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anno X —N. 18. 11 SERIE «O Skttemdff all
LA BUUNA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
-xaaAAOWx/v^
Seguendo la verità nella carità. — Efss. VI, 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ! LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ £. 3 00 > In Toeiso all’UfBzio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id............. 4 23 ; Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per r Inghilterra, id..................... 5 50 ; Nelle Provincis per mezzo di francoAtolli po
Per la Germania id................... „ 5 50 i itali, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno, i rettore della Bcosi Novella.
All’estero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis,
Ginevra , dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra , dal signor
General Merchant, 20, Leadenhall street. E. C.
SOMMARIO
is, me :^'oIi,
G. F. Mfller;
7
AttualUà, L'Alleanza Evangelica in Ginevra I. — Ciò che occorre alla Francia! — Polemica : Lettera
d’un corrispondente della Buona Novella al Redattore di " Religiom. e Pairia ” — Noiizit rdiffiose.
Torino, Firenze, Austria — Annunzi.
ATTUAIilT.%
L’ALLEANZA EVANGELICA IN GINEVRA
, X
I
Per la maggior parte dei lettori italiani della Buona Novella non
sarà cosa soverchia —^ima di ragguagliarli intorno a quelle belle
sedute che rimandarc^o ai loro focolari, il cuore ripieno di santa
allegrezza quanti vi jèrano intervenuti — non sarà, dico, cosa soverchia lo spiegar loio cosa sia propriamente quest’alleanza, di cui^
stiamo per narrar loro le gesta, il principio su cui essa poggia, il
fine chc si prefigge, i mezzi infine che adopra onde quel fine raggiungere. - _
IjA lleanza Evangelica non è, nè una Società Evangelica avendo
per iscopo di far predicare l’Evangelo in paesi dove non sia conosciuto ; nè una Società di missioni che si propone di mandare missionarii fra i pagani; nè una Società Biblica fondata col fine di
stampare e diffondere quante piiì copie le sarà possibile della Sacra
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Scrittura. Ij’Allcama Evangelica non è. ne manco come parecchi
s’indurrebbero a crederla una società intesa a riunire e confondere
in una le varie chiese evangeliche, assoggettandole ad una stess’organizzazione, ad un governo unico, e riducendo ad un solo i riti
proprii di ciascuna.
Noj niente di tale. In quest’alleanza che racchiude nel suo seno uomini appartenenti a tutte le denominazioni evangeliche, le quistioni
ecclesiastiche e d’organizzazione sono lasciate del tutto in disparte,
anzi egli è assolutamente vietato di occuparsene, cosicché nissuno,
per parte della medesima, è costretto sia al sacrifizio della forma
ecclesiastica cui appartiene, sia delle sue speciali vedute sovra questa
o quella fra le quistioni di secondaria importanza che danno il loro
nome alle varie frazioni della grande famiglia evangelica.
Ma che cosa è adunque, mi si dirà, quest’alleanza, a qual fine fu
ella fondata, e qual’è quel principio che la informa, e quali sono i
benefizii che se ne possono ragionevolmente aspettare? — Eccolo in
meno parole che ci sarà fattibile.
Scopo àB\\’Alleanza Evangelica si è di confondere in un medesimo
sentimento di carità tutti coloro i quali — qualunque sia la denominazione 0 la forma esterna cui appartengono — professano “ con“ formemente alle Scritture ispirate da Dio, la fede che hanno in
“ comune nel Dio Salvatore; nel Padre che ci ha amati e giustifi“ cati per grazia,, per la fede nel suo Unigenito; nel Figlio che ci
“ ha redenti col suo sacrifizio espiatorio; nello Spirito Santo motore
“ della nostra rigenerazione e santificazione ; un solo Iddio Benedetto
“ in eterno, alla di cui gloria bramano di consacrare la loro esi“ stenza, ” ed in tal guisa manifestare in faccia al mondo quella
vera unita’ che è uno dei caratteri più essenziali della Chiesa di
Gesìì Ciisto.
Quest’MMià infatti come s’era cercata per l’addietro, con quali
mezzi ? “ Colla forza dello Stato” dice uno scrittore recente “ avendo
“ a suo servizio la persecuzione; coU’autorità della Chiesa protetta
“ dai suoi anatemi; colla pompa delle cerimonie che abbaglia, e col
“ linguaggio della scuola che t’incàtena nelle sue formole, in una
“ parola, con tutto ciò che costringe la coscienza e, di conseguenza,
“ ammazza la religione.”— Come doveva aH’incontro cercarsi ? Con
un’associazione qual’è \Alleanza evangelica, la quale — rispettando
la libertà così delle chiese che degl’ individui, lasciando ad ognuno,
od individuo o chiesa le sue diversità in quelle cose che non sono
essenziali alla salvezza — confondesse iu uu medesimo sentimento
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di cariííi tutti coloro che d;i G. C., Dio manifestato iu carne, ed iu
lui solo ripetono la loro salvezza, ed hanno in sè il suggello del medesimo Spirito Santo. “ Io, diceva Gesù Cristo, orando come sommo
sacerdote della nuova alleanza, io ho data loro la gloria che tu hai
“ data a me, acciocché sieno iixA stessa cosa, siccome noi siamo
“ una stessa cosa. Io sono in loro e tu sei in me, acciocché essi sieno
“ compiuti io una stessa cosa, e acciocché il mondo conosca che tu
“ m’hai mandato, e che tu gli hai amati, come tu hai amato me. ”
Quest’è l’unità che l’Alleanza evangelica si sforza di realizzare, ed a
proclamare la quale e.ssa si è, se non esclusivamente, essenzialmente
dedicata. Ai varii corpi che compongono il grand’esercito a cui Gesù
Cristo è capo, e di cui è bandiera la Croce, essa viene a ricordare
che, se diverse sono le assise, diverse le armi con cui combattono,
una però è la causa, e che il guerreggiare tra di loro, uon tenendo
conto di quello che li unisce e che è l’essenziale, per porre mente
soltanto a quello che li divide e ch’è secondario, non chq stoltezza è
delitto, delitto grave, imperdonabile.
