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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sic. TRYPOT Arturo
Cab3l la 22/5
161
^ ro
NOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - Nnm. 7
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Í
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TORRE PELLICE - 12 Febbraio 1971
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17 FEBBRAIO: PERCHE’ E COME CELEBRARLO ANCORA
senso di una data
Se ad un membro di chiesa di 50-60
anni or sono tosse stata posta la domanda di ripensare, al senso del 17
febbraio, la domanda stessa lo avrebbe
fatto trasecolare. Per lui, come per i
suoi fratelli in fede, il 17 febbraio era il
segno della fine di una lunga secolare
persecuzione, che aveva rinchiuso i suoi
entro i confini di una zona vigilata a
vista, il segno della sua uscita in una
« Italia rinnovata » (tutti i canti usano
l’aggettivo « nuovo » per indicare il secolo, l’ambiente, la chiesa, la patria) e
sul piano della fede Isignificava un appello alla evangelizzsizione ed una confessione di peccato per le molte infedeltà, con l’invito al pentimento. U fraterno incontro con le autorità civili e
militari nei pranzi sblenni era il segno
di un abbraccio fra i| "sospetti", assolti
dalle vecchie calunnie, e i vari governi
ispirati alla ideologia liberale. La presenza del sindaco e del maresciallo confermava la promessa; di una buona pace. I discorsi erano | infiorati di saluti
all’alba delle libertà in un paese entrato nel consesso delle | grandi nazioni civili, tra le quali in primis si salutavano
varie nazioni protestanti. «Les Anglais»
Perché allora, da varie parti, si ripropone alle nostre cornunità di rimeditare al senso del 17 febbraio? Non si potrebbe fare come sé il tempo si fermasse e, in un fraterno congioire, festeggiare un valido incontro di amici
e di fratelli, che non I si devono perdere
di vista fra le molte vicende della vita,
ma si devono rivedere per risentirsi
uniti? Non si può; se non altro perché
lo domanda sale da molte parti: si desidera una verifica dei sentimenti e dei
motivi che ci hanno condotti fin qui
nella celebrazione dèlia « festa valdese » e soprattutto di [quelli che oggi ci
muovono e commuovono ancora. In
verità il 17 febbraio non conta più tanto per sé, quanto come indice di una
domanda sul cammino della nostra
chiesa e del nostro popolo. Il discorso
torna nei sinodi, nei nostri incontri e
potrebbe essere in rpaltà, più che una
risposta, l’ascolto di; molti interrogativi, che forse non abbiamo cercati, ma
che si sono posti alla nostra coscienza
in modo inderogabileDobbiamo prendere atto di vari cambiamenti e, primo fra tutti, del mutamento di clima. Come popolo valdese,
siamo diventati sempre più una diaspora, una disseminazione a volte pulviscolare in Italia, qualche volta una
conglomerazione di nuovo tipo in altri
paesi. I Valdesi dellé Valli e dell’Evangelizzazione (sia consentito riprendere
questa vecchia distinzione unicamente
per un richiamo ad una antica concentrazione protestante in una zona e ad
una vasta costellazione di piccole comunità evangeliche nel paese) hanno
vissuto sempre più intensamente l’emigrazione con l’indebolimento graduale
delle basi di partenza e non sempre
col rafforzamento delle basi di arrivo.
Dove hanno dovuto ricostruire o morire, come in Uruguajl e in Argentina, si
sono man mano insériti nei nuovi paesi e si sono ricostruiti come comunità
con notevole contributo laico e con respiro vastamente ecnmenico. Dove hanno trovato una maggioranza protestante, si sono man mano inseriti nelle correnti e denominazioni più varie.
In Italia, invece, niolte volte essi hanno vissuto la loro vùa comunitaria come degl’immigrati, che si adattano al
nuovo ambiente, si mimetizzano, portano dalla terra di origine le loro radici profonde, ma molto spesso ne lasciano trasparire più le foglie che i frutti;
conservano l'olio nei loro vasi, ma senza servirsene troppo, spesso fermandosi soltanto alla etichetta esteriore, onde non siano troppò diverse da quelle
dei nuovi vicini. Abbiamo preferito conservare il sacco della semina piuttosto
che gettare le nostre vite nel solco degli uomini, che ci circondavano, con lo
spirito del Cristo, che ci ammonisce
che solo chi perde la vita per amore di
Lui la conserverà. Dopo le ardue difficoltà degl’inizi, nei quali il problerna
della pura sopravvivenza necessariamente prevaleva, abbiamo continuato
la politica della imitazione delle maggioranze, anziché vivere arditamente la
nostra fede, cercando di comprendere
meglio il terreno nel, quale ci dovevamo
muovere. Le nuove generazioni hanno
allora avvertito e temuto la « muffa del
passato », che non era l’acre e corroborante sapore dei secoli della testimonianza sofferta, ma era il prolungamento di un adattamento abbastanza recente ad una società troppo facilrnente e
acriticamente accettata come unica possibilità di esistenza. E rnolti allora
hanno detto di no: alcuni si sono rifugiati nella setta, altri si sono adattati
definitivamente al lóro tempo, altri si
sono ribellati, altri se ne sono semplicemente, silenziosamente andati. E di
questi è piena l’Italia; così, senza lasciare tracce, senza chiasso, col solo
ricordo della sepoltura della nonna!
Così ci è stata imposta una nuova sobrietà; quando si contano i giorni e se
ne registrano perdite e guadagni, la
« festa » diventa pensosa occasione di
riflessione. Questa non elimina tutta la
carica degli affetti antichi e delle amicizie vissute, ma si prendono le distanze per non ricadere nella retorica o nel
folklore. E qui i poli da riesaminare sono da un lato l’Evangelo e dall’altro il
campo del mondo, nel quale l’Evangelo
intende vivere con noi o senza di noi,
con altri comunque sempre, perché Dio
si rifà sempre il suo popolo.
L'Eva.ngelo sì, ma come una eredità
che si svincola sempre dai vecchi tempi
e ripropone ai sempre nuovi-vecchi
tempi le sue esigenze, i suoi richiami,
la sua speranza, il suo giudizio. L’Evangelo non è una placida meditazione delle virtù degli Antichi, come il buon
Machiavelli rifletteva sul mondo dei
Greci e dei Romani nella sua villetta,
di S. Casciano, ma è una forza esplosiva, molto meno descrittiva di stati
d’animo, e molto più e sempre testimonianza di Chi è morto per la morte e
per la risurrezione degli uomini. Non
possiamo catalogare l’Evangelo fra i
libri virtuosi. L’Evangelo è vomere
piantato nella terra degli uomini, è dono di Dio e richiesta di donare la vita
per gli altri, è Buona Novella, ma Buona Novella che costa come una perla
di gran prezzo o come un tesoro nascosto. E la perla e il tesoro richiedono
sempre lo scambio con tutto quello che
l’uomo ha. Noi li vorremmo, ma non
vorremmo dare nulla in cambio.
Quell’Evangelo si trova davanti il nostro tempo. E il nostro tempo include
tutto quello che i giornali bene o^ male
non possono evitare che si sappia nel
vasto mondo e nel nostro paese. I peccati sono più visibili e più denunciabili,
le stragi più violente, i confronti più
definiti, i motivi di contrasti più evi
fortatrice. Una nuova generazione presenta un conto aperto all’altra: nella
scuola, nella società, nella vita municipale, nella comunità ecclesiastica, entro le mura riconosciute ufficialmente
valide, entro gli schemi legittimi o legalitari, entro gli schemi rivoluzionari
o allo scoperto delle soluzioni individualistiche. Confronti di classi, esami
dei centri di potere, urti e contraccolpi. Dobbiamo prendere atto di un’epoca più convulsa e più drammatica di
altre epoche, un’epoca che è agitata nel
profondo e le cui agitazioni si ripercuotono rapidamente alla superficie. I confini della patria sono sempre più i confini del mondo. Viene riscoperta una
universalità di fatti, di problemi, di domande che non possono più essere ricondotti in confini geografici angusti.
E, sul fronte della chiesa, le domande
deH’ecumenismo diventano più pressanti, nella ricerca di un’autenticità di testimonianza comune in una vita cristiana rinnovata dal soffio dell’Evangelo!
Siamo così ricondotti (qualcuno direbbe: fatalmente) .al continuo raffronto fra Evangelo c mondo che oggi ci
preoccupa forse pili ancora che in altri
tempi; per questa sua urgenza tale confronto non può re.stare fuori da una
celebrazione del passato inteso come
richiamo alla fedei’.à evangelica. E poiché intorno a quel problema vi sono
spesso tesi e priorità in opposizione, è
naturale che anche la nostra « festa »
ne risenta l’eco.
Questa situazione, nonostante la sua
gravità, non deve ..liminare dai nostri
cuori la gioia de!!"mcontro, nella fede
e nella gratitudine per la pazienza di
Dio, che non verta meno neanche nella nostra epoca. Questa gioia si manifesterà nella sob. ìetà, ma anche come
vera allegrezza in Cristo. È però giustamente richiesto .'.la più parti che il 17
febbraio non resti una festa a tutto fare, ma diventi un incontro, nel quale
vi il tempo di -- ‘^'.minare la nostra
posizione di credenti dinanzi a specifici fatti, che la storia ci pone dinanzi;
tempo per la riflessione sui fini e sulle
prospettive di questa o quella delle nostre varie opere evangeliche, onde ridare loro un senso evangelico; tempo,
ancora, di ricerca per meglio intendere
la via di una testimonianza più chiara
e più quotidiana. Carlo Gay
Partecipare come
alla lotta per uno
protestanti
Stato laico
Convocata a Milano un’assemblea popolare per costituiLega nazionale per l’abrogazione del Concordato
re una
Il Vangelo si testimonia, non s’insegna, questo il titolo significativo di un
contributo cattolico al consistente
« quaderno » che l’ALRI (Associazione
per la Libertà Religiosa in Italia, con
sede a Milano, in Via Bassini 39) ha
dedicato all’impegno di lotta contro il
Concordato: Cattolici e laici contro il
Concordato (a cura di Luigi Rodelli,
ed. Dall’Qglio, p. 240, L. 1.500). Titoli
che danno il senso del mutato modo
di porre il problema, in Italia, per l’apporto non indifferente e crescente di
cattolici alla lotta laica. Così, accanto
a contributi di Leopoldo Riccardi, Mauro Mellini, Lamberto Borghi, Mario
Berutti e Luigi Rodelli, rispettivamente su Revisione o abrogazione: un falso dilemma, I meccanismi del potere,
Educazione religiosa e istruzione confessionale, Matrimonio civile e pubblici peccatori, Le strutture clericali, per
la prima volta troviamo quelli di alcuni cattolici: Albino Michelin illustra
Le ragioni pastorali, G. Coltiva e G. De
Antonellis Chiesa cattolica e militarismo, P. Ichino Chiesa e società civile
e F. Gentiioni e M. Vigli il tema cui
accennavo all’inizio; in appendice, fra
vari documenti di vivo interesse, il testo di un Documento sull’insegnamento della religione nella scuola media
superiore elaborato da un gruppo di
studenti cristiani di Pinerolo, in parte
pubblicato, mesi fa, da « Nuovi Tempi ». Tale collaborazione fra cattolici e
laici è una novità che va sottolineata
quale indice di una mutata temperie
spirituale nel nostro paese.
Così pure vi sono dei cattolici
( « Gruppo di credenti per l’abolizione
del Concordato ») fra coloro che per
domenica 14 febbraio hanno indetto a
,1
denti, la verità più accusatrice che con
...................................... ...........................
L’attuale crisi de/la teologia
Manca la fede oppure l’inserimento ?
« Certo è che l'unione tra noi evangelici, alla quale siamo giunti dopo la dispersione sotto il papato e che consiste in un così ampio consenso della
fede, non è soltanto una unione umana. Che si tratti dell’unico e vero Dio,
del modo giusto di servirlo, della corruzione della natura umana, della salvezza per grazia, del modo per ottenere
giustizia, dell’opera ed efficacia di Cristo, del pentimento e suoi effetti, della
fede che fondata sulle promesse dell’Evangelo ci dà la certezza della salvezza e della preghiera a Dio, su questi
e su tutti gli altri punti principali noi
evangelici crediamo e insegnamo dappertutto le stesse cose. Invochiamo
l’unico Dio nostro Padre, confidando
nello stesso mediatore; lo stèsso spirito dei figlioli di Dio è per noi una caparra della nostra futura eredità; Cristo ci ha tutti riconciliati mediante lo
stesso sacrifìcio; i nostri cuori si abbandonano alla stessa giustizia che egli
ci ha procurato; ci gloriamo dello stesso Signore ». Così scriveva Calvino a un
gruppo di pastori luterani nel gennaio
1556, rendendo testimonianza alla profonda unità di fede allora presente in
campo evangelico, all’ampio consenso
teologico e spirituale raggiunto « su
tutti i punti principali » della dottrina
e della vita cristiana.
Oggi questa bella unità di fede è perduta o seriamente compromessa. Nell’ambito della cristianità evangelica si
credono per lo più ancora le stesse cose, ma in modi sovente così diversi da
destare il sospetto che in realtà si credono ormai cose diverse. Certo, molte
affermazioni della fede che un tempo e
ancora ieri raccoglievano ampi consensi, oggi sono questioni controverse impostate e risolte in maniere discordanti. Ad esempio: « il modo giusto di servire Dio » è un punto sul quale, secondo la testimonianza di Calvino, tutti gli
evangelici allora erano d’accordo. Qggi
non è più così: la questione di sapere
quale sia il modo giusto di servire Dio
è risolta fra evangelici in modi diversi
e talora opposti. Gli esempi potrebbero
essere moltiplicati. È un fatto che oggi
avvertiamo sovente, anche fra membri
della stessa chiesa, più la diversità (talvolta la divisione) che l’unità della
fede. C’è effettivamente una nuova « dispersione », per riprendere il termine
di Calvino, anche se, grazie a Dio, non
più « sotto il papato ». La diversità delle posizioni di fede e teologia, sovente
così profonda da provocare aperti conflitti o creare uno stato permanente di
tensione nella chiesa, è un aspetto tipico della cristianità odierna e al tempo
stesso un sintomo della sua crisi.
Che cosa c’è alla base di questa crisi? Quali sono le cause che la determinano? Non si pretende qui di rispondere a interrogativi così gravi. Si vuole
soltanto dare alcune indicazioni, suggerite da teologi contemporanei, da tener presenti ricercando una risposta.
La crisi attuale della teologia e più
in generale del discorso cristiano viene
da certuni intesa come una crisi di
fede. Questa a sua volta può avvenire
in due sensi diversi. La crisi della fede
può consistere nel fatto che essa non
riesce più a concepire un Dio oggettivo
e trascendente, collocato oltre il nostro
mondo, in un aldilà non meglio identificabile. L’aldilà si è come volatizzato
nella coscienza deH’uomo moderno, che
nella migliore delle ipotesi si sente responsabile di questo mondo, non certo
di un altro, legato a questa vita, non
certo a un’altra. Non sarebbe quindi la
fede in Dio che è in crisi, ma la fede
nell’aldilà: così il teologo protestante
francese Roger Mehl caratterizza, in un
articolo recente, l’attuale crisi della teologia. Ma la crisi di fede può essere più
radicale e consistere nel fatto che dopo
la caduta del mondo soprannaturale
l’uomo non solo non può più credere
in un mondo diverso dal suo ma neppure in una realtà diversa dalla sua,
per cui la realtà divina si riduce necessariamente solo a essere una funzione,
una dimensione o un aspetto della realtà umana. L’uomo moderno, insomma,
può ancora credere soltanto in se stesso, come centro di tutta la realtà.
L’uomo è il soggetto, Dio è il predicato.
Allora, la dottrina di Dio viene in pratica ridotta a dottrina dell’uomo, la fede
viene sostituita dall’amore, la religione
diventa morale, Ge.sù diventa un simbolo e un modello.
Vi è un altro modo di intendere la
crisi attuale della teologia. Alla base
non ci sarebbe tanto una mancanza di
fede quanto una mancanza di inserimento, per cui il discorso teologico e
di fede, anche quando è corretto e biblicamente ineccepibile, resta come
eternamente sospeso per aria e non ha
presa sulla realtà. Il teologo Paul
Tillich ha rintracciato le cause di questo mancato inserimento facendolo risalire alla doppia influenza del pietismo e del liberalismo teologico. Il pietismo ha ridotto il rapporto Dio-mondo
a quello Dio-anima, ha sostituito l’orientamento della fede verso il futuro
con un orientamento verso l’alto, ha
escluso dalla sfera religiosa i problemi
relativi all’organizzaziqne del mondo,
facendo deH’interiorita il luogo privilegiato e al limite unico delTagire di
Dio fra gli uomini. Il liberalismo teologico, dal canto suo, concentrando i
suoi interessi sulla personalità religiosa individuale, non poteva comprendere fenomeni collettivi quali la condizione operaia e i conflitti di classe: si
creò una sorta di incomunicabilità tra
quella che era una religione per individui e le classi proletarizzate che erano « massa ». Così le chiese evangeliche (non solo loro!) sono rimaste e
tuttora restano distanti da quella che è
una realtà storica, sociale e umana fondamentale dell’epoca contemporanea;
quella venuta alla ribalta con la rivoluzione russa del 1917 e con le altre avvenute in seguito in varie parti del
mondo e tuttora in corso. Le chiese,
rimaste distanti dalla situazione proletaria, non sono state in grado di comunicare con essa; dove non c’è partecipazione non ci può essere comunicazione. « Anche una teologia che si tiene
lontana dalla concreta lotta proletaria
rimane ideologia » (Tillich). In questa
lontananza e mancato inserimento sarebbe da ricercarsi la causa ultima
della crisi attuale della teologia.
