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la luce
29 gennaio 1993
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10125 Torino
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
VENERDÌ 29 GENNAIO 1993
ANNO I- NUMERO 4
SETTIMANA DELLA LIBERTA
RAVVEDIMENTO
E SPERANZA
GIORGIO BOUCHARD*
Uno dei momenti alti dello
scorso Sinodo delle
chiese valdesi e metodiste è
stata sicuramente la discussione sulla crisi morale del
paese, sui rischi della democrazia, sulla necessità di qualificare la nostra testimonianza come appello al ravvedimento e al rinnovamento civile. Le stesse note sono risuonate nell’Assemblea battista, con in più una precisazione significativa: in queste tragiche circostanze le nostre
chiese devono soprattutto
concentrarsi sul ministerio
della preghiera.
La Federazione, chiamata
ad attuare questi deliberati
nel quadro della «Settimana
della libertà», ha cercato
anzitutto di situare l’iniziativa
nel suo contesto. La settimana della libertà è stata indetta
per la prima volta nel 1981,
quando il governo tardava ingiustificatamente a firmare
l’Intesa, ormai pronta da tre
anni.
La mobilitazione fu imponente (mille persone al Carignano di Torino, tutte le comunità capillarmente impegnate, le forze politiche finalmente sensibilizzate al nostro problema), ma la prospettiva era ben chiara: non
per noi stessi facevamo tutto
questo rumore, ma per dare il
nostro contributo alla maturazione della democrazia italiana. Il titolo del manifesto era
Protestanti e libertà.
Fu perciò del tutto naturale,
pochi anni dopo, dedicare
l’intera settimana al problema
degli immigrati, questi «nuovi fratelli» che il Signore ci
pone oggi di fronte. Il titolo
del manifesto era Giustizia
senza barriere.
Nei due casi la linea di pensiero era ben chiara: il XVII
febbraio continuava a essere
la «festa della libertà» valdese, il grande momento festivo in cui un intero popolo
si riappropria della sua memoria storica e si presenta come una componente sociale
vitale della società italiana;
ma diventava anche un momento di impegno, l’occasione per fare un discorso, per
proporre delle scelte. Nel caso del 1985, per proporre la
scelta della società multirazziale e multiculturale.
La settimana della libertà
diventava così patrimonio comune di tutto il protestantesimo italiano, e assumeva un
taglio marcatamente politico:
siamo una componente che
ha delle cose da dire, e le dice
con tenacia e con fermezza.
Per questo, e non per altro,
abbiamo firmato le Intese del
1984, del 1986 e del 1993.
Tuttavia, a una più matura
riflessione, al Consiglio della
Fcei è parso chiaro che era
giunto il momento di spostare
gli accenti; nell’anno in cui
tutti parlano di riforme, di
rinnovamento, di questione
morale, nei giorni in cui la
mafia sembra avviata al declino, perché associarci semplicemente al coro dei riformatori di buona volontà, perché limitarci a ripetere con
linguaggio evangelico ciò che
tutta la parte sana del paese
ha finalmente trovato la forza
di dire: che ci vuole una svolta, che bisogna risanare la vita politica, che il paese deve
adeguarsi alle più moderne
democrazie senza per questo
demolire lo stato sociale?
Forse occorre fare un passo
in più, nella linea indicata
dall’Assemblea battista: concentrarci sulla preghiera, sui
temi cristiani del ravvedimento e della speranza. La crisi
del paese, prima che morale,
civile e politica, è infatti spirituale: il popolo italiano ha
perso il suo Dio, e con questo
ha perso il senso della verità
e della giustizia. Dunque prima viene il ravvedimento, poi
viene il rinnovamento, come
diceva John Wesley.
Questi pensieri sono
espressi nel manifesto che
diffondiamo in migliaia di
SEGUE A PAGINA 4
* Presidente della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia.
Nei momenti gravi e difficili in cui viviamo è facile cadere nella rassegnazione
La speranza è ¡1 germe del regno di Dio
_______LUCIANO DEODATO_______
«Chi ci separerà dall’amore di
Cristo? (...)
Com’è scritto: Per amor di te
siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come
pecore da macello. Ma, in tutte
queste cose, noi siamo più che
vincitori, in virtù di colui che ci
ha amati».
(Romani 8, 35-36 s.)
Ci sono momenti in cui è
difficile mantenere la
speranza perché la piega degli avvenimenti sembra andare inevitabilmente verso il
peggio e il domani si annuncia più fosco dell’oggi. Penso
a tante persone malate, colpite da sofferenze senza fine e è il caso di dirlo - senza speranza di guarigione; e penso
anche a tante situazioni spaventose e drammatiche dello
scenario intemazionale.
Quante illusioni siamo disposti a farci, sperando in
cambiamenti che poi, in
realtà, non vengono mai. Che
dire, per esempio, della nuova presidenza Clinton, caricata di grandi attese a livello
mondiale, e che si apre invece con segni inquietanti;
dalla ripresa del conflitto armato in Iraq, all’infamia di
esecuzioni capitali che ri
spondono a criteri di vendetta
più che di giustizia, come è
stato recentemente il caso del
paralitico bruciato sulla sedia
elettrica il quale, certo, date
le sue condizioni non era in
grado di nuocere alla società.
Eppure è stato «giustiziato»;
e questo nel momento stesso
in cui Clinton entrava alla
Casa Bianca. Una volta, almeno nel giorno dell’incoronazione, i condannati potevano sperare nella grazia.
E che dire di fronte alla
tragedia delle donne stuprate
nell’ex Jugoslavia, costrette
a partorire il seme della violenza? Quale avvenire per
loro e per le povere creature
che nasceranno marchiate,
prima ancora di vedere la luce, dall’odio? Ogni giorno,
nel piccolo della nostra vita
privata, e nel grande «villaggio globale» siamo sommersi da antiche e nuove tragedie inimmaginabili e impensabili.
Che senso ha, in questo
contesto, la speranza cristiana? E poi, ha ancora senso
lottare perché il domani possa
essere diverso dall’oggi?
Se c’è una parola che i credenti conoscono e amano,
questa è la seconda parte del
capitolo 8 dell’Epistola ai
Romani: limpida e corrobo
rante come una sorgente
d’acqua fresca o un’oasi nel
deserto per l’assetato. Ci parla dell’amore di Dio, dal
quale nulla e nessuno potrà
mai strapparci; della vittoria
dei redenti, della gloria futura.
Tuttavia contiene un inciso
che disturba e una lettura che
in effetti spezza il corso del
pensiero; il versetto 36 che
parla di morte e di pecore
condotte al macello. Lo potremmo tranquillamente saltare senza perdere apparentemente nulla della forza del
discorso. E invece sta lì, come un masso erratico; e oltre
tutto non è neanche di Paolo,
ma è una citazione del Salmo
44, 23. Più volte mi sono domandato perché lo abbia inserito. Non so, francamente, dare una risposta precisa; però
oggi ne vedo un senso.
Il contesto in cui viveva
Paolo non doveva essere sostanzialmente molto diverso
dal nostro. Non c’era l’Aids,
ma la peste; le donne venivano comunque stuprate dai
vincitori; le relazioni intemazionali erano improntate sulla
forza più che sul diritto; i diritti umani erano tali per cui
esisteva, e fiorente, il mercato
degli schiavi.
Ma è proprio in quel conte
sto, come oggi nel nostro - e
non potrebbe essere altrimenti - che prende corpo la speranza, che non è fondata su
una fiducia nelle possibilità
umane di miglioramento della
situazione, ma sull’azione di
Dio. Sul «no» che Dio ha detto alla morte e sul «sì» che ha
detto alla vita.
La speranza per noi, allora,
non è nutrire un certo ottimismo circa il nostro futuro,
personale o collettivo che sia,
ma appello alla lotta e rifiuto
di lasciarsi travolgere dal corso degli eventi e farsi da questi condizionare nella nostra
prassi quotidiana. E il germe
del regno di Dio, seminato,
sparso nei nostri cuori, nel
centro pulsante della nostra
vita e dei nostri pensieri, in
un contesto carico di elementi
negativi. Perciò la speranza è
unita alla fede (1 Corinzi 13)
e anche alla «carità» o
all’«agape», cioè all’azione
ispirata e orientata secondo i
criteri del regno di Dio.
Possiamo essere ottimisti o
pessimisti; ma una cosa non
possiamo permetterci: di essere senza speranza perché nelle
tenebre di morte che chiudono
ogni nostro orizzonte abbiamo ricevuto l’Evangelo della
riconciliazione di tutte le cose
in Cristo.
INTESE
L'8 “/oo anche
per i valdesi
e i metodisti
Lunedì 25 gennaio alle ore
12, a Palazzo Chigi, è stato
firmato il testo di integrazione dell’Intesa fra lo stato italiano e la Tavola valdese (21
febbraio 1984, approvato con
legge 11 agosto 1984 n. 449),
per quanto riguarda la materia finanziaria.
Firmatari dell’integrazione dell’intesa sono stati per
la Tavola valdese - organo
esecutivo delle chiese evangeliche valdesi e metodiste
in Italia - la pastora Gianna
Sciclone, vicemoderatore
(in assenza del moderatore
della Tavola valdese, il pastore Franco Giampiccoli,
attualmente in viaggio in
America) e, per il governo.
Fon. Giuliano Amato, presidente del Consiglio dei ministri.
Il testo, approvato il 12
gennaio dal Consiglio dei
ministri, prevede la deducibilità fino a due milioni delle
erogazioni liberali a favore
della Tavola valdese, e la
partecipazione dello stesso
ente alla ripartizione dell’otto per mille del gettito Irpef.
La Tavola valdese utilizzerà le somme devolute a tale titolo dai contribuenti unicamente per interventi sociali, assistenziali, umanitari e
culturali in Italia e all’estero.
È escluso l’utilizzo dei
fondi dell’otto per mille per
fini di culto in quanto le
chiese evangeliche valdesi e
metodiste intendono provvedere al mantenimento del
culto e dei loro ministri unicamente a mezzo delle offerte volontarie dei membri di
chiesa.
E esclusa altresì la partecipazione di valdesi e metodisti all’attribuzione della quota relativa ai contribuenti che
non hanno espresso la loro
scelta sul modello 740 o 101.
NOSTRO SERVIZIO
A PAGINA 3
Delle Chiese
Il testo deirintesa
suirotto per mille
pagina 3
All’Ascolto
Testimoni
della speranza
pagina 6
Intervista
a Pano Grasso
pagina 10
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
venerdì 29 GENNAIO 1993
Le impressioni di Jorge Maldonado, segretario di una Commissione del Cec, sul Congresso latinoamericano di evangelizzazione
La Chiesa evangelica in America Latina ha acquisito maturità
ed è pronta a giocare un forte ruolo sociale e politico
JORGE MALPONAPO*
Care lettrici e cari lettori,
come promesso, vorrei
farvi parte delle mie impressioni sul Terzo congresso latinoamericano di evangelizzazione (Giade), che si è
svolto dal 24 agosto al 4 settembre 1992 nella mia città di
origine, Quito, in Ecuador. Il
primo Giade aveva avuto luogo nel 1969 a Bogotá (Golombia) e il secondo nel 1979
a Huampani (Perù). Non è
difficile immaginare l’interesse appassionato che si è
manifestato in occasione di
questo terzo Giade, data la
portata dei cambiamenti che
si sono verificati nel mondo e
nella regione durante l’ultimo
decennio.
Il terzo Giade ha riunito più
di un migliaio di evangelici
venuti da 26 paesi, in maggioranza latinoamericani. Essi hanno passato 12 giorni a
condividere, a riflettere e a
celebrare insieme il culto sul
tema del congresso, «Tutto
VEvangelo per tutto il popolo; prospettive dell’America
Latina».\\ ITI Giade è riuscito
a radunare le diverse espressioni ecclesiali, dottrinali e
ideologiche delle chiese protestanti deH’America Latina.
I relatori, coloro che erano
incaricati di rispondere loro
ed i membri delle tavole rotonde che hanno assunto la
responsabilità di laboratori e
di seminari provenivano tanto
dalle chiese tradizionali (storiche), che sono minoritarie,
quanto da un ventaglio di denominazioni evangeliche e di
vigorosi movimenti pentecostali di cui fanno parte circa i
due terzi dei protestanti dell’
America Latina.
Erano rappresentati importanti settori della popolazione
che in passato giocavano una
parte abbastanza marginale
nel mondo evangelico e nella
società, come le donne e i
giovani, gli autoctoni, i neri e
i pentecostali, e questa è stata
una delle prime impressioni
che ho tratto dal congresso, e
una delle migliori. La Ghiesa
cattolica romana non partecipava ufficialmente. Tuttavia,
durante le sedute, è stata data
lettura di vari messaggi inviati da settori della Ghiesa cattolica favorevoli a questa
manifestazione.
Ciò che mi ha colpito di
più è stata la maturità
evidente acquisita dalla Ghiesa evangelica in America Latina, che vari aspetti del congresso hanno messo in luce.
Le presentazioni in assemblea plenaria, ad esempio,
non solo erano ben strutturate
e saldamente ancorate alla ricerca e alla riflessione, ma
hanno anche saputo dare
un’immagine attuale della società latinoamericana ed
esprimere una volontà di solidarietà con le sofferenze e i
sogni delle masse.
Temi che, nel passato, non
venivano affrontati se non
con parole velate ed erano tenuti lontani da istituzioni
ecclesiastiche reazionarie, sono stati liberamente e intelligentemente trattati durante
Hai fatto
Fabbonamento
a
RIFORMA?
Una comunità evangelica in Perù durante II culto che raduna I credenti la domenica, il martedì e il giovedì
il terzo Giade. Numerose voci
si sono levate per denunciare
la corruzione delle istituzioni
pubbliche, per attirare l’attenzione sulle pratiche ingiuste
che sono state messe in atto,
per segnalare le cause della
povertà, la segregazione di
cui sono vittime alcuni grappi, l’abuso delle risorse naturali del creato, lo sfruttamento patito dalle popolazioni autoctone durante 500 anni,
ecc.... Si può dire che la
Ghiesa evangelica in America
Latina ha affermato chiaro e
tondo il suo desiderio di
emanciparsi dal fondamentalismo nordamericano che,
per molti decenni, ha fortemente segnato e indirizzato il
pensiero della maggioranza
degli evangelici.
Durante il Gongresso è
stata spesso sentita e
adoperata l’espressione «evangelizzazione globale». Le
presentazioni teologiche e
cultuali, i seminari e i laboratori, le discussioni di grappo
ed i culti hanno permesso di
andare al di là di quella dicotomia, errata ma molto discussa, tra evangelizzazione
e azione sociale, tra chiesa e
mondo. René Padilla, segretario generale uscente della
Fraternità teologica latinoamericana (Ftl) - organizzazione promotrice del III Giade - ita sottolineato il carattere globale dell’Evangelo; esso deve essere annunciato con la parola e con
l’azione e si rivolge all’essere umano nella sua interezza.
Su questo punto c’è stata
unanimità.
Le questioni «ecumeniche», che per molto tempo
hanno avuto solo un posto
marginale nel pensiero evangelico della regione, sono state trattate con serietà e in uno
spirito di impegno. Abbiamo
sentito affermazioni come
queste; «Evangelizzare vuol
dire essere amico dei pubblicani e dei peccatori, degli alcolisti e dei tossicodipendenti, dei ragazzi del popolo (non dei «ragazzi della
strada», il che farebbe pensare che siano nati per strada),
di coloro che muoiono di
cancro o di Aids. La nostra
evangelizzazione deve abbracciare la cultura in tutto
ciò che questa ha di autentico
e coltivare questa autenticità.
I cristiani che persistono nei
loro pregiudizi, razziali, sessuali o altri, non hanno compiuto la loro conversione».
Eppure il III Giade non ha
abbandonato la propria tradi
zione evangelica (il suo attaccamento all’autorità della
Bibbia e la sua pietà) a vantaggio della riflessione teologica, della denuncia profetica
e dell’azione sociale. Sembra
invece che abbia trovato il
modo di integrare tutte queste
istanze nella sua preoccupazione per l’evangelizzazione.
La preghiera, ad esempio, ha
avuto un ruolo importante.
Per tutta la durata della manifestazione, una sala di preghiera era a disposizione di
coloro che desideravano intercedere per il Giade.
Ma queste preghiere non
sono iniziate in quel momento: erano il compimento di almeno un anno di preghiere
attive per il congresso. Durante tutto quel tempo una
commissione speciale del comitato preparatorio non aveva smesso di lavorare, motivando e indirizzando la gente
che pregava per il terzo Giade, nelle proprie case, i luoghi di lavoro, nelle chiese e
nelle comunità. Anche il culto è stato un elemento importante e ha riunito, associandoli, vari settori del
protestantesimo latinoamericano. G’erano complessi musicali di giovani, corali
tradizionali, grappi autoctoni;
si è fatto ricorso all’arte
drammatica e alla pantomima.
Una cosa ha attirato la mia
attenzione ed è stata molto
apprezzata dall’assemblea: la
partecipazione di un gruppo
musicale di giovani donne
autoctone dell’Ecuador. Anche se non è raro vedere donne autoctone cantare nelle
chiese evangeliche, è eccezionale vederle suonare strumenti quali la chitarra, il charango e il bombo che finora
erano sempre riservati agli
uomini. In questo si è visto
un segno della liberazione
che TEvangelo porta appunto
ai settori più dimenticati e più
emarginati della società.
Gli evangelici che in passato erano considerati e consideravano se stessi come ai margini della vita sociale e politica della regione e
che venivano accusati di fare
lo «sciopero sociale», sembrano aver preso coscienza
della loro crescita numerica,
del loro potenziale elettorale e
della loro capacità di portare
avanti un’azione sociale e politica. Lentamente ma sicuramente essi prendono il loro
posto nella società ed esprimono ciò che pensano, e così
facendo annunciano chiara
mente la loro intenzione di
non votare più solo per principio al momento delle elezioni e di rinunciare alla demagogia politica. Una serata
intera, organizzata sul tema
«Gli evangelici e la vita politica», è stata dedicata al dialogo ed evangelici noti - personalità politiche, analisti e teologi - vi hanno preso parte.
Il tema dell’unità della
chiesa è stato presente in
sottofondo durante tutto il
congresso. Tra tutte le diversità - linguistiche, etniche,
denominazionali, dottrinali,
ideologiche e altre - la convinzione che noi, la chiesa,
formiamo un solo popolo il
cui Signore è il Gristo, un popolo chiamato dallo Spirito
Santo a compiere la missione
di Dio in America Latina e
nel mondo, ha superato tutte
le barriere.
Gosì, il dialogo su «L’evangelizzazione e l’unità della chiesa», in occasione del
quale il Gonsiglio delle chiese dell’America Latina (Geal)
e la Gonfratemita evangelica
deH’America Latina (Gonela)
si sono fatte rappresentare al
più alto livello e dove questi
rappresentanti si sono ritrovati per la prima volta intorno
allo stesso tavolo, è stato un
avvenimento molto atteso che
ha suscitato grandi speranze.
Molti hanno perfino gridato
al miracolo nel vedere persone, i cui punti di vista sembravano divergenti e irriconciliabili, dibattere sul palco
con serietà e con il massimo
rispetto gli uni per gli altri. I
partecipanti al congresso, con
le loro domande incisive, non
hanno smesso di indicare la
via dell’unità.
Per quanto riguarda l’organizzazione, il III Giade
ha dimostrato che è possibile
tenere una conferenza numericamente abbastanza importante in cui però chiese e
individui partecipano al massimo. Non solo gli organizzatori avevano inviato in anticipo il testo delle relazioni
teologiche ai partecipanti
chiedendo loro di esprimere
le loro reazioni, ma avevano
concepito il congresso in modo tale che i partecipanti po
tessero intervenire a tutti i livelli. I gruppi di discussione
del mattino, i laboratori e i
seminari del pomeriggio hanno portato un materiale di
grande ricchezza alla commissione incaricata di redigere il documento finale.
Questo documento è stato
discusso sotto forma di quattro progetti ed i punti controversi sono stati oggetto di un
voto in assemblea plenaria. È
stato abbondantemente sottoscritto dai partecipanti durante il culto di chiusura nel
quale hanno espresso la loro
viva riconoscenza per il modo
in cui il congresso era stato
diretto, la partecipazione, la
trasparenza, il calore e l’assenza di esclusiva.
La Fraternità teologica latinoamericana, che era l’organizzatrice del congresso, ha
fatto una relazione dettagliata
alla propria assemblea generale, convocata durante una
delle giornate «libere» del
congresso, informandola sui
lavori, ma anche sull’amministrazione delle risorse umane
e finanziarie. Questa riunione
è un altro segno salutare che
mostra che la Ghiesa evangelica in America latina abbandona lo stile di direzione verticale al quale era abituata per
modelli più aperti a tutti, più
partecipativi e più democratici.
José Miguez-Bonino, ex
presidente del Gec, è stato uno
degli oratori che hanno presentato una relazione teologica al III Giade.
Nella sua introduzione ha
detto che, fra vent’anni, i giovani storici della chiesa presenti a questo congresso lo
avrebbero descritto come un
avvenimento di un’importanza decisiva per la chiesa
dell’America Latina.
*Jorge Maldonado è segretario prò tempore per l'evangeUzzaàone della Commissione
«Missione e evangelizzazione» , del Consiglio ecumenico
delle chiese. L’articolo è tratto
dalla «Lettera mensile sull’evangelizzazione» del 4° trimestre 1992.
L'Assemblea evangelica del Württemberg prende posizione
Secondo la Bibbia^ le donne
e gli uomini hanno pari dignità
Secondo l’Assemblea
evangelica del Württemberg
(Germania) dalla Bibbia non
si può desumere che ci sia
una differenza di dignità fra
uomo e donna.
Davanti a Dio i due sessi
sono considerati alla pari,
hanno uguale valore e sono
entrambi chiamati al suo servizio: così afferma un documento pubblicato da questo
movimento di taglio conservatore dal punto di vista teologico intitolato «La donna
nella chiesa». Nella chiesa e
nella comunità locale non ci
deve essere dunque spazio
per privilegi o posizioni di
superiorità di qualunque genere.
Questa presa di posizione
che parla apertamente anche
di consacrazione al ministero
delle donne è stato elaborato
da un gruppo di lavoro (dove
le donne erano in maggioranza) del Gruppo sinodale della
comunità vivente, di orientamento pietista.
Secondo il racconto della
creazione - dice il documento
- Dio ha creato l’essere umano come maschio e femmina;
l’uno e l’altra sono a immagine di Dio, sono sullo stesso
piano, pur essendo diversi fra
loro e complementari. È vero
che l’uomo è stato creato prima della donna, ma in tutta la
creazione la creatura successiva è superiore alla precedente. il nome «Èva» (madre
dei viventi) sta dunque a significare un riconoscimento
senza pari.
Nel Nuovo Testamento prosegue il documento - Gesù ha invitato chiaramente a
seguirlo uomini e donne. Tra
i discepoli di Gesù c’erano
sempre delle donne ed è a loro per prime che Gesù si è
presentato dopo la sua resurrezione.
Ghe la cerchia più ristretta
dei seguaci di Gesù, i dodici
apostoli, fosse formata di soli
uomini, è certamente un fatto
da non ignorare se si pensa ad
una funzione-guida delle
donne nella chiesa. Ma bisogna fare attenzione a trarre
delle conclusioni unilaterali.
Anche la Santa Gena è nata in
una cerchia ristretta di soli
uomini: bisogna dunque dedurne che le donne ne devono
restare escluse?
Portogallo
Incontri
ecumenici
Rappresentanti del Gonsiglio delle chiese evangeliche
del Portogallo (Gopic) e della Gonferenza episcopale
della Ghiesa cattolica portoghese si sono incontrati il 9
dicembre 1992 ed hanno deciso di organizzare insieme a
livello nazionale la Settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani.
Si è trattato del terzo incontro fra le due commissioni. Nei due precedenti si era
riflettuto sui principi fondamentali della spiritualità
ecumenica e sulla pastorale
delle chiese nella società
odierna.
Si pensa, nel futuro, di arrivare ad una traduzione comune della Bibbia e di incrementare gli scambi interconfessionali costituendo un
grappo di studio ecumenico e
promuovendo incontri fra
cattolici ed evangelici.
3
venerdì 29 GENNAIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Giornata storica per valdesi e metodisti
Unosv’’ ,, , ,
dell'Intesa del 1984
LUCIANO DEODATO
La cerimonia per la firma
del testo integrativo
dell’Intesa si è svolta rapidamente. Alle 12,10 circa il presidente del Consiglio, Giuliano Amato, e il vicemoderatore della Tavola valdese,
pastora Gianna Sciclone, sono entrati nella sala dove attendevano rappresentanti delle chiese evangeliche, funzionari dello stato e del Parlamento e numerosi fotografi e
cameramen.