Siffatta associazione, come ciascuno se lo immaginerà di leggieri,
non sorse, nè potè sorgere in un attimo, ma come i grandi movimenti di tutte le epoche, fu il portato di bisogni generalmente sentiti, i quali facendosi coll’andar del tempo semjire più potenti e ealaanti, riuscirono nel 1845, in un'admianza convocata a liiverpool,
allo scopo di dar loro soddisfazione, e che riunì oltre a 300 membri
di venti chiese diverse. Il 19 agosto 1846 più di 9(X) cristiani d’ogni
paese o denominazione, rappresentanti della gran famiglia evangelica adottavano ad unanimità di voti, il patto costitutivo dell’alleanza,
del quale patto i tre articoli che seguono mettono in perfetta luce, il
primo il principio, il secondo lo scopo, ed il terzo i mezzi da adoprarsi dalla nascente associazione.
In quanto al princìpio ivi sta detto : “ I discepoli di Gesù Cristo
“ di cui è composta questa Conferenza, esercitando ciascuno il suo
“ giudizio individuale, e, a cagione della comune infermità, essendo
“ tra di loro di diverso parere sopra alcuni punti così di dogma che
“ di disciplina, si rallegrano di poter professare, di unanime consenso,
“ che la Chiesa dell’iddio vivente è una, di un’unità essenziale, che
“ non perdette mai, nè potrà perdere. L’oggetto adunque che li ha
“ raccolti, non è di dare origine a tale unità, ina bedsì di testimo“ niarla ; e siccome esiste internamente, essi intendono, per quanto
“ dipende da loro, renderla visibile al di fuori, sia per farne perso“ naie esperienza, sia per palesarla agli occhi altrui, ”
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Iu quanto allo scopo è detto: “ Tuttavia essi (quei Cristiani) de“ plorano le divisioni che affliggono la Chiesa cristiana; essi confer“ mano, con profonda umiliazione, che il peccato ha una gran parte
“ dii rijietere del languore e dei mali d’ogni genere che queste divi“ sioni hanno generate, ed egli è, secondo il loro ben ponderato con“ vincimento, ad un tempo bisogno urgente e calzante dovere, il
“ prendere quelle misure da cui potran sorgere mediante la benedi“ zione di Dio, uno stato di cose più conforme alla Parola ed allo
“ Spirito di Gesù Cristo. ”
In quanto ai mezzi da adoprarsi infine, egli sta scritto: “ Essi si
“ sono decisi a costituire, in nome dei grandi principii evangelici,
“ che tutti indistintamente ammettono (abbiamo visto più sopra
“ quali sieno questi principii) e sotto il tìtolo di Alleanza evangelica,
“ una confederazione la quale porga ai membri della Chiesa di Gesù
“ Cristo l’occasione di avvicinarsi, all’eifetto di coltivare l’amore fra“ terno, per fruipe la comunion de’ Santi, ed occuparsi, inoltre , di
“ tutti quegli oggetti che parranno potersi conseguire in comune.”—
Fra questi l’Alleanza, fino dal suo esordire, rivolse una speciale sollecitudine alla difesa della libertà religiosa ovunque questa ebbe
violazioni da patire. — Un anno dopo questa medesima associazione, nata in Inghilterra, veniva costituita in Francia, in Isvizzera
e nel Belgio; più tardi lo fu in America, nelle Colonie Inglesi, in
Germania, nella Svezia, in Turchia e nell’Africa.
Ma queste varie associazioni essendo, in quella guisa che abbiam
detto costituite, un nuovo bisogno sorgeva, potente, irresistibile,
quello cioè di varcare i confini politici e nazionali, e tentare tra
Cristiani dell’intiero mondo, quello chc si era, con tanta benedizione
esperimentato, tra Cristiani dello stesso paese; e così nacque l’idea
di quelle conferenze universali che si adunarono, la prima a Londi'a
nel 1851, la seconda a Parigi nel 1855, la terza a Berlino nel 1857,
la quarta a Ginevra, e nelle quali migliaia e migliaia di Cristiani,
pastori e laici, convenuti dall’Inghilterra, dalla Scozia, dall’Irlanda,
dalla Francia, dalla Germania, dalla Svizzera, dall’Olanda, dal
Belgio, dall’Italia, dalla Spagua, dalla Danimarca, dalla Russia,
dalla Polonia, dalla Turchia, dalla Grecia, e perfino daU’America,
daH’Àfrica, dall’Asia, dall’Australia, vennero a dichiarare in faccia
al mondo, ch^ quantunque divisi di paesi, di lingua, di nazionalità,
e benché appartenenti a denominazioni diverse, tuttavia si sentivano
una stessa cosa in quel Gesù nel quale credevano, e nel quale riponevano tutta la loro speranza, e come manifestazione più d’ogni altra
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eloqueute di quest’unità, si accostarono concordi agli stessi simboli
del corpo e del sangue del Signore, nel quale tutti si scnti\ano in
pari tempo che salvati, santificati, fatti fratelli.
