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Anno 125 - n. 16
21 aprile 1989
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UN CONFRONTO DIFFICILE MA NECESSARIO
SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Facoltà, non opzione L'IsIam tra noi
Evangelici, laici, tutti soddisfatti dalla sentenza n. 204 della
Corte Costituzionale, che stabilisce il non obbligo delle attività
e degli insegnamenti alternativi
all’ora di religione cattolica.
Soddisfatti per lo stile e la
misura della sentenza « interpretativa e di rigetto » che aiferma
i principi di uno Stato laico
moderno. « I principi supremi
dell’ordinamento costituzionale
— dicono i giudici della Corte
— hanno una valenza superiore
rispetto alle norme o leggi di
rango costituzionale... Anche le
disposiziioni del Concordato, le
quali godono della particolare
copertura costituzionale fornita
dall’art. 7 della Costituzione,
non si sottraggono ail’accertamento della loro conformità ai
principi supremi dell’ordinamento costituzionale ».
Alla luce di tali principi («che
i cittadini non siano discriminati per moitivi di religione e
che il pluralismo religioso limiti la libertà negativa di non professare alcuna religione») e dinanzi ad un insegnamento religioso impartito « in conformità
•alla dottrina della Chiesa » cattolica, la Corte afferma che « lo
Stato laico ha il dovere di salvaguardaría che non ne risultino
limitate le libertà di cui all’art.
19 della Costituzione e la responsabilità educativa dei genitori
di cui all’art. 30 ».
Pertanto « la previsione come
obbligatoria di altra materia
per i non avvalentisi (previsione contenuta nelle circolari ministeriali confermate dal Consiglio di Stato, ndr) sarebbe patente discriminazione a loro
danno perché proposta in luogo
deU’insegnamento della religione
cattolica (Ire), quasi corresse
tra runa e l’altra lo schema logico deH’obbligazione alternativa, quando dinanzi ail’Irc si è
chiamati ad esercitare un diritto costituzionale non degradabile
ad opzione tra equivalenti discipline scolastiche ».
L’Irc, per gli studenti e le loro
famiglie, è « facoltativo: solo l’esercizio del diritto ad avvalersene crea obbligo scolastico di
frequentarlo. Per quanti decidano di non avvalersene è uno
stato di non-obbligo. La previsione di altro insegnamento obbligatorio verrebbe a costituire un condizionamento per quella interrogazione di coscienza,
che deve essere conservata attenta al suo unico oggetto: l’esercizio della libertà costituzionale
di religione ».
Con questa sentenza la Corte
ha confermato inequivocabllmente quanto noi, cittadini evangelici, da quattro anni a questa parte abbiamo detto pubblicamente, anche nelle aule dei
tribunali cui le misure governative ci avevano costretti a rivolgerci per ottenere giustizia.
Adesso il Governo dovrà agire
di conseguenza: se l’Irc è facoltativo, dovrà essere collocato in
orari che non comportino alcun
obbligo per 1 non avvalentisi,
alla prima o all’ultima ora o in
orario aggiuntivo. Come da sempre abbiamo chiesto.
Allo stato della legislazione
scolastica non esiste altra possi
bilità. E ciò dovrà essere fatto
in fretta, entro il 7 luglio, quando in base alle circolari vigenti
si dovrà scegliere se seguire
Tire o meno. Ma attenzione, i
moduli non potranno contenere opzioni di sorta. Si dovrà chiedere se si intende seguire l’Irc
e basta.
Inoltre presidi, consigli di
istituto e di circolo non potranno prendere alcuna sanzione
contro quegli studenti che, quest’anno, hanno fatto « obiezione
di coscienza » alla circolare ministeriale e sono usciti dalla
scuola. Disobbedire a norme anticostituzionali è non solo legittimo, ma anche opportimo, proprio per affermare i diritti costituzionali.
Oggi non c’è più spazio per
soluzioni ambigue e pasticciate
che non tengano conto dei diritti soggettivi ribaditi dalla
Corte Costituzionale. Spetterà
al ministro ed anche a,i partiti
laici di governo, che finora non
si erano posti seriamente la
questione dei non avvalentisi,
trovare una soluzione, magari
partendo da una proposta di
legge (PCI, SI, DP, PRI, PR, Verdi) che prevede per la scuola
un’area di materie facoltative,
senza alcun obbligo di frequenza, tra cui è compresa anche la
religione cattolica.
