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ORMA
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANCiELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 12 NOVEMBRE 1993
ANNO 1 - NUMERO 43
LA LENTA DISTRUZIONE DELLO STATO
NON STARE
A GUARDARE
VALDO SPINI*
I^T essuno può stare a
K'vÌN guardare». Queste le
parole del Capo dello stato,
Oscar Luigi Scalfaro, rivolte a
tutti gli italiani. In effetti, in
una fase come questa, di
profondi sconvolgimenti nella
realtà del nostro paese, in una
fase di caos crescente dove
tutto ciò che era certo ieri può
non esserlo domani, potremmo essere tentati di dire: vada
come vada.
Sarebbe questo un grave errore. E necessario invece sentirsi partecipi di ciò che sta
succedendo in questi giorni, in
questi mesi. Nel momento del
crollo di tutto un sistema è
tanto più importante, infatti,
contribuire alla costruzione
del nuovo. Il rischio, altrimenti, è quello che lo stesso Scalfaro ha chiamato «la lenta distruzione dello Stato». Smantellare un sistema di potere
corrotto, degenerato e privo di
una qualsiasi morale se non
quella del puro interesse personale o di parte, non può significare fare tabula rasa di
tutto e tutti. Occorre cioè non
annientare le istituzioni, la politica, l’economia ma riformarle, individuando gli errori
degli anni passati nonché le
ragioni e le responsabilità di
essi.
E naturale che coloro sulle
cui spalle pesano, in tal senso,
le maggiori responsabilità, si
oppongano a un tale processo
di riforma e puntino invece allo sfascio totale. E la filosofia
del tanto peggio tanto meglio.
Abbiamo quindi assistito a
una serie di episodi chiave,
dalle bombe a Firenze, Roma,
Milano fino alle recenti dichiarazioni degli uomini dei
servizi segreti, miranti a screditare anche la più alta carica
dello stato. Certamente sono
in molti a trarre vantaggio da
tale situazione di caos: coloro
che si oppongono al cambiamento, alle elezioni, a un’assunzione di responsabilità che
non sia genericamente «collettiva» e in tal modo autoassolvente. La posta in gioco sono
quindi le elezioni, il rinnovamento, il riuscire a frenare la
crisi del paese con una spinta
in avanti.
È apprezzabile l’impegno
con cui il presidente del Consiglio, Ciampi, ha inteso riformare profondamente un centro di potere occulto e deviato
quale erano divenuti ampi settori dei servizi segreti. Di essi
si è detto e scritto molto in
questi giorni, sottolineandone
la deleteria presenza nella storia oscura dell’Italia degli ultimi decenni. Una presenza che
in molti casi è assai arduo
configurare come reale servizio per la Repubblica e quindi
per i cittadini.
Credo sia importante evidenziare il rapporto tra la degenerazione dei servizi segreti
e la crisi delle istituzioni e
della politica. La perdita dei
valori di fondo, che dovrebbe
ro regolare lo sviluppo della
società, ha inevitabilmente ripercussioni di ampio raggio.
Quando la politica si trasforma in arbitrio, e le istituzioni
in un mezzo per garantire tale
arbitrio, ogni centro di potere,
dal più piccolo al più grande,
diviene fíne a se stesso. La ricerca del privilegio e della sua
perpetuazione si sostituisce alla ricerca dell’interesse e del
bene comune.
Da tempo andiamo dicendo
della necessità di una riforma
della politica, nel senso della
trasparenza, della correttezza,
della legalità. Tale necessità è
ormai essenziale per ricostruire e/finnovare questo nostro
paese e per giungere finalmente a una «società giusta»,
nella quale i cittadini siano responsabili verso le istituzioni
e le istituzioni verso i cittadini. È indubbiamente necessario un legame di legittimità
elettorale. Ma alle elezioni bisogna andarci non solo contro
qualcosa ma anche per qualcosa. E questo qualcosa dobbiamo costruirlo oggi.
* ministro dell’Ambiente
Le chiese valdesi e metodiste riflettono, domenica 14 novembre, sulla predicazione
Voi siete una lettera di Cristo
«Voi siete una lettera di Cristo»
(II Corinzi 3, 3)
Questa immagine, usata dall’apostolo
Paolo per dirci cosa sia realmente
una predicazione cristiana, appare estremamente efficace. L’apostolo sa bene
che la predicazione, per i credenti, è un
messaggio, un annuncio fatto in termini
comprensibili, della persona di Gesù Cristo quale nostro Signore e salvatore.
Paolo ha anche parlato della necessità di
tale annuncio quando, in Romani 10, 14,
ha detto: «Come crederanno in colui del
quale non hanno udito parlare? E come
udranno, se non v’è chi predichi?».In effetti, se noi conosciamo l’Evangelo e la
parola di vita e di speranza che esso contiene, è perché di questo Evangelo ci è
stato dato l’annuncio. Ma Paolo non limita la predicazione a questo aspetto, né
limita ad alcune persone soltanto, nella
chiesa, il campo di coloro che sono chiamati a realizzarla.
«Voi siete una lettera di Cristo» significa anzi, lo comprendiamo bene, che
tutti, come credenti, siamo coinvolti in
questo annuncio dell’opera di Dio a nostro favore. Ossia che avere intrapreso il
cammino della fede non comporta solo
di essere degli uditori, delle persone che
ricevono, bensì dei portatori, delle persone cioè che trasmettono il messaggio ricevuto. A noi tutti, con doni diversi, il
Signore assegna un posto e un compito
nella proclamazione dell’Evangelo.
Ma dell’Evangelo non si può solo parlare. Esso infatti non è solo una verità da
esporre, ma è la potenza di Dio che redime e trasforma la nostra vita; un annuncio che ci volge verso il Regno di Dio,
verso le sue realtà di pace, di giustizia, di
amore e di verità, perché viviamo quoti
dianamente in vista di esse e ci adoperiamo affinché, in esse, donne e uomini del
nostro tempo ricevano una indicazione
per la loro vita.
Predicare come «lettera di Cristo» significa allora che i nostri simili debbono
poter leggere in quel che noi siamo e
facciamo, nel nostro modo di impostare
e vivere la nostra vita personale e di
chiese, questa opera di Dio nella quale
abbiamo creduto e che perciò perseguiamo.
«Voi siete una lettera di Cristo» : con
questa frase ci è chiesto di essere un vivente messaggio di Cristo; di essere persone nelle quali, sia pure attraverso tante
contraddizioni, si possa leggere la fede
che abbiamo riposta in lui, l’impegno serio che abbiamo assunto di seguirlo, il
rinnovamento che egli produce nella nostra vita, il modo nuovo di comprendere
e vivere la vita che egli ci ha donato.
Per prendere un esempio dal Nuovo
Testamento stesso, possiamo dire che furono una «lettera di Cristo» quei credenti
che, dopo la Pentecoste, essendo «d’un
sol cuore e d’un animo solo», avendo dei
poveri tra loro, manifestarono la novità
di vita prodotta in loro dall’Evangelo
mettendo in comune i loro beni. E questo
non già per mostrare qualche propria
virtù, ma come coerente ubbidienza alla
parola di Cristo, e manifestazione del
suo amore operante in loro. Così, ci dice
il libro degli Atti, essi testimoniarono
«della resurrezione del Signore».
Le nostre chiese hanno da sempre al
centro della loro attenzione il problema
dell’evangelizzazione, intesa come coscienza della responsabilità che siamo
chiamati a portare, e del debito che abbiamo verso coloro ai quali la potenza liberatrice dell’Evangelo non è stata anco
ra disvelata. Siamo chiamati quindi ad
annunciare, con le nostre parole e con il
nostro comportamento, l’Evangelo in
una società in cui sono presenti gli aneliti di una vita diversa, più giusta e più vera.
Ma siamo anche in una società straziata dalla disonestà dilagante, dal cinismo,
dalle frustrazioni, dalle emarginazioni e
dall’incertezza del futuro. L’immensità e
la difficoltà del compito sono tali da
fiaccarci irrimediabilmente. ,Ma ci soccorre la parola dell’apostolo, il quale ci
rammenta che «non siamo di per noi
stessi capaci di pensare alcun che... ma
la nostra capacità viene da Dio, che ci ha
resi capaci di essere ministri di un nuovo
patto...» (vv. 5-6). La capacità, dunque,
ci viene da Dio. A noi sta di portare la
nostra responsabilità in spirito di libertà
e di coerenza personale e comunitaria.
« Voi siete una lettera di Cristo» questa
frase pone dunque a noi e alle nostre comunità molti e seri interrogativi su noi
stessi, sulla nostra vita, sul significato
più autentico della nostra testimonianza.
Occorre allora rivolgerci al Signore, in
spirito di preghiera, perché ci doni autentica fedeltà all’Evangelo e coerenza di
vita per proclamarlo. Perché ci renda capaci di ravvedimento e, rinnovati dalla
sua Parola, capaci di servirlo presso tutti
gli uomini. Perché ci dia il coraggio e la
costanza necessari a spogliarci di tutto
ciò che, nella nostra vita, contraddice
l’amore, la verità, la giustizia e la pace
che egli ci ha proclamato in Gesù Cristo.
Da soli nulla possiamo, ma il Signore
può ogni cosa. A lui chiediamo, particolarmente in occasione della «Giornata
del predicatore locale», di renderci in
maggior numero e in maggior misura disponibili per la sua opera.
Argentina
IToba
e le loro terre
Gli indiani Toba della provincia di Chaco, nel nord-est
dell’Argentina, hanno deciso
di bloccare una strada e di occupare un ponte in prossimità
dei territori in cui vivevano
già prima della conquista spagnola. Circa 1.000 di loro si
sono radunati sul ponte durante un’intera giornata per
protestare contro la lentezza
delle pratiche richieste per
misurare i 150.000 ettari di
loro proprietà.
Queste terre, date loro
aH’inizio del secolo, non furono mai misurate ed essi non
ricevettero alcun titolo di proprietà. Nel 1991 il governo
della provincia ha finalmente
riconosciuto la legittimità del
diritto territoriale degli indiani Toba e nel 1992 il governo
nazionale ha stanziato fondi
per effettuare le varie pratiche. Ma i fondi non sono mai
pervenuti alla provincia. Le
associazioni autoctone hanno
quindi deciso di sensibilizzare l’opinione pubblica e di
mandare una delegazione a
Buenos Aires per mobilitare i
mass media. «Abbiamo perso
la pazienza - affermano -; il
nostro popolo non vuole più
sentirsi schiavo ma vuole vivere nella dignità sulle terre
che gli appartengono».
Il segretariato regionale del
Consiglio delle chiese dell’
America Latina (Clai) appoggia queste organizzazioni e le
loro richieste. Gli indiani Toba sono in maggioranza evangelici e aderiscono alla Chiesa unita Toba, membro del
Clai. I loro rappresentanti a
Buenos Aires hanno ottenuto
un appoggio da parte delle
chiese che garantiscono loro
vitto, alloggio e servizi necessari per trascorrere settimane
lontani dalle loro famiglie, in
un clima di confronto permanente con funzionari più
preoccupati delle prossime
elezioni legislative che della
soluzione di un problema
vecchio di molti secoli.
(Soepi)
Incontro
con gli ortodossi
albanesi
pagina 4
Una storia
di liberazione
pagina 6
La riforma elettorale
pagina 10
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 1993
Costa d'Avorio: un seminario organizzato dalla Cevaa dal 26 settembre al 4 ottobre
Protestanti
su «Chiesa
africani e europei a confronto
e Islam^ apertura e testimonianza»
SEROIO RIBET
Benin, Togo, Svizzera,
Repubblica centrafricana. Costa d’Avorio, Germania, Francia, Senegai, Lesotho, Kenya, Niger, Paesi
Bassi, Madagascar, Camerún,
Zambia, Mauritius, Guinea,
Italia ma forse anche altri
paesi rappresentati, se pensiamo alla pastora olandese che
lavora in Gambia, se pensiamo che un dipartimento d’oltremare come La Réunion
non è proprio la Francia come siamo abituati a pensarla,
se pensiamo che tra i pastori
che lavorano in Francia c’è
un luterano dello Zaire, o un
riformato di nascita marocchina e di famiglia musulmana...
Ci siamo ritrovati a Yopougon, vicino ad Abidjan, la capitale della Costa d’Avorio,
per un seminario su «Chiesa
e Islam, apertura e testimonianza», per una intensa settimana di lavoro. Il seminario
era organizzato dalla Cevaa,
e dal Servizio per le relazioni
islamo-cristiane in Africa
(Srica/Procmura), con l’appoggio della «Azione cristiana in Oriente»(Aco).
Riformati
in casa di cattolici
Eravamo soprattutto appartenenti alla famiglia riformata, ma anche dal punto di
vista denominazionale rappresentavamo un bel miscuglio: dai luterani ai battisti,
dai metodisti a diverse chiese
unite raggruppanti espressioni denominazionali diverse; particolarmente interessante e per molti non prima
conosciuta, una comunità di
Abidjan, composta di musulmani divenuti cristiani, la
«Comunità del Libro», che
accompagna questi fratelli
dopo una conversione che
può essere dolorosa in quanto
si accompagna sempre a tensioni con la famiglia di origine, e spesso anche a difficoltà sul mondo del lavoro o
nella società.
Il contesto in cui abbiamo
lavorato, un centro d’accoglienza cattolico gestito da
suore francesi, ci ha offerto
una ospitalità attenta, simpatica, con una eccellente organizzazione (il Centro mons.
Chappoulie). Diversi fili si
sono intrecciati nel corso
dell’incontro: relazioni di
esperti, lavoro in gruppi, lavoro biblico. Non poteva
mancare un intenso incontro
al livello informale, nel tempo libero, e un incontro con
ia realtà locale, in modo particolare con la Chiesa metodista della Costa d’Avorio,
membro della Cevaa, il cui
presidente ha aperto e chiuso
i lavori, come presidente della chiesa ospitante.
Le relazioni
Le relazioni principali sono
state una introduzione sui cristiani di fronte all’Islam; una
relazione su Mohammad e il
cristianesimo (del suo tempo); una panoramica sull’Islam in Africa e una sulla
rinascita dell’Islam nello
stesso continente; una esposizione sulla Shari’a (la legge
islamica) a cura di un imam
di Abidjan; una relazione sulla teologia africana (o sarebbe meglio dire sulle teologie
africane); una riflessione sui
diritti delle donne (a cura di
una donna africana e di una
europea, con esperienza di la
Yamoussoukro (Costa d’Avorio): periferia della capitale
voro tra le donne sia musulmane che cristiane, anche in
incontri comuni); un intervento di un prete cattolico,
professore di teologia, sui
rapporti tra Chiesa cattolica e
IsIam; una presentazione, a
cura degli ivoriani presenti,
sulla coesistenza (tra le due
religioni) in Costa d’Avorio;
una tavola rotonda sul tema
«Missione-dialogo»; infine
un problema pratico, forse il
maggiore per la coesistenza
quotidiana, quello dei matrimoni fra musulmani e cristiani. Fuori programma, ma
non per questo meno interessante, una esposizione, a cura
di un pastore olandese, sui temi che nei nostri ambiti abbiamo chiamato «economia e
teologia», nel quadro dei rapporti tra Islam e cristianesimo; anche la potenza economica di entrambe le religioni svolge spesso un ruolo
ambiguo e pericoloso.
Il lavoro in gruppi
Il lavoro in gruppi si è
svolto in due tappe distinte.
Un primo momento di scambio di informazioni su quattro-cinque paesi (i partecipanti avevano avuto l’incarico di preparare un breve quadro dei rapporti tra Islam e
cristianesimo nei loro rispettivi paesi: nei gruppi si è approfondita questa panoramica), in un secondo momento
si sono affrontati temi specifici.
Personalmente ho scelto di
lavorare nel gruppo che si occupava di «Stato e religione»,
dove abbiamo esaminato i vari presupposti (stato confessionale «cristiano», stato
«islamico», stato «laico»; diritti umani nell’uno o nell’altro contesto; rapporti tra maggioranze e minoranze), per
giungere a conclusioni provvisorie molto pragmatiche a
favore del pluralismo (temperato dal concetto di «bene comune»), e della necessità di
una riflessione ulteriore sui
diritti umani, pur nella consapevolezza che un laicismo di
tipo nordico e occidentale e
concetti collaudati nella tradizione cristiana europea non
hanno lo stesso significato in
altri contesti.
Il lavoro biblico
Il lavoro biblico si è articolato in un momento di preghiera mattutino, seguito da
uno studio biblico che è stato
spesso molto ricco e pieno di
spunti, con molta animazione
e attualizzazioni che scaturivano con molta spontaneità
dal campo stesso. Parte integrante di questo programma
biblico la partecipazione, domenica 3 ottobre, al culto in
diverse chiese (metodiste) di
Abidjan e dintorni. Ho avuto
il piacere di predicare nella
chiesa metodista di Nouveau
Koumassi, in un quartiere di
Abidjan vicino all’aeropoito,
a una assemblea di forse un
migliaio di persone, con il
supporto di due splendide corali, una delle quali ci aveva
allietato con un suo concerto
la sera prima, nel Centro
Chappoulie, dove il segretario della Chiesa metodista me
l’aveva presentata dicendomi:
«Signor pastore, questa è la
sua corale!». Alla partenza,
all’aeroporto di Abidjan, un
gentile funzionario incaricato
del controllo dei passaporti
mi saluta cordialmente:
«Buongiorno signor pastore!
Ero tra i suoi parrocchiani
ieri, a Nouveau Koumassi!»\
nessun problema per visti,
dogana, imbarco... e l’occasione di inviare ancora un saluto alla comunità, proprio
sul piede di partenza...
E infine un incontro fortuito, per le strade di Yopougon,
fa, era nella «brousse», ora è
un paesone di ottocentomila
abitanti.
L’economia relativamente
buona della Costa d’Avorio
ha fatto sì che molti immigrati vi si trasferissero dai
paesi vicini: Guinea, Conakry. Mali, Burkina Faso.
Circa il 70 per cento degli
immigrati è musulmano, almeno per cultura. Dati che ci
vengono confermati nel seminario, nelle notizie che ci
danno quando si ha una panoramica sulla situazione religiosa in Costa d’Avorio.
37% musulmani (erano 20%
dieci anni fa), 20% cattolici,
17% animisti, 13% senza religione, 5% protestanti, 3%
altri, 4% baristi (da un missionario-profeta statunitense,
Harris) e, con una battuta che
abbiamo sentito ripetere più
volte, in sintesi, 100% animisti (musulmani e cristiani inclusi).
I contatti
«L’intemazionale valdese»
funziona sempre. Oltre ai pastori europei, che spesso conoscono i valdesi attraverso i
vari incontri ecumenici, il pastore Marinasy, dal Madagascar, mi chiede notizie dei
suoi connazionali in Italia, a
partire dai pastori Andriamitandrina. I togolesi mi chiedono notizie di Bony Edzavé.
Da Yaoundé il prof. Samuel
Zoe ricorda con affetto il collega Sergio Rostagno. La pastora Fotho, dal Lesotho, mi
Abidjan (Costa d'Avorio); bambini a scuola
dove gironzolavo con due
amici francesi. Una bimba del
paese mi guarda, mi chiede se
sono italiano, se sono un prete: conosce un gmppo di missionari cattolici (cinque suore
e cinque religiosi, alcuni preti, altri studenti in teologia)
che vivono a Yopougon da
due anni. Mi faccio accompagnare da loro, mi inviteranno
una sera a cena e qualche volta andrò da loro per bere un
vero caffè italiano (il caffè è
una delle maggiori risorse
della Costa d’Avorio, ma abitualmente lo beviamo confezionato da Nestlé e predisposto per il nescafé: gli italiani, ancorché in prevalenza
sardi e veneti, hanno la loro
brava napoletana). Scopro così una piccola comunità missionaria che non conoscevo,
la Comunità missionaria di
Villaregia (diocesi di Chioggia, provincia di Rovigo), con
quattro centri in Italia (uno in
Brasile, uno in Perù e uno in
Costa d’Avorio), e qualche
dato interessante sul paese.
Abidjan aveva un milione e
mezzo di abitanti vent’anni
fa, oggi ne ha più di tre (circa
sette milioni di abitanti in tutto il paese); Yopougon, non
distante dalla capitale, quando è stato fondato il Centro
Chappou 1 ie, venticinque anni
dà notizie di Laura Nisbet e
una lettera per i Nisbet in Italia.
Il rev. Haafkens, olandese,
consigliere generale del Srica, in Nairobi, sarebbe molto
interessato a un rapporto più
stretto sia con la Facoltà valdese di teologia, sia con la
chiesa francofona di Roma,
perché quanti dall’Africa
francofona desiderano approfondire i loro studi sull’
Islam sono indirizzati al Fisai
(Pontificio istituto di studi
arabi e di islamologia), di Roma, ma per i protestanti sarebbe estremamente utile essere in contatto con i protestanti italiani.
Infine i dipartimenti missionari svizzeri, che funzionano per aree linguistiche
(uno per le chiese della Svizzera romanda, il «Département Missionnaire», uno per
le chiese di lingua tedesca,
italiana e romancia, il Kem)
sarebbero molto lieti di collaborare con le chiese italiane
per quanto riguarda una riflessione sui rapporti tra
Islam e cristianesimo, e sarebbero interessati a chiedere
al pastore Giuseppe La Torre
di voler continuare ad occuparsi di Islam per le chiese di
lingua italiana di qua e di là
del confine.
Dal M
Burundi: il Cec contro il golpe
GINEVRA — In seguito a informazioni riguardanti il colpo
di stato avvenuto in Bumndi nella notte dal 20 al 21 ottobre, il
Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) ha chiesto al segretario
generale dell’Gnu, Boutros Ghali, di sottomettere immediatamente la questione all’attenzione del Consiglo di Sicurezza. In
una lettera firmata, il pastore Wesley Ariarajah, segretario generale aggiunto del Cec, esorta il Consiglio di Sicurezza «a
chiedere agli autori del colpo di stato di restituire al governo,
voluto dal popolo del Burundi, il potere che ha conquistato
legittimamente». Il pastore Ariarajah sottolinea che ogni tentativo di rovesciare con la forza il governo legittimo di una nazione rappresenta una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali. Aggiunge che il colpo di stato in Burundi può avere
conseguenze destabilizzanti per il paese vicino, il Ruanda, dove
un accordo di pace è stato negoziato di recente con la mediazione delle chiese del paese e con il sostegno della Conferenza
delle chiese di tutta l’Africa (Cela), dell’Alleanza riformata
mondiale (Arm) e del Consiglio ecumenico delle chiese.
Tanzania; Conferenza della
Federazione luterana mondiale
DODOMA — L’ ex presidente della Tanzania, Julius Nyerere, ha aperto il 12 settembre scorso la Conferenza della Federazione luterana mondiale sul tema «Un’Africa giusta?». Nyerere
ha lanciato un appello ai paesi dell’Africa affinché si facciano
carico del proprio sviluppo e non si lascino governare dalla politica della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (Fmi). Nel mese di ottobre la Chiesa evangelica luterana
della Tanzania ha festeggiato il centesimo anniversario delle
sue cinque diocesi del nord.
Slovenia: quale tipo di religione
nella scuola pubblica?
LUBIANA — I bambini sloveni frequentanti la scuola pubblica avranno un’ora di religione oppure semplici lezioni di
cultura religiosa? La Chiesa cattolica rivendica la prima ipotesi
mentre il governo intende seguire la seconda per via della laicità dello stato.
Konrad Kaiser: l'ecumenismo
deve essere ricostruito
PARIGI — «L ’ecumenismo è entrato oggi in una nuova fase
della sua storia. Deve intraprendere un gigantesco lavoro di ricostruzione». E quanto ha affermato il pastore Konrad Raiser,
segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec)
durante il suo incontro a Parigi con l’Associazione dei giornalisti dell’informazione religiosa. Secondo Raiser, il movimento
ecumenico deve oggi voltare una pagina della propria storia.
Per 40 anni la tensione Est-Ovest aveva nettamente dominato e
orientato le sue grandi preoccupazioni; tale tensione è oggi
scomparsa, ma tutto rimane da ricostruire. Tanto più che la tensione Nord-Sud, presa in conto dal Cec fin dagli anni ’60, è altrettanto forte e pesante della precedente. Finora, ha detto Raiser, il movimento ecumenico era animato da una visione globale e universalistica del mondo: «Occorreva superare, o prescindere dalle identità e dalle particolarità locali e regionali. Oggi
invece, proprio queste particolarità devono attirare tutta la nostra attenzione». Dieci o vent’anni anni fa, il processo di
secolarizzazione era ritenuto irreversibile. Oggi si rileva una
riapparizione improvvisa e importante del fatto religioso. «Bisogna capire e spiegare le radici di questo risveglio. Soprattutto
quando esso assume una dimensione politica come è il caso del
fondamentalismo». Le chiese storiche, protestanti e ortodosse,
erano finora i pilastri deH’ecumenismo; oggi il cattolicesimo è
un partner a tutti gli effetti. Inoltre le chiese evangeliche e pentecostali, soprattutto nei paesi del Sud, sono entrate in forza nel
nostro movimento; questo cambierà la natura dei dialoghi
dottrinali.
Slovacchia; verso la restituzione
dei beni ecclesiastici
BRATISLAVA — Il governo della Repubblica slovacca ha
presentato un progetto di legge per la restituzione alle chiese
dei beni ecclesiastici confiscati dal regime comunista. Le diverse comunità religiose recupereranno la maggior parte delle proprietà. Saranno escluse quelle che nel frattempo sono divenute
servizi sociali, scuole o zone naturali protette. Anche le proprietà che sono finite in mano privata non verranno restituite, fi
Parlamento dovrebbe approvare il progetto nelle prossime settimane.
India: lo statuto giuridico
dei cristiani
MADRAS — I cristiani in India hanno uno statuto giuridico
particolare: per diventare cristiano, un non cristiano deve abbandonare la legge tradizionale, detta «Legge indù», e adottare
una legge civile applicabile ai soli cristiani. Se un indù si fa
battezzare si separa legalmente dalla propria famiglia e non
può più ereditare dai propri genitori. L’Istituto luterano di Madras ha rivelato che in quella città più di 400.000 persone «credono in Cristo senza essere battezzate», leggono la Bibbia e celebrano il Natale ma non vogliono cambiare statuto sociale e
familiare.
3
venerdì 12 NOVEMBRE 1993
i*
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Viaggio nelle realtà complesse del Mezzogiorno italiano
Palermo^ costruire una speranza di vita
_________PIERA ECIDI________
Palermo bellissima, nella
sua grande conca vista
dal mare, città di colori, di
odori, di luce intensa trasparente come può esserlo solo il
cielo della Sicilia: giornate
pienamente estive di fine ottobre, struggenti per la loro
dolcezza. Un popolo fiero,
dignitoso, dolente, che ha nel
sangue la bellezza della sua
natura e della sua arte e la
tragedia della sua storia. È
quella bellezza antica del saper disporre i giardini in un
rigoglio di piante come a San
Giovanni degli Eremiti, o di
ordinare minuziosamente la
frutta, le trecce di aglio o di
rossi peperoncini,^il pesce, la
carne, persino le olive di ogni
forma e colore, il prezzemolo
e il basilico a ciuffetti, a piccoli mazzolini delicati sui
banchi del mercato della
Vucciria, in quel trionfo di
colori e di forme proprio come li dipinse Guttuso.
Il silenzio
chiuso del dolore
Ma in tanta bellezza, il silenzio chiuso del dolore del
Sud, come se ci fosse una
realtà interiore inesprimibile
a parole, che solo i suoi grandi artisti di ogni tempo hanno
saputo citare. E intanto, dai
vicoli e dai portoni, ti si para
davanti all’improvviso una
tuta mimetica, un mitra spianato. «Noi non ci facciamo
più caso», mi dicono: una
città presidiata, una città militarizzata, immobile nelle
sue ferite.
