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Anno 125 - n. 20
19 maggio 1989
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DOPO LA DICHIARAZIONE DI COLONIA UN ALTRO DOCUMENTO CHE FA DISCUTERE
Teologi cattolici: un richiamo al Cristo
Un tono pacato per la ricerca di un dialogo costruttivo: i teologi italiani ripropongono la necessità di rifarsi al Concilio Vaticano II - Un approccio pastorale ai problemi del mondo e l’apertura ecumenica alle altre chiese cristiane
Molta impressione aveva fatto,
all’inizio deH'anno, il documento
redatto dai teologi cattolici tedeschi e pubblicato a Colonia. In
esso infatti veniva apertamente
criticata la Santa Sede su una serie di punti affatto secondari. La
causa occasionale del documento
era stata la nomdna dell’arcivescovo di Colonia, scelto al di
fuori della rosa di candidati proposti dalla diocesi. In realtà in
esso prendevano corpo un disagio
ed una preoccupazione sempre
più consistenti che attraversano il
mondo cattolico, il quale sempre
meno riesce a comprendere il
senso della politica condotta dall’attuale pontefice.
Tre i punti nevralgici toccati
dal manifesto di Colonia: la nomina dei vescovi, il peso dato a
questioni di carattere etico (per
esempio il controllo delle nascite") alle quali il papa sembra attribuire lo stesso peso e valore delle
affermazioni dottrinali, ed infine
il controllo esercitato da Roma
sulla ricerca teologica.
Il documento, come si sa, metteva a rumore gli ambienti cattolici internazionali, ricevendo anche adesioni da parte di teologi
di altre nazioni.
Il documento, non privo di coraggio e lucidità, si presenta come
una difesa di alcuni tra i principali punti emersi dal Concilio Vaticano II. Non a caso, infatti, tra
i firmatari ci sono teologi come
Hans Kiing o Schillebeeck che nel
concilio avevano profuso il meglio della propria intelligenza e
delle proprie energie.
Critica all’abuso
di potere
Il prof. Paolo Ricca, su queste
stesse colonne, aveva osservato
che la critica dei teologi tedeschi
rimaneva all’interno della chiesa
cattolica, contestava cioè un abuso di potere, ma non il potere
stesso, che è alla radice deH’abuso; contestava cioè non il papa e
l’istituzione del papato, ma il
modo col quale l'attuale pontefice
esercita il potere.
Tra le varie voci era finora
mancata quella dji cattolici italiani. Pare che ora essi abbiano
deciso di rompere il prudente e
penoso silenzio che li ha caratterizzati. Se siamo bene informati,
sul prossimo numero della rivista
« Il Regno » (nota per pubblicare
documenti talora difficili da reperire) dovrebbe apparire una lettera sottoscritta da teologi e uomini di cultura cattolici. E’ una
lettera che vuole essere un invito
ad una riflessione, in un momento in cui la chiesa cattolica è percorsa da spinte che tendono a
farla regredire c a far dimenticare i contenuti più autentici del
Vaticano II.
Il documento ha un tono pacato, evita le asprezze di quello
di Colonia, perché tende ad aprire un dialogo costruttivo; e forse,
per questo, potrebbe essere ancora più utile per il rinnovamento
interno della chiesa cattolica.
Certo è prematuro darne qui una
valutazione; ne attendiamo la
pubblicazione, per poterlo esaminare in modo approfondito, e per
meglio capire anche come si colloca nel panorama cattolico
odierno.
Una difesa
del Vaticano il
Il documento, intanto, è una
difesa del Vaticano II, ma direi
del senso globale di questo concilio così diverso dagli altri concili: un concilio che non ha comminato scomuniche, perché intenzionalmente non ha voluto costruire steccati, innalzare barriere. Anzi, ha voluto abbattere le
barriere costruite nel passato.
Qualunque sia la valutazione che
ne possiamo dare, è stato un
concilio del dialogo. Subilia ci ha
insegnato che in questo modo la
chiesa cattolica esprimeva la sua
cattolicità più autentica; una
qualità questa che essa aveva
perso dal concilio tridentino in
avanti. Ma il Vaticano II è stato
definito anche come un concilio
« pastorale », intendendo dire
con questo che l’approccio della
chiesa ai vari problemi del mondo moderno non poteva venire
dall’alto di certezze dogmatiche,
ma in uno sforzo di ascolto dei
problemi del mondo, delle donne
e degli uomini che ne fanno parte. Ma « pastorale » non vuol dire che non è dotato della stessa
autorità dottrinale dei concili
precedenti. La chiesa si interpretava in modo diverso. Nella Lumen Gentium è scritto: « Come
Cristo ha compiuto la redenzione
attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è
chiamata a prendere la stessa via
per comunicare agli uomini i
frutti della salvezza... ». Emerge
dunque la consapevolezza che la
chiesa non può essere altro che
povera, ma non solo perché priva
di mezzi di sostentamento; povera in quanto non si lascia condizionare dalla logica del mondo.
I lavori dei
Concilio Vaticano II,
punto dì
riferimento
per gli estensori
del documento
dei teologi italiani.
rifiuta la tentazione del privilegio e del potere.
« BASILEA ’89 »
Ecologia e speranza
« ...noi siamo stati salvati in speranza. Ora
la speranza di quel che si vede, non è speranza;
ditatti quel che uno vede, perché lo spererebbe
ancora?» (Romani 8: 24).
L’epistola ai Romani sottolinea questo fatto:
poiché l’essere umano non ha voluto riconoscere
Dio, « Iddio l’ha abbandonato ad una mente senza
giudizio» (Rom. 1: 28), alla sua incapacità di comprendere la realtà; per questo egli si perde in confuse illusioni. Una delle conseguenze di questa
mentalità è la concezione utilitaristica ed unilaterale della scienza e della tecnologia, fondate su
leggi esclusivamente materiali e che, in quanto
tali, negano le espressioni spirituali nell’universo.
Le conseguenze catastrofiche di questo tipo di scienza sono oggi una tragica evidenza intorno a noi.
D’altra parte il mondo occidentale non deve
pensare che il proprio sviluppo scientifico sia
l’unico possibile e storicamente inevitabile. Il nostro brano di Romani ci offre un’alternativa a
questa tendenza anti-ecologica del nostro pensiero tecnologico e scientifico. La nostra epoca, caratterizzata da un’intensa esplorazione dell'universo, soffre per la rottura del rapporto con la dimensione spirituale. Sarebbe possibile, partendo
dalla tradizione paoUnica, ripristinare l’unità perduta.
Non basta pensare ad un mondo diverso ne!
quale l’uomo, anziché essere un granello di polvere perduto nello spazio infinito, è un figlio di
Dio, la cui manifestazione è attesa in « speranza >
(Rom. 8: 20). Qui è invece proposto un programma vero e proprio, la cui messa in opera da parte
degli esseri umani farà vedere se questa tesi è solo una vuota ipotesi, o se invece ha un contenuto
capace di arricchire il mondo. E' necessario che i
cristiani considerino criticamente la loro storia e
la loro capacità di trarre la lezione giusta dalla tradizione apostolica.
L’evoluzione del pensiero scientifico odierno
sembra essere la conseguenza logica della concezione unilaterale che il cristianesimo medioevale
aveva della creazione; per cui le parole dell’apostolo sono rimaste, in un certo senso, lettera rnorta. Ecco perché il credente oggi non riesce,più a
stabilire un collegamento tra la sua fede e la concezione del mondo che la scienza gli propone.
Sono numerosi gli scienziati che, per convinzione o per tradizione, continuano a far parte della
chiesa, leggono la Bibbia e pregano, eppure nei loro laboratori lavorano con metodi che si fondano
sul rifiuto totale della dimensione spirituale dell’universo. La tecnica, da parte sua, fondata sul
medesimo presupposto, non provoca altro che un
aumento del gemito e della sofferenza della creazione. Questo tipo di rapporto col mondo costringe l’uomo a rinunciare, coscientemente o meno,
al posto centrale che Dio gli ha assegnato all’interno del creato.
Uomini e donne partecipano oggi al processo
di distruzione dell’umanità. Infatti perdendo il suo
posto nel creato l’uomo perde anche il volto umano; quel volto umano creato a immagine di Dio.
Qggi non siamo solo sul limite di questa alienazione ma l’abbiamo già superato, anche se non
ce ne rendiamo conto.
Ma constatando il carattere catastrofico di questa nostra situazione, non dobbiamo però cedere
alla rassegnazione. La speranza non serve per ciò
che si vede (Rom. 8: 24); ma, appunto, proprio la
mancanza di segni evidenti che annuncino la fine
della crisi ecologica fa sì che la sola via d’uscita
dalla follia e dalla distruzione è la speranza.
L’apostolo Paolo non ha mai avuto parole tanto
pertinenti e capaci di creare una forza interiore:
« Noi siamo stati salvati, ma questo è in speranza» (Rom. 8: 24). Né un ottimismo cieco di fronte alla realtà, né un pessimismo che intorno a sé
vede solo un abisso sono una risposta degna, sotto il profilo umano, alla crisi ecologica che ci sovrasta. I cristiani possiedono « le primizie dello
Spirito» (Rom. 8: 23). Possono dunque sperare
che queste primizie comprendano anche possibilità nascoste di evoluzione e di perfezione. La speranza e la pazienza sono le virtù più importanti
per il nostro secolo.
Wladimir Iwanow
Arciprete dell’Esarcato della Chiesa
russa ortodossa,
redattore capo di « Stimme der Ortodoxie », Berlino
Un altro punto che il documento sottolinea è quello della concezione della chiesa come comunione di chiese. E’ da un lato, per
quanto ci concerne, l’apertura
ecumenica della chiesa cattolica
alle altre chiese; ma questo porta anche ad una diversa concezione dei rapporti alTinterno della chiesa cattolica stessa. Abbiamo assistito in questi anni ad
un progetto vaticano di politica
ecclesiastica mirante a ridurre
gli spazi di autonomia e libertà
delle conferenze episcopali. Tutti si ricordano le vicende dei vescovi olandesi, costretti dall’attuale papa a rientrare nei ranghi; analoga sorte è capitata all’episcopato americano, e così via
dicendo. Sembra quasi che i viaggi pastorali del papa servano a
ricompattare la chiesa intorno alla figura del pontefice. Così egli
intende l’unità. Ma questo tipo
di unità impedisce allo Spirito di
intendere e vivere la fede nella
varietà dei doni.
E infine un altro punto nevralgico, toccato dal documento, riguarda il magistero. E’ noto che
la gerarchia cattolica si pone il
problema dei rapporti col mondo
della cultura, della scienza, della
ricerca... Ma in tutti questi campi è la dottrina della chiesa che
Luciano Deodato
(continua a pag. 2)
A pag. 3; Commenti sulla discussione alla Camera circa l’ora di religione cattolica nella scuola pubblica.
A pag 7: Israele e Palestina,
una via comunitaria alla
pace. , I
A pag. 9: Dal nostro inviato
a Basilea.
2
2 commenti e dibattiti
PRALY OPRALI?
Mentre leggevo, in questi giorni, l’ottimo opuscolo « Il Rientro - Dalla Revoca al Rimpatrio », edito dalla Società
di Studi Valdesi e dovuto alla penna
del past. Claudio Pasquet, ho notato
che l’autore è fra coloro che adoperano, per indicare il Comune di Prali,
il termine spurio di Praly. Poiché,
salvo errore, da tempo non si è più
parlato della questione nel nostri giornali, ritengo opportuno ritornare in argomento e, per chiarirci le idee, riferirci al « Guide des Vallées Vaudoises »,
edito nel 1898 dalla Soclété Vaudoise
d’Utilité Publique, il quale c’insegna
che la località trae il nome dai grandi
prati ivi esistenti, detti in dialetto
« pral » (al singolare) e • li prali • (al
plurale). Perciò, da tempo, il nome
generalmente adoperato era Pral. Solo
più anticamente (come da Arnaud nelle sue memorie) era usato il nome Les
Prals. Per contro, più recentemente
e soprattutto per gli usi civili e da
chi adoperava la lingua italiana, era
adoperato il termine Prali, mutuato dalla voce dialettale sopra indicata. Ma, a
proposito di questo nome, ecco che
succede il « fattaccio »! Ce lo segnalano i dotti compilatori del citato
< Guide des Vallées » con queste parole; • Le autorità comunali hanno adottato recentemente, senza la minima ragione, l’ortografia di Praly ». Ecco l’origine di questo nome che, seppure contestato, non è ancora morto
ed ecco perché è da respingere. Se
la parola Praly fosse di origine francese si potrebbe essere favorevoli alla
sua conservazione, ma allora dovrebbe
essere pronunciata secondo le regole
della fonetica francese, cioè con l'accento tonico suH’ultima sillaba (parola
tronca), mentre invece il termine è
stato creato in Italia e tutti sappiamo
che nessuno, nella nostra regione,
esprimendosi in una delle quattro parlate in uso (italiano, francese, patois
o piemontese), ha mai pronunciato Praly con l’accento sulla y (tronco).
Dunque incongruenza di grafia non
corrispondente alla pronuncia ed errore di ortografia italiana per uso della lettera y non esistente nell’alfabeto italiano. E infine, inosservanza della
legge dello Stato del 1937 che ha sancito che il nome del Comune è Prali.
Aldo Costabei, Milano
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IL FUTURO
DI ISRAELE
Egregio Direttore,
vorrei rispondere al fratello Venturi.
Sul n. 16 del 21.4.89, trovo un suo
scritto che mi s'orprende, non adatto
ad un credente che per certo sa quale
funzione ha israele nel mondo, leggendo la Bibbia. Non è il problema di
imporsi 0 di proporsi ma sono i piani
di Dio a dirigere ogni cosa.
E’ pur vero che anche I palestinesi
hanno il diritto a una nazione, ma I
piani di Dio rvon sono i nostri, se no
come avrebbero potuto esistere gli
ebrei come popolo dopo la caduta di
Gerusalemme e la conseguente dispersione del popolo d’Israele nel mondo
per circa duemila anni?
Furono perseguitati, Hitler ne fece
morire milioni; ancora oggi sono circondati da popoli ostili pronti a fare
piazza pulita di tutti. Possibile che non
si comprenda che israele è legato al
destini del mondo, come leggiamo in
decine di profezie? (Basta vedere Geremia 30; 11, Amos 9; 15).
Chi ha la possibilità legga II libro
• Il Signore viene », edito dalla Claudiana nel lontano 1927, ora più che
mai di attualità.
Israele viene definito la meridiana
del sole di Dio, e si dice anche che,
malgrado le profezie, molti erano scettici circa la fondazione deH’Alleanza
mondiale israelitica (1860) e cercavano
altre strade per la terra promessa.
Ora, a distanza di quasi settant’anni, le
affermazioni di detto libro si sono avverate ed altre ancora avverranno.
State attenti e ricordino i credenti
che Israele, malgrado la sua infedeltà, è sempre il popolo di Dio e nulla,
né armi né astuzie politiche, potrà far
cambiare i piani di Dio per il suo popolo.
E chi coltiva odio e pregiudizi contro questo popolo conoscendo la Bibbia opera contro la volontà di Dio...
israele non è un popolo come gli altri ma, dopo il patto divino, il popolo
di Dio (Esodo 6; 7, Deuteronomio 14;
2, Osea). Un patto fino alla fine
dei tempi. Vediamo ancora in Ezechiele
36 chiaro il ristabilimento di Israele.
Voglia il Signore fare luce affinché tutto il suo popolo possa conoscere i
suoi piani. Dico « suoi » e non travisati da teologi o da tesi socio-politiche
che nulla hanno a vedere con la sua
volontà. (...).
Mario Goletti, Nichelino
forse convinto che solo la fede dei
credenti è alla base giustificante della risurrezione del Cristo.
Nel sermone di domenica 2 aprile il
pastore Giorgio Tourn ha fatto alcune
considerazioni che, più che avvicinarlo
all’interpretazione del vescovo anzidetto, mi hanno ricondotta al pensiero di
S. Paolo lucidamente espresso al capitolo 15° della prima epistola ai Corinzi, dove è evidente che l’apostolo
testimonia del suo incontro col Cristo
risorto, ma ci tiene a specificare, nei
versetti 42 e seguenti, che • se c’è
un corpo naturale, c’è anche un corpo
spirituale ».
Non è mia intenzione entrare abusivamente nelle dispute teologiche:
sull’argomento in questione si sono
mosse nei secoli le più illustri personalità del mondo cristiano.
Farei cenno solo alla diffusa credenza del Cristo risorto, alimentata da
fatti che riguardano lo spettacolo.
Alla inconscia disposizione al miracolo, o al pagano sortilegio, non sono
sfuggite le masse presunte cristiane, incantate dalle rappresentazioni degli artisti, quando la Chiesa aveva in sostanza accantonato ¡I divieto biblico,
chiaramente formulato nel Decalogo,
« Non ti fare scultura alcuna né Immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra... ».
Lucia Scroppo, Torre Pellice
LA SFIDA
DEL GIORNALISMO
EVANGELICO
LA RISURREZIONE
Sul giornale l’Unità del 16 gennaio
1989, avevo letto che il papa Giovanni
Paolo II ripropone per la risurrezione
di Gesù ■ l’evento storico », rispondendo alle polemiche recenti, ma dalle
radici antichissime, che contrappongono l’evento suddetto alla spirituale
concezione fideistica. Tale secolare disputa riaffiora nella • scandalosa » affermazione di un vescovo anglicano.
Caro Direttore,
la grande finanza si spartisce la proprietà dei giornali, scompaiono gli
editori puri, scompare, con loro, il
giornalismo fatto dai giornalisti. E’ un
fatto che va considerato perché ha riflessi sul mercato dei giornali. C’è
forse possibilità che si aprano spazi di
penetrazione nuova per chi produce
stampa fuori dei grandi circuiti, per chi
produce stampa altra. Per chi fa stampa di ispirazione cristiana, evangelica.
Non tutti i lettori si lasciano incantare dai « magazines » platinati, dai
tabulatori dell’effimero. Ci sono sempre
quelli che apprezzano il giornalismo
« come si faceva una volta », l’informazione di buona fattura. Di qualità,
di passione e di ragionamento, di impegno etico e civile, E si può vedere
di conquistarli.
La libertà di stampa nessuno la discute, non è in gioco perché fabbricanti di auto e di computer sono ora
padroni anche dei giornali. Ma è vero
che una cosa è libertà di stampa, altra è stampa libera, pluralismo e serietà di voci informative. Ed è vero
che un giornalismo mirato al massimo
consenso, alla filosofia del marketing
(che, come evangelici, in questo caso,
possiamo tradurre; filosofia del « mondo ») non produce informazione più
libera e più seria. Una stampa piattamente omologa al sistema economico.
Teologi cattolici
(segue da pag. 1)
deve essere insegnata. Ogni volta
che si presenta un problema nuovo il magistero, come sappiamo,
pronuncia una sua parola; ed è
quella che va osservata. La Dei
Verhum aveva riconosciuto validità anche allo studio e all'esperienza dei credenti. Vi sono carismi e servizi differenti, utili alla
conoscenza della verità, ognuno
agisce secondo il dono ricevuto. I
teologi non possono essere semplici divulgatori degli insegnamenti del magistero, ma ascoltano le domande nuove che emergono dalle situazioni nuove in cui la
fede si viene a trovare e percorrono insieme ai fratelli in fede
i sentieri inesplorati, cercando anche in quei luoghi di
esprimere la fedeltà al Signore.