Giorgio Gardiol
I musulmani in Europa 6 in Italia - Un Dio lontano? - Prooccupazione per le reazioni razziste di alcuni paesi - In aumento i fedeli
« Anche se la moschea è piccola ed il minareto è alto soltanto quindici metri, nessuno può
negare che questa realizzazione
sia un grande passo sulla via della diffusione dell’Islam. Dopo settecento anni è ritornata la mezzaluna Sul pinnacolo della cupola e del minareto di una moschea italiana, dove gli uomini
si prostrano in adorazione di
Allah ». Cosi Alt Abu Shwaima,
l’amir del Centro islamico di Milano, inaugurava proprio un anno fa la prima moschea del Nord
Italia.
Il Centro islamico di Milano
è molto attivo e raccoglie più di
duemila adepti. « L’inaugurazione della moschea fu soprattutto
— ricorda, un po' scettico, il pastore Salvatore Ricciardi di Milano, che fu allora invitato a titolo personale — un incontro di
carattere religioso-finanziario. Il
discorso in sostanza fu questo:
il comune di Milano, regalandoci
il terreno sul quale costruire la
moschea, non ha fatto un favore
a noi ma ha fatto una cosa utile
per tutti ». A leggere il « Messaggero dell’Islam » del Centro islamico milanese, a chiara tendenza integralista, non ci vuol molto a capire che l’Italia è un nuovo terreno di conquista.
Nelle città italiane è sempre più frequente con persone
di altre culture e di altra religione.
Nel nostro paese i musulmani
sono circa 400.000 e in Europa
(occidentale ed orientale) si calcola in 23.500.000 il loro numero.
Nel mondo quasi un miliardo di
persone iniziano la loro giornata con l’invocazione, in arabo:
« Allah oh Akbar, la ilah illa l-lah,
MEDITAZIONE
Uallegrezza, segno della fede
E' incredibile quante volte la Bibbia parli dell'allegrezza, o anche semplicemente della gioia:
quella gioia molto umana, direi carnale, che viene
da un bicchiere di vino bevuto con gli amici, da
un incontro d'amore lungamente atteso, dalla buona riuscita della fatica quotidiana.
Ma non è di questa gioia — peraltro non condannata, anzi considerata legittima nella Bibbia —
che voglio parlare oggi. Voglio riferirmi all’allegrezza che nella Bibbia caratterizza il rapporto di
Dio con i suoi figli, e di questi con Dio.
Se vedo bene, nei testi biblici si possono individuare tre soggetti dell’allegrezza.
In primo luogo, sono allegri quelli che, nei
modi piti diversi e a seguito di cammini personali
e irripetibili, giungono all’incontro con Dio o sono raggiunti da Dio. Penso al « buon annuncio di
una grande allegrezza » per tutto il popolo, porto dall’angelo ai pastori di Betleem (Luca 2: 10).
Penso ai magi di oriente i quali, condotti dalla
stella al luogo dov’era nato Gesù, « si rallegrarono
di grandissima allegrezza» (Matteo 2: 10). Penso
alla carica di allegrezza implicita nella concitata
informazione di Andrea a Simone: « Abbiamo trovato il Messia!» (Giovanni 1: 41). Penso a Ida e
a Maria Luisa, a Ivana e a Carmela, ad Achille e
a Brigitte e a Francesco, e alla loro palpabile
allegrezza nel dichiarare la loro fede e nell’aggregarsi alla Chiesa. Come non rallegrarsi, infatti,
quando si trova il Signore? Quando si scopre che
la vita è più che mangiare e bere e vestirsi, e che
si può pensare a cose che non siano solo il benessere o almeno il quieto vivere...
In secondo luogo, sono allegri quelli che ricevono la notizia di una nascita alla fede avvenuta
in qualcuno, che vengono fatti partecipi della novità e della scoperta. Paolo e Barnaba, in cammino verso Gerusalemme, causano « grande allegrezza » alle comunità della Fenicia e della Samaria
con il racconto delle conversioni che avvengono
fra i Gentili (Atti 15: 3), e Paolo non esita a confessare a una comunità di convertiti grazie alla
sua opera di evangelizzazione: « La nostra allegrezza siete voi» (P Tess. 2: 20). Noi possiamo, a nostra volta, essere nell’allegrezza, non perché le nostre magre statistiche si rimpolpano di 7 unità,
ma perché Iddio ci dona dei segni della sua azione vivificante.