Erano presenti i membri
della delegazione delle chiese, primi fra tutti il prof.
Giorgio Spini, e quelli della
delegazione del governo che
avevano provveduto a concordare e stilare il testo che
ora giungeva alla firma dei
legali rappresentanti dei due
organismi. Il testo è stato
pubblicamente letto, e la cosa
si è risolta in pochi minuti.
Subito dopo Amato e Sciclone hanno apposto le loro
firme sugli originali, scambiandosi i fogli sotto i lampi
incrociati dei fotografi e nel
ronzio delle telecamere. Alle
12,30 era già tutto finito.
Così è giunta a conclusione
una vicenda che ha appassionato le nostre chiese e diviso i nostri Sinodi. Amato ha
voluto brevemente commentare l’atto storico, comunque lo
si consideri, appena concluso.
Ha messo in evidenza, in un
discorso a braccio, alcuni elementi importanti. Anzitutto la
firma del testo integrativo si
pone in continuità con quello
dell’Intesa firmata neU’84.
In secondo luogo Amato ha
sottolineato il fatto che
quanto perverrà alle chiese
non costituirà una specie di
contributo dello stato, ma
sarà il frutto di una libera
scelta dei singoli contribuenti.
In terzo luogo egli non ha
voluto far mancare l’espressione della soddisfazione sua
personale nella consapevolezza che Tatto compiuto va
nel senso dello sviluppo della
libertà, della democrazia, del
la giustizia.
Gianna Sciclone ha quindi
letto un messaggio. Ha menzionato il travaglio delle chiese nel giungere alla decisione; ha chiarito per quali
scopi saranno utilizzati i fondi che perverranno; ha terminato esprimendo la solidarietà
delle nostre chiese con l’opera di risanamento della finanza, ma chiedendo nello stesso
tempo criteri di giustizia.
È seguita una conferenza
stampa nella quale il prof.
Giorgio Spini ha spiegato con
efficacia e chiarezza ai giornalisti presenti il senso della
contribuzione che ogni membro di chiesa è chiamato a dare per sostenere l’opera complessiva delle chiese. È un atto di culto, egli ha detto, risposta personale del credente
che ha ricevuto l’annuncio
della redenzione in Cristo, e
che non può mancare. Dunque non può essere confusa
con un atto amministrativo.
Le somme che le chiese
percepiranno dal gettito Irpef
e dalla deduzione fiscale non
saranno utilizzate per mantenere «il culto», cioè non serviranno per pagare lo stipendio ai pastori.
Ma quando si potrà destinare T 8 per mille alle chiese
valdesi e metodiste o dedurre
dalle tasse una somma fino a
due milioni per «erogazioni
liberali»? Il giudice Schinaglia, presidente della commissione governativa, ha
escluso che la cosa sia possibile già quest’anno. Se ne
parlerà forse per Tanno prossimo perché i tempi tecnici,
ha detto, sono lunghi.
Ma l’importanza della firma
non è tutta qui. Nella sala erano presenti anche i battisti,
con la sensazione che anche
l’approvazione della loro intesa sia imminente. E poi ci sono altre chiese in lista d’attesa.
Per loro e per noi, per la libertà di tutti e per una questione di giustizia speriamo
che il cammino intrapreso dal
governo Amato sul tema della libertà religiosa vada avanti rapidamente.
I discorsi di Giuliano Amato e Gianna Sciclone alla firma dell'Intesa sull'8 per mille
In uno stato di diritto l'Intesa riconosce
i principi di pluralismo^ uguaglianza e libertà
Pubblichiamo qui di seguito i discorsi che hanno seguito la firma dell’integrazione
dell’Intesa tra la Repubblica
italiana e la Tavola valdese.
Giuliano Amato:
«Esprimo soddisfazione per
la conclusione di questa Intesa non tanto e non soltanto
perché testimonia di un sistema di rapporti tra lo Stato e
le vostre chiese, che è poi il
sistema di rapporti previsto
dalla Costituzione, all’articolo 8 che, una volta che, faticosamente e con grave ritardo
instaurato, si è messo a funzionare positivamente, ci ha
consentito, sulla base della
prima Intesa, di affrontare
questioni che sono sorte per
la sua attuazione, avvalendoci
dei canali paritetici che avevamo istituito e ci permette
ora, sulla base di una maturazione intervenuta tra le vostre
chiese in ordine alla messa a
disposizione da parte dello
Stato - e proprio è tale, perché di nuli’altro si tratta - allo
scopo di acquisire contribuzioni volontarie dei cittadini
che lo desiderano, una Intesa
che ci consente di dar corso
anche a questo.
Questo è per me motivo di
soddisfazione, e lo è anche in
termini personali, perché mi
ero, in altre vesti e personalmente, impegnato perché l’articolo 8 fosse finalmente attuato in Italia. So che
questo non basta da solo a risolvere tutti i problemi che ci
sono; ma, insomma, in uno
Stato di diritto, con una Costituzione democratica e pluralista come la nostra, attivare
le regole dello Stato di diritto,
far funzionare il pluralismo in
termini di uguaglianza e di libertà, così come ha da essere
secondo i nostri principi, è
qualcosa che merita fare ed è
questa una delle poche cose
di cui sono contento nella mia
vita di lavoro.
Voglio aggiungere, per vostra tranquillità, che dal momento che questo è fatto, la
prassi della Repubblica è
quella ormai di fatto di consi
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L’atto della firma: Aurelio Sbaffi, Giorgio Spini, Gianna Sciclone, Giuliano Amato, (telefoto)
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derare le Intese dei testi così
come vengono scritti; vengono trasmessi al Parlamento
con un semplice articolo unico che sottopone il testo alla
mera approvazione. Il Consiglio dei ministri venerdì lo
manderà in Parlamento».
Gianna Sciclone:
«Signor Presidente,
a nome delle chiese valdesi e
metodiste, mi permetta di
esprimere soddisfazione per
l’integrazione dell’Intesa, che
oggi abbiamo sottoscritta. Si
tratta certamente di un ulteriore passo verso una visione
pluralista della cultura del nostro paese. Essa da molti anni
riceve l’apporto delle nostre
chiese che, seppur minoritarie, sono state significative
per la formazione delle coscienze ai fini delle libertà individuali e della conduzione
responsabile della società.
Addivenire a questo accordo è stato per le nostre chiese
una decisione sofferta che ha
avuto bisogno di lunga maturazione e dibattito nei nostri
Sinodi, Conferenze ed assemblee locali. Una parte delle
nostre chiese ha temuto che
nell’opinione pubblica italiana potesse risultare offuscata
T immagine di una chiesa che
effettivamente provvede da sé
al sostentamento del culto e
dei propri ministri, come si
prende atto all’art. 2 di questa
integrazione d’Intesa. L’esistenza della chiesa dipende
dalla fede e dall’impegno di
coloro che hanno risposto alla
chiamata del Cristo e vogliono confessarsi suoi discepoli
nella nudità disarmata di chi
non ha altra garanzia che il
sostegno dello Spirito di Dio.
Per altro verso le nostre
chiese sono impegnate in numerose attività sociali, culturali e umanitarie a sostegno
degli anziani, dei giovani a rischio, degli emarginati, degli
stranieri qui nel nostro paese
e in paesi che versano in gravi difficoltà. Questo avviene
nella collaborazione ecumenica di chiese che si riconoscono reciprocamente soggette all’unica autorità di Cristo
e che vivono nella solidarietà
fraterna i problemi delle rispettive loro realtà. E per noi
motivo di fierezza, che ci ammonisce a sempre maggiori
responsabilità, accettare le offerte che ci vengano affidate
a tali scopi da nostri membri
o da altri cittadini fiduciosi
della trasparenza che i nostri
statuti assicurano mediante
controlli che sono reali.
Ci unisce e ci rincuora la
considerazione che tali offerte, a noi liberamente espresse,
costituiscono un dono «pulito», che non viene da calcoli
di favori clientelali o da spartizioni di interessi lucrosi, ma
viene alla luce del sole nella
chiarezza di intenzioni umanitarie e sociali che sarà nostra cura rispettare fino allo
screpolo.
Ma neppure per un attimo
vogliamo dimenticare le difficoltà che il nostro paese sta
attraversando in questo periodo; la nostra solidarietà e responsabilità verso il bene comune devono esplicarsi senza
egoismi di parte e desiderio
di rivalsa rispetto a discriminazioni subite nel passato. Il
rispetto delle minoranze è un
ampliamento delle libertà per
tutti i cittadini!
Voglia gradire, signor Presidente, l’augurio sincero di
buon lavoro nell’opera di risanamento delle finanze nel
nostro paese, con Tauspicio
dell’attuazione di una maggiore giustizia, che tuteli l’interesse della gente comune e
sconfigga la protervia degli
evasori e di ogni sorta di mafia che minaccia la vita civile
di tutti i cittadini».
INTEGRAZIONE DELL'INTESA
TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E LA TAVOLA VALDESE
Art. 1
(Integrazione dell’intesa 1984)
La Repubblica italiana e la Tavola valdese,
considerato che dopo la stipulazione dell’Intesa 21 febbraio 1984, approvata con legge
11 agosto 1984 n. 449, ed a seguito delle innovazioni introdotte nei rapporti fra lo Stato
e le confessioni religiose, la Camera dei Deputati ha approvato il 17 aprile 1985 l’ordine
del giorno n. 9/2337/3, inteso a garantire il
pluralismo che informa l’ordinamento giuridico italiano, e considerato che per la sua attuazione è necessario procedere a modificazione della predetta Intesa con le forme
delTart. 20, II comma, della legge di approvazione, convengono di integrarla con le seguenti disposizioni.
Art. 2
(Deduzione agli effetti dell’IRPEF)
1) La Repubblica italiana prende atto che
le Chiese rappresentate dalla Tavola valdese
intendono provvedere al mantenimento del
culto ed al sostentamento dei ministri unicamente a mezzo di offerte volontarie.
2) Ciò premesso, a decorrere dal periodo
di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di approvazione della presente Intesa, le persone fisiche possono dedurre dal proprio reddito complessivo, agli
effetti dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche, le erogazioni liberali in denaro, fino
alTimporto di lire 2.000.000, a favore della
Tavola valdese per i fini di culto, istruzione e
beneficenza che le sono propri e per i medesimi fini delle chiese e degli enti aventi parte
nell’ordinamento valdese.
3) Le relative modalità sono determinate
con decreto del Ministro delle finanze, previo accordo con la Tavola valdese.
Art. 3
(Ripartizione della quota del gettito
deiriRPEF)
1) A decorrere dal periodo di imposta in
corso alla data di entrata in vigore della legge di approvazione della presente Intesa, la
Tavola valdese concorre con lo Stato, con i
soggetti di cui agli articoli 47 legge 20 maggio 1985, n. 222, 30 legge 22 novembre
1988, n. 516 e 23 legge 22 novembre 1988,
n. 517 e con gli enti che stipuleranno analoghi accordi, alla ripartizione della quota pari
all’otto per mille delTIRPEF, liquidata dagli
uffici sulla base delle dichiarazioni annuali.
La Tavola valdese utilizzerà le somme devolute a tale titolo dai contribuenti esclusivamente per interventi sociali, assistenziali,
umanitari e culturali in Italia e all’estero e
ciò sia direttamente attraverso gli enti aventi
parte nelTordinamento valdese, sia attraverso organismi associativi ed ecumenici a livello nazionale e intemazionale.
2) L’attribuzione delle somme di cui al
comma 1 viene effettuata sulla base delle
scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi, nel cui modulo le Chiese rappresentate dalla Tavola
valdese verranno indicate con la denominazione «CHIESA EVANGELICA VALDESE
(Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi)».
3) La Tavola non partecipa ad attribuzione
della quota relativa ai contribuenti che non si
sono espressi in merito. Gli importi relativi
rimangono di pertinenza dello Stato.
4) A decorrere dal terzo anno successivo a
quello di cui al precedente comma 1 lo Stato
corrisponderà annualmente, entro il mese di
giugno, alla Tavola valdese la somma risultante dall’applicazione del comma 1, calcolata dagli Uffici finanziari sulla base delle dichiarazioni annuali relative al terzo periodo
di imposta precedente, con destinazione alle
Chiese rappresentate dalla Tavola valdese.
5) La Tavola valdese, entro il mese di luglio dell’anno successivo a quello di esercizio, trasmette al Ministro dell’interno un rendiconto relativo alla utilizzazione delle somme ricevute per i fini di cui al comma 1 e ne
diffonde adeguata informazione.
6) Tale rendiconto dovrà precisare gli interventi effettuati in Italia e all’estero ed i
soggetti attraverso i quali tali interventi siano
stati eventualmente operati con specificazione delle somme attribuite a ciascun
intervento.
7) Il Ministro dell’interno, entro trenta
giorni dal ricevimento del rendiconto di cui
ai due commi precedenti, ne trasmette copia,
con propria relazione, ai Ministri del tesoro e
delle finanze.
Art. 4
(Commissione paritetica)
Su richiesta di una delle due parti, al fine
di predisporre eventuali modifiche, si potrà
procedere alla revisione dell’importo deducibile di cui alTart. 2 e dell’aliquota IRPEF di
cui alTart. 3, ad opera di una apposita Commissione paritetica nominata dall’autorità
governativa e dalla Tavola valdese.
Art. 5
(Norma finale)
Il Governo presenterà al Parlamento apposito disegno di legge di approvazione della
presente Intesa ai sensi delTart. 8 della Costituzione.
Giuliano Amato Giovanna Sciclone
Roma, addì 25 gennaio 1993
^
4
PAG. 4 RIFORMA
iViTA Delle Chieseì
venerdì 29 GENNAIO 1993
VERSO L'ASSEMBLEA STRAORDINARIA DELLE CHIESE BATTISTE
Discutiamo le differenze ecclesiologiche
MASSIMO TORRACA
La questione sul sistema di delegazione delle chiese battiste sollevata dal pastore Gioele Fuligno è indubbiamente molto centrata in quanto il
modello di rappresentanza attualmente
vigente nelEordinamento battista non
è certamente congregazionalista ma
tutt’al più presbiteriano.
Forse in sede di referendum il voto
dei pastori potrebbe essere valutato in
modo diverso, da parte del Comitato
esecutivo, rispetto a quello dei «cinquanta membri o frazione non inferiore a venticinque» (art. 10 RI) delle comunità, ma in sede di assemblea voto
corrisponde a voto.
Purtroppo però penso che potremmo
contestare questo assurdo privilegio
(ed i privilegi sono sempre duri a morire!) solamente durante la prossima
Assemblea generale e sostenere la tesi
che non vi possa essere differenziazione tra pastori e comunità, in ambito
rappresentativo, in quanto i pastori sono membri delle comunità in cui esercitano il loro ministerio.
D’altra parte, da un punto di vista
per così dire giuridico, ritengo che il
Comitato esecutivo non avesse altra
possibilità, al di fuori di un questionario indicativo, di poter affrontare, in
tempi ristretti, una trattativa la cui sostanzialità è molto più importante di
quanto alcuni, specialmente in occasione della scorsa Assemblea generale,
sembrano aver percepito.
Attualmente, in Italia, le Intese sono
soggette a revisione ogni dieci anni. Il
non aver preso una decisione a settembre, l’aver accettato la logica del «catenaccio» ha evidenziato una certa immaturità, e questo indipendentemente
dalle convinzioni che ciascuno, pastore o comunità, ritenga di esprimere.
La conseguenza, nel caso la questione relativa all’otto per mille ed alle liberalità non potesse essere affrontata
nei tempi e nei modi corretti e se la
maggioranza delle comunità (come
sembra) risultasse favorevole al loro
accoglimento, sarebbe necessario attendere almeno dodici anni per la loro
effettiva applicazione.
Questo non significa voler distinguere tra buoni e cattivi, ma vuole ribadire come in democrazia, specialmente su questioni come quelle
dell’otto per mille e delle liberalità,
deve contare il peso della maggioranza
e non di coloro che sanno formulare in
modo più avvincente e dialettico le
proprie argomentazioni.
D’altra parte, specialmente su questioni giuridiche, le comunità dovrebbero ricevere degli strumenti più idonei per discutere, in assemblea locale,
i problemi di diritto ecclesiastico, e i
componenti dell’Assemblea generale
una più accurata preparazione giuridica, per affrontare sulla base di dati certi la valutazione teologico-ecclesiologica dell’Intesa.
La questione che noi battisti andremo a trattare in sede di applicazione
dell’art. 8 della Costituzione forse evidenzia delle differenti valutazioni di
carattere ecclesiologico, specialmente
tra corpo pastorale e comunità, su alcune questioni che probabilmente non
sono state sufficientemente dibattute.
In questi ultimi dieci anni non solo
la situazione sociale si è modificata,
mostrandoci la tendenza sempre più
accelerata allo smantellamento del cosiddetto «stato sociale», ma la posizione stessa dello stato di fronte a svariate questioni ha dimostrato come sia
più che evidente una forma di delega
nei confronti di associazioni di volontariato e di strutture che oggi affrontano realtà e situazioni che erano precedentemente di esclusiva pertinenza
dello stato.
¡n vista deU*Assemblea staaordi- ]
noria detPVcebi il nostro stUimanale apre uno spada di dibattìto. Chi vuole intervenire invvi^
alla redazione di Torino il suo
sintetico eantrtìfuto.
Il Villaggio della gioventù di Santa Severa, dove si terrà il 13 e 14 febbraio l’Assemblea
Qual è dunque la nostra posizione
nei confronti di questa specifica
realtà?
Non penso che possa più essere
quella degli arroccamenti ottocenteschi, e non solo perché si possono perdere occasioni di intervento, ma perché tale posizione si tradurrebbe in una
chiusura antistorica, completamente
contrastante rispetto al nostro tipo di
predicazione, sempre attentà alla realtà
contestuale in cui viviamo.
Parlo perciò non di adeguamento ai
valori o ai criteri che la società contemporanea propone, ma voglio esplicitare la necessità di aggiornamento
della nostra identità rispetto alle mutate esigenze di intervento.
SCHEDA
Il sistema di
delegazione alPAssemblea
EMMANUELE PASCHETTO
Gli interventi del pastore Gioele Fuligno (Riforma dell’8 gennaio) e
del fratello Massimo Torracca (in questo stesso numero) e la precisazione del
presidente dell’ Ucebi, past. Franco
Scaramuccia (Riforma del 22 gennaio)
circa la composizione dell’Assemblea
generale (ed ovviamente delle assemblee straordinarie) dell’Unione battista
italiana richiedono forse qualche chiarimento per i nostri lettori, specialmente
per coloro che non sono battisti.
Il Patto costitutivo dell’ Ucebi, attualmente in vigore, stabilisce all’art. 7:
«L’Assemblea generale è composta
da:
a) i delegati delle chiese;
b) i ministri con cura di chiese;
c) i responsabili di istituzioni e organismi operativi di nomina assembleare ;
d) i membri del Comitato esecutivo;
e) i revisori.”
Il regolamento dell’Ucebi, all’art. 10,
chiarisce che le chiese inviano in Assemblea un delegato ogni 50 membri o
frazione non inferiore a 25.
Tali norme non fanno che ricalcare
quanto contenuto nello Statuto costitutivo dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (art. 12), approvato
dall’Assemblea generale dell’allora
Opera evangelica battista d’Italia (Oebi)
radunatasi in Roma dal 17 al 21 giugno
1956.
V’è da aggiungere che secondo tale
articolo erano membri di diritto dell’Assemblea tutti i pastori in servizio attivo
«anche se non conduttori di chiese», i
missionari con incarichi nell’Unione, i
responsabili del Movimento giovanile e
delle Unioni femminili e (a norma di regolamento, art. 3, edizione 1961) il segretario e il tesoriere dell’Unione. Questi ultimi venivano successivamente sostituiti dai revisori (cfr. art. 3 regolamento ediz. 1974). 1 delegati delle chiese erano dunque molto meno, in percentuale, rispetto ad oggi.
Del resto già lo Statuto-regolamento
dell’Oebi (approvato 1’11-12 ottobre
1939-XVII), di cui r Ucebi è succedanea senza soluzione di continuità, prevedeva :
art.7. «Ogni chiesa ha diritto di mandare [all’Assemblea generale] oltre il
pastore, un delegato ogni 50 membri o
frazione di 50 ».”
art.8. «Tutti i membri del Comitato di
rettivo fanno parte d’ufficio dell’Assemblea».”
È da notare che verso la metà degli
anni trenta i pastori erano una quarantina ed i membri di chiesa poco più di
3.000, e che il Comitato direttivo era
costituito da 11 persone (4 delle quali
laici) e dai missionari.
Precedentemente al 1° gennaio 1923,
quando avvenne la fusione dei due rami
del battismo italiano - quello nato per
opera della Baptist Missionary Society
(inglese) e quello sorto per iniziativa del
Foreign Mission Board della Convenzione Battista del Sud (americana) esisteva una organizzazione denominata
Unione cristiana apostolica battista
(Ucab), fondata nel 1884, che teneva assemblee generali ogni 5 anni alle quali
partecipavano esclusivamente i pastori e
i missionari. La seconda Assemblea
dell’Ucab del 1889, per fare un esempio, era costituita dai 28 «ministri» presenti.
Col passare degli anni le assemblee si
svolsero a distanza più ravvicinata e furono aperte ai «laici» e le chiese ebbero
il diritto di inviarvi un delegato ogni 25
membri o frazione di 25. Citando ad
esempio l’Assemblea del maggio 1909,
ad essa parteciparono 58 delegati delle
chiese più 9 membri personali. Scorrendo i nomi dei 67 presenti si nota che ben
52 sono pastori in servizio o in emeritaziqne, evangelisti, missionari.
E evidente quindi che c’è stato un
processo di «democratizzazione» nei
120 anni di storia del battismo italiano e
che la composizione attuale dell’Assemblea rispecchia una prassi consolidata di circa 70 anni.
In proposito non esiste fra i battisti un
modello universale. E certo comunque
che la composizione attuale dell’Assemblea non corrisponde né al modello
presbiteriano (vedi il Sinodo valdese costituito per metà da pastori e per metà
da deputati delle chiese) né tantomeno a
quello episcopale (caso mai si può parlare di episcopalismo per i primi tempi
dell’Ucab).
Oggi i pastori che siedono in Assemblea sono circa un terzo dei membri della stessa. È ovvio che statuti e regolamenti non sono immutabili.
Se l’art. 7 del Patto costitutivo non
corrisponde più al sentire delle chiese
basta proporne la modifica, procedendo
secondo quanto stabilito dall’art. 29 dello stesso.
Chiese evangeliche di Puglia e Lucania
Di che cosa
si occupa Petìca?
«Di che cosa si occupa
l’etica?». Questo semplice e
apparentemente innocuo interrogativo ha dato il via al
terzo incontro mensile sull’
etica, organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche di Puglia e Lucania, svoltosi a Bari il 9 gennaio scorso
e animato dal pastore Massimo Aprile.
Se l’etica si è tradizionalmente occupata del rapporto
tra esseri umani fra loro contemporanei, oggi la fine del
mito deU’illimitatezza e immutabilità della natura porta
inevitabilmente a un allargamento degli orizzonti della riflessione etica anche in senso
temporale, così da includere
le generazioni future.
Al centro del vivace dibattito si è posto il ricorrente atto di accusa contro il protestantesimo, che avrebbe contribuito con il suo persistente
rifiuto di ogni teologia naturale allo sfruttamento indiscriminato dell’ambiente. Ai
più è apparso non necessario
sacralizzare la natura per
rifondare un’etica della responsabilità che coinvolgesse
anche l’ambiente, quanto
piuttosto ricercare comunitariamente nel confronto con
la Scrittura dei riferimenti
teologici in cui individuare linee guida in questa elaborazione.
Base indispensabile di tale
ricerca, la teologia della creazione, intesa non tanto come
nostalgica attesa di restaurazione di un’integrità
perduta, ma nella sua dimensione escatologica, ossia nel
prendere sul serio e non in
maniera solo negativa le sue
continue mutazioni in vista
del compimento in Cristo alla
fine dei tempi.
Il sabato, esso, e non l’essere umano, apice della creazione di Dio secondo il pri
mo racconto della Genesi, si
presenta come occasione
preziosa per l’umanità di
riconoscersi parte integrante
della creazione stessa nella
lode a Dio per essa. L’istituzione dell’anno sabbatico
(Levitico 25) d’altra parte lega indissolubilmente l’etica
per l’ambiente a un’etica per
la liberazione degli oppressi.
