non sco
municasse e non riprendesse il bigamo imperatore? Fu il santo papa
Damaso che dovè scolparsi innanzi
ad uu Concilio per l’accusa di adulterio che fu intentala al dottore vergine della vergine Chiesa. Ji vero
che la maggioranza del sinodo lo
giustificò, ina noi non sappiamo che
i calunniatori fossero puniti secoodo
le leggi romane in vigore, lo che ci
fa 'supporre che quei santi vescovi
abbiano voluto gettare un velo sovra
quel fallo per evitare lo scandalo;
difatti noi vediamo che da quel tempo in poi in tulle le curie vescovili
s’imila una tale condotta allorché si
tratta di fatti scandalosi dei preli. Se
dunque ci ritrattiamo in quanlo al
nome del papa, non ci ritralliamo in
quanlo alla cosa.
L'Armonia passa a negare la bigamia di Valentiniano, ed a noi spetta giustificare la noslra asserzione.
Ecco come gli storici narrano il fallo.
Valentiniano sentendo lodare dalla
sua moglie Severa le bellezze di una
giovane chiamala Giustina, si risolvè
di sposarla, ma non volea ripudiare
l’imperatrice, dalla quale aveva un
figlio. Graziano, già proclamalo Augusto: per conservare le apparenze
della legalità, promulgò una legge
per la quale era permesso a ciascuno
di prendere due mogli conleinporaneamente, F.n ragione di quesla legge
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era, il bisogno cbe la popolazione
aumentasse.
Ma dii sono i garanti di questa
sloria? Allenti bene, dericali! quesla
non è una storia inventala dai Protestanti. Socrate, sopracchiamato lo
Scolastico nell’anno 440 di G. C.,
scrisse la sua storia ecclesiastica in
selle libri in continuazione di quella
di lìusebio ; Socrate scriveva pochi
anni dopo accaduto ii fatto , non
avea alcun interesse a mentire, nessuno lo smentì, ci permettano dunque i reverendi AtW'Armonia di credere più a Socrate che a loro.
Niceforo Calisto, aulore gravissimo
del secolo XIV, scrisse una storia
ecclesiastica della quale ce ne restano
dieiolto libri, cioè da Gesù Cristo fino
alla morte di Foca, e nella sua storia
asserisce lo stesso fatto della bigamia
di Valentiniano, e non parla nè di
.scomuniche nè di riprensioni fattegli
dal papa.
Zonara, celebre istorico greco e
monaco basiliano, fioriva sul principio del secolo XII; prima di essere
monaco copriva impieghi considerabili nella corte deU’imperatore. Queslo monaco che avrebbe dovuto aver
tutto l’impegno di tacersi sulla bigamia di Valenliniano, ne parla nei suoi
Annali come di uua cosa fuori di
queslione.
Paolo Diacono scrittore dell’ottavo
secolo, della religione del quale niun
può dubitare, nel libro duodecimo
della sloria miscellanea riporta il fatto
della bigamia di Valentiniano, e la
legge sopra menzionala.
Ora veniamo a noi. Se storici gravissimi, e lutti del partito clericale
convengono in questo fatto, d’onde i
teologi Armonia hanno attinto la
peregrina notizia che Valenliniano
sposò Severa e Giustina successivamente 1
Essi diranno che Socrate fu l'inventore di quel fallo. Ma Socrate
avrebbe inventalo contro sè e contro
la sua Chiesa ? Gii scrittori coevi
avrebbero dovuto smentirlo , e lo
avrebbero fatto se la cosa non fosse
stata di notorietà pubblica. Gli scrittori AtW'Armonia accusano Socrate
di falsità, ma il celeberrimo Fozio,
scriltore dottissimo del secolo nono,
facendo ia critica di Socrate, lo accusa di poca esattezza nello stile e
nella esposizione dei donimi, raa non
già di falsità nella narrazione dei
falli.
Sappiamo bene che in questi ultimi tempi si è messo in dubbio il
fatto della bigmnia di Valentiniano,
ma il primo a metterlo in dubbio fu
Enrico de Valois nelle sue osservazioni alla storia di Socrate dedicale
a Luigi XIV, ma questo autore scrivoa nel secolo decimosetlimo, cioè
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(lodici secoli dopo di Socrale; noa
cita uè può citare alcun documento
autentico perismeatire gli antichi storici; era stato educato nel collegio
dei Gesuiti di Clermont, era protetto
dal Gesuiti, e per mezzo di essi ottenne pensioni ed impieghi ; una
menzogna dunque in tale caso era
per lui opera meritoria. Da ciò si deduce che il fatto della bigamia di
Valenliniano 1 è slato altestalo da
lutti gli storici per dodici secoli, è
stalo negalo soltanto dai Gesuiti; e
VArmonia ci dice che noi siamo calunnialori, e che quel fallo è riconosciuto per falsissimo da tulli i dotti.
Giudichino ora i nostri leltori fra noi
e VArmonia.
In quanto alla terza ragione delVArmonia, che cioè Valentiniano fu
lodalo come onninamente pudico e
casto in casa e fuori dallo storico
contemporaneo gentile Ammiano Marcellino, noi prestando fede anche,
se si vuole, alla asserzione dello
storico pagano, possiamo benissimo
credere che per un gentile si riputasse grande castità in un imperatore
contentarsi di due sole donne.
La risposta a questa prima accusa
ci ha portalo lungi oltre il volere,
perciò siamo costretti a rimetlere ad
uu articolo seguente la risposta alle
altre due.
ESPOSIZIONE EVANGELICA
!iiler|»ielazioite (¡olla Bibbia
IV.
