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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Spedizione in a. p. 4596 - art 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale di Torino.
In caso di mancato recapito restituire al mittente presso ¡'Ufficio PT Torino CMP Nord
Lire 2200-Euro 1,14
Anno IX - numero 38 - 5 ottobre 2001
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ICHIESE ETNICH
La valorizzazione della differenti
di CARMINE BIANCHI
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■ BIBBIA E ATTUALITÀ
la forza della
SPERANZA
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«Sostienimi secondo la tua parola,
perché io viva; non rendermi confuso
nella mia speranza»
Salmo 119, 116
A diversi giorni i nostri occhi si
sono abituati a leggere i titoli a
arattefi cubitali sulle prime pagine
dei giornali. La grandezza dei caratteri usati sulla stampa equivale teoricatnente al volume della voce di chi
deve parlare al pubblico, I caratteri
cubitali corrispondono dunque a un
grido, anzi, spesso a un urlo. Quali
rpèssaggi trasmettono i titoli urlati
dalla stampa? Ce n’è per tutti gli occhi e per tutte le orecchie; condanne
eacfuse, incitazioni a usare la forza
con più decisione e appelli per la pace, perdono e vendetta, giustizia e clemenza. La sensazione del destinatario
di tali messaggi, non di rado, è quella
di una totale confusione; i caratteri
cubitali d’altronde lasciano poco spazio alla riflessione e al dibattito. La
-confusione inevitabilmente crea timore che, talvolta, si trasforma in
paura quasi animalesca che può essere sconfitta solo con una potente
' iniezione di speranza.
La speranza è stata frequentemente invocata in questi giorni. Una
i^invòcazione che, però denotava soprattutto rassegnazione e incredulità.
■.«Speriamo che le cose vadano per il
meglio, ma temiamo il peggio», è una
frase che si ripete ancora molto spesso. È sottinteso che la speranza è una
sorta di «pio desiderio», mentre il timore si identifica con il sano realismo. La speranza biblica, invece, non
è un’illusione priva di fondamento.
Essa non è mai scissa da colui che è il
; Creatore e il vero fondamento di tutto ciò che esiste. Avere speranza significa uscire dalla soggettività per
trascendere la paura, affermando che
la storia del mondo non è in balia di
un feto cieco e privo di sentimenti. Il
Nuovo Testamento aggiunge alla visione ebraica un elemento di straordinaria importanza: «Dio ha tanto
àmato il mondo, che ha dato il suo
Unigenito Figlio, affinché chiunque
crede in lui non muoia, ma abbia vita
eterna» (Giovanni 3,16).
La forza della speranza, dunque,
non ha bisogno di essere sostenufe da frasi scritte a caratteri cubitali,
essa penetra nel profondo dell’animo
umano molto pacatamente. La pacatezza della speranza non è quella dei
telecronisti, i quali accompagnano,
con parole apparentemente rassicutanti, le immagini violente e inquiefenti. È piuttosto la serenità di chi si
rende perfettamente conto della precarietà della società in cui vive, della
^'uherabilità dei circuiti integrati racchiusi nelle torri d’acciaio e di cemento armato. Avere questa consape-Volezza, tuttavia, non significa cadere
tlella frustrazione di chi non guarda
oltre la soglia del visibile. Il senso di
precarietà e di vulnerabilità può essete Una via di liberazione dal guscio
dell’egoismo e della soggettività. È
Htt sentiero stretto e tortuoso, che
però apre un’ampia prospettiva su
ona possibile solidarietà non fatta
®plo di slogan né di appariscente attivismo. È una solidale speranza fondata sulla Parola che «è diventata
^rne e ha abitato per un tempo fra
di noi, piena di grazia e di verità»
(Giovanni 1,14).
Pawel Gajewski
--_JSTRACE IN USi
Fede e ragione
i di GIUSEPPE PLATONE
Tra manifestazioni ó\ patriottismo e qualche protesta, l'America è in attesa
La reazione degli Stati Uniti
Intanto le chiese e il governo Usa invitano a distinguere nettamente tra islamici e
terroristi, ma le prime chiedono anche di evitare ogni rappresaglia indiscriminata
Il sindaco di New York, Rudolph Giuliani, alla commemorazione delle vittime nelio Yankee Stadium
FRANCIS RIVERS
DALLAS, Texas - Quello che più
colpisce della vita quotidiana negli
Stati Uniti in questi giorni sono le
migliaia di bandiere americane che si
vedono ovunque: sulle automobili,
davanti alle case e ai negozi, sulle
maglie dei giocatori di football. Magliette con slogan e bandiera vanno a
ruba e sono indossate da persone di
ogni età e diversa provenienza culturale e religiosa. Sembra di vivere in
una marea di rosso, bianco, e blu.
Questo effetto visivo viene ulteriormente rafforzato dal suono della vecchia canzone di Irving Berlin, «God
bless America» (Che Dio benedica
l’America), che è diventata popolarissima. Questa canzone è stata intonata dai membri del Congresso sulle
scale del Capitol Building a Washington, la notte degli attacchi, per dimostrare il loro appoggio al presidente
Bush, ed è stata cantata anche dagli
impiegati del Wall Street quando la
borsa è stata riaperta a New York una
settimana dopo. Le parole «God bless
America» appaiono spesso sui teleschermi, accanto al logo di varie reti
televisive, e servono a ribadire il largo
appoggio (più deU’90% secondo l’ultimo sondaggio del Washington Post)
di cui gode il presidente Bush, sia per
la maniera in cui sta guidando il paese, sia per la sua promessa di utilizzare truppe americane in un assalto
contro i responsabili politici degli attacchi dell’11 settembre. È la prima
volta, in quasi 40 anni, che il pubblico americano è a favore dell’azione
militare senza esprimere anche in
quietudine sul possibile numero di
soldati morti o feriti.
Nonostante quest’unanimità nazionale, i problemi e le tensioni non
mancano. È la stessa amministrazione Bush ad ammettere che il consenso e la buona volontà di questi
giorni potrà essere vana. Il nodo più
grosso è capire come e dove reagire.
Il 20 settembre il Segretario di Stato,
Colin Powell, ha promesso pubblicamente un dossier che presenterebbe
delle prove conclusive contro i mandanti degli attacchi. Il giorno dopo,
l’amministrazione Bush si è tirata in
dietro, decidendo che sarebbe prematuro divulgare l’informazione
raccolta dai servizi segreti e militari.
La stessa scena si è ripetuta a Bruxel
Segue a pag. 10
Le chiese europee per uno sviluppo sostenibile
Urge la conversione ambientale
Le chiese cristiane chiedono all’Unione europea (Ue) di approfondire le proprie strategie per uno sviluppo sostenibile: è stato sottoscritto nei
giorni scorsi un documento a cura
della Commissione chiesa e società
della Conferenza delle chiese europee (Kek) e della Commissione della
Conferenza episcopale presso la Comunità europea (Comece) che chiede
maggiore attenzione alle questioni
dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. «È una sfida politica e un obbligo morale per tutti noi - è scritto
nel documento - proteggere l’ambiente e preservare le nostre risorse
naturali per le prossime generazioni.
Il mondo ha bisogno oggi di una conversione ambientale e l’Unione europea dovrebbe assumere un ruolo guida in questo processo». L’idea di sviluppo sostenibile prospetta un modello di società che le chiese cristiane
possono tutte sottoscrivere, in quan
to si preoccupa dei più deboli e rispetta la creazione di Dio per cui i
cristiani si sentono responsabili. In
questo senso, spiega il documento, è
importante che TUe esprima la propria responsabilità di fronte alle altre
regioni del mondo, cosi come il proprio impegno per contribuire a uno
sviluppo sostenibile a livello globale.
Le chiese sentono di avere un ruolo
importante nella sensibilizzazione
sul temi dell’ambiente: in particolare
nell’indicare «stili di vita alternativi»,
che possano costituire efficaci mezzi
per coadiuvare l’impegno politico
per la tutela del pianeta. «L’ambiente, l’energia, i trasporti, sono le aree
principali in cui applicare una politica di sviluppo sostenibile:'questa
avrà successo - spiegano i firmatari -■
solo se sarà applicata non solo dagli
stati che attualmente sono membri
dell’Ue, ma anche dagli stati che si
candidano a entrarvi». (nev)
PRIMO PASSO
FEDERALISTA
EUGENIO BERNARDINI
Valli val(desi
Alla diocesi il
pianeta giovani
Tre giorni di dibattito, alla diocesi
di Pinerolo, su «Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia». Il tema derivava dal documento dei vescovi italiani approvato e diffuso nel
maggio scorso, ed è stato introdotto
da mons. Luciano Monari, vescovo di
Piacenza. La novità nella procedura è
stata la discussione assembleare, con
modifiche ed emendamenti da approvare, un modello dunque di democrazia partecipativa. Al centro degli interventi sono stati i giovani e la
famiglia. «I giovani - ha detto il vescovo di Pinerolo, Debernardi - rappresentano una profezia, e chiedono
soprattutto possibilità di aggregazione e di relazione. La famiglia rimane
una ricchezza per tutta la società».
Apag. n
Per la prima volta nella storia della
Repubblica italiana, il 7 ottobre siamo
chiamati a votare su un referendum di
modifica della Costituzione. Dopo il
via libera del Parlamento, nella passata legislatura (con il solo voto del centro-sinistra), del disegno di legge in 11
articoli intitolato «Le Regioni, le Province e i Comuni» ora i cittadini italiani devono decidere se accettare oppure no la prima, parziale trasformazione dell’ordinamento repubblicano in
senso federalista. Dobbiamo dunque
votare «sì» se vogliamo confermare la
riforma, «no» se la vogliamo vedere
fallire. Tutto il contiario dei precedenti referendum abrogativi a cui siamo
più abituati. Non solo, questo referendum non ha quorum, quindi il suo risultato sarà valido anche se partecipasse al voto una quota minima
dell’elettorato.
Molti non sanno neppure di questo
referendum, un po’ perché non ci arriva più a casa il certificato elettorale,
essendo stato sostituito dalla tessera
elettorale; un po’ perché la nostra attenzione è attirata da eventi mondiali
ben più drammatici; un po’ perché il
tema del federalismo, dopo essere stato al centro del dibattito e delle polemiche politiche nelle due scorse legislature, sembra aver perso la sua forza
propulsiva per il cambiamento del sistema istituzionale italiano; ma soprattutto perché le attuali forze della
maggioranza parlamentare sperano in
una scarsa affluenza, e quindi in una
scarsa adesione, per delegittimare politicamente una legge che hanno definito troppo riduttiva se non falsamente federalista. Il centro-sinistra, invece, insiste nel definirla Tunica in grado
di dotare il nostro paese di un federalismo equilibrato e solidale.
In ogni caso, afferma il centro-destra, la nuova maggioranza parlamentare porterà avanti il suo progetto:
«migliorativo» se il referendum vedrà
la maggioranza dei sì, «sostitutivo»
della legge voluta dal centro-sinistra
se vincerà il no. La maggior parte dei
presidenti delle Regioni, compresi
quelli di centro-destra come il piemontese Enzo Ghigo e il lombardo Roberto Formigoni, sperano che l’elettorato approvi la legge, perché comunque si tratterebbe di un passo in avanti
che diventerebbe subito e automaticamente legge dello stato, altrimenti bisognerebbe aspettare un disegno di
legge del centro-destra che dovrebbe
rifare l’intero iter istituzionale.
Che cosa prevedono gli 11 articoli
della legge di riforma costituzionale?
Roma capitale; è previsto in Costituzione il riconoscimento per Roma
quale «capitale della Repubblica». Una
legge ordinaria dovrà definirne il particolare status.
Sussidiarietà verticale nei rapporti
fra le istituzioni: la Repubblica è costituita da Comuni, Città metropolitane.
Province, Regioni e Stato. Comuni,
Province, Città metropolitane e Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni fissati dalla Costituzione.
Potestà legislativa: la competenza legislativa generale è delle Regioni. Allo
Stato spetta la competenza legislativa
sulle sole materie previste dalla Costituzione: politica estera, difesa e forze
armate, moneta e tutela del risparmio
e mercati finanziari, tutela della consegue a pag. 10
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
«'Adamo conobbe
Èva, sua moglie, la
quale concepì e partorì
Caino, e disse: “Ho
acquistato un uomo con
l’aiuto del Signore”. ^Poi
partorì ancora Abele,
fratello di lui. Abele Jìi
pastore di pecore; Caino
lavoratore della terra.
Avvenne, dopo qualche
tempo, che Caino fece
un 'offerta di frutti
della terra al Signore.
Abele offrì anch’egli
dei primogeniti del suo
gre^e e del loro grasso.
Il Signore guardò con
favore Abele e la sua
offerta, "ma non guardò
con favore Caino e la
sua offerta. Caino ne fu
molto irritato, e il suo
viso era abbattuto.
"Il Signore disse a
Caino: “Perché sei
irritato? E perché hai il
volto abbattuto?
^Se agisci bene, non
rialzerai il volto? Ma se
agisci male, il peccato
sta spiandoti alla porta,
e i suoi desideri sono
rivolti contro di te;
ma tu dominalo!”. "Un
giorno Caino parlava
con suo fratello Abele
e, trovandosi nei campi,
Caino si avventò contro
Abele, suo fratello,
e l’uccise. "Il Signore
disse a Caino: “Dov’è
Abele, tuo fratello?”.
Egli rispose: “Non lo so.
Sono forse il guardiano
di mio fratello?”.
'"Il Signore disse: “Che
hai fatto? La voce del
sangue di tuo fratello
grida a me dalla terra.
"Ora tu sarai
maledetto, scacciato
lontano dalla terra che
ha aperto la sua bocca
per ricevere il sangue
di tuo fratello dalla
tua mano. "'Quando
coltiverai il suolo, esso
non ti darà più i suoi
prodotti e tu sarai
vagabondo e fuggiasco
sulla terra”.
'"Caino disse al Signore:
“Il mio castigo è troppo
grande perché io possa
sopportarlo. '*Tu oggi
mi scacci da questo
suolo e io sarò nascosto
lontano dalla tua
presenza, sarò
vagabondo e fuggiasco
per la terra, così
chiunque mi troverà,
mi ucciderà”.
'"Ma il Signore gli disse:
"Ebbene, chiunque
ucciderà Caino, sarà
punito sette volte più di
lui”. Il Signore mise un
segno su Caino perché
nessuno, trovandolo,
lo uccidesse»
(Genesi 4,1-15)
IL PECCATO DI CAINO
La storia di Caino ci ricorda la minaccia del male che sta fuori e dentro di noi Ma ci
ricorda anche che la risposta alla morte non è mai la vendetta ma solo il perdono
MAURO PONS
IN molte culture i miti di origi
1---^ '
ne si fondano sul racconto di
un omicidio. Non c’è dunque
cultura 0 tradizione storica separata dalla memoria di un atto
violento e sanguinoso che l’ha
originata e determinata. Anche il
racconto mitologico non può
nascondere questa realtà della
storia anzi la sua principale funzione, la ragione per cui è sorto,
è proprio quella di tentare di «dire l’indicibile», di offrire un ragionamento e una spiegazione
all’essere umano rispetto a una
realtà angosciosa che lo sovrasta
e lo domina. Infatti il passaggio
dell’essere umano dalla natura
alla cultura ha comportato una
presa di coscienza totale sulla
realtà del mondo, quella che il
linguaggio biblico chiama la «conoscenza del bene e del male»,
ma il suo ingresso trionfale nella
storia lo ha anche privato della
necessità di un ricorso alla violenza se non per la semplice difesa della propria vita. L’omicidio, evento individuale o collettivo, mostra la sua brutalità e in
noi suscita condanna, perché
non ha alcuna giustificazione
in sé. E poiché il linguaggio della razionalità descrive ma non
spiega, dobbiamo ricorrere al
linguaggio del mito per com
prendere le radici del permanere
all’interno della nostra civiltà di
una cultura della morte violenta.
L'atto omicida di Caino
Anche nella Bibbia ebraica i
1
Preghiamo
Dio del cielo e della terra, guarda le mie mani.
Esse sono bianche e pure,
mai contaminate da sangue umano.
Io le presento a te per l’esercizio
del servizio che tu mi affidi,
esse sono innocenti come il mio cuore
e, quindi, a te consacrate.
Non ho rubato, non ho ucciso,
non ho toccato e desiderato cose
che non mi sono guadagnato,
se non con il sudore del mio volto.
Ti ringrazio e ti benedica perché, grazie a te,
le mie compartecipazioni azionarie
alla Nike, alla Nesdé, alla Agip,
alia Monsanto, alla Bayer, alla Pfizer,
alla Adidas, alla Benetton,
mi hanno permesso di arricchirmi
senza compromettermi con quegli
esseri umani - che disprezzo!
che fanno commercio di schiave/vi,
che sfruttano bambini e bambine,
che vendono armi,
che utilizzano i paradisi fiscali
per nqn pagare le tasse,
che vogliono che si spari sugli immigrati
che sbarcano sulle nostre rive,
che tengono in casa le pistole per difendersi
dalle orde di nuovi «barbari».
Dio del cielo e della terra,
io ti ^grazio perché proteggi
la mia innocenza e la mia bontà.
racconti mitici delle origini
dell’esistenza umana nel mondo
creato da Dio presentano un caso di omicidio: l’assassinio di
Abele da parte di Caino. Il nostro testo non offre giustificazioni per l’atto omicida di Caino.
Abeie è veramente un innocente, come le centinaia di migliaia,
i milioni di vittime innocenti
che sono cadute sotto i colpi
mortali della mano di un uomo,
redivivo Caino, il quale, nel corso della storia della nostra civiltà, ha assunto, di volta in volta, le sembianze dell’inquisitore
domenicano che tortura e condanna a morte l’eretico, del conquistatore spagnolo e portoghese che si reca nelle Americhe e
nelle Indie per portare la civiltà
e la religione cristiana nel Nuovo Mondo provocando il genocidio di quelle popolazioni, del
procacciatore di schiavi, predatore di intere popolazioni dell’Africa equatoriale, del nazista
che brucia sei milioni di ebrei
per affermare il mito della pura
razza ariana; degli uomini a capo di regimi dittatoriali, i quali
hanno scatenato le loro polizie e
i loro eserciti contro gli oppositori; di tutti coloro che non hanno considerazione della dignità e dèi diritti insiti in ogni vita
umana. Ma Abele non rappresenta un esempio di umanità
che si è affermato nella storia
della nostra umanità! Egli è un
«soffio» (in ebraico hevel-havel
può anche voler dire fiato o nulla), rappresenta una fugace presenza nell’orizzonte della nostra
storia. Se non fosse per Caino il
nome di Abele, come il nome di
molte altre vittime innocenti
della furia omicida di assassini,
sarebbe stato dimenticato.
Per non dimenticare Abele e
coloro che gli sono fratelli a causa di una mano omicida, allora
dobbiamo rivolgere il nostro
sguardo su Caino. Perché Caino
uccide? Per odio. Caino è l’emblema di tutto quell’insieme di
colpe, individuali e collettive, le
quali si possono riassumere
nell’odio verso il prossimo: ma
come può l’essere umano odiare
un altro essere umano, un suo
simile? Come può arrivare a colpire se stesso nell’altro? Non è
forse un caso che nella Bibbia
ebraica e nei miti greci, i fratelli
sono quasi sempre dei fratelli
nemici. La violenza che sembra
no fatalmente chiamati a esercitare l’uno contro 1’ altro non
può che dissiparsi in presenza di
una terza vittima, una vittima
sostitutiva, una vittima sacrificale. Eppure nel nostro testo
Caino e Abele offrono a Dio un
sacrificio, la cui funzione dovrebbe essere lo spostamento
della violenza dalla relazione
personale a una relazione impersonale, simbolica, quindi
privata di un qualsiasi effetto
pratico. In questo caso l’inganno del sacrificio non funziona e
la mano di Caino colpisce mortalmente Abele, ponendo fine
alla sua esistenza.
Dunque l’antropologia non offre spiegazioni al gesto di Caino.
Invece la teologia afferma che il
peccato è penetrato così profondamente nel cuore di Caino, legandosi intrinsecamente a lui,
da impedirgli di riconoscere in
Abele il proprio fratello di sangue. In qualche modo, il peccato
di Caino sarebbe assimilabile a
quello di Adamo e Èva: solo che
Adamo e Èva avrebbero peccato
nei confronti di Dio mentre Caino, oltre che verso Dio, avrebbe
anche peccato contro suo fratello. L’invidia sarebbe la causa
scatenante di entrambi i peccati:
Adamo e Èva vogliono essere come Dio; Caino è invidioso perché vorrebbe avere un rapporto
esclusivo con Dio. Possiamo ritenerci soddisfatti da questa
spiegazione della motivazione
per cui Caino arriva ad uccidere
Abele, suo fratello?
mondo, ma le tenebre costituiscono la minaccia originaria alla vita. La Bibbia ci ricorda che
la separazione e la contrapposizione definitiva tra la luce e le tenebre è soltanto opera di Dio,
mentre all’essere umano non è
chiaramente dato di separare in
maniera definitiva la luce dalle
tenebre. Al contrario, nell’essere
umano le tenebre possono di
nuovo diffondersi in qualsiasi
momento e prendere possesso
di lui. Vi è in questa presenza
minacciosa delle tenebre originarie un’immagine che ci rimanda a un concetto secondo il
quale nel mondo c’è più male,
forse, che péccato, nel senso che
il male presente nel mondo non
è tutto riconducibile al peccato
umano. Caino è colpevole di
fronte a Dio e di fronte alla vita
stroncata del fratello; secondo il
suo stesso giudizio la sua vita è
diventata priva di senso in conseguenza della morte di Abele,
ma come non vedere nel «rabbuiarsi» del volto di Caino, quando Dio mostra compiacimento
nell’offerta di Abele, raddensarsi
sulla sua persona delle tenebre
che, all’inizio della creazione, coprivano la superficie della terra.
Le tenebre si diffondono di nuovo nella creazione ordinata di
Dio e irrompono nella vita del
contadino Caino, ricacciandolo
nel caos della morte.
Il perdono
M A alle tenebre non è data
Tra tenebre e luce
Non possiamo dimenticare il
(..................
contesto teologico complessivo in cui il nostro testo, oggi, si
trova inserito. Anche se da un
punto di. vista della critica esegetica, forse, non è corretto fare
collegamenti troppo stretti tra
materiali narrativi provenienti da
tradizioni teologiche e storiche
diverse, io voglio leggere la storia
dell’omicidio di Caino alla luce
del primo racconto della creazione (Gen. 1, 1-2,3). In questa confessione di fede in Dio creatore ci
viene ricordato che, prima dell’atto creativo di Dio, il mondo
era solo tenebre. È Dio che crea
la luce; parafrasando il prologo
dell’Evangelo di Giovanni, si potrebbe dire: «In origine fu la luce!». Possiamo spingerci anche
più in là con le immagini: grazie
all’opera divina che distingue e
separa la luce dalle tenebre (giorno-notte) si creano le condizioni
perché sulla terra compaia la vita. Dunque la distinzione tra luce-tenebre origina la vita nel
l’ultima parola, esse non
sono vittoriose, perché il Dio della creazione è anche il Dio che
giustifica il peccatore. Caino non
viene ucciso, non paga con la sua
vita la vita di cui ha preso possesso, anzi la sua vita continua,
ha un futuro. Caino che, uccidendo il fratello si era reso un essere asociale, diventa il fondatore della città, il luogo dove l’essere umano esprime il suo essere
sociale. Questa storia ci ricorda
la minaccia delle tenebre (del
male) che stanno fuori e dentro
di noi ma, allo stesso tempo, ci
ricorda che la risposta alla morte
non è mai la vendetta che invoca
altre morti, ma solo il perdono
che apre di fronte ad ogni essere
umano, anche all’omicida, una
nuova prospettiva di vita.
(Prima di una serie di quattro
meditazioni espresse in occasione del Decennio contro la violenza promosso dal Consiglio ecumenico delle chiese)
Nella foto: Van Gogh, Campo di
grano con corvi, Amsterdam
venerdì 5
omileticiit
Leggiamo la stor¡j
I assassinio
Caino nei confront;
bele a parti;;':> lotfOC
guenti considera’- « ^ ”
escludendo la
ZA
.“nfessi, P
lo rro,, r
di fede
(Gen. 1,
narrativo dei
1-2-3). il n,2f
M
conti delle «odglniS
tentativo di spieg,'
condizione dell'ess..'
mano nella sua esi« *•
concreta; b) questa
stenza concreta della!
urnana è caratterba^
dalla necessità di un l
lavoro per la
za («mangeran^fÌj!^
[della terra] con affaJ
tutti i giorni della tuj’
ta..., mangerai il panati
Il sudore del tuo vo^
Gen. 3, 17-18), dalla
senza inevitabile del di'
re e della sofferenza;
quali precedono addirk
ra la nascita dell'essersj
mano («io moltipiic^j!
grandemente le tuepeu
e i dolori della tuagra,'
danza; con dolore parto#
rai figli» Gen. 3, 16), ri®
dendo di fatto sulle's;
delle donne, dal rappon,
di dominio-subordinazia
ne tra il genere mascliilet
il genere femminile(i
tuoi desideri si volgeran»
verso tuo marito ed eji
dominerà su di te» Gen J
16). Dunque la storia del
origini non può essere
ta unicamente secondoli
categoria teologica
tiva del «peccato origina
le», la cui conseguenzasa
rebbe stata l'espulsioii
dell'essere umano dalli
den quanto, piuttosto,«condo la categoria tipia
della storia biblica ebraiq
dell'uscire da per andari
verso il futuro: cfr., noi
solo Adamo ed Èva dii
escono dall'Eden, maaa
che Abramo che esce dalli
sua patria; il popoloi
Israele che esce dall'Eg#
to; gli esuli ebrei che esco
no da Babilonia. In questi
senso si può affermare d»
Adamo ed Èva «esconoi
dal mito per entrare nel )
storia acquisendo, in qm
sto modo, consapevoleza
della loro umanità
poiché l'intenzione crea
trice di' Dio non ha mi
creato un modello di essa
re umano beato, l'esistffl
za umana non ha consa
guentemente conosciÉ
giustizia e pace, amorM
solidarietà, essendo pW
tosto esposta all'ingiuif
zia, alla violenza, alN»
e alla solitudine.
Grazie alla loro fedek
cristiane e i cristiani creda
no di camminare veri
qualcosa che è nascosi
dalla e nella storia: in
sta prospettiva
le origini può ora esse*
letto corèe un mito del»
meta finale, perché in*'
altà la creazione dell'es*
re umano da parte di W
corrisponde a un proge®
messianico, escatoiogi®
cioè del tempo che «ve®
dopo». Noi siamo anco'
nella storia e l'omicidio
Caino non è che ii
esemplare, assassinio
una lunga catena di nio
violente che si
no ininterrottamente il
al nostro presente.
Lado
manda più inquietante
guarda però ia vita spO"
ta di Abeie, cioè la so
renza dell'innocente.
Per
approfondir^
- G. von Rad, Geni^'
Brescia, Paideia, 1®^®' .
- P. De Benedetti,
immagine. Una r
della Genesi, a cura
Caramore, Brescia,
celliana, 2000. ^
e il sacro, Milano,
1980.
- E, Jùngel, H
della giustificazione;
centro della fede eri 1 .j,
Uno studio teologia
una prospettiva
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PAG. 3 RIFORMA
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possono rappresentare per la
Ccietà civile; ma il rischio
peggiore è che si diffonda il
'tìflwre del vicino come poinziale nemico. Nel mondo
Werno nessuno stato, nes"^continente, può chiudersi ai rapporti con il resto del
tonrin: ma ancora più assurdo è pensare che ci si possa
pudere in una dimensione
foonale, familiare o comu§taria evitando ogni incontto con chi è diverso da noi.
Kcn è possìbile, in particolare, chiudersi al dialogo e al
pfronto con persone islajnidie 0 di origine africana o
jàatica; ma proprio questa è
latendenza che vediamo cre;^renella nostra società».
Qual è il segno delle relamí delle chiese evangeliche
Mmecon i musulmani?
;ii|a Federazione delle chieseevangeliche in Italia (Fcei)
mantiene rapporti con le varie organizzazioni islamiche
inialia, con cui si confronta
sui problemi della libertà re
Pasto dopo il tramonto in periodo di Ramadan
ligiosa e anche sui problemi
sociali connessi all’immigrazione. Non intendiamo interrompere questi rapporti neppure nella situazione attuale,
ma anzi riteniamo che il dialogo vada intensificato proprio per evitare che alcune
componenti della società italiana si sentano sempre più
emarginate e che quindi abbiano la tentazione di chiudersi al proprio interno».
- Qual è la sua opinione
sulle recenti prese di posizione da parte di alcune forze
politiche che vorrebbero rispondere alla crisi con l’attuazione di misure più restrittive nel regolare gli ingressi di
immigrati in Italia?
«Non si tratta di posizioni
nuove e, a suo tempo, fu autorevolmente ricordato che
sono contrarie ai trattati internazionali sottoscritti dall’Italia. Non appare realistico,
inoltre, selezionare su base
confessionale gli ingressi, e in
ogni caso ciò non risolverebbe il problema dei numerosissimi immigrati che già risiedono in Italia e magari sono cittadini italiani ed europei da tempo. Ma soprattutto
non possiamo scordare l’imperativo evangelico dell’accoglienza che è riferito a tutti
gli stranieri, e con ancora più
forza dobbiamo pensare che
esso sia rivolto a quegli stranieri che nel loro paese sono
discriminati e perseguitati
magari proprio da quei regir
mi contro cui oggi si rivolge
la mobilitazione mondiale».
- Gli Stati Uniti preparano
la risposta militare alle stragi
dell’Il settembre...
«È difficile fare graduazioni
nell’uso della violenza e stabilire fino a qual punto essa
sia legittima. Certo il diritto
alla difesa va riconosciuto, e
cosi quello di punire i colpevoli delle stragi, mentre andrebbe negato il diritto alla
vendetta».
L'iniziativa promossa da diverse chiese
'Avellino, una fiaccolata per
cristiane dell'lrpinia
la pace
GIOVANNI SARUBBI
0
LTRE cinquecento le persone, di diverse confes
sioni religiose, che il 21 settembre scorso hanno partecipato ad Avellino alla «Fiaccolata per la pace» promossa da
alciiile chiese cristiane dell’Irpinia. Presenti anche alcuni
tappresentanti politici cittadidell’area di centro-sinistra.
Intesta al corteo, che ha atSteiersato tutto il centro storitp di Avellino nel più assoluto
wnzio quale segno di rispetteper i morti di tutte le guerte,uno striscione con lo slogan «Fratelli nella pace». A
snidare i pacifisti avellinesi, i
f^ponsabili delle chiese cri,,{|,j*ptte che hanno promosso
'L^^ativa e cioè il vescovo di
Stellino mons. Antonio Forte,
•pastori evangelici Antonio
basarella (Chiesa libera di
filino), Antonio Squitieri
®>etodista) e Gioacchino Cafnso (awentista). Alla fiacconta è seguita una veglia ecu®*nica nei locali della pardi San Ciro.
^Iniziativa è stata promosa attraverso la diffusione di
1 appello dal titolo «Feriamo la guerra, facciamo la
pace», che chiede con forza
. 6 chiese cristiane e a tutte
ujf gioni di non benedire
P J* alcuna guerra, togliendo
fondamentalismo
jj^ibi della «guerra santa»,
••je la partecipazione spiridurante la veglia con
asolici e protestanti uniti
«Mi pace.
^ ai la guerra può essere
cata. Uccidere è pec
Qff^sto il pensiero doante di tutto il testo della
BySono 25 i focolai di
tij,p ®®iafcnti in tutti i conati, compresa l’Europa,
di cui è stato ricordato il nome. Ricordato anche il numero enorme dei «bambini
soldato», che sono oltre
500.000 nel mondo.
Non c’è alcun bisogno di
una nuova e più devastante
guerra, hanno detto in sostanza i sacerdoti cattolici e i
pastori evangelici che si sono
alternati a commentare il
passo del Vangelo di Matteo
dove Gesù dice: «Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori». Un richiamo che è suonato come un
no secco al «O con noi o contro di noi. O con noi o con i
terroristi» proposto ripetutamente dal presidente Bush.
