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LA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PBKZZO ll'ASKOri.tKlO.'VE
(.4 domicilio
Torino, per un anno L. 6,00 L.7,00
— per sei mesi » -4,00 » 4,a0
T*er le provinole e Teslero franco sino
ai coaliul, un anno . . L. 7,30
per sei mesi, « 5,20
A)r,0£-jovTic (ii iv iyàrr^
Seguendo la verità nella carità
Efes. IV. 15.
La Direzione della lìUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, a capo del Viale
del Ke, N I2, piano 3".
Leassociaziool si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e da GIACOMO BIAVA
via della Provvidenza N° 8.
Gii Associali delle Provincie potranno provvedersi di vn vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
Brutale attentato alla libertà di coscienza. I. — Libertà di coscienza. I. ^ Critica
degli Evangeli di A. Bianchi-Giovini. VII. — Lettere intorno allo Spirito religioso in Italia; lettera VI: ()p|l’iMitorilÙ del Ponlefice. —' I^is^oni interne a
Londra. —'Notizie religiose. <— Cronachetta politica.
BUUTALE ATTESTATO ALIA LIBERTÀ DI COSCIENZA
Havvi nella cillà di Trino, provincia
di Vercelli, una famiglia per nome
Gatti, composta del marilo, della moglie e di un bambino ancora tenero,
il di cui capo giovane, di 28 anni, intelligente e laborioso, avendo avuto
nelift mani l’Evangelo e lettolo, e Irovalovi lutto il contrario di quello che
insegnano i preti, si dipani assolulamenle da loro, protestandosi apertamente di non più voler avere altra regola di fede e di vita che la pura parola
di Dio. La sua giovane sposa, sebbene
meno di lui inoltrata, divideva i suoi
senlimenli e non temeva anch’essa di
manirestarli. I preti in sulle prime
cercarono colle buone di ricondurrò
all’ovile queste pecore smarrite, e credendo (sciagurati, che il cuore altrui
lo giudicano dal preprifl!) che motivi interessati avessero spinto il Galli
in quella via, gli fecero sentire che se
di danaro egli abbisognasse per le sue
imprese (il Gatti è capo selciatore) si
rivolgesse pure a loro che cerio non
l’avrebbero lasciato ncH’impIccio. Tali
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offerte essendo stale respinte come
se lo meritavano si tentarono sforzi
di altro genere ; e sebbene tutti in
Trino sieno costreUi di rendere tesfimonianza all’infemerata onesl.à del
Gatti, i preti si diedero un tal moto
che lo fecero scacciaiv dalla socielà
operaia, di cui facea parte, come
uomo scandaloso d di pessimo esempio. Sla il Gatti quanto si era mostrato
insensibile alle lusinghe, altreltanto lo
fu alle ingiurie ed agli obbrobrii e non
si commosse punto. Altora quesli uomini di Dio, come han l’impudenza
di chiamarsi, si appigb'arono al partito
che pareva loro promettere più sicuro
successo, quello cioè d’indurre, a forza
di minaccie e di spavento la moglie
del Gatti ad abbandonare il suo marilo. Ma questa donna più cristiana
di coloro che si pretendevano presso
di lei gli oracoli di Dio, respinse con
indegnazione una tale proposta, ed
anche questa cabala fu sventala.
Egli fu in seguito a lutto ciò che i
preti, consapevoli per soprappiù <;he
andava crescendo in Trino il numero
degli individui che la pensavano come
il Gatti, decisero con un colpo strepitoso ed audace, piuttosto che con sodi
e convincenti argomenti, di opporsi
all’invadente eresia. A lale effello
domenica scorsa 24 del correnle, in
piena chiesa parrocchiale, il parroco,
dal pulpito, denunziò la famiglia,
Gatti, chiamandola col proprio nome, come una famiglia protestante,
eretica, dannata, dn cui bisognava
allontanarsi ecc. ecc. ; aggiungendo
che chiunque fra i suoi parrocchiani
darebbe al Gatti ed all'eretica sua
famiglia o alloggio o lavoro o pane,
0 con essa parlasse e per via la salutasse sarebbe issofatto scomunicato,
dannata l'anima sua, ed il suo corpo,
fatto cadavere, gittato in una fogna.
lì queste imprecazioni venivano scagliate dal reverendo con un lale accento d’ira e così violento tremolio
di lutto il corpo che la madre della
moglie del Galli, la quale Irovavasi
fra gli uditori, per lo spavento che
ne ebbe svenne e dovette essere portata fuori di chiesa.
È facile figurarsi lo stato della piccola famiglia falla segno a lante ire.
Dell’accaduto avendo avulo contezza gli Evangelici di Casale, alcune
donne d’infra loro portaronsi fin dall’indomani, lunedi, a Trino, distante 6
miglia da quesla ciltà, onde arrecare
agli afflitti fratelli, e sovra tutto alla
moglie del Galli, donna di mal ferma
salute, la consolazione della loro cristiana simpatia. Siffatta dimostrazione
di fraterna carilà invece d’mpietosire
diede luogo a scandalo maggiore di
quello della vigilia. Appena il popolo,
istigalo dai preti, seppe che in casa del
Gatti sì trovavano queste pereone, che
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una folla immensa, più di un migliaio di
persone, si raunò sotto le finestre proferendo a tutta gola le stesse imprecazioni che avevano sentilo il giorno
avanti proferite dal pulpilo , aggiungendo che bisoguava bruciare quesli
eretici, e cosi farla flnila colle loro
eresie. Questa laida scena durò per
ben un’ora e mezzo senza che nessuno
si presentasse a farla cessare, e forse
sarebbe durala per più tempo ancora,
se una fra quelle donne medesime venule da Casale, facendosi con gran
coraggio strada attraverso quella folla
arrabbiata, non si fosse porlata da!
sindaco onde esortarlo a far il suo
dovere, ed a non permettere che sollo
i suoi occhi, onesti e pacifici cittadini
venissero cosi villanamente trattati. Il
sindaco, chiamato a sè la forza, non
stentò a sedare il tumulto. Ma la povera moglie del Gatti, debole e malaticcia, era stata così esterrefatta dall’accaduto, che il giorno stesso volle
lasciar Trino, non bastandole l'animo
di affrontare la ripetizione di una lale
scena nello stalo di salule in cui si
trova, e si recò a Casale.