Ammettendo anche per non detto tutto
quello che aliliianio esposto onde dimostrare la insussistenza di un tribunale
infallibile per la interpretazione della Kibbia, e volendo noi essere generosi coi
clericali, li preghiamo ad additarci ove
esista questo tribunale infallibile affinchè
possiamo consultarlo se ne abbiamo voglia. Ma qni appunto la discordia entra
nel campo di Agramante. l teologi caltolici si dividono in tre opposte opinioni sopra questo punto essenzialissimo c cardinale dell’ autorità infallibile della Chiesa.
Una scuola vuole che la infallibilità si
trovi nei Concilii generali legittimamente
adunati. Secondo questa scuola adunque,
che non è né la minore, nè la meno rispettabile, occorrendo una queslione sulla
interpretazione di un lesto, dovremmo
aspettare un Concilio generale per proporla. Un’altra scuola insegna che il tribunale infallibile si trova nella veneranda
antichità e nella tradizione dei Padri, Una
terza scuola finalmente insegua che l'autorità infallibile è nel papa allorché parla
dalla cattedra. Queste Ire scuole si anatematizzano scambievolmente, e frattanto
sono tutte tre cattoliche: sono divise intorno al punto principale dell’autorità
che forma l’essenza del caltolicismo, e
frattanto tulle e tre appartengono alla unilà cattolica. Noi potremmo dire a questi teologi, che prima d’imporre ad altri
un tribunale infallibile si pongano d’accordo fra di loro. Ma trattandosi di cosa
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cosi-intcressante, esaminiamo l’opinione
(li ciascuna di quelle tre scuole per vedere se ci riesca di trovare l’ial’allibile
tribunale.
Incominciamo dalla prima opinione che
attribuisce l’autorità infallibile ai Concilii.
La prima difficoltà che mi si presenta è
quella di dover consultare tutti gli atti
dei Concilii. Vado in una pubblica biblioteca e cerco i suddetti atti, ed eccomi in
mezzo ad un monte di volumi in-folio
greco-latini che tutti devo leggere, tutti
devo esaminare. Mi metto all’opera e. trovo che un Concilio generale scomunica uir
altro Concilio generale, che uno è rice^ uto come infallibile della Chiesa d’Oriente, mentre è condannato dalla Chiesa di
Occidente. Allora, dico a me stesso; a
chi dovrò io erodere? Fra Concilii che si
condannano scambievolmente, quale sarà
il legittimo, quale l’infallibile i* Kicorro
di nuovo ai teologi per sapere quali sono
i caratteri di un Concilio infallibile, e li
trovo opposti fra di loro, in guisa che nep|)ure i teologi cattolici sono d'accordo intorno ai caratteri nec.essari ad un Concilio onde essere infallibile. Amante perù
del vero, sieguo il mio studio basato sij
(]uasto priucipio, che se nei Concilii vi è
infallibililà, vi deve essere unità di fede;
paragono dunque Concilio a Concilio, e
trovo che uno conlraddice all’ultro, che
uno distrugge quello che l’altro ha edificato. Allora convinto della impossibilità
di trovare il tribunale infallibile nei Concilii, abbandono la prima scuola e vado
a cercare la infallibililà nellii veneranda
antichità e nella tradizione dei Padri.
Ed eccomi circondato da un centinaio
di grossi volumi in-folio; Agostino, Ori*
gctìe, ’i'ermlHauo, Ambrogio, Girolamo,
Giovanni Grisostomo, Clemente Romano,
Clemente eCirillo Alessandrini,Cirillo Gerosolimitano, Basilio, Cipriano, Giustino,
Arnobio, Lattanzio, lieneo,Policarpo, ecc.
ecc. Per assicurarmi della competenza
di questo tribunale io dovrò leggere tutte
queste opere, ognuna delle quali porterebbe più anni di studio. Ala prima di
espormi a tale fatica voglio assicurarmi
che le opere dei Padri ci sono giunte genuine e senza alterazione. Ma l’autorità
deir/nrfice espurgatorio mi assicura che
per ordine dei papi e della inquisizione
sodo stati tolti dalle opere dei Padri una
quantità di passi che non accomodavano
troppo alla corte romana. Nun solo adunque non sono certo che le opere dei Padri sono genuine, ma sono certo invece che
non lo sono. Ma posto anche che potessi
superare una tale difficollà, come potrei
superare quella che nasce dalle contraddizioni nelle quali sono caduti i Padri
quando uno asserisce ciò che l’allro nega,
uno insegna come cosa di fede quello che
l'altro dice essere uua eresia? Chi si contraddice, dico tra me stesso, non è infallibile.
Non ci resta duuque altra via che quella
della terza scuola per cercare il tribunale
infallibile, cercarlo cioè nei papi parlanti
ex cathedra. Ma prima accertiamoci della
loro competenza. E per tagliare corto su
tutte le difficoltà ammettiamo per im momento la infallibililà del papa per quanto
spetta alla questione del domma: però conoscendo dalla sloria che fra tanti papi
vi sono stati anche antipapi, prendiamo
ad esaminare la questione di fatto nella
storia dei papi per conoscere a quali di
costoro dovremmo credere come ad iofallibili.
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Ma alla lellura di quella storia svanisce ogni speranza di trovare nei papi il
iriljunale infallibile. Si dovrà ragionevolmente e cristianamente credere che siano
stati infallibili un Lilierio ariano, «n 0uorio moriotelita, un Marcellino che incensa gli idoli? lira infalliliile Giovanni
XXI quando contrattava la vendita del suo
primato e della sua iiilallibililà? Vittore
II che stabiliva la tariffa del riscatio dei
peccati? Onorio III, chiamato dagli stessi
suoi storici, leone per fierezza, e per ava
rizta sanguisuga? Sisto IV, fondatore di
luoghi infami e percettore del prezzo
delle prostituzioiii.5’ Saranno stati infallibili quei papi del medio evo simoniaci, coDculiinari, crudeli, libertini, violatori de^giurainfnli, c collegati coi tiranni a danno della patria? Per sostenere la infallibilità di tali uomini non basta nep|)ure la sfrontatezza di un Gesuita.
