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Anno 117 - N. 51
18 dicembre 1981 - L. 300
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
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Le prime notizie che arrivano
dalia Polonia sono allarmanti :
stato d’assedio, pieni poteri ai
militari, divieto di comunicazione con l’estero, chiusura delle
frontiere, chiusura degli aeroporti, arresti dei leaders di Solidarnosc, devastazioni da parte
della milizia delle sedi del sindacato, arresti anche dei responsahili del governo Gierek.
A rendere ancora più drammatica la situazione si aggiunge anche l’appello dell’arcivescovo
Glemp di Varsavia che supplica
i polacchi « a non versare sangue polacco », ad evitare cioè la
guerra civile. Non so certamente fare previsioni sulle possibili
evoluzioni della situazione. Il ricordo del sangue versato nella
insurrezione di Varsavia rende
difficile a molti polacchi lo stesso pensiero di una resistenza, e
su questo ricordo si innesta appunto U tentativo di mediazione
che certamente sarà tentato dalla chiesa cattolica.
D’altra parte è difficile pensare che l’esercito, che in Polonia
è composto da militari di leva,
si impegni a fondo in un’opera di
repressione di una eventuale resistenza: i giovani militari di leva difficilmente sono mohilitabili contro 1 loro fratelli maggiori
e contro gli stessi compagni del
sindacato.
Solidarnosc, priva dei suoi leaders più combattivi e con difficoltà di collegamento, avrà una
certa qual difficoltà ad organizzare subito una qualche risposta
generale in tutto il paese. Potranno aversi quindi episodi qua
e là di resistenza e di sciopero.
L’evoluzione della situazione è
aperta a tutte le ipotesi, anche
alle peggiori.
La società polacca aveva conquistato in questo anno e mezzo
un liveilo considerevole di libertà civiche che aveva messo in
crisi fi vecchio modello di gestione del potere che era diventato
sempre più incapace a svolgere
le sue funzioni, comprese quelle
essenziali della gestione dei servizi e della distribuzione dei generi alimentari. Il paese si trova
così in una situazione di « carestia ».
La proposta di Solidarnosc
sull’« autogestione » era un tentativo politico per dare una soluzione al problema sociale in
Polonia e rappresentava un’interessante proposta per una riforma politica dello stato socialista.
Gli avvenimenti odierni^ ci dicono che questa proposta è stata
sconfìtta ed è prevalsa una visione burocratica, autoritaria e
liberticida.
Qualunque sia la spiegazione
che si dia al colpo militare del
gen. Jaruzelski (anche quella di
essere « preventivo di una invasione sovietica ») non possiamo
che esprimere la nostra solidarietà con Solidarnosc e il popolo
polacco colpito da queste misure.
Solidarietà che è anche preoccupazione che il movimento^ per la
pace in Europa si arresti e che
riprenda nuovo vigore una politica dei blocchi, e che tutti noi
siamo riportati in trincea da una
parte o dall’altra.
La vicenda polacca diventa
quindi molto importante per noi
occidentali che lottiamo per costruire una pace duratura che rispetti l’autonomia e le libertà dei
popoli. Dipenderà quindi anche
dal nostro impegno su questo tema l’esito positivo della lotta per
la pace, per una società più .giusta e partecipata.
Giorgio Gardiol
__________________A DUE ANNI DALL’INVASIONE SOVIETICA DELL’AFGHANISTAN
Il gioco pesante deH'U.R.S.S.
Il « Vietnam deN’Unione Sovietica » appare meno clamoroso di quello americano, anche per le
responsabilità della sinistra europea; ma non è meno disastroso per l’equilibrio mondiale
Pochi ne parlano, raramente
fa notizia sulle prime pagine dei
giornali, eppure sono due anni
ormai che l’URSS occupa militarmente l’Afghanistan, con un
corpo di ben 85.000 soldati. Quello che, secondo l’intenzione dei
generali del Cremlino, doveva essere un intervento-lampo si è trasformato in una vera e propria
guerra che presenta molte analogie con l’occupazione americana
in Vietnam, cop la differenza che
l’Afghanistan condivide molte
centinaia di chilometri di frontiera con rURSS.
Tutti i tentativi compiuti dall’Occidente per costringere l’Unione Sovietica a ritirare le sue
truppe sono falliti: dal boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca
alla sospensione delle forniture
di grano USA, alle denunce e appelli dei paesi europei. Anche
l’ultimo tentativo, quello dei dieci paesi della CEE, è stato respinto da Mosca. I Dieci avevano
proposto di tenere una conferenza internazionale in due tappe:
una prima che avrebbe riunito i
cinque membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza delTONU
insieme a India, Pakistan e Iran,
per esaminare gli aspetti internazionali della questione afghana; una seconda, alla quale avrebbero preso parte rappresentanti
del governo di Kabul e dei movimenti di resistenza, si sarebbe
occupata della situazione interna. A Lord Carrington, segretario britannico del Foreign Office,
incaricato di trasmettere la proposta europea a Mosca, nel luglio scorso, i Sovietici hanno ri
sposto che Babrak Karmal avrebbe dovuto partecipare alla
prima fase, condizione, questa,
inaccettabile ai Dieci in quanto,
secondo le parole di Lord Carrington, « è chiaro che il governo attuale non è rappresentativo ».
Questo giudizio esprime certamente l’origine della questione
afghana, anche per gli stessi Sovietici. E’ daH’aprile 1978 infatti
che vige un’instabilità politica
che rURSS ha cercato di controllare a distanza, appoggiando
prima il colpo di stato di Mohammed Taraki (aprile ’78) quindi quello di Haz Amin (settembre ’79) prima di imporre, il 27
dicembre 1979, insieme a Babrak
Karmal, i suoi carri armati.
Ma cosa può aver spinto Mosca ad invischiarsi nelTavventura afghana? Parecchie, a tutt'oggi, rimangono le ipotesi: c’è chi
ha parlato dello « sbocco sui mari caldi » per controllare più direttamente l’area petrolifera medio-orientale, chi invece vi ha visto una mossa politica in risposta alla de-americanizzazione dell’Iran e alla possibile reazione
militare degli USA per liberare
gli ostaggi. Ma, pur non sottovalutando l’indubbio imperialismo
sovietico, non sembrano essere
queste le vere ragioni.
Il pericolo
islamico
E’ più probabile invece che
TURSS abbia avvertito due peri
coli così gravi ai suoi occhi da
giustificare l’invasione dell’Afghanistan. Il primo è il pericolo
islamico: il fatto che il movimento islamico, profondamente
anti-occidentale, sia riuscito in
Iran a spazzare via un regime di
ferro imbottito di dollari e di super-armamenti americani, ha dimostrato la forza dirompente dell’Islam. Ora, l’Afghanistan è quasi interamente musulmano e i
mudjahidin afghani non sembrano meno decisi degli sciiti a combattere il « modernismo » occidentale e per loro la Russia comunista è del tutto occidentale.
Mosca sperava di stroncare la
guerriglia islamica in un inverno. Non sono bastati due anni.
Il secondo pericolo è rappresentato da quella « psicosi dell’accerchiamento » che sembra
dettare molte delle mosse del
Cremlino. Con la Cina a Sud, il
Giappone ad Est, la Nato ad
Ovest, rURSS sembra soprattutto preoccupata di « finlandizzare » i suoi immediati vicini, specie quando Cina da un lato e
USA dall’altro appoggiano apertamente il nuovo Iran della regione, il Pakistan, un paese che
conta 75 milioni di musulmani
e dove l’Islam è religione di stato; un paese inoltre che confina
sia con l’Iran che con l’Afghanistan e con l’India e che, pertanto, ha un ruolo strategico determinante nella regione.
La vicenda afghana costituisce
un’ulteriore conferma che T’epicentro delle tensioni mondiali e
in particolare della sfida tra le
due superpotenze è più che mai
TEMPO DI AVVENTO - 4
Vie nascoste della potenza di Dio
Luca 1: 46-56
« Un amore bruciante e una
gioia immensa» (secondo Lutero) esprime Maria nel lodare
con tutto il suo essere Dio. La
Traduzione Riveduta « l’anima
mia magnifica » (vs. 46) esprime
con maggior vigore, ma con rischi di incomprensibilità ciò che
la traduzione interconfessionale
dice con linguaggio forse troppo
banale: la profonda carica di
gioia che pervade Maria.
Maria, nel confessare la sua fede e nel cantare le lodi di Dio si
lascia trasportare dallo Spirito
ed esprime con lucida coscienza
il rapporto esistente fra Dio e le
persone umane. Noi possiarrio lodare il Signore solo perché egli
ci ha « guardato » (vs. 48, Tile).
Maria, meglio dei suoi epigoni,
esprime il corretto rapporto fra
il Dio creatore e la creatura:
« Dio ha fatto in me cose grandi » (vs. 49). Maria nel lodare Iddio parte da se stessa, dalla sua
personale esperienza di fede, co.sì come ognuno di noi non può
che partire da sé, da quello che
Dio ha fatto per ognuno di noi.
Ma ella non si ferma qui, non
prende la propria fede come centro di tutto, ma sa passare dalla
propria storia di fede, l intervento di Dio nella sua vita, alla storia di fede del popolo di Dio:
« egli sarà misericordioso per
sempre con tutti quelli che lo servono » (vs. 50).
Maria coglie questo aspetto
dell’opera di Dio: la sua grazia,
la sua misericordia; essa esprime
in termini tipici dell’Antico Testamento quello che Paolo svilupperà e la Riforma riscoprirà,
il rapporto di grazia che Dio stabilisce fra sé ed il suo popolo.
Ogni discorso su Dio non può
che partire da qui, solo nella grazia che ci viene fatta possiamo
scoprire Dio. Lasciamo ai filosofi accurate e complete analisi di
quello che Dio dovrebbe essere
per rientrare negli schemi logici
(onnipotente, onnisciente, onnitutto), per accontentarci di un
.semplice fatto: noi come Maria
lodiamo Dio perché egli ci ha
fatto grazia, perché egli ha guardato a noi.
Maria non si accontenta però
di parlare del primo aspetto di
Dio: la misericordia. Nei versetti successivi (vs. 51-53) ella parla
di un Dio creatore, di un Dio che
non può permettere che la sua
creazione sia sovvertita e rovinata dal peccato dell'uomo.
Mi sembra .si possa dire qui —
con una ipotesi del tutto personale e discutibile, da ciabattino
della teologia — che nel «rovesciare i potenti » e nell’« innalzare gli umili » (vs. 52), noi cogliamo il Dio che ha creato un mondo giusto, onesto, pulito, ove non
domina l’oppressione, la violenza, l'odio. E forse su questo punto i Cristiani negli ultimi secoli
sono stati timidi. Di fronte alle
scoperte scientifiche, di fronte al
razionalismo, alla spiegazione
scientifica anche degli aspetti sociali e psicologici del comportamento umano, si ha l'impressione che i Cristiani si siano chiusi
in un ghetto difensivo, parlando
più di un loro rapporto personale con Dio che non del Dio
creatore.
Dobbiamo invece riscoprire
Dio — il Dio misericordioso dei
primi versetti di questo cantico
— come creatore di un mondo di
pace e di giustizia, senza lasciarsi impressionare dal fatto che
questo comporti un impegno in
cose “sporche”, comporti un rischio, come ricordava Paolo Ricca in una recente trasmissione
televisiva di “Protestantesimo”.
Se Dio rovescia i potenti e colma di beni gli affamati, lo fa perché egli ha creato per amore,
con amore e non perché un destino muto sceglie alcuni e scarta altri.
Su questo rovesciamento dei
rapporti sociali in questo mondo
è estremamente interessante leggere due interpretazioni di teologi altrettanto impegnati e della
stessa corrente teologica, Barth
e Gollwitzer. Uno scriveva prima
della 2“ guerra mondiale e l’altro
dopo.
Barth, nel ’34, prima di lasciare la cattedra all’università di
Bonn, cacciato dai nazisti, scrive
Mario F. Beriitti
(continua a pag. 10)
il Medio-Oriente c l’Asia meridionale, non solo per motivi politici
(problema arabo-israeliano) o
economici (petrolio, commercio
delle armi) ma per via di questo
risveglio islamico di fronte al
quale sia gli USA che TURSS si
trovano sprovveduti in quanto è
un fenomeno che sfugge del tutto ai loro schemi ideologici e politici.
Un paese ancorato
al passato
L’Afghanistan è un paese impei'vio, in massima parte montagnoso e semidesertico, un paese grande più di due volte l’Italia dove vive una popolazione di
poco più di 15 milioni di abitanti (di questi, oltre due milioni
sono profughi in Pakistan dall’inizio della guerra). Il 79% della popolazione attiva è dedita all’agricoltura la quale costituisce,
insieme alTallevamento, Tunica
risorsa del paese, anche se solo
il 13% del territorio è coltivabile.
Si tratta di una popolazione divisa in numerosi gruppi etnici,
con forti caratteristiche tribali.
Il denominatore comune è rappresentato dalla religione islamica. Il sistema socio-economico è
tuttora di tipo feudale e tolta
Kabul che gode di un certo sviluppo, il resto del paese rimane
arcaico, fieramente ancorato al
passato. I guerriglieri islamici,
i cosiddetti « ribelli », sono ferocemente ostili ad ogni modernizzazione, così come lo sono i loro
fratelli iraniani che non hanno
mai accettato il « progresso » imposto loro con la forza dallo Scià.
In questo sta l’analogia del rapporto USA-Iran da un lato, e
URSS-Afghanistan dall’altro: che
si chiami capitalista o socialista,
viene rifiutato un modello di sviluppo estraneo alla religione e
alle tradizioni e che viene sentito come una vera e propria violenza. In queste condizioni, i carri armati sovietici non fanno che
aggiungere violenza a violenza.
Per questo l’intervento russo in
Afghanistan si trova in un vicolo
cieco e rischia di durare molto
a lungo.
L’eccellente reportage televisivo francese trasmesso anche, di
recente, dalla televisione italiana, ha fatto vedere il vero volto
di questa guerra assmda; da un
lato l’esercito russo, super-armato, asserragliato nelle città; un
esercito impaurito, demotivato,
la cui presenza ha trasformato
Kabul in una città di traffici (soldi, droga, sesso), esattamente come hanno fatto gli americani a
Saigon; dall’altro i mudjahidin,
poveri, affamati, per lo più analfabeti, ma con quella determinazione e quel coraggio che hanno
sempre contraddistinto coloro
che lottano per la causa della lihertà, anche se fra di loro non
mancano i disonesti e i corrotti
che speculano sulla guerra.
Un nuovo Vietnam?
Si è detto più volte che TAfghanislan è diventato il Vietnam
dell’Unione Sovietica. E’ vero
sotto molti aspetti, eccetto uno
che è fondamentale: malgrado
varie proteste e condanne, l’occupazione russa non ha scatenato finora quelTimponente mobilitazione mondiale che aveva co■Tean-.Tacques Peyronel
(continua a pag. 3)
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18 dicembre 1981
NELL’ANNO INTERNAZIONALE DELL’HANDICAPPATO - DAL RIO DE LA PLATA
I più infelici siano
i più privilegiati
« Per ora il Signor Presidente
della Provincia e i suoi subalterni si dedicheranno a fornire di
braccia utili la popolazione della
campagna. Per far questo ognuno
nella propria giurisdizione farà
una revisione dei terreni disponibili e dei sudditi degni di questa grazia, tenendo però conto
che i più infelici saranno i più
privilegiati. Perciò i negri liberi
e gli indios, e i bianchi poveri,
tutti potranno essere accolti per
un impegno nella campagna se
con il loro lavoro permetteranno
di migliorare il proprio stato e
quello della provincia ».
Questo è l'art. 6 del regolamento provvisorio della provincia
orientale per la promozione della
sua campagna e la sicurezza di
coloro che vi lavorano. Firmato
da José Artigas il 1° settembre
1815.
Nell' anno internazionale dell'handicappato, mentre l’istituto
E1 Sarandi' compie dieci anni di
vita attiva, vorremmo ricordare
questo regolamento del governo
di Artigas per tornare a pensare
al posto che diamo agli « handicappati », a « coloro che valgono
meno », nella nostra preoccupazione e nella nostra azione concreta. Certamente quando Artigas, ne] regolamento citato, propone che si tolga la terra a coloro che non la lavorano senza però lasciarli in miseria, e che si
dia questa terra a coloro che
hanno voglia di lavorare in favore del « bene comune », si capisce
PROTESTANTESIMO
Per un improvviso spostamento della programmazione RAI,
« Protestantesimo » non è andato
in onda lunedi 14 u.s. e sarà invece programmato per lunedì 21.
Anziché il previsto programma
andrà in onda « Il Messia di
Haendel », registrato a Firenze
con la corale evangelica internazionale.
ERRATA
Sul n. 43. nella pagina dedicata alla
Chiesa Apostolica di Firenze/Prato. al
paragrafo « La situazione sociale » al
terzo capoverso leggere capitalismo
invece di comunismo.
Sul n. 48 nella rubrica « I protestanti
e la stampa italiana »: l'intervista di
Renzo Bertalot è stata rilaseiata alla
rivista « Madre di Dio » e non « Madre ».
perché terminò la sua vita in esilio. Come avrebbe potuto non andarsene in esilio! Nessuno in
America Latina ebbe tanto coraggio, neppure lo stesso Bolivar.
Qual è il diritto degli handicappati? Semplicemente di essere trattati come « persone ». Aiutarli a mettere in gioco tutte le
proprie capacità. Riconoscerli
come fratelli, e non come « anormali » o « ritardati ». Comprendere che in mezzo alle sue mancanze, r handicappato ha una
grande capacità latente di amare
e di darsi generosamente secondo le sue possibilità.
La decisione migliore
Vi racconto quel che successe
tempo fa all’istituto E1 Sarandi.
Si aspettava la venuta di un nuovo ospite. Le sue carenze psicofisiche non erano molto grandi.
Bisognava metterlo nella casetta
numero 3, dove vivono coloro che
hanno maggiori possibilità di vivere da soli e di aiutare coloro
che sono meno dotati. La direttrice deH’istituto riunì i membri
della commissione direttiva e insieme decisero chi avrebbe dovuto lasciare la casetta numero 3
per andare in un’altra e lasciare
così il posto al nuovo ospite. La
direttrice fu incaricata di comunicare la decisione del cambiamento ai membri della casetta
numero tre. Con molto tatto li
riunì e mentre bevevano insieme
il mate comunicò loro la decisione, domandando loro come
avrebbero reagito. Colui che era
stato designato dalla direzione
per lasciare la sua residenza e
passare nell’altra casetta non dimostrò molto entusiasmo. Tanto
poco entusiasmo che gli altri
compagni se ne resero subito
conto. Un altro dei ragazzi, dicendo di parlare anche a nome di
tutti, disse alla direttrice: «Cara
direttrice, a E. non piace l’idea
di andarsene da questa casa; ti
chiederei perciò, se sei d’accordo,
di poter andare io al suo posto
nella casa numero due ». La direttrice gli rispose che ne avrebbe
parlato con gli assistenti ma che
le sembrava intanto una buona
decisione. Un altro ragazzo aggiunse: « E’ la soluzione migliore
perché, siccome G. dovrà andare
ad abitare nella stessa stanza di
H., questi lo potrà aiutare tutti i
giorni a mettersi la camicia, perché G. ha un braccio invalido e
da solo non sa vestirsi ». « Va bene, concluse la direttrice, ci pen
siamo e poi vi darò una risposta ».
Mentre la direttrice parlava
con gli assistenti a proposito di
questo cambiamento, tutti notarono un gran movimento nella
casetta n. 3. Guardarono dalla finestra e videro tutto il gruppo
che portava i vestiti e le cose di
G. verso il suo nuovo domicilio.
Avevano preso una decisione e la
ponevano in pratica immediatamente. Senza dubbio si trattava
della soluzione migliore. Questo
esprimeva un chiaro esercizio di
vita comunitaria dove i più capaci sono al servizio dei meno
dotati. Un atteggiamento che sorprende anche quando questo
comportamento si fa vedere nelle
persone che noi chiamiamo « normali ».
Non solo
una celebrazione
L’istituto E1 Sarandi’ compie
10 anni. Con una manifestazione
molto semplice ricorderà questo
anniversario. Vivremo alcuni momenti insieme con i membri di
questa comunità così speciale.
Perché in essa ognuno è, coscientemente o no, un personaggio.