Ecco ciò che accade nel libero Piemonte nel 1853 per opera di quella
fazione, cbe predicandosi maestra di
libertà e d’incivilimento, lo è anzi di
violenza e di barbarie ! Ecco come
viea rispettata la libertà di coscienza
guarentita dallo Siaiwto di Cario Al
berto! Il Governo lascierà egli fare, e
permetterà egli che nella mente dei
popoli civili, il Piemonte venga assomigliato colla Toscana e con Roma?
— Noi speriamo fermamente di no, e
intanto esortiamo i fogli liberali a
preoccuparsi seriamente di queste aggressioni che cominciale sopra ua
terreno, presto scenderanno su di un
allro, ove non vengano con tutti i
mezzi ed energicamente represse.
LIBERTA DI C0SC1EI\ZA
I.
VArmonia nei due ultimi supplementi, ha un arlicolo sulla libertà di
coscienza. Noi lasciamo ai giornali
politici la cura di rispondere agli spropositi del giornale clericale, se lo
crederanno opportuno ; per nostra
parte dobbiamo dire di essere restali
meravigliati , anzi scandalizzali nel
vedere che un giornale religioso, come
si dice VArmonia, tratti la questione
della liberlà di coscienza meramente
dal lato legale, filosofico, e utilitario,
senza interessarsi punto del lato religioso. Noi al contrario vogliamo prendere a trattare la questione dal lato
puramente religioso, dimostrando in
una serie di articoli, che una socielà,
uno Stalo non può dirsi veramente
crisliano se è intollerante, e se non
rispetta la liberlà di coscienza sanzionata dal Vangelo.
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Il crisliaDesimo, come fu slabililo
dal divino suo Fondalorn, è essenzialmente tollerante. L’intolleranza religiosa è effetto dell’ignoranza e della
barbarie che Gesù Crislo è venuto
a distruggere. L’intolleranza sostituisce alla fede che Gesù Cristo ha
predicato e che sublima l’umana ragione, una stupida credulità che la
degrada : alla pietà che è utile a
tutte le cose e che ha le promesse
della vita presente e della futura
(I Timoteo IV. 8.), sostituisce la
superstizione che abbrutisce; al giusto zelo delle cose di Dio, non mai
separato dalla carità , sostituisce il
fanatismo con i suoi roghi. Eppure
l’intttlleranza si è voluta far creilere
uua parte essenziale del cristianesimo,
mentre in verità ne è la più crudele
nemica.
I clericali dei nostri giorni anche
in Piemonte osano predicare, e quello
che più monta praticare l’iutolleranza
a nome della religione : e noi abbiamo inteso uno di ossi nella Camera eleltiva protestarsi, non ha guari,
a nome dei suoi confratelli, che essi
non sarebbero mai stati tolleranti e
non potevano esserlo. É vero che
una lale beslemmia fu accolla con
grida d’indeguazione ; ma è vero altresì che lale è la dottrina che i
clericali vau spargendo. Si tolga dunque una volta la maschera agli im
postori , e lasciando la tolleranza
filosofica, la tolleranza sociale, la
tolleranza politica agli scrittori che
.si occupano di tali cose , noi presenteremo ai nostri letlori una serie
di articoli sulla tolleranza secondo
il Vangelo , e lo spirito di Gesù
Crislo, dimostrando che il cristianesimo è tollerante, e che non si può
essere cristiano senza avere la tolleranza religiosa.
L’intolleranza è conlraria allo scopo
che Gesù Crislo si prefisse nello stabilire la sua Chiesa su questa terra:
dunque è contraria allo spirito di
Crislo. Per ricercare lo scopo di Gesù
Crislo nello stabilire la sua Chiesa,
non lo andremo a fissare sopra punti
sui quali i clericali intolleranti non
convenissero. Egli è evidente che
Gesù Cristo si propose di stabilire
un cullo in ispirilo e verilà; un cullo
assai più perfetto di quello di MosèEgll si propose di disingannare e di
illuMinare gli uomini con mezzi proporzionati alla natura del loro spirito:
non volle concentrare la sua Chiesa
in un paese, ma la fece universale,
cioè estensibile a tutta quanta la
terra : volle unire lulli gli uomini
fra di loro per mezzo dell’amore e
della pace. A questo scopo è essenzialmente necessaria la tolleranza ;
l’inlolleranza distruggerebbe l’opera
del Salvatore.
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Il culto in ¡spirito e verità è illstrulto dalla iulollLT.inza religiosa.
La persecuzione può ben forzare gli
uomini ad alli esteriori di religione:
è impossibile che il perseguitato abbracci di buona fede le idee dei
persecutori. Costringere dunque in
qualunque siasi maniera ad un cullo,
è fare degli ipocriti non dei credenti.
La storia è là per attestarci clic
la religione dei persecutori non ha
mai guadagnato nelle persecuzioni; e
senza andare a cercare esempi nell’antichità e in paesi a noi lontani,
vediamone uno parlante qui fra di
noi. Cosa ban guadagnato i clericali
colle loro crociate e colle stragi orribili che per tanti secoli lian fótte
coniro i poveri Valdesi 1 Essi si sono
guadagnali il nome di cannibali, che
lian superali in ferocia, e la chiesa
Valdese perseguitala fiorisce ancora
meglio che non fosse prima della
persecuzione.
Iddio esige dall’uomo la sottomissione del nostro intelletto e del
noslro cuore ; è questo il cullo in
ispirito e verità .-jtabilito da Gesù
Crislo ; ma questa sommissione non
può giammai ottenersi colla forza.
Supponiamo dilTalli che in un paese
dominato da iiUnIleranli clericali, si
giungesse con leggi di persecuzione
a fare che tutli si uniformassero al
cullo ufficiale dello Sialo, i clericali
griderebbero vittoria, ma qual viltoria sarebbe la loro ? Per questa vittoria essi sarebbero giunti a demoralizzare nel più allo grado il popolo
facendolo ipocrita : per quesla loro
vittoria avrebbero ridotto le migliaia
di persone ad esercitare esteriormente un culto che detestano nel
proprio cuore. Ma cosa imporla ai
clericali se coloro che frequentano
le loro chiese sieno credenti od ipocriti 1
Gesù Crislo ha slimmalizzalo soiira ogni altra cosa l’ipocrisia. Gesù
Cristo ha stabilito nella sua Chiesa
un culto di verità, e gli intolleranli
non vogliono che un culto di menzogna. La tolleranza dunque è secondo
lo spirilo di Cristo, mentre l'intolleranza non cerca che a distruggere
l’opera di Lui.
