1
»ELLE mmi AMJŒSI
Spett.
BEBLIOIBCA VAti:ssS
TOBffî FBLLXCS
(Tocino}
Settimanale
délia Chiesa f aldese
Anno xeni - Num. 17 ABBONAMENTI f Eco: L. 1.500 per Tintemo « Eco vea PresenJ^^vangelica v I Spediz. abb. postale • I Grappo TORRE PELLICE — 26 Aprile 1963
Una copia Lire 4 0 \ L. 2.200 per l’estero iotemo L. 2.500 - estero L. 3.700 | Cambio d’indirizzo Lire 50 Ammin. Clandiana Torre Pollice - C.CJ*. 2-17557
LlmpossibUe
politica cristiana „
tat.
cei
str
TL
t
l
Z
re
a
ha
fc
P
SU(
t
6
I
cr
Z
VC'it
1
Eccoci al termine di questa nuova
campagna elettorale, particolarmente
lunga e, nel complesso, abbastanza
noiosa, in quanto anche qui 1 problemi tecnici, che naturalmente sono difficilmente alla portata di tutti in tutte le loro motivazioni e implicazioni,
sembrano avere netta prevalenza su
quelli più direttamente, più umanamente politico-sociali. Non pver niente
la grande parola d’ordine è stata, p.rc
e contro : « prcgrammazione ». Ora.
sono convinto che una programmazione, se non una pianiñoa2áone della
economia italiana e di tutta la vita
sociale della nostra nazione sarebbe
di grande giovamento, in modo da
evitare gli squilibri dolorosi fra il vero miracolo economico di certi setto
ri e rincredibile arretratezza di altri;
biscgnerebbe però che fosse sempre
ben chiara la gerarchia dei valori,
l’ordine d’importanza dei problemi. E
di fronte ai timidi tentativi dell’'immeaiato passato devo dire che — malgraiio io continui a considerare la via
imbocciata come l’unico compromesso
che abbia una prospettiva — i risulnon sono stati troppo soddisfa. : la nazionalizzazione dell’indueiettrica 1 discussa e discutibile
sua realizzazione pratica, come
itato per l’ENI: e i prolungamenquest’ultima politica e l’associa' deH’ENl alla Esso fanno pensa! a trust nazionali non rischiano
uvrapporsi trust supranazionali)
oimpdetamente assorbito, pare, le
ne e la volontà riformiatrici del
no governo, mentre permane elamente grave la situazione aticosi come le prospettive per un
fui uro prossimo e meno prossimo)
Qfciua .scuoia e quella medica-ospedaliera.
Come decidere? come votare? Con
un immenso sollievo noi sentiamo di
non aver da ricevere nè da dare, in
Ca poi tico, l’imbeccata di un ma?ro ecclesiastico. Non abbiamo da
lentaroi, nè da vergognarci, come
iani e come cittadini di dichiaraì come quella, pur cauta questa
i. della Commissione episcopale
alia. Non abbiamo, però, neppure
1 1 0-“ b 1 ta di adeguarci supinamen
te aaii ordini di scuderia, e di votare
con « buona coscienza », ciecamente,
qu 1 tri ci ha consigliato o ordinato, privandoci e liberandoci al
tempo stesso della nostra responsabilità.
Voglio, qui ricordare semplicemente
alcuni i< punti fermi », rimandando in
parte agii scritti riportati in 2’‘ pag.
Posta rimpossibilità del disinteressarsi della politica, per il cristiano ohe
deve vivere nel mondo e ohe in esso
agi.sce politicamente (in senso negativo) anche quando si disinteressa o
non si occupa di politica, è evidente
la impossibilità, per il cristiano, di
« appassionarsi » — la passione è eie
oa e totalitaria — alla politica, cioè
concreitamente ad un partito. Dicendo
questo non voglio assolutamente dire
che un cristiano non possa militare
attivamente in un partito, anzi; ma
egli sa, in questo mondo che è tormentato non solo e non anzitutto da
cattivi sistemi di governo, ma dal peccato di ogni singolo uomo, che ogni
soluzione politica può essere sempre
soltanto un compromesso, continuamente discutibile e rivedibile; il cristiano sa che le ideologie sono i feroci idoli moderni, rifiuta di adorarle e
in forza di questo realismo, proprio
fra quelli che avrà scelto come compagni di impegno, « accetterà di essere per lo più all’opposizione nel gruppo che l’avrà accolto, perchè saprà
sempre con più chiarezzia quello ohe
non si deve fare piuttosto che quello
che si deve fare» (1): un incomodo
ma prezioso guastafeste, insomma.
Il cristiano si guarderà sempre dal
battezzare « cristiana » una società e
una politica, perchè sa che esse nonesistono. Basta chiedersi che cosa abbiano in comime con l’Evangelo la
DC proteiforme o la Christlich-Demokratische Union di Adenauer, basta
chiedersi che cosa ci sia di specificamente evangelico in certe dichiarazion’ delle commissioni episcopali sui
« valori cristiani », pier averne più che
sufficiente riprova.
Il cristiano si guarderà, come dalie
ideologie voraci, anche dalla retcOToa
di parole come « giustizia, pace, libertà» ecc. Sa che solo in (¿risto queste
parole hanno acquistato un vero peso. Sa d’altra parte che non di rado i
«nemici di Cristo» — come Julian Grimau García — sono quelli che m un
mondo equivocamente « cristiano »
mostrano di essere veramente affamati ed assetati di giustizia, e indicano
cos’, la giustizia del Regno di Dio, a
prezzo della vita talvolta, con più
coerenza e intensità di chiese e goverra « cristiani » che mandano telegrammi al Caudillo per impetrare la grazia ( ! ) ma non si sognerebbero di disdire comodi Concordati e interessate
alleanze.
Realismo ci chiede il nostro Signore; coscienza dei rischi che assumiamo ma che dobbiamo assumere, « per
motivi di coscienza » ; lucidità nel valutare la vera gerarchia dei valori
umani ; costante attenzione nel cercar di conoscere con la massima precisione possibile e di riconoscere con
la massima onestà possibile i problemi veri e le soluzioni — sempre disou
¥ Cristiani fu>n si distinguono dnJl gli ttjitri tuoiniini nè per il paese,
nè ¡ter /« linguii. nè per \i costumi. Non abitano in città pròprie nè si serrano di un dialetto a
parte, nè si adornano di aleuti ascetismi particolare. Non adottano
con leggerezza, le laniosie e i sogni
di .spiriti agitati, nè si pongono td
segatilo di opinioni umane, come
t<anti altri. Ma dimorando nelle città greche o barbare secondo che a
ci<i.scunio è KKcalo in sorte, e conformandosi ai costumi locali nei
vestiario, nel cibo e neila rimanente l’ira, essi meravigliano tutti
per l'organizzazione veramente ammirabile della loro citJadinanzai.
Abitano le proprie ¡latrie, nm come
farestieri: partecipano a tutti i doveri dei cittmlini, e comportano
torti ì ¡lesi dei forestieri: ogni terra straniera è una ¡mtriri per essi,
e ogni piuria una terra straniera...
Dimorano sulla terra, ma sono cittadini dei cieli. Ubbidiscono alle
leggi stabilite, mn con la loro vita
sono\ al di soii>ra delle' leggi. Amano lutti e sono perseguitali da tutti.
Sono disconosciuti e sona condannati: somr messi a morte e vivificati. Sono poveri, e tirriccliiscono
molli: <liferta.no di tutto e abbondano di ogni cosa.
D«//'Ep'i»tola 51 Dioji;ju-t.o
AI-Il sec.. Inni. G. Miegge)
tlbili e mutevoli, ma ihdispensabili -—
che si impongono e, che siano veramente efficaci; uiilità di fronte al
mondo politico, che non è soltanto l’alena di zuffe d’intei*ssi inconfessabili ma anche il caij^ in cui uomini
onesti e capaci ottano, niell’intrico
di problemi spesso ai di sopra delle
possibilità umane, seduzioni a misura
d’uomo; coscienza iucòda e coraggiosp. che se diciamo ciò che solo i cristiani possono dire, gareimo forse scherniti o messi da pari'«, ma avremo portato comunque il nostro contributo
particolare e inso^àituibile neh’indi
care un’ottica divèrsa, in apparenza
umiliante, forse, ih:realtà liberatrice;
serenità che panche di fronte alla peggiore confusione dègli spiriti, al più
doloroso intrico di ,3iioblemi viene dal
sapere che la storia umana ha un senso, perchè ha un Signore e im Redentore. i
Votiamo, dunque; ridendo degli imbonitori che dalle eamionette ci fanno la. reclam. di questo o di quel partito o uomo come la si farebbe di im
dentifricio, ridendo' dell’orgia colorata dei manifesti spésso menzogneri e
spesso ingenui. Votiamo «per ragioni
di coscienza» — una coscienza non
orgogliosamente autonoma ma umilmente e lietamente; legata a Dio — e
prima, durante e non dimentichiamo che sotto ógni cielo e sotto
ogni bandiera la chiesa, la comunità
di coloro che veramente credono in
Cri,sto e in Cristo soltanto, è una, tutta quanta stranierà e pellegrina, al
seguito di colui chosi è incarnato (altro ohe « impegno »J ) ma non ha avuto dove posare il <^po, in attesa del
Regno nel quale apiterà la giustizia
e nel quale -si poSù. dire finalmente
senza riserve ; « la giustizia e la pace
si sono baciate». Gino Conte
(1) J. DARCHON: Foi chrétienne et engagement politique. Paris 1958, p. 57. Non
possiamo consigliare abbaslanza la lettura
(li questo agile volumetto, pieno dii vivacdlà, di realismo, bihlicamente radicato; e
cosi pure quella della fondamentale operetta di K. BARTH; Communauté chrétienne et communauté civile. Neucliâtel P;iris 1958.
Teología e diaconia
Da quando, un anno fa, mi sono
iscritta alla Facoltà di Teologia come
studente esterna, mi sono sentita chiedere un infinito numero di volte ;
i( Perchè l.o fai? » con curiosità o con
sincero desiderio di capire come mai
una madre di famiglia possa sentire
il bisogno di mettersi a studiare teologia non in privato, ma sottostando
ad una disciplina di programmi e di
esami. Confesso che preferisco sentirmi rivolgere questa domanda, piuttosto che essere fraintesa, come mi succede quando mi trovo in presenza di
persone le quali sembrano sapere con
certezza che io studio teologia per una
mia (( passione » personale; un « hobby », insomma, o addirittura un’evasione dalla monotonia dei compiti domestici.
Certo, uno può benissimo studiare
teologia « per passione » ; meglio studiarla per passione che non studiarla
affatto. Ma questo punto di vista cosi
diifuso dimostra soltanto quanto siamo lontani da una visione della nostra
vita spirituale che superi le categorie
deirindiyiduale e del privato, che sia
impensabile al di fuori della realtà comunitaria, che trovi il suo respiro naturale sul terreno del servizio. E anch’io, pur avendo sempre sentito l’attrazione degli studi teologici, non mi
sono mai decisa ad intraprenderli finché il problema della mfia ,salvezz)a
[•(Crsonale non mi è apparso privo di
senso e non si è tradotto nel problema
del dono di me stessa al servizio che
la chiesa è chiamata a rendere comunitariamente al suo Signore. Solo in
questa nuova prospettiva ho potuto
vedere chiaramente la necessità di una
preparazione teologica, atta a fornire
gli strumenti indispensabili per un servizio efficace (che domani potrà prendere forme nuove e meglio definite per
noi laici), e ora penso die tutti coloro
che ne hanno la possibilità dovrebbero sottoporsi a questa preparazione,
Loii pazienza ed umiltà, come paziente e umile è l’essenza della « diakoina » alia quale Dio ci chiama.
il mio primo contatto « scolastico »
con la facoltà mi ha riserbato (fra
molti aspetti positivi che mi hanno
dato la gioia di sentirmi in qualche
iiiodo parte vivente di essa e non appendice fantomatica e devitalizzata)
anche la pena di constatare come sia
basso 111 numero dea nostri studenti
interni. E’ una constatazione amara,
se si pensa che la nostra Facoltà ha
un livello d’insegnamento non comune e dispone di strumenti preziosi; se
si pensa che viviamo in un paese che
ha estremamente bisogno di una predicazione riformata; se si pensa che
le nostre comunità sono oggi chiamate a superare quella che è stata definita la loro « struttura di ghetto » in
una trasformazione radicale, da operarsi con strumenti adeguati. Mi pare
che i giovani dovrebbero desiderare
ardentemente di impegnare se stessi
in questo senso. La vocazione, il più
delle volte, non è che l’umile, vorrei
dire « prosaico » riconoscimento di un
compito che ci sta dinanzi: non è la
folgorante rivelazione di nostre presunte doti intellettuali o morali, o '1
miraggio di una missione che ci attrae irresistibilmente in se stessa. Chi
ci attrae è Colui che è venuto non per
(continua in 2.a pag.)