Perciò, quando pensiamo al grande sforzo che ci costa mantenere
un istituto di questo tipo, quando
guardiamo con pena coloro che
vengono incontro a noi arrivando
all’istituto, camminando penosamente ma salutandoci con un
gran sorriso, comprendiamo tutto quello che essi hanno da insegnarci. Vale la pena di fare tutti
gli sforzi che possiamo perché
quando vengono in chiesa a partecipare al culto si sentano mescolati a tutti, integrati in una
comunità che ha imparato ad accettarli.
Questo è « Tanno internazionale delThandicappato ». Non sappiamo se si potrà concretizzare
qualche iniziativa efficace per
favorire gli handicappati. Dando
loro uno spazio tra di noi, apprezzando quello che essi hanno
da insegnarci, aiutandoli a sviluppare tutte le loro capacità,
forse potremo far sì che questo
anno « internazionale » non sia
solo un ulteriore momento di celebrazione.
Tra i postulati del progetto di
Artigas era chiaro il concetto che
« i più infelici saranno i più privilegiati ». Un concetto nobile.
Questo costò ad Artigas l’esilio
e la sconfitta. Noi che confessia
Roma: i giovani e la fede
Un gruppo di giovani della
chiesa valdese di Roma piazza
Cavour si è presentato domenica
29 alla comunità per la confermazione con una propria « confessione di fede », messa insieme
collettivamente, dopo molte sedute di confronto e discussione.
Dopo aver rivolto alla comunità
riunita per il culto alcune domande e osservazioni critiche
sul senso che hanno i riti della
confermazione e del battesimo e
dopo un ampio scambio di vedute con la comunità, i giovani hanno precisato le loro singole posizioni di ricerca o di fede e i
motivi per cui alcuni non intendevano confermarsi; otto di loro hanno poi letto la loro confessione di fede in cui, dopo aver
affermato di aver conosciuto in
modi diversi la predicazione delTevangelo, hanno dichiarato :
« Siamo consci delle nostre incertezze e contraddizioni e dubbiosi della vita che dobbiamo
affrontare, non abbiamo e non
consideriamo importante una fede precisa e dogmatica, ma abbiamo fiducia in un Dio che ci
guiderà giorno per giorno nella
nostra ricerca di una fede che ci
renda liberi e ci dia la forza di
affrontare le contraddizioni che
ci troviamo continuamente davanti .
Crediamo in un Dio di giustizia e di amore che, proprio per
questo, non è rimasto lontano
dagli uomini ingiusti ed egoisti,
ma è venuto tra noi nella persona di Gesù di Nazareth; ha vissuto e sofferto come uomo in
mezzo agli uomini, ha guarito
degli ammalati, ha mangiato con
gli emarginati ; è stato vittima
della nostra violenza, ma ci ha
mostrato una realtà più grande,
dove chi soffre, chi è oppresso,
viene rivalutato, dove la morte e
il dolore non hanno l’ultima parola. ’Io sono il pane che dà vita, chi si avvicina a me con fede
non avrà più fame, chi mette la
sua fiducia in me non avrà più
sete’ (Giov. 6: 35).
Questa fede non è solo un fatto personale e perciò intendiamo
viverla insieme a voi della chiesa valdese di piazza Cavour; il
nostro ingresso nella chiesa rappresenta per noi un contributo
a testimoniare Tevangelo e un
impegno affinché la vita comunitaria si avvicini sempre più alla strada che Gesù ci ha indicato. ’Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi’ (Giov. 13:
34) ». nev
mo la nostra fede in colui che
disse « Io sono tra di voi come
colui che serve » (Luca 22: 27)
sappiamo che questo gli costò la
croce. Sappiamo però anche che
il suo spirito, operando in noi,
potrà aiutarci perché siamo realmente al servizio dei nostri fra
telli, gli handicappati. Nel Sarandi attualmente c’è posto per 30
ospiti. Ma c’è una cartella dove
sono archiviate, in attesa, 140 domande per potervi entrare... Nell’anno internazionale dell’handicappato.
Carlos Delmonte
COMITATO COLLEGIO E SCUOLA LATINA
Appello alle chiese
Ai Signori Genitori degli
studenti del Collegio Valdese e della Scuola Latina,
l'esercizio finanziario che verrà chiuso il 31 dicembre 1981 presenta un grave disavanzo che deve essere coperto.
Il comitato si rivolge in primo
luogo a Loro, quali genitori degli
studenti, direttamente interessati, per dare informazioni aggiornate, con la speranza che suscitino una risposta concreta che
sia segno della volontà di far vivere il Collegio Valdese e la Scuola Latina.
Entro la fine dell’anno 1981 dovremo sostenere ancora le seguenti spese:
— debiti verso banche 24.000.000
— retribuzioni dicembre e 13“ mensilità 46.000.000
— liquidazioni a dipendenti 18.000.000
— revisione impianti
per prevenzione
antinfortunistica 8.000.000
— costituzione fondo
Quiescenza dipendenti 60.000.000
DALLE CHIESE
Visitatori locali
IVREA e AOSTA — Le due
chiese hanno studiato in una serie di riunioni il libretto del pastore T. Soggin sul ministero dei
visitatori locali e due gruppetti
si dispongono ora a iniziare questo servizio nelle rispettive chiese. Nel darne informazione, « Il
vincolo », bollettino delle due
chiese, ricordando l’importanza
di questo servizio per rinsaldare
i rapporti comunitari, auspica
che questa possibilità di una
maggiore comunione fraterna sia
ricevuta con gioia in un’accoglienza reciproca «come anche
Cristo ha accolto noi » (Romani 15: 7).
A questo numero hanno collaborato: Giovanni Conte,
Ivana Costabel, Dino Gardiol,
Paolo Ribet, Franco Davite,
Luigi Marchetti, Speranza
Tron, Roberto Vicino, Walter
Monnet, Giorgio Tourn, Mimma Quattrini, Silvana Marchetti, Gino Conte, Iolanda
Valerio de Carli, Liliana Ribet.
Totale 156.000.000
Tale disavanzo è stato prodotto dall'aumento delle retribuzioni (contingenza), degli oneri previdenziali, assicurativi, fiscali e
di amministrazione, rispetto al
quale non si è ottenuto un proporzionale aumento delle contribuzioni.
Infatti il comitato, pur avendo
ricevuto da Chiese e Comitati
esteri contributi per più di Lire
150.000.000, ha ottenuto nel 1981
da famiglie degli studenti. Chiese
ed Amici italiani sino ad oggi
circa L. 80.000.000.
Considerato che nell’anno le
spese ammontano a L. 326 milioni, il disavanzo è spiegato.
Una spesa straordinaria è quella di L. 60.000.000 per la costituzione del fondo quiescenza dipendenti che non può essere rinviata.
Per ovvi motivi la previsione di
spese ordinarie per l'anno 1982
è più elevata: l’onere per ogni
studente sarà di lire 1.270.000.
Questa lettera vuole essere un
estremo tentativo di mantenere
la Scuola Media Pareggiata di
Torre Pellice; è una pressante richiesta di sostegno per consentire alla Scuola Latina di continuare la sua attività e per rilanciare
il Ginnasio Liceo come il Sinodo ha deliberato.
Le decisioni che questo comitato dovrà assumere nei primi
giorni di gennaio saranno determinate dall'entità e dalla tempestività dei contributi che verranno dati.
Alcuni di Loro hanno già contribuito in misura cospicua apprezzando il servizio reso dal Collegio
e dalla Scuola Latina; il comitato, nel ringraziarli, invia questa
lettera a tutti affinché ciascuno
possa fare le proprie riflessioni e
valutazioni; e dare quindi le conseguenti risposte.
Attendiamo con fiducia, con i
migliori saluti.
per il Comitato il presidente
Avv. Marco Gay
Questa lettera è stata inviata
ai genitori degli studenti con il
proposito di informarli della reale situazione e con la speranza
di ottenere da loro un ormai indispensabile contributo per sanare il grave disavanzo; e soprattutto per destare un interesse che
spesso manca per i nostri istituti
di istruzione secondaria. Ne viene chiesta la pubblicazione perché il problema riguarda non
soltanto i genitori degli studenti,
ma la Chiesa tutta.
Non è sufficiente che il Sinodo
abbia affermato « l’insostituibile
funzione degli organismi culturali valdesi... per la formazione delle giovani generazioni », se tale
enunciazione di principio non viene raccolta dalla Chiesa (e cioè
in concreto dai membri di chiesa).
Se si ritiene utile che i giovani che lo possono, per ragioni
di residenza o per scelta, si formino nelle nostre scuole, o, anche se non sono i nostri figli a
frequentarle, si ritiene che queste scuole debbano vivere come
strumento di testimonianza e
centro di richiamo culturale, ci
si deve impegnare allora con contributi nella misura necessaria
(non inferiore a quella generosa
delle Chiese e degli Amici esteri)
per tenerle in vita pagando le
spese.
Occorre altresì che le nostre
Chiese concorrano a costituire
un corpo di insegnanti vocazionalmente impegnati a lavorare
in una scuola confessante ( di certo non confessionale).
Dalla risposta che verrà data a
questo appello dipenderanno le
decisioni che nei primi giorni di
gennaio questo comitato dovrà
prendere sull’avvenire degli istituti: attuare la progressiva chiusura della Scuola Media di Torre
Pellice autorizzata dal Sinodo
1981, chiusura che rischierà di
estendersi alla Scuola Latina, ovvero accogliere le istanze di coloro che vogliono che l’opera prosegua senza ridimensionamenti,
inevitabili ove tali istanze e le
risposte manchino di concretezza.
I contributi possono essere versati alle Segreterie, presso una
banca per la rimessa all’I.B.I. di
Torre Pellice (conto 56760) o alTlst. Banc. San Paolo di Pinerolo (conto 4606) ovvero per mezzo del c.c.p. 25016106.
Il Comitato del Collegio e
della Scuola Latina:
Marco Ayassot, Ermanno Armand
Ugon, Marisa Coucourde Pons, Iva
Gardiol Theiler, Marco Gay, Amalia
Geymet Panerò, Alfredo Poèt, Romano Puy, Ettore Serafino, Speranza Tron.
3
18 dicembre 1981
3
NOTIZIE DALLA COMUNITÀ’ EVANGELICA DI AZIONE APOSTOLICA
Crisi in Nuova Caledonia
Una lettera alle
chiese protestanti
La violenza si insedia in Nuova
Caledonia. Una chiesa appartenente alla CEvAA vive in quel
paese ore difficili. Essa ha bisogno della nostra intercessione
perseverante.
Ma noi, francesi di Francia siamo, volenti o nolenti, solidali
con i bianchi che laggiù hanno
creato una situazione scandalosa
con le loro azioni. E’ nostro dovere informare i membri delle
nostre chiese delle condizioni
nelle quali vivono i nostri fratelli
melanesiani. In questo modo potremo informare l’opinione pubblica ed aiutare il governo a prendere misure atte a condurre alla
riconciliazione i diversi gruppi
etnici che si scontrano in questo
Paese.
Sta iniziando l'Avvento. Possano le parole del Magnificat diventare una realtà viva per il popolo melanesiano: Egli ha operato potentemente col suo braccio,/
ha disperso quelli che erano superbi nei pensieri del cuor loro./
Ha tratto giù dal trono i potenti / ed ha innalzato gli umili; / ha
ricolmato di beni i famelici / ed
ha rimandato a vuoto i ricchi
(Le. 1; 51-53).
Nella speranza che vogliate diffondere nelle comunità delle vostre Chiese questa lettera, vi invio, cari fratelli e sorelle in Cristo, i migliori saluti
Parigi, 10 novembre 1981
René Lacoumette
Gioco
pesante
(segue da pag 1)
stretto gli USA a ritirarsi ingloriosamente dal Vietnam. Ciò non
è dovuto solo al riflusso che caratterizza il nostro tempo. Ili
questa mancata mobilitazione vi
è sicuramente una grossa responsabilità della sinistra europea
che, anche quando ha condannato l’invasione sovietica, non lo
ha fatto con la stessa determina^
zione usata nei confronti degli
USA in Vietnam. A parte chi ha
appoggiato apertamente l'intervento, come il P.C. francese, c’è
chi, nella sinistra italiana, ha
creduto opportuno di disquisire
sulla differenza tra l’irnperialismo americano e la « politica imperiale » sovietica, come se quest’ultima non producesse gli stessi risultati; morti, distruzioni di
interi villaggi, ricorso alle armi
batteriologiche. Lo stesso grandioso movimento per la pace e
il disarmo che da qualche tempo scuote l’Europa appare tutto
sommato un po’ troppo europeocentrico. D’altra parte, i negoziati russo-americani sugli euromissili sembrano aver fatto dimenticare l’Afghanistan così come fanno dimenticare l’America
Latina e il Centro-America dove
la politica reaganiana non è certo più angelica di quella brezneviana, anzi! In un momento in
cui gli Europei sono ossessionati
dalla questione degli euro-missili,
anche perché Americani e Russi
fanno a gara per convincerli del
ruolo centrale e strategico dell’Europa, sembra invece che i
veri luoghi strategici siano altrove, fuori dalla Nato e dal Patto di Varsavia, e si siano spostati in quelle zone rimaste fuori
dagli accordi di Yalta nel 1945:
Medio-Oriente appunto, ma anche Asia meridionale e Africa,
zone cioè in cui le alleanze carnbiano a seconda dell’abilità politica (e militare) delle due superpotenze (vedi ad es. Egitto e India negli ultimi vent’anni). L’Afghanistan, in questo quadro, è
solo una pedina di questo gioco.
Se fosse davvero autonoma l’Europa potrebbe rimettere in questione le regole di questo gioco.
Ma l’Europa, spaccata in due, è
succube delle due superpotenze.
Riuscirà il Movimento per la pace a far nascere un’autentica Europa dei popoli capace di superare la logica dei blocchi? Ne siamo ancora lontani.
•Tean-Jacques Peyronel
René Lacoumette, presidente
della CEvAA, ha inviato in
pari tempo una lettera al presidente della Chiesa evangelica della Nuova Caledonia e Isole
della Lealtà dicendosi umiliato
« di non aver sufficientemente
proclamato intorno a me la situazione che subisce il popolo melanesiano » e assicurando l’opera
delle chiese francesi per sensibilizzare l’opinione pubblica in
vista dell’autodeterminazione del
popolo melanesiano.
Cercare e dire
la verità dei fatti
I gravi avvenimenti delle ultime settimane attirano di nuovo
l’attenzione pubblica su questo
territorio francese nel Pacifico.
Prima di giudicare, bisogna essere informati sulla triste realtà
di questa situazione.
Su 130.000 abitanti ci sono
54.000 Melanesiani e 25.000 Vallisiani e Tahitiani. Quando i francesi si sono installati nell’Isola
nel 1852 i Melanesiani, la popolazione autoctona, erano circa
70.000. Essi sono stati lentamente cacciati dalle pianure dell’ovest dove i bianchi pascolavano
i loro greggi senza preoccuparsi
se essi distruggevano le culture
degli indigeni che hanno dovuto
rifugiarsi sulle montagne o nelle
strette pianure della costa orientale. Una generosa distribuzione
di alcool ha diffuso l’alcoolismo
e la tubercolosi fra i Melanesiani
che, aH’inizio del secolo, erano
ridotti a 15.000 quando Maurice
Leenhardt rese loro, con la salute, anche una nuova speranza.
La scoperta dei ricchi giacimenti di nichelio ha provocato una nuova ondata di bianchi ed una immigrazione di Tahitiani e Vallisiani che erano senza lavoro nelle loro isole. Con
essi è giunta la società dei consumi con le sue tentazioni. La
cultura melanesiana non dà alcuna importanza al denaro : tutto è messo in comune; i rapporti umani e la partecipazione comunitaria ai beni di produzione
sono preminenti. Ma lo sfoggio
delle ricchezze dei bianchi, lo
sviluppo della televisione e delle
macchinette mangiasoldi costituiscono una grossa tentazione
per i giovani sradicati dai loro
villaggi. La scandalosa differenza dei livelli di vita delle due popolazioni spiega il saccheggio avvenuto recentemente a danno dei
negozi di lusso a Numea. Non si
tratta di giustificare, ma di capire come nascono rivolte di questo tipo.
Tutta l’amministrazione, il
commercio e la politica sono nelle mani dei « Caldoci »: i bianchi nati in Nuova Caledonia. Per
accedere all’amministrazione sono necessari diplomi e concorsi.
Ora solo il 6% degli studenti che
conseguono ogni anno la maturità scolastica sono Melanesiani
perché è difficile per loro accedere alle scuole superiori i cui posti sono limitati. Nessun polinesiano è nella polizia o titolare di
un posto nell’amministrazione
postale; nessuno insegna nei licei. Invece il deputato al Parlamento francese è un ricchissimo
proprietario terriero e di miniere di nickel. La popolazione bianca ha reso vane le timide riforme del governo giscardiano. La
Polinesia Francese e la Nuova
Caledonia sono i due unici territori del Pacifico non ancora indipendenti.
Poiché nel sistema attuale non
è data loro alcuna possibilità di
influire sull’avvenire a loro favore si può capire come i Melanesiani hanno creato movimenti indipendentisti. L’ascesa dei socialisti al potere in Francia ha fatto
nascere immense speranze, ma i
giovani sono impazienti e vorrebbero vedere subito segni tangibili di cambiamento. L’assassinio di un bianco fllomelanesiano
da parte di un giovane « caldoco » ha dato fuoco alle polveri.
In questa situazione la chiesa
evangelica, che chiede l’indipendenza ed è solidale con il suo popolo, è cosciente che la liberazione in Gesù Cristo non è compatibile con la violenza né con la
corsa al potere, ma chiede a ciascuno di dimostrare senso di responsabilità in vista del bene
per il suo popolo e nel rispetto
e collaborazione con gli altri
gruppi etnici presenti sul suolo
caledoniano. Queste affermazio
ni sono state ripetute in diverse
occasioni e dobbiamo pregare
perché il Signore accordi ai responsabili della chiesa il necessario discernimento nel compito
diffìcile che sta loro davanti.
A noi, francesi europei (e a tutti gli altri europei) incombe il
dovere di cercare e di far conoscere la realtà dei fatti e di informare l’opinione pubblica per
favorire una soluzione soddisfacente da parte del governo francese.
I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Sindone e Fede
La pubblicazione dei risultati
di una inchiesta tecnica condotta
da una équipe nordamericaiia
(composta non solo da cattolici)
ha rilanciato la polemica sullà
natura della Sindone conservata
a Torino. Ne parlano con diverse
angolazioni Famiglia Cristiana
dell’8 novembre e Jesus dello
stesso mese. Senza voler entrare nel merito, dobbiamo dire che
ci conforta una dichiarazione del
card. Ballestrero di Torino, secondo il quale, qualunque possa
essere il risultato « scientifico »
ottenuto dai ricercatori, rimane
il fatto che la Sindone può essere più o meno autentica come
reliquia, ma non è in nessun caso assimilabile né ad un sacramento, né ad oggetto di Fede.
^ H: 4:
Sul piano europeo l’intervento
delle Chiese cristiane, e di quelle
protestanti in particolare, nella
lotta per la pace si fa sempre
più evidente ed efficace. Così la
Chiesa protestante della Sassonia (Germania Orientale) chiede
al Patto di Varsavia, di cui la
Germania Orientale è parte, la
riduzione non solo dei famosi
missili russi SS 20, ma anche
quella dei carri armati; così informa 24 Ore del 12 novembre.
Il Corriere del 18 riferisce sul
Convegno tenutosi in Danimarca,
con presenze ufficiali sia cattoliche che ortodosse e protestanti
In vista della
prossima Assemblea
a Torre Pellice
(BIP) — Si è riunito a Sommières in Francia il Gruppo di
continuazione della Conferenza
delle Chiese Protestanti dei Paesi Latini (Italia, Spagna, Francia, Svizzera francese e Belgio),
per preparare il tema della prossima Assemblea Generale che si
terrà a Torre Pellice dal 23 al 25
aprile 1982 e che sarà; « La diaspora della Chiesa ».
Il fenomeno della « diaspora »
nella società (dispersione, marginalizzazione, stato di minoranza), non tocca soltanto le piccole chiese evangeliche d’Italia,
Spagna e Portogallo. È un fenomeno che tocca oggi in Europa
anche le grandi Chiese maggioritarie, e di cui esse stanno ora
prendendo coscienza in modo
acuto. Mentre la tentazione è
troppo spesso quella di considerare questi fenomeni con scoraggiamento e ripiegamento su se
stessi, risulta invece che gli studi
e le esperienze in corso portano
a considerarli occasione positiva
e particolare vocazione offerta in
questo tempo alle Chiese minoritarie ed alle comunità in dispersione.