Ma se esaminiamo al lume del
Vangelo i mezzi di cui si è servito
Gesù Cristo per istabilire il suo culto
in ispirito e verità, li troveremo
interamente opposti a quelli di cui
si servono gli intolleranti per forzare gli uomini a seguire un culto
della cui verità non sono convinti.
Non vi è altro mezzo per ¡stabilire la
verilà che l’istruzione e la persuas¡onc. Dio stesso è l’autore di un tat
ordine di cose, e non ha mandato in
terra il suo Figlio per distruggerlo.
DilTalli noi vediamo sempre nel Van-
6
gelo Gesù che istruisce pazientemente
e persuade i suoi discepoli ; Egli si
abbassa fino alla capacità del minuto
popolo; non si serve di un linguaggio
dotto, raa della lingua usala nel paese
ove parla, e perfino delle espressioni
e delle parabole usale dalla comune
del popolo. Gli Apostoli non usarono
altra maniera, e converlirono il mondo. Se gli Apostoli in luogo di andare
siccome agnelli in mezzo ai lupi, fossero andati siccome lupi in mezzo
agli agnelli, e se invece di usare gli
argomenli di dolcezza e di persuasione
del loro divino Maestro, avessero ^
usalo gli argomenti del Gusmano, le
forche, i roghi, le prigioni, gli esilii,
avrebbero essi convertilo il mondo ?
Sarebbero stali invece trattati come
nemici del genere umano, egli uomini
si sarebbero creduli autorizzati a gittarsi su di loro per distruggerli.
Noi sappiamo qual è la distinzione
che fanno i clericali per rispondere
a tali argomenli. Essi dicono che una
tale dolcezza debbe usarsi cogli infedeli, non già cogli eretici. Ma, di
grazia, noi rispondiamo, per qual rovesciamento di ordine, un mezzo che
non. è proprio a convertire gl’infedeli,
sarà proprio a convertire i così delti
eretici? Forse che l’eretico è un uomo
di altra natura che non abbia bisogno
del raziocinio per essere convinto ?
Le pompose parole di autorità e d’in
fallibililà della chiesa, sulle quali insistono lanlo i clericali, possono, se
volete, incutere negli spirili un tal
quale rispetto, ina non possono produrre la persuasione. L’uomo ragionevole vuole la dimostrazione di lali
privilegi, e la persecuzione non è mai
slata una dimostrazione. Una lale dimostrazione dev’essere alla portata
del popolo. Se voi invece di dimostrare il privilegio della vostra chiesa
non rispondete che con minaccie e
supplizi, le persone di buon senso vi
giudicheranno impostori , e gl’ignoranti che non hanno il coraggio della
propria convinzione, vi seguiranno
macchinalmente senza saperne il perchè. La fede può ben proporre i
dommi al di sopra della nostra intelligenza, ma prima di credere lai
dommi, l’uomo ragionevole bisogna
che sia convinto con chiari e solidi
argomenti che quei dommi sono rivelati da Dio. Senza di ciò la fede
non è più ragionevole, ma si trasforma in una credulità chc avvilisce
la creatura, e non onora il Creatore.
CRITICA DEGLI E\A^GEL1
DI A. BIANCHI-GIOVINI
VII.
Mio caro fratello. — Dopo le prove
interne a favore deirautenticilà de’ Vangeli, passo alle esterne : la loro unione
dà una certezza cosi matematica da sfi-
7
— -ere
dare tutti gl’increduli. Ammiriamo la
provvidenza di Dio, die dopo diciottu
secoli, co' progressi della critica, ci lia
dato mezzo di poter provare l’autenlicità del N. T. meglio di quel che si
sarebbe potuto ne’ secoli barbari. Se è
cresciuta l'incredulità, è grandeggiata
rApologetica, e i risultamenti bisogna
vederli in quella stessa Germania , ove
il sig. Giovini {eccetto per la profondità), ha tratto ispirazione per molte
idee che ha sparso nella sua Critica.
Oltre della ritrattazione dello Strauss
riguardo all'Evangelo di s. Giovanni,
così crudamente giudicato dal N. A.,
leggevo l'altro di in OIshausen (Autenticilà del A'. T.), quella d'un altro dotto
Tedesco: « L’avversario più serio dcl« l'autenticità di Giovanni , il Ü. Hret«schneider, ha dato il bell'esempio di
« confessar pubblicamente che si era
n ingannato e che riconosceva essere i
«suoi dulibii mal fondati...« A noi cristiani si rimprovera una fede cieca, quasi
fossimo papisti; e invece siam giunti in
tempi lali, fratello mio , ne' quali con
gioia si può dire che una religione predicata da dodici ignoranti, [iresenta base
tale che non può esser dispregiata se nou
da chi osa negare senza lunglii e profondi esami. E se mi dolgo di qualche
cosa è che la mia pochezza, i limiti del
giornale e la sna lenta iiubblicazione ,
non mi permettono di trattar la quistione a dovere. Possa ogni lettore invogliarsi a studiarla da sé , chè di tal
gui.sa se l’incredulità, conseguenza della
superslizione, dovrà mantenersi in Italia
non vedremo il miserando spettacolo
d'una leggerezza volteriana che ormai
sarebbe un anacronismo anche a Parigi,
i.
Nella fine del secondo secolo, tutta
la Chiesa manifesta la sua testimonianza
a favore degli Evangeli e di tutte quelle
altre parli del N. T. che chiamansi Omologoumene cioè generalmc^ite riconosciute. Noi non abbiamo agio a trattenerci sulle Anlilogoumene, anzi ci fisseremo solo sugli Evangeli, sui quali dice il
Giovini, che — importa moltissimo di
essere sovranamente certi che siano di
.Matteo e di Giovanni, ossia di due
compagni di Gesù, e teslimoni oculari
delle cose che narrano , o di .Marco o
di Luca che possono averle ricevute da
testimoni oculari. In questo caso , increduli 0 credenti che noi vogliamo
essere , saremmo sempre obbligali dalla
ragione a prestar loro un grado Ji fede
che non potremmo concedere ad altre
persone____— Queste sagge parole non
debbono farci sperare che il sig. Giovini,
nnn permetterà che la sua opera abbia a
giungere alla posterità cosi povera di profondi esami, e che pur restando colle su(*
opinioni, mostri almeno che non le ha
ritenute senza grandi argomenti ? Speriamo anzi die ri|Mgli,indn il soggetto
vedrà (¡uali potenti e inerollabili ragioni
abbiamo per esser credenti nel N. T.