E in terzo luogo, c’è l’allegrezza di Dio stesso.
Dio è allegro, e nella sua allegrezza mobilita tutta
la corte celeste per festeggiare degnamente il peccatore che si ravvede... malgrado il dignitoso silenzio dei novantanove giusti che non han più
bisogno di ravvedersi (Luca 15: 7). Ma c’è di più.
Dio non si rallegra soltanto perché raccoglie qualche frutto del suo amore verso di noi. La sua
allegrezza è un’allegrezza gratuita, direi un’allegrezza a fondo perduto. Essa consiste nella sua
decisione di amarci. « Metterò la mia gioia nel far
loro del bene » è l’impegno che Dio si assume promettendo il ritorno in patria degli esuli a Babilonia (Geremia 32: 41).
Ecco. Dio non si limita a farci del bene. Non
si limita a darci la vita e l’Evangelo... e tutte le
altre cose che sappiamo. Lo fa con gioia. Che tragedia sarebbe per noi se Dio ci desse di malagrazia le co.se che ci dà. Sarebbe forse meglio che
non ci desse nulla.
L’allegrezza che caratterizza l’azione di Dio per
noi può anche caratterizzare la nostra risposta
nei confronti di Dio. Non si tratta di ridurre l’allegrezza a un « termometro » per misurare la fede,
come per molto tempo ho sentito dire delle contribuzioni. La fede non si misura, non si quantifica. Ma se una fede in Gesù Cristo non produce
allegrezza, che fede è? E’ una povera cosa di cui
non vale neppure la pena di parlare.
«Rallegratevi del continuo nel Signore» (FU.
4: 4). Rallegriamoci nel Signore. Viviamo la nostra fede con disponibilità e con gioia. Questa ci
viene da Dio. E’ il dono dello Spirito (2? Corinzi
1: 13) e la caratteristica del Regno (Romani 14: 17).
Salvatore Ricciardi
wa Muhammed rasul Allah »:
Allah è il più grande, non c’è altro Dio che Dio e Maometto e
il suo profeta.
Nella popolazione musulmana
che vive in Italia e che sta guardando con ansia alla costruzione della più grande moschea
d’Europa, a Roma (costo 60 miliardi e una sala di preghiera
capace di accogliere duemila persone), non ci sono solo poveri
marocchini o ricchi petrolieri
stranieri. Ci sono anche molti
italiani; a Milano due ex preti
hanno abbracciato la fede islamica e decine di altri, impiegati
o commercianti, hanno trovato in
Allah il loro nuovo Dio. A Catania, anni fa, l’avvocato Michele
Papa, presidente dell’Associazione di amicizia e cooperazione siculoaraba, fece costruire con i
soldi del colonnello libico Gheddafi una moschea. E a Bari l’ingegnere Alberto Tridente sta costruendo a sue spese (è un affermato industriale), a pochi chilometri dal capoluogo pugliese,
una « cittadella islamica ».
Tridente si lamenta del fatto
che la televisione nazionale dia
spazio agli evangelici, agli ebrei
ma non ai musulmani. « Sostengo che il popolo italiano — dichiara Tridente (L’Espresso, n.
12/’89) — dovrebbe vergognarsi
di non avere ancora una libertà
di religione sul proprio territorio ». Il problema in effetti c’è
ed è chiaro che, per esempio,
•sulla discussa questione dell’ora
di religione nella scuola di stato
i seguaci di Allah (per i quali
il rapporto religione/stato non
è intonato a principi di separatismo) siano meno calpestabili
di noi.
Sottomessi ad Allah
Il Dio del Corano non è la
copia di Yah'wéh della fede ebraica o del Dio degli Evangeli.
Allah richiede all’uomo una piena sottomissione ai suoi principi dottrinali. Onnipotente, tra
Giuseppe Platone
(continua a pag. 3)
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commenti e dibattiti
21 aprile 1989
RINNOVIAMO
IL CULTO
Caro Direttore,
mi riferisco all'art. « Per un culto
più vivo, più comunitario ■ di Paolo
Ricca (3.2.1989J.
L articoio mi ha molto rallegrato.
