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Homa, 2^ Hopèmbre ^9^0 = 3.nno m = ÎI. ^8
♦ Visione dì arte — La mano
— Congresso di Modena
•il)/ rT P?*'''o*'*'ismo morboso — Cristianesimo ed
£?V Ebraismo — Un nuovo trattato polemico — Lo
•> svarione del Minccehi — Corrispondenza ticinese — Passionisti ed evangelici a Ginosa — Gli untori... della Croce Rossa ! — Intolleranze settarie —
A proposito del Colportore Fogazzariano — Congratulazioni canadesi a Nathan — Parole sacrosante —
Alcuni pensieri sul Tolstoi — Pacciam nostre le pa
role del Fogazzaro — Tolstoi e la chiesa — . Non
resistenza » — Spropositi di Leone Tolstoi? — Le
ultime parole dì Tolstoi — Come parlar di tutto? —
Che cos e la riforma ? — L’ideale cattolico e P ideale
nostro Teologia pentecostale — Io Sono la via, dice
Gesù — Da le antiche province — Cronachetta Romana — Moody — Sotto l’incubo !
Per tutti i Lettori
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periodico offre a tutti gli abbonati, che pagheranno il loro abbonamento non più tardi del 31
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VISIONE DI A.HTE i«
a Tr, dolcissima .Bmico.
Quando il tramonto trionfa in una gloria di ori
sulle acque lucenti di questa magnifica città silenziosa, assopita come in nn sogno purissimo di purissima vergine, mi strugge nn intenso desiderio di
una chiesa vetusta, come un riposo per gli occhi
fatti gravi dalla visione delle cose, troppo fervide,
nella festa vorticosa del sole.
Le immagini dolci delle più care, più soavi creature, uscite dall’ingenuo pennello di un qualche primitivo maestro, immote in un raccoglimento pensoso,
suadono le anime nostre, le anime che sanno accogliere il fascino delicato dell’arte, mentre la figura
di una creatura — forse amica, forse sorella, fórse
ignota —genuflessa in un angolo remoto, protetta
dal mistero diffuso di una oscura navata, memore
dell’incenso e della preghiera, avvia il pensiero e il
il) Ospitiamo ben volentieri questo illustre membro
dellaChiesa cattolica,che, come noi,sospira il Cristianesimo semplice e puro dei primi tempi.
N. d. D.
sentimento passionale per inaccessi sentieri illuminati dalla fiamma di nn primo amore tenace per la
vita ed oltre.
L’immaginazione si esalta e parlano allora al cuore,
commosso dalle memorie, le divine significazioni del
simbolo, che un’arte antica e semplice ha svolto in
tutte le forme per richiamare, nell’estasi della mente,
una visione di bellezza suprema.
Eppure anche nelle chiese vetuste — sacrari
delle più alte espressioni dell’arte — qualche cosa
nello stile rivela un artificio che fa lontana l’anima
orante nèl gran tempio dell’Universo dal sospiro
immenso dei cieli, dalla nostalgia dell’infinito, arrestandone l’ascensione verso il simbolo come immerso
in una nube di astrazione.
Romanica o gotica, la chiesa con le sue lunghe
navate strette, con le sue vòlte misteriose, che sembrano coprire come nn gigantesco sepolcro, è l’espressione tradizionale di una fede pura, evangelica, non
ancora turbata dalla luce sinistra dei roghi o attanagliata dai ceppi dell’Inqnisizione.
Il mio desiderio, in una superba visione di arte,
si finge pure nn tempio, ma come corso da un soffio potente, vivificatore di sovrana serenità ellenica
in una cornice bizantina cosi magnifica, e cosi limpida come una primitiva anima cristiana non contaminata da freddi formalismi gerarchici. Nessuna esagerazione conturbi le linee armoniose, profondamente
ieratiche, della nuova architettura : la larghezza delle
ampie navate fughi quell'angoscia che si prova davanti alle linee verticali delle ogive : una sola parte
rimanga un po’ nell’ombra, il Santuario, velato di
mistero.
Un mistico francese, Jean Birot, dimostra, a proposito della basilica di Montmartre, come nella chiesa
moderna l’immagine tenda a perdere il suo più alto
ed espressivo significato simbolico, distraendo gli occhi e trasformando il queto e sereno asilo di pace e
di umiltà in una ridondanza di simboli affatto materiali.
• Un famoso solitario di Calabria ebbe una specie
di visione nella quale rimase assorto tre giorni. « Io
« ero a’ suoi piedi — racconta un suo discepolo —
« io scrivevo e due altri con me : ed egli dettava
« notte e giorno ed il suo viso era pallido come le
« foglie del bosco ».
Quello che dettava Gioacchino di Fiore era una
nuova rivelazione, che solo dopo tanti secoli doveva
apparire nella sua piena e geniale limpidezza e dare
una fisonomia più umana e poetica al Dio dell’araore
e del perdono, ringentilendo la concezione del ,mistero divino, che il pennello dei grandi artisti effigiò per consolazione delle anime.
Dio che è in noi e che non si compiace di apparirci nelle forme materiali è l’idea più facilmente
compresa da quella parte dello spirito moderno che
assurge agli ideali di nn vero e gentile cristianesimo cosmopolita, accogliente i discepoli dello spi
rito — discepoli umili e semplici con l’anima prona
ai sofferenti, a tutte le miserie altrui, consacrata
— nella fede e nella luce di Dio — a tutta l’umanità, ai dolori e alle colpe di essa.
Oh ! nella gloria dei queti tramonti italici, cosi
limpidi e cosi pensosi, risorga il prodigio del tempio ideale dallo stile bizantino, ringiovanendo, senza
alterare, quelle vecchie credenze che sembrano ornai
fatalmente tramontate : credenze lontane, sbocciate
come rose primaverili attraverso l’accesa parola del
Maestro divino sotto gli splendidi cieli orientali, tra
il profumo del nardo e del cinnamòmo, tra il candore immacolato dei vertici del Libano e il verde
lieto dei cedri orgogliosi I
E allora, uscendo da questa chiesa silente, gli
uomini si sentiranno più sereni, migliori ; e rientrando nella vertigine della vita faticosa, porteranno,
nel ricordo, come un sentore acuto di un olezzo che
non è terreno, un riflesso blando di quella vita che
è pura d’interes.si e di piaceri volgari.
Portounel mio cuore un desiderio : la semplicità
di una grande chiesa cristiana, semplice come la fede
prima del Nazareno, ove la gente dei giorni futuri
si recherà raccolta in un ideale di pace infinita, d’infinito bene, e non come osgi rumorosa, loquace e
profana.
Questa sarà la chiesa del secolo nuovo, quando
di sopra tutte le religioni resterà una sola : il cristianesimo universale senza intermediari.
G.
La mano nera
Commenditi da S. Carlo Borromeo e di grande “ satisfattione „ pel papa Pio IV,
combattuta da Francia, Ginevra e Berna.
In questi ultimi tempi abbiamo avuto nelle mani
documenti importantissimi sui moti religiosi del XVI
secolo nella repubblica di Lucca e sulla crudele repressione dell’eresia ch’essa iniziò e condusse a termine. L’anima nostra freme ancora per amore ed
ammirazione, per orrore e ribrezzo !
Nel magnifico Consiglio Lucchese nulla di quel
procedere fiero e dignitoso che caratterizza la Signoria Veneta ; avendo il vescovo di Padova significato all’autorità veneta che, in quanto all’interdetto,
avrebbe fatto quello che lo Spirito Santo gli avrebbe
d Podestà rispose che lo Spirito Santo
aveva ispirato i Dieci a fare impiccare chiunque ricalcitrasse ai suòi voleri I
La Repubblica di Lucca era piccola e gelosa della
sua relativa indipendenza ; doveva vivere guardinga
e sospettosa, perchè attorniata da amici avidi e potenti, pronti ad avvalersi del minimo pretesto per
invaderla e soggiogarla. Quando apparve la Riforma
religiosa nelle sue mura, importata da frati dottissimi ed oltremodo apprezzati, da ricchi cittadini,
negozianti all’estero in lana e seta, i suoi governanti ed i suoi cittadini non solo l’ascoltarono e ad
2
LA LUCE
essa inchinarono, ma con alcuni decrel^ si diede perfino indizio di qualche partecipazione hi moto innovatore.
Perciò con un Breve papale del 31 (marzo 1556
la Repubblica fa invitata ad apportarè pronto ed
efficace rimedio contro all’ eresia dilagante, a prestare il braccio secolare per provvedeife contro alla
rivoluzione religiosa. Il papa parlava Ìorte, perchè
si sapeva appoggiato dagli Spagnuoli. (Obbedì sollecita la poverella affin di salvare la sua parvenza di
libertà, non essere molestata dagli Spagnuoli o dai
Medici e non dovere accogliere il Santo Ufficio romano, che avrebbe agito quale rappresentante del
papa, che. sarebbe stato la prova tangìbile della dipendenza di Lucca da Roma.
A tale effetto essa nominò un « Officio sopra la
Religione » che dovea provvedere contro all’eresia
e togliere ai forestieri l’occasione di intervento armato ; proibì di corrispondere coi novatori religiosi,
decretò che dovessero essere esaminati e licenziati
i libri da introdursi nella Repubblica, «jbbe l’obbligo
« di aprire e vedere plichi di lettere b valigie ove
.siano lettere che venghino di là dai mohti verso Ponente (Francia) » ; dichiarò esclusi dalle cariche pubbliche i discendenti fino al secondo grado dei chiariti eretici.
Sembrerebbe pertanto che l’Officio fiopra la Religione agisse con poca buona volontà Verso gli agitatori religiosi ed i loro segnaci, poiché il Pontefice
ed i Cardinali deputati alla Inquisizionb romana, i’8
nov. 1561, ordinarono al Magnifico Coiisiglio di meglio vigilare sopra le lettere ed i libH inviati dì
nascosto dai Lucchesi dimoranti a Ginevra ed altrove : « Perchè dubitiamo in questi pèricolosissimi
tempi quelli cittadini che hanno praticja per la via
di mercanti in Lione et Parigi per mezzo di chi
torni da quei luoghi o altri'vadino seminando le false
et diaboliche dottrine delle eresie fra li fedeli et
cattolici ».
Il Governo della Repubblica, timoroso ed osse«[uiente, scrisse allora « alla nazione di Francia »,
cioè ai cittadini lucchesi che per ragióni commerciali soggiornavano all’estero. Li pregò di considerare « il pericolo et la mina grande » che starebbe
sulla repubblica e su loro quando andassero ad ascoltare i sermoni dei protestanti e tràviassero dai
precetti della chiesa ; ricordò loro inolire che il Magnifico Consiglio sarebbe stato « amoirevole padre
dei suoi obbedienti figli et severo gafitigatore dei
suoi ribelli », che avrebbe con ogni diligenza vigilato su di loro, tanto più che a ciò pensava eziandio
« altri che ci potete intendere » cioè l’inquisizione
romana.
E ciò non bastando, la Repubblica dovette stabilire che i suoi sudditi dimoranti all’estero sarebbero
sottoposti alle patrie leggi emanate ciirca la'fede,
dovette adattarsi a pubblicare, il 9 gennaio 1562,
un bando che proibiva ai Lucchesi dichiarati novatori
religiosi di soggiornare in Italia, Francia, Fiandra,
e Brabante, che prometteva premi à chi li raggiungesse e li uccidesse ; dovette in tal modo
promuovere la formasione della Maiiio nera nel
dominio religioso ed indirettamente nel dominio
politico ed economico. >
La Corte di Francia protestò contro [a questo eccitamento a delinquere, contro a questa Mano nera
che dovea colpire all’infuori della patrjia, nell’ Europa. Carlo IX fece scrivere alla Repubblica il 17
febbraio 1562 quanto segue (ecco nn| 17 febbraio
da ricordarsi) : « Siamo stati avvertiti ( del maltrattamento che usate all’incontro di alcuni della vostra
nattione, ritirati ad habitare in nostra ¿ittà di Lione
et altri luoghi del nostro Reame, metitendogli addosso taglie a profitto di quegli che gli potranno
levar la vita, facendoli spiare di giorijio et di notte
in 1 1 detta nostra città di Lione. Ed è èosa del tutto
contraveniente alla libertà, segnrtà e riposo al quale
intendiamo che, osservando li nostri editti et ordinamenti, vivino et dimorino in lontano Reame... Per
questa causa noi habbiamo pensato di ^arvi la presente per farvi presente quanto ne soho odiose tali
taglie et maniere di procedere all’inco atra dì quelli
di vostra nattione... Noi non vogliamo in modo alcuno permettere nè soffrire che habbino luogo... II
che ne ha fatto pregarvi... che voi siate contenti di
revocare e far cessare le dette taglie et ricerche...
contra dei detti ritirati..., affinchè ci possino vivere
et habitare con tutto il riposo et .sicurtà delle loro
vite, persone et beni, senza alcuna sospetìone nè
timore, che facendo altrimenti, noi saremo forcati
di cercar la via et modo di risentircene ».