Ed ora che i lettori sanno meglio che non lo sapessero per l'addietro, cosa sia realmente YAlleanza Evangelica, saranno altresì più
iu grado che non lo fossero prima di apprezzare al vero suo valore,
quanto saremo per narrar loro, in un prossimo articolo, delle conferenze testò avute in GinevTa.
CIO CHE OCCORRE ALLA FRANCIA !
(Ce qu'ilfaut d la France! par Eosseeuw St-IIiLAiBE-Chez Dentu, Paris 18G1).
Eccoci a mantenere la nostra promessa. L’opuscolo che abbiamo
sott’occhio è stampato da sei mesi. E un po’ tardi per annunziarlo ai
nostri lettori ; ma non è mai troppo tardi per esaminare ima buona
opera. La questione d’altronde è sempre la stessa, perchè eterna c
vitale. Vedremo in che maniera vi risponde il sig. St-Hilaire. “ Cosa
occorre aliti Francia! ” questiono solenne tanto i>er la iwsizione di
quel popolo francese nel mondo, per la sua indole, per i suoi bisogni,
¡)er il suo passato ed il suo avvenire, quanto per la importanza dell’argomento, vo’ dire della verità religiosa, sola capace di rispondere
a quella posizione ed a quei bisogni. Molti sono i modi di dar risposta a tale quesito. Sceglier si può tra il metodo didattico-dommatico
il quale confionta le umane dottrine colla verità ; il metodo psicologico-morale, il quale mette in presenza il cuore dell’uomo e l’ideale
che solo può soddisfarlo; ed infine il metodo storico-esperimentale il
quale riandando i fatti ritrae dalle viscere della Storia stessa la risposta alle sue interrogazioni. Facilmente si vede che di questi tre
metodi il primo è il più debole perchè tocca alla intelligenza sola, e
l’ultimo il più possente perchè poggia sui fatti e ritrae le sue conclusioni dalla esperienza. Il sig. St-Hilaire scelse però quest’ultimo,
ed il suo opuscolo riesce in conseguenza uno studio storico, quasi
direi, una rivista della Storia religiosa dolla Francia. Non credere
tuttavia che l’autore lasci da banda gli altri due metodi e non parli
nò di dottrine, nè dei bisogni del cuore ; nò, egli armonizza affatto i
tre processi, ed intorno a’ fatti ei sà raggruppare le manifestazioni
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della intelligenza e del cuore, che sono pur dei fatti, talché di questi
diversi elementi ei forma un tutto armonico, nn fascio hen legato,
da cui emerge come la scure dal fascio dei littori, la risposta al quesito “ cosa occorre alla Francia. ” — Aggiungasi il ben noto talento
dellautore, la profondissima sua conoscenza della Storia ed uno stile
sempre chiaro, e comprenderassi che noi consideriamo quel Saggio del
sig. St-Hilaire come una delle più belle pagine della Storia non solo
di Francia, ma della Storia universale. L’autore divide la Storia del
suo paese in cinque epoche, “ ciascuna delle quali corrisponde a qualche grave modificazione nel suo stato religioso, e cerca la legge che
{)resiede a ciascuna di esse, nonché la tendenza da cui è dominata. ’
La prima epoca che corre da Clodoveo fino a S. Luigi, è quella
delle Crociate ossia della Pietà militante. Clodoveo, Carlo Martel,
Pipino, Carlo Magno, Filippo-Augusto e San Luigi ne sono le principali personalità. Tutti portano l’impronta di una pietà marziale,
tutti confondono la religione colla politica e fanno servire la Chiesa
ai loro fini. Epperò son tipi fedeli di quel popolo “ che per secoli
non intese il Cristianesimo se nou con in mano la spada. ” Clodoveo
impone la nuova religione ai suoi soldati e scaccia dalla Francia gli
Ariani Goti ; Carlo Martel respinge i Saraceni e la pietà di quel
tempo può definirsi così ; “ contro gl’ infedeli la guerra, contro gli
eretici la ;iiersecuzione. ” Pipino abbisogna della papale sanziono per
consolidarsi sul trono, ei la compra dando al Papa gli Stati Lombardi, e crea in quel modo il poter temporale di Eoma. Carlomagno
segue le orme del padre e compie la confusione, mentre convertisce
i Sassoni colla spada. Filippo Augusto arma una metà della Francia
contro l’altra, e scaglia contro gli Albigesi il cattolico Nord.
Infine S. Luigi ci offre il tipo perfetto del santo, dell’eroe e del re,
“ e benché la sua pietà siasi talvolta fuorviata fino alla persecuzione,
ei sa peraltro resistere alle pretensioni del papato. ” — Ed in mezzo
a tutto ciò le Crociate, “ che considerate nel loro insieme sono una
impresa tutta francese, e per 200 anni sono l’alimento della pietà
conquistatrice di quel popolo. ” Talché non havvi nazione dove dal
V, al XI secolo gl’interessi religiosi abbiano tanta parte quanto in
Francia. “ Evvi un popolo che com’essa abbia vinto l’arianismo, e
l’islamismo, dotato la S. Sede, fondate le libertà gallicane e chiusa
col regno di un San Luigi l’era eroica dei suoi annali ? ” Epperò si
conclude questa epoca col dire : “ la Francia è un popolo religioso ;
ma la sua pietà è più un’ istinto che una convinzione ; essa è tutta
esterna come il Cattolicisrao. ”
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La seconda epoca che va dalla morte di San Luigi alla Prammatica di Carlo VII, è quella del monachiSmo e della lotta colla Santa
Sede. Stanca, mal governata ed irrequieta, la Francia ritira.si nei
conventi. Germogliano innumerevoli sullo stipite di S. Benedetto gli
ordini religiosi. Il monachiSmo cuopre la Francia. Nei monaci il
Papa ha un’armata, “ e .può mettere guarnigione in tutti gli Stati
d’Europa, ” — “ Da Roma parte la parola d’ordine, ogni corporazione Ila il suo terreno ed il suo ufficio; i Benedittini l’ubbidienza
ed il lavoro, colla scienza e l’insegnamento ; i Domenicani 1’ eloquenza e r inqui.'jizione ; i FrancescanHa povertà ; felice povertà!