Breviario per VUnità
Uno dei meriti maggiori dello schema sulla liturgia presentato alla prinui
sensione tlel Vaticano li è lo sctiéilat
rilievo liturgictr che esso dà alVinvocazione dfii Santi e ttl culto di Mariai.
Bisognerà che col tempo ciuesto ridimensionamento Uturgico dei Santi diventi anche un ridimensionamento teologico. Ma intanto è senza! dubbio un
guadagno ecumenico il fatto che lo
schema ponga le basi jter un culto
centrato su Gesù Cristo, e sfrondato,
in parte almeno, tlei suoi dementi
non biblici e solo psettdo- o intracristiani.
Siccome d’altra ¡nirte sembra che il
papa stesso non s'ia affatto eiuraio nel.
la spirito dello schema, tloto che continun <i poimlare il cielo della fede e
della pietà cattolica (qiutsi fosse lui
il Signore del cielo) di semine nuovi
stinti e beati, che atltrita poi alla devoziotie ei idi’invocazione ilei fedeli,
non è film di luogo rileggere que.sla
¡mgina di Calvino, in cui il Riformature. come di con.'ineto, velie e riso!re il prohlema dei Santi nello] luce di
Cristo. Il poiwlo invoca i Santi perchè
Cristo gli sembro troppo lontano o
a cura di Paolo Ricca
iropint severo. La fede si svia perchè
non segue Fuñica via, che è Cristo.
Viene così siabilUa ¡m’importante regola ecumenica: ogni errore della
Chiesta, in lutti i suoi rami, dipende
semine, in ultima analisi, da un errare lontano da Cristo, per ignoranza a
scarsa conoscenza di lui. E inversamente, la verità e quindi l’unità della
Chicisa vengono dalla scoperta o riscoIterta della pienezza di Gesù Cristo.
¡Voti, si tratta quindi di inefedire una
liturgia sobria e ’’pavera” di tipo protestante a una liturgia lussureggiante
e ’’ricca” di tipo cattolico o viceatersal
E tanto meno si tratta di equilibrare
il molto (o troppo) cattolico) con il
peno (o troppo piteo) protestante. Dio
non dà nè molto nè i>oco: dà lutto perchè dà se .»/esso nei suo Figliuolo. Ci
dà tutto in Gesù Cristo, non ci dà nulla fuori di lui. La ChieÀa ecumenica,
celebrando il suo culto, dovrà quindi,
come Vapostolo Paolo, non voler sapere altro che lui.
Il testo odierno è tratto dall’lsìiluziomie Cr!.sli'ana di Calvino, libro HI
Capìtolo 20, paragrafi 17 e 21,
1 SANTI
Sipconie ogni nomo è indegno di rivolgersi a Dio e di venire alla
sua presenza, per toglierci da questa confusione che sentiamo o dovremmo sentire in noi stessi, il Padre celeste ci ha dato suo Figlio,
il nostro Signore Gesù Cristo, perchè sia il nostro Mediatore e Awocato presso di lui, in modo che, guidati da lui, possiamo con piena
fiducia avvicinarci a Dio^ nella certezza che, avendo un tale” intèrcèssore al quale il Padre nulla può rifiutare, anche a noi nulla sarà negato di quello che chiederemo nel suo nome. Certo, quando pensiamo all’eccelsa maestà di'Dio, è impossibile che non siamo presi da
spavento e che il sentimento della nostra indegnità ci metta in fuga
e scacci ben lontano, finché Gesù Cristo non viene avanti e si pone
al centro per trasformare il trono di gloria che ci spaventa in trono
di grazia; per cui l’Apostolo ci esorta ad avere il coraggio di comparire davanti a lui in piena fiducia, per ottenere misericordia e trovar
grazia, per essere soccorsi quando siamo nel bisogno. Perciò, come
ci è comandato di invocare Dio e la promessa è data che quelli che
l’invocheranno saranno esauditi, con altrettanta chiarezza ci è comandato di invocare Dio nel nome del nostro Signore Gesù Cristo;
e abbiamo la promessa di essere esauditi in tutto ciò che chiederemo
nel suo nome. Dal che appare senza alcun dubbio e molto chiaramente che quelli che invocano Dio in un nome diverso da quello di
Gfisù Cristo, disubbidiscono al comandamento di Dio e si oppongono
alla sua volontà; e non hanno nessuna promessà di Dio di ottenere
alcunché.
Per quanto concerne i Santi che, partiti da questo mondo, vivono con Cristo, se rivolgiamo loro qualche preghiera, non pensiamo
che abbiano altra via per pregare se non Cristo che è l’unica via; o
che le loro richieste siano accolte da Dio in un altro nome. Poiché
dunque la Scrittura allontanandoci da tutti gli altri ci riconduce a
un solo Cristo, e poiché il Padre celeste vuole che tutte le cose siano
raccolte in lui, è stata una sciocchezza troppo grande di pretendere
di avere accesso a Dio per mezzo dei Santi, in modo che il popolo
si distrae da Cristo. Ora che questo sia avvenuto e oggi ancora avvenga là dove il Papato domina, chi potrà negarlo? Per rendere Dio
propizio si mettono avanti i meriti dei Santi, si invoca Dio nel loro
nome, lasciando per lo più Gesù Cristo indietro. Cos’è questo se non
trasferire ai Santi l’ufficio di unico intercessore, che più sopra abbiamo mantenuto a Cristo? Inoltre: quale angelo o diavolo ha mai rivelato una sillaba agli uomini sull’intercessione dei Santi, così come
la sì è forgiata? La Scrittura non ne parla. Per quale motivo la si è
inventata? Certo, quando lo spirito umano cerca questi aiuti di second’ordine, che non gli sono forniti dalla Parola di Dio, dimostra
;n modo evidente il suo disorientamento. E se si chiama a testimonio
la coscienza di quelli che si fermano all’intercessione dei santi, si
troverà che ciò non ha altra causa se non che essi sono perplessi, come se Cristo mancasse loro o fosse troppo severo. Con questo dubbio
fanno un grande disonore a Cristo e lo spogliano del titolo di unico
Mediatore, che, essendogli stato dato dal Padre come singolare prerogativa, non deve essere trasferito ad altri. E così facendo oscurano
la gloria della sua nascita, annientano la sua croce, abbattono la lode
di tutto quello che ha fatto e sofferto, visto che tutto ciò non tende
ad altro se non a farcelo riconoscere come unico Mediatore. Analogamente respingono la benevolenza di Dio, che si è dichiarato Padre
verso di loro. Ma non sarà loro Padre se non considerano Gesù Cristo
come loro fratello. E a questo rinunciano pienamente se non reputano che egli nutre verso di loro un affetto fraterno, tanto tenero e
dolce quanto si può avere. Per questo la Scrittura ci presenta lui solo,
e ci manda a lui e vuole che lì ci fermiamo. Egli è, dice Sant’Ambrogio, la nostra bocca, con cui parliamo al Padre; il nostro occhio, con
cui vediamo il Padre; la nostra mano destra, con cui ci offriamo al
Padre: senza questo Mediatore non c’è nessun accostamento a Dio,
né per noi nè per tutti i Santi.
CALVINO
2
i
26 aprile 1963 — N. 17
11
IL DEFICIT
i'
parél^giato
(Marieo 18: 21-35)
« J/ Regno dei deli è simile a un re
che volle fare i conti con i suoi
servitori..'’. Dio sta facendo i conti con
noi : questo è il primo annuncio della
nostra parabola. La nostra vita non
va avanti a caso e sen2a controllo: ci
sarà il Controllo finale, che è già cominciato. Che sia già cominciato è
una grande fortuna: siamo ancora in
tempo, come un malato a cui un bravo medico abbia fatto, in tempo, una
diagnosi severa che gli permetterà di
salvalsi. Davanti a questa interpellazione di Dio, noi, come il servitore, ci
scopriamo debitori: il debito, il deficit, si rivela enorme, abissale. Da soli,
non ce ne saremmo accorti: abbiamo
bisogno di essere aiutati da Dio anche
in questo. Ma quando Dio ci pone davanti alla Sua legge, ci accorgiamo che
i conti non tornano, che il deficit è
totale. Per coprire il deficit bisognerebbe « vendere » il debitore. Anzi, il
deficit supera il valore della nostra
persona intera, la coinvolge interamente: il peccato ha distrutto irrimediabilmente l’uomo della sua totalità.
Probabilmente la vendita del servo,
con famiglia e beni, non avrebbe coperto finanziariamente U debito: sarebbe stata una di quelle liquidazioni
fallimentari in cui si ricupera quel che
SI può del fallito, e per il resto si ha
la soddisfazione di averlo fatto pagare
ih altro modo, di averlo punito. Ma
Dio non sceglie per noi la strada della liquidazione fallimentare, bensì la
strada creativa del perdono: un perdono che non è pura cancellazione del
peccato, ma un sovrabbondare di grazia, là dove il peccato aveva abbondato; la risposta di Dio arricchisce l’opera di Dio stesso in noi : la morte di
Cristo non è solo riparazione del male, è oggettivamente progresso.
Ma nel momento stesso in cui questa siituazoine è jdenunciata e
chiaramente riconosciuta (v. 26), essa
viene capovolta : il re rimette il debito, cioè lo cancella. Qual’è il decreto,
l’atto mediante il quale il Re rimette
il debito e rinuncia a vendere come
schiavo il debitore? E’ l’atto con cui
il fiiglio del Re è stato venduto per un
prezzo di schiavo (30 sidi) : è la morte di Gesù Cristo.
Attraverso questo atto il nostro deficit è colmato : è Tatto che sgorga dalla misericordia di Dio (v. 27), è Tatto perfettamente corrispondente allo
scopo (l’unico di tutta la storia umana).
X Xa gli strumenti esecutivi di questo progresso siamo noi: siamo
chiamati a estendere Topera di Cristo,
il suo amore, la sua misericordia, ad
applicarli nella realtà personale e sociale in cui ci troviamo. Se, perdonati,
rifiutiamo di perdonare, se, amati, rifiutiamo di amare, noi intralciamo l’opera di Dio; e questo è l’unico peccato che non ci viene perdonato: il perdono di Dio è inoperante se non si
traduce nel nostro perdono « ai nostri
debitori ». Allora il Signore ritorna
sxilla sua sentenza (v. 34); non è che
ritiri la salvezza : constata che non c’è
stata, propriamente, salvezza, perchè
non c’è stato cambiamento del cuore,
perchè la fede non ha capovolto il
comportamento delTuomo. Per noi tutti, servi rilasciati, non c’è dunque che
una via aperta; diventare, col nostro
peccato testimoni del perdono di Dio,
e strumenti di questo stesso perdono.
Non rimane che questa via: ma è
la via della vita.