Contemporaneamente ordinò al Governatore di
Lione di impedire assolutamente l’esecuzione degli
ordini della Repubblica. Già in quei tempi la Francia
era più civile che non Lucca-Roma.
Protestarono eziandio contro al Bando le due città
libere di Ginevra e di Berna, appena seppero che.
con esso erano poste taglie sopra quei cittadini lucchesi abitanti tra loro e passati di recente al protestantismo.
Il Senato di Ginevra inviò al Senato di Lucca
nel marzo del 1562 una lettera latina in cui tra
l’altro leggesi : « Sono trascorsi sei anni dacché
cittadini vostri, per ragioni che non ignorate, sono
venuti nella nostra città ; li abbiamo ricevuti benignamente ; visti i loro ottimi costumi e la loro vita
onesta abbiamo permesso loro di rimanere tra noi
quanto vogliano ; in seguito li abbiamo iscritti come
cittadini nostri, onde godano con noi i beneficii, gli
onori e le comodità nostre. Quando perciò abbiamo
udito del vostro Bando, promulgato nel decorso gennaio, in cui promettete trecento monete di oro e molti
altri benefica a chi ucciderà uno di loro, ne siamo
stati oltremodo attristati. Poiché avete scaricato dalla
vostra città i vostri cittadini, noi li abbiamo accolti
nella nostra, li abbiamo iscritti come cittadini, li
abbiamo ricevuti sotto la nostra protezione per difendere la loro vita ed ì loro averi. Siccome il vostro Bando è contrario alle nostre libertà, poiché i
vostri cittadini non potrebbero più negoziare con
sicurezza, vogliate abrogarlo... Se negligerete di
far ciò, dovremo ispirarci alla libertà della nostra
Repubblica affinchè i nostri cittadini siano ovunque
sicuri e liberi ; cureremp di avvalerci ovunque e
sempre di quei modi che il diritto e l’equità (intendi legge del taglione) permettano e che voi medesimi potete supporre... ».
Il Senato di Berna scrisse con maggiore risentimento ancora al Senato di Lucca contro al suo
Bando e ne domandò l’abrogazione ; scrisse tra
l’altro: « Quei concittadini che vivono tra popoli
stranieri, sono fuggiti o sono stati espulsi dalla
patria loro solo perchè vogliono servire Dio in modo
diverso da quello praticato dai loro connazionali ;
preferiscono divorziare dalla patria piuttosto che simulare un culto a Dio contrario alla loro coscienza
ed a quanto stimano verità. Tale loro candore è
degno di benevolenza piuttosto che della crudeltà
cui li minacciate col vostro Bando che ci è giunto.
Colla promessa di un premio non piccolo, eccitate
sicari contro agli innocenti e ciò oltre i limiti
della vostra Repubblica. Ciò ne ferisce tanto più dolorosamente in quanto alcuni di quelli che condannate a morte con ricompensa pattuita, sono cittadini di Ginevra colla quale siamo cosi uniti da formare una sola città ; cosicché, l’ingiuria fatta ad una
città, è risentita come tale anche dall'altra. Perciò
non tolleriamo il vostro Bando ; desideriamo che>
siano sicuri quelli che vivono all’infuori dei vostri
confini a Ginevra ed appartengono in qualche modo
a questa Repubblica... Sarebbe ottima cosa che i commerci fossero liberi al di qua ed al di là delle Alpi...
Ricordate : se sarà fatta violenza ad alcuno dei vostri ricevuti a Ginevra, ci darete l’occasione di
vendicarci secondo il vostro Bando. Chi la fa l’aspetti.
Vi esortiamo ancora per la vostra dignità di revocare il vostro Bando, Bando, cosi rigido, per dir
poco,.. ».
Il Governo di Lucca rispose come gli veniva imposto : non aderì alla domanda della Francia, nè a
quelle delle città confederate.
Nella quistione del Bando lucchese già sappiamo
come Pio IV, ispiratore tiranno, ufficiosamente si sia
comportato ; se ci domandiamo come egli sì sia re
golato ufficialmente, la risposta non sarà difficile.
Egli mostrò la sua soddisfazione coll’inviare il 20
gennaio 1562 alla Repubblica un Breve con cui si
raccomandavano le misure prese dal Governo in
favore della religione cattolica. Il Breve era accompagnato da una lettera del Cardinale Borromeo
datata da Roma ai 23 gennaio 1562 e del seguente
tenore :
« Li buoni ordini che le S. S. V. Ill.me (Signorie
Vostre Illustrissime) hanno fatto ultimamente per
conservatione et augumento della religione cattolica, sono stati tanto conformi all’opinione che N. S.
(Nostro Signore il Papa) tiene di loro et di tanta
sua satisfattione che non potrebbe S. S.tà (Sua
Santità il Papa) fare per adesso altro riconoscimento di questo loro buono selo, ha voluto farlo
con l’allegato Breve... ».
V’ha di più. Nel 1565, Pio IV", per ^nsiglio di
San Carlo Borromeo suo nipote, inviò alla Repubblica di Lucca la Basa d’ Oro, onorificenza che i
Papi concedono in attestazione di affetto solo ai
grandi Principi e Stati benemeriti della fede. « La
inviò, cosi racconta il sacerdote A. Pelligotti nelle
sue memorie rimaste manoscritte, per Monsignor
Colonna Chierico di camera, in attestazione della di
lei pietà e divozione verso la Santa Sede e per il
gran zelo che mostrò della Romana Cattolica Religione verso i suoi cittadini che si trovavano in varie
città oltramontane, infette in quei tempi dell’Eresia
di Lutero e di Calvino ».
Da questi fatti e documenti si vede che il papa,
il grande santo Carlo Borromeo, i cardinali, cioè
l'alta chiesa docente ha costretto Lncca a perseguitare gli evangelici, ad organizzare all’estero assassini, la Mano Nera, ed ha avuto «tanta sua satisfattione » nel sangue versato, nelle persecuzioni
fatte, nelle brillanti operazioni dei sicari, della Mano
Nera. La Chiesa Romana (intendi l’alta chiesa docente) si stima infallibile e perfetta, non cambia,
anatematizza il dogma moderno della evoluzione, del
progresso ; non conosce il pentimento, non ha espiazioni da fare. Quanto commendò nel passato, racco
manderebbe « con veemenza » nel presente, lo si
arguisce dalle ultime encicliche di Pio X. massime
da quella famigerata in onore di S. Carlo Borromeo;
ciò sarebbe a danno dei modernisti, dei valdesi, delle
nuove tendenze spirituali. Ma oramai non trova più
uno Stato che si disponga a farle da boia e guai
ai gesuiti se volessero essere quello che furono, la
sua Mano Nera.
La condotta dei papi e della Curia hanno screditata la Chiesa e le hanno attirato il seguente giudieio di Macchiavelli : « Abbiamo con la Chiesa e
coi Preti noi italiani questo primo obbligo, d’essere
diventati senza religione e cattivi ». Il governo del
Vaticano ha disonorata la religione cristiana ed ultimamente ancora al Congresso di Modena suggeriva
ad un .sacerdote, che farà carriera, la seguente bestemmia; « Siate soggetti sempre alla volontà del
Papa che è Cristo vivente e parlante in terra ».
(Cfr. Giornale d’Italia 14 Nov. 10).
Perciò dobbiamo liberarla Chiesa dalla tirannide del Papa e della sua corte, vogliamo
un cattolicismo senza Papa e senza gerarchia,
un cattolicismo democratico. Tale è il nostro
programma.
I bacilli dell’odio religioso, politico e sociale dell’intolleranza, della violenza, dell’ assassinio, della
Mano Nera brulicano a milioni nella mente e nel
cuore del Papa e della gerarchia romana ; questa
e quello sono i nemici della Chiesa e della cultura
moderna ; internarli in un lazzaretto, nel Vaticano,
tale convien che sia la nostra prima precauzione
igienica ; combatterli è dovere, distruggerli è gloria!
All’opera adunque, oh amici del progresso, oh militi
dell’ideale, oh sacerdoti di Dio I
Gipvanni Grilli.
Questa è l’ultima settimana per chiederci copie del
numero speciale su Messina: il quale sarà pubblicato, se piace a Dio, giovedì prossimo, inaugurandosi domenica 4 dicembre quel nuovo tempio evangelico. Si affrettino dunque le richieste.
3
LA LUCE
3
Congresso di Modena
Il movimento cattolico sociale, già disciplinato da
Leone XIII in varie encicliche e lettere apostoliche},
fra le quali notiano la Oraves de communi re, ha nel Congresso di Modena nuovamente manifestato quei dissidi!
interni che invano l’autorità ecclesiastica ha cercato
di comporre e di eliminare. E cosi sarà finché detto
movimento non riuscirà a sottrarsi alla direzione del.
l'autorità ecclesiastica. Ma siccome questo sarà impossibile, cosi i dissidi! continueranno a dimostrare che
la famosa unità cattolica anche nel campo|sociale non
è che un mito.
Intanto notiamo che il suddetto movimento, lasciato
il titolo di democrazia cristiana, ha assunto ora quello
di cristianesimo sociale — almeno nei giornali — ri
quale è invece proprio del movimento sociale protestante. Ma tutto ciò nulla toglie al carattere sociale
e politico di tali Congressi. Il quale carattere si può
definire con una parola sola : l’equivoco. Invero se la
frazione più radicale ha ottenuto la vittoria, col far
trionfare i propri principi! per quanto riguarda le organizzazioni economiche delle classi proletarie italiane
in realtà tale vittoria non è che apnarenza, perchè al
di sopra dell’ interesse sociale ed economico del proletariato la Chiesa e il Papato pongono le proprie finalità temporalisHche, ossia il proprio prestigio politicoreligioso. -o
Il Congresso di Modena non ha forse cominciato a
porsi sotto l’egida della Chiesa e il patronato del Papa
con la lettura della famosa formula redatta dal Barone
d’Ondes Peggio, la quale ci dà il vero concetto di
quello che debba ritenersi per vero ed autentico cattolico ? Vale proprio la pena di trascriverla cotesta
formula. Eccola : « Il Congresso è cattolico e non altro
che cattolico, imperocché il cattolicismo è dottrina
compiuta, la grande dottrina del genere umano. Il Cattolicismo perciò non è liberale, non è tirannico, non è
d’altra qualità : qualunque qualità vi si aggiunga, da
per sé è un gravissimo errore; supporre che il cattolicismo manchi di qualche cosa che è d’uopo dargli}}0
contenga qualche cosa che è d’uopo levargli è gravis- |
simo errore, che non può che partorire scismi ed eresie. !