Mancanza di fede o mancanza di inserimento? L’interrogativo può rimaner
aperto e suscitare così, nelle due direzioni, un ripensamento nelle chiese. Un
periodo critico non è necessariamente
un momento negativo nella storia della
chiesa: vissuto con lucidità spirituale e
speranza in Dio può essere il preludio
d’un rinnovamento. Paolo Ricca
Milano una assemblea popolare nazionale tendente a costituire la « Lega italiana per l’abrogazione del Concordato ». Promotrice dell’iniziativa è stata
l’ALRI, cui si sono subito associati, oltre al Gruppo summenzionato, la Lega
italiana per il divorzio (LID), la Federazione giovanile repubblicana, la Gioventù e Sinistra liberale, il Partito Radicale, Presenza Liberale. Nella sua
lettera d’invito il segretario dell’ALRI,
prof. Luigi Rodelli, scrive: « Siamo di
fronte a uno dei momenti forse decisivi della prova di forza tra Italia clericale e Italia laica. I clericali tentano
di rimettere in discussione la legge s ii
divorzio attraverso l’effettuaz’one di
un referendum popolare. C’è chi rit'ene che l’iniziativa non sarà portata
avanti perché il Vaticano può scegliere tra diverse strategie.
« L’arma più facile di cui il Vaticano dispone oggi è una ’revisione bilaterale’ del Concordato dalla quale questo strumento di potere vaticano esca
rafforzato e aggiornato. Questa prospettiva non esclude che il Vaticano
si riservi di trattare la ’revisione’ del
Concordato da quella posizione di
maggior forza che gli deriverebbe da
una eventuale abrogazione della legge
sul divorzio mediante referendum popolare o da una eventuale sentenza
della Corte Costituzionale.
« Alle manovre del Vaticano bisogna
contrapporre la scelta tempestiva di
un’azione che restituisca l’iniziativa alle forze popolari e polarizzi intorno a
una fondamentale esigenza di liberazione l’interesse della collettività...
« Noi pensiamo che è questo il momento di indire un referendum popolare abrogativo del Concordato ». A tale scopo viene convocata un’assemblea
popolare nazionale nella sede milanese della Società Umanitaria (Via Daverio 6) per il pomeriggio (ore 15) di
domenica 14 febbraio; al mattino, nella stessa sede, è convocata allo stesso
scopo una conferenza nazionale delTALRI, cui seguirà un « Pranzo laico
per l’abrogazione del Concordato e per
l’unità e l’alternativa laiche » (da noi
si discute la soppressione del pranzo
del 17 febbraio, i laicisti lo scoprono!).
Hanno già dato la loro adesione alla
iniziativa e alle manifestazioni i sen.
Albani, Banfi, Jannuzzi e gli on. Achilli, Basiini, Bonea, Lombardi, Quaranta,
Scalfari, Veronesi; altre adesioni sono
attese. In una assemblea di preparazione » tenuta a Roma domenica scorsa, Marco Pannella, a nome del comitato promotore romano, ha respinto
l’accusa di fomentare una guerra di
religione; « proprio con la denuncia
del Concordato si vogliono anche affermare quei valori che costituiscono
il patrimonio religioso dello Stato ».
A dire il vero, è meglio quando di questo aspetto parlano dei credenti; ma
in effetti — e questo vuol significare
la partecipazione, non di oggi, di molti protestanti a questa battaglia e, oggi, quella di molti cattolici, più o meno del dissenso — TEvangelo annunciato a un popolo e vissuto in es.so risulterà tanto più limpido quanto più
svincolato da pesanti e compromettenti connubi con i troni e i tronetti
di turno.
Questo non vuol dire andare a nozze
con i ’laici’. Già si è detto chiaramente altre volte, qui, che le motivazioni
di questo impegno che riteniamo debba essere comune, sono in realtà diverse; e ci è estranea una certa ’religione del laicismo’, con le sue intolleranze, il suo clima di crociata, la sua
difficoltà a intendere le ragioni di fede di amici e di nemici. Forse, una più
forte (infine!) presenza di cristiani che
si sforzano di richiamarsi all’Evangelo porterà nuove dimensioni e visioni
a un movimento al quale bisogna però
apertamente riconoscere, e con profonda gratitudine, di aver saputo condurre questa lotta con perseveranza,
anche in tempi più difficili degli attuali.
La riflessione su questo problema, o
meglio su questo complesso di problemi potrebbe fornire un ottimo e serio
spunto per le celebrazioni del « 17 febbraio » (continuo a sostenere che il 17
e non l’il febbraio avrebbe, se mai,
(continua a pag. 6)
Gino Conte
2
pag. ¿
N. 7 — 12 febbraio 1971
L’ATTUALITÀ’ TEOLOGICA
“Ogni vita 6 sacra,, questione dei matrimoni misti
In uiì messaggio alla tu Francese Paolo VI ha ribadito il carattere omicida dell’aborto e dell'eutanasia, ma le sue parole chiare e coraggiose rendono conto dei problemi in tutta la loro complessità?
Il problema dei matrimoni misti non ha certo proceduto verso la chiarificazione, con l’ultimo « motu proprio »
papale e con la susseguente presa di posizione della Conferenza Episcopale Italiana; il nostro Corpo pastorale è sta
II 27 gennaio, al termine dell'udienza
generale in Vaticano, Paolo VI ha pronunciato ai microfoni della televisione
francese un breve discorso sul rispetto
della vita umana, trasmesso dall’ORTF
la sera del 30, nel quadro di una trasmissione dedicata a questo tema, e il
cui testo è stato pubblicato da « L'Osservatore romano» {1-21211911):
« Fratelli e Amici che mi ascoltate, lo
sapete, vi sono valori che sono le pietre di paragone di una civiltà; se si attenta ad essi, l’uomo stesso è minacciato. Ora, attentare alla vita umana, con
qualsiasi pretesto e sotto qualsiasi forma, significa disconoscere uno dei valori essenziali della nostra civiltà. Nell’intimo delle nostre coscienze — ciascuno di noi può provarlo — si afferma come un principio incontestabile e sacro
il rispetto di ogni vita umana: di quella che si desta, di quella che non chiede se non di fiorire, di quella che si avvia alla propria conclusione, soprattutto di quella che è debole, povera, indifesa, alla mercé degli altri.
« Il Concilio l’ha recentemente ricordato con forza: ogni vita è sacra: A eccezione della legittima difesa, nulla autorizza mai un uomo a disporre della
vita di un altro, come del resto della
propria. Andando controcorrente, se necessario, in constrasto con ciò che si
pensa e si dice attorno a noi, ripetiamolo, senza stancarci: ogni vita umana
dev’essere assolutamente rispettata; sia
l’aborto sia l’eutanasia sono un omicidio.
« Fratelli e amici che mi ascoltate,
questa vostra vita, la vita dei vostri .genitori, dei vostri figli, la vita di tutti gli
uomini, questa vita fragile e così presto passata resta, malgrado le prove
che l’attraversano, il nostro bene più
prezioso. È una convinzione di fede per
coloro fra noi che credono nel Cristo e
ai quali l’evangelo insegna che la nostra morte terrena è un passaggio che
conduce alla vita eterna ».
In questo campo bisogna riconoscere
alla Chiesa romana, e al pontefice in
particolare, chiarezza e coraggio nell'andare controcorrente, per coerenza
con la propria fede.
C'è soltanto da domandarsi se proprio oggi regga il tipico procedimento
apologetico cattolico, che anche qui
riaffiora, per cui si parte dai valori
umani (che si presuppongono universalmente riconosciuti, almeno dagli
« uomini di buona volontà », onesti e
sinceri ) e li si convalida e consacra con
le affermazioni del magistero ecclesiastico (che si presuppone con troppo facile automatismo illuminato dall'evangelo). Oggi i "valori" umani tradizionali subiscono una profonda, talora drammatica trasformazione; e constatiamo
due manifestazioni parallele che entrambe attestano lo svincolarsi dell'uomo da ogni altra norma che non sia lui
stesso, la sua vita “divinizzata" appunto in quanto diviene la norma al di sopra di ogni altra. Vi è così un certo
“rispetto per la vita" che è sostanzialmente ateo. Parallelamente — ma è
soltanto la faccia negativa della stessa
realtà profonda, la manifestazione della sua natura “peccaminosa" — si moltiplicano gli esempi della multiforme
svalutazione e del disprezzo spesso assoluto per la vita propria e altrui. In
questa situazione il cristiano deve affermare che la vita ha un valore che non
è dato dalla coscienza individuale o
sociqle, non le è dato dall'uomo, ma da
Colui che tale vita ha donata e al quale soltanto essa appartiene, per diritto
di creazione e di redenzione, per possesso di amore. Al di fuori di questo
valore la vita è radicalmente svalutata,
è « vanità ».
Se però — a differenza dall'argomentare pontificio — questo è chiaro, ben
venga una affermazione netta, coraggiosa come quella di Paolo VI: « sia l'aborto sia l'eutanasia sono un omicidio ».
Nel trasformarsi della “coscienza" di
un'intera generazione andiamo di buon
passo verso un momento — e forse già
ci siamo — in cui queste parole acquistano tutto il loro peso, non certo come
l'espressione dell'opinione comune, ma
come la polemica sfida evangelica alla
coscienza contemporanea.
Tuttavia, le cose non sono così semplici, né la vita si lascia inquadrare
nei “principi"; l'evangelo, vivente parola del nostro Dio, non è un “principio";
e occorre la fatica, e il rischio, del confronto dell'uomo concreto con la parola del Signore della sua come di ogni
vita, un rischio che comporta la terribile possibilità del peccato, in questo
caso dell'omicidio. Rimesso a questo livello di gravità il problema, non è possibile evitare interrogativi reali e drammatici. Se è chiaramente omicida
l'aborto procurato per rifuggire dalla
responsabilità, che dire quando occorre scegliere — poiché di questo si tratta, in certi casi — fra la vita della madre e la vita del nascituro o del feto,
cioè fra due omicidi? Quale uomo può
arrogarsi il diritto di tranciare la que.stione? In questo caso può il credente
andare oltre il richiamo al livello di
gravità cui si accennava? E per ciò che
concerne l'eutanasia, dove passa la
frontiera, la differenza qualitativa assoluta — che c'è! — fra l'eutanasia deliberata (talvolta per amore) e la lenta
eutanasia, a piccole dosi, con cui si cerca. di alleviare la sofferenza di un organismo, di una vita umana condannata?
e, inversamente, significa davvero rispettare la vita prolungarla artificialmente come talvolta avviene, in condizioni non più umane? non si rischia anche così — in nome di un principio
astratto, magari di una sperimentazione — di forzare la mano (per qualche
giorno) al Signore della vita? Anche in
questi campi il procedere dell'indagine
scientifica e la rivoluzione tecnologica
ci mettono a confronto con tutta una
serie di interrogativi gravi, in larga parte nuovi, problemi che neppure una
presa di posizione ferma, chiara e coraggiosa — e per questo degna di apprezzamento e di riflessione ■— come
quella su cui ci siamo soffermati, può
eludere né tranciare troppo facilmente.
C'è però da domandarci con umiliazione quanto le chiese evangeliche, e le
nostre in particolare, quanto i medici
e gli infermieri fra noi, e chi ha cura
d'anime e i teologi e le assemblee riflettano nella fede su questi problemi (segnaliamo, mosca bianca, un recente dibattilo sull'eutanasia, a Pornaretto)...
Non sempre il silenzio è d'oro.
c.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMimMi'iiiniimiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiimii
SPIGOLOTURG
Pedagogia canolica
Dal testo « Cristiani oggi » per gli studenti
degli istituti magistrali:
«. Ti^tto ciò che c’è di giusto nei programmi
del socialismo è frutto del Vangelo e dell’insegnamento della Chiesa: tutto ciò che in quei
programmi non è stato mutato dal Vangelo e
dalla Chiesa è ingiusto e lesivo della dignità
stessa deiroperaio (lotta di classe, ecc. )».
Dal volume « La morale cattolica » per il
liceo classico:
« Il continuo contatto con persone od associazioni cattive o con religioni false potrebbe
trascinarci al dubbio o alla rinuncia della nostra fede. Per questo, la Chiesa proibisce di
appartenere a certe sette o partiti come la
massoneria o il comunismo e di assistere a
culti di religioni false ».
Dal testo « La via della Legge » per la
scuola media:
« La giustizia si manifesta soprattutto nel
rispetto della proprietà. Ogni uomo ha diritto
alla proprietà. Il Signore concede dei beni
maggiori ai ricchi affinché pos.sano farsi dei
meriti per il Paradiso donando ai poveri, e
permette che ci siano i poveri affinché essi
col lavoro e la pazienza possano acquistarsi a
loro volta la felicità eterna. Ma potrebbero i
poveri spogliare i ricchi dei loro beni? No.
certamente. Se ciò fosse, si commetterebbe
un’ingiustizia ».
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiMiiniiiMiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiii
Un’esposizione
"Karl Barfh’’
Marburgo (epd) - La Fondazione « Pro
Helvetia » ha aperto, nel grande atrio della
nuova Biblioteca universitaria di Marburgo,
un'esposizione di documenti e di testimonianze
una lettera aperta
DI EVANGELICI NAPOLETANI
Il Consiglio congiunto delle comunità metodista e valdese di Napoli Vomere, presenti i
fratelli: N. Porreca (V), G. Managh (V), G
Nini (M), E. Barba (M), S. Nini (V), E. Ruschi (M). E. Caputo (M), E. Nini (V), A.
Nini (M), M. Scorsonelli (M), e i pastori P.
Sbaffi e S. Ricciardi, riunito in data 2 febbraio
1971, ha deciso di inviare al past. Mario Sbuffi e p. c. a: Comitato Permanente della Chiesa Metodista. Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. Tavola Valdese. « Voce Metodista », « Eco-Luce », « Nuovi Tempi », la seguente lettera aperta.
Caro fratello,
le nostre comunità sono state profondamente turbate dal fatto che Lei abbia partecipato,
nella Sua veste ecclesiastica, ad una cerimonia matrimoniale in chiesa cattolica nella nostra città, il pomeriggio del giorno 30 gennaio
1971. Sappiamo che la cerimonia non conseguiva gli effetti civili, in quanto questi erano
già stati ottenuti in Municipio; sappiamo altresì che, per la chiesa cattolica, il matrimonio è valido solo se proclamato e recepito come
sacramento.
Quattro nostri fratelli (due melodisti e due
valdesi), essendo venuti a conoscenza della
concclchrazione. nonostante la eortina di silenzio che era stata creata attorno ad essa
(vedi partecipazioni senza indicazione del luogo e delPora della celebrazione, vedi il fatto
che neppure il pastore metodista locale era stato informato della venuta a Napoli del suo
collega di Roma), hanno assistito al rito e ne
hanno stenografato tutte le fasi. È risultato
evidente che si trattava di un matrimonio
cattolico. In particolare è significativa la parte liturgica che riproduciamo :
« ... omissis..
Sacerdote: Carissimi, voi siete qui perché desiderate che la vostra unione sia santificata
da Dio, davanti ai ministri della Chiesa e
alla Comunità, col sacramento del matrimonio. che conferma l’altro santissimo sacramento del battesimo che avete a suo tempo ricevuto. Siete voi disposti a contrarre il
vostro matrimonio, secondo le leggi di Dio e
della Chiesa? Se volete contrarre il sacramento del matrimonio davanti alla Chiesa,
unite le vostre mani.
Gli sposi: (prima lui e poi lei) dichiarano di
volersi sposare rispondendo affermatìvamen'
te alle domande su riportate.
Sacerdote: L’uomo non osi separare ciò che
Dìo ha unito v».
Abbiamo rilevato con dolore i seguenti fatti
SUI quali La invitiamo a riflettere :
1) Lei è venuto a Napoli, città dove esistono svariate comunità evangeliche, senza,
non diciamo interpellare, ma neanche informare i consigli dì chiesa ed i pastori locali;
2) Lei ha partecipato, nella sua veste di
pastore, con toga e facciole, alla celebrazione
di un matrimonio cattolico, nella chiesa del
« Sacro Cuore », sita a neppure cinquecento
metri di distanza dalla nostra chiesa:
3) La Sua partecipazione non solo non è
servita a precisare il punto di vista evangelico
sul matrimonio (per cui essa è risultata un
implicito avallo del matrimonio come sacramento). ma non Le ha consentito neppure di
recare un messaggio evangelico: Lei ha rivolto un semplice ìndìriz/o augurale agli sposi,
secondo quanto concesso dalla « Istruzione sui
matrimoni misti » emanata il 18 marzo 1966
dalla Sacra Congregazicne pro Doctrina Fidei,
punto quinto, che cons( nle al ministro acattolico di « rivolgere alcune parole augurali e di
esortazione... col consenso dell Ordinario del
luogo e con le debite cautele atte ad evitare
il pericolo di ammirazione »:
4) Lei non ha tenuto conto della linea che
le nostre comunità seguono circa la testimonianza evangelica non ■ cattolici, che consiste
nella esclusione di tulle le manifestazioni liturgiche. in quanto concorrono alla confusione
ed al trionfalismo:
5) Due giorni prima del matrimonio, avuta notizia di quanto sarebbe accaduto. Le abbiamo comunicato telefonicamente il nostro
dissenso, di cui non ha tenuto alcuna considerazione;
6) Lei potrà dire di avere partecipato alla
cerimonia a tìtolo personale, ma a parte il
fatto che se fosse stato cosi Lei sarebbe stato
presente solo come invitato e non come concelebrante, ci permettiamo di ricordarLe la
Sua posizione di Presidente del Consiglio della Federazione, con tutte le responsabilità che
relative alla vita e alLopera di Karl Barth.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiMiiiiiiiiiiitiiiiiiMiiimiiiiiimiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiMimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniii ;iiiiiiiiiiii:iiiiiiiiiii
SI APR|RÀ PRESTO A GERUSALEMME
Un centro ecumenico di studi teologici
Gerusalemme (bip) - A Gerusalemme
è stato recentemente costruito un istituto ecumenico per gli studi teologici
superiori e la sua inaugurazione è prevista per il prossimo 15 settembre.