Alla (ine del secondo secolo a<lunque
troviamo tre grandi scrittori a favore
dell'autenticità; Ireneo nelle Gallie, Ter->
tulliano a Cartagine e Clemente in Alessandria. Dalla lettura delle loro opere
non sorge solo la convinzione ch'essi
ammettevano i quattro Evangeli, ma
che niun dubbio erane mai sorto e che
tutta la Chiesa aveva la stessa credenza,
lertulliano ed Ireneo ci attestano che
i Valentiniani gli ammettevano per in-
8
tiero, e che i Marcioniti non ne attaccavano l’autenticità, ma solo li mulilavano. Tutti tre poi riconoscono ii N.
Testamento come regola sovrana di fede e
con tale sovabbondanza di passi che non
ci meravigliamo cbe lo stesso Strauss,
abbia dovuto convenire che gli Evangeli erano allora universalmente riconosciuli come provenienti da Apostoli o da
compagni d’Apostoli (Vedi la lettera antecedente). Ireneo nel libro Adv. Iiaer.
(lib. 3 , c. 2, 5 7), scrive: «Tale é la
« solidità degli Evangeli, che gli eretici
« stessi vi si appoggiano per cercar di
« stabilire le loro dottrine. Cosi, gli
« Ebioniti die non si servono che del« l’Evangelo secondo s. Matteo, possono
« esser convinti da quel Vangelo stesso
« che non hanno un vero concetto del
« Signore. Marcione tronca l'Evangelo se« condo s. Luca, e ciò che ne conserva
« mostra ancora le sue bestemmie contra
« il solo Dio esistente. Quei che vogliono
« fare due persone di Gesù e di Cristo,
« dicendo che Cristo sia rimasto iinpasII sibile, mentre Gesù abbia sofiVrto ,
« preferiscono l’Evangelo di s. Marco ,
Il che basta leggere per riconoscere il
« loro errore. Quanto a’ seguaci di Va« lentino, adoperano soprattutto l’Evan« gelo di s. Giovanni, che li condanna
« come lo abbiamo mostrato nel primo
II libro. Quindi poiché quelli che ci
I' contraddicono si servono dei nostii
Il libri e ci rendono testimonianza , la
Il nostra argomentazione è vera e decin siva. Vi son dunque quattro Evangeli,
ir nè più, nè meno m. (Vedi Jalaquier
ecc.). Il Giovini pone in ridicolo i motivi che dà Ireneo sul numero preciso
degli Evangeli, nè su ciò gli moviamo
lagnanza , ma questo non toglie che
già verso il \80 , secondo egli dice,
troviamo stabilito il dogma esclusivo
de’ 4 Evangeli. Que.^to è un fatto storico
e non un dogma. Ci spieghi come un
tale fatto è nato, perchè sono cosi chiare
ed esplicite le testimonianze della Chiesa
a favore de’4 Evangeli sin da qnel tempo ; come gli eretici , come Celso non
l’abbiano mai attaccata su questo punto.
La testimonianza d'ireneo è d’un peso
immenso da non esser tolta col beffarsi
di alcune sue ragioni ; è la storia che
dobbiam cercare e non il ridicolo.
Il Quella testimonianza si estende in realn tà sopra un hinpo periodo: risale sino
n ai primi anni del secondo secolo, in
Il cui la tradizione apostolica era ancor
Il vivente ; il suo linguaggio non per
ii mette di dubitare ch’ei non abbia
■I avuto e sempre osservato nella Chiesa
n la stessa opinione su’ nostri libri santi;
« egli la separa chiaramente dalle idee
Il particolari degli Ebioniti, dei MarcioII niti, de’ Valentiniani e di tutti gli ereII tici che combatte. La sua testimonianza
Il è da un capo all’altro semplice, for« male , fiduciosa, sicura affatto di sè.
Il Si sente che esprime, non una cre« denza puramente individuale, ma una
II credenza generale e costante. Ei si
II poggia manifestamente su profonde e
II larghe basi. Una convinzione si piena
II e sì stabile ha dovuto avere delle guati renligie certe, delle ragioni giudicate
Il decisive, ed appoggiarsi su fatti noto« rii. Or Ireneo toccava alle origini del
« cristianesimo , aveva potuto vedere i
Il residui dell’epoca apostolica. Nato in
Il Asia verso l’anno 120, vescovo di Lione
« dal H7 al 202, era stato discepolo di
9
« Policarpo, che lo era stato di s. Gio
ii vanni » (I) (Jalaquier, ih.).
Una testimonianza larga del pari c
fermasi trova in Tertulliano e Clemente,
ne’ cui scritti aMiondano le citazioni del
N. T. Vi si parili di quattro Evangeli
col nome degli autori, se ne citano
passi come ancora li abhiamo , non si
fa motto di obbiezioni coniro l’autenticità , non se ne sospetta neuimcno.
Come spiegare il consenso della Chiesa
intera a quell’ epoca , mentre negando
l’autenticità dei Vangeli , bisognerebbe
ammettere die siano stati foggiati pochi anni ¡irima? E la frode non avrebbe
¡asciata alcuna traccia? E Ireneo, Tertulliano e Clemenle vi sarebbero stati
presi , e gli eretici e gl'increduli avrebbero tacci uto ? Date, al’epoca di
que'tre teologi, un mezzo secolo o poco
più di esistenza anteriore ai Vangeli,
come mai questi han potuto correre pel
mondo e ingenerare fede si indubitata
in essi e celare ogni traccia di frode ?
Mostrateci l'interesse che s’abbia potuto
avere a creare questi Evangeli e poi ad
accreditarli in tempi, in cui non v'era
da lucrarsi per avere il trono a lioma,
le pingui mense ne’ vescovati, le messe
pel clero, raa anzi si trattava d’andare
in prigione e fino alla morte. C.li increduli ne’ paesi cattolici, vivendo stranamente persuasi, che il papato e il clericume siano sorti dall’Evangelo, corrono
aU'idea che questo siasi accreditato per
forza d'intrighi c per spinta d’interesg“, come s’è fatto poi per le lante madonne dipinte 0 scolpite chc hanno a
Vedi la tua leilcr« a Floriao.