Giorgio Bouchard
IN SERVIZIO
nagli Stai! Uniti
Le ultime tappe del viaggio del Moderatore nel JNord
America - Un grato e cordiale bentornato fra noi
Questa volta, a dire il vero, dovrei
cambiare il titolo, non tanto a motivo del «servizio» quanto per ragioni
geografiche. Il mio programma di lavoro, infatti, mi ha spinto verso il
Canada dove sia pure in un periodo
di tempo limitato ho potuto visitare
varie chiese e parlare della Chiesa
Valdese.
Da Rochester, negli Stati Uniti, ho
raggiunto il Canada sorvolando le famose cascate del Niagara avvolte in
un’ampia nube carica d’acqua, provocata dairimmensa caduta; e, in breve tempo, sono arrivato ad Hamilton,
nell’Ontailo. Il iCanada è un grande
paese, territorialmente anche più vasto degli Stati Uniti, ma con ima popolazione molto inferiore. Le regioni
maggiormente abitate sono comprese
nella fascia meridionale, particolarinente nelle provincie di Quebec e delTOntario. Oltre o ciò, la popolazione
canadese è formata da elementi di
provenienza diverBa sia dal pimto di
vista etnico che religioso. l 19 milioni
di abitanti sparsi neU’immenso territorio rivelano per lo meno tre tradizioni diverse ohe hanno influito e influiranno ancora sulla vita nazionale,
culturale e religiosa del Canada. C’è
una vasta zona di tradizione britannica e protestante, specialmente a Toronto e, in generale nella provincia
deirOntario. La presenza di una tradizione francese, sul piano parrocchiale, linguistico, persino nazionalistico
.e separatista si fa sentire nella provincia di Quebec, dove, come nei giorni della mia permanenza a Montreal,
alla vigilia delle elezioni politiche, la
atmosfera era qua e là turbata da una
specie di Pronte nazionale di liberazione. Infine, specialmente dopo la
guerra, Temigrazione ha introdotto
nel Canada vasti gruppi umani provenienti dalTEuropa, tra i quali un
numero oonsiderevole di italiani, riconoscibili a migliaia per le vie di
Montreal e di Toronto; in quest’ultima città essi sono in numero di 135
mila e caratterizzano la vita di alcuni settori cittadini.
La diversa provenienza della popolazione non ha cessato di turbare in
qualche misura la nazione canadese.
Sul piano ecclesiastico, tuttavia, una
notevole attività è svolta dalla Chiesa Unita del Canada in vista della te
stimonianza e della cooperazione. La
Chiesa Unita del Canada è il risultato
di una unione realizzata nel 1925 tra
Metodisti, Ccngregazionalisti e un largo settore di Presbiteriani. In quei
tempo era costituita da 8000 comunità, 600.000 membri comunicanti e 3800
pastori; oggi essa raggiunge più di
3.600.000 membri e aderenti e ogni domenica l’Evangelo è annunziato dal
la Chiesa Unita del Canada in più di
20 lingue diverse, per l’edificazione cristiana dei vari gruppi umani e linguisiici residenti nel vasto territorio :
ungheresi finlandesi, tedeschi, giap
ponesi, cinesi, italiani ed altri ancora
Ho iniziato il mio lavoro ad Hamilton, neirOntariO', con un culto in lin^a italiana celebrato nella chiesa italiana affidata alle cure del Pastore
Pietro Moncada e dei suol collaboratori. L’Ontario è una delle provincie
del Canada maggiormente popolate;
il suo territorio ha una superficie tre
volte maggiore dell’Italia e gli italiani vi sono giunti numerosi, specialmente dal Meridione. La sera del 28
marzoi la Chiesa era colma di gente;
dopo la lettura della Bibbia fatta dal
Pastore Pinocchioro Aprile ed alcune
parole introduttive del Pastore Moncada, ha rivolto il messaggio della
Parola di Dio ed i fraterni pensieri
della Chiesa Valdese a quella comunità. La Corale contò un inno di circostanza in italiano: il Giuro di Sibaud; e vi confesso che ero commosso neU’ascoitare quel coro, cosi legato
alla storia ed alla tradizione valdese,
in una chiesa di emigrati italiani, lontani dalla loro patria, in terra canadese. Dopo il culto, l’assemblea si è
trattenuta per un ricevimento e il
tempo è stato dedicato ai saluti ed alle conversazioni. Ricordo come un
giovane napoletano, non ancora evangelico, giunto in Canada dopo tre anni di lavoro in Germania, mi parlava delle difficoltà materiali incontrate e delle sue speranze per Tavvenire, con la freschezza del linguaggio di
Napoli e con la vivacità del suo sguardo meridionale!
Il giorno successivo è stato occupato da incontri e di riunioni: prima
un invito a pranzo con due persona
(confimta in 4.a pag.)
Per decisione presa da tempo dalla
Tavola Valdese, la domenica 28 aprile
suà dedicata alla Facoltà di Teologia e al problema delle vocarioni pastorali. Forse, a causa delle elezioni,
molte chiese celebreranno in altra data questa domenica, e noi dedicheremo ancora altri articoli- alla nostra
Fuoltà teologica di Roma. Oggi, proprio in questa vigilia elettorale, ci è
parso bene di ripubblicare alcuni testi dei nostri teologi del recente passato o di oggi: testi rivelatori di una
aderenza ai problemi dell’ora, di una
preoccupazione intensamente pastorale. Troppo spesso i nostri docenti teologici sono considerati unicamente in
funzione _ della preparazione dei futuri putori, purtroppo oggi pochissimi.
Ma il ioro lavoro teologico va oltre
nella sua portata, anche se quello è
il loro compito più immediato. Attraverso le loro pubblicazioni, attraverso
la rivista « Protestantesimo » essi offrono alle nostre comunità un invito
c un ausilio essenziali a rendere più
co.sciente la fede di ognuno, più precisa la testimonianza, più lucida ogni
decisione di fede nella vita quotidiana; è questo il ministero dei «dottori» nella chiesa, per la chiesa tutta.
Purtroppo di questo come di altri ministeri molti sembrano non saper che
farsene ; ma quanti sono stati arricchiti esprimono la loro riconoscenza
al Signore che dà doni diversi per
l’utile comune.
Il senso
della storia
La pregniaiiiKa del temipo carico di eterniita, -oara^tlterifiilà'Co d-ellhi -risioine criistiiama
delllia siloria, deve itradarsi iji .imo largia
e l^ira diispoinibililà verso i fini e i valori dtìlllia storia ia generale. I rapporli
tra. la Giaò dii Dio e il mondo sono più
comipleasi della lineare contrapposizione
di Agostino. Le so'Ituzaoiiii aisceiiiclie dievono eissere scartate., Coloro ohe oredono
nella ’atoria sacra' deili’nmainità devono
essere i primi a .compiiere con esempla-re
serieità, per mo.tivi di coiscienza’ (Roni.
13: 5) i loro doveri di ciittiadìni di questo
mondo. L’Epiistola a Diogneto rima.ne .la
definizione inisuiporalnle di qiueisla serietà,
che non domanda alla vita eofclitiva se
noni la parteciipaBioOie ai siuioi doveri, ahbanidoinando a ohi ilt* vuole i suoi piaceri
bacati. ili'
Ma^ qiueslia serietà non è priva di distacco nè di benie'vola ironia. Le prospettive
Muimaneniti della storia del mondo non
sono le sole posisibili, esse sono anzi corrette e relaitiviizzaite da una visuale più
profonida, che se ci fa un obbligo di considerarle con -serietà, ci rende inicap.aci di
vederle rivesitite di una serietà ulltimia e
assollulta. L’eternità divinata nel itempo lo
coosaicra e lo scoosaicra al tempo stesso;
lo cionf-erma e io- supera ; gli conferiisce
tuMa la serietà che è suisoettibiie di ricevere, nell atto- stesso die gli riconosce sol.
tanto nn valore relativo. Cristo regna, e
non i miti e le ideolo-gie di questo- mondo.
Finaihnenite la prospeltiiva della storia
saiora della redenzione non può non tradursi in una ragionata, fiduiciia anche nella storia del mondo. Non può essere priva di oigni pooiitiviltà e valore la vicenda
um-aua, qualunque sia, cihe si svolge dalla
creazione al Regno di Dio, quali ohe possano essere le sue ragioni, o le sue deviazioni. Le visioni nicliifete della storia
devono essere preiiminarmente rifiutate,
le -viisioni cisdiuisivamente umanietiche, oorreitte e tiemperate. Vi è un riferimento
analoigi-oo della storila del mondo aUa storia del Regno, die deve essere affermato
e chiari'to. Nella storia sacra della redenzio-ne si sviluppano valori .ohe sono esemplari per ogni rapporto umano. Coloro
che hanno riconosciuto la dignità delTattimo temporale carico di etemità non potranno mai dispreiszare l’uomo, per umile
e abietto die sia. Coloro die sa.nno di
essere coinvolti in un processo di redenzione, che li rende memibra del Corpo di
Cristo, non potranno dimenticare nei loro
comuni rapporti umani i valori di libertà
e di solidarietà, ohe hanno scoperti in
quella sacra connessio-ne. Essi assumera-nno come compito stori-co di promuoverli,
e farli .trionf.are in tutte le sfere delle relazioni umane. La storia viva, la storia
die si crea verrà in tal modo ad atteggiarsi ad una- iinimagine, ad una analo-gia,
ad .una parabola della storia saicra dei Regno di Dio. E in ciò sarà la sua più alta
dign.iità.
G. Miegge
(Per una fede, Milano 1962^, p. 143 s-)
“ Protestantesimo „
SOMMARIO DEL N. 1/1963
V. Sgbilia: Il pietismo — Conseguenze
attuali di un fenomeno inantuale.
E. Maggioni: Studi sull’ateismo.
P. Ricca: Il problema del cattolicesimo.
P. Carii-E: a 4D0 anni dalle guerre, di religione.
Tesine sul comportamento
L. SzABÒ: Vesigenza della pace, il pròblenut della storiaf le visuali cosmiche.
politico del cristiano
I. — Il cristiano non può disinteressarsi
dtíUa iiolitáca e del potere poUtico, pendìi
una posizione di assenteismo e di indifferenza equivarrebbe a dimenticare la funzione assegnata dalla Scrittura affo Stato, la
cui vocazione — al servizáo di Colui -che
non è soltanto il Signore della gente di
chiesa, ma la cui signoria ho dimensioni
cosmi die e muove Ig storia secondo i propri fini — è di organizzare la vita comune
di chi crede e di ohi non crede, di dii è
nella diiesa e di chi è fuori della chiesa,
testimene, anche se inconsapevole, della
giustizia e dell’amore di Colui che fa leva
i-e il sole sopra i malvagi e sopra i buoni
•3 fa pio-vere sui giusti e sugli ingiusti, senza discriminazioni e senza favoritismi, al
fine che il mondo non cada nel caos, ma
sia conservato — in questo tempo in cui la
prodamazione del Nome di Colui die è segno di conitraddizione determina fede e incredulità — in vista del giorno in cui la
contraddizione sia tolta via e Dio sia tutto
in tutti. 11 disinteresse da parte del cristiaiio equivale al rifiuto del suo necessario
sevizio di preghiera e del contributo di
orientamento e di critica che egli può e de■ c dare onde aiutare il potere politico a
prender coscienza della propria vocazione,
cioè, concretamente, a eserdfca-rla in mo.do
retto.
elica politica deve essere espressione del
fallo die Cristo ci ha resi liberi dagli uomini e dai loro idoli come dalle potenze
che dominano il secolo, liberi per Dio e
disponibili per U Suo servizio, liberi per
il prossimo e diqM).nibi]i per il suo servizio. In altri termini, la politica del cristiano deve articolarsi sulla linea del duplice
coiiiandameiilo : amore verso Dio, amore
verso il prossimo.