In questo progetto si trovano numerosi teologi cattolici, anglicani, ortodossi, protestanti di tutto il mondo, tra i
quali O. Cullmann, professore all’Università di Parigi e di Basilea.
Si è costituito un consiglio accademico che comprende otto teologi per
ognuna delle tre grandi confessioni cristiane di tutto il mondo. Il rettore di
questo consiglio è un teologo belga, M.
Moeller, professore di dogmatica cattolica all’università di Louvain. .
La ricerca in questo istituto verterà
su tutti i problemi vitali attuali della
e del suo confronto
c ideologie contem
religione cristiana
con altre religiosi
poranee. Le difficoltà della situazione
politica attuale a Gerusalemme non
hanno scoraggiato i promotori che fondano grandi speranze in questa opera
di pace. Da un lato, Gerusalemme ricorderà a tutti i cristiani di differenti
confessioni la loro comune origine, dall’altra Gerusalemme è il centro della
religione ebraica e uno dei luoghi più
santi dell’Islam. Così i futuri turisti
che visiteranno i luoghi santi non saranno più solamente testimoni della
discordia tra cristiani, così scandalosa
come appariva nella Chiesa del Santo
Sepolcro, ma vedranno sopra la collina fra Gerusalemme e Betlemme il
luogo dove un’ opera di pace deve
espandersi nel mondo.
ne derivano in caso di partecipazione ad alti
pubblici.
Siamo certi che, considerando gli aspetti
della vicenda che abbiamo messo in risalto, Lei
vorrà comprendere la nostra posizione, che
non vuole essere una sterile critica, ma un
contributo aflinché episodi di tal genere non
debbano più nuocere aH'azione di testimonianza di altre comunità.
Fraterni saluti.
per il consiglio congiunto
delle comunità metodista e valde.se di
Napoli Vomeri):
Emilio Nitti e Mirella Scorsonelli
LA RISPOSTA
DEL PAST. MARIO SBAFFI
Cari fratelli,
ricevo la vostra lettera del 2 corrente e per
quanto possa rammaricarmi per il turbamento
che può averVi recato la mia partecipazione
ad una « concelebrazione ecumenica » che riguardava un membro della comunità di cui
sono pastore, desidero premettere, prima di
rispondere alle vostre varie osservazioni, che
tale mia partecipazione è avvenuta in piena
coscienza e dopo maturata riflessione. Essa è
stata da me decisa in quanto tale forma di
« concclebrazione », preceduta dal matrimonio
civile, permetteva alla parte evangelica di celebrare il matrimonio religio.so, sia pure in
una chiesa cattolica, ma senza dover fare, né
per iscritto né oralmente, alcuna promessa relativa alla futura educazione religiosa dei figli ed al loro battesimo.
Circa i fatti, sui quali mi invitate a riflettere. desidero farVi osservare:
1) Se non ho « interpellato » o « informato » i consigli di chiesa ed i pastori locali ciò
è dipeso da due motivi molto semplici : ti) perché la parte evangelica è un membro della
comunità di Roma di cui sono pastore e non
un membro di una delle comunità di Napoli;
b) perché non desideravo porre Voi in alcun
imbarazzo ma assumermi personalmente la responsabilità di questa « concelebrazione »:
2) Se ho partecipato nella mia veste di pastore è stato perché il matrimonio religioso avveniva davanti « ai ministri della Chiesa ». come i vostri stenografi hanno registrato e non
semplicemente dinanzi al sacerdote cattolico;
3) Il punto di vista evangelico era evidenziato : a) dal largo posto dato alle letture bi
to invitato a rillettere sulla questione in vista di un pronunciamento sinodale. Intanto, è accaduto un nuovo « incidente » a Napoli; a titolo d’informazione e d’invito alla
riflessione, pubblichiamo una lettera aperta, e la risposta
bliche (tre ampie pericopi lette dal pastore e
due lette dal sacerdote); b) dallo stesso breve
messaggio del sacerdote lutto centrato sul concetto della casa fondata sulla roccia che è la
Parola di Dio; c) dal breve messaggio del pastore: «Iddio faccia risplendere il suo volto
su noi., e ci benedica » (Salmo 67 ; 1), nel
({uale è stalo posto Paceento sul fatto che i
celebranti erano gli sposi e che essi dovevano
quindi invocare la benedizione ili Dio .sulla
loro unione: d) dalla consegna della Bibbia
agli .sposi fatta dal pastore.
Aggiungerò che se il sacerdote ha raccolto
l’assenso degli sposi il pastore ha jiroceduto
allo .scambio degli anelli ed alla benedizione
del matrimonio secondo la formula della nostra liturgia;
4) Vorrei semplicemente osservare che nelle nostre Chiese (che mi auguro sappiano
sempre conservare gelosamente la libertà dei
figliuoli di Dio) non vi è alcuna linea ufficiale che comporti, nei nostri rapporti con i cattolici « la esclusione di tutte le manifestazioni
liturgiche ». Che poi una liturgia matrimoniale molto .semplice, nella quale la parte predominante è stala data alle letture bibliclic, ¡»issa concorrere al « trionfalismo )), mi apj)arc un
ricorso ad uno di quei tro|>pi slogans clic affliggono la società, ed anche la Chiesa, nel nostro tempo;
5) È e.satto che il pastore Paolo Sballi mi
telefonò due giorni prima del matrimonio ¡>er
esprimermi il dissenso locale. Ciò mi addolorò
ma non poteva mutare una decisione che avevo consapevolmente e lungamente ponderata;
6) La mia posizione di «Presidente del Consiglio della Federazione » è per me vincolante
solo quando agisco, parlo o scrivo in tale veste. Non posso accettare che lo sia quando agisco, parlo o scrivo a titolo personale. L'.aver
ricevuto tale incarico, rinnovatomi dalla recente Assemblea di Firenze, c considerato da .me
un « servizio » che cerco di rendere aU'evangelismo italiano con le mie deboli forze ma
non può vincolare la mia libertà di credente
e di pastore disponibile agli impulsi — e se
volete anche ai rischi — del cammino ecumenico nel quale credo fermamente al di sopra di ogni dogmatismo e di ogni intolleranza,
da qualunque parte si manifesti.
Che Iddio ci guidi e ci illumini tutti con
il Suo Spirito.
Ricambio di cuore il vostro saluto fraterno.
Mario Siìaffi
Un attore del 1848: il pastore
La Chiesa Valdese ebbe la ventura
di avere nel secolo scorso diverse personalità veramente notevoli e determinanti nella vicenda del Valdismo ottocentesco: pensiamo in particolare ai
pastori Paolo Geymonat, Giov. Pietro
Meille e Amedeo Bert, e al banchiere
Giuseppe Malati, tutti coetanei e partecipi nella loro attività ecclesiastica
al periodo anteriore aH’Emancipazione
del 1848, e successivamente impegnati
con larga chiarezza di vedute nell’opera di testimonianza evangelica in Italia.
IL PASTORE
Amedeo Bert ebbe, tra questi, la ventura di vivere più da vicino e di collaborare attivamente all’atto del 17 febbraio 1848, grazie alle sue conoscenze
ed al suo zelo. Nato nel 1809 a Torre
Pellice da una famiglia pastorale (il
padre Pietro ne era stato a lungo pastore, e moderatore della Chiesa) aveva seguito i suoi studi nell’errante
Scuola latina e poi alla Facoltà Teologica di Ginevra. Consacrato nel 1832,
prestò servizio dapprima a Rodoretto
(nel cosidetto turno di montagna), ma
due anni dopo fu chiamato a Torino
come cappellano delle ambasciate protestanti (Prussia, Olanda, Inghilterra),
e in quella città egli rimase fino al
1864, quando motivi di salute lo obbligarono a ritirarsi a Torre Pellice, allorché il trasferimento a Firenze delle
ambasciate stesse veniva pure a decidere la soppressione dell’incarico.
Accanto all’attività di cappellano, il
Bert si occupava naturalmente della
colonia valdese presente a Torino in
quell’epoca: nonostante le misure restrittive che gravavano su di loro e
che ne avrebbero dovuto impedire la
presenza, i Valdesi si erano stanziati
un po’ alla volta nella capitale, dedicandosi soprattutto all’attività commerciale, industriale e bancaria; vi
avevano conquistato posti di notevole
prestigio, come quello della ditta Giuseppe Malan (zio e nipote), ed erano
d’altra parte apprezzati fortemente
per la loro serietà ed onestà.
La colonia valdese era ammessa a
frequentare la cappella delle ambasciate, che divenne co.sì il naturale luogo di culto dei protestanti torinesi. Il
pastore Bert aveva fatto stampare un
« Recueil de chants spiritucls » destinato a tale uso che fu il primo innario stampato in Italia (1845).
IL 1848
Amedeo Bert godeva in particolare
dcH’amicizia c della stima del conte
Waldburg-Truchsess, ambasciatore di
Prussia, il quale più di una volta aveva dimostrato la sua calda fraternità
per la chiesa valdese, sia sul piano diplomatico che su quello dell’attività filantropica. All’inizio del 1835, ad esempio, l’a:nbasciatore prussiano era stato informato di una imminente misura contro il pastore Alessio Muston
(altra interessante figura del periodo),
colpevole di aver pubblicato l’anno
prima a Strasburgo una storia valdese
priva del visto della censura piemontese: avvertì immediatamente Amedeo
Bert, il quale senza por tempo in mezzo filò a Rodoretto dove esercitava il
ministerio il suo amico, mandando
contemporaneamente un messo a Bobbio, qualora egli fosse lì presso i genitori: infatti era così, ed il Muston riuscì a mettersi in salvo attraversando
nella notte tra il 9 e il 10 gennaio il
Colie della Croce, per stabilirsi poi in
seguito nella Drôme ed esercitarvi colà il ministerio pastorale.
Ma le relazioni del Bert con i diplomatici protestanti lo avevano messo al
tempo stesso in contatto con la classe
dirigente torinese: dotato d’altra parte
di solida cultura e di un notevole tatto, egli poté godere della stima di molti personaggi, e diventare così lo strumento prezioso di collegamento tra le
legittime aspirazioni dei Valdesi e gli
organismi legislativi ed esecutivi.
Spirava a Torino, come è noto, alla
vigilia del 1848, quella ventata di liberalismo che avrebbe provocato le sospirate riforme: e quando fu libera
anche la stampa, ecco che il nostro
Amedeo Bert, nella sua veste più o
rneno imparziale di cappellano, approfittò subito delle colonne dei giornali
per additare all’opinione pubblica l’infelice ed ingiusta condizione minoritaria dei Valdesi. Ma poiché la causa
valdese andava affidata a qualcuno che
valdese non fosse ed agisse in base a
principi ed ideali civici, l’uomo che se
ne fece portavoce fu l’autorevole marchese Roberto D’Azcglio, come tutti
sanno: e fu a lui che Amedeo Bert fornì gli elementi e le ispirazioni, che poi
il nobile piemontese generosamente
portò avanti, promuovendo quella petizione al Re che si iniziava con le firme di Cavour c di Balbo, e interpellando i vescovi piemontesi circa la
emancipazione dei Valdesi e degli
Israeliti.
Opera ardua e grave, perché Carlo
Alberto non era per nulla disposto a
complicare l’emanazione dello Statuto
con il riconoscimento legale delle minoranze religiose: e fu solo la forza
dell’opinione pubblica a strappargli
3
12 febbraio 1971 — N. 7
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
La vergogna deU'UlSter^ luterani indiani protestano eontro
^ ^ la violenza induista
Realfà e limiN delle responsabilifè proleslanfi
Dopo un periodo di apparente maggiore tranquillità neU'Irlanda del Nord, ma durante il quale
non si è fatto evidentemente che poco o nulla per
attaccare alle radici il conflitto, assistiamo a un rinnovato intensificarsi della tensione. Pare anzi che la
situazione tenda a radicalizzarsi, portando a diretto
confronto le forze armate britanniche e i rivoltosi
irlandesi (cattolici), e a un moltiplicarsi delle vittime. Si continua a parlare, non sempre in modo disinteressato, della componente religiosa di questo
conflitto nel quale i protestanti hanno la parte obbrobriosa degli oppressori. È chiaro quale giudizio
si debba dare — e diamo — della "copertura" religiosa (in questo caso davvero ideologica) che la
maggioranza al potere nell’Ulster dà alla propria
volontà di potere, fino all'oppressione e alla discriminazione economica e politica. Riportiamo quindi
volentieri, daU’ultimo fascicolo di « Christianisme
Social » (11-12/1970) testé pervenuto, il testo dell’intervento che, a guisa di testimonianza, il past.
Georges Casalis, professore alla Facoltà di teologia
protestante di Parigi, ha fatto nel corso di un incontro organizzato a Parigi dal « Soccorso rosso »
in solidarietà con il movimento irlandese per i diritti civili, guidato da Bernadette Devlin.
Qualunque sia il colore, l’etichetta
dell’oppressione, essa è odiosa è intollerabile; qualunque sia il volto degli
oppressi ■— si tratti ad esempio dei Baschi o degli Irlandesi, dei Palestinesi o
dei Vietnamiti — qualunque sia la loro
razza o la loro appartenenza ideologica,
siamo solidali con la loro lotta. Infatti
dovunque nel mondo un uomo, una
classe o un popolo si rivolta contro gli
abusi del potere, la discriminazione razziale, i privilegi economici o gl'intralci
alla libertà di pensiero, dovunque degli uomini rifiutano di piegarsi davanti
al terrore e preferiscono morire in piedi piuttosto che vivere umiliati, siamo
noi stessi in gioco. Dovunque la si combatta, la lotta per i diritti civili è una
lotta per la nostra libertà di uomini e
per la dignità comune. Non si è liberi,
quando si sa che altri sono incatenati;
non si è diventati veramente umani, se
si vive in un mondo nel quale la giustizia e il diritto sono rifiutati ad altri
uomini. La lotta dei cattolici dell’Irlanda del Nord è dunque la lotta di tutti
coloro che nel mondo vogliono la pace
e la fraternità.
Non esito ad affermarlo in quanto
membro di una chiesa protestante di
Francia, in quanto pastore e professore di teologia: in nome della mia fede,
e delle mie convinzioni socialiste, mi
schiero con i cattolici irlandesi... Mi si
intenda bene: non lo dico perché appartengo a una minoranza che, in questo paese, durante oltre due secoli è
stata trattata dalla maggioranza cattolica come i cattolici nord-irlandesi sono
che in Sudafrica danno l’appoggio più
attivo all’apartheid, indegni del nome
cristiano che portano. Che la famiglia
protestante possa generare figli simili,
è un fatto che mi riempie di vergogna
e ho tenuto a dirlo pubblicamente, stasera, non solo ai nostri compagni irlandesi ma a tutti coloro che, credenti o
no, partecipano a quest’incontro o ne
avranno l’eco.
Ma bisogna andare oltre: ciò che qui
dobbiamo denunciare, è ogni situazione
coloniale, ogni oppressione di classe,
dovunque si presenti; e, in modo molto
preciso, la perversione del messaggio
di Cristo in ideologia che consacra il
potere costituito e l’ordine nel quale i
poveri vengono sfruttati dai potenti;
in poche parole, l’incompatibilità fra
qualsiasi ordine clericale (qualunque
etichetta confessionale porti) e le esigenze della giustizia e della libertà, .Appartengo a una vasta corrente cristiana che oggi attraversa tutte le frontiere tradizionali esistenti fra le chiese,
corrente che, in nome di ciò che vi è
di più profondo nell’impegno cristiano,
ha dichiarato una guerra senza quartiere al clericalismo dovunque si manifesti e soprattutto all’interno della propria famiglia spirituale. Il fatto di essere stati perseguitati per dei secoli
non mette, oggi, al riparo dalle tentazioni della potenza o dalla vertigine
concordataria dichiarata o nascosta.
PAGINE DI
ST
ORIA VALDESE
Amedeo Bert (1809-1883)
quell’atto di emancipazione, nel quale
egli si premurava poi di precisare che
« nulla è innovato per quanto riguarda il loro culto ».
Fu quella una gran giornata per il
Bert, e fu lui ancora a inviare con
mezzi di fortuna alle Valli due messaggeri, la sera stessa della lieta novella, perché immediatamente i fratelli in fede la potessero ricevere: e tanto
grande era la notizia, che ì messaggeri non ebbero ritegno a svegliare alle
tre di notte il moderatore Bonjour, allora pastore a S. Giovanni.
L’INTERESSE SOCIALE
L’animo di Amedeo Bert fu sempre
aperto all'umanitarismo ed alla filantropia: in quasi tutte le sue lettere ricorre l’espressione « amore fraterno »,
guida costante della sua azione. Pertanto il suo ruolo di pastore-cappellano si accompagnò con iniziative importanti, la più significativa delle quali fu quella del « Refuge », vale a dire
l’Ospedale Valdese. Fu egli a lanciarne l’idea nel 1839, a procurarsi l’appoggio finanziario indispensabile attraverso amicizie straniere, e ad avviarne l’attività fin dal 1843 nella sua stessa casa (allora Corso del Re, oggi Corso Vittorio, angolo via Carlo Alberto,
la famosa casa Bellora, « ghetto dei
protestanti » come veniva chiamata).
Più tardi, è noto, l’Ospedale trovò la
sua sede propria e vi sviluppò la sua
attività.
Più o meno nella stessa data il Bert
dava inizio ad una scuola protestante
accolta sempre nell’alloggio pastorale,
e la provvedeva di una biblioteca popolare: l’istruzione era ancora considerata come un mezzo distintivo della
minoranza evangelica. Sorgevano anche le attività tradizionali di una parrocchia, anche se parrocchia Torino lo
divenne solo nel 1849: e cioè la diaconia, le società di cucito, le opere varie
di assistenza.