In questo dolore di Palermo c’è un popolo di formiche
che continua umilmente, ostinatamente, serenamente a
«costruire la speranza»: ogni
piccola cosa è infinitamente
difficile, esige una costanza,
uno sforzo e una fede quasi
immensi. In questo popolo i
credenti sono una larga parte,
e tra questi gli evangelici sono una piccola fetta, ma portano sulle loro fragili spalle il
peso di una testimonianza
imponente.
Il Centro diaconale
È il Centro diaconale «La
Noce», che vive per grazia di
Dio e per il lavoro e la solidarietà di molti, dalla fine
degli anni ’50, in uno dei
quartieri più «a rischio» della
città: «Il quartiere di Totò
Riina, per intenderci», dice il
pastore valdese Pietro Valdo
Panasela, il fondatore del
Centro che, per la sua ardente impronta di evangelizzatore, lo ha diretto insieme alla
moglie Pina fino all’83,
quando è subentrato il pastore metodista Sergio Aquilante con la moglie Lidia, che
hanno dato al Centro il respiro nel sociale e nel politico
elaborando indagini teoriche
del più noto meridionalismo
evangelico. Oggi è la la direzione è dei diaconi Marco
Jourdan, valdese delle Valli
ma reduce da lunghe esperienze diaconali al Gould e
alla scuola diaconale di Firenze, alla Casa valdese di
Roma, e Karola Stobaus, metodista ma originaria della
Chiesa unita tedesca, venuta
a lavorare qui da ormai quindici anni. Ciascuno ha dato il
suo amore, la sua appassionata dedizione e la sua impronta, tra infinite difficoltà
che ancora si ripropongono:
e non è forse un’idea che accomuna oggi Palermo alle
valli valdesi, quella di mobilitarsi per costmire un giardino? Quest’estate il giardino
era stata la proposta per ren
dere più vivibile agli anziani
gli spazi dell’Asilo dei vecchi di San Germano piantando gli alberi e i fiori della
cultura montana; qui ora è il
progetto di valorizzazione e
ampliare il piccolo agmmeto
esistente nel cortile dell’austero palazzone di cemento
armato, di «riprendere il concetto arabo-siciliano» di giardino chiuso, intorno al quale
si svolge la casa, come spiega Jourdan, di creare un porticato, di «rivalutare il patrimonio arboreo». Fondamentale per i giochi dei bambini,
che adesso vedo razzolare allegramente su ogni sorta di
girelli durante la ricreazione
(i cuccioli della scuola materna) mentre quelli delle
elementari stanno facendo un
gioco di gruppo nella palestra all’aperto. Intanto due
paperette, portate in regalo
dalla campagna dal pastore
Panasela, stanno scrollandosi
le penne dal bagno in una rudimentale vasca sotto gli alberi di limone. «E meglio costruire bambini che riparare
uomini»: questo il detto popolare inglese che il fondatore pose alla base della sua
opera. «Contro la cultura della mafia non basta la repressione - dice il pastore Panasela - è necessario di più,
molto di più: è necessaria la
scuola, l’educazione delle
giovani generazioni ed è necessario come cristiani dare
testimonianza dell’Evangelo,
dell’amore di Dio che libera.
Contro la cultura
della mafia
Noi dobbiamo contrastare
la mafia, come cristiani, ma
dare un accento diverso: non
guardare con disprezzo questa gente, che sono le prime
vittime. Io voglio stabilire un
rapporto con i detenuti
dell’Asinara: ho scritto una
lettera a Michele Greco, chiedendogli se voleva un colloquio con un pastore evangelico, perché ho saputo che ha
una Bibbia. La Chiesa cattolica adesso si sta impegnando
moltissimo, ma bisogna prima fare una confessione di
peccato. Per questo mi è piaciuto molto quello che ha fatto finalmente il Sinodo di
quest’anno».
La comunità alloggio
La forte apertura al sociale,
ai problemi della devianza
minorile è stata l’impronta
particolare data dalla direzione Aquilante, che aveva istituito una «comunità alloggio» per il recupero dei minori, di otto posti attualmente
purtroppo ridotti a quattro
per le gravi difficoltà economiche («Sono interamente a
carico del Centro - denuncia
Jourdan - è un costo troppo
pesante per noi»). Anche la
presenza di una consulenza
psicologica in tutto il lavoro
del Centro è stata una
«scommessa» della precedente direzione: «Sono qui
dall’84 - dice il dottor Gaspare Cusimano -, rappresento una sorta di memoria
storica. Da quest’anno cerco
di istituire un “servizio infanzia” trasversale, in tutti i
settori, attuando una maggiore responsabilizzazione degli
insegnanti rispetto ai bambini a rischio: quando un insegnante consegna un bambino
a un “tecnieo” dicendo “Non
ce la faccio più”, quella relazione è bruciata; io lavoro
sulla relazione insegnantebambino affinché diventi una
relazione “vera” e non mediata da altri né delegata ad
altri. Siamo di fronte a una
grossa mutazione sociale, subiamo i cambiamenti che
stanno avvenendo nella famiglia, nella chiesa e nella stessa mafia, che non mantiene
più il controllo della sofferenza sociale e i modelli psicologici e culturali. E quindi
un discorso complesso, ma
noi assistiamo a uno sbando
totale tra i minori, a una tragedia infinita».
Il Centro assiste un’area
ampia di bambini svantaggiati, circa il 30%: 19 sono i
bambini assistiti con borse di
studio lanciate lo scorso anno con una sottoscrizione
delle chiese evangeliche, 15
sono i bambini handicappati
gravi, inseriti fino alla quinta
elementare e seguiti da personale specializzato tra cui
tre volontari evangelici tedeschi e alcune giovani palermitane non evangeliche. Il
10% sono bambini extracomunitari, il 20% sono bambini assistiti dai servizi sociali
del comune.
Faccio un giro per le aule:
laboratorio di «educazione
all’immagine», per sviluppare la creatività con lavori di
grafica, di pittura, di ceramica: 4 classi di scuola materna
e 6 di elementari. I bambini,
con le loro faccine bianche e
«coloured», gli handicappati
davanti ai computer, non
sembrano affatto intimiditi
dall’arrivo di un’estranea durante le loro lezioni: «Che
fortuna, una giornalista!»
esclama una bambina di terza, dove stavano proprio imparando l’inglese giocando a
fare un’intervista, e vogliono
subito intervistare me. In una
quinta stanno studiando le
forme di governo nella storia
dei popoli: perbacco, mi
spiegano tutto sulla monarchia assoluta e il re Sole. In
un’altra quinta mi raccontano
la storia di Gulliver, che
stanno leggendo, e in una
quarta mi spiegano scienze,
togliendosi la parola l’un
l’altro per illustrarmi cose
complicatissime come «habitat» e «humus».
«Fare della diversità una
ricchezza - dice il direttore
Jourdan -: questo è il programma educativo del Centro o, per usare uno slogan:
siamo diversi, quindi è bello!». Non lasciamoli soli,
laggiù nella bellissima e difficilissima Palermo, a «costruire la speranza».
Il mercato della Vucciria
Il fenomeno immigratorio a Palermo
No alla clandestinità
CHRISTOF FROSCHLE
Oltre cinquanta immigrati,
associati al Centro immigrati e membri della chiesa
valdese e metodista a Palermo-Noce, nella gran maggioranza irregolari, si sono riuniti
il 10 ottobre nei locali del
Centro diaconale per un convegno su «Politiche migratorie europee a confronto» organizzato dall’Asef (Associazione siciliana emigrati e famiglie) in collaborazione con il
Centro immigrati.
Capire l’attuale fenomeno
dell’immigrazione come fase
storica delle democrazie europee, condizionato dagli ideali
illuministici e rivoluzionari:
questo il tema della relazione
di apertura di Alfonso Manocchio, seguito da un secondo
intervento (a cura di Ebbi
Taiwo, membro della comunità valdese e metodista alla
Noce e responsabile del centro
Intervista a Werner Krieg, responsabile della diaconia europea per il Diakonisches Werk
Continuiamo con la solidarietà
- Pastore Krieg, di che cosa si occupa attualmente il
Diakonisches Werk dell’Assia-Nassau?
«La nostra regione costituisce il 10% delle chiese
evangeliche della Germania,
con circa due milioni di
membri e 1.250 parrocchie.
Il Diakonisches Werk si occupa del lavoro sociale ecclesiale, sia regionale che
intemazionale. A Francoforte, dove ho sede, c ’è il centro
organizzativo della diaconia,
che coordina 30 “posti
distaccati" dove avviene il
lavoro sociale concreto: gli
ospedali evangelici, le case
per anziani, gli asili ecc.
Inoltre gestiamo vari consultori (per i tossicodipendenti,
per i giovani, ginecologici,
per le donne). Noi facciamo
una distinzione tra quello che
chiamiamo “lavoro chiuso"
e il “lavoro aperto" (ilprimo
è quello in una istituzione, il
secondo riguarda le consulenze). Nel “lavoro chiuso"
dell’Assia-Nassau lavorano
più di 20.000 dipendenti della diaconia ecclesiastica; nel
“lavoro aperto", circa 1.500
dipendenti».
- Un vero colosso, pastore
Krieg! E qual è il suo im
pegno specifico?
«Nel Diakonisches Werk ci
sono diversi reparti di competenza; io sono responsabile
del reparto “Ecumene”. Nel
mio compito ci sono due
aspetti: il primo è il lavoro
con i profughi e i rifugiati
politici, la consulenza sociale
per gli stranieri, l’assistenza
con borse di studio ai giovani
provenienti dal Terzo Mondo. Ho un bilancio di un milione di marchi l’anno, circa
un miliardo di lire. Un lavoro importante è quello che si
svolge fra i turchi, con i consultori per i giovani e le donne. Inoltre diamo aiuto finanziario a tutti coloro che sono
.stati perseguitati durante il
nazismo: abbiamo istituito
una casa di riposo vicino a
Francoforte per queste vittime».
- Qual è il secondo aspetto
del suo compito ecumenico?
«Si tratta del progetto Ica
“pane per il mondo": progetti di intervento sanitario,
di formazione professionale,
opere diaconali per il Terzo
Mondo, per l’Est europeo,
con un bilancio di 15 milioni
di marchi l’anno (circa 15
miliardi di lire). Ci sono poi i
rapporti con altre chiese co
me i valdesi, i fratelli moravi,
gli evangelici in Polonia, e
altre.
Durante la divisione delle
due Germanie poi, ogni chiesa di una regione era “gemellata” con una chiesa dell’
Est, e noi lo eravamo con
quella della Sassonia. Con la
riunificazione, ci siamo impegnati per la ricostruzione.
Dal ’90 tutte le chiese tedesche dell’Est fanno parte delle organizzazioni evangeliche
della Germania, ma ogni
chiesa della Germania ovest
dà un contributo alla cassa
centrale, che poi smista alle
chiese della parte est. Le nostre chiese contribuiscono
con 70 milioni di marchi annui (circa 70 miliardi di lire)».
- Pastore Krieg, lei scherzosamente si è definito un
«meridionale», perché la sua
regione è nel Sud della Germania. Qual è stato e quale
vuole essere l’impegno del
Diakonisches Werk per il
Sud dell’Europa e dell’Italia,
in un momento in cui sembrano prevalere gli egoismi e
i localismi?
«La tradizione di solidarietà è cominciata dagli anni
’60, con rapporti di .stima e
aiuto ai pastori Vinay per
Riesi e Panascia per Palermo. Soprattutto ci siamo impegnati per costruire il Centro diaconale La Noce, a cui
hanno partecipato le chiese
di tutta la Germania e quelle
della Svizzera.
Le chiese tedesche volevano uscire dall’isolamento degli anni ’50: nel dopoguerra
molti avevano partecipato alla costruzione di Agape, ma
in maniera non ufficializzata.
La Germania aveva ricevuto
molti aiuti dal Consiglio ecumenico e avendo ricevuto
questo, a nostra volta poi abbiamo aiutato gli altri paesi.
Così anche ci siamo impegnati, insieme ad altre chiese
europee, per il post terremoto, costruendo i Centri di
Monteforte in Irpinia, quello
«Emilio Nitti» di Napoli e poi
di Carlentini in Sicilia. Io
penso che oggi non dobbiamo scordarci il Sud nella
ricostruzione dell’Est: ci sono chiese molto povere anche
in Spagna, Portogallo.
Mi impegnerò perché il nostro volontariato in queste situazioni continui. È così che
si internazionalizzano le persone e si evita che ognuno
abbia i paraocchi».
di prima accoglienza di via
D’Angiò) sulla storia delle
leggi italiane attorno ai movimenti di popolazione a partire
da quella fascista del 18 giugno 1931 fino alla legge Martelli e oltre.
Divisi in gruppi di lavoro i
partecipanti hanno focalizzato
alcuni temi centrali in rapporto alla loro esistenza, facendo
delle affermazioni e delle proposte concrete in un documento conclusivo. Al fine di sconfiggere la piaga della clandestinità occorre un accesso
semplice e continuo al permesso di soggiorno e una sua
ampia utilizzazione: in base a
una serie di considerazioni desunte da esperienze di molti,
sembra più plausibile affidare
la gestione del permesso di
soggiorno a una amministrazione diversa da quella del
ministero dell’Interno.
Un altro gmppo ha lavorato
sulla tematica «lavoro, casa e
istrazione»: tra le esigenze più
evidenti appaiono la possibilità di frequentare corsi serali
di formazione e qualificazione
professionale, lo stanziamento
di fondi speciali per la promozione di cooperative, locazioni
a prezzo accessibile agli immigrati, alla pari dei cittadini
italiani meno abbienti, e l’attribuzione di un punteggio per
i concorsi all’assegnazione di
case popolari.
Anche per quanto riguarda
le politiche migratorie il convegno ha proposto alcuni principi per la legislazione: i paesi
di origine degli immigrati
hanno acquisito un diritto storico e morale alla cooperazione internazionale per lo sviluppo; tale diritto non sia considerato un alibi per politiche
restrittive della libera circolazione delle persone verso terre
diverse dalla propria patria:
occorre un’accoglienza che
metta sullo stesso piano il diritto-dovere all’uguaglianza e
il diritto alla diversità.
Qualche volta il puro caso
crea un insieme più bello di
ogni programmazione; così è
successo alla comunità della
Noce: al convegno è seguita la
festosa manifestazione dell’integrazione, già molto avanti
all’interno della comunità.
Domenica 17 ottobre è stata
battezzata Omolade, di un anno, figlia di Veronica Bole e
Vivian Wiwoloku, predicatore
locale e responsabile del gmppo africano. Una giornata comunitaria piena di gioia: il
culto è stato animato da inni e
danze africane ed è seguita
un’agape fraterna con menu
all’italiana.
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 12 NOVEMBRE I993
IL COMITATO ESECUTIVO DELL'UCEBI INFORMA
Qualche preoccupazione
per Riischlikon
In occasione del recente convegno sul
ruolo pastorale, il Comitato esecutivo si è
riunito nella giornata del 21 e nel pomeriggio del 24 ottobre in Santa Severa, presso il
Villaggio della gioventù.
Calendario
È stato stilato il calendario delle prossime
sedute, che è il seguente:
- 2-5 dicembre 1993 a S. Severa (è previsto rincontro con le istituzioni e con i dipartimenti);
- 25-27 febbraio 1994 a S. Severa;
- 22-25 aprile in sede da stabilire;
- 14 giugno a S. Severa.
Dimissioni e sostituzione
Il Comitato ha preso atto delle dimissioni
di Giovanni Arcidiacono, tese a risolvere il
problema dell’incompatibilità fra la sua
funzione di consulente dell’Unione e la sua
qualità di membro del Comitato dell’ente
patrimoniale, ringraziandolo vivamente del
suo attivo contributo. Al suo posto è stata
chiamata la prima dei non eletti fra i non
pastori. Tea Tonarelli.
Presenza battista italiana in Albania
Il Comitato ha esaminato due relazioni
del past. Saverio Guama sul suo lavoro in
Albania e ha preso atto con molta gioia delle notizie sui progressi della missione battista in Tirana. La presenza di un pastore italiano in Albania è una scelta fatta dal Comitato in linea con Tatto n. 30/1G/92, che
riteneva l’Unione impegnata nella missione
a motivo degli «stretti legami di contiguità
geografica, storica e culturale» con l’Italia.
Considerato il grande bisogno di pastori
nelle chiese battiste italiane, si è trattato di
un grande sacrificio, che è stato fatto però
di buon grado, anche in considerazione della delibera dell’Assemblea generale del
1992, che ha indicato nell’Albania la destinataria dell’iniziativa Agape 1993-94. È
stato deciso che il presidente si rechi a visitare la missione per vedere di persona il
procedere dell’impegno e per portare concretamente la solidarietà dei battisti italiani.
Sistemazione dei dipartimenti
Il Comitato, ascoltata la relazione del pastore Domenico Tomasetto che ha confermato il parere positivo degli interessati, ha
approvato il progetto logistico definitivo di
sistemazione dei sue dipartimenti a Roma
in via della Bella Villa 31. Si spera che i lavori possano essere ultimati entro il 1993,
in modo che con Tanno nuovo i dipartimenti, che disporranno oltre che del segretari e di coloro che già vi lavorano, di un
impiegato, possano iniziare i loro lavori
nella nuova sede comune.
Consiglio dell'Ebf in Moldavia
Il Comitato ha ascoltato e discusso
un’ampia relazione del past. Benedetti, che
ha rappresentato il presidente al Consiglio
delTEuropean Baptist Federation, che si è
tenuto a fine settembre a Kishinev in Moldavia. Particolare attenzione è stata data al
progetto di rilocazione del Seminario teologico battista di Riischlikon, sul quale non è
stata ancora presa una decisione definitiva.
Le ipotesi che vengono fatte vanno dal trasferimento in Inghilterra con conseguente
trasformazione in istituto per laici a un trasloco in una sede molto più a Nord.
Il Comitato ha espresso la sua viva
preoccupazione per tale notizia, che priverebbe le Unioni battiste sudeuropee di un
punto di riferimento irrinunciabile. E stato
deciso in conseguenza di produrre valide
proposte, che possano essere offerte alla
Federazione europea in cambio delle ipotesi ora sul tappeto e che tengano conto delle
esigenze della parte meridionale della Federazione, che comprende anche (è bene ricordarlo) alcune Unioni del Medio Oriente
e del Nord Africa.
Intervista al pastore luterano Lino Lubiana, di Rijeka (Fiume)
[^vangelo tra le tensioni
MILENA MARTINAT
PIERVALDO ROSTAN
Con l’inverno ormai vicino, in una Fiume (o meglio Rijeka) in cui i segni di
una guerra che va avanti da
ormai tre anni non sono evidenti ma si possono cogliere
nella presenza massiccia di
militari, nei profughi in giro
per la città, nei grandi supermercati per lo più vuoti, incontriamo il giovane pastore
luterano Lino Lubiana.
La sala delle riunioni è nello scantinato di una palazzina
nel centro di Rijeka, non manca l’umidità ed è di non facile
accesso per chi frequenta il
culto, in particolare gli anziani; ma questo locale è anche il
punto di partenza e di distribuzione per gli aiuti alle famiglie più bisognose.
Qualche centinaio di metri
più in là un semplice ma luminoso ufficio, ben attrezzato
grazie all’aiuto delle chiese
norvegesi da cui proviene il
pastore Lubiana. Dopo aver
lavorato due anni a Zagabria,
dove ha imparato il croato,
Lubiana ora presta servizio in
questa piccola comunità. «Appena arrivato mi trovai davanti due obiettivi: riorganizzare la vita comunitaria, visto
che da anni qui non vi era un
pastore, e portare aiuti umanitari. Abbiamo deciso di organizzare gli aiuti sotto forma
di pacchi-famiglia; ne consegniamo due al mese a un
centinaio di famiglie: si tratta
per lo più di profughi dalla
Bosnia o dalla stessa Croazia.
Ci sono peraltro anche molti
casi sociali; qui, dopo la caduta del comunismo, il cittadino deve fare i conti con paghe
molto basse».
Il pastore Lino Lubiana a colloquio con il pastore Renato Coisson di
Trieste
- Può aggiungere qualcosa
sulla comunità di cui è pastore?
«In due anni abbiamo incontrato circa 40 pensane battezzate in chiese luterana o
evangelica, mentre all’inizio
le persone conosciute erano
veramente pochissime. C’é
poi un elevato numero di persone che non sono mai state
battezzate, ma che ora cercano un contatto, un confronto
con la Parola dell’Evangelo.
Avendo avuto anche esperienze ad Ovest posso dire che
lì la situazione mi sembra
molto più “bloccata”: c’è chi
è molto attivo e chi è un credente debole; qui c’è molto
più movimento e interesse. Ci
sono anche persone arrivate
dall’Ungheria o da altre zone
dell’Est. La guerra non coinvolge direttamente la città, ma
non è lontana; molti hanno figli o nipoti sul fronte di com
Una delegazione della Federazione giovanile evangelica si è recata in Albania dal 7 al 14 ottobre
^entusiasmo per un mondo totalmente nuovo
DANIELA RAPISARPA
La pubblicità spesso fa
male, questo si sa, ma
qualche settimana fa mi ha
fatto particolarmente male.
Mi trovavo a Tirana, ospite a
pranzo di una simpaticissima
ragazza albanese. Della musica popolare trasmessa dalla
radio e la televisione sintonizzata su Rai due facevano da
sottofondo al nostro pasto.
Tra un boccone e l’altro, una
parola in italiano e una in inglese, il mio .sguardo si è posato sullo schermo e non ho
potuto fare a meno di constatare, tristemente, quale contrasto ci fosse tra le case dei
mangiatori di risotti, sofficini
e via dicendo, e l’ambiente
che mi circondava; tra la
realtà pre.sentata dalle reti televisive italiane, alle quali gli
albanesi sono particolarmente
affezionati e la realtà in cui
essi vivono ogni giorno.
Ogni qualvolta ci trovavamo a conversare con qualcuno, prima o poi saltava fuori
la tv italiana, i programmi televisivi italiani, il mito
dell'Italia, il sogno di molti
che è quello di venire in Italia. Sembravano sapere tutto
dell’Italia. E quando chiedevamo: «Come fai a sapere che
è così?» ri.spondevano: «L’ho
visto in televisione». Certo
che se ci valutano dai prelibatissimi bocconcini per cani e
gatti, splendidamente confezionati...
Sono stata in Albania dal 7
al 14 ottobre, in quanto parte
di una delegazione della Federazione giovanile evangelica italiana. Questo è stato il
secondo viaggio di una delegazione Egei nell’ottica della
costruzione di una serie di
rapporti di scambio con un
paese di forte emigrazione
verso l’Italia. Uno degli scopi
del nostro viaggio era incontrare un gruppo di giovani ortodossi/e. A tale fine si è tenuto un convegno di tre giorni, durante il quale i giovani
albanesi ci hanno parlato della storia e della situazione politica e sociale in Albania, e
soprattutto del modo in cui
essi vivono la fede.
Sicuramente gli albanesi vivono una realtà caratterizzata
da forti contraddizioni. Innanzitutto quella tra la realtà che
vivono e quella che sognano,
il contrasto tra il presente in
via di democratizzazione e un
passato segnato dalla dittatura
che ha lasciato forti strascichi. Evidente è il contrasto tra
pochi ricchi e moltissimi poveri, nella città di Tirana, co.sì
come è evidente il contrasto
tra la vita che si svolge a Tirana stessa e in poche altre
città e la vita che si svolge
nelle campagne. Ma fra gli albanesi che abbiamo conosciuto, quelli con cui abbiamo
condiviso una settimana sicuramente significativa, ci ha
colpiti l’entusiasmo, la consapevolezza di vivere un momento totalmente nuovo, il risveglio dopo un brutto sogno.
Di loro ci ha colpiti la voglia
di impegnarsi totalmente nel
La chiesa ortodossa di Tirana
la costruzione di una realtà
nuova.
Una delle sfere che gli albanesi vivono con particolare
entusia.smo è quella della fede. L’Albania, per decenni, è
stata ufficialmente atea. Bandita ogni religione, proibita la
celebrazione di qualsiasi culto, punito anche il semplice
possesso di una Bibbia. Ci
hanno parlato con orgoglio di
una fede capace di sopravvivere a una durissima repressione, dell’impegno con cui
conducono la loro evangelizzazione, del lavoro concreto
portato avanti nella realtà che
li circonda, del desiderio di
non essere isolati, il desiderio
di potere condividere con al
tri/e credenti la loro esperienza di fede.
A nostra volta abbiamo parlato dell’Italia sotto l’aspetto
storico, politico, economico,
religioso. Abbiamo parlato
del protestantesimo e della
Egei. Ci è sembrato importante descrivere l’Italia sotto
gli aspetti che i programmi
della tv certamente non presentano.
Altra tappa importante del
nostro viaggio è stata la visita
alla Missione battista. Ci hanno descritto i progetti che la
Missione porta avanti (Riforma n. 38) e abbiamo discusso
delle possibilità di lavoro comune e del contributo che la
Egei può dare alla Missione.
Un possibile contributo è stato individuato nell’organizzazione di campi di lavoro finalizzati alla costruzione o ristrutturazione di edifici secondo le esigenze che si presenteranno. Altro nostro contributo potrebbe essere il fare
da tramite nei rapporti tra la
Missione e i re.sponsabili della Chiesa ortodossa.
Tramite la Missione battista
abbiamo preso contatto con
una scuola media superiore.
Ci siamo offerti di indi-viduare in Italia una scuola disposta ad instaurare una sorta di
gemellaggio. Ci siamo anche
impegnati, per quanto rimane
nelle nostre possibilità, a inviare materiale didattico. Per
tutto il nostro soggiorno in
Albania siamo stati ospiti delle famiglie dei giovani ortodossi che hanno partecipato al
convegno. Questo ci ha permesso di vivere più direttamente la realtà albanese e, anche se minimamente, di condividere la vita dei nostri amici e delle nostre amiche. Ci ha
anche consentito di sperimentare la loro straordinaria ospitalità. Più volte ho constatato
come i nostri ospiti fossero
disposti a dare al di sopra delle loro possibilità economiche. I loro gesti sono stata la
risposta al nostro progetto di
instaurare rapporti tra eguali
eliminando ogni connotazione
di assistenzialismo. AI nostro
andare loro incontro, al nostro
dare, ha fatto riscontro un ricevere al di là di ogni nostra
aspettativa.
battimento, sembra quasi che
questo clima di profonda incertezza e insicurezza avvicini
la gente alla ricerca spirituale».
- E il governo, come vede
l’attività delle chiese?
«C’è una certa libertà; abbiamo potuto riorganizzare la
vita comunitaria liberamente.
Bisogna poi aggiungere che il
governo è molto grato per gli
aiuti umanitari ricevuti tramite le chiese, anche evangeliche».
- Sembra questa una guerra
più assurda, se possibile, di altre; sembra di trovarsi di fronte ogni tanto a segnali o aspettative di pace, poi tutto ripiomba nell’incertezza, e intanto si avvicina un altro inverno...
«Il fronte è sempre stabile;
ma la vita scorre nella più assoluta incertezza: le madri temono di giorno in giorno che
saranno i loro figli a essere
chiamati ai combattimenti.
Nello stresso tempo è chiaro a
tutti che finché durerà la
guerra qui nessuno verrà a fare alcun tipo di investimento
economico, cosa di cui ci sarebbe grandemente bisogno.
Ecco che fra la gente si fa
strada un profondo pessimismo: mancano, ad esempio, i
materiali per la scuola».
- Gli aiuti arrivano, i contatti sono spesso diretti con
comunità in Germania, in Austria, in Italia; operano poi in
stretto contatto con le piccole
comunità evangeliche in Croazia organizzazioni internazionali. Ma oggi qual è, secondo lei, la vera necessità
per le popolazioni di questa
zona? come intervenire?
