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ECO
Spett. '
BIBLIOTECA VALDESE
TORRE PELLICS
(Torino)
DELLE mUI VALDESI della CUesa Valdese
Anno XVIV - N. 38
Una copia Lire 4 It
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I Eco: L. 2.000 per l’interno
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TORRE PELUCE. 25 Settembre 1964
Ammin. Claudiana Torre Pellise - C.C.P. 2-17557
LA GRANDE ALTERNATIVA
Affermazione di sè o servizio
Venti settembre. Novantasei anni
fa i bersag^lieri varcavano la breccia
di Porta Pia e parevano spazzate le
ultime vestigia visibili di un’Italia
medioevale e feudale, pareva crollato il potere temporale dei papi. Ma Roma sa misurare il tempo a secoli, sa
attendere. E infatti la breccia di Porta Pia è stata largamente rimarginata. Da un lato il potere temporale pontificio, cui la S. Sede mai aveva rinuiiciato, è stato riconosciuto con i
Parti Lateranensi che sancirono la co
stituzione dello Stato della Città de!
Vaticano, presto riconosciuto da decine e decine di governi; e sappiamo
quale sia oggi la forza d’influsso poiitico ed economico che il Vaticano esercita in tante parti del mondo, quale
si.;, il prestigio, pur molto esteriore, di
cui gode il pontefice romano. Ma c’è
assai più di questo : il Cattolicesimo,
che .sembrava aver esaurito nello sforzo della Controriforma, di fronte alla
riforma religiosa e all’umanesimo rinascimentale il meglio delle sue eneigit: e che si era rinchiuso' m un atteggiamento difensivo di fronte alle ondale parallele e accavallantisi dell’iliuminismo culturale e della rivoluzione sociale nel XVIII e nel XIX sec..
desi e ora nelle Medie Unificate, la
pensione statale al «clero» evangelico. Sono tuttavia problemi non chiusi, fra noi; neH’ultimo sinodo e nel
congresso AICE se n’è discusso e ancora se ne discuterà. So ohe il mio
atteggiamento non è condiviso da tutti, e non contesto la sostenibilità di
tesi diverse, ma sono convinto che ogni
cedimento, specie nella nostra particolarissima situazione italiana, rappresenta per noi una faila grave e
cgni «conquista» una vittoria di Pir
ro.
Questi errori e, talvolta, queste col
pe di una Chiesa che fa corpo con la
una deficienza di impegno etico, da
giudicare moralisticamente, quanto
piuttosto li sintomo patologico che si
è atrofizzata in noi la sensibilità per
l’urgere del Regno di Dio ; la sua attesa non ci determina più. Poiché que
sto è, essenzialmente, un cristiano: un
li omo, una donna ohe attende il manifestarsi del regno di Cristo; non un
uomo che rifugge dal « mondo » (solo
l’evangelista Giovanni usa questo termine in senso spregiativo, ma allora
con una forza c radicalità ohe ha poco in comune con certo linguaggio bigotto), non uno spregiatore del creato e degli uomini amati da Dio, non
Un concordato
Comunque lo si deñnisca, l’accordo fra la S. Sede e
la Repubblica Popolare Magiara segna una tappa
sulla via del ‘disgelo’ ma ripropone il problema del
valore di una politica ecclesiastica concordataria
"Non abbiamo qui una città stabiie, ma cerchiamo queila futura,,
Ebrei 13, 14
società, o piuttosto con la sua parto
dominante e influente, con quella che
usiamo chiamare la società costituita
— spirito ’apostolico’ e ricerca di vantaggi e di sicurezze, talvolta anche di
privilegi, si intrecciano inestricabil
hu ripreso coscienza della propria for- mente — sono possibili perchè rapprez ". e vitalità e, lasciata cadere la tatti- sentano la proiezione sul piano geneco delle scomuniche, con una spregiu- rale di tanti cedimenti, errori, colpe
cùiatezza politica che fa strabiliare individuali, nella vita di noi singoli
chV confronti il Sillabo (1864) con tan- cristiani.
tr autorevoli prese di posizione ufficia- Nella prima, o forse seconda gene
iV cattoliche odierne, ha riconquistato razione cristiana si poteva affermare,
i-i. sempre più largo prestigio nel mon. come faceva Tautore della lettera agli
do, adattandosi con eccezionale dutti- Ebrei : «Non abbiamo quaggiù una
liià al volto odierno della società: ed città (polis) stabile ma cerchiamo
è giunto, proprio in questa settimana quella futura».
- °dopo ben altri concordati — a sti- Non si tratta di un atteggiamento
■vaiare una sorta di concordato («do- spiritualista, interioristico, di una « fuc umento impegnativo ») con la Repub- ga dal mondo ». L’isolamento mona
b)ica Popolare Magiara. cale ed eremitico verrà dopo, come una
Se insistiamo su questa parabola reazione -certo errata ma comprensi•’aitolica non è per astio anticlericale bile e significativa alla mondanizzanè per faziosa polemica confessionale, zione della chiesa neH’epoca postteon a perchè la Chiesa romana ci pare -dosiana (il cristianesimo religione delibi ppresentare per tutti i cristiani, nei l’Impero), quando fu canonizzato il
‘■uo complesso istituzionale, l’esempio connubio trono-altare e la sovrapporiù tipico di una Chiesa mondanizza- sizione chiesa-società (costituita); ma
ti ' Con questo termine non indichia- nei primi tempi della chiesa cristiana
un osservatore scettico e distaccato ;
un uomo che lavora e che pena con
gli altri e per gli altri; ama e cresce
figli, pensa e costruisce, accanto agli
altri, come gli altri; come gli altri soffre e muore; ma ha in cuore un fuoco, perchè sa che questo mondo è chiamato e promesso alla redenzione, e
l’attende.
Una simile situazióne è tutt’altro
che idillica, anche se conosce la pace
0 la gioia di Cristo. Il cristiano non è
un equilibrista con i piedi in due staf
{continua in 2.a pag.)
(Questa predicazione è stata tenuta
a Torino, la domenica 20 settembre).
f! 15 setiembre, a Budapest, il plenipotenziario della S. Sede, mons. Agostino Casaroli, e quello ungherese, ministro Jozsef
Pranter hanno firmato una sorta di concordato. L’Osservatore Romano (17 seti.) l’ha
definito « documento impegnativo » e al suo
ritorno a Roma mons. Casaroli, in una dihiarazione ufficiale (O.R., 19 seti.), ha teluto a sottolineare che il documento (un
Itto con allegalo Protocollo delle conversazioni con cui è stato preparato) nel comunicato ufficiale della S. Sede non è definito
« Accordo ». « Si tratta tuttavia di un documento del genere degli ’agreements’ internazionali, per quanto di una natura e di
una portata particolare ». E’ evidente l’intenzione di mettere in risalto il carattere
provvisorio e parziale del documento; anzi
mons. Casaroli dichiara espressamente che,
pur trattandosi di un risultato apprezzabile,
non si è affatto giunti ad un accordo generale. Oltre al fatto stesso, già notevole, dell’avvio delle trattative (che sono iniziate un
anno e mezzo fa), si è dunque giunti a qualche « intesa pratica » : « Pratica : che lascia
cioè insoluti e impregiudicati i problemi
giuridici connessi, per cercare una soluzione in via di fatto delle difficoltà esistenti ».
Le intese pratiche concernono : 1) nomina di
vescovi ungheresi, su cui è riconosciuta piena giurisdizione alla S. Sede; i vescovi dovranno però giurare fedeltà allo Stato magiaro e alla sua Costituzione, come ogni cittadino. In proposito il plenipotenziario vaticano ila dichiarato : « giuramento che in
ogni caso un ecclesiastico cattolico mai potrebbe prestare, se non come si addice a un
Vescovo 0 a un sacerdote e che quindi in
tal senso e con tale inequivoca precisazione
dovrà, chiaramente, intendersi prestato »
(Ma allora, perchè prestarlo? e in ultima analisi chi sarà più forte — o più abile — la
Chiesa romana o lo Stato magiaro?); 2) riconoscimento del diritto, per un certo numero
di giovani sacerdoti ungheresi, di compiere
studi superiori a Roma, nel Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese.
Il fatto stesso della firma di questo abbozzo di concordato — lo si definisca come si
vuole — è ben degno di nota, il ’disgelo’
continua a portare frutti. Tuttavia una punta, diciamo, di disagio si avverte nella conclusione della citata nota, a firma f. a., delyOsservatore Romano (17 seti.): «il ’documento impegnativo’ non ioUeva nè implica,
per quanto concerne la S. Sede, questioni
dottrinali, come non ne implicarono, in passato, atti analoghi o, addirittura, Concordati ». Non- ci si può troppo congratulare
con una Chiesa che riconosce fon tale candore che la ragion di Stato ha il passo su una
meditata presa di posizione teologica. Lo diciamo pur senza dimenticare che accordi
simili sono stati da lempo stipulati con la
Repubblica Popolare Magiara, forse con non
maggiore chiarezza teoloigica, daljla Chiesa
Luterana e dalla Chiesa Riformata d’Ungheria. D’altra parte una Chiesa, pienamente impegnata nel sistema concordatario, che
stipula concordati con Stati quali la Colombia, la Spagna di Franco, il Portogallo di
Salazar (e, tempo fa, il Reich hitleriano e
lo Stato fascista) non ha nessuna ragione di
esitare a firmare un ’agreement’ con uno
Stato a regime comunista.
Al di là di queste note, tuttavia, io tutta
sincerità ej rallegriamo se ai cattolici ungheresi sarà ora riconoseiiiiito un più pieu-J
esercizio della libertà di coscienza; la li
bertà non la può dare un concordato.
iiiiimiimiimiiiiiiiiiniii
iiiiiiiimimiuiiiiiiiiii
iiimiiiiiliiiliimiiiuiliMiii'
Cronaca del Concilio
ino una Chiesa particolarmente corrotta dal punto di vista .morale, bensì una Chiesa che è totalmente calata
nello schema di questo mondo, qualunque esso sia ; una Chiesa che, sia
mire con spirito d’apostolato e con yoicntà di conquistare aU’Evangelo (inteso a modo suo) la società in cui vive, fa pienamente corpo con essa; vuole anzi, dove può, piegarla a propria
iiuma ’ ' " * " "
non troviamo traccia di quest’atteggiamento isolazionista. D’altra parte
è ben chiaro che i cristiani vivono retti da una norma diversa da quella che
legge Tambiente e sono orientati da
una prosfiettiva che è diversa da que;le che dominano la loro società: la
i.orma è TEvangelo di Gesù Cristo
Salvatore e Signore, la prospettiva è
quella del venire del suo Regno che
L’aperlura della lerza sessione del Valicano II
non pare aver ravvivalo il "guslo del Concilio,,
fine e somiglianza, ma è chiaro gj è avvicinato, è alle porte.