che procurò loro la ricchezza ed il potere ; infine i Gesuiti la facile
devozione e l’ipocrisia per dominare. ” Tutti i fondatori di ordini
furono dei santi, ma ciò non allontanò dai conventi la corruzione e
la decadenza, confessate ultimamente dal sig. Di Montalernbert nel
suo libro les Moines d’Occident. Ciò è frutto dell’assenza nei conventi del vero principio del dovcì'e, il quale là si risolve in mistico e
snervante egoismo ; come lo prova il libro bellissimo d’altronde, delYImitazione di Cristo, che riassume la tendenza tutta monacale di
quell’epoca ed è la più alta espressione della vita claustrale. ” Vero
tipo dell’asceta S. Bei'nardo domina quei secoli, e se potesse, farebbe
della terra un’ immenso convento. — Intanto il papale potere innalzato all’apice da Gregorio VII ed Innocenzo III, doveva lottare coi
principi. La molla troppo tesa finì per rompersi. “ Dopo Innocenzo
III il papato perde ogni prestigio, è umiliato, e con Clemente V diventa in Avignone un fondo della Francia. D’altra parte alla razza
di Capeto succedono i Valois e la Francia decade. ”—“ Da S. Luigi
a Carlo VII, havvi eclisse, nella pietà come nelle glorie nazionali
' della Francia. ” Appena l’umile eroina Giovanna d’Arpo ridesta per
im istante l’amore della patria e l’estinta fedo. Ma la Chiesa si disonora nello scisma. I nobili Gergon, D’aillé e Clémengis tentano rialzarla ed il Concilio di Costanza proclama la superiorità di quelle
assemblee sulla S. Sede; vana speranza, la Chiesa è corrotta! Allora
Carlo VII nella Prammatica rinnova gli Editti di S. Luigi e le
libertà gallicane. La Francia tenta una Riforma della Chiesa. Riforma incompleta ma generosa che prepara quella del secolo XVI.
“ La Prammatica risponde a tutti gl’istinti del paese, che si possono
riassumere in questo assioma, vero in tutte le epoche: Ciò che mancò
sempre alla Francia per essere francamente cattolica, è di sapere
ubbidire. Essa vuol volentieri l’unità romana, ma non vuole il Papa
che la personifica, ”
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La terza epoca che comprende i tempi scorsi da Francesco I a
Eichelieu è quella del Concordato e della Riforma. Sùll’aprirsi del
secolo XVI, la Francia è quasi indipendente da Eoma. Il risorgimento delle Lettere e la Riforma compiono l’opera. Le nuove idee
penetrano dovunque. “ Ma la Francia non fugge il giogo papale che
per mettersi sotto quello dei suoi re. Quella Francia così gelosa della
sua religiosa indipendenza abdica la coscienza nelle mani di Francesco I. ” Costui calpesta quel sacro deposito e fa il Concordato.
“ La Prammatica è abolita, l’opera dei Concilii di Costanza e di
Basilea annichilita, e il Concordato suggella quest’alleanza dei due
poteri. Così si forma la Religione di Stato. ” Tutta la Francia protestò ma debolmente, essa adorava il suo monarca. La vera protesta
contro il Concordato fu la Eiforma. Calvino e Coligny, l’uno per la
scienza l’altro per la pietà sono i tipi piiì nobili di quella opposizione
che non seppe conservarsi pura d’ogni eccesso, ma che rialzò lo stendardo dell’Evangelo. Il gran torto della Eiforma fu di aver tratta la
spada. Dopo la strage della S. Bartolomeo, quasi vinta essa richiede
l’appoggio dell’Europa protestante e salva la nazionalità francese che
il cattolicismo voleva ruinata. Allora sorge Enrico IV, e la Francia
intiera lo acclama. Ma ciò doveva essere la perdita della Eiforma.
L’abjurazione del re, le nuove guerre di Religione e finalmente la
presa della Eochelle da Eichelieu, uccidono la Eiforma, la quale
d’allora in poi forma un’ infima minorità. Conchiuderemo adunque
“ che la Francia anziché cedere alla S, Sede preferisce mettersi sotto
la tutela dei suoi re e ricevere da loro la sua religione. Questa è la
Religione di Stato, terzo carattere della pietà francese! Ma le anime
religiose protestano, e la protesta della Francia contro il Concordato
è la Eiforma. ”
A questo punto sorge ima questione: “ Perchè no7i divenne protestante la Francia nel secolo XVI? È forse per amore al culto
cattolico? no, la sua storia protesta contro questa asserzione... Il
vero motivo non fu quello. Volete conoscerlo ? Eccolo. Nel XVI secolo l’Evangelo ha impaurita la Francia perchè al cospetto di un
Coligny e di un Calvino, ella vidde che bisognava prenderlo sul
serio... Per altro, se la Eiforma fosse sempre stata una Eeligione, la
Francia stanca degli eccessi della Lega l’avrebbe abbracciata, e non
avrebbe imposta l’abjura ad Enrico IV. Ma la Eiforma era addivenuta un partito, e la Francia rimase fedele alla sua vecchia bandiera
per abitudine prima, e poi per vergogna d’un cangiamento.