IV. — L’amore verso Dio -in sede polilica implica rifiuto di ogni pretesa totalitaria die intenda subordinare la vita dell’uomo all’istanza .po'litica o sociale o econemica — e implica ricerca di forme aperte e libere per il servizio di Dio. fondamento di ogni altra libertà. Là dove, sotto
le pressioni del potere statale, il cristiano
scende a compromessi con questa posizione, perde la i-ropria coerenza e autonomia
cristiana e l’autorità a testimoniare rldrEvangelo del Signore Gesù Cristo.
II. — Il cristiaiio non può d’altra parte
fare una politica di parte i.spirata a un interesse politico autonomo, perchè una sna
azione politica in questo senso risulterebbe
sganciala dal iervizio di Colui che è il Signore anche de! settore polilico deUa vita
e presupporrebbe una .separazione della vita in sfera mondana della « polis » c in
sfera religiosa, .soparazione che non può essere cristianamente fondata.
V. — L’aiuore verso il prossimo in sede
politica -implica rifiuto non solo di ogni
ferma di oippre-ssione ma andie di ogni forma -di libertà formale non accompagnala da
libertà reale — e implica ricerca, attraverso la lei-iiiea sociologica, di forme di aiuto
al prossimo per rendere la sua vita vivibile
e metterlo in grado di rispondere alla sua
vocazione, dando alla sua vita il senso di
servizio che gli è richieslo da Dio. Questo rifiuto e questa ricerca si accompagnano
aUa coscienza sobria e antimitica i-he nessuna soluzione è assoluta e senza peia-ato e
quindi aceettabile senza riserve — e altresi nella coscienza fiduciosa e resiponsaibile
che il Regno di Dio deve iinic.irnarsi e trovare i suoi scgnii già neircconomia atliiale.
III. — Il cristiano è chiamato a fare una
politila determinala dalTEvangelo : la sua
V. Srim.iA
(Pro-tesla.niteisitno, 2-1957, n. f)4)
Pregare per le autorità
^ La pre-ghiera fa pairlie deilla missione
della ctliiesa nei riguandi dello stato. Se
è ve-ro che non si ha diritto di prega-re
qui a nido no.n si fa tutto quello che è n-elile
proprie poissihiiità per attuare quello òhe
si cliiede, è anic-he vero «he molte vo-lfe. si
prega quando non si sa più icosa faine, e
si è alla fine di tutte le risonse umane. La
chiesa deve perciò badare a non accontentarsi di pregare, rimanendo rinchiusa
e oziosa entro le quatltro mura del suo
santuario. Però, se la chiesa prega con la
dovuta disposizione .spdritnale, essa rende
un servizio allo stato, perchè lo stato non
sa pregare nello spirito- deIl’'Eva.ngeilo, e
ha bisogno che la cliiesa i-niterceda per esso.
Naiuinalimeinte, n-ou bisogna che la chiesa preghi come saprebbe pregare anche
10 stato .pagano, che non ascolta la parola di Dio.
L apostolo Paolo menziona la preghiera
p>er le a.uto.rità come uno dei prinoipali
doveri dei credenti, ma indiica anche lo
sipiiiTiit'O con cui dicvc csisdr© coni
piuto. Egli dice: Io esorto dunque, prima
d ogni altra cosai, che si .facciano supplicazioni, preghiere, intercessioni per tutti
gli uomini, per i re o per tutti quelli che
sono in autorità, affinchè possiamo, menare una vita tranquilla e quieta in ogni
pietà e onestà (I Tim. II, 1-2). La chiesa
deve pregare affiuchè lo stato comprenda
qiual’è la sua missione verso la chiesa e
n.on o.sta.coli il lavoro di questa, affinchè
le persone die sono in autorità e governano i popoli non agiscano secondo la
propria saviezza e il proprio capriccio,
ma secondo la vo,lonità di Dio. Non si
traitta dunque di pregare perdiè i governi
rieisoano nelle loro i.mq)r.e8e, o neU’attuazione ditìUe loro riforme so-oiali, o perchè
i loro^ eserciti riportino la vittoria; ma
affiniohè le autorità costituite riconoscano
e compiiaino la volontà di Dio. Si pregherà, non per ciò che lo stato crede essere
11 suo bene, ma per ciò due è effeltivameniie il suo vero bene. La diiesa deve
essere molto sobria nelle sue suppliicaz-ion.i, affin di non confondere la causa degli
uomini con quella di Dio. I padri della
Riforma haiiuio ancor oggi molto da iniseginiarci a proposito di tale sobrietà. In una
loro preghiera, che ma pia.ee dtare, chiedo.iio a Dio inuianzii lutto di « iprote'ggere
beniignamente la .chiesa, dai piani dd diavolo e dei lirauni »... e quindi supplicano
« per tutte le autorità, che Dio voglia iliuirainare il -loro .cuore col suo Spirito e
la sua .parola, affìndiè onorino e non avversino la Sua parola, e noi poissiamo avere pace sotto il loro governo ».
ila manchevole pure-zzia delle sue .i.uicuzioni, per aver servilo troppo apeisis.i a sè
.stessa, come iistiitiuziome umana, .terrena,
aniaidiè alla, causa deH’Evianigelo, per aver
.cercato dd salvare la sua vita, atizichè
perderlia ai servizio del suo Signore.
Questa umiliazione sarà per la chiesa
stessa conditio sine qua non per poter
-coinitinuare con effioaicda e autorità la sua
missione nei riiguardi deilio stalo, nonostanile il proprio peccato politico dai tempi dd Costanlino ai Patti Lateraneiisi e al
vescovo Muller deOla chiesa evangersiioa di
Germania : peooato politico che l’uomo
della strada non mancherà di rinf:i;ixiarle
ogni giomo. V. Vinay
(Vocazione politica della Chiesa,
Roma 1947, p. 62 s.)
Teologia e diaconia
— Tramonto del Protestantesimo?
— Una intervista di Karl Bartli.
— Recensioni.
Al * li!
La chiesa prega così alfinidiè il suo conservo, lo stato, possa rimanere fedele al mandato ricevuto da Dio, ma essa stessa è stata
molte volte infedele proprio nella sua
misaione nei riguardi dello stato, mancando di coraggio e di decisione nell’ora
in cui non doveva aver riguardi personali, nè pensare a salivare i .propri privilegi,
e confondendo la causa dell’Evangelio con
quella di una politica contingente, sia
dello stalo che della chiesa... E’ dunque
necessario che la chiesa si umili, non in
modo generico in quanto è peccatrice, come lo sono tulli gli .uominii, ma concretamente, per il suo peocailo polilico, per le
sue defioienze e i suoi errorli dm questa
sua missione nei riguardi dello stato, per
(segue dalla l.a pag.)
essere servito ma per servire; la nostra
vocazione sarà tanto più autentica
quanto più porterà in sè questo segno
servile e quanto meno avrà di eccezionale e di insolito. La vocazione non
è una vetta, ma un solco.
Se però oggi i giovani sembrano incapaci di scoprire in sè questo solco,
la responsabilità ricade in gran parte
sulle comunità in cui essi vivono, ciascuna delle quali è spesso una collezione di individui e di rapporti individuali con Dio, anziché una « moltitudine di vocazioni al servizio del Signore », un terreno dove la vocazione
al ministero pastorale non sorgerebbe
più come un prodotto solitario e straniero, ma come l’espressione naturale
di un rapporto vivo tra la comunità
dei credenti e il suo Signore. Ma i>erchc una tale vita comunitaria possa
tìorire, è necessario che la comunità
divenga una « scuola della parola di
Dio, dove si interroga e si ascolta TEvangelo non soltanto per i bisogni interiori dell’anima, ma per essere ammaestrati da Dio intorno a tutta la
vita della nostra generazione ».
Queste parole di Valdo Vinay mi
inducono a concludere queste brevi noie so'ttolineando quanto siia dunque
essenziale e vitale il rapporto fra teologia e diaconia: la prima trova tutta
la sua concretezza e la sua pienezza
vocazionale nella seconda; e la diaconia a sua volta può ricevere solo dalla teologia gli strumenti e gli orientamenti indisf^nsabili ad un servizio che
votglia diirsi cris(tianoi. L’ima non è
pensabile senza l’altra, e in un certo
senso esse si identificano, come le due
facce dell’unico servizio che il popolo
d' Dio è chiamato a rendere nel mondo; il servizio della Parola.
Rita Gay
3
17
el
aprile 1963 — N. 17
PM- 3
La «Pacem in terris»
« Che cosa fanno le Chiese? ».
Con questo grido, il Mounier, grande cristiano militante, esprimeva
nel 1948 il generale sgomento di
una notevole maggioranza di credenti dinanzi all’atteggiamento passivo o troppo distaccato della Chiesa di fronte all’orrore della guerra.
Nel campo cattolico, papa Pio XIT
aveva dato a suo tempo alcuni suggerimenti e conforti contro il pericolo e le conseguenze di una guerra, ma aveva lasciato al potere politico il compito di risolvere tutte
le questioni che nascevano dall’urto
dei popoli, M l’un contro l’altro armato ».
Forse si trattò di riserbo, o di
prudenza, forse anche di paura di
interferire in discorsi che non riguardavano la cristianità, comunque, il successore, Giovanni XXIII,
ha superato riguardi e timori e ha
parlato con voce chiara e ardita sì
che alcuni ambienti conservatori e
« codini » hanno preferito non commentare per esteso l’enciclica papale che rappresentava per molti una
nitida eloquente accusa.
(Questo papa che nell’intento dei
suoi « elettori » doveva essere un
pontefice di transizione dimostra, a
dispetto dell’astrologo, una salute
ed una vitalità invidiabili, una rara
sensibilità dei pivi urgenti problemi
che travagliano il nostro tempo e
ai quali, finora, si metteva mano
con un corso di novene o con le ammonizioni del vescovo o del parroco più intraprendenti.
L’enciclica « Pacem in terris » era
apjH'iia stata resa nota che i leader
d’ogni partito e d’ogni corrente politi( 1. si ispiravano ad essa, ne frugavano ogni frase pivi recondita,
ogni riferimento simbolico, per sciorinare davanti agli occhi degli elettori I vari punti di contatto tra un
programma politico e la parola del
Capo della Chiesa cattolica romana,
tra l’enciclica di Giovanni XXIIl e
il manifesto murale. In verità, l’ultimo messaggio del papa ha tolto
di j)roposito, dallo spirito degli individui, il peso dì ogni bandiera e
di ogni distintivo; soprattutto è riuscito a superare differenze di fede
e di ideologia per elevarsi al livello
dell’unità di tutti quanti, indistintamente, gli uomini della terra.
Certi riferimenti ai « fratelli separati » suonano piuttosto come
una persuasione, per i cristiani, e
un incitamento a comprendere il
semso pieno dell’ecumenismo per
sgombrare il campo dell’unità dalle diffidenze e dalle incomprensioni; ma dove l’enciclica batte il più
scottante tra i problemi attuali è il
punto in cui essa, dal tema della
giustìzia sociale, delle divisioni di
razza e di religione, scende fino alla guerra. Dopo aver condannato il
razzismo e l’intolleranza, Giovanni
XXIII spiega come sia inutile predicare contro il triste flagello della
guerra quando non si indica agli
uomini quelle che possono essere le
armi di risoluzione. E’ stolto pensare di evitare un conflitto armato
se non si evita prima il sorgere degli abusi, la prepotenza del denaro, della speculazione, lo sfruttamento e l’opjjressione. Finora il cristianesimo romano aveva taciuto su
questi temi poiché la religione è
fondata su alcune regole e per vivere in perfezione sembra che basti seguirle. Giovanni XXIII ha rotto il cerchio che limitava la vita cristiana ad una famiglia ristretta; non
ha fatto questione di chiese, ha indicato a tutti gli uomini di buona
volontà i mezzi del dialogo universale.