Le precisazioni che l’autore fa In relazione ai punti: confessione di fede,
preghiera. Cena non lasciano dubbi
circa la misura, la varietà e ricchezza
di situazioni liturgiche stimolanti l’attenzione e la partecipazione dei presenti; anche i responsori, le letture
dialogate, le letture intervallate dal
canto mi piacciono e ringrazio Ricca
per gli esempi che ha portato. Pastore
e comunità che si alternano rispondendosi in una preghiera di invocazione o di intercessione o di lode è
come se realizzassero una preghiera
all’unisono moltiplicata con molte eco.
Il culto domenicale è uno dei luoghi in cui ancora ci ritroviamo; è da
questo luogo che deve ricominciare
la costruzione di comunità attive, dinamiche, partecipanti; è in questo
luogo che dobbiamo ritrovare il dono
della parola per poter tornare a testimoniare della nostra fede, fuori della chiesa. La nostra identità protestante richiede questo atto liberante
da ciascuno di noi.
Erano anni che rimuginavo questo tema. In passato, mi è capitato di non
unirmi a chi presiedeva il culto nel
dire l’amen o nel ripetere il Credo e
il Padre nostro per non essere la sola a farlo, nonostante ne sentissi l’esigenza. Avvertivo con sofferenza il
ruolo passivo della conuinità. Tuttavia
mi rendevo conto che la partecipazione di singoli membri di chiesa a momenti del culto poteva produrre ripetitività, banalità, lungaggini; avrebbe potuto rappresentare un’occasione
alla manifestazione di idee personali
e questa consapevolezza mi tacitava,
in attesa che maturassero situazioni
nuove. La proposta di Paolo Ricca
rappresenta la maturazione di una situazione nuova e. come tale, viene
incontro alle mie aspettative.
Con fraterni saluti.
Eva Incelii, Verona
PER LA BENZINA
SENZA PIOMBO
Nell'ottobre dell’88 ho comprato una
Volkswagen (la Polo base], ma prima
ho cercato presso molte concessionarie della zona un’utilitaria munita di
cataiizzatore e pronta a ricevere benzina senza piombo.
Non ne ho trovate!
Gli stessi modelli che altrove (Germania, Francia...), vengono venduti
"oronti", in Italia escono ancora come prima, in quanto le fabbriche aspettano una legge che le obblighi a
costruire auto più ecologiche.
Qualcuna veramente c’è, ma di
grossa cilindrata.
Le utilitarie possono anche inquinare. Tanto, inquinano poco!
Solo che il mio stipendio non mi
consente di comprare grosse macchine e — tra l’altro — a me la macchina serve per viaggiare, o per la
famiglia o per altri impegni, e non certo
per far bella figura o per gareggiare.
Inoltre, non tutte le auto nuove
hanno la possibilità di avere (su ordinazione) il catalizzatore e quelle che
possono ottenerlo devono pagare un
costo quasi 10 volte in più rispetto
all’estero.
Non so se queste notizie siano esatte, in quanto le ho racimolate di
qua e di là, avendo constatato personalmente un’ignoranza anche da parte
dei meccanici e dei concessionari.
Chi dice una cosa e chi un’altra:
non si sa a chi credere!
Come può un cittadino responsabile ridurre l’inquinamento che produce, se non si danno le informazioni
perché lo possa fare?
Certo, la soluzione potrebbe essere
quella di usare meno l'auto e di camminare di più a piedi, o usare i mezzi pubblici (il che sarebbe una proposta sensata e già nota), ma non sempre lo si può fare.
Un altro punto controverso riguarda la benzina « verde ».
a) C’è chi dice che ormai le macchine moderne escono tutte pronte a
ricevere benzina senza piombo, e c’è
chi dice che bisogna modificare i giri del motore, se no si rovina.
b) C'è chi dice che chi usa la
benzina verde — una volta modificato il motore — non può più usare
quella normale (per cui, nei lunghi
viaggi, c’è il pericolo di rimanere a
piedi, in quanto non tutti i punti di
rifornimento ne sono provvisti) e chi
dice il contrario.
c) C’è chi dice che la benzina senza piombo — senza catalizzatore —
inquina di più e chi dice che, comunque, inquina di meno.
'Insomma, non si capisce niente!
Con questa lettera, desidero avere
finalmente un’informazione certa sui
problemi sopra espressi, in quanto non
vorrei che, dopo aver modificato II
motore, risultasse poi che non ce n’era
bisogno, o che la benzina • verde »
inquina di più.