«Io credo che nelle nostre
città ci sia attualmente un
gran numero di famiglie che
non hanno praticamente nulla, nemmeno da mangiare regolarmente o dei cappotti per
affrontare l’inverno. Dalla
chiesa di Zagabria .stanno arrivando pressanti richieste, ad
esempio, per delle stufe».
Sono queste alcune conseguenze di una guerra che appare sempre più assurda, che è
capace di utilizzare differenze
religiose come giustificazioni
di problemi etnici e semplicemente economici; un conflitto
che riesce a spaccare famiglie
«miste» che fino a qualche
mese prima convivevano in
quella quotidianità che oggi è
invece travolta.
PROTESTANTESIMO
INW.
’ - Ooffl«ft?ca 14 novembre
or« 23,30 circa - Raidue
Rep/to hnec^ 22 novembre
ore 9^30 circa - Ra/due
Altraitia:
la lede in libertà
5
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Chiesa battista di Roma-Montesacro: testimonianza di una neobattezzata
C'è bisogno di un rinnovamento spirituale
_______SILVIA 2ERBINATI______
9 è bisogno di un rinnovamento all’interno della nostra comunità,
c’è bisogno di stimoli nuovi
che ci per- mettano di ritrovare quell’entusiasmo caratteristico dei neobattezzati, non ci
possiamo arrendere e farci
travolgere da questa atmosfera così spenta, così rilassata
che ci rende pronti a rinunciare a tutto non appena ci si
presenti un ostacolo!». Queste parole hanno fatto sì che
la comunità battista di Montesacro si rendesse conto di
aver bisogno di un aiuto valido per poter ricominciare a
vivere, per potersi fortificare
nel Signore, per poter «rinfre
scare e consolidare» quei fondamenti da tanto accettati, ma
resi sfocati dal tempo.
Assistevo a quell’assemblea di chiesa, nella quale si
prese la decisione di chiedere
la disponibilità di Piero Sensi, con curiosità e stupore, in
quanto molto diversa dalle
solite e, a mio avviso, molto
più interessante, dal momento
che si stava decidendo qualche cosa che mi vedeva coinvolta in prima persona. Si era
creata un’atmosfera stupenda
e rincuorante dove tutti, così
eccitati, sembravano ricordare dei bambini in attesa
dell’arrivo di Babbo Natale e
con lui del regalo da tanto atteso.
Questo regalo per la comu
nità cominciò a concretizzarsi
i primi di ottobre. Si era deciso di cominciare a predisporci all’intervento di Dio, incontrandoci tutte le mattine, a
partire dal 4 ottobre, in chiesa, per pregare e chiedere al
Signore di aprirci le orecchie
e i cuori. Un’atmosfera straordinaria si venne a creare e,
in quell’ora del mattino, la
presenza di Dio era percettibile in mezzo a noi e tutti ci
sentivamo veramente ricolmi
dello Spirito Santo: si accantonavano in quei momenti
tutti i problemi della vita e le
difficoltà quotidiane e si gioiva dello stare insieme. Abbiamo ricevuto grandi benedizioni, abbiamo cercato e trovato il tempo per riunirci a
Nella Chiesa battista di Torino-via Passalacqua
Quattro nuovi battesimi
FRANCESCO CASANOVA
Centosettanta? Duecento
persone? Difficile dirlo.
Il tempio della chiesa battista
di via Passalacqua era letteralmente gremito in occasione del culto battesimale del
pomeriggio del 31 ottobre.
L’aver scelto il 31 ottobre come data dei battesimi, di pomeriggio, non è stato un caso. È stato un modo significativo di ricordare la Riforma
protestante (ma anche la Domenica delle vocazioni delle
chiese battiste) insieme a fratelli e sorelle di altre chiese,
di altre denominazioni.
Tre i battezzati: Martino
Girolami, catecumeno giovanissimo e diligente; Roberta
Repetto Aimo, proveniente
dal cattolicesimo; Rebeca Lezama, giovane immigrata peruviana, di famiglia evangelica.
Il culto, ricco di canti, preghiere e testimonianze, ha
evidenziato (come se ce ne
I catecumeni Roberta Repetto,
Rebeca Lezama e Martino Girolami
fosse ancora bisogno) l’abbondante e variopinta presenza protestante dell’area torinese. Siamo veramente in
tanti che come vetri colorati e
di diversa forma facciamo
parte di un’opera d’arte alla
gloria del Signore quando il
sole dello Spirito Santo esalta
il colore, la forma e la grandezza dei ministeri di ciascuna chiesa.
Il testo scelto per la predicazione è stato Calati 6, 15:
«Tanto la circoncisione che
l’incirconcisione non sono
nulla; quello che importa è
l’essere una nuova creatura». È stato ricordato come
«in Cristo» tutto, ma proprio
tutto, è ridimensionato, relativizzato, riordinato al suo giusto posto. Anche il battesimo
d’acqua, per quanto importante e significativo, è soltanto il primo passo sulla via
dell’ubbidienza a Dio, è
l’espressione esteriore di ciò
che Dio ha compiuto in Gesù
Cristo morto e risorto.
Perciò il battesimo ha senso soltanto a condizione che
sia preceduto da una consapevolezza di fede nel Cristo
morto duemila anni fa e Signore della chiesa e della storia d’oggi. Per la fede in Cristo (e solo per essa) l’immersione nell’acqua rappresenta
il passaggio dalla morte alla
vita, dal peccato all’ubbidienza.
Il battezzato non fa nulla,
semplicemente riceve un segno che gli ricorderà per tutta
la vita ciò che Dio ha compiuto per lui/lei. L’opera di
Gesù Cristo e del suo Spirito
Santo (e non del battesimo)
«crea una palizzata divisoria
tra il credente e il mondo di
modo che il mondo nella sua
valenza negativa e nel suo
potere contrario alla volontà
di Dio è estromesso dalla vita del credente, e questi, a
sua volta, non esiste più per
il mondo» (B. Corsani).
La bella esperienza del culto interdenominazionale di
domenica 31 ottobre ripropone a tutte le chiese evangeliche dell’area torinese quanto
da molti auspicato già da diverso tempo: perché non dedicare una domenica pomeriggio ogni mese a un culto
interdenominazionale organizzato, a turno, da ciascuna
chiesa ospite? Una proposta
di difficile realizzazione, certo, ma di grande opportunità
per l’evangelizzazione e la
testimonianza, ma anche per
la conoscenza reciproca, un
lavoro comune e l’interscambio dei carismi della «svariata grazia di Dio».
persone che si erano allontanate dalla comunità, condividendo con loro questa pienezza interiore.
Il giovedì sera ha avuto
luogo il primo incontro col
pastore Bensi e l’inizio di una
serie di predicazioni che ci
avrebbero accompagnati fino
al culto di domenica 10 ottobre. Dopo una settimana di
arricchimento teologico, ma
anche e soprattutto spirituale,
i miei occhi furono liberati da
quel velo che appannava i
miei orizzonti e la decisione,
peraltro già presa, di essere
battezzata fu per me il
completamento di un’esperienza veramente indescrivibile.
Durante quella domenica
•sono stata testimone e protagonista di quanto fossero stati
di benedizione quei momenti
trascorsi insieme. Al battesimo sono intervenute numerose persone e per ognuna fu il
banco di prova per sperimentare e mettere a frutto ciò che
ci aveva arricchiti in quella
settimana. Ora mi rendo conto del significato profondo di
quel cantico che recita:
«Guarda come è bello, è bello
sì, che i fratelli stiano insieme
nel Signore» e ringrazio Dio
di avermi dato la possibilità
di godere di tale esperienza.
Il battesimo di Silvia Zerbinati
Chiesa valdese di Forano
Riprendono le attività
Fare teologia a Agape
«Fare teologia ad Agape oggi» è stato il tema dell’incontro organizzato dal Centro
ecumenico di Agape nei giorni 29-31 ottobre, a cui hanno
partecipato circa settanta persone coinvolte nella ricerca
teologica. Introdotto da tre relazioni di Daniele Bouchard,
pastore valdese a Vasto («Le
nostre immagini di Dio»), di
Letizia Tomassone, direttora
di Agape («Il pensiero della
differenza sessuale e le teolo
gie femministe») e di Franco
Barbero, presbitero della Comunità di base di Pinerolo
(«La teologia cristiana di fronte alle altre religioni e alla spiritualità»), il convegno ha discusso i temi delle relazioni,
ha riaffermato l’importanza di
una ricerca di fede che si confronti con la lettura biblica. Le
relazioni e i risultati del dibattito saranno pubblicati sui
prossimi numeri della rivista
«Gioventù evangelica».
Domenica 10 ottobre l’assemblea della Chiesa valdese
di Forano, con buona partecipazione numerica, ha provveduto al rinnovo parziale del
Consiglio di chiesa. In sostituzione di Mauro Scarinci
(che non poteva più essere
rieletto per compiuto quindicennio) e di Paolo Scarinci
(che non accettava una rielezione) sono state elette Claudia Claudi e Marta Pazzaglia Floridi. Sono state riconfermate per un altro quinquennio Rina Di Mauló Zaccaretti e Sabina Terribili
Stefanini. La settimana seguente il Consiglio, nella sua
prima riunione, ha nominato
presidente Helga Stirenberg
Di Bernardini e Anda Angelini Balducci vicepresidente.
Abbiamo colto l’occasione
di questi incontri per ringraziare di cuore Mauro Scarinci, che è stato presidente per
questi ultimi anni con viva
partecipazione, e Paolo Scarinci che, oltre a essere membro del Consiglio, ha fatto
parte per alcuni anni del Consiglio di circuito.
Sabato 16 ottobre, in una
serata comunitaria iniziata
con un’agape fraterna, la nostra deputata al Sinodo, Helga
Stirenberg, ha raccontato le
sue impressioni, piene di colore, e ha riferito sulle decisioni che il Sinodo ha preso.
Durante il culto del 19 settembre un numeroso gruppo
di membri della Chiesa evangelica della Renania, accompagnati dal prof. Ricca e dal
pastore Nölle, ha permesso
uno dei tanti momenti di confronto italo-tedesco. Dopo il
culto, un’agape fraterna e
momenti intensi di comunicazione e di reciproca informazione hanno arricchito la
giornata.
Ringraziamo Doriana Balducci, Emanuele Fiume e Pino Sacco che tra la fine
dell’estate e l’inizio dell’autunno hanno sostituito il pastore presiedendo il culto comunitario
Domenica 3 ottobre è stata
battezzata Sara Sciarrini, figlia di Alfio e di Laura Carapacchio.fe.r.)
Hai fatto
l’abbonamento
SIHÜÄiKiB
RIFORMA?
SAN GERMANO — Sabato 9 ottobre il Concistoro si è riunito quasi al completo a Torre Pellice per esaminare con un
lasso di tempo più lungo del solito i vari problemi di ordine
spirituale che spesso un Consiglio di chiesa deve affrontare.
L’incontro è stato proficuo e ognuno dei partecipanti è stato
d’accordo di ripetere l’esperienza. Altri due simpatici incontri sono stati quelli di venerdì 22 e sabato 23. Nel primo
i membri del Concistoro hanno ascoltato con vera commozione la lettera loro indirizzata da Dina Rochon e dai coniugi Barbara e Franco Serravalle, con la richiesta di entrare a far parte della Chiesa valdese dopo aver frequentato
un breve corso sui principi fondamentali del protestantesimo: li abbiamo accolti con profonda gioia durante il culto
di domenica 7 novembre. Il sabato sera il Concistoro ha
avuto la visita del Consiglio di chiesa di Pailly (Svizzera) e
del suo pastore, in tournée alle valli. Dopo una cena in comune, durante una chiacchierata veramente «in famiglia» i
due Consigli si sono brevemente scambiati le loro esperienze parlando anche dei loro problemi.
• La famiglia Bleynat è stata nuovamente colpita dal lutto: a
poca distanza dalla dipartita del figlio, Oreste Bleynat ha
terminato la sua esistenza terrena all’età di 85 anni. A tutti i
suoi cari giunga l’espressione della solidarietà e della cristiana simpatia della chiesa, (g.g.)
MEANA di SUSA — Mercoledì 27 ottobre, presieduto dal pastore Emmanuele Paschetto, si è svolto il funerale della sorella Lea Allosio, di 82 anni, da diversi anni non più residente a Meana. La sorella Allosio apparteneva ad una delle
famiglie fondatrici della nostra comunità.
ANGROGNA — Sabato 30 ottobre, nel tempio di Pradeltomo,
si sono uniti in matrimonio Daniela Bonnet, della nostra
comunità, e Wilhelm Bonato. Siamo vicini con tanto affetto a questa giovane coppia che andrà a vivere alla Revellera
e invochiamo su loro e su tutti i loro cari la benedizione del
Signore.
• Nel pomeriggio di domenica 31 ottobre abbiamo sepolto
nel cimitero del capoluogo il corpo di Luigi Long, mancato
a soli 52 anni dopo un anno e mezzo di una terribile malattia che lo ha letteralmente divorato nel fisico e nella mente.
Siamo vicini con affetto alla mamma di Luigi, Margherita
Armoni, ospite da tanti anni dell’Asilo di S. Giovanni, al
fratello Paolo e a tutti i parenti e amici.
RORÀ — Le attività della chiesa sono iniziate con la giornata
comunitaria del 17 ottobre: vogliamo ringraziare Rosa, Bruna, Olga e i vari collaboratori per l’ottimo pranzo preparato.
Ricordiamo i vari appuntamenti per quest’anno: martedì sera si ritrova il gruppo giovani sotto la guida di Massimo
Long; il giovedì sera si ritrova la corale che ha potuto riprendere la propria attività grazie alla collaborazione di
Luisita Buffa; la Filodrammatica si è già ritrovata e dovrà
decidere definitivamente la sera settimanale di ritrovo.
• Ricordiamo anche, oltre alle due serate quindicinali di un
corso da programmatore di computer, l’inizio di un corso di
ginnastica di mantenimento con cadenza bisettimanale: il
lunedì e il giovedì alle ore 20 nella sala delle attività. La
partecipazione è aperta a tutti e vi aspettiamo numerosi.
• Il gruppo donne, con la ripresa dei suoi incontri, ha promosso un’iniziativa rivolta a tutte le rorenghe in vista del
bazar del 15 agosto prossimo: si tratta di partecipare con lavori manuali e di offrire materiale (stoffa o lana) per confezionare vestiti. Ci troveremo il 16 e il 30 novembre per discutere e organizzare il tutto.
PRAROSTINO — Il 10 ottobre scorso Nadia Combe e Emilio Pegoraro si sono uniti in matrimonio nel tempio di San
Bartolomeo; a questa giovane coppia l’augurio di procedere
nel suo cammino con l’aiuto costante di Dio.
• Rinnoviamo la nostra cristiana simpatia ai familiari di Elsa Balestra ved. Paschetto e di Angelica Gay ved. Roc, i
cui funerali sono stati celebrati rispettivamente il 2 e il 13
ottobre scorso.
POMARETTO — Gli auguri della comunità vanno a Armando Barai e Lorena Breusa per la nascita di Alan, e a Manrico Refoum e Edy Ribet che hanno presentato al battesimo il
piccolo Simone. Possano questi due bambini crescere sotto
la costante guida dello Spirito del Signore.
• L’Evangelo della speranza è stato annunciato in occasione
del funerale della sorella Adelina Pons ved. Prandini, deceduta presso l’Ospedale valdese all’età di 88 anni. Ai familiari nel dolore la simpatia cristiana della comunità.
• Da domenica 7 novembre i culti riprendono nella sala del
teatro.
TORRE PELLICE — Domenica 31 ottobre abbiamo avuto la
gioia di accogliere come nuovo membro della nostra chiesa
la sorella Idana Vignolo. Nel pomeriggio un buon numero
di persone si è recato all’Inverso, rispondendo all’invito per
una «castagnata». Questo è stato per quest’anno l’ultimo
dei pomeriggi comunitari presso le scuolette, simpatiche
occasioni di ritrovo, di riflessione comune, di lotterie o di
acquisto di prodotti locali, organizzate con cura dagli abitanti dei vari quartieri.
• La comunità è riconoscente al pastore Giorgio Toum che
ha presieduto il culto del 24 ottobre.
• Nel corso delle ultime settimane sono stati presentati al
battesimo i piccoli Astrid Fiorio, Martin Rivoira, Matteo
Bolla, Sara Bertin, Dennis Mauro. Sono stati celebrati i
matrimoni di Alessandro Boasso e Cristina Gönnet, Vaiter Ricca e Sandra Armand-Hugon, Marco Perassi e
Nadia Poét, Andrea Giordan e Manuela Geymonat. La
benedizione del Signore sia su questi bambini e su questi
nuovi nuclei familiari.
VILLAR PELLICE — In queste ultime settim^e alcuni neonati sono venuti ad allietare altrettante famiglie; Alex, di
Antonio Gavina e Bettina Lazier; Daniela, di Natalino Catalin e Desi Ayassot; David, di Ileana Rostan; Simone, di
Gianfranco Bleynat e Anna Rosa Schweizer; Nicolò, di Roberto Rocca e Cristina Gönnet. Felicitazioni ai genitori, un
caloroso benvenuto ai neonati e a tutti l’augurio di ogni benedizione del Signore.
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della
venerdì 12 NOVEMBRE 1993
UNA STORIA
DI LIBERAZIONE
LUCIANO DEODATO*
Cpe sorelle, cari fratelli
in Cristo, anche la nostra
è storia di liberazione; per
ognuno la parola di Dio è
suonata e suona come una
chiamata alla libertà.
Vorrei però cercare di leggere con voi la storia dell’ospedale seguendo la falsariga
della grande storia dell’Esodo. Potremmo certo adottare altri criteri di lettura e vederla come una storia giunta a
conclusione positiva grazie
all’intelligenza, alle intuizioni, alla costanza, alla speranza
tenace, soprattutto all’ amore
e in parte forse anche alla fortuna di persone come Teofilo
Santi e, insieme a lui, di una
schiera incalcolabile di persone, grandi e piccole, che hanno creduto in questa impresa,
l’hanno sostenuta con la preghiera, con il lavoro, con il
proprio denaro. Ma se così facessimo, commetteremmo
una grossa ingiustizia: Teofìlo e Fabio Santi, Vincenzo
Nitti, Gaspare Asprino Ricci,
Achille Deodato, il dr. Kelermann e il dr. Yergin e tutti,
tutti gli altri che fin dall’inizio e poi man mano sono stati
presenti in questa impresa;
tutti costoro, dico, hanno lavorato, sofferto, gioito perché
mossi non già dalia ricerca di
se stessi, ma in risposta a una
chiamata: «Amiamo - scriveva l’apostolo - perché egli ci
città che si sono succeduti
negli anni successivi e che
fecero di tutto per ostacolare
la costruzione dell’ospedale?
Il terzo concetto è l’Egitto:
una terra straniera dove, anche se c’è il cibo, manca la
libertà; ma, soprattutto, l’Egitto è uno spazio chiuso, privo di prospettive per il futuro, incapace di rinnovamento, dove il nuovo viene
guardato con sospetto perché
rischia di incrinare l’ordine
esistente. E dunque necessario uscire daH'Egitto se si
vuole andare verso l’avvenire. Insomma, rompere il cerchio della rassegnazione e,
per fede, vedere una terra
nuova.
Rompere il cerchio
della rassegnazione
Le chiese evangeliche ruppero il cerchio della
rassegnazione se già nel 1882
cominciarono a raccogliere
denaro per ospedale e se poi,
pur accusando il colpo dello
«scippo» operato dal fascismo, continuarono a coltivare
il loro sogno. Chi lo portò
avanti? Come spesso succede, la storiografia ufficiale ha
difficoltà a ricordare i nomi
dei testimoni, dei resistenti.
Eppure, anche nei periodi più
bui, c’è sempre un posto in
cui brilla un lume. È stato co
«Ascolta, Israele: l’Eterno, Viddio nostro, è l’unico Eterno.
Tu amerai dunque l’Eterno, il tuo Dio, con tutto il cuore, con
tutta l’anima tua e con tutte le tue forze. E questi comandamenti che oggi ti do ti staranno nel cuore; li inculcherai ai
tuoi figliuoli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa
tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai».
(Deuteronomio 6, 4-8)
«Quando, in avvenire, il tuo figliuolo ti domanderà: “Che
significano queste istruzioni, queste leggi e queste prescrizioni che l’Eterno, l’Iddio nostro, vi ha date?” tu risponderai al
tuo figliuolo: “Eravamo schiavi di Faraone in Egitto, e
l’Eterno ci trasse dall’Egitto con mano potente. E l’Eterno
operò sotto i nostri occhi miracoli e prodigi grandi e disastrosi contro l’Egitto, contro Faraone e contro tutta la sua casa.
E ci trasse di là per condurci nel paese che avea giurato ai
nostri padri di darci. E l’Eterno ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi, temendo l’Eterno, l’Iddio nostro, affinché fossimo sempre felici, ed egli ci conservasse in vita, come
ha fatto finora”».
(Deuteronomio 6, 20-24)
sì anche per gli ebrei in Egitto. La Bibbia non ha riportato
il nome del faraone dell’epoca di Mosè, ma i nomi delle
due umili levatrici. Scifra e
Pua, che osarono trasgredire
gli ordini del potente sovrano.
Dalla loro disubbidienza
prende le mosse il grande racconto dell’Esodo. I nomi dei
nostri umili resistenti non riusciamo più a ricordarli; ma di
certo, come quelli di Scifra e
Pua, sono scritti nel gran libro del Signore.
Come gli ebrei, prima di
uscire dall’Egitto, dovettero
acquistare il senso della loro
identità, similmente gli evangelici napoletani dovettero
realizzare di essere un popolo solo, dovettero trovare una
loro unità. Non fu un cammino né breve né semplice
quello di superare i particolarismi dei clan all’interno di
una medesima tribù; di riconoscere un rapporto di fratellanza tra tribù diverse; di imparare ad accettare la diversità altrui e ad amarla come
la propria identità. Dobbiamo riconoscere che in questa
fase Casa materna, e la famiglia Santi, da Riccardo a
ha amati il primo» (I Giovanni 4, 19).
«...eravamo schiavi di faraone in Egitto». Tre concetti
sono qui espressi. Il primo è
quello della schiavitù. Non fa
riferimento solo a una condizione di lavoro, ma allo status sociale di persone la cui
dignità umana è calpestata,
alle quali non si riconoscono
diritti ma .solo doveri; private
della libertà di assumere decisioni e responsabilità. Fatte
tutte le distinzioni del caso (e
sono molte), è veramente
esagerato pensare alla situazione degli evangelici in questa città fino a pochi anni or
sono, guardati con sospetto e
tenuti a bada come pericolosi? E per quanto concerne il
faraone (il secondo termine
nel nostro testo), che incarna
l’idea del potere oppressivo,
è esagerato individuarlo dapprima nel fascismo quando
sequestrò per darla all’Onmi
(Opera nazionale maternità e
infanzia) la cospicua somma
che gli evangelici napoletani
avevano cominciato a raccogliere fin dal 1882 con l’intento di costruire un ospedale, e poi nei governi della
Teofi lo, a Fabio ed Emanuele, ebbero un ruolo importante. La calda pietà evangelica,
i doni e la personalità di
ognuno, il fatto di avere un
luogo aperto e accogliente
come Casa materna, tutto
questo facilitò l’avvicinamento delle diverse denominazioni. Forse non ci rendiamo ben conto di quale grande benedizione abbiamo goduto, e di come l’evangelismo napoletano costituisca
nel panorama italiano un’isola felice perché qui, prima
ancora che nascesse la Federazione, abbiamo capito di
essere uniti da una stessa vocazione, nati tutti da un medesimo atto di liberazione,
chiamati insieme ad una medesima speranza. Ciò che
stiamo vivendo con l’ospedale è un dono dello Spirito
Santo e il culto di oggi, che
ci vede riuniti come chiese
diverse, una caparra del Regno.
Venticinque anni fa ci fu
l’inaugurazione dell’ospedale. Fu come il passaggio del
Mar Rosso: una grande vittoria, la sconfitta del faraone e
del suo esercito ma anche l’inizio del cammino nel deserto. E nel deserto, si sa, mancano l’acqua e il pane: allora
ci si pente di aver osato tanto. Quante volte, quando la
Regione non pagava, o quando si era oppressi dai debiti, ci siamo domandati perché ci eravamo infilati in
questa avventura. Eppure,
proprio come Israele nel suo
duro cammino nel deserto,
anche noi abbiamo fatto
l’esperienza benedetta della
manna. È vero che, come gli
israeliti non potevano conservarla, perché il giorno dopo era già piena di vermi, così i soldi se ne andavano via
subito! Però non siamo mai
morti di fame, e qualche volta piovevano anche le quaglie, un aiuto, un dono più
consistente che permetteva
di migliorare apparecchiature
0 altro.
E ancora, come nel deserto,
anche noi abbiamo incontrato
1 serpenti ardenti, il cui morso
può far morire e che non vengono da fuori ma sono all’interno stesso del campo; e poi
i feroci Amalechiti che tentano di bloccare il cammino
verso la terra promessa.
Quante volte in quei momenti
ci siamo trovati a pregare il
Signore che non ci lasciasse
soccombere; e quante volte
egli ci ha risposto, liberandoci e aprendo nuovi spazi di
vita davanti a noi.
Le mura di Gerico
Al termine del cammino
nel deserto, come si sa,
il popolo di Israele si è trovato davanti le mura di Gerico.
Come fare ad espugnare la
città senza artiglieria e senza
truppe addestrate? Il popolo
suonò le trombe, dice la Bibbia, e le mura crollarono.
Non fu forse il suono delle
trombe in sé a far crollare
mura tanto possenti. Ci rimane un po’ il .sospetto che ci
sia stato, sotto sotto, un qualche evento straordinario. Ma
la Bibbia non ne parla, ed
evidenzia solo l’assurdità del
gesto degli israeliti; cioè, in
altri termini, la loro fede, per
certi versi ingenua. E ingenua, invero, è stata l’azione
delle cartoline che alcuni mesi fa sono piovute da ogni
parte d’Italia, e anche dall’estero, sul tavolo del presidente della giunta regionale
per chiedere la classificazione dell’ospedale. Abbiamo
l’impressione che, sotto sotto,
ci sia stato un certo terremoto
a smuovere le acque, o meglio a far crollare le mura di
un potere politico consolidato. Però era giusto far suonare
le nostre trombe, scrivere le
cartoline: dichiarare la nostra
debolezza e impotenza per
confidare nella forza e nell’
aiuto del Signore.
Ora si apre una nuova fase.
Siamo entrati nella terra promessa della «classificazione». Faraone e il suo esercito
sono lontani, il deserto e i
suoi pericoli sono superati,
Gerico non fa più paura; comincia un nuovo tempo. Il
tempo della supplica e della
preghiera, della debolezza e
della precarietà, della ricerca
di Dio e della sua risposta è
finito; si apre il tempo del
«mettere in pratica tutte queste leggi, temendo l’Eterno,
l’Iddio nostro...»
È il tempo della nostra risposta, cioè della confessione
di fede, del cammino nella libertà di uomini e donne liberati dalla oppressione, dalla
paura, dal bisogno.
L’antica confessione di fede di Israele, lo «Shema
Israel» («Ascolta, Israele...»)
ci indica il criterio di fondo
della nostra risposta, che consiste essenzialmente nel riconoscere che Dio solo è Dio,
l’unico: «L’Eterno, l’Iddio
nostro, è l’unico Eterno». Di
quali prove avremmo ancora
bisogno per riconoscere che
lui, e lui solo, è Dio? Ci ha liberati dalla schiavitù, ci ha
condotti per mano lungo un
percorso tra i più pericolosi;
ogni volta, quando eravamo
sul punto di soccombere, ci
ha salvati, rispondendo alle
nostre preghiere; ha distrutto
davanti a noi nemici potenti;
ha spianato il nostro cammino, sgombrandolo da ostacoli
insormontabili; ci ha condotti
fino a questo giorno in cui,
come le tribù riunite in Sichem (cfr. Gio.suè 24) ringraziamo il Signore per tutto
quello che ha fatto per noi.