Airumanità impaurita dal terrore
egoistico di perdere i propri beni i
pastori di anime si preoccupano
quasi sempre di offrire la condanna
contro i sovvertitori che minacciano, sempre più da vicino, quei beni
e quei privilegi. Accuse e processi,
dai pulpiti, ne abbiamo sentiti in
gran numero, sempre orientati verso un unicq bersaglio; ma se Cristo
<c muore » nella violenza e nel disordine, Egli però « vive » nel nostro vicino che ha fame.
Con questa chiarezza Giovanni
XXIII ha toccato uno dei temi che
maggiormente dovrebbero bruciare
a noi, credenti dell’Italia del « miracolo » : quello della fame.
L’umanità che giace nel bisogno
è oramai sfiduciata; non le interessa più che uno stuolo di preti o di
bigotti si affanni a difendere la civiltà latina o quella occidentale, e
predichi per l’esaltazione dei valori morali e per la sopravvivenza della famìglia; se la Chiesa è davvero
la Chiesa dei poveri cominci col riconoscere ad essi le loro prime inderogabili ragioni, allora la pace
nascerà come un frutto spontaneo.
Oramai l’encicliea del papa romano è conosciuta in tutto il mondo;
molti di quelli che stanno accanto
a Giovanni XXIII hanno ritenuto
questo messaggio un incoraggiamento alla demagogia, uno strumento
ili propaganda addirittura sovversivo. Uomini politici e porporati
aspettavano una condanna precisa
verso i fautori di idee rivoluzionarie, verso qualsiasi « svolta » intesa
a stabilire una più rapida soluzione
dei problemi sociali; questo papa,
ad un certo momento, fa troppo sul
serio il suo dovere di cristiano, e lo
fa senza chiedere consigli.
Noi siamo molto lontani, per ragioni teologiche :e pratiche, dalla
Chiesa Romana, siamo scettici riguardo all’applicazione di questa
enciclica e alla « buona volontà »
necessaria per realizzarne le premesse, ma riconosciamo che il papa
ha capito una grande necessità ; per
salvare il Cristianesimo della chiesa cattolica è indispensabile rituffarlo nel grande oceano dell’umanità
togliendolo dalla palude delle camarille e delle toghe. M.\rco
Parlano i più direttamente interessati
lellere di catecumeni
sei '’malrìmeni misti”
nOIVliITTO MASCHILE VALDESE
TÜRKE PELLir.E
Dal 1° luglio al 31 agosto si accettano ragazzi dagli otto ai quindici anni anche per il solo periodo estivo.
(Soggiorno minimo: 20 giorni). Nuovi impianti sportivi in funzione. Informazioni dettagliate subito sciiven
do a: Convitto Valdese, TORRE PEXr
LICE (Torino).
Durante il corso dal quarto anno, ho
chiesto ai catecumeni i loro pensieri nel
caso d’uina possibilità d’un matrimonio
misto. Ecco alcune risposte.
Un catecumeno scrive; « II problenu
dei matrimoni misti è molto complesso ;
in questi ultimi anni si è purtroppo aggravato. La causa di questo aggravamento
si può ricalcare senz’altro in un nuovo
modo dii vedere la religione, mollo più
blando e leggero; certe cattive soluzioni
dei miatrimoni misti sono dovute certamenile all’indifferenza ed alia superflcialUà con cui viene conisiderata la religione, ritenuta secondaria tra 1 vari problemi ed alila quale si può dedicare qualcosa
di molto modesto del nostro tempo ; il
miglioramento della vita economica ha indubbiamente contribuito a far cercare
soltanto la convenienza del matrimonio
dal lato sociale e non religioso. Alla mia
età le idee sul matrimonio sono naluralmcnite vaghe per cui non posso prevedere
quale sarà il mio comportamento di fronte ad un eventuale matrimonio misto; comunque più volte ho meditaito su questo
punto ed ho tratto la conidiiaione ohe il
modo migliore di comportarsi è quello di
essere molto sinceri fin dairinizio ed avere il coraggio di prendere delle posizioni
nette, evitando le ambiguità... il mio pensiero sarebbe quello di scegUere .tra le ragazze valdesi la compagna della mia vita ;
se poi dovessi sposarmi con 'ima ragazza
non evangelica credo ohe sarei molto ferino nel conservare la mia religione andie
per i miei -figli perchè non (potrei tradire
la fede nel Signore nè potrei essere di
ostacolo ai miei figli per conoscere il tesoro che Dio mi ha dato ».
Un catecumeino teme che il inaitrimonio
misto possa condiurlo ad una forma di
S(cliiaviilù, se lui dovesse cedere sul terreno religioso... e difatli dal lato psicologico chi riniuncia alla sua fede o comunque eonsenite elle i figli siano cattolici
perde anche l’autorilà umana e diventa
come uno scltiavo, almeno in molti casi.
La fermezza e la fedeltà alla propria fede
è segno di dignità, di carattere, di personalità.
Una cateoumenai parla dell’amore « che
potrebbe forse prevalere su .lutti gli altri
senitime.nLi ed aciceearmi a (tal punto da
fare dimenticare i miei priocìpi... ». Si
nota qui la forza del detto popolare « al
cuore non si comanda », abbastanza diffn^so quando si dà la precedenza^ senti- _
mento, all’amore cinemalografico i cui ri
sultati si noteranno qualche tempo dopo,
quando il cuore a cui non si comanda
renderà infelici quelli che avranno ubbidito senza (^scernimento, senza convinzione profonda, (abdicando alla propria
fede... La stessa catecninena mette questa
frase come estrema evenienza poiché lei
stessa dichiara; «se incontro un ragazzo
cattolico romperò immediatamente i miei
rapporti con lui se mi renderò conto che
non vuole convertirsi alla mia religione»;
notate « rimmediatamente » nel timore di
non essere più cosi forte dopo, quando
l’affetto sarà troppo radicato...
Un’altra dichiara : « Non si deve avere
dnhhi: l’unica via da seguire è quella che
la sua fede gli detta... A scuola, al lavoro, dappertutto abbiamo compagni o amici cattolici e non possiamo chiuderci nel
nostro guscio e stare soltanto con quelli
della .nostra religione; a'Uzi dobbiamo fraternizzare con .tutti, senza distinzione;
d’altra parte questo fraternizzare non deve andare più in là dell’amicizia... ammessa l’ipotesi .che io debba avere un affetto più (profondo per un cattolico cosa
farei? cercherei innamziilatto di conoscere
bene quello che pensa dal la(to religioso
e se notassi che c’è una- speranza di condurlo aH’Evangelo lo inviterei a partecipare alle nostre attività e a qualche discussione con il Pastore perchè le idee
si possa(Uo .oliiarire... Sarei io cai>ace di
convincerlo? comunque se non ritnscissi
non mi resterebbe che lasciarlo contenta
di aver ■comunq'ue detto qualcosa initoimo
alla mia fede ».
Un’alitira ancora siorive: «Credo anche
che Dio mi dia la forza di rinunciare ad
un *uo.nm di altra fede, ge non ci fosse
possihiliità di intesa, ricordando cihe Gesù
ha compi'Uto il vero, grande sacriificio per
me. Se ®i ¡presentasse la evenienza del
inaitrimonio civile «hìederei a Dio molla
forza per non accondiscendere neppure a
^esla soluzione perchè' se il matrimonio
e celebrato in Chiesa nostra è già lun passo notevole... ».
Un cateoumeno critica coloro che « pensano all^ loro felicità sposando' dii vogiliono, rinunciando alla loro fede». Difatti questa frase cinematografica « debbo
pensare alla mia felicità » è abbastanza
diffusa ed è pronunciata normalmente dalle persone che non hainino compreso' nulla
della felicità dell’Evangelo e tanto meno
sono stali educati per conoscere ii vero
_bene die ilSignore promette
(corUinua in 4.a pag,)
Problemi e autorità
nella Chiesa
bi! lettore da LeiUella:
Ne-JI-a rubrica, « I lettori ci sori
votio », (Soinio a-ppanse due lettere
una sul numero 12 dal titolo « Ri
forma e cuirialiiami », a firma di
R. Bei talot, e l’altra sui ni 14 dal
titolo « Per una Rifo-rma bene in
tesa », a firma di Albento Ribet,
Viioc -Mo dera.lore.
la p(rima constaitazione ohe il le-ttore è indotto a fare è che il pen
siero di ¡coniservare l’anoniimo, ad
un i-ert-o pu-nto, viene tradito. Una
seiOoiiMla .conisltaliaBio.ne che il letto
re può fare è ohe nèlla prima pare
ci si muova su un piano generico
mentre nella seconda apparirebbe
unia preotacupaBione più ristretta
Tutto ciò non si vede quanto possa glova-re al cristiano che legge.
Il si(g. Bemalot parla, con ramm-a
r.loo, di un problema annoso die,
a varie riprese e da ipiù persone
è elato posto -a obi di competenza
perchè, in qualche modo, prowe
desse alla soluzione e dò per « il
bene della Chiesa ». Il problema,
di ordine aniministrativo, è sem.
pre al punto di parienz-a. Perdiè?
Si iratle-rcbbe realmeute di « disi-nteresse » degli -organi a-mminislra
ti'Vi? Ovvero ai deve ammettere che
la manicata soluzione del problema
vcinga parlicolarmente a posare su
dii ,ne è investito direttamente e
gli renda difficile e gravoso il lavoro e la vita? E’.lecito chiedersi e
diiiedere die una amuiinistrazione
sia funzionale e risolva, effettivanie-nte, i propria piroblemi? Questo,
in sintesi e concreitamente, senza
verbalismi o punte polemidie, die
talvolta sono necessaria conseguenz-a di eisasperazioni, emergerebbe
dalle lagnanze del Sig. Bertalot.
U Siig. Alberto Ribet, nel replicare, pare die non si preoccupi della sostanza della lettera che egli
restidnisce, ma vi veda solo « giudizi d’insulllo », un attentato addiritlura all’autorità dell’amministratore. E, a questo punto, egli icita la
lettera di Paolo ai Romani a proposito del rispetto e della sottomissione die si devono alle autorità .(Xistituile, per cotidudere,
semhreriebbe, ohe andie il sig. Bertalot debba es/sere (supinameule)
sottomesso all’autorità ammimatrativa della Chiesa. Qui si pone una
domainda; l’autorilà della Cliiesa si
deve identificare nell’aulorilà dello Stato? Ed ancora; il cirietiano di
fronte al fratello amministratore,
deve conisiderarsi come di fronte
all’autorità dello Stato? E il con
cetto di autorità nella Chiesa è,
nella presente icdricostanza, esattamente inteso? Sui piano di Dio là
posizione dii un .semplice servitore
di una Chiesa e Taulorilà ammi
niistrativa della stessa non è diversa.
E’ auspicabile die gM autori delle due lettere — per il bene della
Gliieisa — trovino una forma di
collaiborazioine che sia all’altezza
della responisabilità e deill’imvestitura die entrainhi hanno ricevuto,
ciascuno nel proprio catnpo di la
VOTO, in'-quanto, sul terreno della
fede, non si ipuò parlare di alcuni
die comandano e di altri -die servono, di ufficiali e di subalterni.
Nicola di lorio
Amministrazione
o tenlogia?
Un lettore, da Venezia:
H-o seguito il dia-log-o Rilbel-Be-rtaloil su « Riforma e curialismi ».
Non entro nei merito dell’occasio-ne amministrativa che è all’origine; m’interesiSa invece la questione nel SUO aspetto ecclesiastico e
di aoiplin&re.
Il Vice-Moderato-re risponde al
Sinodo del suo operato, e sta bene; ciò significa die ha deWc responsabiliità verso una più alla autorità. Ma in nessun caso ciò lo
esime dai corrisjtotulere in basso
(lohe è altra cosa dal rispondere)
coi dipendenti «he, a torto o a ragione, lamenilimo delle disfunzioni
amministrative.
Corrispondere aignifica adempiere ad un dovere di ogni autorità
che -ha responsabilità non sulo verso l’alto, ma a.udie verso il basso.
