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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
S^gupudo la verità nella cant
Ekiùs. IV. ib.
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Lusanna, dal sig. Delafontaine libraio.
Somiiiario.
Arnaldo da Brescia, 1. — A’ miei Concittadini, X
Io sono con voi. — Notizie; Piemonte - Toscana.
ARNALDO DA BRESCIA
1.
Pascal, l’autore immortale delle Lettere protinciali, pubblicale dugent’anni fa, fece una
osservazione, che noi riguardiamo come la pivi
vera e la piii nobile sentenza che fosso mai
scritta dalla mano degli uomini. Vi è incompatibilità assoluta, dice egli, fra la violenza e la
verità: un argomento può benissimo esser sopraffatto da un altro, quando questo sia piìi
forte e concludente del suo contrario; una forza
può esser sopraffatta da un’altra forza maggiore;
ma la verilà e la forza non hanno relazione fra
di loro, non hanno nulla di comune, non hanno
nessuna azione l’una sopra deH’altra. Nè da ciò
si argomenti che quelle due cose sieno eguali;
chè anzi differenziano estremamente. Por disposizione di Dio circoscritto 6 il corso della violenza. Egli anzi ne volge gli effetti a gloria della
verità che essa attacca ; la verità al contrario
sussiste eternamente, e trionfa alla fine dei
suoi nemici perchè è eterna e potente come Dio
medesimo (1).
Quantunque de’principii come questi siano
innegabili, pur nondimanco la Storia ecclesiastica degli ultimi mille e dugent’anni racconta
un numero grandissimo di eventi, che provano
in un modo concludente che la Chiesa romana
o non li crede, o ha dimenticato sempre di
jnetterli in pratica, avendo essa operato sempre in aperta contraddizione con quelli. Questa
Chiesa, dicendosi fondata sopra lo Scritlure,
l’oracolo infallibile della Parola di Dio, la depositaria esclusiva su questa terra della verità
jeligiosa ; quesla Chiesa, che non cessa mai di
appropriare a sè sola la promessa di Cristo, che
le porle deU’inferno non potranno prev alere sul
cristianesimo, ci pare che avrebbe dovuto appoggiare le sue pretese sulla ragione , ci pare
che non avrebbe dovuto mai ricorrere alla forza
per sostenerle, e che piuttosto doveva respingere sdegnosamente gli argomenti della violenza
come (lisdicevoli al carattere che essa ha assunto
nel mondo, ed aH’uiHcio che vuole esercitarvi.
(1) Pascal, Lettres écritet à un provincial. Let
♦era XII, ad fintm.
Sarebbe stato naturale che essa avesse ammoniti i suoi devoti a metter da banda le armi dell’umana politica, a non ricorrere al potere secolare, ma invece, come missionarii della fede
cristiana, facessero appello alla ragione, e sopra di quella ailìdassero la loro causa, aspettandone il trionfo da quel Dio Altissimo di cui
essa si professa l’avvocata.
Ma se noi svolgiamo le pagine della storia,
0 se solamente guardiamo a quel che accado
ai giorni nostri, vedremo invece che mentre la
Chiesa romana si professa fautrice della liberlà
e della verità, essa mostra coi fatti che è nel
cuore sfiduciata della bontà della sua causa,
perchè per sostenerla non sa trovare altre armi
che la forza e la violenza, le quali sono oramai
diventate le sole sue risorse, ed il sostegno
unico del suo potere. Eppure san Pietro, che
1 preti han sempre in bocca, proibisce assolutamente ai vescovi di arrogarsi siguoria sulla
eredità che fulcro affidata ia Dio (1* Pibt., 5,3);
e Gesii Cristo protestò energicamente dinanzi a
Pilato che il suo regno non era di questo mondo
(Giov., 18; ib.]. La Chiesa romana però, quantunque professi di obbedire ai comandamenti
di Cristo, e che dica di essero infallibilmente
guidala in tutte le cose da Lui solo, pure da
centinaia d’anni opera come se il regno di Cristo fosse affatto mondano e carnale. Anzi,
quando nell’ottavo secolo furono cacciati d’Italia l’imperatori d’Oriente, i papi non furono
contenti, finché per le vere o false donazioni
di Carlo Magno, non ebbero ottenuto l’esarcato
di Ravenna, e gli allri territorii che costituiscono adesso il loro dominio temporale. Nel
nono secolo poi, aiutati dalle False Decretali,
allargarono sempre piü i loro possedimenti ;
finché Ildebrando — papa Gregorio VII — sterminatamente li accrebbe, e, spinto da sfrenata
ambizione, spese la vita a stabilire sopra le nazioni di Europa un dispotismo così mostruoso
e degradante, che sotto a’ suoi piedi ridusse
avviliti i popoli, i re, e gl’imperatori.