ciualTeompromessi e quali miscugli tar Sul finire del II sec. (ma la data- -----1.; TT„„ t-oio ifu-iipisa zione è controversa) un autore anoni
mo indirizzò a un notabile di Alessandria uno scritto celebre, da cui stralciamo questo passo:
«I Cristiani non si distinguono dagli altri uomini nè per il paese, nè per
la lingua, nè per i costumi. Non abitano in città proprie, nè si servono di
un dialetto a parte, nè si pongono al
seguito di opinioni umane, come tanti
altri. Ma dimorando nelle città greche o barbare secondo che a ciascuno
a. uaviaxc ________ è toccato in Sorte, e conformandosi ai ^
allo sterminio degli ebrei ; un pastme costimi risveglio e di rinnovamento del cat
o o Giovanni
1,. sforzo comporti. Una tale Chiesa
non è più in grado di essere, in que
sto mondo, testimone e segno del mondo nuovo di Dio; non è piu libera,
non lo è ’politicamente’ perire non
lo è più interiormente. I frutti di questa mancanza di libertà li conciamo: la forte maggioranza delle Chiese
tedesche non sanno individuare a tempo i cupi segni premonitori del nazismo e denunciare sul soirgere im potere statale demonizzato; il «Viario»
esita a parlare alto e forte di froiite
Il discorso inaugurale della 3« sessione del Vaticano II, pronunciato da
Paolo VI in San Pietro il 14 settem
bre, davanti a oltre 2500 vescovi, circa
8C Osservatori delegati e Ospiti, alcune centinaia di giornalisti, alcune migliaia di fedeli, una folta rappresen
tanza del corpo diplomatico e le immancabili « dame dell’aristocrazia romana», non può certo aver contri
buito a ridare, a chi lo stèsse perdendo, quel « gusto del Concilio» che —
come osservava un giornalista — è
andato man mano affievolendosi in
questi ultimi mesi. Vera un solo mo
do, a nostro avviso, per ravvivare, iij
seno alla Chiesa cattolica e nelTopinione pubblica, il « gusto del Concilio » : era di rilanciare con forza l’idea
che ispirò la convocazione stessa del
Concilio, l’idea secondo cui quest’uU
t:mo doveva essere uno strumento di
americano'preaa per il volo del bom- e nella rimanente vita essi meravi
bmdiere di HiÌosh^ima; il patriarcato gliano tutti per l’organizzazione vera
■ —mente mirabile della loro cittadinan
za. Abitano le proprie patrie, ma co
di Mosca fa eco troppo compiacete
e acritica a certe propagane pacmste
sovietiche; i sinodi valdesi mandano
telegrammi augurali a capi di goveino (ma forse dimenticano di pregeper loro); si fondano partiti «cnriiani » e in qualche nazione, come in Germania, un settore evangelico non lascia ai cattolici l’esclusiva di questo
equivoco e costituisce con loro
tendo fuori legge il partito comunista
-- l’Unione democristiana (CDU); n
card. Ruffini, arcivescovo di Napoli -yora nominato cittadino onorano de,
la metropoli — deplora pubblicamente Tatteggiamento di quegli sconsiderati che, come Danilo Dolci e i suoi
amici, osano dire chiaro che cosa ce
dietro certe più o meno decorose tacciate.Davvero, non si direbbe di ci
tare questi esempi. Persino la nostra
situazione di infima minoranza evan
me forestieri; partecipano a tutti i
doveri dei cittadini, e sopportano tutti i pesi dei forestieri : ogni terra straniera è una patria per essi, e ogni patria una terra straniera. Sposano come tutti, e hanno figli ; ma non espongono i nati. (...) Dimorano sulla terre. ma sono cittadini dei cieli. Ubbidiscono alle leggi stabilite, ma con la
loro vita sono al di sopra delle leggi » (1). . .,,,
«Non abbiamo, quaggiù, una citta
stabile, ma cerchiamo quella futura ».
Ad esser sinceri, stabilità e sicurezza
seno invece proprio quello che cerchiamo disperatamente, per noi, per i
rostri C3tri, por lo nostre icioe, por il
nostro lavoro e i suoi frutti, per la nostra stessa chiesa. Il modo con cui imDostiamo la nostra vita personale e
melica non cf mettrai rim^^^^^ fsmiliare, con cui cerchiamo ,(fi indi
tentazione’ c’è infatti, al di là di ogni rizzare quella dei nostri figli, fi mc^
ccmiderazione giuridica, un filo con- con cui a "¡ef Ì
duttore che unisce il sistema concor- possibile — la scelta elei Pf
d'otaria cattolico con la sua pressione noi e per loro, assai spesso ripugna
sullo stato dallk 'finanza alla scuola da m
■ri rdivorzio) alle nostre mode- cristiano di fronte alla granae aue..
sta rivendicazioni’’il riconoscimento nativa della vita: guadalo ®
(equivoco) def matrimonio civile cele- quista, o offerta; affermazione di sè
¡.Xdto" fm. ministro di oidio o ssndzio^, e questo t.tto non e tanto
‘ (I) D.1 s.p. ó • K.s»“.
scuole elemeritari statali delle Valli vai traduz. d. G.ovanm Miegge.
tolicesimo contemporaneo,
XXIII invocava una « nuova Pentecoste », chiedeva un « risveglio di energie cattoliche », un « aggiornamento »
della Chiesa. Paolo VI, nel suo ultimo
discorso, non vi accenna neppure più.
Giovanni XXIII voleva un Concilio
« pastorale » : per quanto questo termine potesse dar luogo, per la sua im
precisione teologica, a motivar.':; perplessità, aveva l'indubbio merito di
porre in primo piano fi problema del
rapporto tra messaggio cristiano e popolo cristiano, tra messaggio cristiano
P mondo: i poli della riflessione conciliare avrebbero dovuto essere ^vange’i> da un lato (anche se, oom’è ovvio, cattolicamente inteso e spiegato)
e l’uomo cristiano e non cristiano dal
I altro. Questa esigenza pastorale non
sembra più essere sentita dalTattuale
pontefice: egli 'vuole che il Vaticano
II sia un Concilio eminentemente dottrinale, che elabori una definizione
della Chiesa. La « questione principiar
le » che il Concilio deve propiorsi è « di
investigare e di dichiarare la dottrina relativa alla natura e alla missione della Chiesa», perchè «sul quadrante della storia è venuta l’ora in
cui la Chiesa... deve definire se stessa».
Di sé. questo trapiasso da interessi
pirevalentemente piastorali a interessi
prevalentemente dottrinali potrebbe
essere un indizio positivo, se preludes
sc ad una definizione della Chiesa
orientata in senso evangelico. Purtrop.
PO Paolo VI ha proposto al Concilio
una nozione di Chiesa che ci pare ben
poco nutrita di piensiero evangelico
(malgrado le copiose citazioni bibliche). La «sacra Gerarchia»; questo
è il concetto-chiave del discorso papale e. a quarto sembra, il piensiero dominante, il cuore — P®r cosi dire
della ecclesiologia di Paolo VI. Vescovi e papa, papa e vescovi; il pensiero
del papa non è riuscito a suptexare i
limiti angusti di una noàone essenzialmente gerarchica della Chiesa.
Il discorse con cui il Papa, nel settembre dello scorso anno, aveva inaus.urato la 2- .sessione del Concilio era
stato lodato come un discorso cristocentrico; e in affetti lo era, in buona
parte almeno. Il discorso inaugurale
della 30 sessione, è invece — se così si
può dire — ecclesio-centrico. Non soie, ma la Chiesa %»ene da Paolo Vi incividuata quasi esclusivamente nella
sua gerarchia. Il discorso su Cristo si
è cattolicamente contratto in im discorso sulla gerarchia. Tutto ciò che
il Concilio prometteva: risveglio, rinnovamento, aggiornamento, dovrebbe, secondo l’ultimo discorso del papa, venire assorbito (e immiserito) in
una riflessione e definizione conciliare sulla gerarchia cattolica. « La Chiesa è qui » ha detto il papa ai 2500 vescovi riuniti in S. Pietro ; « noi siamo
qui la Chiesa» (ma secondo il Nuovo
Testamento la Chiesa è il popiolo di
Dio nel suo insieme, non solo i suoi
ministri). «Noi (Papa e vescovi), nei
le nostre piersone e nelle nostre funzioni, riassumiamo la Chiesa univer
sale» (ma neppure gli apostoli hanno
mai pensato di riassumere nelle loro
persone e nelle loro funzioni la Chie
sa cristiana del loro tempo). « Ora se
qui è la Chiesa, qui è lo Spirito» ha
proseguito il papa (ma nel Nuovo T^
stamento i termini sono rovesciati:
dove è lo Spirito, ivi è la Chiesa, e non
viceversa). E’ nelTassemblea dei vescovi imiti al papa che, secondo quest’ultimo, « la Chiesa si esprhne » ; è
dalla « sacra Gerarchia » che « la Ghie
SII riceve struttura e vita » (ma nel
Nuovo Testamento è dalTE’vangelo
predicato e creduto ohe la Chiesa riceve struttura e vita). La « sacra Gerarchia » è, secondo il papa, « la gene
ratrice della comunità dei fedeli, Tordinatrice della sua cempagine visibile, l’organo che merita alla Chiesa i
titoli di Madre e Maestra, il veicolo
delle ricchezze sacramentali» (ma nel
Nuovo Testamento tutte queste funzioni sono attribuite alla Parola viva
di Die, non ai suoi ministri).
Ci è .stato de’tto da parte cattolica
che Paolo VI con questa insistenza
sulla « sacra Gerarchia », con questa
«esaltazione dell’Episcopato» (come
egli stesso Tha chiamata) ha voluto
spezzare una lancia in favore della
collegialità episcopale, ancora a’wersata dai vescovi « conservatori » e su
cui il Concilio dovrà in questa sessione pronunciarsi. Ciò può essere vero.
Ma è certamente anche vero ohe in
questo stesso discorso Paolo VI ha ribadito con molta energia, citando anche una frase di Pio XII, il primato
che « per diritto divino » gli compete
come « vescovo di questa Roma fatidica » (si noti l’aggettivo), come « successore di Pietro e perciò avente piena autorità (si noti il «piena») su
tutta la Chiesa» (si noti il «tutta»)
ed ha riaffermato la necessità di una
direzione centralizzata della Chiesa
(«tanto più bisognosa di una guida
centrale, quanto più vasta diventa la
sua estensione cattolica »), individuando ovviamente nella « cattedra di Pietro », il « centro, il principio di unità
nella fede e nella comunione », che
solo può « dare consistenza e figura
alla vera cattolicità della Chiesa». E’
legittimo chiedersi, in presenza di queste perentorie affermazioni, quale possa ancora essere l’effettivo conteni\to
della collegialità. Comunque sia, il nostro dissenso si situa al di là della
problematica: primato papale . collegialità episcopale. Il nostro dissenso
concerne appunto quella nozione gerarchica di Chiesa che soggiace tanto
alTaffermazione del primato papale
quanto aUa dottrina della collegialità
episcopale, che il Vaticano II è chi-amato a definire. Leggendo e meditando il discorso inaugurale della 3» sessione si ha la netta impressione che
il principio ecclesiologico che nel 1870
condusse ai dogmi del primato e dell’infallibilità papale e ohe nel 1964 ha
ispirato l’attuale pontefice a pronunciare la sua « esaltazione dell’Episcopato» sia sostanzialmente lo stesso.
La « esaltazione dell’Episcopato » patrocinata da Paolo VI rappresenta certo
uno sviluppo nuovo rispetto ^a « esaltazione del papato» avvenuta al
(continua in 2.a pag.)
2
pag. 2
N. 38
25 settembre 1964
VATICANO II
(segue dalla l.a pag.)