Il cattolicismo è la dottrina che il Sommo Pontefice, '
successore di S. Pietro, Vescovo di Poma, Vicario di |
Gesù Cristo, Dottore infallibile della fede e della ^ morale, insegna o solo dalla sua cattedra, o congiunta) !
mente coi vescovi successori degli Apostoli ; ogni dot- j
trina difforme da quella è scisma, è eresia. Al supremo |
giudizio del Sommo Pontefice il congresso sottopone '
le sue deliberazioni ». - i
t
Ora se questa formula deve avere un significato ;
questo non può essere dubbio. La Santa Sede sarà |
sempre quella che imprimerà ai Congressi cattolici
r indirizzo che deve essere seguito affinchè gl’ interessi !
suoi siano salvaguardati. E invero il marchese Crispolti, |
presidente del Congresso, nel discorso di chiusura ha .
accennato chiaramente alla co.sidetta « quistione ro- ,
mana » dicendo che l’indipendenza del Papa non è |
ancora un fatto concreto, aggiungendo — il che è an- |
cora più grave — che S3 l’Italia non penserà a risol- \
vere la quistione, questa potrebbe essere risolta in caso |
di guerra da uno straniero vittorioso. Una dichiara- |
zione più temporalistica e più antipatriottica di questa- :
non poteva farsi, e lo stesso Corriere della Sera — ;
solitamente ponderato nelle sue affermazioni — ha do- j
vuto scrivere che il Congresso non poteva essere con- ‘
eluso in maniera peggiore. |
Ma in verità la cosa non ci sorprende. I cattolici
sinceri non possono non essere col Papa. E il Crispolti,
che è una delle maggiori autorità fra i cattolici, ha ;
espresso chiaramente e senza sottintesi il loro pensiero’.'
Ricordiamo che, anni sono, il medesimo Crispolti, bel
Consiglio Comunale di Torino, sollevò una fiera tempesta a proposito di certe dichiarazioni sue pure
poralistiche. Non è dunque una calunnia dei liberali
quando si afferma da costoro che i cattolici veri sono
quelli che pongono il Papato e la Chiesa al disopra
del sentimento patrio. Per i clericali la libertà, l’in.
dipendenza della nazione sono posposte agl’interessi
temporali del Papato. Ma è poi vero che l’indipen.
denza della Santa Sede è ancora una questione da risolversi? Non gode essa privilegi di faito ed eccezioni
di diritto, che la pongono al disopra d’ogni altra istituzione che vige nel Regno ? Che cosa si vuole di più ?
Se poi quelle dichiarazioni del Crispolti e le finalità
ultime del clericalismo non hanno altro significato che
quello di restituire al Papato almeno una paste dei
suo dominio temporale in una forma nuova da deterj
minarsi, non v’è chi non veda come tutto ciò sia in
antitesi, anzi in contraddizione assoluta con la esistenza
dell’Italia, una, libera e indipendente.
Enrico Meynier.
Fatriottismo morboso
E’ destino che noi siamo condannati a imitare o
scimmiottare lutto quello che di peggio, in letteratura
e in politica, si va pensando e facendo in Francia.
Se c’è nella vicina repubblica un partito antipatico,
rumoroso e pericoloso ad un tempo, è quello dei nazionalisti, un po’ matti sempre,, veri energumeni all’occorrenza. Orbene, anche noi siamo afflitti, un po’ in ritardo
ma sempre troppo presto, da un nazionalismo paesano,
escrescenza morbosa del sentimento patriottico, S’è già
co.stituito un partito, composto quasi unicamente d’intellettualisti, c’è una letteratura incipiente, si prepara
un congresso a Firenze per i primi di dicembre e si
è diramato in proposito un programma.
— Che cosa si propongono i nazionalisti nostri?
Molte ottime cose, che sono comuni agli altri partiti,
quali : il risanamento della nostra vita politica. Io studio dei problemi morali, mentali ed economici che incombono sulla nazione, e soprattutto il « ridestare o meglio il suscitare in Italia una coscienza nazionale collettiva della quale gli Italiani mancano ». Pare dunque
che si propongano di « fare gl’italiani » i nostri nazionalisti ; e se non si proponessero altro, meriterebbero plauso e aiuto, perchè la grande opera è ancora
da compiere, da quando Massimo d’Azeglio l’additava
all’Italia nuova.
Ma, accanto alle buone, si propongono pure cose pericolose e cattive ; se con una mano sembrano voler
fare gl’ Italiani, con l’altra potrebbero disfare l’Italia,
pure proponendosi di renderla più forte, agguerrita e
ben difesa. Udite le parole del programma : « Un’alta
opera morale è la ragione suprema del nostro movimento : educare la coscienza della nazione per il fine
della guerra vittoriosa. — Bisogna consolidare e sviluppare la preparazione militare del paese mirando a
proporzionarla agli armamenti delle altre potenze. Bisogna sospingere l’attività dello Stato e di tutte le
forze collettive e individuali verso la conquista di
nuove colonie ».
Dovunque gli stessi codesti nazionalisti. Dell’ innalzamento delle classi più umili, della redenzione intellettuale morale ed economica dei diseredati, dei problemi della scuola e dello sfruttamento delle terre improduttive, cotanto urgenti e importanti in Italia, non
si preoccupano ; ma domandano nuove spese militari,
nuovi armanenti, nuove conquiste, accecati da sogni
di grandezza guerresca, fiduciosi solo nel trionfo della
forza brutale, quasi che non spendessimo già per tali
scopi più di quanto lo consenta la nostra potenzialità,
e non fossimo sempre pronti a profondere nuove somme)
che domani risulteranno inutili o inadeguate, Da quella
parte non c’è davvero bisogno di spinta, ma di freno.
I nostri nazionalisti vogliono un « rinnovamento di
civiltà », basato non sulle conquiste dello spirito e
sulla giustizia che sola « innalza le nazioni », ma sulla
forza materiale, sulla guerra. Codesto, se non m’inganno,
non è un « rinnovamento di civiltà », ma un ritorno
alla barbarie dei secoli lontani o delle tribù selvagge)
quando la forza primeggia sul diritto e la guerra è lo
stato normale dell’umanità ; quella è la civiltà dell’Aowo
homini lupus dalla quale così lentamente e faticosamente veniamo assurgendo verso forme migliori più
consentanee alla dignità umana.
Ma non basta ai nostri bollenti Achilli la preparazione alla guerra ; quella guerra dobbiamo averla e a
breve scadenza. « Bisogna che l’Italia abbia la sua
guerra o non sarà mai una nazione », scrive un elegante prosatore toscano, Enrico Coi’radini. E perchè
mai deve averla codesta guerra? Perchè Pasquale Viilari ha ripetuto una vecchia verità : che, cioè, « l’Italia
fu fatta con poca guerra e perciò appare malfatta. Bisogna riparare facendo ciò che non fu fatto ; la guerra».
Certe aberrazioni non si discutono, si denunziano.
La guerra? e contro chi? e perchè? Non lo dicono,
ma poco importa il motivo e il nemico, purché guerra
ci sia. Dal momento che deve rr/iire l’Italia 11 Ma non
potrebbe darsi il caso che la disfacesse invece ? Neanche per sogno, perchè quella guerra dovrebbe essere
vittoriosa : su questo non cade dubbio. La vittoria è
sicura, purché si faccia, quando che sia e come che
sia, la guerra; lo dicono i nostri patriottardi guerrafondai, e il passato ce ne è garante. Dunque ; « guerra,
guerra ! », come nel coro della Norma. Italiani, armiamoci. se vogliamo essere forti grandi e temuti ; e quando
sarà giunto il momento agognato : c partite, soldati »,
a far carne da cannone. Bisogna che l’Italia abbia la
sua guerra ». Anche l’imperatrice Eugenia, nel 70, voleva la « sua guerra » ; e l’ha avuta. Cosi l’avrebbe
l’Italia; ma i nostri focosi nazionalisti non ci-rimetterebbero un trono. Tutt'al più un po’ di retorica ridicola ma che può diventare pericolosa..... se trovasse
orecchi pronti ad accoglierla.
Envleo I^lvolpe
Cristianesimo ed Ebraismo
R. Ottolenghi, che si occupa specialmente nel Coenohinm di problemi religiosi ’riguardanti l’Ebraisimo,
in un suo recente artìcolo~~intende" dimostra'rè^che”il
Cristianesimo non deriva dall’Ebraismo. 44^1 ffiÌ!
L’enunciazione della tesi 11 per li ci fece [una tal
(jraaìè impressione, che' però man mano nella lettura
déiràrticolo spariva, perchè ci siamo accorti che il signor Ottolenghi ha scambiato il Cristianesimo per il
Cattolicismo. Onde fatta questa correzione, si può ammettere la ragionevolezza della tesi e la conseguente
dimostrazione, quantunque questa ci sembri qua e là
un po’ deficiente.
E invero sostenere che non vi sia quasi nessun nesso
essenziale tra il Cristianesimo e l’Ebraismo è una affermazione Semplicemente assurda. Gesù, gli Apostoli
si ispirarono nella loro opera agli scritti dell’Antico
Testamento, e le dottrine cristiane non sono che una
evoluzione di quelle dell’Antico Patto, e segnatamente
di quelle già proclamate dai profeti, ove si eccettuila
dottrina della vita eterna che è stata messa in luce nuovissima dal Cristo e dai suoi Apostoli.
E’ vero che l’Ottolenghi. ha cura di notare che nè
Cristo, nè gli Apostoli, nè i Vangeli costituiscono il
Cristianesimo quale si evolvette ed esercitò influenze
nei secoli. Ma allora qui occorreva essere più esatti
nelle affermazioni e nelle distinzioni. Perchè quando si
parla di « Cristianesimo » toni-court, la mente nostra
non può non pensare alle dottrine proclamate da Cristo
e dai suoi Apostoli, ed è ben lungi dal rappresentarsi le
modificazioni, le alterazioni subite nel Cattolicismo. E
che si tratti dì quest’ultimo non v’è dubbio, perchè
l’articolista cita il fatto del Rosario che proviene dall’India e'dal Buddismo. Verissimo.. Ma egli ha torto di
dire che il Cristianesimo l’adottò. Nè i primitivi cristiani, nè i cristiani evangelici conoscono e praticano
un siffatto atto di adorazione idolatrico e pagano. E qui
rÒttolenghi poteva dire ben altro, che è proprio del
Cattolicismo e non già del Cristianesimo. Il Purgatorio,
il culto dei Santi e lo stesso Sacramento eucaristico
sono derìVaizioni dal Paganesimo e non hanno niente a
che fare col Cristianesimo e quindi coll’Ebraismo. Sui
rapporti tra il sacrifizio della Messa e il rito vedico sacrificale, vedasi il volume di Raffaele Mariano « Cristo
e Bndda », pagine 284-304). Cosi dicasi delle discussioni fattes) nei primi Concili! intorno ai rapporti reciproci tra le persone della Trinità, discussioni e dispute tutte bizantine che ci trasportano già ben lungi
dal terreno storico e dottrinale del Nuovo Testamento,
e quindi dal Cristianesimo vero ed autentico.
E’ davvero tenace nei paesi latini il concetto che
identifica pérfettamente il Cattolicismo con il Cristianesimo. Eppure il progresso degli studi storici nella comparazione delle varie religioni avrebbe già dovuto persuadere, almeno certi studiosi, che non è più lecita siffatta identificazione. Quando si fanno confusioni di tal
natura nel volgo profano, la maraviglia non è troppa ;
ma quando vediamo degli studiosi essere cosi poco pre- '
cisi in materia cosi ìm portarne, non possiamo non protestare sperando che verrà finalmente il giorno in cui
al Cristianesimo e al Cattolicismo verrà addebitato quello
che deve essere loro addebitato, nè più nè meno.
Enfleo Oleynlei*.
Un nuovo iraiiaio polemico
Salutiamo con vivo compiacimento l’apparizione
d’un nuovo trattato polemico, in lingua inglese, dovuto alla penna di quel grande amico dell’evangelizzazione d’Italia, il Rev. Roberto R. Weir DB., dal
titolo : < Romanism and Protestantism.
Il volume appartiene alla bella collezione dei
Guild Téxt-Books, edizione tascabile d’un 150 pagine,
nitidamente stampato.
Nella prefazione l’autore dichiara ohe si è sforzato
di comprendere le dottrine romane, affin di evitare
qualsiasi errata esposizione delle medesime, ma riconosce ohe ciò non è facile per un protestante... e
noi aggiungiamo che non è più facile per la gran
maggioranza dei romanisti. Un altro sforzo dell'autore è stato quello di non mai venir meno alla oa-
4
4
r
hA LUGE
ità pistiana... e chi I conosce rottimOrDr. Weir sa
che questo non dovette Vièscìrglì (Inficile 1
\ ■'* kyoro è divinò in 16 capitoli, suddivisi alla loro
i'dlta'in paragrafi con Sottotitoli, il che rende di
if^e^Oie ricerca qualsiasi punto trattato in questo
ùtilissimo manuale. *
1 ili prezzo mìnimodi sixpeneene deve favorire grandemente la diffusione. A. M.