I successori d'Ildebrando si studiarono di seguitare il suo esempio , ed in parte vi riusciroao. Alla ragione, aH’esalne ed alla discussione — che furono i mezzi adoperali dagli
Apostoli, e dai primi Padri della Chiesa per
propagare il cristianesimo — sostituirono la violenza disordinala e la forza materiale; e le mene
papali misero lungamente a soqquadro tutta
Europa, dove un sacerdote degenerato si arro
gava il diritto di poter disporre a suo capriccio
delia corona imperiale. Tutti sanno che il papa
si appropriava o vendeva a piacimento provincie e contrade intere dichiarandone gli abitanti
vassalli infeudati alla sua corona. Insomma
tutto il meccanismo papale non tende che all’acquisto ed aH’incremento dei beni temporali,
ed è perciò in contraddizione eminente allo spi
rito del Vangelo di Gesìi Cristo. Alcuni papi
possono, è vero, avere spinte tropp’oltre le loro
pretese, oppure le avranno espresse con parole
troppo superbe ; ma lo spirito che li animava
era, ed è in tutti lo stesso. Essi si mostrarono
capi e moderatori di un regno mondano rello
dalla prepotenza e dalla forza, e uou già ministri di una religione di mansuetudine, di paco
e di umiltà. Honifazio Vili disse apertamente
che una spada doveva sottostare aU’allra,. e che
l’autorità temporale era sottomessa alla spirituale. Oportet autem gladium enne sub gladio,
el temporalem aucturitatem npirituali subjici
potestati{\). Egli con autorità propria usur[>ava
il mandato che Dio conferì al profeta Geremia
quando gli disse: « Io t’ho oggi costituito sopra le genti e sopra r regni, per direllere, per
diroccare, per disperdere, per distruggere, ed
anche per edificare, e per piantare (Jeb., 1,10).
Di piii, queslo Capo infallibile della Chiesa romana , trovò opportuno di definire, « che nel
firmamento del cielo, cioè nella Cliiésa universale, Iddio aveva messo due luminari magni,
vale a dire aveva istituito due dignità, l’autorità
pontificale e la potestà regia, e che fra i papi e
i re, passa appunto quella differenza che è fra
il sole e la luna. Ad it^itur cali,
hoc ett, univertalii ecclesice fecit «hio magna
luminaria, id est, dt^ instituil dignitates,
qwB sunt p^tiflcali* ductontas et regalis pu~
testai. Ut quanta est inter sokm, et lunam,
tanta inter pontifices et reges differentia <»gnoscatur {i).
I tempi sono oggi cambiati; uef secolo iix i
popoli ed i monarchi — non escluso nemmeno
l'apostolico di Vienna — non applaudirebbero
punto alle dottrine stravaganti d’Ildebrando e
di Bonifazio, e perciò la Chiesa romaaa tiene
oggi un linguaggio piii rimesso e misurato,
quantunque non abbia rinunciato menomamente
a questi principii, e che lavori auche al giorno
d’oggi cogli stessi strumenti d’una volta. Anche
adesso —r quando .jtuò farlo — colla forza brutale e colle violenze combatte la liberlà d’opinione, e costringe la gente a creder nelle sue
dollrine minacciando imprigionamenti e pati
(1) Corp. Jur. Can.i Eitravag. de Maior. et
obed., cap^ 1, tom. II, pag. 394. Paris, 1687.
(2) Ih. Eitravag. de Maior. et obed. cap. VI.
Ricordiamo che fu detto di Bonifazio VIII; Intravit ut vulpes, rcgnavit ulleo, mortuus est ui canii.
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boli. Essa, scaltramente versatile si piega alle
esigenze le più disparate, o la vediamo alleata
dei governi i piìi dispotici e delle repubbliche
le piìi democratiche, per raggiungere il suo
fine, che è invariabilmente quell’unico di dominare ad ogni costo dappertutto e su lulti.
Ma lo scopo nostro non è quello di entrare
in discussioui di moderna politica, e preferiamo, per provare queslo spirilo mondano
della Chiesa Romana, di attingere i nostri
esempi nelle pagine imparziali della storia dei
tempi passati. A far ciò, noi abbiamo pensato
che tornerebbe ad utilità de’ nostri lettori, di
raccontar loro brevemente la vita tragica e
straordinaria dell’italiano, il eui nome, universalmente familiare, abbiamo mosso in capo a
queslo articolo. Arnaldo da Brescia non è un
tema nuovo, ma ci parve uno de’ meglio adattati a provare quanto asserimmo del papato e
delle sue tendenze. Questo terribile ésempio
può giovarci grandemente ades.so, che, le pre-'
tose di Roma ringiovanite, minacciano nuovi
pericoli e cercano nuove vittime.
E noto, che l’autorità eccle.siaslica esercita
una censura rigorosissima su tutti i libri stampati nella maggior parie dello provincie italiane, dov’è impossibile pubblicare qualunque
cosa che possa anche,da lontano pregiudicare
alla Corte di Roma. Poco tempo fa furono stampati a Brescia i due primi volumi della storia
di quella illustre cillà. Il vescovo diocesano
costrinse l’autore a dichiarare, che nolla sua
opera egli non aveva inteso di scriver nulla di
ostile alla Chiesa Romana ,ed a’suoi dornmi.
