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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la verità nell» carità. — Epis. VI. 15.
PKEZZO DI ASSOCIAZIONE j LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo SUto [&anco a destinazione].... £. 3 00 ( In Torino all'Uffizio del Giornale, ria del Principe
Per la Svizzera e l'rancia, id........... „ 4 25 ^ Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per V Inghilterra, id................... „ 6 60 ' Nelle Peovxscib per mezzo di franco-bolli po
Per la Germania id................... „ 5 50 ^ stali, che dovranno essere inviati franco al Di*
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. \ rettore della Buona Novella.
All’estero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meymeis, rue Rivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
Risposta alla pastorale dì monsip;nor Modesto, vescovo d’Acqui — La rivelazione della natura,
Capitolo I — Necrologìa, il aig. Giovanni D’Espines — Cronaca della quindicina.
RISPOSTA
ALLA
PASTORALE DI MONSIGNOR MODESTO
VESCOVO d’acqui
Exnrge Domine, adiuVa nos. — Pjr. XLiii, 26. (sic)
Monsignor Modesto, vescovo d’Acqui, aproneva questo testo alla
sua pastorale delli 10 volgente, nella quale lamenta anch’egli, con
quella modestia di lingUEiggio che lo distingue, la ribellione cjplle
Romagne, che tanto contrista l’animo del Beatissimo Padre.
Quel Beatissimo Padre, cui non contristarono i dolori e le lagrime
de’ suoi popoli, malmenati dal despotico e disumano governo dei
Bedini e degli Antonelli, e passati a fil di spada dai sicarii che assolda, si affligge ora, perchè i Romagnuoli acclamarono loro monarca
il più leale dei re, Vittorio Emmanuele II, consapevoli di essere da
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lui governati con cristiana mitezza e liberale reggimento. Il Beatissimo Padre sa bene d’onde origini ciò che lo addolora, ed è perciò
veramente ridicolo che il vescovo d’Acqui voglia addebitarne i nemici
della religione. Il linguaggio di Monsignor Modesto , che ha la
fregola di tener bordone agli altri vescovi subalpini e d’oltre monti,
può certamente contribuire a rendere gli Italiani, e specialmente i
sudditi del papa, avversi a quella Chiesa che si rende solidaria dell’esecrabile politica romana; in questo caso i vescovi cattolici sapranno chi debbano accagionare d’un fatto che a\Tebbero poi mal
garbo di deplorare. Noi non crediamo di andare errati, se nel loro
deplorabile acciecamento ravvisiamo un altissimo consiglio della
Provvidenza, la quale spinge l’episcopato cattolico a dare l’ultimo
tracollo a quella chiesa che, avendo contro di sè il Vangelo, non è
protetta dall’egida divina, ed è pur giuoco forza ruini come l’informe
colosso di Nabucco. — Gridi pur dunque Monsignor Modesto;
Exurge Domine, adiuva nos. Egli può essere sicuro che il Signore
10 esaudirà nell’opera che ha intrapreso, perchè è voler di Dio che
11 genio del male sia debellato, e trionfi la virtii, e che l’oscura notte
dell’errore tramonti, e risplenda il fulgido giorno della verità. Ma
poiché ad ognuno è permesso d’innalzare la sua prece al cielo, Monsignor Modesto non vorrà per fermo diniegare a’ poveri Eomagnuoli
il diritto d’invocare anch’essi l’ajuto del Signore.
Non si maravigli dunque, se nel loro giusto sconforto esclamano
anch’essi; Exurge Domine, adiuva nos.
Exurge Domine! Svegliati, o Signore, e nella tua giustizia giudica la nostra causa! Giusto è il tuo giudizio, o Signore, e noi adoreremo i tuoi decreti. Noi fummo da lungo tempo calpestati uel tuo
santo nome; e ci calpestarono barbaramente coloro che osano chiamarsi i successori dei poveri ed umili |tuoi Apostoli, mentre siedono
sul trono dei Cesari, e gavazzano nell’orgia coi tiranni della terra.
Exurge Domine! Levati, o Signore, e giudica nella tua giustizia la
causa del tuo popolo oppresso! Noi elevammo talvolta la nostra voce
dolente al trono di colui che si chiama il tuo vicario in terra; ma
egli^ che protesta di aver viscere di padre per tutti gli uomini del
mondo, ha sempre disdegnato i nostri giusti reclami, nè ci rivolse
uno sguardo pietoso. Egli, il heatissimo di quaggiià, come poteva
mai compenetrarsi dei nostri mali, ed essere accessibile alle nostre
giuste rimostranze! Exurge Domine! Alzati, o Signore, e giudica
nella tua giustizia il diritto del tuo popolo! Stanchi di un governo
barbaro ed inumano, e spinti da disperato dolore, tentammo più
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d’una fiata di scuotere il giogo esecrando dei papi, ed in allora a
mille a mille i martiri della patria e del tuo vangelo bagnarono tli
sangue la loro terra natale, trafitti dai carnefici dei tuoi santissimi
vicarii. Alzati, o Signore, e giudica la nostra causa nella tua giustizia ! La voce di un giusto che cadeva in Bologna nel giugno del
1849, colpito dal piombo austriaco, è già salita sino a te, e tu pietoso ne hai esaudita la sua preghiera, porgendo al tuo popolo loj)portunità d’infrangere le abborrite catene del suo servaggio. Alzati,
o Signore, e ci porgi aita! Exurge Domine, adiuva nos! Ora più die
mai, 0 Signore, invochiamo il tuo possente ajuto contro l’arti malvagie e le tenebrose insidie di coloro che vorrebbero ritoglierci quella
libertà che ci hai donata. Ajutaci, o Signore, e la benefica influenza
del tuo Vangelo governi il consiglio dei potenti della terra, acciò i
nostri legittimi diritti sieno riconosciuti dall’intiera Europa, conscia
dei nostri patimenti e dell’incorrigibile perversità del governo dei
papi. Adiuva nos! Signore degli eserciti, avvalora le nostre legioni, e
guidale alla vittoria il giorno della pugna. Distruggi Amalecco e le
sue schiere mercenarie; e i popoli redenti possano un giorno incoronare il loro vittorioso monarca Vittorio Emmanuele II. Exurge
Domine, adiuva nos! Spirito divino, aleggia su tutta Italia e la
riscalda del tuo santo amore, e ritorna a novella vita tante ossa inaridite. Oh! che i figli di questa terra prediletta dal tuo spirito creatore, sieno influenzati dalla tua santa parola, e rigettino gli anticristiani insegnamenti dell’adultera romana! Spirito di verità dissipa
l’ignoranza di Monsignor Modesto, il quale ci calunnia indegnamente, dichiarandoci tuoi nemici, solo perchè, ricordandoci d’essere
stati da te redenti a libertà, aspiriamo ad essere governati con evangelica mitezza. Perdona, o Signore, a coloro che nel delirio della
loro mente bestemmiano il tuo santo nome, invocandolo contro il
popolo che tu hai riscattato col tuo sangue. Eiconducili sul sentiero
della verità che hanno smarrita, e fa che, cessando di essere pastori
mercenarii, addivengano i provvidi guardiani della greggia che hai
loro affidata.