Insomma non si può passare
da un’etica degli umani senza ambiente a un’etica
dell’ambiente senza gli umani.
Una concezione trinitaria di
Dio ci aiuterebbe poi a meglio comprendere come Dio
contribuisca a «vitalizzare
ogni cosa che respira» (Moltmann) e a stabilire di conseguenza con la creazione un tipo di conoscenza più partecipativa.
L’animata e sofferta discussione che è seguita alla
relazione introduttiva e al lavoro dei gruppi, e che si è
svolta, ricordiamo, proprio
all’indomani del disastro della petroliera affondata sulle
coste delle isole Shetland, ha
rispecchiato diverse sensibilità verso le problematiche
affrontate: da un cauto ottimismo verso le possibilità
umane di raddrizzare una situazione che appare molto
compromessa, alla consapevolezza profonda dell’urgenza di una confessione collettiva di peccato per i mali
prodotti nel passato e nel
presente, fino a un accorato
appello alla preghiera, perché Dio renda possibile ciò
che ormai appare impossibile
a noi. Perché non si avveri
del tutto e definitivamente
ciò che nel 1854 il capo di
una tribù indiana profetizzò
rispetto al futuro dell’uomo
bianco: «Il suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro
a lui il deserto».
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DALLA PRIMA PAGINA
RAVVEDIMENTO
E SPERANZA
copie a Palermo e in molte altre città: sullo sfondo di una
manifestazione antimafia, abbiamo impresso le parole del
ravvedimento e della conversione.
Lo stesso tema viene affrontato in un apposito quaderno di Diakonia, nella serie
di articoli che pubblichiamo
su Riforma (vedi pag. 5), nei
culti radio delle prossime settimane, nella serata di Protestantesimo (21 febbraio), nei
numerosi incontri che le comunità stanno preparando un
po’ ovunque, e che culmineranno nella domenica 21 febbraio.
Le chiese si stanno muovendo. Se Dio ci aiuta, riusciremo a far qualcosa.
5
VENERDÌ 29 GENNAIO 1993
Vita delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
15-21 FEBBRAIO: LA SETTIMANA DELLA LIBERTÀ
IL TEMPO DELL'ARATRO
E IL TEMPO DELL'ASCOLTO
SERGIO AOUIIANTE
Guardo alla «Settimana della libertà» (da quando l’abbiamo
istituita) come a una particolare occasione di annuncio e di testimonianza mediante cui portare, di volta in volta, un nostro contributo autonomo nel processo di costruzione
del «bene della città» (secondo la
parola di Geremia). E questo lo
sento ancora di più per la «settimana» che ormai è alle porte.
È un sentire che si scatena in me
non appena mi soffermo a considerare la situazione complessiva del
paese e, dentro questa, l’azione della criminalità organizzata (contro la
quale il Sinodo delle chiese valdesi
e metodiste ha chiamato a mobilitarsi); la mafia, la camorra, ecc...
che continuano a esercitare una pesante oppressione, malgrado i colpi
ricevuti recentemente.
Una situazione di grave crisi:
l’economia è «ferma» (lo spettro
della disoccupazione va attorno
non solo nelle contrade del Sud, in
cui è di casa da sempre, ma anche
in quelle del Nord, anche se con altre sembianze); il sistema politico è
letteralmente a pezzi; la corruzione
ha rotto gli argini; la violenza, l’intolleranza sporcano le strade, le
piazze delle nostre città e dei nostri
villaggi e la sfiducia nelle istituzioni si allarga a macchia d’olio.
Penso che la «via politica» (la via
di una riforma dello stato e della
società nel suo insieme) debba essere seguita con impegno, ai vari livelli, in una direzione diversa
dall’attuale.
Dubito però che essa sia la via
della guarigione definitiva.
Mi sono convinto (e proprio sulla
base delle mie esperienze di lavoro
nel «sociale» e della mia partecipazione, sicuramente assai modesta,
alla battaglia politica, partecipazione tuttora in atto, pur nei suoi
limiti), che per uscire dalla crisi sia
necessario innanzitutto un «cambiamento» nel profondo, una vera e
propria «nuova nascita» della nostra gente: insomma che gli italiani,
come dice Paolo, siano «trasformati
mediante il rinnovamento della
mente» (Romani 12).
Io uso mettere la parabola del seminatore e quella del seme che da
sé germoglia e cresce (Marco 4)
l’una accanto all’altra.
Nella prima individuo un tempo
che chiamo il «tempo dell’aratro»
(il tempo della nostra opera): quello
in cui ci è data la possibilità di agire in questo nostro presente: estirpare e, fino al momento in cui il Signore vorrà darci il raccolto in tutto
il suo rigoglio, tornare a estirpare,
con pazienza e tenacia, le erbacce, i
rovi, togliere e tornare a togliere le
pietre: la resistenza, l’opposizione
dell’oggi al seme.
Nella seconda individuo un tempo che chiamo viceversa il «tempo
dell’ascolto»: quello che è certamente di «inazione» per il contadino (per noi), ma non per questo è
vuoto, inutile: perché se è vero che
non vi siamo in azione noi, è altresì
vero che vi è in azione Dio, e di
questa azione di Dio noi possiamo
avvertire il «rumore», ricevere i segnali.
Dunque, in parallelo con il tempo
dell’aratro, della nostra opera (che
sussiste), il dono di un tempo in
cui, nel ritmo forsennato delle nostre giornate, nella fatica stessa della nostra testimonianza, ci è consentito di fermarci, di ascoltare
Dio, avvicinarci, volgerci a Dio,
entrare in dialogo con lui e con noi
stessi: verificare e magari ricostraire su basi nuove, ciascuno il suo
rapporto con Dio e con se stesso, in
vista del rapporto con gli altri.
In questo quadro colloco l’appello al «cambiamento» che le nostre
comunità devono rivolgere, in quest’ora, al nostro popolo. Certo, è
l’appello di ogni giorno, ma
quest’anno è specialmente quello
della «settimana della libertà». E le
nostre comunità lo devono rivolgere non salendo in cattedra, bensì essendo esse per prime pronte a «nascere di nuovo» e, come i niniviti,
.«vestirsi di succhi», «mettersi a sedere sulla cenere», «non assaggiare
nulla» (personalmente non sottovaluto affatto la forza dei simboli) e
«ognuno convertendosi dalla sua
via malvagia» (Giona).
In definitiva a me piacerebbe che
la prossima «settimana» fosse per
noi tutti un tempo di ascolto, di dialogo, di ritorno a Dio e a noi stessi,
e contemporaneamente lo strumento per offrire questo stesso «tempo»
alla nostra gente, la circostanza benedetta in cui condividere questo
stesso tempo con quelli che vivono
accanto a noi. In un riferimento
reale, chiaro ai segni del «tempo
dell’aratro».
Campo invernale a Santa Severa
La libertà e
il comportamento
Per la prima volta quest’anno al Villaggio della gioventù
di Santa Severa si è tenuto un
campo studi invernale per
giovani.
Lo scopo principale era
quello della formazione delle
nuove leve di monitori, animatori e staffisti. Il titolo che
si è dato al campo era Libertà
e comportamento responsabile, individuo e collettività, un titolo volutamente
ampio, che lasciasse liberi di
affrontare diverse tematiche
al suo interno.
Infatti gli incontri vertevano sull’identità protestante,
la sessualità, il mondo del
lavoro (in particolare dal
punto di vista delle donne),
la tecnica di organizzazione
di un campo, l’etica del volontariato e alcuni studi biblici sulla libertà e la sua
realizzazione.
Ci si è avvalsi della collaborazione di una sindacalista,
Doriana Giudici, di uno psicologo, Salvatore Intelisano,
di un insegnante, Maurizio
Girolami, di due esperti di
animazione, Sandro Spanu e
Elia Piovano, di un pastore.
Italo Benedetti, e di uno studente in teologia. Italo Pons:
ano staff nutrito per oltre ses
santa campisti.
Il campo è ben riuscito, non
solo per l’interesse che hanno
dimostrato i campisti nonostante le molte ore di studio
che comportava, ma anche
per le ore di svago passate insieme in modo allegro e animato. Abbiamo raccolto le
impressioni d alcuni partecipanti.
Maria e Davide: «Ognuno
di noi, nel suo piccolo, ha fatto proprio un insegnamento
traducibile anche in situazioni che si verificano fuori
dai campi evangelici».
Enrico: «Io non sono evangelico, ma i temi affrontati
sono stati per me interessanti,
perché fanno parte della nostra vita quotidiana e altrove
non sono mai affrontati».
Marco: «Mi è piaciuto
l’ambiente, eravamo ragazzi
e ragazze provenienti veramente da ogni parte d'Italia e
persino dall’ estero».
Carmen, Anna e Andrea:
«Abbiamo apprezzato gli interventi per il fatto che temi
così complessi siano stati
esposti con estrema chiarezza».
Un inizio incoraggiante per
un’iniziativa che contiamo di
ripetere.
La scuola serale «G. Barberi» di Firenze
Un servizio
per extracomunitari
Una scuola serale che prevede anche corsi di alfabetizzazione per extracomunitari e corsi di socializzazione, oltre a una biblioteca. La
scuola serale «Gaetano Barberi» di Firenze si presenta
così.
Nata nel 1971 ad opera di
un gruppo di giovani della
Chiesa battista fiorentina in
collaborazione con il Centro
sociale evangelico, ma senza
alcun fine confessionale, ha
avuto una prima sede in via
Manzoni, poi in via dei
Macci e successivamente
nei locali del Comune in
piazza dei Ciompi, pittoresco angolo di città, vicino a
Santa Croce che ospita un
mercatino delle pulci e
dell’antiquariato e un circolo ricreativo sede di una
squadra del «calcio in costume» fiorentino. Gaetano
Barberi era uno dei fondatori, scomparso nel 1975.
Negli anni ’70 la scuola si
rivolse soprattutto a giovani
immigrati dal Meridione, poi
più recentemente ha cominciato a aprirsi ai cittadini
stranieri, inizialmente eritrei
e etiopi.
A tutt’oggi sono un migliaio le persone passate dalla
scuola. La scuola serale è
gratuita, gli insegnanti sono
volontari; il «Progetto scuola
immigrati», nato nel 1985 ad
opera del grappo locale della
Federazione giovanile evangelica con i contributi della
Chiesa episcopale americana
e delle chiese battiste, metodiste e valdesi di Firenze vede iscritti provenienti da Marocco, Siria, Sri Lanka, isole
Mauritius, Egitto ed Eritrea, e
vive dello scambio fra le culture in una prospettiva di
uguaglianza.
Al 1989 risale invece una
collaborazione con una Usi
per attività di preformazione
e socializzazione per portatori
di handicap, in particolare tra
i 15 e i 30 anni.
Successivamente il grappo
promotore è divenuto cooperativa e, sotto l’egida del
Centro sociale evangelico di
via Manzoni, collabora con
tutte le Usi cittadine, per
favorire l’inserimento di soggetti disabili nel tessuto sociale attraverso pittura, fotografia, musica, visite ai musei, gite, e soprattutto ravviamento a padroneggiare le
principali «abilità», necessarie al raggiungimento di una
autonomia fisica, mentale e
sociale.
POMARETTO — Le vacanze di Natale possono servire per
riposarsi, per studiare e per andare sugli sci, ma parte di esse può venire anche usata in modo diverso. Un grappo di
catecumeni si è recato all’Asilo di San Germano martedì 29
dicembre e lì ha trascorso l’intera giornata. I catecumeni
hanno visitato l’istituto e incontrato gli ospiti, la loro solitudine, la loro sofferenza, ma anche la loro allegria, la loro incredibile capacità di comunicare e la loro voglia di parlare
patois.
Le cose che più hanno colpito i ragazzi sono state le innumerevoli attività a cui gli anziani possono partecipare,
ma anche le gravi condizioni fisiche in cui molti di loro ci
trovano.
Cinzia, Cristian, Massimo, Sabrina, Silvia, Simonetta, Elena e Dario ringraziano gli ospiti e gli operatori dell’istituto
per tutto ciò che ci hanno saputo offrire, e promettono di
tornare all’Asilo il più presto possibile e con un numero sicuramente maggiore di compagni.
* È deceduta dopo lunghi anni di sofferenza, presso
l’Ospedale valdese di Pomaretto, la sorella Alma Barai
ved. Coucourde, di 71 anni. Ai familiari nel dolore la simpatia cristiana della comunità.
VILLASECCA — Il mese di dicembre è stato, come sempre,
ricco di attività. L’unione femminile ha avuto il piacere di
ricevere la visita di alcune sorelle dell’unione di Pomaretto
che hanno riferito sui lavori dei recenti congressi di S. Severa.
La scuola domenicale e il catechismo hanno preparato, come al solito, la loro festa di Natale che si è tenuta il 26 dicembre e in cui hanno presentato lo studio condotto sul profeta Giona e alcuni dialoghi o letture a più voci di argomento natalizio. Un buon risultato ha dato anche la lotteria organizzata daU’unione femminile nella stessa occasione
e il cui ricavato va a incrementare i fondi accantonati per alcuni restauri dello storico tempio di Villasecca.
* La corale ha preparato con buon impegno la sua partecipazione ai culti del periodo natalizio, al concerto che si è tenuto a Pomaretto il sabato sera prima di Natale e alla settimana del francese.
* I culti ai Chiotti sono stati arricchiti dai messaggi di predicatori esterni: Lucilla Peyrot, Milena Martina!, Gregorio Plescan delle chiese del circuito, che ringraziamo per la
loro collaborazione. Un grazie particolare a Daniel e Simone Brandt, pastori nelle chiese valdesi del Rio de la Piata,
che ci hanno presentato anche un’esperienza di animazione
della meditazione biblica attraverso l’uso di diapositive, oltre a alcune notizie sul loro lavoro nell’America del Sud.
* I culti natalizi al Trassan e a Bovile sono state delle occasioni molto piacevoli si «stare insieme tra fratelli» nella
gioia della venuta del Salvatore.
* La comunità si è riunita ancora una volta per esprimere la
propria speranza nella resurrezione alla famiglia di un fratello. Ci ha lasciato Giovanni Enrico Poèt, deceduto
all’ospedale di Pomaretto l’8 gennaio, dopo lunga malattia,
all’età di 79 anni. Era vissuto per lunghi anni in Francia, ma
ha passato gli ultimi tempi della sua vita ai Chiotti inferiori
dove è stato curato con dedizione dai nipoti.
TORINO — Nel tempio battista di via Viterbo 119, sabato 30
(alle 21) e domenica 31 gennaio (alle 17) si terrà un incontro con il dott. Mauro Adragna sul tema: La pace sia con
noi. Specialista in psichiatria, Adragna si occupa in particolare di problemi di emarginazione, collaborando anche con
comunità cristiane di recupero dei tossicodipendenti. Il suo
approccio verso chi vive conflitti interiori è principalmente
improntato alla comunicazione dell’amore che Dio ha per
gli uomini.
RORÀ — Si è svolta sabato 23 gennaio la serata «Pro Tempio», a cui hanno partecipato molti rorenghi: dalle varie discussioni il Concistoro ha tratto degli spunti utili per muovere i prossimi passi per la ristrutturazione. Ringraziamo
l’architetto Bounous per aver brillantemente illustrato con
diapositive l’attuale stato del tempio e le possibili fasi di intervento. Ringraziamo anche il sindaco e la commissione
stabili che favoriranno la realizzazione di questo grande lavoro di rinnovo del tempio.
LUSERNA SAN GIOVANNI — L’assemblea di chiesa di domenica 24 gennaio, dopo aver ascoltato la relazione finanziaria, ha approvato il consuntivo del 1992, chiuso in pareggio, e il preventivo per l’anno in corso con un aumento del
5% sulla contribuzione alla Tavola e l’impegno di rispettare
i versamenti ogni due mesi.
* Con una buona votazione sono stati rieletti membri del
Concistoro gli anziani Paolo Gardiol e Paolo Gay, il cui
mandato quinquennale era scaduto. Per il non facile quartiere di Lusema alta il posto di anziano è ancora rimasto vacante e sarà la prossima assemblea di chiesa a decidere in
merito.
PINEROLO — Nella chiesa di Madonna di Fatima si è svolto
un incontro in occasione della «Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani». Erano presenti, lunedì 18 gennaio, i
cattolici (con il vescovo Pietro Giachetti), gli evangelici
(con il past. Glen Garfield Williams) e gli ortodossi (con
padre Giorgio Vasilescu).
E stata seguita la liturgia proposta quest’anno da un grappo
di cristiani dello Zaire, mentre è stato ricordato che cinque
anni fa la liturgia era stata preparata da un grappo di valdesi
e cattolici di Pinerolo. Il testo, tratto da Galati 5, 22-25, è
stato commentato brevemente dai tre pastori e inframmezzato da inni preparati con cura dal coro parrocchiale, e seguiti da tutti i presenti, da pause di riflessione, da preghiere
d’intercessione, dal Credo e dal Padre nostro.
La colletta, per «iniziative ecumeniche», è stata divisa in
parti eguali tra la Società biblica e il «Centro di ascolto»
sorto da pochi mesi in città a opera della Chiesa valdese,
della Caritas diocesana e da cinque parrocchie cattoliche.
(V./.).
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 29 GENNAIO 1993
TESTIMONI
DELLA SPERANZA
PAOLO RICCA
Una parola, per cominciare, su questo bel nome
di «testimoni». Che cos’è un
testimone? E un personaggio
del tutto ordinario, che gioca
una parte straordinaria. Per
essere un testimone non c’è
bisogno di essere qualcuno,
basta essere un uomo, una
donna, un bambino: sì, i bambini sono spesso eccellenti
testimoni, basta avere un cuore vivo, uno sguardo limpido,
un linguaggio chiaro, basta
non essere doppi. Non c’è alcun bisogno di eccellere in
qualcosa, il testimone cede il
passo alla propria testimonianza.
Personaggio senza luce
particolare, il testimone gioca
però una parte essenziale. Infatti è solo grazie a lui che un
fatto può essere conosciuto,
compreso, trasmesso ai posteri. E il testimone che riscatta i fatti dall’oblio, è lui
che nutre la memoria dell’
umanità, è lui lo spinotto di
unione della comunicazione
tra gli uomini e tra le generazioni. Senza testimoni,
non ci sarebbe passato e neppure presente, e senza passato
né presente non ci sarebbe
nessuna storia.
Tutto quello che abbiamo,
del passato e del presente, lo
abbiamo grazie ai testimoni.
Così il testimone non può
non essere protagonista della
storia, ma lo è senz’altro nell’
elaborazione di una storia e
di ogni storia. Il testimone.
e ringrazierei Dio di essersi
servito del nulla che io sono
per testimoniare di quel tutto
che egli è in termini di speranza.
Testimoni della speranza
Che parola misteriosa:
«speranza»! Si potrebbe
parafrasare l’apostolo Paolo e
dire: «La speranza, questo
grande mistero! ». Che cos’è
la speranza? Sogno, desiderio, attesa, fantasia, utopia,
oblio, illusione? Un miscuglio
di tutto ciò? L’eco delle nostre frustrazioni o il fuoco che
accende la nostra volontà e la
nostra creatività? La speranza
è il ricordo di ciò che sarebbe
potuto essere e non è stato oppure è l’anticipare, il pregustare ciò che sarà - la visione che diventa progetto?
La speranza, questo grande
mistero! Eppure è proprio essa ad attraversare tutta la Bibbia, dalla vocazione di Àbramo a recarsi in una terra ignota che diventa la terra promessa fino all’invocazione finale dell’Apocalisse: «Vieni
Signor Gesù! »; essa attraversa tutta la storia umana e attraversa anche ogni vita.
Ci sono misteri che paralizzano, ce ne sono che mobilitano. Un grande mistero, un
mistero che mobilita due elementi, mi pare, costituisce il
contenuto della speranza: la
fede prima di tutto, perché per
sperare occorre credere; senza
fede, la speranza non è altro
«Mio Dio, mio Dio,
perché mi hai abbandonato?»
(Matteo 27, 46)
«La fede è certezza
di cose che si sperano»
(Ebrei 11, 1)
«Perché Iddio aveva in vista
per noi qualcosa di meglio»
(Ebrei 11,40)
personaggio ordinario, incaricato di un ruolo straordinario,
è essenziale perché senza di
lui tutto sprofonderebbe nella
notte dell’oblio. Senza di lui,
si crea il vuoto attorno a noi e
in noi. Senza di lui, il nulla ci
spia e prima o poi si impadronisce del nostro cuore.
Abbiamo molto bisogno di
testimoni e beati noi se
lo diventiamo noi stessi. Essere testimoni: nulla di più
umile e nulla di più grande,
poiché non conta il testimone
bensì la sua testimonianza.
Però non c’è testimonianza
senza testimoni.
Beati coloro che hanno vicino a sé dei testimoni e doppiamente beati coloro che diventano testimoni nei confronti di quelli che vivono accanto a loro. Se, alla fine della mia vita, o anche prima,
una persona fra tutte quelle
che ho incontrato nel corso
degli anni mi dicesse: «Sei
stato per me un testimone
della speranza », sarei felice
che fantasia incerta; la speranza è la fede orientata verso
l’avvenire, e « la fede è certezza di cose che si sperano »
(Ebrei 11, 1): la fede e la speranza sono sorelle gemelle; in
secondo luogo, la speranza è
l’attesa di qualcosa di meglio;
speranza è attesa del meglio;
non è necessariamente l’attesa del perfetto, è l’attesa del
meglio. « Perché Iddio aveva
in vista per noi qualcosa di
meglio » (Ebrei 11, 40). Non
si tratta quindi soltanto del
meglio che noi possiamo prevedere e augurare, ma del
meglio che Dio stesso prevede per noi.
Speranza vuol dire credere
che il meglio è possibile. Ad
esempio: l’abolizione della
tortura e della pena di morte
è possibile. Essere «testimoni della speranza» vuol dire
credere che il disordine del
mondo non è fatale, è voluto,
è scelto, ma è possibile volere meglio, scegliere meglio;
non c’è niente di fatale, tutto
può cambiare, anche il cuore
dell’uomo. L’uomo che spera è il contrario del fatalista.
Ma occorre esaminare più da
vicino questa bella parola
«speranza». Lo farò cercando di rispondere a tre domande di fondo, elementari
come il pane quotidiano e
perciò essenziali: sperare,
perché? sperare, in che cosa?
sperare, cosa?
Sperare, perché?
Siamo abbastanza lucidi
per renderci conto che la
speranza nel nostro mondo in
disordine non va da sé. Si potrebbe benissimo essere disperati. Le ragioni non mancherebbero. La storia umana,
in un certo senso, è solo il
grande cimitero delle speranze deluse, appassite o tradite delle speranze morte. Nella
storia umana come nella nostra piccola storia personale
vi sono probabilmente più
speranze deluse che speranze
realizzate. Questa è la ragione.per cui parecchie persone
sono giunte a proibirsi la speranza come se si trattasse di
una droga. La speranza è una
alterazione dello spirito che
sbocca su una visione mistificata della realtà; sperare è un
inganno. Non bisogna sperare, bisogna calcolare.
E qual è la differenza tra
speranza e calcolo? Sperare è
vedere il presente alla luce
del futuro; calcolare è vedere
il futuro alla luce del presente. Sperare è trasfigurare il
presente per mezzo del futuro; calcolare è proiettare il
presente nel futuro. Noi siamo testimoni della speranza,
non del calcolo. Non accettiamo di sostituire la speranza
con il calcolo. Malgrado le
sconfitte? Sì, malgrado le
sconfitte. Malgrado le delusioni? Sì, malgrado le delusioni. Siamo testardi. Sperare
vuol dire proprio questo: essere testardi. I testimoni della
speranza sono testardi, ma
perché? Perché siamo così testardi per essere ancora e
sempre di più «testimoni della speranza in un mondo in
disordine»?
La mia risposta sarà molto
semplice, quasi ingenua:
a causa di Gesù. «Se la terra
è stata degna, un giorno, di
portare un uomo come Gesù»
(D. Bonhòffer), allora abbiamo il diritto o, meglio ancora,
abbiamo la libertà di sperare.
Se Gesù è stato possibile, allora cosa non sarebbe possibile? Se Gesù non è un sogno, come potrebbe non diventare la nostra speranza?
Se Gesù non era un angelo né
un superuomo, se era semplicemente uomo, «l’uomo»
come disse Pilato presentandolo alla folla, «ecco l’uomo», se Gesù è uomo, allora
perché non sperare che tu,
uomo, sia simile a lui, se lui è
simile a te? Questa è, nel fondo, la nostra speranza; ma è
una speranza così audace che
non osiamo quasi enunciarla:
che l’umanità di Gesù diventi
quella di ogni essere umano.
