1
ECO
DELLE WU VALDESI
Past. TACCIA Alba
10060 ANGROGMA
rto
Seilimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Noni. 20 ABBONAMENTI f Eco; L. 2.500 per l’interno Spedizione in abbonamento postale ■ 1 Gruppo bis i TORRE PELLICE - 16 Maggio 1969
Una copia Lire 60 L. 3.500 per Testerò Cambio di indirizzo Lire 50 Ammiii. Clandiana Torre Penice . C.CJ». 2-17557
ALTRI SIGHORl HflMKO DOMIUflTO SP BJ0Í; VIEMI, SI6MUR GESt
LA CHIESA IN DISTRETTA
DOMENICA 8 GIUGNO
A conclusione del Sinodo 1968 pubblicammo qui un articolo, « La Chiesa
in distretta », che suscitò una certa
eco.
Fummo criticati, per quell’articolo
di Paolo Ricca come per i’impostazione della nostra cronaca dei lavori sinodali, da coloro che, trovandosi "a
sinistra” e lottando per un rinnovamento delle strutture e dell’attività
della chiesa, lamentarono il tono allarmistico e sostanzialmente conservatore che pensavano di avvertire nelle
nostre parole.
Ricevemmo d’altro canto un certo
numero di apprezzamenti, da parte
dell’ala conservatrice vivente fra noi;
qui, per altro, si saltava troppo facilmente su uno degli aspetti del nostro
discorso: la chiesa era in distretta, dicevamo, non solo perché gli “innovatori” rivelavano, almeno fino a quel
momento, una carenza di riferimento
biblico (intendiamo, in senso profondo. non letteralistico) nelle loro affermazioni e nei loro programmi, ma anche, altrettanto e più perché di fronte
a questa contestazione la risposta della maggioranza della chiesa, dalle assemblee al sinodo, rivelava in genere
esattamente la stessa carenza; soltanto. con un segno politico diverso o opposto, o per lo meno secondo un biblicismo che rappresenta una drastica
riduzione e quindi una deformazione
dellEvangelo, comunque con un’immaturità spirituale sconcertante.
Ci sentivamo solitari e isolati, con
poc’ii altri, fra queste due posizioni
con i rastanti che non di rado scadevano a opposte fazioni: non, per carità,
in una posizione di pontificante e farisaico centrismo (il giusto mezzo!)
equidistante dagli opposti estremismi,
ma in una situazione di profondo di^ il vecchio, molto,, del:
quale non va più non perché è vecchio, ma perché scricchiola alla "prova” evangelica odierna, e il nuovo, i
cui riferimenti evangelici non riusciamo spesso a vedere limpidi e che non
ci Ira finora indicato profeticamente
uni via veramente "nuova”, di novità
evangelica.
8: ìN 4:
Ho ben chiaro che il quadro tracciato opra è troppo schematico: vi è oggi ira noi, in ogni direzione, un’infinità Ili gradualità di sfumature — e ci
sonrj anche nel nostro gruppo redazionale. Tuttavia, molto grosso modo,
la situazione è questa, e nel complesso
mi pare che si sia chiarita poco, nel
corso di quest’anno. Se la contestazione ha avuto di rado forme chiassose
e se qua e là si è avuto qualche tenta
tivo sincero di confronto e di ricerca
che si vuole non episodico ma seguito,
la tensione è però cresciuta, fino a un
segnale d’allarme che pesa sul cuore e
sulla coscienza di molti di noi.
Da un lato, la contestazione non ha
sostanzialmente chiarito in senso irrefutabilmente evangelico le sue posizioni; vi sono stati tentativi in tal
senso, talora felici, come spunti e abbozzi, ma nell’insieme è continuata a
mancare quella parola di autenticità
evangelica che converte e raccoglie i
credenti. Vari documenti del recente
Congresso giovanile di Ecumene mi
paiono confermare questa sostanziale
ambiguità (ed è grave che ivi sia stata
di fatto messa da parte la voce della minoranza dissenziente : messa da parte,
ma non convinta di errore e di peccato): di fronte ad essi ci si chiede se la
polemica anticostantiniana non finisca per sfociare in una sorta di neocostantinianesimo e se l’Evangelo non
sia utilizzato — con le migliori intenzioni — quale copertura ideologica
(teologica?) di posizioni precostituite,
che ricevono da una fonte estranea la
loro origine spirituale. Questo giudizio — molto personale e che vale quel
che vale — non intende assolutamente svalutare in blocco l’azione, la passione, la speranza dei fratelli che seguono questa linea. Il nostro gruppo
redazionale pensa infatti che la contestazione, fuori e dentro la chiesa, pone un mucchio di questioni salutari,
non aggirabili. Se contestiamo certi
conformismi, in questa contestazione,
non possiamo non sentirci a nostra volta contestati nei nostri, che sono molti
e gravi. Ci distanziamo da talune prese di posizione, ma non dall’alto di alcuna sicurezza, perché la nostra debolezza e la nostra confusione è grande.
Le nostre riserve critiche, anche gravi,
non devono comunque essere intese,
né dagli uni né dagli altri, altrimeriti
che come un umile — non richiesto!? — servizio nella comune ricerca.
Dall’altro, mi pare che si possa constatare un certo rilancio della corrente conservatrice : un’escalation che risponde — lo so — all’escalation della
contestazione (la quale però, lo si dimentica volentieri, si è innestata su
una situazione che non era affatto
"neutra” e limpida). La discussione
sul 17 febbraio, la difesa del pastorato
tradizionale, la renitenza a tentare
nuove forme di culto, la battaglia per
le deputazioni sinodali o per la difesa
delle Valli o dei nostri istituti d’istruzione secondaria e tanti altri aspetti
della nostra vita ecclesiastica attuale
sono lungi dall’essere tutti evangelicamente limpidi, ma nascondono e convogliano, da questa parte come dell’altra, molte scorie, molta «carnalità»,
aspetti e passioni, attaccamenti e sicurezze del « vecchio uomo », poco propenso a « rinnovarsi di giorno in giorno », veramente disponibile a Dio e alla libertà purificatrice del suo Spirito
e della sua Parola diversa da ogni altra. Anche qui, questo giudizio non intende affatto essere una svalutazione
in blocco di questa posizione. Quando
sento qualcuno dire che «bisogna liquidare la tradizione », mi fa l’impressione di uno che pretenda: «bisogna
liquidare il terreno sotto i nostri piedi » e soprattutto mi pare di avvertire
un dispregio, magari irriflesso, per tutto ciò che Dio ci dà mediante la sua
azione passata, attraverso i secoli. Se
dobbiamo segnare delle distanze e delle riserve molto nette, e contestare
certi conformismi, evidenti o meno,
non lo facciamo però nemmeno in
questo cara dall’alto di alcuna sicurezza, ma solo come un umile appello
alla comune ricerca.
* *
Ecco la nostra distretta: troppo, delle nostre tensioni e divisioni, non ha
chiara radice nell’Evangelo — il quale,
peraltro, lo sappiamo, è anche spada
che divide. C’è, su larga scala e senza
distinzione dì pàile, una utilizzazione
anche involontaria dell’Evangelo per
scopi che non sono i suoi, una copertura ideologica magari inconscia di opposte posizioni che hanno in sè il loro
senso e cercano — clericalmente —
l’avallo dell’Evangelo, anziché riconoscersi « tanta spazzatura » di fronte
alla sua « eccellenza )> (Pii. 3) e accettarne lo stimolò inconfondibile e
possente (l’Evangelo, potenza rinnovatrice a rivoluzionaria di Dio, Romani 1). Vi è, sì, un’infinita gradazione di
posizioni e vi è in molti sincerità d’intenzioni e di ricerca,, fila è pur sintomatico che manchino fra noi voci che
con autorevolezza evangelica, profetica indichino una via — quella che un
Sinodo aveva chiamata « la via del deserto » ; ci rigiriamo le nostre parole
e le nostre idee, non dì rado ce ne facciamo arma gli uni contro gli altri, talora senza esclusione di colpi, ma la
Parola è rara, a cominciare dai pulpiti, quelli tradizionalisti come quelli
rivoluzionari.
In questa situazione il credente tace, rientra in sé stesso, s’interroga e
soprattutto interroga la Parola, soffre,
prega, si umilia dinanzi a Dio, intercede. Noi invece si parte cos'. facilmente in crociata, « s’ode a destra uno
squillo di tromba, da sinistra risponde
uno squillo...». j
Non è distretta, questa? Non è crisi?
E salirà d’intensità, badiamo, si approfondirà ancora. Mentre alcuni se
ne sono già andati o 'Se ne vanno, per
lo più alla chetichella, al due estremi
opposti del ventaglfd. (dalla chiesa?
dalla fede?), è ancora in atto e^ si radicalizzerà il confronto fra i rimasti.
Non potremo fare Tèconomia di questa crisi. Ma se sarà un confronto di
tutti con l’Evangelo («preparati, Israele, a incontrare il tiàò Dio ! », predicava Amos) potrà es.s^euna orisi feconda, per quanto dol&rnsa. Si tratterà
di vedere fino a qu® .punto potranno
coesistere nel med«Knd corpo,, in fecondo contrasto,; ài»tìfè"tunzionì diverse, su linee anche profondamente
divergenti (si,vedano a img. 3 le tesi
di Carlo Gay, in modo particolare
la settima), fino a qual punto si
potrà “vivere nel dissenso” come ci invitava lo scorso anno il rapporto della
Tavola al Sinodo ; e dove, invece,
l’Evangelo segni — sui due fronti! —
limiti precisi e non superabili.
Vorrei concludere con questa citazione di Calvino, che Paolo Ricca commentava qui l’autunno scorso, in occasione della celebrazione della Riforma : « La Riforma della Chiesa è
opera di Dio ed è altrettanto indipendente dalla speranza e dal pensiero
dell’uomo quanto lo è la risurrezione
dai morti o un altro miracolo di questa fatta».
Ha senso faticare e lottare, a condizione di avere posta la propria speranza nel Dio vivente. Gino Conte
Giornata
dell’emigrante
I problemi dell’emigrazione saranno
posti all’attenzione delle comunità italiane con particolare rilievo domenica
8 giugno nel corso della « Giornata
dell’emigrante » organizzata dal Comitato Italiano per le migrazioni. In preparazione di quella giornata è uscito,
a cura del pastore Pier Luigi JaUa, un
volumetto — « quale Emigrazione » —
che analizza i problemi relativi al fenomeno migratorio nel nostro paese.
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intestato al past. Mario SbaiH, Via Firenze,
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jimiiimmiiii'iiiiiiimiiiiiiiiimiiM
l■lll■llnl■l■ •iiiiiiiiiiiiiimimniioiiiiiRi
Verso un incontro con Dio?
Per quanto sia acuto il senso di disagio e
di tensione, nell’ambito delle nostre chiese,
forse non tutti si rendono conto che ci troviamo a un punto cruciale; e che non sono
semplicemente in gioco aspri contrasti di opinione e tanto meno "beghe politiche" — anche se la politica ecclesiastica può dare dei
punti a quella senza aggettivi — ma che ci
troviamo in una situazione di crisi che, malgrado innumeri e profonde differenze, ricorda
però la situazione della Chiesa nel XV e XVI
secolo, pre-Riforma. Ci pare utile riproporre
alla riflessione dei lettori parte di un articolo di Paolo Ricca, pubblicato qui lo scorso
autunno, in occasione deUa "Festa della Riforma”. La Chiesa, oggi, le nostre comunità
hanno bisogno di questa Rifomta che è come
una risurrezione dai morti, diceva Calvino.
red.
Per Calvino la Riforma è un miracolo, di un genere affine alla risurrezione dai morti. Questo acco
iiimimiiiiiiiiiimimiiiimiiiiiiimimiiiiimimuiiiiiiiiniinmiiiiimiiiiiiiiimii
.iiiniimtiiMimu <•
// papa si avvicina
Tramontato lecumenismo dei
migliori, ci si accorge finalmente
che sotto questo nome si cela un
vasto movimento di sintesi geografico-politica dei problemi delle
chiese, che poi sono i problemi
della cristianità bianca, tanto cattolica quanto protestante o ortodossa. I problemi sono largamente gli stessi, come il modo di impostarli.
L'unità assume oggi un aspetto
concreto: ogni chiesa delega una
parte delle sue responsabilità terrene a un organismo specializzato
superecclesiastico. Oggi l’unità si
realizza per via di commissioni.
In primo piano stanno le .grosse
preoccupazioni economiche e sociali di questa nostra travagliata
epoca, tanto simile ad altre epoche della storia, ma di scala molto maggiore. Poi viene naturalmente anche la teologia; ma le dispute medievali non hanno fortuna, si preferisce il Nuovo Testamento. Così cattolici e protestanti, apparentemente d’accordo nel
rifarsi al Nuovo Testamento e non
più alle rispettive tradizioni, riscoprono nella diversità dei testi canonici tendenti all’unità una base
comune c inaspettatamente attuale.
Appare quindi ozioso chiedersi
adesso come e quando la Chiesa
romana possa entrare a far parte
del Consiglio ecumenico: ad un
tale progetto si frappongono ostacoli organizzativi e psicologici. Per
ora è sufficiente la collaborazione
sul piano delle varie commissioni
internazionali che si occupano dei
problemi dello sviluppo e relativa
teologia. La visita del papa a Ginevra va quindi vista prima di
tutto sotto questo aspetto.
La visita del papa consacra la
linea di intesa fin qui seguita dal
Consiglio e dalla Chiesa romana.
Questi incontri protocollari hanno in genere la sola conseguenza
di segnalare al mondo una convergenza di vedute e preparare nuovi
incontri di lavoro. Quando il capo
di una diplomazia ne incontra un
altro in genere lo scopo è di dar
risalto alle buone relazioni che intercorrono tra due paesi. Al Consiglio ecumenico il papa si pone
su questo piano e su questo piano
viene accolto. Il segretario del
Consiglio ecumenico rappresenta
la tradizione borghese e antiaristocratica di origine protestante
abituata a realizzare cose. Se mai
per il papa è cosa nuova agire a
tale livello e accettare il mondo
borghese senza aristocrazia, o meglio basato sull’aristocrazia dell’efficienza. Volere o no, a Ginevra
il papa sarà un presidente e non
un monarca. Dietro l’incontro non
sta una mistica, ma una serie di
uffici pieni di cifre e gente abituata a non farsi camminare sui
piedi.
Se tuttavia nel suo significato
protocollare la visita del papa ha
un senso preciso, altre saranno,
naturalmente, le ripercussioni propagandistiche. Pur nelle sue vesti
diplomatiche il papa non dimenticherà di essere per certe folle una
figura mistica. Giocando su due
tastiere, saprà accontentare ugualmente i diplomatici che lo aspettano con signorile cortesia e l’entusiasmo della folla con la sua
passionalità?
Già si prevede una fatimatizzazione di Ginevra. I lavoratori
stranieri, specie spagnoli, cominciano a quanto si dice a farsi raggiungere dalle famiglie per vivere
insieme l’ora d’entusiasmo. Cosa
faranno i torinesi e i lionesi? i
cattolici svizzeri, pieni di complessi nel loro stato d’inferiorità,
osannano e organizzano convogli
speciali. Questa visita è per loro
un aiuto valido. Monsignor Mamie,,una delle più alte personalità
cattoliche svizzere, non ha trovato
per questa visita altro paragone
che l’incarnazione di nostro Signore; « mi sembra che in questi
gesti si percepisce la continuazione del grande gesto, unico e inaudito, dell’incarnazione. Apparuit
benignitas et humanitas Salvatoris nostri. È Dio che... viene a condividere la nostra vita, a camminare con noi... ».
È dunque la parusia. Con questo termine gli scrittori ellenistici
designavano le visite degli imperatori nei paesi lontani, cui si dava un significato di salvezza;
mons. Mamie usa lo stesso linguaggio.
Contraddizione tra l’aspetto diplomatico e l’aspetto mistico? Certo il papa è prigioniero di questa
contraddizione, che però è lui
stesso a creare come papa e dalla
quale spera trarre benefici. Però
prima di levare la contraddizione
dal campo di tuo fratelli vedi un
po’ se riesci a toglierla nel tuo. Il
protestantesimo non ha nessuna
autorità per contestare al papa
questa contraddizione. Non può
che accettarla. Cioè il protestantesimo non ha più — in pratica —
un’ ecclesiologia diversa. L’élite
borghese non ha più per le folle
un programma ben definito, all’infuori dell’aiuto economico. Il papa apprezza l’efficenza che una volta lasciava ai soli santi e perciò
viene a render omaggio all’organizzazione, però nei confronti delle folle segue la politica cattolica
tradizionale, che assicura ancora
sempre i più vasti consensi.
Perciò nel giorno dell’augusta
parusia ginevrina i veri credenti
saliranno sul Salève a leggere
l’Apocalisse. Vie Rabel
stamento tra Riforma e risurrezione
(si noti che Calvino non parla di
guarigione, ma di risurrezione!) ci
suggerisce qualche considerazione.
Sentendo parlare di ’’risurrezione
dai morti” il nostro pensiero corre
spontaneamente al deplorevole stato della cristianità nella prima metà
del XVI secolo. Si può citare a questo proposito l’opera recente del teologo cattolico Hans Kiing, L’Eglise,
nella quale egli conclude la sua diagnosi parlando di ’’disgregatone generale della Chiesa cattolica”, che
aveva condotto quest’ultima in uno,
’’sitUMzioT^ disperata” : si pensa alla
vdSe piètÉa di oàÉà-seeì^è deMar vvsìò-,“
ne di Ezechiele (cap. 37). Eppure
non è a partire da questa situazione
disperata della Chiesa che la Riforma dev’essere interpretata. La Riforma non è sorta a motivo di questa situazione, né per porvi rimedio;
il Concilio di Trento ha rimediato,
senza Riforma, anzi in diretta antitesi ad essa.