I delegati all’Assemblea Generale, con l’aiuto di specialisti biblici e di teologia pratica, cercheranno di precisare come la chiesa può cogliere oggi l’occasione
della sua « dispersione » per compiere la sua missione nella società. È evidente che ciò implicherà dei cambiamenti, per esempio nelle strutture delle comunità, nell’organizzazione degli
incontri, nella specializzazione e
nella mobilità dei ministeri, nella
catechesi ecc.
II prof. Max Alain Chevallier
ha dichiarato in conclusione ad
uno studio sulla 1* ep. di Pietro :
« La diaspora cristiana, nel prolungamento della diaspora giudaica, non è una condizione contingente e deplorevole, ma una
necessità ed una meravigliosa
vocazione. C’è, accanto alle ecclesiologie meglio conosciute di
Paolo, Luca, Matteo, o delle epistole pastorali, un’altra prospet
jechì dal mondo evistianoj
a cura di RENATO COISSON
tiva che meriterebbe di essere
non privilegiata, ma meditata
meglio. Non dimenticando che essa è posta sotto l’autorità di
Pietro! ».
E’ morto
padre Charpentier
(BIP-SNOP) — Violaine Montserrat delle Equipes de Recherche Biblique protestanti ricorda
quanto Etienne Charpentier ha
fatto per un lavoro in comune
fra cattolici e protestanti nello
studio biblico. « Quanti hanno
avuto il privilegio di lavorare
con lui hanno potuto apprezzare
oltre al suo attaccamento al lavoro, le sue grandi qualità pedagogiche ».
Il padre Charpentier, rimasto
vittima di un incidente automobilistico all’inizio di ottobre è
deceduto il 2 novembre all’età di
51 anni.
Verso il Sinodo
protestante svizzero?
(BIP) — È stata costituita una
associazione « Per un Sinodo
Protestante Svizzero ». Questa
associazione ha pubblicato un
« appello » nel quale spiega i motivi per cui vuole mettere in moto un « processo sinodale » in
Svizzera: 1) riunire i cristiani di
varie chiese per una riflessione
comune, 2) capire la realtà attuale della chiesa e lavorare al
suo rinnovamento, 3) cercare di
dare all’eredità della riforma una
espressione adatta al nostro tempo, 4) trovare la risposta alle
Ijrucianti questioni della vita
pubblica, 5) dare per mezzo di
una riflessione interna, un nuovo
slancio al dialogo ecumenico e
a tutto il movimento ecumenico,
6) permettere, al di sopra delle
frontiere regionali e linguistiche,
un vero scambio ed una riflessione comune sui temi essenziali,
7) elaborare in un tempo limitato di 3 o 4 armi, proposte concrete realizzabili a partire dalle
questioni urgenti poste dal rinnovamento e dalla testimonianza delle Chiese.
Addis Abeba:
confiscata la sede
della chiesa luterana
(BIP) — Il Segretario Generale della Federazione Luterana
Mondiale, ricevuta la notizia che
la sede della Chiesa Evangelica
Etiopica (Mekane Yesus) era
stata confiscata, ha subito inviato una lettera di protesta al rappresentante del governo di quel
paese a Ginevra.
Camerunese pastore
di una chiesa svizzera
(BIP) — La Chiesa Riformata
di Bulle (Svizzera) ha accolto il
suo nuovo pastore; Rodolphe
Mangamba con la moglie e i 5
figli. Il past. Mangamba appartiene all’Unione delle Chiese Battiate del Camerún, di cui è vicesegretario. Ha studiato ad Amburgo ed è stato missionario
nelle zone musulmane del Nord
del suo paese. È stato poi professore e direttore dell’Istituto Biblico di Ndiki durante 4 anni,
prima di diventare pastore della
comunità di Duala. Il soggiorno
del past. Mangamba nella Svizzera si inquadra nello scambio
di personale fra le chiese della
CEvAA.
sul tema « Chiamati ad una nuova speranza ». "rra i presenti
l’arcivescovo di Milano Martini
e il pastore valdese Giorgio Girardet.
Il Sabato (vicino alla DC) del
13 dà dei movimenti pacifisti una
visione un po’ diversa dagli altri, accettando la componente
religiosa delle loro manifestazioni nordamericane ed europee,
pur con qualche riserva per le
loro connotazioni troppo protestanti, e condannando decisamente quelle italiane, perché in esse
« cristiani cattolici e valdesi si
uniscono al coro di un isterico
inno antiamericano ».
* 5lE ^
Popolo e Missioni di novembre
dedica un lungo articolo alla memoria di Suzanne de Dietrich,
la cui vita si svolse tutta in una
intensa attività ecumenica iniziata nel Movimento Studentesco
Cristiano, proseguita nella Federazione Mondiale Studentesca
cristiana, emanazione del CEC,
continuata nel Servizio Aiuto
interecclesiale del protestantesimo francese durante la guerra,
e conclusa con la creazione dell’Istituto Ecumenico di Bossey.
^
Cattolici e pentecostali pubblicano su La Difesa del Popolo
deH’8 novembre un comunicato
congiunto, a conclusione di un
incontro svoltosi a Vienna, nel
quale si afferma che esistono avanzate consonanze tra le visioni, pur diverse, che le due Chiese hanno sul problema di Maria.
* *
Il Resto del Carlino del 15 novembre pubblica un’ampia intervista a Roger Garaudy, incontrato in occasione del Convegno
su « Radici cristiane dell’Europa ». Garaudy richiama le sue
origini protestanti e non rinnega
la sua visione del marxismo;
cristianesimo e marxismo sono
ambedue un « lievito della storia
in divenire », ma si trovano in
qualche modo soffocati dalle interpretazioni datene da una civiltà occidentale troppo esclusivista, dalla quale dovrebbero cercare di liberarsi.
Messis di ottobre pubblica un
ampio servizio sulla situazione
dei cristiani nella Germania Orientale, definita come « libertà
sorvegliata ».
Le chiese, specie quelle protestanti, hanno spazi nelle trasmissioni radio e TV; i loro Congressi, ultimo quello di Lipsia
con 50.000 presenti, sono facilitati sul piano organizzativo; lo
stato sovvenziona sei facoltà teologiche evangeliche. Permangono
tuttavia, secondo la rivista, conflitti di natura etica, ad esempio
sul problema della educazione
militare; vi sono ancora 6.000
prigionieri politici; nel 1976 e nel
'78 due pastori protestanti si
diedero fuoco per protestare col
loro suicidio contro la eccessiva
inframmettenza dello stato nella vita delle loro chiese.
Niso De Mlchelis
Appello
Il Servizio Cristiano di Riesi ha
bisogno delle seguenti persone
nella Comunità:
— un insegnante di agro-meccanica per il Centro Formazione Meccanici;
— un ragioniere per l’ufficio;
— un’assistente sociale o sanitaria per il Consultorio;
—- un collaboratore per il Centro
Agricolo;
— un(a) responsabile per la conduzione della Scuola Elementare;
— una economa per la casa.
4
18 dicembre 1981
TORINO
La scorciatoia del misticismo
Uno spaccato di religiosità popolare intorno alla figura di Roberto Casarin, un taumaturgo recentemente sconfessato dalla Chiesa cattolica
a colloquio con i lettori
Avevo Ietto che Roberto Casarin ha strani poteri, sposta oggetti, indovina malattie, qualche
volta ha le stimmate, la statua di
una Madonna nella sua stanza ha
pianto e così via. Sono andato a
vederlo nella chiesa di Torino dove ogni sabato guida il rosario in modo che dicono trascinante.
Il sito è centralissimo e di
grande passaggio, con la confusione dei sabati pre-natalizi. Sono le 15, manca un’ora all’inizio
ma la cappella laterale dove arriverà è già piena. Un centinaio
di persone, in gran parte donne
dalla mezza età in su,’meno numerosi gli uomini, pochi giovani.
Si aspetta recitando in continuazione Pater, Ave e Gloria. L’atmosfera è un po' da strapaese, ap
PROTESTANTESIMO
La rivista
della Facoltà
Gli ultimi due numeri della rivista "Protestantesimo" offrono,
in apertura, due saggi impegnativi; il primo, di Gino Conte, analizza il rapporto tra uomo e natura nei paesi cattolici e in quelli
protestanti; il secondo offre una
serie di « spunti per un confronto
tra teologia e scienza dopo la
svolta della meccanica quantistica » di Giovanna Pons. In particolare rultimo numero di questa
rivista prosegue con uno studio
del prof. Subilia su di una curiosa espressione paolinica (I
Cor. 12: 3) riletta alla luce del
suo contesto storico-teologico.
Altro contributo interessante è
la sintesi del prof. Rostagno sulle
attuali prospettive della teologia.
Segue una nota storica su « Calvino in Val d’Aosta? » di Valdo
Azzoni. Come sempre la rivista
chiude con numerose ed approfondite recensioni di letteratura
teologica italiana e straniera. La
rivista offre dunque una lettura
impegnata. Si tratta sempre più
di uno strumento di formazione
e orientamento insostituibile per
chi intende (e qui non si pensa
solo ai pastori o ai predicatori
locali) approfondire culturalmente il proprio impegno di fede nella comunità cristiana e in quella
civile. Per il 1982 l’abbonamento
è modesto: 11.000 lire da versarsi
sul c.c.p. 14013007 intestato a: Libreria di Cultura Religiosa, Piazza Cavour 32 - 00193 Roma. Vale
la pena di provare!
G. P.
pena temperata dal luogo dove ci
troviamo; ma quando alle 16 puntuali compare Roberto viene imposto il silenzio.
Avanza scortato da alcuni gorilla ecclesiastici (troppi vorrebbero parlargli, toccarlo). Sui diciott’anni, statura media, bruno,
ricciuto, esangue, occhi chiari,
l’aria afflitta, le mani di chi non
fa lavori manuali. E’ di famiglia
veneta ma nato e cresciuto a Torino in un quartiere popolare. Indossa un maglione girocollo, un
mantello marrone lungo fino a
terra, una catena con crocifìsso.
In piedi davanti a un leggìo comincia con una specie di omelia
sulla preghiera. Voce gracile, debole, quando s’impenna stride un
poco. Sei minuti miserelli, una
sola affermazione notevole: la
preghiera è la forza dei deboli e
la debolezza dei forti. Non so se
qualcuno l’ha già detto prima,
merita di svolgerla in una predicazione. Quando dà inizio al rosario volta le spalle al pubblico
perché anche lui deve guardare
il tabernacolo. Si inginocchia appoggiandosi ad una comune sedia di legno chiaro su cui ha posato fogli e libretti. Starà così
tutto il tempo, un’ora e un quarto. Ci sono sette-otto coordinatori, uomini e donne: chi tampona i
ritardatari invadenti, chi si alza e
s’inchina per dare il segnale, chi
dirige un coretto, chi indica i
canti ecc.
Dentro
Casarin aggiunge alle Ave Maria
qualche esclamazione fervorosa
che a volte disorienta i fedeli facendogli attaccare in anticipo la
seconda parte recitata come responsorio. Prende anche un paio
di papere, per es. annunciando
due volte « il terzo mistero » ma
avviando il quarto. Ogni « mistero » è intervallato da strofette.
A due riprese una donna legge
brevi preghierine o invocazioni
ricevute da chi siamo soliti chiamare « i semplici, gli umili ». Sono dirette alla Vergine perché
dia o rinforzi la fede, conceda
una grazia e via dicendo. A ogni
messaggio segue un’Ave. Alla fine
ne udirò un centinaio. Siamo in
perfetta consonanza con la linea
mariana del Papa.
Sono le 17, tra poco il rosario
finisce. Passo nella navata centrale ad osservare la sente.
Ormai siamo 3-400. Da qui si vede Casarin in diagonale, ma solo
la testa che sporge da una balaustra. Un fotografo (forse autorizzato) scatta una dozzina di flash.
Sono le 17,15. E’ finita la parte
pubblica, comincia quella privata. Le mani « giunte », l’ultimo
canto, ripete solo « Arrivederci a
sabato ». Protetto come prima, il
ragazzo rientra in sacrestia, vietata a chiunque salvo a chi ha
prenotato un incontro telefonando a tre numeri che vengono forniti a richiesta. Si consiglia di
portare un indumento, bene se è
una maglia di lana che Roberto
possa palpare. Tempo massimo
un minuto, abbiate pazienza, oggi in lista ce n’è una settantina.
Chi è senza appuntamento per
favore se ne vada, è inutile aspettare.
Fuori
Esco sul marciapiede (la chiesa non ha sagrato), sosto presso
i capannelli a sentire qualche
commento, mentre i preziosi numeri telefonici passano di mano
in mano. Avanzo una cauta domanda: Senta, c’è una... come dire, una tariffa, un’offerta che potrei fare per avere un colloquio
con Roberto? a chi devo darla, a
lui, alla chiesa... Tutto quello che
lui riceve lo dà alla parrocchia,
mah, credo che cinquemila vada
bene... E senta, cosa fa Roberto,
va a scuola, studia qualcosa?...
No, faceva odontoiatria, ma ormai ha lasciato, l’avranno promosso così... Così come?... Mah,
così...
Roberto Casarin ha ammesso
di essere ignorante, scarso nelle
elementari, pessimo nelle medie,
disastroso in odontotecnica, di
non leggere libri e giornali ma
solo i Vangeli e nemmeno le encicliche. Però qualche volta le cita
nelle sue preghiere. Può darsi, ha
detto, ma senza rendersene conto. Anche in televisione guarda
solo il Papa o programmi religiosi perché dice che tutto il resto non lo capirebbe. Fin da bambino aveva un malanno incomprensibile, poi guarito inaspettatamente durante un soggiorno
dai nonni nella pianura trevigiana.
Ciarlatano? Nuovo Padre Pio?
Stando a Marcello Craveri
( « Sante e Streghe, biografie e documenti dal XIV al XVII secolo ») le turbe infantili fisiche e
psichiche potrebbero spiegare
qualcosa. Non è facile accettare
i propri limiti: inconscia e sottile può essere la tentazione di imporsi in qualche campo in maniera grandiosa, come guerrieri
senza macchia e senza paura.
Più sottile, se quel campo è il
terreno minato e controverso
dello spirito.
Per mesi la Curia torinese non
si era pronunciata. Ora ha sospeso le prediche e le udienze del
ragazzo in attesa che una commissione di esperti esamini i vari aspetti della vicenda.
Renzo Turinetto
UNA TESTIMONIANZA
I no e i sì di Vittorio Subiiia
Molto dotto ed acuto l’excursus di Krumbach sull’opera di
Vittorio Subilia. Non solo i teologi, ma anche i membri delle
nostre comunità vivono ed hanno vissuto i suoi pensieri. Tutti
ricordano a Palermo i suoi studi
biblici ; suscitavano discussioni,
ricerche, domande. Di fronte a
queste, Subilia, dopo lungo silenzio meditativo, limitava il suo
commento ad un sì o ad un no
quasi sibilato, carico di significato.
Subilia rimane fra noi il teologo dei « no », del coraggio dei
« no » a tanti umanismi, a tanti
compromessi, a tante sintesi, da
quella del cattolicesimo romano,
nelle sue varie fasi e alternanze,
a quella di un protestantesimo
illuministico e conciliante con un
arminianesimo rinunciatario e
spento nei suoi antichi ed interessanti ardori. Non sempre e
non tutti condividiamo i « no »
di Subilia; spesso li evitiamo.
Ma una cosa possiamo dire: i
« suoi » no portano la traccia, la
luce, l’ardore del grande « si »
che Dio solo ha creato e fatto
per l’uomo.
Un giorno della primavera romana 1968 un gruppo di studenti, in pieno fermento, dopo le batoste della polizia a Valle
Giulia, sotto una pioggia torrenziale, bussò alla porta della Facoltà di Teologia, in via Pietro
Cossa 42. Molte porte nere e rosse, clericali e liberali, non si aprivano in quei giorni a quei giovani, per non squalificare la « nobiltà » di istituti vecchi o recenti. Gli studenti volevano, in un
libero dibattito, verificare le loro
tesi, orientare la loro ricerca.
Camionette e bastoni della polizia vigilavano su tutti i rischi
della piazza: per difendere i vecchi o i giovani? Stazionavano
nella piazza Cavour e nelle vie
adiacenti. Suonava alto il loro
monito !
I delegati entrarono nella Facoltà Valdese. Vittorio Subilia
venne loro incontro, ascoltò la
richiesta dell’uso dell’Aula Ma
gna. Il Prof. Subilia meditativo
e pensoso tacque a lungo, alfine
disse « sì ». Quel monosillabo subiliano conteneva una carica teologica che non dimenticheremo
mai, perché egli intendeva rifiutare i « no » degli uomini e voleva rendere omaggio al « sì » di
Dio. Per questo « sì, » primaverile rispettiamo la testimonianza
evangelica, che Subilia ha voluto
dire e dare con tanti, forse troppi « no » che ci dice, ma che sempre ancora ci fanno riflettere al
calvinista « soli Deo gloria ».
Gli studenti entrarono nell’Aula Magna; formarono una presidenza, discussero a voce alta, a
volte altissima, ma la massa giovanile continuava ad entrare.
L’aula non bastava a contenerla.
Così,, dopo lunga discussione e
dopo la colletta per il custode,
i giovani ripresero il loro cammino verso qualche parco eventualmente disponibile, sotto la
pioggia che continuava.
C. G.
MANCATO
APPROFONDIMENTO
Caro Direttore
La trasmissione di « Protestantesimo » in televisione sul problema della
pace è stata certo fra le più riuscite
e di estremo interesse, anche per la
chiarezza di alcune affermazioni. Cosi
queiia di Paoio Ricca sulla caratteristica protettiva e quindi difensiva di quaisiasi divinità, da cui discende la sacralità della difesa e quindi la liceità
della guerra di difesa. Cosi quella di
Naso sul crearsi di posizioni psicologiche ambigue per l’azione sinergica
della fiducia e della paura. {...).
Mi sembra pertanto augurabile che
l'argomento venga ripreso e approfondito in certo modo separandolo nelle
sue diverse componenti. La prima di esse, e in certo modo il perno su cui
ruota il problema della pace, è quella
dell'obiezione di coscienza che comincia in Italia ad avere una certa estensione ed a derivare ormai da motivazioni tutt'aitro che omogenee. Nelle sue
manifestazioni storiche Paolo Ricca ha
citato i Quaccheri e i Mennoniti. Oggi
si possono anche citare i Testimoni di
Geova, che se non sono di radice protestante sono però di derivazione bibiica e acattolica. Non so se, per illustrare quella diversità di posizioni che
esiste nelle chiese protestanti, valga la
pena di menzionare quelli che fanno
capo al (con licenza parlando) rev. Jan
Paisley delTUIster.
Rimane il fatto che nelle chiese protestanti l'atteggiamento nei confronti di
questi problemi è estremamente vario.
Dobbiamo limitarci a prenderne atto o
eventuaimente renderci conto che forse
la diversità degli atteggiamenti dipende essenzialmente da una mancanza di
approfondimento?
Ad esplorare il problema potrebbe essere d’interesse riferirsi a studi fatti
dalla Chiesa Cattolica, uno dei quali
esiste neH'arohivio di un gruppo di
Amnesty International a Torino. Esso fa
parte di una corrispondenza che ebbi
con la Segreteria di Stato diversi anni fa a proposito di un progetto di legge sull'obiezione di coscienza formulato in Ispagna sotto la dittatura di
Franco. Le distinzioni che vengono fatte a proposito di obiezione di coscienza oggettiva o soggettiva, individuale
0 collettiva sono opinabili, ma possono
tuttavia dare adito a qualche chiarimento sul tema della pace se veramente io
si vuole approfondire.
G. A. Comba, Torre Pellice
MOSTRA A POLLONE
Antichi libri
di preghiere
Alcune nostre Bibbie, salmi,
cantici, sono presenti in una mostra di « Antichi libri di preghiera ». Alla base della terza edizione di questa mostra sta l’iniziativa della sig.ra Laura Colonnetti
che pensò di esporre al pubblico
messali e « livres d’heures » di raro pregio, accanto ai quali desiderò la presenza dei culti riformati e ebraico. Cosi si svolse la
prima mostra, nel 1980, presso la
Biblioteca Civica di Torino, destando notevole interesse nei frequentatori della Biblioteca stessa. Nel 1981, l’esposizione di libri
antichi, senza tuttavia il culto
ebraico, si spostò a Pinerolo, nei
locali della Biblioteca Comunale,
con raggiunta di volumi di indiscutibile valore della stessa
Biblioteca.