Respingere i rilie-vi e le lettere non
è, nè in Inigli-iliterra nè altrove, il
miglior sistema per dii abbia delle
buone raigioni da sostenere. Fare
di un rilievo -un insulto è forse più
utile che dimostrare che il rilievo
infondato? Scomodare S. Paolo
e la sua lettera ai Romani è forse
più utile die corrispondere col dipendente e con i Veneziani die a
ragione o a -torto si lamentano?
Queste sono domande.
Ma questa è una didiiarazione ;
non confondiamo amministraziione
oni teologia e con morale o con
disciplina ecidesiiastica ; e, per carità, non scomodiamo Sinodo e
Paolo apostolo tutte le volte ohe
un muro ha bi.sogno di una ma-np
di bianic-o.
Se però i regolameinti della Tavola rendessero possibili queste
confusioni... eli co-a-mmini strati ve o
teologico-computiistidie, aUora il discorso da farei sarebbe molto serio,
perdiè una comunità valdese rasscmiglierebbe -troppo a-d una parroicdiia roma.na, e lil rilievo di un
dipendente scatlenerebbe la « reprimenda episcoipale » delle aultorità.
Di questo passo potremmo avere
anche noi i nostri bravi pastori
« sospesi a divinis » p « apostati
irretiti di censiura... » e allora saremmo davvero pronti al ritorno
all’unico ovile romano.
Se siamo dei rifo-miali, non perdiè tanti secoli fa abbiamo fatto
una Riforma ma perdiè siaimo pronti a riformarci, se è necessario ogni
gio-mo, perchè il Cristianesimo si
arritìdiisca c-oi tempi, feibbcne non
d voirrà molto a rifoirmare ve.ochi
regolamenlii già utili, ma ormai invecdiiati. Non se ne potrebbe parlare al pros(simo Sinodo?
Prof. William Araldi
tascìamo stare
San Paolo
Un lettore, pure da Venezia:
Leggo sul numero 14 della Luce
la risipoala die il Vice-Moderatore,
Past. Alberto Ribet, ha -nrediUto di
dover dare alla lettera del Past.
Beirladot, ipubblicata sul n. 12 dello stesso giornale.
Mi sia consentito di fare subito
un primo rilievo; non sono disposto a riconosicere neanehe al Moderatore il diritto di non ris^ndere ad una lettera, o, peggio, di respingerla sic et simpliciter. Lo scrivente potrà anche aver torto, o essere magari un imbecille (per quanto un gi(ud-iz.io del genere è sempre
viziato ab inìtio dalla stima, talvolta eccessiva, che noi abbiamo della
nostra intelligenza) ; ma bisogna dd-moslirarglielo! E per fare ciò è neeessario rispondere. E’ anclie un
dovere di forma a cui nessuno, particolarmente se rivestito di una carica, dovrebbe sentirsi in diritito
di sottrarsi. Si dice che Kennedy
isponda alle lettiere di critica ohe
gli inviano privati eittadiini. Va bene ohe Kennedy è solta.nlo il Pre
sident-e degli Stati Uniti!
E’ vero ohe un membro della Tavola è chiamato a rispondere collegialmente dava-nli al Sinodo delroperato della Tavola -ste-ssa; ciò
non Io esime però, .»ve ne sia riobiesto, dal colloquio con qualsiasi
laiico (per usare un termine improprio; a proposito è veramente improprio?). Questo servirebbe se non
altro a cementare la fiducia delle
comunità nell’opera svolta dall’aduniimiislrazione centrale.
E lasciamo stare S. Paolo. Deve
esseire proprio il frutto di una deformazione professionale questa della riitaziioini bibliche; non si riesce
neaniohe più a parlare del conto
della spesa, senza citare la Scrittura! Quando poi si sa benissimo che
Tu-omo è portato più a cooformare
la sua fede al suo operare ohe il
suo oiperare alla sua fede. Ciò mi
fa ricordare ceni, sermoni nei quali si avverte lontano un miglio che
il testo biblico è stato aggiunto
do'po !
Lasciamo dunque stare S. Paolo
e il discorso sull’aiutorilà che èi
porterebbe troppo lontano. Talvolta Pautorità può essere inupersonala da un Hitler, da uno Stalin o
da un Alessandro VI! E allora come la mettiamo con l’obbedienza
ad una tale autorità?
Non so, sig. Direttore, se, nel
caso questa mia lettera non venga
puibblicata, avrò il privilegio di
vedremela respingere; forse questo
trattamento di favore è riservalo
soli'anlo ai Pastori.
Prof. Guido Colonna-Romano
A vendo pubblicato le prime lettere, mi sento in dovere di pubblicat'e tìtudie le ’’reazioni” da esse
suscitate. Ma tengo a chiarire le
cotsa, sjpecie pensando iai moltissimi lettori, i quali saranno certo
stati «I disagio di fronte a questa
discussione. Non posso qui dare un
giudizio di valore sul problema di
fatto: dopo tutte queste lettere, ne
i lettori nè io sappiamo esattamente di che cosa si sia trattato veramente, quale sia .stata l’origine della ’’disputa^’. E questo dovrebbe
far riflettere, pregiudizialmente, i
due primi scrittori. Detto questo,
penso che sia stato scorretto — e
gliePho scritto ■— che U possi. Bertalot abbia reso pubblica, sia pure
senza nominare la persona, anzi
proprio perchè non la nominava ma
tolevd colpirla indirettamente, una
lettera privata rivolta a lui a al
consiglio della sua comunità; e un
poco mi dispiace di averla pubblicata, suscitando^ questa spiacevole
polemica su un problema che è
eminentemente personale, amminisirativo-locale. D’altra parte pmiso
che cosa più saggia sarebbe stato
— e anche que^o ho scritto a lui
— se li past. Ribet avesse scritto
personalmente al collega, anziché
risitondere pubblicamente sul giornale; e sano d’accordo con gli scriventi di questa settimana che in
questo casoi l’apostolo Paolo c’entrava fino ad un certo punto.
Ora, l’augurio vivissimo mio e,
ne son certo, di tutti i lettori, è
che, il contrasto possa essere fraternamente composto al più presto, per il bene e la serenità di
tutti. Ma forse la discussione avrà
giovato; noi oscilliamo infatti fra
un senso a volte un po’ massiccio
dell’autorità e uno spirito, largamente diffuso fra noi, di demagogia; troppo spesso nelle nostro comunità, e anche nel corpo pastorale, si insinua o lancia alti lai un
senso di profonda sfiducia nell’amministrazione centrale, considerata
esattamente come l’italiano medid
considera Vamministrazione statale;
a questo le nostre ” autorità ” reagiscono talvolta affermandosi un pò
massicciamente: ma dobbiamo obiettivamente cercare di pensare a
quali sono le difficoltà che quotidianamente incontrano ; comunque,
malgrado questo preteso atteggiamento autoritario, ñon si può certo
dire che la- Chiesa Valdese sia un
modello di ordine e di uniformità!
c’e chi pensa che siamo invece in
pieno caos soggettivo.
Un accenno ancora: il grande
servizio che: il cristiano è chiamato
a rendere nel mondo di fronte alle
aùtorità (a tutte le autorità) è di
prenderle sul serio, ma non troppo
sul serio: nè se si tratti dell’autorità di cui si è rivestiti, nè se si
tratti dell’autorità di cui altri è rivestito-; di fronte alle oppo'sle —
ma spiritualmente tatuo simili —
tendenze! dell’autoritarismo e della
demagogia, U cristUmo è chiamato
a ris¡>ettare le autorità, volute da
Dio ma proprio per questo — perchè sottoposte a Dio — a relativizzarle, a ridurle alle loro vere, necessarie ma sempre discutibili dimensioni.
Dunque, la discussione non sarà
stata inutile, operiamo, e ci avrà
fatto pensare lutti. ” Già, ma a nostre spese ” — diranno forse i due
interlocutori. ” Beh, dopo tutto non
siwno> stati noi u •mettere i piedi
nel piatto ” — rispondo all’uno e
all’altro con una cordiale stretta di
mano. Gino Conte
Strane
conversioni
Un lettore, da Messina:
Nelll’ulltimo paragrafo di « Voci
diali mondo » — in onda ogni domeniica alle 14,30 sul 2° prograimma
della RAI ■— domendica 14 aprile, è
stato loltervislato un giapponese soprawisisuilo ad Hirosbima, il quale,
a detta del radio cronista, si è convertito alila Chieisa cattolica dopo
aver odiato gli aimericani e meditalo a lungo il Suilcidìo.
Mi sorge però un dubbio: 1) l’inlervistato ha detto in (italiano: Buona Pasqua a tutti i fraitelli; 2) nel
numero di « La Luce » del 10-9-l%l
si parla di Mitsuo Fudhida, divenlato poi pastore evangelieo. Sono
assiduo frequentatore della Chiesa
Valdese di Messina e lettore del
voislro settimanale, e vi prego volermi (Cortesemente chiarire quanto
sopra. Attendo con ansia il vositro
cortese riscontro e fratemameme vi
saluto e ringrazio.
Raffaele Tortora
Non abbiamo ascoltalo questa trasmission-e, e non possiamo dare lina
risposta precisa. Crediamo di poter
comunque escludere — se questo
era il dubbio •—. che si sia presentata! come una conv^sione al cattolicesimo quella che in realtà sarebbe stata una conversione al protestantesimo; e con ogni probabilità questi non sono stati i soli casi
di conversione, proprio di fronte
ad un evento atroce come lo scoppio di Hiroshima e Nagasaki. Dobbiamo naturalmente notare che una
conversione ’’per odio di qualcuno è sempre tale da lasciare per
lo meno perplessi, ma potrebbe anche trattarsi di una superficiale
semplificazione del radiocronista, o
Passio —■ di un’interessata perorazione anti-protestante, in quanto gli americani sono protestanti,
e quindi la bomba atomica era tuia
bomba protestante”, ecc. A noi deve importare al di là delle utilizzazioni propagandistiche — che
uomini piagati nel corpo ,e nell’anima abbiano trovato in Cristo un
Retlentore, e una nuova speranza.
4
p«g. 4
26 aprile 1963 — N. 17
In servizio negli Stati Uniti
(segue dalla 2.a pag.)
lità della Clilesa Unita e di quella
Presbiteriana, poi una riunione con
tutti i Pastori della città, infine un
culto conclusivo in lingua inglese in
una delle Chiese Unite alla presenza
di un buon uditorio. La famiglia del
Pastore Pietro Moncada (la signora
è sorella, dei Pastori Naso della Chiesa Valdese) mi circondò di attenzioni
nei due brevi giorni trascorsi ad Hamilton; e la mattina del 30 marzo mi
rimettevo in viaggio verso Toronto,
grande città canadese, dove mi attendeva un programma di lavoro assai
denso e concentrato in una brevissima permanenza. Domenica 31 marzo,
infatti, ero chiamato a presiedere ben
quattro culti ; due in una grande Chiesa Unita alle 9,30 e alle 11 del mattino; poi, dopo un buon pasto in casa
della famigha De Luca, eccomi nella
Chiesa di lingua italiana di cui è attive Pastore il Bev. M. Di Stasi. La
Chiesa è anche qui colma di gente e,
con gli italiani residenti a Toronto
da molti anni o nati in Canada da
genitori italiani, ci sono i nuovi arrivati, più o meno estranei alla vita
della città ed alla lingua parlata. Ho
dovuto rivolgere il mio messaggio prima in italiano, p^i in inglese; ma i
canti furono tutti cantati in italiano
e con accenti di allegrezza ciistiana:
« Narratemi la storia del Redentor Gesù — Lottìam, lottiam col Cristo »
ed altri ancora, in un’atmosfera di
semplicità ed al tero.po stesso di zelo
che mi ricordava certi convegni giovanili di una età oggi spesse volte a
Icrto svalutata, quando giovani Pastori e membri delle Unioni giovanili
a centinaia si riunivano a testimonianza della loro fede mediante lo
studio ed il canto. La sera, alle 19,
dopo un’ora soltanto di riposo, ero già
in una Chiesa Presbiteriiana di lingua
inglese per presiedervi l’ultimo culto
domenicale e parlare deiropera della
Chiesa Valdese.