Lo svarione del Minocchi
Colobo .che leggcmo ^Riformf J^ica «[anno benissimo della polemìchetfa tra Sàlvatòré Minocchi e il
doti. Enrico Meynier nostro egregio oollaboratorei II
Minocchi vi ha sostenuto sinp alla, fine, con un’ostinatezza degna fii migi^iorpaush, ohe i cosjdetti « teologi liberali » sarebbero ¡iq Germania vittime della
persecuzione degli iOrì^dossi, press’a poco cpme in
Italia e... altrove i Modernisti cattolici sono vittime
à^eila persecuzione roihana, o come i cosidetti Eretici
bèl passato erano vittime deirinquisizioUe. Lo Harnack
liberale, per esempio, sarebbe preso di mira da gli
•Ortodossi e fatto segno a persecuzione, secondo, s’intènde, quel che ne pensa Salvatore Minocchi. Se non
■che Salvatore Minocchi è male informato. Apprendiamo infatti da buona, anzi ottima fonte (e l’ottima
fonte è il nostro egregio collaboratore Paolo Calvino,
che conosce, mezza Germania, lo Harnack... compreso)
che questi non fu, non è e non teme di essere perseguitato in nessun modo da gli Ortodossi e che anzi
è lui Stesso < membro del Consiglio supremo... ». Se
inai, dunque, lo Harnack sarebbe un autopersecutore...
-Genere un po’ nuovo di inquisizione !...
Sentiremo che cosà avrà da rispondere il Mino(3chi
a questa informazione attinta direttamente presso lo
' Harnack medesimo.
Corrispondenza ticinese
Lugano, 22 novembre 1910.
Un Canard réelame grandioso ha fatto testé il giro
■della stampa locale ed universale : Trovavasi sotto
finto nome in uno dei primari alberghi di Lugano
la famiglia americana Elkins padre madre figliola e
figlio, giunti i tre primi in ferrovia, quest’ultimo in
Automobile e qui facevan delle escursioni a destra ed
a sinistra, addirittura entusiasmati dalle bellezze del
lago, dei monti, del clima, che, vedi combinazione !
proprio in quei giorni di neve, pioggia, vento, bufera, era addirittura siberiano. Miss Elkins da coraggiosa alpinista fece a piedi l’ascensione del monte Salvatore in compagnia del fratello. La straordinaria
bellezza della Miss era anche descritta nei più minuti
particolari poi la visita del Duca degli Abruzzi in automobile preceduta dall’arrivo di un gigantesco mazzo
di orchidee, proprio mentre a Moncalieri celebravansi
le nozze Napoleone-Clementina, poi la visita del vescovo alla fidanzata per concretare le formalità dell’abiura poi la visita della fidanzata, accompagnata
dalla madre, al vescovo, poi le ultime condizioni poste dal padre Elkins al Re per accondiscendere al matrimonio: alla figlia il titolo di duchessa, a lui quello
di conte col supremo ordine cavalleresco,'poi la doto
alla figliuola : 25 milioncini, poi la partenza per Menaggio... in questa stagione ! 1 poi la notizia, qual fulmine a ciol sereno, che... la famiglia Elkins non s’è
mossa dall’ America, dove il padre giace ammalato.
Bravi giornalisti! è proprio dignitoso questo modo
di fare!
Scena esilarante nel Parlamento ticinese:
In una discussione piuttosto vivace Emilio Bossi:
(Milesbo): « ...anche Gesù Cristo ha detto.. » Interruzione da tutti i banchi : < Ma se Gesù non è esistito »...
Ilarità inestinguibile.
Paolo Calvino.
PflSSIOHISTl ED EVaHBELlCÌ fl BÌOSD
Per parecchie settimane questa graziosa e pittoresca
cittadina ha ospitato, con molta... pazienza da parte
di alcuni e con molto amore da parte di altri, quattro ben pasciuti passionisti, i qnali non hanno avuto
il piacere di dimagrirsi neppure sotto i violenti colpi
di fune che da aè stessi si somministravano, sull’improvvisato palcoscenico, in presenza di un popolo fanatico e superstizioso, che ha scambiato per stringente
dialettica, come dice un giornale, della regione, una
prosa povera, anemica e claudicante da ogni lato, infarcita di vecchie storie da medioevo, e d’insulti al
popolo stesso, e d'imprecazioni contro gli... eretici
scomunicati, e d’invocazioni a Dio, perchè avesse sfogato tutta l’ira sua aggiungendo al colera la peste,
al purgatorio... l’inferno. Non son mancate le relative processioni clamorose, i tentativi di dimostrazioni anti-evangeliche, al grido di viva la croce, viva
Cr.Ì8io\ come se gli evangelici non predicassero unicamente Cristo Oesù, morto in croce per la redenzione della umanità e risuscitato per la giustificazione dei suoi credenti.
E questi signori passionisti son partiti soddisfatto
della loro opera, come se avessero debellata quésta
giovane c|iiesa evangelica, la quale invece, da questa
lotta', è uscita trionfante e fortificata.
Gli studenti e molti ben pensanti, avendo avuto occasione di udire le prediche e di assistere alleTÉMtralità dei suddetti passionisti, hanno potuto maggiormente apprezzare la pura predicazione deirEvÈiìTgelo, come vien fatto in questa chiesa Valdese dall’evangelista avvocato Pasquale Lo Re, il quale, aiutato
da pochi ma tenaci coadiutori, ha stabilito fra noi
una vera palestra di nobili ideali, un piccolo centro
d’intellettualità, ove alla conferenza religiosa si aggiunge la nota patriottica, letteraria, filosofica, morale, igienica ; quest’ultima nota spesso ripetuta, nel
inodo più popolare e più utile, specialmente in occasione della epidemia colerica.
Portavoce del novello entusiasmo giovanile per là
religione evangelica è Stato pei parecchie settimane,
il giovane studente Cosimo Turi, il quale in due conferenze (« Il bilancio di una missione », alludendo alla
campagna...dei passionisti, e < l’Evangelo fonte di vita»,
in risposta ad un prete, che lo aveva qualificato per
brutto ceffo corruttore dei suoi giovani compagni
mediante il protestantesimo) ha solennemente ed efficacemente, con sorprendente sincerità, convinzione
ed arte, spiegato al popolo le principali dottrine degli evangelici, dando anche un efficace cenno storico
dei Valdesi ed affermando sempre più la necessità di
ispirarci all’esempio di Cristo. A questo bravo giovane, che molto lascia sperare, vadano i nostri sinceri rallegramenti ed auguri.
Uno studente.
6li mitnrì... della [rocB Bassa!
La generosa terra di Puglia si è ancora una volta
arrossata del sangue delle vittime della ignoranza.
Ieri a Bisceglie cadeva un povero contadino, dopo un
feroce assalto ai militi della Croce Rossa, che erano
intenti a disinfettare quella cattedrale, non bastando
le ieratiche preci, ma urgendo l'uso di formalina e di
sublimato per purificare specialmente la pila dell’acqua santa, in cui si bagnano le dita affusolate
della linda donzella insieme con le — ahimè — impeciate dita del calzolaio, le infette dita del macellaio,
dello spazzino, infondendovi e moltiplicandovi i microbi delle più pericolose malattie.
Oggi ad Ostuni, bella cittadina del Leccese, in cui
il fanatismo e l’ignoranza spingono il popolo, e nuovo
sangue si versa, contro gli stessi militi della Croce
Rossa, accusati di avvelenamento in danno dei colerosi e delle loro famiglie ; e si assalgono e si distruggono ospedali e lazzaretti, e si liberano gli ammalati
trasportandoli alle proprie case in sulle spalle, come
per liberarli dalle fauci di ferocissime bestie;e i medici sono rincorsi, assediati, minacciati di morte come
i nemici del genere umano, e non come gli eroi della
scienza e del sacrifizio 1
E cosi ancora una volta il popolo Pugliese, che pur
si genuflette innanzi alla croce del prete, non ha compreso, anzi ha odiata la sublime istituzione della
Croce Rossa.
Malvagità ? No, il nostro popolo è generoso, piuttosto ; superstizione, ignoranza ; la prima imputabile
al clero, la seconda imputabile alla così detta nobiltà
ed alla borghesia. — Che cosa hanno fatto essi per
migliorare il popolo?
Il clero crede di fare tutto il suo dovere celebrando
la messa,acni i contadini assistono come tanti alocchi ; ed i secondi credono di aver salvato l’umanità,
distribuendo qualche moggio di fave, neppur cottoie,
0 qualche bone per la cucina economica ; gli uni q
gli altri pronti a dire, al minimo eccesso popolare, che
il popolo è barbaro, è senza cuore, è meno della bestia.
Nell’epidemia colerica, e chi scrive ne sa qualcosa,
1 preti hanno gettato maggiormente il popolo nel fatalismo mussulmano più orrendo, continuando in processioni, in assembramenti e consigliando di strascinar la lingua per terra anziché di osservare un po’
di pulizia, e sostituendo novene e giaculatorie al posto
del latte di calce e di altri bactericidi.
Spiritoso, ma pratico, fu quel prete armeno, il quale,
come leggesi in Minerva, sapendo che le acque del
paese erano infette dal bacillo virgola, e prevedendo
che nessuno avrebbe eseguite le prescrizioni igieniche
dei medici, raccomandò a tutti, sotto pena della dannazione eterna, (ìi far bollire tutte le acque prima di
berle, perchè esso contenevano... tanti diavoletti. E
cosi il popolo fu salvo.
Ma il nostro prete tutt’al più vi consiglia un voto
a S. Rocco o ai SS. Medici Cosmo e Damiano, ed il
popolo, che è terribilmente logico, ritiene grave offesa, alla potenza dei suoi protettori, il lazzaretto, la
formalina I Ed i militi generosi della Croce Rossa, a
molti secoli di distanza dalla peste di Milano descritta dal Manzoni, sono ancora scambiati per...untori.
L’Evangelo di Cristo e la scienza ! ecco le due fiac
cole che fu^era^qq le tenebre di una notte, che così
orrendàm^ilte ^aà 'anCbìÀ sulla igicivantì ItaHa e specialmente nelle bianche città dell’ardente Puglia.
Érol.
Intòlleraiii^ settarie
Sotto questo titolo L’Amico di Trapani pubblica il
seguente cenno di cronaca, dal quale apparisce quanto
bisogno abbia il nostro popolo di incivilirsi e di sottrarsi a certe pessime influenze.
■In questi giqrni la cittadinanza ha dovuto deplorare uq,fattaccio indecoroso ed indegno della consueta civiltà del nostro paese.
Mercoledì sera mentre il sig. Pietro Zuliani, pastore
di questa Chiesa Evangelica, predicava dal pulpito
al pubblico dei suoi fedeli, un gruppo di giovinastri,
sedicenti anàrchici, irrompeva nella chiesa ed uno di
essi'scagliavi una sèdia àll'indirizzo del conferenzière
producendogli una ferita alla testa, che, dal sanitario
di guardia al nostro Ospedale, fu dichiarata guaribile
in otto giorni.
( Il fatte) appare tanto più riprovevole e selvaggio
quand(f si pensa che l’egregio sig. Zuliani è un uomo
avanti negli anni ed adempie ai doveri del suo ministero e non si occupa dì altro.
Pare che in (ituesti ùltimi tempi la sua chiesa fosse
abbastanza frequentata da numeroso pubblico e c’ è
qualcuno òhe ritienè òhe tale indegno attentato alla
libertà dei editi sia stato suggerito dà chi ha interesse in contrario a quelli di detta chiesa.
Noi deploriamo vivamente il fatto avvenuto e deploriamo altresì che nessun agente di P. S. sia stato
proùt,q ad accorrere in difesa del Zuliani, per quanto
la chiesa evangelica si trovi posta nel Corso V. E. ed
il pastore in precedenza avesse reso noti alle autorità
gli insulti a cui era stato fatto segno.