E desidero anche sollecitare il Ministero affinché informi adeguatamente e in maniera capillare la popolazione, in modo che tutte le persone
di buona volontà (senza aspettare leggi "restrittive") possano muoversi con
chiarezza. Nino Gullotta, Pachino
LA CHIESA E
LA DELEGA
Ho apprezzato il garbo e I’« esprit de
fìnesse » con cui Gustavo Malan ha
affrontato di nuovo la questione in
oggetto (n. 12 del 24.3.89).
Sorvolando suH’origine del nome ormai accettato di . Valli Valdesi » (. da
Valdo o Valdesio oppure no »), Malan
si chiede se dobbiamo esigere che
« San Giovanni o San Germano cambino nome come è stato fatto per San
Pietroburgo », dato che . il culto dei
santi è per i Valdesi quasi alla stregua di una bestemmia ». Buona come
pulce nell’orecchio, per i nostri studiosi di toponomastica! Ma c’è di più
e di più sostanzioso. Per Malan I’
dentificazione tra poprolo delle Vali.
Popolo Valdese e, peggio. Chiesa Val
dese, • rischia di essere fuorviente ».
Per me ha ragione da vendere, anche
se parto da un’altra problematica, più
religiosa che non politico-amministrativa: è « popolo » solo chi confessa
apertamente la fede dei Padri, senza
né miti né trionfalismi. Ma, in fondo,
che cosa è questa • delega », questa
• funzione vicaria » della Chiesa Valdese, a cui Malan accenna ben tre
volte nel suo scritto?
Certo, il problema c’è, soprattutto
nel senso in cui Malan lo vede quando scrive che quella • Chiesa », . nella sua funzione di delega », avrebbe
fatto poco o nulla perché nella legge
di attuazione per le minoranze (secondo l’art. 6 della Costituzione) sia incluso anche il francese. E termina con
una domanda che ha il suo peso: « Ha
ancora paura di essere considerata una
Chiesa straniera? ».
Giovanni Gönnet, Roma
NON DIMENTICARE
ISRAELE
Caro Direttore,
leggo spesso sul giornale servizi
e commenti, che condivido, sull’infamia razzista nella Repubblica sudafricana, scatenata da una minoranza di
pigmento "white" e di confessione,
hélas, protestante, anche se va dato
atto alla Chiesa di colà di esser
coraggiosamente interrazziale ed In
strenua lotta contro l’apartheid.
Mi rallegro per il pervicace impegno del settimanale nel sollecitare
l’unica arma possibile e valida contro
le infamie del governo di Pretoria:
un boicottaggio economico totale e
severamente rispettato.
Esiste un'altra nazione, ove il razzismo è di casa: è Israele e, vedi caso, i suoi governanti sono grandi amici del Sud Africa. Lo Stato sionista,
prepotente e ladro di terre altrui, si
arroga il diritto di assassinare anche
bambini palestinesi, a colpi di mitra,
per aver « più spazio al sole ». Ed i
sionisti si adombrano perché, in una
assemblea dell’ONU, la travolgente
maggioranza ha equiparato il sionismo
al razzismo, e sistematicamente si rifugiano dietro l’infamia, la tragedia, il
dolore di Dachau o Bergen Belsen, dl
fronte ai quali ci inchiniamo per zittire i critici di oggi; per di più, in
nome dell’Eterno non pronunciabile.
Cosa direbbe il mondo se, per deprecabile ipotesi, Roma decidesse di im
possessarsi, diciamo, del bacino del
Mediterraneo non nel nome del Signore ma, diciamo, nel nome del cantato « elmo di Scipio », schiavizzando
le genti limitrofe, dalle spagnole alle
egiziane, per reagire non ad una diaspora, non so quanto imposta, come
per Israele, ma ad una disfatta voluta
dalla storia?
Mi piacerebbe che i redattori intervenissero su un tema che potrebbe suonare: « Israele può proporsi o
deve imporsi? ». il giornale ha frequentemente affrontato il problema Israele,
anche assai bene, in stile critico, ma,
a mio avviso, mai scandagliato in profondità. Sindrome da Auschwitz?
Carissimi saluti.