Noi non sappiamo se questa preghiera dei Eomagnuoli possa garbare al vescovo d’Acqui ed ai suoi colleghi; quello che sappiamo si
è che dessa è molto più ragionevole e conforme al Vangelo di quelle
ch’eglino sogliono elevare al cielo nei giorni che corrono, e noi saremmo oltre modo edificati, se YArmonia, che ha voluto fregiare le
sue colonne della pastorale di Monsignor Modesto, volesse anche
onorarle della prece che i popoli delle Eomagne innalzano a quel
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Dio che è giusto rimuneratore del bene, come giusto punitore della
perversità umana.
RIVELAZIONE DELLA NATURA
CAPITOLO I
« Conciossiachè le cose invisìbili d’esso, e
« la sua eterna potenza e deità, essendo
« fin dalla creazione del mondo intese
(I per le opere sue, si veggano chiara« mente, acciocché siano inescusabili.»—
Eom. I, 20.
Gittando un guardo retrospettivo suH’umanità, anzi rimontando
fino ai primordii del mondo per ritornar novellamente al punto da
ove mi son dipartito, veggo a segni manifesti che Dio non ha mai
cessato di rivelarsi alla creatura, sia nella creazione, sia per la legge,
sia mercè la grazia. L’ultima, che fia il suggello a queste tre dispensazioni, la fede c’insegna che sarà quella della gloria.
E per tornare alla creazione, dico, che la natura è una rivelazione,
mediante cui Dio volle far conoscere all’uomo la sua potenza e la sua
bontà. La legge altresì — conseguenza della ribellione — rivela la
giustizia e la santità d’un Dio che non fa tregua col male, che punisce di morte chi osa travalicare gli argini di certe norme e misure
opposte alla sbrigliatezza dell’uomo corrotto. La grazia infine ci rivela un Dio d’amore e di pace, il quale veggendo l’uomo, per l’infermità della sua natura, incapace di adempiere gli obblighi della
legge, invia il santo, che satisfacendo ai debiti della medesima, coll’affiggerli alla croce del suo corpo, sospende la punizione che pende
sul capo ai figli della disubbidienza, e propizia per sempre la giustizia
eterna.
Queste tre rivelazioni, piuttosto che articoli di fede, com’è rispetto
a noi l’ultima, che deve mettere compimento alle dispensazioni della
eterna sapienza in ordine al nostro mondo ; sono fatti, e fatti compiuti, entrati nel dominio della storia dell’umanità; o a meglio spiegarmi, non sono che l’itinerp,rio dell’anima traviata, cui Dio, con
un lento processo di manifestazioni della sua potenza e bontà, santità
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e giustizia, carità e misericordia vuol soggiogar le di lei resistenze,
e condurla vinta ai piedi della croce: — la scala del vero Giacobbe,
mercè la quale ella arriva per gradi alla perfetta statura del suo
primo esempio, il Cristo; ed è fatta capace di salire fin là donde
precipitò; al suo Principio da cui separolla il peccato.
Ora, appunto perchè codeste relazioni son fatti compiuti, entrati
nel dominio della storia deU’umanità, s’indirizzano necessariamente
alla coscienza, che è il fondamento d’ogni convinzione, la pietra di
addentellato, ed il cemento che lega le tre rivelazioni in una, e ci fa
vedere l’unità dello spirito di Dio neH’unità dell’operato, che risulta
da ormipotenza, giustizia e carità. — La coscienza adunque è chiamata — poscia che a lei s’indirizzano — ad esaminar codeste rivelazioni, che sono la sintesi dell’opera di Dio nell’umanità; e la nostra
coscienza lo farà per ora soltanto in ordine alla prima, onde ritrarre
qualche utile insegnamento ad edificazione de’ nostri lettori, per
quanto il nostro povero ingegno e le nostre intellettive facoltà cel
consentiranno.