La Riforma, appunto, non è stata
nella sua ragione profonda un’operazione di salvataggio in una situazione disperata. Il problema fondamentale di Lutero non fu la Chiesa,
ma la salvezza. Non dunque: come
si può rimediare a una situazione
ecclesiastica disperata?, ma: come
può l’uomo peccatore sussistere davanti a Dio? Lutero non è l’uomo
davanti alla Chiesa, ma l’uomo davanti a Dio. In questo senso si può
dire che la Riforma è stata più che
una riforma della Chiesa: la riforma è venuta dopo, è stata una conseguenza diretta e necessaria de!
movimento che chiamiamo Riforma.
E’ stata anzitutto un incontri) con
Dio. E proprio perché c’è stato alla
base questo incontro con l’Iddio luvente, che vivifica i morti, per questo la Riforma è stata anche una risurrezione della Chiesa.
Paolo Ricca
Il iiimiimiimiiiiii
Santi in pericolo
Tempesta liturgica (in un bicchier
d’acqua) nella Chiesa romana. L’epurazione annunciata dal Vaticano nel pittoresco mondo dei ’’santi” ha suscitato
reazioni violente, tanto numerose che
si è dovuto fare in qualche misura marcia indietro; cosi, qualcuno, come san
Cristoforo, se l’è cavata per il rotto
della cuffia; non importa assolutamente che non sia mai esistito, ma gli sono tanto affezionati... Come non ripensare alla parola di Geremia a proposito degli idoli: «son come pali in un
orto di cocomeri!» (10,5). Comunque,
gli eventi ci spingono a fare un paio
di considerazioni.
La prima è questa: risulta del tutto
gratuito ciò che molti affermano, e
cioè che queste forme di religiosità
primitiva e superstiziosa sono ormai
superate dal cattolicesimo postconciliare. E’ evidente invece che se le reazioni del popolo cattolico hanno spinto il
Vaticano a bloccare l’operazione di elementare pulizia liturgica e a ritor
{continua a pag. 6)
2
pag. 2
R 20 — 16 maggio 1969
Educazione religiosa:
gli
uomini
una formula falsante?
Il testo dei Nuovi Orientamenti per
la Scuola Materna, presentato dalla
Commissione Ministeriale all’esame
del Consiglio Superiore della P.I., è,
per la parte che riguarda l’educazione
religiosa, quanto mai interessante, ed
ha già suscitato commenti diversi che
vale la pena di esaminare brevemente.
Mi riferisco qui alla pubblicazione
del testo e dei commenti apparsi sul
Bollettino d’informazioni «Avio» (periodico di vita scolastica e amministrativa) dell’editore Armando Armando,
nel numero di marzo-aprile.
Varrebbe la pena di riportare integralmente la parte del testo che si riferisce all’educazione religiosa; ma,
data la sua relativa lunghezza, ne metteremo in risalto i motivi principali. Il
testo si apre con delle considerazioni
generali sull’esperienza religiosa, definita « esperienza tipicamente umana »
la quale è perciò già presente, attraverso esigenze di tipo affettivo e intellettivo, nel bambino di età prescolare.
Tra le motivazioni che porterebbero
all’esperienza religiosa, e alla necessità di un avvio ad essa sul piano educativo, sono annoverate : il senso di un
legame universale e cosmico, il bisogno di dipendenza da una guida capace di portare all’autonomia, la ricerca di stabilità e di certezza, il bisogno
di compensare il senso di insicurezza
e angoscia prodotto da frustazioni e
delusioni. L’educazione religiosa verrebbe incontro a tutte queste esigenze
del bambino e consentirebbe « il pieno
ed armonico sviluppo della sua personalità » inserita' in un contesto sociale
dove essa possa esplicare rispetto e
amore per il prossimo, e operare il futuro per la pace tra gli uomini.
Il testo prosegue riconoscendo che
nell’ambito della famiglia tale educazione « conduce talvolta a superstizioni, a pregiudizi, a formalismi » che
compromettono questo armonico sviluppo e questa prospettiva di impegno
operoso verso il mondo. Qui si pone
dunque l’utilità dell’educazione religiosa nella scuola materna, che anzi può
anche indirettamente contribuire « all’affinamento del comportamento religioso delle stesse famiglie credenti».
Un paio di paragrafi piuttosto slegati,
frutto probabilmente di successivi rifacimenti, si riferisce alla possibilità
di sfruttare le bellezze naturali e il
rapporto con i coetanei per inculcare
nel bambino il senso di un legame
con tutti gli esseri creati, calando poi
in esso l’idea della Paternità celeste.
Successivamente si passa al piano
operativo, con la raccomandazione che
l’educazione religiosa debba « muovere
sempre da esperienze tipicamente infantili o comunque immediatamente
attingibili da tutti i bambini della comunità scolastica, e svolgersi ed attuarsi in forme e attraverso attività
appropriate all’età ». Per cui si raccomanda di lasciar da parte le schematizzazioni catechistiche e le astratte
formulazioni di precetti e divieti, e di
•ricorrere invece a racconti ispirati a
sentimenti di fraternità e di non-violenza, cercare le vie più immadiate per
esaltare il valore di festività o di tradizioni religiose, favorire la preghiera
spontanea ecc. È’ raccomandato caldamente il « superamento di atteggiamenti religiosi ispirati più a timore
che ad amore, ingeneranti insicurezza,
ansietà, immotivati sensi di colpa, sentimenti di discriminazione e forme di
pregiudizio, di intolleranza e di fanatismo. Si dovrà per contro promuovere sensi di fiducia secondo una religione dell’amore e della giustizia, che faccia coincidere la legge divina con la
legge di una interiore coscienza certa
e serena ».
Interessanti per noi soprattutto gli
ultimi paragrafi del testo, in cui si sottolineano « gli aspetti universali della
religiosità e insieme quelli specifici delle varie forme religiose ». Ci sembra
valga la pena di riportali per intero:
« In particolare, è indispensabile che
l’educatrice sia sempre guidata dalla
piena consapevolezza della possibile
presenza in classe di bambini che provengono da famiglie con diverse concezioni religiose, o con un orientamento non religioso, e della necessità del
rispetto pieno di tali concezioni od
orientamenti diversi. Così, ogni volta
che i bambini porteranno nella scuola
espressioni ed esperienze della tradidizione cattolica, tanto largamente integrata nella storia, nella cultura e
nella coscienza nazionale, o di altre
tradizioni religiose, l’educatrice dovrà
promuovere ogni possibile confronto
tra queste esperienze e quelle dei bambini appartenenti ad altre fedi, non
trascurando di accettare anche gli atteggiamenti e i sentimenti di quanti,
per la loro formazione fainiliare noia
religiosa, potrebbero sentirsi esclusi
dalla comunità infantile ».
Una svolta angolare
Sul bollettino da noi citato, alla pubblicazione del testo seguono due commenti ; uno in prospettiva « laica » di
Roberto Mazzetti, e uno in prospettiva «cattolica» di Sergio Quinzio (la
qualificazione delle prospettive è dovuta alla Redazione del bollettino).
Quello che è interessante rilevare è
che di fronte ad un testo redatto in
tU RITA GAY
uno spirito cosi tipicamente post-conciliare, le relazioni del « laico » sono assai più favorevoli di quelle del « cattolico ».
Il Mazzetti, autore di varie opere pedagogico-filosofiche, esprime il suo dissenso dall’impostazione dei Nuovi Orientamenti soprattutto su un piano
psicologico e filosofico. Egli è cioè contrario alla premessa secondo cui l’esperienza religiosa, essendo definita « tipicamente umana », sarebbe per ciò
stesso necessaria alla coscienza infantile. Questo modo di considerare le cose proviene, secondo l’A., dal luogo comune che il bambino sia un adulto in
miniatura e che la nozione di infanzia
risulti per sottrazione o riduzione dalla nozione di adulto, assunta a paradigma. La coscienza infantile può inve.
ce essere afferrata ( come afferma autorevolmente il Merleau-Ponty, da lui citato) solo attraverso la comprensione
dell’« alterità strutturale » che' la caratterizza rispetto a quella dell’adulto,
da cui si differenzia non solo come contenuti, ma come organizzazione.
La seconda ragione di dissenso sta
nell’identificazione, affermata nei Nuovi Orientamenti, tra legge divina e coscienza morale umana; per l’A. questa identificazione è una convinzione
(o un’illusione) metafisica, «forma suprema della semplificazione arbitraria
della realtà assunta dall’uomo » per garantire a se stesso la salvezza come
un dato anziché come un compito problematico e rischioso.
L’A. si affretta a dichiarare che, a
parte queste riserve di carattare filosofico, non si può non accogliere con
entusiasmo questo testo, per delle ra^
gioni evidenti: anzitutto esso rappresenta un passo enorme, anzi « una
svolta angolare di 180 gradi » rispetto
ai precedenti Orientamenti del 1958,
una svolta che rende sommamente
problematica anche l’accettazione degli stessi programmi per la scuola elementare del 1955; si tratta di pagine
che costituiscono «un documento singolare per la stessa vita e cultura religiosa della società italiana, e ad esse dovrà forse far capo lo storico futuro della società italiana, che si accinga a studiare l’evolversi della coscienza religiosa nella cultura italiana
dell’età post-conciliare ».
La positività del documento sarebbe rappresentata dal prevalere di una
impostazione dell’educazione religiosa
non tanto come teologia quanto come
atteggiamento vitale di fronte al mondo : atteggiamento che scaturisce dalla fede nel trionfo universale del bene
e nella presenza del Padre comune. E
questa stessa impostazione, secondo
l’A., trova buona rispondenza in quella carica vitale di «ottimismo cosmico » da cui il bambino sarebbe posseduto fin dai suoi primi mesi, e che lo
porta a percepire inconsciamente resi
stenza come bene, e a cercarvi una
conferma nelle fiabe e nei racconti in
cui il buono trionfa. Questo è il vissuto metafisico del bambino, che l’educazione è chiamata a non contrastare
ma anzi ad assecondare.
Altamente positivo è poi visto l’accoglimento, nei paragrafi finali, dei documenti conciliari sulla libertà religiosa e sulle relazioni della chiesa cattolica con le religioni non cristiane.
Un’abdicazione totaie
Molto più severo, anzi totalmente negativo, è il giudizio di Sergio Quinzio,
cioè del «cattolico» (ma non sappiamo quanto questa etichetta possa esser
gradita all’A., che ha sempre levato
una voce profondamente dissenziente,
molto tempo prima che sorgessero i
gruppi del dissenso). E paradossalmente dobbiamo dire che, almeno sotto
molti aspetti, il credente evangelico si
troverà ad essere molto più d’accordo
con questo « disturbatore » che con la
voce di plauso dei liberi pensatori. Si
tratta di una critica serrata e coerente, condotta dal punto di vista della
fede.
Il Quinzio osserva anzitutto che l’intera trattazione dell’educazione religiosa contenuta nei Nuovi Orientamenti è condizionata « daU’interferire
ambiguo di due opposti criteri di valutazione della religione, quello tradizionale e quello scientifico, caratteristico
dell’attuale cultura», la quale si tro
(continua a pag. 4)
Giovami Luzzi
A vent’anni dalla morte del pastore, teologo e precursore dello
ecumenismo
iimimiimiMiiimiitmiiiiiiiiiiiiiiliiiiini’iii
iiimiiiiiiiimiiiiniiii
iiiiiiiiiimitiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiii
Studio delle cause e ricerca dei rimedi
Disadattamento scolastico
Responsabilità dell’ambiente Familiare - Crisi dell’autorità paterna - Nella famiglia odierna
viene a mancare il colloquio - Una scuola che non tiene il passo con la rivoluzione pedagogica
Vorrei sottolineare la presenza di due fattori di disadattamento : uno relativo alPambiente familiare, l’altro relativo alla scuola.
L'ambiente può agire sulla personalità in
formazione con una serie di condizionamenti di cui taluni risalgono al periodo prenatale, altri sono dovuti alla mancanza di istituto familiare, altri ancora traggono origine
da un comportamento squilibrato dei genitori che va dall'iperprotettivo al troppo s«“
vero. I preadolescenti che stanno costruendosi la propria realtà attraverso un delicato
processo individuale dovrebbero poter assimilare certe categorie etiche appoggiandosi
ad autorità benevole, irradianti fiducia. Capita invece che essi non vedano intorno che
squallide e angosciose presenze e che le intime tensioni diventino insopportabili sino
a dar luogo a fughe da casa e da se stessi
con rifugio nelle bande e negli allucinogeni,
con manifestazioni predelinquenziali e di
prostituzione.
Talora essi riproducono nella scuola comportamenti imparati in famiglia. Così la fuga neH'alcoolìsmo e altre evasioni diventeranno sui banchi fantasticherie e svogliatezza, rifiuto aH'impegno. scariche di protesta
0 turpiloquio. Talaltra il loro senso di colpa
con relativo comportamento masochistico si
acuisce davanti a imposizioni di obbedienza
fondala sulla paura. Tip; predisposti, passando da un miraggio all'altro, dalle più
esaltate idealizzazioni al pessimismo più cupo, cadono in una solitudine disperata o in
un mondo in cui le figure idealizzate sono
sostituite da figure persecutorie dalle quali
non trovano altro scampo .se non nella morte.
Sovente invece l'ambiente è normale dal
punto di vista affettivo e morale, ma non dà
alcun valore alle attività intellettuali della
scuola, né può. nella sua carenza, stimolare
1 figli sul piano del linguaggio o della verbahzzazionc del pensiero. Nel mondo dei suoi
valori c'è posto solo per i lavori di falegnameria. di modellaggio e per le abilità manuali in genere connesse alle applicazioni
tecniche. Le altre materie scolastiche sono
consid-rate in tale ambiente inutile bagaglio
e perditempo.
C'è poi la mentalità p'ccolo-borghese cui
interessa la piccola cultura costellata di valori tipo rinlegrazione. la meritocrazia, la
gerarchia, aventi per coronamento la carriera.
Infine c'è il mondo problematico degli immigrati viventi ai margini della società, nelle zone più depresse, dove i ragazzi sono
spesso in balia dei precari mestieri del padre. vittime di un ambiente in cui di fecondo ci sono soltanto le gravidanze materne.
Di comune in tutte le fam'glie c’è la crisi
dell'autorità paterna. Si direbbe che si sta
jrerdendo il concetto di paternità. Dna volta
il padre suppliva alle sue lacune con Tautoritarismo. Oggi che questo genere di violenza è rifiutato, il padre non ha più difesa.
Succede che alla nascita del primo figlio soffra indic'hilmente dello spostamento dalla
sua posizione privilegiata in famiglia, perché da ragazzo nessuno I ha mai preparato
a essere padre. Ci si domanda come affronterà il rapporto con la figlia. Passivo o autoritario, il padre sarà per la figlia il primo
uomo della sua vita e. lo sappia o lo ignori. influenzerà a.ssieme ai fratelli 1 atteggiamento che essa assumerà in seguito verso
gli uomini in genere.
in questa famiglia in crisi, dove il lavoro
impedisce persino di unirsi nelle ore del pasto. non c'è più tempo per il colloquio. La
sera in cui capita che la famiglia si unisca,
i genitori, stremati ciascuno dalla propria
stanchezza, si siedono eome ipnotizzati davanti alla televisione, .gosi nei ragazzi già introversi viene ad essere esaltata la sfera fantastiea a detrimento dei rapporti sociali.
Alunni che sono stati inv.tati a disegnare
questo genere di genitori, li ritraggono senza bocca. Bocche come muro. Bocche come
pietra. E intorno l'urlo dei cantautori. In
questo penoso periodo di transizione, genitori poco più che quarantenni si sentono
vecchi decrepiti con una bocca inutile, p ena
di suoni sbagliati e senza significato. Così,
mentre da un lato i figli contestano fin dall'asilo, la maggioranza dei genitori rimane
mummificata nel suo silenzio passivo, il che
è ancora una maniera per declinare la propria responsabilità. Non è cosi che possono,
in triplice alleanza con i figli e la scuola,
trasformare la società.
Riguardo al d sadaltamento scolastico, le
cause delle difficoltà vanno da lievi turbe
sensoriali e psicomotorie a turbe psichiche di
natura affettiva, ai disturbi intellettivi di
leggera entità. Ci dovrebbero essere le classi
differenziali per alunni con un quoziente di
intelligenza di poco inferiore al normale e
quelle per alunni caratteriali, cioè con anomalie del carattere per cause non costituzionali. Gli uni e gli altri dovrebbero essere seguiti sul piano didattieo-pedagogico da insegnanti specializzati particolarmente dotati e
sul piano medico-psicologico da una équipe
che prepari ed effettui il dépistage, cioè che
selezioni gli allievi e studi con gl'insegnanti
i provvedimenti che possono facilitarne il
recupero.
Altro genere di disadattamento è quello
dei superdotati, A scuola hanno quasi sempre una votazione bassa in condotta, perché
sono vivaci e senza peli sulla lingua, perché
fanno domande imbarazzanti e danno risposte
impertinenti, perché si annoiano a sentir
biascicare le stesse storie ed hanno il coraggio di dirlo. Per lo più vittime a casa delle
ambizioni frustrate dei genitori che trovano
in essi qualche compensazione ai loro fallimenti. questi ragazzi sono spesso avidi di
valori sociali che sperano di scoprire nella
scuola. Possono capitare invece in un clima
carico di disagi, provocali da insegnanti a
sadismo leggero per infantilismi non superati, che provano piacere a umiliarli, a domarli, a zittirli.
L'plà mentale dei superdotati, es.scndo superiore alla loro età cronologica, essi dovrebbero passare con opportuna didattica alla
classe successiva. Ma in Italia ci si accontenta di chiamarli discoli.