(lerto un bel paio d’occhi e hanno amaramente pianto. Bisogna slabilire il problema uelle condizioni d'allitra, ed è
questo, a parer nostro : / Cri iiani erano
perseguituti e tUspersi; difficili le comunicazioni; non tribunali ditti infallibili;
nun un papa sostenuto da Austriaci e
Francesi; come mai le chiese d’Europa, di
Asia e d’Africa ritengono a (¡ucll'epoca
per autentici quattro Evangeli? Questa
credenza, setton e sorta per incanto, dovrà
presupporre un legame con un'epoca ancor
più antica. Cerio è che sin da principio
si posero in circolazione de'racconti sulla
vita di Gesù (Luca 1, I), che per fermo
si son dovuti spargere qua e là: ecco
dun(¡ue un altro problema: Come è avvenuto che nella seconda metà del secondo
secolo non si trovano ammessi generalmente che inostri quattro Evangeli ?Son
questi de’ problemi che non trovano soluzione facile e naturale se non nel sistema nostro ; ma in quello del signor
Giovini non possono risolversi, se non
con negazioni assolute. Per impugnare
l'autenticità degli Evangeli sarel be stato
mei-tieri ch’ei dimortrasse o con prove
interne che apparlengono evidentemente
ad altro secolo o ad altri autori, o con
esterne che ad allri fossero stali attribuiti, ovvero che gli autori sovra citati
non rappresentassero l’opinione universale di quei tempi, ( hi non sa come tutte
le chiese han sempre lottato per conservare le proprie tradizioni? Or se quesle
non cran favorevoli per l’autenticità degli Evangeli, per qual portento storico si
trova assodata nel secondo secolo?
10
LETTERE
IXTORA’O ALIO SPIRITO RELIGIOSO
IN ITALIA.
Al.
DeTautorilà del Ponleilce
La genesi dellix gerarchia trovava la
sua formola ultima nel papato. La prepotente ascendenza del nome, l’assenza
degli imperatori, la debolezza de’ goTenii barbari in lialia, la lontananza
dalle invasioni feroci di un popolo che
propagava un’alira religione colla spada,
la solidarietà d’interessi colla dinastia
Carolingia, assicurò a Roma esistenza
indipendente e possanza.
Da principio i vescovi d’Africa e quelli
d'Oriente aveano resa dubbia quesla
supremazia universale del papa; ma l’annichilamento successivo delle Chiese orientali contribuì a lasciar sola e senza
rivali la Chiesa romana che regnò assoluta ed incontrastata nell'Occidenle cristiano.
Io non seguirò questa storia ; ma non
è fuori di luogo l’osservare che non il
solo prestigio del nome , ma la stessa
necessità concorse a legare il clero occidentale a Roma, colla quale avea comune l’interesse di salvare in mezzo
all’urto della barbarie ed all’avidità delle
passioni, quell’ascendente e quella potenza che s’era acquistata facendo scomparire il frazionamento federativo della
primitiva associazione cristiana, l’n tale
pericolo non poteva per certo nascere
riguardo alla dottrina ; ma gli ecclesiastici avevano gustato il piacere del dominio e delle ricchezze, nè voleano di
buon grado rinunciare a vantaggi che
s’erano guadagnati colla scaltrezza, e
che venivano di giorno in giorno ad essi
aumentati dalla superslizione e dall’ignoranza.
La fortuna di Roma era nel suo moto
ascensivo e niuna cosa poteva arrestarla.
Se l'episcopato era di origine divina,
se il sacerdozio era un solenne privilegio , il papato dovea quindi essere
tale da riunire tulte le podestà e tutte
le prerogative.
Il sistema della centralizzazione non
è nuovo, niun potere venne centralizzato
con più rigore di logica che il papato.
in origine il potere era diviso ; esso
risiedeva nella generalità dei fedeli ; il
fondamento comune della Chiesa era
nell’unico fondamento die essa abbia ,
il quale, posto fuori delle controversie
e passioni del mondo, si trova nel Cristo
e nella purità della sua parola. Ma dacché un moto di concentramento s’ era
manifestato nella formazione del potere
vescovile, e quindi in quello dei metropoliti , il potere assoluto dei papi ne
diveniva l’estrema conseguenza.
Se gli eventi non avessero distrutte le
sedi di Alessandria e di Antiochia , e
tenuta soggetta all' autorità imperiale
quella di Costantinopoli, è lecito pensare
che il papato non sarebbe rimasto istituzione unica e la più lerauta del medio
evo. Oggidì il papato non esercita più
un’ aziono paventata come ne’ passati
tempi; ma se egli vinto dalle circostanze
ottemperò alla forza delle cose, non rimise per questo delle sue antiche pretese .
Esso partendo dall’idea dell’ente assoluto , di cui si reputa istituzione e
rappresentante, dedusse rigorosamente le
proprie attribuzioni e diritti.
11
11 pontefice si dicliiari) essere non solo
il legittimo successore di Pietro nella
Chiesa di Roma, ma nell'orbe cattolico,
invocando a sostegno dell'autorità propria Scritture ed Evangeli per ogni arbitrio di ragione interpretati ; e cosi al
dominio della terra , diede per fondamento una dottrina cavillosa , ispida ,
irrequieti che ogni maggior sodezza di
argomenti ripone alla replica insidiosa
ed istancabile che alcuna cosa a dritto
od a torto ailavversario contrapponga, e
di quella s’appaga.
11 pontefice fu la prima figura della
terra ; senza giudice sopra di sè tranne
il Cristo abitatore de'cieli, egli s'arrogò
il vanto di re dei re , di suprema autorità dei principi e popoli.
Ma il papato toccava uon solo* la terra,
ne aveva anzi sposati tutti gli interessi;
la sua autorità assoluta s’incontrò in
un’altra autorità pure assoluta; i due infiniti si sentirono incompatibili , l'urto
e la lotta divennero necessari. La società
ecclesiastica si strinse compatta intorno
al pontefice per opporsi alla falange rivale che difendeva i diritti e la maestà
deH’impero. La soc età fu allora scossi
dalle fondamenta , la religione fu manomessa, il papa si vide prosiernato ai
piedj il suo nemico, assaggiò tutto intero il piacere della vendetta trascinando nel fango la dignità della terra ; ma
gli eventi provarono che quello sforzo
inaudito gli aveva esausta la possanza e
la vita.