Dopo la sua emeritazione, la vita a
Torre Pellice fu ancora caratterizzata
per il Bert da impegni sociali caratteristici: fu a lungo presidente della Società Operaia, di cui curò in particolare la Biblioteca, diede corsi .serali di
cultura varia, fu consigliere comunaIc, ispettore o delegato scolastico e
giudice conciliatore. La sua sensibilità
sociale lo portava ad occuparsi in particolare degli operai, allora in gran
parte analfabeti e miserabili.
IL BERT PUBBLICISTA
Diverse sono le opere scritte da
Amedeo Bert; ricordiamo in partico
lare « Gite e ricordi di un bisnonno »
(aveva avuto cinque figli), pubblicato
postumo nel 1884, che costituiscono
tuttora una piacevole e curiosa lettura.
Ma la sua personalità si rivela soprattutto nella sua storia dei Valdesi,
che egli intitolò « I Valdesi, ossiano i
Cristiano-cattolici secondo la chiesa
primitiva, abitanti le così dette valli
del Piemonte », di circa 500 pagine. Il
titolo sottolinea da solo l’intento del
Bert e cioè quello di chiarire ad un
pubblico, il quale fino allora aveva
chiamato « eretico » il valdese, che la
fede di quella chiesa era cristiana, e
per di più ispirata al cristianesimo
primitivo: e concludeva in tal senso le
sue pagine, con l’augurio che « possa
un giorno Italia tutta farsi, non già
valdese o cattolico-romana, ma puramente cristiana ».
Lo spirito dominante nel libro è largamente liberale e tollerante, e caratterizzato da una nobile difesa della libertà religiosa: ed è abbastanza parco di espressioni elogiative o di servilismo nei riguardi di Carlo Alberto o
del Governo.
È anzi da notare a questo proposito,
come il Bert, all'indomani dell’emancipazione (il libro fu pubblicato nel
1849), sostenesse che essa era stata
« atto di grazia, ma pur anco atto di
assai tarda giustizia », e che non poteva essere completa se non si aggiungeva al riconoscimento dei diritti civili anche quelli della più completa libertà religiosa.
« Soggiace tuttora a servitù il loro
culto, poiché non è parificato in tutto
e per tutto al culto cattolico romano...; e non si potrà dire che siano veramente emancipati i Valdesi, poiché...
non si tratta già per loro solamente di
diritti civili e politici, riconosciuti a
tutta la nazione senza eccezioni..., bensì della emancipazione della loro religione ».
Parole coraggiose, e che a 120 anni
di distanza, non hanno ancora trovato
la sensibilità idonea di un governo italiano...
Né ci vogliamo illudere che saranno
gli attuali politici a cancellare i privilegi della Chiesa con l’abolizione del
Concordato c degli artt. 402-06 del Codice Civile, che riconoscono preminenza alla religione ulliciale: e perciò
valide ancora sono e saranno le parole di Amedeo Bert, illuso profeta di
un laicisrno di stato, che dai suoi tempi ad oggi ha trovato sempre meno difensori...
Augusto Armand-Hugon
Sappiamo bene, del resto, che abbiamo lo stesso nemico, qualunque sia la
trattati dai loro concittadini protestanti. E va da sé che considero gli estremisti del pastore Paisley, come quelli
nostra ideologia: il distruttore rovinoso della libertà, il potere dal volto disumano, il dogmatismo totalitario, il
clericalismo burocnoico o il burocratismo degli apparati che corrodono dall’interno i movimenti, le dottrine, le
convinzioni e le fedi più autentiche. Per
me protestante ciò che vediamo in Irlanda, per me sodaiista certi rigurgiti
di neostalinismo henno questo significato: nessuna fami ¡dia spirituale, nessuna corrente ideoiegica, nessun partito è al riparo dalle g ggiori deviazioni:
il perseguitato di i. ri può diventare il
persecutore di oggi o di domani; chi
qui è vittima può diventare là carnefice; appena vittorioso, il rivoluzionario
può presentarsi so.M l’uniforme spregevole del carnefice - del poliziotto politico.
La speranza e la otta rivoluzionaria
hanno come contri partita una vigilanza insonne e una >'nianente volontà
di rinnovamento, a' ciché siano costan
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¡aypur (epe!) - La Chiesa luterana di Jaypur ha interposto appello presso la Corte Suprema dellTndia, a difesa della scuola superiore che mantiene nel paese. L’appello è
stato determinato dai dissensi con un piccolo
gruppo di studenti induisti, i quali lo scorso
autunno tennero nella scuola una celebrazione culturale in onore di Dalesha, la <t divinità
della sapienza », in contrasto con la decisione
della direzione scolastica.
La Scuola superiore di Jaypur è stata fondata nel 1959 ed è sostenuta attualmente da
questa Chiesa minoritaria. Del collegio docente (15 membri) fanno parte anche due
hindi. Non tenendo conto della protesta della
direzione ecclesiastica, il 4 settembre 1970
un gruppo di studenti induisti radicali forzarono l’ingresso e celebrarono il culto con un
sacerdote induista alla presenza della jiolizia
locale.
Subito dopo tale celebrazione la Chiesa presentò protesta presso le autorità competenti,
facendo notare di non jjoter tollerare nei propri locali riunioni cultuali in contrasto con la
propria costituzione. Con l'appello ora presentalo presso la Corte Suprema la direzione ecclesiastica intende evitare il ripetersi di fatti
del genere.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiimiiiiiiiiiiiiiiii
Un giornale cattolico accusa
di fascismo il Ministero
degli Esteri Italiano
Ivrea (Relazioni Religiose) - Il settimanale
cattolico a II Risveglio », organo portavoce
della curia diocesana, ha pubblicato una violenta nota contro il Ministero degli esteri italiano per Fannuncio dato, secondo il quale
ritalia accoglierà soltanto i due italiani, dei
settanta prigionieri politici brasiliani che sono
stati liberati in cambio del diplomatico svizzero Bucher. Secondo il giornale cattolico, l’articolo 10 della Costituzione italiana dice che lo
straniero al quale sia impedito nel suo paese
Feffettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto
di asilo nel territorio della Repubblica; dunque <( qualcuno alla Farnesina si è arbitrariamente messo ad interpretare fascisticamenie la
Costituzione e a discriminare: gli esiliati brasiliani, perseguitati e torturati dai generalac
ci carioca’', non hanno diritto d'asilo qui da
noi; diritto d'asilo ha invece Costantino di
Grecia, anticipatore dei colonnelli nelVaffossare la libertà del popolo greco... ».
Illllllllilllllllllllllll
A SANTO DOMINGO
Cattedrale lussuo.sa
in una diocesi povera
Santo Domingo (adista) - Qualche giorno fa
il beniamino di Trujillo, Balaguer, attuale presidente di Santo Domingo e già intimo di
Trujillo, ha inaugurato la basilica di Nostra
Signora di Altagracia, dichiarandola monumento nazionale. Alla fastosa cerimonia, degna del tempio, che è costata 5 milioni di dollari (quattro miliardi di lire), sono intervenuti i gerarchi dei vari ordini, da quello politico
a quello ecclesiastico. Mancava un solo vescovo, vero “enfant terribile” della Chiesa dominicana : monsignor Antulio Parrilla Bonilla. In una lettera al vescovo nella cui diocesi sorge il santuario, mons. Parrilla Bonilla ha
rifiutato rinvilo di pre.senziare alla cerimonia dichiarando che la coslruzione del santuario è un’offesa ai poveri della regione ed c
contraria sìa allo spirito del Vangelo sia a
quello del Vaticano II. « Vi scrivo queste
cose — prosegue la lettera del presule al suo
confratello — perché vi rispetto e perché, le
vostre denunce contro Voppressione dei poveri nelle campagne mi hanno trovalo solidale.
Trovo perciò assai strano che voi abbiate ora
potuto accettare — da un regime che ha istituzionalizzato la violenza — una lussuosa cattedrale in una povera diocesi come la vostra,
un santuario monumentale in una nazione
nella quale soltanto il dieci per cento della
popolazione partecipa al benessere ». Il vescovo Bonilla Parrilla non è stato il solo a deplorare la costruzione del sontuoso santuario
in una regione estremamente povera. NelFoltobre scorso un gruppo di preti e di laici ha
inviato una lettera di protesta ad un periodico locale: si trattava allora di raccogliere gli
ultimi fondi per portare a termine l’arredo del
monumento; il gruppo chiedeva che le somme
raccolte fossero devolute ai contadini disoccupati della zona, interamente dominata da 15
famiglie di proprietari terrieri. Ultima nota dì
vergogna : il santuario in questione è stato
inizialo e voluto dal tiranno Rafael Trujillo.
tuale e le responsabilità che ne derivano per oggi e per domani non possono
in nessun modo fare di noi dei privilegiati, che hanno fin d ora dei posti e
delle prerogative da c i fendere; e che
non si serve davvero 1 umanità se non
si è totalmente disinte^'essati e non si
rinuncia quotidianame He a essere altro che un povero fra gli altri.
Ciò nella convinzione che, qualunque
sia lo stato della società, vi saranno
sempre uomini oppressi e, una volta
ancora, che dovunque e sempre il solo
uso legìttimo della libertà, la sola manifestazione legittima della dignità
umana è la lotta per la giustizia e per
la libertà degli altri.
Questa è, mi pare, la vera ragione
della mia presenza qui, stasera.
Georges Casalis
Quello che apprezziamo, in questa presa di
posizione, e soprattutto il chiaro e pubblico riconoscimento che « nessuna famiglia spirituale... è al sicuro dalle peggiori deviazioni »; per
un protestante non dovrebbero essere necessarie
le lezioni della storia, ma un tale riconoscimento è sempre degno di nota. Dobbiamo però sottolineare — ed è peccato che il Casalis
non rabbia fatto in quell’occasione — che il
Sinodo presbiteriano irlandese ha preso netta
posizione contro il Paisley e i suoi seguaci
(che costituiscono una chiesa settaria separata), pur giudicando la situazione in modo un
po' pili sfumalo, com’e proprio di chi vi è
dentro e non la giudica, dall esterno. red.
iiiiiiMiitiiiiuiuiiimiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiiiiiiiihKiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiimiiiiiitiiiiiiinniiii
Sud-Africa
Imprigionato on pastore anglicano
Johannesburg (bip) - Il pastore F.
Beytagh, docente anglicano di Johannesburg, è stato arrestato con l’imputazione di aver compiuto « atti di terrorismo ».
Il pastore Beytagh, che durante dieci
anni è stato docente a Salisbury in
Rhodesia, non risparmiava le sue critiche contro il governo sudafricano e la
politica dell’apartheid, e, di recente, a
proposito del rifiuto del governo di prorogare la validità dei passaporti e dei
visti di altri pastori, egli ha dichiarato:
« Queste sono le cose che possono succedere a tutti coloro che vivono in uno
Stato totalitario ».
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiKiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiiiiiiii
AD HAITI
L'Esercito della Salvezza
all'opera
Port-au-Prince (epd) - L’Esercito della
Salvezza è all'opera ad Haiti dal 1950.
Dopo un difficile inizio da pionieri, esso
iiiiiiiiniiiiliiiiiiiiii Illllllllilllllllllllllll iiiiiiMiiiiimiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiini
Sciopero della fame a Parigi
si vale oggi, a seconda dei mezzi a disposizione, di tutte le possibilità per
offrire un servizio alla popolazione dell’isola. Quotidianamente 600 bambini e
adulti ricevono un pasto gratis a Portau-Price; i ragazzi vengono ammessi
dando la precedenza ai più miseri;
spesso il pasto che consumano nel ristorante salutista è il solo pasto caldo
della loro giornata, e per quanto abbondante, non vi sono mai resti. Nei
laboratori per handicappati e per ciechi, a Port-au-Prince, numerose persone
vengono preparate a guadagnarsi la
vita con attività semplici, alla loro portata. Vi è poi un istituto, « Abendruh »
(Quiete serale), nel quale anziane donne sole e abbandonate possono trascorrere la sera della vita; e pare che vi
si trovino a casa non soltanto esse, ma
anche i loro nipoti e bisnipoti. La scuola domenicale salutista di Port-au-Prince viene frequentata in media da mille bambini. I salutisti svizzeri si sono
particolarmente impegnati, nel 1971, a
sostenere il lavoro in Haiti.
iiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiimm
NELLA GERMANIA ORIENTALE
Parigi (bip) - Uno sciopero della fame riunisce attualmente nella cappella della stazione Monlparnasse otto giovani fra i quali vi
sono numerosi protestanti, come Alain Bosc
ed il pastore Jean Bastide. Inoltre il testo che
riportiamo più oltre ha stabilito che un comitato di sostegno debba avere la sua sede nella
Facoltà di Teologia protestante di Parigi.
Questo, in compendio il testo del comunicato :
« Uno sciopero della fame ha luogo attualmente nelle nostre prigioni. Coloro i quali Io
stanno attuando sono dei militanti politici non
riconosciuti come tali — la Giustizia non vuole accordare loro raltributo di « politici ».
Essa impone loro il regime dei « diritti comuni ». È per ottenere lo « statuto speciale » che
es.si hanno intrapreso uno scio])ero della fame
illimitato, sostenuto aU’eslerno da un altro
.sciopero della fame attuato nella cappella della stazione Monlparnasse.
Il Questo movimento tiene ugualmente a
deniinciare il regime carcerario nel suo insieme che. per la totalità dei prigionieri, c
inumano.
« Esso si leva contro le ignobili sperequazioni fondale sul danaro: per vivere decentemente in prigione è indispensabile comperarsi quasi tutto il necessario (bevande, zucchero. sale, spazzolino da denti...). Solamente
coloro che ricevono danaro dall’esterno possono cavarsela e tirare avanti alla meglio.
« Coloro i quali non ricevono nulla sono
obbligati a lavorare con un salario dai 2,50 ai
3,50 Franchi al giorno, dei quali Tamminislrazione trattiene i 3/10 agli indiziali, 5/10
ai condannati. Da questo salario di mi.seria
viene trattenuta ancora una percentuale importante per le spese di Giustizia e per quella
somma che viene consegnata all'uscita di prigione, cosicché non restano al condannato che
80 centesimi od 1,10 franchi per "gozzovigliare”. Numerosi .sono i prigionieri che si ritrovano fuori .senza un soldo.
« Noi non possiamo starcene indelinitamcnte inerti e muti su ciò che accade dietro i
muri delle nostre prigioni. La società che li
punisce non è forse responsabile degli stessi
alti che hanno motivalo queste carcerazioni?
maggior ragione siamo forse noi responsabili delle condizioni di detenzione riservate
ai prigionieri?
« Senza condividere tutte le opzioni politiche degli .scioperanti affermiamo la nostra solidarietà alla loro lotta per una società più
giusta, chiediamo che venga loro ricono.sciulo
di es.sere detenuti politici e denunciamo con
essi le condizioni di detenzione che ahhruti.scono, avviliscono ed isolano.
« Noi chiediamo che le autorità politiche e
religiose intervengano presso il giiarda-sigilli
perché un'immediata risposta venga data a
queste legittime domande, ad iin tempo politiche cd umane ».
150 chiese devono essere
abbattute o vendute
Berlino (bip) - 3845 berlinesi delFovesl
hanno aiTennato, nel 1970, di voler lasciare
la Chiesa cattolica. Questo è quanto ha dichiarato la stampa di Berlino. Nel 1969 si erano
rilevati 2285 abbandoni.
A seguito delle più recenti statistiche il numero dei berlinesi occidentali cattolici è di
256.972, di modo che gli abbandoni annunciati rappresentano FI.50% dei cattolici.
Quanto alle cifre di coloro che hanno lasciato le Chiese evangeliche, esse rivelano un
aumento del 100 por cento. Infatti 16.000
l)crlinesi nel 1969 hanno lasciato questa Chiesa. mentre nel 1970 il loro numero ha raggiunto ì 32.061.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiniiiimiiiiiiiiiiiitiiiiiii)
Barcellona (adista) • Continuano ì giri di
torchio contro le forze democratiche spagnole,
l.a Catalogna è tra le zone più colpite dalla
repressione franchista. L'ultimo numero della
rivista « Cuaderns de pastoral », pubblicazione cattolica edita in lingua catalana, e stalo sequestralo dalla polizia. 11 sequestro è stalo
motivato da un artìcolo sul pensiero religioso
di François Mauriac. Il direttore della rivista.
José Junyet. e due collahoralori sono stati interrogali dal giudice.
Alla redazione di questa pagina ha
collaborato Claudia Peyroì.
4
pag. 4
N. 7 — 12 febbraio 1971
Cronaca delle Valli
SCUOLA MEDIA DEL COLLEGIO VALDESE
Problenii del nostro tempo e vita scelasdea
Educazione sessuale
Sono ormai passati cinque mesi dall'inizio dell’anno scolastico e possiamo
guardare un momento indietro al lavoro svolto.
Quest’anno la Scuola Media del Collegio ha quattro classi: due prime, una
seconda e una terza, in tutto 115 allievi.
Dato il gran numero degli iscritti, si è
infatti reso necessario lo sdoppiamento della priina classe. In questa nuova
sezione si è istituito l’insegnamento
della lingua inglese; è la prima volta
che questa lingua viene insegnata in
una scuola delle Valli Valdesi.
Ogni classe ha la propria insegnante
di Lettere che, salvo imprevisti, accompagnerà gli allievi nello studio di tutte
le materie letterarie fino alla Licenza
Media. Questo è un grande vantaggio
per gh studenti.
Nel pomeriggio, oltre ad alcune lezioni regolari, tra cui anche quelle di
nuoto, si svolgono lezioni facoltative di
ricupero di italiano, francese, matematica ed educazione artistica (queste ultime sono riservate agli studenti di terza Media). Nel pomeriggio c’è anche la
sorveglianza degli allievi da parte dei
professori stessi durante ^esecuzione
dei compiti e lo studio delle lezioni.
Questo è utile agli insegnanti perché si
rendono conto di come lavorano i ragazzi o meglio di come non sanno lavorare.