Ora vediamo quali rimedi e strumenti la
scuola può offrire ai disadattati. E’ un fatto
che quando è superba, con atteggiamenti di
cultura che [rarte dall allo, quando non considera gestori dell'educazione anche gli allievi. quando non tiene conto della loro individualità e non appaga i loro bisogni essenziali. determina passività e protesta. Sinora
abbiamo avuto un’organizzazione scolastica
basata sulle elassi alte e medie che ha negletto grintcressi delle classi lavoratrici. Come insegnanti della scuola dell’ohbligo dobbiamo liberare i figli dei lavoratori dalla selezione di classe che tende ad escluderli dall'istruzione obbligatoria.
Partendo da questa presa di coscienza potremo preparare una scuola diversa, più con
sona ai loro bisogni di creature storiche nell’attuale società. Dobbiamo dunque cercare insieme un cibo appetibile alle loro esigenze. I
ragazzi possono sembrare abtdici e ritardati
quando mancano di motivazioni e stimoli adatti. AH’immissione repentina in un sistema
di cultura, rimangono sopraffatti, incapaci di
apprendere e regrediscono. Occorre quindi
che troviamo le condizioni di un apprendimento fatto a loro misura, che tenga conto
dei loro ritmi di apprendimento per sollecitarne il processo.
Per questo dobbiamo dare il nostro contributo a quella rivoluzione puerocentrica che
pone appunto al centro dal fatto educativo
non più le nozioni, ma la collaborazione c
cooperazione degli allievi, i quali non più
individualmente, ma in gruppo, si conquistano la materia imparando soprattutto a pensare. Nece.ssariamente materie e programma
non .saranno più tanto quelli ministeriali
quanto quelli organizzati in unitarietà del
consiglio di classe.
La nostra rivoluzione non è affatto facile,
perché siamo ancora imbevuti delle idee della
scuola che creava l’élite che attraverso l’università andava poi a inserirsi nelle alte sfere
della classe dirigente. Per questo abbiamo ancora il feticismo della cultura umanistica in
cui il sapere scrivere sopravale sul saper parlare. Per questo siamo inesorabili con i nostri
allievi quando fanno degli errori, chiamiamoli
di scrittura. Ci sono infatti difficoltà di ogni
genere per chi impara l’italiano. E certe forme dialettali fissate dall'ambiente prima che
impari a scrivere è diffìcile sradicarle. Il problema non es sterebbe se l'ortografia venisse
insegnala all'asilo verso i quattro o cinque
anni. Ma in Italia gli asili quasi non esistono. Non drammatizziamo dunque su cose
meno importanti di tale tragica assenza e
dedichiamoci piuttosto alla discussione di
gruppo che è uno dei momenti fondamentali del lavoro associato. Attraverso la discussione ci accorgeremo che i nostri ragazzi
dapprima disturbati da complessi personali
che vanno dalla timidezza aH’aggressivita.
piano piano se ne libereranno e la loro manifestazioni verranno poste sul piano della
socialità e della dignità umana. Il lavoro di
gruppo deve infatti favorire la formazione
del cittadino responsabile, togliendo all’individuo ¡1 carattere di strumento che può es.sere utilizzalo. Inoltre, programmando la lezione con la scolaresca, l'insegnanle non sara
più un trasmettitore di nozioni ingombranti,
ma diventerà osservatore, moderatore e consulente. Cosi attraverso lo studio-d.scussionc
anche la storia verrà guardata con spirito critico e dinamico alla luce di oggi e quindi
non più come museo, ma come storia dell'evoluzione dcH'uomo. E’ pur vero che non
esiste ancora una tecnologia dell apprendimento con principi scientificamente fondati
e che in Italia, in molle scuole manca perfino
la biblioteca scolastica, ma alcuni insegnanti
con i loro allievi stanno sperimentando
tecniche e metodologie nuove, attingendo
fin dove serve loro a Decroly, Piaget. Cousinet c Dewey, ma soprattutto tenendo conto
della irripetibile realtà della scolaresca che
sta loro davanti.
E per finire invito i genitori a farsi con
noi via via educatori e alunni per l'clevazione spirituale e culturale dei giovani e per
mettere a profitto le loro risorse seguendo
K il fondamento che natura pone ».
Lrcn Gai.i.o Scroppo
Colui che a venti anni dalla morte di
Giovanni Luzzi getta uno sguardo addietro sulla vita e sull’opera del teologo svizzero-valdese si trova davanti ai
risultati di una imponente attività
anche oggi degna di profonda considerazione. L’apporto recato dal Luzzi,
in particolare nel campo delle traduzioni della Bibbia in lingua italiana, è
indiscusso fra gli studiosi italiani.
Riandando ai suoi numerosi scritti
di grande sobrietà scientifica e spesso
mossi da un vivo amore per l’intera
causa delle Scritture, si sente ovunque
presente la personalità di un uomo
dotto e di un cristiano la cui passione,
se cos'j possiamo dire, è stata la Bibbia.
A partire dal 196 Luzzi fece parte
per lunghi anni di quel Comitato di
studiosi che la Società Biblica Britannica e Forestiera aveva incaricato
della revisione del testo della Bibbia
di Giovanni Diodati. Nel 1916 ne uscì
la Bibbia completa. È questa la cosiddetta 'Versione Riveduta, tutt’ora comunemente in uso nelle chiese evangeliche di lingua italiana. Questa edizione, dovuta in gran parte al Luzzi,
è stata, vogliamo sperare, non l’ultima ma certo la prima revisione a fondo della diodatina. Ma questa versione fu per l’indefesso lavoratore engadinese solo una specie di esercizio,
una scuola e un preludio a quella sua
grande personale fatica della traduzione della intera Bibbia che culminò
negli anni 1927-1930 con la pubblicazione della Bibbia annotata ed illustrata in dodici grandi volumi editi
dalla Società Fides et Amor, dal Luzzi
presieduta.
Senza voler sminuire il valore dell’opera di divulgazione del pensiero
teologico liberale contemporaneo svolta dal Luzzi in qualità di professore
alla Facoltà Valdese di Teologia a Firenze e poi a Roma negli anni dal 1902
al 1923, e pur riconoscendo il suo fecondo ministero quale pastore della
Comunità fiorentina di 'Via de’ Serragli (1887-1902) e della Comunità retiea
di Poschiavo a partire dal 1923, oggi, a
vent’anni dalla sua morte, dobbiamo
convenire che l’opera maggiore della
sua vita è la sua versione della Bibbia.
Non molti possederanno questa opera
monumentale e solo pochi quelle prime eleganti edizioni della sua versione
apparse già negli anni della prima
guerra mondiale: il Nuovo Testamento, i Salmi e Giobbe. Sono questi ulti. mi veri gioielli dell’arte tipografica
che come tali potevano uscire solo da
uno stabilimento tipografico fiorentino.
A parte questo particolare pregio
delle edizioni del Luzzi, il loro valore
sta nella traduzione, in cui il Luzzi,
cresciuto in Toscana, riuscì, a dare al
popolo italiano una traduzione ad un
tempo dignitosa e semplice. Grazie alla sua intelligenza del carattere italiano il Luzzi fu — dopo lo storico valdese Emilio Comba — uno di quegli
studiosi la cui opera contribuì largamente a reinserire il protestantesimo
italiano nel quadro della cultura italiana.
Il ministero di predicatore di Giovanni Luzzi e tutto il suo lavoro teologico-esegetico è caratterizzato dallo
spirito ecumenico che animava e la
personalità e Doperà di questo studioso. Un atteggiamento questo che. se
da una parte, in un ambiente culturale modernista, valse a procacciargli
vaste simpatie, dall’altra, iri un arnbiente ancora uso alle polemiche posttridentine, gli procurò certamente anche nemici.
In una relazione della Società Fides
et Amor del 1916 troviamo queste frasi
del Luzzi che citiamo a conclusione di
questa breve rievocazione della sua vita : « L’opera nostra è un’opera di
preparazione, l’opera del precursore...
A noi, Tintensiflcare, nella parte della
Chiesa nella quale ci troviamo, lo spirito veramente cristiano... a noi, il far
sì. che il Cristo di Dio torni ad essere
il centro della vita, della forza, della
ispirazione di tutti ».
Luigi Giacomelli
(chi « Voce Eviingclicii »)
Lerone Bennett
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3
r
16 maggio 1969 — N. 20
pig. ù
Alcune tesi sulla situazione della predicazione nelle nostre comunjtà
Vivere e testimoniare deli’Evangelo
nei mondo odierno
1
na
3
Il contenuto della predicazione
dell’Evangelo è l’Evangelo, la buonovella della salvezza in Cristo,
l’Evangelo della morte e della risurrezione del Cristo per noi. È l’Evangelo
della misericordia divina di Cristo,
che dona un senso, una consolazione,
una speranza, un orientamento alla
vita dell’uomo nel suo cammino verso
il Regno di Dio. È l’Evangelo dell’Iddio totalmente altro, inconfondibile
con la nostra teologia e con le nostre
ideologie, l’Iddio vivente che non accetta di essere confuso con gli idoli di
ogni tempo.
2 La predicazione dell’Evangelo ri^ chiede all’uomo, non in un secondo tempo ma contemporaneamente
alla fede, una obbedienza alla volontà
di Dio. Il popolo che prega: «Il Tuo
Regno venga», deve vivere nell’attesa
operante del Regno, cioè della sovranità di Dio sopra tutta la sua vita. La
predicazione non è confusione dell’Evangelo con la legge, ma la legge
assume il carattere di via della riconoscenza verso l’Iddio liberatore. Il
rapporto con l’Iddio che trae l’uomo e
la chiesa dalla schiavitù d’Egitto si
costituisce subito come rapporto che
chiede l’adempimento dei dieci comandamenti, per cui i comandamenti
concernenti l’adorazione di Elio sono
indissolubilmente legati alla obbedienza ai comandamenti concernenti la
relazione tra uomo e uomo. Non si
può sfuggire alla necessità della coerenza fra l’Evangelo e la vita, perché
l’Evangelo è vissuto nella linea della
paradossale volontà di Cristo: «chi
vorrà salvare la sua vita la perderà,
ma chi avrà perduto la sua vita per
amor mio, la troverà ».
L’Evangelo mette in questione la
vita interiore e la vita pubblica
degii uomini : le false sicurezze interiori, le paci apparenti, che pace non
sono. L’Evangelo, che è Evangelo di
speranza, combatte con i demoni della
disperazione, che si annidano nel cuore dell’uomo, e con i demoni dell’egoismo e dell’ingiustizia, nelle loro varie
fasi mobili e strutturate, negli schemi
di questo mondo che passa. Il combattimento della fede deve essere costante e la predicazione è annunzio della
testimonianza che il cristiano deve
dare al nuovo mondo di Dio, accettando interrogativi posti al vecchio mondo nelle sue manifestazioni spirituali
s storiche: —■
A Quale orientamento intende pren^ dere la nostra chiesa circa la comr.nicazione dell’Evangelo nelle comunità? La contestazione nelle chiese ha
palesato o determinato una situazione
d’intolleranza verso i suoi modi di
espressione. Ma quell’intolleranza non
si spinge anche contro il contenuto di
un messaggio evangelico, che ci richiama ad una maggiore coerenza fra
l’Ev angelo e la vita? Se l’Evangelo ci
turba e disturba, come lasciarlo agire
in questa forma di fermento in mezzo
a noi? La discussione del sermone,
l’ascolto comunitario della Parola, la
preparazione comune del messaggio
possono essere strumenti validi, se
non abitudinari, perché una comunità
si renda conto insieme di quello che
effettivamente avviene quando l’Evangelo è predicato, anche se la molteplicità degli interventi e una partecipazione corale in un culto non siano
garanzia di autenticità. Vi è sempre,
al limite, la sola autenticità della presenza misteriosa dello Spirito Santo.
Un confronto di molteplici esperienze
individuali o di gruppo determina una
esigenza di ricerca, che sorpassa le
possibilità di ogni singolo membro o
uditore.
C La predicazione dell’Evangelo crea
^ la comunità, ma la comunità è
altresì nutrita da correnti, pressioni
spiritualistiche, ideologiche, sociologiche e politiche. È il tessuto umano nel
quale l’Evangelo diventa storia in un
contrasto o in una simbiosi o in una
fusione fra Evangelo e le forze suaccennate. La predicazione dell’Evangelismo italiano ha sempre determinato
un protestantesimo distinto in comunità fondamentaliste, nelle quali si è
creduto di sfuggire alla problematica
dell’Evangelo nel mondo, soltanto perché ci si chiudeva in un biblicismo
letterale o presunto fedele alla Bibbia,
e in comunità « libere » italiane, nelle
quali l’esigenza di una liberazione risorgimentale cercava di echeggiare o
di riecheggiare i motivi della libertà
del cristiano in un continuo flusso e
riflusso fra Evangelo e politica anticlericale. Il valdismo e il battiamo,
nelle loro comunità riformate, vivevano fra un’esperienza storica di accettazione 0 di rifiuto del mondo costantiniano, cercando di accentuare la
propria libertà in Sinodi o Assemblee
nelle quali definivano di volta in volta la loro posizione di fronte alle concrete situazioni politiche e sociali del
tempo. La caratteristica di queste comunità riformate consisteva nella diffidenza verso un laicismo ottimistico
e verso un letteralismo biblico, formalistico e ripiegato su sé stesso. A volta
a volta tutte queste comunità vivevano la loro avventura accettando la
persecuzione di chi avvertiva in loro
un anticonformismo, oppure cercavano di inserirsi nel contesto nazionale,
dando prova di un lealismo non di ra
do ingenuo verso la nazione: ricordo
di una rigida interpretazione di Romani 13 o adattamento di immigrati
nella terra liberale o cattolica o laica?
Non è quindi motivo di stupore se
in un tempo di forte accentuazione
dei problemi sociali, l’evangelismo italiano abbia orientamenti e fluttuazioni continue e diverse nella sua predicazione.
La predicazione comunitaria può essere imo strumento per riconoscere la
molteplicità dei rapporti già esistenti
fra protestanti e società italiana, per
individuare la carica già esistente nella responsabilità verso i terzi; può
servire a rilevare complicità scono
|1 tema della predicaz'one è stato af’frontato in tre assemblee, nella comunità di Torino, l’una l’autunno
scorso, e le altre due recentemente.
Fra la seconda e la terza il gruppo dei
delegati torinesi al prossimo Sinodo
congiunto metodista-valdese, che dedicherà una delle sue sedute a questo tema proposto alle comunità dal
Sinodo valdesel968, ha avuto un incontro nel corso del quale ha cercato
di trarre le fila della discussione precedente e di fissare alcuni punti, in
base ai quali procedere nel dibattivo.
Il frutto di questa riunione è stato
raccolto dal past. Carlo Gay in alcune
tesi, che pubblichiamo perché ci paiono di notevole valore e tali da giovare alla riflessione comunitaria, anche
in altre chiese.
red.
sciute o alleanze profonde nell’atteggiamento dei credenti in ambienti
completamente diversi ed opposti. Tale
ricerca non è semplicemente letteraria, ma può diventare stimolo contro
la frustrazione troppe volte accentuata nei nostri ambienti, nei confronti
delle nostre opere evangeliche; o può
diventare scoperta di nuovi punti di
contatto con la società italiana, dai
quali sorgano delle scintille, che provocano luce nelle coscienze.
A È possibile, nella situazione odier
na che le comunità trovino, in base
all’ascolto dell’Evangelo, dei punti di
particolare rilievo e urgenza nella predicazione attuale senza farne una legge, che scalzi l’unicità dell’Evangelo?
Possiamo noi individuare alcune linee?
Pensate voi che, ad esempio e con
la piena libertà di sostituzione o di
aggiunta, si possano indicare i seguenti punti come Ani o tappe comuni di tutta la comunità?
a) Se Cristo è verità, dobbiamo
ricercare la verità nella nostra vita
quotidiana: verità dell’informazione,
tensione verso il vero in mezzo alle
notizie e stampe fumogene del nostro
tempo.
b) Riconciliazione, che non consiste neU’occultamento delle situazioni
sociali e politiche, ma nella denuncia
del male anche nelle sue espressioni
sociali e nella costante riconciliazione
degli uomini di ogni tendenza e di
ogni corrente.
c) Concretezza. La comunità non
può soltanto annunziare « les principes immortels » sullo sfondo di un ottimismo antropologico continuamente
messo in questione alla prova dei fatti. Deve individuare o lasciare che s’individuino delle situazioni, nelle quali
e contro le quali inserire l’Evangelo
come domanda di Dio : « Dov’è il suo
fratello? ».
d) Rifluto di ogni tipo di discriminazione fra gli uomini per ragioni razziali, ecc., dando la priorità all’uomo nella sua solitudine inevitabile ed
ultima.
e) Esigenza di una giustizia, che
rifletta l’agape di Dio, l’amore di Dio
per l’uomo nella sua condizione di
pellegrino e di costruttore responsabile delle città terrene.
"n Accadrà che la predicazione del■ l’Evangelo, portando ad una maggiore chiarezza di_ coscienza, determini Ani e gruppi diversi in una comunità. Dovrà la predicazione perseguire
l’unità ad ogni costo? Pur comprendendo la giusta preoccupazione pastorale che il gregge, spesso cos'i piccolo,
delle nostre comunità di diaspora si
sfasci sotto l’urto delle pressioni più
discordanti, non sarà più giusto constatare che, se l’accordo non è raggiunto sulla identificazione della «situazione » nella quale si vive, può essere raggiunto nell’Evangelo, che ci
manda diversamente in una uguale
situazione? Non si dovrà accettare un
pluralismo d’interpretazione della situazione? Dovranno essere considerati
con molta serietà i conflitti esistenti
nel seno dell’« ordine » attuale, quelli
derivanti da un passaggio ad un altro
« ordine » e quelli da prevedere in un
avvenire e con altre strutture sociali,
le quali saranno, come le precedenti,
minate dalla tentazione e dalla forza
del peccato. Quale posto occupano,
nella nostra visione teologica, la violenza della conservazione, quella della
rivoluzione e quella permanente nelle
tensioni umane? Quale è la predicazione nei confronti della violenza? Se
ne può parlare in termini astratti?