Ora, se papi cosi scellerati (e non sono
stati pochi) si vogliono dire vicari infallibili di Gesù Cristo, bisognerebbe dire che
Gesù Crislo avesse abbandonato la sua
Chiesa, lo che è una grande eresia: se non
lo sono stati, come è evidente, dunque la
catena della successione apostolica è spezzata; dunque volendo anche supporre che
Gesù Cristo avesse dalo a san Pietro la infallibilà da trasmettersi ai successori, e
volendo supporre che il papa sia il successore di san Pietro, siccome la succe.ssione è spezzata, i privilegi di san Pietro
non sarebbero potuli scendere (ino ai papi dei nostri tempi.
Ma se si volesse passare di un salto sopra tutte queste diflicollà, ed a dispelto
della Bibbia, della storia, della lugica si
volesse cercare nei papi la infallibilità,
ilovo polreiiimo noi Irovarlu? Un papa,
contraddice alTaltro papa, e disfa infallibilmente tulio quello che un altro aveva
infallibilmenie stabilito. E quando due
papi nello stesso tempo si lanciavano
infallibilmente gli anatemi? E quando
tre papi nello stesso tempo coi loro cardinali, coi loro concistori, coi loro sanli
a miracoli facevano leggi infallibili per
tutla la Chiesa in opposizione fra loro, a
chi di questi si dovrà credere? lo quale
di essi risiede il tribunale infallibile? Se,
il Concilio generale di Costanza nnn seppe decidere quale di quei tre fosse il papa
legittimo e ne creò un quarto, potremo
deciderlo noi? Egli è chiaro duu(iue che
se vorremo cercare il tribunale infallibile
nei pa|)i sarà vana ogni noslra fatica.
Non nei Concilii, non nella Tradizioue,
non nei papi, dove dun(pie troveremo codesto trdiunale?
Ma lorniaiiu) sulla via del vero. Il tribunale infallibile per la intelligenza della
divina parola è lo Spirilo Sanlo che parla
al cuore dei fedeli e lo illumina. Se noi
cercheremo l’uomo infallibile saremo iu
coulraddizione colla esperienza, colla logica, e colla stessa parola di Dio, che ci
dice che ogni uomo è bugiardo. La via,
che la <;hiesa Evangelica insegna per giugnere all’ intelligenza della parola di l>io,
è quella che insegna Dio stesso, è quella
cbe insegnava Gesù Cristo, che insegnavano gli Aposloli, che percorrevano i Cristiani della Cliiesa primitiva. Quesla via
è semplice, breve, ed è alla portata di
ognuno. È semplice, perchè non si ha altro a fare che prendere nelle mani rjuel
libro tanto temuto dai clericali; è breve
perchè non vi è bisogno di tanti esami,
ina basta la semplice pregliiera del cuore:
è alla portala di tutti, perohà noti è nc>
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cessario eli essere scienziali per trovarla.
Nui ricoDOScianrio Dio solo per infallibile, e allora quando egli si è degnato
parlarci noi crediamo die abbia parlato
per essere ascoltato e leggiamo la sua pa
rota. Noi crediamo che Dio sapientissimo
abbia parlato per farsi intendere, e non
abbia bisogno di uomini che interpretino
ad altri uomini la sua parola. Noi crediamo a Gesù Cristo, il quale ci ha promesso il suo Santo S|»irilo per dirigerei
nella cognizione della verilà, ed amiamo
meglio essere condotti dallo Spirito Sanlo,
che dn uomini, i quali mentendo contro
la parola di Dio si dicono infallibili.
MEXZOGXK DE! CLEIIICALI
La calunnia e la menzogna (abbiamo dovuto constatarlo troppe volte) sono le due
armi dilette dei clericali; di queste si servono allorché vogliono attaccare i loro
nemici. E tale procedere è oggimai cosi
noto che non vi è più un onesto il quale
creda alle asserzioni di un giornale di
questo colore. Però fra questi giornali ve
ne sono alcuni che più degli altri spudorati , mentre sanno di calunniare, di
mentire accusano di calunnia e di menzogna i giornali onesti. La Buona Novella
presa di mira specialmente dai clericali,
dovè seguire quelle vie che seguono quei
giornali che si rispettano, cessare cioè
della polemica. Ma vi hanno dei casi, nei
quali riconoscendo la giustezza della presa
risoluzione, si deve nondimeno far luogo
ad una qualche eccezione.
Il Cattolico nel suo numero del 13 febbraio anno corrente, pubblicava un articolo intitolato Tolliìiianza PiioriiSTANn;,
nel quale diceva che uu lale sig. F. savoino tolse a moglie una fanciulla valdese,
la quale consenti a farsi cattolica e pronunciare la sua abiura Ira pochi anni.
Diceva che F. ridotto in miseria si ricoverò colla moglie e due figli in casa del
suocero valdese, ove soffrì ingiurie, villanie e fame, talché ne ammalò gravemente, e oella sua malattia era da tutli
abbandonato e giaceva sovra poco strame.
Narra come il suocero tentasse ogni arie
per indurlo all'apostasia, e gli prometteva tutli gli agi e ricchezze purché divenisse protestante. Una povera donna
valdese si mosse a compassione ed avvisò
un prele, il quale corse nel misero abituro
( era la casa del suocero ricchissimo! )
dell’ammalato, vide quel misero giaciglio,
e gliene scoppiò il cuore di compianto.