Ed ora le Bibbie, semplici, austere nelle loro rilegature scure,
appartenenti a famiglie valdesi e
ugonotte, stampate in gran parte
all’estero, espressione dell’attaccamento al culto giornaliero, sono a Pollone (5 km. da Biella).
Citiamo, fra i volumi più antichi,
un « Nouveau Testament » del
1736 che è appartenuto a Simon
Lombard, Ministre du Culte a
Uzès, un « Abrégé de l’Histoire
Sainte » del 1836, i « Psaumes de
David » del 1838.
L’inaugurazione, semplicissima, ha avuto luogo domenica 29
novembre, presenti il sig. Castellani, da Ivrea, membri della Comunità di Biella ed il parroco di
Pollone, don Mario Maculan. La
mostra rimarrà aperta fino al
31 gennaio 1982 presso la Biblioteca « Benedetto Croce » il martedì e mercoledì pomeriggio, il
giovedì e sabato mattina e domenica mattina e pomeriggio.
L. R.
DIO DELLA GUERRA
O DELLA PACE?
L’affermazione di Paolo Ricca « Il Dio
della guerra dell'A. T. si conveirte alla
pace nel N. T. » {nella trasmissione televisiva di cui alla lettera precedente,
N. d. R.) mi ha lasciata di stucco.
Non vado per versetti — dicevo con
fermezza a due testimoni di Geova
venuti di buon mattino per convertirmi.
Ma nel caso di certe affermazioni
sarebbe il caso di chiedersi e di verificare se tanti versetti nell’A. T. ci
mostrano solo un « dio degli eserciti »
0 anche un dio di shalom.
La posizione di questo Dio che torna
sui suoi passi e con un sacrificio cruento riconquista ai l’amore H suo popolo, quasi a volersi far perdonare, mi
sembra un po’ troppo semplicistica.
Paragonabile all'agire di un bimbo che,
dopo aver fatto disperare la mamma,
si protende in grandi effusioni.
Con le mie categorie posso fare tante affermazioni; per es. Dio prova la
fedeltà del suo popolo, vuole punire la
sua infedeltà ecc. Ma chi mi dice che
tutto ciò è vero?
Questo Dio in cui credo vuole lo
sterminio o il bene del suo popolo?
Non c’è dubbio che siamo ad una grande svolta e che i cristiani combattenti di tante guerre sante o benedette
sono in gran ritairdo rispetto a tanti
■■ non credenti » che si sono sempre
ribellati alla guerra e hanno dato la
loro vita non in nome di Dio ma dell'amore fraterno.
Con quali argomentazioni risponderemo ai fratelli che combattono la nostra stessa battaglia? Il Dio degli eserciti si è convertito alla pace?
Paolo Ricca ce l’ha messa tutta per
sostenere la sua tesi.
Non ha forse voluto trasferire nella
« conversione di Dio » una precisa responsabilità dei cristiani? I tre giornalisti non sembravano troppo soddisfatti delle risposte, forse ben recitate ma
non convincenti.
Cordialmente,
Carmela Bozza, La Spezia
TORINO
Personale di
F. Marietta
Franco Marletta, pittore siciliano conosciuto a livello nazionale,
molto noto a Torino e neU’ambiente valdese di Torre Pellice
dove pure ha già esposto alcune
sue opere, espone anche quest’anno a Torino. Si tratta di una mostra personale ogni anno rinnovata e arricchita da una produzione intensa e impegnata tanto
da suscitare nella critica affermazioni quali: « L’edera di Franco
Marletta risveglia la coscienza
storica dell’uomo ».
La mostra attuale, in piazza
Solferino 6, è aperta fino al 24 dicembre ed è particolarmente interessante e ricca perché si presenta come una serie di opere antologizzate secondo alcuni suoi
fondamentali periodi di esecuzione, dal 1966 alle opere più recenti; da « I giardini informali »
(1966-69) agli «Ominidi robots
metropolitani », secondo l’ultima
delle sue progressioni formali e
ideologiche. Quest’ultima espressione dell’artista ha suscitato, la
sera dell’inaugurazione, un approfondito dibattito che andava molto oltre una semplice analisi critica, quale quella condotta dai
molti critici giornalisti presenti,
per investire problemi psicologici
e sociali. D’altronde il clima di
accoglienza e di comunicazione
che l’artista sa creare intorno alla sua opera è tale da caratterizzare in modo nuovo un avvenimento non certo inconsueto quale quello di una personale. L’apertura deH’artista si è dimostrata
la sera deH’inaugurazione, anche
nello spartire l’interesse del pubblico, numerosissimo e partecipe,
con i poeti Giorgio Bàrberi Squarotti, Domenico Cara e Sebastiano Grasso, che hanno letto alcuni versi. Un rinfresco semplice,
addirittura rustico a base di prodotti genuini di Torre e Bobbio
Pellice, ha accolto i visitatori
mettendoli perfettamente a loro
agio in un clima di disponibilità
alla comunicazione, sorretto dalla attenta cortesia dell’artista e
della sua famiglia.
,1. V. d C.
5
18 dicembre 1981
CONFERENZA TEOLOGICO-PASTORALE AL CENTRO BATTISTA ’’FILADELFIA” DI RIVOLI
Teologia battesimale in ambito ecumenico
Un importante momento di riflessione nel programma di confronto
tra Battisti, Metodisti e Valdesi da cui le chiese trarranno beneficio
Nei giorni 3, 4 e 5 novembre
si è svolta al Centro battista « Filadelfia » di Rivoli una « Conferenza teologico-pastorale sulla
teologia battesimale in prospettiva ecumenica » a cui hanno preso parte una trentina di pastori
e missionari battisti ed alla quale erano stati invitati, tramite la
Tavola valdese, anche i pastori
delle chiese locali valdesi e metodiste.
L’incontro è perfettamente riuscito in ogni suo aspetto. Un
grazie va rivolto pertanto non
solo al Dipartimento teologico
dell’Unione delle Chiese Evangeliche Battiste in Italia (UCEBI)
ed all’Associazione pastorale battista che hanno indetto ed organizzato la Conferenza, ma anche
al nucleo delle signore che hanno curato i dettagli pratici dell’accoglienza.
Nella prima giornata dopo i
convenevoli di rito il past. Paolo
Spanu ha introdotto il dibattito
presentando il testo preparatorio
e inedito di un documento sul
battesimo predisposto nel gennaio 1981 dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio
Ecumenico delle Chiese ( CEC )
e che verrà esaminato, dibattuto e steso in veste definitiva l’anno venturo nell’incontro della
detta Commissione che avrà luogo a Lima. Una tale anteprima
ha potuto realizzarsi per intesa
tra il Dipartimento teologico delrUCEBI ed il decano della Facoltà valdese di teologia. Non resta che constatare come il programma Battisti-Metodisti-Valdesi (BMV) abbia già maturato
qualche effetto concreto e compiacersene.
Il past. Spanu ha sottolineato
le due matrici tramite le quali
viene condotto attualmente il
dialogo ecumenico sul battesimo. Una via comprende da un
lato rincontro diretto bilaterale
( non « nazionale » però come è
stato detto) tra singole denominazioni ; dall’altro il filone dei
colloqui, indagini, incontri, consultazioni tra esponenti di confessioni le più diverse, centrati
sul CEC e le sue agenzie. Egli ha
quindi sintetizzato la storia di
tutto questo lavoro individuandone i periodi di sviluppo ed illustrando il testo in esame che
ne rappresenta al momento il risultato.
L’altra via, ha precisato il relatore, ha prodotto il testo sul
battesimo concluso tra l’Alleanza mondiale battista e l’Alleanza
riformata mondiale, riportato in
allegato al. documento BMV n. 3,
che ci concerne più direttamente, ed attualmente sottoposto all’esame delle chiese locali battiste, metodiste e valdesi.
Due metodologie
ecumeniche
Nel corso del dibattito che ha
fatto seguito alla relazione non
si è potuto evitare che i risultati, seppure al momento solo
provvisori, delle due metodologie ecumeniche venissero comparati, rendendo palesi le rispettive connotazioni, i limiti e le
conseguenze implicite in ciascuna di esse.
Infatti non ci si può attendere
che un documento alla stesura
del quale hanno preso parte personalità delle più diverse confessioni, possa presentare una linea di rispondenza con precise
posizioni confessionalmente connotate da secoli di storia. Una
tale stesura non può sostanzialmente soddisfare nessuno. Essa
più che un tentativo di presentare un riscontro con i testi neotestamentari, come tutti i documenti del genere risente dello
sforzo con cui è stato operato
per includervi apporti specifici
delle varie componenti confessionali presenti, sfociando in un
irenico quanto improduttivo sincretismo.
Sul documento nostrano, BMV
n. 3, nessuno si è direttamente
pronunciato. Riservatezza oppure rispetto dovuto alle singole
chiese chiamate ad esprimere il
loro avviso? Ad ogni modo è
emersa l’enorme differenza di
impostazione e di significato esi
stente tra i due documenti. Il primo, quello steso sul quadro ecumenico indiretto del CEC, è un
testo destinato ad enunciare l’opinione e lo studio di un gruppo
di competenti, differentemente
articolato sul piano confessionale, senza impegno per nessuno,
e certamente non per le diverse
chiese ed i singoli credenti che
vi hanno parte. Il secondo, steso
sul piano dell’incontro ecumenico diretto delle chiese battiste,
metodiste operanti in Italia e
delle chiese valdesi, assunto dai
rispettivi organi esecutivi centrali, se verrà approvato dalle
singole chièse locali presenterà
l’espressione diretta, inequivoca
e certa circa il risultato del loro
incontro sul piano teologico circa il battesimo e le sue implicazioni etiche ed ecclesiologiche.
Costituirà pertanto un impegno
anche per i singoli credenti.
Rispetto e fiducia
gli uni per gli altri
Il secondo relatore è stato il
Dr. John David Hughey responsabile uscente del Segretariato
per l’Europa ed il Medio Oriente del Mission Board della SudConvention battista. Egli ha terminato il suo servizio attivo sul
piano organizzativo, ma la sua
attività in Europa continua, in
quanto assumerà un incarico di
insegnamento nel Seminario battista di Rùschlikon. Egli ha ricordato i rapporti intercorsi nel
tempo tra la Missione battista
sorta in Italia dopo il 1870 illustrandone le diverse fasi, le difficoltà superate, ed i temi ora da
svolgere per uno sforzo comune
nel nostro paese. Il Dr. Hughey
compiacendosi per la presenza
di rappresentanti di chiese pedobattiste, ha precisato, in linea
con le indicazioni contenute nel
documento BMV n. 1, che, per
condurre un’evangelizzazione in
comune tra chiese diverse, occorre avere « gli stessi interessi ;
stima, rispetto e fiducia gli uni
per gli altri ; ed imparare a dare
e ricevere reciprocamente in un
fraterno interscambio ». Quanto
ai rapporti tra battisti italiani e
Missione egli ha precisato che
ormai, superate le fasi precedenti, ci si avvia verso l’interdipendenza; e considerando più da vicino le conclusioni del documento BMV n. 3, ha precisato che,
pur essendo personalmente contrario ad un reciproco riconoscimento della posizione dei rispettivi membri di chiesa ad ogni effetto nella vita ecclesiastica tra
chiese battiste e pedobattiste,
non condannerebbe in nulla quelle chiese battiste che volessero
praticare un tale pieno riconoscimento, sottolineando la base
comune della comunione aperta
tra credenti di chiese differenti.
E’ stata questa la prima volta,
ha voluto notare, in cui ha avuto occasione di incontrarsi con
esponenti di chiese battiste e pedobattiste italiane per dibattere
il tema e le implicazioni del battesimo nelle chiese rispettive. Anche noi, esponenti di chiese tradizionalmente pedobattiste, dobbiamo confessare la stessa lacuna. E’ la prima volta che ci è stato dato di udire in sede ufficiosa, se non ufficiale, dalla viva
voce di rappresentanti qualificati del Mission Board battista, il
loro punto di vista circa i rapporti tra battisti e credenti di
altre chiese evangeliche in Italia.
Peccato che la partecipazione
delle chiese tradizionalmente pedobattiste sia stata esigua alla
Conferenza di Rivoli. Per i metodisti un solo pastore; per i vaidesi due pastori, oltre ad uno relatore, un predicatore locale, due
laici Cuna donna e un uomo).
Un’altra occasione perduta!
Viene infatti da chiedersi cosa
si sia pensato di fare in tanti lustri e ripetute relazioni interdenominazionali dal 1870 sino al
1978, quando, con l’avvio dell’operazione BMV, è stato promosso un dialogo ecumenico diretto
e fattivo tra le chiese interessate, i loro organi, i rispettivi credenti ed operatori nel campo dello sviluppo della opera di evangelizzazione in Italia. E’ da au
gurarsi che, in un ricupero di
tempo, la reciproca conoscenza,
collaborazione ed intesa tra le
chiese dei due gruppi e gli incontri operativi ad ogni livello
abbiano a svilupparsi.
Simbolo e segno
Nella seconda giornata il prof.
G. Beasley-Murray ha presentato alla Conferenza due relazioni:
nella prima ha esposto la teologia del battesimo a partire dal
N. T. secondo la tradizione battista; nella seconda ha trattato
il problema del pedobattismo.
Egli ha precisato che il battesimo di acqua rientra nella simbologia dei segni. Orbene se è pensabile vivere Cristo fuori dai
simboli e dai segni, come è il caso dei Quaccheri e dell’Esercito
della Salvezza, è innegabile che
il linguaggio del N.T. è ricco di
segni e di simbologia, per cui è
necessario cogliere il « serio » dei
sacramenti, ha ricordato l’oratore. E’ indubbio parimenti che il
battesimo nel N.T. è simbolo e
segno dell’incorporazione a Gesù, mentre quello praticato da
Giovanni è battesimo di conversione, ravvedimento, pentimento ; è un rivolgersi verso Dio, per
un incontro con Lui.
Non è qui possibile riferire nel
dettaglio l’esame operato con
maestria dall’oratore circa i passi dell’Evangelo e le precisazioni
enunciate a meglio illustrare la
portata del battesimo nel quadro del N. T. e nel contesto delle
chiese primitive in cui gli evangelisti, Paolo e gli altri autori,
lo hanno espresso. In sintesi la
teologia del battesimo, secondo
quanto ha precisato il prof. Beasley-Murray, è la teologia della
convezione al Signore. Mentre
i battisti danno rilevanza alla responsabilità della persona che si
battezza, si nota al contrario che
nella concezione pedobattista si
dà maggiore importanza all’azione che Dio compie; ma nel N.T.
i due aspetti risultano uniti, non
separabili. L’oratore si è poi richiamato alla tesi esposta da
K. Barth relativa al battesimo
che nella Conferenza verrà sviluppata in un altro momento.
Vicinanza e divisione
Il prof. Beasley-Murray ha iniziato la seconda relazione precisando che sono i battisti che si
pongono il problema del pedobattismo, pertanto essi sono
chiamati a risolverlo. Per i pedobattisti in genere il battesimo
dei credenti non pone alcun problema, tant’è che vi sono chiese
tradizionalmente pedobattiste,
che praticano parimenti anche il
battesimo dei credenti, come ad
esempio quelle valdesi. Premettendo che non è possibile provare l’esistenza del pedobattismo
nelle chiese del N.T., l’oratore
ha tuttavia precisato che molti
teologi ritengono irrilevante la
data di nascita del pedobattismo; e, dopo aver presentata la
posizione via via assunta e sostenuta dalle chiese nelle diverse
epoche e concezioni, si è soffermato a considerare la posizione
delle chiese battiste di oggi nell’incontro con altre chiese, indicando le possibilità, i limiti, le
prospettive eventuali.
L’oratore ha rilevato che pur
essendovi elementi comuni nelle
due concezioni battesimali il
punto che sembra dividere le
chiese è la natura della Grazia
operante nel battesimo.
Per i pedobattisti infatti si
tratterebbe di un inizio di un’opera di Grazia quando ovviamente il battesimo sfoci poi nella
confessione di fede. Ciò equivarrebbe alla presentazione dei fanciulli ed al successivo battesimo
del credente da parte delle Chiese battiste.
Indubbiamente, a suo avviso,
in un incontro ecumenico le chiese battiste possono anche riconoscere certe equivalenze nell’attuale situazione ove si pervenga
ad un accordo che enunci un modus vivendi. Il caso pratico delle
chiese valdesi, che praticano
runa o l’altra forma battesimale, può aiutare a rinvenire una
Il battesimo
dei neofiti,
particolare del
ciclo sulla vita di
Pietro ad opera
del Masaccio,
cappella
Brancacci,
Firenze.
soluzione. A suo avviso stride il
fatto di praticare una apertura
nella pratica della S. Cena e poi
irrigidirsi su quella battesimale.
Il dibattito che ne è seguito è
stato il più vivace di tutto rincontro. Sono infatti emerse molte e diverse graduazioni di posizione esistenti nell’ambito battista. Se da un lato è emerso chiaramente che su questo punto occorre veramente tener conto delle posizioni assunte nel tempo
dalle singole chiese locali, o dai
loro pastori, non è tuttavia impossibile ricondurre le varie tendenze ai principi più generalmente seguiti dal battiamo mondiale
espresse dalle loro confessioni
di fede comuni. Esistono però
posizioni di particolare irrigidimento non solo circa l’età del
battezzando, ma anche quanto
alle modalità esecutive (immersione) per cui si può a volte riscontrare una particolare chiusura e financo un rifiuto. Infatti
un pastore presente si è allontanato dalla conferenza dopo le relazioni del prof. Beasley-Murray
a causa del turbamento sofferto
per le tesi che erano state esposte.
Con tutto il rispetto che ciascuno di noi deve a posizioni del
genere, perché espressioni della
fede di un credente, non si può
non rilevare che dalla Scrittura
non em.erge la centralità del battesimo come atto distintivo delle chiese del Signore e dei credenti che in esse han parte. La
« divina institutio » si manifesta,
a mio avviso, piuttosto nel radunarsi dei credenti nel Suo nome
fMat. 18: 19-20). Ad ogni modo
nello sviluppo deH’operazione
BMV bisognerà tener conto anche delle posizioni più estreme
che si andranno ad incontrare e
mi pare giusto che debba esser
così.
Il ’’frammento”
di Karl Barth
Nell’ultima giornata si è avuta
una dotta relazione del past. Bruno Rostagno circa il battesimo
dal « frammento » di K. Barth
ad oggi. Egli con un’esposizione
precisa ha rievocato in modo incisivo il pensiero di Barth ponendo in evidenza come questi
abbia distinto il battesimo d’acqua e quello dello Spirito Santo,
ma abbia anche ammonito essere un eiTore l’occuparsi solo del
battesimo d’acqua, in quanto v’è
in sintesi un solo evento battesimale. I due aspetti infatti se
pur distinti non sono separabili;
non sono confondibili, ma vanno
insieme.
Non è possibile qui riportare
tutta l’esposizione del pensiero
barthiano fatta dal past. Rostagno, né le critiche mosse al teologo svizzero, le risposte, i ripensamenti, gli atteggiamenti delle
chiese. Resta marcato il silenzio
che ne è seguito in seno al movimento ecumenico. Merita tuttavia rilevare tra i punti più salienti della relazione Rostagno
che, se il battesimo di Spirito
Santo indica l’azione di Dio, quello d’acqua esprime la risposta
dell’uomo. Certamente, ha osservato l’oratore, così, impostando le
cose si procede contro la prevalente tradizione ecclesiastica che
vede il battesimo d’acqua quale
sacramento. Certamente in una
concezione pedobattista non v’è
coerenza se non nella speranza
che il battezzato divenga credente (cfr. art. 9/DV/1974): ogni
concezione di fede supplettiva o
sostitutiva, da parte di genitori
o padrini è da respingere. Non
appare però chiaro, egli ha concluso, come il battesimo d’acqua
possa essere richiesta dell’azione
dello Spirito, cioè il primo passo, ed al tempo stesso risposta
umana all’evento di Dio.