Pino a quale punto l’Evangelo deve
portare un giudizio di valore sulle
ideologie attuali? Dovrà la predicazione includere una ricerca più precìsa
sulle ideologie, sulle reazioni e sulle
linee e sul tipo di una collaborazione
con i nostri contemporanei? Deve essere scartata l’ipotesi neotestamentaria che i cristiani siano umiliati e disprezzati nella società a causa del loro
rifluto di accettare le espressioni del
presente secolo come normative ed intangibili? La Chiesa valdese non può
dimenticare le ricerche di « Chiesa e
Società» alla Conferenza di Ginevra,
nel luglio 1967.
8 La predicazione dell’Evangelo non
può essere scissa dai vari elementi
della liturgia : lettura della Parola, canto, adorazione, intercessione. La predicazione presuppone ed impianta una
vita « spirituale » ; non è conferenza,
non è solo dibattito, non è discorso di
sapienza umana. È ascolto di una Parola, che giudica ed assolve in Cristo.
Ascolto di una comunità e non monologo. La predicazione è collegata con
la intercessione per la missione della
chiesa nel mondo. I modi di concepire
la missione e gli oggetti della missione
saranno spesso diversi nei singoli. Bisogna che la chiesa riconosca i doni
vocazionali dei suoi membri e giunga
al coraggio della preghiera reciproca
per il compimento della vocazione di
ognuno e dei gruppi nelle loro varie
alternative.
L’EVANGELO DELL’ASCENSIONE
Nn vi lastirà orlali
L'Ascensione ricorda e annuncia la « partenza » di Gesù da
questo mondo. Una nuvola, accogliendolo, lo tolse d’innanzi agli
occhi dei discepoli (Atti 1: 9). Gesù se ne va al Padre: « son proceduto dal Padre e son venuto nel mondo; ora lascio il mondo,
e torno al Padre » (Giovanni 16: 28). Gesù « parte »: che ne sarà
dei discepoli, senza di lui? Dovranno considerarsi « orfani » — come bambini senza genitori, come figli senza padre, come creature senza Creatore, come uomini senza Dio? E noi che viviamo
in un mondo da cui Gesù è « partito », come dobbiamo considerarci? « Orfani » anche noi? Destinati a conoscere e confessare
Cristo solo come colui che è partito, che se ne è andato, che ci
ha lasciati, che non c’è più? Condannati a vivere nell’assenza di
Dio? Amaro destino quello dell’orfano; senza appoggio, senza
punti di riferimento, solo.
« Non vi lascerò orfani » dice Gesù « tornerò a voi » (Giovanni 14; 18). Gesù « parte » ma non si ritira: la sua partenza non è
un abbandono. I discepoli possono avere l’impressione di restare
orfani; anche noi possiamo averla, tanto più vedendo Gesù « partire » mentre noi restiamo. E in effetti potremmo essere veramente orfani, Gesù avrebbe potuto privarci della sua presenza.
Che cosa lo trattiene dal lasciare per sempre i suoi discepoli?
Non certo le loro virtù o il loro amore; piuttosto la loro miseria.
Non sono certo la nostra dignità, le nostre glorie o le nostre meraviglie che spingono Dio a volgere il suo sguardo verso di noi;
piuttosto la nostra perdizione. Se Dio non avesse pietà, se Egli
non cercasse i perduti, allora saremmo e resteremmo orfani, soli
neU'universo. Ma non lo siamo: « tornerò a voi ».
La partenza di Gesù non è senza ritorno. Il nostro Dio è un
Dio che viene, non un Dio che parte; un Dio che ritorna, non un
Dio che non si fa più vivo; un Dio che appare, non un Dio che
scompare; un Dio che si avvicina, non un Dio che si allontana.
Gesù « parte », ma questo non significa che egli sia assente. Gesù
non è mai assente: ci sono diversi modi della sua presenza, ma
non si può parlare di assenza di Gesù. È il mondo e solo il mondo che può parlare di Gesù come di un assente; i discepoli sanno che la sua « partenza » non implica la sua assenza. Se Gesù
si fosse assentato, avrebbe lasciato i suoi discepoli orfani: ma è
proprio questo che egli non fa. Gesù è sempre presente: ieri era
presente « nella carne », come ciascuno di noi è presente in questo mondo; oggi, dopo l’ascensione, è presente nella sua Parola
e nello Spirito Santo. Ma si tratta sempre di presenza, mai di
assenza. Per questo i discepoli non sono orfani; Gesù è « partito » senza abbandonarli.
Non i discepoli sono orfani, ma il mondo lo è. Il mondo che,
non vedendo più Gesù, lo considera morto o assente e si libera
anche del ricordo di lui e non vuole più portare il fardello della
fede. Il mondo che considera la fede come propria di uno stadio
infantile deH'umanità, e per il quale essere adulto significa essere senza Dio. Il mondo di cui oggi sovente si dice che è « diventato adulto », in quanto prescinde da Dio e dalla sua Parola. Ma
è davvero « diventato adulto », il nostro mondo? Lo spettacolo
che ogni giorno si offre al nostro sguardo è proprio lo spettacolo di un mondo « diventato adulto »? La vera condizione del mondo non è di essere « adulto », ma di essere orfano. Per lui la
« partenza » di Gesù significa che Gesù si è eclissato per sempre:
il mondo non ha registrato il suo ritorno nello Spirito. In verità
solo la comunità dei discepoli sa che Gesù non si è dileguato ma
è ritornato e che egli non è assente ma presente. È questa certezza che la fa vivere.
Paolo Ricca
iniiimiiiniiiimiiii
LE OPERE SOCIALI
DELLA
CHIESA METODISTA
Il Dentro Evangelico di Villa S. Sebastiano
Per ovvie e varie ragioni, l’analisi della
situazione di questo villaggio abruzzese non
può che essere condotta nel contesto della
intera questione meridionale, la quale continua a sussistere in tutta la sua gravità.
Nonostante il processo di rinnovamento, che
è senza dubbio in atto in alcuni strati della
popolazione, l’Abruzzo continua a vivere la
sua condizione di crisi profonda.
Villa S. Sebastiano risente in modo macroscopico di questa situazione generale:
— il numero degli abitanti si è letteralmente dimezzato;
— il reddito è bassissimo ed assolutamente insufficiente per una vita semplicemente
decorosa ;
— le possibilità di occupazione sono mi
Normale prassi democratica
La lettera che segue è stata inviata alla
direzione di "Oggi” e da questa non pubblicata.
Firenze, 28-4-1969
Egregio Signor Direttore,
sul n. 19 (7 maggio) di « Oggi » ho letto
un articolo di Neera Fallaci sui casi della Facoltà di Architettura di Firenze. Sono uno
dei pastori della comunità evangelico-valdese
fiorentina, di una comunità particolarmente
provata dal fatto che .sia il prof. G. Koenig
e la .sua famiglia che il prof. S. Caponetto e
la sua famiglia le appartengono.
Non entro nel merito dei problemi di fondo
proposti in malo modo dalla contestazione (e
non eliminabili con verdetti e giudizi). Ma
l'articolista cerca di dare un disegno psicologico di alcuni « personaggi », e qui ritengo
opportuno preci.sare o smentire.
L’insieme dell’articolo lascia Fimpressione
di un prof. Koenig accanitamente intento a
battagliare contro la contestazione; in realtà
il Koenig — benché prediletto come bersaglio polemico, attaccato con infantile tenacia — non vive di rancori e non cerca che
di lavorare secondo la sua preparazione, i suoi
impegni e i suoi doni. E’ un mansueto cacciato in un imbroglio. Del tutto inesatta è poi
questa frase concernente il prof. Salvatore
Caponetto: «Quando Michelangelo (il figlio)
fu arrestato e finì sui giornali, per molto
tempo non ebbe il coraggio di mostrarsi nella
sua chiesa ». Non solo di fatto non è vero,
ma mi chiedo addirittura perché mai lo avrebbe dovuto fare. Non solo il nostro « anziano » Caponetto ha sempre dato il suo contributo alla edificazione della chiesa, ma domenica 20-4 — alla notizia della condanna
inflitta a Michelangelo — la comunità ha
tenuto a esprimere a lui ed alla sua famìglia
una pubblica e piena solidarietà in un’ora di
.sofferenza ben comprensibile.
Se certi fenomeni si manifestano nella nostra società, se dei valorosi insegnanti e delle
famiglie passano mesi e mesi di tensione, di
sofferenze, ognuno di noi può ritenere che ciò
non avvenga unicamente per la virulenza d’un
pugno di teste matte, ma che esistano realmente delle malattie profonde. Non si curano né col bastone e la carota né col verdetto
e l'aspersorio: di famiglie Koenig e Caponetto c piena l’Italia, famiglie prese nella spirale d’una società malata, che si pensa di curare ancora con gli sciroppi del buon tempo
antico.
Ringraziando per l’ospitalità, cordialmente
L. Santini, Pastore
nime e, in certi settori, addirittura nulle;
— i servizi pubblici sono antiquati e
scarsi;
— mancano ancora le case, e quando si
dicfe casa non s’intende « palazzo » o « villa »
e nemmeno un decente appartamento, ma
quattro mura e un tetto.
/ problemi piu urgenti
Il Gruppo responsabile del Centro ritiene
che i problemi oggi più urgenti sono:
1) Il problema dell'agricoltura — l’esigenza di una più estesa e razionale meccanizzazione dei lavori agricoli si pone ancora.
A tale esigenza già risponde, in parte, la
nostra « Cooperativa » mediante il suo servizio « meccanico » (trattori, ecc.). Ma ciò non
basta. Infatti :
a) occorre che siano maggiormente razionalizzate e specializzate le culture cosi da
avere un aumento del prodotto e di conseguenza del reddito;
b) per ottenere questo è necessario che
sia eliminato, man mano, l’estremo frazionamento della proprietà e si ricostituiscano
dei poderi di una certa estensione;
c) condizione fondamentale è che si esca
dall'eccessivo individualismo, anche « economico », e si formi una « mentalità comunitaria ».
Il Gruppo ha cosi avviato un processo di
ristrutturazione della Cooperativa sul piano
pratico e morale. Va tenuto presente che attualmente la Cooperativa conta 120 soci su
una popolazione di circa 700 abitanti.
2) Il problema dell’etntgrazione — Il Gruppo, considerato l’aspetto profondamente negativo della emigrazione, ritiene che tale fenomeno non deve essere considerato un fatto
scontato, da accettare e basta. Questo, in Villa, lo si può fare soltanto risolvendo la crisi
dell'agricoltura e, si direbbe, uscendo dagli
schemi di una economia esclusivamente agricola. Il Gruppo responsabile, coadiuvato da
fratelli tecnici, ha elaborato due progetti pe»
due piccole aziende: una metalmeccanica ed
una per la fabbricazione di colori. Tali aziende si fonderanno su una « società » di villesi ad esse interessati, così che questi se ne
sentano personalmente responsabili, anche
sotto il profilo dell’impegno finanziario. Il
lavoro preparatorio (progetti, ecc.) è stato
compiuto. Entro quest’anno 1969 si passerà
alla fase di realizzazione di almeno una delle
due; probabilmente quella per la fabbricazione di vernici e colori. Inoltre sì sta procedendo ad una ristrutturazione del laboratorio dì cucito, organizzato nel 1967, in modo
da renderlo più efficace per una lavorazione
femminile.
• 3) Il problema della Scuola —• Le Chiese
Evangeliche italiane, fin dalle loro origini,
si sono occupate della Scuola. Esse hanno
istituite parecchie scuole là dove occorrevano e non c’erano. Oggi ci pensa lo Stato. Ma
altri problemi sono sorti. Al di là delle questioni di fondo, mancano in molti luoghi dei
servizi adeguati che consentano ai ragazzi
una seria e continua frequenza delle lezioni. A questo proposito, il Centro ha ampliato
le iniziative già realizzate lo seorso anno, e
cioè :
a) con un « pulmino » di sua proprietà,
il Centro ha istituito un servizio di trasporto
dei ragazzi (evangelici e cattolici) fino al
centro vicino di Tagliacozzo e fino alla Stazione ferroviaria;
b) un « doposcuola » per ragazzi (evangelici e cattolici) della Scuola Media ed Elemcntare.
c) un servizio, per ragazzi, di « pasto in
comune ». Non si tratta della comune refezione scolastica, ma di un autentico « mangiare insieme » nel reciproco servizio fraterno;
d) assistenza all'infanzia. I bambini vengono alla mattina (una nostra ragazza li assiste), pranzano, fanno merenda e tornano a
casa verso le ore 16,30;
e) un Corso serale per adulti. Tale Cor,so serve per dare agli adulti un minimo di
preparazione generale (a raggiungere la lì"
cenza di scuola media e, in certi casi, di
scuola elementare), e per aiutarli a raggiungere un minimo d; qualificazione professionale.
Tutto questo vasto programma di lavoro, il
Centro intende attuarlo nel quadro della predicazione dell’Evangelo di Gesù Cristo: uno
strumento, quindi, per l’annuncio di tale
Evangelo che solo può realmente liberare e
rinnovare la .società. Soltanto l’Evangelo di
Gesù Cristo può dare anche agli abruzzesi
la vera fiducia della quale ognuno ha tanto bisogno per vincere la costante tentazione
a rassegnarsi al male. g.
4
pag. 4
N. 20 — 16 maggio 1969
TEOFILO DANIELE MALAN
Un valdesi*, pastore della Chiesa Metodista
Hucanoiie religiosa; una iornula taisante?
{segue dal numero scorso)
Il Malan intanto, che come già dicemmo
era rimasto fortemente attaccato alla sua patria (che visitava di tanto in tanto, trascorrendo qualche mese di riposo nella sua casa
della Ravadera), non era estraneo ai problemi
di. ordine politico sociali del suo tempo. Pubblicava infatti a Filadelfia, rispettivamente
nel 1917 e 1919, due opere in allora di palpitante attualità : « Conflict between France
and Papacy », dopo la visita del presidente
Loubet a Roma al Re d’Italia, che aveva provocato la reazione del Vaticano; « Italy and
thè Jugoslavs in Istria and Dalmatia », dopo
la prima guerra mondiale ed il trattato di Parigi, che aveva negato all’Italia le terre delristria e della Dalmazia, assegnandole invece
aUa Jugoslavia. Dedicato quest’ultimo al presidente Wilson ed alla Nazione Americana,
quando si doveva decidere della pace fra l’Austria e l’Italia, dopo la guerra del 1914-18.
E solo un decennio più tardi, in occasione
di uno dei suoi viaggi propiziatori alla valle
natia, il Malan pubblicava presso l’Alpina di
Torre Pellice un secondo volume di poesie,
dal titolo « Heures d’exil », in 16°, pp. 122.
Sono una cinquantina di poesie di vario genere, ora leggere ora giocose ora gravi e penose e riflettenti la tristezza dell’esilio; altre
sono di carattere storico, celebranti episodi o
monumenti della storia valligiana. Nei quali
il poeta, pur non discostandosi affatto dalla
realtà storica, si riserva un indispensabile
margine di immaginazione e di libertà creatrice.
E mentre nella sua prima raccolta i brani
erano scritti in francese, eccetto uno solo in
italiano, in questa seconda 43 sono ancora in
francese, 4 in dialetto, 1 in italiano e i 3 ultimi in inglese. Va però notato che un terzo delle poesie incluse in questo florilegio
erano già apparse in « Feuilles éparses », uscite 44 anni prima. Anche le 4 poesie dialettali erano già apparse o nel settimanale
« L’Avvisatore Alpino » che celebrava nel 1907
il suo 25° anno di pubblicazione, o in occasione di avvenimenti cittadini locali. Sono
tutte condite con quel pizzico di sale montanaro e queUa spensieratezza dell’età post giovanile, quando tutto sorride e ci si crede destinati ad alte e memorabili imprese.
Del nostro poeta « lauréat et membre
d’honneur du Comité des Concours poétiques
du Midi de la France », abbiamo ancora rinvenuto due minuscole pubblicazioni : « Cantique d’Arnaud », stampato da Amprimo a
Torino e « Le retour de l’exil » uscito presso
l’Alpina, nel 1939 (12 pp.): ultimo lavoro
del nostro « felibro » vaUigiano, che scrisse
con grande facilità in 4 idiomi diversi.
Tornato in America dopo un soggiorno più
lungo nel 1931 alle Valli, vi fece ancora una
breve apparizione nell’estate del 1939. Rientrato a Filadelfia vi moriva poco dopo, lasciando una vedova e due figli : Gordon e Caterina, dei quaU non ci è stato possibile avere
notizie, nonostrante i tentativi fatti a più riprese in questi ultimi anni.
ìH * *
La prima opera poetica di Teofilo D. Malan, « Feuilles éparses », fu accolta dalla critica con molta simpatia e meritati elogi. Scrisse infatti la «Revue Française» del giugno
1886 : « “Les Feuilles éparses" de M. Malan
pourraient plus justement s’appeler "Fleurs
éparses". Elles sont douces et parfumées, et
font le plus grand honneur au poète. Le vers
de M. Malan est très pur et très correct, ferma d’allure, doux de pensée, aimable et réfléchi : il a le mérite assez rare d'être compris de tout le monde. De combien de poètes
pourrait-on en dire autant? ».
Analoghi elogi vennero fatti alla poesie del
Malan da altre riviste, come « La Lecture » e
« The Saturday Rewiew », che notavano nel
poeta « un talento facile, che come il Lamartine canta per istinto, per il gusto della
lingua cadenzata del verso ».