Il lunedi, mattina, insieme col Pastore Di Stasi, ho fatto le visite ufficiali con l’orologio alla mano per non
perdere il treno che doveva portarmi
a Kingston. Alle nove ero nella sede
generate della Chiesa Unita del Canada per im incontro di mezz’ora col
Moderatore e con il Segretario Generale; alle 9,45 rivolgevo la parola al
personale della Home Missions per la
Chiesa Presoiteriona e alle 10,50 im
congedavo dal Pastore Di Stasi e dalla sua Signora per salire sul treno diretto a Kingston ed a Montreal. Dovevo presiedere una riunione serale a
Kingston, preparata dal Prof. Waldo
Smmh del Queen’s Theological College. Il prof. Smith ci è noto per aver
tradotto in inglese il volume su « La
Vergine Maria» di Giovanni Miegge.
L’avevo incontrato l’anno scorso a Roma, poi a Torre Pellice nel mese di
luglio; e, da Torre Pellice, una domenica pomeriggio eravamo saliti inspme fino a Massello per sostare in
silenzio dinanzi alla tomba del Prof.
Miegge nel piccolo cimitero accanto
alla oiiiesa locale. Per la prima volta
un delegato valdese parlava a fratelli
in fede di Kingston rievocando anche
la tìgura di un grande canadese e benefattore dei Valdesi, il generale
Charles Beckvith. Non lo si conosceva
affatto; ma quanti valdesi si ricordano ancora oggi di quel fedele amico,
grazie al quale furono costruiti in
tempi di intolleranza e di depressione
economica alle Valli numerose scuole
per l’istruzione dei Valdesi oltre ai
grandi tempi di Torre Pellice e di Tellina? Si fa presto a giudicare severamente il passato e lo si dimentica anche con facilità; tuttavia quanto avremmo bisogno anche oggi alle Vaili di uomini di fede, disposti a manifestare la loro fede mediante opere
cne lascino un impronta nella vita rairijiare, sociale, culturale e religiosa
della nostra popolazione, sia pur con
strutture nuove e ambientate alle necessità dei tempi, ma con una cniara
impostazione cristiana, in modo da
essere utili a quella parte della chiesa che il Signore ci ha aliidato in mode particolare!
« »
La mattina del 2 aprile, assai presto, mi rimettevo in viaggio alla volta
di Montreal, ultima tappa canadese.
1j pullman percorreva campagne ancora coperte di‘neve e il ghiaccio del1 ampio fiume S. Lorenzo stentava a
sciogliersi al pallido sole. Dopo cinque
ore di viaggio, eccomi a Montreal tratemamente accolto in casa dal Pastore Antonio Moncada e dalla sua Signora, Pastore della Cniesa italiana
dipendente dalla Chiesa Unita del Canada. La sera stessa ero chiamato a,
rivolgere il messaggio della Chiesa
Valdese e della Parola di Dio ad una
ampia assemblea raccolta nella Chiesa del Pastore Moncada; c’era anche
un numeroso gruppo di Pentecostali
italiani ed una rappresentanza della
Beckwith Memorial Church, quest’ultima già curata per sette anni dal Pastore Benzo' Bertalot, ora a Venezia,
Anche qui l’atmosfera era tipicamente meridionale e varie persone mi davano l’impressione di essere negli Abruzzi, in Calabria o in Sicilia. E con
quale calore fraterno molti mi salutavano, specialmente i Pentecostali, reagendo benevolmente al senso di freddezza o di isolamento che talvolta caratterizza molte chiese, ancora troppo sensibili al distacco tra le classi
sociali; «Pace, fratello... Il Signore ci
benedica» e cosi; via, con una buona
stretta di mani!
Il 3 Aprile, l’inverno dava gli ultimi
segni di vita. A Montreal le strade erano ccqjerte da im sottile strato di
ghiaccio e così pure tutte le automobili e gli scalini (Mie case! All’una del
pomeriggio ero negli uffici di Radio
Canada per una trasmissione televisiva in lingua francese, dedicata in mode speciale alla pop<)lazioine cattolica
della provincia di Queb^. àH furane
rivolte alcune domande sulla Chiesa
Valdese e sul Concilio Vaticano II; la
trasmissione andrà in onda fra due
settimane e non potrò conoscerne personalmente il risultato. Infine, la sera
di quello stesso giamo, una conferen
za in lingua francese nella Chiesa del
Pastore Poulain sulla situazione ecumenica in Italia specàolmente in rapporto al Concilio Vaticano. Poi, dopo
la buona ospitalità in casa del Pastore
Moncada, eccomi aH’aeroporto per rag
giungere nuovamente New York, ul
tima tappa di questo lungo viaggio.
Ho approfittato di alcuni giorni a
New York per visitare in una bella
giornata di sole varie famiglie valdesi
lungo la valle dell’Hudson che avevo
veduto in gennaio completamente gelato. A Cornwall, accompagnato dal
Pastore Alfredoi Janavel, ho presieduto una riunione in casa di Henri Costabel di Torre Pellicie; c’eranoi, fra le
altre persone di cui forse dimentico
i nomi, Henri Rivoir, Henri Ferrerò
(fratello del sindaco di Frali), Louise
Durand Bein, Edmond Peyrot, Jeanne Pons (del Bessé di Perrero) con
membri delle loro famiglie. Nel pomerlgglo' sonoi giunto a Ulster Park e
Vi ho presieduto una seconda riunione più numerosa. Ricordo questi nomi: Henri Menusan, Lina Tran, Betty Grill, Edmond Long, Emile Bounous, Marguerite Viglielmo, Henriette Viglielmo, Adele Viglielmo, Emile
Grill, Alice Beux, Emile Pons, Emile
Beynaud, Céline Lageard, Henri Micol, Etienne Pavat, Valdo Pons ed altri membri delle loro famiglie. Dopo
il culto abbiamo organizzato una piccola corale ed abbiamo cantato vari
inni valdesi dell’innario francese.
Domenica 7 aprile, domenica delle
Palme, ho presieduto il culto in lingua inglese nella Chiesa Valdese di
New York, in collaborazione col Pastore Janavel e in occasione della confermazione di alcuni catecumeni. La
sera, tornando da Staten ISiand dove
abita il Pastore Janavel, sono passato di fronte ad un’antica chiesa rifor
mata e, dopoi aver notato che il culto
doveva essere presieduto dal Dr. Poling, vi soino entrato. Il Pastore Daniel Poiling è forse sconosciuto oggi
in Italia; tuttavia gli uomini della
mi,a età e appartenenti alla nostra
Chiesa ricorderanno forse ohe il Dr.
Poling, circa trent’anni or sono, aveva visitato le Valli (lo ricordo ad un
(mito del 15 Agosto a Prapimsun vicino a San Germano Chisone) e si
era rivolto anche alila Federazione
Giovanile Valdese, che precedette la
FUV come oiganizzazione giovanile.
Era amico del Pastore Paolo Bosio e
«leader» delle «Attività cristiane per
la gioventù» negli Stati Uniti. Ho
avuto la gioia di riascoltarlo la sera
della domeini(ìa delle Palme; a dire
il vero ero grato di poter terminare il
mio lungo viaggio con un tempo di
me(iitazione in quella chiesa e di riconoscenza a Dio per la sua protezione continua. Il Dr. Poling era una
pereona molto alta e slan(data quando era venuto in Italia; oggi le sue
spalle sono un po' curvate a causa
deH’età, ma il suo messaggio era pieno di convinzione personale, nella
luce della risurrezione. Ricordo che il
Dr. Poffing perdette un figlio durante
la guerra; era cappellano militare sull’incrociatore « Dorchester » affondato nel Paciflcoi. Moliti marinai non poterono essere salvati; le ultime quattro persone rimaste sulla nave e discese a picco nei flutti dandosi la mano furono i quattro cappellani mili
tari: due protestanti, un cattolico e
un isrealita.
Mentre il Dr. Poling parlava, non
potevo non rievocare anni passati ed
esperienze vissute. Gli accenti del sermone avevano im suono « evangelistico» nel senso positivo di questo termine. Un messaggio semplice e affermativo; non una argomentazione teo
logica, resa difficile da un linguaggio
tecnico, sul piano inteilettuale. Uno
di quei messaggi che aiutano a vivere ed a ^erare, nella luce delle promesse di Gesù Cristo. Una parola
chiara e semplice, al livello di tutti
gli uditori, detta con convinzione cristiana, a confronto delle nostre comunità, e di cui c’è tanto bisogno oggi
Mercoledìi 10 Aprile, ho avuto una
ultima riunione familiare nella Chiesa Valdese di New York, dopo aver
partecipato a(i una cena con alcuni
americani, amici della nostra Chiesa
Poi sono salito suH’aereo che doveva
riportarmi a Roma per la domenica
di Pasqua.
Anche questo «servizio negli Stati
Uniti» si è concluso. Ho cercato di
far partecipare i lettori al mio viaggio ed alle mie esperienze, nel quadro
di preziosi controlli ecumenici. Ci conceda il Signore di servirlo nelle nostre
comunità, per la loro edificazione e
per la gloria del Suo nome.
Ermanno Rostan
-_________________t___________________
Anno nuovo ! Nuova visione !
Sorto e sostenuto dalla fede e dalla visione di tanti credenti per l'Italia,
l’ISTITUTO BIBLICO EVANGELICO
ROMA
invita tutti coloro che vogliono rispondere alla chiannata del Signore,
ad iscriversi al Corso di Studio che comincerà il 1“ Ottobre 1963.
Per ogni informazione e iscrizione, rivolgersi :
ISTITUTO BIBLICO EVANGELICO
Dott. Royal L. Peck
Via Cimone n. 100
ROMA
Corsi di studi per tre anni
Lettere di catecumeni
sui matrimoni misti
(segue dalla 3.a pag.)
deli disceipoli. Quante ,giovaneilte che scendono dalla montiaigna nel fondo valle alla
riceiTca della « feliciità » tiroiva,no una certa
« felioità » a prezzo di matrimoni olle segnano rabiura o compromessi poco confortanti? Mi domando: cosa hanno insegnato i genitori? Segno ohe anoli’essi non
hanno capito il valore della vera felicità
ohe il Signore dona al credente che lo
ama e non rinnega il suo nome santo.
Dai vari pensieri dei miei catecumeni
si aiwerle la nota della testimonianza verso gli evenlualii elementi eatloHcd, la nota
della fermezza e delle posizioni chiare
su lintto il problema durante il periodo
dei primi inicoinlri, die decidono radicalmente i’awenire del inalrinxonio stesso.
In iclima di ecumenismo e di dialogo con
i Cattolici non stanchiamoci di affrontare
concretamenile i problemi di fondo, preparando seriamente in casa e nella chiesa
i nostiri giovani affinchè siano sempre
pronti « a rispondere a loro difesa della
speranza che è nel loro cuore, con dolcezza e rispetto ». Il matrimonio è uno
dei banchi di prova: aiu/tiamo i nostri figli a 'counprenidere, a discutere tutti i problemi, non ultimo il piroblema del matrimonio recando nel loro cuore il pensiero
della fedeltà a Colui die rimane fedele e
che ha dato la Sua Vita per noi affinchè
fossimo salvali. Gustavo Bouchard
VILLAR PERORA
GENITORI
ABBONATE I VOSTRI BAMBINI A
L’AMICO DEI FANCIULLI.