ECHI S/MOOA L #
Vaticano I. Ma come non osservare
che in entrambi i casi l’orizzonte è limitato alla compagine gerarchica della Chiesa? E come non osservare, soprattutto, che l’idea stessa di una
« esaltazione » della Chiesa nella sua
gerarchia è incompatibile con tutta la
linea di pensiero biblico sulla Chiesa?
Restano da fare alcune considerazioni sul «grido affettuoso» (come il
papa stesso lo ha definito) rivolto da
Paolo VI, al termine del suo discorso,
alla Chiese protestanti ed ortodosse.
« Oh ! Chiese lontane e a Noi tanto
vicine! Oh! Chiese, oggetto del nostro
sincero sospiro. Oh! Chiese della nostra insonne nostalgia! Oh! Chiese
delle Nostre lacrime e del Nostro desiderio di potervi onorare col Nostro
abbraccio nel verso amore di Cristo.»
Che cos’è questo? Semplice retorica
ecumenica oppure autentica sofferenza per la divisione e vera passione per
l’unità? Oppure è entrambe le cose?
Non sappiamo. Osserviamo piuttosto
che mentre in questo appello i! papa
ci chiama ;< Chiese » ( per ia prima
volta, a nostra conoscenza), in altre
frasi dello stesso discorso ci chiama
u denominazioni cristiane» e « c: niunità cristiane ». Perchè questo doppio
linguaggio ? E’ esso indice di un pensiero doppio? Diventiamo Chiesa quan.
do il papa piange perchè siamo da lui
separati o quando siamo oggetto dei
suoi sospiri e ritorniamo ad essere
« denominazioni » e « comunità » quando egli discute con noi?
Per il re.sto, la .sezione del discorso
pontificio consacrata aH’ecumenismo
ripropone due pensieri cari a Paolo
VI- quello secondo cui Roma («ia
tomba dell’apostolo e del martire Pie^
tro ») è « il cardine dell’unità », e quello della integrazione o del reinserlniento « di quanto di autentico e d'
iccettabile si trova nelle varie den^
minazioni cristiane da noi separate...
nella pienezza della verità e della carità che il mandato di Cristp ci ha
dato la fortuna immeritata e la responsabilità formidabile di custodire »
— in altri termini ; nella pienezza della verità e della carità ohe si trova a
Roma. Il papa ha anche parlato di
«pluralismo pratico»: questo non ci
sembra indicare un sensibile passo in
avanti nella concezione cattolica dell’ecumenismo. Il « pluralismo pratico »
nella Chiesa di Roma è già attuato
da tempo e anche generosamente, ma
non per questo essa è una Chiesa ecumenica. Il « pluralismo pratico » non
è insomma un concetto teologicamente abbastanza chiaro e solido perchè
possa costituire un indice di vera ecumenicità o im metodo promettente
per ricomporre l’unità della Chiesa
cristiana. Piuttosto che di « pluralismo pratico » non sarebbe stato meglio parlare, anche qui, di rinnovamento- della Chiesa? Un’unità che si
riduca alla sintesi e alla composizione
armonica di valori cristiani già esistenti ( anche se sparsi nelle varie confessioni) è ancora l’unità di cui da
citre mezzo secolo si discute nel monde protestante e ortodosso? Unirsi significa mettere insieme quanto di meglio abbiamo, o non piuttosto cercare
insieme in Dio quello che non abbiamo? La pienezza della verità e della
carità risiede veramente a Rcm.a, o
non piuttosto in Cristo? E se non c’è
accordo su questa questione preiiminare, che senso ha ogni ulteriore discussione? Aveva veramente tutti i
torti quel pastore tedesco che, dopo
aver udito il discorso di Paolo VI, diceva : « Dopo questo discorso, gli Osservatori do-vrebberr andarse’-’s tutti ;
questo sarebbe un vero atto ecumenico ! »?
Si è dunque aperta la 3» sessione del
Concilio Vaticano II. Probabilmente,
le sessione decisiva Della cerimonia
inaugurale v’è ancora da dire che il
papa ha percorso in sedia gestatoria
la navata centrale della basilica vaticana, a differenza di quanto aveva fatto aH’apertura della 2» sessione, quando percorse a piedi quello stesso tragitto. Inoltre, la messa è stata « concelebrata » dal papa con 24 vescovi,
di vari continenti: questa «concelebrazione » ( che L’Osservatore Romano
presenta come una « storica novità »)
acquista, alla luce del discorso del papa, un valore simbolico, come viva
rappresentazione delPunità della gerarchia cattolica.
La 3“ sessio.re si è aperta in un’atmosfera di nervosismo. Si vuole fare in
fretta: ma nessuno dei motivi addott: per giustificare questa fretta è convincente. Negli organi direttivi del
Concilio si fa vivo uno spirito burocratico e legalista. La libertà dell’assemblea può risultarne compromessa
e si avverte negli ambienti conciliari
un senso di disagio. Si tratta, in sostanza, di un’ennesima offensiva delle
forze curiali.
Per altro, i primi dibattiti sono stati
sereni e si sono uditi alcuni interventi degni di nota. Si sono discussi gli
ultimi^ due capitoli dello schema De
Ecclesia : il 7« sulla « Chiesa trasfigulata» e l’S'- su Maria. A proposito di
quest’ultimo, sembra che non contenga più alcuna menzione a « Maria corredentrice»; inoltre il card. Bea ha
chiesto, in aula, che venga tolta anche
l’affermazione di «Maria mediatrice»:
secondo il Nuovo Testamento — egli
ha detto — v’è un solo mediatore, Gesù Cristo. C’è da augurarsi che la prò
posta di Bea venga accolta.
Paolo Ricca
Le nostre opere assistenziali
Secondo le decisioni dello scorso anno,
Tesarne delToperato della Commissione Istituti Ospitalieri Valdesi è stato svolto, in
prima istanza, dalla Conferenza del P Distretto; in Sinodo è stata discussa la relazione della CIOV e la controrelazione della
Commissione d’esame (prof. Fermocio Corsani, dr. Enrico Pasquet, past. Aldo Rutiglìano e Sergio Rostagno, relatore), soifermandosi soltanto sui punti fondamentali.
La CIOV diffonde ogni anno largamente,
specie nelle chiede delle Valli che vi sono
particolarmente interessate, il suo rapporto
assai curato. Esso, del resto, è cosi fitto di
dati, che bisognerebbe citarlo tutto. Ci vediamo quindi costretti a citare piuttosto
qualche punto della «controrelazione)).
Il problema dei nostri Istituti d’assistenza, specie alle Valli, è un problema di adeguamento a una situazione che muta : « E’
chiaro che il rapporto tra la popolazione e
gli istituti sociali non può più esser misurato in numero di sacchi di patate che vengono regalati (benché tali donativi non siano affatto da disprezzarsi), ma occorrono
strumenti di misurazione più precisi. In altre parole la relazione tra i valdesi ed i loro
istituti non è tanto da valutarsi in termini
affettivi, quanto piuttosto in termini sociali.
E quando la valutazione sia stata fatta, allora diciamo pure che ogni tipo di assiste
za è un riflesso delTamore di Dio per Tuor
e dev'essere compiuta con uno spirito di se*
vizio che non può essere misurato.
« Se non andiamo errati, le difficoltà degli Istituti dipendono dal fatto che ad un
evolversi delle condizioni sociali, (industrializzazione, mutue, spostamenti di popolazione, pensioni a quasi tutte le categorie di
lavoratori) non ha corrisposto un adeguamento delTassistenza. Tanto pei esemplificare citiamo una frase della controrelazione 1958,
che richiedeva alla CIOV ”un piano di sistemazione per far fronte al numero sempre
più vasto di persone anziane che non potranno essere ospitate dalle loro famiglie” :
senza piani di previsione di questo o di altri tipi, non si deve più pensare di amministrare gli Istituti Ospitalièri (...).
« Vediamo che il lavoro della CIOV è
già orientato con un certo respiro. Per riprendere di nuovo una frase della relazione
1958, ci sembra che la CIOV cerchi di risolvere i suoi problemi non nelTordine delTordinaria amministrazione, ma nelTordine
delTiniziativa. Riteniamo però che per affrontare una discussione in Sinodo — quale
la CIOV richiede nella siua relazione ’— occorrerebbe avere un piano preciso inquadrato in valide considerazioni sul rapporto tra
la nostra assistenza e la popolazione residente nelle Valli.
« Occorre naturalmente che anche i valdesi si rendano conto del funzionamento e dell’attività degli Istituti Ospitalieri. Normal
mente la gente pensa agli istituti come a
cose che appartengono « alla chiesa )>, o alla
CIOV, non a noi stessi. Agli istituti si mandano le persone, si invia un’offerta, ma non
ci si pensa più che tanto. Ora gli istituti
sono cosa nostra, perchè sono strettamente
legali alle condizioni di vita in cui vìviamo;
sono istituzioni sociali che ci sono necessarie e attraverso le quali passa e passerà sempre più la nostra vita. Non sono opere di
carità della chiesa intesa astrattamente, sono
strumenti della vita sociale. Possiamo naturalmente volere che essi, oltre a ciò, siano
espiessioni della nostra fede. Eisser chiesa
significa allora rendersi conto, più di quanto si rendano conto altri, che ogni genere dì
assistenza, dagli ospedali agli orfanotrofi, è
un riflesso nelle relazioni umane delTamore
di cui Dio ci ha amati. E se per manifestare concretamente questo fatto occorre di
più di quanto diano mutue e pensioni, diamo allora delle offerte. Pensiamo non solo —
come popolazione che lavora e che pretende
di ricevere stipendi e salari adeguati —
ad assicurare a chi lavora negli istituti un
trattamento giusto, ma anche a fornire agli
istiiuli le persone consacrate di cui essi hanno bisogno per funzionare secondo l’ordine
ed il comandamento di Dio ».
Di fronte alla necessità che tutto il problema della riorganizzazione dei nostri istituti
assistenziali, in rapporto con le nuove situazioni che vanno creandosi, sia ulteriormente
studiato, il Sinodo ha riconfermato alla commissione di studio nominata lo scorso anno
il mandato, « permettendole di agire indipendentemente dalla promulgazione delle
note leggi ospedaliere », nromulgazione verso
cui, con l’instabilità governativa di cui godiamo, non semora che si proceda molto.
Come SI sa, particolarmente urgente è il
problema delTammodernamento delTOspedale di Pomaretto; al riguavdo è stato votato
il seguente o.d.g. :
0 II Sinodo, preso atto della esigenza
presentata dalla CIOV di una risistemazione delVOspedale di Pomaretto, riconosce la necessità di rendere tale Istituto
rispondente alla sua peculiare funzione,
e lo raccomanda alle Chiese impegnandole a sostenere generosamente Viniziativa ».
NelTatrio della Casa valdese, i membri
del Sinodo hanno potuto esaminare dettagliati progetti per il rinnovamento di cui sopra. Ci ripromettiamo, più avanti, di presentare tali progetti pure ai nostri lettori.