Per gli studenti che abitano lontano
funziona un servizio di mensa a « Villa
Olanda », frequentato da una trentina
di ragazzi, che usufruiscono con gioia
del grande parco della Villa per giocare prima dell’inizio delle lezioni pomeridiane.
Un pullman organizzato dal Comitato del Collegio provvede al trasporto
degli allievi provenienti da Prarostino,
da San Secondo e dal fondo valle, mentre lo scuola-bus provvede a quello
degli alunni dell’alta Val Pellice.
In questi cinque mesi di scuola le lezioni si sono svolte regolarmente.
Abbiamo avuto il piacere di ricevere
alcune visite. La signorina missionaria
Laura Nisbet è venuta al Collegio per
parlare ai ragazzi della Media delle sue
esperienze di lavoro nel Gabon, illustrandole con belle diapositive. Inoltre
i Professori Sosain e Corsani della Facoltà di teologia di Roma hanno avuto
delle conversazioni con gli alunni delle
varie classi. Durante questi incontri,
sempre di grande interesse, gli allievi
di III Media si sono rivelati particolarmente maturi. Questa è una iniziativa
che non bisogna lasciare cadere nei
prossimi anni, perché i preadolescenti,
turbati da tanti problemi, sentono un
grande bisogno di discutere: fare domande, ricevere risposte e obiettare
secondo le loro proprie personali convinzioni.
Dai problemi teologici ai problemi
sociali: nel mese di dicembre si è proposto all’attenzione degli allievi delle
quattro classi il grave problema, nel nostro paese, delle persone anziane. Naturalmente il problema non è stato presentato in modo astratto, specialmente
nelle classi dei più piccoli. Tuttavia anche questi hanno dimostrato molta
sensibilità: in un tema in classe sull’argomento hanno fatto osservazioni
acute, proposte assennate e soprattutto gravi denunzie di situazioni diffìcili
vissute personalmente in famiglia o da
conoscenti, a causa specialmente delle
pensioni sociali bassissime. Una lettera
di protesta è stata scritta dalla I B (come lavoro di gruppo) allo « Specchio
dei tempi » de « La Stampa » ma non
pubblicata. Presenterò in un altro arti
colo questi temi così interessanti svolti in tutte e quattro le classi.
Mentre durante le lezioni di italiano
si discuteva e si scriveva sull’argomento, durante le lezioni di Applicazioni
tecniche si preparavano graziosi doni e
durante quelle di Educazione musicale
si preparavano melodie natalizie in vista di una iniziativa approvata dai Consigli di classe: prima di Natale i ragazzi a gruppi di quattro, accompagnati
dai loro insegnanti, in macchina o a
piedi, sarebbero andati a far visita ad
alcune persone anziane di Torre Pellice
per portare un piccolo regalo e fare gli
auguri. Inoltre avrebbero festeggiato
gli anziani ospiti russi di «Villa Qlanda » cantando ed offrendo loro dei doni.
Questa iniziativa è stata realizzata
con soddisfazione di tutti.
La tradizionale festa di Natale della
scuola è stata molto bene organizzata
dagli studenti di III Media per redifìcazione e il divertimento dei loro compagni e dei loro insegnanti.
Tutto quello che ho detto finora contribuisce a sviluppare in modo armonico la personalità dell’allievo sotto vari aspetti: spirituale, morale, intellettuale e fisico. Perciò nella seconda parte dell’anno scolastico avremo altre visite di pastori e professori di teologia
studieremo altri problemi di carattere
sociale, avremo dibattiti, lavori di gruppo e gare. Cercheremo di affiatare maggiormente gli allievi delle varie classi
fra di loro, oltre che nello svago (come
avviene ora nel gioco durante l’intervallo delle lezioni) anche nello studio, cosa
che finora non si è fatto per difficoltà
di vario genere, ma soprattutto per
ragioni di orario. Malgrado le sei ore
di lezioni al giorno non riusciamo a
dare l’impostazione che vorremmo al
nostro insegnamento. Troppo pesanti
sono i programmi da svolgere, troppo
assurda la consuetudine di rendere continuamente conto con i voti dei progressi o regressi fatti nel profitto e nella condotta dagli studenti. Succede così che la scuola diventa un tribunale e
gli insegnanti dei giudici. Si fanno delle interrogazioni e dei compiti in classe
non perché i ragazzi imparino, ma perché si possano dare dei voti in vista
della pagella.
L’anno scolastico ora è diviso in quadrimestri. Questo ci ha indotto a comunicare, dopo le vacanze natalizie, ai genitori le nostre impressioni sui loro figliuoli. I professori delle singole materie hanno scritto queste loro impressioni su un foglio protocollo (uno per
ogni allievo) ed alcuni di loro hanno
voluto aggiungere anche dei voti per
essere più espliciti. Tuttavia nella I A e
nella I B solo due insegnanti su sette
li hanno aggiunti. Questo è significativo: si cammina veramente verso l’abolizione del voto. Sullo stesso foglio protocollo c’era lo spazio per le firme e le
osservazioni dei genitori (tutti e due).
La nostra iniziativa ha riscosso l’approvazione di gran parte dei genitori, i
quali hanno risposto ringraziando e
commentando le nostre impressioni.
Si è così iniziato un genere nuovo di
colloquio scuola-famiglia.
Non sono stati tuttavia trascurati i
normali contatti con i genitori, anzi
posso dire che sono stati molto frequenti. Si sono seguiti gli allievi uno
per uno nelle loro difficoltà, si sono cercate le cause di queste, in un continuo
scambio di vedute con la famiglia.
Anna .Marullo
iiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
VAL PELLICE
Un
democristiano nuovo Presidente
del Consiglio di Valle
Giovedì 4 febbraio si sono tenute le
elezioni per il rinnovo delle cariche in
seno al Consiglio di Valle.
La prima votazione, per l’elezione
del presidente, ha dato il seguente risultato: 22 voti a favore del democristiano Celeste Martina, assessore al
Bilancio nella Giunta Provinciale e 14
all’avv. Ettore Bcrt che era stato il
presidente del Consiglio di Valle fin
dalla sua fondazione e che ha dato vita in esso al Servizio di Assistenza Sociale che si è rivelato preziosissimo
strumento a favore della popolazione.
Come vice-presidenti sono stati eletti i sindaci Stefanetto (Torre Pellice)
e Baridon (Bobbio Pellice); la giunta
è formata d’ufficio dai sindaci della
valle.
A votazioni avvenute, il neo-eletto ha
fatto un breve discorso programmatico improntato ad una visione di superamento dei campanilismi e di potenziamento delle infrastrutture necessarie per ovviare al carattere di sottosviluppo economico che la zona presenta. Sono seguiti alcuni interventi,
fra cui quello dell’avv. Cotta, di ringraziamento al presidente uscente per
la preziosa opera da lui svolta; del
maestro Agli che ha rilevato come
debba essere l’assemblea in seguito e
non il presidente a priori a proporre
soluzioni e programmi, osservando come nel discorso del presidente non
fosse risultata alcuna considerazione
per le categorie abitualmente neglette
quali gli anziani e i subnormali.
L’avv. Marco Gay ha affermato che
l’elezione è avvenuta grazie a metodi
« clientelali » e a pressioni personali,
e ha espresso il dubbio che un’assemblea la cui maggioranza si è formata
in seguito a manovre di questo tipo
dia la possibilità di portare avanti un
programma come quello enunciato.
Il presidente Ma lina non ha contestato te affermazic i delTavv. Gay se
non a titolo persor de.
In gennaio si è tenuta a Torre Pellice, nella sede del Consiglio di Valle,
una riunione con larga partecipazione
di genitori, educatori, parroci e pastori, per discutere l’opportunità di organizzare in Val Pellice un corso di educazione sessuale per genitori.
L’iniziativa della riunione era stata
presa dal Consiglio di Valle e dal Circolo dei Genitori della Scuola Media
di Torre Pellice, in seguito ai risultati
di un’inchiesta fra i genitori della
stessa scuola, da cui risultava che in
maggioranza essi erano favorevoli a
un corso di educazione sessuale.
Sull opportunità del corso i presenti
alla riunione, che erano circa un centinaio, hanno espresso un parere favorevole. Si è discusso sul contenuto e
sugli scopi delle lezioni, e si è riconosciuto che esse non avrebbero dovuto
limitarsi a fornire informazioni scientifiche, ma avrebbero dovuto avere anche un chiaro orientamento morale.
Infatti è importante conoscere le forze che stanno all’origine del nostro
comportamento sessuale, ma è anche
importante sapere se dobbiamo lasciarci dominare da queste forze oppure se possiamo usarle in una condotta responsabile.
Penso che preoccupazioni di altro
genere siano state alla base della dichiarazione di un Consigliere, udita e
approvata a maggioranza dal Consiglio
Comunale di Luserna San Giovanni,
nella sua seduta pubblica del 18 gennaio 1971. In questa dichiarazione, pubblicata all Albo Pretorio del Comune
di Luserna San Giovanni, non si fa
cenno della riunione di Torre Pellice,
avvenuta il 12 gennaio; viene soltanto
presa in considerazione la circolare
d’invito a tale riunione, che è fatta
oggetto di una dura critica per quanto riguarda la forma, e di profonde riserve per quanto riguarda il merito
dell’iniziativa.
Il testo della dichiarazione tocca
una questione di fondo, che mi sembra vada discussa. Nella seconda parte, esso dice:
« Poiché massimamente pericoloso è
poi quel naturalismo che, ai nostri
tempi, invade il campo dell'educazione
in argomento delicatissimo, qual’è
quello dell'onestà dei costumi, l'Assessore auspica che il corso si uniformi
alle convinzioni evangeliche delle famiglie, sia di credo Valdese che Cattolico,
affinché non venga diffuso l’errore di
coloro che, con pericolosa pretensione
e con brutta parola, promuovono una
cosiddetta educazione sessuale, falsamente stimando di poter premunire i
giovani contro i pericoli del senso, con
mezzi puramente naturali, quali una
temeraria iniziazione ed istruzione
preventiva per tutti indistintamente, e
anche pubblicamente ».
Il testo si richiama alle « convinzioni evangeliche delle famiglie », ma e
redatto con un tono moralistico da cui
appare totalmente assente la forza liberatrice dell’evangelo. Esso è debole,
perché è ispirato da quella morale repressiva, che si è dimostrata del tutto
incapace di fronteggiare l’erotismo dominante in tutte le manifestazioni del
iiiiiiiiiiiniiiiniiiiiiiniiiiiii::iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, imiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Come sera celebrato il 17 Febbraio
La segueìUe inchiesta non vuole riaprire una polemica,
ma semplicemente documentare quali siano i significati
ancora presenti oggi nella celebrazione del 17 febbraio come è sentila dai membri di Chiesa. L'inchiesta è stata svolta da un gruppo di giovani in una comunità delle valli.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiimiiiimiiiniiiiinimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiimimiiiiimii
A che serve la scuola?
Su questo argomento si è svolto venerdì 5 febbraio nella Sala Qperaia di
Torre Pellice un dibattito organizzato
dal Centro Culturale « Sergio Toja ».
Vi hanno preso parte, in ordine di intervento, il Prof. Lingua, Preside dell’Istituto Magistrale di Torino, il Prof.
R. Eynard, Direttore didattico, il Prof.
A. Armand-Hugon, Preside del LiceoGinnasio Valdese, la Prof. M. Bein, Preside della Scuola Media Statale di Torre Pellice.
Il dibattito è stato seguito da un pubblico molto numeroso, perché i problemi della scuola sono tra i più gravi e i
più sentiti della nostra società. I difetti della scuola tradizionale sono ormai
riconosciuti da tutti. Più diffìcile è stabilire su che strada ci si debba mettere. II Prof. Lingua ha accennato alle
difficoltà e agli oneri finanziari comportati dalla riforma; egli prevede dei tempi abbastanza lunghi per la sua attuazione. Una riforma non si improvvisa,
c non è possibile cambiare immediatamente tutto. Per il Prof. Armand-Hugon
la scuola deve mirare alla formazione
della personalità; una scuola « facile »
non renderà mai un buon servizio agli
studenti e non si può eliminare del
tutto il nozionismo, col miraggio di
rendere la scuola più interessante, perché la cultura non è possibile senza le
cognizioni basilari di ogni materia. Così pure non è possibile un lavoro senza
l’autorità dei professori (da non confondersi con l’autoritarismo), i quali
però non dovranno mai perdere di vista il bene degli studenti.
Il Prof. Eynard ha tracciato un quadro delle deficienze della scuola attuale, che non è in grado di rendere un
effettivo servizio ai meno fortunati. Anche dopo la riforma della Scuola .Media, i bocciati continuano a essere i
figli delle famiglie meno agiate. La
scuola continua a essere separata dalla
vita; il suo linguaggio è artificiale: non
si deve dire « mio padre va a Torino »,
ma « si reca a Torino »; guai a chi scrive « ho fatto colazione »; bisogna scrivere « ho consumato la colazione ».
Il problema non è di rendere la scuola facile, ma di saper sviluppare tutti i
tipi di attitudine, in modo che ogni ragazzo trovi la possibilità di esprimere
il proprio valore.
Infatti, come ha sostenuto la Prof.,
Bein, il centro della scuola non è il professore, ma l’alunno: la scuola non serve per mettergli in testa delle cose che
gli sono estranee, ma perché egli scopra la propria vita, il proprio ambiente,
la propria società. Se la scuola funziona, è l’alunno che deve fare domande,
non il professore.
Questo comporta un cambiamento
radicale dei metodi e dei contenuti della scuola. Non vi dovrà più essere un
lavoro individuale (stimolato dal voto),
ma un lavoro di gruppo. La ricerca deve far capire le ingiustizie della società
e che cosa si deve fare per eliminarle.
Deve dare all’alunno o allo studente gli
strumenti critici per valutare il tipo di
società in cui vive e il ruolo che questa
società vuole fargli assumere.
Cominciamo dai più anziani:
« E una bella festa per noi Valdesi,
c’è stata la liberazione e per questo
deve essere fatta ogni anno meglio e
Dio deve mantenere la libertà ».
« È la festa più bella perché c’è stata la libertà ».
« Dobbiamo rivolgere un ringraziamento a Dio per la libertà che ci ha
data ».
Quasi tutti ricordano la festa del 17
febbraio come una festa di libertà, anche se c’è anche chi è più drastico c
dice: « Il 17 febbraio è una tradizione
e come tale va ricordata e rispettata,
senza cambiare niente ».
La generazione di mezzo ha invece
intavolato una discussione da cui sono
emerse queste risposte:
n febbraio come festa civile...
« 11 17 febbraio è una festa civile, di
religioso non c’è niente ».
« Il governo dovrebbe fare una festa
nazionale » oppure « Bisogna ammetterla come festa storica ».
« Il modo più degno di festeggiare
questa festa civile è quello di riscoprile il significato della libertà ai giorni
nostri/e di lottare perché tutti quanti
possano godere di questo diritto ».
E come festa più religiosa.
« Il 17 febbraio si festeggia con gli
altri in agape ».
« Può essere un’occasione per parlare agli altri di Dio ».
« E bello ricordare con semplicità la
festa, non come abitudine, ma con una
gioia continua. Il pranzo può essere
un’occasione per stare insieme e i falò
si possono fare, semplicemente, senza
fare chiasso ».
E infine, ecco il parere dei giovani:
« Il pranzo, il falò, il culto, possono
essere modi di ringraziare Dio per questo giorno di libertà ».
« L’agape non ha senso in tanta ipocrisia, sarebbe meglio mangiare un panino solo, ma essere nella comunione
del Signore ».
« Il pranzo è un modo poco convincente di ringraziare il Signore. Forse
Egli apprezzerebbe di più che aiutassimo chi muore di fame piuttosto che
mangiare noi nel nome suo ».
« Il 17 febbraio andrebbe festeggiato in modo un po’ meno caotico (con
bandiere, sfilate ecc.), ma più semplicemente. 1 Valdesi sono gente semplice perché complicare le cose? »
« Sarebbe necessario un culto al falò
comunitario per parlare con i nostri
fratelli che si vedono poco in chiesa».
...l falò, forse l’unico punto sul quale quasi tutti sono concordi.
I più anziani: «Ci ricorda meglio la
festa ».
La generazione di mezzo: « 1 falò,
senza mortaretti c scoppi vari, ricordano la nostra festa ».
E i giovani: « Perché si fanno però
al 16 sera e non al 17 sera, vero giorno di libertà?... forse per dormire di
più il giorno dopo».
« 1 falò sono belli. Io li preparo sempre ».
E infine concludiamo con una risposta umoristica, anche se... forse un po’
tragica:
« C’è il giorno del papà, della mamma, voluto da chissà chi, ebbene ci sia
un giorno per la libertà c questo sia il
17 febbraio».
Direttore responsabile: Gino Conte
la società dei consumi. Non l’educazione sessuale, ma questa morale è veramente pericolosa, perché sviluppa la
paura del sesso (il sesso è «brutto»,
l’educazione sessuale è una « brutta
parola»!), lo circonda di silenzio e fa
sorgere quindi quella curiosità morbosa da cui l’industria della pornografia
trae i suoi lauti profitti.
L’evangelo non ci insegna ad avere
paura del peccato, ma ci annuncia l’agape di Dio, che « caccia via la paura ». Non ci insegna a « sfuggire le occasioni », ma ci libera interiormente
in modo che possiamo affrontare il
male senza lasciarcene dominare.
L’evangelo non combatte la sessualità come tale, ma la divinizzazione
della sessualità. Qggi si sta diffondendo un vero e proprio culto del sesso;
contrq questo culto dobbiamo affermare che il sesso è un aspetto della nostra vita, ma non può assumere un valore autonomo.
Ma per giungere a un comportamento responsabile, occorre che ognuno di
noi abbia una conoscenza chiara, esente da imbarazzi e da falsi pudori, di
questo aspetto della nostra personalità. I sospetti e le diffidenze che si sono manifestati a proposito di un corso
di educazione sessuale sono la prova
che questa educazione è più che mai
necessaria.