Risanato pei conforti del sacerdote invila
la moglie a seguirlo, e questa si ricusò:
allora prende uno de’suoi figli io braccio
e l’altro perla mano, e con piede vacillanle
si svelse da quella casa falale. Soccorso
con insigne carità dai missionarii della
Torre s’incamminò verso Pinerolo; ma
giunto vicino a B. si arrestò e scrisse
alla moglie, la quale al ricevere quella
letlera pianse e fuggì dalla casa paterna con tanta fretta che non aveva
avuto il tempo di calzarsi: andò dai missionarii, chiese soccorso, e bastò il chiederlo per ottenerlo, e raggiunse il marito
lasciando il duro ed ostinalo valdese sua
padre godere in quesla vita di sue ricchezzct
per potar ella col suo marito e co’ figliuoli
goder delle eterne in cielo. L’articolo è
firmato V. G.
Non appena leggemmo un tale arlicolo
cbe fummo stomacati da cosi grossolana menzogna, e volevamo subito spe-
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dire una patente da mentitore al Cat/oitco;
ma se dovessimo confutare tulle le menzogne dei giornali clericali il nostro piccolo foglio non sarebbe sufficiente a lui
uopo neiincbe se fosse quotidiano. Non
avremmo più parlalo di que.slo fallo se
l’allro giorno non ci fosse .'¡lata inviala
una dichiarazione in buona forma e stesa
su caria da bollo dallo stesso sig. Francesco Falcoz, che è il sig. F. del Cattolico,
con preghiera di pubblicarla onde smen
tire il pio giornale. Ecco dunque il documento siccome ci è stato trasmesso.
« lo sottoscritto Francesco Falcoz da
Moutiers, avendo presa cognizioue di una
lettera scrina sul mio conto, colla data
di Pinerolo del 26 gennaio, e pubblicata
□el numero del 13 febbraio del giormile
di Genova il Catlolico, mi credo obbligalo
per amore della verità di fare alcune osservazioni sul suo contenuto.
« Non è esatio lo asserire, come si fa
nel princi|)iodi quella lettera, che la mia
moglie abbia acconsentilo a farsi cattolica
e a pronunciare la sua abiura tra pochi
anni, mentre essa aveva fatto lutto ciò
otto giorni prima del nostro malrimonio.
V Secondo quella letlera sembrerebbe
che io abbia soggiornato lungo tempo in
casa del mio suocero, locchè non è vero;
io ho dimorato per circa sei mesi alla
Torre, ma non sono restato in casa del
mio suocero che gli uilinii quindici giorni.
Prima di andare da lui era già indisposto;
è dunque falso che ia malattia sia venula
in seguito dei cattivi irallamenli ricevuti
in sua ca.sa. Egli è vero che il mio suocero non mi è mai venuto a vedere durante la mia malattia; ma è intieramente
falso che io fossi abbandonalo da tulli,
anche dalla mia moglie; al contrario essa
era sempre vicino a me. Il mio suocero
non ha giammai provalo di strapparmi
una parola di apostasia, e non mi ha
giammai parlato di lale cosa, e neppure se
ne è inai discorio fra noi.
n Quella buona donna delle valli che è
andala ad informare un prele intorno alla
mia irisle situazione, ha mentilo dicendo
che i miei non volevano lasciarmi la consolazione di morire col conforto dei sacramenii; questa è una pretla invenzione, li
prele che mi evenuto a visitare non aveva
alcuna necessità di presentarsi in abito da
cacciatore, nè di ricorrere ai mezzi storti
che si è credulo obbligato impiegare onde
vedermi; avrebbe dovuto presentarsi francamente e non avrebbe incontrata la minima difficollà. Il linguaggio che il prete
mette nella mia lincea è di sua invenzione;
io non ho detto a Don G....... che mi si
voleva togliere la mia fede, nè che io fossi
pronto a dare anche la mia lesta. D. G....
... ha avuto molla bonlà per me e mi
faccio un piacere di ricono.scerlo; solo mi
rincresce di non essere il primo a pubblicare i suoi benelizi verso di me: io ricevei allora dalla sua liberalità una libbra
di zuccaro, una mezza libbra di caffè ed
un kilo di pane.
« Allorché fui assai meglio per poter
partire, presi la risoluzione di lasciare la
casa del mio suocero per andarmi a cercare del lavoro: domandai perciò alla mia
moglie se voleva seguirmi : ove vuoi tu
andare? essa mi disse. Vieni, le risposi,
e lo vedrai lo non le ho parlalo nè di andar mendicando, nè del pericolo che jioIcva correre la nostra fede.
ir 1 missionarii dell’ospizio della Torre
mi hanno accollo eoa grande generosità,
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io debbo dirlo; essi hanno dimoslriito a
mio riguardo una carità insigne, siccome
lo dice con ragione la lettera scritta nel
Caltolico-, Ira lutti mi hanno dalo in danaro la somma di franchi sei e centesimi
cinquanla, anzi credo dire di più e non
meno, e mi hanno dalo circa tre kilo di
pane per i miei ligh. Quei signori mi consegnarono altresi diverse, lettere di raccomandazione, permezzo delle quali in avrei
dovuto infallibilmenie trovare soccorsi e
lavoro. Una di queste letlere era indirizzala al Parroco di S. S........ a Toriuo.
Io credo di essergli stalo raccomandalo
caldamente. Il suo vicario mi diede dieci
soldi di sua tasca, ed il Parroco mi diede
due buoni di un mezzo kilo di pane ciascuno, buoni dei quali feci dono inuiiediatamenie ad un povero più infelice di
me. In quanto a! lavoro che questo degno
ecclesiastico era pregato di procurarmi,
mi disse che per l’a|ipunto essendo
caduta la neve, io doveva andare ad
unirmi a coloro che la toglievano per le
vie, e ehe vi era assai lavoro per chi nc
avesse voglia; aggiunse che con ([ueilo che
mi aveva dalo \i era abbaslaiiza pur mantenere i fanuiulli allù cascina ove ii aveva
lasciali.