Libertà quindi della ricerca in
uno spirito di apertura verso il
nuovo.
Il documento, dunque, non contiene accenti polemici. Non vuole
provocare strappi, lacerazioni,
ma aprire al dialogo; riconosce le
tensioni che si agitano aU’interno
della chiesa cattolica e tenta una
conciliazione nel rispetto di tutti.
Non è la prima volta che Roma si trova a fronteggiare opposizione, dissenso, critica. C’è però
un dato che non è da sottovalutare; questa lettera non si propone
di contrapporre un potere ad un
altro potere, ma si richiama al
Cristo, alla sua povertà, e richiama il credente alla sua vocazione ed alla sua responsabilità; riconosce allo Spirito una sua libertà e si apre al nuovo di Dio,
in un tempo che muta rapidamente.
Non sarà facile per Roma dare
una risposta; di certo non potrà
farlo usando il potere e la forza.
Ma da quella risposta si potrà capire se revangelo può essere vissuto, e come, aH’interno della
chiesa cattolica.
Luciano Deodato
ai modelli sociali correnti non fa opinione. E’ subalterna a tutti gli « idola
tribus », a tutte le suggestioni e mode di massa.
Credo che, per fare informazione
di qualità e di forte impatto, la stampa cristiana dovrebbe tenere sempre
ferme le parole della Scrittura in Giovanni 15; 19; essere nel mondo senza
essere del mondo, essere veicolo di
idee, di elaborazione di idee in questo
tempo ed iln questa « polis », aperta
ed attenta a tutte le vicende del quotidiano collettivo. Ed essere sempre
testimone scomoda, segnale di contraddizione, alimento di battaglie morali e civili nel tempo e nella « po-,
lis » che viviamo.
La testimonianza e la stampa di ispirazione cristiana scadono di impatto
e di forza persuasiva, di significato ogni volta che perdono di vista l’uno
o l’altro dei due dettami, delle due vocazioni; quando si pongono fuori del
mondo o quando, all’opposto, scendono a compromessi con esso.
Se le nuove proprietà delle grandi
testate dovessero troppo pesantemente
condizionare la qualità dei giornali,
potrebbe darsi, io penso, un'opportunità per una stampa coerentemente
evangelica e, insieme, coerentemente
in ascolto delle dinamiche del nostro
tempo, così complesse e mutevoH.
Sia come sia, buon lavoro, stampa
evangelica.
Sergio Turtulici, Villafranca P.te
terra, alla presenza del Signore »; Salmo 114 - « E tu, terra, presta l’orecchio»; Isaia 1; 2 - «Non giurate per
la terra »; Mattteo 5; 35). E proprio
perché la terra trascura di obbedire
a queste leggi, è costantemente in
preda ad un colpevole comportamento, ad un tragico travaglio ed al fatale destino della sua fine (• I cieli e la
terra passeranno; Matteo 24; 35) probabilmente in atto!...
Ferruccio Giovannini, Pisa
AAA CERCASI LUCE
« SFERE » DIVERSE
I problemi della umana esistenza si
trattano con la vita civile, materiale
e terrena.
La vita religiosa (alquanto al di sopra e al di fuori) serve come supremo
aiuto, luce, incoraggiamento ad affrontare questi problemi.
E pertanto non vi può essere connubio, associazione, in quanto la religione (s’intende quella cristianoevangelica) occupa una sfera e dei
contenuti che sono smisuratamente
più in altol
La vita terrena è in sott'ordine alle
leggi divine; (« La terra era corrotta
dinanzi a Dio »; Genesi 6 - « Trema, o
Nella comunità valdese di Lucca
stiamo raccogliendo annate di « La
Luce » e di altri periodici per aprire
alla consultazione un piccolo centro
di cultura evangelica.
In città da pochi mesi è stata costituita una emeroteca dotata di computer in possesso di dati su pubblicazioni di periodici presenti nelle varie biblioteche cittadine, sia pubbliche
che private; è superfluo dire che non
c’è traccia di periodici evangelici.
L’iniziativa di questa comunità vuole colmare, per quanto possibile, questo vuoto. Inviamo perciò l’elenco dei
numeri mancanti per completare le
annate di « La Luce ».
Stiamo inoltre raccogliendo anche
altre pubblicazioni, come Com-Nuovi
Tempi ed i Culti Radio, ed anche libri ed opuscoli.
Chi vuole aiutarci scriva a; Chiesa
Evangelica Valdese - via Galli Tassi, 50
- 55100 Lucca.
Anno 1967; 6, 8, 52.
Anno 1968; 8, 52.
Anno 1969; da 1 a 7, 10, 11, da 13 a
24, da 27 a 37, 39, 40, 41, 43 , 44,
45, 49, 50, 51, 52.
Anno 1971; 11.
Anno 1972; 52.
Anno 1973; 1, da 3 a 8, 12, 16, 17, 18,
da 20 a 24, 26, 33, 34, 36, 45, 47,
48, 49, 51.
Anno 1974 e 1975; mancano compietamente.
Anno 1976; da 1 a 28.
Anno 1979; 17, 42.
Anno 1980; 19, 52.
Anno 1981; 14.
Anno 1983; 51.
Anno 1984; 50, 51, 52.
Anno 1985; 27, 28, 29, 30, da 32 in poi.
Anno 1986; 3, 13, 26, 30, 34, 36, 42.
Anno 1987; 2, 12, 15, 22, 37, 39, 40, 48.
Anno 1988; 2, 7, 10, 16, 17, 19, 34,
36, 38, 40.
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino
Conte, Piera Egidi, Claudio Martelli, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stelio Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/91334
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
FONDO DI SOLIDARIETÀ': c.c.p. n. 11234101 intestato a La Luce, via
Pio V, 15 - 10125 Torino
Amministrazione del fondo: Maria Luisa Barberis, Renato CoTsson, Roberto Peyrot
ABBONAMENTI 1989
Italia Estero
Ordinario annuale L. 38.000 Ordinario annuale L. 70.000
Ordinario semestrale L. 20.000 Ordinario (via aerea) L. 100.000
Costo reale L. 60.000 Sostenitore (via ae-
Sostenitore annuale L. 75.000 rea) L. 120.009
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P. - via Pio V, 15
10125 Torino
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011/655278 — Redazione valli valdesi: via Repubbiica, 6 - 10066 Torre
Pellice - telefbno 0121/932166
il n. 19/89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli delle
valli valdesi l’il maggio 1989.
Hanno coliaboralo a questo numero: Valter Cesan, Mauro GardioI, Roberto
Giacone, Vera Long, Luigi Marchetti, Claudio Pasquet, Gregorio Plescan,
Roberto Romussi, Bruno Rostagno, Franco Taglierò, Claudio Tron.
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19 maggio 1989
chiese e stato
DOPO LA RISOLUZIONE VOTATA DALLA CAMERA
Per la religione a scuola
non cambia niente: il pasticcio continua
La posta in gioco con questo dibattito parlamentare era ben più alta: una verifica della maggioranza concordataria
- Le preoccupazioni della Conferenza episcopale - Si profila una crisi tra il Parlamento e la Corte costituzionale
L’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica (Ire) è stato oggetto di un ennesimo dibattito parlamentare. Motivo: la sentenza deH’ll aprile
scorso della Corte costituzionale che aveva stabilito che
Tire è « facoltativo » e « solo l’esercizio del diritto di
avvalersene crea l’obbligo scolastico di frequetarlo ».
Di conseguenza, secondo la Corte, « per quanti decidono
di non avvalersene, l’alternativa è uno stato di non obbligo ».
Tra le conseguenze pratiche della sentenza vi era quindi Tesigenza di adeguare le disposizioni del ministero
della Pubblica Istruzione circa l’organizzazione pratica
deirirc e delle cosiddette « attività alternative », che non
possono più essere considerate obbligatorie.
Ma la paura della Conferenza episcopale italiana
(Cel) era un’aitra. L’ora di religione era diventata il punto sul quale si poteva verificare la tenuta della maggioranza concordataria nel nostro paese. Infatti le discussioni attorno all’Irc avevano fatto riflettere a fondo i partiti sul peso che il nuovo Concordato ha nell’organizzazione dei vari « servizi » che lo Stato offre
ai cittadini. Il PRI aveva ritrovato le sue radici laiche
ed aveva affermato senza mezzi termini la facoltatività
dell’ora ed una interpretazione del Concordato come garanzia dei diritti di libertà religiosa dei singoli. Lo stesso partito comunista, nel suo recente congresso, aveva
superato l’impostazione concordataria dei rapporti tra
Stato e chiese per assumerne una — per la verità molto
sfumata — che fa precedere « i diritti » del cittadino
alla collaborazione tra lo Stato e la Chiesa cattolica.
Si profilava cioè una maggioranza anticoncordataria
in Parlamento. Questo preoccupava molto la Chiesa cat
tolica che, per bocca del cardinale Poletti, aveva dichiarato alla vigilia del dibattito che « se il Parlamento
mettesse in crisi l’oggettività delle scelte concordatarie,
le conseguenze sul piano costituzionale sarebbero gravi, perché verrebbe compromesso il patto sancito tra lo
Stato italiano e la Santa Sede», ed aveva accusato le
forze politiche italiane di «mancanza di coerenza».
Le preoccupazioni della Cei non riguardavano solo
l’ora di religione, ma anche alcuni « nodi irrisolti » della
« collaborazione » tra Stato e Chiesa cattolica: lo statuto degli insegnanti di religione, i cappellani per le
terze di polizia, la legge di esecuzione per il matrimonio canonico con effetti civili, lo stesso sostegno econc^
mico della Chiesa e del clero cattolico, i beni culturali,
gli archivi ecclesiastici, le scuole cattoliche.
La questione andava cioè ben al di là del fatto specifico, che pure andava risolto, ed investiva il problema del ruolo della Chiesa cattolica neUo Stato italiano.
Con 272 voti a favore (DC, PSI, MSI, lo PSDI firmatario della mozione non si è fatto trovare in aula:
potenza dell’accordo elettorale con Pannella!), 235 contrari (PCI, PRI, SI, DP, PR, PLI, Verdi) e 2 astenuti la
Camera ha infine approvato una risoluzione che « impegna il governo ad elaborare, in tempo utile ai fini del
regolare inizio del nuovo anno scolastico, la normativa necessaria e a sottoporla al Parlamento ».
Alla maggioranza concordataria che si è definita
sono stati indispensabili i 35 voti missini, soprattutto
per sconfiggere le mozioni anticoncordatarie.
In attesa di esaminare la nuova normativa, è evidente per coloro che vogliono leggere senza pregiudizi sia
la sentenza della Corte che la risoluzione della Camera
che siamo di fronte ad una crisi e ad un conflitto tra
la Corte e il Parlamento, almeno per quanto riguarda i
diritti di coloro che non vogliono l’Irc. Il dovere istituzionale del governo è infatti quello di adempiere alla
sentenza senza mistificazioni di sorta. Quella di democristiani e socialisti è una vittoria politica, nei confronti di un Parlamento che appare oggi più attento ai diritti di libertà di tutti che non in passato. Una vittoria amara che per ripetersi dovrà sempre arrivare a
patteggiamenti col MSI.
Ma quello che stupisce ancora di più sono state le
proposte socialiste per le « attività alternative »: non si
deve uscire daUa scuola, ha detto Mauro Seppia; l’attività « parallela e qualificata », secondo l’onorevole Laura
Fincato sarebbe un’ora di «tecnica e pratica della solidarietà »!
In pratica la risoluzione e le proposte peggiorano
la già caotica situazione. Andremo ad un nuovo contenzioso, questa volta di natura costituzionale. Di questo sono tutti convinti, maggioranza concordataria e minoranza anticoncordataria. Ma così vuole la ragion^ politica: non si deve andare avanti nella democratizzazione del sistema politico italiano, ma bisogna — ed il
voto fascista lo dimostra — lasciare inalterata la sostanza del vecchio Concordato fascista.
E alle minoranze religiose che hanno raggiunto « intese » di libertà con lo Stato è lasciato il diritto di protestare per la non applicazione delle leggi che le riguardano. .
Solo che a questa protesta, nel paese, si stanno aggiungendo molti altri.
Giorgio Gardiol
CGIL-UIL SCUOLA
DOCUMENTI
L'ora fuori dell'orario L'ora secondo la Corte e la Camera
I presidi e i direttori didattici
della provincia di Torino, riuniti in assemblea in orario di servizio in data 8.5.89, dopo aver
esaminato la sentenza della Corte Costituzionale n. 203 dell’ll
aprile ’89, ribadiscono ancora una volta la situazione di disagio
creatasi nella scuola italiana negli ultimi tre anni, in seguito
all’intesa fra CEI e Ministro
della P.I. e relative circolari applicative.
Ritengono che, dopo l’inequivocabile affermazione della Corte Costituzionale sullo « stato di
non obbligo » degli alunni che
TERNI
Un adesivo
decidono di non avvalersi delriRC, non sia proponibile, sia
da un punto di vista giuridico,
sia da un punto di vista pedagogico, la presenza obbligatoria
di allievi nella scuola in assenza
dello svolgimento di attività didattiche curricolari.
I presidi e i direttori didattici richiedono al Parlamento il
necessario intervento che consenta di iniziare l’anno '89-90 in
un quadro di certezza del diritto,
neH’ambito del quale siano fissati con chiarezza, sia nei confronti degli alunni sia nei confronti degli insegnanti, i compiti e le risorse economiche che
la scuola deve assolvere per garantire il rispetto dei principi
costituzionali così autorevolmente ribaditi, e siano previste le necessarie risorse economiche.
Richiedono che nella scuola
pubblica italiana, a fianco di una
area curricolare obbligatoria
per tutti, l’IRC venga collocata come insegnamento facoltativo in orario aggiuntivo.
Fanno presente la gravissima
situazione di incertezza gravante sulla scuola per quanto riguarda la composizione del collegio giudicante negli scrutini
anche a causa della presenza di
norme giuridiche contraddittorie che si sono sovrapposte nel
tempo..
Per i non avvalentisi l’alternativa
governo è impegnato a (definire
Riportiamo qui di seguito le parti più significative della sentenza datata 11 aprile e la risoluzione
approvata dalla Camera.
La Corte costituzionale
ha sentenziato:
La previsione come obbligatoria di altra materia per i non avvalentisi sarebbe patente discriminazione a loro danno, perché proposta in luogo dell’insegnamento di religione cattolica, quasi corresse tra
l’una e l’altro lo schema logico dell’obbligazione alternativa. quando dinanzi all’insegnamento di religione cattolica si è chiamati a esercitare un diritto di
libertà costituzionale non degradabile, nella sua serietà e impegnatività di coscienza, a opzione tra equivalenti discipline scolastiche.
Lo stato è obbligato, in forza dell'accordo con la
Santa Sede, ad assicurare l’insegnamento di religione
cattolica. Per gli studenti e per le loro famiglie esso
è facoltativo: solo l’esercizio del diritto di avvalersene crea l’obbligo scolastico di frequentarlo.
, Per quanti decidano di non avvalersene l’alternativa è uno stato di non-obbligo. La previsione infatti
di altro insegnamento obbligatorio verrebbe a costituire condizionamento per quella interrogazione della
coscienza, che deve essere conservata attenta al suo
unico oggetto: Pescrcizio della libertà costituzionale
di religione.
è uno stato di non-obbligo - Il
una normativa per il nuovo anno
La Camera ha approvato
la seguente risoluzione:
« La Camera, riaffermata la necessità di proseguire nella leale e completa attuazione della normativa di revisione del Concordato, respingendone ogni
istanza abrogazionista;
preso atto della sentenza della Corte Costituzionale che, valorizzando il diritto costituzionalmente garantito di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, ha riconosciuto la conformità ai principi supremi della Costituzione all art.
9, n. 2 della legge 25-3-1985, di ratifica dell’accordo
che modifica il Concordato, e dell’art. 5 letto B n. 2
del Protocollo Addizionale;
considerato anche che a seguito di tale pronunzia
non si può determinare una condizione di discriminazione dell’ora di insegnamento della religione cattolica rispetto all’orario scolastico;
considerato che è compito esclusivo dello Stato
Italiano disciplinare anche dal punto di vista organizzativo l’attività dei non avvalentisi nell ambito
della scuola;
impegna il governo ad elaborare, in tempo utile
ai fini del regolare inizio del nuovo anno scolastico,
la normativa necessaria ed a sottoporla al Parlamento ».
Il Centro culturale evangelico
(via Rismondo lO/A, 05100 Terni)
ha realizzato un autoadesivo per
propagandare la scelta del non
avvalersi dell’ora di religione
cattolica, che abbiamo riprodotto qui sopra.
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4
4 prospettive bibliche
19 maggio 1989
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Pentecoste: il messaggio e i linguaggi
Atti 2: 1-13
Siamo riuniti qui a Oldenburg,
partecipanti provenienti da tutta la
Germania, per l'annuale assemblea
generale dell' Evangelischer Bund,
per riflettere insieme sul tema « Il
cristiano e la cultura ». Per la predicazione di questo culto di apertura,
mi è venuto spontaneo pensare al
racconto della Pentecoste, in Atti 2;
esaminiamolo insieme: forse ci attrae in modo particolare il fatto di
sciogliere questo noto racconto dal
suo legame obbligato con la festa di
Pentecoste, ed è anche utile, perché
ciò che vi viene riferito ci riguarda
tutti i giorni.
Uno Spirito
molto particolare
Per cominciare, il nostro racconto
ha a che fare con lo Spirito, più esattamente, con lo Spirito Santo; è infatti di uno Spirito molto particolare
che si parla. Il tutto è ben lungi dalla
normalità, il contenuto è sotto molti
aspetti misterioso, enigmatico e presenta molti problemi al commentatore. Si narra l'irruzione del mondo
« superiore », altro; di un attimo in
cui la storia di Dio fa esplodere il
quadro della storia terrena; si narra
dell'irruzione dello Spirito di Dio
nella prima e ancora piccola comunità cristiana. Un evento che è l'accensione dell'intera storia cristiana,
l'impulso impresso al grande movimento che dura fino a oggi e nel quale noi stessi ci troviamo. Ma si può
seriamente affermare che lo Spirito
Santo non deriva dalla sfera umana,
ma è venuto « dal cielo », assoluto
dono divino?
In ogni caso lo Spirito Santo è
uno Spirito particolare, viene a sorpresa, « improvviso », assolutamente
inaspettato, non ha nulla a che fare
con la nostra pianificazione e con il
nostro sforzo di padroneggiare razionalmente il futuro! Anzi, lo Spirito
Santo non è preparato, non ò atteso,
non è elaborato, non è guadagnato,
non è a disposizione e neppure può
essere trattenuto né garantito.
Naturalmente si può cercare di
trattenerlo, di legarlo al sacramento, al ministero, alla chiesa, ma « lo
Spirito soffia dove vuole » (com'è
detto in Gv. 3: 8). Vuol dire in fondo
che la chiesa di Cristo non è una
realtà autonoma, essa non vive di se
stessa, ma è costantemente rinviata
al creator spiritus. E tutti noi cristiani, per ciò che da noi dipende,
siamo poveracci, dipendenti dal fatto
che Dio ci fa ricchi, ci riempie le mani, che lo Spirito ci mette in bocca
le parole giuste!