Nel corso del serrato dibattito
che è seguito è emerso tuttavia
che il problema cos’, chiaramente impostato da Barth può essere sviluppato e ripresentato in
una diversa configurazione dialettica idonea forse a rendere
comprensibili certi aspetti di una
situazione vissuta da molte chiese in termini che potrebbero presentarsi come contraddittori.
Momento importante
nel dialogo BMV
La Conferenza si è conclusa
con una seconda relazione presentata dal past. P. Spanu intitolata provocatoriamente : « Che
ne facciamo di un battesimo che
non è sacramento? », ma che in
sostanza ha trattato del battesimo in una prospettiva ecumenica assai costruttiva. Dopo aver
presentato il battesimo d’acqua
come atto meramente umano ; la
necessità del battesimo; le sue
implicanze e le prospettive ecumeniche di un tale atto, il past.
Spanu ha sviluppato talune tesi
richiamando il battesimo come
atto di obbedienza al Signore da
parte del credente attuato nella
prospettiva della salvezza e precisando la necessità della pratica battesimale come rapporto
tra gli uomini ed il loro Signore
da cui scaturiscono rilevanti implicanze sul piano etico ed ecclesiologico. Egli ha concluso indicando una corretta pratica ecumenica del battesimo « solo a
partire dal riconoscimento reciproco dei membri di chiesa » che
vengono ad incontrarsi, fondato
sul « riconoscimento dell’unico
Signore, deU’unica fede, dell’unico spirito, dell’unico corpo e dell’unico Dio, Padre di tutti, tra
tutti e in tutti ».
Nell’insieme dei suoi 3 giorni
la Conferenza di Rivoli mi è parsa un momento importante inserito a dovere come riflessione
sul programma che l’operazione
BMV va delineando. La percezione del suo significato da parte
delle singole chiese locali e dei
rispettivi organi di collegamento
tra queste, esistenti nell’ambito
battista, metodista e valdese, ne
ha tratto un sicuro giovamento.
Per questo sono grato al Dipartimento teologico deirUCEBI di
avermi invitato ad intervenirvi
a titolo personale.
E’ da augurarsi che la Conferenza di Rivoli non resti un fatto isolato, ma sia spunto per indire anche in altre sedi qualificate, successivi incontri per sviluppare il dialogo tra gli interessati all’operazione BMV.
Giorgio Peyrot
6
18 dicembre 1981
ALLE VALLI OGGI
________________cronaca delle valli
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE: ARIA DI CRISI (4) REGIONI ALPINE
Radici
Le manifestazioni svoltesi a Pomaretto dal 5 all'8 dicembre ed
aventi come tema: « Cento anni
di cultura nelle valli e di lavoro
in miniera », hanno riscosso un
notevole interesse fra la popolazione.
Come era apparso durante le
riunioni organizzative, si trattava
di compiere una operazione forse ancora non così scontata, cioè
affiancare due aspetti della cultura: quella della ricerca di identità di un popolo attraverso l'impegno delle sue menti migliori e
quella di tracciare pagine di storia locale dalla viva voce di coloro che ne sono stati protagonisti.
Indubbiamente il lavoro della
miniera, con la sua tradizione più
che secolare, non poteva non
avere il suo fascino in vallata: se
poi a questo si collega la presentazione pubblica dei plastici realizzati dal Sig. Carlo Ferrerò —
dal complesso di teleferiche del
« Gran Cordon » a quelli relativi
alle fasi di lavorazione in galleria e per finire alla borgata di Pomarat, così legata alta storia delle ntiniere — l’interesse risulta
più che giustificato.
In quanto a novità l’iniziativa
ne riservava ancora altre e ognuna in grado di suscitare interesse: la presentazione in anteprima del libro strenna della Claudiana « Come vivevano » con ampia documentazione proprio sulla vita in Val S. Martino (Val
Germanasca); il pomeriggio di
testimonianze pubbliche sulla
storia della miniera, sui metodi
di estrazione, sulle condizioni di
vita dei minatori; infine la serata di canti e musiche della valle
registrate e riproposte dal gruppo «I Cantarana» che ha visto
un tutto esaurito. Si può quindi
dire che è stato fatto un passo
avanti nel riportare in mezzo alla gente la riflessione su quei valori che sono stati alla base del
vivere nelle borgate e nelle comunità.
Ma ogni riscoperta delle proprie « radici » porta nel suo seno una serie di problemi e non
SI può certo affermare che una
manifestazione, sia pure ben riuscita, li abbia risolti; se mai li
ha maggiormente evidenziati. Per
alcuni, la riscoperta delle proprie radici sa un po’ di folclore,
e cioè la rievocazione di un passato che nel suo lento allontanarsi SI sfuma assumendo colori
sempre più tenui; è simpatico rievocarlo, comunque non ci tocca
pÌM e con esso non abbiamo più
da fare i conti. Per altri invece,
e ricercare una giusta collocaziorie ad una vita dura, ricordandola lealmente per quella che è
stata, senza miti. Se penso ai plastici di Carlo Ferrerò e ricordando le parole pacate dei minatori,
mi pare di vedere in tutto questo
la caparbia volontà di essere un
segno, un gesto di amore verso
le nuove generazioni. Ma se è importante che vi siano dei segni, è
però indispensabile che ci poniamo tutti il problema di che cosa
lasceremo a chi verrà dopo.
«Dagli archivi» — diceva il
Pastore Tourn presentando la
mostra — « sappiamo quasi tutto
CIO che capitava in vallata giorno dopo giorno nel 1500, mentre
rischiarno di non essere documentati su ciò che faceva la gente, come viveva, cosa leggeva a
distanza di una generazione ». E’
quindi un problema di cambiamenti di mentalità che si impone. Quale grado di coscienza ne
abbiamo? Sintomo delle difficoltà che ci coinvolgono un po’ tutti è stata la mancata partecipazione al pomeriggio di testimonianze da parte di alcuni minatori che pure avevano dato la loro adesione. Forse avevano timore di parlare in pubblico? O forse di dover parlare in italiano?
O forse ancora non davano alla
loro esperienza personale quell’importanza che invece ha?
« E’ urgente che tutti ci impegniamo a non lasciar fuggire
nell’oblio questo passato » — diceva Raimondo Genre, concludendo la manifestazione — « poiché
abbiamo solo pochi anni a disposizione e poi ci mancheranno le
fonti dirette ». Quante cose hanno ancora i nonni da raccontare
ai loro nipoti!
Adriano Longo
Cosa ne pensa la DC
Intervista al Consigliere Celeste Martina
Dopo gli incontri avuti con il
Presidente della Comunità Montana Val Pellice, Franca Coisson,
con i Consiglieri Piercarlo Longo
del P.S.I. e Danilo Rivoira del
P.C.I., che mi hanno espresso il
loro punto di vista sullo stato di
"orisi” in cui opera attualmente
la Comunità Montana, incontro il
Cons. Celeste Martina, rappresentante della D.C. il quale è stato in passato anche Presidente
del Consiglio di Valle. Come è
mia abitudine gli rivolgo subito
la prima domanda chiedendo se
siamo realmente alla vigilia di
una crisi nel Consiglio della Comunità Montana Val Pellice, con
inevitabili riflessi sull’ attuale
Giunta, o al preludio di un cambiamento per reimpostare i rapporti fra la stessa maggioranza
e coinvolgere più efficacemente i
Comuni della valle nelPorgano
sovracomunale.
La ringrazio di questa intervista — mi dice l’intercolutore ■—
che permette a un rappresentante della minoranza e della D.C.
della valle di presentare la propria voce ad un organo qualificato corne « L’Eco delle Valli ». Il
pluralismo diventa fatto sostanziale e non solo richiamato quando fa comodo.
Per entrare nel merito, la domanda tocca il cuore del problema della vita della Comunità
Montana. La stessa domanda ha
in sé due variabili che sono innestate. Lo stato di paralisi e di difficoltà di questa Giunta sono evidenti e lo dimostra un accresciuto interesse degli organi di stampa.
Se non si giunge ad una definizione dell’assetto e soprattutto
dei comportamenti che, come dice Lei, provochino quel cambiamento reimpostando rapporti fra
le forze^ di maggioranza per rendere più efficace il coinvolgimento dei Comuni, se questo non si
verifica con immediatezza, lo stato di crisi non potrà che scattare a tempi rapidissimi. Ho qualche dubbio, mi permetta, che basti reimpostare l’equilibrio delle
forze attuali di maggioranza
(P.C.I. - P.S.I. e Indipendenti).
All’interlocutore ricordo che il
« Popolo Pinerolese », organo locale della D.C., ha messo sotto accusa la Giunta della Comunità
Montana. «L’Eco del Chisone» ha
riportato alcuni passi salienti
della lettera che la prof. Franca
Coisson ha inviato ai giornali del
pinerolese per smontare pezzo
per pezzo le accuse e riconoscere
giuste alcune osservazioni del foglio democristiano. Le inesattezze
riferite dal « Popolo », riconosciute tali anche da « L’Eco del Chisone », sembra non paghino le
corrette argomentazioni che Lei,
Cons. Martina, ha portato al Consiglio a sostegno di una linea politica di più ampia partecipazione
dei Comuni alle decisioni della
Comunità Montana, E, poi, perché affermare che i Comuni della
bassa valle sono penalizzati mentre sono di dominio pubblico i
consistenti interventi finanziari
della Comunità Montana anche in
favore del Comune di Luserna S.
Giovanni?
A questa duplice domanda come può rispondere?
Non penso di dover difendere in questa intervista l’organo
della D.C. di Pinerolo che replicherà alla lettera, lecitissima, della prof. Coisson. La lettera debbo
dire non ha smontato pezzo per
pezzo le accuse. E’ stato uno sforzo di difesa di una Giunta assediata dai suoi stessi alleati. Lo
stesso P.C.I. mi pare attento alle
evoluzioni che non potranno tardare ed il pragmatismo o la « ragiori di Stato » o l’evitare il rischio di isolamento, in una valle
dove si è espanso al di sopra di
ogni previsione, potrebbero portarlo anche a dover sacrificare
certi personaggi.
Proprio perché la domanda è
molto articolata, vorrei dire che
il comportamento in Consiglio da
parte nostra, (democristiana n.d.r.), in questi mesi è stato improntato ad una verifica, purtropP® riscontrata negativamente,
della disponibilità dell’attuale
maggioranza di cambiare radicalmente ed allora gli interventi sono stati puntuali e prudenti. Ma
basterebbe leggere con attenzione i verbali dei Consigli per capire come la nostra linea sia una
linea che ha inchiodato decine di
volte la maggioranza sul piano
formale e sostanziale.
La penalizzazione dei Comuni
avviene ed è avvenuta perché sulle scelte strategiche, non sugli
spiccioli, è emerso un disegno
che penalizza i Comuni della bassa valle. Ci vorrebbe poco a ricordare la diversità di posizione
su problemi quali quello dell Ospedale Mauriziano e di molte
altre cose.
La terza e ultima domanda è
analoga a quella rivolta la settimana scorsa al Cons. Rivoira, ricordo al Consigliere democristiano.
Il Cons. Longo si preoccupa di
come portare avanti il programma, per chi e con chi. Rispolvera
un progetto del ’77-78 dell’avv.
Bert, che prevedeva il coinvolgimento di tutti i Comuni come nel
Consiglio di Valle. Mi sembra che
il Consigliere socialista apra alla
Democrazia Cristiana. Non le pa
re che ciò implichi una crisi politica a breve termine e l’ingresso della D.C. in Giunta?
Celeste Martina risponde testualmente: Ho apprezzato il travaglio del P.S.I. in Val Pellice e
ne rispettiamo anche i tempi alle
volte troppo lunghi nei confronti
delle urgenze. Per problemi culturali complessi condivido quanto dice l’Arch. Longo nella sua
intervista. Occorre fare maturare
le situazioni e non servono le
scorciatoie.
Su queste linee del ’77 il riferimento al progetto di Bert è chiaro, noi abbiamo sollecitato una
revisione del metodo di lavoro e
dei rapporti fra Comuni e Comunità Montana. Rapporti che debbono essere di sostegno e non di
svuotamento, non di sovrairnosizione, con il necessario coordinamento delle politiche sovracomunali. Ma per rispondere infine all’ultima parte di questa terza
domanda, vorrei dire che: o
si porta avanti la linea LongoBert da noi sollecitata da cinque
anni o le prospettive estremamente stimolanti della C.M. Val
Pellice potrebbero essere drasticamente ridimensionate o ridotte a un non ruolo di un Ente che
la D.C. ha voluto e che finora ha
difeso. Così come è adesso la situazione è insostenibile da questo punto di vista, manco per l’alta valle c’è interesse a tenere unita una situazione scollata e di paralisi per cui non deve esserci
timore di una crisi che c’è ed è
profonda, ma occorre intervenire
subito radicalmente per ripristinare una linea ed un ruolo per
l'Ente sovracomunale che la D.C.
è disponibile a sostenere ed a far
crescere.
Intervista a cura di A. Kovacs
SAN SECONDO
i dimette l'assessore
Fra gli argomenti trattati dall’ultimo Consiglio Comunale di
San Secondo, particolare rilevanza ha avuto la politica che il
Comune sta attuando nei confronti dei servizi sociali. Proprio
su questo tema sono giunte le
dimissioni dell’assessore all’istruzione Basoletto per « l’impossibilità di fare nello stesso tempo
l’interesse della popolazione scolastica e dell’amministrazione ».
Certamente il problema è grave e per risolverlo non bastano
le dimissioni di un assessore.
L’amministrazione comunale
ha infatti scelto una politica che
si orientasse molto di più verso
un « laisser faire » edilizio invece che verso i servizi sociali ed
un piano di sviluppo che tenesse conto delle nuove realtà del
Comune (zona industriale, aumento della popolazione).
Alcuni dati significativi sono:
1) S. Secondo è l’unico Comune del circondario a far pagare
ai ragazzi che frequentano la
scuola dell’obbligo il servizio di
trasporto;
2) la mensa per i bambini della materna costa L. 1.400 (costo
fra i più alti del comprensorio);
3) non esiste alcun impianto
sportivo comunale attrezzato.
Per contro possiamo vedere
che:
1 ) viene costruito un municipio faraonico con scarsa utilità
pratica (due o tre sale vastissime mentre la gente che deve andare dalla guardia medica deve
aspettare fuori dell’edificio);
2) si abbatte il vecchio municipio che poteva essere ristrutturato ed adibito a sede di organizzazioni culturali, ricreative,
sportive;
3) si vuole costruire una piazza vastissima di 10.000 m.q.
oggi e domani
LOTTA PER LA PACE
Val Pellice. Il comitato per la pace
e il disarmo organizza per sabato 19 dicembre una marcia per ia pace. La marcia avrà inizio di fronte alla fabbrica
Microtecnica di Luserna alle ore 16 e
si concluderà alle ore 18.30 nel Salone
opera gioventù di Torre Pellice.
Qui la manifestazione proseguirà fino
alle 24 con un concerto della Chabriois
Band, con un intervento dell'avv. Bruno
Segre, colla presentazione di alcuni testi del Gruppo Teatro Angrogna, con la
proiezione del film « Per il re e per la
patria », con un concerto jazz col quartetto Allione-Mell-Rivagli-Baltro, e colla
proiezione di un film musicale.
SITUAZIONE POLACCA
Pinerolo. Il centro sociale protestante
organizza per venerdì 18 dicembre alle
ore 20.45 presso il Centro Sociale
della Tabona (via Saluzzo) un dibattito
sul tema « CASO POLONIA: QUALI
PROSPETTIVE? ». Introducono F. Ciafaloni e G. Franzinetti.
Patto
d’intesa
Quello che fu 11 sogno di M. A.
Rollier, avverso ad ogni provincialismo e convinto fautore della
unione e della indipendenza degli stati europei in un ordinamento democratico progressista trova ora, almeno in parte, realizzazione con l’avvenuto patto di
intesa fra regioni e cantoni delle
Alpi occidentali. Un protocollo
preliminare è stato firmato il 4
dicembre su iniziativa della Regione Piemonte.
All’atto della firma il Presidente della Regione Ezio Enrietti
ha evidenziato la utilità dell’accordo. «in un momento difficile
per l’economia italiana e quella
piemontese », e « la necessità di
uno sguardo che vada al di fuori
dei confini nazionali e regionali ».
Sono otto le regioni e cantoni
interessati: Cantone di Ginevra,
Provence-Alpes-Côte d’Azur, Rhône Alpes, Cantone Valais, Cantone di Vaud, Valle d’Aosta, Liguria e Piemonte.
Tutta quest’area può avviare
un lavoro enorme in quanto essa di per se stessa costituisce
una vera e propria naturale «comunità » ricca di organismi democratici, con svariati interessi
economici, culturali e turistici, su
una superficie di circa 118 mila
chilometri quadrati e con oltre 14
milioni di abitanti.
Gli intervenuti al Convegno,
sindaci e delegati cantonali e regionali unanimi hanno sottoscritto il protocollo di « intesa » che
all’art. 3 recita come obiettivo...
« quello di discutere a livello informativo e tecnico onde coordinare le soluzioni ed i problemi
che siano d’interesse comune...
Di particolare attenzione della
comunità saranno i problemi
connessi con le grandi comunicazioni ed i trasporti..., l’economia idrica ed il turismo, con la
massima valorizzazione del Bianco..., la protezione dell’ambiente,
la tutela del paesaggio, Passetto
territoriale urbanistico, la tutela
dei beni culturali ».
Nel rallegrarci dell’avvenimento ci è d’obbligo ripetere che
l’idea di una consiinile comunità fu sostenuta dal Rollier durante l’ultima guerra. Lui allora
partigiano, comandante delle formazioni « Giustizia e Libertà »,
era in stretto collegamento coi
resistenti delle Valli e quelli della
Val d’Aosta nonché con elementi
della resistenza francese; per citare alcuni ricordiamo Francesco
Lo Bue e lo storico Franco Venturi.
Questa unità che lascia intatte
le sovranità nazionali fna che alfine è maturata per una cresciuta necessità sovranazionale siamo fiduciosi darà risultati organici morali, culturali e di autentica fraterna solidarietà fra genti
affini.
Invero in vari modi non sono
mai mancati contatti e gemellaggi fra comuni piemontesi e di
oltralpe segnalatamente con il
flusso continuo mantenuto fra
Comunità delle Valli Valdesi e
Comunità evangeliche francesi,
del Cantone di Ginevra e di quello di Vaud.
È stato convenuto che il prossimo incontro si terrà in febbraio
a Marsiglia. La Presidenza della
Comunità sarà tenuta a turno
dalle varie regioni e cantoni e
1« sede sarà presso il Presidente
di turno.
Domenico Abate
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7
18 dicembre 1981
CRONACA DELLE VALLI
_____PINEROLO e VAL CHISONE-GERMANASCA FIN DE SIECLE
Come vivevano...
Un libro strenna” della Claudiana che affronta in modo serio,
ma allo stesso tempo popolare, le problematiche della storia locale
SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
«Cominciammo a vedere alcune
contadine valdesi, con le loro
cufRette bianche da vecchierelle,
tutte pulite, vicino al villaggio
di S. Germano, in mezzo a quei
monti graziosi, coperti di vigneti alle falde, vestiti d’eriche e di
faggi più in alto, dove si arrampicano allo spuntar del giorno,
coi libretti sotto il braccio, i piccoli barbetti per andar alla scuola del maestro girovago, nei casali romiti delle vette. E da quel
punto in su trovammo la valle
animata da quei cento rumori
sparsi e lenti, di carri, d’armenti, di sonagliere, d’officine solitarie, che accarezzano l’orecchio e
acquietano il cuore come il canto pacato d’una buona madre che
lavora ».
Cosi Edmondo De Amicis descriveva un secolo fa l’inizio di
una sua gita in Val Chisone ed è
proprio questo mondo, ormai così lontano da noi, fatto di tante
piccole cose, che ci viene riproposto dall’atteso secondo volume della serie « Come vivevano... », edito dalla Claudiana a
cura di C. Papini, R. Genre, E.
Pascal e dedicato questa volta a
Pinerolo e alle Valli Chisone e
Germanasca.
L’opera segue la stessa linea di
quello dedicato alla Val Pellice
e confluenti, ma risulta molto
più ampio e composito in ogni
sua parte, segno questo del notevole sforzo compiuto per la sua
realizzazione. E’ stato infatti notevolmente maggiorato lo spazio
riguardante le notizie storiche
« onde permettere al lettore di
meglio penetrare nel mondo illustrato delle fotografìe antiche ».