Danilo Venturi, Bologna
TRE PER CENTO,
OTTO PER MILLE
Egr. Sig. Direttore,
fatto salvo che una contribuzione pari al 3 per cento del reddito di ogni
membro aderente alla Chiesa evangelica valdese e metodista è quanto
teoricamente si vorrebbe ottenere per
poter gestire autonomamente le finanze della Chiesa stessa, e che nessun
orientamento chiaro è ancora venuto
dal dibattito sull’imposizione del famoso 8 per mille a tutti ¡ contribuenti
italiani per il sostentamento del clero
cattolico 0, in alternativa, per non ben
precisate iniziative laiche dello stato
italiano e sulle agevolazioni fiscali offerte dalla stessa legge, vorrei sottoporre i seguenti quesiti:
1) come agire per poter dedurre
dalla denuncia dei redditi contributi o
elargizioni liberali destinati alle iniziative di lotta contro la fame nel
mondo?
2) come far destinare il prelievo
fiscale dell’8 per mille che in futuro verrà operato in sede di tassazione dei redditi dei cittadini italiani
ad associazioni evangeliche (Chiesa
avventista. Assemblee di Dio...), escludendo dalla ripartizione la Chiesa cattolica romana o lo stato?
Cordiali saluti. B. Abele, Pinerolo
CONFUSIONE O
DISPONIBILITÀ’?
Ho letto sul numero del 31.3 di codesto giornale la lettera di Giovanni
Conte.
Anch’io sono triste nel vedere che
persone di tanta fede, e ricche di
quella ricchezza che solo la continua
ricerca della Parola può dare, sono,
nello stesso tempo, tanto imprigionate in un giudizio (o pregiudizio?) da
non vedere altro che un colore in un
universo cattolico che di colori ne ha
tanti. Si sente In quella lettera che
la Chiesa cattolica romana è percepita come una gerarchia imperante (e
questa c’è molto più di quanto non
vorrei e di quanto consentirebbe fa
teologia espressa nei documenti ufficiali al più alto livello di impegno ecclesiale. Però ci si sente anche riportati pesantemente indietro proprio da
quei fratelli evangelici da cui ci si
aspetterebbe la valorizzazione dell’intero popolo di Dio, anche quando si
tratta di considerare un’altra realtà di
chiesa) e non come un organismo
complesso in cui il grosso del lavoro
è fatto da laici, da infiniti gruppi di
tutte le finalità, tra le quali l’evangelizzazione, la liberazione dei più emarginati, il servizio gratuito e volontario. Un organismo in cui infiniti sono
i piccoli, semplici, che si affidano alla volontà di Dio e camminano, passo
passo, in ascolto. Capisco che è molto
difficile vedere questa realtà dal di
fuori, ma vedo anche che chi si avvicina, incomincia a percepire che questa disponibilità interiore, ad onta di
tutte le apparenze, può essere presente anche in persone che appartengono all'« odiata gerarchia » (per
usare una terminologia adatta alla lettera cui cerco di replicare), il caso
Lefebvre dovrebbe anche aver mostrato come la Chiesa cattolica romana
abbia camminato, tanto da non essere riconoscibile per chi non ha capito o non ha inteso capire che tradizione non è bloccarsi in una « età
dell’oro » o presunta tale.
E poi davvero Dio è onorato solo
quando si rompe, si condanna o si
rifiuta? E’ contento ohe si respinga
una sua, anche piccola, opera, in un
ambiente che può apparire sbagliato?
Davvero Gesù ha respinto l’istituzione come malvagia? Ma allora perché
ha fatto regolarmente i suoi pellegrinaggi pasquali, perché si è preoccupato che il Tempio fosse casa di preghiera, perché ha insegnato fino all’ultimo in quello stesso Tempio e
nelle sinagoghe? Non avrebbe potuto
e dovuto restarsene ben lontano? Certamente ha lottato contro l’assolutizzazione del Tempio, della famiglia, dell’ambiente, del « perbenismo », e della stessa « purezza religiosa ». Questa
ultima indicazione mi sembra emergere dalla polemica contro i farisei, che
pur sempre più si rivelano per essere stati un movimento di coscientizzazione del popolo, contrari al sincretismo religioso (v. Sestrieri, « Gli ebrei
nella storia di 3.000 anni »), per una
diffusione della lettura biblica nelle
sinagoghe contro la tendenza all’accentramento della cultura nel Tempio.
Gesù, inoltre, non ha invitato a
scoprire la fede proprio nelle persone
che non appartengono al proprio gruppo religioso, come i samaritani, i romani, i cananei, ed anche i pubblicani, ladri, prostitute, eunuchi, ecc.?