E sapete perchè il vescovo vplje avere quella
dichiarazione scritta ? Perchè quel dottp ed erudito scrittore, parlando, com’era naturale, di
Arnaldo, aveva aggiunto al suo nome il titolo
di Martire ! Questo bastò per mellerq in costernazione i prelati ; p, la Civiltà cattolica, giornale papale che si pubblica in Roma, denunziò
subito il libro come eretico, che fu messo all’indice senza perdita di tempo.
Ma perchf'“ mai, domanderete voi, perchè mai '
Pio IX se la piglia coniro Arnaldo da Brescia
tdie fu fatto crocifiggere (sic) dai .suo predecesisore di santa memoria Ailriano-1^ niente meno
che setlecent’anni fa? Cosa gl’importa a hii, se
un suo concittadino, che .scrive quella vecchia
storia, chiama frate Arnaldo martire? Stale attenti a quanto ci accingiamo a raccontarvi', e
vedrete perchò anche Pio IX non voglia, nè
possa patire che si onori la memoria di quei
celebre od illustre italiano.
Nacvjue Arnaldo in Lombardia, poco dopoia
morte di papa Ildebrando, che, come abbiamo
detto, in sul finire dell’imdocimo secolo fondò
il dispotismo pontificale. Il tempo cho corse fra
Ildebrando e Bonifazio Vili (A. I). 1073-1-')03),
e più particolarmente l’tillima parte di questo
periodo, è il tempo glorioso, il meriggio della
dominazione pontificale romana. Roma padrona di nuovo dol mondo — lo atterriva di
nuovo colla potenza del gran suonoine; fulminava anatemi, interdiceva le nazioni e sopra i
concilii, come su i ro, esercitava un’autorità
tremenda ed irresistibile. T vasti reami della cristianità, sepolti nelle più folte tenebre intellel
tuali e morali, tremavano àlla sola minaccia di
una scoiitunica' papale ; e i monarchi si rannicchiavano su i.loro troni, si prostravano corno
vassalli ai piedi del pontefice, sapendo che un
cenno solo di lui bastava a ¡privarli del regno e
della vila. Il popolo, strétto in crassa ignoranza
ed in superstizion^ ijdo^£jtra^^ ^ijp^dpa al papa
come ad un vero Dio, i|a cui pendevano i destini eterni e temporali degli uomini. Si capirà
facilmente che le ricchezze delle nazioni piovevano a rijvescio nel tesoro papale, e che il
successore del povero pescatore di Galilea, emulava li splendori e le pompo delle corti orientali. I véscovi poi ed il clero inferi'ore, séguivan
l’esempio del loro capo spirituale, e il cardinale
Fleurj', scrittore di storie cattoliche, apostoliche e romano, ci racconta quali fossero i coslumi
dei pyelali e degli abati di quei tempi, quale il
loro orgoglio, quanto menassero licenziosa vita
il clero secolare ed i monaci (1).
Un sistema però così tirannico e corrotto, così
contrario alla purezza del Vangelo, così compiutamente in contraddizione allo spirito véro
del cristianesimo, non poleva esistere — nemmeno in quell’età tenebrosa — senza incontrare
una qualche opposizione ; e questa opposizione
osò farla Arnaldo da Brescia, a cui perciò spetta
la gloria di essere stato il prinio riformatore
della Chiesa.
Egli, passato qualche tempo in Francia, dove
fu discepolo di Pieiro Abelardo, se ne tornò in
patria, e vestito l’abito monastico, incominciò
a predicare contro i vj/.ii dei vescovi édel clero.
L’intemeratezza della sua vita, la forza della
sua veramente singolare eloquenza, gli conciliarono l’attenzione ed il plauso delle moltitudini. Il predicatore era stimato un caldo paIriblta piultoslo che uomo vangelico, e però i
preti non troppo gli badavano; ma alla fine il
vescovo di Brescia ed i suoi partigiani furon
punti sul vivo non meno forse dalla giustizia,
che dall’acutezza delle invettive di Arnaldo ; e
si racconta avere i suoi discorsi fatto tanta impressione nel popolo, che in Brescia e nelle
terre contigue i clericali eran caduti in gran
discredilo, e pubblicamente sbefteggiali, essendo la verità semplicemente annunziata il
libello il più terribile e più severo che si possa
lanciare contro l’errore e la licenza.
11 vescovo peròf invece di esortare Arnaldo
a procedere alacremente nella sua missione,
invece d’incoraggirlo, com’era dover suo, pr<^
lèggerlo 0 patrocinarlo, invece di darsi a corrèggere i malicdslumi del suo clero colla forza
della sua autorità si mise a tentare ogni via per
perdere il povero frate riformatore, e, per riuscirvi meglio, lodinunziòa papa Innocenzo III.