La lotta materiale fu queta, e ad essa
successero i litigi cavillosi del diritto ,
con cui monaci e giuristi fecero a gara
per abbassare a vicenda le due potenze
da esse con tanto calore difese. Conviene
dire che la ragione era dal lato dei secondi , ed il popolo dovette segnare
nella Holla d’Oro i principali diritti dell’impero.
Dopo sì grande e secolare contesa vennero le guerre e ie umiliazioni per più
ristretto dominio. Impotenti a signoreggiare dall alto del loro seggio le nazioni
e i regnanli, limitarono la vasta ambizione al dominio di poche provincie; la
loro forza espansiva si scelse un teatro
più ristretto quantunque non minori fossero le basse :.rli, meno atroci le guerre,
più gravi anzi le perfidie e le venalità.
1 nuovi di.sordini spezzarono l’unità
cristiana, timore indusse il pontefice a
rafforzare lu disciplina, regolare il rito,
determinare invariabilmente il dogma ;
innovazione non v’ebbe , ma l'autorità
rira.Tse più definita e fu forse più venerata , tanto gli jpiriti in Italia erano
anche allora lontani da un religioso rivolgimento , quantuu(|ue sintomi non
mancassero, e graii fossero le apprensioni.
In quest’opera gli autori delle aj)ologie rivaleggiarono di ze'o coi canonisti.
Fu allora cho i curiali anfanarono a dimostrare la solidarietà del principio religioso col papato, i loro desiini inseparabili, e comc la difesa e celebrazione
deH’ultiuio, torni lo .stesso che difendere
e celebrare la Chiesa. Ciò urgeva in
mezzo alla scossa profonda ¡lorlata alle
coscienze dalla Riforma, e nel mentre
che la politica in lialia veniva sottratta
alla tutela ecclesiastica dalle teorie del
Segretario fiorentino. liisognava ingrandire soprammodo le virtù del papato
compromesso , far ri ilei tere su di esso
lo splendore del passato e coronare o-
12
gni pontefice vivente di tutte le glorie
de' pre esseri, a cui egli succedeva nel
ministero. Se erano malvagi si aveva in
pronto la giustificazione, e si astringevano le menti ad ammirare ia divina
sapienza, che permettendo i traviamenti
del suo Vicario, lanto più rendeva manifesta l'origine celeste della dottrina.
Cosi spguendo la tradizione romana i
curiali elevarono in lerra a dignità divina queir uomo , che circondato di
pompe, le quidi ricordano il vecchio 0riente , regna nelle sale inaccesse del
Vaticano fra corte innumerevole e famosa per parassitismo , corruzione ed
intrigo.*
L'aulorità del pontefice oggidì pure
risulta composta di un misto di temporale e di spirituale. Un'autorità meramente spirituale , come da molli la si
sogna, è un rid colo assurdo, [ioichècssa
concentrandosi nello spirito della parola
non si può atteggiare che nella perfetta
eguaglianza e sulleruine della gerarchia.
Il concilio di Trento e la lega solidale col despotismo contro i popoli,
delincarono I’ attuale forma definitiva
deirautorità pontificia. I canonisti lisolsero facilmenle il diihliio che poteva
sorgere intorno alla legittimità del potere temporale ccclesias ico , e senza
farne una questione di dirilto, scopersero nelle sacre Scrillure che a principe
ecclesiastico non disconveniva l'essere
principe politico. 1 papi godenti della
potestà temporale diretta sugli Stali chc
hanno in patrimonio per depauperarli
ed abbrutirli, si riservarono sul resto
del mondo la potestà temporale indiretta,
per salvare i propri fini e gli interessi
che s’atlaccano alla salute delle anime ;
diritto reso inutile dalla loro impotenza
e dall' incuria con cui sarebbe accolto
un appello alle armi per disperdere
un'eresia.
Del resto, il papato comunque privo
di forze proprie che sieno valide a guarentirne l'cs stenza, non cessa di essere
una potenza che per sua natura gravemente influisce sulle masse numerose
dei popoli , che appartengono alla sua
dollrina , e che credono in quella sua
infallibilità, la quale costituisce l’idea
più possente d’autorità che abbia esistilo sulla terra, come quella che si tiene
compiutamente soggetta la ragione.
Derisa dagli indifferenti, questa prerogativa é riconosciuta c venerata dai
più che.fanno atto di sudditanza al pontefice abdicando al più nobile dono della
Provvidenza, la ragione.
Posta la fede su questa base non vi
è forza che possa agevolmenie fmuoveiia, e la si assicurò vieppiù attribuendo
al pontefice la facoltà illimitata di portar
decisioni, le quali sono infallibili e quindi
obbligatorie, senza cbe abbisognino a tal
finrt di essere riconosciute ed accettate
dalla Chiesi o dal Concilio. Conseguenza
di tale diritto, essn fu armato della facoltà di portar leggi coattive , le quali
obUighino nella coscienza e forzino alla
fede.
Egli è vero che accanto al pontefice
stanno disposti i vesi'ovi, nei quali la
dottrina romana ammette « la potestà
d’ordine e di giurisdizione interna »
come ricevuta direttamente da Dio; ma
una tale facoltà se può essere utile ad
impedire una innovazione radicale , è
affatto vana dove unico scopo e solo
possibile è la conservazione.
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11 papato oagidi è potenza conservativa soltanto, e se un solo momento esso
deviasse da tal via correrebbe pericolo
di essere irrimediai.llmente perduto; la
Sua speciale natura d'azione venendo
così da prepotente necessità determinata,
ne deriva* cbe l’autorità episcopale rimanga nulla nel fatto, e serva della potestà di giurisdizione esterna, riservata
al solo pontefice.
Con tali elementi questa potenza difforme ed invisa sì mantiene ancora temuta e collocata ben alto nel concito
religioso delle masse.
I popoli Italiani, seguendo un errore
tradizionale, continuano a domandare la
separazione del potere spirituale dal temporale di cui vorrebi ero spogliato il
pontefice ; il peggiore nemico del papato
non potrebbe domandare di più, qualora
sappiasi ehe que' due efielti sono radidicalmente unificati nel concetto f iudamentale ed evolutivo della Chiesa romana.
ruina del potere temporale sarebbe
per certo udita senza commozione, ed
approvata forse dalle masse, veduta con
piacere dalle classi istrutte, e da una
parte dello stesso clero; ma quando gli
avvenimenti apprendessero loro le conseguenze religiose, di questo primo fatto,
gli Italiani non accorrerebbero essi forse
a rislorare la abbattuta istituzione senza
aspettare l'intervento straniero? Ciò è
possibile; se pure la dottrina portata sul
terreno della libertà di coscienza , non
rendesse vani gli sforzi tardivi della religiosa reazione.