Siamo testimoni di questa
speranza. È una speranza
che, se così posso dire, non è
soltanto nostra ma è anche la
speranza di Dio per l’uomo.
Dio spera che l’umanità di
suo figlio Gesù diventi
l’umanità dei suoi figli e delle sue figlie, l’umanità
deU’umanità! Tale è la nostra
speranza, la speranza di Dio:
non c’è bisogno di gridarla ai
quattro venti, occorre serbarla
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Fabio Picasso: «Femme qui pleure». Un’immagine moderna dell’umanità ferita dalla guerra
nostra speranza in Dio, come
Gesù. Siamo testimoni della
speranza in Dio.
nel proprio cuore, come la
sorgente e la forza segreta
della nostra azione: noi speriamo che l’umanità di Gesù
diventi nostra e loro, degli altri, di tutti gli altri, anche dei
boia! Speranza folle, dite voi.
Ma sì! Dio è pazzo, e anche
voi lo siete, almeno un po’.
Non temete di essere un po’
pazzi; in un certo senso non
lo siamo mai abbastanza!
Sperare è anche questo: essere un po’ pazzi. Sperare perché? Perché Dio mi ha reso
un po’ pazzo.
Sperare, in che cosa?
Gesù - dobbiamo far riferimento a lui perché è
lui la speranza - non ha sperato in se stesso, né nei suoi
discepoli, né nel suo popolo,
né nelle autorità, né nel destino. Egli ha sperato in Dio, in
quel Dio che chiamava Padre
e al quale, non dimentichiamolo, ha rivolto quel grido
estremo: «Mio Dio, mio Dio,
perché mi hai abbandonato?». Gesù ha sperato in Dio
e soltanto in Dio. Questa è la
nostra speranza. Sperare in
che cosa? In Dio. Ciò significa che non speriamo nell’uomo?
Facciamo appello all’uomo
ma speriamo in Dio^ Facciamo appello alle istituzioni ma
speriamo in Dio. Facciamo
appello alle chiese ma speriamo in Dio. Facciamo appello
alla storia, a certi progressi, a
certi miglioramenti della morale umana collettiva, a certe
conquiste giuridiche e politiche (sì, facciamo appello a
tutta quell’eredità preziosa,
anche perché è stata pagata
molto cara) ma speriamo in
Dio. Perché? perché crediamo che alla radice di tutto vi
è ciò che la Bibbia chiama
conversione, e che la conversione nessuno può darsela da
sé.
Facciamo appello all’uomo, anche quando egli assume le vesti del boia, ma
speriamo in Dio che solo ci
sa fare e può umanizzarlo ad
immagine di suo figlio Gesù.
Nella nostra azione per l’abolizione della tortura e delle
esecuzioni capitali, facciamo
appello a tutti ma poniamo la
E infine, sperare cosa?
E presto detto: sperare la
speranza di Gesù. Che
cosa sperava Gesù? Egli sperava il Regno di Dio, cioè il
regno della libertà, se sei prigioniero; il regno del perdono, se sei colpevole; il regno
della grazia, se sei condannato. La libertà ritrovata, il perdono ricevuto, la grazia concessa; è la ferita curata, la pace suggellata, l’amore condiviso, il pane distribuito, la
gioia liberata; è il povero invitato, il ricco convertito, il
malato guarito, il morto risuscitato. Il regno di Dio è il regno degli uomini, secondo la
speranza di Dio, quali Gesù li
ha chiamati a diventare.
Ma sperare tutto ciò è costato caro a Gesù. La speranza di Gesù non è a buon mercato. Infatti lui, che era non
solo testimonio ma attore della speranza, era la speranza in
atto, ha liberato gli altri ma è
stato fatto prigioniero; ha perdonato ma è stato condannato; ha curato le ferite
ma è stato picchiato; ha dato
la vita ma ha ricevuto la morte.
Con ciò siamo finalmente
in grado di comprendere quel
che vuol dire «sperare», se
Gesù è e rimane il nostro riferimento. Sperare non vuol dire augurare, vuol dire assumere e assumere le disperazioni
altrui. Ecco perché costa caro
sperare e anche essere testimoni della speranza: perché
non si tratta di augurare ma di
condividere. «Spero», cioè
condivido la tua disperazione,
la porto con te, la portiamo in
due, in dieci, in mille; sperare
è un’opera collettiva, ci si dà
la mano, ci si tiene per mano,
la tua speranza nutre la mia e
la speranza di Gesù, la speranza del Regno, nutre le speranze di noi tutti.
E questa è la mia ultima
parola: Sperare vuol dire condividere, gli uni con gli altri e
tutti insieme, con Dio.
2 - Fine
Quando sono venuti a prelevare
Quando i nazisti sono venuti a prelevare i comunisti
non ho detto niente
non ero comunista.
Quando sono venuti a prelevare i sindacalisti
non ho detto niente
non ero sindacalista.
Quando sono venuti a prelevare gli ebrei
non ho detto niente
non ero ebreo.
Quando sono venuti a prelevare i cattolici
non ho detto niente
non ero cattolico.
Poi sono venuti a prelevare me
ma non rimaneva più nessuno
per dire qualcosa.
Martin Niemòller
Dachau 1942
Germania
7
Spedizione in abb. post. Gr II A/70
In caso di mancato recapito rispedire e
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle ^lli "^àldesi
venerdì 29 GENNAIO 1993 ANNO 129 - N. 4 URE 1200
Torre Pellice: un appassionato dibattito ha salutato la nascita deH'«Arcobaleno»
Il disagio non è fatto di sola droga:
ripartiamo dalPeducazione per sconfiggerlo
________MARCO BOSTAW_________
Arcobaleno: un bel nome
per Tassociazione di famiglie che si è costituita in vai
Pellice contro il disagio e l’indifferenza. Si propone di dare
una mano, di offrire possibilità a tutti coloro che, in un
modo o nell’altro, sono confrontati con il dramma della
droga: ci si può mettere in
contatto telefonicamente presso il servizio per le dipendenze (933377) o presso la sede
messa a disposizione del gruppo promotore nel municipio di
Lusema, in via Roma 41, tutti
i venerdì dalle 17,30 alle 19.
L’iniziativa è stata illustrata
durante rincontro su disagio,
famiglia, società promosso
dalla Comunità montana vai
Pellice-Ussl 43, con la partecipazione del past. Sergio Ribet e di don Ciotti, al cinema
Trento di Torre Pellice straordinariamente affollato per
l’occasione.
Un’iniziativa che, come è
stato spiegato, vuole indicare
con il suo stesso nome un segno di speranza dopo la burrasca, un riferimento per chi ne
vuole uscire, un ponte di solidarietà che in collegamento
con le istituzioni locali sollecita il contributo di tutti, dai
singoli alle famiglie, ai gruppi
di volontariato, alle chiese.
Nella serata è stato affrontato in modo non superficiale il
grande problema del disagio,
non solo di quello giovanile e
non solo di quello legato alla
droga.
Particolarmente significativo
l’appello rivolto dai rappresentanti dell’associazione:
«Non nascondetevi, non vergognatevi, non isolatevi dagli
altri» hanno detto ai genitori
che hanno un figlio coinvolto
nel «giro». «Dalla droga si può
uscire», hanno testimoniato i
quattro volontari, che in collegamento con le strutture
dell’Ussl si propongono di dare una mano ai ragazzi con
problemi di tossicodipendenza,
avendo essi stessi vissuto sulla
propria pelle il problema.
Il pastore Sergio Ribet ha
sottolineato il momento ecumenico della serata, ha presentato debolezze e possibilità
delle chiese valdesi. I limiti
stanno non soltanto nell’esiguità numerica ma anche nel
fatto che, in particolare in queste valli, lo sforzo principale
delle chiese valdesi si è orientato verso altri tipi di disagio,
intervento soprattutto nel campo ospedaliero e a favore degli
anziani. Non che questo sia
sbagliato - ha detto Ribet - ma
certamente non ha consentito
un analogo impegno nei riguardi dei giovani e delle iniziative culturali. Bisogna però,
prima di tutto, che il mondo
valdese reagisca all’indifferenza e all’abitudine a minimizzare il problema fino a quando
non scoppia vicino o in casa.
I protestanti hanno forse riflettuto meno dei cattolici sulla famiglia e su come dovrebbe essere una famiglia ma in
compenso potrebbero vivere
meglio il loro tradizionale individualismo, non in modo
Conferenza economica: terzo incontro
Industria: il momento
di una rivalutazione
PIERVALDO ROSTAN
L’amministratrice dell’Ussl 43, Serra, don Ciotti, Sergio Ribet e I volontari dell’associazione Arcobaieno
negativo o egoistico ma in termini positivi, nel senso cioè di
sottolineare la responsabilità
personale e soprattutto assumendosela di più anche e proprio di fronte a problemi di
questo tipo.
Da don Ciotti, che con il
gruppo Abele aprì in tempi
non sospetti una delle prime
comunità di accoglienza, è venuto un accorato, e per certi
versi inatteso, richiamo ad affrontare il tema del disagio in
modo più globale, diverso, fortemente collegato alle potenzialità del territorio. Innanzitutto non parlare solo di droga:
se ne parla troppo, pur di trasformare tutto in uno show televisivo; le stesse leggi sulla
droga, sia nei loro aspetti positivi che negativi, sembrano dipendere dalle convenienze politiche del momento di questo
o quel partito politico, anziché
da una valutazione attenta di
ciò che accade ed è accaduto.
Assai preoccupati i dati che
Ciotti ha citato a proposito
dell’abuso di farmaci non prescritti tra giovani e giovanissimi, per non parlare dell’
alcolismo. In secondo luogo:
smetterla di pensare solo alle
comunità terapeutiche e di vedere in esse Tunica soluzione;
tanto più positivo dunque è
stato il suo giudizio sulla nascente associazione. Ancora;
con il gran parlare che si è fatto sulla prevenzione ci siamo
dimenticati che il vero centro
di tutto è l’educazione. Non si
tratta infatti di sfuggire, di proteggersi rispetto ai possibili
ambienti negativi, si tratta invece di essere in possesso di
strumenti per affrontare in modo critico e responsabile il
contesto in cui si vive. Educazione e dunque centralità della
famiglia: ma chi aiuterà le famiglie, chi farà la scuola?
Molti di questi interrogativi
sono stati ripresi nel dibattito,
insieme al ruolo dei pastori e
della predicazione, al tempo
passato quotidianamente davanti alla televisione, alla possibilità di esperienze di lavoro
sul territorio, alla difficoltà del
comunicare, al significato della fede in Cristo. Unanime è
stato il sostegno espresso verso Arcobaleno: il nostro augurio è che alla bella serata e alle
tante buone parole seguano
fatti e impegni da parte di chi
è in grado di farlo, che le istituzioni prendano sul serio l’invito pressante ad essere un effettivo servizio per le famiglie
e i cittadini, che le chiese facciano la loro parte ponendo al
centro della loro riflessione alcuni dei punti sottolineati in
questa serata.
E il momento di pensare seriamente alla rivalutazione del ruolo dell’industria nel
Pinerolese. Nell’ottica di uno
sviluppo dell’area non si può
puntare soltanto sulle opportunità fomite dal turismo ma si
deve tenere presente la vocazione industriale della bassa e
media valle, sostenendone in
ogni modo la rapida rinascita
con l’impianto di nuove aziende e il recupero di quelle già
esistenti e in difficoltà.
Questo è stato l’allarme
lanciato durante il terzo incontro della Conferenza economica del Pinerolese, dedicato alla discussione dei progetti emersi nelle precedenti
riunioni.
Il problema di un’urgente
reindustrializzazione
dell’area ha di fatto sostituito
un’analisi specifica delle varie proposte, apparse in questo senso molto marginali e a
cui in generale è stata rivolta
la critica di aver parlato solo
di ridistribuzione di ricchezze
e non, questione molto più
importante, di produzione di
queste ricchezze.
«Bisogna cambiare il nostro stesso modo di pensare ha esordito il sindacalista
Agliodo - e partire dal presupposto che la nostra regione non è più ricca come 20
anni fa; dobbiamo abbandonare i singoli interventi di
ammodernamento e puntare
su una strategia consorziale
comune per la costmzione di
industrie che limitino la disoccupazione e cerchino di
arginare l’esodo dei lavoratori verso Torino».
Assume quindi un rilievo di
primaria importanza il trasporto delle merci su rotaia,
che va incentivato e agevola
A Pinerolo un coinvolgente programma di prevenzione fra i giovani
Occorre dare continuità al progetto giovani
0RA2IELLATR0WLAMII
C9 era molta attesa per
rincontro di giovedì
scorso presso la sala consiliare
di Pinerolo. Volontari, responsabili delle associazioni di volontariato, deU’Arci, delle
chiese, erano stati convocati da
una lettera del consigliere Drago per la presentazione di un
progetto delTUssl 44 sulla prevenzione delle tossicodipendenze. Purtroppo l’attesa è andata delusa. La riunione è stata
presieduta dai membri della
terza commissione consiliare.
Un progetto che comprendesse Tanalisi della situazione attuale, una possibilità di intervento, degli obiettivi manifestanti la volontà politica degli
amministratori di affrontare con
serietà il grave problema della
tossicodipendenza non è stato
neppure ipotizzato. 1 convocati
non sono stati interpellati.
Si è parlato in termini molto
generici di disoccupazione, di
abbandono scolastico, di imprenditoria giovanile, che dovrebbe porre un freno al disagio generalizzato riscontrabile
nella città. L’assistente sociale, signora Acccomero, ha poi
fatto un resoconto sul lavoro
svolto lo scorso anno. In base
alla legge «Russo-Jervolino»
era previsto, nell’ottica della
prevenzione, un finanziamento ministeriale per i progetti
che fossero stati presentati dai
Comuni nei termini stabiliti, a
cura delle Ussl di competenza.
Il progetto per il ’92 presentato dai servizi sociali è stato
approvato ed attivato dal marzo al giugno dello scorso anno. Il finanziamento è stato riconfermato per quest’anno.
L’incarico dello svolgimento
delle attività è stato affidato
agli educatori della cooperativa San Domenico, che ha vinto la gara di appalto indetta
dal Comune. Poiché quest’ultimo non dispone di locali
propri, le attività di assistenza
ai ragazzi vengono svolte
presso le parrocchie di S. Domenico, di Abbadia Alpina, al
Centro sociale di zona Serena
e nei locali della scuola media
alla Tabona.
I ragazzi, dagli 11 ai 14 anni,
per i quali è stata stipulata
assicurazione e che quindi sono
stati coinvolti nelle attività, sono stati 143. Non sono stati forniti dati più analitici. Le attività
svolte sono di tipo ricreativo,
culturale, sportivo (doposcuola,
scuola di calcio, ceramica, nuoto, musica, fotografia). Molti
ragazzi vengono aiutati a fare i
compiti ed è diminuito il fenomeno dell’inadempienza scolastica. Sono state fatte delle assemblee nelle scuole medie per
presentare il progetto ed informare le famiglie dell’attivazione di questo servizio, che è stato accolto in modo positivo; numerosi ragazzi, prima obbligati
ad avere il gioco in strada come
unica alternativa alla televisione, vi sono stati coinvolti.
Purtroppo, come per tutti i
progetti basati esclusivamente
su finanziamenti ministeriali,
non esiste affatto la garanzia
della continuità. Sicuramente
si tratta di un lodevole intervento riguardante una parte
della popolazione in fascia
scolastica, ma chi ha problemi
di tossicodipendenza, o i soggetti a rischio, non sono individuati né seguiti in modo
particolare.
Ancora una volta, come ha
ribadito lo stesso assessore
Rostagno, i volontari, le chiese, le associazioni, vengono
blandite, ma mai prese sul serio nelle loro richieste.
Vengono individuati non
come collaboratori, ma come
soggetti aventi funzione di
surroga a quelli che dovrebbero essere i compiti precipui
degli amministratori pubblici:
individuare i bisogni della popolazione e cercare di porre
rimedio almeno ai problemi
più gravi.
to con i necessari scali, e non
va abbandonata la questione
di un miglior collegamento
viario con le valli e con Torino, che potrebbe anche risollevare le sorti del settore alberghiero ora in crisi evidente
(Agliodo ha citato il caso
delThòtel Gilly di Torre Pellice) perché non vive, grazie
alla sua scomodità logistica,
sulle aziende esterne.
«Bisogna creare delle infrastrutture moderne in grado di
essere competitive - ha aggiunto Gentilcore, amministratore delegato della Gor di
Buriasco - se si vuole che il
rilancio industriale dell’area
diventi una realtà»; senza, ovviamente, dei costi proibitivi
per le aziende. «Una possibilità - ha suggerito Daviero,
presidente delTAcea - è quella di individuare una società
che urbanizzi l’area necessaria
ai nuovi impianti e la ceda alle
industrie al puro costo di intervento, come è successo in
altre parti d’Europa: diversamente, non c’è nessuna speranza di uscire dalla crisi».
Naturalmente, non deve essere sottovalutata la possibilità di espansione di aziende
tipiche del Pinerolese, come la
Galup.
Si è parlato anche di artigianato: il Cna ha proposto di por
tare a Pinerolo, già nel prossimo autunno, una rassegna artigianale regionale delTartigianato, che rilanci il ruolo di
Pinerolo come polo dei prodotti artigianali e nel contempo incentivi la distribuzione
dei prodotti tipici locali.
Non è stato dimenticato il
settore agricolo che continua a
rivestire una certa importanza,
in quanto alla produzione intensiva di un tempo si sta sostituendo una produzione di
qualità, che privilegia la lotta
integrata ed è attenta alla salute del consumatore. Sempre in
tema di rispetto ambientale
Chiabrando, della Coldiretti,
ha avanzato la possibilità di
impostare la ristrutturazione
delle aziende agricole con i
nuovi sistemi per la produzione di un cereale da cui si può
produrre il biodiesel, un
carburante ecologico.
Decisamente rimandati a
data da destinarsi (comunque
non prima di tre anni) tutti gli
interventi che riguardano la
sfera culturale, come la ristrutturazione del teatro e dei
musei di Pinerolo. Previsto
per quest’anno, invece, l’avvio dei lavori per la realizzazione della piscina e del palaghiaccio.
Il prossimo ed ultimo incontro della Conferenza economica è previsto per venerdì 5
febbraio alle 20,45: alla serata
interverrà anche l’assessore
regionale al Lavoro, Cerchio,
e si parlerà delle opportune
scelte politiche legate ai progetti di sviluppo presentati.
Una volta terminato questo
ciclo di incontri, c’è comunque l’intenzione da parte degli
organizzatori di costituire una
commissione permanente, con
lo scopo di portare avanti i
progetti scelti e di controllare
che non restino lettera morta.
8
PAG. Il
L’Eco Delle Valli Valdesi
venerdì 29 GENNAIO 1993
Toorre Pellice, 15 gennaio: la fiaccolata contro il razzismo
GRUPPO TEATRALE DALLA PROVENZA — Il gruppo
Théâtre rural d’animation culturelle (Trac), gruppo provenzale che da parecchi anni lavora allo sviluppo culturale non
soltanto del dipartimento del Vaucluse, ma in molti altri
paesi e villaggi d’Europa, sarà ospite di una serata a Bobbio
Pellice, sabato 30 gennaio alle 21. Dal 1979 ad oggi il gruppo ha allestito una ventina di spettacoli, da Madre Courage
di B. Brecht all’Amleto di Sh^cespeare, da Fontamara alla
Fiorina. Proprio quest’ultimo capolavoro di Angelo Beolco,
meglio conosciuto come «Il Ruzante», sarà proposto alla
sala polivalente di Bobbio.
È la storia di due contadini. Menato e Ruzante, contadinivenditori ambulanti che si ritrovano al paese dopo il lungo
giro invernale. Nello spettacolo, come nel ’500, i personaggi parlano provenzale, spagnolo, italiano, francese e tedesco
ma trattandosi di donne, di guerra, d’amore e di mal d’amore, si capiscono... e si farmo capire.
CRAC CANDELLERO: SECONDO PROCESSO — La
Corte d’appello ha ridotto a 5 armi e quattro mesi, di cui
due condonati, la condanna inflitta in primo grado a Nuccio
Candellero, il finanziere condannato per la truffa dei falsi
container. Nella truffa furono coinvolti oltre 1.500 risparmiatori del Pinerolese e valli, «catturati» dai facili guadagni
che inizialmente Candellero riusciva a garantire. Il caso
venne a galla abbastanza casualmente, in un periodo in cui
Candellero aveva esteso il suo impegno in numerosi settori,
dalla stampa con il Corriere Alpino alle sponsorizzazioni
del Pinerolo calcio e dell’Hockey Valpellice. I truffati hanno potuto recuperare solo una minima parte del denaro affidato al finanziere sul finire degli anni ’80.
TORRE PELLICE PERDE UN AMICO — Davanti alla
morte improvvisa di una persona di 44 anni si rimane sempre increduli e disarmati; sono queste le sensazioni che
moltissimi hanno provato la scorsa settimana alla notizia
della morte di Sergio Charbonnier, il popolare «Cipo» gestore del bar Italia fin dal 1968.
Nel suo locale, in quella che fu la casa del famoso colonnello Ricca, ora di proprietà della Chiesa valdese di Torre, sono passate intere generazioni, da quella sempre citata
del ’68 ai giovani di oggi, spesso impegnati nelle attività di
Radio Beckwith che ha i suoi studi esattamente al piano superiore. Ma Cipo è stato popolare a Torre Pellice anche come animatore di serate con la Floreal band della locale Adi
e con la cantante Marina Ferrari: occasioni per esternare
una verve umoristica che lo faceva apprezzare da tutti.
NO ALL’ACCORPAMENTO DEL LICEO — Nella seduta
del 19 gennaio la giunta di Pinerolo ha approvato una mozione relativa al possibile accorpamento del liceo classico
«Porporato» all’istituto magistrale «Rayneri», che il Provveditorato intenderebbe eseguire nell’ambito del piano di
razionalizzazione della rete scolastica per istituti di II grado. Il «Porporato», dice la mozione, fa registrare dal 1989
un progressivo incremento degli iscritti (le classi sono aumentate da 10 a 13), è l’unica sede di questo tipo nel comprensorio e serve una popolazione di 150.(X)0 abitanti.
CORSO PER PATENTINI — L’assessorato all’Agricoltura
della Comunità montana valli Chisone e Germanasca ha organizzato un corso finalizzato al rilascio e al rinnovo dei
patentini per l’acquisto e l’impiego di antiparassitari: il primo appuntamento è previsto per il 5 febbraio, alle 20, presso la sede della Comunità montana a Porosa Argentina.
La Comunità montana intende, in tal modo, soddisfare
l’esigenza molto diffusa di approfondire le conoscenze relative ai metodi di lotta fitopatologica, in considerazione dei
possibili rischi derivanti da una loro scorretta applicazione.
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San Germano Chisone: un ciibattito sulla realtà delle valli valdesi e sul loro futuro
«Fra ^Europa e il Mezzogiorno»:
voglia di autogestione oltre la dipendenza
PAOLO RIBET
Prendendo spunto dall’ordine del giorno dell’ultimo Sinodo su «Chiesa e democrazia», nella Chiesa valdese di San Germano è iniziato un dibattito sulla realtà
che le valli valdesi oggi vivono e sui possibili sviluppi futuri. Il documento sinodale
insiste su due momenti fondamentali: la lotta alle mafie
e l’esortazione a reagire al
senso di rassegnazione e di
impotenza, «anche con decisa
assunzione di responsabilità
personale».
Ora, se le 'Valli non hanno
da confrontarsi col fenomeno
mafioso, inteso in senso stretto, certo si scontrano col problema della rassegnazione e
del senso di impotenza che
nascono da una situazione
economica e sociale che sta
rapidamente degenerando.
Non è prerogativa solo valligiana, in quanto nelle ultime
settimane il tema dei posti di
lavoro a rischio è stato posto
in modo drammatico anche ai
più alti livelli dello stato; ma
è certo che in una realtà montana qual’è la nostra, l’emergenza si fa sentire in modo
ancor più drammatico, in
quanto le aree periferiche tendono a essere sempre più
marginalizzate nelle scelte
strategiche dell’economia.
È dunque sulla scorta di
queste riflessioni che la Chiesa di San Germano ha orga
nizzato due momenti di dibattito; al primo, venerdì 22
scorso, hanno partecipato
r europarlamentare Rinaldo
Bontempi e il presidente della
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, pastore
Giorgio Bouchard. Tema della serata: «Le Valli fra l’Europa e il Mezzogiorno».