Sempre aperto, e dolorosamente aperto, il
problema del personale. V’è qui una via di
servizio che sembra attirare pochi. Tuttavia
è stato salutato con riconoscenza, e con spe
ranza, il gesto di due sorelle di Pinerolo che
hanno generosamente offerto di prestare la
loro opera per alcuni mesi nelTOspedale di
Pomaretto. Al personale in servizio si richiede moltissimo, in tutti i sensi. « Non si può
curare il prossimo se non in uno spirito di
servizio — notava la C. d’e. —. Noi pensiamo che in questo spirito agiscano tutte le
persone impegnate in un modo o nell’altro
negli Istituti e membri della CIOV. Le esortiamo perciò a trovare il modo di discutere
i problemi di lavoro e a risalverli in fraternità ». Poiché talvolta si lamenta un certo
isolamento.
« Il Sinodo ringrazia, a nome di tutti
i beneficati delle nostre Opere Assistenziali, il personale degli Istituti Ospitalieri Valdesi per il prezioso servizio svolto ».
Un caldo applauso, indubbiamente sincero, saluta ogni anno quest’o.d.g. Ma è necessario che singoli e chiese, eoa offerta di
tempo, di energie, di simpatia, dì denaro
affianchino fraternamente questo ’servizio’.
Altrimenti, rischierebbe di suonare un po’
ipocrita questo applauso, come quello che
ha salutato To.d.g, seguente :
« Il Sinodo ringrazia tutti i benefattori, siano essi enti o privati, che hanno
generosamente sostenuto i vari Istituti
Ospitalieri ».
Infine, la Commissione stessa. Ha svolto
un buon lavoro, preciso, impegnato, con spirito d iniziativa. La presiedeva, quest’anno,
lavv. Cesare Gay, che ora, avendo compiuto il suo quinquennio, a norma dei regolamenti ha dovuto lasciare il posto occupato
con impegno e capacità. « Sotto la sua direzione notava la C. d’e. — si è fatto un
passo avanti e altri se ne potranno fare grazie alla sua previdenza e al suo impegno personale ». Anche il sig. Riccardo Pellenc ha
dovuto per ragioni personali lasciare il suo
posto e il Sinodo ne ha preso atto con rincrescimento. A tutti i membri della Commissione, e in modo particolare al suo presidente, avv. C. Gay, il Sinodo ha espresso
il suo vivo apprezzamento e la sua sincera
riconoscenza.
La C.I.O.V. è risultata poi così eletta, per
l’anno 1964-65 (la distribuzione delle cariehe aU’intemo della medesima è stata deliberata nella sua prima seduta, tenutasi l’8
corr.): prof. Augusto Armand-Hugon, pres.;
dott. Italo Mathieu, vicepres.; sig. Dante
Gardiol, segr.; prof. Franco Operti, areh.
Claudio Decker, past. P. L. .Jalla, consiglieri.
La Commissione d’esame è così composta :
past. Roberto Jabier (pres.) e Lorenzo Rivoira, sig. Mario Sereno, dott. Lionello Gay.
iiiiimiiiiiiiiiiiiiiuimiiiiiiiiiiimiiiminiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiii
Sotto la cupola di San Pietro
11 past. Paolo Ricca, direttore delTUfficio
Stampa e Informazione del Consiglio Federale delle Chiese Evangeliche d’Italia, riprende la sua « cronaca del Concilio ». Ma
ci permattiaiino ugualmente aioime considerazioni sulla ripresa coneìliare.
Diciamo subito clic è assai poco rallegrante, anche se vi è un fatto positivo: è in
corso senza dubbio un chiarimento di posizioni, dopo le nuvole di ottimismo sentimentale del (c corso » giovanneo.
Il problema essenziale sul tappeto è quello dei rapporti fra pontificato e episcopato:
affiorato nelle scorse sessioni, è stalo ampiamente presentato nel discorso inaugurale
della presente III sessione, pronunciato da
Paolo VI lunedì 14 c. m. Si tratta di compiere l’opera del Vaticano I, neil’espriinere
la dottrina cattolica circa la chiesa: mentre
quello aveva sancito Tautorità suprema e
per diritto divino del pontefice romano, in
materia dottrinale e giurisdizionale, occorre
ora articolare a questo caposaldo una dottrina dell’episcopato che ne metta in luce
tutto il valore c ne specifichi la libertà d’azione, pur ribadendone rigorosamente la subordinazione al pontefice. Dietro la facciata
plaudente e i retorici superlativi del linguaggio àeWOsscrvatore Romano, si possono
certo individuare dolorosi travagli di coscienza, dolente ripiegamento di speranze
destate da papa Giovanni (al quale tuttavia
si deve rimproverare o una certa superficialità doltriiiale o una notevole abilità tattica); ma è necessario che il problema resti
posto in tutta la sua crudezza: il cattolicesimo è questo blocco dogmatico (e giuridicoisliluzionale), elevato strato per strato con
incastri di eccezionale coerenza; o lo si accetta in blocco, o, rifiutandone i presupposti anche lontani, in blocco lo si rifiuta.
Ogni riformismo, come al tempo del Concilio Tridentino, può avere un indubbio valore interno, ma non .«^calfisce il « sistema »
e non deve diventare, per Testerno, fumo
negli occhi.
Nel discorso inaugurale di Paolo VI v’era
pure una parte abbastanza ampia rivolta a
salutare, nella persona degli osservatori,
« tutte le membra tuttora staccate dalla piena integrità spirituale c visìbile del mistico
Corpo di Cristo ». Richiamandosi, con una
disinvoltura esegetica che sempre ci sbalordisce (le citazioni bìbliche sostituiscono quelle
patristiche o delle encìcliche, ma... il discorso non cambiai), airapostoHco ’’farsi tutto
a tutti”, con una condiscendenza che oggi
chiameremmo pluralismo pratico ». Paolo VI
dichiarava: «Noi cercheremo, nella fedeltà
alTunicìtà della Chiesa di Cristo, di meglio
conoscere e di accogliere quanto dì autentico
e quanto di accettabile si trova nelle varie
denominazioni cristiane da Noi separate; come Noi le preghiamo di voler meglio conoscere la fede e la vita cattolica e di non voler ritenere offensivo ma rispettoso e fraterno il nostro invito alla loro integrazione nella pienezza della verità e della carità che il
mandato di Cristo ci ha dato la fortuna immeritata e la responsabilità formidabile di
custodire, e che riceverà maggiore espressione dalla ricomposizione nell’unità dì tutti
coloro che professano il nome di Cristo ».
E il pontefice concludeva questo punto con
questo volo patetico: «Oh! Chiese lontane
e a Noi tanto vicine! Oh! Chiese, oggetto
del Nostro sincero sospiro! Oh! Chiese della
Nostra insonne nostalgia! Oh! Chiese delle
Nostre lacrime e del Nostro desiderio di potervi onorare con il Nostro abbraccio nel
vero amore di Cristo, giunga a voi, da questo cardine dell’unità che è la tomba, dell'apostolo e del martire Pietro, da questo
Una religione
per il mondo
di domani ?
« Una religione per il mondo di domani »,
tale il tema del recente congresso mondiale
dell'Associazione internazionale per il cristianesimo liberale e la libertà religiosa, che
ha riunito alTAja circa quattrocento partecipanti venuti da ogni parte del mondo. Il
vescovo cattolico-romano delTAja e due sacerdoti hanno partecipato al congresso in
qualità di osservatori. L’Associazione conta
oggi 25 gruppi-membri, che rappresentano
circa 7 milioni di aderenti. (S.P.P.).
Se il Cattolicesimo, così portato al sincretismo per impostazione dogmatica e desideroso di ampliare e rinsaldare il fronte
unito della « religione » di fronte alle ondate delTateismo, guarda con interesse a
questo movimento — e autorevoli documenti pontifici, anche recentissimi, lo attestano — per parte nostra continuamo a tener fermo il distacco radicale che separa la
« religione » delTuomo (eia che sgorga dal
cuor delTuomo. o dalla .sua mente) dalTEvangelo incarnato e rivelalo, c quindi dalla
fede in Cristo Salvatore e Signore. Ultimamente Rita Gay. presentando un'opera del
Newbigin. « L'universalisme de la foi chrétienne ». lo ricordava con grande chiarezza.
Vi insiste pure Tultima opera dì W. A. Visser't Hooft : « L'Eglise face au syncré
tisme ».
Concilio Ecumenico di fraternità e di pace,
il Nostro grido affettuoso : forse ancora
grande distanza ci tiene separati e molto
tempo dovrà passare prima che l’incontro
pieno ed effettivo si compia; ma sappiate che
già Noi vi teniamo nel cuore; e sorregga il
Dio delle misericordie tanto desiderio e tanta speranza ». Ci dispiace di parere forse
scortesi, ma queste espressioni ci lasciano
totalmente frigidi, e scettici. La Chiesa Romana, come istituzione e magistero, ha forse captato il linguaggio ecumenico, ma non
ne ha minimamente penetrato lo spirito;
le è forse oOstituzionalmente estraneo?
infine, la ripresa conciliare ha segnato
fra i altro una ripresa delie discussioni mariologiche. Non sappiamo fino a che punto
L Osservatore Romano ne riferisca obiettivamente; ecco, comunque, come l’estensore
della cronaca conciliare sul quotidiano vaticano, Benvenuto Matteucci, ha presentato
questo punto (O.R., 18 sett. ’64): «Lo schema in esame è composto di tre parti. Nella
prima parte si tratta dell'ufficio della Beata
Vergine nell'economia della salvezza secondo
le testimonianze della Scrittura e della Tradizione, scelte e citate senza particolari complessi nei riguardi delle difficoltà che i non
cattolici propongono nel loro uso e nella
loro interpretazione (siamo noi a sottolineare), seguendo la vigile guida del Magistero
ecclesiastico. Fondamento di tutta la mariologia è considerata 1 Annunciazione angelica
alia quale Maria consenti liberamente divenendo madre di Dio e madre nostra: «nuova Èva », « causa della salvezza » e « madre
dei viventi ». Nella esposizione sono pure
inseriti i due dogmi solennemente definiti
da Pio IX e da Pio Xll e cioè l'Immacolata
Concezione e 1 Assunzione. Nella seconda
parte si tratta direttamente del rapporto
fra la Beata Vergine e la Chiesa’, con particolare insistenza sulla ''cooperazione' della
Vergine alla salute universale, dal consenso
iniziale aH’incarnaziono del Redentore alila
offerta del sacrificio sulla Croce sino alla
perpetua celeste intercessione... ».
Il Nuovo Testamento parla di un « nuovo
Adamo », non di una « nuova Èva »: e tutto
ciò che si dice di una « cooperazione » di
Maria alla redenzione non solo non ha il
benché minimo a()piglio scritturale, ma è
anzi dalla Bibbia radicalmente escluso. Si
faccia quindi uso par.simonio.so o meno del
termine « mediatrice », si osi o no definire
(dipenderà dalla presenza di « complessi »
nei confronti dei non cattolici?!?) il dogma
della « corredentrice », questo tema è presente e Iten radicalo nella dogmatica cattolica : denuncia una volta di più che si tratta
di un « altro evangelo ». Ne prendiamo at
to con sincera tristezza. g. c.