Un rifiuto, quello espresso
durante la veglia, di qualsiasi
guerra persino di quelle cosiddette «giuste». «Non esiste
più alcuna guerra giusta - è
stato proclamato durante la
veglia - che valga la pena di
combattere perché oggi qualsiasi guerra si rivolge sia contro i presunti vincitori sia
contro i presunti perdenti».
Molto forte la richiesta a
tutti i responsabili di qualsiasi
religione a revocare il loro sostegno o avallo religioso a
quanti praticano la violenza.
«Nessuno - è stato ribadito da
più interventi - deve più avere l’alibi di una qualsiasi religione per ammazzare, per
promuovere l’odio e la violenza, la discriminazione razziale
o quella religiosa». Chi vuole
scatenare la guerra deve farlo
sapendo che questa volta non
ci saranno preti o pastori disposti a benedire alcuna baionetta. Almeno fra i preti o i
pastori irpini.
Stessi concetti, ma questa
volta ripetuti anche da un
esponente della comunità
islamica irpina, nella veglia
interreligiosa del 27 settembre, promossa dal Gruppo interconfessionale attività ecumenica di Avellino, che si è
svolto nel convento delle Clarisse in Santa Lucia di Scrino,
un piccolo paese della provincia di Avellino. Il tema
questa volta è stato: «Npn sono le religioni la causa delle
guerre! Uccidere è peccato!».
Hanno partecipato alla veglia
mons. Antonio Forte, il pastore Antonio Casarella, Yusuf Sarno, rappresentante
della comunità islamica irpina. Durante la veglia ci sono
state testimonianze di volontari della Caritas in Kosovo e
di missionari in paesi poveri
sulla drammatica realtà della
miseria e della guerra.
Il dibattito dopo gli attentati di New York e Washington
Fede e ragione, la critica alle religioni
monoteiste è veramente fondata?
GIUSEPPE PLATONE
Nel dibattito irnmenso e
variegato che è esploso
insieme alle torri di New
York e al crollo di un’ala del
Pentagono emerge, da più
parti, una critica severa alle
religioni monoteistiche. Sarebbero loro, ebraismo, cristianesimo, islamismo, ad
avere inventato la «guerra
santa». Predicano la pace ma
poi, di fatto, imbracciano le
armi per scannarsi a vicenda
in nome dello stesso Dio. Le
tre grandi tradizioni, nella
loro radicalità assolutista («o
con me o contro di me») innescano conflitti sanguinosi
in un orizzonte totalizzante.
Religioni che escludono, che
discriminano, che mettono
gli animi gli uni contro gli altri. Fedeli e infedeli; salvati o
dannati: bianco e nero. È la
religione monoteista, insomma, che creerebbe i buoni e i
cattivi. Solo l’emancipazione
da questo universo del Dio
assoluto, la «scristianizzazione» offri- rebbe spazio a una
possibile nuova convivenza
tra diversi, senza drammi e
anatemi.
Queste analisi, che si rincorrono nei talk show televisivi o sulle colonne dei quotidiani, hanno come unica interlocutrice una religiosità
che crea minorenni nella fede bisognosi di tutela. Manca, in queste valutazioni nostrane, il senso di che cosa sia
0 possa essere una fede evangelica. Parlo di una fede che
cresce e si ferisce nel corpo a
corpo col testo biblico. Una
fede non dogmatica ma fatta
di ricerca di significato della
Parola per me oggi. Il Libro
che alimenta la nostra fede
non è la copertura della morale, è piuttosto fonte di discordia e di unità, di smarrimento e di speranza, di dubbio e di certezza. È la linfa del
nostro essere credenti ed essere chiesa in una sorta di
perenne dibattito. Credere e
comprendere: credere e cercare di capire la storia e gli
eventi del nostro tempo.
La ragione non è esclusivo
patrimonio dell’Illumismo
oppure dei moderni psicologi
che oggi ci insegnano che cosa pensare. In una fede evangelica c’è spazio per la ragione, per il dibattito e la ricerca;
anzi, credo proprio che la sete di libertà e ragione siano
caratteristica fondamentale
dell’esperienza protestante.
Lo stesso diritto rivendicato
dai valdesi medioevali del libere predicare era la richiesta
di vivere in ciò che si crede
senza autorità tutorie umane.
In termini più vicini a noi,
torna in mente il vivere «come se Dio non ci fosse» di
DietrichBonhoeffer, che rifiuta l’idea di un Dio «tappabuchi» e della Grazia «a buon
mercato» in nome di un rapporto gratuito con Dio, non
impositivo verso gli altri, che
apre il terreno all’incontro
con il diverso da te.
Il Dio in cui crediamo non
si lascia incapsulare dalle nostre analisi o dalla nostra
pietà. Lo incontriamo e lo
perdiamo: ci raggiunge, ci
coinvolge ma poi dobbiamo
cavarcela da soli. Credo che
occorra distinguere tra la religiosità formale, tradizionale, e la ricerca messa in campo da una fede biblica. Quest’ultima non esclude ma accoglie; spinge a costruire spazi sui confini, come il Cristo
che si è continuamente mosso sui confini di culture diverse e sulla linea tra la vita e
la morte. Questo processo di
crescita, che chiamo fede,
non scade a fanatismo: la fede permette alla ragione di
non idolatrarsi e la ragione
pone alla fede domande che
sono vitali. A molte domande
non siamo in grado di rispondere: è il limite della nostra conoscenza di una fede
che non si è ancora completamente realizzata, ma in
questo divenire la fede interroga il Libro e lo farà sino alla
fine perché questo è il destino di una fede che, accanto
all’emozione, alla spiritualità
e alla preghiera lascia grande
spazio alla ragione.
Certamente questo modo
di vivere la fede cristiana ha
bisogno di una cornice laica,
distinta da quella clericale.
Quest’ultima, infatti, vuole
raccogliere tutte le esperienze cristiane in un solo quadro
di fronte al quale, spesso, la
prima reazione è la dogmatica neoilluminista di chi ritiene di essere esclusivo depositario della ragione, ragione
con la «r» maiuscola. La fede
cristiana apparterrebbe invece al mondo degli illusi o dei
fanatici. Altrettanto certamente tradimenti del messaggio cristiano ne sono stati
commessi, noi non ne siamo
certamente esenti, ma il programma di Cristo supera le
stesse chiese, e crea spazi
nuovi di convivenza e di speranza. Si tratta però di attuarlo realmente; duemila anni di
esperienza cristiana rivelano
la difficoltà a vivere la mente
nuova di Cristo, ma non per
questo essa perde la sua urgente attualità
Incontro di preghiera delle chiese evangeliche milanesi
«Comportatevi come figli di luce»
RENATO SERRA
"TV ONA nobis pacemi»,
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con questo titolo la
sera del 21 settembre, nella
chiesa valdese di Milano si è
svolto un incontro di preghiera delle chiese evangeliche aderenti alla Commissione evangelica relazioni ecumeniche. La presenza e gli
interventi di numerosi pastori delle corhunità di Milano e
dintorni hanno permesso al
folto pubblico presente di
•partecipare a un avvenimento evangelico molto vibrato e
carico di solidarietà verso i
fratelli statunitensi lontani o
presenti alla commemorazione. L’apertura del pastore Bill
Smith, missionario fra noi in
viato dalla Chiesa metodista
Usa, e il canto di santificazione nella grazia «Nearer my
God, to thee» hanno dato il
giusto tono a tutta la veglia. Il
susseguirsi di testimonianze
e la predicazione a cura del
pastore Adamo su Efesini 5,
8b-10 hanno scandito con vigore i tempi.
«Comportatevi come figli
di luce; poiché il frutto della
luce consiste in tutto ciò che
è bontà, giustizia e verità».
Così i presenti sono stati richiamati alla necessità di
aderire con i propri comportamenti agli insegnamenti
evangelici senza tentennamenti. Nel messaggio rivolto
all’assemblea il predicatore
ha posto la domanda: «An
che se il nostro spirito è agitato da mille inquietudini e
dell’angoscia delle tenebre
della violenza e della morte,
per quanto tempo resterà
eclissato il sole della pace?
Fino a quando la somma
delle ingiustizie nel mondo
agiterà come una violenta
tempesta il mare della vita
che noi solchiamo con le fragili imbarcazioni della nostre esistenze?». Come non
concordare con l’oratore
quando con intensità esprime la sua sofferenza umana:
«Non riconosco il mio prossimo nei terroristi, non riesco neppure a immaginare
in loro un volto umano: è
una sensazione che mi inquieta. Dovrò lottare per
pensare a loro come a delle
creature che hanno un corpo
e un’anima come i miei, che
hanno storie, sorrisi e pianti
come i miei».
Durante il canto dell’inno
25, che ha fatto seguito alla
predicazione, sono state accese delle candele, quale segno della grazia di Dio che
accende sempre di nuovo il
fuoco della speranza. Toccante e suggestiva questa
parte della veglia, con queste
candele che a poco a poco,
partendo dai primi banchi
per arrivare in fondo, hanno
dato un segno visibile della
possibilità, della potenzialità
che quando ci si ritrova insieme tante piccole fedi, come tante piccoli luci, possono rischiarare il nostro cammino di speranza verso un
mondo migliore. L’ammontare della colletta è stato inviato alla Chiesa metodista
di New York quale segno
tangibile di solidarietà verso
le famiglie colpite dal tragico
avvenimento.
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4
PAG. 4 RIFORMA
Ecumene
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Uscita all inizio di SGttornbre, è la grande novità del nuovo anno editoriale
Francia, Bibbia best seller
Pubblicata dalle edizioni Bayard; si tratta di una nuova traduzione dei testi biblici fatta
da una ventina di scrittori in collaborazione con tre biblisti Prima tiratura: 150.000 copie
Frutto di una collaborazione tra esegeti e scrittori, è appena uscita una nuova traduzione in francese della Bibbia,
pubblicata dalle edizioni Bayard, in collaborazione con
Médiaspaul in Canada. Nello
stesso tempo un altro editore
cattolico francese, le edizioni
del Cerf, ha lanciato una rivista mensile, Biblia, dedicata
interamente alla Bibbia.
Dopo sei anni di lavoro, la
pubblicazione all’inizio di
settembre, della Bibbia «Bayard» ha rappresentato uno
degli eventi del nuovo anno
editoriale in Francia. «Attraverso questa nuova traduzione, si tratta di far passare
qualcosa della Bibbia nella
società contemporanea»,
spiega Frédéric Boyer, direttore aggiunto del dipartimento cultura e religione del
gruppo Bayard. Scrittore egli
stesso, ha diretto insieme a
due biblisti, Marc Sevin e
Jean-Pierre Prévost, questo
progetto ambizioso che ha
richiesto un investimento di
15 milioni di franchi, garantito essenzialmente dall’editore francese.
Una ventina di scrittori (fra
i quali Florence Delay, dell’«Académie française». Marie Ndiaye, Jacques Roubaud,
Jean Echenoz, Jean-Luc Be
nozoglio e Olivier Cadiot)
hanno partecipato a questa
nuova traduzione, lavorando
ognuno in tandem con un
esegeta. A partire dal testo
originale in ebraico o in greco, lo specialista biblico proponeva un documento che
veniva rielaborato letterariamente dallo scrittore-traduttore. «Gli esegeti che, alla fine, avevano l’ultima parola,
hanno imparato molto dalla
loro collaborazione con gli
scrittori», sottolinea da parte
sua Marc Sevin.
Il lancio di questa nuova
Bibbia ha dato luogo a una
prima tiratura di 150.000 copie e a una importante campagna pubblicitaria, in particolare sulla stampa francese.
Il progetto rappresenta una
scommessa per il gruppo di
stampa e di edizione Bayard,
proprietà della congregazione religiosa degli Assunzionisti. Nel 2000, il gruppo ha attraversato difficoltà finanziarie che lo hanno costretto alla
chiusura di alcuni giornali e
ad alcuni licenziamenti.
Da parte loro, le edizioni
cattoliche del Cerf hanno lanciato, in settembre, il mensile
Biblia. Tirata a 20.000 copie,
la pubblicazione è interamente dedicata alla Bibbia. Facendo ampiamente appello agli
specialisti, Biblia si propone
di dare al tempo stesso il substrato storico e spirituale necessario a una lettura contemporanea della Bibbia. In
ogni numero, il giornale pubblica una parte di un libro biblico ripreso dalla traduzione
della Bibbia di Gerusalemme.
La Genesi costituisce il cuore
dei due primi numeri.
Dirette dai domenicani, le
edizioni del Cerf, che anch’
esse hanno attraversato grosse difficoltà, sono finora il
principale editore biblico in
Francia. Circa 100.000 copie
della Bibbia di Gerusalemme
e 30.000 della Tob (traduzione ecumenica della Bibbia)
vengono immesse ogni anno
sul mercato in tutta la zona
francofona. In Francia, secondo le stime di specialisti,
si vendono ogni anno tra
200.000 e 230.000 copie della
Bibbia. Nonostante l’attuale
effervescenza editoriale, questo mercato sarebbe in calo.
Questo però non ha impedito
il successo della versione della Bibbia in francese fondamentale, edita e diffusa da
gennaio 2001 dall’Alleanza
biblica francese, ramo della
Alleanza biblica universale.
«Questo meraviglia anche
noi», precisa Christian Bonnet, responsabile dell’Alleanza biblica francese.
Tradotta sulla base di 3.500
parole del francese corrente,
questa versione della Bibbia
è già stata venduta a 35.000
copie in tutta la zona francofona (10.000 copie in Francia). Il successo ha portato a
una tiratura extra di 10.000
copie. Fra breve dovrebbero
uscire due nuove traduzioni
della Bibbia. Dopo aver pubblicato quest’anno la sua
versione dei Salmi presso le
edizioni Desclée de Brouwer,
lo scrittore e linguista Henri
Meschonnic prosegue il proprio lavoro. Da parte sua
l’Alleanza biblica francese
sta iniziando un rimaneggiamento della famosa Bibbia
«Segond». (eni)
Visita del presidente russo al monastero di Solovetsky, nelle isole Solovki
Putin ricorda le origini cristiane ortodosse della Russia
A dieci anni dal golpe che
provocò la caduta del comunismo sovietico, il presidente
della Russia, Vladimir Putin,
ritiene che il suo paese debba
trovare la propria ispirazione
nelle sue radici cristiane.
«Senza cristianesimo, senza
la fede ortodossa e senza la
cultura che ne deriva, la Russia non sarebbe veramente
esistita in quanto stato», ha
dichiarato il presidente russo
durante una visita al monastero di Solovetsky, nelle isole Solovki, che fanno parte
dell’arcipelago del mar Bianco. Era accompagnato dal
patriarca Alessio II, primate
della Chiesa ortodossa russa.
«Oggi, mentre andiamo alla
riscoperta di noi stessi, in
cerca delle basi morali della
nostra vita, è molto importante, utile e opportuno ritrovare queste fonti», ha detto ai
giornalisti il 20 agosto scorso.
Putin, ex ufficiale del Kgb,
ha visitato le chiese e i monasteri ortodossi della Russia
del Nord nel momento in cui
il suo paese ricordava il decimo anniversario del fallito
golpe contro il leader sovietico di allora, Mikhail Gorbaciov, il 19 agosto 1991. Ma né
Putin, né Eltsin né il patriarca
Alessio hanno fatto dichiarazioni in merito. Diversi commentatori hanno criticato il
silenzio di Putin. Tuttavia la
sua visita al monastero di Solovetsky è apparsa molto significativa: il primo campo di
lavori forzati sovietico fu installato qui nel 1923 dopo la
chiusura del monastero durante la rivoluzione russa.
Durante il regime di Stalin
migliaia di persone, e fra queste molti membri del clero,
sono state uccise o sono morte in quel campo. Il monastero è stato riaperto nel 1991.
Georgy Satarov, che dirige
il gruppo di analisti politici
«Indem», ha dichiarato ai
giornalisti che la visita del
presidente Putin nelle isole
Solovki mirava ad inviare un
messaggio cifrato: «L’interpretazione del golpe è tuttora
un argomento che divide il
Il monastero ortodosso San Sergio di Zagorsk
popolo russo e Putin detesta
parlare delle sue opinioni su
una questione cosi delicata.
Si è dato come compito di
unificare i Russi e non di dividerli», ha precisato Satarov,
un ex aiutante di campo di
Eltsin. «Non è un caso che
Putin sia andato nelle isole
Solovki quel lunedi e in compagnia del patriarca».
Secondo uno storico influente, Dimitri Furman, che
ha pubblicato un articolo
sulla rivista Rodina, «Putin
sta prendendo progressivamente le distanze dal passato rivoluzionario e si presenta come l’esponente di un
potere russo tradizionale e
"normale”». Da questo punto
di vista, la visita del presidente russo, che ha commemorato contemporaneamen
te le vittime del regime sovietico pur ponendo l’accento
sulla continuità della storia
russa, non poteva che servire
tale obiettivo.
Nel discorso che ha pronunciato al monastero, Putin
è sembrato anche distanziarsi dall’interpretazione «esclusivista» del cristianesimo ortodosso spesso propagandato dai nazionalisti russi: «Se
Dio ha salvato tutte le nazioni, ciò significa che siamo
tutti uguali davanti a Dio», ha
detto, riferendosi alla dichiarazione del celebre metropolita Hilarion, vescovo di Kiev
nel XI secolo. Questa «semplice verità - ha proseguito
Putin - è diventata il fondamento dello stato russo e ha
reso possibile l’edificazione
di uno stato multietnico forte
e centralizzato e di una civiltà
eurasiana unica». «I nostri
padri spirituali non si sono
accontentati di glorificare il
popolo russo, di mantenere la
dignità e l’orgoglio della nazione, ma ci hanno insegnato a rispettare altre nazioni»,
ha detto, sottolineando che il
vecchio insegnamento ortodosso era privo di ogni forma
di sciovinismo o di ideologia
di nazioni scelte da Dio: «È
bene ricordare questo perché sono esattamente i valori
morali che formano la spina
dorsale della politica interna
e estera».
Vsevolod Chaplin, alto rappresentante del Patriarcato
di Mosca e responsabile delle
relazioni con gli organismi
politici e governativi, si è
congratulato della dichiarazione del presidente sulla necessità di rispettare altre nazioni, in particolare nel momento in cui la Russia è lacerata da tensioni etniche. «Sono ottime parole - ha detto -.
Anche se il presidente non
può essere considerato come
un teologo professionista,
egli comprende correttamente l’essenza del nostro
insegnamento, che integra la
fede profonda nella nostra
tradizione, la comprensione
del suo carattere unico e il
suo valore, la sua apertura ad
altri popoli, altre tradizioni e
altre nazioni». (eni)
Il presidente russo Putin
« Per la prima volta nella sua lunga stoii
Una donna a capo della
«Compagnie des pasteuni
La «Compagnie des pasteurs et diacres»* di Ginevra
avrà per la prima volta nella
sua storia secolare una moderatrice. Si tratta della pastora
di origine alsaziana Isabelle
Graesslé, 42 anni, pastora
della Chiesa protestante di
Ginevra dal 1987 dove, dal
1997, è responsabile del Servizio di formazione per adulti. Isabelle Graesslé, teologa
ormai nota all’interno del
protestantesimo europeo, è
nata a Strasburgo nel 1959, in
una famiglia luterana. Dopo
aver conseguito una laurea in
lettere classiche all’Università
di Strasburgo, ha ottenuto un
«Master of Divinity» presso
l’United Theological Seminary di Dayton negli Usa,
nonché un dottorato in teologia sulla retorica della predicazione. Dal 1987 al 1997 ha
diretto il Centro protestante
di studi di Ginevra.
Considerata come una
femminista ribelle. Isabelle
Graesslé, in un’intervista apparsa su Le Christianisme au
XXI Siede delT8-14 settembre
scorso, afferma: «Sono portata da questo movimento. Se
essere femminista significa
più giustìzia per le donne, un
salario uguale a quello degli
uomini, che il 10% di loro
non siano più vittime di violenze coniugali come avviene
qui a Ginevra, allora lo rivendico». E aggiunge: «È vero,
credo che si possa leggere la
Bibbia senza gerarchizzazione dei sessi».
Circa la sua elezione a moderatrice della «Compagnie
des pasteurs et diacres», incarico che assumerà per i prossimi tre anni, dice: «Penso che
i miei colleghi aspettavano
una candidatura femminile.
Questa era una delle rivendicazioni del movimento che
avevamo formato insieme ad
altre pastore, il gruppo “fucsia”. E tutti sentivano che era
giunto il momento».
Graesslé sembra ben decisa a manifestare il suo spirito
H'cen
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Isabelle Graesslé
JWIX
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:j]B0 tace
ribelle anche nel suo nuo»
incarico. NelTintervistaii ¿l'Hs/ii
Christianisme, afferma:* fticazior
sembra che il protestanteslì ¡l.U“““
mo occidentale faccia fatica^
ritrovare la sua fonte e a !» ^
razzarsi da quello che lo in, ® ^
pedisce di evolvere. L’Evaj.
gelo parla alla gente in moj,
giusto. La mia convinzionel '‘®***^*
che l’idea stessa della patolj ^
chiesa debba evolvere» fHn( .
■ ™ lenza ns
* La «Compagnie despi, IMonear
steurs et diacres» ha la smuri, i® dal
gine nelle ordinanze ecclesiasi- [sa il libi
che di Giovanni Calvino, aét. ¡jodeit
tate dalla citta di Ginevru mi inameni
1541. Considerata come l’am mtrai
rità teologica della chiesa, k j«
svolto un ruolo importante Mla città fino al XIX secolo. j
rimane una delle autorità dé
chiesa ginevrina, insietmé
Concistoro (parlamento) ej
Consiglio della chiesa (gom.
DB crea
1. Nei ci
dono la
^ _ o/ttcot/t igl/vCi' .p ,
no). E composta di 112 membii ®
attivi, 96 pastori e IGdiacomà !®™l>i
attività di servizio, di cui
mini e 34 donne. Il suo scofu.
di sviluppare la fedeltà deismi
membri nonché la competemf
e la coscienza professionm
nell'esercizio del loro ministem
in particolare per mezzo
formazione permanente. W] l'op
tre si sforza di incoraggiare
collaborazioni con le altre mtorità ecclesiali, e di sviluppai
la vita della chiesa e la dijfÌM
ne dell’Evangelo. (Da Le CM sijjjjj
stianisme au XXI Siècle)
DAL MONDO CRISTIANO
Sul luogo (Jejl'attentato alle Twin Towers
A Manhattan TEsercìto della Salvezza
affianca ufficialmente i vigili del fuoco
NEW YORK — Nella terribile opera di recupero delle vittime dell’attentato alle Twin Towers di New York, l’Esercito
della Salvezza affianca ufficialmente i vigili del fuoco e i pO'
liziotti della città con un team di 10 esperti che forniscono
sostegno psicologico a chi deve affrontare la dura esperienza. Inoltre l’Esercito della Salvezza distribuisce giornalmente oltre 100.000 pasti nella zona di Manhattan coordinando
oltre 1.400 soldati e volontari. ir0Ì
Convocati dal Consiglio cristiano evangelico
Argentina: 300.000 evangelici
riuniti nella piazza dell'obelisco
BUENOS AIRES — «La nostra nazione si è allontanata da
Dio e non ha più come meta il benessere e la giustizia po'
tutti. È tempo di pentimento per tutti gli argentini». Così ha
dichiarato il pastore Emilio Monti, concludendo il grande
raduno che il 15 settembre scorso ha visto riuniti nella pieZ"
za dell’Obelisco a Buenos Aires oltre 300.000 evangelici prO’
venienti da tutto il paese. Convocati dal Consiglio nazionale cristiano evangelico (Cnce), che riunisce chiese storiche e
movimenti pentecostali, gli intervenuti erano il doppio dei
partecipanti al precedente raduno che si era svolto nel settembre del 1999. (nevlicpl
Menzione della religione sulla carta di identità
Gli ortodossi greci ne chiedono
la reintroduzione per via referendaria
ATENE — Lo scorso anno il governo greco aveva tol
dalla carta d’identità dei propri cittadini la menzione del
religione professata, suscitando le proteste della Chiesa or
todossa, religione di maggioranza, che l’aveva definita “O
irrinunciabile simbolo nazionale». Gli ortodossi greci
ora
hanno raccolto oltre 3 milioni di firme (il 27% della P®P?
zinne) che ne chiedono la reintroduzione e tramite
scovo di Atene, Christodoulos, sollecitano un referendu
per dirimere la questione. (nev/u‘P
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5
15 OTTOBRE 2001
Cultura
PAG. 5 RIFORMA
orfana
La svizzera Johanna Spyri nel 1880 ideò il personaggio della piccola
La «mamma» della piccola Heidi
l\ cento onni dalla morte della scrittrice, una delle più grandi autrici della letteratura per
Infanzia e la gioventù, si ricorda la profonda spiritualità evangelica della sua opera
svizzera Johanna Spyri, ideatrice del personagè tra le più grandi autrici della letteratura per l’ine la gioventù. La storia della piccola orfana, l'indipen*u,^fiancipata Heidi, collocata tra i candidi scenari alpillate vie di Francoforte, tradotta in oltre cinquanta
itinua ad ajfascinare milioni di lettori e lettrici in
l^ndo. A cent'anni dalla morte di Johanna Spyri non è
incluso il dibattito su questa singolare scrittrice, calta da una profonda spiritualità evangelica.
IIOTOCNINA
■gof nasce nel 1880 dalla fervida penna di loia Spyri (1827-1901). Il
IO racconto delle awen
suonuoJiiedeU’orfanella si intitola
tervista! 0sLehr und Wanderjahre
'erma'«Ili (icazioneeviaggi diHei
■ria fat,' «nito Heidi kann brauch(Heidi
Ite e a Si
■e^L’EiÌfeso)”Le vicende di^Heidi
te ini
3 a frutto ciò che ha ap
gofltrano subito il favore
ivmyinnJ e del pubblico, il
ella m i uresso internazionale e deerp ri dall’entusiasticaacco' lenza riservata alla prima
ie des pj. ¿ne americana (1889).
' lasmw¡. Fin dal suo apparire, negli
•ecclesiali, [sañlibro è accolto come
'vino, aik-: imo dei testi per la gioventù
Ginevra ai ajámente destinato a figuorne l’aui). jra i 10 migliori classici
chiesa, k elgenere». I due libri dediìrtanteié ,t¡a Heidi costituiscono
ecoto. 0| j|,g jgj periodo di mag®eatìvità della scrittrilentoìei ‘NeiCinque anni che pre’sa (som- dono la morte del marito e
'12 menM scomparsi
ìdiaconiit ®onibi nel 1884, Johanna
icui68m pyri scrive 20 racconti per
suo scopai ®bini e giovani e riscuoItàdeisw
ompetem
fessionai
< ministm
lezzo dei
ente. M
raggiateli
e altre at
te ovunque ampi consensi.
Johanna Spyri arriva relativamente tardi alla scrittura. Il
suo primo racconto. Fin Blatt
auf Vrony's Grab (Una foglia
sulla tomba di Vrony), risale
al 1871, quando l’autrice ha
già superato la quarantina.
Fino al 1878, anno in cui
compone Geschichten fUr
Kinder und quch fUr Solche,
welche Kinder lieb haben
(Racconti per bambini, adatti
anche a coloro che amano i
bambini), scrive racconti per
adulti nei quali rielabora
esperienze della propria adolescenza e le tappe della propria evoluzione interiore. Lo
scopritore del talento narrativo di Johanna Spyri è un
vecchio compagno di studi
dell’avvocato Hans Heinrich
Spoendlin, amico degli Spyri
e cofondatore del seminario
evangelico di Zurigo-Unterstrass. L’amico di Spoendlin è
pastore a Brema e insiste affinché Johanna Spyri metta le
proprie qualità di narratrice
al servizio di un foglio ecclesiastico di cui egli è redattore.
Nascono così i primi racconti,
dati alle stampe dapprima in
forma anonima e solo in un
secondo tempo sveiando il
nome dell’autrice. I primi testi, che narrano vicende ambientate in un clima di severa
religiosità, sono di carattere
autobiografico, scritti per un
pubblico adulto. Le figure
femminili, spesso nel ruolo di
protagoniste, si scontrano
con pastori che impongono
loro le rigide regole della società patriarcale e una severa morale. Soltanto dopo la
morte della madre, avvenuta
nel 1876, Johanna Spyri abbandona questa scrittura autobiografica e si dedica a racconti per bambini e ragazzi.
Johanna è nata nel 1827 a
Hirzel. Sua madre è la poetessa e autrice di canti religiosi
Meta Schweizer-Heusser, influenzata dalla pietà del risveglio protestante; suo padre è
il medico chirurgo Johann
Jakob Heusser, che si occupa
anche di malati mentali, il
suo nonno materno è il pastore Diethelm Schweitzer, vicino al circolo del grande polemista e predicatore Johann
Kaspar Lavater, pastore a Zurigo. Johanna cresce dunque
in un ambiente caratterizzato
da una forte religiosità risvegliata, da cui attinge una profonda fede evangelica che
l’accompagnerà, passando attraverso successive elaborazioni e maturazioni, per tutta
resistenza. Dopo il matrimonio con il giurista zurighese
Johann Bernhard Spyri, redattore della Eidgenössische
Zeitung e più tardi segretario
sviluptxift
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'a Le CM
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Gli atti di un convegno tutto rivolto alla testimonianza
oppressione sui Testimoni di Geova
ROBERTO PEYROT
"'HI di noi non si è imbatJtuto almeno una volta in
eacoppia di Testimoni di
cova (generalmente sono
®ne) che ci hanno fermato
tt strada o hanno suonato
campanello di casa per
%re la loro instancabile
>eta di proselitismo religioi?Nonè comunque di queto che vogliamo qui tratta
Ile vitti- ‘I bensì di un altro aspetto
Esercito >tse assai meno noto della
3 e i po- ® testimonianza nel monniscono c. Lo spunto lo dà un reìperien- libro* che, nella sua
. parte, raccoglie gli
«enti e gli scritti di perso™ Varia estrazione, cultupolitica, religiosa, in octii convegni organiztlalla congregazione dei
®^oni di Geova dal 1998
La seconda parte è
ip da una ricca docu
“tazione di tutte le anBrK ’ processi e condanne
,.„,®®niorte) da loro subi'gcorso degli anni,
j. '■frati interventi si noy.i^®fr®he delle presenze
^''"'’eliche (Giorgio BouMa Long, Domeniorgf n frtentre lo storico
limu "OChat viene citato
tij^i '® ,fitiaie autore dei li
i-.i e chiese evan
Inizialmente il nome
questo movimensorto negli Usa
ti/ort r*”® dell’800 era BiSlaRiku®^ ® «studiosi
iDni Tale nome ven
^ t^amblato nel 1931 in
»elio
attuale. Per il loro ri
Èrra ^ violenza e della
■bto ri' ** conseguente
Itjfp . ,y®stire una divisa
biin ’’Testimoni di Geova
ine pesanti con
di cnc primo obietto
in Italia fu il
^°ne Remigio Cumi
netti, che lavorava come operaio alla Riv di Villar Perosa.
L’industria venne militarizzata ed egli si licenziò; successivamente chiamato alle armi
nel 1916 (quindi in piena
guerra) si rifiutò: fu arrestato,
processato e condannato a
tre anni e due mesi.
Più nota forse l’obiezione
(da essi definita «neutralità
cristiana») dei Testimoni di
Geova nel secondo dopoguerra, che hanno di gran
lunga costituito il gruppo più
numeroso di renitenti rinchiusi nelle carceri militari.
Nemmeno la successiva legge del 1972, che riconosceva
l’obiezione di coscienza istituendo il servizio civile «sostitutivo», modificò il loro atteggiamento, dato che esso
veniva sempre gestito dal
ministero della Difesa. Si
possono calcolare in migliaia
i Testimoni imprigionati: la
War Resister International,
che periodicamente compila
una lista dei prigionieri nel
mondo per motivi di coscienza, denunciò a suo tempo che in Italia venivano annualmente imprigionati per
il rifiuto sia del servizio militare sia di quello civile un
migliaio di loro. Gli obiettori
venivano processati più volte
per lo stesso motivo. Alla fine, gli .stessi giudici riuscivano a trovare loro qualche «difetto fisico» o una «parziale
incapacità di volere» per esonerarli definitivamente. Solo
con la legge del 1998, secondo la quale il servizio civile
diventa «alternativo» e dipende dalla presidenza del
Consiglio, il quadro è mutato: i giovani Testimoni di
Geova accettano, se lo vogliono, tale servizio.