La creazione, o natura che si dica, fu soggetto di controversie fin
dal momento che gli uomini, uscendo dallo stato di primitiva ignoranza— cagione una corruzione anteriore — cominciarono a far uso
delia sviluppata ragione. Questi uomini si addimandarono savj, magi,
sapienti, sofi, filosofi, e che so altro; e campo delle loro discussioni,
delle loro controversie e contraddizioni infinite — prima di ripiegar
la propria percezione sull’ io, e conoscere a fondo sè stessi — fu la
natura, fu il mondo. Se avessero innanzi tutto ritorta la propria indaggine in sè stessi, si sarebber forse meglio conosciuti, ed avrebbero
per conseguente meglio giudicato il mondo. — Tardi dovea sorgere
quel saggio che proclamò il tanto noto — JVosce teipsum, — cioè
conosci te stesso: tuttavia nemmen costui conobbe bene sè stesso nè
il mondo, che in tutta la forza dell’espressione, giu.sta la Parola, fu
abbandonato alle vane disputazioni degli uomini. — E come l’avrebbe potuto?
Lasciati da un canto i diversi pareri, le opinioni discrepanti, e le
opposte credenze d’infinite sette, ci contenteremo di toccar di volo
dei Pirronisti o scettici, de’ Stoici o panteisti. Tutte e due codeste
sette, divise e suddivise peccarono d’eccesso. Gli uni vollero la natura
figlia della necessità, cieca, muta e sorda, e niuno impronto videro
dello spirito creatore, nè della sua sapienza in questo universo che ci
circonda, e ci sovrasta
“ Sì, che dispiega le bellezze eterne 1 ” — Dante, Farad, vii.
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Quindi niuna coscienza ; nou bene, non male, non virtù, non vizio ;
quindi la legittima conseguenza dell’
“ Ede, lude, et bibe, et te mortalibus exple
“ Delitiis animum ; poet mortem nulla voluptas. ” — Epicceo.
cioè; mangia, bevi, e scherza: saziati in mezzo agli uomini d’ogni
diletto ; poscia che dopo morte non hawi voluttà, non havvi godimento di sorta.
Oh quanto nde Pascal allorché scrisse; — “ Sans Jésus-Christ,
“ le monde ne subsisterait pas ; car il faudrait, ou qu’il fut dé“ truit, ou qu’il fut comme un enfer. ” — Infatti, che sarebbe il
mondo senza la dolce, la consolatrice e sapientissima parola d’Emmanuele, se non l’inferno dell’ii'cie lude et hihe, e del post mortem
nulla voluptas? Ma ringraziato sia Dio nostro Padre, che abbiam ricevuta sapienza per Gresil Cristo I
Gli altri, per lo contrario, videro talmente in ogni cosa la rivelazione della divinità, che non esitarono di chiamar questa — anima,
mente e vita del mondo; e causa ed effetto confondendo in uno, la
natura non fu per essi che l’incarnazione, che la manifestazione di
Dio, 0 in piii chiari termini, non fu che Dio stesso.
E così, sì gli uni che gli altri erano fatalisti, dacché niegando
quegli l’esistenza del principio creatore, cagione assoluta del mondo
visibile, ricoveravano, come a unico l'ifugio, sotto le ale della Necessità, per giustificare le loro dottrine, che aveano per supremo scopo
il nulla; e questi facendo della natura un Dio, ne veniva per conseguente che lo facessero esistere di necessità, dacché Dio non ha mai
potuto non essere. Dunque sì pegli uni che pegli altri militavano
queste teorie, cioè che ciò che è non può non essere; quindi fu e sarà
sempre di necessità. — Tutt’altro è la natura pel cristiano : ella non
è il risultato della Necessità senza principio e senza fine; ma l’effetto
ammirabile della libera e spontanea volontà di Dio, che esiste di necessità, perché è colui che è. — Ora, diciamolo anche una volta, cosa
sarebbe il mondo senza Gesiì Cristo? — Prescìndendo dal politeismo
dei pagani, che dettero corpo e sembianza a tutte le virtii, a tutti i
vizj, a tutte le forze della natura, e a tutti i vani simulacri creati
dalle fantasie dei poeti, non si vedrebbe nel mondo che l’idolatria
della forma, del finito invece dell’infinito, della creatura infine, sostituita empiamente al creatore. — Infelici ! — Che potevan dire di
meglio i sapienti del secolo? Eglino non conobbero nè sè etessi, nè
il vero Dio.
Crederà forse alcuno che tali sapienti fossero convinti delle loro
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dottrine? — Tutt’altro. — Aristotele, una delle più vaste intelligenze
della Grecia, le cui dottrine fecero delirar Tommaso d’Aquino, ch’eLLe
la temerità d’innestarle alla follìa della croce, giunto ai momenti
estremi della sua vita, confessò la sua ignoranza esclamando: “ En“ trai uel mondo in corruzione; vissi nell’incertezza e nel dubbio; vi
“ esco pien di timore; ignoro ove andrò! O causa delle cause, mise“ rere di me ! ” — Qual differenza fra la morte d’un filosofo gentile,
e quella del cinico di Ferney ! Eppure costui era nato cristiano!
A questo ¡¡roposito, cioè cbe niuno degli anticlii filosofi o poeti
conobbe Dio, mi cade in acconcio un aneddotto storico, che non fia
thscaro a chi legge. — Domandato Simonide da Jerone tiranno che
cosa fosse Dio, questi tolse termine un giorno a rispondere : indi
altri due, ed altrettanti ancora, e per altre cinque o sei volte dilazionò la risiTOsta: di che maravigliato il tiranno, gli disse: Perchè
non rispondi al mio quesito? —Perchè, rispose Simonide, quanto
più vi penso, tanto meno lo intendo. — Torniamo al nostro argomento.