La grande
alternativa
(segue dalla l.a pag.)
fi?, è un uomo lacerato da un’intima
re dicale t ensione fra quesm mondo
che passa e che pure è il nostro e il
mondo che viene e che conosciamo solo per fede e in speranza. Anche se
esse non sono alla pari, abbiamo per
vocazione una doppia cittadinanza
Possiamo immaginare lo strazio, di
fronte al conflitto franco-algerino, di
uno ohe avesse quella doppia cittadinanza, non nel senso burocraticameiite anagrafico ma in quello di una dop
nia raaice umana; eppure non sarebbe ohe un’ombra, una parabola minima di quello che dovrebbe essere il
conflitto continue di una sana, vitale
coscienza cristiana. Proprio quel conflitto che vorremmo in tutti i modi
evitare.
E affinchè non pensiate che i pastori hanno buon gioco a scaricare i loro
sermoni contro i membri di chiesa,
desidero citarvi quello ohe, al convegno pastorale tenutosi subito prima
dell’i.utimo tìinodo, u.n relatore ha detto a tutti noi colleghi : « Facciamo tutti il nostro lavoro, bene o meno bene,
carenti tutti in uno o in un altro settore della nostra attività, nella predicazione o nelTorganizzazione, nelle visite c nella catechesi, nella cura d a
nime o nella direzione; non si tratta
pero soltanto di lacune, di dericienza,
ma di carenza di dedizione al proprio
servizio... Ci amina uno spirito di calcolo, di carriera... il problema della
svalutazione e della magrezza degli
stipendi ritorna nei nostri discorsi monotono come una giornata senza scie,
ed è veramente la mancanza di soie
che caratterizza la nostra attivioà, la
mancanza di uno spirito lieto e pronto... Ragionare e vivere da evangelista,
pronto a darsi e fiduciosamente lieto
di fare, è assurdo nel nostro ambiente; il metro è quello della sede, de!
quieto vivere, della sistemazione conveniente ». Questo giudizio è duro, ed
è unilaterale come ogni richiamo appassionatamente polemico ; ma vi a.s
sicuro che nessuno di noi l’ha preso
alla leggera, ce ne siamo tutti sentiti
toccati: abbiamo sentito una volta di
più come sia facile, perenne temazio
ne conformarsi airambiente e alla sua
mentalità.
L'Evangelo ci richiama, anche rudemente. Ma è un buon annuncio; ci
giudica, ma è e resta una proclamazhne positiva, il richiamo a una realtà che possiamo spesso disconoscere crinnegare, senza per questa annullar
la o indebolirla : « Noi non abbiamo
quaggiù una città stabile ». Questa
constatazione, questo senso di precarietà che è cosi diffuso, oggi, e che iin
pronta di tanta tristezza coloro che
sono senza speranza, per tutti noi
a cui è data « la speranza gloriosa dei
figli di Dio » è invece davvero un buon
annuncio. Questa città (polis) in cui
viviamo non è una residenza stabile,
una fissa dimora. Paolo scriveva (Pii.
3; 20-21)' «Quanto a noi, la nostra
cittadinanza è nei cieli, da dove attendiamo come Salvatore il Signor
Giesù Cristo, il quale trasformerà ii
nos.,ro corpo umiliato rendendolo conforme al suo corpo glorioiso, in virtù
della potenza per la quale egli può anche sottoporsi ogni cosa»; e questo
vale per il nostro corpo e il nostro spirito come per la società umana, ai
quali siamo profondamente attaccati
perchè costituiscono la trama stessa
della nostra esistenza, ma nei quali,
pure, ci sentiamo quotidianamente
umiliati, nel constatare le bassezze
della condizione umana.
« Cerchiamo la città (polis) futura »:
I-a attendiamo-, anzitutto-, come si attende una persona cara, già tutti
proiettati avanti, in quella nuova situazione di cui si pregusta la gioia e
la pace; e proprio perchè è un’attesa
che impegna in modo così completo,
anima e corpo, mente e sentimenti e
volontà, non può essere un’attesa con
templaiiva. Gesù diceva : « Cercate
(quasi: procacciate) il Regno e la giu
fjtizia di Dio », qui e ora, vivete nella
feconda anche se dolorosa tensione
che vi viene dal fatto che la vostra
cittadinanza vera è nei cieli — il eie
lo di Dio che avvolge la nostra terra,
che è pur sua
Sappiamo tutti quali determinismi,
quali pressioni piccole e grandi pesano su noi quotidianamente; soprattutto quale pressione si eserciti sulla
nostra vita dal nostro interno stesso
dal nostro egoismo e dalla nostra poca fede che ci istiga a fare di questa
esistenza l’oggetto ultimo del nostro
lavoro e dei nostri sogni. Su noi, così
come siamo qui raccolti oggi, risuona
alto l’Evangelo liberatore: «Non abbiamo qui una città stabile, ma cer
chiamo quella futura. La nostra cittadinanza è nei cieli, da dove attendiamo come Salvatore il Signor Gesù
Cristo, il quale trasformerà il nostro
corpo umiliato rendendolo conforme
al suo corpo glorioso ».
E non dimentichiamo che siamo circondati da uomini e donne che a que,''ta medesima, gloriosa e felice cittadinanza, se pur ne sono ora ignari, sono anch’essi chiamati. Gino Conte
La nostra stampa
vi interessa ?
SOSTENETELA
diffondetela
3
25 settembre 1964 — N 38
pe«. S
Calvino “prédicant,, a Ginevra
li Riformatore richiama una città ebbra di libertà, e assediata, ad impegnare e sostenere il combattimento della fede; per questo fine le dà una
costituzione ecclesiastica, una conoscenza
biblica, una confessione di fede che resteranno pietre miliari nella storia della Chiesa
La vita del giovane Calvino mutò
radicalmente, come abbiamo detto, nel
corso dell’estate 1536 in segiiito a un
tiimultuoso colloquio con Farei, il predicatore francese ohe stava riorganizzando la chiesa di Ginevra dopo la
partenza dei preti e la soppressione
della messa in città. Questo francese
irrequieto e focoso, oriimdo del Delflnato, disceiK)lo di Lefèvre, studioso di
lettere e di teologia è solo, a capo della riforma ginevrina e ha bisogno di
collaboratori; è un caso che Calvino
si trovi a transitare in città, un caso
felice certo che non bisogna sprecare
Con preghiere e minaoce egli costringe il giovane avvocato di idee già evan.
geliche, ma timido e riservato quale
era Calvino, a rimanere con lui.
Aiutante, collaboratore di Farei, tale rimane per molti mesi il nostro Calvino; regolarmente, in San Pietro, la
cattedrale che domina dall’alto la cittadina di Ginevra, egli spiega le Scritture alla folla di borghesi e di soldati,
di donne e di popolani che accorrono
a sentire revangelo. Non è, di certo
per sentire lui, perchè nessuno, o quasi lo conosce, si sa che è francese e
cc-me tale lo conoscono le autorità ^nevrine; è per sentire la parola di Dio
finalmente ietta e spiegata in lingua
comprensibile. Calvino non è pastore,
non lo è neppure Farei, sono laici entrambi, l’unico titolo che spetta loro
è quello di predicatori, «prédicant»,
ed i capi della riforma in città sono
magistrati, funzionari, mercanti e non
uomini del clero come era accad)Uto in
Germania con Lutero; questo fatto
rende molto particolare la situazione
ed i problemi della città di Ginevra
■c di conseguenza l’opera stessa del riformatore.
Si deve anzitutto ricordiare che Ginevra non è in quegli anni una città
tranquilla, affatto, la sua situazione
è assai grave; ha cacciato da poco il
suo vescovo perctxè si dimostrava troppo favorevole ai principi di Savoia, vescovo che non era solo un’autorità reli.
s-iosa, come sarebbe oggi il caso, ma
un'autorità politica in quanto era rappresentante dell’imperatore. La citta
si è trovata così senza governo legittimo, abbandonata a sè stessa con la
minaccia delle truppe savoiarde o
francesi pronte ad occuparla con la
scusa di ristabilire l’ordine ma con la
intenzione di conquistarla e sottometterla. Il solo aiuto è dato dai soldati
svizzeri del cantone di Berna che presidiano la città, ma anche questi ami
ci sono pericolosi perchè vogliono co
mandare e in cambio delle armi e dei
carmoni chiedono denaro.
Una situazione da guerra fredda insomma, una sjiecie di Berlino perennemente minacciata d’invasione, seiiza denaro, senza viveri, .dovendo improvvisare tutto, dalle scuole all’ospecale dato che frati e suore se ne sono
andati, dovendo mobilitare uomini e
costruire trincee. Un poeta ginevrino
scriverà in un suo componimento latino ili onore della sua città: «...seppi abbattere con braccio inflessibile i
templi magnifici, le case, i giardini...
infransi la mia bellezza per salvare
il mio onore e, Ginevra la bella, sono
diventata Ginevra la forte...». Non si
tratta solo di poesia; per costruire i
suoi bastioni Ginevra aveva distrutto tutti i suoi quartieri periferici, le
ville, i conventi, aveva trasferito sulla
collina migliaia di cittadini senza tetto.
In questa atmo.sfera di assedio, di
indipendenza, di libertà era nata la
riforma. Farei e alcimi amici avevano
predicato per le piazze e poi nelle
chiese, avevano disputato con i preti
e i frati davanti al popolo e ai sindaci
e molti si orano schierati dalla loro
parte dichiarandosi favorevoli alla
nuova fede. Molto avevano fatto anche i soldati bernesi che presidiavano
la città ed i Si^ori di Berna avevano
sempre appoggiato in tutti i modi la
e.stensione della Riforma protestante
nei territori svizzeri.
Se il popolo segui Farei e si diede
ad, un certo punto a rovesciare le statue dei santi e gli altari non si vede
perchè questo si debba attribuire ai
riformatori stessi; se il vescovo invece di fare festa ed andare a caccia ne'
territori savoiardi fosse stato in mezzo al suo gregge, a garantiré la libertà della sua città e se il clero avesse
saputo sostenere la causa cittadina
anziché accumulare ricchezze, Ginevra sarebbe forse rimasta cattolica
perchè profondamente cattolica era
la mentalità del suo popolo; ma la
chiesa in quei tristi inverni del ’34 e
’35 non seppe essere che rma forza di
reazione anziché di progresso e il popolo ginevrino, ricordando il tradimento del suo vescovo, che 20 anni prima
aveva fatto occupare la città dai savoiardi pur di ritornare a regnare, giurò che preferiva essere distrutta piuttosto che essere schiava.
Perisca la fede, anche se è la fede
dei padri, ma v'va la libertà; i sindaci
Farei e Calvino banditi da Ginevra (1538).
JEAN CALVIN: Institution de la religion chrétienne, 4 voll.. Labor et
Fides, L. 13.900.
JEAN CALVIN ; Commentaire à la Genèse, Labor et Fides, L. 7.950.
JEAN CALVIN; Commentaire à l’Êpitre aux Romains, Labor et Fides,
L. 4.500.
JEAN CALVIN; La vraye façon de
réformer l’Eglise, Labor et Fides,
L. 1.000.
JEAN CALVIN: Brève instruction
chrétienne. Les Bergers et les Ma
ges, L. 500.
JEAN CAI VIN; Petit traité de la
Sainte Cène, Les Bergers et les Mages, L. 600.
presero il governo della cosa pubblica,
vennero nominati due consigli, il piccolo dei 40 ed il grande dei 200, per
'.iirìgere la vita della città e con atto
cqraggioso (il coraggio dei disperati)
si decise la costruzione dei bastioni,
la mobilitazione generale e l’emissione di una nuova moneta con lo stemma, della città e la scritta «post tenebras lux»; dopo le tenebre è venuta
la luce!