Non ha insegnato ad apprezzare le
piccole rivelazioni dell'opera del Padre, nascosta come un seme, come
del lievito, del sale? E soprattutto a
non considerarci migliori degli altri,
ma al contrario a considerarci tutti
peccatori e bisognosi di tanta misericordia?
E’ questa base comune, proprio di
peccato e di fiducia nell’opera del Signore, che può darci il fondamento per
una preghiera insieme. Ed è giusto
chiarire che la preghiera dev’essere
in sostanza quella del Padre nostro:
perdonaci come noi abbiamo perdo
nato, sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà (cfr. la preghiera scritta proprio
per gli incontri ecumenici dall’abbé
Couturier nel 1936); a questa volontà
ci affidiamo anche per quanto riguarda
il movimento ecumenico, se veramente vogliamo crescere insieme verso Cristo per servire i fratelli.
Ne deriva una confusione? lo penso che aumenti lo spazio per una
reciproca testimonianza (più afferrabile
da vicino), per un richiamo alla coscienza, per una evangelizzazione più
credibile e più vasta. Sta alla nostra
disponibilità a Dio Tesser liberi per
la sua volontà, accettando di soffrire
e di gioire in ogni comunità — e
fuori — per il male e per il bene
che vi si scopre, fino al limite di
dare la vita per i peccatori: Gesù ha
amato i peccatori, non ha aspettato
che fossero giusti. Mosè ha rifiutato
la salvezza individuale per far corpo
con il popolo idolatra. Gandhi fece
una rivoluzione mai considerando gli
inglesi come nemici, ma parlando,
vigorosamente sì, ma con la massima
disponibilità, alla coscienza dei rappresentanti di una forte potenza coloniale e sprezzante, quale era all’Inizio
l’Inghilterra. Perché i cristiani evangelici non dovrebbero poter parlare alla coscienza dei cattolici romani, ufficialmente designati negli organismi
di dialogo, anche quelli che fossero
ben lontani dalTavere l’onestà e la
sincerità del fratello Abiondi (mi sta
bene che non lo chiamiate Monsignore e penso stia bene anche a lui),
vescovo di Livorno?
Cercare di vivere l’ecumenismo per
molti, e anche per me, è un faticoso
cammino in cui si cerca di esprimere
le ragioni del cattolicesimo ai .non
cattolici e le ragioni del protestantesimo (o altro) ai cattolici, senza mai
trovarsi in luogo « dove posare il capo »; ma è anche un cammino di gioia
per le ricchezze, i filoni dell’opera di
Dio nei fratelli e nella storia. La tristezza maggiore, in fondo, si ha quando la polemica, l’autosufficienza o la
paura congelano o distruggono queste tenere pianticelle, così fragili.
Itala Ricaldone, Genova
delle valli valdesi
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Longo (vicepresidente). Paolo Gay, Giorgio Gardiol, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
il n. 15/89 è stato consegnato agli Uffici postali di' Torino e a quelli
delle valli valdesi il 13 aprile 1989.
Hanno collaborato a questo numero: Archimede Bertolino, Ivana Costabel, Daniela Ferrerò Platone, Dino Gardiol, Enrico Fumerò, Vera Long,
Luigi Marchetti, Mauro Meytre, Bruno Rostagno, Aldo Rutigliano, Renzo Turinetto.
3
21 aprile 1989
commenti e dibattiti
25 APRILE
ORA DI RELIGIONE
Una Resistenza diversa sentenza
L’esperienza del lager e del lavoro forzato - L’incontro con un
evangelico, al di là degli schieramenti della guerra: oltre il ricordo
In occasione del prossimo 25 aprile saranno un po’ dovunque
organizzate manifestazioni per riflettere sul significato dei valori
della Resistenza e della Liberazione del 1945. Ripensiamo quegli avvenimenti attraverso la testimonianza di un fratello.
Nell’ultimo periodo della II
guerra mondiale, dopo il fatidico
9 settembre 1943, quando Mussolini fu messo in grado di non nuocere più, fra lo smarrimento, lo
stupore e un barlume di falso
sollievo per l’apparente fine delle
ostilità, gli italiani sopportarono
forse il peggior momento di tutta la guerra: il terrore dello spietato dominio nazista.
E fu la Resistenza! Resistenza
che ha l’intento di trovare una
via verso la liberazione, lo scopo
di ripulire l’Italia dalla tirannide.