Ma l’aspetto più drammatico e tragico della loro testimonianza si ha sotto le dittature fascista e nazista. In Italia i Testimoni di Geova co
dei consiglio cittadino, Johanna Spyri cerca di distanziarsi dalla pietà della madre
e si immerge nella brillante
vita culturale zurighese allacciando contatti con lo scrittore Gottfried Keller e Richard
Wagner (al quale dedica addirittura una poesia, per la quale viene duramente criticata
da Elisabeth Meyer - madre
dello scrittore Conrad Ferdinand, con cui stringerà poi
amicizia - che non esita a
rimproverarla di essersi così
inchinata «ad adorare un sacerdote di Baal»).
Dopo la nascita del figlio
Bernhard Diethelm, nel 1852,
Johanna Spyri entra in un
lungo periodo depressivo. In
questa fase, caratterizzata da
un riavvicinamento alla fede
■ pietista, emergono in lei forti
sensi di colpa. Ne parla alle
amiche che in quel periodo le
sono più vicine, in particolare la zurighese Bertha von
Orelli-Ziegler, madre del professore di teologia Conrad
von Orelli. I primi racconti,
scritti su suggerimento del
collega di studi di Spoendlin,
sono in qualche modo anche
una elaborazione di questa
fase depressiva e di quei sensi di colpa. Con il passaggio
al racconto per bambini e ragazzi è come se in Johanna
Spyri si fosse rotta una diga.
Improvvisamente l’elemento
religioso, tuttora presente, si
intreccia nel racconto in forme e modi completamente
nuovi. Basti pensare alle pre
ghiere non esaudite di Heidi
e alla guarigione che sopravviene non per miracolo, ma
attraverso le cure mediche, al
libro illustrato in cui sono
contenute storie bibliche e
sul quale Heidi impara a leggere, a quella sottile e mirabile e doppia applicazione della parabola del figliol prodigo
che consiste nel ritorno di
Heidi da Francoforte e del
nonno al villaggio, al sentimento di meraviglia e di gratitudine con cui sempre di
nuovo l’orfanella guarda al
«cielo», alle montagne e al
creato, all’inserimento di
canti religiosi - il celebre inno del poeta evangelico tedesco Paul Gerhardt Die gilldne
Sonne, voli Freud und Wonne
(Il sole dorato, pieno di felicità e gioia) che presta le proprie parole per esprimere i
sentimenti della nonna di
Heidi, ma anche del lettore e
della lettrice in un punto cruciale del racconto.
Con Heidi nasce, nella
scrittura di Johanna Spyri,
«una piccola figura, quasi carismatica, emancipata, e pia,
nel senso più alto del termine» (Regine Schindler), che
segna un profondo rinnovamento nell’opera della scrittrice. Un’opera che continua
a stimolare lettrici e lettori
grandi e piccoli; ma anche
produttori e fruitori della fortunata serie di cartoni animati giapponesi e delle innumerevoli trasposizioni cinematografiche, da quella memorabile, americana, con
Shirley Tempie a quella che
sta per arrivare nelle sale cinematografiche, svizzera, firmata da Markus Imboden.
stituiscono uno dei principali obiettivi della discriminazione religiosa. Fra il 1927 e il
1943, in un elenco di 142
persone arrestate e successivaihente inviate al confino,
82 erano Testimoni. Nel 1940
21 di loro furono condannati
a complessivi 190 anni di
carcere per avere diffuso e
commentato brani biblici
che, secondo gli inquirenti,
«offendevano la dignità del
duce, di Hitler e del papa»
(Rochat). Nella Germania hitleriana furono dichiarati
fuorilegge sin dal 1933. Gradualmente ne furono internati 10.000 nei campi. 203 le
condanne a morte eseguite,
635 morti di patimenti, 860
le famiglie distrutte: «Nessuna comunità religiosa ha
proporzionalmente versato un tributo di sangue così
alto» (Bouchard). Essi furono
i primi a denunciare con le
loro pubblicazioni la barbarie nazista, rendendo noti i
campi di concentramento, i
primi stermini di ebrei polacchi, l’imprigionamento
degli oppositori politici. Sulla loro divisa di internati fu
applicato il triangolo viola,
che indicava la loro particolare «pericolosità».
In conclusione riportiamo
una frase dell’intervento di
Bouchard: «Credo che noi
cristiani delle “grandi chiese” dobbiamo riconoscere ai
Testimoni di Geova (...) il carattere di una protesta profetica: profetica contro i demoni che tormentano e dominano l’umanità peccatrice, ma anche profetica nei
confronti di una "cristianità
stabilita" che finisce per installarsi nel mondo accettandone le leggi e le ideologie». un pensiero sul quale
c’è da riflettere.
(*) Aaw: Minoranze, coscienza
e dovere della memoria. Napoli,
Jovene, 2001, pp. 342, £48.000.
A Torino l'assemblea piemontese dei Testimoni di Geova
Una lezione di buona educazione
ALBERTO TACCIA
Gli spalti dello stadio Delle Alpi di Torino, abituati
allo strepito paranoico di
stampo calcistico o alle urla
nevrotiche dei concerti rock,
hanno ospitato nella prima
metà di agosto una insolita
assemblea caratterizzata dal
silenzio, dall’ascolto, dalla riflessione biblica, dalla meditazione, dall’ordine e dal rispetto. Eppure i partecipanti
erano oltre 30.000. E lo stesso
è avvenuto in altri otto stadi
in altrettante città italiane,
raccogliendo un totale di circa 350.000 persone provenienti dall’Italia e dall’estero.
A Torino hanno pure avuto
luogo 231 battesimi. Si trattava di Testimoni di Geova, ancora oggi largamente oggetto
di antipatia, diffidenza, fastidio, repulsione quando battono alle nostre porte nei
momenti meno opportuni.
Essi predicano messaggi tratti da una Bibbia da loro stessi
tradotta con criteri particolari e dottrine nelle quali, nella
maggior parte dei casi, non ci
è possibile riconoscerci. Cattolici e protestanti, uniti in
un insolito fronte ecumenico,
li respingono e mettono in
guardia i loro fedeli dalle
«eresie» dei Testimoni.
Intanto negli stadi hanno
dato una non trascurabile
testimonianza di civismo,
correttezza, serietà, ordine e
pulizia, tanto che il sindaco
si è congratulato con loro e li
ha ringraziati di aver ripulito
lo stadio, come mai era avvenuto (pare che il lavoro più
arduo sia stato quello di raschiare le migliaia di chewing-gum che i nostri valorosi
sportivi avevano appiccicato
ai sedili) e averlo restituito
perfettamente in ordine, senza chiedere alcun pubblico
contributo ma avendo pagato 24 milioni più Iva di affitto.
Sappiamo che i Testimoni
di Geova nascono a San Germano Chisone, nelle valli vaidesi, all’inizio dello scorso
secolo e la prima di loro fu
una signora valdese, Fanny
Lugli in Balmas, la quale seppe diffondere la nuova dottrina, come mai avrebbe pensato per la sua fede valdese,
ben sostenuta però da una
potente ed efficace struttura
organizzativa, fortemente
centralizzata, che si trova a
Brooklyn: una specie di Vaticano, molto meno ossequiato
ma molto più obbedito.
Prescindendo dalle dottrine che potranno fare oggetto
di appassionati dibattiti, non
possiamo dimenticare il fatto
che se in Italia abbiamo avuto il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, lo
dobbiamo, in gran parte, ai
giovani Testimoni di Geova
che si sono fatti mesi di galera nelle fortezze militari, per
essere poi congedati con
umilianti diagnosi di delirio
religioso o incapacità psicofisica. E neppure possiamo dimenticare le migliaia di Testimoni rinchiusi nei campi
di concentramento nazisti
per disobbedienza civile e
militare (triangoli viola), rifiutando, con rigorosa coerenza, di firmare una semplice dichiarazione di abiura
che li avrebbe restituiti alla libertà. Oggi nella nostra italia
na società fatta di furbizia,
compromessi e ribaltoni, tale
atteggiamento viene spesso
definito come fanatico, espressione liberatoria per lo
nostre coscienze. Ma i Testi_ moni di Geova non hanno
mai sfruttato il loro passato
di sofferenza per meglio accreditarsi presso l’opinione
pubblica 0 per attirare simpatia. Per la prima volta quest’anno hanno aderito alla
Giornata della Memoria.
Oggi in Italia sono 250.000
e nel mondo circa 6 milioni i
«proclamatori», cioè non i
semplici membri, ma i militanti attivi. Con tutte le riserve che possiamo formulare
verso questo movimento (e
quale chiesa è priva di possibili riserve...), non possiamo
dimenticare che la loro diffusione è anche stata largakmente favorita dalla tiepidezza e dall’infedeltà delle chiese cristiane cosiddette storiche, colmando lacune a cui
siamo stati incapaci di porre
rimedio. Riceviamo quindi la
loro testimonianza come argomento di seria riflessione e
come stimolo che ci aiuti a
una più approfondita comprensione e una maggiore
coerente fedeltà alla parola
del Signore, la quale rimane
sovrana e di cui nessun movimento e nessuna chiesa
può mai pretendere di possedere il monopolio.
TELEVISIONE
Protestantesimo
= I Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmesse a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente
alle ore 24 circa e alle ore 9,30 del lunedì successivo. Domenica 14 ottobre, ore 24 circa, andrà in onda: «Contro i venti
di guerra: negli Usa e in Italia l’impegno ecumenico e interreligioso per promuovere un clima di dialogo e di pace»;
«Novità editoriali». La replica sarà trasmessa lunedì 15 ottobre alle ore 24 e lunedì 22 ottobre alle 9,30 circa.
6
PAG. 6 RIFORMA
■ • ■ È uscita una suggestiva edizione deH'editrice San Paolo con testo latino a fronte
Le «Confessioni» di Agostino
A partire dall'esperienza personale, il testo del celebre teologo cristiano del IV-Vsecolo
diventa strumento pastorale, nella ricerca dell'edificazione e del rafforzamento della fede
La vita di Agostino da Tagaste
EUGENIO STRETH
Le Confessioni sono scritte
da Agostino, già vescovo
di Ippona, tra il 397 e il 401;
13 libri destinati a divenire
un classico di fede e teologia
per i secoli a venire in tutte le
confessioni cristiane. Lo scopo è pastorale; rafforzare nella fede evangelica i credenti
convinti, risvegliare la fede
del cristiani tiepidi e annunciare Cristo e il suo Evangelo
aH’umanità che può raggiungere con le sue omelie e i suoi
scritti teologici.
Agostino non ha paura di
confessare il suo peccato al
Signore e alla comunità; per
questo la sua confessione di
fede può essere anche la nostra. E dalla consapevolezza
della propria mancanza di
comunione con Dio (il peccato) che nasce in ogni conversione la gioia liberatrice
del dono della fede nel Cristo
morto e risorto. La peculiarità della lode di fede di Agostino, che la rende capolavoro letterario, consiste nell’intreccio tra il messaggio evangelico e l’esperienza di fede.
Agostino è un gran comunicatore di una parola biblica
divenuta vissuto nel travaglio
di un’esistenza dove l’intelligenza è costantemente piegata dal Signore della vita. Le
Confessioni si presentano
con una richiesta, in umile
preghiera, di perdono al Signore intrecciata con la gioia
per la fede donata e confessata pubblicamente.
Nella teologia di Agostino è
ancora presente lo schema liturgico della chiesa delle origini; si confessa il proprio
peccato a voce alta e con sincerità, perché certi del suo
perdono e della sua grazia liberatrice. Vittorio Subilia, nel
suo magistrale volume La
giustificazione per fede nota,
a proposito della conversione
di Agostino (Romani 13, 1314), che pur trattandosi di un
Botticelli: «Sant’Agostino» (1480, particolare)
testo parenetico, di esortazione, è per l’ultima volta che
Paolo viene citato in rapporto alla salvezza, prima della
Riforma. Il piano provvidenziale di Dio si articola nell’opera in argomento sostanzialmente in tre momenti distinti ma collegati fra loro:
1) Dio crea: il mondo è opera sua; egli ha creato con la
sua parola le cose dal nulla e
le ha fatte buone, secondo
l’ordine e il posto assegnato a
ciascuna di loro. Nella bontà
e bellezza del creato (in Genesi, nell’originale ebraico,
«bello» e «buono» sono la
stessa cosa), si innalza dunque al Signore un canto infinito di lode. Dio è bellezza e
(ecco l’attualità di Agostino)
tutta la creazione gioisce nella sua grazia. Non vi è dunque frattura, nel piano originario del Signore, tra animali,
vegetali e maschio-femmina.
2) Dio salva: in Cristo, la
parola fatta carne, avviene la
ricreazione di nostro Signore.
Cristo si è caricato della nostra morte e l’ha distrutta per
sempre, donandoci la vita «in
esuberanza».
3) Dio educa: Dio, che è il
creatore e il salvatore dell’umanità, rivela all’uomo la sua
natura: la miseria del suo
peccato e la grandezza della
sua vocazione di figlio di Dio.
L’esperienza di fede, con le
sue infedeltà, non si traduce
in Agostino in un cammino
incerto di contrizione. La
confessione di peccato è tale
in quanto proviene da labbra
riconoscenti continuamente
della grazia del Signore.
Siamo dunque grati alle
edizioni Paoline, e in particolare al curatore, l’editorialista
cattolico Giuliano Vigini, per
averci riproposto con testo
latino a fronte l’edizione
«Maurina»*, così chiamata
perché edita dai padri benedettini di San Mauro alla fine
del 1600 e ripresa con alcune
varianti, nel volume XXXII,
coll. 659-868 della Patrologia
latina del Migne (1841). Ma
la nostra gratitudine va innanzitutto al Signore per la
bella confessione di fede di
Agostino; il credente manifesta continuamente la gioia
per essere stato un giorno
salvato e per essere continuamente salvato.
Dairinsegnamento
allo studio e al vescovato
(*) Sant’Agostino: Le confessioni, a cura di G. Vigini. Cinisello Balsamo, San Paolo, 2001,
£ 68.000.
L'ordine di aprire ia Bibbia
.«Fino a quando, Signore, durerà la tua collera? Non tenere
conto delle nostre passate iniquità. Perché avvertivo che non
ne ero del tutto liberato. E imploravo tra mille lamenti: per
quanto ternpo, per quanto tempo ancora? Quando sarà que
sto domani? Perché non adesso? Perché in questo istante ia fine della mia vergogna? Mentre dicevo queste cose e piangevo, nella pena infinita del mio cuore affranto, ad un tratto mi
parve di udire da una casa vicina una voce - di bambino o di
bambina, non saprei dire — che cantava ripetendo più volte:
prendi, leggi, prendi leggi. Cambiai aspetto ali’improwiso é
subito cominciài a pensare intensamente per ricordare se
quella era una cantilena che facevano abitualmente i bambini
in qualche loro gioco; ma non mi veniva in mente di averla
mai ascoltata da nessuna parte? Trattenendo le lacrime, mi alzai, convinto che l’unico ordine che mi era stato impartito da!
cielo era di aprire il libro fla Bibbia] e di leggere il primo capitolo che mi fosse capitato davanti...: "Non state nelle gozzoviglie e nelle orge, non nelle lussurie e nelle impudicizie, non
nei litigi e nelle gelosie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo,
e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze". Non volli leggere altro, né altro era necessario. Perché, dopo aver letto queste ultirne parole, tutte le tenebre del dubbio scomparvero, come se il mio cuore fosse stato inondato da una luce di
certezza».
____________________ (Confessioni, libro Vili cap. 12, § 28-29)
Agostino nasce a Tagaste,
sull’altopiano della Numidia,
il 13 novembre 354, da famiglia altolocata. La madre Monica è donna di autentica
pietà evangelica. Dopo la formazione locale, nel 370 si reca a Cartagine per gli studi
universitari (retorica). A partire dal 371 convive stabilmente con una compagna
dalla quale nascerà nel 373
l’amato figlio Adeodato. La
contrastata relazione amareggia non poco Agostino e la
madre che lo vorrebbe regolarmente sposato.
Le esperienze di insegnante
a Tagaste e Cartagine si coniugano con un intenso studio della filosofia e delle
scienze naturali inteso come
ricerca anche spirituale. Emigrato a Roma (384), prova delusione per l’insegnamento,
perla ricerca di fede; il manicheismo conosciuto a Cartagine si rivela un fallimento,
poi una grave malattia lo riduce in fin di vita. Ripresosi si
trasferisce a Milano dove incontra Ambrogio, predicatore
di fama, che puntualmente,
domenica dopo domenica,
predica sulle Scritture.
Dopo la conversione, che
avviene nel 386, con la lettura
dell’Epistola ai Romani, Agostino viene battezzato la notte di Pasqua (24 aprile 387)
dal vescovo Ambrogio. Le
successive vicende, morte
della madre e del figlio all’età
di 16 anni, si intrecciano con
la sua feconda attività di
scrittore nei più disparati
campi: musicale {De musica],
ispirato da Ambrogio che per
primo introdusse il canto regolare nella liturgia domenicale; pedagogico (De magistro); l’apologetica cristiana
(De vera religione).
La seconda svolta nella sua
vita avviene nel 391, quando
il popolo di Ippona, su indicazione dell’anziano vescovo
Valerio, acclama Agostino
presbitero della città. La sua
fama di credente e teologo lo .
condurrà ben presto all’episcopato. La sua attività pa
storale si intreccia con w
turita di teologo. Le r J
sioni sono scritte insieJ
altri imponenti trattati di
logia sistematica, il J
tate a esempio è un’oiW
15 libri di esposizione^^.,.-del dogma trinitario r! a temati
vescovo Agostino attu^
mediazione con i dissid pedi Do
manichei e donatisti e a p e # ®
. un eccellente commem »fflbre.r
Vangelo di Giovanni [jl jiella, il I
tus in lohannis Evanmll itone ha
Di fronte alle sconfitti lo.fond
tari e al sacco della Roma pto su®
periale inizia nel 413 ila Ifertna ris
vitate Dei, 1 unica veiad doiricnhi
alla quale deve aspira! omonime
credente è quella di Dio, tanto in u
dove la vittoria è la veri# pe, quasi
dignità è la santità, lap^ fidsticai
la felicità, la vita è l’ete^ [ia perso:
Poi Agostino si occupetìj 1®*°
cora di problemi dottrij »te Utili ■
nel De natura et gratin, sj una pubi
ta per confutare Pelagii» al tempo
sbitero che sostiene la pi perante.
cipazione umana al di» in fiue
O O 11 ri fí o /■ ,1 T .. “K .<.n
salvifico di Dio (415),lesa:
vede Agostino, ammalai “®te 1’
anziano, designare pubbft ere, ed è
mente il suo successore, 8 Wola
il consenso del popolo, ni ile, eom
chiesa principale di Ipp'om linnità, '
Nel maggio 429 i van Jare. La i
Genserico invadono TAftì ipaesi )
settentrionale e pongonj limiti c
assedio a Ippona. Il 28 ag« «te ohe I
430 Agostino muore e vk ti e Sfrut
sepolto nella città che staf »done
essere incendiata dai vani itenuto
Non lascia alcun testamen ®mu- ^
invita solamente a custoi dfiuta
la sua biblioteca. afreco^
Agostino secondo il Carpa« , t-Utti
La bella storia di un sedicente «ministro protestante» nella Torino di fine '800
I quattro battesimi del barone Augusto di Meyer
ALBERTO TACCIA
N
EL 1884 il corrispondente
di Torino delTOsservato
re Romano invia al giornale il
testo di una clamorosa notizia, un vero scoop, pubblicato
con grande rilievo nel numero
del 7 febbraio. La stessa notizia viene diffusa dal Corriere
di Torino del 6 febbraio e dal
Notiziario dell’Unità cattolica
del 7. Ma che cosa era successo? Ecco il resoconto di quel
fatto straordinario...
Il ministro evangelico dottor Augusto dei Baroni di
Meyer, oriundo di Ginevra,
venuto a Torino per farvi propaganda calvinista, il 4 febbraio 1884, alla chiesa dello
Spirito Santo pronuncia solenne abiura e riceve i sacramenti del battesimo e della
cresima amministrati da S. E.
l’arcivescovo cardinale Alimonda. Esultanza negli ambienti cattolici; giustamente
l'Osservatore Romano precisa
trattarsi «di un momento solenne degno dei grandi secoli
della Chiesa Cattolica»; il ministro protestante ha studiato anche a Roma con il prof.
Desanctis e si è addottorato
in teologia alla Facoltà protestante di Napoli. Stupore, tristezza, sconcerto negli ambienti evangelici.
Ma il pastore J.-P. Melile,
che in questa circostanza rivela inedite capacità di investigatore, subodora l’imbro
glio e si accinge ad accurate
ricerche il cui risultato comunica al card. Alimonda. Per
«motivi di coscienza - scrive è spinto dall’obbligo di cui
ogni uomo, per rispetto a se
stesso, si sente vincolato verso la verità»*. Il Meyer avrebbe studiato sotto il Desanctis,
ma presumibilmente nel tempo in cui questo... era già
' morto da almeno due anni e,
a Napoli, non era mai esistita
una Facoltà di teologia in grado di rilasciare dottorati. Secondo: a Torino il presunto
pastore oriundo di Ginevra
sarebbe venuto per farvi propaganda calvinista ma, caso
strano, risulta completamente
sconosciuto tra gli evangelici
torinesi. A Ginevra, in seguito
a rapida inchiesta, nessuno
l’ha mai sentito nominare.
Per «sbugiardare l’impostore» il Melile impegna ben
tre mesi di attente e accurate
indagini. Dalla sua ricerca risulta che il sedicente barone
Meyer è in realtà un «romano
de Roma», nato e battezzato
cattolico, figlio di uno scalpellino, con il nome pomposo di Cesare Augusto e il cognome, piuttosto plebeo, Bufacchi. (Questi nel 1872, all’età presunta di 18-19 anni,
contatta il pastore della Chiesa battista di Roma. Viene accolto con fraternità, entra a
far parte della comunità e
viene debitamente ribattezzato. Ottiene anche un lavoro
come apprendista tipografo
nella stamperia della Missione. Ma il Bufacchi accomuna
al bere altri vizietti non meglio precisati e «non essendosi ravveduto» viene cacciato
dalla comunità.
Egli ha tuttavia dei santi in
paradiso: uno zio frate cappuccino con buone entrature
in Vaticano presso Pio IX. A
lui si presenta come pecora
smarrita desiderosa di rientrare all’ovile da cui si era allontanato diventando ministro evangelico, ahimè, cacciato brutalmente dalla sua
chiesa e privato anche dello
stipendio. Il papa lo accoglie
con paterna bontà, gli concede il perdono e un assegno
mensile fisso. Ma anche qui
qualcosa non deve avere funzionato perché, nel 1879, gli
viene revocato l’assegno e gli
viene consigliato di lasciare
Roma e riparare in Francia.
Il nostro eroe, lungi dallo
scoraggiarsi, va a Nizza con il
nome di dottor Boseacchy,
ministro protestante di Lucerna. Avvicina un padre gesuita dichiarandosi umiliato
e pentito; il gesuita non ha
difficoltà a ottenere la conversione e, affinché l’avvenimento acquisti «tanta maggior pubblicità e risonanza»,
lo consiglia di recarsi al santuario di Lourdes per pronunciare l’abiura e ricevere il
battesimo. Il dott. Boseacchy,
vincendo la propria naturale
ritrosia, accetta il viaggio a
Lourdes e, a malincuore, i
soldi per le spese di viaggio.
Al fine di enfatizzare maggiormente la vittoria cattolica
su un ministro protestante
pentito, viene accompagnato
da un padrino e una madrina: il conte e la contessa Villable di Nizza. Giornali come
L’Univers e Le Monde diffondono la notizia, il bollettino
cattolico di Montauband del
20 agosto 1882 dà gran rilievo
allo straordinario avvenimento a cui prese parte «un
immenso concorso di fedeli».
Il Bufacchi ripete la sua terza conversione e riceve il terzo battesimo. Pare che nel
frattempo si fosse sposato
ma non si comprende come
mai la Chiesa cattolica, anziché aprirgli un negozio a Nizza, come promesso, gli paghi
un biglietto di sola andata
per l’America Latina. Ma il
nostro protagonista scambia
il biglietto con uno, molto
meno costoso, per Torino,
dove suppone di non essere
ancora conosciuto. Qui sbarca nell’ottobre 1883 e un pastore evangelico ne ricorda il
passaggio come «un certo
Bufacchi che affermava di
versare in gravi ristrettezze
con l’intento di carpire denaro (...) se l’avesse potuto».
Fallito rincontro con lo
smagato pastore, ritenta la
solita commedia già recitata
con buoni risultati; assume il
la parti
j Ito pubbli
1 quale no
aiato a u:
Il pastore Melile che si Improvvisò
nome risonante di Augusto
dei Baroni di Meyer, oriundo
di Ginevra, ministro evangelico pentito e sulla via del ritorno all’ovile cattolico. La
chiesa di Torino, benevola e
comprensiva verso gli erranti
pentiti, lo accoglie con grande generosità nel Collegio dei
catecumeni, dove, con zelo e
religiosa devozione, egli si
prepara all’abiura, alla sua
quarta conversione e al suo
quarto battesimo. Tali sacramenti gli vengono amministrati da Sua Eminenza il cardinale arcivescovo Alimonda,
con solennissima funzione,
con grande partecipazione di
popolo e con enfatizzato battage giornalistico.
Qui termina la lettera del
pastore Metile a S. E. il cardinale. Non sappiamo come la
storia del Bufacchi andò a fi
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la ricerca del pastore M®“ ^
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mandato di essere astuti ^ n
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veramente rendergli me iqngjjg ^
(*) Lettera
nese a Sua Eminenza - -,
Alimonda, Arcivescovo ai ..
10 maggio 1884, dall nu““ JielfuOpiega
servitore I.-P. Meille, Pas feto (jj
la Chiesa evangelica value
7
5 OTTOBRE 2001
Vita Delle Chiese
PAG. 7 RIFORMA
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a. IlDcj.
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atisti e¡
Le «Giornate dolciniane» si sono tenute a Biella e a Bocchetta di Margosio
Attualità della povertà evangelica
jjolcino, che con la sua compagna Margherita fu arso sul rogo nel 1507, è stato ricordato
i/f] dibattito e con un culto pubblico all'aperto in piemontese nella cornice del monte Rosa
-oniento del dibattito
-.¡•(iene durante le Gior■Àolciniane quest’anno
1 suUa povertà evange«matica che caratte‘’Tapostolici del SegaDolcino nel XIII seagli albori del XIV L’8
=omm J “¿nella sala valdese
anni 5 U ^
“one ha introdotto 11 di*confitt7 lto,fondando 11 suo internila Roma Io su Giacomo 5, 1-6 dol413ilÌ tuia risuona la condanicave a, eiriochi oppressori. Op
e aspi a commento non va inteladi Di auto in un privarsi di ogni
è la ve* ae, quasi compiacpdosi
ità,lan; jisisticampe della proèl’eteS personale generosità,
occuperà' laiuo nel rendere socialni dottr site udii le private risorse
gratta, i »a pubblica attività che
Pelagio,» altempo stesso solidale e
enelaw u i
laaldisM in questa linea che la
(415) ili lesa valdese destina inteamraalati per mille alle
ire pubbli ere, ed è il principio che ha
:cessore,a irato la Banca etica alla
oopolo ni *ie, come singoli e come
ì di Ippona lunità, ci si dovrebbe as9 i vandsl' ^ richiesta di liberaione l’Ali ipaesi poveri dai debiti
' pongoM «itatti con il ricco Occi. ll28afoi de die pure li ha colonizjoreedfl ti e sfruttati, dà concreta
à che stai ®none all’ammonimento
idaivanl itenuto nella lettera di
testamen I®™- Cambiare lo stile di
I a custoi I rifiutare il consumismo
»spreco delle risorse, essed^onibili a condividere i
Ufersi carico dei pesi alajptecipare alle iniziatali nella coscienza
nostre responsabilità,
lere il comportamencoloro che intendono
ire, ¡nella società conca, l’esaltante testinza dei movimenti
, istici medievali. NuisiInterventi hanno aniiliwace dibattito,
lenica 9, alla Bocchetta
josio (Trivero) in una
udida giornata di sole,
il Carpaafff^rarnlce delle montagne
levate del gruppo del Rosa,
■ ola partecipazione di un
- " ito pubblico (buona parte
Iquale non aveva mai preidato a un servizio religio'taldese) si è svolto il culto
aperto, con santa cena,
sieduto dal pastore Platoelie ha predicato sul Salaci, 8: «Tu m’hai posto i
etti al sicuro», cioè tu mi
atolto daUe mani del nemil’a ancora meglio, come
"no tradotto Maillot e Leaire: «Tu m’as remis sur
'^^tdonné la liberté». Il
■tosta sa di rivolgersi non a
^‘dwo muto né a un Dio
Oltre soltanto uno spazio
pisto, ma che ha visto l’af"toone del suo popolo
Jo3, 7) e opera concreI-,''*® ^3 liberazione. Dio
'■5'" cftì, ■ P t^be vede, ma
¡“to* che conosce le diffi1 tradenti, le condivicardinai h carica sulle spalle»
Drmaziofli^^fJ' 9) e li porta fuori
I
zi» e voi* valdese, si con
stato difficile
ore Meli 1^”° di quegli evange1 merito" .“nribili repressioni e
!ttori riinl. ].“b®razloni. È loro tocell’acqoj (tj“" fiover lasciare le loro
's >ttoghi
»va raco" p. ’^"«rghi».
' astui'Sliecr>n^i”*^° Dolcino
compagna
hi tc^i ®rao al rogo a
__.4.rer ni nel giugno 1307 (e il
,i ipagj lou/ 11
ire go*f icovn pt^PHnientò con il
tientat Y^tcelli «per aver
dobbio’'^ ^ detestabile Dol
li merito' ¡»y ,,Sàa setta») sappiamo
, /li un toleta ®®tlrpazione non fu
"Va nsiamo
piedi»,
hOpìegL t^be non
pastore"* "to rii?*'’ * ttapo al re asaldesO' Roma. Certo oggi
Un momento del culto all’aperto
l’Italia non è più quel luogo
«stretto», inospitale di allora.
Formalmente è un luogo accogliente, libero, democratico. Tuttavia essere cristianamente diversi nel paese del
papa non è semplice. Si proclama l’ecumenismo, ma c’è
una cultura del silenzio sulle
nostre realtà e prospettive.
Nella scuola pubblica il solo
approccio al tema religioso è
quello cattolico romano. Nelle carceri il cappellano cattolico si muove liberamente, il
pastore è guardato con diffidenza, se non addirittura cacciato come a Biella.
Alcuni dicono con sufficienza; ma che vogliono questi valdesi? Siamo trentamila
in un paese di 60 milioni di
persone: un topolino di fronte a un elefante. È vero; con
noi c’è una «Intesa», ci hanno
dato una trasmissione televisiva, mezz’ora ogni 15 giorni
intorno all’una di notte, hanno riconosciuto i titoli di studio della Facoltà di teologia,
possiamo devolvere l’8 per
mille delle imposte, purché si
stia buoni in un piccolo spazio. Il nostro esodo continua
verso una terra promessa. Il
nostro cristianesimo seduto,
ben installato nelle sicurezze sociali, dovrebbe aprirsi
maggiormente verso chi cerca una giustizia e una condivisione autentiche: non dimentichiamo che fummo
sradicati, cacciati dalla fame
in Uruguay e Argentina, e che
oggi c’è chi frigge dal proprio
nemico, o dalla miseria e dalla fame per cercare in Europa
un luogo «largo» e sicuro per
poter vivere.