Come potremmo dimenti
care che il Signore è Dio?
Eppure Israele in Canaan lo
ha talvolta dimenticato. Riteniamo di essere noi più forti
nella fede?
Il rischio maggiore
Il rischio, che oggi ci sembra assurdo, sarà proprio
quello di dimenticarci che
Dio è il solo e l’unico, e di
porre accanto a lui (non già al
suo posto!) qualcos’altro; per
esempio il denaro che su tanti
(per non dire tutti noi) esercita comunque un grosso fascino. Ma il denaro stravolge le
menti, acceca i nostri occhi,
ci inaridisce il cuore e fa morire la nostra umanità. In un
ospedale c’è bisogno di farmaci, di cure, di competenze
e professionalità, ma anche e
soprattutto di molta umanità e
amore. Dovremo dunque essere attenti a come gestiremo
ramministrazione; all’impostazione del lavoro dei medici
e del personale.
Non è una questione secondaria ma essenziale, che interessa il nostro futuro: «L’Eterno ci ordinò di mettere in
pratica tutte que.ste leggi, temendo l’Eterno, affinché fossimo sempre felici, ed egli ci
conservasse in vita...». Nella
confessione dell’unicità di
Dio si gioca la grande partita
tra la verità e la menzogna,
tra la realtà e il nulla, tra la
vita e la morte, tra l’umanità
e la disumanità.
Nel nostro ospedale si viene per nascere, altri vengono
per guarire; purtroppo c’è anche chi viene a morire. Si entra con le proprie sofferenze e
i propri drammi; certe volte
viene ridata la speranza, che
altre volte viene spezzata.
A questo punto entra in
gioco un’altra storia. Non
più quella della liberazione
ma una ad essa affine, ancora
più grande e ancora più bella. E legata al nome dell’ospedale; «Villa Betania».
Perché è stato dato questo
nome? Betania è il nome del
villaggio non lontano da Gerusalemme dove Gesù passò
alcuni momenti fondamentali
della sua vita. Era anche il
villaggio di una famiglia,
quella di tre fratelli, amici di
Gesù: Marta, Maria e Lazzaro. Racconta l’evangelo di
Giovanni (cap. 11) che Lazzaro a un certo punto si ammalò e morì. Quattro giorni
dopo il Signore arrivò nel
villaggio. Le due sorelle gli
fecero osservare che Lazzaro
era morto e, quasi rimproverandolo, gli dissero: «Signore, se tu fossi stato qui, mio
fratello non sarebbe morto!». E vero, noi moriamo
per l’assenza di Gesù dalla
nostra vita.
Ma Betania non è solo il
luogo della morte di Lazzaro,
diventa anche il teatro della
sua risurrezione. 11 luogo in
cui risuona una parola così
inaudita, tanto grande da lasciarci increduli e senza fiato:
«Gesù disse: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede
in me, anche se muoia, vivrà,
e chiunque vive e crede in
me, non morrà mai» (Giovanni 11, 25 ss.).
Ogni nostra storia, abbiamo
detto all’inizio, è storia di liberazione, uscita da una situazione di schiavitù. Ogni
nostra storia, purtroppo, è anche storia di infedeltà e di incredulità, o quanto meno di
fede vacillante. Ma ogni nostra storia, per la grazia e
l’amore di Dio, è anche storia
di risurrezione.
Questo è il messaggio che,
con Villa Betania, vogliamo
dare ad una città come Napoli; e lo vogliamo far risuonare, e non potrebbe essere
altrimenti, in un luogo in cui
la speranza è messa in crisi,
come il nostro corpo; le nostre forze vengono meno e la
vita ci sfugge. Ma noi non ci
stancheremo di raccontare a
tutti la grande storia della liberazione che si innesta
nell’altra grande storia della
risurrezione che si apre davanti a noi. Una storia che
noi non siamo capaci di scrivere. Ma il Signore l’ha scritta per noi.
* Predicazione tenuta a Napoli, in occasione del 25° anniversario dell’ospedale evangelico
«Villa Betania».
7
spedizione in abb. post. Gr I! A/70
In caso di mancato recapito rispedire a:
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yalli Aàldesi
venerdì 12 NOVEMBRE 1993
ANNO 129 - N. 43
URE 1300
Due incontri quasi simultanei in vai Pellice e a Usseaux in vai Chisone
Il turismo è in crisi: gli operatori
si organizzano per proporre nuovi progetti
MILENA MARTINAT
MARCO ROSTAN
T Jn’altra stagione turistica
Cy è alle spalle; quest’anno
la crisi economica generalizzata ha esaltato difficoltà e
problemi che a livello di Valli
non sono assolutamente
nuovi. Tuttavia, nella consapevolezza diffusa che proprio
in una maggiore valutazione
delle opportunità turistiche
che territorio, storia e cultura
offrono, da più parti vengono
sollecitazioni, momenti di
incontro, iniziative volte a
studiare a fondo la questione,
evidenziando anche nodi ben
concreti su cui muoversi. La
scorsa settimana in vai
Pellice si sono confrontati
operatori del settore, amministratori pubblici, esponenti
delle associazioni di categoria. Poche ore dopo a Usseaux, in alta vai Chisone,
gestori di posti tappa Gta
(Grande traversata delle
Alpi) delle valli Pellice,
Chisone, Germanasca e Susa
si sono incontrati per riflettere sul come rilanciare una
iniziativa che se da un lato
pare interessare più i turisti
esteri che italiani, dall’altro
soffre di un certo abbandono,
specie dei percorsi medio
bassi, il che rende difficili
programmazioni che vadano
a coprire un’area sufficientemente interessante. Questo
fervore di iniziative e di
incontri sulle prospettive di
turismo nelle Valli va registrato con soddisfazione:
occorre lavorare su tempi
medio lunghi sapendo però
che già oggi urgono delle
risposte.
Punto di partenza per il
primo incontro svoltosi presso la Foresteria valdese, proposto proprio dal direttore
della struttura ricettiva di
Torre Pellice nonché vicepresidente della Pro Loco,
Adriano Longo, è stato il
confronto fra la vai Pellice e
la zona del Queyras, dove i
servizi offerti e il tipo di
accoglienza al turista appaiono, anche per la diversa legislazione francese, assai più
appetibili. Ma è subito stato
notato che non si tratta di copiare il Queyras, fra l’altro
immaginando per le nostre
valli un impossibile comprensorio sciistico, piuttosto di
capire la specificità delle
nostre risorse per valorizzarle. Quale tipo di turismo,
allora?
Non quello di massa dei
week-end, ma quello cosiddetto «dolce», cioè compatibile con l’ambiente; un turismo che faccia leva da un
lato sulla possibilità di fruire
della valle in tutte le stagioni,
di avere in pochi chilometri
di distanza una varietà di
paesaggi, dai 500 metri a
3.000, un treno al quale si
potrebbero agganciare, con
diretta partenza segnaletica
dalle stazioni, una serie di
percorsi a piedi, in bicicletta,
a cavallo; un turismo non
solo escursionistico, ma che
si avvalga della presenza valdese, dei suoi luoghi storici.
della sua iniziativa culturale,
dai musei ai corsi di lingua
del Collegio.
Ci vuole anche, è stato
osservato, una diversa sensibilità: dagli orari di apertura
dei negozi alla predisposizione di un «decalogo dell’accoglienza» alla disponibilità,
per gli uffici turistici, di
materiale cartografico valido
e aggiornato per le diverse
necessità del turista giornaliero, settimanale, stagionale.
Ma è inutile fare tanti progetti, ha detto qualcuno, se non
aumenta decisamente il
numero dei posti letto, che
oggi scarseggiano sia in alta
valle che a Torre o Lusema.
Si lamenta il fatto che molti
appartamenti sono affittati
per tutto l’anno, fra l’altro a
prezzi elevati, e usati solo
uno o due mesi; che alcuni
posti tappa del Gta (traversata
delle Alpi a piedi) sono inagibili, che manca per il turismo
giovanile qualcosa di simile
ed economico come le Gites
d’Etape in Francia, che la
burocrazia rallenta la realizzazione dell’agriturismo. Per
superare gli ostacoli della
legislazione attuale, alcuni
assurdi come quelli relativi
all’altezza dei locali abitabili
in baite ristrutturate, si è suggerita una decisa azione collettiva in Regione, che faccia
riferimento alle norme europee più attente alle caratteristiche di zone come la nostra.
Si è proposta una schedatura di case e borgate suscettibili di interventi migliorativi
dal punto di vista storicoambientale e ricettivo, per poi
individuare una zona di intervento e sperimentare nel concreto la possibilità di un
incontro fra interesse economico dei proprietari e interesse turistico collettivo.
Numerosi altri spunti sono
emersi da questa serata; tutto
però poi dipende dalle risorse
economiche; a questo proposito, importante è stata la presentazione di Bellion e
Negrin che, a nome della
Comunità montana, hanno
illustrato i progetti già
presentati e i finanziamenti
ottenuti; su questo punto è
per altro prevista una più dettagliata illustrazione pubblica.
Decisiva sarà la program
mazione, in modo che ogni
piccola iniziativa rientri in un
quadro più generale di ecosviluppo; solo in questo
modo, e dunque combattendo
i tanti campanilismi ancora
esistenti, si può pensare di reperire le risorse. Ma si tratta,
appunto, di una programmazione «dal basso»; proprio
per questo si è costituito un
gruppo che preparerà un questionario da diffondere a tutti
gli interessati per raceogliere
opinioni e proposte.
Alcuni dei presenti alla
prima serata, in quanto gestori di rifugi, si sono ritrovati
anche il giorno dopo a Usseaux a parlare di Gta. Non
infrequentemente è accaduto
negli ultimi anni che gruppi
di turisti si siano persi sulle
nostre montagne; una segnaletica non sempre puntuale
(ma ci sono anche i casi di
sentieri ridotti a vere e pro
prie strisce di vernice a causa
dell’assommarsi di segnali),
posti tappa esistenti solo sulla
earta o aperti solo per brevi
periodi l’anno, scarsità di
materiale pubblicitario in
varie lingue, servizi non sempre rispondenti a standard
omogenei hanno fatto sì che
questa iniziativa non abbia il
peso che merita.
Anche in questo caso si è
evidenziato la necessità di
passi concreti; «11 ripristino
dei sentieri di collegamento
fra i vari posti tappa, l’individuazione di percorsi e di posti
tappa realmente esistenti - ha
detto Anna Jahier, del posto
tappa di Usseaux - è determinante per dare un respiro a
tutta la Gta della zona».
Alcuni segnali positivi in
questo senso vi sono; anche
qui si tratterà di dar seguito a
discorsi, di fatto, appena
avviati.
Comune di Luserna San Giovanni
Buco dì 500 milioni
Sabato mattina, 6 novembre, si è svolto a Luserna San
Giovanni il primo Consiglio
comunale presieduto dal neosindaco Ghibò che, forse non
ancora a suo agio nel nuovo
ruolo, è apparso particolarmente silenzioso. Fra i punti
all’ordine del giorno vi era la
sostituzione di un rappresentante del Comune in seno alla
Comunità montana vai Pellice: è stato eletto, su proposta
e con i voti della maggioranza, Mauro Vignola, mentre
sulla candidatura del consigliere Fedele, proposto dalla
minoranza, sono state sollevate eccezioni di tipo formale. Il
dibattito è stato particolarmente acceso sulla proposta di
ratifica della deliberazione
della giunta comunale riguardante la terza variazione
al bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario ’93.
L’assessore Delladonna ha
illustrato la situazione che
prevede la chiusura dell’esercizio ’93 con un disavanzo
Il rinnovo degli organi collegiali
Per una scuola
dì partecipazione
CARMELINA MAURIZIO
Durante l’ultima settimana
di ottobre la scuola italiana, anche se pochi se ne sono
accorti, ha vissuto un momento significativo o perlomeno
tale doveva essere. Infatti i
genitori, e in alcuni casi gli
alunni e il personale docente,
sono, stati chiamati a rinnovare
i propri rappresentanti all’
interno di alcuni organi collegiali. Le elezioni scolastiche,
che da circa vent’anni si svolgono con un crescente calo di
interesse da parte dei diretti
interessati, furono istituite dal
decreto delegato 416 del
31/5/74, che prevede la partecipazione di genitori, allievi e
insegnanti alla gestione democratica della scuola italiana di
ogni ordine e grado.
Nel corso degli anni gli
organi collegiali, pur continuando ad esercitare le proprie
funzioni all’interno della
scuola, hanno tuttavia perso
interesse, riuscendo a malapena a coinvolgere il numero
minimo di persone affinehé
potessero formarsi i vari consigli e collegi.
Se in generale sono stati
pochi i partecipanti alle elezioni scolastiehe, la situazione
qui nelle nostre valli non fa
eccezione nel panorama
nazionale. Infatti, considerando le scuole dell’obbligo
della vai Pellice, le percentuali di votanti sono state davvero molto basse; in particolare erano millecinquecento, fra i genitori di medie e
elementari, gli aventi diritto al
voto e si è recato ad eleggere i
propri rappresentanti appena
poco più di un quarto.
Chi lavora nel mondo della
scuola e le famiglie di bambini e ragazzi che la frequentano non possono non essere
invitati a riflettere su questi
dati. Gli interrogativi che
potrebbero essere sollevati
sono molti e tra questi, per
esempio, viene da chiedersi
se gli organi collegiali in
generale vadano ridefiniti,
adeguandoli a una scuola che
non è più la stessa del 1974,
quando furono istituiti; viene
anche da chiedersi se effettivamente il potere di richiamo
esercitato sui diretti interessati è così basso per mancanza
di impegno, per disinformazione o perché gli organi collegiali sono ritenuti vecchi e
inefficaci.
È significativo tra l’altro
che le percentuali di votanti
fra le famiglie sono molto più
alte, elevando in questo modo
il dato globale, soprattutto
nelle prime classi, laddove
cioè con il cambio di tipo di
scuola in qualche modo si
sente di più la volontà di
impegnarsi, di partecipare, di
entrare un po’ più dentro il
mondo della scuola.
Di innovazione, riforme,
cambiamenti nella scuola italiana si parla ogni anno e
periodicamente insegnanti, allievi e famiglie si trovano ad
affrontare problemi sempre
più complessi, resi tali soprattutto negli ultimi tempi della
concomitanza di una crisi italiana generale. Viene allora
da pensare, ritornando ai
nostri organi collegiali e alle
elezioni della scorsa settimana, che dopotutto la scuola
italiana ha un gran bisogno di
forze e linfe vitali e non di
strumenti di partecipazione
che quasi nessuno usa.
oscillante fra 1 400 e i 500
milioni e il riassestamento
della situazione finanziaria
entro il 1994. Le opposizioni
si sono fatte sentire; Collino
(Lega Nord) ha criticato la
gestione dei residui di bilancio, mentre il consigliere
Gardiol (Verdi) ha rilevato
come le previsioni di entrata
suirici siano state effettuate
in modo sbagliato visto che
sono stati incassati 323 milioni in meno. Inoltre è stato
fatto rilevare che sono stati
effettuati tagli in settori
importanti per finanziare in
altri settori spese che si sarebbero potute evitare con una
gestione più oculata; ad esempio l’autovelox è costato 7
milioni più del previsto.
Infine il Consiglio ha approvato all’unanimità l’adeguamento al piano regolatore
dell’area occupata dall’istituto
«Uliveto», che potrà così
effettuare gli interventi di adeguamento agli standard dei
servizi previsti.
Nuova maggioranza in Provincia
n
Elda Gìllì ha fatto 23
La Provincia di Torino ha
una nuova giunta; nel corso
della seduta del 3 novembre è
stata individuata una nuova
maggioranza in grado di eleggere un nuovo esecutivo.
Partendo dalla necessità di
sostituire l’assessore al Bilancio dimissionario, Cambursano, candidato a sindaco a
Chivasso, è derivato un rimpasto ben più ampio che ha
coinvolto praticamente tutti
gli assessorati ad eccezione
del presidente e del vice
Bonansea che per altro, forte
anche della sua esperienza
maturata nell’ambito dei progetti Interreg, ha assunto
anche la delega per le politiche comunitarie. Nell’ambito
degli altri incarichi. Bilancio e
programmazione sono andate
a Dimaio; Caccia e pesca sono
state accorpate all’Ambiente
per Scapino; Cultura è stata
aggiunta allo Sport e Turismo,
per Besso Cordero; i trasporti
sono stati aggiunti alla viabilità con Campia; l’assessore
Principe ha dunque lasciato i
Trasporti e l’Assistenza mantenendo il Personale e aggiungendo l’Istruzione. Il neoassessore Franco Botta ha avuto
la Sanità e l’Assistenza, mentre l’assessore Grotto, pur in
attesa della conclusione della
vicenda giudiziaria che lo ha
visto coinvolto negli ultimi
mesi, ha riottenuto una delega
(quella al Piano territoriale) ed
è pronto a restituirla, ha detto,
qualora fosse chiamato in giudizio.
La novità è la scomparsa
dell’assessorato alla Montagna. Saranno di volta in volta
i vari assessorati, a seconda
delle competenze, a seguirne i
problemi. La nuova giunta, al
termine di un intenso dibattito, è stata eletta avendo l’esecutivo trovato il 23° voto
nell’antiproibizionista Elda
Gilli, che ha con la sua disponibilità voluto evitare il blocco istituzionale di questo ente
e le inevitabili elezioni anticipate.
8
PAG. Il
E Eco Delle ¥illi Aàldœsi
venerdì 12 NOVEMBRE I993
Luserna San Giovanni
Il centro di Vlller Penice
PETIZIONE PER VIA SALUZZO — A seguito dei numerosi
incidenti, con feriti e anche con morti, che si sono verificati
nel tratto di via Saluzzo compreso fra via Novarea e il ponte
sul Chisone, a Pinerolo, una sessantina di abitanti della zona
ha indirizzato al sindaco una petizione in cui si chiede l’adozione di alcune misure: limite dei 50 km orari fino a oltre il
ponte, strisce per i pedoni in corrispondenza delle fermate
degli autobus, allargamento della strada per pedoni e ciclisti
coprendo i fossi laterali, potenziamento dei vigili per i controlli sui limiti di velocità.
ANCORA INCIDENTI MORTALI IN VAL PELLICE — A
Luserna San Givanni, a pochi metri dal punto in cui la scorsa settimana vi fu un incidente a causa di un malore che
colpì il guidatore di un veicolo, nella notte di martedì 2 novembre un giovane di Luserna, Livio Agli, si è schiantato
contro uno dei platani di viale De Amicis perdendo la vita; i
vigili del fuoco, intervenuti sul luogo, hanno faticato a creare un varco tra le lamiere dell’auto. Nella serata di domenica 7 novembre un muratore lusemese, Aldo Piccato, è stato
travolto e ucciso da un auto; il conducente è sul momento
fuggito, abbandonando l’uomo sull’asfalto, ma si è in seguito costituito ai carabinieri.
ANCORA GRANDINE — Decisamente questo è un autunno
particolare; da settimane piove intensamente e, fortunatamente, al di sopra dei 2.000 metri nevica. Domenica scorsa,
nel corso di un temporale fuori stagione, in alcuni Comuni
dell’alta vai Pellice è grandinato intensamente; fra le zone
più colpite Villar Pellice e Rorà.
MOSTRA AL CENTRO CULTURALE — Nella sala Paschetto del Centro culturale di Torre Pellice, fino al 21 novembre, è esposta una mostra della pittrice Maria Luisa Vigant. Le opere, dal piccolo al grande formato (m 2,50 x 2)
sono eseguite con tecniche miste di antica origine (pastelli,
crete, pigmenti) che permettono «vibrazioni profonde nelle
buie notti dove si fa spazio l’alba romantica».
A L’INTRÀ DE LA NOECH — A una bella espressione del
dialetto angrognino, che indica quel particolare momento che
va dal tramonto al l’approssimarsi del buio, è dedicato il titolo del 13° Quaderno del Centro di documentazione del Comune di Angrogna, nel quale Jean-Louis Sappè ha raccolto i
più conosciuti detti e proverbi della sua valle. A «l’intrà de la
noech», al crepuscolo: forse ci sono giunte anche le culture
popolari e i dialetti, ormai patrimonio di pochi, che non si
trasmette più da una generazione all’altra. «Oggi, con l’avvento di mezzi di comunicazione sempre più sofisticati scrive l’autore - in una società che deve fare i conti non solo
con l’Europa ma anche con quel Terzo Mondo che è ormai
una costante della vita di tutti i giorni, parlare di un recupero
della cultura locale può sembrare anacronistico, riduttivo,
fuorviante. Credo sia tuttavia estremamente importante, per
qualsiasi popolo, conoscere e ricordare le proprie radici».
TORRE PELLICE
Posizione Centrale
VILLETTE A SCHIERA
aWMOBiU^'"
^21-909949
Iva agevolata
E UN’INIZIATIVA DI
SVILUPPO IMMOBILIARE
Via Buniva 77
10064 PINEROLO
Ghibò: un sindaco
per evitare le elezioni
ANDREA MELLI
Luserna San Giovanni,
dopo l’ennesima crisi legata questa volta alle dimissioni dell’ingegner Badariotti, ha da alcune settimane un
nuovo sindaco, il geometra
Piergiorgio Ghibò; gli abbiamo rivolto alcune domande:
- Per quali motivi ha accettato di assumere la carica
in un momento così delicato?
«Perché quasi tutti i gruppi
hanno ritenuto opportuno, per
il bene del Comune, portare a
termine questo mandato e
quindi evitare il ricorso anticipate alle urne. Il programma non è sostanzialmente
mutato rispetto alla vecchia
giunta».
- Come pensate di risanare
la dissestata situazione finanziaria? Si sente parlare della
vendita di beni comunali; può
essere più preciso in merito?
«L’amministrazione comunale ha intenzione di procedere alla vendita dei boschi
comunali, di due alloggi a
Luserna Alta e della Torre di
San Francesco. Il bilancio
non verrà tuttavia risanato
con le vendite, ma con i tagli».
-Eia piscina?
«La piscina era gestita da
un consorzio che si è sciolto.
Questa amministrazione comunale farà il possibile per
mantenerla aperta, visto che
si tratta dell’unico impianto
in valle, ma non può sobbarcarsi tutte le spese di gestione».
- Come pensa di intervenire in campo ambientale?
«I problemi ambientali rivestono particolare importanza. Quanto prima verranno ultimati i lavori della fo
gnatura bassa di Pralafera
mentre, per quanto riguarda
il depuratore, siamo in attesa
di una relazione tecnica in
base alla quale vedremo come poter sopperire al problema».
- E i locali dell’ex fonderia
Omef?
«In passato si era deciso di
non smembrare i locali dell’ex fonderia per lasciare una
possibilità di insediamento a
un’industria di un certo peso,
oggi invece i tempi sono
cambiati e questa amministrazione prenderà i provvedimenti che riterrà più opportuni, non escluso quelli
della demolizione».
- I cittadini lamentano di
essere poco informati quello
che accade in Comune; come
pensate di ovviare?
«Verrà predisposto un ciclostilato di quattro pagine
(due per la maggioranza, una
per la minoranza e una per i
funzionari) che verrà diffuso
con cadenza semestrale. I cittadini lo potranno trovare
presso il Comune, nei bar e
nelle edicole oltre che nelle
bacheche».
- Come cittadino, qual è la
sua impressione su Luserna ?
«Credo che, nonostante tutti i problemi, Luserna sia una
cittadina abbastanza vivibile.
Lo testimonia il fatto che
dall’83 ad oggi la popolazione è aumentata di mille unità
e il nostro comune è un polo
di attrazione in campo industriale, commerciale, turistico e sportivo».
- Intende ripresentarsi alle
prossime elezioni?
«Assolutamente no. Al termine di questa tornata amministrativa molti di noi lasceranno il posto a volti nuovi».
Centraline e
ambiente
L’articolo sulle centrali
idroelettriche in vai Pellice, a
firma Andrea Melli (comparso
suir«Eco delle Valli valdesi»
del 5 novembre), ci obbliga a
questo breve intervento. Dallo
scritto emergono alcuni dati
interessanti, anche se in negativo. Prima di tutto l’enorme
sproporzione tra profitti privati (alcuni miliardi) e pochi milioni che ritornano al Comune
di Bobbio Pellice. In secondo
luogo stupisce che - in questa
situazione - ci siano addirittura altri tre impianti in
fase di progetto o realizzazione. Ma il fatto che noi riteniamo più grave è che né
nell’articolo in questione né,
pensiamo, nella testa di chi
autorizza, costruisce e progetta questi impianti, c’è alcuna
considerazione dei gravi danni
ambientali che derivano dalle
captazioni idriche di questo tipo e tutta la questione sembra
limitata a una diversa distribuzione dei profitti. Ricordiamo
brevemente solo alcuni punti.
Questi impianti vengono
realizzati: 1) al di fuori di
ogni programmazione nazionale o regionale di intervento
sui bacini idrici; 2) grazie a
vecchie concessioni che ormai
sarebbero fuorilegge; molto
spesso senza tener conto delr obbligo di rispettare le leggi
che oggi sono in vigore; 3)
senza alcuna valutazione delle
conseguenze che rimpianto
avrà sull’ambiente.
Più in particolare ci chiediamo (e giriamo la domanda a
chi è responsabile) se in questi
impianti sono presenti le seguenti caratteristiche: garanzia di un valore minimo di
portata in ogni sezione del
corso d’acqua, calcolato sulla
base delle caratteristiche del
bacino interessato (secondo le
indicazioni dell’amministrazione provinciale di Torino);
predisposizione di un’asta
idrometrica a valle dell’impianto per controllare il rilascio dell’acqua; predisposizione di opere (come passaggi
artificiali per pesci) per non
compromettere la continuità
dell’ecosistema fluviale. Ricordiamo infine che in vai
Pellice il problema della depurazione delle acque è ancora ben lontano dall’essere risolto in modo accettabile e
che pertanto tutti i prelievi
idrici, diminuendo la quantità
d’acqua, ostacolano gravemente la capacità di autodepurazione e possono portare a un
definitivo collasso dei corsi
d’acqua. Questo è quanto avviene già per notevoli sezioni
dell’alto e del basso corso del
Pellice e dei suoi affluenti,
«cancellati» dalle captazioni
idriche e dalla dissennatezza
di chi dovrebbe vigilare
sull’uso delle risorse del territorio.
Associazione pescatori riuniti della vai Pellice
Convegno a Pinerolo
Quando il lavoro
supera ^handicap
CABMELIWA MAURIZIO
T1 lavoro come obiettivo
XV JL nella riabilitazione del
disagio psichico» è il titolo di
un convegno che si è svolto
la scorsa settimana a Pinerolo, a cura dell’assessorato al
Lavoro, del Servizio di salute
mentale dell’Ussl 44 e del Cilo (Centro di iniziativa locale
per l’occupazione) del Pinerolese. Al centro del dibattito
e degli interventi dei vari
relatori c’è stato appunto il
lavoro, inteso come valore
portante per la vita di ogni
persona e in particolare come
possibilità di reintegrarsi nella vita di tutti i giorni per chi
è passato attraverso la malattia e il disagio mentale.