« Portandomi a Torino ove coniava che
le mie lettere di raccomandazione mi sarebbero state di un soccorso infallibile,
passai per Candioìo; era il giorno delta
Epifania, DeH’uscire dalla messa mi avvicino al P;uToco, gli espongo la mia triste
jiosizionc, e gli presento in prova della
mia veracità le lettere di raccouiandazione
ehe portava. Egli mi rispose che mi sarebbe stato obbligaiissimo se avessi voluto incaricarmi di quaranta poveri della
sutt parrocchia. Cionouostiuite per dai'iiii
una prova della sua insigne carila fini per
darmi generosamente una moneta da cinque centesimi.
« Allorché si dice che la mia moglie
per riunirsi a ma è fuggita dal suo padre
di nascosto, essa stessa sostiene, che un
tal fatto è una pura menzogna. Il giovane
che io incaricai a portarle un biglietto
andò a portarlo alla casa del suo padre,
ove essa era e la aspettò fino a che fosse
stata pronta a partire; essa allora venne
direttamente insieme con lui-fino alla cascina del ponte di Bibiana ove io era con
i fanciulli. iXon fu che al suo ritoniu da
Bibiana che essa andò al convitto ove
doveva rimettere ai mis.sionarii un biglieüo di mio carattere; fu allora solamente che essa domandò a quei signori
un paio di scarpe per potermi seguitare
a piedi, perchè le sue erano troppo, cattive. È dunque interamente falso che essa
sia andala al convitto senza scarpesiccome
la letlera suddetta sembra l'olerlo daread
intendere. C ò accadeva verso il nuovo
aono, 0 la stagione era troppo rigorosa
per imporsi così facilmente a camminarea
piedi nudi. La mia moglie ha ricevuto dai
missionarii un paio di scarpe; ma per due
ragioni le furono inutili, la prima perchè
erano Iroppo grandi, e questo non era per
colpa di quei signori; l’altra perchè erano
troppo rotte e bucale nella suola, e non
sarebbe stata cosa commoda caiiiuiinare
per ¡strade piene di fungo con tali scarpe.
Cionondimeno io ringrazio mollo i signori
niissionarii per quelle scarpe che essi credettero bene di regalare alla mia moglie.
Se per avventura essi si fossero pentiti
di tal dono io sarei pronto a pagarle tutto
quello eli« potevutio valore; essi noti
11
hanno che a reclamarne ¡I prezzo a Pinerolo ove mi trovo.
« Mia moglie dunque è partita colle
scarpe di sun madre, lu quale non ha voluto lasciar partire la figlia così mali calzata; prova evidente che essa è fuggita
dalla casa paterna di nascosto!! lo non
debbo dimenticare di dire che la mia
moglie olire alle dette scarpe ricevè dal
portiere del convitto una munela da otio
soldi e qualche lozzo di pane.
« l.a lettera del Cattolico parla due
volte delle ricchezze del mio suocero. —
10 devo dichiarare per la verità che il mio
suocero non è ricco; egli vive stentatamente del prodotto del suo lavoro, ed «
anche obbligato di passare ogni anno in
Francia per guadagnare qualche cosa onde
sovvenire più facilmente ai bisogni di sua
famiglia.
0 È vero che io ultimamente ho avuto
dei dissapori col mio suocero, ed ho motivo di lagnarmi della maniera colla quale
tìgli mi ha tratlalo; ma ciò proviene in
parte da un falso rapporto fallo al mio
suocero sul mio conio; del resto quello
è un affare puranienie personale tra me e
lui, e la religione che io professo non vi
entra per uulla.
(( La chiusa di quella lettera fa scendere
suH’inliera popolazione valdese i tòrti che
11 mio suocero ha avuti verso di me; io
trovo tal cosa inicramente disleale.
« Insomma io dichiaro che la leltera io
questione contiene molte inesattezze, esagerazioni e falsità; e siccome la menzogna non può mai produrre alcuna cosa di
buono, devo dire cbe questa leltera mi
ha già recato un qualche pregiudizio,
avendomi screditato presso le persone imparziali die, conoscendo I valdesi, sanno
benissimo cli'essi nnn sono moslri di barbarie, né intolleranti verso i cattolici ro
mani.
« Del rcslo io sono molto gralo ai signori missionari della Torre, c specialmente a Don G........ non solo per la carità che hanno usala verso di me , ma
ancora perchè mi hanno risparmiato la
pena di proclamare la loro beiiellcenza,
essendosi presa essi slessi la cura di far
suonare la tromba fino a Genova e forse
anche fino a Homa.
« lo desidero che queste osservazioni
sieno pubblicale iu un giornale in risposta
alla k'ilera del Caltnlico.
Pinerolo 30 marzo Ì85i.
F.m.coz Francesco Maria.
Nili sotloscrilti testincbiamo di avere
sentito il signor Falcoz dichiarare sue le
osservazioni qui sojira estese e firmate di
sua mano.
Masom Anto.mo.
A.«ftioi.o Calamam'Rei.
Ecco la verilà come la sanno dire i
clericali! quindici menzogne in una lettera
che occupa una colonna di un giornale!