( Contimm)
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POlLEiniCA
Lettera d’un corrispondente della Buona Novella al Redattore ù.i
li Religione k Patuia »
Reverendo signore,
III
Palermo 31 Agosto 1861
Vengo oggi ad adempire la mia promessa, e darvi alcune ragioni per le
quali io non sono disposto a venerare quanto voi, nello spirito della vostra
Chiesa, la Tradizione.
E siccome voi non consentireste, forse con me, nel definire la medesima,
ometterò aneh’oggi la detta definizione, parlerò solamente delle sorgenti
alle quali la Chiesa romana attinge la sua Tradizione, e vi proverò che
sono poco degne di fiducia.
La vostra tattica comune, quella che volle seguire il P. Turano nella
nostra discussione, è di scrollare, il più possibile, ogni argomento in favore
della Scrittura, fuorché l’autorità della Chiesa. Le ragioni le più inaspettate, le più degne degl’increduli e dei razionalisti vengono accennate, e
quando poi ci accingiamo a confutarle^ è tempo perso ; perchè in fin dei
conti consentite con noi nel riconoscere tutti i libri del Nuovo Testamento,
quale autentica, integra, divina testimonianza della verità. Sulla parola di
due testimonii, ogni cosa sarà ferma, dice la Parola di Dio ; per il N. Testamento ho dunque due testimonii ; voi e noi, anzi ne ho un terzo più
valido di ambedue ed è lo Spirito Santo che rende testimonianza ad ogni
lettore sincero, producendo nel cuor suo, impressioni e pensieri da fargli
sentire che ivi è verità. Non basterà ciò a darmi intera fiducia, quando io
mi accosterò al N. Testamento per cercarvi il mezzo di salvare l’anima mia?
Ma da questa fiducia stessa nasce per me una ragione di ditfidare della Tradizione vostra. Se io domando al Nuovo Testamento: «cosa debbo fare per
essere salvato? » ottengo una risposta chiara, semplice, popolare, la quale
mi dà speranza e pace, eccola : « credi al Signore Gesù, e tu sarai salvo,
colla tua famiglia. » (Atti degli Apost. XVI, 31); e quando l’anima mia
abattuta sente il bisogno d’essere rialzata, la stessa Parola di Dio sostiene
la mia debolezza e fa sparire ogni timore, dicendo : « non temer nulla, credi
solamente » (Lue. Vili., 50). « Chi crede ha vita eterna» (Giov. Ili, 36),
« e non sarà condannato » (III, 18); mentre che se faccio la stessa domanda a voi o ad un dottore della Tradizione, la risposta sarà ben diversa.
Prima, dirà egli, mettendosi in solenne contraddizione colle parole del-
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l'Evangelo, voi non potete mai sapere se siete salvato, ma se volete averne
qualche probabilità, dovrete credere tuttociò che insegna la Chiesa e praticar tuttociò ch’essa comanda; e se domanderò : « ma cosa insegna la Chiesa? » sarò rimandato agl’innumerevoli in-foglio del Bullario dei papi o
delle decisioni dei Concilii, e quando avrò creduto tutte le loro invenzioni,
e che io mi sarò fatto cattolico-romano, non sarò per niente sicuro di aver
salva l’anima mia, anzi secondo ogni probabilità, dovrò bruciare nel fuoco
al purgatorio chi sa quant’anni ? Tuttociò mi dà un fortissimo pregiudizio
contro la Tradizione, conciossiachè la parola dell’Evangelo mi consoli e mi
rialzi, dicendo : « ora non v’è condannazione per quelli che sono in Cristo
Gesù» (Rom. YIII, 1), mentre la vostra mi terrebbe, s’io la credessi,
ogni pace e tranquillità. Mi direte: quelli non sono ragionamenti, sono sentimenti personali ; sta bene, ma per il cristiano non esiste ragione più forte
della speranza d’aumentare, o il timore di diminuire la sua ferma fiducia
uel Salvatore nostro.'
Ecco dunque un’altra ragione evidente quanto mai. Una gran parte dei
documenti della Tradizione romana sono assolutamente falsi, ed un’altra
molto sospetti, e come il valore dei documenti cresce colla loro autenticità,
e che d’altronde cresce nella stessa proporzione la possibilità di alterarli e
di falsificarli, io trovo che fuori del Nuovo Testamento, i più vecchi documenti, sono anche quelli i quali furono il più sovente alterati.
La maggior parte degli autori primitivi fuori del Nuovo Testamento,
sono perduti, lo provi la perdita, più o meno totale, dell’intiera letteratura
cristiana del secondo secolo; un’altra parte è stata interpolata in mille
modi, come lo dimostra p. es., il paragone delle epistole di sant’Ignazio,
quali esse furono pubblicate dapprima in numera di quattordici, colle sette
dell’edizione di Pearson, e poi il paragone dell’edizione di Pearson colle tre
dell’antica di Siria pubblicata da Cureton e Bunsen. Apparvero poi una
moltitudine di libri pseudepigrafi, cioè inventati da impostori e posti sotto
il nome dei Padri apostolici ; e la più parte dei medesimi furono concepiti
in senso favorevole alle usurpazioni di lioma.