Fra gli scenari possibili per
il futuro, indicati in modo
«provocatorio» dal moderatore della serata: la dipendenza
imposta (e accettata) e l’autonomia, intesa come capacità e
possibilità di autogestione.
Primo a rispondere è stato Rinaldo Bontempi, che ha fatto
notare come, nell’attuale congiuntura, non manchino solo i
soldi ma anche le idee. Tale
crisi di idee rende i soggetti
(amministratori, partiti) a cui
si chiede di risolvere i problemi, impossibilitati a farlo;
ma, ha ripreso Bontempi, il
pluralismo al quale vogliamo
continuare a fare riferimento
non è composto solo da sigle
di partiti ma dall’area più
complessa di movimenti ed
organizzazioni attive nella
società. Per mantenere vivo il
pluralismo è necessaria, però,
la circolazione delle informazioni. E si sa, ha commentato
il parlamentare europeo, che
chi detiene l’informazione
detiene anche il potere.
Molti esempi si potrebbero
fare per illustrare la necessità
di mantenere aperta tale circolazione, ma ci limiteremo
a due tra quelli che sono stati
illustrati. Seicento miliardi
sono stati stanziati a livello
europeo per la conversione
di attività industriali nel Piemonte ma pochi lo sapevano,
per cui si corre il rischio serio di non giungere in tempo
nell’elaborazione di programmi e di perdere finanziamenti.
11 secondo esempio è dato
dai progetti, recentemente illustrati a Torino, di organizzazione della città che sono
stati elaborati a Monaco di
Baviera e Chambéry, allo
scopo di rendere gli abitanti
più partecipi alla vita del loro
quartiere.
Due esempi di possibile interazione (e integrazione) europea; ma, ha commentato
Bontempi, le idee mancano
quando ci si chiude in noi
stessi. E certamente vero che
spesso noi ci troviamo in ritardo, a livello organizzativo,
rispetto ai nostri vicini tanto
che rischiamo di uscire sconfitti nel gioco della concorrenza. Ma appare chiaro che
non possiamo chiuderci di
fronte ad una tale possibilità
bensì, al contrario, accettare
la sfida e produrre uno sviluppo qualitativo.
Per quanto concerne le
realtà delle valli, ha concluso
Bontempi, esse sono ricche di
storia ed occorre che si abbia
la volontà di accostarsi ad esse come ad una zona che ha
forte il senso della libertà.
Il pastore Bouchard ha voluto esordire esprimendo ottimismo: il Piemonte, ha detto,
può uscire dalla crisi, in
quanto è la più americana
delle regioni italiane. Esso ha
infatti una struttura che funziona, una storia (anche militare, dunque di disciplina) ed
una tradizione liberale, operaia e partigiana. Esiste la
possibilità che la ripresa del
Piemonte tagli fuori le Valli,
in quanto vi è il rischio che in
Europa si attui il modello reaganiano che è stato recentemente sconfitto negli Usa:
puntare tutto sulle aree forti.
Ciò nonostante, ha affermato ancora Bouchard, per i
valdesi è fondamentale il processo di costruzione dell’Europa, in quanto l’Europa è il
crogiolo in cui si incontrano
quattro tradizioni: quella liberale, quella socialista, quella
protestante e quella cattolica.
I valdesi dunque rappresentano, per la loro particolarità,
un ponte verso questa realtà
complessa.
La situazione dell’Italia è
certamente grave e sbaglia
chi divide il paese in parti sane e parti malate.
Noi, ha concluso Bouchard,
non siamo senza speranza, sia
per il «dopo» che per l’oggi
e, per quanto ci concerne, con
l’ingresso in Europa, ci rendiamo conto come i protestanti siano ascoltati e non
rappresentino più una piccola
minoranza.
Un incontro sugli archivi comunali e sul loro riordino ad opera della Regione
Un luogo dì memoria che bisogna tutelare
OSVALDO COISSON
La conferenza del dori.
Guido Gentile, sovrintendente agli archivi del Piemonte e della valle d’Aosta e della
dott. Caffaratto, organizzata
dal Gruppo di studio vai Lucerna con la collaborazione
del Comune ha avuto luogo
venerdì 8 gennaio di fronte a
un pubblico numeroso e attento.
Nella sua presentazione lo
storico Ferruccio Jalla ha
sottolineato l’importanza di
questo riordino degli archivi
patrocinato dalla Regione Piemonte. Il dott. Gentile ha ricordato come il Comune sia
probabilmente la forma più antica di organizzazione sociale,
più importante in passato
quando il territorio di proprietà
comunale era molto più vasto
per cui doveva provvedere a
distribuire le risorse della proprietà pubblica in base alle esigenze della popolazione.
Aveva, come ha ancora, la
funzione di tramite nei rapporti fra la popolazione e le
autorità, (feudatari prima, regnanti poi e, ora, governi costituzionali), e cercava di ridurne i privilegi. C’era anche
la necessità, per i Comuni, di
tenere un catasto aggiornato
dei beni posseduti dai contribuenti, per ripartire le tasse.
Il Piemonte ha avuto uno
dei più moderni sistemi catastali d’Europa; il regime napoleonico, che ne aveva imposto
la revisione, ha avuto una durata limitata, per cui non ha
potuto essere adottato in tempo in tutti i Comuni. L’archivio racconta la storia del Comune nelle sue attività e tra
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sformazioni, nel bene e nel
male. Con l’avvicendamento
delle amministrazioni è successo anche che alcuni Comuni hanno perso il controllo di
certe loro proprietà, e questo
si scopre quando si procede a
questo riordino. Logicamente, dopo che si è proceduto al
riordino, occorre che i Comuni abbiano, fra il personale,
qualcuno che conosca la tecnica di conservazione e di
mantenimento, per continuare
a aggiornarlo.
La dottoressa Caffaratto,
funzionaria della Sovrintendenza e interessata particolarmente al settore delle valli alpine, ha parlato degli interventi che già sono stati fatti sugli
archivi della nostra regione,
non solo su quelli comunali
ma anche su quelli valdesi. Ad
oggi sono stati fatti 172 inter
venti; nel 1987 è iniziato il
riordino di quello di Luserna
San Giovanni, in seguito è stata la volta di Rorà, Villar Pellice, Torre Pellice e Angrogna.
Per il 1993 è in programma
quello di Bricherasio; i Comuni di Pomaretto, San Germano, Perosa Argentina e Villar Perosa godono di contributi della Comunità montana. E
più difficile salvare gli archivi
familiari, che spesso vengono
dispersi dagli eredi di chi li
aveva creati. Anche gli archivi
degli enti economici sono più
difficilmente ricuperabili (la
legge ne prescrive ai fini fiscali e legali la conservazione
per 10 anni). Analogamente
sarebbe utile e interessante un
riordino degli archivi delle
opere pie, delle associazioni,
delle cooperative ecc.
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9
venerdì 29 GENNAIO 1993
L’Eco Delle Valli Valdesi s
PAG,
III
Il fascino del Museo didattico di scienze naturali di Pinerolo
I visitatori sono in aumento
ma incombe la carenza di fondi
Quando è stato inaugurato,
nel 1978, il civico Museo didattico di scienze naturali
conteneva soltanto qualche
animale impagliato e una
collezione di farfalle; nel
corso degli anni si è arricchito notevolmente, grazie soprattutto alla donazione, da
parte del micologo Mario
Strani, di 4.000 funghi, riprodotti in resina secondo il modello naturale.
Oggi il museo è diviso in
sei sezioni, disposte su due
piani. Nella prima saletta si
possono vedere gli invertebrati, rappresentati da varie
specie di insetti e di farfalle
(purtroppo solo una ventina
delle duemila disponibili, a
causa dell’evidente mancanza
di spazio: le altre sono tutte
accatastate all’ingresso e non
è possibile vederle). La seconda sezione è più propriamente didattica, in quanto
spiega attraverso dei poster
una serie di fenomeni geologici, come la tettonica a zolle,
e riproduce con dei plastici
vulcani e zone montagnose,
come l’arco alpino occidentale e le valli pinerolesi. A questa parte, curata in particolare
dal gruppo speleologico delle
valli pinerolesi, si aggiunge
una bacheca con alcune notizie di astronomia, allestita dal
gruppo astrofili.
In un’altra sala si può vedere una collezione di minerali
lasciata in esposizione dal
gruppo mineralogico Pinerolo
e Valli; alla sezione minerali
non si può accedere nemmeno per la manutenzione, visto
che da tempo si sono perse le
chiavi delle bacheche di vetro
che li contengono.
Nell’ultima stanza al pianterreno sono esposti alcuni
animali imbalsamati, in gran
parte uccelli; inoltre vi sono
pesci conservati in una soluzione di formaldeide e acqua
che purtroppo hanno ormai
perso i loro colori originari.
Si conservano bene solo i fossili, provenienti dagli scavi
paleontologici di Verona e
donati anch’essi da Mario
Strani.
Il perché di questo decadimento non è difficile da capire: «Mancano i fondi anche
per la più piccola manutenzione - spiegano gli obiettori
del Wwf, che ha sede nelle
sale del museo - non c’è posto per esporre tutto il materiale e si devono ancora persino classificare un migliaio di
funghi donati da Strani
nell’89».
Nemmeno si può dire che
sia stato dato il dovuto spazio
ai tremila funghi ora visibili
che affollano le due stanzette
al piano superiore, disposti
vicinissimi dentro bacheche
spesso incastrate negli angoli
e sovrapposte l’una all’altra,
cosa che non aiuta certo ad
ammirarli. Un po’ poco per
una collezione che riproduce
con un lavoro da artista ben
750 specie di funghi europei
ed extraeuropei (ce ne sono di
sconosciuti, provenienti dal
Giappone, dal Messico, dalla
Nigeria) e che si vanta di essere l’unica in Italia.
Il museo, diretto dal prò
« Í
fessor Pochettino, è alle dipendenze del Comune: gestito per lungo tempo con la
collaborazione del Wwf, da
poco è passato sotto il controllo del Consiglio direttivo
dell’Associazione naturalistica pinerolese, nata nel dicembre scorso con l’intento
di tutelare il patrimonio naturalistico locale e di diffonderne la conoscenza. La speranza di molti è che questa
sia una buona occasione per
ampliare il museo, mettendo
a disposizione della sacrificata collezione alcune stanze
adiacenti, di proprietà del
Comune, ora inutilizzate. I
visitatori d’altra parte sono
in aumento: 2.824 nel 1992
rispetto ai 1.835 dell’anno
precedente. L’ingresso è gratuito, non c’è un orario fisso
per le visite; è necessaria la
prenotazione direttamente
presso il museo, in via Brignone 1, tei. 74477 oppure
67682.
Torre Pellice: un successo la serata rivolta al pubblico giovane
Musica contro il razzismo
FEDERICA TOURN
Un gran numero di partecipanti ha premiato
«Musica contro il razzismo»,
il concerto rock-blues-folk tenuto il 16 gennaio al Salone
opera della gioventù di Torre
Pellice da giovani del Pinerolese e di Torino. L’iniziativa
fa parte del programma di riflessione sul razzismo proposta dal Comune di Torre Pellice in collaborazione con le
chiese e le associazioni culturali della zona.
Il concerto ha rappresentato un momento di aggregazione per i ragazzi ed è stato
anche un’occasione di manifestare un impegno morale
di solidarietà nei confronti di
tutti i perseguitati. «Riteniamo che sia fondamentale
cercare di sensibilizzare la
gente sul problema del razzismo - hanno spiegato i
Blue Elmer’s, uno dei gruppi
che hanno suonato al concerto - perché è inconcepibile
che vi siano ancora oggi
episodi di discriminazione
razziale dopo tutti gli orrori
del nazismo». Aggiunge
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Maurizio Volpe, che al concerto ha alternato canzoni
sue ad altre di cantautori conosciuti: «Bisogna che tutti
si convincano che non c’è
nulla di più vergognoso del
perseguitare un proprio simile per una questione di
pelle, religione o etnia». La
musica è un metodo efficace
per diffondere questo messaggio? «Certamente - continua Maurizio - la musica è
il miglior mezzo di comunicazione perché raggiunge
tutti e costituisce un momento di coinvolgimento
molto importante anche per
chi non suona e non canta».
«Crediamo molto nella forza trainante della musdea hanno spiegato i componenti
del Csu, i Cañavero Sound
Underground -; per questo la
utilizziamo come strumento di
denuncia, anche nei confronti
dei nostri politici. L’uso del
piemontese in alcuni nostri
testi, per esempio, è un’ironica polemica a Bossi». Anche
gli altri gruppi sono d’accordo: «Insieme ai giornali la
musica è il mezzo di
comunicazione più efficace
perché riesce a raggiungere
molta gente nello stesso tempo» affermano i Gallagher’s
Boxty House, un gruppo di
Torino che si dedica alla musica irlandese.
Una consapevolezza che
non mancava agli organizzatori: «Il nostro scopo era far
riflettere la gente - ha chiarito l’assessore Bertalot - e il
mezzo migliore ci è sembrato
quello di far coincidere momenti di aggregazione con
pause di testimonianza contro
l’ingiustizia e i pericoli del
razzismo».
E la testimonianza non è
mancata, grazie all’intervento
di un ex deportato a Mathausen, Ferruccio Maruffi, che
ha coinvolto il pubblico parlando in modo vivace di alcune impressioni riportate durante la sua terribile esperienza, tanto che molti ragazzi
l’hanno invitato a tenere delle
conferenze nelle scuole.
Nel suo discorso, Maruffi
ha raccontato come nel campo di concentramento abbia
imparato l’importanza dell’amicizia e della solidarietà
tra le persone.
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Piccoli impianti
Acquedotti
a rischio
Problemi in arrivo per piccoli acquedotti, privati o consortili. L’attivazione di controlli
sistematici della potabilità della loro acqua, che ormai vengono effettuati da alcuni anni a
questa parte dalle Ussl, sta portando al pettine molti nodi.
«In particolare, nelle zone
montane come quelle delle valli
- dice il responsabile del servizio di igiene dell’Ussl 43, Marco Pratesi - sono piuttosto frequenti i casi di inquinamento
da batteri che non si è riusciti
ad eliminare tramite ulta più attenta e frequente manutenzione
e disinfezione delle strutture
esistenti; si tratta di solito di inquinamenti lievi e dunque non
pericolosi di per sé ma che
indicano che la raccolta delle
acque è superficiale o che vi sono infiltrazioni o che animali vi
sono penetrati: in ogni caso si
tratta di acque a rischio per le
quali bisogna prendere rapidi
provvedimenti».
Sorgenti, vasche o tubazioni
vecchie sono spesso alla base
di queste situazioni; la loro cura e talvolta sostituzione diventa estremamente onerosa per
dei Comuni che sono talvolta
in gravi difficoltà finanziarie.
«In alternativa si potrebbero
installare dei sistemi di clorazione ma queste apparecchiature, per funzionare bene, devono essere dotate di complessi
meccanismi, a loro volta costosi. Le ultime leggi entrate in vigore prevedono, per chi fornisce acqua anche lievemente inquinata, la denuncia alla magistratura. E tutto questo a carico di chi sta svolgendo un vero
e proprio servizio per la comunità, scaricando i Comuni di
spese e grattacapi».
Nelle Chiese
POMARETTO — Anche quest’anno l’agape del XVII febbraio
si terrà nei locali della Pro Loco gentilmente concessi a Inverso Pinasca (Fleccia) al prezzo di £ 17.000 (adulti) e 12.000
(fino a 12 anni). I biglietti si potranno acquistare da Ugo
Beux (Pomaretto), Daniela Beri (borg. Ghigasso), Elio Giaiero (Perosa Argentina), Marina Ribet (Inv. Pinasca - Clot), e
panetteria Rochon (Inv. Pinasca - Fleccia) a partire dal 1°
febbraio e fino a sabato 13.
TORRE PELLICE — Sabato 30 gennaio, alle 20,30 nella Casa
unionista di via Beckwith, si svolge un incontro del coordinamento scout vaili.
POMARETTO — Domenica 31 gennaio, alle ore 14.30, presso
l’Eicolo grando, si tiene un incontro dei giovani e dei catecumeni della Val Germanasca, organizzato dal III circuito.
PINEROLO — Sabato 6 febbraio, alle 17, nei locali della chiesa
valdese in via dei Mille proseguono gli Incontri teologici
Giovanni Miegge; rincontro avrà come tema la prima parte
del testo «Il libero arbitrio» di Erasmo da Rotterdam, edito
dalla Claudiana.
RORÀ — Domenica 31 gennaio è convocata l’assemblea di
chiesa per discutere il consuntivo ed il preventivo finanziario
perii 1993.
PERRERO — Domenica 7 febbraio, alle 10, si svolgerà l’assemblea di chiesa con l’esame della relazione finanziaria.
TORRE PELLICE — Le chiese evangeliche del paese organizzano alcune riunioni di preghiera, la prima delle quali si
svolge domenica 31 gennaio, alle 15,30, nella sala dell’Esercito della Salvezza in via Cavour.
PRALI — Domenica 31 gennaio assemblea di chiesa su tema
delle finanze.
Un'iniziativa del gruppo «Val Lucerna)
La toponomastica
Nel passato la toponomastica
delle Valli valdesi ha suscitato
notevole interesse; se ne occuparono fra gli altri il colonnello
ugonotto Giovanni Battista de
Rouzier, il comandante A. de
Rochas d’Aiglun, Jean falla,
Giorgio Roletto, Teofilo Pons.
Negli ultimi anni sono state
preparate alcune tesi di laurea
in questo campo. Inoltre la comunità di Angrogna ha fatto
una ricerca sui toponimi della
sua zona. Il Gruppo di studio
vai Lucerna ha in programma
per venerdì 5 febbraio (20,45
sala della comunità) un incontro sul tema Toponomastica:
perché? con la partecipazione
del prof. Arturo Genre, docente
airUniversità di Torino e promotore del «progetto di ricerca
sulla toponomastica del Piemonte montano».
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PAG. IV
L’Eco Delle Valli Valdesi
VENERDÌ 29 GENNAIO 1993
Risultato di rilievo nazionale per la giovane sportiva di Frali
Quarto posto per Lara Peyrot
Grande giornata, quella di
sabato scorso, per la diciassettenne Lara Peyrot. Impegnata nella 15 km a tecnica
classica, la giovane pralina si
è inserita al quarto posto dietro atlete affermate e con una
esperienza decisamente maggiore alle spalle, quali Manuela Di Centa, Gabriella Paruzzi e Bice Vanzetta. Non
ha gareggiato Stefania Beimondo in non buone condizioni fisiche.
Si tratta per la Peyrot di un
risultato di assoluto rilievo,
che potrebbe anche aprirle ulteriori opportunità a livello di
Nazionale, tenuto conto soprattutto della giovane età.
Anche i più piccoli dello Sci
club Prali e del Passet di Pragelato hanno ottenuto, nello
scorso fine settimana, buoni
risultati. Alla decima edizione del trofeo Topolino, gara
intemazionale che ha visto a
Castello di Fiemme la partecipazione di giovani di Italia,
Croazia, Slovenia, Austria,
Romania e Grecia, Susy Pascal è giunta 2° nella categoria cuccioli femminile, dietro
Anita Lergovic della Croazia.
Nella categoria baby femminile (1,5 km) successo di Monica Magnarini del Passet.
Fra i cuccioli maschile (4
km), 35° Fabrizio Grill( Prali)
e 44° Paolo Nota (Passet).
Nella categoria ragazze (4
km), 11 ° Stefania Chiri (Passet), 15° Serena Peyrot (Prali)
e 52° Francesca Bonino (Prali). Nei ragazzi (5 km), 20°
Daniele Genre (Prali), 33°
Demis Richard (Prali), 49°
Diego Lageard (Prali),
57°Marco Gibaudo (Passet),
85° Alex Barale (Prali).
Fra gli allievi, nella categoria femminile (5 km) 31°
Francesca Albarello (Passet)
e 50° Karen Grill (Prali); fra i
ragazzi 60 Simone Rostan
(Prali), 79° Alessandro Sappè
(Passet) e 88° Roberto Dogano (Passet).
Una buona delegazione di
giovani valligiani ha infine
partecipato sabato 23 ai campionati regionali di fondo a
Bagni di Vinadio; Elisa Rostan
si è classificata 3° nella categoria aspiranti, Patrick Peyrot
4° nella stessa categoria maschile. Fra gli juniores, sui 10
km, successo di Andrea Roggia del Passet, 7° Claudio Garnier e 9° Massimo Gamier, entrambi dello S.C. Prali.
Nelle gare a staffetta le praline Sonia Peyrot, Nadia Peyrot ed Elisa Rostan sono
giunte terze, mentre fra i ragazzi Andrea Bava, Claudio
Garnier e Patrick Peyrot si
sono classificati quinti.
Pinerolo calcio
Una partita
deludente
Come spesso accade quando
le partite si annunciano facili,
la squadra più accreditata fatica ad assumere il molo che le
compete. È accaduto al Pinerolo domenica nel campionato
nazionale dilettanti contro
l’ultima in classifica, il Bellinzago. La gara non è stata bella, dominata più dagli errori
che da belle occasioni; i biancoblù hanno anche fallito un
calcio di rigore con Serra al
60’, concesso per atterramento
in area di Fabbrini. Lo stesso
Serra, subentrato a Rolando,
è stato ammonito nel corso
della partita dall’arbitro Perissinotto. Nemmeno l’ingresso del bomber Labrozzo in
sostituzione di Quaranta è
servito a sbloccare il risultato.
Domenica prossima i pinerolesi affronteranno una trasferta non facile sul campo di Seregno.
INFORMA
COMUNICAZIONE AGLI UTENTI
DI LUSERNA SAN GIOVANNI
L’ACEA di Pinerolo, subentrata al Comune nella gestione dell’acquedotto dal 1° gennaio 1993, porta a
conoscenza dei Signori utenti alcune informazioni atte a regolamentare nel modo più chiaro possibile, le
condizioni di fornitura.
1. TARIFFE IN VIGORE
Le tariffe attualmente in vigore, approvate con provvedimento del Comitato Provinciale Prezzi n. 15 del
19.03.1991, con decorrenza dal 1° gennaio 1991, sono le seguenti:
2. NOLO CONTATORI
Viene fatturata una quota fissa in rapporto al minimo impegnato ed a valori mensili compresi fra L. 450
e L. 4.000. uso domestico da 0 a me 90 Urne 300 USO industriale ed altri utilizzi fino al minimo contrattuale Urne 550
da 91 a me 135 L/mc 550 supero L/mc 1.300
da 136 a me 180 oltre me 181 L/mc L/mc 800 1.100 uso allevamento animali
uso agricolo da 0 a me 120 L/mc 300 1) all’Interno di un “uso dome- stico” assegnazione di un minimo aggiuntivo pari a me
da 121 a me 180 Urne 550 18/anno/capo bestiame bovi-
oltre me 181 L/mc 800 no a L/mc 275
uso artigianale fino al minimo contrattuale L/mc 550 2) all’Interno di un “uso agricolo” riconoscimento di un minimo
supero L/mc 900 'aggiuntivo pari a me 18/an-
uso commerciale fino al minimo contrattuale L/mc 550 no/capo bestiame bovino a 3) uso eclusivo allevamento bovini Urne 275
supero L/mc 1.100 tutto il consumo a L/mc 275
3.FORMALIZZAZIONE DEI CONTRATTI DI FORNITURA E FATTURAZIONE CONSUM11993
Verrà data successivamente ampia pubblicità alle modalità che verranno seguite sia per quanto riguarda la formalizzazione dei contratti di fornitura, sia per quel che concerne la fatturazione dei consumi di
acqua.
Si informano i Signori utenti che per ogni informazione tecnica ed amministrativa, per variazioni relative
aH’intestataho della bolletta o alle condizioni contrattuali sono disponibili gli uffici ACEA, in via Vigone,
42 Pinerolo - telefono verde (chiamata gratuita) 1678/08055. Inoltre per le emergenze si segnala il servizio di pronto intervento (24 ore su 24) da parte dei tecnici ACEA.
Il pagamento delle bollette potrà essere effettuato sia presso gli sportelli postali, sia tramite domiciliazioni bancarie dietro presentazione delle stesse bollette oppure presso la Cassa ACEA nell’orario d’ufficio:
mattino: ore 8,30 - 12.00 pomeriggio: ore 14.00 -15.00 (sabato ecluso).