Bruno Rostagno
iiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii;iiiiiiMiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiii
Doni Eco-Luce
Da Prall : Alessio Genre 500: Aldo Uichard
500; Francesco Peyrot 1.000; Elena Grill 250:
Oreste Pascal 500; Alda Grill 500.
Da Rìclaretto: Alberto CloV 500; Adolfo Barus 500; Enrico Peyronel 1.000; Irma Griglio
Clot 500; Francesco Massel 500; Ettore Ma.«sel 200.
A. Moncada. Canada 2.010; Fulvio Resburgo, Aosta 1.000; Rosina Morandi, Cambiasea
100; sorelle Lena, La Maddalena 1.000; N.N..
S. Secondo 1.000; Domenico Romeo, Reggio
Cai. 2.000; Laura MicoL Perosa 500: Giulio
Griglio, S. Secondo 5.000: Bianca Fonio. Cannerò 2.000; Tina Boiocchi Barella, S. Fedele
500: Alessandro Forneron, Villar Perosa 500:
Nicola Spremolla, Lido di Camaiore 2.000:
Alberta Ebert Gönnet, Germania 500; Ernesto Giaiero. Perosa 500; Antonietta Calamita.
Catania 500; Silvio Pons, Firenze 300.
Da Torino: Paola Citernesi 500; Arturo
Coucourde, 1.500; Elsa Ricca 500; Alfredo
Camera 1.000; Ada Pecoraro 3.000; làneito
Monastier 1.000; Elena Pascal 500; L. C.
2,000; Riccardo Ricca 1.000; Federico Pagliani 500; Roberto Peyrot 2.000; Carlo Anino 15.000.
Da Pomaretto: Ernesto Jabier 500; Alberto
Pons 100: Emilia Lanlaret 200: G. Pietro
Peyrot 500; Giovanni Laetsch 500: Enrico
Artero 500.
Bartolomeo Volai, Pero.sa Argentina 200;
Ferdinando Marangoni. Ivrea 2.000; M. T.
Fiorio, Napoli 1.000; Angela Dreher, Cortina
d'Ampezzo 500; Pier Valdo Durand. Milano
500: Lidia lardella, Leumann 300; .sorelle
PuergeiL Piombino 500; Perside Rosina, Biella 500.
Grazie! {continua)
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Susanna Avondetto
ved. Paschetto
ringrazia il Dott. Raul Kos e il pastore Marco Ayassot e tutti coloro che
con scritti, fiori e presenza hanno partecipato al suo dolore per la dipartenza della cara mamma.
Prarostino, 3 febbraio 1971.
I familiari della cara
Amalia Cardon
ved. Gardiol
profondamente, commossi per le dimostrazioni di affettuosa simpatia,
ringraziano tutti coloro che con fiori,
scritti e di presenza hanno preso parte al loro dolore.
Prarostino, 24 gennaio 1971.
« Io mi coricherò in pace e in pace ancora dormirò, perciocché tu
solo. Signore, mi fai abitare sicuramente » (Salmo 4: 9).
Il 22 gennaio
mato a Sé
il Signore ha richia
Rcg. al Tribunale di Pincrolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.n. - Torre Pellice (Torino)
Alfredo Soulier
di anni 80
I familiari, neU’impossibilità di farlo .singolarmente, esprimono la più
profonda riconoscenza a tutti coloro
che sono stati vicini nella dura prova.
Un ringraziamento particolare al
Doti. Bertolino, al Pastore Bertinat e
ai vicini di casa.
S. Germano Chisone, 30 gennaio 1971.
« L’Eterno è il mio Pastore,
nulla mi mancherà».
(Salmo 23: 1)
5
12 lebbraio 1971 — N. 7
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Come preparare un Sinodo
A TRIESTE
Il Sinodo deve dunque essere composto dai deputati delle Chiese,, che
« in ogni caso » non possono essere pastori e assimilati, e da un non definito
numero dei predetti pastori.
E allora quanti rappresentanti di
Chiese locali? Come eletti? Di conseguenza, quanti pastori? Come nominati?
Abbiamo visto nell'articolo scorso i
vantaggi e gli svantaggi di una larga
e libera rappresentanza della base e
quelli di una rappresentanza selezionata. E abbiamo visto anche che una
rappresentanza di Chiese non può essere dei tutto libera, ma deve esprimere il fatto stesso di essere Chiesa,
di essere orientata dal e verso l’annuncio del suo Signore.
Ma, sul piano concreto, iK problema
posto in questi termini è pressocché
insolubile, in quanto una folla di elementi estranei all’annuncio del Signore potrebbero pretendere di orientare
la scelta dei rappresentanti; e allora
si dovrebbe considerare la assoluta libertà, ammesso che esista, come un
male minore.
Scnonché il problema può essere,
non risolto, ma più facilmente avviato
a soluzione, se si considera non tanto
il numero dei membri del Sinodo e il
modo nel quale vengono eletti, quanto la loro preparazione. Con il sistema
attualmente vigente, la Tavola chiude
i suoi conti e prepara in gran fretta
il suo rapporto in giugno-luglio; detto
rapporto che, normativamente, deve
formare la base delle discussioni sinodali, raggiunge i deputati, nel frattempo eletti alla cieca, in agosto. Cioè nel
periodo in cui tutte le attività ecclesiatiche sono in letargo e nel quale i
predetti deputati sono, in buona parte, in ferie. Ammesso che leggano il
\'oluminoso incartamento prima del
Sinodo, ammesso che siano, o vengano messi, al corrente delle motivazioni di alcune decisioni in esso contenute, resta il fatto che non andranno
alTatto al Sinodo a rappresentare, se
non per rara intuizione, l’opinione e
la volontà delle loro Comunità, come
pretende l’ingenuo legislatore. E ciò
per il fatto che le comunità non hanno avuto modo di esprimere una qualunque volontà e tanto meno una volontà meditata; per cui, molto giustamente, si disinteressano del Sinodo e
lo considerano una perdita di tempo
e di soldi.
Inolti'e questi delegati, pastori e laici, non hanno né il tempo né il modo
di meditare seriamente i problemi che
sono loro sottoposti, ad eccezione di
qualche questione già sollevata in precedenza; oltre e più che non poter
ascoltare il parere delle comunità, non
possono ascoltare l’insegnamento del
Signore. Sono liberi, ma impreparati.
E questo è, a mio avviso, il vero difetto del sistema attuale. E, tuttavia,
penso che si possa cercare almeno un
miglioramento del sistema cambiando
il modo di agire della amministrazione. Se, per esempio, la Tavola chiudesse i suoi conti alla fine dell’anno
solare, come fanno altre Chiese senza
danni rilevanti, se la Tavola preparasse con calma in gennaio il suo rapporto, tale rapporto potrebbe essere inviato alle comunità in febbraio, eventualmente accompagnato dalla indicazione degli argomenti di interesse generale da venir discussi in Sinodo e
di quelli di interesse locale da venir
riservati alle Conferenze Distrettuali.
Le Comunità potrebbero allora discutere e meditare seriamente tali argomenti ed eleggere i loro deputati al
Sinodo o alle Conferenze non già, come avviene ora, alla cieca, ma sulla
base di tale meditata discussione. E si
potrebbe giustificare una maggiore
rappresentanza per le comunità più
numerose, una rappresentanza cioè
delle possibili idee di maggioranza e
di minoranza. Si potrebbe allora ipotizzare, come chiede il I Distretto, un
delegato al Sinodo per 200-300 membri
di Chiesa (siano essi in un'unica comunità o in comunità viciniori, che si
associerebbero per la discussione), due
fino a 1000 membri e tre oltre i 1000
(per le rare comunità che superano i
1000 membri e che in realtà sono un
insieme di comunità). E le Conferenze
Distrettuali non avrebbero più bisogno di eleggere dei propri rappresentanti al Sinodo in quanto gli argomenti da loro trattati sarebbero diversi da
quelli sinodali e sarebbe sufficiente
che il Sinodo ne fosse informato attraverso i verbali. Né sarebbe necessario
effettuare macchinose e pericolose
scelte di pastori: stabilito il numero
dei deputati laici (70-80), sarebbe sufficiente richiedere, poniamo in maggio, ai pastori e assimilati se intendono e se possono impegnarsi a partecipare a tutti i lavori sinodali. Si avrebbe così una selezione volontaria e naturale e anche i pastori potrebbero
prepararsi seriamente al loro impegno
sinodale. Ovviamente vi sarebbe un
periodo intermedio tra l’attuale e il
nuovo sistema, praticamente *un rapporto della Tavola che coprirebbe mezzo anno, anziché un anno intero, ma
ciò non sarebbe grave. Né sarebbe affatto grave che il rapporto della Tavola coprisse un periodo prima delle ferie e uno dopo; ammesso che le ferie
siano un dato teologico e permanente,
nell’ambito dell’anno solare si coprirebbe comunque tutta la vita della
Chiesa ed eventuali questioni urgenti
potrebbero egualmente venir portate
al Sinodo.
Che tale sistema permetta di ovviare agli inconvenienti citati non è certo; ma in ogni caso, se difetti di preparazione e di libertà ancora sussistessero, essi non sarebbero più da
/ lettori ci scrivono
Figli e figliastri
Un lettore, da Frauenjeld:
Signor direttore,
molto si parla di « emigrazione e se
ben ricordo le si è anche dedicata una domenica. Mi è stato detto anche die in certe zone del sud hanno istituito (chi sa per
quali fini) « La madonna dell'emigrante ».
Ma io ( 15 anni di emigrazione circa, dopo
i di militare e prigionia) mi domando:
Perché tutto questo interessamento a prò
deiremigrazione e che bene ne deriva a
questa categoria di sventurati, se non delusioni e amarezze?
Vero è che vi sono emigranti turisti che
per ingordigia di denaro hanno voluto
mungere a due mammelle e sono stati delusi, ma la maggior parte ha dovuto farlo
]>er necessità La terra natale è stata per
essi solo una matrigna: queirottima matrigna che manda la figliastra a lavorare
nel fiume e nel bosco a raccogliere legna
con un pezzo di pane ammuffito, mentre la
figliuola con vesti sontuose e buoni cibi gode il fresco d’estate e il focolaio d’inverno.
Si sente anche dire: «Dovreste essere
riconoscenti, perché vi abbiamo dato il
permesso di espatriare e guadagnare bene ». Questo tono paternalistico risuona
non tanto bene alle orecchie: come diceva
p. Mariano alla TV. martedì 29 dicembre
11. s., « La beneficenza e la riconoscenza
sono due virtù che non vanno d’accordo »;
anzi io dico, con questo tono paternalistico
queste due virtù si cozzano fino aH'estremo perché orgogliosa, superba e umiliante
è la prima, reazionaria è la seconda.
Molli dicono anche: in Italia siamo molti e non c’è posto per tutti! Già. non c’è
posto per tutti! Non c’era posto neanche
negli anni 30 quando la nostra Italia oltrepassava i 40.000.000 di abitanti (con 8
di baionette). Bisognava cercare un posto
al sole allungando lo stivale fino aU'Africa
Orientale. Adesso che se ne .sono aggiunti più di 10 ancora, si vive meglio di allora e sono persua.'^o che se negli uomini
di governo come in quelli di chiesa esistesse una vera coscienza cristiana, se invece di dire: «Signore. Signore», operassero nel nome del Signore, la nostra Patria potrebbe ancora contenerne 20 milioni in più di quelli atluaìi. qualora le no
stre aree depresse fossero trasformate in
tanti giardini produttivi circondati da industrie: le braccia attuali non sarebbero
sufficienti! Non sarebbe più il caso di disturbare Fimpiegato dell'anagrafe per il
certificato di nascila con la scritta « Scopo
di lavoro », perché le energie delle nuove
leve sarebbero adeguate per il bene della
propria Patria,
Le baracche di lamiere e cartone (cose
degradanti agli occhi dei giornalisti esteri)
nella città eterna, e in altre scomparirebbero dando luogo a una vita armoniosa con
abitazioni civili e .sane.
La scuola e le chiese dovrebbero essere
veri strumenti di educazione per tutti, Benha permettere che taluni arrivino fino alle
stelle e che altri si sentano reietti e menomati. Fino a quando questa difficile situazione.'' o forse fa parte del « gemito della
creazione »?
Forse dobbiamo ringraziare Fonorevole
Schwarzenbach che ci ha dato la possibilità di conoscere il vero volto della Svizzera, di questa decantata Svizzera che in
ogni occasione è pronta a raccogliere .somme di danaro e mandarle ai colpiti delle
catastrofi naturali, ma non è capace di
amare i lavoratori stranieri dentro le sue
porte, che tanto cooperano per il suo bene
economico.
Il 46®/n si è dichiarato contrario e ostile
a noi. Della lieve maggioranza quanti sono
coloro che amano lo straniero come fratello? Lo dimostrano certi incontri, certe
})rese di contatto che pastori e laici organizzano per una migliore reciproca comprensione. Gli italiani non partecipano affatto. neanche dietro invito per iscritto, si
sentono gabbali e discriminati, mentre gli
svizzeri favorevoli vi partecipano con meno
del 5%. Così, tirando le somme, in tutta la
popolazione svizzera ci può essere il 2 per
cento, forse meno, che ama lo straniero
secondo la legge del Cristo: « In quanto
l’avptc fatto a uno di que.sti minimi. Lávete
fatto a me » e per l'amore di questo 1-2%
(confronta Genesi 18: 32) la Svizzera c
benedetta. Forse anche la seconda iniziativa dell onorevole Schwarzenbach .sarà respinta. per la carità dì <juesta piccola minoranza in cui Dìo opera col suo Spirito
Santo.
Domemco Di Toro
addebitarsi al sistema, ma alla situazione propria della Chiesa. Perché è
chiaro che un Sinodo libero e responsabile, un Sinodo che non sia l'espressione dei mutevoli pareri dei singoli
né delle impostazioni di pensiero di
una minoranza, ma esprima la meditata riflessione di quella parola di Dio
che sola dovrebbe limitare e guidare
validamente la nostra libertà, un tale
Sinodo non può che essere prodotto
da Comunità che, a loro volta, siano il
luogo nel quale si ricerchi cosa il Signore dice a questo tempo. Con il sistema proposto, ciò che i delegati, pastori e laici, diranno sarà il frutto di
una almeno possibile riflessione e le
comunità saranno in prima persona
coinvolte non solo nella applicazione
degli editti sinodali, ma soprattutto
nella loro prepara/done; saranno esse,
cioè, e non singole persone, direttamente responsabili di ciò che il Sinodo decide.
E il costo del Sinodo risulterebbe
giustificato agli occhi di tutti mentre
forse dei risparmi potrebbero ancora
essere fatti negli inviti, riservandoli a
quelle persone che diano la garanzia
di un apporto valido in funzione degli
argomenti da trattare. Tanto più che
questi argomenti sarebbero limitati di
numero e conosciuti con ragionevole
anticipo.
Resta invece del tutto da studiare
il problema delle relazioni tra Sinodo
valdese e altre a:-: -'mblee; né è possibile fare delle proposte fino a che non
è chiarito che co<- siano e che realtà
esprimano queste assemblee: qualcosa di collaterale di superiore a quella valdese? QuaK a di occasionale o
di permanente? l .a nuova realtà ecclesiologica o Line forma in divenire?
Nelle comunità elvetica e valdese
In ogni caso c
stono, a mio av\ ■
se per il Sinodo
delle comunità, :■
va (cioè con ver
elezione diretta
precisi e successi
sultati, sempre comunità, che s;
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potrà evitare Fin'
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luogo in cui si a,
il Sinodo valdese
:he per esse sussile esigenze espresdese: informazione
a tagliata e tempesti• mesi di anticipo),
. . delegati, mandati
. » discussione dei ri: l’ambito di quelle
' ) l’unica autentica
i. Soltanto cosi si
; essione che tali asmteresse degli uni e
■e di altri, siano il
rovano le cose che
■ on vuole.
Pierluigi Jalla
Uno (lei più gravi rischi, per la vita della
chiesa, è che tutto si svolga secondo la tradizione, cioè che si lavori su schemi prefissati e
che non si aspetti più nulla di nuovo.
È noto che la tradizione si attenua con il
pa.Bsare del tempo e sì svuota progressivamente di significato. Di tradizione non si può
vivere indefinitamente e la chiesa rischia, ad
un dato momento, dì essere sfuocata rispetto
ai tempi ed alFambìente in cui è chiamata a
vivere ed operare.
Consapevoli però della perenne attualità
delFEvangelo ci siamo proposti di rinnovare
un po’ i nostri schemi cercando di rendere pili
viventi ed impegnativi i culti domenicali. Li
abbiamo talora fatti seguire, secondo esperimenti già collaudati in altre chiese, da liberi
scambi di idee da parte della comunità. Il testo e lo sviluppo della predicazione sono stati
talora notificati in precedenza. Con l’introduzione dei nuovo innario il canto sacro è stato
arricchito.
Rimane sempre insoddisfacente la frequentazione del culto stesso per molte ragioni che
tutti evidenziano e che sono connesse con la
vita del nostro tempo, ma che non spiegano
il disinteresse progressivo delle masse per
quanto non rientra materialmente nell’area
del pane quotidiano e del divertimento.
Ci domandiamo con viva preoccupazione,
che cosa ne sarà degli evangelici italiani che
tendono sempre più a uniformarsi al modo di
pensare e di credere della civiltà di massa
che ci circonda e che è progressivamente afferrata da un neo paganesimo che ha ormai radici profonde nell’animo di ogni individuo.
Abbiamo cercato di alimentare la fede dei
credenti mediante una serie di lezioni su una
pubblicazione del teologo cattolico H. Kiing
che ci ha permesso dì fare utili raffronti e stimolare lo spirito di rifles.sione. Questi confronti sono stati scarsamente seguiti.