Quanto al potere temporale è cosa ormai riconosciuta eh’ egli crebbe
all’ombra della menzogna, appoggiandosi ora sopra la falsa donazione di
Costantino, ora sopra quella molto sospetta di Pipino; ora infine sopra la
colossale bugia delle decretali, ma ciò che ignorano o fingono d’ignorare
molti, è che quando il papato giunse al suo colmo, la distinzione fra potere
temporale e potere spirituale sparì nei fatti, e chc le falsificazioni della
Tradizione storica servirono all’uno come all’altro.
Un fatto che mi ha sempre colpito è che Boma non possedeva una sola
epistola autentica dei vescovi romani dei tre primi secoli fuorché le tre epistole di Cornelio, scritte verso 237, mentre essa ne ha una moltitudine di
fiilse; pure esisteva ecj esisto una bellissima od edificante epistola del primo
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vescovo di Roma, Clemente, e questa epistola, Roma non l’aveva, non la
conosceva, non la lesse per secoli, anzi oggi ancora non la conoscerebbe, so
i Protestanti non gliel’avessero fatta conoscere, pubblicandola secondo il
manoscritto alessandrino, che il patriarca scismatico Cyrillo Lucar diede in
i-egalo al re protestante Carlo I d’Inghilterra (anno 1628). Io dovrei ciedcre che Roma sia la conservatrice della vera Tradizione? Ma mentre la
sola epistola autentica del primo vescovo di Roma rimaneva per secoli sconosciuta, dopo essere stata nei primi tempi letta in molte chiese, circolavano dal secondo secolo in qua, sotto n.ome dello stesso Clemente, un gran
numero di opere apocrife ; primo la raccolta così importante delle Costituzioni apostoliche che Baronio stesso riconobbe non essere da lui scritte;
poi la II ai Corinti citata da Eusebio, poi l’epistola di Clemente a S. Giacomo, quella ai fratelli di Gerusalemme, ec. ec., poi le Hecognitiones e lo
HomiUce, le quali non poco contribuirono a far credere ad uu lungo soggiorno di Pietro a Roma e furono citato per appoggiare la successione apostolica ed altri dogmi, da Bellarmino, Coton, Walden, Dadraeus, Tenardent ecc......
Debbo ora dire qualche cosa intorno alla mostruosa frode delle false decrotali? Mi direte forse che quella è una obbiezione troppo vecchia; ma
siccome l’usurpazione di Roma è anche molto vecchia, sarà utile il combattere l’una coll’altra. Come? la Chiesa romana fece apparire nel suo seno
una raccolta di lettere dei papi anteriori a Siricio, cioè di tre secoli, questa
raccolta ebbe valor di legge per 800 anni,, e come lo dice il dottore cattolico 'di Sorbona, Dupin ; « furono citate da innumerevoli Papi c Concilii »,
quelle lettere bugiarde vengono citate con sommo orgoglio da Nicola I
nella sua lotta contro Lotario (858), da Adriano II (801-71) nella sua contro Ilincmar di Reims, e Carlo il Calvo ; esse furono fatte parte integrante
del dritto canonico, essendo incorporate al Decreto di Graziano. Anzi, sono
tuttora, in parte almeno, nel Breviario romano, — e tuttociò non proverà
nulla contro la Tradizione ecclesiastica di Roma ? Mi concederete che fa
d’uopo esser dotato di una credulità un po’ robusta per credere una bugiarda che ci ha ingannati per 800 anni.
Ma lasciamo il soggetto delle false decretali, che vi sembrerà forse troppo
tristo. La gerarchia, con successo felice, fece uso d’un altr’arma, la fabbricazione dei falsi Padri. Possiamo principiare dalle opere del preteso discepolo di San Paolo : Dionigio Arcopagita, che molti dottori romani, corno
testò il padre Grima, citano tuttora qual documento del secolo primo. Il
libro di Dionigio intorno « alla Gerarchia Celeste ed Ecclesiastica », influì
grandemente sulla formazione del sistema sacerdotale, quello intorno ai
7ìomi divini contiene (c. 3, § 2) i primi elementi del merito della assunzione di Maria, narrando cho il suo fabuloso eroe Hierotheos andò in compagnia di S. Pietro, di S. Giacomo e di Timoteo a visitare quel corpo chc
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avea ricevuto nel suo seno la divinità. Belliirniino lo cita per provare la
Tradizioue (Toni. I, p. 221), la vita monastica (Tom. II, 424-425), la preghiera dei santi (II, 901), le immagini di Dio (p. 806), il carattere indelebile dell’ordinazione (pag. 219, 1664), le dodici cerimonie del battesimo
(3S3) ec. ec.... Canisio lo cita nel suo catechismo ed altrove per provar la
messa (p. 273-274), i frati (806), la cresima (235). Tommaso d’Aquino ad
ogni pagina, per tacere di Pietro il Lombardo, di Baronio e di Coccio.