Annualmente, a turno in varie località tedesche, si riunisce l’assemblea generale dell’Evangelischer Bund (Alleanza evangelica), una delle
libere associazioni — accanto al Gustav Adolf Werk, l’Innere Mission e
operanti all’interno dell’ EKD, la Chiesa evangelica in Germania,
una sorta di Federazione del protestantesimo tedesco. L’Evangelischer
Bund ha fra i suoi punti di forza l’Istituto di ricerca sulle confessioni, a
Bensheim (RFT). L’assemblea generale di quest’anno si è riunita a Oldenburg, in gennaio, e i lavori vertevano sul tema « Il cristiano e la cultura ». Nel corso del culto di apertura il prof. Gottfried Maron, dell’Università di Kiel, ha rivolto questa predicazione.
a cura di GINO CONTE
Una questione
di linguaggio
Nel nostro racconto pentecostale,
accanto e insieme allo Spirito, abbiamo a che fare anche con un fenomeno che gli è strettamente apparentato: con il linguaggio. L'evento
della Pentecoste è un evento linguistico. Accade il miracolo (è il miracolo della chiesa cristiana fino a oggi!)
che, malgrado i diversi linguaggi,
quell'unico messaggio viene trasmes
so e ascoltato fra noi uomini. Al tempo stesso è il miracolo della trasformazione dell'uomo, che qui lo Spirito
opera, una trasformazione bilaterale: in quelli che parlano e in quelli
che ascoltano.
« Furono riempiti di Spirito Santo
e cominciarono a parlare in altre lingue ». La Bibbia sa benissimo quale
piccolo organo essenziale e pericoloso sia la lingua — quando tace e
quando parla. Ed ecco cosa capita ai
discepoli: viene loro cambiata la lingua! Ecco il miracolo (per dirla con
Paolo): non predichiamo più noi
stessi (e tutto ciò che rientra nell'autogiustificazione), ma predichiamo
Cristo crocifisso (2 Cor. 4: 5)! Contemporaneamente i discepoli perdono la loro paura. Osano aprir bocca,
anzi, la lode di Dio erompe con forza
da loro: l'Evangelo, il lieto annuncio,
inizio, fondamento e contenuto di
ogni nostra predicazione, di ogni nostro discorso. Con quanta fatica e pena esce spesso da noi, 1'« Evangelo »,
il « lieto annuncio »! Ma anche dalla
parte degli ascoltatori accade un miracolo: ciascuno ode « le grandi gesta di Dio » nella propria lingua. Per
un attimo accade qui quel che sognano tutti i propagandisti pubblicitari:
ciascuno è veramente interpellato,
non può sfuggire, eludere, sottrarsi.
Naturalmente può reagire in modi
diversi. Il racconto della Pentecoste
descrive due possibilità: « disorientati » gli uni domandano: « Che significa? », gli altri invece sanno,
schernitori: « Sono pieni di vino dolce ». Si delinea l'ultima frontiera della predicazione cristiana: gli uni si
aprono, in ricerca, mentre gli altri si
chiudono e a tale scopo hanno, bell'e
pronti, logori argomenti sarcastici.
Fine delle frontiere
Ma il racconto della Pentecoste è
in verità anche, anzi appunto un racconto che parla dell'estrema, grande
eliminazione delle frontiere, del grande abbattimento di ogni delimitazione. Questi enigmatici forestieri, lì
elencati, significano che Cristo non è
morto solo per un determinato gruppo, ma per tutti, che la salvezza è
ora offerta non solo a un popolo, ma
a tutti i popoli. E vuol dire che le
lingue non sono più la cosa più importante, importante è il messaggio!
Per i cristiani non può più esserci una « lingua sacra », come per l'ebraismo o per l'islam. Stupisce tanto più
che nella cristianità occidentale effettivamente per un millennio e mezzo
ci sia stata una sorta di unitaria lingua sacra. Da quando il re dei Franchi Clodoveo divenne cristiano e decise che la lingua dell'impero roma
no, il latino, doveva essere la lingua
del culto e della chiesa, tutti i popoli
d'Europa dovettero sacrificare ciascuno la propria lingua a favore del
latino ecclesiastico. Nel mondo cattolico-romano è stato così fino a 25
anni fa. E la cosa non ha certo sempre giovato al messaggio!
L'altra strada sbagliata, che il protestantesimo ha finito per percorrere
e che ha sviato dal messaggio cristiano e l'ha deformato, è stata quella di
assolutizzare la propria lingua. Così
hanno fatto, ad esempio, nella loro
eresia nazionalistica, anzi razzistica,
i Cristiano-Tedeschi, che tendevano a
fare di ciò che è tedesco l'unità di
misura di ciò che è cristiano (un rischio cui Lutero, malgrado il valore
fondamentale che ha avuto per la lingua tedesca, non si è però mai neppure avvicinato! Sapeva che la lingua è importante solo in funzione
del messaggio). Le chiese orientali
non hanno mai cercato, a differenza
dell'Occidente, una lingua unitaria
(né una cultura ecclesiastica unitaria). Esse lodano Dio in russo e in
bulgaro, in greco e in georgiano, in
copto e in arabo e in tal modo hanno
conservato attraverso la storia un
aspetto della Pentecoste.
La vera cattolicità
Senza accorgercene, l'esame del
racconto della Pentecoste ci ha portato in ambito ecumenico o, meglio, a
domandarci che cosa sia, veramente, « cattolico ». Lutero ha correttamente tradotto l'aspetto della cattolicità con il concetto di « cristiano ».
Egli pensava a « l'intera cristianità
sulla terra » e riteneva che non dovessimo mai perderla di vista, ma
che anzi dovessimo essere tutti « cattolici ».
Sappiamo tutti bene che una chiesa pretende di possedere in modo
particolare questo carattere inclusivo, questa cattolicità. E lo dimostra
nel modo più impressionante e insistente anche nell'era della TV e
dei media. C'è un ministero che realizza e garantisce questa cattolicità.
Tuttavia Pentecoste non ha molto
a che vedere con un ministero, neppure quando è Pietro (nei versetti
seguenti il nostro testo) a prendere
la parola e a diffondere il messaggio. Pentecoste è la festa dello Spirito, non del ministero. Posso dirlo
drasticamente: simbolo pentecostale non sono segni esteriori di un ministero, non copricapi di dignitari
ecclesiastici come ne ha effettivamente la cristianità nella sua molteplicità confessionale, dall'ortodossia al
protestantesimo: berrette, mitre, tiare e corone. Simbolo pentecostale
sono piuttosto effimere, momentanee
fiamme, « come di fuoco », sulle teste dei discepoli; effimere, sì, ma proprio esse esprimono ciò che vi è di
contagioso e di infiammante nella
Pentecoste. Anche alla luce della Pentecoste, la vera « cattolicità » non è
quindi mai una cattolicità del possesso, ad esempio della Parola e del
sacramento, una universalità che si
possa « avere », bensì è la cattolicità del mandato: « Andate e fate di
tutti i popoli miei discepoli » (Mt.
28: 19).
Il cristiano e la
pluralità di lingua e cultura
Questo racconto della Pentecoste
non ci ha già dato, in verità, una
risposta alla nostra ricerca su « il
cristiano e la cultura »? Naturalmente non è una risposta brevettata,
che ci eviterebbe ogni fatica. E' piuttosto una risposta che ci mette in
movimento e conferisce compiti.
E' chiaro, dunque: la cristianità,
in quanto portatrice di un messaggio, ha da fare essenzialmente con
il linguaggio. Lutero e gli altri Riformatori l'hanno saputo perfettamente e in modo esemplare si sono
affaticati in merito al linguaggio della Bibbia e della predicazione (Lutero
ha lavorato per tutta la vita alla traduzione della Bibbia; già la seconda
edizione della sua traduzione del
Nuovo Testamento riporta, ad esempio, molte centinaia di miglioramenti e di variazioni!).
Ma la nostra lingua è un elemento
importante della nostra intera cultura. Siccome nella cristianità abbiamo a che fare con una pluralità
di lingue, abbiamo anche a che fare
con una pluralità di culture. E quindi è impensabile una cultura cristiana unitaria senza violentare molte
persone. Legarsi a una cultura è pericoloso: gli antichi cristiani pensavano infatti che un cristiano non fosse più realmente cittadino di questo mondo! Si sfocerà sempre in una
pluralità di forme cristiane.
Lo Spirito dell’anriore
e della libertà
Lo Spirito Santo è anche lo Spirito dell'amore e lo Spirito della
libertà; dobbiamo quindi affrontare
con amore e con libertà questo problema ecumenico della pluralità e
deU’unità. Come, nel racconto pentecostale, Vunica realtà viene detta in
molte lingue, così persisterà per noi
fino alla fine dei tempi questa tensione fra {’unico contenuto e le molte forme.
Soltanto l'unico Nome importa,
non l’accento né il linguaggio con
cui questo Nome viene pronunciato
e invocato. Poco dopo il racconto
della Pentecoste viene riferita un’altra predicazione di Pietro nella quale l’unico messaggio che annuncia
Gesù Cristo viene riassunto in modo
incomparabile: « In nessun altro vi
è la salvezza; perché non vi è sotto
il cielo nessun altro nome che sia
stato dato agli uomini, per il quale
noi possiamo essere salvati » (Atti
4: 12).
Gottfried Maron
5
19 maggio 1989
ecumenismo
MATRIMONI INTERCONFESSIONALI
Uniti neli'amore,
divisi nelia fede
Le tappe del percorso fin qui compiuto e le indicazioni per il futuro
Dal mondo
cattolico italiano
« Noi coppie miste, cioè di mista religione, siamo come Mosè:
vediamo da lontano la terra promessa che non raggiungeremo.
Quando sarà reciprocamente riconosciuta l’Ospitalità tra cattolici e protestanti al tavolo della
Cena e all’Eucarestia? Quando
arriverà il giorno che il coniuge di fede diversa dalla mia non
sarà più considerato di serie B?
E quando arriveremo finalmente
ad istituzionalizzare la pastorale comune delle coppie miste? ».
Le domande sono tante. Esse
tradiscono una certa urgenza nel
risolvere il problema delle coppie interconfessionali. Ma la fretta, in campo ecumenico, è cattiva consigliera. Chi pone le domande che registro non è un
teologo ma un laico cattolico,
sposato con una signora di fede
valdese. Egli chiede, daH’intemo
della propria realtà di coppia unita ma confessionalmente divisa, alla sua e alle nostre chiese
di accelerare il confronto, di intensificare il dialogo e di arrivare ad una piattaforma comune.
Sulla spinta di richieste pressanti come questa, fatte proprie
anche da tante altre coppie miste che attendono nell’ombra che
le chiese si mettano in qualche
modo d’accordo, il dibattito è
avviato. Ma i tempi di questa discussione sono lunghi, troppo
lunghi. I piccoli cambiamenti intercorsi si avvertono solo nell’arco di decenni. D’altro canto
in Francia e in Germania, dove
si è corso di più e si celebrano
già matrimoni ecumenici con
tanto di prete e di pastore intorno all'altare, nessuno riesce a
cancellare l’impressione di un
compromesso. Sicché oggi, dopo
gli anni deH’ubriacatura ecum^
nica molti, al di là delle Alpi,
tentano di fare marcia indietro
0 almeno di ridiscutere tutto. In
Italia, salvo eccezioni, nessuno
sogna concelebrazioni ecumeniche. Ma in molti, pur evitando
pericolosi balzi in avanti, tentano d’imprimere una accelerata
agli sviluppi ecumenici dei matrimoni interconfessionali. Dopo
1 decenni della polemica a distanza si è passati al confronto
ravvicinato.
Non stupisce quindi che preti
e pastori dell’area pinerolese, insieme ad alcune coppie interconfessionali. tentino di avviare una
approfondita riflessione su tutto
il problema. E’ successo a Torre
Pellicc, il 7 e l’8 maggio, ccn brevi relazioni e testimonianze. Per
l’occasione si è anche ricostruito, e credo per la prima volta,
il cammino ecumenico delle coppie interconfessionali italiane:
dai convegni di Agape all’inizio
degli anni ’80, ai vari incontri
zonali su temi specifici conte il
battesimo o la catechesi, ai dibattiti internazionali con i « foyers
mixtes » francesi e svizzeri sino
all’incontro di Torre Pellice significativamente organizzato dal
I Distretto valdese e dalla Diocesi locale.
-Malgrado l’aperturismo del vescovo Giachetti di Pinerolo, un
uomo che ha fatto tutto il possibile, compatibilmente con le re
versità che separano non cambia.
Per i cattolici il matrimonio
è un sacramento (e la sua forma canonica vuol essere anche
un mezzo per riagganciare i contatti con gente che vive ai margini della vita ecclesiale), per i
protestanti il matrimonio è un
fatto dinamico vissuto nella libertà e nella responsabilità dei
credenti.
I corsi di preparazione al matrimonio, tenuti dai sacerdoti, sono una caratteristica del mondo
cattolico; nel mondo protestante la preparazione è ridotta all’essenziale, in armonia con la visione di una scelta di vita, come quella matrimoniale, non enfatizzata né sacralizzata, anche se
poi nei fatti la famiglia protestante è un pilastro della vita
comunitaria. Occorre comunque
chiarire che la chiesa non è un
insieme di famiglie ma di singole vocazioni.
Un punto dolente rimane la
questione della richiesta fatta
dal « partner » cattolico per chiedere la dispensa al vescovo dalla forma canonica per celebrare
il matrimonio in un tempio protestante. Altra questione importante è la possibile azione pastorale comune, condotta dal prete
e dal pastore nei confronti della coppia mista, in vista del matrimonio. L’elenco dei temi potrebbe continuare a lungo perché sulla frontiera dei matrimoni interconfessionali s’incontrano, prima o poi, tutte le grandi
tematiche ecumeniche di oggi.
Ma le novità più interessanti
non sono solo quelle contenute
nelle prossime nuove norme sul
matrimonio della Conferenza
episcopale italiana (CEI) o quelle che emergeranno dal difficile
400 radio locali
in Italia
ROMA — In vista di una regolamentazione dell’emittenza radio-televisiva la Conferenza episcopale italiana ha provveduto a
fare un censimento per avere una
lavoro della Commissione del no- precisa dimensione delle radio
stro Sinodo e della CEI. La no- cattoliche.
vità, aH’inizio degli anni ’90, dopo i decenni della polemica e
dei pregiudizi, sta nella volontà,
sempre più diffusa, di costruire
un ecumenismo chiaro, che non
generi confusione ma chiarisca le
posizioni senza mascherarle dietro cortine fumogene. Lavorare
insieme non significa necessariamente accettare la teologia o
l’ecclesiologia dell'altro.
Nell’« unum divisum » rappresentato dalla coppia interconfessionale si specchia la situazione
ecumenica odierna tra cattolici
e protestanti. C’è un unico fondamento che è la fede in Gesù
Cristo, E ci sono molte divergenze da valorizzare, in una prospettiva comune in cui al primo
posto ci sia una cura pastorale che sappia porre le persone
prima dei dogmi e dei vari codici.
Occorre cominciare a parlare
di queste cose, non quindici giorni prima di convolare a nozze,
ma dai banchi del catechismo,
visto che già oggi due matrimoni su tre, nelle valli valdesi, sono interconfessionali. La vocazione di fedeltà a Dio di chi condivide tutto all’interno della coppia salvo la confessione di fede
è certamente la più difficile. Ma
proprio per questo occorre sostenerla anziché ghettizzarla o
banalizzarla, rimanendo aperti alla ricchezza di promesse (e sorprese) che l’ecumenismo della
chiarezza riserva per il prossimo futuro. Giuseppe Platone
In Italia, secondo i dati raccolti, operano 445 emittenti cattoliche, di cui 236 al Nord, 73 al
Centro e 136 al Sud. La Lombardia è al primo posto con 141 radio, in coda ci sono Abruzzo e
Molise con 8 emittenti ciascuna,
sono presenti in tutte le regioni
e in quasi tutte le province.
Elezioni europee:
« piattaforma ONG »
TORINO — Una sfida in dieci
punti per i candidati alle elezioni europee : è questa la nuova
iniziativa lanciata, sotto l’egida
della campagna « Un avvenire comune o nessun avvenire », dalla
rivista torinese « Volontari per lo
sviluppo » in vista della consultazione elettorale di giugno. La rivista, espressione di tre organizzazioni non governative (il CISV
e il CCM di Torino e l’Aspem di
Cantù), ha ripreso un appello
(redatto e promosso dalle ONG
europee) in cui si sollecitano
gruppi, singoli e associazioni a
sottoporre ai propri candidati alle elezioni una sorta di « decalogo ».
Obiettivo? Quello di promuovere politiche internazionali e di
sviluppo sempre più vicine alle
esigenze di crescita dei popoli del sud del mondo. Da tempo le ONG europee (circa 650)
stanno facendo pressioni sui ri
AOSTA
Ecumenismo di base
Preparato da un intenso lavoro fatto di incontri, riflessioni
bibliche e soprattutto di grande
apertura e disponibilità tra il pastore R- Romussi e un gruppo
di cattolici incaricati di costituire il SAE (tra cui ha molto lavorato la signora Carla Jacquemod), si è svolto un incontro-dibattito tra cattolici e valdesi che
ha visto una buona partecipazione di pubblico (non erano molti i posti vuoti nel grande salone
di rappresentanza del palazzo regionale).
Dopo la presentazione della
sig. Jacquemod, che ha parlato
del SAE e dei due oratori della
serata, il vescovo di Pinerolo Giachetti e lo stesso pastore Romussi, conosciuti alla Mendola durante il convegno estivo di studi biblici, è iniziata Tesposizione
di mons. Giachetti.
Tema dell’intervento del vescovo è stata una panoramica delle
tappe che hanno condotto a Basilea e che, in prospettiva, condurranno a Seoul e a Canberra.
Dal convegno di Ecumene e di
gole del gioco, per rimuovere le Parigi erano partite delle istan^ rrii fActor'Miì i'Tif' cì fVnn- jrc precise per inÌ7:iative comuni
tra evangelici, cattolici, ortodossi, ecc. prima deH’assemblea di
Basilea: l’iniziativa di Aosta si
iscrive in qticsta direzione, per
sensibilizzare alla base i credenti spesso indifferenti, soprattutto
in Italia, al problema ecumenico. Dopo aver ripercorso le tai>
pe dei vari incontri preparatori,
il vescovo Giachetti ha pure delineato il funzionamento della
struttura che ha lavorato per Ba
tensioni e gli ostacoli che si irap
pongono sul cammino dei matrimoni interconfessionali («grazie
al clima nuovo suscitato nei rapporti tra le chiese dal Consiglio
ecumenico di Ginevra, oggi abbiamo tutti una visione molto
più serena e fiduciosa del problema dei matrimoni misti »),_ i
problemi di fondo timangono irrisolti. Anche nel pinerolese,
scherzosamente definito la « Las
Vegas italiana dei matrimoni mi
sti », il quadro generale delle di- silea, illustrando anche come fun
zionerà la struttura stessa dell’assise basileiana. Ha concluso
lamentando il poco lavoro ecumenico portato avanti in Italia
dalla chiesa cattolica, mentre la
dimensione ecumenica è voluta
da Cristo perché le divisioni tra
cristiani sono uno scandalo.
La moderatrice del dibattito.
Marina Serio, del SAE di Torino, ha dato poi la parola al pastore R. Romussi che ha diviso
il suo intervento in due parti:
una prima tesa ad illuminare il
significato profondo delle tematiche di Basilea, da alcuni considerate semplicemente avulse da
una visione di fede; l’altra —
più articolata — rivolta ad approfondire alla luce della Bibbia
i concetti di pace, giustizia e integrità del creato.