Noi non aggiungeremo parola a questa
dichiarazioue falla da chi, nella letlera
stessa riporlata dal Catlolico vien chiamalo un buon giovane,, a cui il ministro
(della guerra) dava commendatizia di
buona e leale condotta, è il generoso, colui
che amuva meglio di marcir sulla paglia
che di lordarsi la coscienza, colui che voleva dare il suo capo per la fede, che
amava meglio essere per il mondo accattando il pane che pericolare la fede: questo stesso è colui che tratta da mentitori
gli autori di questa lotterà.
Se qualcuno interessato in queslo fatio
desiderasso cot)gul(arc 1’ originale dtilia
12
(JicliiarazioDe da noi puMilicala non ha
che a presentarsi all’uiricio della Buona
Novella.
INDIRIZZI VESCOVILI
La notizia ohe ha occupalo in questa
settimana il giornalismo è stala lapiibblicazione dell’indirizzo a S. M. il Re
fatto dai Vescovi e Vicari generali Capitolari della provincia ecclesiastica di Toriuo.
Fin dallo scorso agosto in una congrega
tenuta a Scarnafiggi, i Vescovi avevano
slahilito un tale indirizzo; rna le circostanze non sembravano loro abbastanza
propizie: il terreno non era abbastanza
preparato per presentarlo.
L’indirizzo èsufflcientomenle conosci uto
perchè riportato da quasi lulti i giornali. In
esso discorrono quattro punii principali,
sui quali domandano daUn regale autorità
provvedimenli che pongano efficace rimedio a tanti mali. I Vescovi han dimenticato che siamo in uno Stato cosliluzit»
naie. I mali che deplorano sono : i“ il
proselilismo protestante; 2" la profanazione dei giorni festivi; 3“ la cattiva istruzione dei collegi ; 4° l’esilio dtli’arcivescovo di Torino. Ecco le parole dell’indirizzo per quello che riguarda il proselitismo.
« Se uomini illusi anelano alla separazione dello Stalo dalla Chiesa, non lia
mai che nell’animo dei Ve.scovi sieno separati gl’interessi dell’Allare e del Trono
«Egli è perciò che essi si tengono in obbligo d’invocare l’attenzione di V. M. sul
proselilisma che da qualche tempo apertamente si esercita nelle citlà e nel contado daH’cresia prolesldRle, la quale niuu
mezzo lascia intenlato per guadagnare
seguaci, impugnando non solo cogli scrini
ma anche colle diatribe in luoghi pubblici
i dogmi cattolici, adoperando perfino occultamente la seduzione del danaro ».
A queslo passo dell’indirizzo la Suona
Novella si limita a rispondere : ■!“ che i
vescovi si dimostrano mancanti di fede:
perchè se credono vero quello che essi
insegnano, che le porle dell’inferno nun
potranno prevalere contro la loro chiesa,
non si può comprendere come essi temano lanlo l’errore e Veresia. 2“ Se essi
sono nella verilà , siccome dicono, ed i
prolestanti nell'errore, perchè temono il
conflillo? La verilà non può se non che
uscire trionfante e vittoriosa dal conflitto,
3’ Non volendo per ora entrare a discutere sulla natura del proselitismo per
esaminare il proselitismo lecito e quello
illecito in un paese ove non è sanzionata
la libertà di cullo; diciamo che i vescovi
in questo indirizzo hanno agito slealmente cercando di sorprendere la religione dell’Augusto Capo dello Stalo. Secondo essi dicono, vi sono leggi contro il
proselilismo, vi sono in Piemonte magistrati integerrimi, che qualche volta hanno
applicalo tali leggi severamente anzi che
no, perchè dunque non agire legalmente
invocando le leggi innanzi ai magistrati?
Il perchè ci sembra chiaro; innanzi ai
niugisiiali bisogna provare le accuse ,
ed essi sapendo di non poterle provare si
contentano di turbare la coscienza e la
pace del Re, e seminare la discordia fra
i poteri. 4“ Se i protestanti hanno impugnato ed impugnano i dogmi cattolici
cogli scritti e colle diatribe anche in Itwghi pubblici, percbè nel loro zelo non
hanno fatto applicare dai magistrali le
13
leggi vigenti? Questa accusa ricade sul
fisco e sulla magistratura. 3" Finalmente
per quello che riguarda la seduzione del
danaro, la Buona Novella dice dell’indirizzo dei vescovi quello che ha detto le
cento wille delle accuse dei giornali clericali, die cioè essi calunniano : e sfida
tutli i vescovi, come per cento volte ha
sfidato inutilmente i giornali clericali a
provare l’accusa, sotto pena di essere dal
pulililico giudicati per colunniatori non
solo avanti al pulililico, ma innanzi la
sacra persona del Re. Intanto i clericali
ed i vescovi sappiano, che dacché essi
spargono tali calunnie le porle dei niini•stri proteslanli sono assediate da cattolici , cd anche da preti che vengono ad
offrirsi di divenire protestanti se possono
.'perare soccorsi, ed i preti sanno come
sono rimandati quei disgraziati dai ministri protestanti.
In daia del 28 marzo i vescovi della
provincia ecclesiastica di Savoia firmarono
anch’essi un indirizzo inviato non al Rema
al Senato del Regno acciò voglia negare la
.sua approvazione al progetto di legge Raltazzi del2gennaio intorno alle riforme sul
Codice penale. In questo indirizzo i vescovi savoini si lagnano che « l’art. ■)“
delle modificazioni al codice penale ha
per iscopo di assicurare la liherlà di coscienza ai culti tollerali •. Vedete il gran
delitto di quel progetto ! Certa gente
quando non può perseguitare si dice
perseguilata. Si lagnano quei liuoni ve.scovi (I che le pene di polizia surrogate
agli articoli lOi e 163 del Codice penale sono una repressione illusoria». La
tanto vanluta unità dell’episcopato cattolico è nn fallo che esiste ; ma e.ssa esisle soltanto nella sete di perseguitare
I dissidenti: in Inghilterra, in America, in Olanda, in Isvizzera ove non
possono perseguitare, invocano per essi
una più ampia libertà religiosa ; ove poi
sono in possesso della persecuzione anatematizzano la libertà religiosa. Ma trascriviamo le giudiziose osservazioni su
questo indirizzo del Cittadino, giornale
che si pubblica in Asti.