Eppure il Bellarmino è obbligato a riconoscere ehe prima del 532 non esisteva alcuna citazione chiara del supposto Dionigio, e che contrariamente
agli allegati del suo collega il cardinal Baronio, nessuno ne avea parlato
prima di Gregorio Jlagno. Ora cosa dobbiamo pensai-e d’un tale sedicente
documento d’un discepolo dell’apostolo S. Paolo? Dobbiamo noi credere
che al tempo degli apostoli esistevano frati e monache, e l’intiero sistema
ecclesiastico e tutto il rituale del quinto secolo? Ammetteremo noi col cardinale Bellarmino che per lo spazio di cinquecento anni quel beato padre
rimase nascosto a segno di essere sconosciuto ad Origene, a S. Girolamo
ed a Eusebio. Ossia accetteremo le citazioni di Baronio le quali Bellarmino
rigettò ? Ossia crederemo noi col gesuita Halloix, che dopo essere stato
conosciuto da diversi, egli fu prudentemente di nuovo seppellito per non
dar appiglio a qualche falsa storia mistica ? Io credo che noi faremo bene
di lasciare tale ipotesi a chi è disposto a credere col greco Synaxario che
Dionigio, dopo essere stato bruciato ad Atene, sen venne a Parigi, ed ivi
sofíri.il supplizio della decollazione insieme con Eustico cd Eleutero, dopo
che ripresa la sua testa sotto il braccio ei la portò sino aT luogo dove fu poi
eretta la celebre Abbadia di Saint-Denys ; e seguiremo l’esempio degno di
lode del dottore Moehler, il quale nell’opera intorno all’ « Unità della
Chiesa » non si permette di fcitar un’ autorità tanto sospetta. Ma cosa dovremo conchiudere dell’uso che ne fecero tanti sonimi dottori della Chiesa
romana ? Cosa diremo specialmente del papa Agatone, il quale se ne servì,
(in Syr. 6, Act. 4, p. 48 B) ? cosa diremo del papa Paolo, che la mandò
solennemente a Pipino nell’anno 757 ? Se non ch’essi tutti furono ingannati da quella ben nota bugiarda, la quale si chiama: la Tradizione?
Se voi mi opporrete le opere autentiche dei Padri: vi risponderò che per
essi ancora, la Tradizione ha sempre molte oscurità; e ne prenderò la prova
nell’opera vostra intorno a S. Cipriano e nel passo del detto padre che voi
avete stampato con caratteri majuscoli per farne sentii'e l'importanza; eccolo per intiero : « E vero chc gli altri apostoli furono ciò che fu Pietro,
« avendo in communione con esso la medesima potenza ed il medesimo
« onore, ma il principio venne dall’unità. (Il primato fu dato a Pietro),
« affinchè la Chiesa di Cristo si mostrasse essere una, (ed una la cattedra),
« e poi ancora ; chi si oppone e resiste alla Chiesa, (chi abbandona la
« cattedra di Pietro sopra la quale la Chiesa fu fondata) si persuade essere
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« nella Gliie.ia ec. ». Voi avete tradotto dall'edizione di Parigi dui 1720,
la quale come l'edizione di Parigi del 1574 o quella del 1607 o ancora
quella di Roma (15C4) contiene tal quale il passo citato, e siccome a^ete
scritto per il pubblico e non per i teologi, non eravate obbligato d'informare i vostri lettori della critica del testo ; pure non tutti vi crederanno
sulla parola,, che questo passo sia un appoggio -così saldo alla supremazia
del Papa ; alcuni confronteranno forse il testo, ed allora cosa diranno mai
nel vedere che tutte le edizioni stampate prima del Concilio di Trento,
quella di Spira (1477), quella di Basilea (1520, 25 e 30), quella di Joh:
Cauchius (Col 1520) ecc....... non contengono le parole cho ho messo fra
parentesi ? Cosa diranno, quando vedranno che Pamelio non le trovò nello
edizioni anteriori a quella di Roma, fatta sotto gli occhi di C. Borromeo,
cioè in 8, 0 9 edizioni, non le trovò nei suoi antichi manoscritti in numero
di 9 0 10, ma le rinvenne in un solo manoscritto dell'Abbadia di Cambron,
al quale il gesuita Gretser pretese aggiungere un altro manoscritto di Bavaria che non s'è visto mai—? Forse vedendo questo conchiuderanno con
me che gli argomenti della Tradizione, anche nelle più chiare testimonianze, e riguardo alle opere autentiche dei Padi’i, son poco fondati, e ehe
saria un’impresa per lo meno arrischiata ed imprudente, laddove si tratta
della salute dell’anima di confidare in una guida tanto fallace e, lo ripeto,
tanto bugiarda, quanto la Romana Tradizione. G. A.
NOTIZIE RELIGIOSE
Torino. — I giornali nazionali ed esteri hanno parlato d’una circolare
ministeriale del p. p. agosto, in cui il ministro dell’interno invitava le facoltà teologiche del Regno a dare il loro parere intorno a questa questione ;
Se' le quattro proposizioni seguenti son contrarie alla fede :
1° Il potere temporale del papa è un fatto per sua natura accidentale
e d’origine umana ;
2° Il potere spirituale c la libertà religiosa del papa essendo guarentiti, il potere temporale può diminuire ed anche cessare ;
8“ Nell’attuale ordine di cose, il potere temporale del papa manca di
ogni ragione di durare più lungamente, ed in vece d'essere utile, è nocivo
allo Stato ed alla Chie.sa ;
4° Il S. Padre non deve ricusarsi di trattare col governo italiano e di
garantire per tale via il mono arduo e più sciolto esercizio del suo cattolico
ministero.
Corro voce chc le università teologiche di Palermo e di Milano ed altre già
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abbiano risposto, dichiarando le quattro suddette proposizioni non contrarie
alla fede. Qui si presenta il seguente dilemma ; 0 il papa tace, e tacendo
abfea il poter temporale, oppure egli scomunica le facoltà teologiche, ed
allora... — allora ecco lo scisma. — Ammenoché però, le facoltà teologiche
non dieno all’ItaUa ed al mondo lo spettacolo dei Montalernbert e dei RosmiiJi, lo spettacolo d’una ritrattazione ! Questa è la più probabile.