Notiziario ecclesiastico di Villar Pellice
— Da circa Un mese, stando a quello che
ci dice il calendario, siamo entrati nella
primavera, ma non sembra ancora molto
la isitagione dei fiori. Un metro e più di
neve caduta ultimamente negli alti villaggi, Villar stessa ammantata ( e che manto !
33 om.; per diversi giorni di bianco e poi
le strade piene di acqua e di fango, da
perderei non solamente le scarpe ma persino la voglia di uscire. E oltre a tutto
questo un’aria ancora sempre fredda, che
ta trovare piacevole ancora il fuoco acceso in casa. Bizzarrie, capricci ed uilimi
stogili, speriamo, di questo interminabile
e duro inverno.
Ma che contano le oondizdoni del tempii per i cuori e le anime credenti, che
sentono la gioia e il privilegio di racco ■
gliersi alla presenza del Signore nella sn-t
lusa? Così, malgrado le condizioni del
Leinxro pessime, la nostra Comunità ha vissuto una grande e benedetta giornata la
domenica 1 aprile, domenica delle Palme.
Quel giorno sedici nostri giovani fratelli
e sorelle, terminato il periodo del loro insegnamento catechetico, hanno pubblicaniente confessato la loro fede in Cristo e
sono stati ammessi quali membri comunitanti della nostra Comunità. 1 loro fratelii e sorelle più anziani, accorsi molto numerosi fin dai più lontani villaggi, han loro espresso, con la loro presenza, Inlta la
grande gioia della Comunità.
Ringraziamo il Signore ohe sempre oliian.iiii dei nuovi operai nella Sua vigna ed affidiamo questi giovani alla Sua grazia, domandandoGli di aintaitii (sempre (tutti ,a
camminare fedelmente nelle Sue vie e di
concedere loro le Sue benedizioni.
I giovani confermati sono: Laura Albarea, Anik Barolin, Wilma Bertinat, Paolo
DaJmais, Ersilia Gamier, Isella Micheliii
Salomon,, Laura Miclieldn Salomon, Ornel
La MIonnet, Ivelita Vigna, Albino Davit,
Dante Davit, Renato Deniaria, Ezio Gonneit, Stefano Michelin Salomon, Sergio
Mcii-glia e Roberto Vigne.
— Una giornata benedetta è stata vissuta dalla nostra Comunità la domenica di
Pasqua. Il nostro pur vasto tempio si è dimostralo quel giorno troppo piccolo per accogliere tutti i suoi fedeli che sono aocor
si in massa e che l’hanno letteralmente gremito in ogni suo ordine e posto. Gli ultimi
arrivati hanno dovuto accontentarsi di un
posto in piedi lungo le corsie laterali. Dopo di aver udito il messaggio di Pasqua i
fedeli si sono poi avvicinati molto numero
si al tavolo della S. Cena, prima i catecumeni confermali, e poi lutti gli altri.
Al termiine del culto i giovani confermali sono poi stati ancora una volta circon
dati e salutati dai loro fratelli e sorelle
più anziani i quali hanno loro rinnovato
ancora l’espressione del loro affetto e della
loro grande gioia.
— Giornata di letizia anche la domenica
2i. Quel giorno le due Unioni delle Mam
mt e delle Giovani hanno avuto quali o■spiti di onore i giovani confermati (le ragazze vestivano il loro magnifico costume
valdese indossato per la loro confermazione), aocompagnati daUe loro mamme. Una
breve parte religiosa presieduta dal Pastore, e poi canti, « rondes », distribuzione di
fieri ed un ottimo rinfresco.
Un grazie di onore alle sorelle che bauno preparalo l’incontro e che ci hanno dato modo di irascorrere quel magnifico pomeriggio.
— Unione delle Giovani, continuando
una simpatica iniziativa presa alcuni anni
ta, li-a invitato, la domenica 31 marzo, tutti i fratelli e le sorelle anziani (i « Veterani », come sono stali chiamaiti) della Coiiiunilà ad un piccolo irallenimento alla Miramonti. Circa una quarantina di ccmpcigni di scuola e di coscritti di 60 o 70 anIII fa, ed ancìie -più (poicliè aul appetilo è
risultala presente ancho la eJasse 13<2, gio.aniilmenle rappresentata dalia decana delia Comunità, la Signora Caterina C-oissou
ved. Rivoiraj, Jianno irascorso alcune liete ore (insieme, ascoltando prima un breve culto ed di messaggio del Pastore, e
rievocando insieme in seguito' vecchi ri
lordi ed unendo le loro ottime voci nel
canto di vecchi inna imparati a suo tempo
alia Scuola Domenicale e di alcune vecchie « complaintes ».
Una parola di plauso e di ringraziamelihi alle promotrici e organizzatrici del simpatico incontro ed a tutti j bravi e cosi
graditi ospiti del 31 marzo « arrivederci »,
.1 Dio piacendo, «ll’anno prossimo.
— La stessa domenica, circondati dai lo
co sette bgibuoli e da un numeroso gruppi/
01 nipotini, lianno celebrato le loro noz
ze d'oro la signora «d il signor Caterina e
Ciuseippe Borton, dei Garin, da molti an
ili però stabiliti in un paese della Provin
eia di Vercelli. (Juasl che 50 anni non fois
.sero passati essi, con invidiabile vigoria c
giovanili nel corpo e nello spirito, hanno
nello stesso giorno compiuto il viaggio Ver
celli-Villar Pellice, partecipando al culto
celebrato nel tempio elle li vide giovani
sposi e iioi preso parte ad uno squisito e
molilo signorilmente servito banchetto or
ganizzato in loro onore dai propri figliuoli.
CANTO SACRO
Domenica 5 maggio, ore 15 : nel tempio di San Secondo:
Festa di canto
delle Corali della Val Chisone.
La prova d’insieme avrà luogo alle
ore 14.15 nel locale che sarà indicato.
Il pubblico è cordialmente invitato
ad intervenire numeroso a quesi-a manifestazione.
La Commissione del Canto Sacro.
Rinnoviamo loro le nostre felicilazioini
eri i nostri voti migliori diamo loro appuntamento, a Dio piacendo, alle altre nozze olle seguono.
— Sono pura stati uniti in matrimonio
il ,sig. Paolo Michelin Salomon, dei Garnier, e la sig.ua Irene Geymonat, dei Fon
luna; il sig. Marco Pascal del Peni, e la
sig.ua Ida Geymonat, del Centro.
Il Signore benedica i loro focolari doraestici e conceda loro una lunga e serena
■vita in lomniic, vissuta sotto lo sguardo e
accompagnaiM dalla grazia del Signore.
— Il S. Battesimo è stato amministrato
al piccolo Riccardo, di Bruno e Amilda
Davit, di Subiasco.
Il Signore lo faccia oreeeere oltre che
« in statura, anche in bontà » e lo accompagni .sempre con la sua grazia, insieme
ai suoi genitori e al piadirino e madrina.
— Un’intensa attività artistica è stata
.svelta nel mese di marzo. 11 9 e 10 la Filodrammatica dell’Unione del Teynaud ci
ha offerto due magnifiche serate con la
rappresentazione della bella commedia
« Padre» e di una brillante farsa; il 16 la
filodrammatica dell’Unione del Centro si
è recata ad Angrogna, dove è stata con
molta cordialità accolta e dove ha rappre.sentato l’altra bella commedia « Costruianic insieme» ed una bella farsa; infine il
21 la Filodrammatica della Corale e la
Corale stessa si sono recate a Pramollo.
dove Iianno partecipato al culto e presentalo in seguito nel pomeriggio il dramma
;< La notte del vagabondo » ed eseguito numerosi cori. L’accoglienza risérvaiia loro
dai Pramollini è stata non solamente cordiale, ma cordialissima, calorosa. Al termine del culto i lo e più partecipanti alla
gita si sono dispersi nei vari villaggi, genliiimenle invitali a xwanzo dalle singole famiglie. Ognuno ila avuto modo così di ammirare il bel paesaggio ancora tutto bianco
> di farsi qualche amico particolare. Dopo
la reppresenlazione ancora alcuni lieti momenti ('Oli fratelli di Praincllo, poi un ottimo rinfresco e infine la partenza.
A tutti i Pram-(illini giunga da que,slc
colonne Fespressione della nostra viva ri
conoscenza ed il nostro sincero « grazie ».
Un’altra bella serata ci è stata offerta
dalla Filodrammatica dell’Unione di Torre Pellice. 1 bravissimi artisti ci hanno presentato con grande finezza la conmiedia « E
Giove ride ». Grati delia bella serata e del
simpatico incontro, esprimiamo la nostra
ricono.scenza ed il nostro plauso.
— La nostra Comunità ha ricevuto la
visita del Pastore Em. Giovanni Bertinatti,
( Ile ha presieduto il culto la domenica 21
iiiarzo, e del Pastore Franco Giampiccoli.
Segretario Generale della FUV, che lia parlalo ai giovani in occasione del loro ullinic raduno mensile tenuto nella «cuoia del
Ciarmis la sera del 29 marzo. A lutti e due
diciamo il no.stro grazie sincero per la gradila visita e per il messaggio portatoci.
— Il giorno dell’Ascensione s’inaugurerà la nuova cappella con un culto presieduto dal Moderatore, past. E.
Rostan. Tutte le comunità sono cor
dialmente in-vitate a partecipare. Nel
pomeriggio verranno dati alcuni messaggi da alcuni laici e pastori. Seguirà un bazar e un servizio di buffet, il
cu! incasso sarà devoluto alla Tavola
Valdese in vista di un graduale rimborso delle spese di costruzione della
cappella. Chi desidera partecipare all'agape di mezzogiorno si prenoti immediatamente presso il past. Geymci.
avvisi economia
BITTA di: Imbiancatura e vernicialiMa, assunte giovane garzone evangelico, possiìtilmenle avviato sul luèslicre; pnnhè in
possesso dei libri di lavoro e di buona
volontà. Retribiiziione sindacalo cmi scaiti periodici, più vitilo e alloggio, i'er infcrniazionl rivolgi'irsi : .Sardiello .'Ll.io, via
Brescia 6, Pavia.
Direttore resp.: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pineroio
n. 175, 8-7-1960
Tin. Subalpina s.p.a. - Torre Pellii-c (To'
Confezioni di
MAZZI
CORONE
CORBEILÍ FS
FIORISTA
Fraschia Aida in Long (sario)
Servizio a domicilio
★
POMARETTO
Via C. Alberto (borgo Ghigasso)
ATTENZIONE /
Revelys Tour Cfliii|)iii!y
Per una lieta vacanza, per 'e
vostre ferie o per soggiorni di
riposo, soegliete la spiaggia
Adriatica, dove i prezzi di pen
sione sono ancora contenuti. Il
sig. Egidio Revel Direttore della « Bevelys » sarà felicissimo di
prenotarvi (singoli, famiglie e
comitive) presso- la pensione
T.V. in Bivazzura di Rimini
(prezzi L. 1.600 bassa stagione e
in luglioagosto L 2.050) oppure
all’Elite Hotel Miramare (1.650 2.100) o ancora, al di lusso Ho
tei delle Nazioni, dove la retta
è; 2.050 e 3.150.
Il sig. Revel, dal mese di aprile a tutto settembre, risiede all’Elite Hotel, e visita frequente
tnente gli Ospiti, affinchè possa
rendersi conto che ognuno sia
soddisfatto.
Per informazioni e prospetti
rivolgersi a: Gustavo Albarin Iiuserna San Giovanni - Torino,
eppure direttamente al Sig. Egidio Revel - Elite Hotel Miramare - Rimini, citando il giornale.
PROF. DOTT.
mmu (iiiisEPPE
Docente in malattie
urinarie e genitali
PINEROLO
presso l’Ospedale Civile
« E.
Agnelli » ;
— martedì dalle 10 alle 12
— giovedì dalle 8,30 alle 10
— sabato dalle 10 alle 12.
TORINO
Corso G. Lanza HO (su
puntamento telefonico)
n. 653.563.
ap
tei.