Il Malan trascorse la sua vita pastorale
attiva quasi esclusivamente negli Stati Unid,
ove fin dal 1890 si era recato a Filadefia, in
qualità di pastore di una Chiesa Metodista
Episcopale di lingua inglese, ma dove successivamente costituì e diresse due altre comunità :una «Eglise Evangélique Française»
composta da membri di origine francese, svizzera e valdese, in cui quest’ultimo elemento
crebbe rapidamente. Tanto che nel 1912, un
corrispondente de « L’Avvisatore Alpino » osservava che vi erano ormai rappresentate tutte
le parrocchie delle Valli. Inoltre, il nostro
attivo ministro aveva organizzato o creato una
« Chiesa Evangelica Italiana » nella popolosa
città della Pennsilvania. Ne fu per molti anni
sovrintendente, come di quella di lingua
francese, nonché professore di teologia nel
Seminario di Bloomfield.
Fiorente vi era pure, nel 1912, la « Waldensian Society » fondata dal Malan per aiutare gli emigrati delle Valli a sistemarsi nel
migliore dei modi possibili. Ugualmente opera del Malan era stato, fin dall’inizio del suo
lavoro pastorale in Filadelfia e dintorni, la
fondazione di un « Circolo Diodati », che aveva lo scopo di mantenere viva fra i suoi soci
e quindi fra i coloni italiani Tamor deUa patria lontana. Come già egli aveva saputo fare
fin dai primi anni del suo ministerio in
Svizzera, fondando in seno alla Congregazione
italiana di Ginevra un circolo culturale con
10 stesso nome augurale e con gli stessi scopi
di tenere uniti in uno spirito di fraternità e
dì fiducia reciproca i membri della comunità.
Ad alimentare nei coloni l’amore alla Patria d’oltre oceano, egli aveva parallelamente
dato vita ad un giornale in lingua italiana,
dal titolo « Roma », per mezzo del quale egli
cercava di aiutare in ogni modo le foUe di
emigranti italiani, che in quegli anni traversavano l’Atlantico per recarsi soprattutto negli Stati Uniti, dov’essi, purtroppo, erano quasi sempre le vittime di raggiri d’ogni specie,
di soprusi, di sfruttamenti da parte di soeietà
per la eolonizzazione del paese. Società senza
scrupoli e sorte eoi solo fine di speculare sui
poveri emigranti senza protezione e totalmente ignari della lingua e della legislazione
del paese in cui essi cercavano quel che non
poteva loro offrire la patria da loro abbandonata.
Tale aiuto agli emigranti valdesi, il Malan
si sforzava di portare ancora, mantenendo una
vivaee, efficace e regolare corrispondenza per
oltre un trentennio, con il settimanale popolare della vai PeUice, « l’Avvisatore Alpino »,
con pseudonimi vari. Corrispondenze che venivano completate e preeisate, ogni qualvolta
11 sig. Malan tornava a rivedere il loco natio
ed i suoi parenti, o a ricuperare le energie
che Tintensa attività ed il clima micidiale del
campo di lavoro avevano affievolite, con conferenze sempre vivacemente presentate ed apprezzate. Come ad es. le due del 1900 su
« 7 piaghe e 7 bellezze dell’America »; o come
quella su « La lingua e la coltura italiana negli Stati Uniti d’America » (1905); o l’altra
su « L’America e gli Americani » (1926), o
altre ancora di analogo argomento educativo
istruttivo.
In quegli anni, una delle maggiori preoccupazioni del Malan era quefla di evitare ai
suoi convalligiani le tristi conseguenze di una
emigrazione incontrollata, senza guida, spesso solo in cerca di avventure..
« Chi conoscerà mai (scriveva egli su « 1 Avvisatore Alpino » del maggio 1900, n. 19) nel
loro complesso i drammi dell’emigrazione? il
eui primo atto comincia in Italia, grazie alla
ferocia dell’agente delle tasse, alle menzogne
dell’agente delle compagnie di emigrazione; il
secondo, lungo e doloroso, si svolge nella stiva di un piroscafo attraverso l’Oceano; il terzo allo sbarco seguito dalle prime delusioni,
cui fanno seguito una serie non interrotta di
ingiustizie, di prepotenze, di privazioni, di
tentazioni e dì stenti infiniti, di sforzi e di
umiliazioni, che hanno però il loro epilogo
all’ospedale, nelle prigioni, nel fango, nella
fame, nella disperazione, nella morte lenta in
mezzo ai pantani, nei tuguri più luridi delle
grandi città, nelle miniere di carbone o per
opera del “giudice Lynch” e non di rado sulla
sedia elettrica ».
E appunto i guai e le sofferenze inaudite
(segue da pag. 2)
va in una situazione « compromissoria,
equivoca e sterilissima ». E’ proprio lo
sforzo di aderire ai criteri e agli schemi tipici della società attuale che conduce ad una incomprensione sostariziale di quella che vien chiamata religione.
Oià dall’esordio, infatti, si assiste ad
una radicale minimizzazione della dimensione religiosa, là dove si sottolinea l’aspetto « tipicamente umano »
dell’esperienza religiosa e con questa
accentuazione si viene a negare praticamente la rivelazione del divino. La
dimensione religiosa è, per l’A., vissuta come realtà « teandrica » ; gli Orientamenti invece spostano decisamente
l’accento sull’umano.
In seguito, partendo da questa premessa minimizzatrice e negatrice, si
affida alla religione un ruolo puramente strumentale. Essa infatti è vista come qualcosa che aiuta il bambino nella conquista dell’autonomia, che gli dà
un senso di certezza e stabilità, che
compensa le sue frustrazioni e delusioni e lo libera dall’angoscia e dall’insicurezza. La religione dunque avrebbe
solo una funzione propedeutica a una
altra realtà, all’operare autonomo dell’uomo nel mondo. A questo punto l’A.
osserva che sarebbe stato preferibile
un rifiuto netto, più coerente con i postulati scientifici moderni, a questo
tentativo di conciliare un rifiuto sostanziale con un ossequio formale (che,
egli sottolinea sarcasticamente, « se mina alle basi l’autentica verità religiosa, salva gli interessi dell’istituzione
ecclesiastica quanto basta per accontentarla nel timore del peggio »).
L’ironia dell’A. si fa sempre più pungente quando egli passa a considerai modi e l’impostazione generale della
« nuova » educazione religiosa ; si tratta infatti di una concezione genericamente spiritualistica, serena e unitaria, una specie di «paradigma floreale » da cui sono banditi sentimenti di
ansietà, insicurezza, sfiducia, e che trova nella religione una specie di «madre nobile dei fiorellini, dei gattini,
dei rondinini che popolavano già gli
asili della nostra lontana infanzia » :
una musica di fondo dal timbro vagamente mitico e folcloristico «che accompagna la marcia di un uomo e di
una società a-religiosi » : una specie di
vaccino contro la sofferenza, il dubbio,
i travagli della vita spirituale. Nell’intento di bandire dall’animo iiifantile
rivelazioni traumatizzanti, si è fatta
piazza pulita a tal punto da precludergli, forse anche per l’avvenire, l’esperienza dello « stacco » fra divino e umano, la dimensione verticale. La
« religiosità universale » che ne nasce,
basata su una simbolica categoria della Paternità, non è la religione, ma
« un atteggiamento culturale che nasce dal rifiuto della religione ».
Nel conformistico desiderio di conciliare tutto, gli Orientamenti giungono a svuotare la religione di ogni
contenuto veramente religioso. Essi
tendono a dimostrare che tutto è compatibile con l’atteggiamento religioso,
mentre in realtà molte cose sono in
degli emigranti, condensali nella pagina 7.0liana su riferita, lo avevano spinto a costituire « l’Associazione Americana per la protezione degli emigranti », senza differenza di
lingua, di razza, di religione. Associazione
sorta non per incoraggiare la gente ad emigrare, ma unicamente per giovare a chi fosse
costretto ad emigrare, per tener d’occhio gli
speculatori, per impedire coloro che la necessità costrìngeva ad abbandonare la propria
patria a farsi sfruttare da avventurieri senza
scrupoli.
Teofilo G. Pons
compatibili con esso. Già la formula
« educare alla religione » è impropria
e falsante; e, conclude i’A. con pessimismo, il nuovo ideale pedagogico di
una religione perfettamente compatibile con tutte le possibili religioni, areligioni e anti-religioni rappresenta l’ultimo stadio del peggioramento, ed esprime bene « la moderna indifferenza
per la religione, aureolata dal rispetto
dovuto a un illustre e memorabile cadavere»; semplice motivo ornamentale, incapace di agire come potere normativo nella vita deH’uomo. Proprio
per questo, l’ideale enunciato appare
così « misurato, sensato, plausibile,
convincente, persino ovvio » : « perché
non contiene alcuna traccia di religione ».
Gli interrogativi che ripropongono
oggi la necessità di guardare nuovamente con serietà alla religione sono
quelli che vengono non certo da un
conciliazionismo che assomiglia al
buon senso, ma « dalle drammatiche
tensioni e contraddizioni nell’ambito
della chiesa, dalle esasperate tesi dei
teologi della morte di Dio, dalle lacerazioni del cattolicesimo olandese o
sudamericano, da don Milani e da don
Mazzolari... La religione è il luogo tragico delle domande ultime... non è il
luogo idillico del conciliazionismo ad
oltranza, della serenità e dell’ottimismo ».
La trave nell’occhio
Un eventuale commento « protestante » che si aggiungesse ai due precedenti, abbastanza tipici di due diverse mentalità e formazioni, dovrebbe, credo, inevitabilmente, porsi due
interrogativi distinti. Il primo riguarda la valutazione della posizione presa dai Nuovi Orientamenti nei confronti delle confessioni non cattoliche ;
il secondo, la valutazione dell’impostazione generale del problema « educazione religiosa ».
A parte il fatto che dovrà passare
ancora qualche lustro o decennio prima che le « educatrici » riescano ad
assumere, nei confronti delle fedi non
cattoliche, anche solo l’atteggiamento
indicato dai Nuovi Orientamenti, è
evidente che si tratta di un atteggiamento enunciato con tale ambiguità
da permettere le più svariate e personali interpretazioni. Esistono anche
adesso libri di lettura per le prime
classi elementari che fanno sfoggio di
un universalismo di stile conciliare,
ma dove le concezioni o le tradizioni
religiose non cattoliche sono ridotte
ad elemento folcloristico, dove i bambini che professano altre fedi sono indicati come fratelli per i quali bisogna
pregare il Padre comune affinché li illumini, dove il missionario raduna attorno a sé negretti di cui rispetta paternalisticamente le bizzarre tradizioni... Lo conosciamo bene questo « rispetto » e questo « raffronto » tra atteggiamenti ritenuti giusti, universali,
normali, e atteggiamenti ritenuti strani, insoliti, fuori della normalità. Come pure è facile immaginare un futuro incremento della pressione del « rito », con tutte le sue suggestioni non
verbali, visto che le suggestioni verbali
sono autorevolmente sconsigliate ; per
cui in ultima analisi il documento,
malgrado le sue buone intenzioni, non
ci dà molte speranze.
Per quel che riguarda invece l’impostazione generale del problema, mi
pare che davanti al documento citato
non ci si possa sottrarre ad una prima
e decisiva constatazione: si ravvisa in
esso il solito equivoco tra «fede» e
« religione », un equivoco che dopo
Barth dovrebbe essere sparito per
sempre. Per cui possiamo essere d’accordo con la critica di Quinzio nelle
sue linee fondamentali, nell’accusa di
aver tolto alla fede la sua dimensione
verticale per ^lorla su di un piano di
orizzontale ovvietà, di averle affidato
un ruolo strumentale nella maturazione del bambino e una funzione protettiva contro l’ansia, di aver umanisticamente identificato legge divina e coscienza morale.
Ma, detto tutto questo, penso sia doveroso anche volgere lo sguardo a noi
stessi per vedere l’eventuale trave nei
nostri occhi. E chiederci, per esempio,
quante volte nelle nostre comunità,
soprattutto nelle nostre scuole domenicali, non si è latta dell’« educazione
religiosa» più o meno di questo tipo.
Siamo sicuri di aver dato un fondamento e delle modalità molto diverse
al nostro modo di impostare questo
insegnamento? Pronti come siamo a
criticare l’atteggiamento sincretistico,
umanizzante, compromissorio del cattolicesimo odierno, quando poi dobbiamo accostarci ai bambini per impartire loro quella che viene purtroppo
tuttora chiamata « educazione religiosa », che cosa facciamo se non cercare
appigli al nostro insegnamento in tutti questi compromessi, queste ambiguità, questi ponti gettati qua e là e lasciati in aria per paura delle conclusioni?
Un esame di coscienza a questo proposito non sarebbe di troppo. E ancora una volta invito soprattutto i monitori a prendere la parola sull’argomento, con estrema sincerità, a costo di
porre solamente degli interrogativi anziché fornire soddisfatte risposte. Perché — abbiamo il coraggio di arnmetterlo — oggi 1’« educazione religiosa »
(e quindi la nostra Scuola Domenicale) è un interrogativo senza risposta.
Rita Gay
Dio è utile?
Sul fascicolo di marzo del mensile cadolico indipendente genovese II Gallo , abbiamo letto una nota dal titolo Dio è utile?, siglata da Nando Fabro, in cui è scritto fra
l'altro :
a Dio è utile? Tinterrogativo è tutt altro
che fuori posto, in una società come Fattuale,
spiccatamente utilitaristica. Un Dìo in questo
o quel modo palpabilmente utile persuaderebbe molti a credere, e rafforzerebbe la fede di
molti.
« I cristiani stessi, d'altra parte, hanno
sempre fatto del loro meglio, nel passalo, per
predicare Futilità di Dio. Utile, se non altro,
Dio, per rimediare in paradiso le ingiustizie
della terra. Utile, anche, sulla terra, per convincere gli uomini alla pazienza, e per aiutare il potere, spirituale e temporale, a conservare il potere stesso senza difficoltà e senza
fastidi.
«Né ce da meravigliarsi che arrivando a
•certi strati di tensione e di costrizione ci siano dei cristiani che ritengano a loro volta
Dio sollecitante alla rivoluzione, e magari utile alla rivoluzione. Accade oggi, com è accaduto cent'anni addietro, quando un giovanetto
allevato dai padri Scolopi, Goffredo Mameli,
incitava da Genova i contestatori d allora alla
rivoluzione per l’indipendenza e l'unita degli
italiani: Quando il popolo si desta - Dio si
mette alla sua testa - le sue folgori gli da ».
PERSONAL! A
Suor Susanna Coisson, la diaconessa che
d'r'ge da tanti anni il Rifugio Carlo Alberto,
ha avuto il dolore di perdere il padre: purtecip'.amo fraternamente al dolore suo e dei
suoi familiari.
I LEYTOttI CI CE SI) SCPIVONO
Bando all’ire,
alle stolte contese?
Un lettore, da Torre Pellice:
Signor direttore,
La ringrazio per la pubblicazione
della mia lettera e le chiedo ancora
un piccolo spazio per una replica alla sua postilla.
Mi permetto di insistere sulla mia
asserzione circa un numeroso gruppo
di lettori che non approvano la linea
polìtica di fondo dell’« Eco-Luce ». 11
fatto che il giornale abbia pubblicato
opinioni diverse mi pare rientri nella
normale prassi democratica tanto più
che 1'« Eco-Luce » non è giornale di
una persona o di una unione monopolistica, ma di tutta la Chiesa. Che il
calo di abbonamenti e di lettori non
sia stato sensibile non prova nulla perché anche dissentendo noi 1’« Eco delle Valli » lo amiamo e lo difenderemo sempre. Pochi anni fa ho condotto una personale campagna di abbonamenti con lus'nghieri risultati c
sarebbe auspicabile aumentare gli abbonamenti dato che ci sono la possibilità per farlo. Per raggiungere qu^to
scopo io sono però convinto che bisogna lasciare da parte quella che oggi
si vuol chiamare politica, ma che sarebbe più esatto definire partitismo.
Mi permetto ancora di farLe osservare ehe non sono io che ho avvicinato Parri e AntoniceUi a quello che
Lei chiama giustamente « l’infausto »
Moranino ma sono loro stessi che si
sono spontaneamente alleati con 11
massacratore di sette partigiani, rei
di non essere comunisti. Non solo,
ma AntoniceUi ha rinunciato ad un
collegio (dato che era stato eletto in
quelli di Tortona, Alessandria e Torino Fiat) per permettere al Moranino
di entrare nel Senato della Repubblica. Gli stessi comunisti non si erano
sentiti di eleggere un tale rappresentante. E oggi noi dovremmo prendere
lezioni di moralità e di civiche virtù
da certa gente?
Abbandoniamo le beghe politiche e
pensi il giornale della Chiesa in termini d'amore lasciando certo linguaggio ad altre pubblicazioni di parte.
Allora potremo cantare all’unisono
l'inno che ci è stato proposto nella
nostra ultima assemblea di Chiesa:
Bando all’ire. alle stolte contese
Più non suoni pungente parola
1 Sia soave il pensiero, cortese
La favella dei figli del ciel.
E' l'amor la suprema, la sola
1 Legge imposta dall’alto al fede!.
Distinti saluti
Loris Bein
Vada per la « normale prassi democratica n; devo però constatare che
non è po', così universalmente seguita e cito tre casi, fra chissà quanti".
1) la scorsa estate « L’Espresso »
non ha pubblicato una messa a
punto del direttore di Agape, dopo che
quel settimanale aveva pubblicato
una doppia pag.na che se trovava qualche giustificazione in un
determinato campo, falsava la ui
sione d’insieme del lavoro di quel
centro; 2) proprio in questi giorni il
settimanale « Oggi » non ha pubblicato la precisazione del past. Luigi Sant ni (che pubblichiamo in altra parte
di questo n. del settimanale) in risposta a un articolo ivi comparso; 3) infine propr 'o su « Il Pellice », del quale Lei è diventato ultimamente attivo
collaboratore, non è stata pubblicata,
per ragioni di lunghezza (?), la risposta che il past. Bruno Rostagno aveva dato a una presentazione tendenziosa, comparsa sa quel settimanale, della « lettera aperta alle comunità vaidesi » diffusa da un gruppo di fratelli
in preparazione del 17 febbraio. Come vede, si tratta di periodici non
certo « rossi », si trattava ogni volta
di messe « punto precise e personali,
eppure... Allora, in questa nostra misera chiesa, si respira dopo tutto
un’aria meno irresp'rabile che altrove. no?