Remussi ha dunque rilevato
che si tratta certo di tematiche
umane e non ecclesiastiche, tra
loro interdipendenti, e che tuttavia interpellano i credenti, ponendoli in causa alla luce della
parola di Dio. Ecco perché questo « inizio di marcia » delle chiese deve essere capito e accettato: da temi solo « umani » subito si trasformano in problemi
che interpellano la fede.
Questo discorso si è via via
chiarificato man mano che l’oratore si inoltrava nel cuore della
seconda parte della sua esposizione: alla luce delle due beatitudini evangeliche riguardanti la
pace, il pastore ha ripercorso la
storia della cristianità sul problema della pace e della guerra;
si tratta di una storia spesso
vergognosa in cui l’Europa cri
stiana dimostra il tradimento
delTEvangelo; finalmente ecco il
1948 con l’incontro di Amstep
dam, e il 1966 con quello di Ginevra: qualcosa di nuovo è incominciato.
L’oratore ha proseguito il suo
intervento trattando gli altri due
temi: quello della giustizia, incentrandolo sul Salmo 85 e su
testi di Isaia e Geremia, quello
deH’integrità del creato, incentrandolo sui primi due capitoli
della Genesi da cui si deduce
che non solo la natura ci parla
di Dio, anzi che è Dio a parlarci
della natura dandoci il compito
di custodirla.
Quando la moderatrice Marina Serio ha aperto il dibattito,
il tema più ricorrente mi sembra sia stato quello che denunciava un disagio da parte cattolica riguardo ai delegati cattolici
per Basilea. Lo stesso vescovo di
Pinerolo ha riconosciuto, rispondendo alle obiezioni, di non sapere quali criteri abbiano presieduto alla scelta di delegati
cattolici, sia pure altamente qualificati come esperti nei rispettivi campi, non certo espressi dal
basso e che non sono affiancati
da nessuna persona che abbia
lavorato in questi anni per l’ecumenismo: ad esempio, il SAE
non è assolutamente rappresentato, Molto apprezzato, perché
frutto di una cono.scenza diretta, l’intervento del giovane Romussi relativo alla struttura e
all’attività del Consiglio ecumenico delle chiese.
Sandro Di Tommaso
spettivi governi affinché le politiche della CKE (principale partner economico dei Paesi in via di
sviluppo), siano strumento efficace per combattere la povertà del
Terzo Mondo. L’appello, rilanciato in Italia da « Volontari per lo
sviluppo » in collaborazione con
il comitato di collegamento
ONG-CEE, dice in sintesi: « Votate per il Terzo Mondo ». Quali
sono i contenuti su cui si chiede
l’impegno dei candidati alle elezioni? Di seguito diamo in sintesi l’elenco dei dieci punti:
1 ) mantenere le promesse e
l’obiettivo oeSE di destinare lo
0,7% del prodotto nazionale lordo (PNL) degli Stati agli aiuti
allo sviluppo : 2) ridurre il debito
estero dei Paesi in via di sviluppo e cancellare radicalmente
quello « illegittimo » (come nelle
Filippine in cui i cittadini pagano
i debiti accumulati sotto la dittatura di Marcos); 3) sostenere
politiche di « aggiustamento » alternative a quelle proposte di
norma dal Fondo monetario internazionale; 4) sostenere, negli
scambi commerciali con i PVS,
termini equi di scambio; 5) prendere accordi sulle materie prime; 6) sostenere misure di protezione per i piccoli agricoltori
dei Paesi in via di sviluppo; 7)
rifiuto delle idee di un’« Europa
fortezza»; 8) investire su misure che tutelino l’ambiente sia al
nord che al sud (introdurre leggi
severe contro lo scarico di rifiuti
tossici dei Paesi industrializzati
nel Terzo Mondo); 9) rafforzare
la lotta all’apartheid sudafricano
e al razzismo in genere; 10) lavorare per la pace, incoraggiando
anche programmi europei di educazione alla pace.
No alla cittadella
militare di Lecce
LECCE — «No alla cittadella
militare» : questo è l’impegno fermo preso dal « Coordinamento
contro la cittadella militare di
Lecce » contro la decisione del
Ministero della difesa di costruire a Lecce l’unica scuola italiana
di truppe corazzate.
Al Coordinamento hanno già
aderito numerose associazioni ecclesiali e laiche ; Associazione
per la pace, CIDAAAL, Circolo
anarchici, Collettivo di ricerca
culturale. Comunità Emmaus,
Coordinamento città per l’uomo.
Coordinamento obiettori fiscali.
Coordinamento provinciale obiettori di coscienza. Coordinamento regionale pugliese contro
la militarizzazione. Movimento
federativo democratico. Presenza democratica, « Uno e quindici », ecc.
La « cittadella militare » sorgerà nei pressi di Lecce, su 90 ettari, e comporterà una spesa di almeno 150 miliardi.
In un suo documento il Coordinamento si schiera contro la decisione del Ministero
della difesa perché il progetto
costituisce « un attacco alla democrazia », perché la popolazione
locale è stata tenuta « all’oscuro
di tutto » ; « un attacco alla pace » perché « aumenta la militarizzazione leccese e dell’intera
Puglia », che diventa « un obiettivo militare prioritario in caso di
conflitto » e « una minaccia per
gli altri popoli del Mediterraneo » e « un attacco al giusto
sviluppo del territorio » perché
« sconvolgerà gli aspetti ambientali e paesaggistici, produrrà una riconversione delle strutture produttive e urbanistiche »
aggiungendo « ulteriore degrado a quello già prodotto dalla
centrale a carbone di Cerano ».
(SCC - ADI STA)
6
fede e cultura
19 maggio 1989
ì
NOVITÀ’ CLAUDIANA
«Ho visto
un nuovo Sud Africa»
Il nostro settimanale si è recentemente occupato (17 marzo
1989) del pastore nero riformato Allan A. Boesak in occasione
di un suo sciopero della fame
per protestare a favore della lotta dei detenuti senza processo
nelle carceri sudafricane e per
la sua dura lettera aperta inviata al ministro per la legge e l’ordine.
Abbiamo pra nuovamente l’occasione di parlare di quest’uomo: essa ci viene offerta dalla
recente uscita di un libro, il cui
titolo è mutuato da uno dei tan
ti discorsi ed interventi che egli
ha fatto nel corso di questi anni (1). Il volume in questione
raccoglie infatti una serie di conferenze, studi e sermoni che vanno dal 1982 ai giorni nostri, dato che comprende anche la lettera aperta di cui si diceva più
sopra, nonché quella di accompagnamento del segretario generale dell’Alleanza riformata mondiale (ARM) dello scorso febbraio.
Ricordiamo anzitutto chi è Allan Aubrey Boesak: nato nel
1946, laureato in teologia presso
l’Università olandese di Kämpen,
è pastore della Chiesa riformata missionaria olandese ed esercita il suo ministerio a Bellville
in Sud Africa, ove risiede con la
moglie e coi quattro figli. In riconoscimento della sua attività è
anche stato eletto presidente dell’ARM, che riunisce oltre 70 milioni di cristiani riformati nel
mondo. Allan Boesak è anche un
leader politico, fondatore del
Fronte democratico unito contro Vapartheid ed al pari di Martin Luther King è propugnatore
del metodo nonviolento e di una
« genuina riconciliazione fra bianchi e neri» (pag. 41).
Nel 1979 egli aveva stimolato
le chiese a indire campagne per
la disubbidienza civile: la stampa governativa lo aveva duramente attaccato ed il ministro
della giustizia aveva ammonito
lui e le chiese stesse « ad essere prudenti » (pag. 64). In risposta, egli scrisse al ministro una
lettera riaffermando il proprio
impegno contro il governo razzista. Il testo di questa lettera
appare in un precedente volume
della Claudiana del 1986: « Camminare sulle spine ». E « sulle
spine » Boesak ha camminato e
cammina tuttora, pagando la sua
testimonianza cristiana con minacce d’ogni tipo ed anche con
periodi di isolamento in carcere.
Questo libro non si può recensire; lo si può solo segnalare e
raccomandarne la lettura: esso
costituisce una ulteriore, drammatica documentazione di quello che è Vapartheid, il razzismo
sudafricano elevato a rango di
legge e purtroppo supportato « da
un’ideologia pseudoreligiosa nata nell’ambito delle Chiese riformate olandesi » (pag. 11) che, per
questo loro atteggiamento, sono
state sospese dall’ARM.
« LA BEIDANA »
Identità valdese
Quello che colpisce nella lettura degli interventi e dei sermoni di Boesak è — sia pure
attraverso le inevitabili ripetizioni del suo leitmotiv — l’impegno totale e senza il minimo
compromesso, che arriva a giungere alla « biblica » invettiva del
« Guai a te, o governo del Sud
Africa» (pag. 166). Ma forse il
momento più alto e coinvolgente è contenuto nel suo intervento del 28 novembre 1984, in risposta alle accuse rivoltegli dal
ministro La Grange (pag. 96), che
riecheggia il « sogno » di M. L.
King e che trascriviamo qui appiesso:
« Ho visto un nuovo Sud Africa; ho visto una terra senza
apartheid, senza morte, senza catene, una terra di gioia, di libertà e di pace. Combattiamo per
questa terra.
Ho visto una nuova terra dove i nostri figli non dovranno
più piegarsi sotto il giogo del razzismo. Combattiamo per questa
terra.
Ho visto una terra dove il nostro popolo lavorerà e godrà i
frutti del proprio lavoro. Combattiamo per questa terra.
Ho visto una terra dove le famiglie non saranno più divise e
dove le madri e i padri godranno l’amore ed il rispetto dei propri figli. Combattiamo per que
e cultura operaia
sta terra.
Quasi ottanta pagine dedicate
a « Identità valdese e cultura
operaia a confronto». L’ultimo numero (doppio) della Beidana, il
quadrimestrale di cultura e storia nelle valli valdesi edito dalla
Società di studi valdesi, offre
un'ampia serie d’interventi che
tentano di mettere a confronto
due culture: quella valdese e
quella operaia. Mondo contadino
e mondo operaio, ma la contrapposizione non è in bianco e nero,
ci sono mille sfumature e mille
intrecci che vale la pena di scoprire leggendo queste pagine.
De Lange offre una bella ricostruzione della « Société vaudoise
d’utilité publique (1895-1916)»
che diventa anche approfondita
analisi del liberalismo valligiano
a cavallo dei due secoli. Bottazzi
scrive dei valdesi che lavorano
presso il Cotonifìcio di San Germano nesli anni ’20 .sostanziando
il discorso con numerosi dati e
tabelle; Baltieri ripercorre vicende alterne della Stamperia Mazzonis a Torre Pellice (interessan
ti le foto); Tumminello tenta, riuscendoci, di spiegare il rapporto
tra società civile ed intellettuali
nel secondo dopoguerra (anni
’44-’46) a Torre Pellice ripubblicando, tra le altre cose, la famosa « Carta di Chivasso » del dicembre del 1943; Rochon analizza la comunità mineraria in Val
Germanasca anche e soprattutto
nei suoi rapporti sociali; Sappé
tratteggia la figura di Matteo
Gay, leader dell’occupazione degli
stabilimenti Mazzonis a Luserna
San Giovanni, preludio al « biennio rosso »; Bruno chiude il numero con un articolo su mutualismo ed evangelizzazione. Nell’insieme la rivista costituisce
una miniera d’informazioni offerte in linguaggio accessibile, pur
avendo dietro ricerche scientificamente documentate.
G. P.
La beidana. quadrimestrale edito
dalla SSV. Abbonamento annuale L.
15.000, eop 14389100 intestato alla
SSV di Torre Pellice.
Ho visto una terra dove la
sofferenza del reinsediamento
non esiste più, e dove rimangono vuote le tombe scavate per
i bimbi che domani morranno
di fame. Combattiamo per questa terra.
Ho visto una terra dove chi di
noi combatte per la libertà, per
la giustizia, e perché questo Paese non perda il rispetto di se
stes.so, non sarà più mandato in
prigione, non sarà più torturato,
non sarà più minacciato, non sarà più ucciso per strada, ma sarà trattato con onore e con giustizia. Combattiamo per questa
terra.
E ho visto una terra dove tutti noi, insieme, costruiremo qualcosa che vale, che è coerente
con le nostre idee. Non arrendiamoci, ma rinnoviamo il nostro impegno per giungere a quel
momento. Perché credo che non
conta quello che avviene adesso;
credo che la libertà per la quale abbiamo lottato, la libertà per
la quale siamo morti, diventerà
una realtà ».
Roberto Peyrot
DI FRONTE ALLA SECOLARIZZAZIONE
Lo spazio
Conferenze, studi e sermoni del pastore Allan Boesak: un impegno
’’totale”, che non ipotizza compromessi - Un documento sull’apartheid
della testimonianza
protestante
Il pastore Allan A. Boesak, che è anche presidente dell'Alleanza riformata mondiale, è giunto fino allo sciopero della fame, nell’inverno scorso, per protestare contro l'apartheid.
L’ecumenismo non tende all’uniformità, ma ad un confronto tale che conduca a quella che
è chiamata la « diversità riconciliata ». Per questo « recuperare la propria identità » è una
condizione fondamentale per lo
stesso ecumenismo.
Parlo di « ricupero » e, trattandosi della Chiesa valdese, parlo
di ricupero della propria identità « riformata ».
La situazione storico-culturale
nella quale le nostre chiese sono
vissute e vivono ha portato talvolta a ricercare la propria identità in contrapposizione polemica con il cattolicesimo romano,
col pericolo di collocarla in aspetti marginali, come se l’essere protestanti si riducesse ad essere « non cattolici », trascurando cosi gli aspetti fondamentali
del messaggio della Riforma, validi in se stessi, indipendentemente da ogni riferimento polemico.
La stessa situazione storicoculturale nella quale viviamo come « minoranza » può portare
anche ad un autocompiacimento
della propria diversità, richiudendoci in noi stessi, senza sentire il bisogno del confronto con
gli altri. Questa chiusura, che
talvolta sembra « paura » di contaminazione, genera un senso di
diffidenza che ostacola il « rendere testimonianza » dell’Evangelo.
Ricuperare la propria identità
riformata significa anche ricordare che i Riformatori volevano
la « riforma della chiesa » e non
la sua divisione, cioè volevano
creare all’interno della cristianità un movimento di rinnovamento che riportasse all’ascolto
della Parola di Dio, a quella « libertà » alla quale Cristo ci ha
chiamati.
Il primato
della Parola
Uno dei punti di maggiore divisione fra le chiese cristiane consiste nel trovare il giusto equilibrio fra predicazione e sacramento. Per noi protestanti la
priorità assoluta è posta nella
predicazione dalla quale il sacramento stesso riceve il suo valore di « segno ». Il compito primario della chiesa è la predicazione delTEvangelo. Nel messaggio della Riforma è però messa in evidenza l’opera dello Spirito Santo: Parola e Spirito sono inseparabili.
Perciò è importante che questo aspetto della confessione di
fede non sia trascurato perché
è l’aspetto fondamentale della
nostra identità protestante. Non
potremmo vivere la grazia di
Dio che ci è data in Cristo senza
l’azione dello Spirito. La Bibbia
intera rende testimonianza di
questo stretto rapporto tra Parola e Spirito e Gesù stesso l’ha
confermato, come risulta dalla
testimonianza del Nuovo Testamento.
Sono i doni e i ministeri suscitati dallo Spirito che danno vita
alla chiesa; per questo possiamo
pariare di « libertà » e di « responsabilità » come caratteristiche del credente.
Qui non si tratta di uno « specifico » protestante, ma semplicemente delTEvangelo. Tuttavia
è opportuno tenere presente che
su questa base si sono create anche una « spiritualità » e una
« cultura » che possono essere
definite «protestanti».
La Riforma è sorta contemporaneamente al superamento
del feudalesimo e contemporaneamente alla diffusione della
stampa e della cultura a livello
popolare. La spiritualità protestante si è sviluppata con la lettura della Bibbia; il ricorso costante alla Parola di Dio da essa testimoniata ne è stato il nutrimento. Questo può aver portato a trascurare alcuni aspetti
della psicologia umana e aver
dato l’impressione di un certo
rifiuto di elementi emotivi. Possiamo certamente avere esagerato, aver concesso troppo all’intelletto e meno al sentimento. E’
un problema da esaminare proprio nel confronto ecumenico.
Tuttavia ci si dovrebbe anche
chiedere se questi aspetti, che
possono essere considerati «marginali » nei confronti del messaggio biblico, non siano il contributo « protestante » nella prospettiva proprio della « diversità riconciliata ». Non si tratta di
imporre la « cultura » e la
« spiritualità » protestante come unica misura del vivere cristiano: TEvangelo è norma e
fondamento. Ma si tratta anche
di non trascurare doni dello Spirito.
Certamente la predicazione
delTEvangelo non ha lo scopo di
creare dei « protestanti », ma è
l’annuncio della grazia che è per
tutti gli uomini e per tutte le
culture. Tuttavia la predicazione non avviene mai in astratte,
ma in contesti precisi e ad uomini dotati di precise caratteristiche psicologiche e culturali.
Ci sembra che il compito della
minoranza protestante in Italia,
oltre alla affermazione chiara e
franca delTEvangelo nel confronto ecumenico, sia anche di offrire la comunione di fede a chi
ha affinità col nostro modo di
vivere la libertà dei figli di Dio.
Lo Spirito del Signore ha suscitato una varietà di espressioni
di fede nello stesso Nuovo Testamento ed è comprensibile che
anche nel nostro tempo ci sia
una varietà di espressioni della
fede, anche se si andasse a quella « unità » dei credenti annunciata dal Nuovo Testamento e
dalla quale siamo ben lontani.
Nella società secolarizzata di
oggi, nella dinamica delle compenetrazioni culturali che interessano già ora la nostra società,
l’eredità spirituale della Riforma ha non soltanto il suo spazio, ma un preciso compito di
predicazione e di testimonianza,
proprio perché la « multiforme »
grazia di Dio sia manifestata in
tutta la sua ricchezza.
Alfredo Sonelli
' ALLAN BOESAK: Se questo è tradimento, sono colpevole, Torino, Claudiana, 1989, pagg, 178, L. 18.000.
per la stampa di
biglietti da visita, carta e buste intestate,
locandine e manifesti, libri, giornali, riviste,
dépliants pubblicitari, pieghevoli, ecc.
coop, tipografica subalpina
VIA ARNAUD, 23 - ’S 0121/91334 - 10066 TORRE PELLICE
7
19 maggio 1989
obiettivo aperto
UNA PROPOSTA EUROPEA PER IL CONFLITTO MEDIORIENTALE
Israele e Palestina:
una via comunitaria aiia pace
Nei corso della sua recente visita a Parigi il leader palestinese Yasser Arafat ha dichiarato che la
Carta palestinese del 1964 è da ritenersi superata:
la proclamazione dello Stato di Palestina e l’accettazione delle risoluzioni ONU che garantiscono lo
Stato d’Israele sono la manifestazione della volontà,
espressa dal capo dell’OLP, del riconoscimento dello
Stato ebraico.
Una svolta questa che ha suscitato, com’era prevedibile, reazioni contrastanti, ma che, una volta di
più, ha reso evidente come una soluzione al problema palestinese (e quindi a quello mediorientale)
sia possibile solo in termini politici.