Il ponolo convocato sulla piazza in
assemblea generale giurò con alzata
d’ mano plebiscitaria di vivere «.secondo Dio e secondo l’evangelo».
E’ in questa città, a pKXshe settimane
da quel plebiscito popolare, im tantino equivoco e discutibile come tutti i
plebisciti, in quell’atmosfera tesa e carica di passioni politiche e sociali che
Calvino inizia la sua opera di « prédicant»; straniero, senza conoscenze,
tollerato per i suoi servizi ma sorvegliato, in mezzo ad un popolo ferocemente indipendente, deciso a non aver
nessuna autorità che non sia la propria volontà, avverso ai papisti come
ai bernesi, gente ohe vuole una sola
cosa: la libertàv
Il testo che citiamo è molto interessante pur nella sua brevità, perchè
Farei ferma Calvino, di passaggio a Ginevra (1536). Le due illustrazioni di questa
pagina riproducono due stampe di H. van Muyden.
di Dio ma è una responsabilità di tutti, perchè tutti sono in grado di capi
re la fede evangelica.
La « Confession » comprendeva 21
articoli che riassumevano i principali
punti della fede cristiana e che tutti
i cittadini erano tenuti a leggere e scttoscrivere, perchè si potesse sapere
esattamente che cosa credeva la po
JEAN CADIER; Calvin, l’homme que
Dieu a dompté, 2^ ed., Labor et Fides, Genève 1964, L. 1.400.
l'RANÇOIS 'WENDEL : Calvin ■ Souices et évolution de sa pensée reli
gieuse, Presses Universitaires de
France, Paris, L. 1.320.
JEAN RILLIET : Calvin, Fayard, Paris
1963, L. 2.970.
ANDRE’ BIELER: La pensée économique et sociale de Calvin, Georg,
Genève 1961, L. 4.250.
ANDRE’ BIELER; L'umanesimo sociale di Calvino, Claudiana, Torino
1964, L. 600.
ANDRE' BIETiER: L'homme et la femme dans la morale calviniste, Labor
et Fides, Genève 1963, L. 2.100.
A.-M. SCHMIDT: Calvin et la tradition calvinienne, Ed. du Seuil, Paris, L. 850.
DENISE HOURTICQ: Calvin, mon
ami ; Histoire de la Réforme raconlée a'jx jeunes), Labor et Fides, Ger.ève 1964, L. 650.
Calvin m’a dit, textes sur la souffrance humaine choisis et présentés
par DENISE HOURTICQ, Editions
de l’Echo, 1964, L. 620.
D' aventure celui ne doit être réputé pour traître lequel, voyant les
soudards épars et écartés, vaguant ça et là et délaissant leurs
rangs, élève l'enseigne de capitaine et les rappelle et remet en leur
ordre. Car tous les Tiens, Seigneur, étaient tellement égarés que non
seulement ils ne pouvaient entendre ce qu'on leur commandait, mais
aussi il semblait qu'ils eussent mis en oubli et leur capitaine, et la bataille, et le serment qu'ils avaient fait. Et moi, pour les retirer d'une
telle erreur, n'ai point mis au vent une étrangère enseigne, mais celui
Tien noble étendard qu'il nous est nécessaire de suivre si nous voulons être enrôlés au nombre de Ton peuple.
riflette molto bene il pensiero del giovane Calvino nella città in quegli an
ni. La citazione è tratta da una lettera scritta da Strasburgo dopo la sua
partenza da Ginevra, al cardinale Sadoleto. L’illustre e dotto prelato aveva
scritto una lettera ai ginevrini invitandoli con garbo, come avrebbe saputo fare papa Giovanni XXIII, a
rientrare nella loro vecchia ed amata
chiesa cattolica. Aveva insinuato ohe
la colpa della loro eresia era da attribuirsi a Farei, Calvino e compagrii,
gente da poco, interessata e malvagia
che aveva tradito la sua prima fede.
Calvino risponde molto pacato che
traditore non è nè sente di essere, perchè ha sempre e soltanto cercato di
ricondurre i credenti alla vera fede
L’immagine che adopera è molto bel
la e persuasiva: come un soldato che
vede i suoi compagni, sbandati, abbandonare la battaglia e si sforza di raccoglierli attorno alla bandiera del capitano cosi egli ha cercato di fare,
raccogliendo i credenti di Ginevra attorno alla bandiera di Gesù Cristo.
Non si trattava assolutamente, come
è .stato detto troppo spesso, di dividere !a chiesa, di fare 'uno scisma, di opporre alla chiesa cattolica una nuova
chiesa; come Lutero in Germania Calvino a Ginevre, si preoccupa soltanto
di ricondurre ì credenti alla vera fede
in Cristo; .sono uomini ohe hanno dimenticato « il loro capitano, il loro
ccmbattimento, il loro giuramento »
— come egli scrive a Sadoleto — si
tratta di ricondurli a credere e a combattere il combattimento della fede
nel nome di Cristo. Che ci fosse bisogne di questo richiamo e di questa
riforma lo dimostra il fatto che anche
il papa fu costretto a convocare il concilio per mettere ordine nelle cose
della chiesa e per richiamare al loro
dovere prelati, preti e fedeli.
L’opera del nostro « prédicant » a Ginevra si può molto facilmente riassumere in tre punti espressi da tre nomi: Articles, Confession de foi, Catéchisme.
Gli « Articles » erano brevi indicazioni redatte da Farei e Calvino per i
magistrati della città onde organizzassero la vita della comunità evangelica: come tenere culti, quando, come
celebrare la S. Cena, compito dei predicatori, degli anziani ecc. Tutte cose
che sono diventate per noi normali
ma che bisognava inventare, pendiè
non c’era più nulla dopo l’abolizione
del culto cattolico.
Il « Catéchisme » era una spiegazione popolare dei 10 comandamenti, del
Credo e del Padre Nostro da servire
per l’istruzione dei ragazzi e del popolo ; tutti dovevano imparare a conoscere la loro fede ; anche questo è diventato banale per noi ma rappresentava in quel tempo una straordinaria
rivoluzione perchè aveva due conseguenze. Studiare il catechismo significa anzitutto saperlo leggere e questo
conduce ad imparare a leggere, cioè a
andare a scuola: i cittadini di Ginevra avevano capito questo fatto votai)
do nella grande assemblea popolare
del 1536 di fondare delle scuole e di
mandare i loro Agli a studiare; la seconda conseguenza dello studio di un
catechism.o implica che tutti siano in
grado di capire e parlare della propria fede ; non è più riservato al clero
s ai frati teologi il compito di parlare
polazione della città. O accettare la
Confessione di fede o lasciare Ginevra, questa era l’altemativa.
Gli « Articles » e il « Catéchisme »
furono approvati dai magistrati, in
parte almeno; quanto alla «Confession » e alla sua approvazione vi furono non poche proteste da parte del
popolo, ohe non voleva abbandonare
le sue tradizioni e le sue antiche dottrine e soprattutto ohe non era affatto disposto ad accettare queste regole
precise di fede e di vita. Farei e Calvino furono insultati per le strade,
beffati dal popolino, fatti segno di colpi d’archibugio. Nelle elezioni del ’38
i membri del Consiglio risultarono più
intransigenti nei confronti dei riformatori, meno disposti a seguire la lo
re opera; nacquero dispute, e per ima
banalissima questione, sorse alla Pasqua di quell’anno uno scandalo; i magistrati volevano che la S. Cena si celebrasse come a Berna col pane azzimo e Calvino sosteneva che nelle que
stioni religiose la chiesa dovesse essere sola a decidere ; dopo una ^agitata
seduta del Consiglio Fpel e Calvino
vennero espulsi dalla città e si dovetteor rifugiare il primo a Neuchâtel e
il secondo a Strasburgo.
Gli animi erano certo molto agitati
e la situazione era difficile in quella
città assediata, ma forse Calvino aveva agito con troppo impeto e troppa
intransigenza; con lo slancio dei suoi
28 anni, me^rto di cose ecclesiastiche e politiche, appena uscito dm suoi
libri aveva condotto il dibattito in modo troppo rigido; maggior pazienza e
serenità da parte sua avrebbero forse
evitato quella rottura. Una cosa appare certa, ed egli lo ricorderà a Sadotero rifugiarsi il primo a Neuchâtel e
ohe agi in quel modo ma ijer fedeltà
alla propria vocazione; e la via che indicava al popolo di Ginevra, sia pure
in modo brusco e rigido, era la via
giusta: lion basta nascere cristiani
come i papisti o gridare a gran voce
di voler essere protestanti, bisogna sa;
pere che cosa si crede, anzitutto, e poi
vivere, bisogna .cioè essere arruolati
sotto la croce per la vita e per la morte, per poter portare il nome di cristiani. Giorgio Tourn
.1 iiiiiiiiiiiiiimiiiii
PERSOMALIA
Il past. Franco Scopaeasa, che ha
guidato per alcuni anni le comimità
metodiste di Gorizia-Trieste e ha dato la sua collaborazione pure alla nostra comunità tergestina, si è sposato
a Poschiavo con la sig.na Anita Sema
deni. Agli sposi, che hanno iniziato un
nuovo ministère pastorale a Castasegna CVal Bregaglia), porgiamo i nostri auguri più cordiali.
Carlo e Erzsébet Tagliabue annunciano felici la nascita del loro piccolo
Stefano, a Milano. Partecipiamo alla
loro gioia, con un augurio cordiale per
tutti e tre.
LETTERA AL DIRETTORE
Altro è lo scandalo
Caro Conte,
in merito alla lettera pubblicata sul
numero scorso a firma Tullio Viola,
desidero spiegare a te che per il momento Giorgio Girardet ed io non
pensiamo ancora dì cambiar mestiere.
Abbiamo avuto al quarto campo internazionale il past. Kroneberg, che non
è bianco, ed il past. Bekker, che è
bianco, ambedue appartenenti a chiese
del Sud-Africa. Il past. Kroneberg ci
ha parlato di una posizione di testimonianza riguardo alla situazione sudafricana, posizione che sta tra la politica deirapartheìd (che per me vuol dir
violenza) ed il messaggio della non-violenza. Cera tutta una problematica,
anche personale, molto sofferta, di tensione tra queste due realtà, che non
posso riassumere, ma che penso tu
poissa cogliere. Il giorno dopo, il pastore bianco ha sostenuto raparlheid
ed è stato fischiato. Il direttore del
campo, rispondendo su un tono che
gli amici del prof. Viola sono stati
gli unici a non capire, rilevava che
ora — dopo il discorso dì Bekker —
si capiva eiTettivamente molto meglio quale sia la vera situazione in
Sud-Africa: tra l'altro alcuni che il
giorno prima avevano creduto dì
ascoltare nelle parole del pastore africano non bianco il discorso di un
uomo, hanno appreso che dovevano
invece ascoltarlo come un colored
man, un uomo di colore, come il past.
Bekker aveva appena finito di dire.
Che il sarcasmo riuscisse troppo poco
a mascherare rindignazione era evidente. Del tutto conserviamo la registrazione.
Ma ora. che ne pensi? Non avremmo dovuto esser molto più fraterni
verso il Bekker? Non ci siamo lasciati trasportare da una comprensibile reazione agendo senza agape?