Non ho particolari conoscenze in
f proposito: ma domando: esiste forse
qualche l'sta politica, anche fra quelle più vie ne alle Sue convinzioni, in
cui manchino aspetti sordidi, simili
anche se non identici a quello su cui
insiste con un g udizio che per altro
cotulivido? Intendevo solo dire che
Oggi (sempre?) un onest uomo, se
fiuta qualsiasi accostamento con figure a dir poco ambigue, può lasciare
la poltica e darsi al giardinaggio.
Sono lungi dall’idealizzare AntoniceUi
e Parri. ma ciò che so di loro mi fa
pensare, fino a diversa documentazio
ne diretta, che siano onesFuomini con
le mani sporche della vita quotidiana,
come le nostre.
Tuttavia c'è nella Sua lettera una
nota che vo rei rilevare: che intende
d cendo '^abbmdoniamo le beghe politiche'^? Posso rispettare roblezione
da parte dì coloro che rifiutano (o
incglo pensino di potere rifiutare)
qualsiasi impegno politico: tutta Vaia
p'et'.sla dAff'evangel sino; pur non
condividendo assolutamente questa posizione, in cui vedo una drastica riduz'one e quindi una deformazione delI Evangelo, vi constato comunque un
atteggiamento coerente. Mi pare invece che Eei voglia dire: guesie beghe
facciamocele fuori della chiesa; allora
qui vedo incocrenza e non posso che
rifiutare, in questi tenniiv-, il grande
abbraccio pio-sentimentale, che lascia
\ le cose esattamente come sono, sotto il
' cupolone di una presunta bonarietà
di Dio. Non si può fare gli struzzi —cristiani fin che si vuole — dinanzi
alla realtà dei problemi. Si può^ e si
deve discutere il modo con cui si tenI ta di rispondervi, ma non e possibile
■ né lecito evacuarli dalla vita comuni\ tarla della fede. Mi permetto, a questo riguardo, di rimandarLa al mio
articolo di prima pagina. Come vede,
penso che ci vorrà molto impegno,
; molta fatica degli uni e degli altri,
uno sforzo cons derevole, non tanto
I per capirci gli uni gli altri, ma per
capire tutti meglio l'Evangelo e ciò che
lo Spirito dice oggi alle ch:ese. Allo
stato attuale delle cose, non sono sicuro
che possiamo cantare davvero alVunisono — o magari a più voci — quell'inno che Lei cita; temo assai che stoneremmo non poco, spiritualmente.
Non possiamo fare l economia della
crisi, per ritrovare Varmon.a^ il "pari
consentimento' . Lo d.co con tristezza,
mi creda; eppure con speranza: non
nella nostra buona volontà o bonomìa,
ma in Dio: il suo Spirito vivificante
soffia dove vuole, la sua Parola è come una dinamite nelle nostre mani,
che non si lascia disinnescare, un lievito nella nostra pasta psiinte.
Cordialmente
Gino Conte
Se vi mordete...
Una lettrice, da Torre Peli'ce.:
La relazione della Commissione sinodale non mi ha stupita, poiché i
membri che ne facevano parte erano
stati scelti con lo scopo di dimostrare in alternativa alla Commissione
precedente, la necessità della chiusura dei nostri istituti d’istruzione secondaria alle Valli. La Commissione
è stata fedele alle sue convinzioni e
al mandato. Però, m'c venuta fra le
mani una copa della relazione del
'65. che sul verso reca scritto « Stamjiato- ma non pubblicato»: tenuta
ben na.scosla, come il talento sotterralo! Si comprende quindi un certo
.■senso d; amarezza e di sfiducia; ma
scompare se si leggono le « Obiezioni
1 c controproposte » ora pubblicate sul
settimanale. Ora c; sentiamo più alla
pari e sereni, riconoscenti, poiché davanti a due relazioni così diverse, clic
presentano due punti di vista licn
precisi, ciascuno può fare la sua Lliera scelta.
Tornando da un soggiorno nel Mess co. abituala a quegli spazi sconfinati, mi ha fatto una certa impressione
ritrovarmi in una valle stretta, coi
monti che sembrano cascarti addosso;
quest'impressione e il grigiore di questa primavera pare servire da sfondo
alla tristezza di trovarci schierati, gli
uni e gli altri, in due parti nemiche:
divisi, delusi, diffidenti. L’apostolo
Paolo neircpistola ai Galati ci ammonisce: « Fratelli, siete stati chiamati a libertà: soltanto, non fate della I bcrtà un'occasione alla carne, ma
per mezzo deH'amore servite gli uui
agli altri; poiché la legge è adempiuta in quest’un'ca parola: ama il tuo
prossimo come te stesso. Ma se vi
mordete e vi divorate gli uni gli ah
tri. badale di non essere consumali
gli uni dagli altri ».
Graziella .falla
Abbiamo ricevuto
Per il Collegio Valdese: N. N-L. 100.000, per incoraggiare l’insegnainento della Parola di Dio nelle scuolePer l'Uliveto: Daniele Alborin, Ro'
ma, L. 30.000.
Ringraziamo e trasmettiamo.
5
16-maggia 1969 — N. 20
pag. 5
Un servizio scflinsUco ale Vali
VERONA
La scuola italiana traversa una crisi profonda — ci sembra perfino banale raffermarlo — per mancanza di
metodi efficaci nella preparazione e selezione dei docenti, per la debolezza
politica nell’imporre un calendario
scolastico serio, per la mancanza di
mezzi finanziari per imporre il pieno
tempo.
Non potendo risolvere i problemi di
fondo lo Stato si trastulla in riforme
esteriori. Noi, modesta Chiesa Valdese, nelle deboli membra dei nostri tre
istituti alle Valli, abbiamo dovuto subire il martirio delle riforme governative : ci hanno prima smembrato
un unico e coerente istituto esistente
a Torre Pellice, il Ginnasio-Liceo Valdese che prendeva i ragazzi dagli 11
ai 18 anni, in due tronconi: la scuola
media e il ginnasio-liceo. Ci hanno trasformato la scuola media in scuola
media unificata, ora ci cambiano i metodi degli esami di maturità, aboliscono la sessione autunnale; presto imporranno il biennio dopo le medie e
già si parla di una ri-riforma della media unica! Lo Stato ci fissa il calendario scolastico, ci fa fare vacanza ITI
febbraio, ci invia i professori se non li
troviamo da soli.
Tale profondo travaglio della scuola
italiana che senso ha per noi? Che
appoggio possiamo dare per aiutare lo
Stato a risolverlo? Purtroppo, nessuno: oggi non siamo in grado e per
legge e per mancanza di idee chiare,
di uomini e di fondi di fare una scuola diversa, esemplare, svincolata dallo
Stato. È ora quindi di ritirarsi dall’indecoroso compito di subire passivamente la crisi istituzionale della scuola italiana, seguendo le ordinanze e le
disorganiche sperimentazioni del Ministero.
Ci restano i docenti evangelici: sia
pure coinvolti nella crisi e immersi in
un corpo malato, è solo attraverso la
loro opera che possiamo dire qualcosa. Lssi sono alle Valli e fuori dalle
Vali).
Ma nelle due Valli Valdesi del Piernón e abbiamo una notevole concen;
trazione topografica di famiglie in difficolTà per la crisi della scuola: partiar
mo dai bisogni di queste famiglie, vediamo di aiutarle, di risollevare il livello
culturale delle nostre popolazioni, istituendo un servizio scolastico. I compiti di tale servizio che dovrebbero
preci.sarsi man-mano ed essere assunti progressivamente in armonia
con )'eventuale e graduale chiusura
delle scuole ora esistenti, a titolo puramente esemplificativo e a scopo di
accendere la fantasia su tante cose
possioili, potrebbero essere i seguenti:
1) La formazione di associazione
di genitori per Ogni scuola di una certa importanza, la cui funzioni potrebbero essere molteplici. Si potrà, ad
esempio, fare pressione presso le autorità scolastiche locali per l’adozione di testi scolastici il più possibile
uniformi, onde permettere anche il
presTno di tali testi anche ai meno
abbienti, e in un secondo tempo si
potrà studiare anche l’adozione di tre
0 quattro testi fondamentali preparati
da nostri esperti, una volta che saranno stati preparati, d’accordo con
gli insegnanti evangelici italiani e la
Claudiana, sia per le scuole medie che
per ie elementari.
Segnalazione sulla possibilità
di collocamento di insegnanti evangelici presso le scuole elementari, medie
e superiori alle Valli.
8) Consulenza scolastica a domicilio per risolvere le difficoltà scolastiche degli allievi, rendendosi conto
direttamente delle condizioni ambientali della famiglia. Segnalazione ed avviamento ai consultori psico-pedagogici esistenti in Pinerolo e Torino per
1 casi difficili.
4) Albo di insegnanti pronti ad
impartire anche gratuitamente lezioni private a chi ne avesse bisogno.
5) Creazione, dove è possibile, di
piccoli dopo-scuola alle dipendenze dei
concistori che per tale funzione — ove
il volontariato non fosse sufficiente —
potrebbero ricevere dei finanziamenti
dalla cassa dell’istruzione.
6) Potenziamento dell’Associazione Insegnanti Cristiani Evangelici
(A.I.C.E), dotandola di una segreteria
fissa e di una persona a pieno tempo,
che abbia l’incarico di prendere contatti personali con tutti gli insegnanti
evangelici ; questo segretario itinerante dovrebbe incaricarsi di raccogliere
le nostre forze sparse ovunque, lavorando per alcuni anni consecutivi.
7) Creazione di gruppi di studio
per la sperimentazione della didattica nuova.
8) Formazione di psicologi scolastici ed esperti in didattica e in problemi scolastici aiutandoli nei loro
studi, anche all’Estero, con erogazioni
di borse di studio (utili i contatti con
l’Alsazia per situazioni analoghe alle
nostre).
9) Formazione di piccole biblioteche in ogni parrocchia sui problemi di
psicologia scolastica elementare e didattica in collegamento con la biblioteca Valdese, nella quale andrebbe
aperta una sezione apposita.
10) Sviluppo della Biblioteca Valdese di Torre Pellice secondo la concezione moderna di un luogo propul
sore della cultura mediante organizzazione —soprattutto in estate — di dibattiti, conferenze, mostre, viaggi culturali, contatti con altre istituzioni pedagogiche.
11) Servizi trasporti allievi o coordinamento dei trasporti già esistenti.
12) Corsi di pedagogia pratica per
i genitori, allo scopo di avviare la formazione di una « scuola per i genitori ».
13) Potenziamento delle «Unioni
cadette » e avviamento dei giovani studenti non ancora troppo impegnati
nel lavoro in un servizio presso i più
giovani.
14) Corsi di recupero e aggiornamento per studenti « deboli » nella seconda parte dell’estate.
15) Assistenza tecnica, soprattutto
nel momento della loro apertura, ai
dopo-scuola nelle località maggiormente decentrate.
16) Potenziamento della Casa Gay
per ragazze nella ricerca delle professioni nuove per la donna.
17) Ampliamento del Convitto di
Pinerolo che soffre sempre di mancanza di posti.
18) Quando avremo un personale
preparato per attuarlo, apertura di
una scuola pilota nell’ambito di un
ordinamento statale.
Tutto ciò (salvo l’ultimo punto ancora molto lontano), non sarebbe più
costoso delle attuali 3 scuole esistenti
che impegnano circa una quindicina
di persone, poiché 5 o 6 persone a pieno tempo parrebbero ampiamente sufficienti per assicurare un vitale servizio scolastico e culturale nelle due
Valli.
Avremo creato un qualcosa di nuovo, forse di esemplare, svolgendo nuovamente una funzione anticipatrice
che le nostre comunità hanno sempre
avuto nel passato.
Franco Girardet
Nota. - Mi era sembrato inutile inviare al
giornale queste note perché appena scritte,
apparve lo studio dell’apposita commissione
che diceva, in parte, le stesse cose. Ma poiché il dibattito mi pare si stia allontanando
dai problemi pratici non credo sia male ripresentare le cose fattibili, non già per smobilitare le Valli — come qualcuno ha detto .—
ma per corredarle di cose nuove e utili e per
dare alle nostre popolazioni un reale aiuto fraterno nel settore deU’istruzione.
Si è anche detto che molte proposte erano
utopistiche e costose. Utopistiche lo saranno
se nessuno avrà voglia di farle; ma costose no,
perché — come si è visto ■— 5 o 6 persone
occupate a pieno tempo, oppure più persone
non a pieno tempo, basterebbero ad assicurare un servizio scolastico esteso e capillare.
F. G.
UNA ASSEMBLEA DISTRETTUALE
DISCUTE IL PROBLEMA
DELLE AUTONOMIE
Riportiamo (/ai di seguito H testo del documento emesso ed approvato dalla Assemblea di responsabili, riunitisi a Verona il 30
marzo a. s.:
L'Assemblea convocata dalla Commissione
distrettuale a Verona Ü 30.3.1969. composta
di rappresentanti delle Chiese o dei Consigli d: chiesa di Brescia, Mantova, Verona e
Venezia, ritenendo difficilmente giustificabile da un punto di vista evangelico la discriminazione di fatto oggi esistente tra le
nostre Comunità maggiori o minori, invita
la Commissione distrettuale a mettere all'ordine del giorno della Conferenza distrettuale il problema delle autonomie.
Per quanto riguarda la situazione attuale
chiede particolari delucidazioni sui seguenti
punti :
a) se e come siano state rispettate le
norme regolamentari che prevedono la decadenza dell'autonomia:
b) quali sono le conseguenze pratiche
derivanti dalla suddetta discriminazione s a
nei confronti delle Comunità sia nei confronti dei Pastori.
L’assemblea chiede inoltre alla Commissione Distrettuale :
a) che, in attesa della soluzione del problema delle autonomie, proponga alla Tavola di sottoporre preventivamente alle comunità interessate !)■ deeisioni che le r.guardano;
b) di predisporre uno schema di coordinamento e di sviluppo dell opera delle Comunità qui rappreseli late, tenendo conto dei
tentativi in atto di ristrutturazione della
chiesa locale.
SAN SECOI^DO
INCONTRO DEGLI AMICI
DEL COLLEGIO VALDESE
E DELLA SCUOLA LATINA
Le Associazioni degli Amici del Collegio e
della Scuola Latina invitano tutti quelli che
seguono con interesse la sorte dei nostri istituti di istruzione ad un incontro, domenica
2,1 maggio alle ore 15 nel tempio.
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
Servizio Studi
CONVEGNO BIBLICO
“Concordia”
Furio d'Ischia - Via Casa di Maio. 28
31 Maggio - 2 Giugno
Direttore: Dr. Mario Affuso
Tema: « ATTUALITÀ DELL’EPISTOLA AGLI EFESINI »
PROGRAMMA
Sabato 31 maggio \ , .
ore 16,00 - Cullo di apertura
ore 17.30 • Prima relazione; «Universalità della Chiesa >j (Ei. 1 — 2) Alberto
Taccia della Chiesa Valdese
ore 19,30 - Cena
Domenica 1 giugno
ore 8,30 - Colazione
ore 9,00 - Discussione sulla prima relazione
ore 11,30 > Seconda relazione: «Struttura della Chiesa »{Ei. 3 — 4) Mario Affuso della Chiesa Apostolica
ore 13,00 - Pranzo
ore 15,30 - Discussione sulla seconda relazione
ore 18,00 ■ Terza relazione: «Testimonianza della Chiesa» Piero Bensì della
Chiesa Battista
ore 19,30 - Cena
ore 20,30 - Culto
Lunedì 2 giugno
ore 8,30 - Colazione
ore 9,00 - Discussione sulla terza relazione
ore 12,30 - Pranzo
ore 15,00 • Discussione finale
ore 18,00 - Chiusura del Convegno
ore 19,00 - Cena
Quota di iscrizione: L. 1.000 da versare entro il 20 maggio sul conto corrente postale n. 6/21065 intestato a Mario Affuso, Via Pavia, 16 - 80143 Napoli.
Quota di partecipazione: L. 4.000 da versare nel corso del Convegno.
Come si arriva a Torio àTschia: dalla Stazione Centrale si raggiunge il Molo Beverello con il tram n. 1 o n. 2. Quindi servirsi dei battelli della Libera Navigazione
LAURO con partenze alle 6,30; 8,05; 9,55; 11,10; 12,30; 13,35; 14,45; 17,30; 20,05.
Da Ischia Porto servirsi delle autolinee SEPSA per raggiungere Forio (circa venti minuti di pullman).
Il diavolo alle calcagna
di L. ZAMPERINI
« Zamperini è u!i moderno miracolo
e la storia della ?ua vita si legge come un romanzo. Cerne campione olimpico, il suo nome occupò le testate
dei giornali e come uno dei più grandi eroi della seconda guerra mondiale, ha conosciuto i>rivazioni, sofferenze ed onori. Il piii grande avvenimento della sua esistenza fu però l’aver
dato la propria vìtà'a Dio ».
Dalla introduzione di Billy Graham
Edizióni Centro Biblico.
Via Carriera Grande, 37.
80139 Napoli.
Aìdetria 1969
1-12 Luglio:
Problemi dell’emigrazione
Campo studi.
Responsabili: Pasquale Papiccio e E. Rivoir.
Il campo è aperto a tutti quelli che si interessano ai problemi meridionali. In particolare si auspica la partecipazione di gruppi
già impegnati nel lavoro socio-politico.