Era in quel tempo adunato a Roma il secondo
concilio di Lalerano, al quale essendosi accusato Arnaldo come macchiato d’eresia, fu condannato da quei reverendi padri senz’ai tra forma
di processo, o si ordinò ai magistrati di Brescia,
sotto pena di scomunica ed altre pene, di eseguire la sentenza pronunciata contro di lui.
Arnaldo allora, valicato le alpi, fu ricevuto ospitalmente nella città di Zurigo, i cui abitanti li
fi) Fleory, Eccl., toni. XIX, nag. 500. —
Paris, 1751.
beri ed illuminati, hanno le tante volte offerto
un ricovero ai riformatori ecclesiastici perseguitati dal dispotismo intollerante e feroce di
Roma.
Ma la vendetta papale non lardò guari a disturbare Arnaldo nel suo ritiro. — Bernardo,
il famoso abate di Chiaravalle, quantunque
fosse uno spirilo liberale o scevro da una gran
parte de’ più brutti pregiudizii del suo secolo,
pure prese sopra di sè la causa del papa trionfante, contro il povero jnonaco perseguitato, e
lo dinunziò al vescovo di Costanza con apposita lettera, scrivendo ; « Arnaldo da Breccia è
un uomo che non mangia e che non béve; ma
como il demonio, è sempre affamalo ed assetato del sangue delle anime. Egli cerca di attuare fra i forestieri quello che non potè operare
fra i suoi concittadini. Infurialo, e rugfe^te
come un leone, cerca chi poséa di^o'raj'é.‘Ì,a
sua bocca è piena di fiele e di maledizioni;
pronti al sangue sono i suoi piedi. È nemico
della Croce di Cristo, accenditor di discordie,
fautore di scismi, sturbatore della pubblica
quiete ». Inimicus Crucis Christi, seminator
di^cordiæ, fabricator schisniatum, turbator
pacis (1).
Que.sle accuse, gravi od obbrobriose, espresse
in termini così violenti, provano che Arns^ldo
aveva molli e crudeli nemici ; n^a per ii;idurci
a crederle vere, bisognerebbe chq Io scrjttpre
non fosse ex parte adversa. Quantunque, Bernardo fosse un uomo eminente per molti rispètti, pure, in questa circos.tanza, si lascia
rasportare troppo visibilmente dalla passione
di una inasprita controversia. Imperciocché le
autorità meno di lui riscaldate, ci presentano
Arnaldo sotto colori affatto diversi dai suoi.
Anzi egli stesso, in un momento più calmo e
più considerato, si lascia andare alla forza della
verilà, e confessa che il riformatore Arnaldo
era un uomo puro. Piacesse a Dio, egli esclama >
che sana fosse la sua dottrina, com’è austera
la sua vila. Utinam tam sanae esset doctrinae,
quam districtae est vitae (2).
{dal Catholic Layman'.
(Continua).
A’ MIEI CONCITTADINI PII
La Tradizione
X.
Lo aggiunte fatte alla Parola di Dio costituiscono il secondo capo dell'aposlasia romana.
Io dissi altrove che nei catechismi preteschi
alla domanda ; « Dove si contengono le verità
che Dio ha rivelate alla Chiesa? » rispondesi:
« Nella Sacra Scriltura »; ma devo al presente
dichiararvi che allora ho mozzata la risposta ;
mentre sta scritto così; « .\ella Sacra Scrittura
e nella Tradizione ». Onimisi poi cotesta seconda parte in quell’incontro , perchè avevo
l’intenzione di parlarvene separatamente, a mo
(1) Bkrn.4Rdj, Opera, Epist. 195, toui. I, col. 421.
— Paris, 1839.
(2) Th., loc. cit.
3
tivo ch’ella si mostra per una delle principali
aggiunto fatte dai clericali.
Tradizione, in genere, è qualunque notizia,
non iscritta, nna tramandata ai posteri di bocca
in bocca, d’età in età, dì gente in gente, come,
a cagion d’esempio, tanti proverbi che girano
fra i popoli; ma nel senso ristretto, religioso, i
preti vi dicono ; « Per tradizione intendiamo
<f quelle verità rivelate da Dio, le quali non
« sono scritte nei libri santi, ma tramandate
« a viva voce dagli Apostoli, e con una conti« nuata successione insegnate nella Chiesa come
« verità di fede ».
Sopra ciò ecco, o miei concittadini, per non
tirare in lungo il discorso, le poche e semplici
parole ch’io faccio. Che gli Apostoli abbiano piìi
parlalo che scritto è cosa che si può credere
senza la menoma difficoltà; basti il pensare
ch’erano banditori del Vangelo ; cosi dicasi di
Gesìi Cristo medesimo : « Or vi sono ancora
molte altre cose, che Gesìi ha fatte, le quali,
se fossero scritte ad una ad una, io non penso
che nel mondo stesso capessero i libri cho so
ne scriverebbero » (Giov., XXI, 23). E pur
certo che gli Apostoli, nelle predicazioni loro,
a voce, hanno esposte verità rivelate da Dio ;
ma non si può asserire, senza ingiuriare Dio
medesimo, che le dette verità, spettanti da vicino alla fede, alla salvezza, sieno state ommresse nei Libri santi.