Quasi contemporaneamente si svolgeva a Roma
un convegno per studiare la « praticabilità » di una
proposta, forse solo apparentemente utopistica, già
espressa un anno fa da Raniero La Valle: l’ingresso
di Israele e della Palestina nella Comunità economica
europea. Cerchiamo di leggere, all’interno di questa idea, le motivazioni profonde e, soprattutto, un
progetto di pace.
L’idea di accogliere Israele e
Palestina nella CEE, proposta da
Raniero La Valle prima con un
discorso all’Università di Palermo (12 aprile ’88) e poi sulla rivista « Bozze ’88 » (n. 1-2), è stata nel frattempo fatta propria
dal « Gruppo interparlamentare
per la pace », in cui si riconoscono deputati, senatori e un parlamentare europeo facenti capo
a diversi partiti.
Da quel momento molte sono
state le svolte nel corso del conflitto che da anni oppone Israele ai palestinesi: l’Intifada è proseguita nonostante le prime previsioni, c’è stato l’assassinio di
Abu Jihad, la dichiarazione di
re Hussein di Giordania di rinuncia ad esercitare l’attività
amministrativa sulla Cisgiordania, la proclamazione dello Stato palestinese, il discorso di Arafat a Ginevra. Ci sono state le
elezioni di ottobre in Israele,
una disponibilità sovietica a riconsiderare in maniera diversa
il problema degli ebrei russi.
Tutto questo però non ha cambiato (se non, forse, in peggio)
la situazione concieta dei palestinesi dei campi e dei territori
occupati. Si continua ad opporre resistenza, e a morire per
questo.
Di fronte alla situazione di un
anno fa (ma i termini sono gli
stessi oggi) Raniero La Valle de
nunciava le responsabilità dell'Europa, e la necessità che essa prendesse un’iniziativa tale da
sbloccare la situazione.
L’Europa assuma le
sue responsabilità
« L'Europa dovrebbe assumere
la questione palestinese come un
problema proprio — scriveva su
’’Bozze” l’anno scorso —. Perché
è un problema suo. E’ lei, infine, che lo ha creato, è suo il debito storico che ebrei e palesti
nesi stanno pagando sulla loro
pelle. E’ lei che per secoli ha
perseguitato gli ebrei, che ne ha
legittimato la ghettizzazione e il
massacro (...) e infine li ha gettati (...) nei campi di sterminio.
E’ lei che ha colonizzato la Palestina, se ne è assunta il mandato, e alla fine l'ha lasciata senza riconoscere a chi l'abitava dignità di popolo, e avallando perciò l'alibi di una "terra senza popolo" ».
Nell’idea di fondo « quest'Europa può rappresentare il luogo
istituzionale del passaggio dall'inimicizia alla convivenza, e può
rappresentarlo anche per israeliani e palestinesi, Israele essendo il più europeo degli Stati del
Medio Oriente e il palestinese
il più europeo dei popoli arabi ».
La proposta, così come viene
elaborata nel numero 1 di quest’anno della rivista dal magistrato Domenico Gallo, risponderebbe in primo luogo ai sentimenti che animano i popoli interessati.
Un sentimento
di paura
Ancora La Valle, ad introduzione dell’esposizione più dettagliata, parla del sentimento di
paura che blocca lo Stato israeliano neH’intensificazione di una
politica repressiva: « La paura è
quella di una rovina dello Stato
ebraico, che si ingenera in Israele "quando si evoca la creazione
di uno Stato palestinese in Giudea e Samaria; essa non è un
fatto teorico, ma ha fondamenti
reali" » (la citazione che fa La
Valle è di un’intervista deH’ambasciatore israeliano in Italia, M.
Drory).
Come procede dunque l’idea di
allargare la CEE a Israele e all’ipotizzabile Stato di Palestina?
Il ragionamento di Domenico
Gallo parte dalla considerazione
dei caratteri costitutivi della Comunità stessa, che presenta ordinamenti in una certa misura
prioritari rispetto alle legislazioni dei singoli Stati che vi aderiscono: si tratta di un « ordinamento giuridico autonomo che
si integra negli ordinamenti degli Stati membri (...). Il diritto
comunitario ha carattere imperativo ed assoluto: gli organi nazionali competenti dei singoli Stati non possono applicare norme
interne che risultino incompatibili col Trattato istitutivo della
Comunità e con la normativa
derivata ».
Le finalità della CEE erano
contenute nell’art. 2 del Trattato
costitutivo, e parlano di « sviluppo armonioso delle attività economiche nell'insieme della Comunità », del « miglioramento sempre più rapido del tenore di vita », e di « più strette relazioni
fra gli Stati che ad essa partecipano ». L’Atto Unico del 1986,
poi, ha approfondito questi caratteri: « Gli Stati contraenti sono "decisi a promuovere insieme la democrazia basandosi sui
diritti fondamentali sanciti dalle costituzioni e dalle leggi degli Stati membri, dalla Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali" ».
In particolare sono fondamentali le « quattro libertà »: circolazione delle merci, delle persone, dei capitali e dei servizi; all’interno di queste sono peculiari e significative soprattutto le
norme sulla libera circolazione
dei lavoratori, che comprendono
la libertà « di spostarsi liberamente (...) nel territorio degli
Stati membri; di prendere dimora in uno degli Stati membri al
fine di svolgervi un'attività di
lavoro », e altre ancora. Unica
riserva legislativa su queste facoltà è la « riserva di sovranità,
che consente (...) di imporre restrizioni all'ingresso e al sog
ARAFAT A PARIGI E LA CARTA DELL’OLP
Il peso delle parole
Nel corso di una conferenza
stampa tenuta a Parigi mercoledì 3 maggio, il leader delTOLP
Arafat ha enunciato alcuni principi. Sulla Carta delTOLP, da
sempre contestata da Israele,
Stati Uniti e dagli ebrei della
diaspora per il suo contenuto
che mira alla cancellazione dello
Stato ebraico, Arafat ha detto:
« La dichiarazione d’indipendenza (di Algeri) preconizza una
soluzione fondata su due Stati.
Questo fa sì che la Carta sia caduca ».
Richiestogli poi se il Consiglio
nazionale palestinese si appresti ad abrogare questa Carta, che
i nuovi passi avrebbero reso superata, Arafat ha risposto: « Il
Consiglio nazionale ha espresso
chiaramente la sua posizione adottando la dichiarazione d’indipendenza fondata sulla soluzione in due Stati. Non si tratta
ùi una decisione politica, che
può evolversi o cambiare secondo programmi politici. Si tratta
di una linea strategica annunciata dalla dichiarazione d’indipendenza, che nessuno può modificare ».
Le reazioni non si sono fatte
attendere. Manifestazioni di diverso orientamento, da parte
degli ebrei residenti in Francia
(circa 700.000, che fanno dello
Stato francese la terza nazione
di diaspora, dopo USA e URSS),
si erano svolte fin dall’arrivo di
Arafat. Alain Goldman, rabbino
di Parigi, ha parlato di « un nuovo trucco ».
In Israele il portaparola del
primo ministro Shamir, Avi Pazner, vede nelle parole di Arafat
nient’altro che « le vecchie menzogne ». Secondo Pazner « non
c’è motivo di prendere Arafat
sul serio, parlare non gli costa
niente; si trattava per lui di pagare di rimando il presidente
Mitterrand ».
Peraltro un gruppo di intellettuali, tra cui Pierre Vidal-Naquet,
ha manifestato la sua ap
provazione per l’incontro di Parigi.
I punti inaccettabili della Carta
OLP del 1964 sono relativi al carattere dello Stato palestinese,
che dovrebbe eliminare quello
ebraico. AlTart. 6 è detto che
« la liberazione della Palestina è
un obbligo nazionale per tutti
gli arabi. Loro dovere è quello
dì respingere l’invasione sionista
e imperialista nella grande patria araba e di liquidare la presenza sionista in Palestina ».
L’art. 19 afferma: « La divisione della Palestina, nel 1947, e la
creazione d’Israele non hanno
alcuna validità (...). Sono in contraddizione con i principi della
Carta delle Nazioni Unite, in
particolare per ciò che concerne il diritto all’autodeterminazione ».
E alTart. 21: « Il popolo arabo
palestinese, esprimendosi con la
rivoluzione armata, respinge ogni
soluzione di rimpiazzo alla liberazione totale della Palestina ».
Dal dicembre '87 è in atto la rivolta dei palestinesi nelle terre occupate da Israele. Dopo centinaia di vittime si attende ancora l'elaborazione di una soluzione politica.
giorno degli stranieri comunitari
quando siano giustificate da motivi di ordine pubblico (...) ».
Che cosa potrebbe
accadere?
Considerando la situazione dei
palestinesi rispetto allo Stato di
Israele si possono vedere le potenzialità della proposta esaminata: « / palestinesi che lo desiderassero potrebbero rientrare in
quelle terre dalle quali sono stati scacciati e soggiornarvi, in condizioni di eguaglianza e di dignità sociale, conservando, tuttavia, quel tasso di estraneità che
consentirebbe ad Israele di mantenere il suo peculiare profilo di
Stato ebraico (...). Già adesso
165.000 lavoratori palestinesi dei
territori occupati si recano in
Israele per prestare servizio come manodopera ». E infatti la
paura di cui parlava l’ambasciatore è anche quella di uno sviluppo demografico talmente diseguale fra palestinesi ed israeliani da far temere una progressiva « arabizzazione » dello stesso Stato ebraico. Peraltro « gli
israeliani non perderebbero irrimediabilmente la "Giudea" e la
"Samaria" », mentre i coloni che
vi si sono stabiliti, « restituite
le terre illegalmente sottratte ai
palestinesi, (...) potrebbero stabilirvisi (...) nella veste di cittadini comunitari che esercitano il
diritto di soggiorno e di stabilimento ».
E ancora: « Lo Stato israeliano, lungi dall'ostacolare il processo di sviluppo economico dello Stato palestinese, sarebbe, invece, obiettivamente interessato
alla sua crescita, in quanto un
rapido sviluppo economico dello
Stalo palestinese ridurrebbe (...)
la pressione dei palestinesi alle
sue frontiere ».
Molto, naturalmente, dovrebbero fare l’Europa e la CEE. Molto
per avviare la nascita di uno Stato che esiste per la sua « irrealizzabilità », almeno fino ad oggi;
Pagina a cura di
Alberto Corsani
per avviare un’economia da zero; per far armonizzare culture
ed impostazioni diverse.
E anche per superare le difficoltà « tecnico-istituzionali », che
deriverebbero dalTaccettare nella CEE due Stati geograficamente posti fuori dall’Europa. Ma
ciò è quanto sta avvenendo, in
un certo senso, per le trattative
sull’ammissione della Turchia. A
fondo andrebbero studiati i problemi della sicurezza (quelle famose « riserve »), ma i caratteri
di questa proposta rendono necessaria un’azione delle forze sociali sui governi europei perché,
appunto, l’Europa giochi finalmente un ruolo che il suo passato la obbliga a non rifiutare.
SCHEDA
Qualche
cifra
La Cisgiordania (zona est
della Palestina) si estende per
5.450 km^ ed è abitata da
860.000 persone, con una densità di 158 abit./kmh Degli abitanti 370.000 sono registrati
come rifugiati dalTAlto Commissariato ONU (94.000 sono
in campi profughi).
Dopo Toccupazione vi si sono insediati circa 60.000 coloni ebrei. Israele controlla la
maggior parte delle terre coltivabili. La striscia di Gaza
ospita 550.000 persone in 370
km^ (densità 1.468 labit./kmD.
445.000 sono profughi (244.000
nei campi).
In Giordania, Libano, Siria,
paesi arabi e nel resto del
mondo vivono più di due milioni di palestinesi. L’eventuale ritorno dei profughi (che
risiederebbero nei territori
ora occupati con ima densità
doppia di quella di Israele)
sarebbe visto come un pericolo da Israele.
da « Bozze ’89 » n. 1.
8
8 vita delle chiese
19 maggio 1989
1
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Sui passi di Paolo
ANGROGNA — Domenica 21 al
capoluogo avremo im culto dedicato ai temi del prossimo viaggio ecumenico in Grecia, che si
svolgerà dal 3 al 17 luglio, « sui
passi di Paolo ». Seguirà im’agape nella sala per gli iscritti
al viaggio (a proposito di quest’ultimo, ci sono ancora tre posti disponibili) e alle 14.30 una
proiezione di diapositive sulla
realtà della Grecia.
• Nel corso del culto di Pentecoste al Serre, domenica scorsa, abbiamo invocato la benedizione di Dio sul matrimonio (celebrato in sede civile nella stessa mattinata) di Silvano Bertin
e Fernanda Bertot che si stabiliscono a Chiot dl’Aiga; inoltre,
abbiamo ascoltato con gioia il
saluto del gruppo tedesco guidato da Karl Barai, che soggiorna per pochi giorni alla Foresteria « La Rocciaglia » di Pradeltomo.
o Per l’impegno finanziario
1990 verso la cassa centrale si è
accolto l’aumento del 20% calcolato sulla cifra per la quale ci si
era già impegnati per il 1989 ; dai
22 milioni di quest’anno si passa
così a 26.400.000 contro i 30 milioni 480.000 richiesti dall’amministrazione centrale.
Tra gli altri argomenti discussi, segnaliamo la positiva valutazione dell’indagine tra i membri
di chiesa residenti fuori del nostro comtme che in stragrande
maggioranza hanno dichiarato
(per iscritto) di volere rimanere
iscritti nella nostra comunità. Infine l’ipotesi ventilata dal concistoro di vendere una o più
scuolette Beckwith ormai inutilizzate da anni, dopo ampia discussione, è stata respinta dall’assemblea.
Pentecoste
PINEROLO — Nel giorno di
Pentecoste sono stati battezzati
o confermati, al termine del loro
corso di catechismo: Marco Azzario; Donatella Barus; Alessandra Bianco; Riccardo Ciarriero;
Roberto Collino; Giulia Duo;
Elena Fiorillo; Sandro Fornerone; Silvia Godino; Daniela Mourglia; Alberto Nicomede; Davide
Pons; Elisabetta Ribet; Enrico
Rosso; Elnrico Rostan e Doriau
Lunedì 22 maggio
□ ASSEMBLEA
DELLE CORALI
PINEROLO — Alle ore 20.45 presso
i locali della cbiesa valdese di via
dei Mille, l'assemblea delle corali discute del programma estivo: 15 agosto (Balsiglia); 30 luglio (Sapatlè); 10
settembre (Sibaud); inoltre si esaminano gli impegni delle singole corali.
Venerdì 26 maggio
□ ASSEMBLEA
DEL PRIMO CIRCUITO
BORA' — All'ordine del giorno; Relazione delle chiese e del Consiglio.
Stand. Elezione del Consiglio. Varie,
Inizio ore 20.45.
Shnond.
A tutti loro l’augurio di potersi
inserire nella comunità che li ha
ricevuti.
• Nel cimitero di San Secondo ci siamo stretti a Miranda in
occasione del funerale di suo
padre Edoardo Giraud che ha
terminato la sua vita terrena
all’età di 94 anni.
• Al termine delle attività sono previste alcime gite: il precatechismo, il 21 maggio, sarà alla
Gianavella, la scuola domenicale sarà il 28 a Bordighera e, nello stesso giorno, l’tmione femminile a Coazze.
Concerto
RORA’ — Sabato 20 maggio,
alle ore 21, presso il tempio valdese avrà luogo un concerto
delle corali di Rorà, di Bobbio
Penice e dei flauti diretti dalla
signora Lazier.
Deputazioni
BOBBIO PELLICE — L’assemblea di chiesa ha eletto quali deputati: al Sinodo Andrea
Melli ed alla Conferenza distrettuale Giovanna Charbonnier, Nicoletta Negrin ed Antonio Zatti.
POMARETTO — La comunità
tutta si è riunita intorno ai familiari di Emilio Baret, deceduto all’età di 85 anni dopo lunga malattia.
Fine attività
Solidarietà
MASSELLO — La borgata del
Roberso è stata ripetutamente
colpita dal lutto in queste ultime
settimane. E’ deceduto a Pinerolo dove abitava da tempo Emilio Tron, di 79 anni, dopo lunghe sofferenze sopportate con
grande dignità e non abbandonando la sua vena scherzosa che
lo rendeva amico gradevole a
tutti.
Ultimamente è mancato improvvisamente all’ affetto della
borgata e della comunità Paolo
Impegno per il ’90
Il Comita'to per il III centenario del Rimpatrio
La Commissione esecutiva del I Distretto
ORGANIZZANO UN SEMINARIO DAL TITOLO:
L’IDEA DI «POPOLO ELETTO» E L’ELEZIONE DIVINA
NELLA STORIA TRA SCRITTURA E IDENTITÀ’
Sabato 27 maggpo — ore 15-19.30
Sala valdese - Via dei Mille, 1 ■ PINEROLO
La scelta di questo tema si propone di congiungere due interessi:
da un lato esaminare una nozione biblica e, dall'altro, chiedersi come essa è stata concretamente compresa nei secoli e come può essere riletta
oggi nella coscienza ebraica e protestante.
Nell'anno del terzo centenario del ritorno dei valdesi dall'esilio, questo
seminario vuole contribuire alla riflessione teologica che accompagna
le celebrazioni storiche, con un confronto con la nozione di • Israël
des Alpes » e, più in generale, con la visione riformata dell’elezione e
della guida divina nella storia. Anche in campo ebraico, il termine « popolo eletto » non evoca soltanto categorie bibliche, ma anche tutta una
riflessione sull'identità, con risvolti attuali.
II seminario vuole tentare una riflessione comune, tra « esegesi » e
ripensamento di « identità -.
PROGRAMMA
ore 15: I dati biblici e la tradizione ebraica
Daniele GARRONE, docente di Antico Testamento
Paolo DE BENEDETTI, docente di giudaistica
discussione
ore 17 La nozione di popolo eletto nella storia e nella identità ebraica e protestante
Stefano LEVI DELLA TORRE, esperto di ebraismo
Mario MIEGGE, docente di filosofia
discussione
In un mare di verde, in un’oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto l’anno
Facilitazioni per lunghi periodi di permanenza
Saloni per banchetti nozze
Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE PELLICE
CORRISPONDENZE
Righetti, di 57 anni. Membro della chiesa battista di Torino, via
Passalacqua, aveva acquistato alcuni anni fa una casa a Massello
e l’aveva ristrutturata, oltre che
come abitazione per le vacanze,
per l’accoglienza di gruppi di
amici e fratelli.
In questo modo, con Nella,
hanno inaugurato dei rapporti
tra battisti e valdesi che sono
stati, negli anni, di grande arricchimento per la piccola chiesa di
Massello.
La sua piena partecipazione
alla vita del paese si è espressa
anche come consigliere comunale. Stava collaborando con grande impegno all’organizzazione
delle celebrazioni del centenario
del « Glorioso Rimpatrio ».
La sua dipartenza improvvisa
segna un vuoto pesante nelle due
chiese in cui lavorava con grande
spirito di servizio. La comunione
nella fede che abbiamo sentito
grazie a lui e a Nella così viva è
oggi, purtroppo, anche comunione nella sofferenza. Ma, grazie al
Signore risorto, più ancora, comunione nella speranza.
FRALI — Domenica 21 maggio
parteciperanno al culto di fine
attività i bambini delle scuole
domenicali della vai Pellice; durante lo stesso culto verrà battezzata Fiilvia Grill.