Incoraggiante invece è stata la partecipazione agli studi biblici tradizionali. Questi studi
sono stati sempre seguiti da un lìbero scambio
dì idee e notizie del mondo ecumenico.
Abbiamo anche cercato di sensibilizzare la
città sull’opera che compie la chiesa con una
modesta campagna di evangelizzazione che è
stata organizzala dal centro culturale evangelico, con la collaborazione e l’ospitalità della comunità metodista.
Un gruppo di persone, notando che le comunità evangeliche della città vivono ancora
troppo in compartimenti stagni, ci ha suggerito di intensificare l’organizzazione di incon
A Pomuretto, Prtosq Aigentina e Villar Perot
sa
Una vasta azione di colportaggio
La giornata di lunedì 15 febbraio vedrà, per la prima volta, impegnata buona parte dei membri del Comitato Piemonte per la diffusione della Bibbia.
Nelle località di Pomaretto, Perosa
Argentina e Villar Perosa i volontari
diffusori della Bibbia svolgeranno un
vasto lavoro per le strade, le case, le
aziende e davanti alla RIV-SKF; al mattino e nel pomeriggio l’auto pulmino
del « BIBLITEK », ottimamente attrezzato per la esposizione delle numerose
edizioni della Società Biblica di Roma
e dotato di altoparlanti e transtudi
evangelici farà il suo lavoro. Infine, nella serata, alle ore 20,30 al Cinema Edelweis di Pomaretto — con libero ingresso alla cittadinanza ■— sarà proiettato
il noto film: « Voce degli abissi »; parteciperanno le Corali di Venaria (pentecostale) e di Pomaretto con due batteristi di Torino. Messaggi vari dell’équipe del Comitato coi pastori: G. Bouchard, F. Giampiccoli, V. Perres e Gino
Cantarella; i fratelli F. Crespi, V. Busco, il Maggiore A. Longo dell’Esercito
della Salvezza e D. Abate.
L’esperienza rivela che la nostra esistenza trova il suo valore allorché liberata dagli interessi secondari giunge
all'impegno di se, e questo vale fondamentalmente nel diffondere e far conoscere la Parola di Dio che è Verità.
Pomaretto
Il programma di visite del Presidente della CIOV nelle Valli, per tenere informalo il
nostro popolo sull'opera dei nostri Istituti, contempla per Pomaretto le seguenti riunioni
(ore 20,30):
— martedì 23 Masselli
— mercoledì 24 : Paiola
— giovedì 25: Pomaretto
— venerdì 26: Pons
— mercoledì 3 marzo : Lausa
— giovedì 4 : Perosa
Le offerte andranno a beneficio degli Istituti.
Ricordiamo ancora Fincontro per tutti i genitori. domenica 14 alle 14,30, sull educazione delFinfanzia; la riunione biblica al cinema
del giorno 15, ore 20.30; e il programma completo delle celebrazioni del 1 * febbraio.
Villar Perosa
CELEBRAZIONI DEL 17 FEBBRAIO
Domenica 14 febbraio, ore 10: nel tempio,
culto commemorativo con S. Cena.
Martedì 16 febbraio, ore 20: suono della
campana e accensione dei falò nei vari quarlieri. Dove è possibile avere un giradischi, vi
invitiamo a far udire i nostri inni valdesi.
Mercoledì 17 febbraio, ore 10: nel tempio.
festa di riconoscenza dei bimbi e degli adulti.
Ore 12,30: agape fraterna nella nostra Foresteria. Prenotarsi presso il Pastore e gli anziani entro il giorno 15. Ore 20,30: serata
familiare. Vedremo diapositive sulla nostra
chiesa e un film, realizzato dal Pastore Cipriano Tourn e dai suoi giovani, avente per titolo :
« Così vivevano i nostri padri ». Questo film
h.i ricevuto il primo premio alla « Festa della
Montagna » delle Valli Chisone e Germanasca.
Vi invitiamo tutti a venirlo a vedere e a terminare così insieme questa bella giornata di
festa della nostra chiesa.
Il 17 tutte le nostre sorelle sono invitate ad
indossare il costume valdese.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiii:ii;t]i:i;iiiiii
Fondo di solidarietà
Speravamo, con questo elenco, di dare notizia dell’avvenuto invio di lire 1
milione al Centro di sviluppo comunitario del Congo Kinshasa, ma purtroppo il ritmo delle sottoscrizioni non è
stato sufficientemente intenso, per cui
non ci rimane che attendere la prossima infornata.
Come già i lettori sanno, al prossimo
invio del suddetto milione fa seguito
il nuovo impegno pel « Centre évangélique familial » del Gabon, ove lavorano le missionarie sig.ne Gay e Baudraz. Il « Centre » si dibatte sempre in
mezzo alle difficoltà finanziarie ed il
meno che possiamo fare per dimostrare la nostra riconoscenza e solidarietà
alle missionarie e loro collaboratrici è
di sostenerse l’opera anche con invio
di denaro.
Pubblichiamo il nuovo elenco delle
sottoscrizioni, ricordando che le offerte
vanno inviate al conto corrente postale
n. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot,
Corso Moncalieri 70, Torino.
Da S. Germano Chisone: E. Long in jnem.
di D. Charbonnier L. 2.000; N.N. con simpatia 5.000; Agape del 17/2 5.000.
Da Venezia: D. Lspodamia 2.500: G. Ispodainia 2.500; fam. Viti 1.000: C. Bocu.s 500;
sorelle Zecchin 3.000.
Da Bergamo: nn lettore 50.000.
Da Napoli: M. Montione (?) 10.000.
Da Angrogna: R. M. F. C. 1.000.
Da Udine: R. Grillo 3.000.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
Da Torre Pellice: E. e M. Beili 5.000;
T. G. Pons 5.000.
Da Torino: M. Jon Scotta 3.000.
Da S. Remo: L. de Nicola 10.000.
Da Luna: S. Cornelio 5.000.
Interessi anno 1970: 12.770.
Totale L. 128.270: prec. 837.637: in oa.ssa
L. 965.907.
tri comunitari. Lo abbiamo fatto con la certezza che rispondono ad una necessità e con
la speranza di ricevere la collaborazione di
molte persone.
Siamo grati aìVUnione Femminile che ci è
stata di valido aiuto in questo particolare settore della nostra attività. I contatti interdenominazionali e interconfessionali potranno essere ulteriormente potenziati quando disporremo di nuovi locali in un solo punto della città
come da progetto in avanzata fase di elaborazione da parte del Presbiterio elvetico.
Il 14 Dicembre la Società delle Signore
Evangeliche, nelPorganizzare un simpatico ricevimento presso l’Ospizio Cristiano, ha voluto ricordare il centenario della sua fondazione : un secolo di benefica e silenziosa attività svolta con impegno e discrezione.
Dal 1962 la Società ha come presidente
la sig.ra Rita Sollinger, validamente coadiuvata da un comitato.
Nel ringraziare la Società, a nome delle nostre comunità, il pastore ha ricordato le difficoltà del passato, sempre superate facendo appello ad un più grande spirito di dedizione e
di servizio.
Con la collaborazione della Libreria Clandiana di Torino è stato organizzato un servizio
di novità librarie. Quel tentativo merita l’incoraggiamento e l’appoggio solidale di tutti.
La Scuola Domenicale annovera un buon
gruppo di bimbi assidui e affiatati. Essi sono
guidati nello studio da quattro monitrici che
sentitamente ringraziamo per il loro impegno.
11 lavoro fra gli adolescenti è invece l'scontinuo per il loro scarso impegno. La solidarietà dei genitori non è sempre molto evidente anche se siamo certi che le difficoltà sono
numerose per la complessità dei problemi connessi con quell’età particolare della vita.
l giovani si sono organizzati su basi interdenominazionali ed hanno avuto contatti con
la chiesa. Hanno curato la preparazione di due
culti e promòsso un incontro ecumenico di
preghiera per la pace nel mondo.
Abbiamo avuto il piacere di ricevere la visita del past. Giorgio Bouchard che ha presieduto il culto della domenica ,13 Dicembre ed
ha tenuto, il pomeriggio dello stesso giorno,
una conferenza informativa sull’opera di Cinisello : un esperimento di presenza cristiana
in ambiente operaio. L’interesse degli uditori
è stato vivo. Alcuni interventi hanno permesso all’oratore di precisare l’atteggiamento del
gruppo impegnato a Cìnìsello per quanto riguarda quello che è stato opportunamente
definito Fanello di congiunzione fra opera culturale e sociale e testimonianza cristiana.
I giovani, promotori di quella visita, hanno
assunto, in seguito ad accordi presi con il segretario della Commissione Distrettuale, un
impegno di collegamento e di assistenza spirituale agli isolati della vasta diaspora di Udine
e Pordenone. Ne siamo particolarmente lieti.
Nelle ore serali di quello stesso giorno, il
Consiglio della chiesa valdese ha avuto un incontro con il pastore Gino Conte segretario
della Tavola ed il past. Bouchard segretario
della C.D. Siamo grati per le notìzie che
in quella circostanza ci sono state date e che
ci hanno permesso di fare il punto sull'attuale situazione della nostra opera.
I tem])! sembrano essere particolarmente difficili per la chiesa, oggi. Si ha Fiinpressione,
talvolta, di dover camminare faticosamente
fra le sabbie di un deserto o seminare sul terreno arido e duro della strada. Ma, quando
meno ce lo aspettiamo, può giungere un tempo nuovo in cui, come dice il Salmista, sarà
possibile mietere con canti di gioia.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMlllllllllllllillllllllllillil
Comitato Collegio Valdese
II 3“ ciclo del Corso teologico curato dal
Comitato Collegio Valdese in collaborazione
con i docenti della Facoltà Valdese di Teologia, si terrà a Torre Pellice dal 21 al 28 febbraio : il dr. Renzo Bertalot darà una serie di
lezioni su « L'etica protestante ». 1 particolari
di questa settimana saranno ulteriormente comunicati.
tllllllllllllllllllllllllllimilllllllllllllllllllllllllllllllllillllll
La C.I.O.V. ha ricevuto
Per l’ascensore deH'Ospedale Valdese di Torre Pellice, in memoria del Sig. Abele Ghigo.
famiglie Marauda e Raimas. Luserna S. Giovanni. L. 15.000.
IIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIMIimillllllllllllllllllllllllllllllllll
Personalia
In casa di Luciana e Franco Tourn, a Luserna San Giovanni, c giunta ia primogenita.
Federic-a. I più cordiali rallegramenti e auguri.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniimiiiiiiiiimiiiiiii
Errata - corrige
A correzione di quanto pubblicato nel n.
scorso, si fa pre.senle che il n. del c.c.p. della
Ca.ssicra della Federazione Femminile Valdese,
Sig.a Rosanna Moroni. Via Castellidardo 6,
20J21 jMilano è: 3-54530. Ci .scusiamo.
AVVISI ECONOMICI
BAMBINAIA referenziata famiglia signorile
cerea per neonato nove mesi. Ottimo trattamento. Scrivere: Calandra. Via Vela 29.
Torino.
6
pag. 6
N. 7 — 12 febbraio 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Rispettare la legge
Abbiamo Un’ora evitato di parlare,
su questa rubrica, della drammatica
(più che mai, ora, dopo i fatti di Catanzaro) situazione calabrese, sperando
che la buona volontà e il senso civico
delle popolazioni locali prendesse il sopravvento.
Purtroppo, questo non solo non è avvenuto, ma abbiamo assistito a un progressivo deteriorarsi della situazione
che si è esteso da Trieste fino alla Sicilia.
Mentre in un primo tempo pareva
trattarsi di fatti sporadici e di episodi
isolati, progressivamente la cosa ha assunto il carattere di una vera e propria
offensiva organizzata dal neo-fascismo
allo scopo di creare quella confusione,
quel disorientamento, quella « stanchezza » sui quali fare leva per « salvare la
patria », magari con un governo « forte ».
Dopo i recenti luttuosi fatti di Catanzaro i partiti hanno trovato un certo fronte comune (peraltro con diversi
atteggiamenti) nei riguardi del dilagare della violenza squadrista ed anche
il governo, nel condannare con durezza
il terrorismo nero, ha preannunciato
una energica azione repressiva tanto
contro gli esecutori quanto nei confronti dei mandanti, più o meno mimetizzati.
A nostro avviso il governo, il quale anche a questo proposito ha fornito una ulteriore prova della sua incertezza e disunione, non ha altro
da fare che applicare — e far rispettare — la legge che punisce sia l’apologià
che la violenza fascista.
Si tratta della legge 20 giugno 1952,
di cui riportiamo qui sotto qualche
stralcio, e che pare sia stata dimenticacata, nei quasi vent’anni da cui esiste,
dai vari governanti e dal sistema giudiziario.
Dall’art. I: « ...si ha riorganizzazione
del prosciolto partito fascista quando
un’associazione, o movimento persegue
finalità antidemocratiche proprie del p.
f. esaltando, minacciando, o usando la
violenza quale metodo di lotta politica
e propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione... ».
Dall’art. Il; « ...se l’associazione o il
movimento assume, in tutto o in parte,
il carattere di organizzazione armata o
paramilitare (è stata dimostrata resistenza di un’organizzazione del genere,
con sede sulle pendici del monte Maranza, presso Trento) ovvero fa uso di
mezzi violenti di lotta, i promotori, i dirigenti e gli organizzatori sono puniti
colla reclusione da 5 a 12 anni... ».
Dall’art. Ili: «Qualora con sentenza
risulti accertata la riorganizzazione del
disciolto p. f., il ministro dell’interno,
sentito il Consiglio dei ministri, ordina
lo scioglimento e la confisca dei beni
dell’associazione o del movimento. Nei
casi straordinari di necessità e di urgenza, il governo... adotta il provvedimento di scioglimento e di confisca dei
beni mediante decreto-legge... ».
L’ultimo paragrafo dell’ultimo articolo di questa legge dice, con un dettato
che la situazione attuale rende, a dir
poco, sarcastica; « La presente legge,
munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti
di osservarla e di farla osservare come
legge dello Stato ».
Una parte dell’opinione pubblica ritiene che adottare simili misure non risolverebbe nulla, non solo, ma darebbe
al neo-fascismo quell’importanza che
non ha e lo indurrebbe a ben più gravi azioni, più subdole e « clandestine ».
Noi non siamo per nulla di questo parere e riteniamo sia un diritto-dovere
della comunità nazionale il tutelare la
propria libertà, la propria vita (quanti
morti avrebbero potuto fare le bombe
di Catanzaro?) contro chi libertà e vita
offende.
La condizione umana
sul lavoro
Abbiamo presenziato nei giorni scorsi ad una riunione sindacale-previdenziale svoltasi alla presenza del ministro
del lavoro il quale, fra l’altro, ha precisato che in Italia succede il doppio degli incidenti sul lavoro (morti, invalidità permanente, parziale o temporanea)
in confronto delle altre nazioni europee.
Questo dato ci ha veramente impressionati, anche se si sapeva che in Italia il numero degli infortunati sul lavoro è notevolmente alto.
Abbiamo cercato di saperne di più.
LTnail ha reso noto che nel 1969 il numero complessivo di infortuni e malattie professionali verificatisi nell’industria e neH'agricoltura è stato pari ad
un milione, 604 mila e 282 unità, con
un aumento di oltre 45 mila casi ri.spetto all’anno precedente, e che nell’arco
di dieci anni — dal 1959 al 1969 — nel
solo settore dell’industria si è verificato un aumento di infortuni e di malattie professionali pari al 37 per cento.
Si tratta di cifre che parlano da sole, e
tanto più se si tiene presente che non
sono proporzionate in rapporto all’incremento dell’occupazione. Esse sono
dovute piuttosto ai sempre maggiori
« affinamenti » delle tecniche produttive, ai ritmi sempre più veloci delle macchine, ai lavori non sufficientemente
protetti in ambienti malsani o in continuo contatto con sostanze nocive, agli
« straordinari ».
Un’altra indagine, condotta dal periodico « Rassegna sindacale » in un noto
stabilimento di elettrodomestici di Conegliano Veneto, ci fornisce delle cifre
ancor più significative, dettagliate e che
ovviamente valgono anche per altre
consimili industrie. Secondo questa inchiesta, gli operai alla catena di montaggio sono costretti a lasciare la fabbrica in media a 32 anni. Sono costretti a cambiare lavoro. Il 40 per cento di
questi operai hanno l’esaurimento nervoso, il 22 per cento soffrono d’insonnia, il 17 per cento hanno disturbi e
menomazioni nella vita sessuale. Altri
disturbi rilevati: il 21 per cento alle
vie respiratorie, il 31 per cento della
digestione, il 18 per cento degli occhi e
della vista, il 46 per cento accusa dolori
reumatici ed artritici, il 28 per cento
dimagramento. Qltre a tutto quindi,
uno stesso individuo soffre di diversi
disturbi assieme.
Ma allora, tutto questo gran parlare
con tono scandalizzato di “assenteismo”
e di “disaffezione" dal lavoro che fondamento ha? Certo, l’operaio o il manovale deve lavorare per vivere, ma
pretendere anche che “ami” il suo lavoro, colla continua prospettiva di incidenti e di menomazioni ci pare un
po’ troppo.
E mentre parliamo di queste cose,
vorremmo ancora accennare ad un’altra situazione che da noi ha una rilevanza notevole: si tratta dei minori
che vengono avviati abusivamente al
lavoro. Si calcola che ne vengano avviati cinquecentomila (uno su otto, di età
fra i 10 e i 15 anni). Il ministero del lavoro, proprio in questi giorni, ha deciso di dare il via ad un servizio speciale
di vigilanza: verranno fatti accertamenti e visite negli esercizi pubblici (in
modo particolare i bar) e artigiani, nelle piccole aziende industriali e commerciali, dove appunto è più diffuso il
collocamento abusivo dei minori.