Gli interventi si sono focalizzati su un’iniziativa curata
dai servizi sociali e da quello
di salute mentale del Comune
di Pinerolo che prevedeva
l’inserimento nel mondo scolastico e in quello lavorativo
di alcuni utenti del Servizio
di salute mentale. Coloro che
hanno usufruito delle borse
di studio o di lavoro sono parallelamente stati seguiti dai
vari servizi e in generale il
bilancio, così come è stato
detto soprattutto dall’assessore al Lavoro, Elvio Rostagno,
è decisamente positivo. L’
esperienza ha coinvolto soprattutto delle cooperative,
alcune ditte (di Pinerolo,
Frossasco, Riva di Pinerolo e
Pinasca) e l’Istituto tecnico
commerciale e quello magistrale di Pinerolo.
Per quanto riguarda l’inserimento degli utenti nelle
scuole in particolare si è
espresso il preside dell’Itc
«Buniva» che ha dato una valutazione globalmente molto
buona dell’esperienza che ha
comunque dato modo non solo ai fruitori delle borse di
studio di socializzare e di acquisire alcune competenze
specifiche per l’inserimento
successivo nel mondo del lavoro, ma è stato anche un
momento di importante verifica e riflessione per il mondo
scolastico in generale e per
quello di un istituto tecnico
come il Buniva. Il preside,
Carlo Zanzottera, ha poi messo in luce l’importanza del lavoro come fine di un processo per acquisire autonomia,
responsabilità e capacità di
reintegrazione reale. Tutti gli
altri relatori hanno anche ribadito l’importanza della
cooperazione tra i vari servizi
e tra le varie agenzie culturali
e lavorative, oltre che sociosanitarie, presenti su un dato
territorio. In particolare Concetto Maugeri, del Cilo, ha
spiegato come sia necessario
che tutti coloro che hanno le
competenze e le possibilità si
adoperino affinché il fabbisogno complesso di cui è portatore un soggetto più debole
sia non solo riconosciuto ma
si creino delle risposte adeguate.
Delle possibili risposte
hanno parlato infine i rappresentanti di enti e cooperative
che hanno vissuto alcune
esperienze significative di integrazione di persone con disagi più o meno gravi. Va ancora detto che durante rincontro, al quale ha partecipato un buon numero di giovani
e studenti, sono state proiettate delle diapositive a cura degli operatori del Centro di salute mentale, e che è stata allestita una mostra sulle attività del centro diurno.
Associazione «Amici delTorgano»
Tre concerti-lezione
Gli «Amici dell’organo»,
un gruppo di organisti,
musicologi, intenditori della
buona musica, cattolici e vaidesi che dal 1992 opera a Pinerolo, hanno aperto la loro
attività organizzando alla fine di settembre e all’inizio di
ottobre tre concerti per l’8()°
anniversario della comunità
del Sacro Cuore di Luserna
San Giovanni.
Nei primi due concerti, intitolati «Viaggio nella musica
per organo, dalle origini ai
nostri giorni», sono state presentate, rispettando l’ordine
cronologico, le scuole organistiche tedesca, italiana, francese e spagnola, dando un posto di riguardo a Bach e presentando, fra i moderni, una
fantasia per nastro magnetico
e organo del giovanissimo
compositore Bergese.
Si sono alternati alle tastiere gli organisti Bonino, Gatti
e Sorrentino; Daniela Boldrin, laureata in musicologia,
ha fornito i testi esplicativi,
mentre Aldo Carignano ha illustrato con l’ausilio di diapositive la struttura interna e
meccanica dello strumento,
novità che è stata molto apprezzata dal pubblico.
Nel terzo concerto, Ferruccio Corsani ha eseguito un
programma diviso tra una
prima parte dedicata alla forma del corale e una seconda
che accostava forme assai diverse. La prima parte presentava alcuni esempi insigni di
corale, dimostrando la vitalità di questa forma inesauribile: due corali di Bach,
due di Pachelbel e un scintillante «Lobe den Herren» di
Johann Walther, una composizione di Brahms e due di
Sigfrid Karg-Elert, un interessante musicista vissuto a
cavallo fra l’otto e il novecento.
La seconda parte prevedeva invece la trascrizione per
organo di una suggestiva sonata di Scarlatti, proseguendo con due brani del vivente
Clifford Marshall e con un
«Benedictus» dell’austero
Max Reger, per finire con
l’imponente «Pièce héroïque» di César Franck.
Anche in questa serata,
brevi introduzioni precedevano i brani, permettendo al
pubblico di seguirne pienamente lo sviluppo.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via PioV, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.
Gr2A/70
9
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 1993
E Eco Delle ¥vlli ¥^ldesi
PAG. Ili
Al Ticiun di Pramollo: una pagina di storia da rammentare
In ricordo del sacrificio partigiano
________MARILENA LOWG________
Nella stagione invernale,
quando ormai il bosco
ha perso il suo manto di foglie giallobrune, da vari punti
della zona alta si vede, in direzione di Pomeano, un puntino bianco: si tratta di una
lapide posta in località Ticiun
per ricordare l’eccidio avvenuto rii novembre 1944, in
cui persero la vita cinque partigiani.
Al Ticiun c’era una baita
(oggi si vedono solo più i ruderi) in cui trovava rifugio
una banda di partigiani, il cui
capo era Gino Bounous.
All’alba dell’11 novembre
arrivarono tedeschi e fascisti,
sul loro cammino incontrarono un operaio che si recava al
lavoro presso lo stabilimento
di Manalaggio e lo uccisero
(probabilmente perché aveva
riconosciuto chi li guidava
lungo queir impervio sentiero): giunti al Ticiun uccisero
i partigiani Gino Bounous,
Carlo Gallian, Primo Laurenti, Pierino Mensa e Alfonso Zacco, infierirono orrendamente sui loro corpi senza
vita e incendiarono poi la
baita.
Il fatto destò sgomento fra
i partigiani e l’intera popolazione: la brigata Willy Jervis rese omaggio ai caduti
con un manifesto, affisso di
nascosto, che recava al cen
Un momento della celebrazione
tro una poesia composta da
una staffetta partigiana di
San Germano Chisone che
diceva, fra l’altro: «Quella
capanna pareva un fortino,
ed in essa sicuro si sentiva
Gino con i suoi uomini, pensava al giorno in cui avrebbe
fatto al paese ritorno e spesso
il lor viso si illuminava quando l’Italia libera lassù si sognava...».
Sabato 6 novembre un
gruppo di partigiani, per
ricordare questo tragico fatto,
ha organizzato una giornata
commemorativa; sono stati
posti mazzi di fiori accanto
alle lapidi dei caduti a San
Germano Chisone, Rue e Ruata. Un folto gruppo di persone ha raggiunto il Ticiun an
che se la giornata era umida,
nebbiosa e il sentiero scivoloso; quindi davanti al tempio di Ruata, dopo il benvenuto ai partecipanti da parte del sindaco di Pramollo,
hanno parlato vari partigiani
ed ex comandanti partigiani:
nota comune ai vari interventi è stata la volontà di non dimenticare il passato, neppure
nel difficile momento che sta
attraversando il nostro paese.
Al termine, più di eento
persone hanno consumato il
pranzo nella sala valdese, dove era stata allestita un’interessante mostra con documenti e fotografie inerenti il
periodo fascista, la Resistenza nelle nostre valli e i campi
di concentramento.
L'Associazione Arcobaleno fa il punto della situazione
Uniti per vincere l'indifferenza
________MONICA NATALI________
Giovedì 28 ottobre, nella
sede del Comune di Lusema San Giovanni, si è svolto un importante incontro
promosso dall’associazione
«Arcobaleno». L’associazione è nata quasi un anno fa per
volontà di un gruppo di genitori con l’obiettivo di coinvolgere famiglie o singole
persone sensibili al problema
della tossicodipendenza e alle
varie situazioni di disagio ad
essa collegate. Oggi l’associazione può contare un’ottantina di iscritti e un piccolo
nucleo di membri attivi.
Dopo una serie di iniziative
vissute principalmente come
tentativo di sensibilizzazione
(principale ragion d’essere
dell’associazione), quello di
giovedì 28 voleva essere una
prima occasione di conoscenza, incontro e confronto con i
pastori e i parroci della valle.
Occasione purtroppo mancata
dalla quasi totalità degli invitati ma comunque ricca di
spunti e contributi, grazie alla
presenza diaconale di entrambe le chiese.
All’inizio della serata, l’assistente sanitaria del Servizio
salute mentale ha sottolineato
il ruolo riabilitativo del lavoro, quale strumento concreto
di effettivo reinserimento della persona nel tessuto sociale.
A questo proposito, erano
I prezzi e le prestazioni degli impianti per lo sci alpino e per il fondo
Le stazioni invernali del Pinerolese
si preparano ad affrontare la nuova stagione
Le stazioni invernali del
Pinerolese stanno preparandosi a iniziare l’attività e le
prime precipitazioni fanno
ben sperare in un buon avvio
della stagione. Ecco le principali novità della stagione
’9.3-94.
Frali — Il comprensorio
sciistico si estende da quota
1.450 a quota 2.566, su una
superficie in parte coperta da
boschi ed è servito da otto
impianti di risalita. Offre agli
amanti dello sci 25 km di piste: 5 blu, 4 rosse e 3 nere di
cui ben tre con un dislivello
di 1.100 metri. Novità per la
prossima stagione la dotazione di due pannelli giganti,
fatti da un’azienda del settore, recanti il disegno delle piste e del loro grado di difficoltà.
Altri problemi che la stazione sta cercando di risolvere sono la sistemazione della
segnaletica lungo le piste e
un progetto di innevamento
della pista principale che
partirà da Pian dell’Alpet alla frazione Malzat, che sarà
pronto per la prossima stagione sciistica. Quest’anno
inoltre si presenterà rinnovato anche il bar ristorante «La
capannina» situato a quota
2.200 metri, completamente
ristrutturato. Per gli appassionati dello sci nordico sono
a disposizione piste di diverse difficoltà e un anello di 15
chilometri.
Il prezzo dello ski-pass
giornaliero festivo è di
29.000 lire, 25.0(K) il sabato
e 20.000 il feriale; inoltre i
bambini nati nell’87 e seguenti anni, accompagnati da
un genitore pagante, scieranno gratuitamente. Anche gli
albergatori hanno predispo
La partenza della seggiovia di Frali
sto formule di soggiorno assolutamente interessanti e
vantaggiose.
Per informazioni telefonare lat Prali 0121-807418,
Seggiovie 13 laghi, 0121807512 oppure Soccorso alpino, 0121-800944.
Pragelato — A due passi
da Sestriere è uno dei Comuni più estesi della vai Chisone; fra le sue caratteristiche le borgate in autentica
architettura provenzale, residui dell’antica dominazione
francese. Il comprensorio
sciistico conta su sette impianti di risalita, seggiovie e
ski-lift collegati fra loro e si
estende da quota 1.535 a
2.550.
La località è famosa per i
suoi 50 km di piste innevate
e ben curate con viste panoramiche ineguagliabili e possibilità con difficoltà adatte
per tutti. La particolare conformazione della zona consente in primavera ottimi
fuori pista con neve fresca in
primavera. L’anello di fondo,
di 15 km, è fra i più interessanti della regione. Completano la stazione un’efficientissima scuola di sci di discesa e fondo, una pista di pattinaggio di 1.300 metri quadri
e un maneggio per il trekking
a cavallo, estivo e invernale.
Per chi ama sciare senza
l’ebbrezza della discesa, ottima si presenta l’escursione
con sci da fondo nella pista
che si inoltra nel Parco naturale della vai Troncea, dove
in un silenzio quasi irreale è
possibile incontrarne la ricca
fauna.
La stazione ha mantenuto
intatti i prezzi del giornaliero, festivo a 25.000 lire,
feriale a 20.000; lo ski-pass
di sette giorni consecutivi in
alta stagione costa 140.000
lire; per sei giorni, escludendo la domenica, il costo
scende a 90.000 lire. 1 bambini di età inferiore agli otto
anni, se accompagnati da un
genitore pagante, scieranno
gratis. Altre agevolazioni sono inoltre previste in accordo
con la società Sestrières.
Per ulteriori informazioni
telefonare a lat Pragelato,
0122-78844, Prages, 012278905 e 78859 oppure Soccorso Alpino, 0122 -78927 e
78053.
La Vaccera — La zona,
situata in alta vai d’Angrogna, si estende fra il monte
Castelletto (m 1.523) e il
monte Servin (m 1.757) e si
presta allo sci alpino anche
se necessita di ulteriori interventi. Il percorso di fondo ha
una lunghezza di 5 km e si
estende in buona parte sul
territorio di Pramollo. Per la
prossima stagione la stazione
si è dotata di un nuovo battipista e sarà possibile avere le
piste battute sia per il passo
alternato che pattinato.
Il costo dello ski-pass
giornaliero è di 8.000 lire,
con tessera Sci club 7.000.
Per il fondo i costi sono
assolutamente alla portata di
tutti: 4.000 il giornaliero e
40.000 lo stagionale. Sono
previste settimane bianche
presso il rifugio Vaccera al
costo di 220.000 lire compreso l’uso della pista di fondo. Una delle caratteristiche
di questo centro è che le piste, snodandosi praticamente
lungo tutto il percorso in cresta, offrono uno dei più suggestivi balconi sulla pianura
piemontese.
Per informazioni telefonare allo Sport club Angrogna,
0121-944133 o al rifugio
Vaccera, 0121-944128.
Per tutte le località del Pinerolese è possibile telefonare inoltre all’Apt di Pinerolo,
0121-795589 0 794932.
presenti due membri della
Nuova cooperativa di Collegno, sorta nel 1980 allo scopo
di restituire dignità di lavoratore non solo a persone reduci
da lunghe degenze in strutture per cura mentale, ma anche
a individui provati da un
qualsivoglia percorso di
emarginazione sociale. La
Nuova eooperativa viene definita «integrata», nel senso
che essa raccoglie sia soci
con problemi di trascorso disagio, sia persone semplicemente motivate ma senza un
«bagaglio» problematico. La
principale attività svolta è
quella delle pulizie, privilegiata soprattutto per la sua faeilità di esecuzione, mentre
l’interlocutore più ricercato è
l’ente pubblico.
Proprio il modello fornito
dalla Nuova cooperativa di
Collegno, unitamente all’impulso dato dal sorgere dell’associazione «Arcobaleno»,
hanno favorito la nascita di
un’analoga cooperativa in vai
Pellice, attualmente composta
da cinque ragazzi, che è già
riuscita a coinvolgere quattro
Comuni (Torre Pelliee, Luserna, Bibiana e Lusemetta)
in una serie di interventi lavorativi mirati, come la pulizia
di edifici pubblici, di strade,
di aree verdi.
La validità della cooperativa di zona, sostenuta dal Sert
(Servizio tossicodipendenze)
di Torre Pellice e dal Servizio
di salute mentale, consiste
nella possibilità di instaurare
un reale rapporto di lavoro,
superando l’ottica meramente
assistenzialistica e puntando
sul recupero dell’autonomia
della persona, che si trova a
doversi rapportare sia ai eompagni di lavoro sia all’ente
pubblico.
Il presidente dell’assoeiazione ha poi condotto l’attenzione dei presenti sulla prevenzione. Cosa fare, in concreto, per prevenire la tossicodipendenza? Come fare
uscire dalle loro case le eentinaia di famiglie coinvolte nel
problema? Come promuovere
l’interazione e la collaborazione tra le diverse presenze
del territorio? È stata giustamente ribadita l’assoluta
mancanza di una presa di posizione a livello della vai Pellice di fronte ad un problema
di proporzioni ormai vastissime; l’assoluta assenza di una
volontà (politica e non) di affrontare la questione del disagio a un livello che non sia
quello del semplice interesse
privatistico di qualche volenteroso.
Le soluzioni? Nessuno le
ha né le pretende. Ci muoviamo sul terreno dei tentativi,
degli esperimenti, della ricerca, ma per questo occorre il
coneorso di tutte le forze e le
energie disponibili.
Nelle
Chiese Valdesi
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 14 novembre, dopo
il culto, avrà luogo l’assemblea di chiesa per reiezione del nuovo
pastore, presieduta dalla Ced; perché l’assemblea sia valida occorre
la presenza della maggioranza dei membri elettori.
ANGROGNA — Le riunioni quartierali della settimana si terranno sabato 13 alle 20 agli Odin Bertot, lunedì 15 alle 20 al Serre,
martedì 16 alle 20 a Buonanotte e giovedì 18, alle 20,30, ai Prassuit
Vemè.
SAN GERMANO — Domenica 14 novembre, dalle 10, presso i
locali della chiesa valdese, si svolgerà rincontro dei catecumeni del
terzo e quarto anno del primo distretto. La giornata prosegue, dopo
il culto, con il pranzo e un pomeriggio comunitario.
FERRERÒ — Il 17 novembre alle 15, ai Bessè, si terrà la riunione quartierale.
FRALI — Il 17 novembre, alle 20, riunione quartierale a Ghigo.
VILLAR PELLICE — Venerdì 19 novembre, alle 20,30 nella sala del teatro, sì svolgerà rincontro delle chiese del circuito per studiare la partecipazione al culto dei ragazzi della scuola domenicale
e del catechismo.
* Domenica 21 novembre, dopo il culto delle 10,30, si svolgerà
l’assemblea di chiesa per reiezione del nuovo pastore; perché l’assemblea di chiesa sia valida occorre la presenza della maggioranza
dei membri elettori.
COSTRUZIONI
EDILI GENERALI
edil
contractors
srl
Costruzioni civili - industriali - ristrutturazioni
UFHCI: via Trieste 30
10062 LUSERNA SAN GIOVANNI (TO)
telefono 0121-90737 telefox 0121-901518
10
PAG. IV
E Eco Delle %lli "Iàldes
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 1993
Appuntamenti
Venerdì 12 novembre — LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 20,45, nella sala mostre del municipio, il Gruppo di studio Val Lucerna organizza un dibattito con Daniela Santus
sul tema Pro e contro Israele.
Sabato 13 novembre — CAVOUR: nell’ambito delle manifestazioni proposte da Tuttomele, alle 9,30 il Movimento
femminile coltivatori diretti di Torino propone un incontro
sul tema Scelte di vita, sceite di lavoro. Seguirà il film
«Baby boom» con Diane Keaton. Alle 21,30, l^po in concerto; i biglietti costano 10.000 lire: prevendita presso lo
stand Pro Cavour.
Sabato 13 novembre — LUSERNA SAN GIOVANNI: in
occasione degli incontri di musica popolare in vai Pellice
organizzati da Tacabanda, alle 15 nella sala Albarin, i Mare
Tera propongono canti tradizionali delle valli Po e Pellice.
Sabato 13 novembre — ANGROGNA: al tempio valdese del
Serre, alle 21, Tacabanda propone i Trouveur Valdoten,
«Le conte di Soufflo e di Sofflet», canti e danze della tradizione valdostana.
Domenica 14 novembre — POMARETTO: alle ore 20,30
presso il Teatro valdese il gruppo giovani presenta il lavoro
teatrale «Le idee nere di Martin Luther King».
Domenica 14 novembre — CAVOUR: a conclusione di Tuttomele, alle 14,30 esibizione del gruppo folcloristico Cesio di Cesio Maggiore (Bl); alle 21 suoneranno Gli Stereo.
Lunedì 15 novembre — PINEROLO: in occasione della rassegna Africa, più o meno laggiù, alle 20,45 all’Expo Fenulli, si parlerà di Nord-Sud: rapporti economici e cooperazione; interverrà Luca Jahier.
Martedì 16 novembre — PINEROLO: in occasione del corso gratuito di formazione per volontari organizzato
dall’Anapaca, alle 20,30 presso la Scuola infermieri
dell’Ospedale civile, in via Trieste 42, la signora Genisio
parlerà di Volontariato e legislazione vigente; i dottori Farina e Perotti interverrranno sui Servizi assistenziali
dell’Ussl e la signora Priotti sul Volontario Anapaca: limiti e compiti.
Giovedì 18 novembre — PINEROLO: in occasione della rassegna «Africa, più o meno laggiù», al cinema Ritz in via
Luciano 9 alle 20,30 verrà proiettato il film Yeelen di Souleymane (Mali 1987 - 105’). L’ingresso singolo costa 5.000
lire.
Giovedì 18 novembre — TORRE PELLICE: la sezione di
Torre Pellice dell’Università della terza età presenta alle
15,30, nel salone della Scuola mauriziana in via al Forte 2,
un concerto di Piero Pellecchia al clarinetto e Rossella
Vendemia al pianoforte; saranno eseguite musiche di Mozart, Cavallini, Spriano.
CALCIO — È decisamente
un buon momento per il Pinerolo nel campionato nazionale
dilettanti. Anche dalla trasferta
di Certaldo i biancoblù tornano
con un punto, buono sia per la
classifica che per il morale, in
vista dell’incontro di domenica
prossima che vedrà i pinerolesi
sul campo di casa, proprio con
la capolista Camaiore. Domenica 7 novembre, su un campo
reso quasi impraticabile dalla
pioggia, il Pinerolo si è portato
addirittura in vantaggio nei minuti iniziali, grazie a Labrozzo
che ha sfruttato un’occasione
nata da un falso rimbalzo su
una pozzanghera. La squadra
di casa si è fatta avanti
pericolosamente in diverse occasioni ed è riuscita a pareggiare all’inizio della ripresa; nel
finale alcune buone opportunità per gli uomini di Cavallo
hanno suggellato un risultato
positivo e meritato.
VOLLEY — Sono cominciati bene i campionati di serie
B1 per le due formazioni pinerolesi. Sabato la formazione
femminile ha espugnato il parquet di Massa con un parziale
abbastanza netto (3 a 0) al termine di un confronto a tratti
anche spettacolare.
Per la squadra maschile una
bella prova di carattere; opposti
al Bergamo i pinerolesi hanno
dovuto soffrire fino al quinto
set e sempre con parziali con
scarti assai ridotti.
Per Pinerolo città l’appuntamento con la pallavolo in questo fine settimana è alle 21 di
sabato 13, al palazzetto, contro
il Pistoia.
BOCCE — Giornata poco
felice per la Valpellice nel
campionato di serie Al; sui
campi di viale Dante i valligiani sono stati superati per 10
a 6 dal Brb. Pronto riscatto, dopo il parziale passo falso del
primo turno invece, per i pine
rolesi del Veloce club che hanno superato nettamente il Bra
per 12 a 4.
Nelle altre partite il Plozner
ha superato il No venta per 12 a
4 e il Torretta ha battuto la
Chiavarese per 10 a 6.
In classifica troviamo al comando il Torretta con 21 punti,
seguito da Veloce club e Plozner con 20; la Valpellice è
quarta con 16 punti.
Sabato prossimo gran derby
del Pinerolese con la formazione di Torre Pellice in trasferta.
PALLAVOLO
AMATORIALE
Torneo maschile «Storello»
Club Chisola Volley - 3S
Lusema 0-3
Pallavolo Pinerolo - Club
Chisola Volley 3-1
Classifica: 3S Luserna, Dsa
Il Meridiano 4, Svet, Pallavolo
Pinerolo 2, Club Chisola Volley, Volley La Torre, Riccio
Bricherasio 0.
Torneo femminile «Baudrino»
Cavour Maxisconto - Pablo
Nemda B 3-0
Pablo Neruda A - Barge A 3-0
Villafranca - A.S. Cercenasco
3-2
Classifica: Maxisconto Cavour
6, Villafranca, A.S. Cercenasco, 3S Nova Siria 4, Pablo Neruda A 2, Barge Volley A, Barge Volley B, Pablo Neruda B,
G.S. Porte 0.
Pallavolo femminile - Campionato provinciale Categoria
ragazze
3S Nova Siria - Pallavolo
Cavour 3-0
Il 3S Nova Siria conserva il
primato in classifica con la
quarta vittoria consecutiva nel
derby pinerolese con la Pallavolo Cavour. Buona la prestazione in attacco della lusemese
Orticola e l’esordio casalingo
delle giovanissime Bertin e
Malan.
TENNIS TAVOLO — Nel
campionato di serie C nazionale maschile la Polisportiva Valpellice, con Galofaro in gran
forma che ha segnato 3 punti.
Rosso e Malano con un punto
ciascuno, vince per 5 a 2 contro
l’Ever Green di Collegno.
La DI maschile perde 5 a 4 a
Torino contro il Cus, che attualmente è il primo in classifica. Comunque ottima la prova
di Gay con 3 punti, di Sergio
Chiri con 1 punto e di Giuliano
Chiri.
Continuano a vincere le ragazze della D: questa volta è il
Bra a fame le spese per 4 a 1.
Sabato 13 novembre, alla palestra di via Filatoio a Torre
Pellice, doppio incontro: la C si
batterà con il Cus e la DI incontrerà il K2 di Torino, mentre la femminile giocherà a
Moncalieri.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma
per venerdì 12 novembre alle
21,15 La lunga strada verso
casa; sabato 13 alle 20 e 22,10
Super Mario Bros e domenica
alle 16, 18, 20 e 22,20 e lunedì
alle 21,15 L’ultimo gande
eroe.
BARGE —11 cinema Comunale ha in programma per venerdì 12 novembre Bonus Malus, sabato 13 Condannato a
nozze, domenica, lunedì, martedì e giovedì Jurassic Park.
Giorni feriali alle 21 e domenica
ore 15, 17, 19 e 21.
PINEROLO — Il cinema
Italia ha in programma fino a
mercoledì 17 novembre Sliver;
giorni feriali ore 20,15 e 22,20,
sabato 20,15 e 22,30, domenica
14,15, 16,15, 18, 20,15 e 22,20.
)ERVIZI
USSL42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto
tei. 81154.
DOMENiCA 14 NOVEMBRE
Perosa Argentina: Farmacia
Bagliani - Piazza Marconi 6,
tei. 81261
Ambuianze:
Croce verde, Perosa: tei. 81000
Croce verde, Porte : tei. 201454
USSL 43-VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 14 NOVEMBRE
Bricherasio; Farmacia Ferraris - Via Vitt. Emanuele 83,
tei. 59774
Ambuianze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL 44 - PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambuianza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
ANTICHITÀ, mobili, oggetti
vari privato acquista. Telefonare
0121-40181 dopo le ore 18.
■■il*
A Torre Pellice, nel 1886, Giuseppe
Morè, abile pasticcere pinerolese,
apre un laboratorio di pasticceria a
cui affianca, dopo i primi faticosi anni
di lavoro, un negozio di vendita con
annesso caffè.
Il prodotto che sin da quegli
anni si afferma è di grade qualità.
La Tradizione delle Valli Valdesi
Gli ingredienti sono tutti naturali
delle campagne della Val Pellice.
Il marchio Morè, sempre più noto e
apprezzato, viene depositato per la
prima volta nel 1933. Da allora i due
valletti che portano il vassoio con le
caramelle contrassegnano le
confezioni Morè.
Molte delle persone che oggi
lavorano alla Morè hanno tradizioni
familiari legate all'Azienda e hanno
appreso dai loro padri l'arte dolciaria
le misure, i tempi e la pazienza
artigiana per preparare il
prodotto e seguirne con
A amore la realizzazione.
L'avvento della mèccanizzazione non ha cambiato la
qualità dei prodotti Morè.ll gusto
caratteristico dei fòndants, la
vellutata bontà delle gelatine alla
frutta e la spiritosa fragranza dei cricri sono sempre gli stessi e
rimarranno inalterati, sicuramente
ancora per un altro secolo.
Oggi Morè presenta la prima serie dei
suoi cofanetti regalo con le preziose
litografie dei luoghi valligiani tanto
cari alla nostra memoria, con il
commento di Osvaldo Coisson, tratte
dal volume "The Waldenses" di
William Beattie. Possono essere un
bel regalo per Natale o per ogni
circostanza dove occorre portare,
anche a chi é lontano da Torre Pellice
un pò delle nostre tradizioni.
Vogliate compilare correttamente il Buono d'Ordine e spedire in busta chiusa a:
MORÈ-Via Filatoio, 16-10066 Torre Pellice/To-Tel.OI2l/953222-9l271 -FaxOI2l/932934
Cofanetto "Antica Torre Pellice "
desidero ricevere N.....cofanetto/i del tipo:
aD bD
Cofanetto "Antica Stampa delle Valli Valdesi "
desidero ricevere N.....cofanetto/i del tipo:
ad bD
Nome................................................................