Il luogo di Dio non può es
sere la nicchia del nostro
egoismo, ma il luogo aperto
all’incontro, per potere cambiare insieme, accettarci e
modificarci seguendo la direzione della giustizia e dell’amore. L’Europa dei ricchi
fa paura, con l’egoismo brutale del libero mercato, e la
logica del «chi paga comanda». Finché la nostra ricchezza continuerà a nutrirsi della
schiavitù degli altri, il nostro
«esodo», il nostro viaggio non
potrà arrestarsi. Non importa
se siamo tanti o pochi: importa la qualità della nostra
testimonianza. Rifiutiamo il
privilegio della salvezza dei
«beati possidentes»: la liberazione deve coinvolgere ogni
creatura. La costruzione del
Regno comincia dalla casa di
ciascuno di noi, dalla nostra
vita quotidiana. Se sei in un
luogo «largo e sicuro», invita
chi ne è fuori, allarga lo spazio della tua tenda, aggiungi
un posto a tavola. Così farai
posto a Dio. Per questo vale
la pena di continuare il nostro viaggio, che neppure la
morte può interrompere.
Il sermone del pastore Platone è stato «dialogato», con
parti in lingua piemontese,
dette da Nico Vineis. Tavo Burat ha detto una preghiera
ispirata a quanto diceva Dolcino scandalizzando gli inquisitori che hanno riportato il
suo pensiero; «La chiesa consacrata non vale di più, per
pregare Dio, di una stalla di
cav^i o di porci. Si può adorare Dio nei boschi come nelle chiese, anzi meglio», (t.b.)
A colloquio con Paul Krieg, responsabile della struttura
Casa Cares, un podere fra gli ulivi
DAVIDE PINARDI
A
POCHI chilometri da Firenze, immersa tra campi di olivi e filari di cipressi,
l’antica tenuta della fattoria
«I Graffi» è un luogo davvero
bucolico: spazio, pace, silenzio. Incanti apprezzati più
dagli europei del Nord e dagli
stranieri in genere che dagli
italiani, a volte appassionati
piuttosto di litorali affollati e
di trilli di cellulari... Tra le
colline che dominano la valle
dell’Arno stanno la fascinosa
villa padronale del ’600, la
vecchia cappella, il secolare
frantoio, le grandi cantine a
volta, le dipendenze sparse:
questa è la sede di Casa Cares, un luogo di vacanza e di
incontro di proprietà della
Chiesa valdese che Antoinette e Paul Krieg gestiscono da
molti anni. Per loro questo
2001 è un anno importante.
«Sì - spiega Paul -: dopo quasi vent’anni di attività e dieci
di progetti e lavori abbiamo
finalmente potuto restituire
tutti i prestiti che ci hanno
permesso la ristrutturazione
del secondo stabile».
- Lavoro impegnativo?
«Molto. Quando il complesso centrale de "1 Graffi”
venne offerto alla Chiesa valdese sorsero molti e giustificati dubbi sull’accettarlo o
meno. Si trattava di una vecchia proprietà qua e là sul
punto di crollare, lo testimoniano le fotografie del tempo,
circondata da campi quasi in
stato di abbandono. Così
dapprima si è dovuto pensare alla manutenzione di
emergenza: poi, dagli Anni
90, alle camere per gli ospiti e
agli spazi per personale. Abbiamo cercato prestiti, ricevuto doni, organizzato campi
di lavoro. Ora, finalmente,
tutti prestiti sono stati rim
borsati, ai privati e alla Tavola valdese».
- Insomma, voi non vi sentite un’opera assistita ma un
vero e proprio investimento...
«Direi di sì».
- Qual è la vostra offerta di
ospitalità?
«Ora abbiamo 20 camere
con 60 posti letto. Raggiungiamo circa 7.000 pernottamenti annuali, un numero
ben consolidato pure in un
mercato che cambia continuamente. Una volta, per
esempio, venivano da noi
grandi comitive di giovani
stranieri anche in estate: ora
sono molto meno, e dobbiamo saper accogliere grandi
gmppi nelle stagioni intermedie ma anche singoli o famiglie in luglio e agosto. E poi il
pubblico è più “sensibile” di
un tempo ai rigori del pieno
inverno, specie in una stmttura non facile da riscaldare...».
- Comunque siete in attivo?
«Le entrate, con i doni e
con l’appoggio del volontariato, coprono tutte le spese
gestionali. Ma soprattutto, in
questo momento, stiamo
uscendo dalla fase pionieristica con l’aiuto gratuito di
un esperto tedesco in strutture organizzative. È un processo di consulenza che consiglierei a molte realtà delle
nostre chiese: permette di
guardare con razionalità al
proprio operato, alle risorse
e ai limiti, favorendo una
programmazione più lucida
del lavoro per il futuro. Dove
vogliamo andare? Che cosa
possiamo raggiungere? Con
il comitato, con il personale
e anche con gli amici utenti
ridefiniamo costantemente
le nostre priorità e obiettivi
da porci. Agli inizi eravamo
in soltanto due con due volontari; ora siamo una decina di persone che devono la
vorare in modo coordinato».
- Pensando alle vostre produzioni di olio, miele, marmellate e ortaggi mi sembra
che non siate soltanto una casa di vacanza e di incontri...
«Alcuni dei timori iniziali
nell’accettare questo dono
venivano anche dalla “sfida
agricola”: 4 ettari di uliveto, 5
di bosco, muri a secco pericolanti... Dovevamo abbandonare tutto? Ovviamente
no. Ma che impegno! L’agricoltura deve essere complementare all’ospitalità: la zona
di Reggello è nota per la qualità dell’olio ma l’olivicoltura
è impegnativa e in realtà non
molto redditizia. D’altra parte il rapporto tra terreno e casa è centrale nell’identificazione della nostra identità,
della nostra mission...».
- E quale sarebbe?
«Noi ci diamo due obiettivi
fondamentali. Il primo è
quello di far sì che Casa Cares
sia sempre più un luogo
aperto all’incontro, un microcosmo che rappresenti la
contemporaneità e dove si
confrontino stimoli, idee e
potenzialità di persone di varie provenienze. Ciò in una
dimensione di dialogo che
ormai ci pare un patrimonio
ben consolidato nella tradizione valdese. Il secondo
obiettivo è poi quello di contribuire a costruire un rinnovato rapporto con la natura:
riuscire a vivere il mondo mrale, il cibo, le questioni ambientali con un atteggiamento di fondamentale rispetto.
Ai nostri valori di pace e di
giustizia vorremmo intrecciare quella tematica della cura
dell’ambiente, vale a dire della salvaguardia del creato che
forse negli ultimi decenni
non ha ricevuto, nel complesso della società italiana,
l’attenzione dovuta».
AGENDA
5 ottobre
TORINO — Alle 20,30, nel tempio valdese di corso Vittorio, si
tiene un concerto del coro «Erloserkirche Bad Homburg» diretto da Susanne Rohn, con musiche di Palestrina, Monteverdi, Rigaglia, Bach, Rheinberger, Regr, Kodàly. Ingresso libero.
6-7 ottobre
LONATO (Bs) — A partire dalle 9, al Centro ecumenico e di
dialogo interreligioso (Abbazia di Maguzzano), si tiene un
convegno sul tema «Conoscere i profeti dell’ecumenismo». 11
past. Paolo Ricca presenta le figure di W. A. Visser’t Hooft e N.
Soderblom; la dott. Graziella Merlatti illustra la figura di B.
Mussar. Per informazioni Abbazia di Maguzzano: tei. 0309130182; e-mail: abbaziadimaguzzano@tiscalinet.it.
6 ottobre
BERGAMO — Alle 17, nella sala ex consiliare (v. Tasso 4), il
prof. Emidio Campi tiene la prolusione del Centro, parlando
sul tema «Jan Amos Comenio teologo».
TORINO — Alle 15, alla chiesa battista di via Viterbo 119, la
Chiesa cristiana evangelica «Sola grazia» organizza la seconda Conferenza di studi sul Puritanesimo. Partecipano i pastori Robert Martin (Seattle) e Pawel Gajewski.
MILANO — Con inizio alle 10,30, nella sala di via Sforza
12/a, il Centro culturale protestante e il corso di Formazione
teologica a distanza della Facoltà valdese di teologia organizzano il primo di tre incontri sul tema «Dio è amore. Lineamenti di una comprensione cristiana del nome di Dio», dedicato al tema specifico «Libertà e gratuità: l’essere di Dio e
Tessere umano». Docente past. Fulvio Ferrario, iscrizione lire 40.000 (altri incontri il 20 e 27 ottobre).
9 ottobre
MILANO — Alle 18, nella sala della libreria Claudiana (v.
Sforza 12/a), il Centro culturale protestante organizza il primo incontro del ciclo «Nel principio. Il Dio creatore nella testimonianza biblica» a cura del past. Fulvio Ferrario. Tema
delTincontro «“Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto i
cieli e la terra” (Salmo 127,2): Il Dio che libera, crea».
Id ottobre
VENEZIA — A Palazzo Cavagnis si tiene un concerto di chitarra acustica. Esecutore Andrea Mozzato.
GORIZIA — Nella sala P. Cocolln (via Seminario 7), alle
20,30, per il ciclo di conversazioni religiose, Daniel Madigan,
professore di studi islamici presso la Pontificia Università
Gregoriana, parla su; «Musulmani tra pregiudiszio e realtà».
11 ottobre
TORINO — Alle 17,45, nella sala valdese di via S. Pio V 15
(primo piano), inizia il corso di formazione per adulti sul tema «Attualità del valdismo medievale». Il pastore Giuseppe
Platone introduce il corso su «Aspetti religiosi, culturali, economici in cui nasce la vicenda valdese».
12 ottobre
RIVOLI — La Chiesa battista organizza, alle 21, un incontro
sul tema dell’eutanasia. Relatrice la past. Giovanna Pons.
12-14 ottobre
TORINO — Con inizio alle 9,30, nella sala del Primo Parlamento (Palazzo Carignano), si tiene il convegno internazionale organizzato dall’associazione Biblia sul tema «Pace e
guerra nella Bibbia e nel Corano». Intervengono fra gli altri
Giovanni Filoramo, Riccardo Di Segni, Harvey Cox, Mohammed Arkoun, Giovanni Miccoli, Andrea Riccardi, Amos Luzzatto. Per informazioni tei. 055-8825055.
13 ottobre
FIRENZE — Alle 14,30, al Gignoro (via del Gignoro 40), vengono ricordate la figura e l’opera del pastore Luigi Santini,
con relazioni di G. Spini, E. Campi, P. Ricca e G. De Cecco.
BERGAMO — Alle 17, al Centro culturale protestante (v.
Tasso), Rita Gay parla su «Jan Amos Comenio pedagogista».
SIRACUSA — Alle 17, a Palazzo Vermexio, i proff. Dorothee
Selle e Fulbert Steffensky dialogano sul tema «Ansie e speranze per il cristianesimo del XXI secolo», per l’organizzazione della Chiesa battista e dell’Istituto Imsu.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve
inviare i programmi, per lettera ofax, quindici giorni prima
del venerdì di uscita del settimanale.
mmmm cronache delle chiese
PRAMOLLO — Ci rallegriamo con Elisa e Roberto Sappé per
la nascita della piccola Linda e invochiamo su questa famiglia le benedizioni del Signore.
SAN SECONDO — Domenica 19 agosto il pastore Vito Gardiol ha tenuto il culto di commiato dalla nostra comunità, al quale ha fatto seguito il pranzo comunitario. Ringraziamo calorosamente Vito Gardiol per il periodo trascorso tra noi, augurandogli un buon lavoro futuro.
• Domenica 23 settembre si è tenuto il culto di insediamento
del pastore Ruggero Marchetti. Al nuovo pastore e alla
sua famiglia diamo il nostro benvenuto augurando loro
una buona permanenza, colma di soddisfazioni.
• Ringraziamo Italo Pons, Gabriella Costabel e Rino Cardon
per i culti da loro presieduti nel periodo estivo.
VENARIA — La comunità battista si unisce nella gioia e formula i più sentiti auguri nel Signore a Maurizio Minetto
e Simona Spandre per la nascita della loro primogenita
Giulia, e a Edoardo Gallo e Paola Ilciuc per la nascita del
loro primogenito Davide Giosuè.
8
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
Come «essere chiesa insieme» con i 170.000 immigrati di fede evangelica?
La valorizzazione della differenza
Dobbiamo imparare a diventare da chiesa «per» gli altri a chiesa «con» gli altri
CARMINE BIANCHI
La nostra tendenza di chiese autoctone è quella di
essere per gli altri: noi siamo
qui da tanti anni, abbiamo le
nostre chiese, le nostre tradizioni consolidate, possiamo
aiutare gli stranieri a integrarsi nelle nostre comunità. Invece è importante imparare a
essere chiesa con gii altri. Lo
straniero che viene a vivere
nella nostra comunità, o la
chiesa etnica minoritaria che
entra a far parte della nostra
denominazione non è altro
da noi, ma è parte di noi.
Essere chiesa con è una sfida continua perché è chiaro
che esistono delle differenze
culturali notevoli, tra le chiese etniche maggioritarie e le
chiese etniche minoritarie
come anche tra loro stesse;
esistono anche differenze
teologiche notevoli che devono essere armonizzate in modo da creare un equilibrio in
continua evoluzione, ma il
dato importante è che siamo
vicendevolmente e reciprocamente dipendenti, non
possiamo pensarci senza l’altro che viene da una cultura
diversa.dalla nostra che ci è
spesso estranea, ma che ora è
diventato il nostro prossimo,
il nostro vicino, il nostro
compagno di viaggio del quale non possiamo più fare a
meno, è diventato parte costitutiva della nostra chiesa e
del nostro mondo.
Ognuno di noi, con la propria identità personale, deve
costruire insieme all’altro
un’identità collettiva che
tenga conto della diversità e
la valorizzi. Ho usato in altri
articoli il termine «osmosi»
che richiama alla mente una
cellula viva con pareti permeabili che garantiscono un
equilibrio e rendono possibile un processo di scambio fisiologico necessario per il
mantenimento in vita e per
la stabilità degli organismi.
Quindi deve avvenire tra noi
uno scambio osmotico, dove
la diversità viene mantenuta,
ma dove esiste tuttavia uno
scambio continuo che mantiene la chiesa in equilibrio,
certamente instabile ma pur
sempre un equilibrio. Noi
protestanti siamo abituati a
vivere nell’instabilità, perché
non abbiamo né dogmi né
istituzioni sacre che non
possono essere messe in discussione. Si tratta di inserire
come una delle varianti del
Gli stranieri evangelici di varie
denominazioni presenti
in Italia al 31 dicembre 2000.
Il 45,8% di essi sono donne.
Lombardia
Lazio
Veneto
Toscana
37.471
29.848
16.951
13.969
Emilia Romagna 13.735
Piemonte 10.183
Campania 8.281
Sicilia 6.051
Friuli Venezia Giulia 5.277
Liguria 4.712
Marche 4.346
Puglia 4.321
Trentino Alto Adige 3.863
Umbria 3.167
Abruzzo 2.300
Calabria 1.860
Sardegna 1.390
Basilicata 377
Valle d’Aosta 303
Molise 247
Totale 168.660
Fonte: Dossier statistico immigrazione. Elaborazioni: Caritas
Roma su dati del ministero delrintemo.
(www.caritasroma.it/
immigrazione)
nostro equilibrio il nostro
confronto costante con chi è
diverso da noi.
I temi dell'alterità
Questo modo d’essere chiesa tiene conto del dibattito e
della riflessione che ha visto
impegnati molti gruppi sociali sul tema delTalterità,
della differenza e della reciprocità. Nel primo modello
che abbiamo enunciato la
chiesa italiana era pronta a
dare, a essere disponibile per
l’altro il che è encomiabile e
fortemente cristiano (ricordiamo il «è meglio dare che
ricevere» dell’apostolo), tuttavia nel modello della reciprocità si dà e allo stesso tempo bisogna avere l’umiltà di
ricevere, ed essere a nostra
volta bisognosi di aiuto, di
sentirsi mancanti e quindi di
essere pronti ad accettare che
l’altro abbia da offrirci qualcosa che noi non abbiamo.
D’altronde in ogni relazione
autentica si dà e si riceve; dovunque due persone si incontrano esse si scambiano qualcosa, Tuna dona all’altra una
parte di sé. L’essere per Faltro
deve diventare essere con
l’altro, deve diventare uno
scambio a doppio binario,
dove l’io e il tu sono appunto
reciprocamente dipendenti.
Anche il donare evangelico
può diventare insano se il dono avviene sempre a senso
unico e solo uno dei due contraenti si pone nella condizione di un dare in maniera costante e l’altro del ricevere sistematicamente.
Questo percorso presuppone un modello diverso di apprendimento. Ci viene spesso
insegnato che l’altro non è
colui che per definizione si
oppone a noi, ci contrasta,
vuole minacciare il nostro
modo di essere e che in ogni
caso è portatore di un sistema diverso dal nostro e che
perciò lo mette in pericolo.
Ma nonostante ciò spesso la
differenza viene vista come
una minaccia per la nostra
esistenza. È chiaro che questo discorso non vale solo per
l’incontro con il gruppo etnico minoritario: la problematica si estende alle relazioni
generali tra gli umani ma essa diventa più problematica
quando l’altro non solo è diverso da me, perché portatore di una diversa personalità,
di un diverso atteggiamento
di vita e di diversi valori ma
perché è estremamente di
verso, è strano, compietamente straniero al mio modo
di vivere, al mio modo di rapportarmi con la realtà, perché organizza la sua esistenza secondo altri paradigmi
culturali e quindi in questo
senso è estraneo al mio mondo (il livello di estraneità è
spesso soggettivo ed è riferito
al tipo di esperienze che io
faccio e al tipo di persona che
10 sono: quindi il diverso di
volta in volta può essere lo
straniero ma anche Thandicappato, il pazzo, l’anziano,
la donna, l’ebreo, l’arabo, il
negro, il terrone, l’omosessuale, il drogato, il malato di
Aids, lo zingaro, il carcerato... dove le differenze di genere, di età, di condizione
psicofisica, di status sociale,
tra normalità e devianza, la
differenza etnica giocano di
volta un volta un peso diverso a seconda di dove io mi
colloco rispetto ad esse).
Valorizzare la differenza
Il problema fondamentale è che l’altro deve diventare
11 nuovo paradigma di una
nuova ecclesiologia che dovremo ridefinire ma che per
il momento potremo chiamare «ecclesiologia interetnica», dove sarà necessario valorizzare la differenza in modo che essa diventi un valore,
una risorsa oltre che un diritto. Non si tratta di muoversi
tra i due estremi: diventare
fautori della differenza ad
ogni costo o salvaguardare la
propria identità reagendo negativamente al confronto con
la differenza, ma si tratta di
muoversi verso un ethos della reciprocità. Bisogna evitare
l’accettazione acritica e moralistica del diverso (non bisogna dimenticare che la
presenza di gruppi etnici minoritari può portare conflittualità e contraddizioni), e
tuttavia la presenza di gruppi
etnici minoritari costituisce
un arricchimento per le nostre comunità, apre la via
alTinterculturalità e rappresenta la sfida profetica che le
chiese devono saper cogliere
per essere la punta più avanzata di una società futura.
Un po’ dappertutto, a vari
livelli, si può notare che dove
vengono negate la differenza
e l’alterità, dove viene proposto il paradigma dell’adeguamento a dei modelli predeterminati nascono società che
generano frustrazioni, malumori, insofferenza, intolleran
za e razzismo. Al contrario in
quei gruppi sociali dove la diversità viene valorizzata e incoraggiata noi assistiamo a fenomeni di grande creatività,
apertura, socialità. Nel nostro
caso le differenze sono etniche, culturali ma anche teologiche. Perché ci possa essere
il modo di vivere insieme,
perché veramente l’essere
chiesa insieme divenga una
concreta e riuscita possibilità
è importante che le parti in
causa pensino alla differenza
come valore, risorsa oltre che
come diritto inalienabile dell’essere umano.
Avere gli stessi spazi
Tutto il percorso che le nostre chiese hanno dovuto fare
in merito ai diritti inalienabili
della donna di esprimere il
suo essere in un mondo dominato dagli uomini (percorso che deve ancora continuare), ora lo devono fare anche
per gli immigrati. Fino ad oggi nella chiesa, come nella
società, l’elemento maschile
è stato predominante, la realtà è stata letta nell’ottica
maschile. Le nostre chiese si
stanno rendendo conto sempre di più che il modo di pensare delle donne deve diventare un principio ermeneutico per la lettura della realtà
affianco a quella degli uomini e solo' così si potrà avere
una visone d’insieme. Le
donne devono perciò avere
gli stessi spazi degli uomini,
senza rinunciare neanche in
parte al loro essere donne.
È un dato di fatto che tra
uomo e donna esiste una differenza, il «siamo tutti uguali»
è una bugia, la differenza va
rilevata e valorizzata evitando
in tutti i modi la subordinazione dell’uno all’altro. Così è
per quanto riguarda le culture
dei gruppi etnici minoritari.
Questo processo non è senz’
altro indolore, il cammino
non sarà facile e deve essere
affrontato con grande serietà
e competenza, per evitare frustrazioni, conflitti, difficilmente recuperabili e malintesi ma è un cammino necessario per il benessere della chiesa. La chiesa va perciò rieducata. In ogni processo pedagogico sono importanti:
1) l’ascolto, lo stabilire una
relazione in cui l’altro si sente accolto, sa che può esprimersi per quello che è, che
viene accettato nella sua diversità, che non deve fingere
di essere diverso.
«Essere chiesa insieme» 1998
2) imparare a dialogare.
Partire dall’ascolto non significa rinunciare alla propria visione del mondo, ai
propri valori, ma significa saper proporre la propria diversità in maniera costruttiva
come possibilità di scambio
che arricchisce.
Questo presuppone però
una fase di presa di coscienza
della propria identità. Solo
chi conosce bene la propria
identità è in grado di andare
incontro all’altro in maniera
serena per dialogare sull’alterità. La ricerca sulla propria
identità, l’ascolto attivo e il
dialogo portano l’uno e l’altro
desiderare di costruire una
realtà dove le diversità vengono valorizzate, ma devono essere armonizzate per il raggiungimento di un progetto
comune. Ma perché tutto
questo si possa raggiungere è
importante modificare profondamente il modello comunicativo: non più relazioni
basate sul vecchio modello
dove c’è chi insegna e chi impara, ma è necessario usare il
modello dell’animazione culturale dove tutti hanno qualcosa da insegnare, così come
tutti hanno qualcosa da imparare dagli altri.
È chiaro che in tutto questo
processo chi deve fare il primo passo è la parte più forte
o che ha più potere. Così come nel rapporto uomo donna, l’uomo deve partire da un
autocritica che lo porta alTautoconsapevolezza che
culturalmente il suo ruolo è
stato dominante e che perciò
ha bisogno di lavorare su se
stesso per potersi ridefinire
in rapporto alla donna, non
più in termini di dominio,
sottomissione, ma secondo la
nuova ottica della reciprocità, allo stesso modo noi occidentali dobbiamo partire
dalla autocritica del nostro
eurocentrismo, e cercare di
comprendere la realtà dalla
prospettiva dell’altro.
Partire dall’altro significa
cercare di comprendere come l’altro vede il mondo e
non pretendere che l’altro,
siccome si trova in Occidente, in Italia, deve adeguarsi
acriticamente ai nostri j
delli; noi piuttosto
cercare di sforzarci per„
prendere anche imodeii
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Convivialità
Alcuni gruppi cristiani,
scrivendo il processo v«
cui dobbiamo tendete ni >
valorizzazione delle ¿ili
ze, parlano di «convivial 1
delle differenze». È im’inn .
gine molto affascinante p
ché ricorda i pranzi conmi
che Gesù aveva con coii
che nella società di alloias
no considerati «diversa
ricorda anche che sullatan
imbandita c’è qualcosai
condividere, ricorda ani ;
che Gesù pariò della sua i
te, condivisione estremai
l’amore di Dio per noi, au
la. Ed è a tavola che si ino
trano gli amici, che ci sigi
da in faccia e si prende il li
po per stare insieme, peip
lare in un’atmosfera rilassi
è a tavola che si celebri 1
gioia e il ringraziamento,
si impara a condividere.lj
ferisco questa immagine [ ^
ché sono convinto chei
base di tutti i nostri discola
essere chiesa insieme dobi
mo prendere il tempo di si 'f
insieme, di coltivare i rapp ?
ti, di parlare e ascoltare iai
mosfere calme e rilassi!
Dobbiamo prendere il
di diventare amici, solo« |
potremo lasciar cadereM ¡1
quelle maschere che ci iUf r
discono di accettare l'alt ■
perché in fondo dobbiamo ?
fendere le nostre identità 1 ^
spesso sono deboli e insic®
Stranieri, extracomunitari, immigrati, la terminologia non è neutri
Come definire le chiese di immigrati evangelici presenti nel nostro paese? Il modo con cui noi definiamo
una persona o un gruppo di persone mette in risalto la
rappresentazione che noi abbiamo di essi. Il linguaggio non è mai neutro, e non è neanche un mero strurnento perché determina i pensieri e le nostre esperienze. Nel nostro caso il linguaggio, oltre a contribuire a mantenere o creare degli stereotipi, può correre il
rischio di creare delle differenze inesistenti 0 di ingigantire degli elementi marginali.
In passato, credo nel corso di un convegno «Essere
chiesa insieme», si decise di adottare nei nostri ambienti i termini di «stranieri», e «chiese di stranieri»
per definire quelle comunità composte da non italiani.
Usare, però, queste definizioni non descrive la realtà di
molte persone così definite. Nella mia esperienza i figli
degli immigrati, nati e cresciuti in Italia non si considerano stranieri, e non accettano di essere chiamati immigrati. Infatti il termine straniero si riferisce a una
persona che vive momentaneamente nel nostro paese
nel quale si sente un estraneo, anche perché mantiene
i legami e i diritti legali nel proprio paese d'origine.
Quando poi parliamo di stranieri extracomunitari,
pur intendendo tutti coloro che provengono da paesi
che non fanno parte della Comunità europea, di fatto
escludiamo gli statunitensi, i giapponesi, gli svizzeri
presenti sul nostro territorio. Il termine immigrato viene recepito da noi come indicante una persona bisognosa obbligata a emigrare dalle circostanze poco favorevoli del paese d'origine: ecco perché ci troviamo in
imbarazzo quando dobbiamo definire immigrato un
dirigente tedesco di una grossa industria, ma non proviarno lo stesso imbarazzo nel definire cosi una donna
brasiliana che fa la domestica in casa sua. Neanche il
termine migranti è appropriato perché definisce quelle
persone che sono solo di passaggio in un certo paese
perché hanno un'altra meta dove stabilirsi definitiva
mente. Spesso però molte delle persone che ho incontrato hanno l'intenzione di rimanere nel nostro paese.
Le chiese etniche minoritarie
Per queste ragioni molti oggi propongono la definizione di etnie minoritarie per descrivere in maniera
più puntuale le varie componenti non italiane presenti
nel nostro paese. Con il termine minoranza si descrive
infatti un gruppo che numericamente è meno rappresentato rispetto alla maggioranza. Per etnia si intende
un raggruppamento umano basato su comuni caratteri
razziali, linguistici o culturali. Di conseguenza una minoranza etnica è un gruppo, numericamente inferiore,
rispetto a una maggioranza e caratterizzato da specifici caratteri di tipo culturale, linguistico e somatico.
La terminologia minoranza non è usata per sottostimare la discriminazione o la condizione spesso di inferiorità e di marginalità in cui spesso vivono, loro malgrado, alcune etnie minori perché questa definizione
mette ancora in risalto il fatto che come minoranza
spesso questi gruppi vengono discriminati, sono poco
valorizzati e spesso emarginati. Quindi il termine minoranza mette in evidenza, oltre all'aspetto numerico,
anche e forse più significativamente quello culturale:
definisce cioè un gruppo la cui cultura è trattata come
Inferiore rispetto a quella di maggioranza. Un esempio
tipico di questa «inferiorità» culturale viene proprio
dalla nostra esperienza di evangelici in Italia dove la
nos^a cultura protestante di fatto viene marginalizzata rispetto a quella cattolica. Più di altri gruppi in Italia, noi protestanti possiamo capire e identificarci con i
gruppi etnici minoritari presenti nel nostro paese perché noi abbiamo sperimentato e sperimentiamo tuttora la difficoltà dell'affermazione di una presenza e di
una cultura diversa da quella dominante cattolica.
L'Italia è un paese tendenzialmente monoculturale
che fa fatica a confrontarsi con culture alternative. Noi
protestanti desidereremmo essere trattati non coi*
un gruppo minoritario ma come una componentec*
turale significativa e rilevante, vorremmo che l'oA®
dei nostri concittadini si allargasse, uscisse dagli ««J'
sti confini culturali italici e comprendesse che il noi®
paese oramai è parte di un orizzonte culturale pià®
sto, quello europeo, e che l'Europa stessa nofiF
concepirsi come una fortezza, ma deve pensarsi con*
un crogiuolo di espressioni culturali diverse che de#
“~ :_x----r__ I ... .. —TÌ. D3P^
no interagire con ambiti culturali extraeuropei.
parti infatti si riconosce l'esigenza di una ^ormaei^
globale che tenga conto dell'apporto indispensa«
delle altre culture non occidentali (africane, asiaw
latinoamericane e altre ancora).
Il nostro etnocentrismo
Purtroppo questo è un percorso lungo e
Siamo indubbiamente ancora influenzati nel
nocentrismo da una cultura evoluzionista che
me modello iniziale l'uomo primitivo e come
(nodali?
finale l'uomo bianco occidentale, e quindi mis* ^
gradp di civiltà e di cultura secondo questa scal ■
chiese evangeliche italiane sono chiese etniche di 1«??
cW
gioranza rispetto alle molte chiese non italianei
sono perciò chiese etniche minoritarie.
Da questa definizione si può partire con un
sulla diversità culturale nelle nostre chiese in iw"^^
sul rapporto esistente tra le diverse culture, ¡..(¡j
ture minoritarie fra loro e con la cultura maggi®«
anche se in alcune parti d'Italia si sta verificando
so, almeno in ambito protestante, in .cui
queste chiese numericamente sono maggiorità
culturalmente restano minoritarie (un po' come a
dizione della donna in Italia). Nel riflettere su M|uj
argomenti credo che dovremmo fare una '
per vedere quanto le nostre teologie sono st
fiuenzate dal nostro etnocentrismo, (c.b.)
nocbi
Èonosi
piade
onull«
lacbi
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chiesi
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disco
scorni
fède. (
osserv
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storia
.Sceco
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'OlflIDl 5 OTTOBRE 2001
Commenti
PAG. 9 RIFORMA
Presentiamo la sintesi di alcuni interventi svolti nel dibattito dell'ultimo Sinodo
Il rapporto tra chiesa e diaconia
I iJnc chiesa senza diaconia è un corpo senza mani, senza occhi, senza cuore. Cesò ha
hfjipre parlato e agito, e così deve fare la chiesa, perché questa è la sua essenza e Identità
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PAOIO RICCA
ÌorrEI ricordare prima di
ijutto che l’unico titolo
^Gesù si è attribuito espli¿ente secondo la traditone sinottica è quello di
¿Iacono». «Io sono tra voi co¿e colui che serve, come dia■ dice Gesù di se stesso.
Mala chiesa ha dimenticato o
forse più probabilmente riBiosso: da venti secoli nessuno chiama Gesù «diacono». Si
loiiosce certamente la diaco■«¿adella chiesa, ma si sa poco
¿jjuila della diaconia di Gesù.
La chiesa è diventata la chiesa
del Signore, ma non è stata la
chiesa del diacono. Non è
i^omparsa, potremmo dire, la
liaconia come opera, ma è
fcoinparsa la diaconia come
fede. Questa è allora la prima
tìsservazione che si può fare:
la chiesa cristiana nella sua
storia fino a oggi si concepisce come chiesa di Gesù diacono oppure come chiesa di
Gesù Signore? La diaconia è
un’opera della chiesa o è la
chiesa stessa in opera? La
chiesa è diaconia oppure fa
4ella diaconia?