Dicemmo la natura essere una rivelazione di Dio ; ma ogni rivelazione, supponendo un mezzo di che valsi colui che si rivela, è dimostrato all’evidenza che il mezzo rivelatore non è la cosa rivelata;
nò puossi confondere l’uno coll’altro senza invergere e sovvertire l’ordine logico delle idee e delle cose: il mondo dunque è un mezzo
e non il fine, cioè non è Dio; non è vo’ dire l’incarnazione, ma una
pura rivelazione di Lui. Così dicasi delle successive rivelazioni. Dio
non s’incarnò nella manifestazione della legge in Moisè; nè tampoco
nella rivelazione della grazia ; ma nella parola umanata, compendio
del mondo santificato; cioè della novella creazione; in Gesù Cristo
dico, lume da rivelarsi alle genti, e sorgiva della grazia e della misericordia.
Ma se la natura è una manifestazione di Dio, non è però perfetta,
quindi neppur sufficiente: nè lo sarebbe forse stata neppure se l’uomo
non avesse spezzato il vincolo di sommissione, d’amore filiale che lo
legava al suo Padre celeste ; conciossiachè, siam d’avviso che la sola
creazióne non avrebbe risposto agli alti fini, e al gran disegno provvidenziale, ch’eran di far conoscere a colui, che portava sul fronte
segnato il lume della sua faccia — intendi il santo lume di ragione —
non solo la sua onnipotenza, ma la sua santità e la sua carità. Tuttavia non siam lungi dal credere, prescindendo da altre rivelazioni'
successive, che se l’umana creatura non fosse caduta dalla sua santimonia prima, non avesse potuto graduatamente meglio compren-
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dere il suo autore, con cui, era in certa guisa avvincolata nei rapporti
di santità. Di fatti, se l’uomo tanto fece poscia nello stato di miseria
con una ragione intenebrata dal peccato, in mezzo ad una natura
sovvertita, e resa a lui ribelle; quali mirabili risultati non avrebbero
ottenuto le sue disquisizioni col mezzo d’un’intelligenza dominatrice
delle passioni, nello stato di sua primitiva grandezza? A quale altezza
di conoscenza poi non sarebb’egli pervenuto col soccorso di altre rivelazioni, analoghe al suo stato di giustizia ?
Dicevamo che avrebbe meglio .potuto comprenderlo, e non perfetmente, ammesse anche altre rivelazioni. Meglio comprenderlo nelle
BUe infinite attribuzioni, ma non nella sua natura ; dacché la cognizione di Dio per essenza sappiam esser naturale a Dio solo; all’angelo per similitudine, ed all’uomo per ispecchio, cioè per la specie
dcll’altre cose; vale a dire, passando dalla visione delle creature, alla
speculazione del Creatore.
Del resto, se è provato che neppur nello stato d’innocenza primitiva
non avrebbe potuto l’uomo aver la cognizione di Dio per essenza,
perciocché Tessere finito non può capire né comprendere l’infinito;
come potrebbe presumere di poterlo dappoi che la corruzione della
natura alterò i rapporti dell’uomo con Dio ? — Tuttavia la natura
ci rivela Iddio ma in un modo imperfetto, acciocché l’uomo senta il
bisogno di rivelazioni piii perfette, quale fu quella della legge, ed
incomparabilmente piii quella della grazia. Pure, se quest’ultima ci
rivelò quanto era indispensabile alla nostra salute, ed a farci comprendere il mistero della pietà; non ci rivelò già la natura di Dio.—
Cristo solo, perchè Dio e uomo alla stess’ora, conosce il Padre per
essenza: la sua parola, chiave di tutti i misteri che ci riguardano,
nou ci ha rivelato che le infinite e divine attribuzioni di lui, e tutte
le due dispensazioni in ordine al nostro rilevamento.
E tornando alla prima rivelazione, conchiudo, che con la sua sola
ragione, l’uomo non può trovar Dio, sorgente d’ogni verità, nella
natura. La chiave de’ misteri non è là. Vediamo per pochi istanti
l’uomo assetato sempre di verità, a fronte di questa natura, chiedendo
da lei una parola, un conforto, un’ammaestramento. E Pascal, l’autore
dei Pensieri che parla: —
“ Ecco, egli dice, ciò che io veggo, e che mi tormenta. Dovunque
“ io volga l’occhio, non veggo che oscurità. La natura non mi offre
“ cosa che uon sia materia di dubbio e d’inquietudine. Se io non vi
“ vedessi niente che indicasse la divinità, io mi determinerei a creder
“ nulla: se vedessi dappertutto i segni d’un creatore, io riposerei in
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“ pace nella fede; ma vedendo troppo per essere autorizzato a negare,
“ e troppo poco per rassicm-armi, io sono in mio stato da compiangersi,
“e nel quale ho cento volte desiderato, che se un Dio sostiene la
“ natura, questa lo dimostrasse senza equivoco ; e che se i segni ch’ella
“ porge sono ingannevoli, li sopprimesse del tutto; che dicesse tutto, o
“ niente, affinchè mi fosse dato di vedere quel partito a cui dovessi
“ appigliarmi. Nello stato invece in che mi trovo, ignorando ciò che io
“ sono, e ciò che debbo fare, non conosco nè la mia condizione, nè il
“ mio dovere. Il cuore tende tutto intiero a conoscere ove il vero bene
“ Jier seguirlo. Tutto ciò che potessi spendere, mi sembrerebbe nulla
“ per l’acquisto dell’eternità. ”— (ii-vii-1).
Nell’articolo seguente, risponderemo a qualche obbiezione delle
precitate parole; a quelle precisamente che hanno rapporto col nostro
assunto. Per ora ci contenteremo di produrre alcuni sentimenti
del signor Vinet desunti dagli studii sui pensieri di Pascal, precisamente a proposito del brano surriferito. — “ Oh densa oscurità della
“ ragione umana! —egli esclama — o piuttosto, strano acciecamento
“ dell'anima ! Ella non trova più nella natura quel Dio la cui pre“ senza sfavilla in ogni raggio all’aurora, risplende in ogni stella del
“ firmamento, mormora iu ogni fluttto deH’Oceano, respira in ogni
“ alito di vento, ed esala nel profumo d’ogni fiore ! ”
E noi soggiungeremo per ora:
“ Se Dio veder tu vuoi,
“ Miralo in ogni oggetto,
“ Cercalo nel tuo petto,
“ Lo troverai con te.