Non abbiamo però nessuna fiducia in cotesti espedienti, tuttavia di tutte
queste manifestazioni ci rallegriamo perchè sono altrettanti passi avanti
nel gran problema.
Firenze — Belle ceffate. — La mattina del 17 la Stella d'Etruria s'era
messa in gala ed aveva preparata una colazione coi fiocchi. Si trattava
niente meno che di far festa al suo Pierini aspettato di ritorno dal Colleggio
Teologico
Con segno dì vittoria incoronato.
Ma a proposito, lo conoscete voi il prete Pierini ? Ve lo fo conoscere in
poche parole. Questo reverendo è un ficchino che di riffa e di raffa vuole
andare in su. Beccando un po’ di tutto, o sia nulla di nulla s’imbottisce il
cranio di frontespizi. Prima era liberale antiromanista, faceva centomila
volte al giorno le scale dello Spettatore e co’ suoi articoli rompeva il timpano al Gennàrelli. Poi scrisse un librucciaccio contro i Protestanti, che
fra’ ciechi di duomo fece furore, e lo messere nel banco, facendolo baccelliere della Università Teologica fiorentina. Il Pierini allora buttò via il malintenzionato cappello tondo e s’inchiodò in capo il nicchio caratteristico. Ma
i piedi su due staffe non poteva fare a meno di tenerli, e bazzicava al gabinetto Vieusseux ed alla Stella d'Etruria, la quale poi a forza di carezze
femminine se lo fece tutto suo. Bisogna farlo dottore, dissero allora, almeno
al ciuco ! detto fatto ; gli abbonarono gli ottanta scudi di spesa che ci sono,
il Pierini scrisse una bazzoffia che chiamano tesi, e la mattina del 17 la
spippolò dinanzi agli esaminatori. Si gira il partito ed il cancelliere fa da
bidello da sè. Poveraccio ! era in carattere. Ma figuratevi come rimasero
quando al vuotare del bussolotto si trovò che il baccelliere era imbiancato.
Quelli della combriccola sanfedista teneri del loro candidato, gridarono allo
sbaglio, ed il bussolotto girò intorno di nuovo; ma fu bianca un’altra volta.
Due ceffate in quel modo arrivano anche ai farfanicchi come il Pierini, e
a dir la verità rimase brutto. Ripensava al dolore della Stella d’Etruria e
degli amici che l’aspettavano a gloria, alla stizza del crocifero di Monsignore che l’aveva accompagnato amorosamente a pigliar la corona. E bisogna anche notare che gli esaminatori quando vogliono darla marcia ad
uno soglion farlo in consiglio segreto : col Pierini furon più leali, lo schiaffeggiarono in pubblico. Bravi! ci sarebbe da credere che hanno voluto dare
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una lezione ai colleglli sanfedisti e combriccolai, e mostrare cLe un collaboratore della Stcìfh d'Etruria ne sa tanta da non meritare d'essere addottorato nemmeno al ciuco.
Austria — Libertà religiosa. — La Press di Vienna (8 settembre)
dice che la Commissione incaricata dal Reichsrath di redigere un progetto
di Regolamento sulla questione dei Culti, ha adottato una serie d'articoli,
i quali se acquistano forza di legge porranno l’Austria a capo dei paesi in
cui regna la libertà religiosa. Eccone alcuni :
— « A ciascuno è guarentita intiera libertà di fede e di coscienza. Nessuno può essere costretto di rivelare le sue religiose convinzioni.
— « L’Esercizio privato del Culto è accordato a ciascuno, senza restrizione. Ogni Chiesa ed Associazione religiosa legalmente riconosciuta , ha
diritto all’esercizio pubblico del suo culto, riservate però le misure d’ordine
e di tranquillità pubblica.
— « Non havvi religione privilegiata per lo Stato. Ogni Chiesa amministra i suoi affari colla massima indipendenza.
— « L’influenza delle Chiese nelle scuole è ristretta aH’insegnamento
religioso.
— « La legislazione del matrimonio è riserbata allo Stato. La validità
civile del matrimonio dipende dall’atto civile solo. La diversità di religione
non fa ostacolo al matrimonio.
— « La censura speciale dei libri religiosi è abolita. La legge dello Stato
sulla stampa è sola applicabile alle pubblicazioni religiose.
— « I cimiteri appartengono al comune, a cui incombe la sepoltura.
Noi dubitiamo che il Reichsrath e l’imperatore approveranno un progetto tanto contrario allo spirito del Cattolicismo e del Governo. No sarà
di queste riforme ecclesiastiche come di tutto le riforme politiche austriache.
Woigt Giovanni gerente
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LA RECHERCHE DU SALUT, par le rév. James, traduit de l’anglais .................................................................... » 1 »
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VEILLÉES, par le rév. Aathon Oxenden.......................... » 1 75
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de l’ancien et du Nouv. Testament, à l’usage des évangelistes, des
instituteurs et des pères de famille, ayec cartes, par S. Décomhaz,
pasteur, 3 vol. in-8°................................................... 5) 12 »
LE LION DE JUDA, par Charlotte Elisaleih, traduit de l’anglais » 1 50
TORINO — Tipografia CLAUDIANA, diretta da K. TronilK’lta.