Un intero settore è stato dedicato alla presentazione di Pinerolo : dopo l’introduzione di Margherita Drago che tratteggia la
« belle époque » offrendoci alcuni coloriti affreschi della vita cittadina, segue una sintetica, ma
esauriente esposizione di Carlo
Papini sulla storia di Pinerolo
attraverso le sue chiese, i suoi
palazzi, il suo lavoro, dal nascere delle prime industrie alle condizioni di vita degli operai. Non
manca inoltre qualche cenno alla
situazione politica e al progresso (campagne elettorali, tranvia
a vapore). Si procede quindi con
una carrellata di notizie e curiosità sulle comunità delle Valli,
mentre vengono trattati con particolare cura alcuni argomenti :
il giardino botanico Rostania di
Pra Jasaout, alcune figure rappresentative quali Edoardo Rostan, medico e botanico illustre,
ed il medico Amedeo Rostan del
quale si ricostruisce la vita in
un villaggio delle nostre Valli attraverso un’interessante ed inedita documentazione, ed infine il
lavoro contadino e quello nelle
miniere di talco che contribuiscono a corredare efficacemente
le immagini.
La documentazione scritta si
completa con pagine tratte da
alcune opere del narratori dell’epoca (G. Appia, E. De Amicis,
P. Jahier, A. Bert, G. Sallen) che
offrono al lettore un quadro autentico della vita di quel tempo.
La parte fotografica comprende ancora un grosso nucleo tratto dalle lastre del pastore Davide Peyrot di Luserna S. Giovanni, però questa volta si è anche
ricorso a numeroso materiale di
foto antiche proveniente da privati. Ci sembra che questo connubio dia al libro una dimensione diversa, poiché la varietà dei
soggetti e delle situazioni propone un panorama più completo,
visto con ottiche diversificate rispetto al 1“ volume. Questo vale
non solo per quanto riguarda le
attività e i ceti sociali, ma anche
per la situazione religiosa che
rispecchia maggiormente le interazioni tra le due confessioni;
LETTERE ALL’ECO DELLE VALLI
PRECISAZIONE
A proposito del resoconto della conferenza su « Valdesio e Francesco », tenuta al liceo scientifico di Pinerolo il
2 novembre u.s. (Eco-Luce del 27.11), il
prof. Gönnet mi ha fatto pervenire la
seguente precisazione circa la data di
approvazione dell’ordine francescano:
« ...Francesco, sulle prime, era ostile
a qualsiasi forma di ordine regolarmente costituito... e nel 1209, a 30 anni di
distanza dalla venuta di Valdesio a
Roma (1179), si recò anche lui a Roma
per far approvare dal papa un primo
abbozzo di regola (la cosiddetta ’’protoregola”), che purtroppo la storiografia ufficiale ha voluto ”pour cause” far
coincidere con la nascita dell’ordine. In
pratica la regola non fu approvata che
nel 1221, resa poi definitiva nel 1223 ».
Michele Cericola
STERILIZZAZIONE
Sull’« Eco delle Valli » si è parlato
spesso e ampiamente del problema
dell’aborto; credo che ora sarebbe opportuno soffermarsi su un argomento
altrettanto importante e, in un certo
senso, collegato: la sterilizzazione. Sono ormai moltissime le donne che per
motivi ideologici, di lavoro, di salute,
decidono di non avere figli o di fermarsi al primo, eppure non esiste ancora una legge che consenta loro di
recarsi tranquillamente in ospedale e
di sottoporsi all’allacciatura delle tube.
Le norme fasciste riguardanti i « delitti
contro la stirpe » sono state abolite
ma non c’è nulla che le sostituisca, le
donne non possono gestire la propria
fecondità come vorrebbero. A livello
popolare purtroppo resiste ancora la
mentalità per cui « un figlio solo è poco. se gli succede qualcosa... », come
se un secondo bimbo potesse davvero
sostituire M primo in caso di morte e
annullare il dolore dei genitori!
Ci sono gli anticoncezionali, obiettano molti; ma i contraccettivi presentano spesso controindicazioni e inconvenienti, non è giusto a mio avviso che
chi decide in giovane età di non procreare debba sobbarcarsi le noie della
contraccezione fino al climaterio. Capita poi che l’anticoncezionale fallisca ed
ecco la donna di nuovo di fronte al
trauma dell'aborto. Non sarebbe meglio
che la sterilizzazione fosse una procedura accessibile a tutti, normale, gratuita, frutto di una libera scelta personale su cui nessuno (religioso, medico o marito) si permette di sindacare?
È triste constatare che chi ha buone
possibilità finanziarie, come al solito,
può andare all’estero e sottoporsi all'intervento come e quando gli pare,
mentre le richieste dei meno abbienti
rimangono inascoltate e vengono giudicate come minimo « strambe ». La sterilizzazione permetterebbe a molte coppie di avvicinarsi finalmente con gioia
al sesso, liberi dall’incubo di calendari,
pastigliette e arnesi vari.
Sarei molto contenta se anche gli altri lettori esprimessero il loro parere
in merito, dando vita a un interessante
dibattito.
Edi Morini
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due mondi a confronto, la cattolica Pinerolo e i villaggi valdesi
delle Valli.
Attenta ed efficace risulta anche la ricerca nelle didascalie che
compendiano egregiamente le
notizie storiche e che testimoniano della minuziosa esplorazione
compiuta dall’editore.
Un libro molto interessante
che però non vuole solo evocare
con nostalgia l’atmosfera del passato da leggere in chiave epica,
ma che vuole consegnare alle generazioni più giovani i documenti di una condizione di vita e di
una cultura che sarebbero altrimenti sepolte per sempre.
Un libro ricco, affascinante e
stimolante che invita ad una attenta analisi dei particolari per
riscoprire ancora una volta una
fetta di « memoria storica », dove le immagini sono i segni delle
trasformazioni della società.
Le case, i villaggi, i boschi, le
montagne, le persone, il lavoro,
l’istruzione, di cui De Amicis fa
cenno nel passo citato in apertura, ci appaiono dunque non solo
come scenario romantico del
tempo che fu, ma sono un’insostituibile testimonianza della storia nei suoi complessi significati
culturali.
Proprio per questi motivi, il
volume che viene così, a completare il panorama fotografico fin
de siècle delle Valli (anche se l’editore spera di potersi ancora
occupare nel futuro della Alta
Val Chisone fino a Sestriere) è
rivolto ad un pubblico molto ampio e non solo all’amatore di fotografie antiche.
Ci auguriamo anche che esso
contribuisca a stimolare nuove
ricerche ed iniziative sulla cultura e le tradizioni di queste nostre
Valli, « diverse » a causa della
presenza dei Valdesi.
Clara Bounous Bouchard
• Sabato 5 si è inaugurata a
Pomaretto la preannunziata Mostra del Centenario della Società. Organizzata nei locali delle
scuole elementari a cura di un
gruppo di amici e dell’Amministrazione Comunale, la piccola
esposizione propone ai visitatori
l’itinerario culturale della Società nei suoi 100 anni di vita.
Seguendo però le linee di un
programma che si sta delineando negli ultimi anni, accanto alla storia si è dato largo posto
alla vita e cultura locale, in questo senso la Mostra ha offerto
ospitalità ad un settore di documentazione sul lavoro in miniera e la giornata di martedì, è stata consacrata a testimonianze
sul lavoro dei minatori. Una vita che diventa storia e documento e che va custodita.
• Nel quadro delle attività del
1982 il Seggio ed alcuni membri
della Società hanno ripreso in
esame un progetto già formulato in passato : organizzare una
visita alle chiese del Rio de la
Piata. I primi sondaggi sembrano essere positivi e diamo ora le
prime notizie. Il viaggio sarà effettuato in febbraio, per la durata di 15 giorni dal 7 al 21 febbraio in modo da poter partecipare alla sessione del Sinodo che
ha luogo a Colonia Vaidense.
Il prezzo del viaggio in aereo
con partenza da Torino e rientro
a Torino, via Roma-Buenos Aires, si aggira su 1.500.000 lire a
cui si devono aggiungere le spese di viaggio in loco e di soggiorno. E’ necessario naturalmente il passaporto.
Il programma di visita alle
chiese sudamericane ed i problemi di sistemazione in loco
(alberghi, pensioni, ospitalità
presso famiglie ecc.) sono ancora
in fase di studio ma è necessario
sapere sin d’ora il numero delle
persone eventualmente interessate a questo viaggio.
Per iscrizione ed informazioni
rivolgersi a Livio Gobello, Asilo
Valdese, 10062 Luserna S. Giovanni, tei. (0121)90.285.
TORRE PELLICE
Incontri musicali
Pro Loco, Comune e Comunità Montana, avvalendosi della collaborazione delrUniversità della Terza Età di Pinerolo,
hanno organizzato un ciclo di dodici incontri musicali pomeridiani dedicati alle persone non più giovanissime.
Scopo dell’iniziativa che ha incontrato
in modo sorprendente ed imprevedibile
la disponibilità totale e disinteressata
dei giovani concertisti, secondo le finalità deU’Università della 3“ età è quello
di offrire a tutte le persone che hanno
ovvie difficoltà a frequentare spettacoli e manifestazioni serali, un modo per
uscire periodicamente dalla « routine »
quotidiana. Trascorrendo due ore Insieme, con la mediazione della musica,
è auspicabile si possa stabilire anche
un rapporto di comunicazione che sovente, pur abitando nell’ambito dello
stesso paese e magari a poca distanza
gli uni dagli altri, riesce difficile nonostante che gusti, aspirazioni, proble
mi, data l’età, siano spesso identici,
per mancanza di un terreno su cui
incontrarsi.
Se l’iniziativa incontrerà il favore
delle persone a cui è diretta, potrà
continuare negli anni futuri, migliorata
ed arricchita grazie alle proposte che
ci si augura scaturiranno da questi incontri.
Il primo appuntamento è per giovedì
17 dicembre alle ore 16 all’Hòtel du
Pare. La sede, insolita, può lasciare
perplessi: ma per tenere un concerto
pianistico occorre... un pianoforte e là
questo strumento, alquanto ingombrante, ha trovato la collocazione più opportuna.
Altri incontri si terranno alla Foresterìa Valdese, gentilmente concessa. Ma
la sede non ha importanza: importante
è lo spirito con il quale si decide di
partecipare.
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CRONACA DELLE VALLI
PERORA ARGENTINA
Al servizio della prima
SEMINARIO F.F.E.V.M.
La scuola materna statale di
Porosa nasce nel 1979 grazie all’amministrazione di sinistra, la
quale rileva i servizi di scuola
materna ed asilo nido presenti
nell’ex-asilo aziendale ed in accordo con la proprietà dell’edificio FILSETA stila una bozza di
convenzione per la gestione dei
servizi di assistenza.
Le richieste che già erano state avanzate in Provveditorato
per l’apertura di più sezioni di
scuola materna non avevano trovato rispondenza da parte di
quell’ufflcio ; interventi « esterni »
avevano influito presumibilmente su tale diniego d’apertura di
tre sezioni di scuola materna
statale.
Si era però ripartiti l’anno successivo, cioè nel 1979, appoggiati
da un congruo numero di genitori firmatari di una petizione
in cui si auspicava l’apertura di
almeno una sezione, per garantire un maggior pluralismo e la
libera scelta dei genitori tra una
scuola materna statale e una privata, presente nel comune.
Questa volta il Provveditore
accoglie la richiesta, così si avvia
il servizio in un edificio privato,
che diventa di proprietà comunale, con atto di donazione, nel
1981.
Nel 1981 il numero di sezioni
aumenta a due, grazie a un mag
gior numero di richieste di genitori, pur essendo questo fatto
osteggiato dalla D.C. locale, in
minoranza nell’amministrazione
comunale, che non digerisce il
fatto che esista una scuola statale quando ce n’è una privata,
quella delle suore di Maria Ausiliatrice, in quanto ciò costituirebbe un’ulteriore spesa. In ripetuti scontri consiliari, la maggioranza di sinistra ha ribadito
l’irnportanza del pluralismo ideologico, della libera scelta e della
necessità di un servizio statale.
Abbiamo ancora rivolto alcune domande al personale della
scuola materna statale per avere ulteriori informazioni sulla situazione attuale.
— Quanti sono gli iscritti attualmente?
— Attualmente risultano iscritti 45 bambini, di cui 40 frequentanti regolarmente. Alcuni inizieranno a frequentare al compimento del terzo anno di età. Sono pure iscritti due bambini portatori di handicaps gravi. Una
bambina è seguita da un’insegnante messa a disposizione dalla Provincia e dalla logopedista
del servizio di medicina scolastica. L’iscrizione alla scuola materna statale è dovuta soprattutto ad una scelta operata dai genitori nei confronti della scuola
pubblica.
— Qual è l’orario?
— L’orario di apertura è dalle
ore 7,45 alle ore 17,15.
Questo tipo di orario soddisfa
l’esigenza dei genitori che lavorano; la maggioranza dei bambini
ha anche la madre occupata.
— Come vengono determinate
le rette?
— Il costo a carico delle famiglie è conteggiato in base al reddito familiare. Pino ad un reddito di L. 1.500.000 prò capite non
si paga alcuna retta ; con un reddito superiore a tale cifra la retta è di L, 15.000 mensili, che
equivalgono a L. 750 per un totale di 20 pasti. Dalla retta si detraggono L. 750 per ogni pasto
non consumato. In questo prezzo è compresa anche la merenda. Il menù attuale è stato elaborato con il controllo deH’ufficiale sanitario.
— Esiste un comitato dei genitori?
— Si è costituito un comitato
dei genitori per la gestione del
servizio di refezione scolastica
che dovrà occuparsi del funzionamento della mensa.
— Quali sono i problemi più
rilevanti?
— I problemi più grossi sono
dovuti alla ristrutturazione dell’edificio che sarà ultimata entro il prossimo anno.
F. S. G
L’angolo di Magna Linota
Cara Linota, sorella nel Signore,
« Sono io guardiano di mio fratello? » (Genesi 4: 9).
« Io metto la mia vita per le pecore e le conosco» (Giov 10’
11, 14).
« Pasci le mie pecore! » (Giov
21: 15, 17).
« Abbiate AMORE INTENSO gli
uni gli altri» (I Pietro 4: 8).
Ho aperto questo mio breve
scritto con la Parola di Dio: ottimo consultarla, meditarla, e personalmente darle una risposta di
consacrazione. Ho preso parte
alla storia dei coniugi vendemmiatori e mi addolora. Questi cari amano la loro gente, gli piace
andare al culto, sentirsi nella famiglia di Dio; si sentono felici.
Ma il pastore responsabile di questa Comunità non sente dopo
cinque anni il dovere di pascere
le pecore che il Signore gli ha
affidato: né una stretta di mano
fraterna e tanto meno una visita
fraterna (se così è, è mai possibile?).
Come leggo, sono anziani, stanno poco bene, si sentono soli;
perché non far loro sentire che
non sono soli con un fraterno
amore che li circondi di vivo affetto? Se non ci adoperiamo per
i nostri fratelli, come possiamo
dedicarci per l’opera di Dio? Non
avendo sensibilità ed amore per
chi ci è vicino, come posso amare Dio che non vedo? Ma grazie
a Dio che ci ha donato la Fede
per sola Grazia e per la Sua infinita Misericordia, la quale ci fa
partecipi come Corpo di Cristo,
possiamo lodare e ringraziare per
gli innumerevoli e copiosi beni
ricevuti da Lui (Salmo 103).
Ho letto la tua risposta sulla
« Luce »; in parte mi ha poco
convinto e persuaso spiritualmente. A questi fratelli anziani
rispondi che li capisci, ma secondo te hanno torto; certo nessuno
è perfetto.
A me pare, esaminando la tua
risposta, che tu sia stata un pochino parziale. Perché, se hai trovato del torto a questi cari
fratelli, con la Luce della Parola di Dio non metti in risalto l’inadempienza del caro fratello pastore della loro comunità? Io penso che è bene quando
con an-iore ci esortiamo, ci riprendiamo e ci incoraggiamo per
l’opera e servizio al solo Signore.
Cara sorella, non abbimi a male; è una semplice osservazione di
un anziano fratello di età e nella
Fede. Il Signore tosto viene! Ci
trovi uniti, compatti, consacrati,
sensibili, con profonda CARITA’
per la guida del Suo Santo Spirito. Dio ci benedica entrambi; a
te specialmente dia Luce per rispondere ad ognuno secondo la
Sun PAROLA.
Fraternamente un saluto in
Cristo Gesù.
CocuMF.i.i.i Mario - Venaria
Caro fratello, ti ringrazio di
cuore per la tua buona lettera.
Mi accorgo sempre più che difficile compito mi son preso quando ho scritto la mia prima lettera alla « Luce » e di quanto aiuto
ho bisogno per non sbagliare e
per riuscire a scrivere quel che
penso in modo chiaro. Mi sembra di non esserci riuscita neanche stavolta: io non avevo nessuna intenzione di dar torto ai
due anziani che si sentono soli,
ma non mi sento nemmeno capace di giudicare il loro pastore,
tanto più senza conoscerlo. Ci
sono però alcune cose di cui sono convinta.
1. - E’ scandaloso che qualcuno sia lasciato solo, ma di questo
scandalo abbiamo colpa tutti,
perché tutti, chi più chi meno!
rispondiamo qualche volta come
Caino che non siamo i guardiani
di nostro fratello. Mi sembra
troppo comodo, e ingiusto, scaricare tutte le responsabilità sulle
spalle del pastore. Il Nuovo Testamento dice che dopo Gesù
Cristo non c’è più sacerdozio, e
che davanti a Lui non c’è ’distinzione fra i credenti; la visita
ai fratelli anziani, soli, malati è
un compito che tocca a tutti, e
dobbiamo toglierci quella mentalità sbagliata per cui ci sentiamo maltrattati se a trovarci viene solo un anziano o un semplice membro di chiesa.
2. - Mi pare che ogni anno affidiamo al pastore qualche nuovo
compito, ma insieme pretendiamo che continui a fare tutto quel
che faceva prima: va bene il culto radio, la tavola rotonda, il libro per la Claudiana, o i viaggi
pp la CEvAA, ma restano le riunioni quartierali e le visite alTospcdale. Anche questo accumulo non mi sembra giusto: il
pastore è prima di tutto una persona a cui la chiesa ha chiesto
di studiare per anni la Parola
del Signore, perché poi potesse
aiutarci a capirla sempre meglio
e ad esserle fedeli nella vita di
tutti i giorni.
Accanto a questo compito principale può averne molti altri, secondo i suoi doni e secondo la
necessità, ma le sue giornate
non hanno più ore delle nostre.
Quante volte noi diciamo: « Vorrei lavorare per la comunità, ma
non ho tempo »? Allora, quando
vien fuori un nuovo campo di lavoro, perché non facciamo una
bella assemblea, con un elenco
delle varie attività, e non decidiamo tutti insieme quali cose
deve assolutamente fare il pastore, in quali invece possiamo
aiutarlo noi? Però bisognerebbe
calcolare bene quanto tempo occorre realmente per ogni cosa.
Ouand’ero bambina, qui alle Valli eravamo quasi tutti contadini:
in una giornata il pastore visitava anche dieci famiglie, e ci trovava tutti, o in casa, o lungo la
strada, fermandosi a parlare con
chi era al pascolo o raccoglieva
le patate. Oggi quasi tutti lavorano fuori. Le case di giorno sono vuote e la sera la gente non
ha molta voglia di ricevere visite: o va a dormire, o guarda la
televisione, o ha da fare i lavori
di casa. Per il povero pastore le
visite sono diventate molto difficili e scoraggianti; perciò dicevo che faremmo bene a chiederle, prima di sentirci tristi perché lui non viene.
3. - Gesù ha detto che chi vuole salvare la sua vita la perderà,
mentre chi perde la vita per
amor Suo la salverà.
Secondo me, questo vuole anche dire che se vediamo soltanto
i nostri problemi e la nostra solitudine, rimarremo sempre soli
e infelici. Se invece riusciamo ad
aprire gli occhi e a vedere quanta gente intorno a noi è molto
più sola e ha dei problemi più
grossi dei nostri, cercando di
aiutarla e dimenticando noi stessi, un giorno scooriremo che anche noi non siamo più stati soli
e che nel regno di Dio più si re,gala e più ci si ritrova ricchi.