“ Ma se dov’ei dimora
“ Tu non sai dirmi ancora,
“ Confondimi, se puoi,
“ Dimmi dov’ei non è. ”-Met.
Pro/ess. G. B.
NECROIiOGIA
IL SIG. GIOVANNI D’ESPINES
L’uomo eccellente, il di cui nome abbiamo scritto a capo di queste
righe, sebbene cittadino Ginevrino, ci apparteneva per più di un
verso. Dal lato paterno egli discendeva dai D’Espines del Chàtelard,
nella Savoja propria, essendo congiunto al barone D’Espines, morto
im’anno fa, membro del Parlamento Sardo; e per mezzo della sua
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madre aveva attinenze colle Valli Valdesi d’onde il suo avolo era
oriundo. L’aver il di lui padre abbracciato il protestantesimo fu cagione
per cui egli ebbe a lasciar la Francia, ove erasi la famiglia stabilita, per
riparare a Ginevra. Ivi egli si ammogliò, ed ivi nacque, il 4 di marzo
1783, il nostro Giovanni, che fu l’unico suo rampollo. A quindici anni
egli era già orfano ; ma Iddio, che in età così tenera l’avea chiamato a
questa gran prova, gli avea per un’altro verso fatto dono di un naturale sì precoce e ricco, che all’età di 17 anni egli trovavasi già a capo
di una casa di commercio, e a 21 anno riceveva da una società dei
.suoi concittadini l’onorevole mandato di fare in Italia acquisti di
merci per conto della medesima, fino alla concorrenza di parecchi
milioni. A 22 anni egli tolse in isposa la signora Maria Taland di
Gine\Ta, colla quale e coi due figli che nacquero da questo matrimonio, uu maschio ed una femmina, egli, cinque anni più tardi lasciava Ginevra, per recarsi ad Odessa a fondarvi una casa di commercio che durò dal 1810 al 1816, epoca in cui la malferma sua
salute obbligollo a ripatriare. Molte ed anche celebri amicizie, procacciossi il D’Espines, in quel breve lasso di tempo, coll’indole sua generosa
e franca quanto amabile e gentile, e fra le altre quella del Duca di
Eichelieu, allora governatore di Odessa al servizio della Eussia, il
quale tornato in Francia coi Borboni, e diventato ministro di Luigi
XVIII, volle essere per alcuni giorni ospite del sig. D’Espines nella
terra di Carqueranne da quest’ultimo acquistata, e fino alla morte
mantenne seco lui un frequente ed amichevole carteggiare. Non
avendo trovata l’aria di Ginevra più di quella d’Odessa confacente
alla sua salut«, dovette il sig. D’Espines lasciare nuovamente la sua
città natia, per il clima più mite delle isole di Hyères. A questo soggiorno si connette una delle circostanze per noi più interessanti della
vita del nostro amico, poiché fu quella di cui si valse il misericordioso Iddio, per farlo giungere ad una conoscenza vera del suo Salvatore, e costituirlo, in tal modo, stromento di benedizione a pro di
molti fratelli.
Fra gl’inglesi stanziati a Hyères; in quell’inverno, 1816 al 1817,
trovavasi un giovane ecclesiastico, la di cui moglie venne a morire.
Il poverino nello stesso tempo che senza risorse era senza conoscenti;
e non essendosi trovato, nè fra gli abitanti della località, nè fra
gli stessi suoi connazionali chi volesse procurargli il danaro occorrente a dare condegna sepoltura all’estinta consorte, e far ritorno in
patria, il sig. D’Espines, che non lo conosceva più degli altri, mosso
a compassione per il suo tristo caso, gli avanzò, quanto fu giudicato
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necessario, alcune migliaja di fr. — Poco tempo dopo giunse pure a
Hyères una famiglia Scozzese, la quale, venuta in cognizione di ciò
che per un loro connazionale avesse operato con tanto disinteressamento il sig. D’Espines, si mostrò bramosa di fare la sua conoscenza,
e così ebbero principio relazioid che durarono fin ch’egli visse, ed i
di cui benefici influssi non si limitarono a questo mondo, ma si faranno sentire ancora in tutta l’eternità.
11 nostro amico infatti, quantunque persona onorevolissima agli
occhi del mondo, ed anche religiosa — di che egli avea dato prova
fino da quando abitava Odessa, raunando ogni domenica nelle sue
.sale i protestanti ivi domiciliati, e leggendo loro un sermone ed
una preghiera liturgica — non conosceva tuttavia la forza della pietà,
nè quali sieno gli efietti, sul cuore, di una vera fede in Gesù Cristo;
non in quel Gesù Cristo, quale se l’erano foggiato i Sociniani, allora
pur troppo numerosi e potenti in seno alla Chiesa Ginevrina, ma in
quel Gesù quale si è rivelato nell’E vangelo, in cui è piaciuto al Padre
che abitasse ogni pienezza, e uel sangue della croce di cui egli ha
voluto riconciliarsi tutte le cose—Col. i, 19,20. I suoi rapporti colla
famiglia N. N. furono il mezzo onde Colui, che l’avea eletto fin dall’eternità perchè fosse suo, volle servirsi, affine di pienamente rivelarglisi. Ciò ch’egli ebbe occasione di sentire dalla loro bocca, e di
scorgere del loro modo di vivere, primieramente lo sorprese, poi diede
luogo a molte domande, a cui tennero dietro molti colloquii e molte
discussioni. Il sig. D’Espines non si arrese però a primo aspetto, anzi
egli resistette per del tempo ; ma alla fine egli si arrese; e più che il
razziocinio concorse a quel felice risultato il vivere del tutto cristiano
dei suoi nuovi amici, vivere tanto diverso da quello ch’egli avea
fino allora ideato e praticato, quanto conforme per tutti i versi a
quelle verità di cui erano stati banditori presso di lui e della sua
famiglia.