Bambini di Frali, partecipate
numerosi!
Iniziative culturali
TORRE PELLICE — Domenica 21 maggio, alle ore 15, presso la casa unionista, avrà luogo
un’assemblea di chiesa inerente
l’impegno finanziario per il 1990.
CATANIA — Il mese di aprile
è stato ricco di incontri e di iniziative nella città. E' stato ripreso, in un’ottica cittadina, il tema del Rimpatrio già toccato a
febbraio, che è stato collegato
con il centenario del tempio di
via Naumachia. Il programma
delle manifestazioni è stato sostenuto dall’assessorato al comune di Catania ed ha avuto una
ampia eco nella cittadinanza. Il
past. G. Bouchard è venuto da
Napoli per tenere la conferenza
di apertura, venerdì 21 aprile,
nell’ampio salone della Camera
di commercio.
Egli ha parlato su « I valdesi e l’Italia: il senso di una presenza protestante ieri e oggi »
davanti ad un pubblico interessato e curioso (soprattutto cattolici). Il giorno successivo abbiamo ricordato il centenario della costruzione del tempio (che
fu inaugurato il 5 gennaio 1890)
rivisitando i momenti drammatici che portarono alla nascita della comunità valdese e che videro lo scontro dell’oggi beatificato cardinale Dusmet con il piccolo gruppo valdese alla ricerca
di un luogo di culto. La storia
si è poi lietamente integrata nella musica con un bel programma offerto dal coro cittadino
« Mille Regretz », con musiche
del XVI e XVII secolo. Il culto
in comune con la chiesa battista
ha infine evidenziato la nostra
comune vocazione nell’annuncio
dell’evangelo in una città attaccata dal paganesimo e dal settarismo.
Una seconda iniziativa culturale ha invece voluto presentare a
Catania il programma della Claudiana delle Opere scelte di Lutero: ci siamo accorti che è la
prima volta che ciò avviene in
Italia. Il buon successo di questo incontro dovrebbe incoraggiare le chiese e rEditrice a non
aspettare altro tempo per pubblicizzare questo programma. Il
prof. Paolo Ricca ha parlato su:
« Il cuore della teologia di Lutero » ed il prof. Roberto Osculati,
ordinario di storia del cristianesimo all’Università di Catania, ha
presentato una comunicazione
su: « Lutero teologo ». Ne è seguita una vivace ed interessante
discussione che ha dimostrato,
ancora una volta, l’attualità di
Lutero.
Assemblea di chiesa
Per i migranti
ghi 28, vengono ospitati circa
150 bagagli di « fratelli stranieri ». Sono fratelli tra i più poveri,
senza lavoro, senza casa, che dormono sui treni, per strada o nelle gallerie di Milano.
Si pensava si trattasse solo di
un piccolo servizio, ma se consideriamo che, portando i bagagli
alla stazione, ogni giorno si deve
pagare 1.500 lire per bagaglio, e
non c’è possibilità di aprirli per
i cambi, possiamo capire che è
un grande servizio, utilissimo,
anche se poco noto. Il viavai inizia prima e termina dopo l’orario concordato.
Due sono i volontari che si occupano di questo servizio : un
cattolico e Franco Sala, evangelico che viene da 'Vigevano. I fratelli stranieri cercano abiti puliti, per poter eliminare quelli
sporchi e logori. Quando uno ritira tutto è una gioia: ha risolto
i problemi di alloggio!
Riaperta la
casa di Viering
AOSTA — Un gruppo di fratelli in fede della Chiesa riformata di St. Mauriz, nel Vailese,
ha inaugurato in aprile la nostra
« Casa » di Viering con im campo
di studio e di fraternità.
La nuova struttura si è dimostrata valida e ben armonizzata
anche in relazione al vecchio stabile. La realizzazione dell’ampio
piazzale di fronte alla sala ed alla
nuova cucina ha permesso di
svolgere all’aperto la maggior
parte della vita del campo. Siamo lieti che questa opera, nella
sua totale modestia di comfort,
possa nuovamente annoverarsi
fra i servizi offerti dalla nostra
chiesa a quei gruppi a gestione
autonoma che ne riscontrino l’interesse.
Ringraziamo i signori Challancin di Viering per l’opera di assistenza data alla « Casa » ed agli
ospiti, e salutiamo la signorina
Alice Durand che subentra nella
stessa preziosa collaborazione.
SESSIONI D’ESAME
VENEZIA — L’assemblea di
chiesa si è svolta il 16 aprile, presenti 33 elettori più alcuni comunicanti, una buona partecipazione. Eletti deputati alla Conferenza distrettuale : Dario Falbo e
Eirene Garufl. Deputato al Sinodo : Sandro Dell’Aquila. Eletti
nel comitato Foresteria, per la
designazione alla nomina da parte della Tavola, Cristina Fara e
Emanuela Zanchi. Impegno contributivo per la Tavola per il ’90 :
aumento del 5% sull’impegno ’89,
l’eventuale eccedenza andrà nella
cassa locale. Ci siamo impegnati
a versare L. 26.953.000 2.695.000
per emeriti = 29.648.000 lire.
L’OPCEMI ha indicato in L.
3.200.000 l’impegno per la componente metodista.
• Domenica 4 giugno, nel culto
a Mestre, confermazione di Frida
Dell’Aquila, Nelli Donini e Monica Tessarin. Ringraziamo il Signore per la decisione delle tre
giovani e lo preghiamo per la loro perseveranza nella fede, il loro
impegno nella chiesa e per le loro
famiglie.
Commissione
permanente
studi
La Commissione permanente
studi delle Chiese valdesi e metodiste avvisa che le prossime
sessioni d’esame sono previste
col seguente calendario:
I sessione: sabato 3 giugno,
ore 15, a Ecumene (Velletri).
II sessione: domenica 25 giugno, ore 15, a Milano, chiesa metodista, V. Porro Lambertenghi.
Le iscrizioni si ricevono presso il past. Antonio Adamo (tei.
0372/25598).
MILANO — E’ arrivato il past.
Ronald Schooler, metodista, che
si occuperà di un lavoro evangelico tra i lavoratori migranti di
lingua inglese. Benvenuto!
• Nei locali della chiesa metodista di via Porro Lamberten
MILANO — Nell’ambito di un programma di riflessione sul « popolo eletto », il Centro culturale protestante
organizza per giovedì 18 maggio una
conferenza di Mario Miegge sul tema
« La nozione di popolo eletto nella
teologia protestante ».
Giovedì 25 maggio, Stefano Levi
Della Torre parlerà sul tema • Popolo
eletto, dono della terra, guida divina
nella storia ».
Le lezioni si tengono alle ore 21 nella
sala di via Francesco Sforza 12/a (attigua alla libreria Claudiana).
9
19 maggio 1989
speciale Basilea
9
ALL’APERTURA DEI LAVORI
UN APPELLO ALL’ASSEMBLEA ECUMENICA
C’è ancora
un briciolo di tempo
Dall’assise si attende una risposta univoca
che superi tutte le tendenze al compromesso
Basilea.ha messo i colorì della
festa; dai campanili di tutte le
chiese sventolano nel tiepido vento primaverile i festoni di un bel
giallo luminoso col simbolo della
colomba che scende e del fuoco
dello Spirito santo; ponti e strade
sono pavesati di mille e mille
bandiere: sono quelle dei Cantoni,
a significare che l’intera Svizzera
accoglie le centinaia di delegati di
tutte le chiese d’Europa (manca
purtroppo l’Albania), più le altre
centinaia di osservatori, giornalisti, curiosi, credenti, pacifisti che
per una settimana intera prenderanno come possesso di questa cittadina, per discutere di pace, giustizia, creazione.
Un’assemblea unica
nel suo genere
Si respira intorno un’aria come
di gioia. L’assemblea che sta per
aprirsi è unica nel suo genere, ed
è quanto mai importante per il futuro del mondo e dell’umanità, ma
è anche quanto mai importante
per il futuro delle chiese e la loro
storia. Grossi punti interrogativi
stanno davanti a tutti: molti sono
gli inediti, a partire dal fatto che
per la prima volta anglicani, cattolici, ortodossi, protestanti si ritrovano insieme. E’ vero che in que
Tutto
Basilea
Il nostro giornale seguirà
lo storico avvenimento dell’Assemblea ecumenica di Basilea attraverso servizi del nostro inviato Luciano Deodato,
e con la pubblicazione di un
numero speciale di 12 pagine
interamente dedicato all’avvenimento, la cui pubblicazione
è prevista per il 2 giugno.
Cbi vuole acquistarne copie
aggiuntive da diffondere (Lire
1.000 la copia) telefoni alla nostra redazione (011/655278) entro il 27 maggio prossimo.
sti anni si è imparato a dialogare
gli uni con gli altri. Ma le riunioni erano composte da ecclesiastici, e si svolgevano nel loro linguaggio. Scorrendo la lista dei
partecipanti si scopre, invece, che
questa volta molti sono i « laici »
e i nomi nuovi, sconosciuti. Quali
parole usciranno?
Per la prima volta il movimento
pacifista europeo, tumultuoso come un torrente di montagna nei
primi anni di questo decennio, si
trova insieme per fare, per tentare un discorso costruttivo, per
proporre alle chiese una linea di
azione, per dire ai governi una parola autorevole. Nel frattempo il
torrente è diventato un fiume largo e tranquillo, grande quanto il
Reno che attraversa Basilea. Ora
vi sarà la verifica per sapere se è
un fiume che permette la vita, sulle cui rive possono nascere villaggi e città, sulle cui acque possono
Per la Palestina
La richiesta di un pronunciamento che sarà dovere di tutti saper
cogliere - La dichiarazione delle comunità cristiane di Gerusalemme
navigare battelli, via di comunicazione e di scambio, di crescita comune, o di divisione.
Una parola comune
dalle diverse chiese
Per la prima volta le chiese tenteranno di dire una parola comune. Ma come sarà questa parola?
La tentazione, è evidente, sarà
quella di dire una parola frutto di
compromesso, di sottile mediazione tra le tendenze diverse, le teologie diverse; una parola che scivoli
sopra i problemi. Diceva a suo
tempo C.F. von Weizsäcker che
questa riunione dovrà dire la Verità. Che cos’è verità? Cioè, cosa
vuol dire oggi verità? Ma non è
stata questa l’obiezione di Pilato a Gesù? Allora come oggi la
verità è ardua, scomoda, difficile,
come la via della croce.
Le chiese giungono a questo
appuntamento non all’improvviso.
In questi ultimi anni sono state attraversate e percorse dai grandi
fremiti della questione del disarmo, così come da tempo sono sensibili ai problemi della giustizia
dalla frequentazione quotidiana
con i problemi del terzo mondo;
meno lavorato è il tema dell’ambiente: recente è la sensibilità nei
confronti di una teologia della
creazione. Molti passi devono ancora essere fatti in quella direzione.
Eppure ci si rende conto che si
arriva a questo appuntamento impreparati. Ma non c’è tempo per
colmare le lacune, per capire a
fondo i meccanismi, per formare
nuove coscienze. « Il tempo stringe », non ci si può attardare.
In ricordo di
Dietrich Bonhoeffer
Domenica sera, domenica di
Pentecoste, nella Peterskirche è
stato celebrato un ricordo di Dietrich Bonhoeffer alla presenza, oltre che della popolazione locale,
anche dei primi delegati. Forse sarebbe stato preferibile attendere
che ci fossero tutti. Ma forse è
stato anche una specie di segno
tenerlo prima. Bonhoeffer, infatti,
già nel ’34 aveva lanciato l’appello ad un concilio per la pace caduto purtroppo nel vuoto più assoluto. La sua voce profetica fu
soverchiata dalla marea montante
del nazismo, sommersa dal fragore delle armi nella seconda guerra
mondiale, bruciata nei forni crematori dei Lager, dissolta nel fungo atomico di Hiroshima e Nagasaki, congelata negli anni della
guerra fredda. Ora riemerge, a
tanti anni di distanza, e comincia
a farsi udire in questa Basilea primaverile, colorata di tutti i colori
dell’arcobaleno.
Il tempo stringe. Ma c’è ancora un briciolo di tempo. Scorre il
Reno. Pare che ora, a distanza di
tre anni dal disastro provocato
dalla Sandoz, ricomincia nei suoi
fondali a riprendere la vita. Il nostro è forse ancora il tempo della
grazia, ma per noi deve essere il
tempo del ravvedimento; in altri
termini il tempo dello Spirito, invocato in tutte le chiese in questa
domenica di Pentecoste 1989.
Luciano Deodato
« Se non vuoi fare parte della soluzione vuol dire che fai parte del problema »
La citazione è di un famoso dirigente dei neri
d’America, e ci pare adatta per iniziare questo
testo con il quale si vuole dare seguito all’appello
a favore della Palestina rivolto ai partecipanti all’Assemblea ecumenica di Basilea, che è stato fatto
circolare nelle due ultime settimane in Val Germanasca, bassa Val Chisone, Val Pellice e Pinerolo.
Le firme raccolte sono 290, di laici, sacerdoti,
pastori, diaconi delle comunità valdesi e cattoliche della zona: cifra modesta in assoluto, importante se si tiene conto del breve tempo a disposizione e della pressoché inesistente organizzazione.
Soprattutto è stata importante l’accoglienza, la
disponibilità di molti, la sensazione che su questo
argomento c’è tra la gente molta preoccupazione,
desiderio di informazione, apertura al coinvolgimento.
La raccolta di firme all’« appello a Basilea » co
sì continua, autonomamente come è iniziata, attraverso gruppi e giornali locali che vogliono farlo proprio, in libertà. A Basilea (l’Assemblea du
rerà dal 15 al 21 maggio) il testo firmato è stato
fatto pervenire attraverso i delegati italiani: c’è
ancora tempo per far arrivare altre adesioni ma
il testo, ci pare, resta valido indipendentemente
dall'occasione Basilea.
Se vogliamo, anche in misura assai modesta e
tenendo ben chiari i nostri limiti, « fare parte della soluzione », la « testimonianza per la Palestina »
può continuare. Come nostro primo contributo diamo, qui di seguito, il testo integrale della Dichiarazione dei capi delle comunità cristiane di
Gerusalemme, del TI aprile scorso. Il testo, che
traduciamo dall’inglese, ci è pervenuto tramite il
Consiglio ecumenico delle chiese (Ginevra).
I giornali italiani l’hanno praticamente ignorato, poche righe, in pochissimi casi. Vogliamo, tra
le molte voci e in spirito di pace verso tutti, far
sentire anche la voce dei cristiani di Palestina?
Dichiarazione di Gerusalemme
Noi, capi delle comunità cristiane nella Città Santa, ci siamo riuniti a seguito della grave
situazione esistente a Gerusalemme e in tutto il nostro paese.
E' nostra convinzione cristiana che come guide spirituali abbiamo il pressante dovere di seguire gli sviluppi di questa situazione e di far conoscere al mondo le condizioni di vita del nostro popolo qui in Terra Santa.
A Gerusalemme, nella West
Bank e a Gaza il nostro popolo
subisce nella vita quotidiana costanti privazioni dei suoi diritti
fondamentali a causa delle azioni arbitrarie deliberatamente promosse dalle autorità. Il nostro
popolo è spesso vittima di vessazioni e maltrattamenti gratuiti.
Siamo particolarmente preoccupati per la tragica e inutile
perdita di vite palestinesi, specialmente tra i più giovani. Gente disarmata e innocente viene
uccisa con l’uso ingiustificato di
armi da fuoco e centinaia di persone subiscono ferite per un impiego eccessivo della forza.
Protestiamo contro i frequenti incidenti, con sparatorie, nelle vicinanze dei luoghi santi.
Condanniamo anche la pratica
di arresti amministrativi in massa, e della persistente detenzione, senza processo, di adulti e
minorenni.
Condanniamo infine l’uso di
ogni forma di punizione collettiva, compresa la demolizione di
case e la sottrazione a intere comunità di servizi fondamentali,
come l’acqua e l’elettricità.
Ci appelliamo alla comunità
mondiale perché appoggi la nostra richiesta di riapertura di
scuole e università, chiuse da sedici mesi, in modo che migliaia
di nostri figli possano nuovamente fruire del loro diritto fondamentale all’educazione.
Chiediamo che le autorità rispettino il diritto dei credenti di
accedere liberamente a tutti i
luoghi di culto nei giorni santi
di tutte le religioni.
Dichiariamo la nostra umana
solidarietà e simpatia a tutti coloro che soffrono e sono oppressi; preghiamo per il ritorno della pace basata sulla giustizia a
Gerusalemme e in Terra Santa;
e chiediamo alla comunità internazionale e all’Organizzazione
delle Nazioni Unite di interessarsi con urgenza della tragedia del
popolo palestinese e di operare
per una rapida e giusta soluzione del problema palestinese.
Le comunità cristiane di
Gerusalemme:
Il Patriarcato greco ortodosso
Il Patriarcato latino
Il Patriarcato armeno
Il Vescovato cattolico siriano
Il Vescovato greco cattolico
(melchita)
Il Vescovato anglicano
Il Vescovato luterano
La Chiesa cattolica siriana
La Custodia francescana della
Terra Santa
Gerusalemme, 21 aprile 1989
Note del traduttore
1.
a) La popolazione cristiana della giurisdizione « Gerusalemme e Terra Santa » ammontava, secondo una stima del
1986, a circa 178.000 unità. Territorialmente il riferimento è alla Palestina
del mandato britannico : oggi stato di
Israele, Cisgiordania e Gaza, Gerusalemme e circondario.
b) La stragrande parte della popolazione cristiana è arabo-palestinese, in
minoranza (a parte i missionari) si hanno gruppi immigrati nei secoli (esempio : armeni).
c) Il ripetuto riferimento al « nostro popolo » riguarda chiaramente non
la sola popolazione di fede cristiana,
ma la popolazione palestinese in quanto tale, indipendentemente dalla collocazione religiosa, e specificamente la
popolazione della Palestina del mandato britannico. L’espressione « il nostro paese » è chiaramente in questo
senso.
d) Da tenere presente in particolare
il problema di Gerusalemme, che la risoluzione 181 deU’Assemblea generale
deirONU (29 novembre 1947) sulla
spartizione della Palestina in stato
ebraico e stato arabo-palestinese erigeva a territorio a se stante, con statuto
internazionale. Con la guerra del giugno 1967 Gerusalemme (e la zona circostante) fu interamente occupata dalle
truppe israeliane e il 20 giugno ’67
annessa allo stato di Israele, come capitale.
A tutt’oggi praticamente nessun
paese al mondo ( le eccezioni si contano sulle dita di una mano) riconosce
questa annessione (contraria alla Carta
dell’ONU e alla risoluzione di spartizione) e per tutti la capitale di Israele
non è Gerusalemme ma Tel Aviv (dove
fu proclamato lo stato di Israele). Per
essere precisi : le ambasciate di tutti i
paesi (compresi Italia, Stati Uniti, Sud
Africa, paesi della CEE, eoe.) sono a
Tel Aviv. La cosa viene qui sottolineala perché sulla stampa si continua a
parlare di « governo di Gerusalemme ».
La posizione delle chiese cristiane
di Gerusalemme va vista in quest’ottica.
2.
a) Le chie.se cristiane della Palestina si sono espresse più volte sulla situazione.
La prima dichiarazione importante
è del 3 marzo 1948, quando « i rappresentanti di tutte le comunità cristiane » espressero « profondo dolore e for
te indignazione per la deplorevole situazione » venutasi a creare « quale diretta conseguenza della politica sbagliata che è stata imposta al paese e che è
culminata nel piano di spartizione ».