11 Nuovo Testamento, al pari del Vecchio,
fu scritto per volontà del Signore afiìnchè servisse eziandio como regola di condotta all’umaijità;. è dunque possibile che Iddio abbia voluto
d^rci un Testamento inetto ad acquistare l’eredità, un codice imperfetto, insufficiente? Eppure
cosi è, quando vuoisi, per complemento della
Bibbia, porle accanto la Tradizione, è lo stesso
che bestemmiare la Provvidenza. L’essenziale
dei discorsi di Gesìi Cristo e degli Apostoli
deve necessariamente trovarsi nella S. Scrittura, e la parte omniessa non può riferirsi che
al vario esplicamento ideila dottrina santa, a
norma dei luoghi e delle circostanze in cui »i
trovarono e gli Apostoli e il nostro divino Redentore.
Quando poi una Chiesa stima di possedere
anche solo coteste esposizioni orali o interpretazioni apostoliche della Parola di Dio, e sempre còme sviluppo scientifico di essa, non altro, si richiedono tuttavia due condizioni; la
prima, ch’ella ne provi con fatti chiari, non con
lunghe diatribe o sofismi, la continuata successione, senza cho sieno accadute mai alterazioni
e guasti ; la qual cosa, cred’io, è un po’ difficile, imperciocché ognuno è al caso di fare
ogni di l’esperienza che una notizia, nel passare dall.-! prima bocca alla seconda, muta subito aspetto: l’altra condizione, che l’insegnamento tradizionale non si trovi in contrasto
colle verità scritte nel Libro di Dio. Se dunque Roma alterò, guastò' e dichiarò dogmi lo
alterazioni o i guasti, non si dee forse dire
l'h’ella caddo nolla menzogna e nell’apostasja?
La Tradizione fu quasi un laccio ben teso all’umanitii, uu sublime trovato del genio satanico, ondo procurarsi una difesa necessaria. Poj^iamo infatti che gli schiavi stessi della clerocrazia giungano a superare gli ostacoli frap
posti alla lettura della Bibbia, e non trovino là
dentro certe cose dai preti insegnate ; ecco allora cho questi possono soggiungere; « Si, cari
figliuoli, i precetti divini che non trovato nella
Parola scritta, esistono nella parola tradizionale che da noi si conserva ». S’ò vera l’astuzia,
fu, ripeto, un’astuzia eminentemente diabolica,
riuscita, pur troppo ! a meraviglia , al pari di
tante altre, come quelle, per esempio, di farsi
credere infallibili, vicedii, santissimi, ed altri
nomi di bestemmia (.Ipoc., XIII).
Credetelo, pure, o mici concittadini, e lo scoprirete da voi stessi, quando il vogliate, i clericali sono simili ai farisei, parola che significa separati : e in vero tanto gli uni che gli
altri colle tradizioni loro si separarono dagli statuti divini. Ciò che caratterizzava la religione
degli antichi farisei era appunto l’osservanza
scrupolosa delle leggi cerimoniali promulgate
da Mosè, sebbene anche sotto quella economia
lo spirito dovesse prevalere alla forma-, e l’aver
convertito in leggi certi usi vale a dire le Tradizioni, a cui si dava un’autorità divina eguale
ai comandamenti ed anche maggiore, tanto cho
le forme del cullo soprastavano spesso ai doveri i piìi evidenti della moralo. Ebbene, sapete
voi che cosa dice Gesù Cristo ai preti d’oggidi?
Quello ch’ei diceva ai preti ebraici, o farisei, e
loro seguaci; costoro chiedevano al Redentore:
« Perchè trasgrediscono i tuoi discepoli la tradizion degli anziani? » Ma egli rispondeva ad
essi : « E voi perchè trasgredite il comandamento di Dio per la vostra tradizione? »......
« Invano m’onorano, insegnando dottrine che
soh comandamenti d’uomini » [Mat., cap. X\');
leggete anche il cap. XXIII dello stesso Vangelo.
Ciò detto, voi forse penserete ch’io rinneghi
affatto qualunque tradizione: v’ingannereste;
rinnego bensì la Tradizioni, secondo i preti,
ma non qualsiasi tradizione, perchè nell’esame
che feci ho trovato che anzi certe veridiche
tradizioni servono di testimonianza alla Bibbia,
e possono a molli riuscire di valida prova per
credere alla divinità di essa, in quella guisa che
Moisè, scritta ch’ebbe la Genesi, invitava gli
Ebrei ad esaminare se corrispondeva alle tradizioni, ossia alle storiche memorie.