Con affetto fraterno
Magna Linota
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Daniela Romano
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GIUSTI PREZZI
Il concetto di peccato
Nello scorso numero abbiamo pubblicato un breve articolo sul
seminario organizzato dalla Federazione Femminile Evangelica Valdese e Metodista sul tema del «peccato nell’Antico e Nuovo Testamento ».
Presentiamo qui di seguito alcune reazioni delle partecipanti.
(...) Il tema proposto dalla
F.F.E.V.M. per il seminario, il
concetto di peccato, era molto
impegnativo e difficile da condensare in solo quattro incontri
pomeridiani della durata di circa
tre ore ognuno.
Di primaria importanza è stato quindi l’intervento del pastore B. Rostagno che ci ha tracciato « una pista nella foresta dei
testi » citati nella dispensa preparata dal Consiglio Nazionale
della F.F.E.V.M., onde poter illustrare lo sviluppo storico del
peccato.
Successivamente le conduttrici
hanno concordato i passi biblici
da leggere e commentare nei vari gruppi e tracciato le linee generali degli studi inerenti da presentare nelle sedute plenarie, affidati per un maggior approfondimento ad alcune relatrici.
Il primo studio esaminava (sulla base di Gen. cap. da I a XI) la
introduzione del peccato nel
mondo tramite la trasgressione
di Adamo ed il progressivo crescere del male fino alla progettazione della torre di Babele che
unisce gli sforzi degli uomini in
un’impresa titanica senza Dio e
che determina la loro dispersione proprio ad opera di quel Dio
che essi hanno dimenticato.
Il secondo studio, su Osea VI:
1-6; Is, VI: 1-8, analizzava il peccato del popolo d’Israele visto
come il convincimento di poter
ottenere automaticamente il perdono per le continue e ripetute
infedeltà con riti propiziatori e
sacrifici, e non con un reale pentimento, e come l’incapacità di
poter parlare con un Dio troppo
santo per un popolo impuro.
Il terzo studio su Ger. II: 1-13
metteva in risalto come Israele
avesse ormai abbandonato Dio, il
suo primo amore, la sorgente di
acqua viva, per scavarsi delle cisterne screpolate, dimentico degli innumerevoli benefici ricevuti. Ma in questo quadro sconfortante la relatrice poneva l’accento sulla promessa di Dio, fatta
per bocca di Geremia e di altri
profeti, di un nuovo patto stretto con l’intera umanità e volto a
salvarla.
L’ultimo studio infine commentava l'analisi fatta dall’apostolo
Paolo nell’epistola ai Romani,
cap. VII: 7-13, sulla impotenza
della legge a salvare l’uomo dal
peccato e poneva in luce (sulla
base dei vers. 1-6 e 25 dello stesso capitolo) la grazia di Dio che.
(...) Quest’anno il tema del Seminario ha coinvolto profondamente la partecipazione personale alla riflessione.
Nell’ultima seduta del Seminario i vari gruppi di lavoro hanno espresso delle considerazioni
che non hanno potuto essere approfondite in modo tale da concretizzarsi in una dichiarazione
assembleare, ma esse sono state
raccolte ed espongono il convincimento che sia individualmente,
sia collettivamente, anche oggi,
diciamo più o meno coscientemente con Caino: « Sono forse
io il guardiano di mio fratello? »;
che questa indifferenza, questa
non comunione con il prossimo
è la conseguenza della non comunione con il Cristo che ci priva della capacità di testimoniare.
Quindi non dobbiamo stupirci
se scopriamo intorno a noi, e in
chi forse meno ce lo aspetteremmo, dei segni che la Parola di
Dio opera nel cuore dell’uomo,
anche se a livello inconscio. Come nell’Antico Testamento Dio
parlava ai suoi attraverso « quelli di fuori », anche oggi questo
può verificarsi e quindi possiamo sentire « da altri » denunce
di gravi situazioni che opprimono pesantemente anche il nostro
cuore.
I problemi macroscopici che
attanagliano l’umanità oggi, come quello della corsa agli armamenti e quello dei quattro/cinque
milioni di persone che muoiono
ogni giorno di fame sono per noi
una conseguenza dell’intendere la
difesa della vita e l’utilizzo delle
risorse disponibili in modo sbagliato: un modo errato che par
traraite Gesù Cristo, cancella il
peccato e ci libera dalla morte.
Lo svolgimento
del seminario
Sin dal primo incontro si sono
costituiti sei gruppi composti mediamente di 8-9 persone con due
conduttrici, che, dopo una preghiera e un inno in comune, si
appartavano per leggere e commentare i passi indicati e trascrivere i vari interventi, sintetizzandoli il più possibile, su un
cartellone.
Nella prima seduta si è fatto
uso del photo-language, invitando tutte le componenti dei singoli gruppi a ricercare in una
serie di fotografie, scelte a caso
ed illustranti vari aspetti del
mondo attuale, quale peccato si
poteva individuare. Si può dire
che i risultati sono stati positivi
perché ognuno ha potuto esprimersi liberamente e superare così un certo riserbo iniziale ed
inevitabile da parte di persone
che si trovavano a lavorare insieme per la prima volta.
I vari gruppi si riunivano quindi in seduta plenaria per illustrare i propri cartelloni e per ascoltare il commento biblico, a cui
seguiva una breve discussione.
Solo nell’ultimo incontro l’ordine fino ad allora seguito è stato modificato: si è ascoltato prima il commento biblico e quindi
ci si è appartati per la preparazione della Santa Cena. Qgni
gruppo infatti doveva scegliere
o i passi biblici da leggere o gli
inni da cantare o preparare la
preghiera d’intercessione e di
confessione.
II seminario ha avuto termine
con la Santa Cena.
Una valutazione
Quest’esperienza è stata per
me positiva e non soltanto per i
temi trattati in questi incontri,
ma anche e soprattutto per lo
spirito comunitario con cui sono
stati svolti: non più da una parte il pastore (o altra persona
particolarmente preparata) che
« dà » e dall’altra uditori passivi
che « ricevono », ma tutti i presenti attivamente partecipi nell’impegno comune di meditare
sulla parola di Dio e di confrontare le proprie riflessioni in un
reciproco arricchimento. (...)
Nora Bernardini Costabel
te dal cuore di ogni uomo e che
concorre a determinare situazioni drammatiche.
Credere non fatale il male che
può dominare il cuore dell’uomo
« fin dalla sua fanciullezza » vuol
dire lottare con tutte le forze
contro l’odio e la violenza e impegnarsi per diffondere la pace
nel mondo come risposta fiduciosa nell’opera di salvezza compiuta da Cristo e in atto fino alla
sua piena manifestazione.
F.F.E.V.M. Valli
TORRE PELLICE
Soggiorno
invernale
Come è ormai tradizione, anche per
i'anno in corso ia Comunità Montana
Vai Peliice intende organizzare un soggiorno invernale per ragazzi/e dai 13
ai 18 anni che sarà attuato a Traversella (Canavese) dal 27.12.1981 al 3
gennaio 1982.
Il programma specifico del soggiorno,
che avrà come attività portanti gli
sporta invernali, sarà fatto con i ragazzi/e partecipanti. Per concretizzare
quanto sopra è stato fissato un incontro per venerdì 18 dicembre alle ore
17 presso il Centro di Incontro di Torre Peliice (piano terreno del Municipio] a cui sono caldamente invitati
tutti i ragazzi/e che hanno intenzione
di partecipare al suddetto soggiorno.
Per qualsiasi informazione e per le
iscrizioni rivolgersi in Comunità Montana Val Peliice - Piazza Muston. 3 Torre Peliice - Tel. 91836 entro il 18
dicembre 1981.
9
18 dicembre 1981
CRONACA DELLE VALLI
9
EGEI - VALLI
Quale strategia per le valli?
« La Chiesa riformata. Strategia alle Valli » erano i temi del
convegno della EGEI-Valli, tenutosi a Bobbio Penice sabato 5 e
domenica 6 u.s.
« L’iniziativa della Tavola non
può che essere accolta con piacere da chi vive ed opera nelle
Valli » diceva Claudio Tron, illustrando il documento della Tavola Valdese presentato al Sinodo del 1981 per il « rilancio » delle Valli; il progetto che ne è alla base è condotto con coerenza
rispetto agli obiettivi che la Tavola si pone.
Bisogna però rilevare come
manchi un po’, nel documento,
una analisi delle risorse reali su
cui ci si possa basare.
.Da una parte il documento
non sembra tener molto conto
dell’andamento demografico nelle Valli; dall’altra sembra privilegiare una certa cultura valdese
e valligiana, una cultura, per così dire, storica, a scapito di una
non da oggi nascente cultura, diciamo, dinamica.
La Tavola pare poi concentrare la sua attenzione verso le basse valli, e questo per comprensibili motivi, ma, si diceva, ciò
non dovrebbe andare a danno
delle alte valli, che sempre più
richiedono un intervento (e non
solo certo da parte della Tavola) a loro favore.
A partire da queste osservazioni, a Bobbio si facevano alcune
proposte di lavoro, come la necessità di una selezione degli
interventi, di un recupero delle
2» CIRCUITO
Predicatori
laici
In occasione della giornata del
predicatore locale è il secondo
anno che il Consiglio del 2° Circuito organizza lo scambio dei
predicatori locali tra le comunità
del Circuito; questo dà la possibilità ai predicatori di portare il
loro messaggio ad altre comunità, e nello stesso tempo le comunità hanno l’occasione di incontrare questi fratelli al fine di valorizzare e suscitare un nuovo
interesse (specialmente tra i giovani) per questo servizio da rendere a Cristo.
Dopo la predicazione tenuta
nelle varie chiese- è seguito un
incontro a cui erano presènti anche i lettori e quanti erano interessati a questo servizio. Un
pranzo comunitario è stato offerto gentilmente dalla comunità di S. Secondo che ringraziamo. Dopo il pranzo si è discusso sul tema: « L’approfondimento biblico e teologico ». È emersa dai vari interventi la necessità di organizzare dei seminari di
studio che siano di aiuto non solo ai predicatori locali ma anche
ai monitori ed a tutte le persone
interessate all’annunzio dell’Evangelo (sono state proposte alcune linee di azione che sono
ora allo studio del Consiglio del
Circuito).
È stata messa in evidenza la
dignità culturale del predicatore
locale in quanto vive nella realtà della vita quotidiana, il che gli
permette di dare un messaggio
forse più comprensibile e coerente alla esperienza di vita dei suoi
uditori.
Si è concluso rincontro con il
canto del Padre Nostro, dopo di
che è ancora stata offerta una
gradita tazza di tè.
R. V.
funzioni più propriamente pastorali dei pastori, liberandoli da
compiti di rappresentanza o di
gestione; soprattutto però si è
convenuta l’esigenza di una maggiore attività del «popolo valdese » nella vita sociale, con la
maggiore partecipazione possibile di persone nelle strutture pubbliche.
Nel dibattito si è poi rilevato
come la Tavola conduca una analisi della realtà in termini che
talora lasciano un po’ perplessi:
ad esempio, Torino è sì la città
di Gobetti e Gramsci, ma oggi è
soprattutto la città della FIAT,
delle industrie in crisi, degli operai in cassa integrazione, dei giovani senza un chiaro avvenire davanti; il discorso del « riaggregare il popolo valdese intorno alla
chiesa » non può prescindere da
quello della riforma della chiesa;
bisogna tenere ben presenti le
forze su cui basare i propri interventi, in modo da non scegliere obiettivi sproporzionati ad esse.
Il past. Sergio Ribet, nella sua
relazione su « La riforma della
Chiesa », osservava come questa
dovesse per forza fare i conti
con il rapporto tra chiesa e storia, e per questo oggi bisogna
prestare molta attenzione ai mutamenti in campo teologico, culturale, sociale tanto in ambiente
protestante quanto in quello cattolico.
Sergio Ribet ha poi messo a
confronto il progetto del documento della Tavola al Sinodo, il
progetto che si può ricavare dallo scritto di Sergio Rostagno
« L’esistenza della Chiesa » (Diakonia n. 1/1977), e quello di Giorgio Tourn del libro « Una chiesa
in analisi » (Claudiana 1973).
Schematizzando, Ribet diceva
TORRE PELLICE
Scuola Media
Valdese
Sabato 12 dicembre, in un clima pre-natalizio, gli allievi della
Scuola Media Valdese hanno potuto assistere ad una piacevolissima esibizione del Gruppo Strumentale della Badia Corale Val
Chisone che da anni sì occupa
della ricerca e della diffusione
della musica popolare e polifonica del XVI e XVII secolo.
I giovani suonatori pinerolesi
hanno presentato un programma
che spaziava dai preziosi Noëls
prSVehzali della raccolta di Notre Dame Des Doms di Avignone
(1570-1610), alle musiche a danza, in voga durante il Rinascimento, fino alle antiche melodie
raccolte dalla viva voce dei cantori delle nostre valli, debitamente adattate per gli strumenti dell’epoca.
I ragazzi, piacevolmente colpiti dal particolare suono di strumenti come i flauti a becco,
il cromorno, la dulzaina, i galoubets, la. tromba marina, il tamburino a corde e percussioni varie,
si sono rivelati molto interessati e partecipi tanto che, al termine dell’esibizione, hanno imparato e cantato, accompagnati dai
suonatori, un semplice Noël provenzale dal titolo « Lou paure
Satan ».
Mentre ringraziamo vivamente
il Gruppo Strumentale della Badia Corale Val Chisone per la
cortese collaborazione, ci auguriamo che simili esperienze che
ci arricchiscono dal punto di vista umano e Culturale possano
ripetersi di frequente.
Comitato organizzativo
attività culturali
Luserna S. Giovanni -Tempio dei Bellonatti
Domenica 20 dicembre 1981 - ore 21
CONCERTO
sinfonico ■ corale
dell’Accademia Stefano Tempia di Torino
diretta dal M.o Mario LAMBERTO
Direzione artistica del M.o Alberto PEYRETTI
che dal primo si può ricavare un
progetto che pone sostanzialmente al centro di se stesso la chiesa, così come è oggi, mentre il
secondo ha come punto focale
il momento della predicazione,
dalla quale nasce la chiesa.
L’ipotesi del past. Tourn si può
porre a metà strada, con l’indicazione di far funzionare a pieno
ritmo, se così si può dire, le
strutture ecclesiastiche esistenti, senza dimenticare il compito
fondamentale della testimonianza.
Per quel che riguarda poi il
rapporto tra la FGEI e le Comunità al contatto delle quali opera,
Sergio Ribet diceva che oggi è
quanto mai necessaria una costante verifica delle proprie idee
da una parte e dall’altra, perché
sempre più ampio è lo scollamento tra quel che si pensa sia e
quel che realmente è la « controparte », il che contribuisce spesso
ad acuire incomprensioni che
poi, a ben guardare, non avrebbero ragion d’essere, se solo la
volontà di confronto e di dialogo
sincero fosse più sentita da parte di tutti.
Il convegno, che verteva su temi particolarmente interessanti,
ha registrato una partecipazione
di persone inferiore al previsto
(circa 25 giovani), e soprattutto
non ha coinvolto i giovani del
luogo, cui si era pensato di venire incontro svolgendo in loco
un convegno che avrebbe dovuto interessarli direttamente.
Paolo Gay
SAN SECONDO
Gli handicappati ed il nostro
atteggiamento nei loro confronti
è stato l’argomento discusso dalle sorelle deH’Unione Femminile in occasione della loro ultima
seduta. Il tema è sorto dalla
preoccupazione che il nostro
comportamento nei loro confronti costituisca veramente un atto
di solidarietà e non elevi ulteriori barriere fra noi e loro. Abbiamo infatti constatato quanto
questo rischio sia vero, soprattutto in questo periodo in cui il
problema degli handicappati è
venuto alla ribalta con l’anno internazionale.
• L’anno amministrativo della
Chiesa termina con il 31 dicembre. Chiediamo perciò a quanti
hanno ancora un qualche versamento da fare di farlo al più
presto per consentire la chiusura
dei conti in tempo utile.
• Dopo una lunga e dolorosa
malattia è deceduto alla Crotta
(Lombarda) Luigi Enrico Gaudin
di 79 anni. Alla vedova ed ai figli la comunità rinnova il suo
sentimento fraterno e solidale.
1® CIRCUITO
MINISTERI
EVANGELISTICI
Venerdì 18 dicembre alle
ore 20.30, nella Casa Unionista di Torre Pellice, inizia un corso, organizzato
dal Consiglio del Circuito,
di studi biblici in vista
della predicazione.
Tema: Prima di predicare:
disponibilità e preghiera.
Conduce il pastore Sergio
Ribet.
Gli incontri sono aperti
e si spera nella massima
partecipazione.
SAN GERMANO
Sabato 21 novembre u.s. ha
avuto luogo nel tempio un ottimo concerto per strumenti a
fiato ed organo. Dobbiamo questa bella serata musicale ai quattro componenti del complesso
« Pro Musica antiqua » ed al nostro organista Giorgio Baret. Abbiamo particolarmente apprezzato una « Canzona » di Frescobaldi, assai ben eseguita dagli ottoni, nonché i corali di Bach e
il « Noël suisse » di Daquin per
trombe ed organo. Ma tutto il
programma era assai ricco e curato, come curata era stata l’organizzazione della serata da parte di Remo Bouchard e Giorgio
Baret. Grazie ai musicisti ospiti
per la loro fatica che è stata
ricompensata dai giustificati
applausi di un pubblico numeroso e attento. La presenza dei
sangermanesi avrebbe potuto essere più consistente, anche se un
buon gruppo di amanti della
musica non è mancato.
• Gino Barai e EUana Long
si sono uniti in matrimonio mercoledì 2 dicembre nel nostro
Tempio. A questi sposi che si
stabiliscono a S. Germano rivolgiamo l’augurio fraterno di tutta
la comunità.
« Concerto di Natale ». Sabato
26 dicembre alle ore 20.30 la
Corale Valdese di Pomaretto darà un concerto di organo, flauto e canzoni nel Tempio di Pomaretto. La popolazione tutta è
cordialmente invitata.
• Sabato 12 dicembre hanno
avuto luogo i funerali del nostro
fratello Cesare Peyret, deceduto
presso l’Ospedale Valdese di Pomaretto all’età di anni 76.
Ai familiari in lutto giunga la
simpatia cristiana della Comunità tutta.
PRAMOLLO
POMARETTO
• Ringraziamo il pastore Alberto Ribet che ha sostituito il
pastore Noffke impegnato nella
Assemblea di Circuito, il 15 novembre.
E’ nato Yuri, giovedì, 3 dicembre. Ci uniamo alla gioia dei genitori, Claudia Clot e Silvano
Plavan, e del fratellino Daris,
esprimendo a questa famiglia i
più fervidi auguri della comunità.
• Dopo la predicazione di domenica 6 dicembre non possiamo
che ringraziare Attilio Fornerone per il messaggio chiaro, semplice e attuale che ci ha rivolto,
prendendo come spunto il comportamento del Samaritano della parabola e invitandoci a riflettere sul nostro comportamento
quando ci troviamo di fronte a
situazioni più o meno diffìcili nella società odierna.
Speriamo di averlo ancora presto in mezzo a noi, non solo in
occasione della domenica dedicata ai predicatori locali.____
PERRERO-MANIGLIA
______________MASSELLO
Domenica 13 dicembre si è tenuta a Perrero l’annunciata Assemblea di Chiesa. Primo punto
all’ordine del giorno è stato il
preventivo di spesa presentato
dal cassiere per il prossimo anno: circa dieci milioni (di cui cinque alla Tavola) con un aumento medio del 17 per cento. L’impegno non è indifferente, ma la
serietà e l’impegno dimostrati da
tutti i membri di Chiesa in questi anni fanno ben sperare. Altro
argomento in discussione era la
relazione della Commissione stabili. In sette anni di attività la
Commissione, oltre agli interventi di ordinaria amministrazione,
ha completamente restaurato il
vecchio presbiterio di Maniglia
e quello di Perrero. Il nostro
ringraziamento va sia ai membri
della Commissione, che sono stati tutti riconfermati nel loro incarico, sia a quanti hanno dato
il loro lavoro volontario. Infine
si sono eletti il Presidente dell’Assemblea per il prossimo anno
(Aldo Massel, riconfermato) e
due revisori dei conti (Franco
Barai e Alberto Pascal).