Pinerolo, 11 gennaio 1993
IL PRESIDENTE
(Ing. Piergiuseppe DAVIERO)
IL DIRETTORE
(Ing. Francesco CARCIOFFO)
Tennis da tavolo
Entusiasmo
e delusione
Netta sconfitta per la formazione C maschile del Valpellice nel tennis tavolo in
trasferta a Fossano (1-5);
l’unico punto è stato realizzato da Rosso. Gay e Malano
nulla hanno potuto contro
Santini e Luciano, giocatori
presenti anche nelle classifiche nazionali assolute.
Questa la nuova classifica:
Sanremo 14, Imperia 12, Fossano 10, Valpellice 8, Ventimiglia 6, Verzuolo 4, Genova
2, Crdc Torino 0.
Ottima invece la prestazione della formazione D2 che
con un secco 5-0 ha sconfitto
la capolista Moncalieri. Rossetti con impegno e carattere
è riuscito a non far pesare
l’assenza dell’infortunato
Sergio Chiri. I punti sono stati realizzati da Rossetti (2),
Giuliano Chiri (2) e Piras.
Ha riposato la C femminile.
Sabato 30 gennaio appuntamento importante alla palestra di via Filatoio a Torre
Pellice; ben tre le partite in
pro^amma: alle 15 la C femminile affronta il Livorno, alle 16 la C maschile gioca
contro il Crdc Torino e, per la
D2, scontro al vertice tra Valpellice e Villar Perosa.
Venerdì 29 gennaio — PINEROLO: Alle 21, presso il
Centro sociale di via Lequio, il
Comune organizza un dibattito
su Statuto del Comune:
partecipazione e diritti dei
cittadini; verrà presentato da
parte dell’amministrazione lo
Statuto comunale che istituisce
nuovi momenti di partecipazione e di controllo per la trasparenza. Intervengono al dibattito Elvio Passone, del Consiglio superiore della magistratura e Franco Cazzola, docente
alle Università di Catania e Firenze.
Venerdì 29 gennaio — SAN
GERMANO: Alle 20,45 si
svolge il secondo dibattito organizzato dalla locale Chiesa
valdese; tema della serata Le
valli in un Piemonte che
cambia. Intervengono Eugenio Maccari, assessore regionale alla Sanità ed Erminio Ribet, presidente dalla Comunità
montana valli Chisone e Germanasca; introduce e modera
il pastore Giorgio Toum.
Venerdì 29 gennaio — PINEROLO: Alle 21, nella sala
dell’ex comprensorio in via S.
Giuseppe, il gruppo per l’alternativa organizza una serata
con la partecipazione di padre
Ennio Pintacuda.
Venerdì 29 gennaio — TORRE
PELLICE: Alle 18, in seduta
pubblica, si riunisce il Consiglio comunale.
Sabato 30 gennaio — POMARETTO: Per la rassegna teatrale, alle 21, al teatro
Edelweiss, il gruppo Gommaflex presenta lo spettacolo Osare per credere; malesseri della
società, i suoi luoghi comuni e i
suoi vizi passati al setaccio dai
Gommaflex, diventano un
caleidoscopio nel quale la satira
assume i toni più accesi.
Lunedì 1° febbraio — PINEROLO: Alle 21, nella sala
dell’ex Comprensorio in via S.
Giuseppe, il Comune organizza un dibattito sul tema
Vent’anni di obiezione a Pinerolo; intervengono il prof.
Rodolfo Venditti, docente
all’Università di Torino, l’assessore ai servizi sociali di Pinerolo, Elvio Rostagno, i
rappresentanti degli enti convenzionati col ministero della
Difesa e alcuni obiettori. Introduce e modera l’assessore alla
Cultura, Alberto Barbero.
Martedì 2 febbraio — PINEROLO: Alle 21, nel centro sociale di via Lequio, si svolge
una riunione, aperta a tutti, del
gruppo per l’Alternativa.
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, venerdì 29 ore 21,15
Thelma e Louise film in lingua originale (inglese); sabato
ore 20 e 22,10, domenica ore
16, 18, 20 e 22,10 e lunedì ore
21,15 Puerto escondido.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma,
giovedì Puerto escondido;
venerdì Sotto il cielo di Parigi; sabato. Casa Howard; da
domenica a giovedì 4 febbraio Il principe delle
donne; feriali ore 21, domenica ore 15, 17, 19, 21.
PINEROLO — Il cinema
Hollywood propone per tutta
la settimana L’ultimo dei
moicani; feriali ore 20 e
22,30, festivi ore 15, 17,30,
20 e 22,30.
Il cinema Ritz ha in programma Guardia del corpo;
feriali ore 20 e 22,30, domenica ore 15, 17,30, 20 e 22,30.
)ERVIZI
USSL42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENiCA 31 GENNAIO
Villar Perosa: Farmacia De
Paoli - Via Nazionaie 29, tei.
51017
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde. Porte : tei. 201454
. USSL43-VA£PEt£ieE ^
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 31 GENNAIO
Torre Pellice: Farmacia internazionale - Via Arnaud 8, tei.
91374
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
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dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
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L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondavi
Spedizione in abb. post.
Gr2A/70
11
L'ITALIA
A UNA SVOLTA
Il nostro paese attraversa una delle crisi più gravi della
sua storia. Corruzione, malcostume, violenza e mafia
rischiano di soffocarlo. Sembra una crisi politica,
economica. Invece è una crisi morale. Anzi, è una crisi
spirituale.
Il popolo italiano
ha dimenticato Dio,
ha perso il senso della verità
e della giustizia.
C'è una sola via
per sconfiggere le forze del male:
tornare a Dio,
riconoscerci davanti a Lui
responsabili dei nostri errori.
In questo giorno che ricorda la libertà che abbiamo ottenuto all'alba del Risorgimento, noi evangelici italiani
invitiamo tutti i credenti
a riunirsi in preghiera e nell'umile ascolto della Parola
di Dio per chiedere al Signore il dono della nuova
nascita e di una nuova speranza di verità, libertà e
giustizia.
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
17 febbraio 1995
SETTIMANA DELLA LIBERTÀ
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 29 GENNAIO 1993
Un libro a più mani ripropone un ambiente culturale fiorente prima del nazifascismo
Dante Lattes e Pebraismo italiano
negli anni tra i due conflitti mondiali
N. SERGIO TURTULICI
Uno scorcio caratteristico del centro storico di Trieste
y.T 9 apologia dell’ehraismo è scritta dovunque sorga un tempio o una
chiesa, sopra ogni altare cristiano... è impressa nella severità orientale delle moschee in cui si adora l’Iddio
universale, immateriale e morale della Bibbia; in tutta la
civiltà che non può ignorare
questo sole che gli ebrei gettarono nei cieli degli
uomini». Con queste parole
alate Dante Lattes, ebreo toscano, sionista battagliero,
nello scritto Apologia dell’ebraismo celebrava l’universalità dell’idea ebraica.
Era il 1923, di lì a poco, nel
sonno della ragione, il nazifascismo avrebbe partorito i
suoi demoni, il razzismo, la
shoah e l’olocausto.
C’è un debito con l’ebraismo, un segno ebraico nella
storia spirituale di tutti noi,
non possiamo dimenticarcene
oggi che la ragione sembra di
nuovo addormentarsi.
Tra gli ultimi lustri dell’Ot
tocento e i primi del Novecento Lattes collaborò e diresse il
Corriere ebraico a Trieste.
Trieste era allora una finestra
aperta sulla cultura mitteleuropea che, in ambiente ebraico, aveva appena sviluppato
un pensiero scientifico, produzioni letterarie di straordinaria
originalità e importanza. La
diaspora ebraica viveva in Italia una più accentuata tendenza all’assimilazione rispetto a altri paesi europei, atteggiamenti talora lealisti e
papalini. Ma in quegli anni si
percepiva a Trieste quel generale «rinascimento» culturale
e nazionale ebraico che nel
1897 aveva dato vita al sionismo. Di quel rinnovamento
Dante Lattes fu in Italia il promotore e la mente ordinatrice.
Su Dante Lattes e i protagonisti di questo periodo
dell’ebraismo italiano l’editrice Morcelliana ha pubblicato tre saggi di David Bidussa, Amos Luzzatto, Cadi
Luzzatto Voghera, raccolti
nel volume Oltre il ghetto*.
All’idea sionista, rileva
Luzzatto Voghera, Lattes dedicò la sua appassionata attività di traduttore geniale, di
trasmettitore della letteratura
e saggistica ebraica, di pubblicista.
L’idea di Israele che egli
contrappose ai circoli ebraici
italiani più conservatori era
una novità: riassumeva una
progettualità democratica, la
costruzione di una nuova coscienza nazionale, la proposta
di una particolare concezione
socialista che partisse dalle
promesse di «umanità» e eticità inscritte nel messaggio
ebraico.
Amos Luzzatto si sofferma
sui vari aspetti di questo rinnovamento ebraico tra le due
guerre. In una trama di relazioni collaborative e dialettiche con Lattes si posero e agirono Mosè Beilinsohn, che fu
tramite fra il sionismo «occidentale» di Lattes e l’ebraismo orientale, il chassidismo,
la cultura yiddish; Alfonso
Pacifici, che con Lattes fondò
i periodici Israel e Rassegna-,
Enzo Sereni, figura esemplare
per la coerenza di ideali e vita.
Fautore di un «modernismo»
ebraico (fu in relazione con
Ernesto Buonaiuti, con dei
protestanti), sionista militante,
concretò l’ideale di socialismo
ebraico partecipando alla colonizzazione ebraica in Palestina, fondando con la moglie
il kibbntz di Giv’at Brenner;
inviato dalle organizzazioni
sionistiche in soccorso degli
ebrei tedeschi ripetute volte,
fu alla fine catturato dai nazisti oltre le linee nemiche e,
deportato, morì a Dachau.
David Bidussa infine allarga il quadro per delineare il
sionismo come l’affermazione da parte delle élite culturali del mondo ebraico italiano di una specifica autonomia
della questione ebraica, come
aspirazione etica che partiva
da una rilettura laica del mito
biblico fondante dell’eredità
della terra.
(*) David Bidussa, Amos
Luzzatto, Cadi Luzzatto Voghera: Oltre il ghetto, Morcelliana, 1992, £ 30.000.
Lentini: un'esperienza di teatro dialettale
La Bibbia di decina
ENZO CARUSO
Vi ricordate dei «Triaggianti»? Li abbiamo presentati sul secondo numero
zero di Riforma come una
compagnia di teatro dialettale, nata nel settembre ’92
nella chiesa battista di Lentini (Sr). Dopo l’esordio del 13
dicembre scorso, quando otteime un notevole successo di
critica e di pubblico, la compagnia ha riproposto la sua
opera il 6 gennaio di fronte a
Sabato 30 gennaio — NAPOLI.
Il Circolo culturale «G. Caracciolo» organizza per le ore
17,30, presso la chiesa valdese
di via dei Cimbri ang. via Duomo, un incontro con il pastore
Sergio Aquilante, il prof. Biagio De Giovanni e fon. Valdo
Spini sul libro di Giorgio Bouchard Spirito protestante e etica del socialismo. Sarà presente l’autore e presiederà l’avv.
Alfredo Guarino.
Mercoledì 3 febbraio — TORINO; Alle 20,45, nel salone valdese di corso Vittorio Emanuele
II 23 Piero Di Nepi, docente
presso il Liceo ebraico di Roma
e Marco Revelli, docente di
Scienza della politica presso
l’Università di Torino, parleranno sul tema Una nuova destra
per l’Europa? Xenofobia e
antisemitismo.
Giovedì 4 febbraio — GENOVA: Alle ore 17,30, nella sala
convegni della Banca di Genova e S. Giorgio (via Ceccardi
I), il prof. Paolo De Benedetti
e la scrittrice Liana Millu, deportata a Auschwitz, parlano sul
tema Dov’è il tuo Dio? La vicenda ebraica.
Sabato 6 - domenica 7 febbraio
— FIRENZE: Si tiene il convegno di Cassiopea sul tema:
Luci e ombre nelle relazioni
tra donne. Per informazioni
Silvia Rostagno (06/3219729),
Daniela Di Carlo (0873/
363173).
un folto pubblico che ha sottolineato più volte il proprio
apprezzamento con applausi a
scena aperta. Merito soprattutto degli interpreti che, sebbene dilettanti, hanno dimostrato di possedere notevoli
doti di recitazione. Anna
Crabb, accompagnata dalla
chitarra del maestro Nello
Alessi, ha cantato, prima della
recita, alcuni spirituals.
La commedia, ricordiamo,
prende lo spunto da Calati 3,
28 («Non c’è né maschio né
femmina, poiché voi tutti siete
uno in Cristo Gesù»).
Ciccina e Turiddu, una coppia di credenti, vivono da
qualche tempo giorni difficili.
Ciccina è stanca di subire sulla
propria pelle il ruolo di moglie
sottomessa, che il marito le ha
cucito addosso. Questi si sente
autorizzato a esercitare il potere di maschio capofamiglia,
anche a causa di una lettura
maschilista della Bibbia.
Come se non bastasse la povera Ciccina deve anche fare i
conti con l’ironica e viscerale
diffidenza che il suocero nutre
per le donne: don Bastianu si
fa portavoce, sulla scena, di
tutti i luoghi comuni che la
cultura maschilista ha inventato sulle donne. Ma Ciccina è
una che non si arrende e, forte
di una conoscenza biblica molto meno superficiale di quella
del marito, ribatte ai due colpo
su colpo. Una mano la danno a
Ciccina amici e amiche, e fra
queste anche una pastora. Lentamente, ma inesorabilmente,
la roccaforte maschilista di Turiddu comincia a vacillare, fino a quando crolla del tutto
sotto il maglio del messaggio
di liberazione predicato
dall’Evangelo.
Turiddu, dopo avere scoperto il coraggio dell’umiltà e
dell’ascolto, capisce che di
fronte alI’Evangelo crollano
differenze e discriminazioni,
e che Cristo ha dato a tutti
uguale peso e dignità. E capisce pure che se davvero vuole
fare il capo deve farlo imitando Cristo: nel servizio.
Una riflessione che parte dalle donne a proposito di un dossier
Parlare di pace e di guerra
in base agli ultimi avvenimenti
MARIE-FRANGE MAURIN
L9 impegno per le vittime
della guerra non può
non intrecciarsi con delle riflessioni sulla guerra stessa e
sulla pace. Il dossier della
Claudiana Guerra, pacifismo
assoluto e guerra giusta, di
Joseph L. Alien (1992), tradotto e introdotto da Giorgio
Girardet, costituisce una base
di partenza chiara e dialettica
per ricerche e confronti nelle
nostre chiese o al di fuori, nel
periodo, tra l’altro, in cui cadono anniversari come quello
di Comenio (nell’anno da poco concluso) e di Martin
Luther King: momenti in cui
le nostre chiese evangeliche
italiane sono impegnate a cercare di dare piccoli aiuti a chi
soffre per una guerra piena di
atrocità alle nostre porte.
Nell’ex Jugoslavia siamo
giunti a 180.000 morti,
50.000 donne violentate,
6.000 mercenari venuti a
combattere da molti paesi attratti da una rivista a diffusione mondiale che offre loro lavoro tra le file serbe o croate.
Nella sola Croazia 5 orfanotrofi, con un centinaio di
bambini ciascuno, sono stati
bombardati, e ora quei bambini, traumatizzati, si trovano
in altri istituti sovraffollati.
Accanto a queste cifre, un
solo esempio: una persona
anziana, incontrata pochi
giorni fa vicino a Rijeka, vede la propria vita scandita
dalla guerra. Rifugiata
nell’infanzia alle valle valdesi, durante la prima guerra
mondiale, si trova ora da 4
mesi in un albergo con altri
rifugiati, perché la sua casa è
stata distrutta a Dubrovnik, e
si chiede che cosa sarà il suo
futuro: l’asilo?
Nel dossier Alien riassume
le posizioni più consolidate:
«Alcuni cristiani hanno sostenuto le guerre del proprio
paese come delle crociate del
bene contro il male; altri, pacifisti, hanno rifiutato di partecipare o di approvare qualsiasi guerra; altri infine hanno seguito la tradizione della
“guerra giusta" ».
Girardet aggiunge: «Sentiamo che nell’attuale svolta è
necessario andare oltre e
porci altre domande... 1 vecchi criteri della guerra giusta
sono diventati insufficienti
per le dimensioni planetarie
delle possibili distruzioni,
non solo con le armi convenzionali, ma anche con quelle
biologiche, chimiche e nucleari; e per la necessità di
decisioni immediate, concentrate in pochissime mani, generalmente segrete». E prosegue: «Il sistema democratico
è ancora il migliore che la
storia umana abbia mai elaborato, ma è eccessivamente
dipendente dall’immediato,
mentre le cause delle guerre
sono profonde e possono essere rimosse soltanto con
strategie a lungo respiro; si
pensi solo agli attuali problemi di sottosviluppo e dell’immigrazione».
Più avanti vengono proposti tre orientamenti: liberalizzazione dell’informazione,
rotazione sistematica del potere («Dio non ignora il potere umano, ma lo raccoglie e
lo ridistribuisce: perché è lui
per primo colui che avendo il
potere, lo depone»), una
riforma dell’Gnu.
Per le chiese c’è l’invito a
collaborare con altre religioni e
con gli organismi umanitari per
la formazione e la responsabilizzazione di ciascuno di noi.
Alle considerazione di Alien e Girardet aggiungerei
che è importante tener conto
delle ultime esperienze e riflessioni in alcuni settori:
- La riflessione delle donne.
Questo perché il potere di decidere con le armi non appar
tiene alla storia delle donne.
La cultura della guerra si fonda sulla forza fisica, prolungata dalle armi. Aprire alle donne le porte delle forze armate
significa costringerle a imitare
il mondo maschile facendo loro dimenticare di essere se
stesse; si tratta ancora una
volta di strumentalizzazione.
Le nostre chiese sono chiamate a prestare attenzione, in
modo particolare quest’anno,
a metà del Decennio ecumenico di solidarietà con le donne,
alle «visioni delle donne su
giustizia, pace, salvaguardia
del creato».
- Le migliaia di giovani
obiettori di coscienza che
grazie alla scelta del servizio
civile stanno sviluppando
un’altra mentalità negli ambienti in cui vivono.
- Le nuove scadenze in diversi periodi dell’anno per
diffondere una cultura di pace: la giornata della nonviolenza (30 gennaio), Hiroshima (6 agosto), la settimana
delle Nazioni Unite per il disarmo (a fine ottobre), la
giornata dei diritti umani (10
dicembre).
- Le istituzioni «alternative», come la creazione
dell’assessorato alla pace per
la difesa popolare nonviolenta, presso il Comune di
Cossato, in Piemonte.
Una videocassetta
Guida al
Deuteronomio
Salvatore Rapisarda effettua in una videocassetta* una
visita guidata lungo i 34 capitoli del Deuteronomio. Il testo stesso è srotolato visivamente a mo’ di pista percorribile.
Oltre a una presentazione
della bibliografia essenziale,
vengono affrontate le questioni
di analisi letteraria, di critica
storica, di critica della forma,
di teologia. L’analisi letteraria
evidenzia le peculiarità stilistiche, la struttura dei brani, l’impalcatura generale; la critica
storica presenta le possibili date e luoghi di composizione; la
critica della forma individua la
struttura della cerimonia del
rinnovamento del patto e la
collocazione del Deuteronomio in un tempo vitale della
storia di Israele. Il messaggio
centrale del Deuteronomio, la
sua teologia, presenta il Dio
unico che salva e vuole mantenere un patto vitale («Scegli la
vita») con le sue creature.
Come si legge nella copertina «... Gesù cita il Deuteronomio quando riassume la
Legge del comandamento
dell’amore» (v. Marco 12,
29). Paolo si basa sul Deuteronomio per sottolineare la
salvezza per grazia e non per
opere (Romani 10, 6). Più di
cinquanta passi del Nuovo
Testamento si rifanno a altrettanti passi del Deuteronomio. Questo libro è stato definito «il centro dell’Antico Testamento» (von Rad).
La videocassetta si presta
come strumento per un avvincente approccio individuale al quinto libro della Bibbia.
Essa trova inoltre un utilizzo
ottimale in quegli incontri di
studio biblico e evangelizzazione che hanno luogo nelle
case e in incontri quartierali.
(*) Salvatore Rapisarda: Il
Deuteronomio, struttura e teologia. Videocassetta, 30’. Produzione a cura del Diparrimento
teologico deirUcebi e dello
Spav. £ 25.000 (sconti per le
chiese). In vendita presso Spav,
via Montebianco 91 - 00141 Ro-
13
venerdì 29 GENNAIO 1993
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Rassegne e convegni ricordano l'opera del regista spagnolo scomparso nel 1983
Luis Bunuel^ il surrealista mai pentito
che metteva in scena eretici e inquisitori
ALBERTO CORSANI
Non è detto che per capire
e interpretare in profondità un fenomeno o una fede
sia necessario aderirvi; anzi,
spesso i migliori interpreti
delle tradizioni e i più lucidi
analizzatori delle ideologie ne
prendono le distanze, guardando a queste ultime come
«entomologi».
E proprio a un entomologo
si paragonava Luis Buñuel
(1900-1983), regista di alcuni
dei film più noti degli anni
’60 (Viridiana, La via lattea)
e’70 {Il fascino discreto della
borghesia. Il fantasma della
libertà, Quell’ oscuro oggetto
del desiderio), a cui in questi
giorni sono dedicate rassegne
retrospettive e convegni di
studio.
Buñuel esordisce nel 1928
nella Parigi surrealista aderendo in prima persona al
movimento di avanguardia
artistica e «politica» lanciato
da André Bretón, in compagnia di Salvador Dall, Paul
Eluard e tanti altri.
Più tardi prenderà di petto
l’educazione e la cultura cattolica assimilate e poi rifiutate in gioventù: in maniera
blasfema con Viridiana
(1961), in cui mette in scena
un’ultima cena a cui partecipano dodici barboni nella casa della ricca protagonista; in
maniera tutta simbolica e
grottesca con Simon del deserto (1965), storia di un mònaco che rifiuta l’ordinazione
sacerdotale e si risolve a condurre vita ascetica in cima a
una colonna. Ai suoi piedi
sfileranno pastori di greggi,
monaci, bambini inquietanti,
si discuterà di eresia e ortodossia. Lo stilita impartirà
benedizioni e anatemi per finire (sogno di Simon o sogno
del regista?) capellone a ballare in un locale di New
York.
Nonostante la crudezza degli attacchi, sempre però funzionali a una volontà di analisi e di osservazione dei com
Un fotogramma dal film «L’angelo sterminatore» (1962)
portamenti, gli stessi canali
cattolici di distribuzione in 16
mm. (quelli dei cinefonim di
una volta) tennero in grande
considerazione questi film e
soprattutto il più complesso.
La via lattea (1969), realizzato in Francia come tutti gli ultimi del regista.
Due vagabondi si recano in
pellegrinaggio da Parigi a
San Giacomo de Compostela:
lungo il percorso, secondo la
tipologia classica del romanzo picaresco spagnolo (come
il celebre Lazarillo de Tormes) incontrano una serie di
personaggi (alcuni verosimili
e reali, altri immaginati, altri
ancora appartenenti alla Storia) che hanno tutti, in un modo o nell’altro, a che fare con
l’eresia.
È stata giustamente celebrata la sequenza del duplice
duello, intellettuale a colpi di
ragionamento filosofico, e di
fatto a colpi di spada, tra un
giansenista e un gesuita (oggetto della disputa è la dottrina della Grazia). Al primo
{«E un errore semipelagiano
sostenere che Gesù Cristo sia
morto per tutti gli uomini
indiscriminatamente!», il secondo replica «Voi fate offesa
alla bontà divina! Cristo è
morto per dare a tutti gli uo
mini l’aiuto sufficiente alla
salvezza»).
Ma va ricordato anche il
giovane monaco turbato dai
metodi impiegati dall’inquisizione con un eretico che rifiuta il Purgatorio, la cresima
e l’estrema unzione. Riceverà risposta daU’inquisitore:
«Ma è la giustizia degli uomini che li punisce! È il braccio
secolare! Gli eretici non sono
condannati perché sono eretici, ma per le sedizioni e gli
attentati che perpetrano a
danno dell’ordine pubblico!».
E poi c’è il collegio delle
bambine invitate dall’istitutrice a rispondere a domande
sui pronunciamenti dei vari
Concili per gli occhi condiscendenti dei genitori dell’alta borghesia; c’è il marchese
de Sade in prigione, ci sono
due giovani che negano con
impeto la trinità e si fanno inseguire, c’è una taverna in cui
un prete e gli ospiti discettano
di dogmi e un ristorante à la
page i cui camerieri si interrogano sull’ateismo.