A proposito de[Colpgto^
Non possiamo ancora dare il nostro giudizio sopra
il recentissimo romanzo di Antonio Fogizzaro: ma
speriamo di esserne in grado quanto prima. Intanto,
a dimostrare come egli ben conosca l’animo del buon
popolo cattolico italiano, che all’alba di questo nostro illuminato ventesimo secolo sente ancora pungente l’assillo della persecuzione religiosa e può ancora percuotere infuriato un povero vecchio, perehè
è venditore di Bibbie... protestanti (sic), e a persuadere della completa verosimiglianza del fatto gl’ingenui, che torse potrebbero tacciare l’illustre Autore
di anacronismo imperdonabile, riportiamo qui nella
sua... semplicità di forma letteraria un brano di lettera che il signor Walker, agente della Società Biblica in Italia, gentilmente c’invia con preghiera di
pubblicazione. La lettera porta la data del 5 novembre
1910 e fu scritta da Torino al signor Walker medesimo da uno dei Colportori della Società Biblica Britannica ed estera. Non si tratta dunque d’un documento medioevale, nè d’un documento scoperto nell’Ottentozia o nel Zululand.
« Le scrivo queste poche righe per dirle di un fatto
sconveniente che mi toccò questa settimana nel corso
della mia gita : mercoledì 2 corrente, dopo essere stato
molto consolato nell’opera i giorni prima, ebbi a soffrire l’aggressione di uno scellerato : a Cambiano vendetti qualche porzione in un albergo, e la proprietaria mi sprezzò, dicendo che avrei fatto meglio a
vendere delle canzoni piuttosto di vendere dei libri
protestanti! Cercai con bella maniera di persuaderla
della necessità di leggere le Sacre Scritture, ma non
potei farle capire una buona parola, perchè il prete
li aveva messi in guardia. II suo carrettiere divenne
furioso contro me e mi minacciò seriamente, ma fu
impedito da coloro che avevano comperato i libri.
Costui, pieno di vino e di rabbia, uscì fuori dietro a
me con un grosso pezzo di legno in mano, gridando
ed insultandomi con quanto di peggio poteva dirmi.
Invano cercai di calmarlo. Rosso di furore si slanciò
sopra di me e mi colpì con un tremendo pugno all’occhio sinistro, ohe mi fece stramazzare a tèrra come
morto. Appena mi ebbe colpito fuggì come il fulmine.
Dopo un po’ di tempo mi rialzai, raccolsi i libri ed
in uno stato sconcio feci ritorno all’albergo, dove mi
lavai, perchè avendomi ferito colle unghie ero sporco
di sangue. Dopo essermi riavuto un po’ dall’emozione,
sopra un foglio di carta che lasciai nell’albergo scrissi :
« Sono lieto oggi di soffrire di un pugno mortale per
amore di Gesù Cristo ohe tanto soffrì per me sulla
croce del Calvario ». Tutti, per paura di essere chiamati come testimoni, erano fuggiti, ed io partii senza
rivederli.
Quanto è vera la Parola del Signore che ci dice
ohe è per molte tribolazioni che ci conviene entrare
nel regno dei Cieli! »
jiiliil 'i Idilli. ..... I J ... L Ul ■ ,L!«at^
Smm, Bennania, Standiaavia
Luce, rivolgersi al pastore Paolo Calvino, LUGANO.
5
LA LUCE
Congratulazioni canadesi a flatban
Canadesi di Montreal hanno dato addossò a Nathan,
li sindaco di Roma, pel noto discorso; ma Canadesi
di Quebec invece gli hanno inviate le loro congratulazioni.. Il circolo « Il Progresso » gli ha scritto così :
< Signor Sindaco, La fermezza con la quale avete
assestato i vostri primi colpi al colosso dai piedi d’argilla suscita in noi le più dolci speranze per ciò che
concerne il risveglio morale degli uomini ; giacché
noi vi scorgiamo la prova chiara che la coscienza
moderna non potrà mai più venire a conciliazione
con quella grande fucina di dogmi che è il Vaticano.
Pretende il Papato d’essere un’ istituzione divina, fondata dal Cristo, e investita di infallibilità per opera
di Dio ? Quest’è il più mostruoso degli errori ; poiché
la storia universale tutta quanta proclama altamente
che nessuna potenza ha mai quanto esso recato maledizione e rovina, orrori di sangue e di onte nel
santuario più intimo del genere umano, la religione.
Aggradite, signor Sindaco, queste nostre parole di
incoraggiamento, e vogliate unirle a quelle che yi
perverranno da ogni parte ; portate il fèrro e il fuoco
su la piaga repugnante dell’errore e soprattutto non
dimenticate che dal colle del Vaticano quindici secoli d'oscurantismo ve ne supplicano. • (Da la Vie
Nouvelle).
Parole sacrosante
Sono della Granduchessa Elisabetta Feodorownà
vedova del trucidato granduca Sergio governatore
di Mosca, resasi suora e tutta data adesso al sollievo
dei miseri.
i La vita moderna si é completamente allontanata
dai dettami della religione cristiana ; al punto che la
miaggior parte dei cristiani vive in una specie di paganesimo, che è anzi peggiore della religione pagana.
Non solo le classi povere, ma anche le abbienti sono
così paganizzate ; la vita é degenerata in modo che
sorgono Ogni giorno nuovi bisogni, si manifestano
nuove malattie, si determinano nuove corruzioni morali e fisiche ».
d’amor proprio, é la forza del suo insegnamento... La
conyemone r^eligiosa, avvenuta in lui, porta i suoi
frutti : essa lia lasciato il Tolstoi tutto impensierito di
due cose : degli umili ai quali deve apparecchiar l’accesso alla verità ; del bisogno di migliorar la propria
vita facendola volgere a beneficio del genere umano.
I
(1)
Alcuni pensieri sul Tolstoi
Il Tolstoi é il primo e forse il solo scrittore interamente fedele al realismo. Ed è tale, semplicemente
perchè osserva tutto e tien conto con eguale giustizia delle realtà materiali e delle realtà spirituali, di
quel che si vede con l’occhio del corpo e di quel òke
si vede con l’occhio dello spirito. Egli sa che nell’uomo c’è un angelo e un bruto, e non ce li nasconde.
Égli sa però che l’uno non va separatamente da l’altro, e quindi mai ci mostra lo spirito senza la carne
nè la carne senza lo spirito.
Nei suoi libri, come in una società che si avvicini
per la prima volta, dapprincipio tutto sembra assai
vago; ci troviam dinanzi uomini e donne che a prima
vista non hanno nulla di particolare, e rimaniamo a
lungo nell’incertezza: li udiam parlare, li vediamo
operare, e piano piano, a gradi a gradi, la luce si
espande.
Romanzo, epopea, pagina storica, filosofia, dramma:
Guerra e pace è tutto questo insieme, ed è dell’altro
ancora : è la Russia di una data epoca, è il genere
umano di tutti i tempi.
L’eroe di Anna Karenina è il Dovere. Ho un bel cercare, ma non so scoprirne altro. Non già che il Tolstoi
si trasformi in predicatore o voglia fare un romanzo
a tesi : nulla è più remoto dal suo intento. Il suo
sguardo spazia con perfetta libertà. Qui come altrove
lo ispira la vita, e non già l'idea preconcetta, per
quanto legittima, della morale. Pone i propri personaggi nella vita... E il risultato a cui* arriva è che
tutto ciò eh'è contrario al dovere è contrario alla vita
e che tutto ciò che asseconda il dovere asseconda la
vita; onde è lecito concludere (Tolstoi però non concluda punto) che il dovere è la vita...
Distintivo doloroso della miseria e della frivolezza
del nostro tempo è il giudizio sfavorevole che si proferisce sul Tolstoi, quando non si tratti dei suoi capolavori letterari... Si diviene sempre più Inetti a cogliere la vita e a stringerla così da ottenere il suo
segreto; si diviene inetti perfino a comprendere che
un uomo possa tentare una lotta della quale non si
sente più la necessità.
Quant’a me, confesso che, se il Tolstoi mi par grande
nelle sue opere letterarie, mi pare più grande come
moralista, sia pure come moralista errato; poiché non
vi è nulla di più grande in questo mondo che la verità,
sia pur Imcompleta, la quale s’incarni in una vita, e
nulla di più grande d’una condotta la quale si conformi a principi di sacrifizio, di abnegazione, di umiltà.
Il Tolstoi differisce totalmétite dai riformatori sociali d’Ocoidente... Il primo colpevole è lui...In questo
giudizio, in questa franchezza, in questa umiltà, scevra
H) Da uno scritto del Frommel: anno 1893.
Facciam nostre le papale del Fogazzapo
Il Fogazzaro ha detto di Leone Tolstoi : « Vero e
Bene furono uno per lui : non tutto, certo, che a lui
pare Bene e Vero pare Bene e Vero a me, a infiniti
altri che sentono la passione del Bene e del Vero.
Ma questo non diminuisce la sua gloria per noi
stessi che dissentiamo, per quei di noi in Particolare,
che abbiamo, come egli ebbe, le nostre radici morali in Cristo e nell’Evangelo. Sì, molti di noi dissentiamo ed assai gravemente; mi vergognerei per
parte mia, di insistere in questo momento nel niio
dissenso dal particolare cristianesimo di quest’uomo,
che anche come semplice cristiano mi sopravvanza
tanto per la pratica generosa della sua fede morale,
per essersi dato, come si diede, ai miseri, agli umili,
agli afflitti ; per aver serbato cuore di povero nella
ricchezza, per aver abborrito lo spirito del mondo.
Sentendomi tanto poco nel suo cospetto, e come
cristiano e come scrittore, io mi glorio della sua
gloria, particolarmente di quella che tutti, per scettici, per atei, per derisori di. ogni grandezza che
siano, fa reverenti davanti al suo Genio ».
'"""ToLSToTElLÌrqi^
Leoqe Tolstoi — come ognun sa — era sotto scomunica.
Il Metropolita gli telegrafò il 18 corrente per invitarlo a riconciliarsi con là Chiesa (ortodossa).
Corse, il 19, la curiosa e, certo, infondata voce che
il Governo — per tema di disordini d’intorno alla
salma del grande filosofo cristiano, qualora fosse morto
in guerra con la Chiesa — l’avesse prosciolto da la
scomunica!!...
Tolstoi, sino alla fine, nobile e altero, mantenne intatto il suo carattere; splendido esempio alla gente
invertebrata. Belle e degne di profonda meditazione
queste sue parole: « Voi mi parlate dell’unione con
la Chiesa ; non credo di ingannarmi, dicendo che non
mi sono mai staccato da essa; ma non sono stato unito all’una o all’altra delle chiese che disuniscono :
sono stato con quella che unisce sempre tutti gli uogiini che cercano sinceramente Dio... »
Accanto a queste parole del grande romanziere russo
fan magra figura quelle insulse del romanziere francese Paolo Bourget. Sentite :
« Egli ha creduto di trovare la parola di vita nel Vangelo, ma non ha fatto attenzione alle condizioni in
cui si è elaborato questo libro. Cristo non ha datò il
Vangelo al mondo, ma gli ha data la Chiesa. Tolstoi
ha preteso di tradurre il santo libro al di fuori di
ogni chiesa, alla luce della coscienza individuale, e
che cosa vi ha trovato? Una dottrina che è la negazione di ogni società, di ogni tradizione, di ogni speranza e ogni più spaventevole insegnamento di anarchia. Per aver voluto cercare la fede ove non è, ove
non può essere, Tolstoi incontra precipitosamente (?!) il
male che vuole fuggire : quell’egoismo sensuale e mondano ieri, oggi mistico e deliberatamente selvaggio.
Ma è sempre egoismo e la prova è nella inquietudine
in cui si sono svolte in questi ultimi giorni tante
buone volontà, e così poca fede, così poca di quella
luce serena di cui s’irradiano all’avvicinarsi della
morte le anime che si sentono in comunione colla
eterna verità. In questa fuga fuori dalla casa familiare alla vigilia dell’agonia, quanta suprema angoscia portata sulle strade ghiacciate alla ricerca di un
supremo simbolo 1 Quale simbolo ! »
Non facciamo confutazioni di queste assurde idee.
Troverete la migliore confutazione (per ciò che concerne l’essenziale) in un articolo di questo medesimo
numero della Luce intitolato L’ideale cattolico e l'ideale nostro. Ben poco differiscono, pel concetto di I
« chiesa », il Cattolicismo romano (rappresentato in !
quest’occasione dal Bourget) e l’Ortodossia antipapale |
russa, superstiziosa e fanatica.