Quota : L. 12.000 più iscrizione.
14-24 Luglio:
Quattro protestanti di fronte al mon
Kiiiiiimimiiiimim
'•IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIItlMf
FIRENZE EVANGELICA
Il “Centro Evangelico di Solidarietà,, celebra il suo decennale con
una bella guida storico-turistica della vita evangelica della città
A dieci anni dalla sua costituz'onc il
rt Centro Evangelico di Solidarietà » di Firenze. ha curato la stesura di un breve libro
dal titolo « Firenze Evangelica ». che vuole
essere una guida per condurre il visitatore
lungo le strade di Firenze seguendo un itinerario che lo porti nei luoghi ove, nel pa¡?’
sato e nel pre.sente, gli uomini abbiano operato od operino per TEvangelo.
Il libro consta di una prefazione curata
dal docente universitario Prof. Giorgio Spini. di un itinerario storico che è frutto di
una attenta e commossa ricerca compiuta
dal pastore Luigi Santini cd infine di una
breve, ma esauriente, presentazione delle comunità e opere evangeliche di oggi, corredata di pianta topografica.
Questo lavoro è stato il modo scelto dal
rt Centro » per celebrare il proprio « decennale » : uno strumento offerto ai visitatori
nonché ai fiorentini, un omaggio senza retorica a coloro che attraverso i secoli e sino
ai giorni nostri, hanno in qualche modo le.stimonialo delTEvangelo di Cristo nel tessuto vivo di una città.
Molle altre città possono ora invidiare —
anzi imitare! - - questa iniziativa fiorentina,
in particolare quelle che hanno una larga e
viva presenza evangelica in luoghi di predicazione c di servizio. Cì rallegriamo vivamente con j realizzatori e i collaboratori di
questa elegante operetta, cui auguriamo il
massimo successo e la possibilità di es.sere
presto pubblicala nelle principali lingue straniere. in modo da essere messa a disposizione dei numerosi lurisli esteri che ad ogni
stagione approdano in riva alTArno.
* * s|<
E‘ stato veramente un modo degno e intelligente di celebrare il decennale di questa bella opera fiorentina. Infatti, il lavoro
del Centro evangelico di solidarietà (CES)
iniziò nel maggio 1959, per la spinta di servizio di un gruppo di giovani della unione
evangelica interdenominazionale; e, a differenza di altre iniziative similari altrove, resse e resse molto bene, grazie aU’impegno
perseverante d¡ relativamente poche — pur
troppo — persone, che non hanno ricercato
le cose grandi, ma si sono lasciate attirare
da quelle umili. Centinaia di volti sono sfilali. in presenza ora effiniera, spesso prolungata. per la sede del Centro, centinaia di casj
umani, non di rado angosciosi e disperati,
hanno trovato una risposta fraterna c concreta. se non sempre una soluzione.
Questo decennale è segnato, per il CES,
da un avvenimento gioioso: uno dei ’casi’
p ù dolorosi presentatisi negli ultimi anni,
un giovane emofilico che. a causa della rottura del femore, pareva condannato all’imniobilità, ha po-tuto essere aiutalo, con l’acquislo di un prezioso farmaco americano,
che ha. permesso che si tentasse una operazione assai difficile; a poco a poco si è rimesso. e proprio nei giorni scorsi ha potuto
recarsi, con le sue gambe, alla sede del Centro. Un caso fra molti.
« Ma — scrivono i responsabili nel loro
ultimo bollettino — Fazione svolta dal nostro piccolo ’centro’ con la collaborazione dei
più di 300 amici, dì altre diecine di uomini
conosciuti e sconosciuti, del drappello dei
medici degli Ospedali fiorentini di Careggi c
deirOrlopedico Toscano, degli assistenti, degli infermieri, dei donatori di sangue, degli
aviatori, della Croce Ros.sa di Berna, della
Signorina Stamm. della Signora Calvino dì
Basilea e di molti altri fratelli, ha prodotto
un altro miracolo: a Firenze è sorto un
« Centro per curare gli emoiilìci ». Non ci
sarà più bisogno di appelli, di sottoscrizioni
o di altre azioni perché presso l’Ospedale di
Careggi funziona appositamente un reparto
che può intervenire in casi diffìcili come
quello di Carlo Zizza. Siamo veramente felici
perché la carità di Cristo ha vinto! ».
L’altivilà del Centro si articola, com‘è nolo, in un servizio di assistenza sociale, in un
attrezzato e frequentato poliambulatorio (medicina generale, cardiologia, pediatria, ostetricia e ginecologia e, ora. odontoiatria) su
base spesso gratuita o quasi, con distribuzione di medicinali a chi è privo di assistenza
mutualistica, e un servizio turistico di informazioni, dirette o mediante pieghevoli diffusi presso alberghi, enti turistici, chiese;
tale servizio è ora facilitato e arricchito dalla guida « Firenze evangelica ».
AI decenne CES il nostro augurio solidale, certi che molti continueranno a sostenere
il suo servizio e altri si aggiungeranno.
L'indirizzo del Centro è: Via Serragli 49,
tei. 51.138. c.c.p. 5/20840. La guida « Firenze Evangelica » può essere richiesta e sarà
inviata, dietro versamento di L. 200; questa
diffusione gioverà sia all’edizione programmata in altre lingue, sia a un’ulteriore edizione
riveduta e migliorata.
AVVISI ECONOMICI
do (Sch'weitzer Bonhoffer, Hammarskjold, M. L. King).
Campo cadetti (13-17 anni).
Responsabili: M. Ayassot e M. Castiglione.
Replica del campo cadetti di Agape 1968.
Si prega di non insistere in caso di età differente da quella indicata.
Quota: L. 10.000 più iscrizione.
26 Luglio-8 agosto:
Romani 13: 1-7. Il credente di fronte
aU’autorità.
Campo studi.
Responsabili: B. Rostacno e S. Ricciardi.
Si spera di poter mandare con qualche anticipo dei documenti preparatori; si prega intanto di tener conto delle note di Emidio
Campi, pubblicate da Diakonia.
Quota: L. 14.000 più iscrizione.
10 Agosto-8 Settembre:
Colonia per bambini di Riesi.
Responsabile: Gruppo di Bergamo.
Per la manutenzione e la cucina si richiede la collaborazione di un gruppo di lavoro
d' almeno 6 persone per ogni campo : si prega
di far pervenire con molto anticipo le iscrizioni e di limitare il periodo alla durata di
un solo campo.
La tassa d’iscrizione per ogni campo è di
L. 1.000 Inviare le iscrizioni a: Gianna SciIone, Via Garibaldi 60, 97019 Vittoria. Telefono 81161. Il n. di telefono di Adelfia è stalo di recente cambiato ed è: 84395.
Le famiglie Gilli ,Paschetto, Magno,
Lovera annunciano la dipartita del
caro
Luigi Gilli
CEDESI Pensione avviatissima Riviera Levante. Scrivere Patente 81706 - Fermo
Posta - Santa Margherita Ligure.
CHI VUOL FARE UN VITALIZIO, scriva
a Erdi presso Tipografia Subalpina - 10066
Torre Pellice. Si assicura la massima riservatezza.
CONTINUA L’OFFERTA SPECIALE del vero OLIO D’OLIVA di ONEGLIA a famiglie evangeliche con sconto di L. 50 a litro.
Le spedizioni sono fatte direttamente ai consumatori dai luoghi di produzione (trasporto e recipienti compresi
nel prezzo).
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da un condimento nella forma più sana, naturale e più adatta al corpo umano, essendo un alimento eccellente che
si raccomanda ad ognuno che si interessi della propria salute.
Per informazioni con listino completo scrivere a: PAOLO SCEVOLA - Casella Postale 426 - 18100 IMPERIA
ONEGLIA.
avvenuta a Montevideo - Uruguay - il
21 aprile 1969.
« Il Signore è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23)
I familiari di
Ida Paschetto
ved. Albarin
nell’impossibiUtà di farlo personalmente e singolarmente, ringraziano sentitamente tutti coloro che, in più mòdi,
hanno dimostrato la loro cristiana
simpatia, il loro affetto e la loro solidarietà in occasione del grave lutto
che li ha così, repentinamente colpiti.
In particolare ringraziano i Pastori
Sonelli e Conte, la Corale Valdese, il
Coro Alpino, il Prof. Corsanì e la
Signora Tron BernulU.
Torre Pellice, 12 maggio 1969
6
pag. 6
N. 20 — 16 maggio 1969
Notiziario
ecumen ico
L'ultima occasione della Chiesa ^
Un milione di pentecostali brasiliani stanno per entrare nel Consiglio ecumenico delle Chiese It^lÌ3,nO
a cura di Roberto Peyrot
LA « PARROCCHIA ECUMENICA DEI
GIOVANI » E L'INTERCOMUNIONE
Losanna (hip). - La parrocchia ecumenica
« desiderosa di chiarire ciò che essa considera
come un grave malinteso » ha preso posizione
in un documento che è stato trasmesso alle
autorità interessate. Essa scrive :
« ...La nostra unità nella fede di questo ministero centrale della presenza del Cristo (presenza nell’eucarestia) che ci unisce gli uni
agli altri unendoci a Lui è più grande delle
differenze di formulazione... Noi non andremo
oltre la volontà di una delle nostre Chiese ma
vorremmo che queste autorità fossero più attente di quanto non paiano esserlo di fronte
all’urgenza della situazione... È l’amore del
Cristo e della Sua Chiesa, di cui noi viviamo
e vogliamo vivere ogni giorno di più, che ci
urge. Certo, si può aver timore di questo movimento. Si può volerlo soffocare. Ed è questo
che l’atteggiamento del vescovo suggerisce. Ma
saremmo certamente lieti di sapere perché
questo movimento deve essere temuto. I tempi non sono maturi. Ma quando lo saranno se
si impedisce questa maturità?... Noi crediamo
che col movimento, di cui la parrocchia ecumenica dei giovani è solo un piccolo aspetto,
parecchi giovani ritrovino la Chiesa e il Cristo. Il voler soffocare questo movimento è voler respingere fuori della Chiesa e lontano dal
Cristo coloro che Lo scoprono attraverso
esso ».
Di conseguenza, una ventina di giovani,
impegnati nella parrocchia ecumenica dei
giovani e sostenuti da parecchi altri hanno deciso, per manifestare la loro sofferenza di vedersi privati di partecipare fianco a fianco
all’eucarestia, di effettuare uno sciopero della
fame per tre giorni. Col loro gesto, che non
impegna l’assieme della parrocchia ecumenica, essi intendono mostrare che la privazione
del pane di vita loro imposta è analoga, per la
loro vita spirituale, alla privazione del pane
quotidiano necessario alla vita dei loro corpi.
LA FUACE STUDIA IL PROBLEMA
DELLE AGITAZIONI STUDENTESCHE
Beirut (soepi). - Un convegno di tre giorni
consacrato a prohlemi de « L’universitó e le
agitazioni studentesche » si è svolto ai primi
di aprile a Beirut (Libano) in occasione delle
riunioni del comitato esecutivo della Federazione universale delle Associazioni cristiane
degli Studenti (FUACE).
Il presidente della FUACE ha dichiarato:
«Abbiamo rifiutato di guardare in faccia il
processo di secolarizzadone che è il pr^otto
della nostra fede crìstùma... È assai difficile
oggi trovare il nostro posto in un mondo secolarizzato dato che le strutture nelle quali
viviamo — come pure la nostra stessa identità — sono minacciate ».
«■L’agitcaione degli studenti ha provato nel
modo più evidente che il mito del progresso
è posto in questione ».
Si sono manifestate due posizioni diverse
nel corso della riunione. La prima vede nelle
rivolte degli studenti una presa di^ cosciei^
dell’oppressione esercitata da e nell università
e nella società ed attira l’attenzione sulla natura dell’autorità e del potere e suUa «politicizzazione » della nostra vita quotidiana. La
seconda non ci vede che un problema pedagogico: non si tratta di rinnegme i valori
propagati dall’università, ma di riformare
l'università affinché essa possa raggiungere e
meglio il suo scopo.
Il comitato esecutivo ha approvato un programma che consenta alla FUACE di aiutare
maggiormente gli studenti a riflettere sui problemi dell’università e della società, raddoppiando il personale che lavora nei vari paesi.
NUOVA RADIO-TRASMITTENTE
EVANGELICA
NELL'ASIA SUD-ORIENTALE
Manila (epd) — Nella capitale deUe Filippine è stata instaUata ultimamente una
nuova radiotrasmittente (50.000 wa“)-, denominata « South-east Asia Radio Voice »,•
l'emittente si rivolge agli abitanti dei paesi
collegati nella « East Asia Chnstian Conference». Le varie Chiese registrano su nastro trasmissioni di contenuto religiMO neUe
rispettive lingue nazionali e le inviano per
posta a Manila, affinché possano essere trasmesse. Vengono pure preparate registrazioni rivolte ai cristiani nella Cma rossa. La
nuova iniziativa viene essenzialmente dalle
Chiese nordamericane.
IL COMITATO DI SODEPAX
APPROVA L'ORGANIZZAZIONE
DI UNA CONFERENZA SULLA PACE
Ginevra (soepi). - Il Comitato direttivo della
commissione mista di ricerca sulla società, lo
sviluppo e la pace (SODEPAX, Chiesa cattolica e CEC) riunitosi testé a Ginevra, ha dato
la sua approvazione all’organizzazione di una
conferenza su « / cristiani e la pace », conferenza che avrà luogo nell'aprile 1970, probaInlmente in Svizzera. .
II Comitato ha pure fatto il punto dei preparativi jier la conferenza ; « I problemi attuali dello sviluppo mondiale », che avra luogo a Montreal dal 9 al 12 maggio p. v^ Scopo
della conferenza è quello di studiare le azioni
intraprese da SODEPAX e le Chiese dopo a
conferenza di Beirut sullo sviluppo mondia e
(aprile 1968). È pure
proposte pratiche sui mezzi che SODEPAX
imtrebbe utilizzare per favorire l’educazione
per lo sviluppo nelle Chiese.
Il Comitato direttivo ha inoltre ascoltato
delle relazioni su un viaggio recentemente
compiuto in Asia da due membri. Essi hanno
incontrato dei protestanti, degli ortodossi e dei
cattolici che collaborano a livello regionale e
nazionale a dei programmi di sviluppo econt^
mico e per la pace. A causa deU’immensita
del loro compito, i cristiani dell’Asia sono convinti della necessità di lavorare con uomini
di altre credenze per la realizzazione di progetti concernenti lo sviluppo.
Il n. 15 del soepi (il settimanale
servizio ecumenico dì stampa e di
informazione) reca la trascrizione di
un’intervista data dal pastore Manuel
de Mello al redattore dell’« Expositor
Cristao». Sono state soppresse le domande e raggruppate le risposte.
Il pastore de Mello dirige la « Igreja
Evangelica Pentecostal “Brasil para
Cristo” », una Chiesa pentecostale
che, fondata 16 anni fa, conta oggi un
milione di aderenti. A San Paulo, de
Mello sta costruendo la più grande
chiesa del mondo con 25.(X)0 posti e
degli stabili per le varie attività.
La redazione del bollettino del Centro Evangelico de Informagao ha così
presentato questo articolo : « Con la
coscienza ecumenica e l’intento di rinnovamento che li caratterizzano, i pentecostali diventeranno ima delle più
grandi forze rivoluzionarie del pensiero protestante brasiliano ».
Non dimentichiamo infatti che il
Brasile, coi suoi immensi squilibri sociali (dalla fastosità delle grandi città al terribile ammassarsi delle favelas dove una moltitudine di esseri
umani vivono in condizioni disperate)
e col suo sistema politico tende a sopprimere sistematicamente ogni voce
ed ogni tentativo volto a ridare a
questo paese quella giustizia che spetta ai diseredati ed agli oppressi.
partecipiiziiiiie
iniaozi tana
Occorreva introdurre in Brasile una
nuova concezione del culto. Prima il
culto era fatto dal pastore ed i fedeli
non vi partecipavano. Sedici anni fa,
quando fondai il movimento « Brasil
para Cristo» (Il Brasile per il Cristo)
ero conscio della necessità di stabilire
un sistema di culti che favorissero la
partecipazione dei fedeli. Come avviene per qualsiasi movimento innovatore, anche questo fu molto avversato.
Bisogna riconoscere che avevo preso
delle misure molto radicali, dalle quali
oggi mi asterrei. Mi sono tuttavia reso
conto che il culto colla partecipazione (dei fedeli) si adattava bene allo
spirito del popolo brasiliano.
I fedeli devono sentirsi a loro agio
nel tempio. Per questo, ad esemplo, i
miei parrocchiani possono parlare
quanto vogliono fino all’ora del culto.
Ci si crederebbe sulla piazza : « Come
sta tua madre? » « E il cavallo che hai
comprato? »... Ognuno ha la sua parola da dire. All’ora del culto, passo alle
cose serie. Il concetto secondo cui la
persona che entra nel tempio deve
credersi in cimitero è cosa passata,
yi sono delle persone che stanno in
istrada fino al momento del sermone.
Attendono fuori perché pensano che
entrando in chiesa cominci il martirio : per essi, si tratta di una vera
corvée. Io non voglio che i miei parrocchiani considerino il tempio come
qualcosa di sacro. Per i fedeli de «Il
Brasile per il Cristo », non è il tempio
che è sacro, ma ciò che si svolge in esso. Il tempio non ha che un solo scopo: proteggere dal sole e dalla pioggia. Faccio in modo che i parrocchiani
VI si sentano a loro agio. Così, quando
incomincia il culto, tutti sono soddisfatti.