Chiedevano che venisse mantenuto il
« diritto all’autodetenninazione quale
è previsto dalla Carta dell’ONU », denunciavano «la violazione della sacra'lità
della Terra Santa, la quale per sua natura e storia è indivisibile » e « l’usurpazione dei diritti naturali degli arabi
che sono il popolo del paese ». Si ritenevano in « dovere » di richiamare l’attenzione di tutte le autorità responsabili sul fatto che «la comunità cristiana
di Palestina, di ogni chiesa, è in completo accordo, nei principi e nei fatti,
con i propri confratelli musulmani nel
loro tentativo di resistere e respingere
ogni violazione dei propri diritti e usurpazione della propria terra ». Auspicavano per la Palestina una soluzione capace di promuovere « il benessere e la
prosperità di tutte le sue genti ».
b) Altre due dichiarazioni, sempre
firmate di comune accordo, sono del
gennaio 1988 e del gennaio 1989. Trascriviamo alcuni passi della prima,
scritta subito dopo l’inizio deH’intifada.
« I dolorosi avvenimenti che hanno
avuto luogo nel nostro paese e che
hanno causato tanti morti e feriti provano in modo evidente la dura sofferenza del nostro popolo in Cisgiordania
e Gaza. Sono inoltre l’espressione tangibile delle aspirazioni del nostro popolo che vuole che siano riconosciuti i
suoi diritti e rese concrete le sue speranze ». « Noi, capi di chiese cristiane
di Gerusalemme, vorremmo esprimere
in tutta onestà e chiarezza che ci ritroviamo dalla parte della giustizia e contro tutte le forme dell’ingiustizia e dell’oppressione ». « Noi siamo dalla parte
dei sofferenti e degli oppressi, noi siamo a fianco dei rifugiati e dei deportati, di coloro che sperimentano l’angoscia e sono vittime deH’ingiustizia,
noi siamo a fianco di coloro che conoscono le lacrime e il lutto. In pieno
accordo con la parola di Dio nel profeta Isaia (1: 17); ’’Imparate a fare
il bene; cercate la giustizia; rialzate l'oppresso! Rendete il .suo diritto all’orfano, difendete la vedova”,
noi invitiamo i fedeli a pregare e ad
operare perché tutti i popoli della nostra regione possano vivere nella giustizia e nella pace ».
La dichiarazione continuava con un
invito a pregare « per la giustizia e la
pace per la nostra terra e tutti i suoi
popoli », a xin « giorno di digiuno e
sacrificio », di « preghiera e di predicazione ».
La conclusione affermava: «Dichiariamo ancora, e senza equivoci, che le
chiese cristiane, .solidali le une con le
altre, cercano una pace vera fondata
sulla giu.stizia, una pace ohe non sarà
mai raggiunto se i diritti di ogni persona non sono pienamente rispettati... ».
a cura di Sandro Sarti
10
10 valli valdesi
19 maggio 1989
PALAGHIACCIO DI TORRE RELUCE
PINEROLO
Cui
de
sac:
Nel '90 il via ai lavori
per la copertura
Il progetto è legato alla legge sui mondiali di calcio, ma necessita
anche di altri finanziamenti - Rinviato il progetto per l’ambiente
Si è parlato molto, in questi
anni, di rilancio industriale della Val Pellice, di rilancio della
sua cultura specifica, di reinventare l’economia della valle. E alcune cose buone, bisogna pur dirlo, in questi anni si sono anche
fatte; altre sono state cancellate per sempre, penso per esempio all’impossibile progetto dell’ovovia sul confine italo-francese,
che ha avuto comunque il pregio di suscitare un dibattito nel
quale si sono avvicendate e scontrate le diverse anime che dirigono o assistono alle vicende politiche di quella parte di periferia dell’impero in cui viviamo.
Sarebbe interessante, ma questa volta in termini meno immaginifici e più coi piedi per terra rispetto ai sogni sulle piste
di sci ad alta quota, riprendere
il dibattito sul possibile collegamento stradale della Val Pellice
con la Francia.
La mabilità ridotta della Val
Pellice non aiuta per nulla lo
sviluppo della zona. Credo che
un collegamento rapido, effettivo
con il Queyras francese potrebbe
offrire nuovi impulsi culturali e
turistici, ed anche commerciali,
ad una zona come la Val Pellice
estremamente viva ed interessante sotto diversi profili.
Il discorso diventa ancora più
stimolante se ci si sofferma sulla prospettiva europea, che si
realizza non solo sul piano delle
elaborazioni giuridiche e politiche, ma in nuovi collegamenti e
in nuovi luoghi d’incontro fisico
tra popolazioni diverse.
Sappiamo tutti che nel passato Sono già stati elaborati diversi progetti interessanti che prevedono un tunnel sotto il Colle
della Croce; ma c’è anche un
progetto più recente e meno devastante, sotto l'aspetto ambientale, che prevede un tunnel ferroviario con navetta per auto e piccoli veicoli commerciali capace
di collegare Villanova ad Abriès.
C’è anche un altro progetto che
prevede una strada d’alta quota
(tipo quella del Colle dell'Agnello) che collegherebbe Bobbio alla Francia. E’ chiaro che il collegamento organico con la Francia non risolverebbe tutti i problemi locali, ma credo che tutti
i problemi locali riceverebbero
dal diretto collegamento con la
Francia prospettive e dinamiche
nuove e di maggior respiro dell'attuale chiusura valligiana.
Il « cul-de-sac » non è un destino ineluttabile; la chiusura piace solo a chi crede che l’isola
felice dipenda dal non aprire le
porte agli altri per condividere
ciò che si ha. Mi rendo conto
che in un tempo difficile come
questo, in cui si trovano fior di
miliardi per gli stadi del Mundial ma si va col contagocce per
sostenere opere nuove (nella provincia dell’impero in cui viviamo
arriva solo il messaggio di tagliare. razionalizzare, sopprimere), il discorso di collegarsi con
la Francia non sembra destinato ad avere successo. Però, visto
che ieri abbiamo perso tanto
tempo a parlare di un progetto
velleitario come quello dell’ovovia, perché non potremmo dibattere, oggi, di un’ipotesi più realistica come quella di un tunnel,
senza lasciarci prendere fin dall'inizio da paure d’invasioni o incubi di superstrade piene di TIR?
Il turismo .straniero in Val Pellice è soprattutto tedesco; ma il
nostro vero pendant culturale
non è il Sud Tirolo ma le Alpi
francesi, di cui conosciamo anche la lingua. Anzi, la conoscevamo.
Giuseppe Platone
Si sono protratti a lungo i lavori deU’ultima seduta del consiglio della Comunità Montana
Val Pellice; argomento forte, le
decisioni inerenti il progetto di
copertura del palazzo del ghiaccio di Torre Pellice. un sogno per
molti amanti dello sport del
ghiaccio che potrebbe diventare
realtà fin dal 1990. Com’è ormai
noto, in base alla legge che distribuisce miliardi agli stadi di
calcio in vista del « mondiale
'90 » ed alcune briciole ad impianti minori, la proposta di copertura della struttura di Torre
Pellice è stata inserita fra le opere finanziabili. Fra il costo finale previsto per l’opera (circa
3 miliardi e 200 milioni ed il contributo concesso (1 miliardo e 105
milioni), c'è però un grosso divario: come coprirlo, ovvero a
cosa, se possibile, rinunciare?
Bisogna aggiungere che il comune di Torre Pellice aveva contratto un mutuo di poco inferiore al mezzo miliardo, per lavori
che sono già almeno in parte
appaltati; operativamente si tratta di inserire denaro e lavori in
integrazione con il progetto di
copertura, in particolare adeguando rimpianto di refrigerazione e l'agibilità della struttura. Con l’aggiunta di un mutuo
contratto dalla Comunità Montana, il palaghiaccio sarà coperto e
fruibile, pur se non ancora completato, cosa che dovrà avvenire
successivamente mediante altri
mutui ed apporti di capitale.
Tutto semplice dunque per un
impianto che, oltre alle manifestazioni dello sport del ghiaccio,
potrà ospitare nella bella stagione anche manifestazioni varie di
carattere culturale o musicale?
La discussione è stata lunga
ed a tratti serrata: alcuni consiglieri democristiani hanno posto una serie di dubbi ed interrogativi sia sulla realizzazione
dell’opera che sulla successiva
(gestione.
Dubbi sulla via della trattativa
privata scelta per « aggiudicare »
i lavori (ma sembra che in Italia esista una sola ditta che produca e sia in grado di installare
i materiali della copertura); dubbi sul fatto che la Comunità
Montana risulti successivamente
troppo impegnata economicamente (precludendo altre possibilità
mutuative) nella realizzazione
dell’opera; interrogativi rispetto
all’opportunità di inserire il comune di Pinerolo nel consorzio
che dovrà gestire rimpianto.
La lunga discussione ha comunque chiarito i vari punti; la stessa presidenza ha voluto precisare la totale onestà e l’impegno
disinteressato che guidano gli
amministratori della vai Pellice
ed alla fine tutti i gruppi si sono trovati d’accordo sul progetto.
Quale utilizzo
dei « fondi-funghi»?
Nella stessa seduta, oltre ad
esprimere profondo dissenso
rispetto all’abolizione del tempo
pieno nella scuola e ad aderire
all’iniziativa denominata « I paesi del Monviso », associazione internazionale che ha come scopo
il rilancio economico e la valorizzazione di un grosso comprenso
TORINO
I Comuni
protestano in Regione
Riuscita come pai tecipazione
la manifestazione dell’UNCEM
sabato 13 a Torino: i 531 Comuni e le 45 Comunità Montane del
Piemonte erano ben rappresentati, al completo anche le Comunità Montane della Val Pellice
e delle Valli Chisone e Germanasca
Il presidente regionale delrUNCEM, Bertone, ha letto il documento unitario toccando tutti
i punti che travagliano i Comuni montani e che finiscono per
favorirne lo spopolamento: dalla finanza locale, con la recente
tassa iniqua sulle superfici produttive, al finanziamento statale
in base ai residenti, ai problemi
dei servizi, della scuola, del turismo, dei parchi, dell’ambiente,
dei segretari comunali spesso di
prima nomina o in condominio
con altri comuni, ecc., arrivando poi a fare delle proposte sempre unitarie per ciascuno dei
punti toccati.
Peccato che la Regione fosse
quasi del tutto assente, nonostante la manifestazione si svolgesse
nella sede de] Consiglio regionale; vi erano infatti solo due capigruppo, Bontempi per il PCI e
Carletto per la DC, e i due assessori Lombardi e Cerchio ad
ascoltare le lamentele e le proposte dei Comuni.
M. G.
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rio comprendente circa 4.000 chilometri quadrati a cavallo delle
Alpi, si è a lungo discusso dei tesserini per la raccolta dei funghi.
0 meglio, non tanto sulle tariffe decise (confermato il costo
annuale di 25.000 lire), quanto
piuttosto sulla destinazione dei
fondi ricavati lo scorso anno dalla vendita dei tesserini. Il servizio di tutela ambiente ed ecologia della Comunità, dopo varie
riunioni con la commissione ecologia-agricoltura, aveva predisposto un piano di intervento non
limitato, fra l’altro, ai soli « fondi funghi ».
In base al progetto si sarebbe
dovuto intervenire a sostegno di
settori individuati dai comuni e,
novità, dalle associazioni ambientaliste, sia per l’acquisto di
contenitori per la raccolta differenziata (vetro, farmaci scaduti,
ecc.), sia per il miglioramento, la
tutela e la valorizzazione ambientale.
1 vari progetti avrebbero dovuto essere finanziati dall’ente
di valle nella misura del 35%
della spesa finale, chiedendo dunque l’intervento dei comuni. Abbiamo fin qui usato il condizionale, in quanto di questo piano
non se ne farà, almeno per adesso, nulla. Forti perplessità sono
state infatti avanzate da alcuni
sindaci, che sconfessando i rappresentanti dei loro comuni che
avevano partecipato alle molte
riunioni preparatorie, hanno ritenuto i loro enti non in grado
di assumersi gli oneri che sarebbero derivati a loro carico dagli
interventi previsti. Palesi in particolare le contraddizioni nel
gruppo socialista, che da un lato forzava, con alcuni sindaci, per
il rinvio di tutta la materia ad
altra data, dall’altro (Charbonnier) insisteva perché si desse
il via al piano per non rischiare
che rinvii « sine die » compromettessero di fatto tutti gli interventi. Alla fine, con voto contrario
del sindaco di Bobbio e favorevole a malincuore di qualche altro consigliere, il tutto ha registrato una brusca frenata.
Piervaldo Rostan
« Scendere in piazza per un
problema molto sentito è sempre positivo » — così ha esordito una madre che ha partecipato alla manifestazione sul problema droga che si è svolta venerdì scorso per le vie della città con una fiaccolata; « spiace
— ha poi aggiunto — che, accanto a moltissimi giovani, non fossero molti anche i genitori ».
Dunque Pinerolo ed il pinerolese si sono ritrovati in piazza
(in oltre mille) su un problema che coinvolge direttamente
la città e le sue valli, un problema — e l’hanno detto in molti
— che è frutto di emarginazione e di mancanza di spazi e risposte per i giovani.
Una manifestazione organizzata dal gruppo dei familiari dei
tossicodipendenti e dall’ARCI e
mirata a spingere le istituzioni
perché assumano le proprie responsabilità; la vicenda del centro di accoglienza dell’USSL per
cui ci sono i locali ma non i soldi per farlo funzionare è stata
richiamata da tutti i presenti.
Ma neH’animo dei partecipanti
non c’era solo il problema ridotto all’ambito locale: raccogliendo impressioni fra la gente, è
stato facile allargare la riflessione a livello più generale.
Alle nuove proposte più restrittive nei confronti dei consumatori di droga presentate dal governo le risposte sono state univocamente critiche: « Riempiendo le patrie galere — ci ha detto don Franco Barbero, che da
anni vive accanto ai tossicodipendenti — liberiamo noi stessi
dai problemi, ma domani troveremo gli stessi problemi raddoppiati; si tratterebbe di una legge ipocrita ed improduttiva ».
E ancora abbiamo chiesto ad
alcuni dei partecipanti la loro
Opinione riguardo al dibattito in
corso sull’opportunità di liberalizzare le cosiddette droghe leggere, distribuendo inoltre eroina ai
tossicodipendenti tramite, per
esempio, le farmacie: abbiamo
riscontrato, rispetto a questa proposta, una « cauta attenzione »,
nel senso che, pur contenendo
essa elementi interessanti, molti si chiedono se un intervento
di questo tipo possa risolvere i
problemi alla radice, e cioè quello che è stato definito il disagio
giovanile.
Per tutti comunque si è trattato di un’occasione importante
per uscire da quell’indifferenza
che pare aver contagiato i>erìco4osamente anche il mondo politico
locale, pur presente alla manifestazione. O. N.
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19 maggio 1989
valli valdesi 11
LUSERNA S. GIOVANNI - ASSEMBLEA SULLA CARTOCHIMICA
Grande partecipazione
E’ stata apprezzata la tempestività degli interventi ma la legislazione è ancora carente - Quale tutela per la salute degli addetti?
Come annunciato, « i problemi
ambientali connessi con la produzione della ditta Cartochimica » sono stati gli argomenti in
discussione venerdì sera 12 scorso presso il Bocciodromo comunale di Luserna S. Giovanni.
Promotore dell’incontro l’USSL
43, su richiesta del Comitato Ambiente che da mesi seguiva la
questione in seguito a numerose lamentele di cittadini abitanti nelle zone adiacenti alla ditta,
che accusavano malesseri imputabili al tipo di produzione
della ditta stessa.
Quindi un momento pubblico,
di primo, in cui ogni cittadino
avrebbe potuto ascoltare chi della salute pubblica è responsabile e porre eventuali domande o
richiedere chiarimenti.
Il luogo prescelto si è rivelato ben presto insufficiente, tanta
è stata Taftluenza della gente:
chi è intervenuto voleva sapere
un po’ di più su problematiche
che riguardano Tambiente, che
poi altro non sono che la propria salute ed incolumità.
Una scheda informativa sulla
ditta Cartochimica, distribuita
ai presenti e predisposta dai tecnici dell’USSL, ha preannunciato
in modo sintetico quanto poi è
stato in modo più dettagliato esposto dai dott. Caruso e Vecchié.
Sarebbe certamente troppo lungo elencare gli interventi effettuati ed i provvedimenti intrapresi dalle autorità preposte, anche alla luce di alcuni incidenti
avvenuti, ma l’impressione che
si è avuta dall’esposizione dei
fatti è quella di una particolare attenzione e tempestività nel
fare pressione presso i responsabili della ditta, affinché fossero allontanate al più presto le
fonti di malessere per la popolazione e i timori di incidenti
nell’ambito del ciclo produttivo.
Tutto questo in presenza di
una legislazione carente e confusa o peggio ancora, come nel
caso del DPR 203/’88, che allunga i tempi concessi alle ditte per
uniformarsi alle disposizioni anti-inquinamento; una frammentarietà di competenze delegate ai
più disparati organismi, a partire dai vigili del fuoco ai più
diversi Enti territoriali.
In modo meno solerte e tempestivo sembra invece siano state fornite ai cittadini le informazioni richieste, come è emerso
nel successivo dibattito con il
pubblico, forse l’ultimo atto
di una polemica fra il comitato
di cittadini e le istituzioni sulla
lentezza delle notizie, almeno in
una fase iniziale, cosa di cui per
altro il presidente della Comunità Montana ha espresso rammarico ed avanzato le proprie
Scuse.
La questione delle spese di bollo reclamate dal Comune di Luserna a fronte del rilascio di documentazione al comitato dei cittadini, notizia già riportata su
queste pagine, accende i toni del
dialogo ma, nonostante questa vivacità, si coglie l’impegno da parte di tutti al .superamento del
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la polemica per far luogo ad una
futura fattiva collaborazione.
Motivo generale di soddisfazione è senz’altro la chiusura deirimpianto di impregnazione C
con resine fenoliche, impianto
che dava notevoli preoccupazioni per l’eccessiva quantità di emissioni nocive, ben superiori a
quelle concesse dalle vigenti norme.
Sarebbe stato anche interessante conoscere i rischi di chi lavora nella ditta, il problema
cioè non solo all’esterno ma anche alTinterno della fabbrica, da
parte di chi giornalmente trascorre molte ore a stretto contatto con i prodotti chimici della lavorazione. All’assemblea poche le maestranze, nessun intervento: in un mercato povero di
offerte di lavoro il ricatto occupazionale può rallentare gravemente il processo di tutela am
bientale e della salute.
Del problema fuoruscita formaldeide non si parla, il segreto istruttorio reclamato in seguito a denuncia al Pretore impedisce qualsiasi notizia.
Alcuni componenti il comitato
colgono l’occasione per esprimere la fiducia nell’operato dei tecnici e funzionari preposti al lavoro di controllo, quale espressione di serietà professionale, al di
là di qualsiasi voce diffamatoria
per altro infondata ed anonima.
Quindi spirito di collaborazione che vedrà il suo primo momento concreto mercoledì 17
maggio, durante un incontro fra
USSL, cittadini e gruppi ambientalisti, dove si dovranno mettere
le basi per un convegno in programma nelTautrmno sul tema
molto più allargato « Industrie ambiente in Val Pellice ».