I giornali han pubblicato che < il Santo Sinodo ha
emanato una circolare in cui vieta al clero di celebrare messe di requiem e di assistere ai funerali di ¡
’Tolstoi •.
Fanatici!
Si dice però che qualche messa sia stata celebrata...
Inutile !
“Noli resistenza„ j
jTra i principi propugnati dal Tolstoi è anche quello ^
della * non resistenza » com’egli stesso l’ha chiamato.
I^pn riescirà discaro, speriamo, ai Lettori di sentire
ciò che di tal principio scrisse T. Flournoy, T illustre psicologo di Ginevra, nel suo • Génie religieux ».
c Gesù Cristo gitta tra le moltitudini i suoi splendidi ammaestramenti dettati da generosità e ispiratori di generosità: * Date, prestate con larghezza e
senza rimpianti; concedete di più di quel che si vi
chieda ; se alcuno desidera il vostro mantello, dategli
anche la tunica, e se vuole che l’accompagnate per un
miglio, percorretene due con lui ; non vi lasciate rinserrar il cuore da le cure volgari concernenti il vestire e il mangiare, poiché basta a ciascun giorno il
suo male, e poiché le sole cose degne veramente d’esser vissute son quelle che riguardano il regno di Dio,
la giustizia e la bontà... » Gli Scribi e i Farisei di
ogni secolo han cercato di soffocare l’entusiasmo magnifico di queste parole sotto una interpretazione ridicolmente letterale, che in pratica, ne rende impossibile l’effettuazione o le trasforma in una stolida
predicazione di spensieratezza e di fannullaggine ».
E in una nota il Flournoy soggiunge : c Naturalmente, non metto con coloro (cioè con quegli Scribi
e Farisei d’ogni secolo) non metto con coloro a fascio
il Tolstoi, il quale è una delle anime più sinceramente
generose dei nostri tempi. Ma ciò non toglie che il
suo principio della « non resistenza al malvagio »
mi apparisca come un erroré. Gesù Cristo stesso,
invece di porgere l’altra guancia al servo del sommo
sacerdote che l’aveva percosso, lo rimproverò in modo
dignitosissimo sì, ma fermissimo al tempo stesso ».
Spropositi di Leone Tolstoi ?
Un redattore del Giornale d’Italia dà come avvenuto tra Leone Tolstoi e lui questo dialogo. Parla
per il primo il Tolstoi :
— Son felice nella rinuncia degli errori del passato, dacché ho trovato il senso della vita.’
—- In che consiste?
— Nel compiére la volontà di. Dio.
— Che devo intendere per Dio?
— L’Ideale, la Coscienza, il Bene e Dio sono sinonimi.
— Quale dev’essere il nostro Ideale?
— Amarsi a vicenda ; non fare ad altri ciò che non
vorremùio fatto a noi.
— Son diciannove secoli che tal verità fu proclamata da Gesù di Nazareth, dopo Mosè.
— Ma il nioiido non l’ha ancora compresa.
— Ove cercarne la causa?
— In noi stessi : la vanità ne acceca e non ci fa evitare il male.
—• Ov’è la salvezza?
— Ih ;^oi.
— Che dobbiamo fare?
— Parificar la coscienza.
— Nessuno può purificar l’altrui coscienza. Che far
di quelli la cui coscienza della vita è incompleta?
— Agir con loro.
— Con qual mezzo ?
— Con l’Amore.
Ci si permetta un’osservazioncella o due.
L’ « Ideale » sarebbe sinonimo di Dio. D’altra parto
T « Ideale » equivarrebbe ad « amarsi a vicenda ». Dio
sarebbe dunque un « amarsi a vicenda!! »
Non sono diciannove secoli che il * Non faro » fu
proclamato, per la semplicissima ragione che « Gesù
di Nazareth » non disse mai tale sciocchezza. Gesù
Cristo disse tutto il contrario : ■ Fate ». Tra il c Nèh
fàte » e il » Fate » c’è la stessa differenza che tra un
lazzarone napolitano il quale — sdraiato al sole su
la gradinata d’una chiesa — non si scota se noh per
cacciar via le mosche, e una madre che si consumi
vegliando notte e giorno al capezzale d’un moribondo.
Stentiamo a credere che le parole attribuite al Tolstpi
sian tutte del Tolstoi. Il giornalista deve aver frainteso.
Le ultime parole di Tolstoi
Le dedichiamo a Paolo Bourget, che ha avuto l’ardire di accusar Leone Tolstoi di egoismo. Uditele e
meditatele religiosamente.
Prima delTultima crisi, il grande russo, rivolgendosi a coloro ohe lo circondavano, disse : Vi SOHO
suUa tesrra migliaia di uomini che
soffrono. Ferchè volete occuparvi
soltanto di me?
Come pajlayr^i fuffo?
Ci manca assolutamente lo spazio. Eppure ci sarebbero tante cose da narrare ai nostri Lettori. — Il malumore dei giornali liberali germanici per il discorso
rivolto ai Benedettini da T imperatore Guglielmo, che
non riesce sempre... simpatico.— La tumultuosa riunione anticlericale di Milano con relativi insulti, pugni e bastonate e con un socialista percosso per...
isbàglio. — L’approvazione del Papa al marchese Filippo Cfispolti per il costai discorso al'Congrésso‘Cattolico di Modena, approvazione inviatagli per mezzo
6
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LA LUCE
dì una lettera di proprio pugno d^l cardinale Merry
del Val. — Le voci corse circa il... licenziamento di
questo ultimo signore; che pare abbia — anche secondo i Vaticanisti — commesso un numero sufficiente di spropositi, a tutto danno della Chiesa. —La
certamente falsa notizia che il Vaticano intendesse
riconoscere il matrimonio civile contratto da sacerdoti dopo ch'essi avevano svestito l’abito talare. Bisogna essere, ingenui per sognar notizie come questa!—
Un certo tal quale raffreddamento nelle intenzioni
riformatorie del benemerito ministro spagnolo, Cana.
lejas. — Lotta anticlericale, ma non anticattoliea in
Ispagna. E sta bene !
La Baviera (secondo il Giornale d’Italia) non
avrebbe mosso nemmeno un dito a che i professori
cattolici di là fossero esonerati dal giuramento antimodernista. — Viceversa, pare che il clero comasco
non voglia risolversi a prestare tale giuramento. Oh,
bravo! — Un parroco poco gradito fu delicatamente
preso con... due dita da la popolazione e portato di peso
da Mosorrota fin dinanzi al palazzo dell’ arcivescovo
di Eeggio Calabria, come per... restituirglielo. Grazioso
modo di reazione! — Nathan parlò in Campidoglio
applauditissimo. Si applaudì calorosamente anche il
consigliere dell’ opposizione onorevole Monti Guarnieri, insolitamente liberaleggiante e inneggiante alla
patria e a Roma intangibile. — In America, e precisamente nell’Istituto Rockfeller di Nuova York, il
prof. Carrel e 11 suo assistente dottor Borrows sarebbero riesciti a far vivere e moltiplicare cellule staccate da l’organismo cui appartenevano.
Se la notizia è vera, ne risulterebbe il trionfo dell’individualismo nella natura, senza alcun danno per
la fede sociale e per la fede religiosa. Non per la fede
sociale; e infatti non è necessario di ammettere l’idea alquanto massiccia d’un organismo indissolubile, per credere con tutta l’anima alla solidarietà
del genere umano, non associazione fortuita, ma famiglia generata da Dio ; e quindi per credere alla
fratellanza, all’eguaglianza e alla necessità di risolvere il problema sociale, abolendo magari il capitalismo e inaugurando il collettivismo se paresse necessario. E nessun danno neppure alla fede religiosa,
anzi tutto il contrario. Se certe cellule del nostro
corpo possono vivere da sè fuori dell’organismo, e se
noi possiamo d’altra parte, continuare a pensare,
sentire, amare : ciò prova che noi non siamo quelle
cellule, che in noi c’è un qualche cosa di più che
non delle cellule unicamente.
Busissimo l'uso del termine di recente fabbricazione : materiato ! Consola però il vedere che qualcuno almeno sa usarlo non a sproposito. Fausto
Salvatori, per esempio, che ha scritto: . Leone Tolstoi
sorge gagliardo e duro, e par materiato nella gran
fronte e per le membra muscolose di quel marmo
onde il Buonarroti trasse il suo Mosè gigante >.
Così va bene, e che bel periodo! Materiato di marmo
cioè materiato di... materia. Ma non . materiato di..!
spirito ». come qualche volta si è scritto!
CHe COS^È LA RIFORMA?
E’ il titolo d'una conferenza tenuta testé a Ginevra
dal ben noto oratore Frank Thomas.
Egli ha diviso il suo discorso in tre punti: 1) La
Riforma è al tempo stesso un metodo e una vita •
per ciò essa è un elemento essenziale di progresso. li
metodo è quello dell’esperienza, e in ciò essa ha preceduto le scienze sperimentali. La vita non rimane
mai identica a sè stessa : si evolve necessàriamente.
Da questa vita — com’è naturale — nasce non una
religione cristallizzata, ma una religione che si svolge
e progredisce neU’intelligenza e nelle applicazioni del
f&tto cristì&no. L0 nostr6 chÌGS6 spguoBo un moto
continuo. La Riforma costantemente tende a riformar
sè stessa... L’opera incominciata dai Riformatori prosegue. Essi fecero zampillare una sorgente, la quale
scorre e spande le sue acque dovunque, fecondando
senza posa nuovi paesi, e senza inaridirsi mai. 2) II
rispetto della personalità umana è uno dei distintivi
della Riforma... La verità proclamata dai Riformatori
ha avuto per risultato di rimettere l’uomo in relazione diretta con Dio senz’altro intermediario che Gesù
Cristo... Orbene, per Tessere umano, dipendenza rispetto a Dio corrisponde a indipendenza rispetto alle
circostanze e agli uomini. La personalità ripiglia tutto
il proprio valore. Diviene una forza che niente può
infrangere. Lutero a Worms è di ciò il più convincente esempio. 3) Nella Bibbia i Riformatori trovarono i principii di cui furono eroici propugnatori.
Restituirono al mondo questo libro, il cui valore inestimabile è riconosciuto da le nienti più grandi : per
esempio, V. Hugo, Taine, W. Scott, C. Secretan, Huxley,
Max Müller. Voltaire diceva: « Fra cinquant’anni
nessuno leggerà più la Bibbia ». Son passati più assai
ohe cinquant’anni e la Bibbia adesso è tradotta in tutte
le lingue degli uomini e si diffonde in ogni regione.
Al Riformatori il genere umano deve il privilegio di
poter leggere ancora la lettera del Padre alTuomo
peccatore e perduto I
9dIì Binici d’amcrica: I
loro abbonamento (un dollaro) al prof. A Clot, 86 Ro- \
me^ St. Rochester N. Y. — Preghiamo tutti quei no- i
stri fedeli Lettori e Amici di procurarci ciascuno un
nuovo abbonato per Tanno 1911.
L’ideale eattolieo e l’ideale nostpo
Frank Thomas aveva proferito il 10 corrente il suo
discorso su la Riforma. Il 13, i Ginevrini ebbero il
bene di udire un altro oratore, il Chamorel di Losanna,
trattare lo stesso argomento sotto altri aspetti.
La Chiesa Romana attribuisce alla Riforma delle
cagioni, le quali — dato che abbiano operato — 'non
poterono essere che secondarie e accessorie.
Chi opponesse il concetto di salvezza per fede dell’Evangelico al concetto di salvezza per opere del Cattolico non avrebbe detto abbastanza. La fede infatti
produce le^opere e le opere derivano da la fede. Non
dimentichiamo tuttavia che con queste parole si indicano a Roma e a Ginevra cose assai differenti. La
fede è innanzi tutto un atto di fiducia; ma innanzi
tutto importa sapere in chi o in che si abbia fiducia, o, in altri termini, quale sia l’oggetto della fede.