Fu verso quel tempo che il sig. D’Espines, indottovi, parte dall’esigenze della sua sempre malferma salute, parte ancora, crediamo noi,
dal desiderio di allontanarsi meno che gli fosse possibile da una famiglia, diventatagli, per i motivi che abbiamo accennati, cara quanto
la sua propria, e che invernava per lo più a Hyères, si decise a fermare
la sua stanza in quella regione, acquistando, a tal fine, il castello di
Carqueranne colle vaste sue attinenze, e scambiando così la vita del
commerciante con quella dell’agricoltore.
Diciassette anni, dal 1818 al 1835, scorsero in quelle placide occupazioni, durante i quali la pietà del nostro amico non solo acquistò
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sempre nuove forze, ma giunse a tale grado di maturità da esercitare
una grande influenza, non che sui suoi dipendenti immediati, sui molti
personaggi, alcuni dei quali distintissimi, che erano attratti a Carqueranne dalla larga quanto gentile ed affettuosa ospitalità dei suoi abitanti. Fra questi siaci lecito di notare uno dei più celebri storici francesi, il sig. Aug. de Thierry, che, ospite del sig. D’Espines a più riprese, gli dovette, umanamente parlando, il singolare beneficio di aver
scambiato lo scetticismo delle scuole colla fede dell’umile credente in
G. C., e si mantenne seco lui in costante scambio di lettere fino alla
sua morte avvenuta anni sono. Una scrupolosa santificazione del
giorno del riposo, alla quale il nostro amico non venne mai meno,
neanco quando abbondavano in casa sua gli ospiti illustri, ed il
culto domestico regolarmente celebrato, presente tutta la servitù,
erano i due tratti distintivi di quella vita di famiglia rinnovata, e
che mentre colpivano di meraviglia i forestieri che ne erano testimonj
forse per la prima volta, fu per il sig. D’Espines, come egli stesso
non si restava di proclamarlo, sorgente di sempre nuove e più intense
benedizioni spirituali. f contimi)
CRONACA DELLA QUINDICINA
Piemonte — Lo pastorali. — Modena — Un vescovo che protesta contro il tmon
senso. — Gkosseto — Un Monsignore eccezionale. — Firenze —Un ratino più
cristiano dei cristianissimi dell’ Armonia. — Francia —■ Amenità poetiche. —
Germania —Donne e giornali.—Boemia, Irlan. ed Amer. — Successi evangelici.
I vescovi subalpini, ricevuto il motto d’ordine, si sbracciano ancli’essi
a scrivere e pubblicare pastorali, in cui esortano i loro diocesani a supplicare il cielo, perchè non venga a scemarsi il regio patrimonio di San Pietro,
e V Armonia si arrabatta da mane a sera nel farne incetta, per godersi poi
il privilegio di riportarle nelle sue colonne. Affé che il papa, colle formidabili falangi delle pastorali e VArmonia per vessillifero, potrà bandire una
nuova crociata, ed atterire la mezzaluna un’altra volta!
II vescovo di Modena poi protesta cotro la legge estense sul matrimonio
civile, la quale fu saggiamente rimessa in vigore dal dittatore Farini. —
Una tale provvidenza era altamente reclamata dal voto pubblico e legittimata dal diritto di coscienza e di stato. Ma questo è appunto ciò che non
sanno comprendere coloro che militano sotto la bandiera di una chiesa
tiranna, la quale pretende che il potere civile appoggi e sanzioni le sue
dottrine, anche a scapito del buon senso e della pubblica morale. Non ci
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maravigliamo pertanto delle proteste del vescovo modanese, e tanto meno
dell'ire dell’emonia, la quale usa a far il Don Chisciotte a tutte le Dulcinee episcopali, versa a piene mani sul benemerito Farini i più goffi sarcasmi e i più villani insulti.
Ci porgono però un gradito spettacolo, in mezzo alle declamazioni di
tanti vescovi mestatori e turbolenti, la mansuetudine e la pietà di Monsignor
Vicario Generale di Grosseto. Egli non ha maledizioni per nessuno, ma
prega per la prosperità del suo e nostro amatissimo so^Tano Vittorio Emmanuele.