Renato Armand Hugon
CROCE ROSSA - VAL PELLICE
Un «fuoristrada»
Un mezzo per interventi nelle zone impervie
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Domenica 14 maggio si è svolta a Torre Pellice una « festa »
della Croce Rossa, momento di
incontro con la popolazione, occasione per presentare ufficialmente un nuovo mezzo, con caratteristiche di fuoristrada, adibito ad autoambulanza e per verificare il grado di impegno quotidiano dei 75 volontari del soccorso; abbiamo perciò rivolto alcune domande al responsabile
del personale, Arnaldo Bracchi.
« Per quanto riguarda il nuovo
automezzo, date le caratteristiche, — esordisce Bracchi —- esso
consentirà un servizio nettamente migliore, raggiungendo zone
particolarmente impervie, nell'alta valle, in caso di neve o comunque dove fino ad ora abbiamo avuto problemi ad intervenire. Un grazie particolare va alla popolazione che ha avuto gran
parie nello sforzo economico per
l’acquisto del mezzo che pure,
viste le caratteristiche, costa, attrezzato, relativamente poco: 28
milioni. Del resto appena acquistato il fuoristrada, ci stiamo
già muovendo per riuscire a sostituire uno degli altri mezzi a
disposizione, ormai vecchio, e un
primo passo sarà costituito da
una festa in piazza nel mese di
luglio ».
Come si esplica attualmente il
servizio?
« Il nostro gruppo copre il territorio dell’USSL 43 sia di giorno che di notte, mediante turni
ed a titolo totalmente gratuito;
si spiega così che il numero di
75 è ancora insufficiente ».
Come avviene il « reclutamento » del personale e quale è il
grado di preparazione?
« Ancora recentemente abbiamo fatto, a livello di valle, un
bando, ottenendo 19 nuove adesioni; seguiti dal dott. Delleani,
ogni anno vengono attuati dei
corsi di formazione o aggiornamento, tenendo conto del fatto
che spesso, in caso di incidenti,
siamo i primi a venire in contatto coi feriti ».
Qual è il rapporto con l’USSL
43?
« Attualmente viviamo una fase di trattative per una convenzione per i servizi ordinari ed
urgenti. Si sta anche pensando
di attivare un servizio di rianimazione con una ambulanza attrezzata in tal senso. La convenzione dovrebbe realizzarsi entro
la fine dell’anno e potrebbe passare anche attraverso la creazione di un centro di servizio di
guardia medica proprio in locali adiacenti ai nostri a Torre
Pellice ».
Una nuova pagina dunque per
il servizio CRI in vai Pellice, un
servizio che funziona da moltissimo tempo e « con regolarità
dagli anni ’60 »; del resto gli oltre 200 incidenti stradali sul tratto Pinerolo-Torre Pellice ed i 4-5
interventi al giorno, dello scor.■^o anno, ne sono ampia testimonianza.
P.V.R.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Il Gruppo Italia
90 Val Pellice di Amnesty International avrà la sua riunione periodica giovedì 18 maggio, alle ore 16.45 presso
il centro d'incontro di via Repubblica.
Dibattiti
PINEROLO — Venerdì 26 maggio,
alle ore 20.45, presso il Centro sociale di via Lequio, avrà luogo un incontro dibattito sul tema; « La biblioteca
di Pinerolo: problemi e prospettive ».
______________Incontri_______________
PINEROLO — La parrocchia cattolica di S. Lazzaro organizza una serie di
incontri dal titolo « La chiesa oggi »;
primo appuntamento lunedì 22 maggio,
ore 20.45, incentrato sul tema «Il primato della coscienza nella chiesa;
tensioni, prospettive, speranze »; interverrà il direttore de « Il foglio », Enrico Peiretti. Le serate si svolgono
presso la sede in via S. Lazzaro 1.
PEROSA ARGENTINA — Si conclude
la serie di incontri sul problema droga con un intervento della psicoioga
Dacomo (USSL 42) che parlerà sul tema; «Le conoscenze utili alia prevenzione; i segni del disagio »; l'incontro
si svolgerà alle ore 20.30 di venerdì
19 maggio presso il cinema Piemont.
TORRE PELLiCE — Sabato 27 maggio, a partire dalle ore 9 con chiusura
dei lavori intorno alle 19, la Comunità
Montana vai Pelllce-USSL 43 organizza il primo di una serie di incontri sul
tema <■ Minori e territorio » a livello
regionale.
L’appuntamento è previsto presso il
cinema Trento.
_______Concerti______________
TORRE PELLICE — Per il prossimo
fine settimana il cinema Trento ha in
programma; * Donne in carriera », sabato 20 e domenica 21; venerdì 19,
ore 21.15, concerto rock con Toddianl
-p 3 Della piazza.
______________Seminari______________
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato 20 maggio, alle ore 14.30, presso
l'audltorlum, si svolgerà un seminario
COLLEGIO VALDESE
Viaggio
premio
TORRE PELLICE — Brillante risultato per Crisiina Ricca,
allieva clelTultimo anno (indirizzo linguistico) al Collegio valdese. Ha partecipato al concorso
« Diventiamo cittadini europei »
bandito dalla Regione Piemonte,
ed è risultata vincitrice di un
viaggio premio a Strasburgo e
Ginevra dal 23 al 26 maggio. Nella sede del Parlamento Europeo
assisterà a parte di una seduta;
quindi con gli altri vincitori del
concorso incontrerà alcuni parlamentari italiani presenti. A Ginevra visiterà la sede delTQNU.
Il tema proposto dal concorso
era il seguente: « A metà giugno
1989 sarà eletto per la terza volta il Parlamento Europeo. Che
tu sia o no elettore, quali motivazioni e attese accompagnano,
secondo te, questo voto? ». Il n(>
stro giornale pubblicherà prossimamente alcuni brani del saggio.
r
I
I
I
sul tema: « Popoli senza terra » Con la
partecipazione di Andrà Jacques, della Lega internazionale per i diritti dei
popoli, Waldo Vlllalpando delegato In
Italia dell'Alto commissariato ONU per
i rifugiati e Bruna Peyrot della Società
di studi valdesi.
____________Cantavalli_____________
POMARETTO — Sabato 20 maggio,
alle ore 21, neH’ambito del Cantavalli
'89, Il gruppo La Ciapa Rusa, presenterà
una serata di canti tradizionali piemom
tesi presso la sala del teatro valdese.
« In Cristo voi siete stati arricchiti (li ogni cosa, di ogni dono di parola e di ogni conoscenza »
(I Cor. 1: 5)
La Comunità evangelica di Bergamo, grandemente rattristata per la
scomparsa del pastore
Neri Ciampiccoli
ricorda con profonda riconoscenza il
suo lungo, illuminato ministero durante il quale egli ha trasmesso, con
particolare forza e sensibilità, la sua
fede, la sua speranza ed il suo amore.
Bergamo, 26 aprile 1989.
RINGRAZIAMENTO
« Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi, ed io
vi darò riposo »
(Matt. 11: 28)
I familiari del compianto
Enrico Peyrot
commossi e riconoscenti per la grande
solidarietà loro dimostrata in occasione della morte del padre, ringraziano tutti coloro che hanno voluto prendere parte al loro dolore. Un ringraziamento particolare al dott. Del Din,
al pastore Renato Coisson, alla banda
musicale di Pomaretto, al gruppo ANA
di Pomaretto e di Prali ed infine alla
famiglia Micci.
Pomaretto, 15 maggio 1989.
RINGRAZIAMENTO
I figli del compianto
Osvaldo Pons
essendo impossibilitati a farlo singolarmente, ringraziano tutti quanti hanno partecipato personalmente o con
scritti al loro dolore. Un ringraziamento particolare al pastore Paolo Ribet,
al dottor Vincenzo Della Penna, all’Associazione carabinieri in congedo, alle
famiglie Grippa, Grindatto, Federico
Ribel e Seglie, ed ai condomini di via
Mondoni.
S. Germano Chisone, 19 maggio 1989.
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12
12 fatti e problemi
19 maggio 1989
SCIENZA E FEDE
TARANTO
Una bioetica più umana sempre più
avvelenate
Bioetica: parola sempre più attuale e
collegata a numerose azioni e situazioni
umane. Questo termine giunge dagli Stati
Uniti dove è stato utilizzato a partire dal
1970 per definire le riflessioni etico-religiose
concernenti la vita dell’uomo nei suoi rapporti con le scienze, ed in particolare con la
medicina.
Il nostro settimanale ha già affrontato
questo tema, sia pure coi modesti mezzi a
sua disposizione, in varie occasioni (aborto, procreazione extracorporea, trapianto di
Il riconoscimento di un allargamento delle basi del dibattito etico costituisce il
principale cambiamento di
mentalità introdotto dalla
bioetica. Essa deve essere interdisciplinare e pubblica,
deve raccogliere le persone
dalle più svariate formazioni
e convinzioni su una piattaforma comune di volontà di
dialogo e di onestà intellettuale.
Numerosi problemi
I problemi affrontati dalla
bioetica sono molto diversi
fra loro e si evolvono nel
tempo. E' notevole il fatto
che certe questioni siano sparite dal campo della riflessione in quanto la relativa difficoltà etica è stata risolta con
soddisfazione di tutte le parti. Così è stato per la definizione clinica della morte che
ha suscitato tante discussioni appassionate fino a giungere ad un comune consenso
sulla definizione della morte
cerebrale. Anche il dibattito
sui mezzi di contraccezione
ha lasciato alle spalle diverse
preoccupazioni. Avviene poi
che parecchie situazioni molto problematiche spariscano
a seguito di un progresso
scientifico e medico. E’ il caso delle sperimentazioni su
feti viventi a seguito di aborti. Fino al 1975 gli aborti erano per lo più eseguiti in modo da avere dei feti vivi ed intatti. Il cambiamento dei metodi abortivi, affiancato da
nuove regolamentazioni, ha
fortemente ridotto la ricerca e la fornitura di feti viventi, fino a farla scomparire.
La vita e la morte
Le nuove applicazioni delle scoperte in campo medico
hanno per contro fatto nascere nuovi problemi. La procreazione assistita ha creato
la questione dello statuto dell’embrione. Le nuove possibilità di diagnosi delle anomalie genetiche, sia prima della
nascita (diagnostica prenatale) sia sull’individuo (dépistage genetico), come pure le
prospettive di terapie genetiche destano anch’esse complesse problematiche.
Certe pratiche mediche lasciano anche intravvedere
possibili deviazioni individuali o sociali, specialmente
organi, eutanasia, ecc.). Nell’intento di tener
vivo quest’argomento, riteniamo utile offrire alla riflessione dei lettori la sintesi di un
articolo di J.M. Thévoz, segretario generale
della Società svizzera di etica biomedica,
apparso su « La vie protestante » dello
scorso 14 aprile. Con l’occasione, invitiamo i
lettori « esperti » e particolarmente sensibili a questi argomenti ad inviarci loro contributi scritti.
R. P.
per quanto concerne l’eugenetica. Ogni genitore si augura di poter procreare un
figlio in buona salute: la diagnostica prenatale appare
come una soluzione semplice
per evitare gli handicap dovuti ad anomalie cromosomiche o genetiche. Però, la somma di tante singole decisioni
conduce verso una società
eugenetica e poco tollerante
verso gli handicap, anche
quando essi sono inevitabili.
Occorre ancora menzionare i problemi relativi al periodo terminale della vita.
Se è scomparso l’accanimento terapeutico che si praticava negli anni ’70, è pur vero
che l’assistenza ai morenti, le
cure palliative, l’eutanasia e
la donazione degli organi
pongono problemi di piena
attualità.
I casi sopra richiamati riguardano principalmente le
cure verso un paziente particolare. Altri problemi sono
legati al costo della medicina
o al fatto che, ad esempio, gli
organi da trapiantare sono
assai più rari dei pazienti che
li attendono. Chi può decidere sulla loro destinazione,
e secondo quali criteri? Si
rende indispensabile una riflessione sulla giustizia.
Come si vede, il lavoro nel
Augusta, Livorno, La Spezia,
Porto Marghera, Taranto sono le
città italiane che vivono, dallo
scorso mese di settembre, l'incubo delle navi con i bidoni pieni di rifiuti tossici rispeditici
dalla Nigeria.
In particolare a Taranto, città che condivide con la Val Bormida (vedi ACNA) il primato in
materia di inquinamento ambientale, si è sviluppato un grosso
movimento eco-pacifista contrario aH’approdo della nave « Deep
Sea Carrier », in rada ad Augusta, nel porto della città ionica.
Accanto agli studenti, sono scesi in piazza la Lega ambiente,
i verdi, i sindacati, l’Arci e i nostri fratelli evangelici, contro una
giunta comunale e regionale pentapartito disposta ad accettare
l’approdo di tale nave. Le organizzazioni ambientaliste e la nostra comunità hanno fatto notare alle autorità competenti l’alta
nocività del molo polisettoriale
del porte destinato ad ospitare
la nave dei veleni. Infatti tale
molo è costituito da materiale
di scarto, quindi altamente inquinante, della fabbrica Italsider.
In appoggio a tale iniziativa la
nostra chiesa, insieme alle organizzazioni ambientaliste (Lega
ambiente. Arci, Associazione per
la pace), ha promosso un seminario di studio, giovedì 20 aprile, su; « Salute, ambiente, dtflerenziazione dei rifiuti ». La relazione principale è stata tenuta
dal fratello Sergio Brofferio, della chiesa di Milano, ordinario di
materie elettroniche nelle Università e nostro rappresentante presso la commissione « Chiesa e Società » del Consiglio ecumenico
delle chiese. Nel riferire dei lavori della commissione sull’argomento dello « smaltimento dei
rifiuti », l’ingegner Brofferio ha
rilevato come, con suo vivo ram
marico, l’argomento non sia più
in agenda: si ha l’impressione,
non è la prima volta, che il Consiglio ecumenico « rincorra » gli
avvenimenti di attualità, senza
approfondirli adeguatamente. Interessante, nella relazione di
Brofferio, ci è sembrata l’utilizzazione della categoria teilhardiana di « noosfera », per precisare l’influsso dell’umano operare
nei « guasti ambientali ». Tra gli
altri relatori del seminario, di
cui si attendono gli atti, ci è
parsa significativa la relazione di
un medico igienista sui dati relativi alla ricaduta dell’inquinamento ambientale sulla salute fisica dei cittadini.
Secondo dati ufficiali del Ministero della sanità (1988), tra il
1980 ed il 1987 i tumori sareb-,
bero aumentati, nel nostro paese, di ben 14.000 unità, con preferenza nelle zone ad alto inquinamento atmosferico. In particolare a Taranto, collegati con
l’azione altamente tossica degli
altiforni Italsider, sarebbero aumentati del 100% i tumori alle
vie respiratorie. Non a caso, ha
fatto notare un sindacalista, i
milioni di rifiuti dell’area industriale tarantina, la più inquinante dell’area pugliese (Taranto è, per abitanti, la seconda città della Puglia), vengono smaltiti in aperto disprezzo della nota
legge Merli sullo smaltimento
dei rifiuti. A questo quadro, già
di per sé allarmante, si aggiunge la costruenda base Nato, destinata ad ospitare oltre 20 unità a propulsione nucleare. Per
parte nostra, abbiamo ricordato.
Scritture alla maño, che la creazione è continuamente sottoposta alla vana azione della mente
umana (Romani 8: 20-21) ed è
nostro preciso compito mobilitare le energie umane necessarie
in salvaguardia del creato.
Eugenio Strettì
GIBILTERRA
campo della bioetica non
manca. Alcune persone singole e gruppi organizzati sono già sulla strada della riflessione. Ogni ospedale è dotato di un comitato etico incaricato di esaminare i codici di ricerca applicata all’essere umano e può avocare a
sé le questioni etiche che non
hanno potuto essere risolte
dai servizi ospedalieri. Al di
fuori delle istituzioni, bisogna qui menzionare la recente creazione della Società
svizzera di etica biomedica
che cerca di collegare tutti
questi gruppi e di promuovere la riflessione e la ricerca, unitamente all’informazione, in questo campo.
Indubbiamente la bioetica
è in pieno sviluppo. In quanto ricerca interdisciplinare,
essa è aperta alla partecipazione non solo delle discipline mediche e biologiche, ma
anche del diritto, della filosofia, della psicologia, della
teologia, della sociologia, ecc.
La ricerca di soluzioni etiche
ed umane passa attraverso il
collegamento fra le scienze e
con l’apertura al dialogo.
.le.an-Marie Thévoz
Esecuzioni deliberate?
Per maggiori informazioni:
Fondazione Louis Jeantel, C. P.
277, 1211 Genève 17.
Amnesty International ha dichiarato che l’inchiesta aperta
sull’uccisione di tre membri delriRA avvenuta a Gibilterra l’anno scorso non ha completamente
chiarito la questione fondamentale, se cioè essi siano stati deliberatamente uccisi invece di
essere arrestati.
In un rapporto basato sulle
conclusioni dei suoi osservatori
che hanno seguito Io svolgimento dell’inchiesta. Amnesty International sostiene la necessità di
una totale revisione delle procedure usate nelle inchieste aperte
su una serie di uccisioni avvenute in circostanze oscure nell’Irianda del Nord e, da ultimo,
a Gibilterra.
« La questione fondamentale è
se l’uccisione dei tre sia stata
motivata da quanto stava accadendo in quel momento o se sia
stata progettata in precedenza,
prescindendo dalla sua necessità
al fine di prevenire eventuali azioni criminose o di procedere
all’arresto ». L’inchiesta potrebbe non fornire una soluzione a
questo interrogativo a causa dei
« certificati di immunità per questioni di interesse pubblico » enessi da’ Governo, che non consentono agli inquirenti di indagare sul ruolo avuto dal Governo
stesso nella vicenda, sulla pianificazione dell’operazione e sulle
informazioni in possesso dei servizi segreti britannici. L’inchiesta
è stata ulteriormente ostacolata
dalle autorità spagnole che non
hanno fornito informazioni sul
pedinamento dei tre membri del
riRA prima del loro arrivo a
Gibilterra.
Gli osservatori di Amnesty International ritengono che il coroner incaricato dell’inchiesta abbia seguito confettamente le procedure previste, nei limiti della
sua competenza e delle limitazioni imposte dall’emissione dei
« certificati di immunità per questioni di interesse pubblico ».
La delegazione degli osser\'atori di Amnesty International, guidata dall’avvocato canadese Stephen Owen, difensore civico della provincia della Columbia Britannica, ha scoperto che molte
delle prove giudiziarie sono sta^
te distrutte, poiché la polizia di
Gibilterra non ha seguito le procedure previste per la conservazione delle prove raccolte « sul
luogo del delitto ». Non è stato
possibile, dalle informazioni ricevute nel corso dell'inchiesta, anche a causa del ritardo nella
raccolta di alcune testimonianze,
ottenere una ricostruzione adeguata e completa del susseguirsi degli eventi.
Amnesty International aveva
già in nassato chiesto un completo riesame delle procedure
utilizzate per indagare su una
serie di uccisioni avvenute in
circostanze oscure nell’Irlanda
de! Nord e sulle leggi che regolano l’uso della forza letale. La
revisione dell’inchiesta sui fatti
di Gibilterra dovrebbe portare
alla luce la reale dinamica degli
avvenimenti ed approfondire l’atteggiamento complessivo mantenuto dal Governo britannico sull’accaduto.