L’elenco delle situazioni
potrebbe continuare, ma l’intento è chiaro: con lo stile
maturo e «piano», privo di ricercatezze formali, ma per
questo più incisivo, che tratta
allo stesso modo sogno e
realtà (senza cioè segnalare
con sfocature, musiche misticheggianti, effetti ottici o speciali che si passa a un altro
piano del discorso) Bunuel
svela gli intrecci tra dibattito
teologico e potere, tra affermazione o negazione della
dottrina e comportamento sociale.
Da ateo convinto non prende posizione; da studioso dei
comportamenti sociali (come
quello dei borghesi con doppia vita che nel Fascino discreto non riescono a celebrare il rito del pranzo, come
quello dei nobili che nella festa àeWAngelo sterminatore
non riescono più a uscire dalla villa e si danno a ogni sorta
di eccessi) osserva con distacco, ma anche con un gran
gusto per il racconto e con un
gran senso dell’ironia.
La vocazione mai rinnegata
all’anarchia si esprimerà ancora in un film degli anni ’70
Il fantasma della libertà:, una
galleria di situazioni, personaggi e vicende assurde e
oniriche, che ribaltano i luoghi comuni della mentalità
corrente: le fotografie dei
monumenti di Parigi, per
esempio, vengono considerate pomografiche; figure «istituzionali» come quella del
portalettere viaggiano in bicicletta nelle camere da letto
dei destinatari della posta; gli
scontri tra manifestanti e polizia avvengono sotto gli occhi indagatori di uno struzzo... Bunuel studia i meccanismi formali del potere, ed è
quasi esso stesso, messo a nudo, a rivelare il grottesco che
ha in corpo.
Quella di Bunuel è una figura pressoché sconosciuta ai
più giovani, una di quelle che
mancano in un panorama cinematografico fatto di film
che esibiscono virtuosismi e
si parlano addosso. E la materia dei film del vecchio surrealista mai pentito è tale da
suscitare perfino l’interesse
dei teologi. Che cosa chiedergli di più?
Padova: l'attività culturale e la formazione ecumenica al centro «Marco SalizzatO)
Per una educazione al dialogo aperto
PAOLO T. ANGELERI
Dobbiamo dare atto anche quest’anno al Centro «Marco Salizzato» di Padova di essere promotore di
valide iniziative per l’inforinazione e la formazione
ecumenica. In un’epoca come la nostra, così piena di
contraddizioni, in cui affiorano insistenti i rigurgiti della peggior intolleranza, la
conoscenza reciproca appare
sempre più indispensabile
passaporto aU’accoglienza
del diverso, e diga contro
ogni volontà di violenza.
Il convincimento profondo
dell’equivalenza delle culture
è alla base di ogni reale forma di autentico rispetto
dell’altro che non voglia essere ipocrita mascheramento
di rifiuti spesso suggeriti
dall’ignoranza e da atteggiamenti dovuti a presuntuosi
quanto ingiustificati richiami
u pretese superiorità.
A questo mira il Centro, associazione laica non partitica
che ha lo scopo di formare
culturalmente e religiosamente i suoi membri, realizzando «seminari, conferenze
e dibattiti aventi come oggetto le tematiche attinenti al
dialogo fra fedi diverse». E
sufficiente scorrerne anche
sommariamente il programma per accorgersi della sua
importante funzione e della
portata delle sue iniziative.
Accanto a un corso di base
di introduzione aH’ecumenismo - che comprende lezioni
del pastore Paolo De Caro
(Padova) sul protestantesimo,
di G. Gastaldello sulla Comunione anglicana, di Teresa
Salzano su Israele radice delle chiese - è stata organizzata
una serie di conferenze con
l’obiettivo di offrire informazioni sempre più ampie sul
variegato mondo delle convinzioni religiose e delle fedi
diverse.
Nei prossimi mesi parlerà il
prof. Paolo Ricca, della Facoltà valdese di teologia, mentre il filosofo Massimo Cacciaci, con mons. Luigi Sartori,
discuterà del problema del
««••a«'
Canberra 1991 : la VII Assemblea del Consiglio ecumenico
dialogo interculturale e interreligioso in Europa.
Sarà poi la volta dell’Islam
con un confronto fra padre
Enzo Franchini (Bologna), il
prof. Farouk Mohamed Hammani (lettore di arabo presso
l’Università di Firenze) e il
prof. Franco Ometto (già docente universitario in Iran).
Concluderà il ciclo il prof.
Martin Cunz, pastore riformato, redattore della rivista
Dibattiti
Judaica di Zurigo, che parlerà su ebrei, pagani e cristiani, come dimostrazione della
continua ricerca dell’uomo da
parte di Dio.
Il centro «Salizzato» offre
infine al pubblico una sala di
lettura, aperta dal lunedì al
venerdì, nella quale è possibile la consultazione delle
principali riviste di orientamento religioso (circa ottanta) presenti oggi in Italia.
DÌO; la scienza e il caso
Si è concluso il 15 gennaio (ma probabilmente si riaprirà su
altre testate) con un intervento riassuntivo del direttore Eugenio
Scalfari un ampio dibattito che La Repubblica ha dedicato al
rapporto tra scienza e fede.
L’argomento non è certo inedito: l’angolatura dal quale è stato affrontato è però parzialmente innovativa e porta a aggiornare, se non a ripensare, i termini del problema sul quale si esprimono, fra gli altri, scienziati come Carlo Bernardini, letterati
come Josif Brodskij, e monsignor Ruini, presidente della Conferenza episcopale.
Il 25 novembre Scalfari, prendendo spunto dalla riabilitazione di Galileo da parte della Chiesa cattolica, aveva affermato che chi ritiene che scienza e fede si muovano su terreni
diversi può concluderne che esse non si escludono a vicenda, e
aveva concluso che «fino a quando il pensiero scientifico è rimasto saldamente ancorato alla ricerca induttiva delle cause e
alla ricerca deduttiva degli effetti, le strade della scienza e
quelle della fede sono state parallele».
Ma che cosa succede quando la scienza stabilisce, come sta
avvenendo negli ultimi tempi, di non poter risalire a una «causa delle cause» e di dover attribuire alla casualità molta parte
della storia dell’evoluzione?
Succede che entrano in campo altri concetti, quali il caso per
gli scienziati e la provvidenza per i credenti. Di fronte all’irreversibilità dei processi evolutivi diventa difficile pensare a un
Dio «regolatore» del mondo.
Certo si può pensare, dirà Scalfari nell’intervento conclusivo,
a un Dio «capriccioso», come quello che mette alla prova
Giobbe. Ma il giorno dopo, proprio partendo dall’immagine di
Giobbe, o meglio da quella dei figli di Giobbe, innocenti vittime di un piano di Dio, Claudio Magris sul Corriere della sera
rilancia la discussione: perché qualcuno deve «subire»?
Come si diceva la discussione, anche fra i protestanti italiani,
ha avuto dei precedenti (riuniti per esempio nel volume collettivo della Claudiana Dio e la storia)-, i rapporti con la scienza
aprono invece nuovi spazi di confronto.
Riviste
140 anni della Procellaria
La procellaria*, rassegna di varia cultura, compie quarant’anni. Dal gennaio 1953 quattro numeri l’anno della rivista
fondata e diretta da Francesco Fiumara, si presentano al lettore
per ribadire la volontà di un gruppo di entusiasti di promuovere
la cultura poetica e artistica del Sud (e non solo).
Nel Contatto, scritto allora dalla direzione per presentarsi al
pubblico, si chiarivano gli scopi della rivista, e in particolare,
appunto, «valorizzare la nostra terra (...) affinché il nostro patrimonio culturale e artistico esca dallo stato di colonia in cui
si dibatte ed abbia un proprio peso e una propria voce». Si lamentava che gli uomini d’ingegno del Sud dovessero cercare la
strada del Settentrione per poter esprimere le loro idee e le loro
qualità con possibilità di successo, e si diceva: «Agiteremo
principalmente la questione meridionale, dando ospitalità a
chiunque ne vorrà dare un efficace contributo di denuncia o di
risoluzione. L’arretratezza delle nostre popolazioni, l’inefficienza della nostra organizzazione civile, il servaggio dei lavoratori meridionali, sono aspetti talmente gravi (...) da richiedere il più risoluto e appassionato intervento di quanti lottano e
soffrono per questo problema fondamentale del nostro sviluppo
civile e umano».
L’editoriale dell’ultimo numero ricorda che la rivista «nacque sulle macerie ancora fumanti d’una guerra perduta», nacque come scommessa e sfida: il cammino percorso (costellato
di collaborazioni prestigiose, da Spadolini a Bobbio, da Leo
Valiani a Domenico Rea e di firme costanti, come Ernesto Puzzanghera) dà ragione a chi si lanciò nell’impresa.
Particolarmente interessante, in questo numero, uno studio di
A. Chirico sulla Chiesa e Galileo Galilei.
(*) La Procellaria. Rassegna di varia cultura. N. 4 (ottobre-dicembre 1992). Reggio Calabria, £ 8.000 (abbon. annuo £ 30.000).
Uno sconosciuto artigiano
Uno studioso tedesco ha ritrovato anni fa un documento medievale che parla dell’attività di un «magister ferrarius» chiamato Sunil e vissuto tra il 1200 e il 1300. Egli si è ingegnato di
costruire una «sindone», cioè di trasferire su lino, tramite
un’architettura di ferro e opportuni accorgimenti tecnici, l’immagine del corpo martirizzato di Cristo.
La scoperta riaccende la discussione sulla reliquia conservata
a Torino, benché sulla scorta del documento a cui si è fatto
cenno non sia possibile comparare la «sindone di Sunil» con
quella di Torino.
Ma il ritrovamento del documento serve a immaginare l’ambiente e la storia di questo sconosciuto artigiano. La paternità
del libro* che riassume e dà forma alla vicenda viene lasciata
allo studioso tedesco autore del ritrovamento, mentre Angelo
Giudici, laureato in filosofia a Heidelberg e autore di un saggio
su Comunisti e cattolici ha curato l’edizione italiana. Il libro
fornisce uno spaccato di vita in un villaggio medievale tra
Svizzera e Germania, e si legge tutto d’un fiato.
(*) E. A. Richter: Il lenzuolo di lino. Cavallermaggiore, Gribaudo,
1992, pp 345, £ 18.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
Attualità
VENERDÌ 29 GENNAIO 1993
Lotta alla mafia: intervista all'onorevole Tano Grasso di Capo d'Orlando
Per lottare efficacemente contro la mafia
bisogna aprire molte trincee ovunque
RAFFAELE VOLPE
All’ex lavatoio di Lentini,
ora auditorium comunale, inconfro l’onorevole Tano
Grasso. È un giorno qualunque della settimana; oggi a
Lentini, ieri a Gioia Tauro,
domani ad Augusta; è così
che il dirigente più conosciuto dell’antiracket di Capo
d’Orlando, uno dei membri
più accreditati della Commissione parlamentare antimafia,
trascorre parte del suo tempo.
Il tema dell’incontro è «la
lotta alla mafia ed alle estorsioni per costruire la città civile». Noi di Riforma lo abbiamo intervistato subito -dopo rincontro.
- Onorevole Tano Grasso,
lei prima di essere eletto al
Parlamento è stato presidente dell’Acio di Capo d’Orlando. Vuole dirci cos’è?
«E un’associazione di commercianti, alcuni vittime dirette dell’estorsione, altri invece che si sono stretti intorno a queste persone per fare muro insieme. Non serve
la ribellione di uno solo, nella
lotta alla mafia bisogna innanzitutto non essere soli».
- Lei è stato personalmente
vittima di estorsioni?
«No, ed è questa la conferma del fatto che non bisogna
essere vittima diretta per ribellarsi. Gli imprenditori e i
commercianti debbono sapere che anche se ora non pagano, prima o poi pagheranno. E meglio se si reagisce
prima che ti venga fatta la richiesta, sei più forte e puoi
giocare all’attacco. In ogni
paese in cui vado, dico sempre che la mafia è un’impresa
che ha bisogno sempre di allargarsi, e che la migliore
strategia è fare un’associazione antiracket con quelli che
non pagano e poi vediamo tra
quelli che pagano quanti potrebbero essere interessati».
- Ma lei non crede che per
molti è meglio pagare, o per
paura o per convenienza?
«La paura è qualcosa che si
vince. La paura nasce dal fatto che io sono solo, nasce
dalla condizione di solitudine, ma la paura è qualcosa
che si può vincere e il modo è
quello di non stare più soli,
associarsi. Per quanto riguarda la convenienza, non credo affatto che sia più conveniente pagare. Quando inizi a pagare entri in un meccanismo di invischiamento
perché c’è sempre la richiesta
di soldi che si alza e la tua libertà che diminuisce, fino al
punto che non sei nemmeno
più padrone del tuo negozio.
Opporsi al pizzo è più conveniente, se non paghi saprai
Nella lotta al potere della mafia, non serve la ribellione di uno soio, bisogna innanzitutto non essere soii
sempre qual è il confine tra te
e questi delinquenti».
- Abbiamo finora parlato
di associazioni antiracket e
della loro strategia; potrebbe
ora dare una definizione della
mafia?
«La mafia non è semplicemente la famiglia mafiosa, è
qualcosa di più. È più della
semplice potenza militare o
economica, è un fatto culturale. La criminalità comune si
trova dovunque nel mondo; la
mafia invece no, perché la
mafia ha bisogno, per esistere, del consenso della gente.
Ha bisogno di uno stretto rapporto con la società e con
l’ambiente, ha bisogno di un
controllo del territorio. Quando la mafia uccide e nessuno
vede niente, quando la mafia
fa saltare un negozio e nessuno parla, vuol dire che la mafia ha l’adesione della gente.
La mafia, lo dico sempre, è
un problema di coscienza, la
mafia è dentro di noi e dentro
la nostra coscienza, bisogna
far parlare la coscienza, farla
gridare, bisogna sensibilizzare chi non ha la forza e il coraggio di opporsi».
- Ma molta della gente dice
che la colpa della mafia è
dello stato...
«Io sono stufo di sentire noi
siciliani che diciamo che la
colpa è sempre dello stato.
Questi ragionamenti sono un
alibi per non agire. Prima di
partire dallo stato che garantisca la sicurezza, bisogna partire da noi. E così che abbiamo fatto a Capo d’Orlando;
non abbiamo aspettato l’inve
stigatore perfetto, o il capo di
polizia invincibile. Sapevamo
che dovevamo reagire se volevamo essere degli imprenditori liberi e a mano a mano
abbiamo scoperto che lo stato
ci seguiva, era vigile».
- Lei si definisce ottimista?
«Quando giro per i paesi
per parlare con i commercianti sono sempre ottimista,
debbo convincerli che la mafia non è invincibile; ma
quando parliamo dei risultati
della lotta alla mafia cerco
sempre di raffreddare gli entusiasmi. Gli impegni dello
stato e della gente durano
sempre tanto quanto dura
l’indignazione di fronte ad
omicidi eccellenti. E l’onda
provocata dall’indignazione
per gli omicidi di Falcone e
Borsellino non si è ancora
conclusa».
- Ma lei è d’accordo col
fatto che la lotta alla mafia
sta vivendo una condizione
favorevole?
«Non ci sono dubbi. C’è
una coincidenza di fattori,
quattro per la precisione; la
volontà da parte dello stato,
la sensibilizzazione nazionale, la mobilitazione della società civile (vedi l’antiracket)
e una contingenza intemazionale che creano una condizione favorevole. E un momento
cruciale, e non bisogna sprecare questa occasione. Se
sprecassimo quest’occasione
torneremmo indietro di cinque anni, quando Falcone fu
costretto a scappare da Palermo».
- Dunque, che consiglio
conclusivo vuole dare ai lettori?
«Siamo di fronte ad un’occasione irripetibile. Lo stato
da solo non può sconfiggere
la mafia, ha bisogno di noi,
siamo noi le sentinelle delle
nostre città. Questa è un guerra nella quale non bisogna
adagiarsi, bisogna invece
aprire trincee ovunque».
Tano Grasso se ne va sorridendo, tra le sirene della
scorta. Se ne va dicendo; «Invitatemi ancora, anche nelle
vostre chiese, il 50% delle
mie iniziative sono svolte nel
mondo religioso. Invitatemi,
verrò volentieri».
Il presidente dei battisti italiani scrive
Perché ritorni il
sogno di M.L. King
Il presidente dell’Unione
cristiana evangelica battista d’Italia, pastore Franco
Scaramuccia, ha inviato il
22 gennaio una lettera a
Bill Clinton, presidente degli Stati Uniti e membro
della Chiesa battista, esprimendo a nome dei battisti
italiani apprezzamento per
il discorso inaugurale della
sua presidenza e rivolgendo un appello per il disarmo mondiale e per lo sviluppo del Terzo Mondo.
Pubblichiamo il testo della
lettera.
Caro Presidente e caro
fratello in Gesù Cristo,
abbiamo sentito il discorso
sulla «nuova primavera»
che il Suo servizio come
presidente degli Usa dovrebbe inaugurare non solo
per l’America ma anche per
il mondo intero.
Abbiamo avvertito il calore del Suo messaggio nel
freddo inverno di questo
conclusivo scorcio di millennio e percepito nelle Sue
parole la sincerità e l’integrità delle Sue intenzioni.
Lei ha fatto appello non solo ai cittadini americani ma
a tutte le nazioni affinché
insieme si contribuisca alla
costmzione di un nuovo ordine mondiale fondato sulla
pace, la giustizia e il rispetto profondo per i diritti di
tutti gli esseri umani. Facciamo perciò pienamente
nostre le Sue parole e i
Suoi progetti.
Pochi anni dopo il suo famoso discorso «I bave a
Dream» (ho fatto un so
gno), il pastore Martin
Luther King jr. confessò
che a causa della persistente ingiustizia razziale e del
crescente coinvolgimento
degli Usa nella guerra del
Vietnam, egli si considerava vittima di «sogni differiti e speranze infrante».
Chiediamo a Dio di aiutarLa a trasformare in un
nuovo sogno l’incubo della
violenza, della guerra e
dell’ingiustizia che devasta
la terra. Possa Dio assisterLa a offrire una nuova visione a molti bambini neri,
ai senzatetto e agli affamati
nel Suo paese e a ricostituire la speranza, con mezzi
pacifici, anche in molte altre parti del mondo.
Siamo pronti a impegnarci al Suo fianco per dissolvere l’incubo della costruzione e del traffico intemazionale di armi, con le quali
si fanno affari a discapito
della vita degli innocenti e
a lottare insieme per un
nuovo sviluppo dell’Africa
e dell’America Latina che
possa trasformare l’incubo
della povertà e della discriminazione in una nuova
«sinfonia di fraternità».
In virtù della nostra comune fede preghiamo che
Gesù Cristo, nostro Signore, l’umile re della pace,
possa benedire la Sua opera
così che migliaia di semi
sparsi da sconosciuti quanto fedeli testimoni di pace
nei campi del mondo possano sbocciare in una nuova primavera di ritrovata
amicizia».
Franco Scaramuccia
Relazione del ministro della Sanità
Gli aborti sono calati
Il presidente del Consiglio
Giuliano Amato è «razionalmente convinto che la vita,
una volta che si è formata, ha
titolo a essere riconosciuta e
protetta in quanto tale».
Questa dichiarazione, rilasciata nei giorni delle feste natalizie ad un’emittente cattolica dal capo del governo, ha
riaperto il dibattito - sopito
ma mai completamente archiviato - sull’aborto e sulla legge 194 che lo regolamenta.
Già in passato. Amato aveva
espresso la sua personale contrarietà aH’inteiTuzione di gravidanza e ad una legge in ma
teria considerata troppo permissiva, e proprio per questo
motivo era stato criticato
aspramente dalle parlamentari
del suo stesso partito, tenaci
sostenitrici del «diritto di scelta» della donna.
Il Psi, d’altronde, nel 1981
fu uno dei maggiori sostenitori
della legge 194 che i partiti
moderati volevano abrogare
con il referendum.
Da allora sono trascorsi oltre 10 anni ma i termini del
problema si ripropongono
sempre allo stesso modo, e interpellano in modo spesso lacerante la coscienza delle per
sone. Una cosa sembra appurata; la legge 194 ha realmente
scoraggiato il ricorso all’interruzione di gravidanza. 11 numero degli aborti nel nostro
paese, secondo i dati illustrati
dal ministro della Sanità Francesco De Lorenzo l’8 gennaio
scorso, è infatti diminuito da
233.976 del 1985 a 165.980
del 1990 e a 160.532 nel 1991.
In percentuale, ciò significa
un decremento del 31,4% dal
1983 al 1991, e del 3,3% soltanto dal 1990. Il tasso di
abortività, calcolato su 1.000
donne in età fertile (tra i 15 e i
49 anni), nel ’91 era dell’
11%, mentre otto anni prima
era del 16%. La relazione fornisce anche i dati relativi al fenomeno degli aborti clandestini calati, dal 1983, da 100.000
a 60.000.
Necessità di un cambiamento di mentalità e di metodi
Stato sociale e valori calvinisti
SEROIO N. TUBTUUCI
Vorrei provare a ragionare
sullo «stato sociale»,
campo d’azione di tanti credenti e di tanti nel popolo di
sinistra.
Oggi come ieri la diaconia
cristiana, l’impegno sociale
dei laici devono rapportarsi
finanziariamente a Istituzioni
pubbliche, a rappresentanze
politiche che hanno speso
grandi flussi di denaro deri
vato dallo stato fino a ieri ma
oggi hanno risorse scarse, devono tagliare le spese, che sono in crisi. Assisteremo impotenti e passivi allo sbaraccamento di questo «welfare»
o ci daremo da fare per rimodellarne uno nuovo? Diciamocelo con franchezza. Questo «stato sociale» che le decretazioni Amato hanno in
parte smantellato non era
granché.Dissestato nel rapporto tra proventi e erogazio
ni, costi e benefici, il nostro
welfare ha dato un robusto
contributo ad avvitare il deficit della finanza pubblica senza migliorare l’armonia di
convivenza, la vita dei deboli,
dei sofferenti, dei marginali
sociali. I suoi modelli di riferimento economico-sociali
sono a dir poco consunti.
Soprassediamo su quelli
dell’Est; quelli nordeuropei
facevano aggio sul senso condivi.so del dovere individuale
nei confronti del collettivo
(che si traduceva poi in consapevolezza del dovere tributario, in equilibri gestionali
desueti da noi); pure avvertite
coscienze civili e evangeliche
che avevano informato quelle
socialdemocrazie di marca
protestante riconoscono oggi
il vizio di fondo, al di là dei
costi, di un welfare che deleghi tutta intera alle istituzioni
la solidarietà sociale, di ciascuno verso tutti.Il nostro
welfare, il nostro stato sociale, più attento al consenso
lobbistico che ai bisogni reali
non poteva finire altrimenti
che come tristemente raccontano le cronache correnti. Ha
detto Ralf Dahrendorf che in
Usa, con Clinton, potrebbe
darsi un nuovo contratto sociale, un welfare capace di
infondere vitalità all’economia: più misurato nello spendere risorse materiali, più attento a attivare risorse rinnovabili nel servizio sociale,
energie spirituali, di volontariato, di intrapresa.
Diciamo che forse il futuro
stato sociale potrebbe avere
un cuore antico, rimettere in
circolo antiche solidarietà di
borgata, di quartiere, di gruppo. Sarà necessario arrivare a
nuovi soggetti sociali, forze
vive e motivate a spendersi in
prima persona, la cooperazione, l’impresa. Un po’ meno
compiacimento per le belle
opere, per i servizi pubblici o
diaconali che danno prestigio,
un po’ più di servizio, di diaconia, una mano di solidarietà nella fede del Signore,
questo dovrebbe essere nelle
nostre corde di cristiani riformati.
Meno pubblico attento ai
gruppi di pressione e dispendiosamente velleitario, più
privato, più volontariato, più
intrapresa anche economica
nel sociale, secondo evolute
gestioni per obiettivi.
Una riconversione di mentalità e di metodi e una scommes sa che le chiese che attingono a un patrimonio di
valori calvinisti dovrebbero
poter contribuire a tentare.
15
venerdì 29 GENNAIO 1993
La Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Coste dell’Alaska, del Golfo Persico, delia Spagna, deH’Adriatico, delle isole Shetland...
^■a
;ta
In ospedale
Capitato per consiglio del
mio medico all’Ospedale valdese di Torre Pellice per delle
analisi precauzionali, sono
dovuto colà fermarmi per alcuni giorni e adattarmi alla
vita ospedaliera della camera
a tre letti.