E poiché abbiamo fatto motto di preghiere, cogliamo assai di buon grado*
l’opportunità d’indicare agli scrittori deW Armonia un modo di pregare
molto più cristiano di quello ch’eglino sembrano prediligere. — AU’occasione dell’ultima solennità Israelitica, celebratasi a Firenze,il Rabino di
quella sinagoga, alla presenza di ben oltre 3,000 persone, recitò la seguente
preghiera, alla quale gli astanti risposero colla più sentita emozione :
« Colui che vigila alla sicurtà dei re, e la possanza accorda ai principi
« della terra; Colui che estende il suo impero di generazione in gencra« zione, e libera il suo Davidde del brando di Golìa; Colui che divido
« Tonde del mare e traccia un camino in mezzo ai suoi flutti muggenti,
« possa egli benedire, guardare, difendere, assistere, elevare ed esaltare sul
« trono il più sublime il nostro eletto re Vittorio Emmanuele ! Il Re dei re
« lo custodisca. Io conservi in vita e Io liberi da ogni periglio ! H Re dei re
« diriga in sua clemenza la fulgida stella che lo governa, e gli conceda
« lunghi e tranquilli giorni di regno ! Il Re dei re accordi eziandio a tutti
li i consiglieri, ministri e duci del prode monarca consiglio, saggezza e
« valore! »
Per esilarare i lettori della Buona Novella, riportiamo dagli Archives du,
Christianisme il seguente aneddoto, che ci è sembrato assai singolare per
la boetica sapienza di cui è condito. —• Monsignor Debelay, arcivescovo
d’Avignone, in una sua pastorale descrive nei seguenti termini la ceremonia
della deffinizione fatta dal papa del nuovo domma della Sine labe : « Ci
« sembra ancora di vedere il sommo pontefice assiso sulla catedra di San
« Pietro, riflettente sul suo nobile volto la maestà e la bontà di Cristo,
« nostro Signore, di cui egli è il vicario in terra. — Cinquanta mila fedeli
« lo circondavano, e si fece intorno a lui un profondo silenzio, come se il
« tempio fosse deserto. Tutti noi, vescovi e preti e popolo, pendevamo dalle
« sue labbra silenziosi e compresi da altissima ammirazione; tutti gli
« sguardi erano rivolti verso lui, e sembravano dirgli : Variate, o Santissimo
« Padre, parlate, poiché voi siete l’oracolo infallibile della verità; la vostra
« parola diverrà la regola di nostra fede. Ed il pontefice, soprafl"atto dal« l'emozione la più veemente, piangeva per tutta risposta. — Ma ecco che
« tutio ad un tratto lo Spirito di Dio lo invade, la sua voce sonora si fa
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« udire, cd essa vibra ancora in quest’istante nel nostro cuore; e Maria...
(L Maria è riconosciuta, dichiarata e proclamata immacolata nella sua con« cezione.—Il cielo e la terra, gli angeli e gli uomini erano soprafatti dal
« più grande slalordimeiito. » — Se non ci fosse altro motivo per crederlo,
non basterebbe la balordaggine di Monsignore? — Ci occorre però di osser\'are che il papa, probabilmente .sicuro di essere improvvisamente invaso
dallo Spirito di Dio, dopo di non aver potuto rispondere se non con le
lagrime, cavò di tasca e lesse con voce alta e sonora la famosa Bolla, dapprima redatta, segnata e sigillata. Se in quelFistante l’ombra di Paolo Sarpi
fosse uscita dalla tomba, avrebbe certamente detto che, se lo Spirito Santo
giungeva al Conciliabolo Tridentino colla valigia di Roma, in questa circostanza usciva dalle tasche del Beatissimo padi-e dia sempre lagrima.
Le amenità non sono esclusiva merce francese, anche la Germania ne
spaccia delle sue. — Ecco ciò che leggevamo in una corrispondenza Berlinese del Crepuscolo: « Le donne in Germania sono le più ferventi sostenitrici del clero. Dovunque trovate la bigotteria ispirare la politica dei
governi, dite pure senza tema di errare che, palese o celata, vi entra sempre
la mano di una donna. Così accade dell’Austria, ove domina una consorteria femmineo-gesuitica, e così accade pure in altri stati. I giornali reazionari! (e ei dispiace che fra questi ve ne sieno anche de’ protestanti) hanno
ora tra noi un linguaggio così violento, che non saprei qual altro possa
stargli al paragone. Il loro incubo è il voto popolare che nell’Italia respinge
i cattivi principi, ed in cui essi scorgono la rivoluzione intronizzata. Per
darvi un’idea della gentilezza di questi scrittori basterà dirvi che in uno
degli ultimi suoi numeri la Gazzetta Crociata, parlando appunto dei duchi
spodestati e del voto universale dei popoli dell’Italia centrale, e scherzando
sulla maturità politica di quei popoli, dice che essi sono veramente maturi
per essere impicceati. » Queste sono le amenità che la Gazzetta Crociata,
sul gusto ieWArmonia, regala ai suoi lettori. Si 6 per ciò ch'io li esorto a
leggere di preferenza la Gazzetta di Mosca, nella quale troveranno pubblicato un magnifico sermone del monaco Kasan, il quale cagionò una grande
e salutare impressione nel paese. In quel discorso il monaco moscovita
combatte il formalismo, che si è la piaga della chiesa greca come della
romana, ed insiste nel dimostrare che il cristianesimo, lungi dall’attribuire
una grande importanza ai riti ed alle cerimonie, richiede sopra ogni altra
cosa una fede individuale, e l’intima adesione del cuore alle verità del
Vangelo, li'Armonia, che invita, con quel garbo che le è abituale, il marchese Roberto d’Azeglio a meditare sopra un fatto che sicm-amente onora
la sua retta ed illuminata coscienza, dovrebbe procurarsi il sermone del
dotto monaco moscovita, e meditarvi su un tantino; e noi, mentre essa farà
la sua meditazione, continueremo a discorrere, con ehi ne ha gusto, di
alcune cose che avvengono in Boemia, Irlanda ed America.
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La Revue Chrétienne ci dà una consolante notizia, di cui ne desideriamo
vivamente la conferma. Sembra che in Boe.uu incominci a manifestarsi
un movimento religioso di una certa importanza. Vi si dice che gli abitanti
d’intieri villaggi abbracciano il protestantesimo, probabilmente per isfuggire
all’applicazione del concordato. — È proprio vero che noi consigli della
Provvidenza non v’ha male senza bene; ma gl’insensati non vogliono rinsavire, e si ostinano a chiudere gli occhi alla luce della verità!