In quanto alle verità rivelato, ai dogmi, ai
punti di fedo insomma necessari alla salvezza,
costituenti la parte immutabile, non vi può essere tradizione separata, complementare della
Sacra Scrittura, ma soltanto, se vuoisi, una
tradizione in proposito che confermi ciò che la
Bibbia contiene : ammetto però la tradizione
nella parte mutabile e progressiva , come elemento civile, scientifico, interpretativo, esplicativo e come opinione della Chiesa cristiana
intorno alle suddette verità religiose ; o in ordino a queste, la tradizione allora corrisponde
a capello nelle cose temporali, alla cosi detta
opinione pubblica, la quale si potrebbe altresì
chiamare tradizione sociale o politica; e non
solamente ammetto questa specie di tradizione,
ma credo, per lo ragioni anzidetto, ch’ella vada
sempre piìi svolgendosi ed ampliandosi, e cosi
perfezionando se stessa , sul fondamento invariabile del dogma esistente negli oracoli
scritti.
La Tradizione tanto sostenuta dai clericali
non è già meglio trattata della Ribhia: ossi tesoro l’una e l’altra due parole morte, poichò la
teologia clericale trovasi imprigionata nelle pib
misere angustie, facendo per un momento astra*
zione dei gravi mutamenti che s’introdussero
nella Sacra Scrittura. La religione è inseparabile dall’incivilimento, e il nostro divino Redentore non avrebbe promesso che il cristianesimo sarebbe immortale, se non possedesse
una granda e sapiente flessibilità, per la qualo
si adatta al contìnuo svolgimento mondiale, .sia
degli eventi sia degli spiriti umani, seuza scapito, ben inteso, della parte immutabile di lui
cioè della sua essenza.
E qui non è fuor di proposito osservare un
fatto che succede in giornata ; fra coloro che
passano dalla Chiesa romana alla evangelica,
facilmente alcuni sono per altra via spinti a cadere nella grettezza di pensieri e di spiriti or
ora avvertita riguardo ai clericali : eglino, temendo forse, nel passaggio che fanno, di por- «
lare seco qualche errore della Chiesa papale,
si attaccano alla Bibbia in modo che, per occesso di misticità e per creduta venerazione,
adottano, senza accorgersi, quel medesimo formalismo, sebbene sotto un diverso aspetto, da
cui pensavano allontanarsi ; quindi rigettano
pure qualunquesiasi tradizione, e ridurrebbero
anch’essi la Bibbia ad un genere sterile od anche nocivo, so l’oppra loro non fpsse resa vana
dalle Chiese evangeliche già stabilite con buoni
ed antichi ordini, aventi esse la missione di
propagare, con la richiesta larghezza di spiriti,
il crislianesimo e stabilire cosi il voro cattolicismo ; e non fosso resa vana ben anco dalla
moderna civiltà e dal gonio del secolo, il quale
tendo non già aU’individualismo e alla misticità del deserto, bensi aH’unificazione della
umana famiglia, alla catlolicità, voglio dire al
cosmopolitismo cristiano. Tal’è infatti l’indirizzo del cristianesimo, il che nulla toglie alla
sua aziono individuale, nel senso religioso
puro, dirimpetto all’eterna salvezza di ognuno;
ma conviene por mente a non separare nel cristianesimo i due elementi, il religioso e il ci»
vile, e a non respingere quella tradizione chc
ci mostra lo spirito vivo della società nelle varie sue epoche , e serve di gjrandissimo aiuti»
ondo progredire, anzicb»; retrocedere o cominciare da capo la via che altri percorso nella
scienza sacra.
Il bello si <) vedere i clericali accusanti, non
già le poche eccezioni degli evangelici di cui
ho parlato, ma in genero lo Chiese riformate,
di rigettare ogni tradizione, e, come dicono,
pel motivo che non no possedono, essendo cominciata da ieri la storia loro, mentre la (Chiesa
romana vanta una reale connessione coi tempi
anteriori, continuala senza intervallo sino ai
princi[iii della nostra specie. 0 miei concittadini, voi le udrete coteste parole dai preti, e
molti la credono in buona fede arma polente;
sono tanto accecati che prendono una bolla per
una bomba. La Chiesa evangelica non è già una
Chiosa novella che sostanzialmente non abbia
esistito prima di 300 anni fa; l’origino di essa
ò in comune colla vostra Chiesa , in comune è
la tradizione storica antica, e tutto era comuñe
4
un tempo, la fede, il ministero, il culto : il papato corruppe ogni cosa a poco a poco; la Riforma, come lo indica lo stesso nome , altro
non fece che ritornare alle origini ; purgare
l’oro dalla scoria, dissotterrare la sanla reliquia ch’è la Bibbia e raccapezzare le fila della
vera tradizione. Dopo ciò, chi è nato ieri ? Il
papato, colle sue conseguenze, coH’attiraglio
clerocratico, che non esisteva alcuni secoli indietro, meno poi all’epoca degli Apostoli. Se
i preti eziandio vi dicessero che fa d’uopo rispettare la religione degli avi, rispondete essere miglior cosa il rispettare la religione dei
vostri bisavoli: infatti scavando una fossa, a pochi piedi troverete bensì i primi, ch’erano per
errore papisti ; ma sprofondandola, vi appariranno i secondi, i bisavoli o gli arcavoli, ch’erano evangelici, e se risuscitassero oggidì, sarebbero protestanti.