Nel nostro sistema tradizionale, i fedeli non fanno nient’altro che ascoltare. La predicazione dell’Evangelo è
privilegio del pastore. In un culto pentecostale, i fedeli partecipano ed espri
mimiiiiiiiiiiiiiiniiMii
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Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
ne” delle proposte contenute nella dichiarazione. Tale calendario dovrebbe esser preparato dal sig. Jarringòo dal Consiglio, e dovrebbe avere lo scopo’di fissare le successive
tappe e l’effettiva modalità d’applicazione
delle proposte ».
Israele invece « ndh ha mai accettato, in
termini categorici, di applicare la dichiarazione, considerandola non come un fine per
se stessa, ma come uh punto di partenza.
Afferma che la pace'non può essere che il
risultato di accordi contrattuali, firmati insieme coi paesi arabi a seguito di negoziati
diretti. In attesa df tali negoziati, Israele si
dichiara pronto a scambiare coi paesi arabi
delle idee e delle ’’messe a punto” su talune
questioni di fondo, e ciò considerando il sig.
Jarring come un intermediario ».
LA FORZA DELLE IDEE
« La destituzione di Dubeek ha messo
in luce i limiti attuali di ogni possibile iniziativa liberale all’interno d’un paese comu
mono la loro opinione col gesto e con
la parola, glorificando Dio. Noi riteniamo che ogni laico, dopo aver ricevuto una formazione appropriata, può
diventare predicatore.
Evangtìizzazione cantra
10 "status qua"
Credo che il compito più importante della Chiesa sia l’evangelizzazione,
che concepisco nel modo seguente: Vi
è l’evangelizzazione che crea dei «bigotti»; ma vi è anche quella che crea
una mentalità nuova della persona,
che fa di essa non un credente della
domenica, ma un uomo capace di dare
la sua testimonianza nella società in
cui vive. Infatti, l’Evangelo del Regno
di Dio si vive qui ed ora. Esso impegna il credente nella sua vita concreta. Helder Camàra, ad esempio (n.d.t.:
11 vescovo di Recife e del Nordeste
brasiliano che si batte senza tregua,
con proprio rischio, contro le ingiustizie, la fame e l’arretratezza) si guadagna dei fedeli perché il suo messaggio tocca la coscienza dell’uomo. Trovo che la Chiesa è troppo conformista.
Essa è gravemente compromessa con
l’attuale sistema che il popolo non
sopporta più. Se la Chiesa trascura
questo messaggio, creatore di una coscienza nuova, essa può preparare le
sue esequie entro una trentina di anni.
Io credo che l’Evangelo basti largamente a questo compito : dare un certo orientamento alla coscienza. Attualmente non conosco alcun predicatore
che predichi l’Evangelo nella sua integrità e purezza, perché l’Evangelo
ha un contenuto rivoluzionario che si
oppone vigorosamente all’ingiustizia.
Ho assistito alla IV Assemblea del
CEC ad Uppsala. Ho accettato l’invito
perchè avevo sentito delle critiche
estremamente severe nei riguardi del
CEC. Ciò che è oggetto di violente opposizioni non manca di pubblicità e
perciò ho accettato di andarci per vedere come stavano veramente le cose.
Nello stesso modo siccome non parlo
che di ciò che conosco, era necessario che conoscessi il Consiglio, attaccato così, spesso. Giungendo colà, mi
sono trovato come Ezechiele nella valle delle ossa disseccate. Siamo nell’epoca dei jets e, dal punto di vista religioso, il CEC è fermo a quella della bicicletta. ’Tuttavia, esso svolge un compito enorme in un campo nel quale
noi non siamo riusciti malgrado tutta
la nostra religiosità: Topera gigantesca deU’azione sociale.
Il mio punto di vista sul CEC
A che serve convertire una persona
per rimandarla poi nella società brasiliana corrotta? Il movimento « Il Brasile per il Cristo » ha già riunito la
sua equipe direzionale e di consultazione e stiamo per diventare membri
del CEC. Chiederemo di essere ammessi, ad una sola condizione: sicco
INVITO AL CENTRO EVANGELICO
« L. MENEGON », NELL'ALTO FRIULI
Tramonti di Sopra è un piccolo e quieto
comune dell’Alto Friuli che offre con il suo
Centro evangelico, intitolato a L. Menegon,
la poss'bilità di trascorrere vacanze estive in
un ambiente fraterno. Il Centro è aperto
dal 30 giugno al .30 agosto. Non vi è lusso,
ma camerette semplici a due e più posti, Ietti
comodi, cucina casalinga, possibilità di belle
gite; la vita comunitaria include la preghiera in comune, lo studio quotidiano della Parola di Dio, incontri fraterni che vogliono
offrire un contenuto valido al riposo estivo:
« quanto è bello e piacevole che fratelli dimorino insieme! », ecco una realtà vissuta
nelle serene giornate di Tramonti di Sopra.
La domenica il culto si celebra nella cappella valdese, il giovedì sera si tiene uno studio
biblico. Gli ospiti del Centro accettano di
partecipare interamente alla vita del campo,
nelle sue varie attività, e di coHaborare ai
servizi. Nel mese di luglio il campo sarà diretto dal past. Massimo Tara di Gorizia, nel
mese di agosto daU’ins. Marcello Barbisaii.
Dal 30 giugno al 5 luglio vi sarà un breve
campo di lavoro, per mettere a punto il Centro (ogni sera, studio biblico sugli Atti degli
apostoli); si affiancherà e seguirà un camijo
di studio e vacanze, dal 30 giugno al 27 luglio (La Chiesa e il mondo : attualità degli
Atti degli apostoli); quindi, dal 27 luglio al
30 agosto, un campo dì vacanze. Il 15 agosto
il Centro ospiterà anche quest’anno il raduno degli evangelici del Triveneto, con a.=semblea all’aperto, conclusa dalla celebrazionedelia santa cena e seguita dall’àgape.
I posti letto sono 30 (vi è possibilità di
alloggiarsi nel borgo, e di campeggiare) ; prenotarsi in tempo utile presso Giovanni Menegon, 33090 Tramonti di Sopra (Pordenone)r
ivi pure informazioni su rette e pensimi
CONVEGNO FRATERNO
ALLA CASA EVANGELICA
DI S. MARZANO OLIVETO
Dal pomeriggio del 31 maggio al pomeriggio- del 2 giugno si terrà, presso la Casa Evangelica che la Chiesa metodista tiene .aperta a S. Marzano Olivete, neir.Alessandrini,. un
convegno fraterno, centrato sul tema Kehgìosità personale e testimonianza cristiana nel
mondo; dopo un’introduzione, la prima . era,
si avranno due relazioni principali, seguite
dal dibattito. Per informazioni e prenotazioni
rivolgersi al più presto al past. Giuseppe .Anziani, Piazza Bini 4, 15100 Alessandria, telefono 52378.
L'ONU E IL MEDIO ORIENTE
Sempre più minaccioso e (diremmo)
tenebroso si fa il conflitto fra Israele e gli
Stati arabi, conflitto che sembra ormai sull’orlo del precipizio, eppure nessuno sa se e
quando esso sia veramente destinato a cadere nel precipizio!
Di fronte all’estrema complicazione della
vertenza vogliamo, obbiettivamente e nei limiti delle nostre possibilità di discernimento, fare il punto della situazione, lasciando
che il lettore si formi da solo un’opinione
personale in merito.
E’ noto che gli sforzi concilianti di Gunnar Jarring, mediatore deU’ONU, sono rimasti fino ad oggi del tutto infruttuosi. Il
punto di partenza di tali sforzi è la dichiarazione -del Consiglio di Sicurezza dell’ONU,
proposta dall’Inghilterra ed approvata alla
unanimità da quel ConsigLo il 22.11.’67. Riportiamo anzitutto integralmente i 4 punti
di quella dichiarazione, formulati a seguito
di alcune ovvie motivazioni e constatazioni
di fatto.
« 1) Il Consiglio afferma che Vapplicazione dei principi della Carta deU’ONU, esige --, — ine x—_______________-_________
l’instauraùone d’una giusta e durevole pace '^„“J/XreTta ‘f¡rn¡¡^ir r¡¡oÜ77 rÒmpei^'e qua dr quanTo noribbiam^^^ già rag
per i«z«re (è l’esempio di giunto, noi vogliamo entrarci non per fSta
Santi in pericolo
(segue da pag. 1)
nare almeno in parte sui propri passi,
vuol dire che questo tipo di pietà è
tuttora radicatissimo nella Chiesa di
Roma, a quel che pare non soltanto
nei paesi latini. Quel processo di depurazione nella fede e della pietà, che
pareva che il Concilio avesse avviato o
decisamente accelerato, in realtà ha
avuto sinora ben scarsa eco a livello
del popolo cattolico. Né poteva averìa.
zianva lioeraie auinierno aun paese coma- messi, au una soia <.,uxiuxx,xvjxxc. - * Uvv-i+oH ancViP n nnp
nista integrato nel blocco sovietico. Per il me, SUl piano reUgiOSO, eSSO è al di ^^O che C SI e
________ „„»nix., n „nmnnrn .t,' pi.cntp Tini QhhìnTTin pià TaSt- StO prOpOSltO 3, Un CaUtO ritOrmiS, ,10
dere l’applicazione dei due seguenti principi:
a) Ritiro delle forze armate israeliane
dai territori occupati, nel corso del recente
conflitto;
b) Cessazione di ogni alto e dichiarazione di belligeranza, rispetto e riconoscimento della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’indipendenza di ogni Stato della
regione, e del suo diritto di vivere in pace
nell’interno di frontiere sicure e riconosciute, di vivere al riparo da minacce o da azioni di forza.
2) Il Consiglio afferma pure la necessità:
a) di garantire la l.bsrtà di navigazione sulle linee marittime della regione;
b) di stipulare un giusto regolamento
del problema dei rifugiati;
c) di garantire l’inviolabilità territoriale e l’indipendenza politica di ogni Stato della regione, con mezzi che comprendano, in
particolare, la creazione di zone smilitarizzate.
3) Il Consiglio prega il segretario generale di designare un rappresentante speciale
che si rechi nel M. Oriente, con lo scopo di
stabilirvisi e di mantenervi dei rapporti con
gli Stati interessati, onde favorire un accordo ed assecondare gli sforzi tendenti a concludere un regolamento pacifico e conforme
alle disposizioni ed ai princ.pi di questa
stessa dichiarazione.
4) Il Consiglio prega il segretario generale
di presentare al Consiglio stesso un rapporto
sull’attività e sugli sforzi del rappresentante
speciale ».
Tito), oppure (piaccia o non piaccia) restare nel blocco rinunciando ad una vera, autentica primavera. Tuttavia non ci sentiremmo d’escludere la possibilità di un’evoluzione che rendesse l’alternativa più sfumata. Il
marxismo-leninismo pretende di essere una
’’ideologia in movimento”. Esso afferma, aimena nell'interno della sua teoria, che ogn:
situazione porta in se stessa i germi d’uno
sviluppo che il partito ratifica appena si sente in grado d’inserirto nel proprio sistema,
senza mettere questo in pericolo.
avere un orientamento religioso, ma
un orientamento sociale. Mentre noi
convertiamo un milione di persone, il
demonio ne « sconverte » dieci milioni
con la fame, la miseria, il militarismo,
la dittatura, e le Chiese vi si adattano.
L’ateismo progredisce a causa delTirigiustizia e della miseria in cui vive il
popolo. I predicatori parlano per un
avvenire lontano e dimenticano che
Gesù annetteva grande importanza
alla situazione storica dell’uomo. È
Il fatto che i dirigenti sovietici hanno si- precisamente CiÒ Che fa Ü CEC.
__J. . I~ì xJvxx.. X. Il V 7 OT tV» — - I 1 _„„ « 1 ZI W O I
lurato Dubeek, dice che questi era il simbolo di certe concezioni inassimilabili da parte del sistema, nella sua situazione attuale.
Usando un linguaggio medico, si potrebbe
dire che il nuovo colpo di Praga non e altro
che un ’’fenomeno di rigetto”, perché il liberalismo si rivela, allo stato attuale, un corpo estraneo. Se ne deduce che non potranno
attuarsi cambiamenti profondi in Europa
orientale, se prima non si realizzano nella
stessa URSS.
E tuttavia le forze che spingono in senso
progressista, certamente non scompaiono. La
libertà e il benessere sono forse ancora delle
idee relativamente nuove all’Est, ma sono
idee che progrediscono: nessuno può imprigionarle, nell’URSS non meno che nelle democrazie popolari. (...) Il principio della
’’inaccettabilità della coes’stenza ideologica”
(ha scritto Kossyghyn sulla ’’Sovietskaia
Bielorussia” del 15.2.’68 : ’’Per quanto concerne l’ideologia, non può esservi alcuna coe
«II Brasile per il Cristo» sta per
entrare nel CEC a causa della sua
missione sociale nel mondo contemporaneo. Ma vi è ancora un’altra ragione : occorre por fine alla mentalità
campanilistica che divide gli uomini
in denominazioni. Questo è anche il
fine del CEC. E per noi, l’ecumenismo
è un altro aspetto positivo del Consiglio.
lo Chiosa oella società
La Chiesa, qui sulla terra, deve
prendere coscienza di far parte integrante della società. Essa non può
unicamente pensare alla sua crescita
numerica, dato che è giunto il momento in cui le sue strutture non glie
lo permettono più. Se essa non rag
j 11 fiiip cerne uun peinitjiiuiiu p-iu. cao»
Orbene quale 1 atteggiamento aeiie au pacifica; non si possono riconciliare giungerà nuove frontiere, gli Uomini
rii avverse, relativamente a questa di l’ideologia socialista e quella borghese”. Ciò, intelligenti se ne allontaneranno. Il
parti
razione : , ■ \
«La BAU { = Repubblica araba unita)
desidera restare nel quadro stretto di questa
dichiarazione, che afferma essere disposta
ad applicare nella sua totalità, senza neppure entrare in negoziati diretti. Conseguentemente essa chiede un ’’calendario d’esecuzio
Culto radio
Domenica 18 maggio
Domenica 25 maggio
Past. ’VEZIO INCELLI
Firenze
interpretato, vuol dire: ’’non si poteva con
ciliare l’esperimento Dubeek con l’attuale
concezione sovietica del marxismo-leninismo”), questo principio e molto meno astratto di quanto pub sembrare (■..). Infatti, se
l’ideologia crollasse in un qualunque paese
del blocco, tutta la giustificazione del potere
comunista scomparirebbe. Questo potere consiste in una piramide rovesciata: il politburo
parla in nome del partito, questo in nome
intelligenti
settore religioso è limitato. Quando
la gente comincerà a pretendere qualcosa da noi, che cosa succederà?
La Chiesa è giunta ad un punto
in cui, nella situazione attuale, non
ha più niente da dare. Essa riunisce i
fedeli, fa loro cantare un inno, recitare delle preghiere, largisce loro un
sermone e li rimanda a riprendere il
trantran quotidiano, invece di inco
degli operai e dei contadini, questi in nome raggiarli ad assumere delle responsadel popolo. Costruzione poderosa, nei periodi 'Jjilità, nella società.
in cui regnano il silenzio e la paura: costru- pastore Manuel de Mello
zione fragile, nei periodi in cui l’opinione si
risveglia. In pratica, certe cinghie di tra- —————
smissione (i capi d’impresa, e particolarmente i consumatori) pà funzionano fra la
punta e la base della piramide. E’ proprio là
che l’ideologia non ricopre più perfettamente
la realtà ».
(Da « Le Monde » delT8 e dell 11-12.5. 69).
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175. 8-7-1960
do la tradizionale e intatta dottrina
dei santi — con tutto ciò che comporta nel campo della dottrina e della
pietà — ai tempi nuovi; non era decentemente possibile (eppure, pare di
s'i, dopo tutto!) continuare a ’’venerare”
sugli altari ’’santi” mai esistiti, ma la
dottrina di fondo resta immutata. Non
vi può essere rottura, rinnovamento,
riforma se non è predicato TEvangelo.
E TEvangelo — questa è la nostra
seconda considerazione — proclama
che Gesù solo è santo, il Santo di Dio,
l’unico, irripetibile e inimitabile Santo
di Dio. Questo e solo questo dev’essere
predicato al popolo cristiano; questo
e solo questo Evangelo potrà purificare
la sua fede, rinnovarla dalle radici.
Non c’è da ritoccare o da aggiornare,
c’è da liquidare finalmente tutto questo brulichio di paganesimo e concentrare tutti i fuochi della predicazione,
della fede, della pietà cristiana sul solo
Signore e Redentore, sul solo Santo
che per noi ha santificato sé stesso
(Giov. 17,19): Gesù Cristo.
Doni Eco - Luce
Guido Fantino, Cuiniana 500; Maria Ci’sori.
S. Pietro in Bagno 2.500; Teresa VallarJiiio
Gagliardi, Castelvetro 800; Irene Failla.
Velleiri 500; Ennio Sasso. Arenzano 500:
Jean Chauvie, Svizzera 500; Edmond Devin.
Ranica 1.750; Persìde Ro,sin. Biella 500:
Enrico Long. Novara 500; Domenico Romeo.
Reggio Cai. 2.500; Daniele Riboli. Berzo
500; Moneada, USA 1.110.
Da Pomaretlo-Perosa: Adriano Canonieo
500; Augusto Costantino 500; Lina Paschetto
500; Luigi Passel 100; Attilio Pons 1.750.
Da Roma: Silvio Molinari 500; Franco Michelangeli 2.500; Berta Subilla 5.000; Enzo
Lumachi 500.
Da Luserna S. Giovanni: Maria Rivoir
500; Stefano Danna 500; Emilia Peyrot Gay
500; Enrichetta Bertin 1.000; Livia Stallé
250; Emilio Peyrot 500; Ester Bonjour Grill
300; Paolo Favout 760.
Da Pinerolo: Valdo Fornerone 1.500; Dina
Rostagno 500; Mimy Long 500; Emilio Giordano 500; Erica Romano 500; Giulia Godino 500.
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To) Grazie!
( continua)