Nella storia s'incontrano 1 ritorni ed
i progressi ; ad ogni modo davanti a tutte
queste possibilità è un fatto provvidenziale che esista iu Italia una Chiesa di
eguali, la quale, sebbrne ristretta e poco
conosciuta, conserva nella sua integriti
primitiva la parola del Cristo.
LA JliSSlOXK [INTERNA
A LONDRA
L'incredulità del secolo passato aveva
indulto terribilmente non solamente sul
cattolicismo , ma altresì sul protestantismo. Londra specialmente nei primi
anni di questo secolo , otìriva uno
spéttacoio ben doloroso: l’incredulità
vi regnava quasi come nella stessa
Roma. Sopra una popolazione di due
millioni e mezzo , un millione e quattrocento mila persone vivevano senza
darsi carico alcuno di religione , pensando che la religione non fosse una
cosa che meritasse la pena di occuparssne. Contocinquanta mila persone all’incirca erano dedite aH'ubliriachezza ,
e il disordine « rinimoraliìà regnavano
da per tulto. 11 clero stesso sembrava in
gran parte addormentato sui disordini
del popolo, e non azzardava opporsi a
tale torrente giudicandosi insulTicionte.
Allora alcuni zelanti cristiani evangelici
compresero la profondità della piaga, c
si decisero a fare ogni sforzo afiìnchè
la hiee del Vangelo risplendesse in quelle
folle tenebre.
Misero la mano all'opera nel 183S ,
fondando la società per le missioni per
la città di Londra, ùimhn Citìi-Mission.
I cristiani evangelici laici e chierici si
unirono insieme per l’opera di questa
missione, e l’arcivescovo di Cantorbery
sanzionò il principio di questa unione,
dicendo che escludere i laici dalla evau-
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gelizazione è mettersi in contraddizione
con i precetti del Vangelo.
Le benedizioni di Dio si sono manifestate sopra quest'opera , e la città di
Londra ha cangiato di aspetto. Citerercmo alcuni fatti tolti dai rapporti di
questi ultimi anni. Il cholera del l8-i9,
l’aggressione papale del 1830, l’esposizione universale del 183) hanno manifestato evidentemente quali siano i henefizii che codesta benemerita società ,
ha prodotto in Londra. (ìli operai che
lavoravano nel palazzo di cristallo e gli
innumerabili visitatori erano avvicinati
dagli agenti della missione. 1 soldati del
genio che erano impiegati nel palazzo
di cristallo, conoscendo per esperienza
1 vantaggi di detta missione , ritornati
ai loro quartieri si tassarono per fornire
a proprie spese il niantonimento di un
missionario. Gli iiflìziali di artiglieria in
WoKvich si sono parimenti tassati e pagano anch’essi un missionario affinchè
sia con loro e coi loro soldati.
L’assemblea generale di questa società
è stata presieduta in quest'anno da sir
Edward Buxton, Il presidente ha rammentato che alcuni anni fa il gran desiderio della società era di poter disporre
di cento missionari, ed ora essa ne ha
più di trecento, il rapporto del relatore
portava di fatti, che 505 sono i missionari della città, che nel corso dell’anno
han fatto I2i,3l8 visite; han spiegato la
Bibbiain50,4l7 riunioni; han distribuito
1,740,318 trattati. Le oblazioni sono
montate a 20,581 lire sterline (iJ62,02S].
Vi sono dei missionari per le diverso
nazioni e per le diverse classi di persone; ve ne sono per i marinai, per gli
operai e per gli impiegati. Il giorno dei
funerali del duca di 'Wellington, i missionari sparsi lungo la via ove passava
il convoglio, distribuirono 138,000 trattati scritti appositamente per quella circostanza. Ne'l’anno i missionari han
condotto a frequentare il culto evangelico 2,317 adulti. Hanno condotto nelle
scuole 6,787 fanciulli che vagavano nelle
strade. Hanno corretto definitivamente
494 ubliriaconi che ora vivono con sobrietà. Di 256 concubinaggi ne hanno
fatti altrettanti legittimi matrimoni.
11 reverendo Batt. Noel , prende la
parola a favore dei poveri Irlandesi numerosissimi in Londra, e domanda che
la società si occupi un poco più di essi:
egli crede che gli irlandesi siano così
immorali e così barbari perchè troppo
dominati dai preti, i quali li fanno marcire in uno stato d’ignoranza e di superstizione che abrutisce. Il reverendo
Armstrong appoggia la mozione del
preopinante e dice, che egli avendo travagliato fra gli Irlandesi di Londra con
due altri missionari, ha ottenuto la conversione di 5i0 individui.
£he si paragoni il bene che fa questi
società in Londra con quello che pretendono faro in altre città gli ignorantelli, i gesuiti, e simili consorterie, e
si vedrà dove è realmente lo spirito del
Vangelo.
DfOTlZIE REIilCilOSE
Pìnicbcilo. Leggesi nel rendiconto delle
sedute del Consiglio comunale, pubblicato dalla Stella :
« Il Consiglio delibera primieramente
sovra una domanda della Tavola Valdese
per cessione di uq tratto di terreno co>
15
múñale a giorno dei pubblici viali detti
il Rondò , tra la strada vicinale detta
dei Hatlitori ed il nuovo mercato del
bestiame, sovra il quale terreno, aggiunto
ad altro terreno di proprietà privata, la
Tavola si proporrebbe di erigere un
Tempio per l'esercizio pubblico del Culto
Valdese, di cui si riserva di presentare
il piano ed il disegno.
« Quindi il Consiglio, sulla proposta
combinata dei Consiglieri Tegas e Ame
lio, ha deliberato all'unanimità di concedere alla Tavola Valdese , al prezzo
che verrà concordato , quella quantità
di terreno comunale che rimarrà libera
e disftonibile nel sito sovra designato ,
riservandosi di vedere il progetto del
nuovo Tempio a costrursi , e confrontarlo col piano d’ingrandimento ed allineamento della citlà , che si sta ora
sollecitamente studiando e compilando ».