Questo se mai. Ma le idee di Bekker
erano note e ogni partecipante al
campo ha avuto l’occasione di discuterle con lui, come abbiamo fatto noi
stessi, ritenendone la sconsolante conclusione che esistono persone in SudAfrica che nella prossima rivoluzione
moriranno con la coscienza di esser
dei bianchi. E allora non ci sarà nessun pastore di colore che possa far
discorsi sulla non-violenza. E’ molto
chiaro quello che abbiamo imparato
da questi due uomini sudafricani, e
se qualcuno vuol saperlo, venga qui
che glielo spiegheremo a voce.
Per evitare ogni equivoco sulla
partenza di Kroneberg prima della
fine del campo, ti dirò che il suo
programma di viaggi in Europa è
stato stabilito molti mesi fa dal Consiglio Ecumenico.
Sarai d accordo se dico che noi cerchiamo di riservare la parola scandalo per qualcosa di importante ed
essenziale. Gesù Cristo è lo scandalo
per questo nostro mondo. E‘ uno
scandalo che deve sempre di nuovo
avvenire. Quante situazioni allora diventano scandalose!
Per finire, caro Direttore, il mondo c pieno di gente che sa già tutto,
che ascoltando crede di sentire cose
che K lutti sanno ». e che ha una
gran voglia quindi di sentire la propria voce far dichiarazioni infuocate.
In mancanza scrive ai giornali. E'
qualche volta non capisce quello che
gii altri dicono.
Cordiali saluti.
Sergio Rostagno
4
pag. 4
N. 38
25 settembre 19t>4
TOBKE PEUICE
La giornata
del Colleg
Una ventata di primavera, un sorriso di
giovinezza ci aveva già portato qualche settimana fa un piccolo libretto dal titolo che
avrebbe invogliato chiunque ad aprirlo con
quel sorriso di chi si prepara a rivivere la
letìzia delle fantasiose sperai^e, degli elevati propositi degli allegri simposi di una
bella età. «. Società studentesche del Collegio
valdese ». Anche — diciamo — i profani
non possono non esserne allettati. E l’autore,
il nostro anziano pastore Bertinatti, reduce
da tante vicende, ma sempre pronto al servizio per ogni attività di bene, non ci ha
delusi : ci presenta le belle schiere delle tre
Società — purtroppo appartenenti al passato — con un brìo, con una freschezza di ricordi, con una così garbata presentazione
di aneddoti — e con la solenne fotografìa
infine dhjna recita in costume — sì che
mantiene fino all’ultimo il lettore con quel
sorriso fra commosso e divertito che fa tanto bene all’animo. Poi forse il profano può
rabbuiarsi per un dubbio: «e oggi? esiste
ancora il Collegio? » Non rt-bbuiamoci : il
Collegio esiste ancora... eccome! E vivrà ancora! Ne siamo stati assicurati dalla gran
riunione del 30 agosto degli « Amici del
Collegio » predisposta e organizzata nell’Aula Magna (rinfrescata e tinteggiata come
tutto l’edificio dell’Istituto per iniziativa,
insieme a tante altre migliorie, appunto de
gli « Amici »). Una riuscitissima « Giornata
del collegio »! cominciata con un’agape fraterna di più di un’ottantina d’amici venuti
anche da lontano nel ridente giardino della
Foresteria valdese. Splendeva un bel sole nel
limpido cielo come negli animi di tutti la
gioia di ritrovarsi tra tanti antichi condiscepoli! e qui a riascoltare quegli episodi di
vita giovanile in cui si stringono i legami
più sinceri d’incorruttibile amicizia... a rievocare, a rivivere, a rallegrarsi, a sentirsi
ancora quelli d’un tempo!...
Poi nell’Aula Magna, dinanzi a una ancor più numerosa assemblea il Presidente
dottor Enrico Gardiol, Tanimatore deiLAssociazione, leggeva la relazione sull’attività
svolta durante l’anno ’63-’64, attività di
grande efficacia nei miglioramenti effettuali
in tutto il vecchio stabile, fervore di progetti realizzati e disegnati, un vigor di vita
per cui non si poteva non provare ammirazione e diciam pure meraviglia per quanto
11 dottor Gardiol ha saputo concludere in
12 mesi, per quanto egli ha fatto e per
quanto egli si propone di fare. E i sentimenti dell’assemblea sono stati espressi dal lunghissimo applauso che lo ha salutato alla
fine e in cui c’era pure l’augurio che il nostro insostituibile Presidente sia sempre meglio incoraggiato e coadiuvato.
L’importanza dell’attività svolta dall’Associazione è stata poi autorevolmente dimostrata dal professore Armand-Hugon, il quale, con la sua solita <.c verve » e maestria,
ha saputo ancora intrattenere e intensificare
il caldo interesse degli ascoltatori. Altri interventi sono stati lutti vibranti affermazioni d’attaccamento al Collegio con l’impegno
di fare il possibile per lo sviluppo di tale
importante Istituto. Diciamo « importante ».
In questi ultimi tempi se n’è parecchio parlato e noi vogliamo con oggi dimenticare
che c’è anche chi ne ha preconizzata la
chiusura... Così non sarà! Nell’ultimo Sinodo è stata ribadita la necessità d’andare
avanti per il bene di tutti. Ma di tutti senza
dubbio occorre la comprensione e l’aiuto.
Certo : il Collegio deve vivere e prosperare! Ciò si è fortemente sentito nell’adunata del 30 agosto, questa lieta giornata di
lnao|orazioDe èll’anDO scolastico
al Collegio Valdese di forre Pellice
L’inaugurazione dell’anno scolastico
1964-1965 avrà luogo nell’aula sinodale
della Casa Valdese, il giorno 1» ottobre 1964 alle ore 15, con una prolusio
ne del Prof. Ferruccio Corsani; «Passeggiate archeologiche nella zona di
Napoli». Gli alunni di tutte le classi
dovranno trovarsi nell’Istituto alle
.ore 14,30.
I genitori degli alunni e gli amici
dei nostro istituto sono cordialmente
invitati ad essere presenti alla cerimonia.
degli amici
io Valdese
riiMiovato impegno e di rinnovata speranza:
che l’Associazione degli « Amici del Collegio » sia sempre più numerosa e circondata
dì simpatia sempre più viva e fattiva!
A, M.
P. S. - Per quest’ultimo augurio oserei
un consiglio: moltiplicare esemplari di quel
bel libretto di cui ho parlato al principio e
ampiamente e sapientemente distribuirli. Io
nutro fiducia!...
Scuola Latina
di Pomaretto
L’inaugurazione dell’anno scolastico
avrà luogo, a D'o piacendo, il 1® ottobre alle ore 14,30 nel Teatrino dei
Convitto.
Risultati scrutini ed esami sessione autunnale.
Pro'moissi dalla 1“ alla 2“ : Coriglione Fulvia; Coiieourde Giorgio; Long Ettore; Long
Giorgio; Peyrcine! Marco; Meytre Silvano.
Promossi dalla 2» alla 3»: Pastre Elvio;
Ponis Carla; Prever Walter; Propoggia Gino; Tibaldi Dario; Tron Alida; Tron Ma
resa.
Licenziati dalla Scuola Merla: Barai Fran.
co ; Bernard Claudio ; Bertalot Laura ; Be"talot Lio; Coucourde Enrico; Costantino
Ezio; Gnocclii Danilo; Lageard Paolo; Maurino Fiorella; Poetto Vanna; Previatì Riir.; Ribet Renato
Tavola Valdese
Sono banditi i concorsi per le seguenti
borse di studio destinate a studenti valdesi
iscritti alla Scuola Media o al Liceo Ginnasio di Torre Pellice ed alla Scuola Latina di
Pomaretto, e relative all’anno scolastico
1964-65:
1) Borsa Pietro Fontana-Roux, di Lire
120.000 (eventualmente divisibile);
2) Borsa Arturo Long, di Lire 100.000
(eventualmente divisibile), con preferenza a
studenti originari di Pramollo, Rorà e Pinerolo;
3) Borse Olivetti, in numero di quattro,
da Lire 50.000 cadauna;
4) Borsa « M », di Lire 100.000.
1 concorrenti devono presentare la domanda e i documenti, tutti in carta libera,
entro il 10 Ottobre p. v., indirizzando al
Preside del Liceo Ginnasio di Torre Pellice.
Le assegnazioni saranno fatte entro il mese
di ottobre, con riguardo particolare al merito dello studente e al disagio della famìglia.
La domanda, firmata dall’interessato e
controfirmata dal genitore, deve essere accompagnata dai seguenti documenti :
a) Certificato di famìglia annotato dalrUfficio delle Imposte;
b) Certificato della scuola, da cui risultino
i voti ottenuti neH’uitimo anno scolastico
o nell’ultima sessione di esami;
c) Dichiarazione del Pastore, che comprovi l’appartenenza ad una parrocchia Valdese;
d) Dichiarazione del padre da cui risulti
se e di quali borse di studio il concorrente
ha goduto neH’anno scolastico 1963-64.
Torre Pellice, 19 settembre 1964.
Il Moderatore
Primo Distretto
La Commissione Distrettuale del 1 Distretto comunica che i giovani che intendono fruire di una delle Borse di Studio
assegnate dalla Commissione stessa sono pregati di fare pervenire le loro domande entro il 20 ottobre al vice presidente della
Commissione stessa Ing. G. Pcntet. via Rompicollo, Torre Pellice.
Le domande devono essere corredate dai
seguenti documenti :
a) certificato degli studi compiuti e delle
votazioni ottenute nell'anno scolastico
1963-64;
b) stato di famìglia;
c) dichiarazione da cui risulti di quali altri
sussidi o borse fruisce eventualmente il
candidato.
Sono tenuti a fare domanda anche i giovani che avendo ottenuto borse di studio
nell’anno 1963-64, intendano ottenere la
stessa borsa per l’anno 1964-65.
La Commissione Distrettuale
Culto radio
ore 7.40
DOMENICA 27 SETTEMBRE
Pastore Vincenzo Coacci
Chiesa Battista - Pordenone
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
;ì!
Visita gradita. Il giorno 2 settembre abbiamo ricevuto la gradita visita dei fratelli
valdesi dell’America del Sud, giunti fra noi
accompagnati dal Pastore Sig. Silvio Long.
Abbiamo avuto con essi una serie di manifestazioni : innanzi tutto un incontro nel
tempio, durante il quale il Pastore Peyrot
ha porto agli ospiti il fraterno saluto della
Comunità prarostinese e tracciando brevemente la storia della nostra Comunità. Il
Pastore Silvio Long ha parlato a nome dei
pellegrini e ringraziando per l’ospitalità. A
mezzo giorno abbiamo avuto un pranzo, offerto dal Concistoro, presso la vicina trattoria... Nel pomeriggio ci siamo recati a Roccapiatta per visitare il vecchio tempio e le
case ove sono nati due Pastori Valdesi, che
furono per vari anni Pastori nelle epìonie
dei Sud America (Past. Davide Forneron e
Giulio Tron).
Al ritorno a S. Bartolomeo, l’Unione delle
Madri ha offerto una ben guarnita tazza di
tè.
Ringraziamo ancora i fratelli del Sud
America per la loro gradita visita.