» Ma veniamo all’indirizzo dei vescovi
savoiardi. Essi, più costituzionali nelle
apparenze, si volgono non alla persona
irresponsabile del Re, ma al Senato. La
Commissione scelta da questo per la
legge penale Rattazzi li ha inorgogliti ;
essi fannosi quindi a combattere quel
progetto con un’audacia che diremmo
incredibile, se non venisse da gente di
chiesa.
»Essi asseriscono che il primo articolo,
il quale sancisce in fattola tolleranza dei
culti dissidenti, è il solenne trionfo del
protestantismo. Asseriscono ancora che
l’articolo 2, il quale stabilisce pene per
i sacerdoti prevaricatori nell' esercizio
delle loro funzioni contro le istituzioni
dello Stalo, è la guerra dichiarata alla
Religione cattolica , è l’espressione dell’odio che i nostri Ministri portano alla
Santa Madre Chiesa.
» In queste due asserzioni v’hanno due
solenni menzogne di falto: ma la menzogna non è buon’arte di guerra per
costoro, i (|uali accecali da passioni pulilii’he nulla ormai hanno [liù di .sacro?
» È solenne menzogna il dire che la
tolleranza de’culti sia il trionfo dei protestantismo' 1“ perché parte dalla bocca di
coloro i quali ad ogni tratto ci vengono
cantando che le porle dell’inferno non
prevarranno conlro la Chiesa Catlolicn,
14
Apostolica e Romnna, perchè la storia
c’insegna che il famoso Editto di Nantes,
cbe pur dala da due secoli, non ha faiio
trionfare in Francia gli Ugonotti.
« È solenne menzogna il dive che l’articolo 2" delia legge Radazzi sia segnale
di guerra e d’odi» conlro la Religione
caltolica; perchè una disposizione
precisamente identica sta scritta nel Codice penale francese, e pur la Francia
continuò sempre ad esser caltolica ed il
suo cloro accpilò sempre quella legislazione senza proteste di sorta; 2“ perchè
una disposizione molto più severa sta
scrina nel Codice penale napolitano, e
pure re Ferdinando cbe la mantiene, è
chiamato il figlio prediletto della Chiesa.
Non è duuque la verilà che cercano I nostri pastori delle Diocesi, ma l’agitazione,
e coH’agilazione rindebolimonlo del Governo e coU’indebolimeuto del Governo
un facile adito alla reazione, al rovescio
delle nostre liberlà.
« Con qual nome si debba chiamare
una lale guerra, ci asteniamo dal dire.
Ben diremo solamente che presso quei
grandi noslri antenati che erano i Romani,
quando talimo si prevaleva delle angustie, in cui versava la repubblica, per
cagionare torbidi e spargere il discredito
sul proprio Governo, era infamato col
nome di traditore della patria ».
¡\OTiZIE KELIGIOSE
Torino. —leri iebbo luogo, nei saloni
della signora N. de Fernex, ufìa vendita
di oggetti a prò delle scuole evangeliche
di Torino, che fruttò la cospicua somma
di 1180 fr, — Un incarico, che ci assu
miamo molto volontieri, ci vien dato dai
promotori di quest'opera di beneficenza,
quello cioè di porgere per mezzo del noslro Giornale, i loro più fervidi ringraziamenti a quanti amorevolmente vi concorsero; e segnatamente alle gentili signore
incombenzate di indirizzarla, ed alla carità e zelo delle quali è dovuto, dopo Dio,
un così felice risultamento.
Nizza. La. Sentinella Cattolica, ha cessato le sue pubblicazioni.
SjATo Romano. I due più prelibati cibi
per i papi in tempo di digiuno sono stati,
sempre le anguille ed i storioni. Il santissimo Martino IV, siccome ci rammenta
il nostro Dante (Purg., cant. 24) ed il
suo commenlalore Benvenuto da Imola,
faceva morire le anguille nel vino bianco,
acciò avessero un gusto più prelibato. A
proposito del digiuno papale, leggiamo
nella Gazzetta del popolo che il Pro-Legaio di Ferrara, ha obbligato il comune
di Comaccbio a spedire in regalo al papa
qualtro storioni e due scatoloni di caviale,
per il digiuno della seltimana santa. Il
direttore delle poste di Ferrara, continua
quel giornale, ha ricevuto ordine di scrivere a tutli i direttori lungo I» stradale,
perchè venga cambiato il ghiaccio in ciascuna stazione. Sulle casse vi sarebbe
scritto Servizio di Sua Santità. I migliori cavalli, ed i migliori postiglioni
dovranno essere adoperati per accelerare l’arrivo delie (anlo desiderate vivande da penitenza.
Roma. Pio TX, si occupa di riunire alla
Chiesa latina la Chiesa greca. Già da
qualche tempo aveva scritto una leltera
ohiamata apostolica a lale efietto : ma i
vescovi greci si raunarono e rispost'i'o
15
Irionfalmente a Pio IX, il quale ha commesso lasua difesa, e quella della Chiesa
caltolina latina al P. G. Pietro Secchi
gesuita, già maestro di grammatica al
Collegio romano ed aulore di uu’opera
celebre intitolata : La pugna dei nomi e
dei verbi. Il celebre gesuita viagfiia a
spese dello Stato papale per cercare documenli contro i Greci : cosi mentre il
papa di Pietroburgo fa la guerra in Oriente
coi cannoni, il papa di Roma fa la guerra
in Occidente colla teologia.