Secondo punto: Gesù ha
.predicato l’Evangelo del Regno e ha agito, ha fatto le
«opere potenti», che essen
zialmente erano guarigioni.
Egli «sanava ogni malattia e
infermità».
Parlare e agire
Dunque Gesù tra parlato e
agito. Se si dovesse calcolare
in quale ambito Gesù ha operato di più (se in quello della
Parola o degli atti), sarebbe
difficile decidere. Certamente non si può dire che Gesù
abbia parlato più che agito.
Forse parole e azione si equivalgono. Certamente egli si è
manifestato nell’azione non
meno che nella Parola. La
Riforma ha qualificato la
chiesa cristiana come «chiesa
della Parola». Questo è giusto
contro una comprensione
troppo sacramentale del cristianesimo e contro la giustificazione mediante le nostre
opere. Però non corrisponde
al ministero di Gesù che per
almeno il 50% è consistito in
«opere potenti». Queste non
sono solo l’illustrazione dell’annuncio, sono un’altra forma dell’armuncio. L’Evangelo prende corpo in due modi:
nella predicazione o annuncio e nel lavare i piedi del
mondo. L’opera è la Parola.
La Parola sta dentro l’opera.
Perciò Gesù dopo aver lavato
i piedi ai discepoli chiede:
«Capite quel che v’ho fatto?».
Però poi non aggiunge altro,
cioè non spiega, non aggiunge la Parola perché essa sta
dentro l’atto della lavanda: o
la trovi lì, «capendo», o non la
trovi affatto.
In questo senso siamo ancora lontani dall’ideale evangelico, cosi come appare nella
vita di Gesù: dovremmo avere
almeno un diacono per ogni
pastore, il 50% di opere e il
50% di chiese. Si dice che abbiamo troppe opere. Forse è
vero per il peso finanziario
ma non per l’aderenza al
modello evangelico: rie abbiamo troppo poche.
Le opere presentate
come miracoli
Terzo punto: le opere di Gesù sono presentate come miracoli. Anche questp è degno
di nota. Il diacono fa miracoli.
I miracoli di Gesù sono i suoi
atti di diaconia. La diaconia è
il miracolo per eccellenza.
Una chiesa senza miracoli
non è degna di nota: non si
nota la sua presenza. La comunità di Gesù deve poter fare miracoli e questi miracoli
devono collocarsi, come nel
ministero di Gesù, nell’ambito dell’attività diaconale. 1 mi
racoli non bisogna aspettarli,
bisogna farli. La chiesa è il
corpo di Cristo. Una chiesa
senza diaconia è un corpo
senza mani, senza occhi, senza cuore: non un corpo, ma
un cadavere. 1 miracoli cristiani sono principalmente le
opere diaconali. Per questo
sono generalmente loro che
fanno stupire é attirano l’interesse della gente.
Questo era già vero per Gesù: il suo grande successo
iniziale fu certamente dovuto in misura prioritaria alle
guarigioni, assai più che alla
predicazione. Anche questa,
intendiamoci, fu subito notata: «La gente stupiva della
sua dottrina, perché egli li
ammaestrava come avente
autorità, e non come gli scribi» (Me. 1, 22). Ma la sua prima apparizione e azione in
pubblico dopo la chiamata
dei discepoli, nella sinagoga
di Cafarnaum, Gesù guarisce
un indemoniato e la gente
commenta: «Che cos’è mai
questo? È una dottrina nuova! Egli comanda con autorità perfino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono!» (Me. 1, 27). Lo stupore
sulla dottrina è inseparabile
da quello sul miracolo, cioè
sulla guarigione.
Diaconia isituiionalizzata e nuovi bisogni sociali
MARCO JOURDAN
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)lto spi
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.Tu'«il
) state'"
VORREI rispondere ad alcune osservazioni fatte
■ittegli interventi che mi hanno
' preceduto:
-presso il Servizio cristiano
ditóesi, con la chiusura dell'Uliva Srl non si abbandona
la coltivazione biologica ma si
intende gestirla in modo diverso; cambiano quindi gli
strumenti utilizzati ma l’obiettivo rimane:
-è vero che a Vittoria la comunità si è assottigliata e che
la Casa di riposo è cresciuta,
ma perché non considerare
ànche la Casa di riposo come
una comunità, particolare
senza dubbio ma pur sempre
una comunità che vive e testimonia, offrendo un servizio apprezzato non solo a Vittoria ma in buona parte del
Ragusano?
7 noi abbiamo delle scuole
private ma non abbiamo delle
^ole confessionali. La scuola confessionale è un’altra cosa, le nostre sono scuole prillate laiche. Questo non comporta l’accettazione automatica del finanziamento pubbbeo. Sul finanziamento delle
nostre scuole si può discutere
6 una decisione in tal senso
non è stata ancora presa, ma
•af finerà seguita non è stata di tipo confessionale.
Il pericolo
wH'istìtuzionalizzazione
Passando al tema generale
ella nostra discussione, rit^engo che uno dei pericoli
I tititti'e la nostra diaconia è
sUello dell’istituzionalizzaj°titi- creare il bisogno anzie nspondere al bisogno. La
tesa della tradizione può
sere indice di serietà, di
4 aiità e di cultura del servieh’ nascondere an
ij ® ti rischio dell’istituzionaT^azione. Dobbiamo quindi
^re molto vigili in questo
nso perché, se questo ave, ci distacchiamo dai bi
divo' ® nostra azione
yp astratta, protettiva
cani“ ® opere ma in
chio rispondere alle ri*^stedeipiù deboli.
stra a) ^ sulla nota L^^onia istituzionalizza^preferisco questo termine
a quello, purtroppo in uso, di
diaconia pesante: una definizione che non rende chiara la
funzione delle nostre opere),
soprattutto si teme la sua
crescita, il suo ampliamento.
Sono d’accordo sull’opportunità, in questo momento, di
evitare la creazione di nuove
opere. Ritengo però che abbiamo un impegno altrettanto grande nel trasformare e
migliorare le opere che già
abbiamo. Trasformarle secondo l’evoluzione dei bisogni e tenendo conto delle
nuove forme di disagio che
si vanno delineando nell’attuale assetto sociale e migliorarle non tanto in termini di
qualità, che è mediamente
già di buon livello, ma soprattutto in quanto a efficienza, creando sinergie che
consentano economie di scala che, nel nostro caso, non
servono a creare profitto ma
a migliorare il servizio offerto
attenuandone i costi.
La nostra diaconia risente
ancora, di riflesso, del passaggio da un servizio di tipo «autarchico», vale a dire indirizzato esclusivamente verso i
nostri membri di chiesa al fine di permettere loro di usufruire di servizi senza correre
il rischio di subire vessazioni
o ricatti, a un servizio rivolto
al prossimo senza distinzione
di provenienza, credo, etnia o
quanto altro. Una scelta che
risale a 25-30 anni fa, ma che
non è stata ancora del tutto
metabolizzata nell’ambito
della chiesa. Questa scelta
rappresenta un passo importante nell’evoluzione della
diaconia, e quindi del nostro
essere chiesa che testimonia
e opera nella società, ed è triste che, probabilmente a livello inconscio, susciti ancora
delle riserve.
Condizionamenti inconsci
In realtà noi viviamo alcuni
condizionamenti inconsci sui
quali dovremmo comunque
riflettere perché lo spirito con
cui facciamo diaconia si intreccia con il nostro essere
chiesa. Pensiamo, ad esempio,
a quello che potremmo definire l’inconscio fisiologico
per cui la nostra attenzione è
maggiormente attratta dalle
Case di riposo e dagli ospedali
piuttosto che dalle attività in
favore dei minori. Non ^ sa
mai, l’ospedale o la casa di riposo potrebbero sempre servire, mentre è più difficile
pensare a un utilizzo diretto di
una struttura per minori. Pensiamo a quante iniziative in
favore dei minori sono state
chiuse negli ultimi 25-30 anni.
Sono molte e quelle rimaste
equivalgono all’incirca alle dita di una mano, lo ho l’impressione che, riducendo quest’area della sua diaconia, la
chiesa ha sensibilmente indebolito la sua funzione pedagogica e le sue possibilità di dialogo con le nuove generazioni.
Un altro condizionamento,
probabilmente anch’esso inconscio, potremmo definirlo
di carattere moralista. Ci siamo mai domandati perché
nell’ambito della nostra diaconia non hanno mai trovato
posto iniziative a favore degli
dcolisti, delle ragazze madri,
dei tossicodipendenti, dei
malati di Aids e ora anche
delle prostitute-schiave che
incontriamo lungo le nostre
strade? Ci sono state e ci sono iniziative da parte di singoli membri di chiesa, ma la
loro azione si svolge al di fuori del contesto ecclesiastico,
spesso nell’indifferenza della
chiesa e talvolta anche con
manifesta ostilità. Anche su
questi aspetti sarebbe utile
riflettere per meglio capire
noi stessi e il nostro modo di
vivere la chiesa e la diaconia.
Per concludere, parlando
di diaconia, non dimentichiamo le nuove forme di povertà che vengono prodotte
dalla cosiddetta evoluzione
sociale. Si pensi solo alla popolazione carceraria che nel
giro di una decina di anni è
passata da una media di
33.000 a 57.000 persone. Siamo ancora lontani dai riferimenti americani dove il rapporto fra popolazione e detenuti è molto più elevato, ma
un aumento così significativo, quasi un raddoppio in
circa 10 anni, rappresenta indubbiamente un’inversione
di tendenza, l’influenza della
funesta «tolleranza zero» per
cui si tende a limitare la libertà del diverso come sistema di controllo sociale.
Questo, come altri fenomeni che si agitano nella nostra società, dovrebbe farci
riflettere e a questi fenomeni
si potrebbe reagire come singoli e come chiesa, con forme di diaconia non istituzionalizzata, agile'e sensibile alla sofferenza di cui non riusciamo a liberarci.
Il «debito teologico»
della nostra diaconia
WINBUD PFANNKUCHE
PER quanto riguarda il rapporto tra chiese e opere,
ritengo che ci sia un debito
teologico nel nostro operare.
Un certo vuoto teologico al
quale corrisponde, come fuga'
in avanti, una specie di attivismo che produce cose ammirevoli, ma in fondo siamo un
po’ disorientati. 11 concetto
specifico di «diaconia» nèl
Nuovo Testamento comprende l’intero mandato di Gesù
Cristo. Ma quale Cristo predichiamo? Quale importanza hanno «le nostre opere»?
L’estrema accentuazione dell’etica, comune a tutto il protestantesimo, soprattutto dopo le esperienze della seconda guerra mondiale è più che
comprensibile. Però dobbiamo fare attenzione di non
spacciare la nostra chiesa per
quello che non è.
La Riforma ci ha insegnato
che incontriamo Cristo nella
parola predicata e ascoltata e
nei sacramenti. Negli ultimi
decenni ci siamo invece abituati a un tipo di predicazione che voleva continuamente
«uscire dalle quattro mura
della chiesa». Era importante
per spezzare l’isolamento ma
forse sproporzionata, o addirittura giocata contro l’impostazione tradizionale del catechismo riformato, capace di
pensare «chiesa» anche positivamente. Detto in modo ancor più provocatorio per un
ambiente pragmatico: si pensava di individuare il vero
«sacramento» nell’azione sociale. Allora tutto è in funzione del mondo. Se io confesso
i miei peccati, confesso di
«non aver fatto abbastanza».
Tuttavia credo che, alla fine,
dobbiamo dare delle risposte
sensate non solo al mondo,
ma anche rispondere al buon
Dio. In ogni caso, la nostra
comunione nelle chiese locali
si è ulteriormente indebolita;
e se questa è debole, la diaconia sente un vuoto: un debito
teologico, forse più grave di
quello economico.
Per certi versi le opere, nel
muoversi naturalmente in
campo laico ed ecumenico,
sono già un passo in avanti rispetto alle chiese, e forse anche le chiese hanno bisogno
di un po’ più di professionalità: le chiese devono tenere il
passo, le opere non devono
scappare. La diaconia «forte»
esige un’ecclesiologia compatta, meno infetta dall’associazionismo e dall’anticlericalismo: secondo me dobbiamo
riflettere su cosa significhi
l’aggettivo «nostro» quando
parliamo delle «nostre» opere,
della «nostra» testimonianza
ecc. Solo una sana identificazione 0 qualcosa di più? Chi
predica le opere, predica di
solito le proprie opere. Bisogna fare attenzione di non innamorarsi delle proprie opere
ma di quelle del Signore: se
non perdiamo di vista queste
ultime, si apre la possibiUtà di
dialogare, migliorare, tagliare
sulle proprie opere.
Le opere istituzionalizzate
non sono il samaritano, bensì
l’oste della parabola; bisogna
distinguere la diaconia della
prima da quella della seconda ora. L’opera istituzionalizzata ha la sua importanza
nell’esperienza diaconale accumulata, che viene in aiuto
quando il samaritano bussa
alla porta. Penso al rapporto
tife il «Pellegrino della Terra»
e il Centro diaconale a Palermo. Ecco, importante è che
non si giochi il samaritano
contro Toste.
L’esperienza della nostra
diaconia istituzionalizzata
non è da buttare. La Commissione sinodale per la diaconia
lavora per «migliorare la qualità», ma che cosa significa
per la «quantità» delle opere?
Se le opere sono considerate
la vera realizzazione della
chiesa, certo che tagli non saranno possibili; ribadiamo
sempre che chiesa e diaconia
non sono da separare. Dominus vobiscum (-il Signore è
con voi) e pauperes vobiscum
(i poveri sono con voi) non
sono un tutt’uno; è giusto,
ma non è soltanto un «principio», bensì un realtà in Cristo.
I principi possono essere infruttuosi, un cappellano è il
buon amico che passa, a cui
l’opera non chiuderà mai la
porta in faccia, ma non deve
fare parte delle decisioni gestionali. Chiesa locale e opera
istituzionalizzata si devono
ascoltare, accogliere e apprezzare nella dimensione
fraterna della intercessione.
Intervento al gruppo di lavoro
sinodale su chiesa e diaconia
Meno sussidiarietà e più alternativa
ERIC NOFFKE
VORREI fare una premessa a questo mio intervento: se sarò polemico, lo sarò
con la piena coscienza che
mentre noi parliamo ci sono
persone che spendono con
dedizione e anche con sacri- '
ficio la loro vita per far funzionare la nostra diaconia. A
loro non può che andare il
nostro ringraziamento.
Detto questo, per esporre il
mio primo punto farò l’esempio delTUliva Srl di Riesl, che
passa un momento di crisi e
di riorganizzazione (e che
speriamo la riporti a essere
competitiva). Nella sua crisi
mi pare che si possa vedere il
limite, per non dire il fallimento, della nostra diaconia.
Oggi, infatti, ci troviamo di
fronte a due scelte politiche
possibili: da una parte, possiamo adattarci al processo si
globalizzazione, così come
viene gestito dai grandi della
terra e dalle multinazionali;
dall’altra c’è la possibilità di
inserirsi in quelTampio e variegato movimento che cerca
di volgere al bene di tutti la
mondializzazione, rivoluzionando i processi produttivi, i
meccanismi economici e le
relazioni sociali. Ne vediamo
dei chiari esempi nell’agricoltura biologica, nel commercio equo e solidale, nelle
mille associazioni che si occupano di quelTumanità ai
margini che si sta ampliando
in misura sempre maggiore,
nella proposta della Tobin
Tax. Io credo che noi dovremmo impiegare il nostro sforzo
diconale in questo ambito alternativo, perché qui con
maggiore forza che negli ambiti di impegno attuali (ospedali, Case di riposo...) noi
possiamo portare veramente
una testimonianza concreta
della vita rivoluzionaria del
regno di Dio. Per dirla con
uno slogan: meno sussidiarietà e più alternativa!
Secondo punto: si è sottolineato come la diaconia sia il
proseguimento della predicazione, come essa nasca dallo
Spirito che vive nella comunità. Faccio allora un esempio a caso, quello di Vittoria,
la cittadina siciliana: una
grande opera là dove rimane
solo una piccola comunità di
18 membri. In essa vedo una
parabola del rischio che corriamo come chiesa valdese,
cioè di proseguire sulla strada di una diaconia sempre
più impegnata in grandi opere, ma espressione di una
chiesa ridotta all’osso. Opere
sempre più costose rischiano
di assorbire tutte le energie
della chiesa e sottrarre così
risorse non solo alla «microdiaconia», ma soprattutto
all’evangelizzazione, al lavoro coi giovani, alla vita della
chiesa in generale. Attenzione quindi che la diaconia
non superi il limite e vada oltre le nostre possibilità.
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10
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 5 ottobre?^.
DALLA PRIMA PAGINA
Primo passo federalista
correnza, perequazione deUe risorse finanziarie, giurisdizione,
referendum statali, ordine pubblico, sicurezza federale. Le Regioni avranno nuovi poteri in
tema di istruzione, ambiente e
giudici di pace. Per le materie di
loro competenza le Regioni,
inoltre, dovranno obbligatoriamente essere coinvolte nella
stesura di leggi comunitarie.
Potestà amministrativa generale ai Comuni: la competenza
amministrativa generale passa
dallo Stato ai Comuni.
Sussidiarietà: la riforma mette su un piano di collaborazione
paritaria pubblico e privato, per
favorire la responsabilizzazione
della società civile nella gestione
di servizi pubblici. Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni devono favorire
l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività di interesse generale, sulla base dei
principi di sussidiarietà.
Aboliti i controlli e istituiti i
coordinamenti: è abolito il commissario governativo che in ogni
Regione sovrintende all’attività
amministrativa degli altri enti.
Sono aboliti gli atti di controllo
di legittimità esercitati dalle Regioni su enti locali. Comuni e
Province. È invece istituito il
«Consiglio delle autonomie locàli» per il coordinamento delle attività di Comuni e Province di
una stessa regione.
Rappresentanti autonomie in
Parlamento in via transitoria: la
riforma prevede una norma
transitoria che prevede, in attesa della riforma complessiva
della seconda parte deUa Costituzione, la presenza di rappresentanti di Regioni, Province e
Comuni alla commissione parlamentare per gli affari regionali, in attesa della riforma costituzionale che istituisca la seconda Camera delle autonomie.
Federalismo fiscale: Comuni,
Province, Città metropolitane e
Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
Potranno dunque essere da loro
istituiti tributi propri, oltre a
compartecipare al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio. Lo Stato dovrà invece
istituire un fondo perequativo
senza vincoli di destinazione
per i territori con minore capacità fiscale. E dovrà destinare risorse aggiuntive a favore di particolari enti locali, per rimuovere squilibri economici e sociali.
Parità uomo-donna in accesso a cariche elettive: la riforma
introduce per la prima volta in
Costituzione la pari opportunità fra donne e uomini per
l’accesso alle cariche elettive,
attribuendo alle Regioni il compito di promuoverla.
Nome bilingue per il Trentino
e Valle D’Aosta: denominazione
bilingue per due regioni in Costituzione: Trentino Alto AdigeSud Tirol e Val d’Aosta-Vallée
d’Aoste.
A parte le critiche scontate
dei fondamentalisti del federalismo-devolution (i soli, naturalmente, a possederne il divino
verbo), si può vedere che si tratta di modifiche non da poco. Si
poteva fare di più per avere un
vero stato federalista? Certamente. Ma sarebbe stato saggio?
Non credo. L’Italia, e non solo la
sua classe politica, non possiede
ancora là cultura statale federalista che consente di trovare gli
equilibri giusti tra centro e periferia, tra regioni forti e regioni
deboli, tra base e vertice, tra
pubblico e privato.
Facciamo due soli esempi, il
Fondo di perequazione «per i
territori con minore capacità fiscale per abitante» (cioè quel
fondo che trasferisce più risorse, derivanti dal prelievo fiscale,
alle Regioni più povere) sarà gestito a livello statale e non regionale. È un limite ai federalismo, certamente, ma le Regioni
avranno già molte cose di cui
occuparsi ed è un bene che, per
una prima e forse lunga fase, sia
il governo centrale a doversi assumere la responsabilità di cercare un equilibrio notoriamente
difficile. Secondo esempio: il
principio di sussidiarietà, che
regola le modalità di intervento
delle istituzioni nella vita economica e sociale, ha dei confini
precisi. Il testo attuale dice che
le istituzioni «favoriscono»
l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, mentre
il testo proposto dal centro-destra era che le istituzioni dovrebbero intervenire «solo
quando i cittadini, singoli e associati, non riescono a fornire
risposte». Meglio la prudenza
del testo approvato perché, nel
clima attuale, sarebbero troppi
i rischi di vedere lasciato all’intervento «pubblico» solo quelle
iniziative sociali, sanitarie e assistenziali «che non rendono».
Insomma, è utile che ci sia una
specie di periodo di «prova» dei
nuovi equilibri di potere.
RIFORMì
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it
REDAZIONE CENTRALE TORINO:
Via S. Pio V, 15 -10125 Torino, tei. 011 /65527S - fax
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Nidi, Nicola Pantaleo, Emmanuele Paschetio, Giuseppe Platone, Giovanna Pone
Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Raffaele Volpe
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REVISIONE EDITORIALE: Stello Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
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EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino.
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Italia cf)> L. 110.000; ridotto: L. 85.000; semestrale: L. 58.000
—™ ^ sostenitore: L. 200.000.
La reazione
degli Stati Uniti
les il 26 settembre, quando
neanche il sottosegretario
della difesa, Paul Wolfowitz,
ha illustrato il dossier agli alleati della Nato ma si è limitato invece a richiedere il loro
aiuto nel raccogliere più informazioni. Non si capisce,
insomma, se l’amministrazione stia esercitando quella
segretezza consentita dalla
dottrina della «National security» o se ancora non esiste
un consenso su come proseguire. 11 New York Times nota
che un problema è la tensione tra chi, come Wolfowitz,
vuole includere l’Iraq nel mirino della rappresaglia, e chi,
come Powell, si batte per costruire una coalizione di paesi mediorientali disposti ad
appoggiare un’azione militare da parte degli Stati Uniti.
Interventi su più fronti
Gli avvenimenti degli ultimi giorni suggeriscono che
sta emergendo una strategia
a lunga scadenza che prevede un uso limitato di forze
militare tradizionali. Più visibili, invece, sono le iniziative
sui fronti diplomatici ed economici. In questo senso vanno sottolineati sia il cambio
di posizione da parte dell’amministrazione Bush sulla
politica della Russia in Cecenia, sia l’approvazione del
prestito di 135 milioni di dollari al governo del Pakistan
(l’amministrazione vede sia la
Russia sia il Pakistan come alleati indispensabili nel caso di
un’eventuale azione militare
in Afghanistan). A livello militare gli strumenti preferiti
dell’amministrazione sembrano essere le «Special forces», e i giornali americani sostengono che elementi specializzati sia dell’esercito inglese sia di quello americano
operano in Afghanistan dalla
settimana scorsa. Tra le altre
strategie, si parla anche di
appoggiare e collaborare con
forze in Afghanistan che si
oppongono ai talebani, una
politica già iniziata sotto
l’amministrazione Clinton.
Tuttavia questi interventi
sono rimasti indeboliti dalla
morte di Ahmed Shah Massoud, leader militare del più
grande gruppo antitalebani
che è stato assassinato, presumibilmente dai seguaci di Bin
Laden, due giorni primi degli
attacchi a New York e Washington. Dato questo quadro
complicato e senza opzioni facili, il rischio è che l’opinione pubblica americana si
senta impotente. Per questo
George W. Bush si è dedicato,
durante l’ultima settimana, a
proporre iniziative molte con
crete. Secondo lui gli americani dovranno fare di tutto per
tornare alla normalità, riprendere il lavoro, uscire, andare
al cinema e ai ristoranti, programmare i viaggi e rion avere
paura di volare.
Distinguere fra islamici
e fanatici
Allo stesso tempo sia il presidente sia i membri della sua
amministrazione continuano
a fare distinzione tra i cittadini musulmani che abitano in
America e i «fanatici» che
sembrano essere i responsabili degli attacchi. I primi
vanno rispettati e protetti,
mentre gli altri vengono riconosciuti come grandi pervertitori dell’Islam. Questo messaggio è stato fortemente ribadito da diverse chiese americane, le quali si sono impegnate a organizzare incontri e
culti interconfessionali. La situazione sembra essere cambiata questa settimana con
l’annuncio dei risultati sull’indagine portata avanti dal
dipartimento di giustizia, dal
Fbi e dalla Già sull’identità
degli attaccanti. Secondo
queste fonti ufficiali gli attacchi sono stati pianificati fuori
degli Stati Uniti, più che altro
in Germania, e hanno avuto
poco o niente appoggio da
parte delle comunità musulmana in America. Rimane da
vedere fino a che punto queste dichiarazioni aiuteranno a
ridurre il sospetto verso persone di discendenza mediorientale e sudasiatiche, e se il
pubblico americano riuscirà
di nuovo a vedere le diversità
demografica come un vantaggio anziché come motivo di
diffidenza e paura.
Tutto sommato gli americani si trovano in una situazione di attesa. Le notizie,
questa settimana, sulla possibilità di attacchi biochimici
sono stati colti dall’opinione
pubblica con preoccupazione
ma senza panico. Allo stesso
tempo, il clima di unanimità
patriottica lascia poco spazio
per il dissenso. Le manifestazioni tenute a Washington il
29 e 30 settembre dal movimento antiglobalizzazione
non sono state accolte con
molta simpatia dall’opinione
pubblica. Inoltre sembra che
si stia aggravando una spaccatura all’interno del movimento tra i sindacati, particolarmente il Afl-Cio di John
Sweeny, il quale appoggia
pienamente il presidente Bush, e elementi del movimento
che leggono gli avvenimenti
dell’11 settembre come conseguenza tragica ma inevitabile di una politica capitalistica di sviluppo.
No alle rappresaglie
Le chiese non si sono schierate ufficialmente in questo
dibattito, ma hanno rilasciato
dichiarazioni che invitano il
governo americano a evitare
rappresaglie che minacciano i
cittadini poveri e innocenti
dell’Afghanistan. Se i manifestanti a Washington hanno
avuto problemi a farsi capire
dall’opinione pubblica americana, rimane da vedere che
cosa succederà questa settimana al Congresso. Il Segretario della Giustizia, John
Ashcroft, ha chiesto poteri
eccezionali per condurre dei
programmi antiterroristici,
ma finora è rimasto bloccato
da un’alleanza tra rappresentanti conservatori e liberali, i
quali si oppongono per diversi motivi a una riduzione
dei diritti civili dei cittadini
americani. L’opinione pubblica, invece, sembra pronta
a scambiare certi diritti a favore di più sicurezza, e quindi il risultato dello scontro tra
Ashcroft e i membri del Congresso rimane incerta. Anche qui, un’azione operativa
sembra essere «in attesa».
Francis Rivers
Estero ordinarlo: L 175.000: v. aerea: L. 200.000; semestrale: L. 90 000sostenitore: L. 250.000.
Ta^ mseriioni pubblicitarie: a modulo (42,5x38 mm, Riforma - 37x45 mm, L’Eco delle
vaili valdesi) £ 30.000, Partecipazioni; mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pineroio con il numero 176/51.
Riforma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6dicembre1999).
Il numero 37 del 28 settembre 2001 è stato spedito dall'Ufficio
CMP Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 26 settembre 2001,
2001
Associato alla
Unione stampa
periodica italiana
UN ascoltatore di Siracusa
ci scrive raccontandoci
di un’esperienza vissuta durante la seconda guerra mondiale. Egli ci dice di essere
stato «prigioniero di guerra in
Sud Africa per circa cinque
anni. Gli ultimi due li ho trascorsi lavorando nelle vastissime fattorie agricole di quel
paese. I sudafricani professano varie religioni, compresa
la cattolica. In particolare, mi
sono ritrovato a contatto con
protestanti di diverse denominazioni. Per un breve periodo vissi a casa di due simpatici vecchietti. Tutte le sere
il marito, che io chiamavo
nonno, dopo aver cenato si
inginocchiava e ringraziava,
con tanta fede, il Signore, per
tutto ciò che gli aveva concesso di fare durante la giornata. I.eggeva un Salmo e poi
con la moglie intonavano un
inno. Dopo qualche sera
chiesi al marito se potevo leggere io il Salmo e di poter
cantare con loro. Il vecchio
di'ù 7<:<uiìù
il Giornale
L'ecumenismo quotidiano
LUCA BARATTO
mi guardò per un po’ in viso
e poi mi disse: “Ma tu non sei
cattoiico?” Al che io risposi:
"Preghiamo lo stesso Dio, caro nonno”. Da quella sera in
poi lessi io i vari Salmi».
I racconti e le testimonianze personali sono sempre
molto importanti e contribuiscono a creare la memoria e la traccia di una identità.
Ogni comunità, accanto alla
propria teologia, ha anche le
sue storie, i racconti che ne
fondano, al pari della prima,
l’identità di fede. È dunque
bello che questo accada anche nell’ambito ecumenico.
Sono sicuro che altre persone avrebbero altre storie da
narrare, racconti significativi
e testimonianze del fatto che
in molte occasioni la coscienza di appartenere a un
unico Signore costituisce un
legame più forte di qualsiasi
appartenenza confessionale.
La lettera termina con alcune
considerazioni di apprezzamento per i passi in avanti
fatti daH’ecumenismo e con
un rammarico per l’astio che
molti cristiani hanno ancora gli uni per gli altri e che il
nostro ascoltatore ritiene di
ravvisare anche in alcuni
Divisi sull'etica
L’opinionista Massimo
Teodori commenta in pri
ma pagina (7 agosto) gli am
nunci del ginecologo Antinori sulla possibilità di far
nascere bambini «clonati»
e contesta la presunta divi'
sione culturale fra cattolici
più «restrittivi» e scientisti
più «selvaggi». «La divisione
d’oggi (...) sui problemi etici - scrive - riguarda altro.
Da una parte c’è la volontà
di sovrapporre una determinata morale, in particolare quella cattolica ufficiale, al diritto dello stato trasferendo i precetti validi
per chi crede in obblighi
per tutti i cittadini; dail’altra c’è la ricerca di regole
valide per tutti che consentano il massimo benessere
generale (...). Ma una tale
divisione tra credenti più o
meno tradizionalisti e laici
(...) non significa per nulla
che nel campo cosiddetto
laico e della libera ricerca
non si ponga (...) non ci sia
un problema di responsabilità, sia nella coscienza dei
ricercatori sia nelle regole
degli stati, al fine di individuare quali sono i limiti da
tutti accettabili e quali le
regole per ogni caso».
COBBIERE DELLA SERA
Cattolici e omologazione
Un editoriale di Ernesto
Galli della Loggia (19 agosto) affronta il rapporto fra
Chiesa cattolica e mondo
globale. «La conservazione
del depositum fidei - scrive
- assicurata dalla sua rigida
struttura gerarchica, la tutela gelosa di un ambito di
potere proprio, il fortissimo
radicamento nelle masse
popolari (...), e infine la vitalità del retaggio carismatico del Cristo: tutto ciò ha
impedito l’omoiogazione
senza residui del cattolicesimo all’Occidente e all’
Europa». E ancora: perla
Chiesa cattolica «...la modernità ha voluto dire
l’aprirsi di un confronto
drammatico tra il suo passato e il suo futuro la missione e la profezia, che invece la sospingono inevitabilmente contro e fuori da
esso secondo modi che
possono essere quelli rappresentati dall’anti G8 ma
anche (...) dal vescovo Milingo, dalle folle di poveri e
di disperati che accorrono
alle sue cerimonie».
I»
andata in onda domenica
settembre)
commenti della nostra trasmissione nei confronti della
Chiesa cattolica.
Caro amico, l’ecumenismo
come pratica quotidiana è
difficile per tutti e quindi anche per noi. La cosa più diffi'
Cile è probabilmente la ricerca di un linguaggio che permetta a ogni cristiano di por;
re ai fratelli e alle sorelle di
altre confessioni le domande
che ritiene serie e importanti, senza che queste siano accompagnate da un tono animoso e, soprattutto, rivendicativo. Per imparare questo
linguaggio ogni cristiano ha
bisogno dell'aiuto di ogni
fratello e sorella in fede. Pe
questo la vogliamo ringraziare per il contributo che
con la sua lettera ha dato a
questa discussione. Buon
domenica!