Cognome............................................................
Indirizzo.......................................................n.,
Città....................................................C.A.P......
Provincia...................................Telefono...............
In consegna dal 18 ottobre IW - Spese trasporto in Italia: L17.000 (Calabria e Isole L 25.0001 •
Pagamento mezzo contrassegno alla consegna delle confezioni. Estero, pagamento all'ordine più spese trasporto.;
11
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 1993
Attualità ---:
PAG. 7 RIFORMA
Le comunità cristiane di base si sono confrontate a Vico Equense sul tema della fede
Vivere la fede e il fascino della diversità
MIMMO GUARAGNA
Perché non vai al seminario delle Comunità di base e poi scrivi un
pezzo per Riforma?». Accettando questo invito pensavo
di aver fatto un affare: avrei
trascorso il week-end di
Ognissanti a Vico Equense,
un posto incantevole sulla
costiera sorrentina, e soprattutto avrei colto l’occasione
di rivedere vecchi amici e risentire i loro discorsi.
Non è andata proprio così.
Il posto l’ho trovato incantevole come sempre. Ho incontrato tante persone care e
ho fatto nuove amicizie.
«Ma perché mi sono impegnato con quelli della redazione di Riforma?» mi sono
chiesto girandomi e rigirandomi sulla sedia appena dopo le prime battute del convegno.
Il tema era «Né padri né
maestri». Quando avevo letto
questo titolo sull’invito ho
pensato che ce l’avessero, come al solito, con la gerarchia
ecclesiastica, soprattutto dopo la Veritatis splendor. E invece, proprio queste sorelle e
questi fratelli che in passato
si scatenavano in furibonde
polemiche contro la cattedra
di Pietro, non si scompongo
no più di tanto per questa enciclica. Ovviamente la criticano anche duramente, ma lo
fanno con distacco, non si
sentono coinvolti più di tanto. È evidente che oggi l’interesse delle Comunità di base
è altrove. Chi era Gesù di
Nazareth?
Chi è Gesù per noi in questo nostro tempo? Gesù il
Cristo è centrale per me, per
la mia esperienza di fede, per
noi che ci definiamo suoi seguaci e discepoli; ma non va
assolutizzato: pena chiudersi
a ogni forma di dialogo con
quanti non sono cristiani.
Ascoltare queste cose per me
è stata un’esperienza importante, di grande arricchimento. Ma quando ho provato ad impostare l’articolo
metà dei fogli extrastrong
che avevo sul tavolo sono finiti nel cestino. Io potevo
raccontare una cronaca, qui
invece le implicazioni teologiche sono tante e di uno
spessore non indifferente.
Mi accorgo, dopo vani tentativi di scrivere qualcosa,
che sto commettendo l’errore da cui ci mettono in guardia con le loro riflessioni le
sorelle e i fratelli delle comunità di base: pretendo anch’io nel mio piccolo di produrre teologia; pretendo di
Giovanni Franzoni
sistematizzare e collocare tra
la muffa una ricerea che è
viva e utile nella sua fluidità
e nella sua freschezza.
Alla riflessione cristologica le Cdb non ci sono arrivate snocciolando categorie
astratte. «La fede porta ad
affermare che abbiamo tutti
lo stesso Dio, le teologie
definiseono il loro Dio particolare»; così Ortensio da
Spinetoli non ha concesso
nulla alla scienza teologica,
ha attaccato dalle fondamenta le sue presunte e presun
Catania: assemblea delle chiese valdesi e metodiste siciliane
Dal Sud segnali positivi
_______GIUSEPPE PLATONE________
In via Cantarella, nell’edificio che è diventato in questi anni una sorta di «Leoncavallo» catanese per il via vai
di gruppi, associazioni, giovani, si è data appuntamento,
domenica 31 ottobre, l’Assemblea del XVI circuito. Al
centro dell’attenzione il «progetto Sicilia», ovvero il tentativo di ripensare tutta la situazione ecclesiastica siciliana
per organizzarla come un piano organico di presenza e di
testimonianza al di là delle
possibili soluzioni tampone
che la stanno caratterizzando.
Da alcuni interventi è emersa anche l’amarezza di un Sud
lontano, che non rientra
nell’orizzonte di lavoro di al
cuni giovani pastori. «Se è vero che molti “buchi ” ecclesiastici nel Meridione, soprattutto in Sicilia, sono dovuti a
un’oggettiva mancanza di disponibilità pastorale a trasferirsi nel Mezzogiorno - ha notato una delegata - allora occorre ripensare il nostro essere chiesa, è urgente proporre
un progetto complessivo capace di mobilitare nuove forze
pastorali, specialmente tra i
giovani».
Ma dal Sud arrivano anche
segnali positivi. Non è un caso
che i due pastori consacrati
quest’anno siano meridionali.
C’è qui un grande patrimonio
giovanile anche se non c’è
neppure un animatore giovanile per collegare la dispersione in cui si vive. Con gioia si
Nella collana «Meditazioni bibliche» è uscito il n. 6
Gerd Theissèn
LA PORTA APERTA
Variazioni bibliche
pp 256, L. 28.000
L’originalità di queste «variazioni bibliche» consiste in
una continua invenzione e sperimentazione di nuovi metodi di attualizzazione che coinvolgono lo schema della meditazione, il metodo interpretativo del testo e la forma
espressiva del messaggio. L’abilità dell’autore, confermata
dal successo de L’ombra del Qatiteo, consiste nell'evitare
ogni pesantezza e tecnicismo e nel condurre per mano il
lettore di scoperta in scoperta. La meta sarà raggiunta
quando chi legge giungerà ad intendere la propriavita come una risposta alla chiamata personale di Dip,
Una «strenna» biblica nuova e intelligente che farà riscoprire significati inaspettati anche in brani noti della Bibbia.
f~l m mmeéStik»
\ tíaufbana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - G G.P. 20780102
è inoltre appreso che un ragazzo della comunità di Catania si è iscritto in questi giorni
al primo anno della Facoltà
valdese di teologia.
Nel corso dell’assemblea si
è anche dato spazio a un’
esauriente relazione sulla defiscalizzazione e l’8%c a cura
di Piero Trotta, che ha dato il
via a una pioggia di domande. Nessuna comunque è rimasta senza risposta. Come
ogni cosa nuova, anche l’avvio delle certificazioni delle
offerte alle chiese e alle opere
da allegare nella prossima denuncia dei redditi non sarà né
rapido né semplice. Occorre
mettere in preventivo anche
un certo periodo di rodaggio
dovuto al fatto che non è ancora uscito il decreto attuativo da parte del ministero delle Finanze.
L’Assemblea ha nominato il
nuovo sovrintendente del circuito, Arturo Panasela di Catania, che subentra al pastore
Laura Leone dimissionaria per
incompatibilità con il suo nuovo incarico nella Commissione sinodale per la diaconia
(Csd). Nel Consiglio di circuito è stata inoltre eletta Daniela
Ferrato di Riesi. L’Assemblea
ha quindi designato i due
membri di sua competenza nel
Comitato di Adelfia, Attilio
Caristia di Riesi e Vitea Allegra di Palermo.
Sull’agenda del circuito c’è
quindi l’organizzazione di un
convegno che si terrà prima di
Pasqua e che dovrà formulare
una proposta organizzativa di
presenza e testimonianza da
sottoporre al Distretto e alla
Tavola in vista di un lavoro
più incisivo e organizzato.
Rientrare a casa, dopo l’assemblea, per aleuni ha significato percorrere 400 km, il che
non ha impedito che vi partecipassero una cinquantina di
persone provenienti da tutte le
comunità siciliane (salvo
Messina che fa parte di un altro circuito).
tuose certezze. A sentire certe affermazioni si affibbiano
loro il marchio di relativismo e finisce ogni possibilità
di dialogo. Ma il rifiuto degli
assoluti è perché nella storia,
nella condizione umana è un
susseguirsi di parzialità, di
condizionamenti, di limiti.
Le persone incontrano Gesù
di Nazareth nella storia: nella storia, nelle vicende umane, Gesù deve diventare uomo affinché l’uomo arrivi a
Dio.
Ermanno Genre, professore alla Facoltà valdese di teologia, nella sua relazione ha
affermato: «Soltanto nell’immagine dell’altro io incontro
Dio. Ogni altra via che non
sia il prossimo è una fuga
dalle proprie responsabilità».
Le sorelle e i fratelli delle
Comunità di base hanno potuto fare questo percorso perché sempre attenti a denunciare le ingiustizie e le oppressioni; sempre pronti ad
andare oltre la denuncia, fino
alla condivisione.
Il rifiuto dell’assoluto cristiano allora è prima di tutto
una confessione di peccato
per come si sono cristianizzati i popoli con la violenza.
E la violenza, faceva notare
Giovanni Franzoni, non è
soltanto nelle armi, ma anche nella micidiale potenza e
capacità delle teologie e delle religioni di inaridire e distruggere le coscienze.
«Ci sentiamo in cammino
verso un’idea di trascendenza
che vada al di là della cultura
cristiana, cercando di superare i confini della nostra religiosità, per costruire un universo simbolico nuovo in una
prospettiva ecumenica. Vivere pertanto la prospettiva di
fede cogliendo il fascino della diversità, sfida del nostro
tempo, senza essere legati al
cristianesimo come la religione per eccellenza».
Quando Corrado Maffia,
aprendo i lavori del seminario, leggeva questo documento prodotto dalla comunità del Cassano di Napoli,
confesso che la mia prima
reazione è stata: «Questa è
un’eresia». Poi mi sono ricordato di un eretico ebreo,
di nome Gesù.
Intervista a Ciro Castaldo
Le comunità di base
tra ieri e il futuro
LUCIANO DEODATO
Circa venticinque anni fa
nascevano le prime comunità cristiane di base
(Cdb) nel crogiolo della
«contestazione» e sulla spinta
delle speranze di «rinnovamento» aperte dal Vaticano
IL Fu uno sbocciare di esperienze diverse, caotiche e
convulse; uno scossone al
monolitismo della Chiesa cattolica. Si capì allora che potevano esistere diversi tipi di
cattolicesimo e che era forse
possibile trovare un punto di
convergenza, o un’area di comuni interessi, tra credenti
appartenenti alla Chiesa cattolica e credenti evangelici;
anzi, come si disse allora, che
esisteva un «cattolicesimo
evangelico». Venticinque anni sono, grosso modo, una generazione. Poca cosa in un
certo senso, ma enorme se si
pensa a ciò che è successo in
questo periodo. L’attuale papato ha fatto di tutto per far
tacere il dissenso; ma nonostante i suoi sforzi, le comunità di base hanno continuato
il loro cammino. Ignorate dalla stampa (che certe volte non
brilla proprio per indipendenza dal Vaticano), emarginate
dalla Chiesa cattolica, colpite
dai fulmini di Ratzinger, non
hanno di certo potuto guadagnare grandi spazi; almeno
qui in Italia.
Tuttavia le cdb sono una
realtà vivente. Lo dimostra
l’ultimo seminario, tenuto a
Vico Equense (30 ottobre-1°
novembre), dal titolo «Né padri, né maestri. Percorsi di autonomia e responsabilità» dove l’affluenza ha superato
ogni previsione, mettendo in
difficoltà il servizio logistico.
«Avevamo programmato un
seminario, e ci siamo trovati
praticamente di fronte a un
convegno. Volevamo discutere in gruppi di studio, e abbiamo invece avuto assemblee
plenarie - osserva Ciro Castaldo, della segreteria tecnica
nazionale -. Sono venuti da
tutta Italia e anche dall’estero; segno del desiderio di in
Un sindaco al seminario delle Cdb
Politica senza potere
«Come sono stato segno di
una grande speranza, sarò
fatto segno di una grande delusione». Nella semplicità di
questo sfogo non c’è paura,
non c’è senso di sconfitta;
c’è il pessimismo della ragione, c’è tutta la capacità di
stare in politica rifiutando le
logiche del potere.
Tonino Cutolo ha parlato
poco al seminario deìle Comunità di base. Il suo non
era un saluto formale: è venuto per ringraziare e per
chiedere aiuto.
Ringraziare perché se a
giugno è stato eletto sindaco
di Torre del Greco lo deve
anche e soprattutto alle
comunità di base dove ha appreso la pratica politica come servizio, e nella politica
ha cercato un luogo specifico dove collocare la propria
fede e la propria testimonianza. E venuto a chiedere
aiuto perché vive il dramma
della solitudine quando lo
stesso popolo che lo ha elet
to rimpiange le schiavitù
dell’Egitto.
Perché è vero: la Democrazia cristiana comunque
dava qualcosa da mangiare,
anche se erano soltanto gli
avanzi delle grandi abbuffate
con la camorra.
Per vent’anni hanno accusato Tonino Cutolo di essere
un utopista, uno che non
aveva il senso della concretezza. Quando tutte le certezze sono crollate lo hanno
eletto sindaco.
Il realismo politico non ha
pagato: ci ha lasciato intorno
tante macerie. Tonino Cutolo non potrà risolvere, almeno in tempi brevi, tutti i
drammatici problemi di Torre del Greco. Ma se riuscirà
a far prendere coscienza che
il pane non si baratta con la
dignità, se la gente che oggi
gli chiede i piaceri imparerà
a rivendicare i diritti e a praticare i doveri, avrà vinto la
speranza.
Avremo vinto tutti.
Ciro Castaldo
contrarsi, discutere, crescere
insieme».
Le cdb, dunque, sono una
realtà viva, anche se hanno
scelto di andare nel deserto.
Ma «rischiare il deserto per
cercare la liberazione - si
legge in una dichiarazione del
maggio scorso - non è una
prospettiva negativa. Le comunità di base hanno una
densa esperienza: sono segni
che il deserto può fiorire».
Non sono diventate un fenomeno di massa; eppure il
loro messaggio non è caduto
nel vuoto: «E vero - dice Ciro
Castaldo - che le comunità
non nascono più come prima.
Bisogna tuttavia tenere conto
che il periodo storico è diverso: è finito il tempo delle contestazioni. Ma il nostro messaggio è penetrato in tante
realtà di base: nelle parrocchie, nelle associazioni. E
passato anche il discorso della riappropriazione della Bibbia. Anche un filone grosso,
come quello del volontariato,
è derivato dalle cdb. Le nostre comunità sono state come
una specie di semenzaio, molti si sono formati da noi, poi
sono usciti e hanno dato contributi in diversi campi, da
quello politico e sociale a
quello culturale. Per esempio
una bella rivista quale è Qol è
fatta da persone che si sono
formate da noi. Il nostro messaggio si è sparso in ogni direzione; diviso in infiniti rivoli è penetrato ovunque».
Ma come si colloca oggi politicamente il movimento?
Dopo aver avuto nel passato il
suo punto di riferimento nel
movimento operaio, la scelta
dei poveri, a livello culturale e
politico, in questa difficile stagione politica esso non trova
una collocazione partitica specifica. Fa piuttosto una scelta
di campo: non quella del centro, verso il quale convergono
le forze cattoliche secondo le
indicazioni della gerarchia,
ma l’area progressista, individuata nei Verdi, in Rifondazione comunista, nel Pds. Ciò
che non cade, e anzi costituisce una caratteristica del movimento, è la costante riflessione fede-politica. La fede
non si esaurisce in una dimensione spiritualista, moralistica,
individuale ma si sforza di vivere una dimensione comunitaria, politica. Si deve tradurre
concretamente nel vissuto
quotidiano, nella realtà della
vita, in un confronto dialettico
e continuo con la Bibbia. In
questo senso la riflessione
sull’umanità di Gesù vuole essere una ricerca del vissuto
umano; un ricupero anche della nostra umanità in un orizzonte che non conosce limiti,
che supera le frontiere, tutte le
frontiere, per dilatarsi un uno
spazio ecumenico nel senso
etimologico del termine, che
vuole dire la terra abitata dalle
diverse famiglie umane.
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 1993
Un fotogramma da «Jurassic Park»
Il Centro culturale protestante di Bergamo
Il protestantesimo e
il mondo moderno
SIMONPIETBO MARCHESE
Dopo la riuscita inaugurazione del Centro culturale protestante, avvenuta a Bergamo lo scorso 16 ottobre (relazioni di Rita Gay, Ugo Gastaldi, Domenico Maselli su
«La Riforma in Lombardia»),
fra le tante iniziative in programma segnaliamo il corso
su «Il protestantesimo nella
formazione del mondo moderno», organizzato insieme al
Centro culturale «Il Progetto»
che si occupa in città di interessi prevalentemente legati al
politico e al sociale.
L’intento è quello di far conoscere lo sviluppo della
Riforma protestante e i suoi
legami con la storia della libertà e della democrazia. Nel
Nord Europa il pensiero laico
e quello protestante si sono incontrati e, sia pur tra conflitti
e cadute, si sono reciprocamente fecondati generando libertà religiose e civili, nuovi
modelli di sviluppo e di organizzazione sociale e politica.
Uno degli obiettivi del corso è
il desiderio di appropriarsi di
questa parte della cultura storica piuttosto assente nel nostro paese.
Nel primo incontro il pastore Thomas Soggin ha descritto
come la Riforma non abbia
voluto essere un movimento
politicamente unitario, sia come strategia che come organizzazione, e sia nata sull’onda riformatrice cattolica con
uomini di chiesa (frati e insegnanti di Sacra Scrittura). La
Riforma ha voluto rimanere
movimento, aperto a un certo
pluralismo, con l’unico scopo
di riformare la chiesa. Il relatore ha quindi ripreso cinque
lezioni essenziali del pensiero
protestante nel suo sviluppo
storico, in primo luogo il cardine, sola fide, solus Christus:
ciò che conta è la fede-fiducia
che crea e fonda la libertà del
cristiano. In secondo luogo la
centralità dell’assemblea per
eleggere i ministri nella chiesa. Come terzo il carattere di
controllo, dei revisori dell’
operato, che garantisce un discorso di responsabilità, diminuendo il potere dei singoli
per far guidare la chiesa solo
dalla comunità dei credenti.
Quarto punto le confessioni di
fede, che evitano l’esame individualistico delle Scritture,
privo di confronto e di dibattito e danno più forza alle decisioni sinodali e indirettamente
allo stesso metodo di analisi
storico-critico. Diceva Giovanni Calvino: «La sommatoria porta a dar più peso alla
Scrittura e meno ai singoli individui». Infine una chiesa che
di fronte a scuole, conventi e
ospedali tolti dalla gestione
ecclesiastica decide di darli in
gestione alle autorità pubbliche cittadine, stimolo per la
nascita di servizi sociali e di
società sempre più libere.
Soggin ha concluso l’intervento con l’esempio dell’esercito di Guglielmo III che invase nel 1688 l’Inghilterra al
motto «prò religione protestante prò libero parlamento»; vinse una guerra senza
spargimento di sangue, e instaurò un regime che garantiva libertà di parola, libere elezioni e convocazioni frequenti
del Parlamento.
«Jurassic Park», campione di incassi, pone alcune questioni di grande attualità
I dinosauri di Hollywood rincorrono
unidea di natura che lascia molto perplessi
ALBERTO CORSARI
Ma insomma, la natura è
buona o no? Nonostante il successo, Jurassic Park
è tutt’altro che puro spettacolo, o banale confezione di effetti speciali: pone dei problemi, su alcune delle maggiori inquietudini di questi
ultimi anni.
Un anziano studioso intende allestire un gigantesco parco dei divertimenti in un’isola caraibica: vi sono ricostruiti l’habitat del periodo giurassico e i relativi animali, il dinosauro, il tyrannosaurus rex
e il cattivissimo velociraptor,
specie estinte da due milioni
di anni. Sulle tracce delle
stesse specie sono un archeologo-naturalista e la fidanzata, i più autorevoli esperti in
materia, a cui l’ideatore del
Jurassic Park si rivolge per
avere l’avallo scientifico necessario a superare le esitazioni dei burocrati.
Tutto si compie dunque in
vista della prima visita al parco: senonché gli studiosi, accompagnati da un altro luminare scettico, da un avvocato
e dai nipotini del titolare entrano in rotta di collisione
con l’azione spionistico-sabotatoria dell’elefantiaco tecnico informatico traditore e soprattutto con la rivolta della
natura: gli animali preistorici,
ricreati per manipolazione
genetica e solo nel genere
femminile per evitare una riproduzione incontrollata, si
ribellano, nascono altre uova.
La sovversione è resa possibile dall’annullamento dei sistemi di difesa, voluta dall’
informatico allo scopo di fuggire con gli embrioni delle
varie specie (per darli a un
Kgb anch’esso estinto?).
1 colpi di scena sono tanti.
gli inseguimenti e gli effetti
speciali sono mirabolanti per
uno spettacolo che ha davvero pochi eguali; d’altro canto
i problemi in campo sono numerosi: la manipolazione genetica è oggetto di accese discussioni e scomuniche, si è
arrivati addirittura a un passo
dall’uomo ottenuto per clonazione; è uscito un libro che
affronta il problema defila
biologia come «ideologia»*;
il film arriva in anni in cui
questa è la scienza guida,
avendo soppiantato in questo
ruolo la fisica; le spiegazioni
ai visitatori (che percorrono il
parco su jeep elettrica, un occhio di attenzione anche
all’ecologia) vengono fomite
da video, disegno animati,
macchine attrezzate per la
realtà virtuale; il controllo
delle nascite è un altro dei
problemi che investono prepotentemente il «villaggio
globale».
Però ci sono anche i limiti
del film, sul versante dello
spettacolo e dell’ideologia.
Premesso che i due piani dovrebbero dar luogo, in un’
opera perfettamente riuscita,
a un unico discorso, direi che
manca un po’ il paesaggio,
con l’eccezione delTarrivo in
elicottero all’isola: la discesa
fra coste a strapiombo e cascate è bellissima, ma una
volta arrivati c’è un po’ di delusione. La precoce comparsa
di uno degli animaioni toglie
il tempo di immergersi nella
vegetazione, nefi’ambiente,
nel verde rigoglioso. Spielberg non è Herzog né Tarkovskij: la necessità di .stupire a ogni costo prevale sul
sentimento del paesaggio,
sulla poesia della natura. E
poi c’è un concetto di fondo
che non ci può soddisfare: sono numerose, lungo tutto il
film, le battute contro l’operazione Jurassic Park. Gli
esperti sono scettici; un altro
scienziato ritiene indegno
forzare il corso della natura
precipitandola indietro di due
milioni di anni e si ribellano
alla logica della manipolazione genetica. Insomma, ci devono essere dei limiti alla ricerca scientifica e soprattutto
alla sua applicazione tecnologica. Fin qui tutto bene.
Ma la reazione va oltre:
perché alla fine, nella linea
delle visioni rassicuranti che
dominano il cinema hollywoodiano e di Spielberg in
particolare, mentre tutto sta
volgendo al peggio e i protagonisti stanno per finire nelle
fauci di velociraptor e tirannosauri, accade che essi preferiscano per il proprio menù
dei rettiloni più piccoli, e con
essi si sazino. Tutti salvi,
dunque. Così si afferma una
morale provvidenziale, che
vede la natura finalisticamente orientata al bene dell’uomo: il pesce grosso mangia
quello più piccolo. L’uomo
sbaglia, pecca di arroganza
{Vùbris dei greci), si vuole
sostituire a Dio. Ma non per
questo si può dire che più
giusto sia lasciar fare alla natura. Non si può dire che essa
tutto provvede per il meglio.
Come non si può decentemente dire (dispiace una caduta di stile di queste dimensioni) che «la vita vince» (lo
dice l’archeologo) quando i
soggetti di uno stesso sesso
(certi rospi e, nella finzione, i
velociraptor) mutano genere
per evitare l’omosessualità e
quindi l’estinzione della specie. O meglio, si può dire a
condizione di limitarsi alla
sfera animale: da cui l’uomo
si distingue per l’elaborazione
di una cultura (meglio: di tante). 1 fatti biologici che ci riguardano li viviamo attraverso delle mediazioni intellettuali e culturali imprescindibili che ci portano a riflettere
su quanto ci accade intorno.
Per questo, anche per questo, non crediamo all’esaltazione dello stato di natura e
non le attribuiamo valore morale. Lo ha ben detto Paolo
Ricca {Protestantesimo del
24 ottobre). La natura non è
buona o cattiva, morale o immorale. La natura è. Punto e
basta. Nell’ansia di rivalutare
l’autonomia della natura, Jurassic Park la immagina piegata a un destino di salvezza
per l’uomo. Non è una grande
libertà.
(*) R. C. Lewontin: Biologia
come ideologia. La dottrina del
Dna, Bollati Boringhieri.
Si è recentemente tenuto a Torino un dibattito che ha coinvolto religiosi, giuristi, operatori scolastici
Valori morali: ITmportante è mantenere la coerenza
MIRELLA AROERTIERI BEIN
Un’interessante giornata di
studio si è tenuta a Torino il 15 ottobre sul tema: «Valori morali, si può vivere senza?» che, solo qualche tempo
fa, nella quasi euforica proclamazione della morte delle
ideologie, sarebbe apparso
anacronistico. Significativo
anche il fatto che rincontro
sia stato organizzato dal Comitato associazioni femminili
torinesi (Caft), di cui fa parte
anche l’Ywca/Ucdg.
Dopo il saluto della presidente del Consiglio regionale,
Carla Spagnuolo, e una breve
storia del Caft a cura di Frida
Malan che ne fu promotrice
con altre esponenti di associazioni femminili nel lontano
1957, il problema dei valori è
stato considerato dal punto di
vista di un uomo di legge, di
persone di fede facenti riferimento ad ambiti diversi (cattolicesimo, protestantesimo,
ebraismo) e da operatrici nel
campo educativo.
Per il procuratore capo della
Repubblica Silvio Pieri i «valori» che un tempo erano indiscussi e venivano instillati nei
giovani dalla famiglia e dalla
scuola (morale, rispetto, obbedienza, onestà, patria...) hanno
lasciato il posto aH’utilitari
smo. In parte si trattava di falsi valori o di valori degenerati
(si pensi alla fede quando sfocia nell’integralismo o nell’intolleranza, all’idea di patria
nella concezione fascista e così via) ma essi, validi o negativi, sono scomparsi senza essere sostituiti. La solidarietà
umana tuttavia (si veda il fenomeno del volontariato)
sembra sopravvivere a questo
crollo. L’oratore ha pertanto
esposto quelli che ritiene valori effettivi da ritrovare e
promuovere: rispetto reciproco, apertura al dialogo, esigenza di giustizia (oggi particolarmente avvertita), osservanza della legge (a meno
che, come nel caso delle leggi
razziali, essa imponga comportamenti criminosi).
11 teologo cattolico Carlo
Collo si è chiesto quale contributo può venire dalle religioni
e su quali valori esse possono
convergere. Dopo aver premesso che ai fini di questa ricerca il dialogo è indispensabile perché il perseguimento
di un valore potrebbe trovarsi
in contrasto con altri, ha detto
che il compito della religione
cristiana non è però quello di
organizzare valori, ma di annunciare la salvezza: da qui
tuttavia discende una proposta
di vita e quindi di valori. Don
Collo ha suggerito una «coalizione degli esseri umani intorno alla regola d’oro che emerge da tutte le religioni: “Non
fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te’’».
Alberto Taccia, pastore valdese a Torino, diffidando sia
dell’enunciazione generica dei
grandi principi (quali pace,
giustizia e simili, sui cui teoricamente tutti concordano) sia
di ogni operazione colta alla
riconquista del mondo attraverso il ricupero della religiosità, si è chiesto su quali basi
ricostruire dopo che i valori
del passato, anche quelli validi, sono stati sconfessati dal
comportamento di chi li proponeva.