Teoricamente disposto alla
convivenza comunitaria, in
pratica ho dovuto ritoccare il
concetto, inconsciamente spinto verso la natura precristiana,
che mal sopporta di respirare
la stessa aria dei compagni di
camera, di nutrirsi dello stesso
cibo che li alimenta, dell’essere visitato dagli stessi medici
che curano il malato di Luserna San Giovanni come quello
sceso da Bobbio o da Villar o
da Angrogna al pari delTolivastro marocchino che lavora alle valli. Le famose differenza
di razza, cultura, censo in
ospedale sono livellate dalla
malattia.
Per mettere in moto la complicata macchina di un nosocomio concorrono forze diverse. A tutto il personale il mio
cordialissimo grazie per l’inappuntabile servizio ai degenti scrupolosamente svolto
con competenza professionale.
Filippo Scroppo - Torre
Pellice
Turismo a Torre
Sono nato nel 1911 e sono
membro della Chiesa metodista di Milano.
Da anni trascorro la stagione estiva a Torre Pellice. Da
quando sono stati chiusi gli
stabilimenti tessili ritengo che
il maggior reddito degli abitanti derivi dal turismo.
Prendendo spunto daU’articolo «Integrare il turismo con
le altre attività» pubblicato
sul n. 1 del ’93 faccio alcune
osservazioni sulla ricettività.
Gli alberghi hanno prezzi elevati e sono decentrati, mentre
quelli a minor prezzo hanno
una ricettività ridottissima.
Non rimane che la Foresteria
valdese che ha anch’essa una
pecca: il 18 agosto tutti gli
ospiti sono «cacciati via» per
far posto ai pastori e ai deputati al Sinodo.
Non si potrebbe spostare il
Sinodo a settembre e permettere alla Foresteria di proseguire per tutto agosto la sua
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542.
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175.
Via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166.
DIRETTORE: Giorgio Gardiol.
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto.
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Mattai, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
Bruno Rostagno.
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Per abbonarsi: versare l’importo sul ccpn. 14548101 intestato a Edizioni protestanti s.r.l., via Pio V15 bis, 10125 Torino.
jfòforma /tosvwwi’acòlili^W ‘ j
Tariffe Inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5 x 40 mm) £ 30.000
Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800
Economici: a parola £ 1000
Il presente numero 4 costituisce il n. 4 del 29 gennaio 1993 de La Luce. Reg.
Tribunale di Pinerolo n. 176/60. Sped. in abb. postale gr. Il A/70.
Nella foto di prima pagina: Catene
attività turistica?
Sino a due anni fa c’era un
rimedio: l’albergo Malan che
è stato smantellato. Mi meraviglio che le autorità comunali, regionali e anche le chiese
evangeliche non abbiano tentato di salvarlo. Nulla è stato
fatto per rimpiazzarlo.
In Lombardia e Veneto è
possibile trovare ospitalità anche presso privati, non così a
Torre Pellice dove gli abitanti
si rinchiudono nei loro eremi.
Romano Dahò - Milano.
Ricordo
Il Consiglio direttivo del
Cai-Uget Val Pellice, riguardando all’ormai chiuso 1992,
si inchina alla memoria di coloro che, soci o familiari di
altri soci, non saranno più fra
noi per questo e per gli armi a
venire.
Tra i ricordi più cari della
sezione sono da annoverarsi
Sergio Detachetis (scomparso
in agosto) e Aldo Vola
(scomparso in dicembre), che
per altruismo hanno operato
anche in altri settori della vita
sociale (quali il Soccorso alpino, i Vigili del fuoco volontari, gli Amici dell’Ospedale
o l’Ana) oltre che in quello
alpinistico.
Con la fiduciosa certezza
che altri ne seguiranno l’esempio morale e disinteressato, il
direttivo rinnova l’abbraccio
affettuoso ai familiari di tutti
coloro che non sono più, e augura a tutti i soci e simpatizzanti un migliore 1993.
CONTRAPPUNTO
LA TOGA
E LA CIACCHEHA
GIORGIO BOUCHARD
Due mesi fa, concludendo un dibattito a Genova, mi sono permesso una battuta: «è cominciato il secolo battista» . Argomentavo questa frase con le seguenti motivazioni: T«area battista»
comprende al giorno d’oggi 80 milioni di persone (di cui oltre 50
negli Stati Uniti: il 20% della popolazione e la maggioranza dei
neri), ha dato agli Usa tre presidenti democratici (Tmman, uomo
di pace malgrado il lancio della bomba atomica; Carter, che non
volle fare nessuna guerra; e ora Clinton, l’uomo di cui il popolo
americano si è servito per licenziare la vecchia classe politica); ha
espresso anche alcuni dei martiri più significativi alle lotte per la
giustizia sociale: Martin Luther King in America, Jerry Masslo,
predicatore laico nero assassinato a Villa Litemo proprio mentre
noi celebravamo il Glorioso Rimpatrio. Il movimento battista ha
poi un carattere popolare, individualista e decentrato che si adatta
a pennello all’attuale fase storica di ripresa della democrazia; infine ha, fin dalla Rivoluzione inglese del 1640 (a cui ha fornito la
gran massa dei militanti) un senso vivissimo della libertà religiosa e della separazione tra chiese e stato: fattore decisivo in un
tempo di rirmovati integralismi.
Questi pensieri mi sono tornati in mente mercoledì sera, davanti al teleschermo, mentre assistevo alla scena del giuramento
di Gore e Clinton. Era la prima volta che mi succedeva: in passato non possedevo un televisore, e poi durante l’era reaganiana
ero talmente arrabbiato che mi rifiutavo di assistere a qualsiasi
celebrazione di quello che consideravo (e considero) come un
regime reazionario. Questa volta, invece, lo spettacolo me lo sono goduto tutto. Molte cose mi hanno colpito: le lacrime di
Clinton mentre ascolta uno spiritual in una chiesa nera (si tratta
della African Methodist Episcopal Church, una denominazione
che ha 3 milioni di aderenti e che i nostri cronisti hanno scambiato per una «chiesa episcopale», dunque anglicana...), l’atmosfera popolaresca e democratica, l’evidente ispirazione religiosa
di momenti chiave: il Presidente giura sulla Bibbia, cioè riconosce di dover rispondere davanti a un’autorità superiore.
Ma una cosa mi ha colpito più di tutte: il senso dello stato. Il
Presidente giura infatti davanti a un rappresentante della Corte
Suprema il quale, essendo un giudice, porta la toga. Invece il
pastore Billy Graham, che ha prima detto ima bella preghiera e
poi pronunciato la benedizione di Aronne («L’Eterno vi benedica e vi guardi...»), da buon battista non vestiva paramenti sacri
d’alcun tipo: indossava una semplice giacca. A questo punto mi
sono commosso: il giudice in toga e il pastore in giacchetta, ecco il segreto di una «religione democratica» quale tutto il protestantesimo può e deve essere.
E quando ho sentito Billy Graham chiedere perdono a Dio
del peccato dell’ingiustizia sociale la mia commozione è giunta
al colmo: ho dimenticato il Billy Graham con cui avevo polemizzato a Torino sulla guerra del Vietnam (a dire il vero facevo
solo da spalla a un Sandro Sarti particolarmente energico e coraggioso), e mi è tornato in mente il Billy Graham che, tornato
trent’anni fa dalla sua prima campagna evangelistica a Mosca,
a chi gli chiedeva: «hai incontrato i comunisti?» rispondeva:
«ho incontrato solo degli esseri umani» : da amare, s’intende.
E mi sono anche ricordato di quegli operai del North Carolina i
quali mi avevano detto: «Billy Graham non bara».
Così ho ascoltato di buon animo il breve discorso presidenziale di Clinton: parlava di rinnovamento, di missione, di
vocazione («cali»). Citava la Bibbia, ma anche Jefferson e F.D.
Roosevelt: il meglio della tradizione democratica americana.
So bene che Clinton non è solo un leader democratico: è anche
il capo di un impero, un impero armato fino ai denti. Personalmente prego e mi impegno per un mondo in cui non vi sia più
alcun imperatore: ma dato che ce n’è ancora uno, prèferisco che
sia un battista. Mi fa sentire un po’ più vicina la laicità dello
stato: quella grande conquista moderna senza la quale è vana
ogni lotta per la giustizia e per la libertà.
«lo so in chi ho creduto»
Il Timoteo 1,12
Il Signore ha richiamato a sé
Daniele Ghigo
nastro azzurro
Ne dà l’annuncio a funerali avvenuti la moglie Sandra Theiler
con parenti ed amici.
Non fiori ma eventuali offerte
all’ospedale valdese di Torre Pellice.
Torre Pellice, 27 gennaio 1993
RINGRAZIAMENTO
«lo ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede»
Il Timoteo 4,7
I familiari di
Alma Barai
in Coucourde
ringraziano di cuore tutti coloro
che con la loro presenza, fiori e
scritti hanno partecipato al loro
grande dolore. In particolare i medici dell’Ospedale valdese di Pomaretto, i sig. Maina, Sappè, Baret, le infermiere ed il personale
addetto alle corsie.
Inverso Rinasca, 20 gennaio 1993
«A te, o Eterno,
io levo l’anima mia»
Salmo 25
Ha concluso la sua vita terrena
Teresa Paolucci
Nella triste circostanza Aurelio,
Giuseppe, Isolde e Lara esprimono la propria cristiana simpatia
all’amico Romeo.
Forano Sabino, 22 gennaio 1993
Per i necrologi
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Ultimo
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Le pagine delK«Eco
»
________ROBERTO PEYROT________
Alle Valli gli abbonati ed i
lettori dell’Eco lo trovano ora
come un foglio di quattro pagine che contiene le dodici di
Riforma. Parecchi lettori non
hanno avuto nulla da eccepire
- anche in relazione a quanto
era stato preannunciato - ma
altri hanno in pratica detto: una
volta l’Eco aveva 12 pagine ed
ora è ridotto a quattro! La cosa
però non sta in questi termini.
Non bisogna dimenticare che
quando uscivano Luce ed Eco,
i contenuti erano identici, solo
la testata cambiava. AH’intemo
dei due settimanali comparivano poi, in modo identico, duetre pagine dedicate alle Valli.
Ora, con la nuova impostazione, l’Eco guadagna almeno
una pagina ed è più compiutamente dedicato a fatti ed a problemi civili e socio-politici delle valli, senza peraltro trascurare cronache delle chiese, per
avvenimenti ed appuntamenti a
carattere marcatamente locale.
La vita delle chiese invece fa
giustamente parte delle pagine di
Riforma che, non dimentichia
molo, è il settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi.
I lettori avranno già avuto
modo di vedere come su questi
primi numeri dell’Eco si cerchi
appunto di dare maggior rilievo
alla cronaca ed ai problemi civili, ed i più attenti avranno anche
notato che appaiono nomi nuovi
(fra loro molti giovani) fra i redattori ed i corrispondenti, allo
scopo appunto di rafforzare questo nuovo orientamento. Personalmente sono pure convinto
che quanto succede in quest’
area geografica, significativa
per tutto l’evangelismo italiano,
trovi anche una reazione positiva da parte di moltissimi lettori
di Riforma e non abbia quindi
solo interesse locale.
Si tratta di un nuovo inizio
per l’Eco. L’Assemblea battista, metodista e valdese nel novembre 1990 decise di destinare inizialmente quattro pagine
all’Eco. Sta a tutti noi, redattori
e lettori, far sì che queste pagine possano avere il maggior
consenso possibile, in modo tale da poterne prevedere - perché no? - un successivo ampliamento.
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16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Glob ale
venerdì 29 GENNAIO 1993
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Dopo la feroce repressione del dittatore dell’Iraq, Saddam Hussein, I curdi subiscono ora l’assedio deiie truppe regoiari deiio stato turco
La guerra nel Kurdistan continua ad estendersi, sull'altopiano tra l'Iraq e la Turchia
La tragedia senza fine di un popolo
che lotta per la propria indipendenza
JEAN^ACQUES PEYRONEL
A due anni dalla fine della
guerra del Golfo, la sorte del popolo curdo continua
ad essere appesa a un filo.
Suddiviso tra i potenti paesi
dell’Asia minore (in particolare Iraq, Iran, Turchia e Siria), il territorio del Kurdistan, popolato da 25 milioni
di persone, è sotto la costante
minaccia di interessi antagonistici.
È nota la feroce repressione esercitata da Saddam
Hussein nei confronti di
questi «turchi del Nord»
dell’Iraq, ma non meno feroce è il conflitto che, da armi,
oppone i guerriglieri del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e l’esercito turco.
Nello scorso mese di ottobre
le truppe turche sono intervenute massicciamente nel
Nord dell’Iraq per tentare di
rimuovere i ribelli dalle loro
basi.
Durante l’anno 1992 il
conflitto ha causato oltre un
migliaio di morti. Più di centocinquanta militanti di associazioni curde per i diritti
umani e dodici giornalisti sono rimasti vittime di questa
guerra quotidiana. Il 18 e 19
agosto 1992 Simak, una città
di trentamila abitanti situata
nel sud-est dell’Anatolia, è
stata annientata dall’esercito
turco, e la popolazione è stata
costretta a cercare rifugio
sulle montagne e nei villaggi
vicini.
Malgrado innumerevoli
abusi come questo, confermati dai rapporti di Amnesty
International, il governo turco continua a ricevere l’appoggio dei paesi occidentali,
in particolare degli Usa, per
la sua «lotta contro il terrorismo». I partiti turchi di opposizione - tra cui il Partito
del lavoro del popolo (Hep),
difensore dei diritti dei curdi
che nelle elezioni legislative
del 29 ottobre 1991 è stato
massicciamente votato dalla
popolazione curda - hanno
fatto varie proposte per risolvere la questione curda, ma
l’esercito turco non vuole
sentire parlare neanche di autonomia.
Recentemente, a Diyarbakir, «capitale» del Kurdistan turco, cinquecento poliziotti turchi hanno sfilato per
le strade gridando: «Morte ai
curdi!». D’altra parte a Izmir,
dove risiede un milione di
curdi, sono stati distribuiti volantini che invitavano i turchi
a boicottare i loro negozi. La
tensione tra le due comunità
della zona cresce di giorno in
giorno, minacciando seriamente l’unità del paese.
Dall’altra parte del confine
turco-iracheno invece, la tensione svanisce di colpo. È
quanto afferma il giornalista
Michel Verrier, inviato speciale di Le monde diplomatique, in un articolo pubblicato sull’ultimo numero
del giornale. Nella parte irachena del Kurdistan sembra
regnare un’aria di libertà. Eppure, dopo l’embargo imposto
dal dittatore di Baghdad
nell’ottobre 1991 e dopo la
distruzione delle quattromila
città e villaggi ad opera delle
truppe irachene, i curdi
dell’Iraq vivono in una situazione di totale isolamento,
senza rifornimenti, con i loro
bambini ridotti all’elemosina,
mentre una nuova mafia gestisce gli aiuti alimentari occidentali che transitano dalla
Turchia.
Per far fronte a questa crescente anarchia il Fronte del
Kurdistan, che raggruppa tutti
i gruppi curdi iracheni, ha deciso di organizzare le elezioni
il 15 maggio scorso. Vincitori
ex aequo sono risultati i due
maggiori partiti curdi: il Partito democratico del Kurdistan
(Pdk) di Massoud Barzani, e
l’Unione patriottica del Kurdistan (Upk) di Jalad Talabani. Il popolo curdo iracheno
rimane quindi diviso tra due
strategie: quella di Barzani
per il quale l’unica soluzione
è di ricercare un accordo con
il governo di Baghdad, dato
che gli Stati Uniti e l’Arabia
Saudita sembrano preferire un
Saddam Hussein indebolito
ad una spartizione dell’Iraq.
«Se il diritto ad uno stato per
la nazione curda rimane un
progetto del futuro, occorre
oggi accontentarsi dell’autonomia», ha dichiarato.
La strategia di Talabani invece prevede un fronte unito
con l’opposizione irachena
per rovesciare Saddam Hussein. Nell’agosto scorso i due
leader hanno compiuto una
«tournée» nei principali paesi
occidentali, fra cui gli Stati
Uniti. Le personalità che vi
hanno incontrato li hanno incoraggiati ad affrettare la caduta del dittatore iracheno,
obiettivo ormai condiviso anche dal Kuwait e dall’Arabia
Saudita.
Successivamente, una riunione tra le varie forze di opposizione svoltasi a Salahadin, nel Kurdistan, ha deciso
di designare un’assemblea
nazionale e un governo ed ha
nominato un direttorio composto da Massoud Barzani,
dal generale sannita Hassan
E1 Naqib e dal religioso sciita
Sayed Mohamed E1 Ouloum.
Inoltre, il 31 ottobre scorso,
si è pronunciato per uno stato
federale, il che ha fatto tremare la Turchia e l’Iran.
Il governo di Ankara è
particolarmente preoccupato
dell’evoluzione della situazione, soprattutto da quando,
alla fine della guerra del
Golfo, i guerriglieri del Pkk
(curdi turchi) hanno approfittato dell’anarchia creatasi per
installare campi nel Kurdistan iracheno, contestando
l’autorità di entrambi i leader
curdi, Barzani e Talabani, definiti «traditori».
I negoziati tra il governo di
Baghdad e i rappresentanti
delle organizzazioni curde,
iniziati all’indomani della
guerra del Golfo (marzo ’91),
si sono protratti per un anno
(fino al febbraio ’92) e hanno
avuto per effetto principale
quello di dissociare i nazionalisti curdi dai loro partner
arabi fin dall’aprile 1991. Ciò
in cambio di vaghe promesse
di pluripartitismo che non sono mai state rispettate.
Da parte sua il governo di
Ankara ha ricevuto più volte i
due leader Barzani e Talabani, adottando così una politica cara ai governi di Baghdad, Teheran e Damasco, che
può essere espressa in questi
termini: «Appoggia i curdi
dal tuo vicino per coprire la
repressione dei curdi sul tuo
proprio territorio».
Il 27 luglio scorso una delegazione guidata da Barzani e
Talabani è stata ricevuta a Washington dal Segretario di stato
James Baker e da Brent Snowcroft, consigliere per la sicurezza del presidente Bush, i
quali li hanno incoraggiati a
stabilire una «direzione nazionale» dell’opposizione nel
Kurdistan. Gli oppositori prevedevano di costituire un esercito di duecentomila uomini.
All’inizio di ottobre 1992
le forze curde irachene, incitate dal governo turco,
preoccupato di mantenere il
controllo sui 10 milioni di
curdi residenti sul suo territorio, hanno lanciato una
grande offensiva contro le
basi del Pkk in territorio iracheno. Un accordo di cessate
il fuoco è poi intervenuto il
26 ottobre tra i «peshmerga»
iracheni e il Pkk.
Questo però non ha impedito all’esercito turco di penetrare a trenta chilometri
aH’intemo del Kurdistan iracheno. Il governo turco, fermamente contrario all’idea di
uno stato federale iracheno,
ha organizzato, il 14 novembre scorso, una riunione tra
Turchia, Iran e Siria. I partecipanti hanno respinto ogni
forma di federalismo che potrebbe portare alla creazione
di uno stato curdo. Un nuovo
incontro è previsto per il
prossimo febbraio e non
preannuncia nulla di buono.
Il popolo curdo continua
quindi ad essere oggetto di
politiche altrui e, in queste
ore, ricorda con rabbia il patto di Saadabad, firmato nel
1937 dall’Iran, la Turchia,
l’Iraq e l’Afghanistan, che
definiva una politica comune
di repressione nei suoi confronti.
Malgrado la politica di «rinnovamento»
Vietnam: libertà di
religione controllata
ANNA MAHU1.LO BEEDTZ
In questi ultimi anni non
possiamo dire che la stampa e i mass media ci forniscano molte notizie sulla situazione politica attuale nel
Vietnam. Tuttavia, almeno
per ciò che concerne il rispetto dei diritti umani in questo
paese, possiamo attingere alle
informazioni che Amnesty
International costantemente si
impegna a comunicare.
È importante oggi ricordare
che nel 1986 il governo vietnamita ha adottato una politica
di «rinnovamento» {«Doi
moi») con delle riforme che
hanno costituito una vera apertura, specialmente nella sfera
economica e nell’ambito giudiziario. In seguito ad amnistia, nelT87 e nell’88 vengono
rilasciati migliaia di prigionieri politici. Tuttavia nel 1989
Amnesty denuncia gravi violazioni dei diritti umani, come la
detenzione nei campi di «rieducazione» di prigionieri politici senza imputazione né processo e l’arresto arbitrario, negli anni ’90-’92, di numerosi
professionisti, specialmente
giornalisti, scrittori, insegnanti, avvocati, medici. L’editoria
e la stampa vengono messe
sotto più stretto controllo,
quantunque lo stato vietnamita
abbia aderito nel 1982 alla
Convenzione sui diritti civili e
politici (Iccpr), il cui articolo
18 dichiara che ognuno ha diritto alla libertà di pensiero, di
coscienza e di religione.
Lo stato del Vietnam ha
dunque aderito a questa Convenzione che proclama il diritto alla libertà di religione,
ma Amnesty sostiene che non
sempre questo diritto viene
rispettato dalle autorità. Il governo accusa le organizzazioni religiose di tramare contro
l’unità dello stato e la sicurezza nazionale.
Le disposizioni del Consiglio dei ministri e dell’Ufficio degli affari religiosi degli
anni ’91 e ’92, che regolano
la materia in fatto di attività
religiose, sono severe e meticolose. Non è permesso stampare e diffondere pubblicazioni religiose il cui «contenuto sia contrario al regime,
inciti alla divisione e minacci
runità nazionale». Tutto deve essere regolamentato e registrato: dal nome del predicatore al luogo di culto, dal
calendario delle cerimonie
per tutto l’anno all’uso dei turiboli, delle campane, delle
processioni, dei canti ecc...
Amnesty denuncia molte e
gravi violazioni dei diritti
umani, comunicando lunghe
liste di religiosi prigionieri di
coscienza e testimonianze di
persecuzioni indiscriminate.
arresti arbitrari e pesanti condanne di cui essi sono vittime. Particolarmente colpiti
sono i monaci della Chiesa
buddista unificata (Cbu), i
preti della Chiesa cattolica
romana e i pastori protestanti.
Le accuse formulate contro di
loro sono vaghe e generiche;
«un pericolo per la salvezza e
il benessere del popolo»,
«una minaccia per la politica
dell’unità», «propaganda
contro il regime socialista»,
«partecipazione a attività
sovversive», e altre ancora.
I crimini più gravi di cui
sono accusati sono quelli
contro la sicurezza dello stato
e sono puniti con la pena di
morte anche se poi commutata con il carcere a vita o una
pena di 20 anni.
Purtroppo questa situazione,
in cui i diritti umani sono gravemente e ripetutamente violati, non è cambiata dopo la promulgazione, il 15 aprile 1992,
della nuova Costituzione da
parte del Parlamento. Molte innovazioni, tuttavia, sono state
introdotte come l’economia di
mercato e la proprietà privata,
e inoltre sono stati affermati
alcuni principi civili. Sono aumentati i poteri delle più alte
cariche dello stato e sono diminuiti quelli del Partito comunista, che però conserva ancora
il molo di partito unico.
John E. Mai Huu Nghi
(Chnong) è un monaco
cattolico romano, cittadino del Vietnam. È stato
arrestato il 15 maggio del
1987 nei pressi della città
di Ho Chi Minh (Saigon) e
processato nello stesso anno. Faceva parte della
Congregazione della madre co-redentrice, che era
stata assalita, perquisita e
chiusa dalle forze di polizia.
Nghi è stato condannato
a 18 anni di internamento
in campi di prigionia con
le accuse di «minare
l’unità dello stato», «di fare propaganda contro il sistema socialista» e «disgregare la sicurezza pubblica». Egli ha 62 anni e è
sofferente a causa delle
dure condizioni del campo. Non risulta che abbia
commesso atti di violenza
0 istigato altri a commetterne, perciò Amnesty lo
considera prigioniero di
opinione per motivo della
sua fede religiosa. È in
adozione al gruppo A J.
Italia 90 Val Pellice. Si
pregano i lettori di chiedere la sua liberazione a:
The President of thè State
-* Le I>uc Anh - 35 Ngo
Quyen St. -■ Hanoi -Sociaiist Republic of Viet Nam.
CASA BALNEARE VALDESE
PIETRA UGURE - SORCIO VEREZZI
Sono aperte le prenotazioni per soggiorni
presso la «CASA» che sarà „aperta dai
» MARZO 1993
Condizioni particolari per gruppi e famiglie.
Inlerpellatecil
Rivolgersi alla direzione:
Albina e Nicolino CANU - Corso Italia 110
17027 Pietra ligure (Sv) i
telefono 019/611907 ~ fax 019/610191
oppure tei 0122/901539