(Rubrica «Parliamone in^‘^
me» della trasmissione '' p jevangelico» curata dallo r
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* Sulla «panoramica» di San Giovanni
Restyling lungo la Peyrota
A Luserna San Giovanni la «Panoramica», una delle strade
più conosciute dagli amanti delle passeggiate, potrebbe diventare una zona di interesse turistico. Grazie a un accordo fra
Comune e consorzio irriguo della bealera Peyrota, l’intera area
sarà presto risistemata. 11 progetto, che aspetta un finanziamento regionale, prevede l’intubamento della bealera e il recupero di alcuni tratti del canale, la realizzazione di parcheggi,
l’allargamento della strada e il miglioramento della raccolta di*
scoli delle acque piovane che molto spesso allagano la strada.
Due le zone da valorizzare: il monumento alla bealera e la
banchina dei Gay, che saranno fornite di bacheche informative a carattere storico e turistico.
M Una rievocazione storica a Pinerolo
Torna la Maschera di ferro
Ritorna la Maschera di ferro a Pinerolo. Sabato 13 e domenica 14 ottobre infatti si terrà per le vie del centro storico la
terza rievocazione storica intitolata «Il prigioniero misterioso.
La Maschera di ferro». La manifestazione, che quest’anno comincerà alle 21 del sabato in via Principi d’Acaja e continuerà
la domenica nel corso di tutta la giornata per le vie del centro
storico, come già negli anni passati conterà su numerosi figuranti per la sfilata storica e sarà occasione per l’esibizione di
gruppi folcloristici, teatrali, musicali. Domenica tra gli altri si
esibiranno i balestrieri di Roccapiatta, il gruppo ghironde di
Pragelato, il gruppo scherma antica di Udine e il Gruppo teatro piccolo varietà di Pinerolo.
Ju
V <1
) <1
Fondato nel 18481
0HÌTre giorni di discussione a Pinerolo, contrassegnati dall'adozione di metodi assembleari
In diocesi si parla di giovani e famiglia
Nel riprendere il documento approvato dai vescovi lo scorso maggio, dal titolo «Comunicare
il Vangelo in un mondo che cambia», è stata ribadita la basilare Importanza dello studio biblico
MASSIMO CNONE
Comunicare ìi
Vangelo in un
mondo che cambia» è il
titolo, ambizioso, della
«tre giorni» diocesana di
Pinerolo. Ma non solo:
«Queste parole - scrive
nel messaggio di invito all’iniziativa il vescovo
Pier Giorgio Debernardi-danno concretezza agli “Orientamenti della
Chiesa italiana"», documento approvato nel
maggio scorso dall’Assemblea generale dei vescovi. Sabato 29 e domenica 30 settembre, nel
seminarlo di via Trieste,
si è discusso del nuovo
piano pastorale, un testo
che racchiude le linee
pida della diocesi per
¡prossimi cinque anni. L’apertura della «tre
pomi» è stata organizzata per venerdì 28, con la
relazione introduttiva di
Luciano Monari, vescovo
liiKacenza.
La discussione «assembleare» del Piano pastorale, con la presentazione e l’approvazione di
emendamenti non ha
®olti precedenti nelle
tuocesi cattoliche. Il doQffliento diventa così testo in progress, riferi®ento per le parrocchie
soggetto di possibili re^sioni e critiche da parte
nei credenti. Un percorso di progressivo avvicinamento al modello del
®nodo valdese? «ImpepMsi vuol dire pensare
^lenae - scrive il vescon~ elaborare comunitanamente progetti per lapastoralmente ua, puntando a obiettivi
a«ete comuni»,
j 1 aa i nodi al centro
P^apo pastorale: i
a la famiglia. «1
^^ani sono il futuro ^^toenta mons. Deberal termine dell’ani
ICONTRAPPUNTOI
‘'9nor Debernard
mato dibattito di venerdì
sera -: rappresentano la
profezia. Disattendere
una profezia è un errore.
La famiglia contemporanea ha tante debolezze,
eppure deve continuare
a essere la vera ricchezza
della nostra società». I
primi destinatari della
«evangelizzazione» sono
quei giovani «che non
frequentano chiese e oratori, ma si ritrovano
sulle piazze o nelle strade: la cosa di cui i ragazzi
e i giovani hanno maggiormente bisogno è la
relazione». Nel documento si auspica che in
ogni parrocchia vi siano
uno spazio per le attività
giovanili e un incaricato
laico per la pastorale giovanile, senza nascondere
l’importanza di «un luogo ove i giovani in ricerca
vocazionale siano sicuri
di poter incontrare sacerdoti, religiosi e religiose ad offrire loro aiuto
e sostegno». La famiglia,
«comunità credente ed
evangelizzante», deve
avere yn punto di riferimento nella scuola, per
la quale il plano diocesano invita a «prendere iniziative affinché tutti gli
operatori del mondo educativo approfondiscano le motivazioni cristiane della loro azione in
questo settore».
Che cosa vuol dire «evangelizzare»? «Nelle nostre comunità - spiega il
vescovo - ci sono uomini
e donne che nella semplicità delle loro vite,
delle loro piccole scelte,
concretizzano il significato del piano pastorale». Circa l’opera di evangelizzazione, tra le indicazioni del documento si
legge: «La dove è possibile, si tengano incontri di
approfondimento biblico anche con i fratelli e
sorelle valdesi». Poi tanti
consigli, pratici e spirituali: dallo scambio dei
pulpiti, per una predicazione «meno ripetitiva»,
alla celebrazione dei Sacramenti, preceduta da
«un itinerario che faccia
comprendere che essi
sono incontri con Gesù
risorto».
«Evangelizzare in un
mondo che cambia»: dalril settembre scorso,
con l’attacco agli Usa,
lo si è ripetuto più volte, a torto o a ragione, «il
mondo è cambiato». Per
mons. Debernardi «le religioni hanno un grande
compito in ordine alla
pace e alla giustizia». Davanti al mondo islamico,
«dobbiamo saper dialogare, cercando non la
paura, ma le parole di
riconciliazione: quella
parte del mondo islamico che non sposa l’integralismo deve venire allo
scoperto, partendo dallo
stesso Corano». E segni
di riconciliazione si vedranno il 14 ottobre tra
Perugia e Assisi, con la
marcia per la pace.
Si vota domenica 7 ottobre
Il referendum
sul federalismo
Nel silenzio generale ci
sia avvia a una nuova
consultazione nazionale,
domenica 7 ottobre. I
giornali e le televisioni
dedicano poco spazio a
questa tornata elettorale;
i tabelloni pinerolesi, se
si eccettua una passata
generale dei Ds che oltre
a invitare al «sì», con un
secondo manifesto deplorano le azioni terroristiche, sono desolatamente vuoti. Il voto a cui
siamo chiamati domenica riguarda la proposta
di conferma (da qui il
termine «confermativo»!
della riforma in senso federalista dello stato voluta dal precedente governo di centro-sinistra.
La legge votata dal precedente Parlamento a
maggioranza semplice
prevede più potere per
gli enti locali e introduce
fra l’altro l’autonomia fiscale, cioè la possibilità
di decidere tributi locali.
Ferme restando allo stato
centrale alcune competenze (su tutte e di estrema attualità la difesa) altri settori verrebbero delegati al livello locale o
regionale (ad esempio
l’agricoltura, la sanità, il
turismo). Verrebbfe meno
anche quel controllo centrale oggi derivante dall’istituto del «Commissario di governo» che controlla le leggi regionali.
Sono per il sì le forze politiche del centro-sinistra, l’Anci (associazione
dei Comuni) una parte
delle Regioni: sono per il
no le forze politiche del
centro-destra, con dei
«distinguo» che vedono
la Lega più apertamente
schierata contro questa
riforma puntando essa
sulla cosiddetta «devolution». Per il no anche Rifondazione comunista,
preoccupata invece di
una eccessiva lacerazione dello stato italiano.
Rispetto agli altri referendum questo ha una
novità: la consultazione
sarà valida con qualsiasi
numero di votanti, non
occorre cioè raggiungere
la metà più uno dei votanti. I seggi saranno
aperti domenica, dalle 7
alle 22; per votare occorre presentare la «tessera»
già usata il 13 maggio.
PROVARE A RIFLETTERE
SULLA MONTAGNA
PIERVALDO ROSTAN
A pochi mesi dall’inizio
del nuovo anno, il 2002, che
si segnalerà come «anno
internazionale della montagna», la pertinenza e 1’
opportunità di ritornare
sul tema del futuro della
montagna, che più volte
abbiamo affrontato su questo giornale, è più che accertata. Ne potrebbe (è un
auspicio) scaturire un dibattito-confronto fra amministratori,
operatori economici, esponenti del volontariato così
presente nelle aree alpine,
cittadini. La
scorsa settimana Torino ha ospitato i
cosiddetti «Stati generali
della montagna», in parte
occasione di dialogo, per
molti versi vera e propria
parata di esperti, di politici, di tecnici. La nostra
montagna vive comunque
un tempo profondamente
diverso da pochi decenni or
sono con qualche opportunità in più e alcuni nodi
che deve provare a risolvere. Lo spopolamento, come
primo punto di criticità, è
probabilmente terminato
per la maggioranza delle
valli: i dati dei censimenti
(fra poco avremo quelli attualissimi di ottobre 2001)
evidenziano in molti paesi
una ripresa seppur lieve
nelle residenze, nelle nuove
famiglie. Ciò che rischia di
venir meno è la vita sociale:
se la famiglia x sceglie di
andare a vivere in un certo
paese di montagna mantenendo il lavoro nella cintura torinese avremo villaggi
dormitorio dove la vita,
quella vera, fatta di relazioni, di scambio di pensieri si
avrà al massimo nel fine
settimana. Insomma la
presenza di determinati
servizi in un paese di 800
metri consente un facile accesso, una discreta vivibilità ma non costruisce una
vita sociale. Se il cinema è
lontano, il teatro non c’è e
la farmacia neppure, magari abbiamo anche creato
qualche posto di lavoro ma
corriamo il rischio, ed è solo un e,sempio, che il giovane di Frali preferisca andare a lavorare (e forse a vivere) a Pinerolo, piuttosto
che accettare un’occupazione a «Scopriminiera». Se
uscendo la sera a portare il
cane a fare pipì non incontri nessuno e l’unico bar
del paese è già chiuso alle
20, probabilmente non c’è
strada o telefono che ti
trattenga lassù, all’amato
paesello. A meno che non si
pensi di trascorrere le serate davanti alla tv (o a «navigare» su Internet)...
Alcuni decenni fa alcuni
amministratori hanno portato avanti le loro battaglie
a favore della montagna;
spesso isolati, quasi mai
memmmmmm COn SUCCeSSO.
Forse è finito
lo spopolamento
ma sono carenti
la vita sociale
e i servizi
Anche perché
(e in questo
caso ben poco
è cambiato)
la legge dei
gran£ numeri fa sì che
quasi sempre
gli eletti, in
Provincia, in
______ Regione, in
Parlamento
provengano dalla città o
dalle loro periferie. Le poche migliaia di abitanti di
una valle, democraticamente divisi in dieci o 15
partiti, ben di rado esprimono un rappresentante.
Tuttavia, malgrado le
difficoltà Oggettive oggi ci
sono elementi di speranza;
per la prima volta ad esempio si prende atto e si stanziano dei fondi (ancora
troppo pochi!) per la manutenzione del territorio. E
questi lavori possono essere affidati agli agricoltori o
alle cooperative esistenti:
possono ma non sempre
accade anche perché in
molti casi l’agricoltore si
spaventa per la mole di burocrazia a cui pensa di andare incontro; e così a volte
le buone intenzioni finiscono per naufragare.
E siamo poi così sicuri
che ci sia la necessaria informazione sulle opportunità? Qualche anno fa
un’inchiesta condotta nel I
distretto della Chiesa valdese sulla manodopera nelle strutture valdesi dimostrò che le persone del posto occupavano ruoli su^
balterni mentre i vertici
erano assegnati a persone
di fuori: quasi che la popolazione non avesse saputo
cogliere l’occasione inducendo i propri giovani a
prepararsi nelle professioni richieste. Oggi sembra
accadere la stessa cosa in
altri campi, dal turismo
all’educazione ambientale.
Abbiamo davanti un grosso appuntamento, quello
olimpico del 2006; i posti di
lavoro da valorizzare non
saranno quelli dei cantieri
o sulle piste delle due settimane. La zona potrà godere di nuovi finanziamenti:
avremo la capacità di ripensare al nostro sviluppo?
12
PAG. 12 RIFORMA
E Eco Delle ^lli ^ldesi
venerdì 5 OnOBRE
Una visita approfondita che durerà due mesi
L'équipe Cevaa alle Valli
Lo delegazione ha vissuto un momento di comunione
nel culto plurilingue di domenica scorso a Pinerolo
DAVIDE ROSSO
CITTÀ D’ARTE A PORTE APERTE — Approda in vai
Pellice l’ormai collaudata iniziativa promossa
dalla Provincia di Torino; Torre Pellice e Lusernetta sono le mete consigliate per domenica 7
ottobre: i luoghi valdesi, con il vecchio mulino,
la Galleria d’arte Scroppo, il Priorato e la chiesa
cattolica i luoghi aperti al pubblico a Torre; la
cappella di San Bernardino co i suoi affreschi
del 400 (foto) a Lusernetta. Ci saranno anche
momenti ludici, dallo spettacolo folcloristico di
un gruppo romeno in piazza a Santa Margherita
dove sono anche previsti balli e musiche occitani. A Lusernetta invece, alle 15, concerto in piazza del gruppo «I cantavino».
MENSE OSPEDALI: STATO DI AGITAZIONE — Il
sindacato Rdb Cub sanità ha dichiarato, dal 26
settembre, lo stato di agitazione del personale
delle mense degli ospedali valdesi di Torre Pellice e Pomaretto chiedendo un incontro urgente
alla direzione aziendale; il motivo è da ricercarsi
nella proposta di riforma del sistema di gestione
delle mense degli ospedali che, secondo quanto
scrivono le Rdb Cub va verso l’affidamento a
ditte esterne del servizio; la richiesta di incontro
è già stata accolta dalla direzione ospedaliera.
UNIONE AGRICOLTORI POLEMICA CON BELUON
— L’Unione agricoltori ha recentemente scritto
all’assessore provinciale alTAgricoltura, Marco
Bellion, circa «ritardi e inefficienze del servizio
agricoltura della Provincia di Torino». Sul tappeto i ritardi sui darmi alluvionali e la preoccupazione per la definizione delle pratiche delle
aziende agricole. Va segnalato che con la riforma
degli enti locali numerose nuove competenze
sono passate dalla Regione alla Provincia, spesso
senza un adeguato passaggio di personale.
QUALE FUTURO PER IL NIZZA CAVALLERIA? —
L’on. Merlo ha presentato un’interrogazione al
ministro della Difesa circa il futuro del Nizza Cavalleria di Pinerolo; l’ipotesi di un imminente
scioglimento era già stata scongiurata all’ultimo
momento lo scorso anno grazie a un intervento
dell’allora ministro Mattarella. «Oggi - scrive
Merlo - il reggimento di Pinerolo è ridotto alla
pura sopravvivenza, con poche decine di militari
in una struttura di servizio fortemente attrezzata; quali le scelte di ministero e Stato maggiore?».
GEMELLAGGIO CON WALLDORF — Il prossimo fine settimana Torre Pellice vivrà un nuovo momento del gemellaggio stretto con il Comune tedesco di Morfelden-Walldorf. Gli ospiti saranno
in valle dal mercoledì fino a domenica; previsti
anche contatti con il mondo valdese (Collegio,
Uliveto) e la partecipazione a due concerti, venerdì 5, quando si esibirà l’orchestra di Walldorf
con la banda cittadina di Torre Pellice e sabato 6
con un coro tedesco, nel tempio valdese. Giovedì 4 incontro ufficiale con la giunta comunale.
CORSO DI INFORMATICA — Il Comune di Luserna
[ San Giovanni promuove un corso di informatica
livello base (Windows 95/98, office, word, excel,
power point) e utilizzo Internet a livello approfondimento; il corso si svolgerà in collaborazione con l’istituto Alberti e sarà articolato su 30
ore di lezione. Informazioni e iscrizioni all’ufficio cultura del comune, 0121-954431 entro il 10
ottobre. Con le stesse modalità di iscrizione (durata invece 36 ore) sono attivati anche corsi di
inglese, francese, tedesco e spagnolo.
ANGROGNA: 70 MILIONI PER L’EDIFICIO SCOLASTICO — Nella variazione di bilancio che il
Consiglio di Angrogna ha approvato nella sua
ultima riunione del 27 settembre (un miliardo
circa) vi sono alcune note positive, come i 70
milioni stanziati dalla Provincia per l’edificio
scolastico e la possibilità di sostituire il vecchio
autobus. Il Consiglio ha inoltre approvato il programma di «Autunno in vai d’Angrogna» e ha
definito la propria strategia per la valorizzazione
della zona del colle della Vaccera. Ha infine appoggiato un appello di Amnesty International
contro la tortura.
UN culto partecipato
e ricco cfi «momenti
particolari» quello che si
è tenuto domenica 30
settembre a Pinerolo per
dare il benvenuto all’équipe Cevaa in visita alle
Valli. L’équipe, formata
da quattro persone Ghyslaine Lemarie, Patricia
David, Salomon Knassi
Loko e Leonardo Ricca
provenienti rispettivamente da Polinesia, ìsole
Maurizius, Togo, Uruguay e una quinta, Patrik
Stocco, italiano proveniente da Pomaretto, per
quasi due mesi formeranno un gruppo compatto che visiterà praticamente tutte le comunità
valdesi delle Valli con il
progetto, voluto fortemente dalla Conferenza
del I distretto, di lavorare
intorno al tema dell’incontro tra culture diverse, del vivere insieme la
solidarietà che il mondo
troppo spesso dimentica.
Il culto di domenica,
con la predicazione affidata al segretario esecutivo della Cevaa, pastore
Charles Klagba, è stato un
momento dedicato alla
conoscenza dei membri
L’équipe della Cevaa al culto
dell’équipe ma anche un
momento per riflettere
sul significato, coinè è
stato ricordato anche dal
presidente del I distretto,
Luciano Deodato, della
«grande Parola della liberazione» dell’Evangelo. In
un mondo sempre più
giocato sulle frontiere vale la pena sottolineare e
cercare non solo gli spetti
negativi della differenza
ma anche quelli costruttivi e formativi dell’incontro, della solidarietà, della
crescita comune. E anche
questo sembrava voler dire la liturgia preparata in
francese, con inni e canti
in italiano, togolese, francese, malgascio, caratterizzata da più voci e più
realtà ma accomunata
dalla predicazione.
dl Pinerolo
L’équipe, che si è ufficialmente costituita il 20
settembre, ha trascorso
questi primi giorni lavorando soprattutto sull’
ambientazione e la conoscenza reciproca fra i cinque membri che hanno
già compiuto un primo
soggiorno alla Casa valdese di Vallecrosia e hanno avuto anche un momento di incontro con la
comunità locale nel corso
di un culto a Bordighera.
Trasferitisi a Torre Pellice
con il culto di invio tenutosi domenica, da adesso
continueranno il loro lavoro alle Valli incontrando già nel corso della settimana le rappresentanti
delle Unioni femminili e
presenziando domenica
al culto di Maniglia.
Progetti
i per il Pinerolese
Le piste ciclabili
Per molti europei andare in vacanza in bicicletta non è più un qualcosa di insolito: almeno
questo è quanto sembrano suggerire le cifre che i
vari operatori turistici
forniscono. In Borgogna
per esempio lo scorso
hanno sono stati 500.000
i visitatori in bici mentre
in Austria sulle rive del
Danubio pare che si siano avventurati 1,5 milioni di cicloturisti. In Italia
questo tipo di turismo è
ancora in fase di lancio e
per il momento pare concentrato in regioni come
Emilia e Lombardia.
Mesi fa le Comunità
montana della vai Pellice
e delle valli Chisone e
Germanasca e il basso Pinerolese hanno presentato congiuntamente una
serie di progetti per rilanciare il turismo sul loro
territorio sperando in un
finanziamento regionale
aH’interno della legge 4
per il turismo. Fra le idee
sul tappeto, riconducibili
all temi principali, anche l’intenzione di creare
una serie di percorsi ciclabili collegati. La cosa è
stata «sposata» dalla Regione che ha detto di voler concedere i finanziamenti per quest’iniziati
va, ma non per il resto.
Venerdì 28 settembre in
una riunione al municipio di Pinerolo voluta
dalla Comunità valli Chisone e Germanasca a cui
hanno partecipato gli
amministratori locali ma
anche molti privati, si è
fatto il punto sulla situazione e sugli sviluppi
dell’idea «piste ciclabili».
Queste dovrebbero essere
pronte entro un paio di
anni, saranno collegate a
dei temi particolari della
zona: dalla storia valdese
alle fortezze, dalla gastronomia all’ambiente.
L’obiettivo, è stato detto nel corso dell’incontro, è quello di definire
un prodotto turistico originale che consolidi e incrementi i flussi turistici.
Soprattutto quello che si
dovrebbe creare nelle intenzioni delle amministrazioni promotrici e di
coinvolgere i privati nell’iniziativa perché creare
delle piste ciclabili non
basta, occorre creare un
offerta adeguata a questo
tipo di turismo sia dal
punto di vista ricettivo
sia da quello delle opportunità di visita e di attività alternative una volta
che il turista è arrivato
sul territorio.
M Pinerolo
Approvata
la variante
di Porte
Riunitosi il 26-27 settembre il Consiglio comunale di Pinerolo ha
affrontato nella prima
giornata, dopo aver approvato il progetto della
variante di Porte, la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi
e alcune variazioni al bilancio di previsione 2001
necessarie al riequilibrio.
Complessivamente le
variazioni approvate prevedono sulle entrate correnti un totale di oltre 700
milioni mentre ammontano a 682 milioni le spese per investimenti. «Abbiamo lavorato - dice
l’assessore alle Risorse,
Magda Zanoni - curando
molto il riequilibrio di bilancio, per non avere problemi in fase di assestamento, azione che dovremo effettuare entro il 30
novembre». Sempre critica intanto la minoranza
che anche nella seconda
giornata di Consiglio, dedicata interamente alle
interpellanze, si è fatta
sentire soprattutto relativamente alla questione
dell’affidamento della gestione della piscina.
soldi del 2006 non bastano
Chiotti: è urgente
la circonvallazione
La circonvallazione
della frazione Chiotti del
comune di Ferrerò in vai
Germanasca, collegata al
progetto di costruzione
di una centrale idroelettrica dell’Enel poco più a
monte, torna alla ribalta,
essendo stata inserita tra
le opere connesse alle
olimpiadi di Torino 2006.
Della centrale non si è
più parlato da un bel po’,
ma pare che nel 2006 il
traffico presunto in direzione di Frali, attraversando un villaggio come
Chiotti con una strada
molto stretta, causerebbe
non poche difficoltà. Per
questo motivo, tra gli otto
miliardi stanziati per migliorie alla provinciale, si
riparla di una variante oltre il torrente. Il sindaco
di Ferrerò, Riccardo Léger, ha convocato una
riunione con gli abitanti
di Chiotti per consultarli,
perché nell’assegnazione
dei fondi a quest’opera
toccherebbero soltanto 1
miliardo e 700 milioni, cifra assolutamente miserevole. Che fare allora?
Rifiutare il contributo o
chiedere i 10 miliardi necessari? Prendere comunque i soldi e spenderli per
migliorare la viabilità nel
paese con parcheggi?
La circonvallazione sta
molto a cuore a chi
proprio sull’orlo de,
provinciale, ma se l’PjG
aveva un effettivo im?
resse a tracciarla pern,'
sportare migliaia di
cubi di terra di scavo hÌ
condotto per l’acq.T
senza demolire le ca^HÌ
Chiotti, non è detto chea
comitato olimpico abbij
vedute analoghe. frjZ
di tutto, è stato detto,I
non si trovano i 12 ¿,1
bardi per rivitalizzare I
zona di Frali, se ne trove.
ranno 10 per un pezzett»
di strada? E se malaum.
ratamente il progetto ,11
Frali dovesse fallire, j
traffico locale non daréb.
be molte preoccupazio.
ni. Ma intanto sembra
controproducente rifiu.
tare un finanziamentj
che darebbe la possibilità di fare comunque alcune migliorie nell’abita.
to. Il sindaco Légersiè
iinpegnato a informarsi
più a fondo e a riconvocare la riunione perché si
possa decidere con maggiore sicurezza.
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RADIO
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FM 91.900 - 96.55tf‘
Me oli
SS Da ottobre a San Germano
«Battezzate» tre vie
Nel corso del prossimo Consiglio comunale
di San Germano che si
terrà martedì 2 ottobre
(quando il giornale sarà
già in stampa), dovrebbe
essere dato il via libera
all’intitolazione di tre vie
del paese. Terminata la
ricognizione dei numeri
civici del paese infatti,
condotta in quest’ultimo
mese da due operatori
appositamente incaricati
di censire e rimettere ordine nella numerazione
civica (operazione preliminare alle operazioni di
censimento previste per
novembre), ci si è accorti
della necessità di dover
dare un nome a tre vie.
La prima, che si chiamerà via Turinella, è il
tratto di strada che all’incirca partendo da ponte
Palestre si indirizza, costeggiando il torrente Turinella, verso Prarostino;
la seconda, ben nota ai
sangermanesi, è il tratto
di strada che collega il
parco di villa Widemann
a piazza XX settembre
che acquisirà il nome di
Ecoles des filles; ultima
via intitolata infine sarà
quella che passa vicino al
Chisone nella parte a valle del paese e che si chiamerà via Brua Rolando.
In realtà ci vorrà un po' di
tempo perché queste vie
acquisiscano ufficialmente un nome la delibera
consigliare verrà mandata alla Prefettura che avrà
60 giorni per rispondere.
L’intitolazione vera e
propria quindi con ogni
probabilità avverrà entro
la fine dell’anno, intanto
però le attenzioni a San
Germano sono rivolte alla realizzazione delfampliamento delle scuole,
che inizierà a giorni e
che impegnerà molte risorse comunali.
! Torre Pellice
Alpinismo
in celluloide
LABORATORIO TEATRALE — La Comunità montana vai Pellice in collaborazione con la compagnia Stilema ripropone, come ormai da dieci anni, un laboratorio teatrale rivolto ai ragazzi dai 9
ai 15 anni. Sono previsti 20 incontri settimanali
il martedì dalle 16,30 alle 18,30 al Ciao di via
Volta sotto la guida dell’attore Marco Bricco. Il
laboratorio è gratuito; per iscrizioni telefonare,
orario ufficio, allo 0121-91556 (Caterina Bruno).
Insegnanti, studenti e pastori in campo al Collegio
AMBIENTE «ON LINE» — La Regione Piemonte ha
messo l'ambiente on line, con un sito web di nove sezioni tematiche: ci si può documentare sulla
compatibilità ambientale, essere aggiornati sulla
normativa vigente, scaricare leggi, fac-simili, documenti; l’indirizzo è http://via.regione.piemonte.it. Le pagine sono aggiornate settimanalmente.
Si può inoltre interagire con il Settore 22.2 con
domande, segnalazioni, da inviare all’indirizzo:
sistema.informativo@ regione.piemonte.it
È storico; il Collegio valdese con
Il suo campo sportivo ha visto squadre di calcio di allievi, veri e propri
tornei, «calciatori» poi diventati me
dici o pastori. In occasione della festa degli Amici di pochi giorni or sono si sono confrontate due formazioni: fra gli altri il pastore Franco
Taglierò, insegnante al Collegio negli Anni 70 e l’attuale moderatore,
Gianni Genre, negli stessi anni veloce ala nei tornei scolastici.
Per «Alpinismo in celluloide» al cinema Trento
di Torre Pellice, eccoli
secondo appuntamento
con i film di montagna
organizzato dal Cai-Uget
vai Pellice in collaborazione con il «Filmfestival
internazionale montagna, esplorazione, avventura "Città di Trento”»Mercoledì 10 saranno
in visione: Impression oj
Tirol di Georg Riha (Austria, 11’- Natura);
ni di Fatima di Tiziau^
Raffaelli e Alessandro Tamanini (It, 21’- Esplorazione); AhominabloFabrizio Villanis ZiaU
(Italia, 17’-Arrampica;
ta): Groenlandia, un
lei/, KJf .
stino di ghiaccio di Man
... .- lo' NaW
Nardin (Italia, 18’ ra e antropologia) pf®
mio miglior film auW
italiano al 49» Filmfesnvai 2001; Una ciliep”"
sulla torta di Giorg
Squarzino 33’ (I^nlia,^
Alpinismo)); ^^nc/oi
Ollll-r//» Z J'f''-' vrtfl*
mian Heinisch (Gerin
nia, 21’ - Fantasia) pr^
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di Trento e Innsbnick
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il 5 ottobre 2001
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PAG. 13 RIFORMA
Comunità montana valli Chisone e Germanasca
li impianti sciistici di Frali
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detto, s,
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Trinnovo degli impianti sciistici ormai
-crei, Sunti al limite della fun
le trovi ionalità, èunaquestio
di vitale importanza
Irlo sviluppo, non solo
Aprali ma di tutta lavai
BH0ianasca. Per questo
motivo la Comunità si è
impegnata ad acquistare
sei SS impianti di risalita
per 250 milioni
ea rimetterli a norma
cliìedendo un contributo
ii 5 miliardi. Il Comune
di Frali da parte sua accenderebbe un mutuo di
800 milioni e Ferrerò si
'tinirebbe con altri 100.
Ma un progetto ben più
leonsistente sarebbe previsto per la sistemazione
globale della zona, con
Aggiunta della pista di
indo di 15 chilometri e
diunimpianto per l’innevamento artificiale. Tutto
questo sarebbe stato poscon rinserimento
.* 12
¡zzare li
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5eTè"concluso con
na delibera di protesta
raccolto consenso
di Frali nel programma
delle olimpiadi invernali
di Torino 2006, ma nelle
parole del sindaco di Frali, Franco Grill, si è delineata una situazione assai più deludente. Se la
stazione sciistica di Frali,
in un primo momento,
poteva essere accettata
come sede di allenamento, non venivano però
concessi finanziamenti perché i fondi erano
esauriti. In un secondo
momento, il Comitato
olimpico ricevette la promessa di un aumento
dello stanziamento, ma
ancora il progetto di Frali
non risultava nell’elenco
dei beneficiari. Secondo il
sindaco Grill, i 12 miliardi
richiesti attualmente come opere connesse alle
opere olimpiche, possono sembrare eccessivi,
ma altri Comuni della zona, Finerolo con il palazzetto del ghiaccio, Torre
Fellice con lo stadio del
ghiaccio e soprattutto Sestriere, con la «mega cabinovia», hanno ottenuto
molto di più e, comunque, si potrebbe limitare
il progetto all’essenziale,
pur di mantenere gli impianti in funzione.
«Fer parte sua - ha assicurato il presidente della Comunità, Roberto
Frinzio -, la Comunità
montana andrà avanti
con il piano di rifacimen
to degli impianti da 5 miliardi, questo anche se
non si ottenesse nulla dal
comitato olimpico». Il
Consiglio comunque ha
ritenuto necessario inviare una protesta, appoggiata da tutti i Comuni, con una relazione esauriente, anche per sollecitare i rappresentanti
locali che non hanno dato fino ad ora, a loro dire,
grandi prove di efficienza. E per martedì 2 ottobre è già previsto un
incontro un Comunità
montana a Ferosa tra i
sindaci delle valli Chisone e Germanasca e il presidente del Toroc, Valentino Castellani.
Le altre deliberazioni
approvate lunedì 27 dal
Consiglio riguardavano
variazioni al bilancio
2001 e due convenzioni:
la prima riguardante il
parco vai Troncea e il Comune di Fragelato per la
costruzione di un rifugio
escursionistico nella frazione Troncea per 1 miliardo e 200 milioni: la seconda con la Provincia di
Torino e il Comune di Pomaretto per la costruzione di una monorotaia in
zona vigneti «ramìe», oltre a una pista carrabile,
per consentire il trasporto. dell’uva, per un costo
di circa 350 milioni.