Pel Cattolicismo romano, l’oggetto della fede è la
Chiesa stessa. E siccome questo sistema non è ammissibile se non a patto che la Chiesa sia infallibile, si è andati fino ad affermarla tale. A dispetto
delTEvangelo, a dispetto dei grandi dottori ohe pur
conveniva ascoltare, la fede — nel Cattolicismo romano — è divenuta un’adesione della mente, senza
azione diretta sul cuore o su la coscienza ; e Tatto di
fede non è più se non un atto d’abdicazione. La
Chiesa si fa guida della vita. Le opere ch’ella prescrive sono le opere specialmente atte a estendere od
a palesare il suo potere. Gelosa della propria autorità, la Chiesa condanna ogni libera ricerca. La
scienza deve divenire sua ancella o sparire. Il dovere vien ribassato a segno, da non essere più che
un obbedire cieco a degli ordini dati da dei preti.
Così esso è sradicato e strappato dal suo proprio terreno: la coscienza morale. E, alla fine, la società
laica si vede costretta a rompere ogni relazione con
la società clericale, di cui non vuole più portare
l’intollerabile giogo. j
Per i Cristiani Evangelici, T oggetto della fede è ;
Gesù Cristo invece. Mentre la Chiesa Romana dice: I
* Fuori della Chiesa non c’è salvezza >; i Cristiani
Evangelici dicono : « Fuori di Gesù Cristo non c’è
salvezza ». Mentre la Chiesa Romana dice : « Dov’ è
la Chiesa, ivi è Gesù Cristo »; l’Evangelismo dice :
« Dove è Gesù Cristo, ivi è la Chiesa ». Gesù Cristo
trovasi nell’Antico Testamento che lo prepara ; nei
Vangeli che ce lo mostrano; nelle Epistole che dipingono gli effetti della sua vita glorificata ; nell’anima del credente il quale lo invoca. La fede in Gesù
Cristo salva, perchè mette l’uomo in contatto diretto
col Salvatore, e perchè questo contatto trasforma il
cuore e rinnova la vita. Allora le opere scaturiscono
da un’anima ripiena d’amor divino.
Questi due commétti, cattolico romano e cristiano
evangelico, sono del tutto opposti.
Il principio del libero esame, che il Cattolicismo teme tanto e ci rinfaccia, proviene da l’idea evangelica
della fede. Se oggetto della fede è Gesù Cristo, sarà
un pio dovere pel cristiano quello di studiare i documenti che ragionano di Lui, sforzandosi di comprendere la Sua persona storica, ingegnandosi cioè
con ogni mezzo di pervenire a conoscerlo quale Egli
fu e di intenderlo quale Egli è. Questo terreno è aperto a tutti quanti, e di qui è nato lo spirito scientifico dei tempi moderni.
Ma si dice : Ai cristiani evangelici manca un’autorità esteriore ! — Non si dica però che noi non abbiamo autorità di sorta. Quella di Gesù Cristo ci
basta. È superiore a tutte Taltre, e, alla luce dello spirito che dà essa ci viene, noi abbiamo un criterio per
giudicare di ogni cosa, fin dei testi biblici. L’Evangelo crea individui maggiorenni, liberi e responsabili ; noi non potremmo approvare, nè per noi nè
per gli altri, una condizione di perpetua minorenni tà...
L’avvenire dell’Evangelismo altro non è che l’avvenire del Cristianesimo liberato da forme ecclesiastiche temporanee e variabili. Si trova a servizio del
Dio signore del mondo e ordinatore della vita, che
gli ispira un ottimismo conquistatore; a servizio
del Dio santo, che gli mostrerà sempre meglio, risvegliando le coscienze, ciò che nelle cose dell’oggi
deve svanire e ciò che deve invece fiorire per sempre ;
a servizio di Dio Padre, che gli affida l’opera di
raccogliere la grande famiglia umana in una volontaria fraternità e in una libertà feconda nell’esecuzione di tutta l’opera sociale. L’Evangelismo restituirà al genere umano, che dispera, una speranza
senza la quale il genere umano non può vivere a
lungo ; speranza, che eccita all’entusiasmo e che fa
brillare innanzi a tutti un ideale atto a commuovere
ogni cuore; speranza possibile a effettuarsi, poiché
Gesù Cristo, che l’ha effettuata pel primo, ci invita
a seguirlo; speranza da gli orizzonti sconfinati, poiché annunzia, con Colui che ha vinto il mondo, la
vittoria su Terrore, sul peccato, su la sofferenza, su
la morte, e poiché si alza a volo, come Colui che ha
trionfato del sepolcro, verso le sponde eterne, e promette — mediante Colui che è co’ suoi sino alla fine
del mondo — l’avvento del Regno di Dio su la terra
e in cielo.
Teologia^entecostale
Quando certi moderni teologi sostengono che la
teologia, per essere scientifica, deve liberarsi da ogni
preoccupazione redentrice, è come se sostenessero che
la medicina e la chirurgia, per essere scientifiche,
dovessero tenere in nessun conto il problema del dolore e della morte. Perchè è nata la terapeutica, se
non perchè l'uomo vuol vivere e vincere la sofferenza? Ora i profeti han parlato del futuro Messia,
Gesù di Nazareth ha affrontata la croce, S. Paolo il
principe dei teologi ha scritto l’epistola ai Romani,
solo perchè avevano un messaggio di salvezza da recare al mondo. E si crede d’esaminare con maggior
rigore scientifico il Cristianesimo, di meglio comprenderlo, di collocarlo proprio nella sua vera luce, quando
si prescinde dai moventi che Thanno ispirato, da lo
scopo a cui miravano i suoi fondatori, da l’opera per
cui si sacrificarono : insomma da tutte quelle cose
senza delle quali il Cristianesimo non sarebbe neppur nato ?
So benissimo che adesso gli astronomi, per via dei
loro perfezionati istrumenti, sono in grado di osservare gli astri voltando loro le spalle ; ma temo assai
che si possa scoprire uno specchio il quale permetta
agli storici una consimile attitudine.
La fede ingenua e semplice può tradursi in cattiva teologia ; ma la capanna di stoppia, ch’ella costruisce, sorge sul vero fondamento. Altri sarà dottissimo, sincerissimo nel negare come fa la redenzione
soprannaturale ; ma egli fabbrica il suo panteon non
sul fondamento, ma accanto al fondamento. Ecco la
gran differenza.
Il dominio proprio della teologia cristiana dev’essere il dominio dell’opera salvatrice. Si entra nella
scienza per la via dell’esperienza. Respingere l’esperienza significa falsificare la scienza. Lo stesso dicasi
della teologia. L’esperienza che dà accesso alla teologia è l’esperienza redentrice cristiana.
Là nostra teologia, fondata su l’esperienza fornitaci
da la fede, non può servirsi delle premesse medesime
di quella teologia a cui manchi — per poter essere
integralmente scientifica — il riconoscimento del
fatto che trovasi a base di tutte le nostre certezze :
voglio/àlludere al libero intervento di Dio nella storia. Non è difficile sentir parole come queste : « Perchè la sua scienza sia veramente indipendente, il teologo deve anzitutto mettere la propria fede da banda ».
Metodo curiosissimo, secondo il quale, nel cercare la
verità, s’avrebbe a privarsi di primo acchito d’una
parte della verità stessa. Non imitiamo il Faraday,
il quale chiudeva T uscio del suo oratorio, quando
apriva quello del suo laboratorio. La verità è una,
e ciascuna delle particelle che noi ne possediamo ci
aiuta a scoprire le altre. Domando: sarebbe realmente
scientifico il procedere di quei credenti che applicassero nello studio dei Vangeli un metodo il quale
tenesse conto solamente dei fattori umani ? sarebbe
scientifico, sarebbe legittimo trattare un capitolo di
S. Giovanni come si tratterebbe un capitolo di Senoftìtite ? sono i Vangeli solamente storia umana, biografia del passato ? i secoli non ci hanno forse appreso che que’ testi riboccano d’una vita, che il genere umano non possedeva prima di essi, d’una vita
alla quale il genere umano attinge solamente in
grazia di essi ?
E questo fatto non rivela forse che la narrazione
evangelica di coloro a cui fu affidato l’ufficio di annunziar Gesù-al mondo è compenetrata d’uno spirito
non procedente da loro; il quale anima tutta la loro
testimonianza ed è di tal natura da rendere esitante
la mano dell’anatomico? C’è un’anima viva nei Vangeli. Non si fa l’anatomia dei vivi. Si considerano
così come sono, coi loro entusiasmi, con le loro debolezze, con i loro tratti distintivi ; e, allorché una
persona viva fa con amore una sublime narrazione,
non si cerca di coglierla in contraddizione nei particolari del racconto, ma la si ascolta, se ne raccoglie
la testimonianza, ci si compenetra della sua narrazione, ci si lascia vincere dal suo calore. Che sono
mai infatti i Vangeli? Sono l’espressione dell’amore
di quegli uomini, che furon conquisi da la personalità'di Gesù e che vogliono, narrando, partecipare
altrui il fremito di tale amore. Non domandate a
loro nulla di più ; domandate piuttosto a voi stessi
se anche voi siete stati conquisi. Se il tempo che trascorriamo nel cercar il pel nell’uovo, facendo la
critica dei loro scritti, lo dedicassimo invece a trasportarci in disposizioni d’animo simili alle loro, se
lo dédicassimo a ricercare e ad appropriai’oi il loro
candore, la loro adorazione, il loro ferver di preghiera, il loro battesimo di Spirito, la nostra teologìa riesoirebbe meno complicata e sarebbe più ascoi-
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tata, più spiccia e più forte; sarebbe come fu quella
di loro: un’azione; e metterebbe in rilievo ciò che
veramente importa. Quante specie di teologie ci son
passate cinematograficamente dinanzi da un secolo
in qua ! teologia razionalistica, teologia dell’ispirazione letterale, teologia della coscienza morale, teologia cristocentrica... Io penso alla Pentecoste, l’ispiratrice dei primieri teologi ; e penso ch’essi fondarono per tal modo la certezza cristiana sur una base
imperitura. Torniamo alla teologia pentecostale. Questa è veramente scientifica, perch’ ella è * nel soggetto ., perchè emana da la scuola dello Spirito, al
quale spetta di « guidarci verso tutta la verità ¡>
(Vangelo di Giovanni XVI, 13).
Marta, Marta, tu t’inquieti e ti turbi intorno a
molte cose, ma d’una sola cosa fa bisogno : Maria
invero ha scelto la buona parte, che non le sarà
tolta.
(Da la splendida prefazione del prof. Westphal al
recente opuscolo di G. Warneck: . Faut-il appliquer
aux Missions la méthode des modernes historiens
des religions ? »}.
lo sono la via, dice Gesù
Ecco ciò che il Cristo dice di sè stesso. Accettiamo
umilmente nei nostri cuori questa sovranità molte
volte proclamata.
Gesù non dice : Io sono una delle vie che condùcono
alla Vita e neppure ha mai detto : Fra le numerose
vie, io sono la più sicura. Egli dice di più. Egli afferma in modo assoluto : Io sono la via, la sola via
che conduca alla vera vita. Questa affermazione del
Maestro e l’esperienza della vita, lo confermano pienamente. Seguite un’anima nelle sue inquietudini, nei
suoi dubbi, nei suoi tentennamenti... fino a tanto che
non abbia trovato il Cristo, essa passa da sistema a
sistema, o da negazione a negazione. Ma ecco, un giorno,
un giorno benedetto, essa incontra Colui Everso il
quale sospirava senza conoscerlo, lo segue passo passo,
trovando in Lui tutto ciò di cui aveva ardente bisogno : Perdono, santità, speranza. Da ora e per sempre
non le parlate più di ricerche da fare, essa ha tutto
trovato; non le parlate più di sentieri da scoprire, essa
ai sente nella via ohe conduce alla vita, alla vita dell’Alto e alla vita normale di quaggiù. Oh ! tu che cerchi ancora, non esitare, credi alla Sua Parola, credi
anche nella nostra testimonianza : Egli è la sola via.
Questa affermazione, o cristiani, ripetiamola noi pure.
LA LUCE
Soiio VinouBo!
Proprietà riservata — Kiprodazione proibita
— Riuscirò, Eminenza. Ma mia madre?...