Veggano ciò che succede nella cattolica Irlanda.—La società delle scuole
domenicali, celebrò non ha guari il suo quinto anniversario, ed il rapporto
contiene le seguenti osservazioni: Al priucipio della fondazione eravi in
Lrlanda un centinaio di scuole dominicali. — Nel 1820 se ne contavano
già 1,091 con 113,525 allievi e 6,200 istitutori. — Nel 1859 il numero
crebbe sino a 2,690 scuole cosa 217,000 allievi, 19,658 istitutori. — Il
comitato valuta ad un milione e mezzo incirca il numero delle persone di
ogni età, che hanno frequentato queste scuole, e a tre milioni il numero di
Bibbie, Nuovi Testamenti e trattati che vi furono distribuiti. — Voglionsi
pure ricordare le vendite straordinarie di libri religiosi che vi si operarono.
— Un librajo di Belfast nel Inglio di quest’anno vendette in Bibbie e Nnovi
Testamenti il quintuplo di piii del luglio dell’anno precedente. Un altro
librajo della stessa città operò deUe vendite ancor più considerevoli, ed egli
vende in giornata 1,000 Nuovi Testamenti nello stesso tempo in cui altre
volte ne vendeva 100. La vendita di Bibbie ed altri libri religiosi si effettua
nelle stesse proporzioni.
Ecco dei nuovi particolari sul padre Chiniquy, canadiano, personaggio
già noto ai lettori della Buona Novella. — I Canadiani francesi di Sant’Anna
nel Kankakee, i quali uscirono dal seno della chiesa romana unitamente al
padre Chiniquy, si riunirono il 3 settembre pp. in una sala del palazzo municipale per celebrarvi l’anniversario della loro separazione. Tra le diverse
deliberazioni che vi furono prese in quella seduta, voglionsi segnalare le
due seguenti: — 1° Noi benediciamo alla provvidenza divina d’averci fatto
conoscere le superstizioni e gli errori della chiesa romana. — Noi rendiamo
pubbliche grazie all’Altissimo per averci condotti a frangere le catene, che
i papi ed i vescovi romani avevano fabbricato a disdoro del vangelo e dell’imianità. — 2° Il 8 settembre, giomo anniversario di nostra separazione,
sarà celebrato in perpetuo da noi e dai nostri discendenti, perciocché si fu
in questo giorno avventuroso che noi uscimmo, son ora tre anni, dal servaggio degli uomini, per divenire discepoli di Cristo, e che la luce del
vangelo dissipò le fitte tenebre nelle quali il papismo ci aveva avvolti.
Mentre vergavamo queste ultime notizie, ce ne vennero comunicate delle
altre, che, por essere nostrane, pubblichiamo assai di buon grado. — Ci
scrivono da Favale (Liguria) che la nuova cappella evangelica, meglio architettata della prima, fu costruita in luogo assai più acconcio ed appari
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scente. È rimarchevole come gli abitanti di quel paese si prestassero a somministrarne i materiali da costruzione, ad onta del severo divieto del loro
parroco. — Costui va lagnandosi che le offerte e le elemosine sieno d’assai
scemate nella sua chiesa, dacché gli evangelici presero stanza in Favaie.—
Sta bene ; quegli abitanti si saranno meglio convinti che per certi preti la
pentola è il solo termometro della religione dei loro parrocchiani. — La
lettera ci parla pure dell’apertura della nuova scuola evangelica, e del
buon successo che v’incontra nei paesi limitrofi la prjjmulgazione della
santa parola del Signore.
Aosta.—L’/mparii'aZ ci annunzia come in questa città, precisamente
di fronte al monumento commemorativo della cacciata di Calvino, fu eretta
una cappella evangelica, in cui già da duo domeniche si celebrò il culto da
un ministro del santo Vangelo. —Ij hidépmdmit nel riportare questa notizia si esprime nei seguenti termini; « Colla vergogna sul volto e l’ama« rezza nell’anima diamo ai nostri lettori un funesto annunzio. — Un mi« nistro protestante deve esser giunto nella nostra città, e dicesi vi abbia
« già tenuto una conferenza. — Si è di fronte alla Cboce della citta’,
« monumento glorioso per la fede valdostana, ed in casa doU’awocato,
« Lambert, civico consigliere e cavagliere della Saoka Religione, che il
« ministro protestante deve aver fissata la sua residenza. — Noi deploriamo
« vivamente che le autorità municipali ed amministrativo-politiche nulla
« abbiano fatto per preservare la nostra città da un nuovo germe di dis« senzione, di discordia e divisione fra i cittadini, le famiglie e i membri
« di una medesima famiglia. Noi deploriamo vivamente che alcuni membri
« del consiglio comunale gli sieno stati conniventi. »
Anche le talpe deplorano la loro cecità; non così gli scrittori àeW Indépendant.
Romagne.—Leggiamo iieWOpinione del 28, che con decreto del 20 corrente il dittatore Farini ha ordinato che abbia effetto in quelle provincie
il R. decreto del 25 agosto 1848 riguardante l’espulsione della compagnia
di Gesù dagli Stati Sardi. — Adattando il decreto alle condizioni speciali
delle Romagne, vi furono introdotte alcune assennate modificazioni agli
articoli 2, 6 e 7.
Domenico Grosso gerente.
La vendita annuale a pro della Società delle Damigelle
Evangeliche per la protezione dell' Infanvjia povera, avrà luogo
D. V. i giorni 7^ 8 e 9 dicembre, dalluna alle cinque pom.
in casa Cañavero, via dell’Arco, N. 2, al 2“ piano. Portiamo
fiducia die numerosi saranno gli accorrenti, stante il caritatevole scopo della medesima.
TOBINO — Tipografia CLAUDIANA, diretta da K. Tromb«tta.