L'n altro gesuiti, un tal P. Passaglia, sla
pubblicando ima grand’opera sulTinleressantissimo soggetto del concepinienlo immacolato di Maria. Il papa fa a sue spese,
ovvero a spese dello Sialo (ora ricchissimo), una magnifica edizione di quest’opera. Si sono fusi i caratleri apposilaraenle, e culla si è omesso affinchè la
edizione sia la più magnifica, e di un
lusso slraordinario. E poi i liberali vorranno ancora negare che i preti cooperino
efficacemenle al progresso delle scienze?
Ginevra. Venerdì .'«corso il tribunale
proDuncift la sua sentenza sul fallo di
Chevrens (vedi numeri 13, l i, 13 della
Buona Novella). Il giorno innanzi si era
aperto il dibattimento in mezzo ad una
calca numerosissima di popolo senza che
perù accadesse il menomo disordine. Sedici erano i prevenuti (lulti cattolici) accusali di violazione della liberlà religiosa : cinque sono stati condannali a 35
giorni di prigione; sette a 20 giorni, uno
a 48 ore, ed uno a 2i ore ; due sono stali
rimandali assoluti.
Stati-Uniti. Leggiamo nella Semaine
Beligieuse. « Abbiamo avuto spesso occasione di mostrare per mezzo di cifre e
di osservazioni di viaggiainri, che sono
più le perdite che 1 guadagni del cattoli
cismo romano negli Slali-Uniti, Ecco una
nuova prova di queslo fatto. Il caltolicismo era la sola religione di cui la legge
autorizzava l’esercizio negli Siali del Texas, sono ora non più di 18 anni. Adesso
il cattolici.smo non conia che 23 preti,
sei istituzioni letterarie, e circa 30,000
aderenti ; mentre ii protestantismo che
18 anni fa uon era cbe un’eresia illegale,
conta ora 57,000 aderenli u.
— Il papa aveva maudalo agli StaliUniti un pezzo di marmo per cnnlribuire anch’egli al monumento deH’illustre amatore della libertà, e del sincero
e zelante protestante Washington, il popolo americano stritolò in tanti frantumi
il marmo pontilicio.
CUO^A^J¡ETTA POLITICA
Toiimo. —Abliiaino ricevuto, ma
troppo tardi per pubblicarlo oggi, il
programma per ia dimostrazione da
farsi dalla stampa torinese nel sesto
anniversario dello Statuto. La li. N".
è lieta di poter eccitare i suol lettori
a concorrere colle loro oblazioni a
(luesl’opera patriottica, che più splendida riesce, più sarà una protesta del
popolo Torine.se conlro coloro die
avversano le libere istituzioni e specialmente la libera stampa. All’ufficio
della B. N. si ricevouo aucora le oblazioni fino al 12 corrente.
— Il signor Luigi Ciardi da Firenze,
terrà, la sera di domenica 9 del corrente.
16
alle ore 7 1|2 pomeridiane neH’AnfUeatro
di S. Francesco di Paola, la prima seduta
pubblica sulla Divina Commedia di Dante.
Coloro che hanno avuto il bene di sentire
il sig. Ciardi sanno qual luce, colla sua
vasta erudizione, egli spanda sui passi
anche i più diiTicili del nostro gran Poeta.
Francia. — Sono chiamali 60,000 uomini nella classe del ISf)."). Una gran parte di questi resterà probahilmeiiie a casa
come riserva.
— Il sig. Perret ha leito al Corpo legislativo il .'UÜ rapporto sulla ifomanda fatta
di procedere contro il sig. Montalemhert.
Le conchiusioni della Commissione sono
perchè sia rillutata la facoltà di procedere.
iNGiiir.TERRA. — Nella seduta del 31
marzo lord Clarendon e lord John Russel
diedero testimonianza delle buone disposizioni dell'Austria nella quistione d'Oriente, attribuendo le sue esitanze alla
Prussia. Di quest’ultima potenza non parlarono in termini amichevoli, e lord Russel dichiarò averle diretto una nota per
metterla in necessità di spiegarsi.
Austria. — La pubblicazione della corrispondenza segreta, fatta dai giornali inglesi, si dice abbia ferito a morte il partito russo a Vienna, ed affrellato l’adesione dell’Austria alla politica delle potenze occidentali.
Prussia. — La Gaz-elta di Prmsia
annunzia che nel messaggio portato dal
duca di Mecklemburg, lo Czar offrirebbe
la pace e l’evacuazione dei Principali, se
i diritti recentemente accordati ai Cristiani dalla Turchia, dietro i reclami della
Francia e dell'Inghilterrn, fossero garan
titi da un trattato e se le flotte sortissero
dal Mar Nero e dal Baltico. Lo Czar sarebbe pronto a completare questo accomodamento in un congresso riunito a Berlino.
AVVISO.
Nel passalo numero sono oncorsi
alcuni errori che ci afIVelliamo ad
emendare.
Alla pag. 546, col. I, lin. 22 in
vece di Pio XI si deve leggere Pio
VI. In vece di Pio Vili si legga Pio
VIL
Direnare P. G. MKILLE.
Grosso Domenico gerente.
IL
CRISTIA^O FILOSOFO
TRIONFANTE DELLA MORTE
ai;la7ions
DELLE ULT/MKSCENE DELLAFITA
del dott. in medicina
WILLIAM GORDON, F. L. S.
ni KISGSTOS-LHOS-IHIIL
DI WEWMAN HALL, B. A,
Traduzione daìVinglese.
TIP. SOC. DI A, PONS K COMP.