— Non vi sono più obiezioni da quella parte. Donna
Luisa acconsente. All’opera dunque: assediate, conquistate, tornate vincitore. Quando partirete ?
— Domani, se Vostra Eminenza lo crederà opportuno.
— Domani ; sta bene ! Occorre la massima sollecitudine, affinchè, sopraggiungendo la catastrofe, noi non
«i troviamo impreparati. Vi ho già dato un’idea del
disegno che dovreste seguire... ma vi lascio libero di
modificarlo secondo le circostanze. La penetrazione
« l’astuzia non vi fanno difetto ; vi credo anzi maestro in tali arti...
Don Camillo fece un altro inchino ed abbozzò un
secondo sorriso di modesta compiacenza.
— E’ bene inteso — concluse il Cardinale — che
10 dovrò essere informato minutamente delTandaHiento delle cose. Ed ora, arrivederci e buona fortuna.
In così dire voltò le spalle al nipote e si accostò
al caminetto. Ma si rigirò con vivacità, udendo la voce
supplichevole del Marchese, ohe mormorava :
— Posso sperare, signor Cardinale, d’aver ottenuto
11 suo completo perdono ?
— Ah ! Ah ! — rise il prelato ironicamente. — Il
mio perdono... Voi scherzate... non si ottiene con tanta
facilità il mio perdono. L’avrete, Don Camillo, alla
sola condizione di una riuscita trionfale. E badate:
fino a quel momento io non muoverò un dito per
salvarvi dal disonore. La spada di Damocle resterà
intanto sospesa sul vostro capo. Vi prego ora di ritirarvi.
Pallido e tremante, non per vergogna, ma per rabbia
impotente, il bel Marchese uscì senza pronunciare
una sillaba.
Pochi minuti dopo, stendendo voluttuosamente le
gambe nel letto morbido e caldo e chiudendo le palpebre al sonno, l’Eminentissimo Cardinale esclamava :
— Ah! Finalmente posso gustare un po’di riposo!
Sono molto stanco, è vero; ma le mie fatiche frutteranno... frutteranno...
Deliziose visioni, sfolgoranti, abbaglianti, di potenza
per dissipare tutti i dubbi che potrebbero assalirci
per tentazione del maligno. E, conduciamo coloro che
amiamo, di cui l’anima ci sarà ridomandata, parenti,
figliuoli, amici, servi... conduciamo tutti in questa
via, per la loro felicità temporale e per la loro salvezza eterna.
(Vers la Paix di H. Soulié). Tito Celli
Con tutto il CUOP6 partecipiamo
anche noi alla ffrave sventura che
ha colpito l’effregia, ottima famiglia del Comm. Fiovanelli di Roma.
J)a ¡e o^jjch^province
TORINO.— Domenica scorsa è incominciata una sene di conferenze straordinarie che durerà fino a domani (venerdì). Domenica scorsa, nella cappella di S.
Donato, parlò il prof. G. Rostagno della Facoltà teologica di Firenze, sul tema:. Gioventù e ribellione >.
Lunedì, in Via Pio V, 15, lo stesso oratore, sul tema :
♦ Gioventù e purezza ». Martedì, il pastore Ernesto
Giatnpiccoli, su « Leone Tolstoi >. Ieri sera, stasera 6
domani sera, radunanze sotto la presidenza dei professori Falchi e Rostagno.
— Domenica prossima, nella cappella di S. Donato,
alle 5 pom., si terrà la prima di una serie di conferenze con proiezioni luminose.^
SANREMO. — (Remopolitanus) Sabato, 19 Novembre, la nostra sorella signorina Eugenia Visetti si univa in matrimonio col signor Alfredo Lombardo,
Ragioniere della locale Sottoprefettura. Il matrimonio
religioso venne celebrato nella nostra Chiesa. Nell’assenza del nostro Pastore, venne da Nizza, per presiedere alla cerimonia, il Cav. Paolo Longo. Agli
sposi, ora in viaggio di nozze, rinnoviamo i nostri
migliori auguri.
Gronachetta Romana
Giovedì scorso, la seconda conferenza che il signor
Ugo Janni, pastore di Sanremo e capodistretto per
r Italia Meridionale, diede su la . Valutazione della
Riforma Evangelica », non riesci meno dotta nè meno
briosa di quella precedente. Come l’altra volta, l’oratore si ebbe applausi e congratulazioni.
— Domenica sera, un assai numeroso uditorio si
radunava di nuovo nel tempio di Via Nazionale 106
per udire una bellissima conferenza del pastore locale
Sig. E. Comba sul tema annunziato : « La religione è
una e non la si può cambiare ».
— Lo stesso pastore terrà domenica ventura alle
5 e mezzo pom. un'altra pubblica conferenza, trattando
di ♦ Leone Tolstoi ».
M © © D Y
In cerca di fortuna.
Dwight Moody non avea peranco rinunziato al suo
sogno di ricchezze. _ Ma a Boston non gii sarebbe
stato possibile di migliorare la propria condizione;
d altra parte, a Boston — allora città eminentemente
conservatrice — l’orizzonte non si appresentava abbastanza vasto per un animo-ardente come era quello
del nostro giovane venditor di scarpe. Come aveva
provato un’afa spirituale a Northfield, e, lasciatala,
era venuto a Boston ; e così adesso sentiva il bisogno
di lasciar Boston, per passare in più spirabil aere.
Chicago, la « metropoli dell’Ovest », 1’ attirava singolarmente. E il Moody, nonostante il parere contrario della famiglia^ e in specie della madre, a cui
dispiaceva che il figliolo s'allontanasse maggiormente,
andò a Chicago.
Vi giunse il 13 settembre del 1856, in compagnia
di due signore ferventi cristiane, alle quali era stato
presentato, partendo, alla stazione di Boston. Le due
signore si trattennero alcuni giorni a Chicago, e poi
proseguirono il loro viaggio verso il Sud; e il Moody
SI ritrovò solo nella grande città, senza un conoscente, senz’un protettore ; ma egli poteva ormai dire
come Gesù: « Non sono solo »; e del resto non tardò
molto a procurarsi degli amici, intervenendo ad una
radunanza di preghiera, frequentando una scuola
domenicale, aggregandosi ad una delle molte chiese
zelanti della città. Trovò lavoro presso un grande
negoziante di calzature, il sig. Wiswall; del quale
ben presto acquistò tutta la stima e tutta la fiducia, guadagnandosi _ fin dal primo giorno in ragione
di centocinquanta lire la settimana : rispettabile stipendio, anche_ nell’America di que’ tempi, per un giovinetto di diciannove anni. Alla m idre scriveva: « Da
che son qui, ho percepito centocinquanta lire per settimana. Non lo dire allo zio Samuele (uno degli zii di
Boston); ma è innegabile che ho fatto bene a venir via
da Boston.iE vero però che spendo assai per vivere,
ma guadagno anche assai di più. Ti manderò la lista
dei piatti che mi passa la famiglia, presso la quale
mi son messo a dozzina, e ti avvedrai che non corro
il pericolo di restar morto di fame I »
Ma se le guadagnava coscienziosamente le sue centocinquanta lire settimanali, facendo la piazza — come
si direbbe in gergo commerciale —camminando cioè
da mane a sera per là città a caccia di clienti. Di
giorno, andava d’albergo in albergo, per procurarsi
i nomi dei forestieri, ai quali si sarebbe potuto mandar circolari e réclames ; e la sera — quando il magazzino'del suo principale e tutti gli altri magazzini
eran_ già chiusi — percorreva ancora la città, come
s’egli avesse avuto l’argento vivo addosso, e fermava
i passanti_e gl’invitava a dare il giorno appresso
una capatina nel magazzino di calzature della ditta
Wiswall 1
______Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia dell’Istituto Gould, Via Marghera 2, Rima.
e di gloria aleggiarono tutta la notte d’intorno al
morbido letto del prelato... mentre calmo e sereno,
come un bimbo innocente, egli dormiva il sonno del
giusto. t
Lontano, in un povero presbiterio di campagna, un
prete molto infelice, inginocchiato per terra, con la
faccia tra le mani, affranto' nel corpo e nell’anima,
non aveva neppure la forza di mormorare : c O Dio,
sii placato verso me peccatore ! ».
Il domani mattina, Domitilla e il Padre Francesco
da Cortona s’incontrarono in une dei tanti lunghi e
stretti corridoi di palazzo Vergati a San Luigi dei
Francesi. Il frate ritornava allora allora dal Vaticano,
dove, per ordine del Cardinale, aveva dovuto portare
un messaggio urgente alla Segreteria di Stato, e, per
tema d’essere in ritardo e di ricevere qualche osservazione da Sua Eminenza, camminava lesto lesto, tenendo la testa bassa e le mani infilate nella maniche
della tonaca. Domitilla veniva innanzi dalla parte opposta scodinzolando, leggera come una passeretta, vestita di nero, col capo coperto da un velo elegantemente appuntato sul cocuzzolo e calato per modestia
fin sopra gli occhi.
S’incontrarono così nel corridoio deserto e quasi
si urtarono.
— Oh! — fece il frate, ritraendosi, per lasciarla
passare.
— Oh ! — esclamò a sua volta Domitilla.
Si cacciò indietro con gesto vivace la veletta e figgendo in faccia al cappuccino i suoi piccoli occhi
schizzanti malizia, disse:
— E’ Lei, Padre Francesco? Giunge in tempo. Il
Cardinale la desidera. E’ di buon umore stamattina.
— Vado, vado — rispose il frate, e fece per continuare la sua strada ; ma la donna gli posò una mano
sul braccio e gli disse piano all’orecchio :
— Senta, Padre, dia retta a me ; approfitti del buon
umore di Sua Eminenza per chiedergli il mio licenziamento.
— Che sciocchezze son queste ? — disse il frate, seccato, guardandola di sbieco.
— Come, Padre V — ribattè l’altra ironicamente —
non si rammenta delle sue tremende minacce dell’altra notte, lassù a Pietraviva ? Non m'aveva detto
che m’avrebbe fatta cacciare come una ladra o press’a
poco? Perchè non ci si è ancora provato?
— Suvvia, suvvia ! — esclamò il frate, perdendo ;
la pazienza. — Lasciatemi andare per la mia strada
e voi continuate la vostra.
— Eh, quanta fretta. Padre I Eppure avrei ancora
tante cose da dirle... potrei, per esempio, pronosticarle anch’io la buona ventura... ah ! ah ! ma poiché
sembra che Lei non si degni più di parlare con me...
— Oh, insomma !... — scattò il frate. — Che significano queste chiacchiere ? Non ho tempo da perdere,
vi dico. Lasciatemi passare.
Domitilla si ritrasse, e, mentre l’altro s’allontanava
pensieroso, gli gridò dietro : — Fa bene, fa bene. Reverendissimo, a sfuggire le vipere... Ma badi che qualcuna non l’abbia già morso...
Il frate si arrestò di botto. Che voleva dire quella
pettegola? Si volse e vide sulla faccia di lei un sorriso così diabolico, che ne provò terrore. La maligna
gli fece un inchino e soggiunse : — A buon rivederla
Padre ; e, se ne avrà l’occasione, mi saluti il suo amico
Don Bernabei...
Comprese allora il disgraziato frate... comprese d’essere stato spiato quella notte... l’unica volta che in tanti
anni aveva lasciato parlare sinceramente il cuore...
comprese d’esser stato forse tradito e in quel primo
momento non pensò che a vendicarsi. Con la fronte
bagnata di sudore, con le labbra bianche di rabbia,
con le braccia tese in avanti e le dita delle mani
adunche a guisa d’artiglio fu in un lampo addosso
alla donna e parve voler attanagliare quel suo giallo
e lungo collo di serpente. Ella impallidì, ma dette
addietro in tempo, e con mossa felina riesci a evitare
il suo assalto.
— Spia! — gridò il frate furibondo.
Ella gli rispose con una risata e sparve ad una svolta
del corridoio.
'Veniva gente dall’altra parte. Padre Francesco si ricompose, si asciugò il sudore e, tranquille di nuovo,
almeno in apparenza, proseguì frettoloso il suo cammino, rispondendo distrattamente agli inchini rispettosi di coloro che incontrava. Nell’anima gli si era
scatenato un inferno.
(Continua).
(49).
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