■¡Consiglio in Comunità montana vai Pellice
La «Porta di valle» fa discutere
MASSIMO GNOME
,.D ASTA con le guer«Dre, basta con la
violenza». Inizia con un
minuto di silenzio, per ricordare le vittime degli
attentati negli Stati Uniti,
laseduta di Consiglio della Comunità montana vai
Penice di mercoledì 26
.settembre. Il Consiglio si
spacca quando si tratta di
approvare la variazione
sbilancio. Le perplessità
maggiori riguardano la
spesa di un miliardo e
ISOmilioni per il progette, già più volte annunoato, deUa Porta di valle,
bjquesti, un miliardo
(già finanziato dall’assesmtato Montagna dellaRegione) va per l’acgu^ùto di una parte del
«bbricato della Cantina
sociale di Bricherasio e i
«manenti 350 milio ni
rvono a comprare arrese attrezzature.
L’idea è nota: arrivare a
una gestione organica,
con Atl, Comunità montana e Comuni, dell’informazione turistica in
vai Pellice, con il rafforzamento degli uffici turistici esistenti e la realizzazione di nuovi punti
informativi. La Porta di
valle, lo sportello turistico «di frontiera», troverà
posto nei locali della
Cantina sociale. «Bisogna
essere onesti - denuncia
dai banchi dell’opposizione Giovanni Battista
Zunino - con questa spesa la Comunità montana
copre i buchi di bilancio
della cooperativa che gestisce la Cantina sociale.
Con gli stessi soldi si poteva costruire qualcosa di
completamente nuovo».
Lapidaria la risposta dell’
assessore al Bilancio,
Ezio Borgarello: «Non
credo che la Comunità
montana si farebbe cari
co di un progetto come
questo per sanare debiti:
se questo succederà tanto meglio». La variazione
di bilancio è approvata
con i voti contrari della
minoranza.
Dopo le dimissioni del
presidente Giovanni Granata {sostituito «d’ufficio» da Riccardo Lorenzino), si torna sul caso
Agess. Incalzato dal consigliere Zunino, il presidente della Comunità
montana, Claudio Bertalot, promette un incontro informale fra Consiglio e Cda delTAgess. Si
discute del progetto di
percorso cicloturistico di
valle, finanziato dalla
legge 4. Tutti si rammaricano per l’assenza di
Bobbio Pellice, unico Comune a non aver segnalato alcun intervento e
latitante in Consiglio di
Comunità montana ormai da molte sedute.
^ Dibattito organizzato dal Pinerolo Social Forum
Non colpire la gente afghana
oltre 200 i partecipanti all’into all° ■ ®oorsa settimana si è svolpij. ®o^horium del liceo scientifico di
''enim ° l^*tta dei recenti tragici avsviiy Oli internazionali, sui possibili
L* PPb sulle conseguenze vicine e
Pin 00- All’incontro, organizzato dal
brn r Coniai Forum, hanno dato il
Drwn °/h*'ihuto Sued Beckim, una rapter^ihooie dell’associazione Alma Mavis(Q 1 orino, che ha affrontato il tema
tesi»p .POrie delle donne musulmane
espo_”h all’estero, Franco Turigliatto,
di Rifondazione comunista,
o.l^onal, esperto di politica interine allii s tre gli interventi, ol
Suq i condanna esplicita del terrorifotz^ hanno voluto con
ridire il proprio no alla guerra
<li vitlf^^’ come un’inutile spiragià jg- .ooza, punitiva non solo per le
*"11116 apopolazioni afghane ma
**’liizion • P®* ntrivare a trovare una
® ai problemi che stanno dietro
gli attentati di New York e Washington.
Durante l’incontro è stato anche messo
in luce il punto di forza che rappresentano in Italia, nella nostra zona, ma anche a livello internazionale, i movimenti no global, capaci di aggregare forze
pacifiste intorno a obiettivi concreti nel
nome di un mondo migliore, dove 1
conflitti siano affrontati partendo da
una nuova economia, dal sostegno reale ai popoli oppressi e sfruttati. Il Finerolese Social Forum ha così voluto dare
il proprio contributo e offrire ai cittadini la possibilità di conoscere il punto di
vista non sempre noto attraverso i mass
media di quanti, al di là delle emozioni
e delle paure, vogliono affrontare questo difficile momento. Il gruppo pinerolese parteciperà anche alla marcia per
la pace che il prossimo 14 ottobre si
svolgerà ad Assisi. Tutte le settimana
inoltre il Finerolese Social Forum si ritrova nella sede dell’associazione Stranamore di via Bignone, a Pinerolo.
Per i filari di ramìe a Pomaretto
Arriva la monorotaia
DAVIDE ROSSO
Fornire ì vigneti del
ramìe di Pomaretto
di una monorotaia per il
trasporto dei materiali
che aiuti l’attività negli
impiantì. È questa l’idea,
che sembra ora realizzarsi, portata avanti in questi mesi dalla Provincia
in sintonia con il Comune di Pomaretto e la Comunità montana valli
Chisone e Germanasca.
La monorotaia, che
prossimamente sarà realizzata, costerà quasi 350
milioni, con interventi
per il 90% di provenienza
provinciale e con Raggiunta di 10 milioni da
parte del Comune pomarino e 25 da parte della
Comunità montana che
prowederà anche a seguire la realizzazione dell’opera. «L’impianto - dicono in Comune a Pomaretto dove i finanziamenti sono stati approvati nel
corso dell’ultimo Consiglio del 27 settembre con ogni probabilità sarà
solo il primo di una serie
di interventi che mireranno negli anni a migliorare l’attività nei vigneti». Proprio in quest’
ottica tra l’altro gli agricoltori locali hanno già
chiesto la realizzazione o
il miglioramento di una
serie di strade di collegamento che corrano parallelamente ai vigneti per
agevolare il trasporto dei
materiali e degli attrezzi
richiesta che con ogni
probabilità sarà oggetto
di un eventuale futuro 2°
lotto di lavori. In ogni caso è prevista anche la realizzazione di una strada
di servizio a mezza costa.
«L’augurio ora - dice il
sindaco di Pomaretto,
Giorgio Bonis - è che
questi interventi oltre ad
alleviare le fatiche nella
continuazione e nell’incentivazione di questa
attività agricola, che in
qualche modo da lustro
con la sua produzione di
vino ramìe non solo a
Pomaretto ma a tutto il
territorio della Comunità
montana, serva anche da
stimolo alle nuove generazioni perché diventino
i produttori di domani».
Una monorotaia fra i filari
delle Cinque Terre
All'azienda di Villar Perosa
Sachs: meno 150
Mentre non muta la situazione della Cascami
di Pomaretto, dove la
proprietà ha annunciato
nelle settimane scorse la
chiusura della produzione, si è aperta in questi
giorni anche la crisi della
Shacs di Villar Perosa.
L’azienda ha annunciato
l’intenzione di voler ridurre il personale attualmente occupato, circa
350 persone, di 150 unità.
Proprio per presentare la
situazione villarese, mercoledì 26 settembre in
municipio a Villar Perosa
si è tenuto un Consiglio
aperto a cui hanno partecipato oltre ai consiglieri
comunali anche rappresentanti sindacali e dipendenti della Sachs.
La situazione preoccupa, con l’azienda che non
sembra disposta a una
marcia indietro e che dovrebbe presentare un suo
piano industriale entro
NELLE CHIESE VALDESI
ANGROGNA — Domenica 7 ottobre, al Serre, culto
di inizio delle attività.
BOBBIO PELLICE — Domenica 7 ottobre, alle
10,30, culto di inizio delle attività.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato 6 ottobre
inaugurazione della sala Albarin ristrutturata e cena
di saluto al pastore Claudio Pasque! e famiglia. Costo
della cena lire 30.000 per gli adulti e 20.000 per i bambini fino ai 12 anni. Le prenotazioni sono raccolte da
Franca Recchia, al presbiterio, lunedì e giovedì mattina, anche telefonicamente (0121-900271), oppure allo 0121-933237 in orario serale, dalle 19,30 alle 21,30.
Domenica 7 ottobre, inizio delle attività ecclesiastiche, con culto al tempio dei Bellonatti alle 10. Nel
corso del culto sarà consegnata la Bibbia ai catecumeni di primo anno. Le famiglie di tutti i ragazzi e ragazze di scuola domenicale, catechismo e precatechismo sono caldamente invitate ad essere presenti,
inoltre i catecumeni e i precatecumeni sono pregati
di ritrovarsi alle ore 9,15 al presbiterio (non alla sala
Albarin), per definire gli orari degli incontri.
PINEROLO — Domenica 7 ottobre, giornata comunitaria di inizio attività ecclesiastiche. Domenica 14
ottobre, ore 10, culto con assemblea di chiesa,
all’odg: relazione dei deputati al Sinodo.
PRAMOLLO — Domenica 14 ottobre, alle 10, culto
con assemblea di chiesa: all’ordine del giorno, elezione di un anziano e relazione della deputata al Sinodo.
Mercoledì 17, alle 14,30, al presbiterio incontro
dell’Unione femminile.
SAN SECONDO — Sabato 6 ottobre, alle 15, incontro
con i genitori e i bambini della scuola domenicale e
con i ragazzi del precatechismo e del catechismo. Si
presenteranno i programmi e si stabiliranno gli orari
delle lezioni. Domenica 7, alle 10, culto.
TORRE PELLICE — La scuola domenicale inizierà
sabato 6 ottobre, alle 14,30, alla Casa unionista. Inizio
delle attività dell’Unione femminile, domenica 7 ottobre, alle 15, alla Casa unionista, con saluto del pastore
Claudio Pasquet, studio biblico a cura di Rosanna Aldrighetti. Domenica 7 ottobre, alle 10, nel tempio del
centro, assemblea di chiesa con la relazione dei deputati al Sinodo. Lunedì 15 ottobre, alle 20,45, al presbiterio, studio biblico, a cura del pastore Del Priore.
VILLAR PELLICE — Domenica 7 ottobre, alle 10,30,
culto di saluto a Dario Tron e alla sua famiglia; seguirà rinfresco.
Una iniziativa a Prarostino
novembre, tardi a detta di
molti per poter pensare
di instaurare una trattativa visto che la «ristrutturazione» dovrebbe partire
a fine anno. Anche le forze sociali e le istituzioni
si stanno muovendo per
arrivare a una soluzione della crisi alla Sachs
ma si tiene a precisare in
Comune e in Comunità
montana che nessuna decisione verrà presa senza
un accordo con le parti
sindacali. Sul versante
Cascami notizie non certo confortanti arrivano
anche dal tavolo regionale, aperto e subito chiuso
la settimana scorsa quando alle richieste dei sindacati e delle istituzioni
di poter trattare direttamente con la proprietà
l’azienda ha risposto demandando tutto all’amministratore delegato di
Pomaretto. Il presidio
della fabbrica continua.
Progetto legna
DANIELA GRIU
Sta proseguendo il
«Progetto legna», un’iniziativa promossa nei mesi scorsi dalla Regione
Piemonte e dall’Ipla,
l’Istituto piante da legno
e ambiente, che mira
all’utilizzo della legna
come mezzo combustibile a basso tasso di inquinamento; il progetto
interessa nel Pinerolese i
Comuni di Prarostino e
Cantalupa, oltre ad altri
quattro in Piemonte, e
prevede l’agevolazione
all’acquisto di nuove caldaie a tronchetti o di termocamini per il riscaldamento all’interno delle
abitazioni.
«Per quanto riguarda il
nostro Comune - spiega
il vicesindaco di Prarostino, Armando Giay, che
ha seguito le fasi di Progetto legna - durante il
mese di settembre sono
Rorà: avvicendamento per motivi di salute
Dario Gelso lascia la giunta
Il vicesindaco di Rorà lascia la giunta.
Per problemi personali, soprattutto
motivi di salute, Dario Gelso ha dovuto
abbandonare il suo posto in amministrazione comunale, rinunciando così
alla carica di consigliere in Comunità
montana. A Rorà il suo posto lo prende
l’assessore Giorgio Durand, nominato
nuovo vicesindaco. In Consiglio subentra il primo escluso della lista del sindaco, Umberto Rivoira, mentre in Comunità montana tra i banchi della maggioranza adesso siede Giuliano Rivoira.
Nel corso del Consiglio comunale del
22 settembre il sindaco, Giorgio Odetto,
ha espresso il suo rincrescimento per
questa assenza, riconoscendo l’impegno di Gelso nella tutela e nella gestione
del territorio. Simili parole sono state
pronunciate da molti amministratori
nella seduta del Consiglio di Comunità
montana di mercoledì 26, che hanno lodato Gelso per il lavoro svolto nell’Aib e
durante l’alluvione delPottobre scorso.
Il sindaco Odetto ha anche nominato
Giovanni Durand assessore alla Viabilità. Nel Consiglio di sabato 22 è stata
approvata una variazione di bilancio di
140 milioni, cifra che in parte arriva
dall’avanzo amministrativo e che servirà, insieme a un contributo regionale,
a sistemare la strada per la Palà.
state installate, come
previsto, le 3 caldaie che
ci erano state date in dotazione in tre abitazioni
che avevano fatto domanda e che hanno risposto in modo positivo
ai requisiti richiesti». Da
ottobre inizierà la fase di
controllo e di ricognizione da parte degli esperti
nelle case in cui gli impianti sono stati piazzati,
operazione che durerà
circa un anno e servirà
per capire se questo metodo di riscaldaménto risulta conveniente o meno. A settembre 2002, alla fine del primo ciclo,
verranno raccolti i dati e
si studieranno la resa e la
rispondenza: ci sono
buone speranze che il
progetto risulti buono,
che venga riproposto anche per gli anni futuri e
continui a essere finanziato anche dalla Regione Piemonte.
«Prarostino è stato
scelto in questo esperimento essenzialmente
per la sua natura collinare e la grande quantità di
boschi presenti sul territorio, dunque una risorsa
immensa di legna da ardere. - aggiunge Armando Giay- Attualmente in
Piemonte sono in funzione 200.000 caldaie a basso rendimento, ancora di
vecchia concezione e
funzionanti a legna:
l’obiettivo che il Progetto
legna si pone e quello di
sostituirle con caldaie di
nuova tecnologia che
permettano un notevole
risparmio di consumi e
un miglioramento anche
dai punto di vista dell'inquinamento».
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tei. 011-655278
14
PAC. 14 RIFORMA
E Eco Delle Yaui "^.ldesi
VENERDÌ 51
«Di 5
SPORT
PALLAVOLO
COPPA PIEMONTE —Dopo la
prima giornata positiva per le formazioni di Pinerolo (due successi
per Pallavolo Pinerolo, uno per
Volley Pinerolo) domenica la squadra maschile affronterà il Volley
Possano e la giovane formazione
del vivaio Noi.Com. Cuneo. È previsto l’eordio stagionale dei fratelli
De Pasqua che consentirà così al
tecnico Davide Scali di collaudare
il sestetto base in vista dell’imminente inizio campionato. Questa la
formazione: Privitera, Actis Danna,
Bianciotti, Rizzo, Baronetto, Castelucci, Chiaretta, De Pasqua A., De
Pasqua M., Scarlatella, Jourdan.
CALCIO
PINEROLO AL COMANDO —
Sembra di rivedere un copione
già scritto: così come l’anno scorso il Pinerolo guida la classifica
del girone B di Eccellenza: grazie
alle tre squillanti vittorie fin qui
ottenute e a un pareggio i biancoblù sono soli in testa davanti al Libarna e proprio sul campo di quest’ultima la squadra allenata da
Merlo sarà impegnata domenica
prossima, 7 ottobre. Nell’ultimo
turno, con reti di Rubino e Capobianco, i pinerolesi si sono imposti sulla squadra torinese del Nizza Millefonti, unica squadra ancora a non aver acquisito punti.
PATTINAGGIO
RIAPERTO IL PALAZZO DEL
GHIACCIO — Domenica ha riaperto ufficialmente lo stadio del
ghiaccio a Pinerolo. Fin da inizio
settimana sarà possibile iscriversi
alle attività e di short track (velocità) proposte dal Gruppo Sportivo
3S, mentre per il curling sarà necessario attendere la costruzione
del nuovo impianto federale di Luserna San Giovanni la cui inaugurazione è prevista prima delle vacanze di Natale. L’Agess comunica
intanto gli orari di apertura dell’impianto di Pinerolo: mercoledì e
venerdì ore 21-23; sabato 14-16,45
e 21-23; domenica 14-17,30.
APPUNTAMENTI
I
Robert le diable, classe 1909, si è spento serenannente a Villar Pellice
Morto Robert Taglierò, cantore di tutti noi
Lo conoscevo da sempre, come
tutti. E tutti sapevamo che Robert
era una sorta di «maestro di color
che sanno» nel campo della canzone popolare valdese e non solo, occitana e non solo, provenzale e
non solo. Per motivi familiari in
questi ultimi anni l’ho visto spesso,
ho assistito al lento degrado dato
dall’età; aveva qualche problema
di udito, difficoltà motorie, ma
inossidabile sono state fino agli ultimi giorni la sua eccezionale memoria, immutabile la sua arguzia,
pronta la sua reazione allo stimolo.
Il palmares di Taglierò vede coppe e medaglie: da «Lingue tagliate»
(trasmissione tv Rai, regia Roberto
Visintin dove Robert è stato mattatore con 11 canzoni), da Radio California e altre private torinesi, dagli istituti di etnomusicologia di
Bolo^a e di Genova, da un omologo istituto scozzese, dalle platee
di Svizzera, Marsigha, Nizza, Cannes e numerosi altri a partire dai
Festival «Bajo Dora» di Loranzè e
di Venaria Reale nel ’66 per finire
ai tempi recenti di Torino Fiere al
Lingotto. L’ultima fatica di Robert
(che già aveva dato vita a un dizionario del patuà di Torre Pellice,
dove ha raccolto oltre 2.000 lemmi) è stata la raccolta («senza ab
bandonare le canzoni, mai») di
proverbi e paragoni liberi: «A Simona Negri, di Oleggio, che li raccoglieva per la tesi di laurea, ho dato più di 300 proverbi e 192 paragoni liberi; in campagna ce ne sono molti, spesso ogni situazione ne
ha anche 20». Spulciando la «Raccolta di proverbi e detti popolari»
(a c. di Simona Negri, Alessandria,
edizioni Dell’Orso, 1996. Collana
«Lingua, cultura, territorio») troviamo, fi'a i tanti: «Al é tant gare que
doi poni i lou pourtarin via» (è così
pigro che due pidocchi potrebbero
portarlo via) oppure «Ed done la i
n’andaria una onhi cantoun e la ca
qu’i sie riounda» (Di donne ce ne
vorrebbero una per angolo, ma che
la casa sia rotonda).
Dettagli, direbbe qualcuno. No,
non sono dettagli: sono un mondo. «Curare» la canzone, seguirla,
rispolverarla, aggiornarla significa
aver cura di un popolo, di una civiltà che appunto attraverso la
canzone si è espressa: significa anche, in molti casi, la sopravvivenza
di quella civiltà specifica, delle sue
caratteristiche, tradizioni e linguaggio. E bene lo sapeva Robert le
dìable che a nessuno, fra i tanti visitatori che hanno transitato alla
Casa Miramonti, ha fatto mancare
un’aria, una strofa: non solo in patuà o in francese ma c’era la canzone in tedesco per i tedeschi, in
inglese per gli inglesi e così via: conosceva canzoni africane e russe.
Ha detto bene, al funerale, il diacono Dario Tron: «So che alcuni
pezzi del sapere di Taglierò sono
stati raccolti. Ma sono dei pezzi,
solo dei pezzi. Il tutto, il capitale,
lo abbiamo perso». Se ne è andato
con Robert le diable. (s.a.h.)
4 ottobre, giovedì
ANGROGNA: A San Lorenzo si svolge la tradizionale fiera autunnale.
5 ottobre venerdì
PRALI: Alle ore 20,30, alla miniera Paola, Assemblea teatro mette in scena «Le rose di Acatma».
6 ottobre, sabato
TORRE PELLICE; Alle 21, al teatro del Forte, serata
in favore dei bambini di Cernobil accolti dall’associazione «Senza confini»: il gruppo teatrale «Compañía
del ciabot» di Piossasco presenta «Rivoira Pasquale
evasore fiscale», due atti comici in piemontese. Ingresso lire 10.000, ridotti 5.000 lire.
6-7 ottobre
PRAROSTINO; «Festa dell’uva»; sabato serata danzante: domenica esposizione di prodotti artigianali,
mostra ortofrutticola, pranzo; nel pomeriggio sfilata
dei carri lungo le strade, animazioni e giochi.
7 ottobre, domenica
ANGROGNA; Dalle 9,30 alle 17, l’associazione «Il
Ghirotao» propone un viaggio nel bosco, per incontrare la terra e noi stessi. Iscrizioni tei. 0121-944239.
POMARETTO: Si svolge la «Giornata per la Scuola
latina»; alle 10, nel tempio, culto. Dalle 10,15 alle 11,15
partenza dalla Scuola latina, di percorsi guidati attraverso itinerari storici, turistici e culturali; alle 11, nel
teatro, apertura della mostra mercato di prodotti locali e artigianali e alle 12,30 pranzo all’Eicolo grando. Alle 14,30, alla Scuola latina attività per i bambini e al
teatro visita ai modellini di Carlo ed Enrichetta Ferrerò; alle 16,30, nel tempio, concerto del coro Eiminal e
presentazione del progetto «Adotta un modellino».
8 ottobre, lunedì
PINEROLO: Fino a sabato 13 ottobre, stage di mimo, con Guido Castiglia, al Centro sociale San Lazzaro; iscrizioni c/o Nonsoloteatro, tei. 0121-323186.
10 ottobre, mercoledì
RINASCA: Al salone polivalente, alle 21, terza rassegna delle corali.
TORRE PELLICE: Nella biblioteca valdese, alle 21,
incontro su «La solitudine è un problema?», con Enrico Pascal, psichiatra, Emanuele Fontana, primario
unità modulare di psichiatria vai Pellice; partecipano
Renato Cessario, rappresentante del Crasm, il Cwp,
Bianca Genre, responsabile del gruppo Diapsi vai Pellice; conduce Franca Coisson.
11 ottobre, giovedì
TORRE PELLICE: Seminario su «Il rapporto tutorio:
quando l’operatore sociale o sanitario deve sostituirsi
al.cliente», alla Bottega del possibile, dalle 8,30 alle 17.
ANGROGNA: Alle 21, a San Lorenzo, nella sala delle
associazioni, incontro dibattito su «Stato attuale e
prospettive dei progetti per lo sviluppo turistico del
Pinerolese», intervengono il sindaco di Pinerolo, il
presidente e l’assessore alla Viabilità della Comunità
montana vai Pellice.
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telefono 800-2331
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sabato 19,30 e 22,30,i,.p»-—omenica 15,30, 18,3|| jarie, 1<
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Anne 0121-944418.
Una manifestazione organizzata dalla «Cantarana»
Danze occitane ma non solo
L’associazione culturale «La Cantarana» di Pinerolo, conosciuta per
l’attività svolta nel campo
della musica popolare, e
in particolare per la rassegna itinerante primaverile «Cantavalli» nelle valli
Chisone e Germanasca,
propone per il mese di ottobre una nuova manifestazione, «Solodanza»:
quattro serate che avranno luogo nei quattro sabati del mese, alternativamente nel padiglione
Pian de la Tour di Perosa
Argentina e nella pista
coperta comunale di Pinasca, in vai Chisone. Il
nome deU’iniziativa ne
definisce chiaramente i
contorni e l’obiettivo: la
rassegna si rivolge apertamente agli appassionati del ballo occitano, che
sono molto numerosi in
Piemonte, presentando
delle proposte musicali
qualificate, scelte fra le
tante formazioni che operano nel settore sui
due versanti delle Alpi.
In questa prima edizione spiccano i nomi di Cyril Roche e François Breugnot (Rinasca, 13 ottobre), organetto e violino
dall’Auvergne, due giovani, raffinati interpreti della tradizione del Massif
Central, tra i protagonisti
assoluti della musica della Francia centrale, coinvolti in molteplici iniziative (in particolare, Cyril
collabora attualmente
con il ghirondista Patrick
Bouffard e François con il
gruppo auvergnate «Aligots Eléments»), e che
hanno già al loro attivo
un cd pubblicato nel 1998
(«Finissez d’entrer»), a
cui farà seguito nei prossimi mesi una nuova incisione. A questa proposta
d’eccezione si aggiunge
una serata inaugurale a
Perosa Argentina (6 ottobre) dove due gruppi si
alterneranno sul palco: la
formazione locale Triolet,
con un repertorio incentrato sulle musiche e i
canti delle valli Chisone e
Germanasca, riarrangiati
a ballo, e i giovanissimi
Enchavo Anar, tre ragazzi
del Cuneese (50 anni in 3,
organetto, cornamusa,
violino), promesse del
nuovo bai folk, radicati
sul territorio locale, ma
cresciuti musicalmente
alla scuola dei Brayauds,
fucina di nuovi talenti attiva nel Centro Francia,
sempre in Auvergne.
Ancora a Perosa il 20
ottobre, Meikenut («Meglio che niente» in dialetto biellese), una denominazione spiritosa per
un quartetto che si è imposto all’attenzione del
pubblico l’anno scorso
con un primo, brillante
cd e che è caratterizzato dalla ricchezza dello
strumentario utilizzato,
dove emergono i suoni
aggressivi di bombarda,
ghironda e cornamusa
accanto alla liricità dell’arpa celtica, sulla solida
base ritmico-armonica
dell’organetto, con un
repertorio che spazia
dalla Bretagna alle valli
occitane d’Italia.
Altrettanto particolare
è il gruppo che chiuderà
la rassegna, che segnala
l’estendersi della passione per il bai folk di matrice occitana, anche se
aperto ad altre influenze,
ben al di fuori del territorio delle Alpi occidentali;
Spakkabrianza, un nome
che rivela sia l’area di origine, sia l’approccio un
po’ trasgressivo, «esagerato», per così dire, al repertorio tradizionale, che
acquista però nelle esecuzioni ricche di inventiva del quartetto (oltre
agli strumenti canonici
troviamo anche trombone, bouzouki e mandola)
una freschezza e uno
smalto del tutto nuovi.
Si tratta insomma di
una rassegna che fornisce una panoramica della ricchezza e della varietà stilistica ed esecutiva in un’area di attività
che coinvolge un pubblico sempre più ampio, e
che risponde a esigenze
diverse, dall’interesse
culturale all’aspetto di
socializzazione, fino alla
pura e semplice ricerca
di «entertainment»; a
questo fenomeno, per
sua natura composito,
«Solodanza» vuole offrire
un nuovo punto di riferimento, uno spazio di
confronto con le proposte musicali che, nel panorama così mutevole
dei gruppi di bai folk, appaiono più stimolanti ed
originali. Le serate iniziano alle ore 21,15. Ingresso: lire 12.000. per
informazionirivolgersi al
tei. 335-7570889.
■ Il neopresidente Fabrizio Gatti
L'hockey riparte
HERVALDO ROSTAN
Due anni. È questo il
tempo che si dà Fabrizio Gatti, neopresidente dell’Hockey club
Valpellice, per verificare
le reali possibilità di rilanciare lo sport più amato della vai Pellice.
Solo due anni fa la Valpe
concludeva con un 8°
posto assoluto in serie A
quello che fin qui è rimasto il miglior campionato
mai disputato lungo le rive del Pellice. L’acqua il
15 ottobre del 2000 ha
infarto un fendente mortale al Palaghiaccio di via
Filatoio ma in realtà la
società era già in pesante
difficoltà: la serie A dell’anno prima aveva messo in ginocchio i bilanci e
infatti l’ex presidente
Giovanni Cotta Morandini aveva avviato un’operazione per certi versi interessante: costruire una
realtà forte a livello piemontese (denominata All
star) in grado di puntare
ai massimi livelli in vista
dell’appuntamento olimpico. Ma il feeling fra
Cotta e la valle si è molto
sfilacciato, al punto che
due domeniche fa, in fase di rinnovo delle cariche sociali il presidente
uscente non è stato confermato.
C’è un nuovo gruppo:
un paio di ex dirigenti, diversi genitori degli allievi,
Fabrizio e Francesca Gatti, due fratelli, il primo
presidente e la seconda
segretaria. 11 neopresidente «vanta» un passato
hockeistico: fu addirittura
compagno di squadra
(negli allievi) di quell’Ico
Migliore diventato stella
dell’hockey piemontese e
poi nazionale. «Migliore
segnava e noi - ricorda
Gatti - dovevamo solo
passargli il disco e poi fare in modo di non prendere reti quando era il
momento di farlo rifiatare». Dunque, con i pattini, l’hockey di alto livello
Gatti non l’ha mai praticato: in compenso è stato
assiduo frequentatore degli spalti dello stadio torrese. «La mia passione
sportiva attualmente è
Talpinismo (fa l’istruttore
del Cai, ndr) ma è chiaro
che nutro un profondo
affetto per l’Hcv».
Infatti con lo stadio
scoperto le attività senior
si faranno a Pinerolo: si
sta allestendo una formazione per la CI con i «vecchi» di Torre Pellice a cui
si aggiungeranno alcuni
elementi dalla 19 All star
(«punto al massimo di
collaborazione con tutti»)
e qualche ritorno da Torino: Marchetti, Ermacora,
Bassoli? Sarà una C di interesse, con Varese, Draghi Torino, Val d’Aosta,
Boscochiesanuova e soprattutto il Chiavenna:
proprio i lombardi saranno i primi ad arrivare a
Pinerolo il 21 ottobre.
Per il resto primo obiettivo chiusura delle vecchie
pendenze e spazio alle
attività giovanili (under
10, 12, 14): in fondo, fra
tre anni a Torre ci sarà il
nuovo «stadio olimpico».
Cd Radio Beckwith e Claudiana
«Lhi Calholait»
Sono ormai tantissimi
gli appassionati di musica occitana e la nuova
produzione di Radio Beckwith e Ciaudiana Editrice (la terza, dopo il coro
Gabrieli e il quintetto Architorti) è dedicata proprio a loro. Protagonisti
sono i «nostrani» Lhi
Calholait, che propongono un cd, «E i a de jorn»,
rivolto particolarmente
agli amanti del ballo tradizionale. È un lavoro vivace e intenso, registrato
«in presa diretta» nella
sala polivalente di Bobbio
Pellice. Il cd si apre con la
lettura di tre poesie lette
da Maura Bertin e JeanLouis Sappé, del Gruppo
teatro Angrogna, con l’accompagnamento dei 4
«musicanti» del quartetto; Beppe Mocchia e la
sua ghironda. Vera Cognazzo ai flauti. Franco
«zio» Rubatto all’organetto e Franco «piccolo» Malabaila, percussionista.
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'del riarmo e del confronto
kilitare che, neH’immediato,
consenso e ridà fiato
i’economia americana: ma,
a medio-lungo termine questa politica, o meglio, questa
assenza della politica, non
mancherà di evidenziare limiti e carenze; non garantirà
né pace né sicurezza né sviluppo duraturo.
Ciò di cui necessitiamo è
una politica nuova, che sappia fondarsi su solidi principi
etici e che sappia riportare
,:^'onore della riflessione e
'azione collettiva la di
it, che am
;speriena
libertà di tutti gli in„nli ™dui e di tutti i popoli: ebe
Mppia opporre alla barbarie
ildiiitto, che sappia esercitate la giustizia e non la venietta, che preferisca il dialoP e la collaborazione al conlitto. E questo un percorso
da intraprendere sapendo
ene la strada è lunga e ardua;
, e le ra^oni delle aspre dieuguaglianze economiche
®e percorrono e dividono la
fhutà e il mondo sono molaci e non si prestano a somzioni semplicistiche e afattate; che il desiderio di
We e di giustizia non alberga ’n tutti gli uomini; che la
atura umana è imperfetta.
e con molti altri popogh americani condividono
un prezioso retaggio democratico-protestante: auguriamoci che, in questa tragica
epoca, ne possano trarre ispirazione e conforto.