Taccia ha indicato la strada
nella riconciliazione dell’essere umano con Dio, con il prossimo e con se stesso: in questo
stanno il superamento del peccato e la realtà del perdono.
Ma questa nostra testimonianza di credenti può esprimersi
ed essere credibile solo in un
contesto di libertà e laicità. È
da raccogliere la sua indicazione a non disgiungere la libertà dalla responsabilità e
dalla sobrietà, a «vivere semplicemente perché altri possa
semplicemente vivere».
Il rabbino Alberto Somekh,
della comunità ebraica di To
rino, ha affermato che la morale è inscindibile dalla religione e ha ricordato che le
norme da seguire per un ebreo
osservante sono ben 613. Lo
scopo e l’imperativo consistono nel far coincidere la volontà del singolo con quella di
Dio. Di queste norme, tre sono strettamente vincolanti: il
divieto defi’omicidio, dell’idolatria e dell’adulterio (quest’ultimo in quanto rottura del
punto d’incontro tra vita individuale e sociale).
Somekh ha reso attento il
pubblico al fatto che l’ebraismo è una religione dell’essere e non dell’avere, al punto
che il verbo «avere» stesso
non esiste nella lingua ebraica, e ha concluso facendo propria la risposta di un maestro
della legge a un giovane discepolo circa la pluralità delle
norme: «Ama il prossimo tuo
come te stesso, il resto è commento».
La sovrintendente scolastica
della Regione, Maria Antonietta Piccitto Pavan, ha detto
che è ormai fuori discussione
che il ruolo della scuola non
consiste solo nel fornire conoscenza ma anche nell’aiutare
la formazione dello studente.
Il problema sta nell’individuarne i contenuti che ha indicato nel senso del dovere, nel
la solidarietà e nel rispetto
dell’altro, la cui eventuale diversità (di sesso, di etnia, di
religione ecc.) va considerata
un valore e non un ostacolo.
Largo spazio va dato quindi
all’iniziativa dei giovani stessi
per combattere il disagio: a
questo punto Foratrice ha accennato a un «progetto giovani» che nell’ambito delle istituzioni scolastiche si muove
in questa direzione. Per la
dott. Pavan la «regola d’oro»
citata da don Collo può essere
il vero punto di riferimento.
L’argomento è stato ripreso
in un intervento successivo,
che ha messo a fuoco il «disagio da benessere» esistente nel
mondo giovanile, da cui pervengono agli adulti «domande
di senso». La risposta va cercata in un collegamento dei
valori ai bisogni del richiedente e nel combattere la «cultura
del possesso».
Ritengo che ci si debba rallegrare che nel contesto attuale si sia sentita l’esigenza in
campo laico di riflettere su un
argomento che tocca le scelte
di fondo di ogni essere umano
e che in tale ambito sia stata
data l’opportunità di ascoltare
anche una valutazione protestante e riformata, cosa che
avviene raramente nel nostro
paese.
13
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 1993
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Minaccia nucleare, ambiente, sottosviluppo nel rapporto del «Woridwatch Institute»
Serie preoccupazioni per lo stato del mondo
_______ROBERTO PEYBOT______
Nei prossimi 50 anni la
popolazione della Terra
supererà i nove miliardi di
abitanti mentre, di pari passo, diminuiranno da un lato
le risorse vitali e dall’altro
aumenterà la crisi ambientale. Con queste parole il
Worldwatch Insitute (Wi) di
Washington inizia il suo rapporto State of thè World
1993* pubblicato in Italia a
cura deirisedi di Torino.
Anno dopo anno questa
pubblicazione (iniziata nel
1983, pubblicata in 27 lingue
ed edita il lingua italiana dal
1988) pone l’accento sui problemi fondamentali per resistenza del pianeta: la povertà
di due terzi del mondo, il
progressivo degrado ambientale, la sparizione di tante
specie animali e vegetali, la
questione energetica, la necessità di uno sviluppo sostenibile e equilibrato, ecc.
Come per gli anni precedenti, il rapporto, curato dal
presidente del Wi, Tester
Brown, è il risultato della
collaborazione di parecchi ricercatori che hanno condotto
la loro indagine in tutti i settori e in tutti i continenti.
Si tratta di un volume di
388 pagine più che mai necessario per coloro che hanno
responsabilità politiche, sociali e amministrative, ma che
pongono anche l’opinione
pubblica mondiale, e ciascuno di noi, di fronte a delle
scelte, a del modelli di vita. Il
rapporto di quest’anno si sofferma su alcuni temi meno
noti e meno trattati da analoghe indagini, e sui quali vale
forse la pena di riflettere.
Il divario fra i sessi
Tre miliardi di persone (oltre la metà della popolazione
terrestre) vivono in un’economia di sussistenza e cioè ai
limiti della sopravvivenza.
Secondo il rapporto questa
Missili in esposizione a Ferrara
drammatica situazione è data
dalla grossa discriminazione
nei confronti del lavoro femminile, che richiede la fatica
più pesante e più lunga e che
contribuisce in misura maggiore al reddito familiare,
con particolare riferimento
all’ alimentazione.
I dati parlano chiaro: in
America Latina la donna
produce il 50% delle derrate
per i bisogni familiari, mentre nell’Africa subsahariana e
nel subcontinente indiano la
percentuale raggiunge ben
ì’80!. Ciononostante la donna viene considerata generalmente «improduttiva». E
qjjesto il frutto di un pregiudizio sessuale, dice il rapporto, che nega un adeguato stato giuridico a centinaia di
milioni di donne per ottenere
istruzione, addestramento,
servizi sanitari, assistenza
all’infanzia.
II rapporto non si limita a
fornire una serie di dati e di
cifre, ma propugna la necessità di un orientamento del
tutto nuovo dei programmi di
sviluppo che devono basarsi
sulla creazione di un ambiente in cui uomini e donne abbiano uguali opportunità,
maggior collaborazione per
raggiungere l’urgente obiettivo comune per porre fine alla
fame e alla miseria.
CONVEGNO DEI
CENTRI CULTURALI
Firenze, 12-14 novembre 1993
Istituto Gould - via dei Serragli 49
PER UNA CULTURA PROTESTANTE
i" ^
venerdì 12 novembre - ore 20,30:
- presentazione del libro Vite discréte di B. Peyrot
e G. Bonansea. Presiede Anna Seattigno (Soc. storica italiana).
sabato 13 novembre
mattino (ore 9): introduzioni storiche d dibattito. Presiede Elena Bein Ricco.
- G. Spini: Sguardo sulla cultura evangelica
dell’800.
- G, Bouchard: Problemi e prospettive della cultura protestante del '900.
- G. De Cecco: Gioventù cristiana: la teologia
contro i compromessi.
pomerìggio (ore 15): Riflessioni di attualizzazione e
dibattito. Presiede Franco Calvetti.
- G. (Sonte: Pròtestantesimo e cultura in Italia,
nell’ottica di un pastore.
- S. Rostagno: La sfida in campo teologico.
- F. Mazzarella Long: La riflessione femminista
nel protestantesimo italiano.
- B. Peyrot: / Centri culturali protestanti: possibili
incroci multiculturali.
sera (ore 20,30): eventuale prosecuzione dibattito,
domenica 14 novembre
ore 9-11: dibattito conclusivo presieduto da Giorgio Toumif
ore 11: culto.
Prepararsi alla pace
«Se vuoi la pace, prepara la
pace». Con questo motto apparentemente banale il capitolo dedicato al disarmo pone
invece una questione di base:
solo con una mentalità di pace e di riconciliazione si può
preparare un solido terreno
atto a eliminare le guerre. Invece, il sistema della guerra è
più che mai vivo e vegeto. La
diagnosi del rapporto è precisa: i conflitti armati potranno
essere evitati solo se si è in
grado di affrontare le loro
complesse radici e cioè le
profonde iniquità sociali ed
economiche e gli antagonismi religiosi.
Anche se vi sono progressi
nel disarmo, la produzione di
armamenti continua. Nessuno
dei trattati fin qui sottoscritti
comprende il mandato di
smantellare o di convertire a
usi civili le fabbriche di armi.
A parte l’enorme potenziale
nucleare tuttora in grado di
cancellare dalla Terra ogni
forma di vita, viene denunciata la corsa agli armamenti
tradizionali, specie nel Terzo
Mondo, per cui si rendono
necessari controlli ben più
severi e continui: i governi
interessati si devono convincere che queste misure serviranno ad accrescere e non a
minacciare la sicurezza.
L’analisi si sposta poi sulla
funzione dell’Onu, a cui viene contestato il progressivo
aumento dell’uso della forza,
con i risultati ben noti. Viene
a tal proposito ricordata la
motivazione data nel 1988
per il conferimento del Premio Nobel ai corpi di pace
delle Nazioni Unite, «impiegati a livello internazionale
non per muovere guerra, non
per servire il punto di vista di
qualche potenza, e non per
imporre il proprio dominio».
Per un'industria verde
L’ultimo capitolo è dedicato alla necessità di una prossima rivoluzione industriale.
Dal 1950 ad oggi l’economia
mondiale è cresciuta di cinque volte generando paesi
sempre più ricchi da una parte e sempre più poveri da
un’altra, provocando per di
più a livello planetario estese
distruzioni e un grave degrado dei beni naturali quali
l’aria, l’acqua, la terra con la
sua vita animale e vegetale.
Ormai non vi è più un angolo
della Terra incolume: l’ecologia deve diventare il principio
motore della prossima rivoluzione industriale, il cui compito sarà di modificare i processi di fabbricazione, di
adottare nuove tecniche agricole e di sviluppare energie
alternative.
Anche in questo caso i paesi sottosviluppati sono svantaggiati in quanto utilizzano
tecnologie di recupero e obsolete. Una politica industriale verde si impone per tutti: i
costi saranno certo alti e i pericoli di passi falsi reali. Ma,
conclude il rapporto, più che
mai oggi il termine «salute» è
valido nel suo doppio significato: la salute dell’economia
globale dipenderà fatalmente
dalla salute dell’ambiente sul
quale essa poggia.
(*) Worldwatch Institute: Lo
stato del mondo 1993. Torino,
Isedi, 1993, pp 388, £30.000.
Paesaggio di periferia
Lii
Venerdì 12 novembre — TORINO: Alle ore 18, presso la sala lauree
della Facoltà di Scienze politiche (via S. Ottavio 20), il giornalista
Massimo Alberizi, Ahmed Botan (Università di Trento) e il prof.
Angelo Del Boca parlano sul tema: «Somalia: quali prospettive?».
Sabato 13 novembre — TREVISO: Alle ore 16,30 a palazzo Onigo
(corso del Popolo 29), il past. Eugenio Stretti parla sul tema: «Diversità tra cattolicesimo e protestantesimo».
Domenica 14 novembre — ROMA: Nell’ambito del corso di formazione ecumenica organizzato dal Sae sul tema «Sinagoga, chiesa,
moschea: un incontro possibile», in via Giusti 12 la scrittrice ebrea
Giacoma Limentani, il medico musulmano Mohaddes Reza e il
prof Daniele Garrone parlano su «Sinagoga, chiesa, moschea a
una svolta». Introduce il teologo mons. Carlo Molari.
Mercoledì 17 novembre — AOSTA: Alle ore 21, nel salone del palazzo regionale, il past. Giorgio Bouchard parla sul tema: «Ragion di
stato: coinvolgimento e complicità delle religioni nei nazionalismi
in una prospettiva protestante».
Giovedì 18 novembre — TORINO: Alle ore 21, presso il salone valdese di corso Vittorio Emanuele 23, Fabio Armao (Università di
Torino), don Albino Bizzotto (Mir Sada) e Walter Peruzzi del Comitato per la verità sulla guerra nel Golfo, palano sul tema: «Diritto e dovere d’ingerenza della comunità internazionale nei conflitti armati».
Venerdì 19 novembre — BERGAMO: Alle ore 21, presso il Centro
progetto (via Longuelo 83), il prof Giorgio Spini parla sul tema:
«Il protestantesimo e le rivoluzioni del nostro tempo».
Sabato 20 novembre — TORINO: Alle ore 15, nel salone valdese di
corso Vittorio Emanuele 23, il prof Luigi Bonanate, docente di
Relazioni internazionali, il filosofo Ugo Perone e lo psicanalista
Ettore Zerbino parlano sul tema: «Nazione umana: nazionalismi e
umanità».
Sabato 20 novembre — BRESCIA: Alle ore 17, presso il Centro culturale evangelico (via dei Mille 4), il past. Thomas Soggin parla
sul tema: «Il protestantesimo nella formazione del mondo moderno».
Sabato 20 novembre — ROMA: Alle ore 20,30, presso la chiesa battista di via del Teatro Valle, il chitarrista Stefano Mingo e il soprano Donatella Giorgi eseguono musiche di Britten, Sor, Giuliani e Dowland. L’incasso è a favore della causa di Emanuela Di
Marzio.
Vita e morte di periferia
Immaginiamoci i più fortunati romanzi del commissario Maigret nei primi anni ’90: la periferia, con i suoi locali scalcinati,
i relativi sordidi avventori, mestieri precari, vecchi guardiani,
le chiuse lungo la Senna; ma i personaggi, gli sbandati, gente
che vive di espedienti, piccoli criminali ora hanno vent’anni.
La localizzazione rimane, l’atmosfera, da nostalgica e malinconica che era in Simenon, diventa allucinata, ma diventa anche riflesso di una triste realtà. L’emarginazione, la tossicodipendenza, la precarietà della vita. Le storie di Didier Daeninckx*, ex tipografo, ex operaio, ex tutto che ora scrive racconti e romanzi di impalcatura poliziesca ma di ben maggiore
spessore si ambientano qui, in uno spazio in cui c’è anche una
chiesa luterana «il cui tetto imitava la traiettoria di un boeing
in decollo».
È il caso della banda di giovani che tenta di svaligiare un deposito lungo la Senna (il protagonista in fondo è un bravo ragazzo, pochissime dosi di droga, soprattutto soffre la separazione fra i genitori), o quello delle rivolte dei giamaicani nei quartieri ghetto londinesi o, soprattutto, quello della disperazione
del sottoproletario che per riuscire a tirare avanti si autoconvince di essere figlio illegittimo di due nobili famiglie: la gravidanza di sua madre sarebbe stata nascosta e il suo frutto sarebbe stato venduto a una coppia di algerini.
La rivolta contro i padri che Macarez vorrebbe rifiutare (intesi collettivamente) si compie con la sua milizia volontaria proprio nella guerra d’Algeria; la rivolta contro il padre «presunto» nella sua mente si compie sequestrandolo l’anziano nobile
all’interno della clinica dove è ricoverato.
Il racconto, teso e efficace, dice molto più di tante inchieste
sociologiche sulla disperazione dei disoccupati cronici, delle
periferie, del degrado sociale: potenza della letteratura! ■
(*) Didier Daeninckx: Off limits. Roma, Donzelli, 1993, pp 172,
£ 28.000.
Il personaggio Bismarck
L’iconografia tradizionale non ha dubbi nel rappresentare Otto von Bismarck: corporatura massiccia e eretta, pugni serrati,
sguardi severi. E il ferreo difensore della tradizione pmssiana,
l’innamorato del potere che afferma: «Voglio essere io quello
che fa la musica: e farla come io intendo che vada fatta, o non
farla affatto». E il Bismarck militarista, trionfatore sull’impero
austroungarico e sul secondo impero francese, autore dell’agghiacciante sentenza: «I grandi problemi del tempo non si risolvono con i discorsi e le deliberazioni maggioritarie ma con
il ferro e con il sangue».
E questa l’immagine che lo stesso cancelliere volle dare di
sé, soprattutto nei rapporti intemazionali. Ma sarebbe far torto
alla sua statura intellettuale ritenere che dietro la maschera
dell’inesorabile, monolitico costruttore della potenza germanica non vi fossero dubbi, non vi fosse la lucida percezione della
fragilità estrema degli equilibri faticosamente costruiti. Lo verifichiamo leggendo la breve ma densa biografia dello statista
pmssiano che Lothar Gali, storico di Francoforte, ha recentemente pubblicato*. Ne emerge un personaggio complesso, diviso fra la passione per la politica e la nostalgia per la campagna, drammaticamente consapevole di quanto facilmente una
vittoria possa trasformarsi in una sconfitta. «Una cosa s'impara bene in questo mestiere - scrive alla moglie dopo aver assunto la carica di primo ministro - che per quanto si possa essere all’altezza dei .savi di questo mondo, sempre finisce che il
momento appresso ci si ritrovi come bambini nel buio».
(*) Lothar Gale: Bismarck. L’uomo che ha fatto grande la Germania. Milano, Garzanti, 1993, pp 127, £ 18.000.
Notizie dal Medio Oriente
Una casa editrice nata con l’obiettivo mirato di fornire testi
di approfondimento e chiavi di lettura su un problema intemazionale specifico conte quello della questione mediorientale e
del Sud del mondo. È questa infatti la linea che si propone la
Gamberetti editrice di Roma.
Due i primi titoli in catalogo: Il giorno che a Beirut morirono
i panda, di Rita Porena (Ansa, Paese sera. Radio della Svizzera italiana) con introduzione di Igor Man, racconta gli ultimi
giorni dell’assedio israeliano alla capitale libanese quando il
massacro di Sabra e Chatila era nell’aria.
L’altro libro. Amicizie pericolose, si deve a due giornalisti
americani, Andrew e Leslie Cockbum, e tratta dei rapporti segreti tra la Cia e i servizi israeliani del Mossad.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 12 NOVEMBRE I993
LE NUOVE LEGGI ELETTORALI DELLA CAMERA E DEL SENATO
L'ITALIA UNINOMINALE: UNA RIFORMA VERSO DOVE?
STEFANO SICARDI*
Dopo anni di dibattiti, due referendum e un iter parlamentare
affannoso e confuso, sono state definitivamente approvate le nuove leggi elettorali del Senato e della Camera (1. n. 226 e 227/1993)’
Il Parlamento ha dovuto concludere i suoi lavori in tempi stretti, pressato dall’esito referendario, in un
quadro percorso da forti contrapposizioni (basti pensare a quella tra
«turno unico» e «doppio turno») e
da un intenso, ma ben più sommesso, lavorìo combinatorio degli aspetti maggioritari e proporzionali dei
nuovi sistemi elettorali. Ci troviamo
così oggi di fronte a due sistemi
«misti» anche se in prevalenza maggioritari: per ambedue i rami del
Parlamento il 75% dei seggi viene
assegnato con il sistema uninominale a un turno (conquista il seggio il
candidato che ottiene il maggior numero di suffragi nel collegio), mentre il restante 25% viene attribuito
con metodo proporzionale.
Le circoscrizioni e i collegi
Prima però di soffermarci con
maggiore attenzione su questi aspetti è opportuno richiamare brevemente due ordini di problemi.
In primo luogo si sta ancora procedendo alla delimitazione dei nuovi collegi elettorali (232 al Senato,
rispetto ai precedenti 238; 475 alla
Camera). La nuova normativa, ben
consapevole dell’estrema delicatezza di tale operazione, ha individuato, in un’apposita delega legislativa,
principi e criteri in proposito (limiti
minimi e massimi di popolazione
del collegio, contiguità del suo territorio, tutela delle minoranze linguistiche, ecc.); ha inoltre stabilito che
il governo si avvalga del lavoro di
un’apposita commissione di esperti,
nominata dai presidenti delle due
Camere (i quali hanno provveduto
nell’agosto scorso); ha infine dettato specifiche norme procedimentali
relative al decreto legislativo del
governo che conclude l’iter (su tale
decreto vanno richiesti i pareri delle
Regioni e delle Commissioni parlamentari competenti, e qualora il governo si discosti dal parere di queste
ultime, deve dame «adeguata motivazione»).
Il voto degli italiani all'estero
In secondo luogo resta aperta la
spinosa questione del voto degli italiani all’estero: la nuova normativa
prevede in proposito una delega al
governo (riguardante, tra l’altro, la
determinazione dei collegi uninominali esteri) conferita prima
dell’entrata in vigore della legge
costituzionale (ancor oggi in discussione) che introduce il principio di una distinta rappresentanza
parlamentare per gli italiani
all’estero, definisce le grandi circoscrizioni estere e fissa il numero di
deputati e senatori da eleggervi
(previsti, a tutt’oggi, in dieci per il
Senato e venti per la Camera).
A parte questo curioso caso di
legge-delega, relativa, come ha notato Valerio Onida, a un istituto (la
distinta rappresentanza parlamentare per l’estero) non ancora introdotto, l’incertezza sul futuro iter della
legge costituzionale complica
l’operazione di delimitazione dei
nuovi collegi elettorali sul territorio
nazionale (il loro numero, e quindi i
loro confini, cambiano infatti a seconda che si tenga conto o meno
dei 20 e 10 seggi destinati all’estero; e, infatti, la Commissione di
esperti sopra ricordata, a fine ottobre ’93, ha formulato al governo, in
tema di collegi, due proposte: una a
«costituzione vigente», e l’altra che
tiene conto della distinta rappresentanza parlamentare per l’estero).
Veniamo ora alla descrizione più
dettagliata dei nuovi sistemi elettorali di Camera e Senato: si tratta di
sistemi che presentano caratteristiche strutturali simili (in parte già
sinteticamente ricordate), ma anche
alcune non trascurabili differenze.
I e circoscnziom
PIEMONTE
Senato
Camera
23
48
(17)
(36)
Circoscrizioni
PIEMONTE 1: 25 (19)
(provincia Torino)
PIEMONTE 2: 23 (17)
(province Vercelli, Novara. Cuneo,
Asti, Alessandria. Verbano-CusioOssola)
LOMBARDIA
Senato
Camera
47
47
(47)
(4)
Circoscrizioni
LOMBARDIA 1: 41 (31)
(provincia Milano)
LOMBARDIA 2: 42 (32)
(province Varese, Como, Sondrio,
Lecco, Bergamo, Brescia)
LOMBARDIA 3: 15 (11)
(province Pavia, Cremona, Mantova,
Lodi)
VENETO
Senato
Camera
23 (17)
49 (37)
Circoscrizioni
VENET01: 29 (22)
(province Verona, Vicenza, Padova,
Rovigo)
VENETO 2; 20 (15)
(province Venezia, Treviso. Belluno)
EMILIA ROMAGNA
Senato
Camera
21 (15)
43 (32)
UMBRIA
Senato
Camera
(5)
(7)
ABRUZZO
Senato
Camera
7 (5)
14 (11)
Senato
Camera
Circoscrizioni
LAZI01: 42
(provincia di Roma)
LAZIO 2: 15 (11)
(provincia Viterbo. Rieli, Latina, Prosinone)
SARDEGNA
Senato
Camera
9 (6)
18 (14)
Circoscrizioni
CAMPANIA 1; 33 (25)
(provincia Napoli)
CAMPANIA 2: 29 (22)
(province Caserta. Benevento. Aveilino, Salerno)
SICILIA
Senato
Camera
27
55
(20)
(41)
Circoscrizioni
SICILIA 1: 27 (20)
(province Palermo, Trapani, Agrigenio, Caitanissetta)
SICILIA 2: 28 (21)
(province Messina, Catania, Ragusa.
Siracusa, Enna)
Il progetto della commissione guidata dai prof. Alberto Zuliani per I nuovi collegi e le circoscrizioni elettorali da approvare
entro il 21 dicembre, dopo aver ottenuto il parete dei Consigli regionali
Il sistema elettorale del Senato
Esaminiamo anzitutto il sistema
elettorale del Senato (legge n.
226/1993):
a) ogni candidato può presentarsi
in un solo collegio uninominale; le
candidature sono subordinate alla
sola firma di sottoscrizione di un
certo numero di elettori del collegio
(da 1.000 a 1.500); i candidati possono (ma non devono) collegarsi tra
loro (a livello regionale, come già
avveniva in precedenza); se si collegano potranno poi concorrere alla
fase di riparto proporzionale dei
seggi;
b) l’elettore ha un solo voto a disposizione su un’unica scheda, da
attribuirsi a uno dei candidati che si
presentano nel collegio uninominale in cui egli vota;
c) il 75% dei seggi viene attribuito al candidato che, in ognuno dei
collegi uninominali, ha ottenuto il
maggior numero di voti validi (sistema uninominale maggioritario a
turno unico);
d) il restante 25% dei seggi viene
ripartito proporzionalmente (metodo D’Hondt, già in precedenza usato) tra i gruppi di eandidati collegati
a livello regionale (in Piemonte, ad
esempio, 6 seggi senatoriali dei 23
complessivamente previsti per tale
Regione verranno attribuiti con sistema proporzionale); risulteranno
eletti i candidati che, sconfitti nei
collegi uninominali (perchè non arrivati primi) abbiano però conseguito le maggiori percentuali rispetto
ai voti validi complessivamente
espressi nel loro collegio (la ripartizione proporzionale non avviene
però per Val d’Aosta e Molise);
e) questa operazione di distribuzione proporzionale prevede però, a
vantaggio dei gruppi di candidati
meno forti, il cosiddetto «scorporo»: la cifra elettorale di ogni gruppo sarà diminuita dei voti ottenuti
dai candidati che ne fanno parte risultati vincenti nei collegi uninominali (di conseguenza quei gruppi
che hanno avuto maggiore successo
nei collegi uninominali concorreranno in misura minore al riparto
proporzionale).
Il sistema elettorale della Camera
Passiamo ora ad esaminare le caratteristiche del sistema elettorale
della Camera (legge n.227/1993), ricordando preliminarmente che le
nuove leggi elettorali vietano candidature contestuali alla Camera e al
Senato (ampiamente praticate in
passato).
a) bisogna anzitutto premettere
che, per la Camera, accanto ai singoli candidati che si presentano nei
collegi uninominali (di dimensioni
approssimativamente dimezzate rispetto a quelli del Senato) vi sono liste che concorrono a livello di circoscrizione (la legge prevede 26 circoscrizioni elettorali, coincidenti di regola con il territorio regionale, salve
alcune regioni più vaste e popolose
che hanno due circoscrizioni (come
il Piemonte) o addirittura tre (soltanto la Lombardia). Nei collegi uninominali viene attribuito il 75% dei
seggi della Camera; il restante 25%
viene attribuito con riparto proporzionale, tenendosi conto (vedremo
in seguito in che modo) delle varie
liste appena ricordate.
I candidati nei collegi uninominali
(che non possono concorrere per più
di un collegio) devono essere presentati da un numero di elettori variante tra i 500 e 1.000 e devono comunque aderire a un lista che si presenta a livello di circoscrizione (qui
non sono ammessi, come al Senato,
candidati «liberi», che «fanno tutto
da sé»). Sulla scheda, quindi, accanto al nome del candidato, comparirà
almeno un simbolo di lista e la legge
prevede, nell’intento di favorire una
semplificazione degli schieramenti
politici, che possano pubblicamente
convergere su uno stesso candidato
anche più liste (fino a cinque). Intorno al nome di candidato potrà quindi
apparire, sulla scheda, una corolla di
simboli.
Le liste circoscrizionali devono
essere presentate da un numero di
elettori che va da 500 a 4.500. Si
tratta di liste brevi, che hanno cioè
un numero di candidati non superiore a un terzo dei posti da assegnare
proporzionalmente nella circoscrizione. Per favorire, in liste tanto brevi, la presenza femminile la legge
prevede che «le liste recanti più di
un nome sono formate da candidati
e candidate in ordine alternato». Di
queste liste possono far parte tanto
candidati che si presentano nei collegi uninominali, quanto altri cittadini (l’eventualità di doppie candidature si riduce quindi, oggi, solo a
quest’ipotesi). E, ancora, si tratta di
liste bloccate: l’elettore non può insomma più dare il voto di preferenza
(come era previsto in passato e anche fu proposto nell’iter parlamentare della nuova legge); quindi l’ordine di proclamazione degli eletti sarà
dato dall’ordine di successione della
lista;
b) l’elettore, a differenza che per
l’elezione del Senato, dispone qui di
due voti da esprimersi su due diverse schede: la prima scheda riguarda
il collegio uninominale, la seconda
la circoscrizione in cui l’elettore vota; sulla prima scheda l’elettore sceglierà tra singoli candidati (sia pur
collegati a uno o più simboli di lista); sulla seconda l’elettore sceglierà tra le liste bloccate circoscrizionali di cui si è detto (riferentesi a
singoli partiti o gruppi politici, o ad
alleanze di partiti o gruppi politici).