• Ricordiamo i prossimi appuntamenti: venerdì 18 ore
14.30, riunione quartierale a Pomeifré; ore 19.30, riunione a Roberso; ore 20.30 riunione a Perrero. Domenica 20, ore 10.30 a
Perrero, culto tenuto dalla Scuola Domenicale. Martedì 22, ore
14.30, a Perrero incontro natalizio dell’Unione Femminile. Venerdì 25, Natale, al mattino culto
con S. Cena, a Maniglia, Perrero
e Massello; alla sera, ore 19.30,
festa dei bambini a Maniglia.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Cori natalizi eseguiti dalla corale di Luserna San Giovanni e
inni del 1500-1600 eseguiti dalla
corale di Villar-Bobbio Pellice
hanno costituito il programma
che un folto pubblico ha avuto
modo di apprezzare ed applaudire, domenica pomeriggio nel tempio.
Particolarmente lodevole l’impegno dei direttori Enrico Charbonnier e Dino Ciesch che hanno
istruito i cori con notevole bravura.
• Gli appassionati di musica
avranno ancora il piacere di assistere, domenica prossima 20
c.m. alle ore 21 nel tempio dei
Bellonatti, al concerto sinfonicovocale dell’Accademia « Stefano
Tempia » di Torino che ritorna,
dopo due anni, con un programma di musiche di A. Vivaldi, diretto dal M.o Mario Lamberto,
con la direzione artistica del M.o
Alberto Peyretti.
Chi ha già avuto modo di ascoltare gli artisti della « Stefano
Tempia » non mancherà certo a
questo appuntamento.
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbata la fede »
(II Tim. 4: 7)
L’ 11 novembre 1981 è mancato
all’affetto dei suoi cari
Mario Archetti
Ricordandolo con rimpianto, ne
danno l’annuncio a funerali avvenuti
nel Tempio di Luserna S. Giovanni, il
figlio Paolo, la sorella Angiolina con i
figli, la cognata Margherita con i figli,
i nipoti e i cugini tutti.
Torino, 14 dicembre 1981
AVVISI ECONOMICI
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi
destinazione, preventivi a richiesta :
Sala Giulio, via Belfiore 83 - Nicholino - tei. (011) 6270463 - 6272322.
ANGROGNA
Sabato 19 alle ore 14.30 « Pesta
di Natale » in Cappella per i bambini delle Scuole Domenicali, alle 16, caccia al tesoro biblica, in
Sala, per i catecumeni.
• Domenica 20 i giovani del
Prassuit-Verné faranno visite agli anziani della zona dei Jourdan.
COMUNITÀ' MONTANA
VAL PELLICE
SERVIZIO
GUARDIA MEDICA
notturna - prefestiva - festiva
dal sabato ore 14 al lunedi ore 8
dalle ore 14 della viglila del giorno festivo Infrasettimanale alle
8 del giorno successivo presso
l’OSPEDALE MAURIZIANO • Luserna San Giovanni - Tel. 90884.
Nella notte del giorni feriali, dalle ore 20 alle ore 8 (escluso sabato, domenica e vigilia dei festivi) presso l’OSPEDALE VALDESE - Torre Pellice - Tel. 933433.
GUARDIA FARMACEUTICA
festiva e notturna
DOMENICA 20 DICEM8RE
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud, 8
- Telefono 91.374.
CHIUSURE INFRASETTIMANALI
A Torre Pellice; martedì chiusa
la farmacia Muston, giovedì chiusa la farmacia Internazionale.
A Luserna San Giovanni: mercoledì chiusa la farmacia Prati,
giovedì chiusa la farmacia Gaietto.
AUTOAMBULANZA
SERVIZI FERIALI E FESTIVI
Croce Rossa - Torre Pellice
Telef. 91.288
VIGILI DEL FUOCO
Torre Pellice: Tel. 91365 - 91300
Luserna S.G.: Tel. 90884 - 90205
COMUNITÀ’ MONTANA
VAL CHISONE-GERMANASCA
SERVIZIO
GUARDIA MEDICA
dal sabato ore 14 al lunedì ore 8,
dalle ore 14 della vigilia dal
giorni festivi alle ore 8 del giorni
successivi al festivi
le notti dalle ore 20 alle 8.
H recapito del servizio è presso
la CROCE VERDE di Porosa Argentina - Tal. 81.000.
GUARDIA FARMACEUTICA
festiva a notturna
DOMENICA 20 DICEMBRE
''filar Porosa
farmacia de paoli - Via Nazionale, 29 - Tel. 51017.
AUTOAMBULANZA
Croce Verde Pinerolo - Tel. 22664
Croce Verde Porte - Tel. 201454
Croce Verde Perosa - Tel. 81000 ^
10
10
18 dicembre 1981
CODICE DI CONDOTTA APPROVATO DALL’O.N.U.
Abbiamo le carte in regola?
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con risoluzione n. 34/
169 ha adottato un ’Codice di
condotta per i responsabili dell’applicazione delle leggi’ che merita una diffusione che non mi
risulta sia stata data, o sufficientemente data, dalla stampa. Il
documento si articola in una prernessa, il vero e proprio ’codice
di condotta’ in 8 articoli, e commentari in calce ad ogni articolo. Ha come destinatari i 'responsabili dell’applicazione delle leggi , espressione nella quale vanno
ricompresi « tutti i rappresentanti della legge, siano essi designati O; eletti, che esercitano poteri
di polizia e in particolare poteri
di arresto o di detenzione », con
la precisazione che «nei paesi
dove poteri di polizia sono esercitati da autorità militari, in uniforme o meno, oppure da forze
di sicurezza dello Stato, la definizione di responsabili dell’applicazione delle leggi deve intendersi ugualmente estesa agli agenti
di detti servizi ». Il documento è
stato trasmesso ai governi degli
Stati membro con la raccomandazione di utilizzarne i principi
nel quadro della legislazione e
della pratica nazionali.
Il testo può apparire ad una
lettura superficiale ingenuo, utopistico, astratto. Il fatto, però,
che le Nazioni Unite abbiano avvertito la necessità di adottarlo
e proporlo agli Stati aderenti,
assume un preciso significato politico, con caratteristiche anche
di concretezza e di specificità, sol
che si abbia riguardo a quanto
non da ogp si sta verificando. Il
governo ai militari o la crescente influenza dei militari nella
conduzione degli affari del paese
è un fenomeno sempre meno isolato; il richiamo a situazioni di
ernergenza (esigenze di tutela
dell’ordine pubblico, di lotta alla
criminalità) è sempre più frequentemente posto a base di
provvedimenti legislativi o assunto a giustificazione di comportamenti dei tutori dell’ordine; la corruzione dilagante anche ad alti livelli e la tolleranza
dei preposti ai controlli sono
sempre più accettati come inevitabili e rientranti nell’ordine normale delle cose.
Il testo
In questa chiave occorre saper
leggere tra le righe del testo. Ed
ecco il ’codice’, con alcuni dei
’commentari’ più significativi ai
singoli articoli. (Ho tradotto dal
testo francese, cercando di essere il più fedele possibile, anche
a scapito di un buon italiano).
Art. 1 — «I responsabili delI applicazione delle leggi devono
in ogni tempo adempiere al dovere loro imposto dalla legge
servendo la collettività e fornendo protezione ad ogni persona
contro gli atti illegali, conformemente all’alto grado di responsabilità che la loro professione esige ».
Art. 2 — « Nell’adempimento
del loro dovere, i responsabili
dell’applicazione delle leggi devono rispettare e proteggere la
dignità umana e difendere e proteggere i diritti fondamentali di
ogni persona ».
Nel commentario, ad evitare
ogni ambiguità, si richiamano
tra l’altro, a proposito dei diritti
fondamentali di ogni persona, le
Dichiarazioni delle Nazioni Unite sulla protezione di ogni persona contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti; e sull’eliminazione e la repressione del delitto
di apartheid ; inoltre, la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio.
Art. 3 — «I responsabili della
applicazione delle leggi possono
ricorrere alla forza soltanto
quando ciò è strettamente necessario e nella misura in cui lo
esige l’adempimento delle loro
funzioni ».
Nel commentario, si ha cura
di precisare tra l’altro che l’uso
di armi da fuoco è considerato
come mezzo estremo al quale si
può far ricorso solo quando un
presunto delinquente oppone una
resistenza armata o comunque
mette in pericolo la vita altrui
e soltanto quando mezzi meno
radicali si rivelano insufficienti
per porre sotto controllo o arrestare il presunto delinquente.
Art. 4 — « Le informazioni di
carattere confidenziale che sono
in possesso dei responsabili dell’applicazione delle leggi devono
essere mantenute segrete, salvo
che l’adempimento delle loro
funzioni o le esigenze della giustizia non esigano in modo assoluto il contrario ».
Art. 5 — « Nessun responsabile
dell’applicazione delle leggi può
infliggere, promuovere o tollerare un atto di tortura o qualsiasi
altra pena o trattamento crudele, inumano o degradante, né può
invocare un ordine dei superiori
o circostanze eccezionali quali
uno stato di guerra o un pericolo di guerra, una minaccia contro la sicurezza nazionale, l’instabilità politica interna o qualsiasi altro stato eccezionale per
giustificare la tortura o altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti ».
Nel commentario a questo articolo, è riprodotta la definizione della tortura adottata dalle
Nazioni Unite : « Il termine tortura designa ogni atto per il quale un dolore o sofferenze acute,
fisiche o mentali, sono deliberatamente inflitti ad una persona
da parte di agenti della funzione
pubblica o a seguito di loro istigazione, al fine specialmente di
ottenere da essa o da un terzo
informazioni o confessioni, di
punirla per un atto che ha commesso o è sospettata di aver
comrnesso, o di intimidirla o di
intimidire altre persone ».
Art. 6 — « I responsabili dell’applicazione delle leggi devono
aver cura che la salute delle
persone sottoposte alla loro custodia sia pienamente tutelata
e, in particolare, prendere immediatamente le misure perché
siano loro prestate le cure mediche ogni volta che ciò sia reso
necessario »,
Art. 7 — « I responsabili dell’applicazione delle leggi non devono commettere alcun atto di
corruzione. Devono anche opporsi vigorosamente a tutti gli atti
di tale tipo e combatterli ».
Art. 8 — « I responsabili dell’applicazione delle leggi devono
rispettare la legge ed il presente
codice. Essi devono, inoltre, impedire ogni violazione della legge
o del presente codice ed opporvisi vigorosamente, al massimo
delle loro capacità.
I responsabili dell’applicazione
delle leggi che hanno motivo di
ritenere che una violazione del
presente codice si è verificata o
sta per verificarsi, segnalano il
caso ai loro superiori e, se del
caso, ad altre autorità o istanze
di controllo o di ricorso competenti ».
Teoria e pratica nella
nostra repubblica
La nostra Repubblica ha le
carte in regola con il codice che
abbiamo riportato? Certo, se si
considerano le leggi vigenti, la
risposta può essere tutto sommato positiva. Non si dice che,
in alcuni settori, la nostra legislazione è tra le più « avanzate »
che si possano immaginare?
Ma se guardiamo alla « pratica » — così come è raccomandato dalla risoluzione delle Nazioni Unite — la nostra coscienza
« nazionale » ha più di un motivo per non sentirsi a posto, e
l’elenco di tali motivi e delle flagranti violazioni del codice potrebbe riempire più pagine.
Aldo Ribet
Nel “paese della mamma''
Si parla molto, sui giornali e
alla televisione, dei diritti dei
rnalati, dei bambini, degli anziani... Una categoria bistrattata a
cui secondo me si pensa troppo
poco è quella delle partorienti.
In un paese come l’Italia, definito spesso « il paese della mamma », ci si preoccupa scarsamente dei problemi che affliggono le
donne in procinto di diventare
madri, dei loro interrogativi, del
trattamento che le attende in
ospedale, come se soffrire fosse
una specie di « dovere » femminile, la giusta punizione per chi
si è accostato al sesso. Colei che
decide di affrontare il parto in
rnaniera consapevole e moderna
di solito è indaffaratissima: legge tutti i libri che riesce a trovare (dove si parla poeticamente
di parti « dolci » secondo il metodo Kitzinger o Leboyer, di parti in ipnosi o addirittura subacquei), frequenta regolarmente il
consultorio accompagnata dal
marito e anche un buon corso di
ginnastica preparatoria. Al momento buono in tantissimi casi
la realtà si rivela deludente per
la poveretta: l’ostetrica e il ginecologo che l’hanno seguita al
consultorio in ospedale non ci
sono, il partner non può restarle
vicino perché la sala travaglio è
gremita di altre gestanti ed è
impossibile eseguire gli esercizi
ginnici perché procedure ormai
superate come l’olio di ricino in
parecchi ospedali fanno ancora
parte della prassi. Il personale
ospedaliero, subissato dal lavoro e insufficiente, non è certo disponibile, e spesso una donna
stressata dalle doglie viene sgridata come una bimbetta capricciosa o presa in giro; chi difende la propria dignità e i propri
diritti con una certa grinta, viene catalogata come nevrotica.
Nessun baldo maschio latino si
sognerebbe mai di farsi togliere
un dente senza anestesia, da una
donna si pretende il massimo
stoicismo, a volte non manca
neppure qualche familiare della
partoriente che afferma con sussiego: « Una volta non facevamo
tante storie... ».
Certo esistono anche i casi fortunati, specialmente se la futura
mamma c abbiente e può permettersi il lusso di una clinica
privata, ma per la maggior parte delle donne il parto resta un
trauma perché, anche se sono
preparatissime e conoscono bene
il loro corpo, cozzano contro
strutture e mentalità arcaiche.
Purtroppo molte di noi finiscono col sentirsi impotenti, non
reagiscono più, tornano a casa
col fagottino e cercano di dimenticare; se tutte invece si mobilitassero per migliorare le cose,
avanzando richieste ben precise
e denunciando soprusi e ingiustizie senza esitazioni, spalleggiate dalle loro famiglie, si potrebbero ottenere dei miglioramenti: ospedali più spaziosi e
accoglienti, personale più aperto,
possibilità di ricevere visite quando si vuole, anestesie durante le
episiotomie, la facoltà di scegliere liberamente con quale metodo partorire ecc.
Edi Merini
RICORDANDO FERRUCCIO FARRI
Christianus
sine nomine
Se il dubbio è, in qualche modo, tensione verso la fede, se nell’incredulità v’è una certa ricerca, Farri potrebbe esser stato
credente. Comunque certamente
aveva un grande rispetto verso
i credenti, fino a ricercarli. Ricordo alla fondazione della sinistra indipendente, nel 1968, la sua
esclamazione: «Che bello, per la
prima volta dei credenti sono
con noi! ». Vi erano Ossicini, Albani ed io, forse altri ancora.
Farri mi faceva pensare a quell’uomo che diceva a Gesù: « Io
credo, ma aiutami nella mia incredulità ». È troppo se ho sempre pensato che proprio costui
era l’immagine del credente?
Tutto questo non aveva niente
a che fare con la religione o con
le chiese ufficiali, verso le quali
la sua posizione era nota a tutti.
I miei colloqui con lui vertevano quasi sempre sulla persona
del Cristo, come era naturale
per me che non mi son mai potuto dividere fra politico e credente perché la mia visione del
mondo e del nostro agire in esso
è indissolubilmente legata alla
fede che professo. E quando io
non parlavo di queste cose lui
mi stuzzicava sull’argomento, sia
pure col suo costante «humour».
Una volta gli dissi: « Tu sei del
terzo popolo di Dio; il primo,
Israele, non ha accettato Gesù
come Cristo, il secondo, la chiesa (non solo la chiesa cattolica
ma tutte le chiese) lo tradisce;
ma Dio è libero di scegliersi « il popolo » che vuole. Tu sei
di questo terzo popolo ». Il discorso non gli dispiacque. E su
questo conversare tra il serio e
l’ironico ci siamo trovati più volte insieme. Sua moglie, la signora Ester, era credente. Certamente in casa questo discorso si ripeteva.
So che leggeva fedelmente i
miei articoli sempre cristocentrici e me li commentava. Se dovessi giungere ad una conclusione escluderei ogni esplicita confessione di fede, tanto più che
essa poteva, nell’ambiente italiano, collimare con un riconosci
Nel prossimo
numero
Sul numero di Natale
TEco-Luce pubblica un
pagùnone-manìfesto
su « Gli otto miti della fame » con disegni e testo in
corpo grande, adatto all’afflssione.
Vie nascoste
(segue da pag. I)
che Dio rovescia i potenti, sia
pure con "cammini nascosti" e
invita a considerare l'immenso
mare della storia e della vita cOn
la più semplice totale tranquilla
fiducia, poiché « Egli esercita la
sua potenza con il suo braccio ».
Barth è cosciente che la potenza
nazista non potrà resistere. Ma
Gollwitzer scriverà nel ’48, dopo
aver combattuto il nazismo e conosciuto la realtà di un marxismo realizzato, « non tutti i potenti sono stati rovesciati »; certamente noi sappiamo bene che
non tutti gli affamati oggi sono
stati saziati.
Un mondo ove i potenti non
giochino più alla guerra, ove le
spade siano trasformate in vomeri è qualcosa che non può lasciare insensibile il Cristiano e
std quale non siamo mai abbastanza mobilitati.
Ma la risposta a questi problemi non è la nostra mobilitazione, il nostro impegno: dobbiamo
fare la battaglia perché il Parlamento voti maggiori stanziamenti
per aiuti ai paesi in via di sviluppo, dobbiamo impegnarci perché a Comiso crescano primizie
e fiori in serra anziché missili in
silos di cemento.
Ci impegniamo proprio perché
sappiamo che la risposta è stata
data nelle 'vie nascoste' in cui
Cristo Gesù ha manifestato la
potenza di Dio. La risposta è la
fedeltà di Dio alle sue promesse:
« Egli è fedele alle promesse fatte ai nostri padri, è venuto in
aiuto ad Israele... » canta Maria
nell'attesa di colui che sarà il
Messia. Noi possiamo lottare per
la pace, la giustizia e la riconciliazione fra gli uomini, proprio
perché .sappiamo che Dio « non
può dimenticarsi di essere misericordioso » e che anzi egli lo è
stato definitivamente e totalmente nell'incarnazione.
Noi possiamo marciare per la
pace, fare comizi, inventare slogan fioriti o seri, dibattere nei
nostri ambienti e fuori, cercare
di dare oggi segni del suo Regno,
proprio perché il Regno è venuto. Noi possiamo costruire la nostra esistenza, forse con fatica,
« cercando prima il Regno e la
giustizia di Dio », proprio perché
« un piccolo fanciullo ci è nato ».
Noi possiamo tentare di rovesciare la logica dei Reagan e dei
Breznev (compresi quelli di casa nostra), senza dimenticarci la
sete di potere che alberga nei
cuori di ognuno di noi e la violenza della vita quotidiana nostra. Lo possiamo fare e lo dobbiamo fare se vogliamo alla fine
delle nostre giornate dire ancora
« venga il tuo Regno ».
Mario F. Berutti
Ferruccio Barri ad Agape
mento delle istituzioni, ciò che
è da escludersi del tutto. Non dimenticherò mai la commemorazione che fece, all’Unione Culturale di Torino, del suo grande amico Salvemini. Tarlava con un
nodo alla gola, concludendo
« quanti fantasmi, quanti fantasmi! ». Da allora però, lo suppongo almeno, l’animo suo andava oltre ai « fantasmi » all’ascolto di chi gli parlava di realtà diversa.
Infine, una cosa è certa, che
se l’Evangelo non è dottrina ma
vita e si esprime non con dogmi
accettati ad occhi chiusi, ma con
azioni concrete in favore degli
uomini, dei perseguitati, degli
oppressi, di quelli che hanno fame, Farri era un «christianus sine
nomine », come ce ne sono molti
che, scandalizzati da quanti troppo facilmente si qualificano per
cristiani, mettono in pratica nella vita l’insegnamento di Cristo,
forse anche senza conoscerlo.
Del resto nell’Evangelo secondo
Matteo udiamo il Signore dire:
« Ebbi fame, e mi deste da mangiare; (...) fui forestiero, e mi
accoglieste; (...) fui infermo, e
mi visitaste; (...) fui in prigione,
e mi veniste a trovare ». E gli
interpellati risposero: « Signore,
quando mai ti abbiamo veduto
aver fame e ti abbiamo dato da
mangiare? (...) Quando mai ti
abbiamo veduto forestiero e ti
abbiamo accolto? (...) Quando
mai ti abbiamo veduto infermo
o in prigione e siamo venuti a
trovarti?». Ma Gesù conclude:
« In quanto lo avete fatto ad uno
di questi miei minimi fratelli, lo
avete fatto a me ».
Tullio Vinay
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