Antonio Occhiochiuso
Rivoli (To)
M Pace fra i popoli
11 settembre 2001, un’altra
data ebe entra nella storia
dell’umanità: l’attacco terroristico contro gli Usa. Dinanzi a questi fatti, più che inquietanti la coscienza occidentale si interroga su quella
che è stata da lungo tempo la
politica di sempre: la ricchezza contro l’indigenza. È
l’atavico ritornello del ricco
contro il povero, è lo strapotere del forte contro il debole, è la pancia piena contro il
sacco vuoto... ed è meglio
fermarsi dato che la lista sarebbe lunghissima.
Da che parte stiamo? Ma è
chiaro che come credente io
non sto da nessuna parte,
non difendo né americani né
islamici, e nemmeno mi sento di accusare o difendere europei o asiatici. Stiamo tutti
nel torto, perché abbiamo anche noi «distorto» le cose.
Manca un progetto di vera
pace; però un disegno di riconciliazione esiste, Dio lo ha
tracciato e invita tutti gli esseri umani a prenderne visione
e impegno concreto. A noi soprattutto, come credenti, è
data più grossa responsabilità; Gesù disse: «A chi molto
è stato dato, molto sarà ridomandato» (Luca 12, 48).
Dio ci invita a scegliere
ogni giorno della nostra vita
le vie del bene o del male.
Dai nostri orientamenti il
mondo vedrà se abbiamo o
no conosciuto Dio. Se qualcuno deve essere bacchettato, porgiamo anche noi, ciascuno di noi, chiese e singoli,
la mano. Il nostro presidente
Ciampi il giorno della strage
ha intercalato una frase per
esprimere solidarietà deU’Italia all’America dicendo: «Siamo tutti americani...». Sento
di condividere tutto ciò, ma
vorrei anche dire «siamo tutti
colpevoli» di quel che accade
nel mondo.
Mi auguro che dopo questo
«grave atto di guerra» che ha
caratterizzato il primo anno
dell’inizio del terzo millennio, cominciamo a riflettere
tutti e seriamente. Rientrare
in noi stessi per un esame di
coscienza singola e di massa
e per incidere e avviare un
vero processo di «pace» tra i
popoli, per un sincero reciproco riconoscimento di diritto ad una vita degna come
esseri umani, figli tutti dello
stesso Dio, Creatore e Signore dell’universo. Il Regno è
suo e lo stabilirà come e
quando vorrà, ma noi oggi,
come sempre, ricordiamoci
che siamo invitati a essere
collaboratori di Dio (I Corinzi
3,9), collaboratori già graziati
da Cristo, redenti e attesi nei
cieli eterni.
Nicola Nuzzolese
Altamura
OLIMPIADI ED EVANGELICI
NELLA VALLE DI SUSA
Meana di Susa -13 ottobre 2001
Centro battista Martin Luther King
(via Campo del Carro - ore 9,30-12,30
'Saluto della chiesa di Meana di Susa
'Obiettivo dell’incontro (Luciano Deodato)
' La presenza evangelica in vai di Susa (Emmanuele
^Paschetto)
'¡Progetti in corso e proposte (Ferdinando Blefari)
^Dibattito aperto e programmi
foderano rincontro Marco Piovano e Roberto Russo ,
terminaranno con un pranzo comunitario prepadalp chiesa locale (per prenotazioni rivolgersi a Madp"® Volley, tei. 0122-39138).
00^ j^Lormazioni: segreteria Comitato 2006, via Vinçon
E.j^.|fermano Chisone; tei. 0121-58614.
comolimp@chiesavaIdese.org.
M La civiltà
occidentale
Lo ammetto senza alcun
imbarazzo: sono anch’io convinto che la civiltà occidentale abbia prodotto valori che
hanno le potenzialità per essere non solo frutti tra gli altri
della storia del pensiero, ma
passi in avanti nella storia
spirituale dell’umanità. La libertà di opinione, la tolleranza, lo stato di diritto e tutti gli
elementi riassunti nell’idea
occidentale di democrazia
sono un contributo inestimabile all’umanizzazione della
convivenza. Sono anche convinto che il messaggio cristiano abbia inciso in modo rilevante in questo processo, nonostante le posizioni reazionarie delle chiese (di alcune,
mi permetto di dire, più che
di altre, e questo è vero soprattutto oggi). Ritengo, infine, che gli Stati Uniti d’America incarnino, almeno a partire dal dopoguerra, la cultura occidentale e i suoi valori
in modo eminente e condivido dunque l’opinione di chi
pensa che l’il settembre rappresenti un attacco a un
mondo e non solo a uno stato: per questo mi sento mobilitato a difesa di questo mondo, che è anche il mio.
Quanto segue non costituisce un «tuttavia», bensì un «e
quindi». Una delle massime
conquiste di alcune correnti
della civiltà occidentale, legate airilluminismo e a quanto
ne è seguito, più che alla
Riforma protestante (diciamo
anche questo) è la capacità di
cogliere le clamorose ambiguità del nostro modo di essere. Non è possibile enumerarle, ma si può fare qualche
esempio, magari a partire appunto dagli Usa.
Sono il paese del Watergate, che non ha esitato a cacciare un presidente capace
perché barava. «Tutti gli uomini del presidente», la storia
del Watergate appunto, è un
film di culto, una grande celebrazione di un grande paese. Un paese in cui politici
ebe considerano lo stato una
consociata della loro holding
di famiglia, oppure fanno leggi su misura per scagionare
se stessi e i loro consulenti legali deputati a gestire gli affari più sporchi, non avrebbero, credo, un grande avvenire. Ebbene, questo paese è
anche il terreno di caccia di
lobby rapaci e selvagge e alcune di esse hanno ridotto
interi continenti alla morte
per fame. La democrazia
americana ha sostenuto diversi tra i più sanguinari criminali del mondo, tra i quali
più d’uno (da Noriega a Saddam, fino ora a bin Laden) è
poi diventato suo nemico. Gli
Usa sono un paese dagli
squilibri sociali spaventosi
anche per criteri europei; un
paese nel quale una tenace
pratica religiosa, impensabile
in Europa, convive con la
passione per la pena di morte
e per l’uso privato di armi
Il dolore non è mai «dolce»
Avevo condiviso profondamente soprattutto la parte conclusiva e più problematica, e sofferta, del messaggio del moderatore Gianni Genre a conclusione del Sinodo:
il silenzio, l’assenza di Dio, per quanto «apparenti», anche nella vita del credente possono essere terribilmente pesanti, alle prese con il male: sia che ci tocchi più direttamente, sia, e forse a volte più ancora,
quando colpisce altri. Poi, sul numero
scorso di Riforma, leggo l’intervento molto
articolato del collega Garufi, che obietta
pacato e fermo su questo punto. Mi torna
in mente questa parola attribuita a Calvino
(al momento non ne saprei indicare la citazione): «Tu me broye, Seigneur; mais il me
suffit de savoir que c’est ta main» (Signore,
mi stai stritolando, ma mi basta sapere che
è la tua mano), parola altissima, aH’intemo
di un’esperienza limite di fede, ma che non
so se saprei fare mia e che comunque non
oserei mai proporre dall’esterno a qualcuno che vive in pieno «stritolamento».
Ebbene, più che dell’intervento di Garufi
(che però apprezzo, e più ancora ho apprezzato la sua predicazione di apertura
del numero precedente di Riforma su Luca
13, 4-5, «Il crollo della torre»), mi sento
partecipe dell’inquietudine di Gianni Genre: neppure io mi sento di cantare «è dolce
pure insiem con te il dolor»; quello che mi
ripugna è il «dolce». Il dolore vero non è e
non può mai essere dolce: non lo è stato
per Gesù, alle prese con il male che si serrava sempre più intorno a lui, multiforme;
e non lo è per noi, anche se a noi credenti è
offerta la possibilità di venire dopo di lui e
d^ietro di lui, quale scudo. Ecco perché non
riesco a cantarla, quella strofa, così come
non riuscivo a cantare la seconda strofa del
n. 100 dell’Innario della passata edizione:
«...per i diletti del Signor la prova è segno
del suo amor» (nel nuovo Innario, d n. 284,
è stata corretta, con qualche incongruenza
logica; «Noi combattiam per il Signor con
la potenza del suo amor»; invece, mentre ci
sono, noto con rincrescimento che anche
nel «nuovo» n. 131 a proposito della chiesa
si continua a cantare che «nei trionfi avanza d’amore e di pietà», il che mi zittisce...).
Mi aveva colpito la coraggiosa schiettezza di Genre, in un momento pur familiarmente solenne come la conclusione del Siribdo e il «discorso dell’Unione» all’inizio
di un anno di vita delle nostre chiese. Garufi fa echeggiare una nota diversa e ci ricorda che l’inquietudine non deve diventare dominante e morbosa, per il credente.
Tuttavia èdnquietudine reale, sofferta; interna alla fede.
Gino Conte-Firenze
che altrove sarebbero considerate da guerra. Più in generale: la grandezza della civiltà
occidentale è figlia anche
delle tragedia della conquista
dell’America oggi detta «latina», di decenni di imperialismo e di uno sviluppo industriale socialmente ed ecologicamente assassino. Fa parte della nostra cultura vedere
tutto ciò e dirlo, anche e proprio oggi. Ciò comporta alcune conseguenze.
L’Occidente laico e di matrice cristiana sa che non potrà liberare il mondo dal
«Male». Si accontenta di togliere di mezzo qualche assassino e non è poco. Confondere i due piani è tipico di
una cultura integralista, idolatrica, appunto non «occidentale», e un cristiano lo dovrebbe sapere meglio di altri.
L’Occidente laico e di matrice cristiana Sa che il mondo
si governa con la politica e
non con la pseudoprofezia e
questo va a tutto vantaggio
del mondo, della politica e
anche della profezia autentica. L’Occidente laico e di matrice cristiana sa che «il Male», che effettivamente esiste
e non è solo la sommatoria di
tutti i cattivi, non è solo fuori,
ma dentro di sé. Qui, purtroppo, la secolarizzazione e
la perdita di categorie cristiane come quella del peccato
originale, e forse anche del
simbolo del diavolo, impediscono di cogliere la drammaticità della faccenda. Ma almeno riconosciamo senza
mezzi termini la tragica ambiguità del nostro essere «civili» e «democratici». L’Occidente laico e di matrice cristiana gioca il suo destino su
queste consapevolezze e vorrebbe vederle riflesse nel linguaggio dei suoi leaders.
Quando ciò non accade, vengono i brividi, quasi come
l’il settembre.
Fulvio Ferrario - Milano
Fondazione «Doti Enrico Gardioi»
Via Beckwith 1 - 10066 Torre Pellice (To)
Bando di concorso
per l’assegnazione di borse di studio per l’università
Gli studenti valdesi che intendano avviarsi agli studi universitari per esercitare nelle valli le attività professionali conseguenti,
possono richiedere una borsa di studio per l'a.a. 2001/02, entro il 31 ottobre 2001, indicando:
- facoltà universitaria prescelta
- condizioni economiche personali e familiari (copia della dichiarazione dei redditi)
- previsione delle spese che intendono pagare con la borsa di
studio.
Saranno preferite le facoltà di Giurisprudenza e di Medicina.
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla presidenza del Collegio
valdese, via Beckwith 1 - 10066 Torre Pellice (To), Tel +39
121-91260, fax+39 121-932272. E-mail collegio@tpellice.it
Differenza sì
ma senza odio
Le Twin Towers, anima di
New York, non esistono più.
Con esse sparisce un pezzo
del mondo a noi caro, qualcosa che ci è appartenuto,
forse anche inconsciamente,
tra l’incredulità senza parole
che avremmo provato di
fronte allo sgretolarsi della
Torre di Babele e lo stupore
muto dell’essere testimoni
della profezia dell’Apocalisse. Senza parole: il mondo è
rimasto sospeso, appeso a se
stesso, senza più tempo e
spazio, in una dimensione
onirica di sole immagini. Immersa in una splendida alba
rosso-arancione la New York
del giorno dopo, tra dolore e
morte, tra sangue e sudore di
uomini, donne e bambini,
nel caos primordiale, consuma l’ultimo tabù: l’assenza
della parola.
L’America sta reagendo
mobilitando risorse umane ed
economiche inimmaginabili,
impossibili per chiunque altro
al mondo in quel mix di puritanesimo «Wasp» che, quasi a
prescindere dalle razze e dalle
religioni, nei momenti topici
unisce la nazione, sotto la
bandiera a stelle e strisce, al
canto di «God Bless America»,
con la Bibbia dei Padri Pellegrini in una mano e l’M16
nell’altra. In tutto ciò l’America è grande: nelle distanze fisiche e culturali tra Nord e
Sud, tra east e west coast, nel
bene di una grande democrazia e nel male delle immense
disuguaglianze sociali, nel bene del benessere e nel male di
una ideologia della democrazia che si autorappresenta come legittimata sempre e oltre
tutto. L’America è, per noi europei, quello che in parte siamo ma che non vorremmo essere, la buona e la cattiva coscienza del progresso e del
benessere ininterrotto come
diritto inalienabile.
La risposta è la guerra.
Guerra come estetica liberatoria dall’affronto subito e, in
nome di Dio, strumento di
giustizia. La vittima sacrificale non è soltanto l’Afghanistan dei talebani e, nel medio
periodo, la «rete del terrore»
ma l’attuale sistema geopoli
tico post caduta del muro di
Berlino. Un assetto contraddittorio e tutto in divenire che
da oggi farà i conti col modo
con cui ogni nazione si rapporterà alla «giustizia infinita» degli Usa.
In questo contesto, chi come noi, crede che il mondo
sia più complesso della divisione tra bene, (Occidente cristiano) e male (l’altro storicamente dato) e più sofisticato
della divisione tra un Islam
buono e vero e Islam cattivo e
falso, può giocare un ruolo di
lungo respiro strategico, contribuendo alla ridefinizione
del modello di sviluppo, a
una più equa redistribuzione
delle risorse, alla ricerca di
categorie valoriali condivise,
dove la fede sia strumento
critico della risoluzione delle
contraddizioni e non forma
della divisione dove la differenza sia sì struttura dell’identità, ma non di legittimazione, di odio e ingiustizia.
La comunità evangelica
italiana, a partire dalle sue
complessità e peculialità storico-religiose, può dare molto alla ricerca degli aggettivi
qualitativi necessari al processo di pace a patto che, come dire, esca dall’elogio del
silenzio, investa sulla Parola
visibile, superando il complesso della minoranza dorata che «a tutti si mostra ma a
nessuno si dà». A «non sporcarsi le mani» (e l’anima) oggi si rischia di non avere un
domani per i nostri figli e per
i figli dei nostri figli; si rischia
di far saltare i fragili equilibri
di tolleranza, scambio e riconoscimento tra le differenze
culturali, religiose, razziali e
di genere che l’occidente ha
faticosamente costruito. A
non mettere in discussione la
propria identità rinnovando
nel processo di ricerca le proprie radici si corre il rischio,
pur dibattendo l’importante
tema teologico del pedobattesimo/battesimo dei credenti, di perdere il senso e
l’agire della grande tradizione protestante italiana.
Mi permetto, per concludere, di consigliarci di provare a
fare, tutti, qualcosa di più del
quasi nulla fatto finora.
Roberto Vitelli
Albano Laziale
Nuovi indirizzi
La past. Gabriella Costabel comunica il proprio nuovo indirizzo: Hòfle 10, 73110 Hattenhofen (Germania). Tel. 07164800085; fax 07164-902268.
Il pastore Samuele Giambarresi comunica il nuovo indirizzo:
via Batteria Nomentana 76,00162 Roma; tei. 06-86202573.
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 ■ C.C.P. 20780102
http:/Awww.claudiana.lt
16
PAG. 16 RIFORMA
Villaggio Globale
'«•tli Storia di due giovani macedoni impegnati in un lavoro di partenariato con il Cec
La cooperazione interetnica in Macedonia
Il Centro macedone perla cooperazione internazionale è stato fondato dal Cec nel 1995
ano scopo di migliorare i rapporti interetnici e di incoraggiare la pace grazie allo sviluppo
ANTONY MAHONY*
Tutti conoscono Aleksandar Krzalovski col suo
nomignolo, «Cikle», che gli è
stato dato durante i suoi studi alla Scuola superiore di
Korchagin, a Skopje, che for■ ma i giovani matematici particolarmente dotati. Poi ha
studiato l’informatica e tutto
sembrava destinarlo a fare
carriera nella tecnologia. Eppure si è indirizzato verso
il Centro macedone per la
cooperazione internazionale
(Cmci), organizzazione interreligiosa di cui dirige attualmente il programma di aiuti
di emergenza. Il Cmci è stato
fondato nel 1993 dal Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec), con l’appoggio di Dutch InterChurch Aid, allo scopo di migliorare i rapporti interetnici e di incoraggiare la
pace grazie allo sviluppo.
Per la prima volta
indipendenti
Come tutti i suoi contemporanei, Cikle ha visto succedere numerosi cambiamenti nel suo paese da quando
questo è diventato indipendente dall’ex Jugoslavia, dieci
anni or sono. Per una volta
nella loro storia, dice, i macedoni hanno avuto l’occasione
di gestire essi stessi i propri
affari anziché essere sottomessi alTautorità di Belgrado
o, prima, dell’impero ottomano. La Jugoslavia comunista esaltava la fraternità e
l’unità, con l’idea di unire
numerosi gruppi etnici in
un’unica società multietnica.
Ma quando quel regime cadde, dice Cikle, si vide manifestarsi un sentimento crescente dell’identità etnica. Nella
nuova Macedonia, la gente
prese più fortemente coscienza della propria identità
etnica, fossero macedoni, albanesi o membri di una delle
tante minoranze, come i valachi, i rom o i turchi.
La vicenda della nave norvegese respinta
Le chiese deH'Australia
si schierano con i profughi
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Zo«t di attiviti dilla
guerriglia albanese
per manifestare l’impegno
del paese vicino a venire in
aiuto alla popolazione.
Guadagnare la fiducia
Dopo avere installato un
ufficio a Djakovica, il Cmci
ha cominciato a guadagnare
la fiducia della gente procurando loro ciò di cui avevano
realmente bisogno: materiali
di costruzione, cibo. L’organizzazione ha constatato che
aveva le capacità richieste
per rispondere alle esigenze
di un vasto programma umanitario e che il suo personale
era in grado di assumere
nuove funzioni.
Cickle venne chiamato a
collaborare al nuovo programma per il Kosovo, dove
dovette trascorrere lunghe ore
in ufficio. «Cickle, ti stai scio
gliendo nell’ambiente!», gli
dichiarò uno dei suoi colleghi.
Il lavoro non era senza rischi:
all’inizio, l’ufficio ricevette telefonate di minacce in seguito
al licenziamento di alcuni
membri del personale e si dovette fare appello alla mediazione del sindaco. Cickle doveva prendere delle precauzioni per garantire la propria
sicurezza: anche se era conosciuto e apprezzato dalla gente di Djakovica, egli non osava
parlare la propria lingua in
pubblico, per timore che lo
scambiassero per un serbo,
ed era sempre accompagnato
da un membro del personale
locale. «La mia situazione era
particolare per il fatto che ero
l’unico macedone a lavorare
liberamente a Djakovica».
(Cec info) (1 - continua)
* Antony Mahony ha lavorato come consulente interinale presso il Seep (Partenariato
ecumenico per l’Europa del
Sud-Est), programma lanciato
dal Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec) nel 2000. Questo
programma si sforza di rendere più stretta la cooperazione
tra le chiese, le organizzazioni
ad esse legate e altri partner, in
vista di promuovere la pace, la
giustizia e lo sviluppo economico nella regione. Il Cmci è il
principale partner del Cec nella Repubblica di Macedonia, e
include nel suo lavoro tutte le
comunità religiose e etniche
del paese. I termini «Macedonia» e «macedone» designano
lo stato e la popolazione dell’ex Repubblica jugoslava di
Macedonia e non implicano
alcuna presa di posizione ufficiale da parte del Cec.
Nonostante gli sforzi compiuti dalle chiese, i profughi
della nave Tampa non sono
stati accolti in Australia bensì
diretti verso la Nuova Zelanda e l’isola di Nauru, che hanno accettato di accoglierli.
Delegazione delle chiese
a Canberra
Le chiese australiane avevano inviato una delegazione
a Canberra, la capitale, per
tentare di difendere, presso il
governo e gli australiani in
genere, la causa dei richiedenti asilo bloccati a bordo di
una nave norvegese, il Tampa, al largo dell’isola Christmas, nelle acque territoriali
australiane. La delegazione,
guidata dal vicepresidente
del Consiglio nazionale delle
chiese d’Australia, prof. James Maire, della Chiesa unita, ha precisato che i responsabili religiosi erano venuti a
Canberra «per chiamare gli
australiani a dimostrare i valori per i quali siamo ben noti». Durante una conferenza
stampa svoltasi fuori dal Parlamento, James Maire ha fatto notare che «non è australiano tenere più di 400 persone su una nave concepita per
accogliere una trentina di
passeggeri. Questo non è far
prova di una mentalità fraterna. Non si addice agli australiani perché siamo un popolo
buono, generoso, compassionevole, affettuoso».
Maire ha esortato i cristiani
australiani a sostenere i profughi in genere, e quelli del
Tampa in particolare. La delegazione comprendeva rappresentanti delle chiese cattolica, anglicana, battista e
unita (quest’ultima è nata
dall’unione negli Anni 70 di
tre chiese: presbiteriana, metodista e congregazionalista).
L’appello dei responsabili di
chiesa è stato lanciato in un
Un solo allievo albanese
Cikle si ricorda che, nella
sua classe, c’era un solo allievo albanese su 35, e non ha
avuto molti contatti con gli
albanesi prima di lavorare
per il Cmci. Ammette che il
suo atteggiamento è cambiato: «Sono diventato molto
più tollerante dopo aver trascorso cinque anni al Cmci, e
la maggior parte dei miei colleghi possono dire altrettanto». Invece, nota in alcuni dei
suoi contemporanei segni di
pregiudizi razziali e di xenofobia che essi non manifestavano prima. Quel che è ancora più grave ai suoi occhi, è
la pressione esercitata sui
moderati da parte degli altri
per incitarli ad adottare posizioni estremistiche. Secondo
Cikle, la nuova regola sembra
essere di rigettare sugli altri la
responsabilità di avere suscitato la crisi: i macedoni accusano gli albanesi i quali, a loro volta, accusano i macedoni. Cikle ha la sensazione che
ci sia sempre meno posto per
il dialogo tra i gruppi etnici,
in particolare dopo gli scoppi
di violenza di quest’anno.
Da otto anni, il Cmci ha
collaborato per assicurare
Tapprowigionamento in acqua dei villaggi della minoranza nel nord e nell’ovest
del paese e per lanciare altri
progetti di sviluppo per la
popolazione. Questa esperienza si è rivelata preziosa
quando è stato deciso di lavorare anche in Kosovo nel
1999, dopo la fine dei bombardamenti della Nato. Il
Cmci teneva molto al fatto
che un’organizzazione macedone fosse attiva in Kosovo,
Dopo la pubblicazione nello scorso agosto della «Lettera pastorale alla nazione»
Il Cec appoggia il Consiglio delle chiese dello Zimbabwe
Nella sua seduta di chiusura
del 14 settembre scorso, il Comitato esecutivo del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec)
ha pubblicato la seguente dichiarazione di appoggio alla
«Lettera pastorale alla nazione» del Consiglio delle chiese
dello Zimbabwe (Zcc).
«Il Comitato esecutivo del
Cec, riunito a Ginevra dall’11
al 14 settembre, esprime la
sua profonda gratitudine al
Consiglio delle chiese dello
Zimbabwe (Zcc) e ai responsabili di chiesa del paese per
la Lettera pastorale alla nazione, pubblicata a Marare alla fine dello scorso agosto.
Le chiese membro del Cec
sono sempre più preoccupate dal deteriorarsi del clima
economico e sociale nello
Zimbabwe e dall’accrescersi della violenza nel paese.
Questa violenza è in parte
imputabile al governo che ha
incoraggiato i veterani di
guerra ad occupare aziende
agricole appartenenti ad
agricoltori bianchi. Queste
occupazioni hanno fatto numerose vittime, sia fra i bianchi sia fra i neri. Nei mesi che
hanno preceduto le elezioni
legislative del 2000, questa
violenza è stata aggravata da
atti generalizzati di intimidazione politica. Tali atti sono
proseguiti senza interruzione. All’inizio di quest’anno, i
veterani hanno cominciato
ad attaccare e ad occupare
imprese private.
Le pressioni esercitate da
parte delle istituzioni finanziarie internazionali per sottoporre l’economia dello
Zimbabwe a misure di aggiustamento strutturale sono
state duramente avvertite
dalla popolazione, con un ulteriore taglio dei servizi sociali e dei servizi sanitari, già
sollecitati fino all’estremo limite delle loro possibilità dalla pandemia dell’Aids.
Gli stati confinanti con lo
Zimbabwe e altri nel mondo
sono stati profondamente
scossi dall’evoluzione della
situazione in questo paese fino ad allora ritenuto esemplare per il modo in cui la
tolleranza razziale, lo sviluppo economico e là democrazia avevano consentito di
passare con successo da un
regime coloniale ad uno stato indipendente.
Il Cec nutre un legame
profondo e di lunga data per
il popolo di questo paese e
per le sue chiese. Nato in
epoca coloniale, questo legame non si è smentito né durante la lotta per l’indipendenza né negli anni successivi, ed è stato ravvivato in occasione della Vili Assemblea
del Cec, tenutasi ad Marare
nel dicembre 1998. La Lettera pastorale dello Zcc rispecchia le nostre preoccupazioni ed è stata pubblicata in un
momento cruciale. L’appello
pressante che essa lancia a
favore di un dialogo nazionale aperto sulle questioni fondamentali che si pongono al
paese, è stato accolto con calore dal popolo dello Zimbabwe. Essa contiene raccomandazioni chiare e costruttive sui mezzi da mettere in
atto per impedire alla società
nel suo insieme di distruggersi da sola. Queste raccomandazioni si rivolgono al
governo, a tutti i partiti politici, al settore privato e alla
società civile tutta. Speriamo
sinceramente che nessuno
dei destinatari, in particolare
il governo e il partito al potere, considererà questa lettera
come un attacco diretto contro di esso o contro le sue
istituzioni. Speriamo invece
che tutti daranno buona accoglienza a questa offerta dei
responsabili di chiesa che
propongono di aiutare il dialogo nazionale e di collaborare alla ricerca di metodi
non violenti di mediazione
dei conflitti.
Va sottolineato che i responsabili di chiesa hanno
scelto di assumere la responsabilità della situazione nella
quale si trova il loro paese; si
sono riferiti pochissimo a coloro che, dall’estero, non
smettono di esercitare la loro
influenza nel paese. È tuttavia assolutamente necessario
che anche la comunità internazionale prenda a cuore le
parole delle chiese. Le minacce di nuove sanzioni economiche o di sospensione
degli aiuti stranieri fino all’indomani delle elezioni presidenziali del 2002, potrebbero far fallire il dialogo nazionale e far precipitare Io Zimbabwe nel caos.
Per questo, notiamo con
soddisfazione la posizione
adottata dal Commonwealth,
durante la sua recente riunione ad Abuja, in Nigeria. Esso
riconosce che "la terra è
al
cuore della crisi che scuote lo
Zimbabwe, e non può essere
separata dagli altri motivi di
preoccupazione... quali il primato dei diritti della persona,
la democrazia e l’economia.
Per risolvere questi problemi,
è pertanto indispensabile
mettere in piedi un programma di riforma agraria”.
Il popolo dello Zimbabwe è
capace di darsi strutture di
governo responsabili, di ripristinare lo stato di diritto e
di rilanciare il processo democratico nel loro paese; sono anche capaci di avviare
una effettiva riforma agraria
che facci giustizia a tutti. Ma
non possono farlo da soli. Le
istituzioni finanziarie internazionali e soprattutto i governi che, durante i negoziati
di Lancaster Mouse sull’indipendenza, si sono impegnati
finanziariamente a facilitare
una ridistribuzione equa e
pacifica della terra, devono
anch’essi assumere pienamente i loro obblighi. Ad
Abuja, il Regno Unito ha rinnovato i suoi impegni. Speriamo che gli Stati Uniti ne
seguiranno le orme. Senza
l’assistenza di questi Stati e
senza la comprensione e
l’aiuto della comunità internazionale, lo Zimbabwe continuerà ad essere minacciato.
Continuiamo a pregare con
fervore affinché il popolo dello Zimbabwe, il governo, i
partiti politici e la società civile tutta sentano l’appello
delle chiese ora, prima che sia
troppo tardi. Che Dio benedica e guidi lo Zimbabwe in
queste ore difficili». (Cec info)
contesto segnato daU’apno„
gio di gran parte della pon„
lazione australiana aU’irrC'
dimento della politica deUn
verno il quale non vuole ac
cettare i profughi sul suoi!
australiano. Eppure, di fro J
all’ampiezza della crisi, al(A
ni commentatori hanno par
lato di un certo cambiam^tn
di atteggiamento nella popo
lazione e di una certa con
passione nei confronti rioi
profughi.
La posizione del governo
Il governo del partito conservatore liberal-nazionale
guidato dal primo ministrò
John Moward, il quale deve
affrontare le elezioni alla fine
di quest’anno, ha fermamente rifiutato di autorizzare!
460 rifugiati, di origine afgana, pachistana e sri-lankese
a sbarcare e a richiedere asilo. Il Timor orientale, uno dei
paesi più,, poveri del mondo,
ha fatto sapere che potrebbe
accoglierli. Il primo ministro
ha cercato di fare adottare
dal Parlamento una legislazione speciale che avrebbe
dato alle autorità australiane
il potere di rimorchiare il
Tampa, o altra nave, fuori
dalle acque australiane. Howard ha posto l’accento sulla
necessità urgente di «inviare
un messaggio» alle bande di
trafficanti che portano i clandestini verso r Australia,
L'appello delle chiese
Le chiese australiane non
hanno smesso di chiedere un
approccio più umano nei
confronti dei richiedenti asilo, chiedendo che almeno le
donne e i bambini non fossero trattenuti nei centri di detenzione, i quali sono oggetto
di molte critiche in seguito a
rapporti che parlano di tentativi di suicidio, di depressioni e di evasioni. Esse propongono un altro modello di
detenzione: l’uscita dei profughi dopo tre mesi nei centri, e dopo controllo delle
identità, condizioni di sicurezza e di salute.
Il 26 agosto, durante la Domenica nazionale dei profughi in Australia, l’arcivescovo
cattolico di Sydney, mons.
George Peli, ha lanciato dal
pulpito un appello alla simpatia nei confronti dei profughi. «La sacra Famiglia stessa
era una famiglia di profughi
quando è partita in Egitto,
fuggendo la persecuzione di
Erode», ha detto.
L'appoggio del Cec
Il 29 agosto, il Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec)
ha inviato una lettera ai tesponsabili di chiesa australiani e al Consiglio nazionale
delle chiese d’Australia pej
sostenere la loro richiesta <
un approccio umanitario nei
confronti dei profughi del
Tampa. «È davvero tristescrive il pastore Kaiser, segretario generale del CeC'
vedere il dibattito pttlo^ |j
in Australia segnato dag
stereotipi, la xenofobia e
mancanza di compassione
caso del Tampa non
è un
esempio isolato. Al pari de
chiese riunite nel Consig
nazionale delle chiese d A
straba, il Cec è
mente preoccupato ^Alln
rie di provvedimenti P°*’
attualmente seguiti dal gov .
no australiano nei contro
dei richiedenti asilo- Sia
fortemente incoraggiun
recenti dichiarazioni
chiese australiane che o
no un’altra visione
cietà segnata dalla —
culturale e che Pongono
cento sulle misure
prese dalle chiese. Ci cong ^
tuliamo con voi per ‘l. -q.
azioni e vi esprimiamo .j
stra solidarietà».
«Ai
è; ni
un te
matt
■l:
Lve
viltà
comi
rare
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nei SI
riflei
ogni
non
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gista
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na:
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di
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