Astì. L'Operaio riporta, nel suo numero 43, una protesta molto forte di alcuni parroci di quesla Diocesi contro il
loro vescovo, monsignor Artico, il (juale
¡•iù volte accusato di aver |)rolTerito al
fisco di Casale di coadiuvarlo nel processo Grignaschi, per mezzo del confessionale, non rispose e non si giustificò
« Quest’accusa, dice la protesta, è
cosi (iera ed orribile, e di tanta infamia
coprirebbe il clero, che rimane impossibile alla coscienza dei sottoscritti il uon
risentirsene ... ».
« Al vescovo si spetta, a Lui supremo
custode della fede, di sgombrare la trista
accusa.......
« Sperano, quindi, i sottoscritti, cbe
Monsignore vorrà sentire l’importanza _
del proprio dovere, e che in tanto aitare
non si rimarrà mutolo e riservato ».
(' Che se uon fosse, con qual occhio,
con qual cuore essi mirare c sopportare
l'odioso scandalo potranno? La stessa
gerarchia ecclesiastica superiore potrà
forse restarne (piale colpevole spelialrice
inerte? ».
Ammesso che sia autentico questo
documento, noi lo consideriamo come
un segno mollo rallegrante, poiché egli
prova che, agli interessi di casta, comincia a prevalere, in alcuni del clero, la
sacra voce della coscienza.
Ge.ndva. Monsignore Charvaz ha testé
diramato al clero e popolo della sua
diocesi una lunghissima pastorale intorno a cin che egli chiama il proselilismo
protestante in Italia. Ne faremo parola in
un prossimo numero.
PORTOCM.LO. Ove domina il partito clericale, ove per concordati o per (¡ualsivoglia titolo i preti si mescolano nella
amministrazione dello Stato, è inutile
qualunque Staluto, qualunque Costituzione giurata: la rabbia e l'iutolleranza
clericale deve uianifestarsi nelle leggi
del |>aese. La Costituzione del Portogallo
ha uu articolo così concepito. « Niun
portogliC'6 sarà inquietato a cagione
della sua fede, purché rispetti k religione
dello Stato, e la morale pubblica; » nulla
di più giusto. Ora ecco cosa leggiamo
nel nuovo codice criminale di quel regno, sotto il titolo di n delitti contro la
religione dello Stato ».
« Art. ■ISO. Chiunque manca di rispetlo alla religione cattolica apostolica
romana, che è la religione dello Stato,
sarà condannato alla detenzione da uno
a tre anni, e ad una multa in rapporto
co’ suoi beni, in ciascuno dei casi se»
guenti ;
16
n d“ Se per le sue azioni, per le sue
parole, per i suoi scritti o in qualunque
altro modo si voglia, allaccili la della religione 0 qualcuno dei suoi dogmi, dei
suoi decreti, o degli oggetti del suo culto;
« 2“ Se si provi con simiglianli mezzi
di propagare dottrine contrarie ai dogmi cattolici tali quali la chiesa li ha definiti.
3“ Se si provi, in qualunque maniera
si voglia, a far proseliti ad una religione
0 setta condannata dalla chiesa.
0 4» Se celebra puhhlicamente un
culto diverso da quello della religione
cattolica.
« Se il colpevole è straniero, la sua
pena, invece della multa e della detenzione, sarà l'espulsione dal regno.
» Art. 133. Ogni portoghese, che professando la religione del regno, mancherà di rispetlo verso la stessa religione
divenendo apostata puhiilicamente ovvero
abiurandola, sarà condannato alla perdita
dei diritti civili ».
In forza del concordalo, per decreto
regio del 22 dicembre 18.'52, la regina
ha stabiliti i tribunali ecclesiastici nelle
tre diocesi di Lisbona, di Braga, e di
Evora destinati a giudicare tali cause e
le altre che si pretendono di loro competenza. Cosa serve una Costituzione,
uno Staluto ove si lasciano dominare i
preti ?
CROXACllETTA POLITICA
Piemonte. Il dì 20 del corrente mese
è stala fatta l’apertura delle casse contenenti i manoscritti eie carte di Vincenzo
Gioberti. Fu rinvenuto un numeroso carteggio epistolare, svariati estratti di libri
di ogni argomento letterario e scientifico
e manoscritti di opere incominciate ed
interrotte dalla funesta catastrofe che
tiilse alla civiltà ed all’Italia un tanto
lume.
Fkancia. Un fatto grave per cui la diplomazia è segretamente in grande agitazione, si è la tendenza del governo degli Siati Uniti ad ingerirsi nelle faccende
d’Kuropa. Vedrete che la vertenza già
lanto complicata dell’ Oriente s’imhroglierà ancora una volta, per queslo
nuovo avvenimento e per le prevedibili
sue conseguenze.
(Corrisp. del Pari.)
Spe7Ì>. S. M. il He giunse il 27 felicemente alla Spezia. I a Famiglia Reale è
andata ad incontrarlo aU’eslremità ponente deH'isi.la Palmaria.
IvMiiiTEniiA Ecco a che proporzioni
enormi fece risalire la circolazione delle
leltere la legge che nel lN)i8 stai iP, che
le lettere, entro i tre regni della Gran
Bretagna fossero lassate a ragione di un
soldo per ogni lellera di mezz’oncia.
In quell’anno 1858 passarono per le
poste dei 3 regni 7'i 907,.'>72 leltere ; nel
IS.'SI le lettere crebbero a 3fi0,(>i7,1i(7;
nel I8,""2oltrepassaronoi quaitr<cento miliunil E lo Stato vi perdette forse? Sulle
prime sì, qualche cosa; ma nel 18.^J il
nuovo sistema aveva già fruttato al Governo parecchie migliaia di lire di più di
quanto il [laese avesse m_i ricevuto prima
dalle sue poste.
Qi isTiONK k’Ouik.nt". Le cose Flanno
sempre allo stesso iiinto. L’imperatore
di Russia vuole guadagnare tempo, queslo è cosa chiara; egli vuole stancare i
snoi avversarii e del ellare la Porta senza
accendere una miccia. In risposta alla
nota del sig. lìrouyn de I huys lo Czar
dichiara di nnn aver che fare in questa
contingenza ni' coll'Inghilterra nè colla
Francia, la quislione essendo fra lui e la
Porta,
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo B,»ccnF.XTA gerente.
TIP. soc. DI A. PONS E COMP.