L’elettore può, peraltro, «spezzare»
il suo voto: votare cioè, nella seconda scheda, per una una lista non collegata al candidato votato sulla prima scheda;
c) anche per la Camera, così come
per il Senato, il 75% dei seggi viene
attribuito con il sistema uninominale
maggioritario a turno unico; è stata
sconfitta in sede parlamentare la
proposta di prevedere un doppio turno «alla francese»;
d) vediamo ora come si distribuisce proporzionalmente il restante
25% dei seggi. Vi è una prima fase
che si svolge a livello circoscrizionale: si calcolano infatti anzitutto le
cifre elettorali delle diverse liste
presentate in sede circoscrizionale
(quelle votate con la seconda scheda). In questa fase interviene il cosiddetto «scorporo». A differenza
che per il Senato qui però lo scorporo non è totale: dalla lista a cui è
collegato il vincente in un collegio
uninominale non si sottraggono tutti
i voti ottenuti da quest’ultimo ma tale sottrazione è pari al 25% dei voti
validi se il vineente ha ottenuto più
di tale percentuale; se invece egli ha
conseguito una percentuale inferiore
la sottrazione è pari al numero dei
voti, più uno, del candidato piazzatosi secondo nel collegio. Si è ipotizzato che questo complesso meccanismo sia stato presumibilmente
escogitato per «non creare possibili
conflitti di interesse fra i candidati
nei collegi e quelli che possono essere eletti per il riequilibrio proporzionale» ((iaretti-De Siervo).
La seconda fase del riparto si
svolge a livello nazionale. I risultati
delle singole regioni affluiscono al
centro e portano a determinare le cifre elettorali nazionali delle diverse
liste. Le liste che, a livello nazionale, non hanno ottenuto una percentuale del 4% non partecipano al riparto dei seggi in palio (è prevista,
per la Camera, una clausola di sbarramento, non prevista al Senato, dove peraltro il ristrettissimo numero
di seggi da ripartire proporzionalmente, per di più a livello regionale,
comporta già di per sè notevoli correzioni della proporzionalità). Per le
liste che, a livello nazionale, superano la soglia di cui si è detto si procede, sempre a livello nazionale, a ripartire tra loro proporzionalmente
(qui non con il metodo D’Hondt ma
con quello del quoziente naturale e
dei più alti resti) il 25% dei seggi
della Camera dei deputati.
A questo punto, determinato il numero dei seggi, si provvede a distribuirli tra le diverse circoscrizioni:
sulla base dei risultati conseguiti da
ciascuna lista in sede circoscrizionale, vengono proclamati eletti i candidati inseriti nella lista «secondo l’ordine progressivo di presentazione»
(si ricordi che le liste sono «bloccate») e, nel caso che i seggi da assegnarsi in una data circoscrizione a
una certa lista siano superiori al numero dei candidati in essa inclusi (le
liste sono brevi e contengono non
più di un terzo di nominativi rispetto
al numero di candidati assegnato a
una circoscrizione), saranno proclamati eletti quei candidati (collegati a
tale lista) che, pur non essendo arrivati primi nei loro collegi uninominali, vi abbiano conseguito (in proporzione) i migliori risultati.
Il sistema maggioritario
Siamo dunque passati da sistemi
elettorali proporzionali a sistemi in
prevalenza maggioritari (nella versione più drastica, cioè a turno unico, prevalso per un groviglio di ragioni, talora contingenti, talaltra di
principio). Alla scelta maggioritaria,
oltre al suo significato di rottura verso un passato da esorcizzare, si sono
legate le aspirazioni di esiti elettorali semplificati e «leggibili» (due
grandi partiti o due grandi schieramenti: chi vince governa e potrà essere punito e sostituito alle successive elezioni) e di valorizzazione delle
individualità sugli apparati politici
nella scelta dei candidati e nel rapporto con gli elettori.
Il primo obiettivo (come dimostrano le esperienze inglesi e francesi) è
assicurato dai sistemi maggioritari
uninominali solo però se essi si
combinano con un sistema partitico
strutturato e tendenzialmente uniforme a livello nazionale. Soltanto così
i due partiti o schieramenti in campo
producono un confronto che sfocia
nella indicazione, fin dalla cabina
elettorale, della futura maggioranza
e del futuro governo (e, sia detto ben
chiaro, le esperienze all’estero mostrano che in tal caso le grandi opzioni vengono a contare molto di pw
delle persone dei candidati). Oggi
però in Italia la situazione è ben diversa: il sistema partitico non è pm,
almeno per il momento, «nazionale»
(e, addirittura, sia i partiti in quanto
tali, sia la stessa nazione sono semplicisticamente ma diffusamente
contestati).
Comunque sia l’Italia di oggi
politicamente almeno, «a strisce». In
* Professore di diritto costituzionale
all’Università di Torino
SEGUE A PAGINA 11
15
\/F.NERDÌ 12 NOVEMBRE 1993
La Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Due lettere sul problema del rapporto tra evangelici e Lega Nord
Quando \ lettori si mettono in lega...
In un recente articolo dal titolo spiritoso «Bossoli e Bossi», apparso su queste colonne, Maurizio Girolami svolgeva una preoccupata analisi degli effetti dirompenti, in atto e
in prospettiva, generati dall’irruzione della Lega Nord
sull’orizzonte politico italiano. Era una messa a punto
esemplare non solo sotto il
profilo ideologico e del costume sociale, ma anche come
monito a riflettere sugli interrogativi morali e di fede che
l’adesione al movimento leghista non può non sollevare.
Non meraviglia troppo dunque che un lettore, Sergio Bilati di Verona, si sia sentito
stimolato a reagire e abbia con
chiarezza e incisività contestato le affermazioni del redattore in una corrispondenza pubblicata con il titolo «La rivolta
della Lega» sul numero del 29
ottobre di Riforma. In sintesi,
si rimprovera a Girolami di
avere assunto una posizione in
qualche modo integrista alla
stregua della scomunica cattolica contro chi votava liberale
prima e comunista poi.
Sul presunto integrismo di
chi condanna la Lega anche in
nome di una visione di fede,
nella tradizione protestante,
sia consentito di fare alcune
modeste considerazioni. Il
problema è cogliere il senso
profetico di un ammonimento,
al di là dei suo riferimenti
contingenti e delle soluzioni
certamente opinabili. Mentre
pare assai azzardato paragonare la protesta di Lutero contro
la corruzione della corte pontificia alla rivolta della Lega
contro la Roma parassita e
inefficiente dei burocrati ministeriali, vi è semmai da ricordare che storicamente gli
uomini del Carroccio erano sì
i difensori delle libertà comunali contro le prevaricazioni
imperiali, ma erano al tempo
stesso i fautori più intransigenti del potere vescovile:
dunque non mi pare che da
siffatta ispirazione ideale ci
sia da attendersi una lezione
di sana laicità. Prova ne sia
che a dispetto dei furori anticuriali del professor Miglio la
Lega schiera gli oltranzismi di
devotissimi propagatori del
dogma cattolico come quell’
onorevole Irene Pivetti, esponente di punta della consulta
cattolica della Lega Nord che,
non nuova a prese di posizione reazionarie, ha di recente
suscitato scalpore per le sue
dichiarazioni sulla assoluta
superiorità del cattolicesimo,
di cui stralciamo le parti più
orripilanti.
«Il cattolico non può riconoscere sempre e a chiunque
il diritto di manifestare la sua
religione... Abbiamo il dovere di non sottoscrivere acriticamente l’art. 18 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo...
I cattolici devono cercare di
redimere gli altri per non lasciarli nell’errore». Affermazioni di stampo medioevale
che per la verità hanno provocato reazioni di ripulsa e aperta sconfessione negli ambienti
cattolici più avvertiti. Un ennesimo tassello, forse, di quella riscossa di quell’integralismo cattolico di cui sono segni visibili l’enciclica Veritatis splendor o l’irresistibile
ascesa dell’ideologo di Comunione e Liberazione prof. Bottiglione, candidato alla segreteria della nuova Democrazia
cristiana.
Si obietterà che la Lega non
si identifica interamente con
quelle posizioni e che al suo
interno esistono certamente
atteggiamenti più responsabili
sui rapporti interconfessionali,
così come alcune deliranti tirate razziste e secessioniste
dell’ideologo ufficiale del movimento non costituiscono
tout-court il pensiero di tutta
la Lega. Ma è proprio questa
ambivalenza che preoccupa,
questa ambizione sincretistica
per cui gli opposti coesistono
ed è sufficiente una smentita,
ancorché tardiva e svogliata, o
una tirata di orecchi amichevole per sanare qualsiasi
contrasto e ricostituire un
fronte compatto contro il nemico.
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n, t76
del 1' gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo t993.
Non è stata proprio questa
la strategia vincente del cattolicesimo rampante, quella teologia dell’er et di cui discuteva il compianto Vittorio Subilia? Un movimento formato
prevalentemente di ceti medi
imprenditoriali, spesso portatori di piccoli interessi corporativi, con tutto il tradizionale
armamentario liberistico ostile
allo stato sociale, che però si
forgia un proprio sindacato
operaio. Si predica il separatismo e si assicura allo stesso
tempo che non si intende mettere a rischio l’unità nazionale. Si parla di spirito calvinistico e di rigore protestante,
anche se è lecito dubitare che
se ne sappia qualcosa davvero, e si consente alla Pivetti di
pronunciare quelle indecenti
parole di oscurantismo intellettuale e trionfalismo confessionale. Si tuona contro gli
appelli all’unità dei cattolici in
funzione filodemocristiana e
si fa a gara per rivendicare la
protezione e i favori di qualche vescovo leghista. Si fa
una campagna contro l’8%o al
Vaticano (comunque, pare, di
breve respiro strategico) ma
non si spende una parola
sull’insegnamento confessionale cattolico nella scuola
pubblica.
Quale chiarezza, quale reale
volontà di progresso nella giustizia e nella libertà (questi sì
valori costitutivi della Riforma protestante e delle chiese
che vi si ispirano) sono da attendersi, al di là di una sacrosanta domanda di pulizia amministrativa e modernizzazione, da questo confuso intreccio di velleità «rivoluzionarie» e rigurgiti fascistoidi?
Con quale tranquillità si può
mettere se stessi e il paese nelle mani della Lega, questa
sconosciuta?
Nicola Pantaleo - Bari
Su queste pagine si può affrontare il pensiero religioso
che striscia nella Lega: «Un
cattolico non può riconoscere
sempre e a chiunque il diritto
di manifestare la sua religione. Le fedi religiose non possono essere messe tutte sullo
stesso piano. Solo quella cattolica è una religione rivelata
per cui non possiamo sottoscrivere acriticamente l’articolo 18 della Dichiarazione di
diritti dell’uomo, che sancisce
per tutti piena libertà di credo
religioso (...). Dobbiamo adoperarci con tutti i mezzi, naturalmente non violenti, per arrivare a questo fine: il culto
cattolico deve essere condiviso da tutti», (dichiarazioni di
Irene Pivetti, responsabile della Consulta cattolica leghista,
su La Repubblica del 3 ottobre scorso, pag. 4, in un articolo a firma di Lucchelli).
Aspetto ovviamente la
smentita ufficiale della Lega,
che naturalmente dirà tutto il
contrario di quello che il povero giornalista ha capito e riportato! Chissà se a qualche
anziano fratello di qualche
piccola chiesa evangelica
(culto ammesso) non fa venire
in mente brutti ricordi o i brividi del già visto...
Ora, se anche accettassimo
il consiglio di non demonizzare la Lega (cosa che peraltro fa proprio la Chiesa cattolica, si vedano le dichiarazioni del card. Biffi su Avvenire), mi chiedo perché i varipolitici leghisti, l’on. Bossi e
compagni, parlino così differentemente se si rivolgono
all’elettorato leghista oppure
alla società tutta; insomma,
che cosa vogliono? Pena di
morte o giustizia? Federalismo o secessione? Libertà di
coscienza o leggi autoritarie
(grazie per il «naturalmente
nonviolenti»)?
Ce lo dicano chiaramente,
così eviteremo confusioni,
non firmeremo cambiali in
bianco, e non staremo troppo
a chiederci in che cosa abbiamo peccato, ma magari inizieremo a essere un po’ più profeti e quindi sale della terra.
Lorenzo Racioppi
Montiano (Gr)
DALLA PAGINA 10
RIFORMA ELEDORALE
questo quadro il sistema a un
turno potrebbe fare «stravincere» forze politiche molto diverse al Nord, al Centro e al
Sud, con la corona dei più
piccoli che si dividono proporzionalmente qualche spoglia (che potrebbe poi però,
nei futuri equilibri parlamentari, rivelarsi determinante)
del riparto proporzionale. Un
quadro «diviso» di questo genere, combinato con il turno
unico (che incoraggia molto
meno del «doppio turno» le
alleanze preelettorali) non si
presta certo a far uscire dalle
urne, con chiarezza e prevedibilità, la nuova maggioranza e
il nuovo governo. E, anche
prescindendo dal fattore geografico di cui si è detto, le vicende politiche degli ultimi
tempi testimoniano dell’estrema difficoltà di riaggregazione delle forze politiche italiane, vecchie e nuove, su opzioni semplificate «destra/sinistra» (nessuno vuol impersonare la «destra», troppi vogliono stare al «centro», ecc.),
indispensabili per un confronto bipolare volto al centro.
Le tendenze all’accorpamento non sono nemmeno
univocamente favorite dagli
stessi meccanismi delle due
leggi che abbiamo prima analizzato. Prendiamo il caso, alla Camera, del rapporto tra
elezioni nei collegi, liste circoscrizionali e «scorporo»: se
lo scorporo, come già visto,
tende a favorire i «piccoli», e
se essi però si alleano stabilmente con i vincenti più
«grandi», rischiano di perdere
gran parte dei loro vantaggi.
Ciò potrebbe dar luogo a patti
preelettorali che prevedano
misure compensative degli
svantaggi; ma potrebbe anche
portare i «piccoli» a giocare
sui tavoli più diversi per
«massimizzare» l’effetto dello
scorporo (una tattica oltretutto
favorita dalle già ricordate
grandi difficoltà di riaggregazione nazionale dell’attuale
sistema dei partiti). Si potrebbe allora dire: pazienza, l’accorpamento e la semplificazione verranno; per intanto è
bene valorizzare le individua
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
«L'Eterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà...
Quand'anche camminassi
nella valle dell'ombra della morte
io non temerei male alcuno,
perché tu sei meco»
Salmo 23
«E ora. Signore,
che aspetto?
La mia speranza è in te»
Salmo 39
La moglie Giorgina con i figli
Raffaella e Marco e i familiari tutti
del carissimo
Sergio Azzario
riconoscenti e commossi per la
grande dimostrazione di stima e
di affetto, ringraziano tutti coloro
che con la presenza, con parole
di conforto, fiori, scritti e offerte in
memoria hanno preso parte al loro dolore.
Pinerolo, 27 ottobre 1993
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Paolina Poèt ved. Massel
desiderano ringraziare sentitamente tutti coloro che hanno manifestato solidarietà e amicizia in
questo triste momento.
Chiotti, 12 novembre 1993
Redattori e tipografi sono vicino a Danilo e Dario Massel in occasione della scomparsa della loro mamma
Paolina Poèt ved. Massel
Torre Pellice, 12 novembre 1993
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore è il mio pastore,
nulla mi mancherà»
Salmo 23, 1
Il marito, la figlia e i familiari
tutti della cara
Mélanie (Amélie)
Peyrafitte Ricca
commossi per le manifestazioni
di simpatia ricevute, ringraziano
tutti coloro che con la presenza e
con scritti hanno voluto partecipare al loro dolore.
Un ringraziamento particolare a
Renato Ricca, Berthe Rostan,
Clara Ricca, Anna e Remo Long,
Andrée e Rinaldo Bertalot, Lino
Bonjour e al pastore Claudio Pasquet.
Torre Pellice, 28 ottobre 1993
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore dice: Le sofferenze
del passato saranno dimenticate,
svaniranno davanti ai miei occhi»
Isaia 65, 16
La moglie, i figli e i familiari tutti
del caro
Remo Bounous
esprimono sincera riconoscenza e gratitudine a tutti coloro che
con presenza, fiori, scritti, opere
di bene e parole di conforto sono
stati loro vicino in questo triste
momento.
Un grazie particolare ai pastori
Thomas dosi. Paolo Ribet e Thomas Noffke, al dr. Valter Broue,
al dr. Giancarlo Baret, al Gruppo
anziani Riv-Skf di Villar Porosa,
alla Croce Verde di Porte, ai vicini di casa e ai sigg. Manassero e
Bocco.
San Germano Chisone
31 ottobre 1993
RINGRAZIAMENTO
«Tu sei l'Iddio mio:
i miei giorni sono in tua mano»
Salmo 31
I familiari, profondamente commossi per la grande dimostrazione di affetto ricevuta in occasione
della dipartita della loro cara
Amelia Pavarin
ved. Mourglia
deceduta improvvisamente all'età di 84 anni, ringraziano quanti
con presenza e con scritti hanno
testimoniato la loro simpatia nel
dolore.
Un particolare ringraziamento
al personale della Croce Rossa e
dell'Ospedale valdese di Torre
Pellice per la sollecita assistenza;
ai vicini di casa per i fiori e per la
somma destinata alla Chiesa valdese di Luserna San Giovanni; al
Centro d'incontro anziani di Luserna San Giovanni; al pastore
Franco Davite per le consolanti
parole di fede cristiana.
Luserna San Giovanni
10 novembre 1993
lità sugli apparati di partito
che ieri spadroneggiavano.
Anche qui bisogna non farsi
prendere la mano. Se la competizione maggioritaria uninominale perde il collante politico-programmatico nazionale
si apre o a spinte locali o, comunque, al mutevole confronto tra cangianti agglomerati di
opinione o di interesse; tutto
ciò potrà anche costituire la
politica «di domani», postideologica, magari «all’americana»; può però anche divenire una rissosa e spezzettata
battaglia tra mille campanili,
e produrre troppi candidati
eletti, a seconda dei collegi,
con «corolle» diverse di partiti e gruppi legati, insomma, a
«fedeltà elettorali» differenti
(e talora, magari, contrapposte), e quindi, in sede parlamentare, riottosi a «giocare di
squadra». Con i riflessi che
potrebbero aversi sulla coesione delle maggioranze di
governo.
Sia chiaro: non voglio fare
la ptóe del profeta di sventura. È certo possibile che un
nuovo assetto politico e istituzionale soddisfacente emerga
prima del previsto. Credo
però che, innanzitutto, senza
catastrofismo ma con chiarezza e disincanto, vadano posti i
problemi che stanno davanti a
noi e che ineluttabilmente dovremo affrontare.
(1) Ambedue tali leggi sono
state pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale del 6 agosto 1993, n.
183, e ripubblicate sul supplemento ordinario n. 77 della Gazzetta Ufficiale del 20 agosto
1993,n.l95.
Posta
Pastori
al Sud
I necrologi si accettano
entro le ore 9 dei lunedi.
Telefonare al numero
011-655278 - fax 011657542.
Sono di ritorno da Riesi
(Caltanissetta), e ancora una
volta (e forse più che mai) vedo una Sicilia «affamata» di
pastori, una Sicilia dove tutto
si complica a causa delle
grandi distanze. Vedo quei
pochi pastori affrontare ore di
automobile per andare a annunciare l’Evangelo a piccole
comunità sparse nella diaspora. Penso a chi, in solitudine,
deve fronteggiare non solo il
pastorato ma quelle mille difficoltà che sicuramente incontra chi in Sicilia si dà da fare
per migliorare ciò che c’è e
per creare ciò che non c’è.
E poi vedo le valli valdesi,
dove ci si sta organizzando in
vista dei prossimi spostamenti; dove i traslochi più lontani
non supereranno i dieci chilometri; dove Torino è già «terra straniera».
Penso alla tanto proclamata
disponibilità pastorale, altisonanti parole, vere per chi davvero si rende disponibile ma
pura barzelletta per chi preferisce farsi i suoi calcoli. Vedo
due pesi e due misure, pastori
di serie A e pastori di serie B;
vedo profonda incoerenza.
Penso che l’Evangelo significhi soprattutto libertà e che
libertà significhi uscire da noi
stessi, dal nostro egoismo, dal
nostro tornaconto, dalla nostra
nicchia per andare incontro
all’altro nella gioia del servizio.
Rifiutare il Sud è rifiutare
una parte di noi stessi, è rifiutare la vista di qualcosa che ci
disturba, è in ultima analisi
impoverirsi. E allora penso
che la chiesa non vive affatto,
perché è già morta dentro.
Monica Natali
Torre Pellice
16
PAG. 12 RIFORMA
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 1993
Benché fallito, il tentativo di mediazione della Chiesa ortodossa russa è significativo
Il patriarca Alessio: «Parlare di trionfo dopo
il sangue che è stato sparso è amorale»
Com’è noto, alla vigilia
deir attacco al Parlamento russo, il patriarca ortodosso Alessio II ha tentato una mediazione tra Boris Eltsin e i leader
del Parlamento appena sciolto
per decreto. Un coinvolgimento così diretto della Chiesa ortodossa nelle vicende politiche nazionali non si era visto da secoli. Il segretario
generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), Konrad Raiser, ha inviato una lettera al patriarca per rendergli
omaggio per gli sforzi di mediazione compiuti. «Il Suo
ruolo - sottolinea la lettera per tentare di trovare una soluzione pacifica del conflitto è
importante per l’ecumene e
gli avvenimenti hanno dimostrato l’importanza della Sua
iniziativa». Anche il segretario generale della Conferenza
delle chiese europee (Kek),
Jean Fischer, ha inviato un
messaggio al patriarca Alessio, il quale era stato presidente della Kek dal 1987 al 1992.
In un’intervista al «Manifesto» del 7 ottobre scorso padre
Teofane, archimandrita presso
il patriarca di Mosca, esarca
presso il patriarca di Alessandria e di tutta l’Africa, spiega
in termini molto decisi il nuovo atteggiamento della Chiesa
ortodossa russa: «Se è vero
che la tradizione di collaborazione con lo stato da parte
della chiesa è sempre stata
molto forte, l’esperienza degli
Mosca: il Parlamento in fiamme
ultimi settant’anni ci ha insegnato che la chiesa non deve
essere in alcun modo legata al
potere, ma soltanto unita al
suo popolo. Il potere discende
da Dio, certo, ma il capo della chiesa è pur sempre Cristo,
ed è lui che dobbiamo servire,
non altri».
Riguardo alle repressioni
decise da Eltsin, padre Teofa
ne precisa: «Il patriarca ha
reso pubblico nei giorni scorsi un messaggio firmato da
tutti i vescovi in cui si esprime
un giudizio molto negativo su
queste repressioni. E abbiamo
inoltre detto che parlare di
trionfo o vittoria dopo il sangue che è stato sparso, come
alcuni hanno fatto, è profondamente amorale».
Alla domanda su come la
Chiesa ortodossa russa intenda affrontare la nuova e difficile situazione venutasi a
creare nel paese, l’archimandrita risponde: «E vero, i problemi e le tensioni nella società che hanno alla fin fine
provocato gli scontri e lo
spargimento di sangue non
sono certo stati risolti distruggendo la Casa Bianca e togliendo da lì i deputati. La
malattia è nella società, e non
sarà per nulla semplice curarla, anche con il potere stabilizzato... La chiesa deve fare
quel che ha sempre fatto, star
vicina al suo popolo, rappresentare una guida morale, curarne le ferite spirituali, essere al suo servizio».
È pensabile un impegno politico diretto della Chiesa ortodossa? «Ci sono delle pressioni in questo senso - riconosce padre Teofane -ma a
tutti diciamo no, niente coinvolgimenti, nessuna illusione
su un ruolo politico diretto
della chiesa. (...) Se la chiesa
seguisse questa strada, e
prendesse posizione da una
parte, perderebbe la faccia e
smetterebbe di essere quello
che è, la madre di tutti i cristiani, siano di destra, di sinistra o anche opportunisti o
magari estremisti. Tutti sono
figli della chiesa, e prendendo
partito noi non faremmo niente di buono ma divideremmo
ancor di più la società».
Haiti: braccio di ferro di Onu e Usa
I vescovi statunitensi
appoggiano Aristide
I vescovi statunitensi sostengono Jean Bertrand Aristide, presidente liberamente
eletto di Haiti e deposto nel
1991 da un colpo di stato militare che ha mandato al potere
il generale Raoul Cedras. Gli
accordi estivi tra Cedras, Aristide e rOnu, disattesi dai militari, fissavano al 30 ottobre
la data del rientro del presidente e al 15 ottobre le dimissioni mai date di Cedras. La
successiva crisi, con l’embargo navale imposto dall’Onu e
attuato dagli Usa, che in sostanza appoggiano Aristide,
hanno visto i vescovi americani schierarsi a favore del presidente eletto ma non troppo
apertamente perché è nota
l’opposizione vaticana verso
Aristide, ex salesiano, dimesso dall’ordine nell’88 a causa
del suo impegno politico.
Sul versante ecclesiale, a difendere la democrazia haitiana
abortita sul nascere sono rimasti i vescovi americani, per
tramite di mons. John Roach,
responsabile della commissione episcopale per la politica
estera. Secondo Roach «deve
venire rispettata la volontà
haitiana che si è espressa tre
anni fa nel libero voto per
eleggere il nuovo presidente
della Repubblica». Per non
inimicarsi il 'Vaticano (l’unico
paese che ha riconosciuto il
governo Cedras), Roach ha
comunque ribadito la condanna verso i crimini com
messi nel ’91 ai danni della
Chiesa: dopo l’elezione di
Aristide infatti, gruppi di suoi
seguaci distrussero chiese ed
aggredirono il nunzio apostolico, accusando il Vaticano di
avere se non appoggiato, comunque mai criticato la dittatura decennale che ha imperversato nell’isola. Il presidente dei vescovi americani,
mons. William Keeler di Baltimora, a sostegno di Roach,
ha dichiarato a Roma che l’interesse degli Stati Uniti verso
Haiti deriva certo dalla vicinanza geografica ma anche
dalla presenza di migliaia di
profughi, i cui problemi la
Chiesa non può ignorare.
Sembra che il Vaticano sia
disposto ad accettare come
inevitabile il ritorno di Aristide trattandosi pur sempre del
presidente legittimo; quel che
non è disposto a dimenticare
sono le aggressioni subite da
vescovi e chiese nel ’91, come
non è disposto ad ammettere
la sostanziale connivenza di
molti vescovi haitiani con i
vari regimi militari succedutisi a Port-au-Prince. L’unica
voce contro i militari è stata
ancora una volta quella del
vescovo di Jeremie, mons.
Willie Romelus, responsabile,
tra l’altro, della Commissione
giustizia e pace. Ma presto, si
dice ad Haiti, Romelus potrebbe venire sostituito da un
altro prelato più gradito al generale Cedras. (Adista)
Riforma.
Non periiete
una buona
abituiiine.
Parte il secondo anno di RIFORMA.
Eccoci pronti ad affrontare con entusiasmo un nuovo anno di informazione, di
confronti, di iniziative.
Grazie al sostegno di molti amici e abbonati, RIFORMA ha pubblicato più di 800
pagine sulla realtà evangelica italiana e intemazionale, sugli incontri ecumenici
grandi e piccoli, sugli avvenimenti culturali e politici del nostro tempo.
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