Dipartenza. Dopc lunghe sofferenze, è
mancato all’affetto dei suoi cari e alla stima
della chiesa il fratello Umberto Gardiol, delie Mole, deceduto il 5 settembre alla età di
77 anni. Nella orazione funebre il Pastore
ha ricordato la fede di questo fratello e la
sua contìnua disponibilità per la vita della
chiesa. Che il suo ricordo rimanga in benedizionè fra di noi, e che il Signore conceda
le Sue consolazioni alla famiglia e ai numerosi parenti.
Trozze. Abbiamo ultimamente celebrato il
matrimonio dì : Ravera Chiaffredo (Pilleròlo) e Godine Adriana (Gudina) il 13 settembre; Godine Aldo (Nida) e Godino Graziella (Colombini) il 19 settembre; Cogno Giovanni Battista (Bricherasio) e Coisson Anita
(Pian) pure il 19 settembre. Che la loro
unione sia anche un’alleanza col Signore
Congedo. Il Pastore Peyrot e la sua famiglia, dopo 14 anni di ministero svolto a
Prarostino, si è congedato dalla Comunità
domenica 20 settembre. Al culto, cui ha
partecipato una larghissima assemblea di fedeli, egli ha predicato il suo « sermone dì
addio » (o meglio di a arrivederci », poiché
ha promesso che, nella misura del possibile e
delle circostanze, i Sigg. Peyrot verranno
ancora a trovarci). E’ stato un momento solenne e commovente... perchè non si può
predicare impunemente l’Evangelo a dei
fratelli e vivere con essi come sotto il medesimo tetto, e partecipare alle loro gioie
come ai loro dolori per tanti anni, senza
sentire profondamente o dolorosamente Tamarezza del distacco, il Sig. Rinaldo Gay, decano degli Anziani, a nome di tutta la Comunità ha rivolto brevi parole di ringraziamento e di saluto ai Sigg. Peyrot, mentre
consegnava una busta contenente un segno
tangibile deU'affetto di tutti per il Pastore
Peyrot e la Signora...
Al pranzo offerto in onore dei Sigg. Peyrot, a cui hanno partecipato oltre sessanta
persone, sono stati pronunziati ancora dei
discorsi da parte del Pastore e di varie persone...
Saluto di benvenuti. La Comunità saluta
con gioia l’arrivo del nuovo Pastore, con la
Signora Ayassot e bimbo, che è stato eletto
dalla Assemblea di chiesa dome’.iica 30 agosto, con voto unanime. Si comunica che Tinsediamento del nuovo Pastore avverrà domenica prossima 27 settembre, con un culto solenne alle ore 10. Confidiamo in una
larga partecipazione di fedeli.
BOBBIO PELLICE
— Giovedì lo settembre la iioislra comunità Ila ricevuto con gioia la visita dei pellegrini Valdesii deirUruguay e «ell’Argenlina guidati dal pastore Silvio Long. Essi
sono arrivati a Bobbio verso le 11 attesi da
alcuni membri della nostra comunità. Dopo
le parole di benvenuto del (sindaco ®lg. Giovanni Baridon, alcuni fratelli hanno riitrovato con emozione nei vecchi registri del
municiipio molti nomi di loro antenati. Dopo il rinfresco offerto dall’Amministrazione
comunale i nostri ospiti sono stati aecolti
da alcune famiglie bobbiesi che hanno loro
offerto il ipiranzo'.
Alle 15 l’aippuntamento. era davanti al
tempio che è «tato visitato e del quale e
stata ricordata la storia. In seguilo dopo una
breve salita sotto ì castagni, visita al mo
nuinento di Sibaud. Dopo il canto in fran
cese del giuro di Sibaud, ritorno al Capo
lungo dove una tazza di tè attendeva i no
stri ospiti che verso le 18 ripartivano la
sciandoci nel cuore il ricordo di una gior
nata serena e benedetta.
Un ringraziamento particolarmente senti
to a tutti quelli che si sono adoperati af
Bnchè la giornata riuscisse così bene.
iimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiKMiiiiiimiiiiiiii
LUSERNA S- GIOVANNI
Alla Scuola valdese di economia
domestica riprendono le lezioni
Alla Scuola Valdese di Economia Domestica {L'Uliveto) l’anno si inizierà il 19 ottobre e si chiuderà il 15 giugno.
Questo Istituto che, nei suoi 13 anni di
esistenza ha accolto più di 150 alunne, provenienti, oltre che da diversi comuni delle
valli, anche da altre regioni della Penisola,
ha dimostrato di compiere un’opera veramente provvidenziale, a beneficio delle giovanette delle nostre comunità evangeliche, e
contìnua a preparare, sotto lo sguardo del
Signore, in un ambiente moralmente sano,
delle esperte donne di casa, preparate a tutti
i servizi domestici e di assistenza della famìglia. Oltre al corso biennale di economia
domestica, saranno impartite anche quest’anno, lezioni semplici e pratiche dì italiano,
tii francese, di corrispondenza e contabilità
familiare; sarà curalo, in modo particolare,
l’insegnameuto di taglio e di cucito. I corsi
sono interamente gratuiti.
Sono ammesse anche alunne esterne, che
cioè non intendano usufruire del convitto
interno, in cui sono accolte mediante il pagamento di una modesta retta.
Le due migliori allieve, ottenuto il diploma, possono usufruire di un corso di perfezionamento all’Ecole Ménagère Supérieure
di Marcelin (Svizzera).
Sono stati interessati i Sigg. Pastori perchè facciano vieppiù conoscere l’imporlanza
e rutilità di questa benemerita istituzione.
Le iscrizioni si ricevono dalla Direttrice
Sig.na Irene Cesan - L’Uliveto - a Luserna
S. Giovanni, la quale darà tutte le informazioni che le verranno richieste al riguardo.
Facoltà Valdese
di Teologia
Sono aperte le iscrizioni alla Facoltà Valdese di Teologia per l’anno accademico
1964-65. Per l’iscrizione come studente regolare occorre farne domanda per iscritto
al Consiglio, presentando entro il 15 ottobre:
1. Certificato di nascita.
2. Diploma di maturità classica o altro titolo considerato equipollente dal Consiglio.
3. Un attestato fornito dal Consiglio di
Chiesa della comunità dì cui lo studente
fa parte, dal quale risultino i caratteri
morali c spirituali del medesimo e la
sua iscrizione da almeno due anni a una
comunità evangelica.
4. Certificato medico comprovante la sua
sana costituzione fisica.
5. Importo della tassa d immatricolazione.
Presentando gli stessi documenti è possibile iscriversi ai corsi della Facoltà come
studente esterno : la categoria degli esterni
non dà diritto all’esercizio del ministero pastorale, ma è aperta a coloro che intendono
seguire gli studi teologici per avere la preparazione necessaria ad esercitare un ministero laico nella chiesa, o per fini culturali, scientifici, o esigenze spirituali di ordine personale.
Entro il 15 ottobre dovranno pure pervenire alla Segreteria le domande per essere
ammessi alla sessione autunnale dì esami,
che avrà luogo dal 26 al 30 ottobre.
L’inaugurazione dell’anno accademico è
fissata per il giorno 31 ottobre, alle ore 18.
La prolusione sarà tenuta dal prof. Valdo
Vinay.
Il Consiglio
Via Pietro Cessa 42 ■ Roma
avvisi economici
IMPIEGATA ventiquattrenne cerca coeta
nea dividere alloggio.
A PICCOLA famiglia occorre tuttofare 15
ISenne ffssa anche primo servizio. Dasdia.
Re Umberto 146, Torino.
Offerte ricevute
Pro restauri al tempio del Ciabas: Sigg.
Bocr Piero e Niny L. 1.000; Sig. Boer Giovanni 1.000: Sig.na Garnier Enrichetla
2.000. Totale L. 4.000.
Pro « Cianavella » (2" elenco delle sottoscrizionij: Doli. Ermanno Rostan L. 5.000.
Sig. Rostan Edoardo 1.000; Dr. Gustavo Ribet 5.000; Sig. Gay Giulio (Torino) 1.000;
Sig. Bouchard Giorgio 1.000; Sig.na Jalla
Graziella 1.000; Sigg. Cairus Enrico e Lidia
1.000; Sigg. Pellegrin Umberto e Elio 1.000;
Sigg. Albarin Gustavo e Paolina 2.000;
Prof. Doti. Malan Carlo Enrico 5.000; Sig.
Genre Enrico 1.000; Sig. Michelin Lausarot
Edoardo 5.000; Doti. Enrico Peyrot 5.000;
Sig.ne Prochet Insegnanti 3.000; Doti. Zanino Adriano 20.000; Sig. Paschetto Edgardo 1.000; Sig. Geymonat Daniele 1.000.
Direttore resp.: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Cip. Subalpina a.p.a. - Torre Pellice (Tot
Le famiglie Bensi, Rivoire e Rova
ra ringraziano quanti hanno presi
parte al loro dolore per l’improwisa
dipartita della loro cara
Luisa Rivoire
vedova Bensi
di anni 62
deceduta all'Ospedale Mauriziano d;
Luserna il 14-9-1964.
Un ringraziamento particolare al
dott. Gardiol, a tutto il personale
ospedaliero e ai vicini di casa che si
sono prestati nelle cure dell’ammalata.
Rita Gay Cialfi ricorda con anim.i
riconoscente al Signore la sua maestra e compagna, che per prima sui
banchi della scuola le aprii la strada
verso la fede riformata,
Prof.
Claudia Maffioli
ed è fraternamente vicina a Maria
Grazia in un comune dolore riscatta
tr dalla fede.
« Chi ricerca la giustizia e la
bontà troverà vita, giustizia e
gloria» (Prov. 2: 21)
Milano, 6 settembre 1964
Dopo soli dieci mesi dalla morte del
dilettissimo figlio Guido è deceduta
a 72 anni
Silvia Nicholls
vedova Botta
Ne dapno il triste annunzio, confortati dalle prome.sse della fede, la figlia Liliana col marito e figli, e la
nuora Maria con le figliolette Silvia e
Floriana.
« Io sono la Risurrezione e !<i
Vita » ( Giov. 11: 25 '
he famiglie Quadrisala e Maccarino
ringraziano- le Chiese Evangeliche Me
lodiste dell’Alessanidrino, deU’Astigiano e di Novara, il Rev. Pastore Ayas
sot e tutti coloro che hanno preso parte al loro dolore per la improvvisa e
tragica perdita del loro Caro
Luigi Quadrisala
« A Te, o Signore, io elevo l'u
nima mia» (Salmo 86: i)
Torino, settembre 1964
A TTEMZIOME
Si avvertono i Pastori ed i Consigli
di Chiese che un carcerato, un certo
Pullara Pasquale, attualmente alle
Carceri Giudiziarie Reparto Minorati
Ragusa, chiede degli aiuti in denaro
scrivendo delle lettere pietose dicendo di essere evangelico. Ha già carpito
la buona fede di qualche Pastore e di
qualche Consiglio di Chiesa. Pare che
faccia delle lettere circolari scritte a
mano tutte dallo stesso tono. Dalle informazioni prese e conosciutolo personalmente risulta im maniaco, uno speculatore. Si prega di stare in guardia
e di non mandare nulla,
V. Sciclone, Evangelista
Valdese, Caltanissetta.
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Per l’opera di Marsala è già stata
versata alla Tavola la somma di
lire 113.690.