Ora avrei a notare nuove aggiunte fatte dai
clericali nella Parola di Dio, come, a cagion
d’esempio, riguardo ai sacramenti ; ma se dovessi in tutto allargarmi quanto sarebbe d’uopo,
non rimarrei più nei limiti di un breve saggio
che intendo offrire a voi, o miei concittadini,
delle verità religiose che, per la grazia di Dio,
giunsi a conoscere ; meglio è che m’affretti a
loccare di volo altri punti.
<10 SONO CON VOI I
(Matteo, IXriU, ÌOJ.
Il pastore Griffith , di Carnorvon, nel paese d
GaJles, non predicava mai senza avere implorato
con fervide preghiere il soccorso del suo Dio.
Una sera che egli dovea predicare in una masseria, volle prima che l’assemblea fosse riunita,
ritirarsi alcimi istanti in una stanza particolare
per disporvisi. Tuttavia la congregazione si era
formata, e Griffith non compariva. Siccome que.
sta assenza si prolungava in modo inquietante ,
Cosi il padrone di casa risolvette d’ inviare la
servente, al fine di prevenirlo che la raunanza
aspettava da lungo tempo. Avvicinandosi alla
porta, ella intese una conversazione a mezza voce fra due persone, di cui l’una diceva all’altra:
« Io non vi andrò se tu non vieni meco ». La figlia
ritornò dal padrone per dirgli che alcuno dialogava con Griffith, e che aveva udito quest’ultimo dire che, se l’altro non l’accompagnava, egli
Bon vi andrebbe: a cui la servente aggiungeva :
« e siccome il compagno nulla rispose, io presumo che il pastore questa sera non verrà ». — E il
pio coltivatore a lei : « Sta tranquilla, verrà certo
e verrà con l’altro, se la cosa è come tu dici.
Cominciamo il servizio con una lettura e un canto, sino a che giungano entrambi». Finalmente
Griffith arrivò, e con lui l amico invisibile, di cui
egli avea sollecitata la presenza; e la riunione fu
quella sera in modo straordinario benedetta. Da
quel momento un grande moto religioso si operò nella contrada, e molte anime si convertirono
al Signore. {Feuille Religieuse).
mi n’VMxwm:
PijsMONTK. — I mercanti del Tempio. — Chi
voglia farsi un’idea di che sieno capaci.i cleri
cali per dar credito alle loro superstizioni, eia
sconcia mescolanza da cui non rifuggono, del
sacro e del profano, per attrarre a sè le folle, legga
il seguente Avviso Sacro stampato ed affisso su
tutte le cantonate della città di Sarzana colla
firma dell’autorità civile, e senza l’ombra di una
protesta per parte dell’autorità ecclesiastica contro lina tale enormità.
« Nel giorno 19 del volgente maggio si celebrerà in Sarzana la festa triennale del Preziosissimo Sangue di N. S. G. C.
« La pompa ne sarà straordinaria.
€ A ott^erne più splendido l’intento, la mac"
china solita innalzarsi in simili solenni circostanze sull'altare maggiore, sarà decorata di
grandiosi ristauri coi disegni dell’egregio signor
Pietro Bontemps, e le intelligenti vedute di distinti Sarzanesi. Superbi lampadari di cristallo
penderanno da tutte le arcate del tempio , i
quali col loro fulgore accresceranno vaghezza
al dovizioso apparato.
« Scelta musica, composta e diretta dall’esimio
sig. Antonio Maglioni, ed eseguita da professori
sì esteri che nazionali, seguirà le funzioni della
vigilia e della festa.
« Dopo i primi vespri, gran processione colla
santa reliquia, coll’intervento d’ambo i cleri e
tutte le confraternite .• la banda cittadina e la
Guardia Nazionale accompagneranno il sacro
corteo.
c Alla sera della festa, illuminazione generale
9 decoro di arazzi alle finestre.
« Esposizione sull’altfire maggiore della reliquia preziosissima, e visura al popolo d’ofeai
altra singola reliquia, con rispettiva istoria, dalla
cappella di loro residenza.
« La religiose funzioni verranno pontificate
da S. E. il cardinale Domenico Lucciardi , lustro ed amore di Sarzana , da cui trasse i natali.
« Pubblici spettacoli si offniranno al popolo
nei due suindicati giorni, fn i quali l’accensione di bei fuochi di artifizii di composizione
del lodatissimo sig. Giuseppe Lari, Toscano.
« Infine spettacoli teatrali della valente compagnia Vestri-Antinori (l!!!l).