L’impiego più massiccio pare avvenga nel sud, con il consenso, anzi dietro
« ordine » dei parenti, per lo più fruenti
di bassissimi redditi di lavoro o disoccupati. Ma anche nel « ricco » nord il
fenomeno è rilevatissimo: a Milano sarebbero 55 mila e in proporzione a Torino e Genova; anche in questo caso si
tratta essenzialmente di figli di immigrati meridionali, alle prese col problema dell’integrazione e della sopravvivenza.
Le paghe naturalmente sono di miseria: variano dalle mille alle cinque
mila lire alla settimana; solo l’il per
cento arriva a ottomila lire, per oltre
dieci ore di lavoro al giorno.
Ma un altro gravissimo aspetto è,
anche qui, quello a carattere sanitario:
ferite e traumi, reumatismi e cardiopatie, danni all’apparato respiratorio,
alterazioni scheletriche al bacino, alla
colonna vertebrale, agli arti sono all’ordine del giorno.
Per non parlare poi del problema morale-psicologico, che fa di questi piccoli
sfruttati dei disillusi, degli insoddisfatti, dei futuri odiatori della società.
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
UN POPOLO DI GUERRIERI
Il generale Vo Nguyen Giàp, il celebre vincitore di Dien Bien Fu, ha
pubblicato recentemente un libretto,
ora giunto in Italia; « La guerre de libération nationale au Viet Nam » (Editions en langues étrangères, Hanoi
1970). Nel libretto si leggono cose interessantissime, fra le quali un rapido profilo della storia politica del Viet
Nam. Da tale profilo togliamo le seguenti notizie.
« Sotto la dominazione dei feudatari stranieri, che durò dieci secoli, il
nostro popolo non ha cessato d’insorgere per riconquistare la propria indipendenza. La prima insurrezione, quella delle due sorelle Trung (nell’anno
40 d. C., contro le truppe feudali degli
Han dell’Est), che trionfò dovunque
nel paese, fu seguita da altre isurrezioni o guerre di liberazione, sotto la
guida di Dame Trieu (nel 448 contro le
truppe dei Woo), di Ly Bon (nel 542
contro le truppe feudali dei Leang), di
Mai Thuc Loan... La vittoria folgorante riportata da Ngo Quyen (sul fiume
Bach Bang, contro le truppe feudali
degli Han del Sud) nel 938, chiuse un
millennio di dominazione straniera e
inaugurò l’era d’indipendenza e sovranità nazionali.
Per difendere quest’indipendenza e
questa sovranità, il nostro popolo era
destinato a combattere, fino al sec.
XtX, una serie di guerre, per la salvezza nazionale, contro le aggressioni
straniere:
la guerra di resistenza condotta,
sotto la dinastia dei Ly dal 1075 al
1077, contro l’invasione dei Song, con
l'attacco preventivo, non meno risoluto che audace, sotto la guida di Ly
Thuong Kiet e con la contro-offensiva,
più tardi, per annientare le truppe di
aggressione;
la guerra di resistenza condotta,
sotto la dinastia dei Tran (sec. XIII),
contro l’aggressione dei Mongoli, una
guerra di resistenza delle più tipiche
della nostra storia. Essa durò trenta
anni e, sotto la guida di Tran Hung
Dao, sconfisse a tre riprese (nel 1251,
nel 1285 e nel 1287), alle porte della capitale Thang Long (antico nome di Hanoi), un esercito celebre per la sua
crudeltà e per le sue qualità guerriere.
È l’esercito che, dall'Asia all'Europa,
non aveva conosciuto che successi e
che aveva conquistato una gran parte
dell’antico continente (L’epoca è quella degrimmediati successori di Gengis
Kan);
la guerra di Lam Son (regione
montagnosa della provincia di Thanh
Hoa, base della resistenza nazionale)
dal 1417 al 1427, sotto la direzione di
Le Loi e di Nguyen Trai. Questa guerra, divenuta una guerra accanita di liberazione nazionale, permise alla nazione di ritrovare la propria indipendenza dopo vent’anni di dominazione
dei Ming, in virtù dell'annientamento
di tutte le truppe d’occupazione;
la guerra di resistenza di Nguyen
Hue, il quale riunificò il paese nel 1789
e regnò col nome di Quang Trung. Questi, appoggiandosi alle nuove forze di
un vasto movimento rivoluzionario
contadino contro il feudalismo interno, annientò in pochi giorni, nel corso
d’una prodigiosa campagna lampo,
200.000 uomini dell’esercito Tsing e mise in scacco l’ultima aggressione feudale straniera contro il nostro paese...
A partire dalla metà del sec. XIX,
all’inizio dell’aggressione colonialista
francese, mentre la Corte dei Nguyen
capitolava vergognosamente, il nostro
LE FORZE ARMATE IN ITALIA: UNA VALUTAZIONE
Si impone una riorganizzazione radicale
popolo insorse dovunque eroico, mente,
sotto la guida di grandi patrioti quali
Nguyen Thien Thuat (1855 - 1859),
Truong Gong Dinh (1867), Nguyen
Trung Truc (1861 - 1868), Phan Dinh
Phung (1885 - 1896), Hoang Hoa Tham
(1887 - 1913). I colonialisti non poterono condurre a termine la conquista
che in capo a una trentina d’anni, ma
la loro dominazione non cessò d’esser
profondamente scossa in ogni momento. Se anteriormente il nostro paese
aveva avuto sempre da lottare contro
l’aggressione d’un paese straniero, certo più grande di lui, ma ugualmente
posto sotto un regime feudale, questa
volta esso doveva tener testa all’aggressione d’una potenza capitalista
avente una popolazione ancor più numerosa, e dotata d'un’economia, d’una
tecnica e di armamenti nettamente superiori ».
Il generale Giàp s diffonde poi sulla
storia degli ultimi sessant’anni, soprattutto sulle guerre contro i giapponesi
e contro i francesi (terminata, questa
ultima, il 7.5.1954 a Dien Bien Fu), e
sulla guerra attuale contro gli Stati
Uniti.
Noi abbiamo più '.olte affermato, su
queste colonne, la nostruosità morale
della guerra che gii USA conducono
contro il piccolo popolo vietnamita,
straordinariamente battagliero ed eroico, e forse anche 'croce (L’Enciclopedia Britannica, nella quale si ritrovano le principali notizie di cui sopra,
accenna ad una ti : ribile persecuzione
dei cristiani nella seconda metà del
sec. XIX).
Ma è ora che proclamiamo anche la
stupidità di questa guerral Sapevano
i dirigenti USA contro chi si preparavano a mandare i giovani americani a
combattere? È impensabile che non lo
sapessero: ma allora ciò ch’è accaduto e che tuttora accade, è un nuovo
esempio di quanto possano offuscare
la mente (in uno dei popoli certamente più pragmatisti c più calcolatori del
mondo) la sete del potere o del denaro, e l’ebbrezza per i successi politici e
militari altrove o1 tenuti.
ARRESTI NELL’IRAN
■jf « Arresti, torture, condanne gravissime si stanno susseguendo in Persia contro giovani rivoluzionari. Recentemente l’avvocato tedesco Heldman, inviato a nome dell’organizzazione "Amnistia Internazionale’’ a Teheran per indagare sull’andamento dei
processi, è stato espulso nonostante il
mandato ufficiale che finora non era
mai stato, in nessun paese, ignorato
così brutalmente. Il suo interprete, lo
studente iraniano Hossain Rezaii, delegato ufficiale del CISNU ( = Confederazione degli studenti iraniani), è stato arrestato con la motivazione di
aver stabilito contatti con elementi comunisti, accusa che in Persia comporta condanne che vanno dai 10 ai 15 anni di reclusione. Nello stesso periodo
sono stati arrestali altri 13 militanti
politici, accusati di attentato alla sicurezza dello Stato per aver stabilito
contatti con Al Fateli. Nel corso delle
terribili torture cui sono stati sottoposti, e di cui il Dr. Heldman parla nel
rapporto redatto al suo rientro in Europa, il compagno Kakhasaz è rimasto accecato, co.st come due militanti
di un movimento religioso progressista.
Richiamando l’attenzione su questi
episodi, che non .sono casi isolati ma
• Nel precedente articolo abbiamo detto che le nostre forze armate, pur disponendo di 450.000 uomini e di 1.300
miliardi annui, formano un complesso
di scarsa efficienza, che viene a danneggiare anche quei pochi reparti provvisti di armamento adeguato. Il nostro giudizio potrà anche spiacere, ma
dubitiamo che si possa smentirlo con
elementi e cifre precise.
È abbastanza evidente che in ciueste
condizioni le forze armate italiane non
sono in grado di assolvere il loro compito, cioè di garantire la difesa del
paese da un’aggressione e di mantenere l’ordine interno. Ciò è tanto evidente che in questi ultimi venticinque anni le forze di polizia hanno avuto uno
sviluppo impressionante, in modo da
eliminare ogni necessità di intervento
dell’esercito in caso di disordini (anche perché i ventenni oggi in servizio
di leva hanno generalmente una preparazione politica assai superiore a
quelli di una volta e quindi non si può
più contare sulla loro cieca obbedienza per la repressione di manifestazioni
di piazza). Qggi abbiamo circa 80.000
carabinieri, 80.000 guardie di pubblica
sicurezza, 40.000 guardie di finanza,
per un totale di 200.000 professionisti
bene addestrati ed equipaggiati con
larghezza, capaci di fronteggiare qualsia situazione di emergenza (non è un
caso che il gen. De Lorenzo preparasse
il suo colpo di stato contando sui carabinieri e non sull’esercito!).
Se l’unico compito delle nostre forze armate è la difesa delle frontiere,
viene da chiedersi perché non è stata
possibile quella radicale riorganizzazione che è necessaria per dare loro
un minimo di efficienza. L’Italia non
ha i soldi per un esercito grande come
quello francese o tedesco: sembrerebbe logico che scegliesse un esercito
più piccolo ma efficiente, con meno
soldati ma più carri armati. Pochi ufficiali, ma buoni e pagati bene, invece
di tanti ufficiali pagati male e compensati con quelle assurde promozioni
di massa al grado di generale per garantir loro una pensione più alta.
Capi militari ed esponenti politici
sono invece concordi nel prefeifire il
mantenimento dell’attuale situazione.
Le ragioni, ci sembra, si possono raggruppare in tre punti (assai sintetici);
1 ) Tutte le burocrazie mirano ad
ingrandirsi al di là di ogni esigenza
reale; e le forze armate costituiscono
una burocrazia privilegiata, perché col
pretesto del segreto militare possono
evitare qualsiasi controllo o limitazione dall’esterno. La moltiplicazione dei
posti di burocrate è un fenomeno generale, i militari italiani difendono il
loro posto di lavoro opponendosi a
qualsiasi riforma seria; e quale partito vorrebbe assumersi Fimpopolarità
di buttare fuori dall’esercito qualche
diecina di migliaia di burocrati inutili?
2) L’industria italiana ha troppo
interesse alle commesse militari per
rischiare una riorganizzazione del sistema. Carri armati ed aerei sono fabbricati da consorzi di ditte che fanno
capo alla Fiat (che dalla sola produzione per l’aviazione militare ricava
il 5% del suo fatturato complessivo):
come meravigliarsi quando fonti ufficiali inglesi scrivono che la continuazione della fabbricazione del cacciabombardiere F. 104 non è dovuta a ra
gioni militari ma alle pressioni della
Fiat, interessata a non fermare i suoi
impianti? D’altra parte anche gli americani hanno un’evidente convenienza
a imporci i loro carri armati ed aerei,
anche se c’è di meglio sul mercato. Si
crea così una rete di interessi dentro
e fuori le forze armate, ostili a qualsiasi mutamento che possa mettere in
questione le posizioni favorevoli raggiunte.
3) Le forze armate hanno un ruolo
particolare nella politica interna italiana; la loro grandezza è uno dei temi preferiti della propaganda nazionalfascista, le loro parate e ricorrenze diventano occasione di evasioni retoriche, il loro prestigio è considerato un
tabù cristallizzato e intoccabile. Qgni
rifornia è perciò pericolosa, un ridimensionamento può sembrare la fine
di un mito. Il fatto poi che la maggioranza dei giovani ventenni passi attraverso l’esperienza del servizio di leva
ha la sua importanza, perché i mesi di
ferma sono spesso un periodo di indottrinamento politico e patriottico,
in cui si insegna alla recluta ad obbedire all’autorità senza discutere, dentro e fuori la caserma (ma per questo
rinviamo all’opuscolo di Claudio Tron
su II servizio militare, pubblicato dalla Claudiana). In sostanza le forze armate nella vita politica italiana non
sono neutrali, ma appoggiano in vari
modi (al di là della volontà di singoli)
le destre; e queste naturalmente si oppongono a qualsiasi mutamento che
possa sottrarle alla loro influenza.
* * *
L’immagine delle forze armate che
abbiamo presentato non è quella tradizionale e retorica che vuole sottrarle
alla crisi della nostra società. In realtà le forze armate, come tutte le istituzioni dello stato, sono travagliate
profondamente dalla crisi di una società di cui rappresentano un aspetto.
Qgnuno di noi, come cittadino, ha il
dovere di informarsi anche su questi
problemi invece di fermarsi alla facciata che la propaganda ci presenta:
un dovere che possiamo esigere dai
super-patrioti come dagli antimilitaristi superficiali.
Come cristiani, tuttavia, questo nostro dovere è più urgente. Le forze armate (insieme alle forze di polizia) sono normalmente considerate come le
legittime depositarie del diritto alla
violenza, i militari sono visti come gli
unici che possano uccidere e fare violenza a fin di bene (e la nostra tradizione legalitaria e patriottica di valdesi ci conferma ahimè su questa via).
La realtà invece è ben diversa, le forze armate non possono sfuggire ad un
giudizio politico, la violenza che esse
esercitano non è santa né giusta. Riconosciamo perciò un significato profetico alla protesta degli obiettori di
coscienza, che affrontano il carcere per
rifiutare l’addestramento ad uccidere;
ma nello stesso tempo rendiamoci conto che la violenza espressa dalle nostre forze armate non è che una delle
tante facce della violenza che domina
la nostra società. Contro questa violenza in tutti i suoi aspetti siamo chiamati a lottare, anche se sappiamo che
non è dalle nostre mani di piccoli uomini che può venire la vera pace.
Giorgio Rochat
tiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiMiiiiiMiiiiiimiiiimiiiiiimin
Contermatn l’nilestimento a Cienfueqos
La base sovietica per sottomarini, a Cuba
New York (Reuter). - Fotoj^rafìe scattate
(la aerei da ricognizione americani (U-2) mostrano che la base sovietica per sottomarini
di Cienfuegos, a Cuba, è quasi terminata, riferisce la rivista « Time ». Dopo avere ricordato la recente dichiarazione di Nixon, il quale aiTermava che non v’era ragione di inquietarsi per la presenza navale sovietica nell’Atlantico occidentale, la rivista scrive: «Si
hi: ragione di ritenere che la crisi sia stata
svmplicenicnte differita ».
(( Oltre ai ripari in cemento, destinati ad
accogliere i sottomarini, i sovietici hanno disposto una rete d'acciaio di sbarramento antisom mergibile, fra la riva e lisola di CaioCarenas (...). Hanno pure installato un sistema antiaereo, costruito una banchina e
una serie di edifici. Due pontoni stazionano
nella baia per raccogliere le scorie, contaminate. dei sottomarini.
« Time » cita un ufficiale della marina
americana, che ha dichiarato: a La base di
Cienfuegos è piu piccola della base nucleare
americana di Holy Lodi (Scozia) e piii grande di quella di Hata (Spagna). Può accogliere
e rifornire qualunque dei 76 sottoniarini aio
iiiiniiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiMtiiiitiniiiiitiiiiiiiiiimiimiiiim
solo esempi di un clima di feroce repressione, gli studenti iraniani in Italia chiedono rinvio in Persia di osservatori che vigilino sulVandamento dei
processi, di cui esigono la pubblicità.
Essi si rivolgono inoltre alle forze rivoluzionarie italiane denunciando la
cortina di silenzio che copre quanto
sta avvenendo in Persia, e che non viene sollevata neanche dalle organizzazioni della sinistra tradizionale europea, in nome della politica di pacifica
coesistenza ».
(Dal « Manifesto», n. 12, anno II, 1970).
mici deirUnioìie sovietica ». Dal punto di vista strategico, prosegue « Time », TURSS,.
grazie alla base di Cienfuegos, può raddoppiare il numero dei suoi sottomarini atomici
nelle acque americane.
In un dibattilo al Senato americano, dedicato ai tentativi fatti dalTURSS e dalla Cina
popolare per spezzare il loro « accerchiamento nucleare », il senatore Stuart Syniington,.
presidente della sottocommissione degli affari esteri incaricata di esaminare gli impegni americani all’estero, ha parlato in (juesti
termini della base sovietica dì Cuba : (( Si ha
il diritto di domandarsi perché facciamo tanto chiasso sul fatto che i sovietici installano
qualcosa a 150 miglia da casa nostra... mentre nello stesso momento installiamo armi nucleari in altri paesi, ancor più vicini alVUnione. Sovietica... ».
iiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiimiimiiiiiiiiiiiiiiiimiiiitmim
Partecipare come protestanti
alla lotta per uno Stato laico
(segue da pag. ? )
valore di tappa sulla via della pace —
fragile e ardua per sua natura — fra
chiesa c stato; c pur significativo che
si parli di « conciliazione » e non di
«riconciliazione»!). In tal caso tulle
le distinzioni fra festa ’religiosa’ c ’civile’ (?), anche alle Valli, sarebbero
drasticamente relativizzate; e tutti vi
aiTcbbero il loro posto, autorità e popolo, cattolici e protestanti c agnostici, purché vi si volessero unire in una
ricerca e in un confronto schietti.
Ma essere laici senza essere laicisti
è arduo; e anche noi protestanti, noi
valdesi siamo ben lungi dall’avere veramente imparato questa grande lezione della Riforma. G. C.