« Sarzana, soddisfacendo cou tale solennità all’antica sua devozione , confida che anche ia
quest’anno non sarà meno il concorso alla venerazione di questa santissima reliquia del Sangue Preziosissimo di N. S. G. C., dalla quale i
Sarzanesi riconoscono la loro preservazione'da
infinite calamità. '
Sarzana, li 10 maggio 1856.
X Per il sindaco impedito
t P. Boschi vice-sindaco ».
— Riforma importante. — Leggesi nell’Eco
delle Alpi Cor-ie ^a seguente buona notizia, alla
quale vogliamo sperare corrispondano i fatti;
<£ Ci consta di sicuro che il Ministro Guardasigilli ha già impreso lo studio di due importanti
riforme ; — l’uua del Codice penale in quella
parte, che concerne i reati contro la religione,
ed in quella che tratta della pena della morte ;
— l’altra pel riordinamento deH’ammiaistrazione
delle fabbricerie.
<f II principio di tolleranza proclamato dallo
Statuto, l’anacronismo dell’arresto di alcuni che
nel Genovesato studiavano e spiegavano la Bibbia del Diodati, e della condanna di un bestemmiatore, i dibattimenti della Camera, la pubblica
voce, han fatto sentire al Governo che la protezione della religione delio Stato non debbe e non
può in uno Stato libero, come il nostro, spingersi
al segno da aver bisogno di castighi e di mezzi
di repressione che solò il fanatismo ed il despotismo possono scusare.
« Quanto alla pena di morte , la brillante discussione che ebbe luogo alla Camera dimostrò
come qualcosa sia a farsi per cancellare una
parte almeno di quella pagina del nostro Codice che pare scritta a caratteri di sangue ».
Toscana. — Processo Ruggeri. — Nel Christian Times si leggono in proposito i seguenti
nuovi particolari, che. furono riprodotti anche
dalla Semaine Religieuse :
« Il Ruggeri comparve dinanzi alla Corte reale
di Firenze il 2 giugno. L’atto di accusa portava
che il prevenuto, abbracciando i principii della
fede evangelica, aveva oltraggiato la religioni
dello Sfato. Il giudice incaricato di sostenere
l’accusa allegò che Ruggeri era stato veduto
sovente a leggere la Bibbia di Diodati; ch’egli
aveva guardato la processione del Corpus Domini in abito da lavoro, e lacerato il biglietto
di Pasqua che gli aveva offerto il parroco. Tutti
i testimoni attestarono che Ruggeri non s’era
permesso mai di attaccare direttamente il cattolicismo, ma soltanto difendere le proprie credenze allorquando gli venivano indirizzati de’
rimproveri.
« Coteste. dichiarazioni facilitarono la difesa
all’avvocato Salvagnoli. L’eminente giureconsulto ha stabilito con una perfetta chiarezza
ebe ogni Toscano ha il diritto, senza violare in
alcuna guisa le leggi del paese, di scegliere liberamente la propria religione, di spiegare ad
altri il motivo 4ella sua. scelta e di praticarne
lafede senza essere molestato. Facendo l’applicazione di tali principii nel caso di Ruggeri,
l’oratore mostrò che il suo cliente non aveva
per nulla offeso la religione dello Stato. « No,
diss’egli, non v’ha male alcuno a leggere la Bibbia del Diodati; e dico di più, sebbene cattolico,
io dichiaro che vale mille volte meglio il leggere questo libro che non le poesie indecenti
e le superstiziose leggende che i preti mettono
fra le mani de’ loro aderenti ». In quanto alla
processione del Corpus Domini, per la quale
Ruggeri era accusato di non aver mostrato abbastanza rispetto, l’oratore non temè di dichiarare che tale cerimonia non ha alcun diritto al
rispetto, imperciocché, ella presenta un miscuglio ributtante di sacro e di profano; egli vid^
una banda militare che suonava un’aria d’opera
nel momento in cui il SS. Sacramento entrava
nel Tempio di san Marco. « Giammai, ei disse,
terminando e indirizzandosi ai giudici, i vostri
antenati ebbero la pretesa stravagante di vendicare le ingiurie fatte a Dio; giammai ebbero
r intenzione di fare della Toscana la schiara
della teocrazia; eglino vollero proteggere l’esercizio pubblico della religione ma non incatenare
i diritti della coscienza individuale ed avvilire
le religione , facendola istrumento di odiosa
tirannide ».
<i Di rado si vide un trionfo deli’ eloquenza
cosi completo. Allorquando i giudici si ritirarono per deliberare, si potè leggere sui loro
volti che ognuno di essi aveva l’intimo sentimento che lui, giudice, e non il povero calzolaio di san Piero era giudicalo in quel momento
dall’opinione pubblica. La sentenza assolvente fu
accolta con generale soddisfazione, ma o.oloro,
la di cui contentezza si appalesò di più, furono
•gli abitanti di san Piero, amici di Ruggeri, che
avevano fatto ben venti leghe per assistere ai
dibattimenti e che poterono ricondurre ai loro
focolari il coraggioso campione deU’Evangelio»,
UroMMO UoBiealc« gerente.