E resistenza fu fatta in tutti i
modi. La più nota fu quella attiva vissuta dai partigiani, a volte
sostenuti da parte della popolazione, che scrissero pagine gloriose a prezzo di enormi sacrifici e
con la perdita di tante vite. Ma
è esistita anche una Resistenza
meno conosciuta, pur se dolorosamente vissuta dai prigionieri
di guerra nei lager nazisti. Io, che
vi ho preso parte attiva, voglio
ricordare brevemente l’esperienza vissuta nel lager 13/D, a quindici chilometri da Norimberga.
L’arrivo fu spaventoso. Era un
giorno freddo e piovoso. E noi,
coperti solo da pochi stracci e
mancanti di tutto, anche di cibo,
ci domandavamo come affrontare
il domani. Utliciali nazisti e fascisti, in stretta combutta, pensarono bene di sfruttare quella nostra condizione disperata.
Ad intervalli di dieci giorni
circa organizzavano incontri nei
lager fra i prigionieri italiani, sceglievano la miglior baracca e all’ingresso sistemavano una grossa marmitta piena di cibo, mentre ai lati di essa si scorgevano
vassoi di sigarette; chiamandoci
fratelli ci invitavano a seguirli
promettendoci subito un bagno
caldo, la spidocchiatura, divise
nuove fiammanti, cibo a volontà,
a patto del nostro impegno a riprendere le armi per combattere
con loro contro l’America e i suoi
alleati. Posso affermare che, in
proporzione, vi furono sporadiche adesioni di pochi disperati,
già vinti da quella disumana prova.
Dopo una quindicina di mesi,
Himmler, l’anima nera di Hitler,
con una manovra che calpestava
tutti i diritti internazionali, riuscì
a inviare i prigionieri (in particolare russi e italiani) nelle retrovie del loro fronte.
Di conseguenza, una notte, i nazisti piombarono nel nostro lager e in pochi minuti ci inquadrarono, ci portarono alla stazione di Norimberga, ci caricarono
sulle tradotte, scaricandoci quindi sulle rive del Reno (zona Düsseldorf) per farci scavare fossi
anticarro, costruire difese varie e
— dopo i bombardamenti — rimuovere le macerie in cerca di
eventuali persone ancora in vita.
Il nostro impegno era quello di
fare piccoli sabotaggi, di dare il
minimo rendimento nel lavoro
impostoci, anche a costo delle immancabili frustate. E fu proprio
in questa zona che si verificò un
episodio rimasto scolpito in me.
Un giorno, mentre stavo scavando in un fosso anticarro con
prigionieri russi (comprese donne russe) e di altre nazionalità,
ritenendo di non essere osservato
dalla guardia che percorreva il
bordo del fosso, tirai fuori dalla
tasca il mio piccolo Vangelo per
leggervi alcuni versetti. Avevo però fatto male i miei conti perché
avvertii quasi subito la presenza
della sentinella che, sul bordo
del fossato, si batteva gli stivali
con il frustino. Alzai di scatto il
braccio per proteggermi il volto,
ma quello invece di colpire mi
chiese in francese: « Che cosa
stai facendo? ».
Risposi: « Sono un evangelico
e stavo leggendo alcuni versetti
del Vangelo ». Sorrise e rispose:
« Anch’io sono un evangelico ». Si
chinò e tese la mano per aiutarmi a salire. Tirò fuori dalla tasca la sua Bibbia e, senza avvedercene — ma certamente spinti
dalla comune fede che in un attimo annullava anni di rancore
per le violenze subite — ci trovammo fraternamente abbracciati.
Lo stupore degli altri prigionieri fu grande e, seguendo il mio
esempio, vennero fuori anche loro dal fossato, cercando di capire
che cosa fosse successo. Da quel
momento la situazione cambiò e
ci sentimmo liberi come liberi ci
ha creati Dio.
Günter (questo era il nome della sentinella) volle riportare sulla
prima pagina del mio Vangelo alcuni versetti di Timoteo, 7 e 8
del capitolo 4 insieme a una dedica, e la stessa cosa feci io nella sua Bibbia.
Era ormai imminente l’arrivo
degli alleati e le « SS » erano
completamente in rotta. Consigliai a Günter di mettersi in salvo, e ci lasciammo.
Trentasei anni dopo, nel 1981,
Günter ed io ci ritrovammo in
quella zona e fummo invitati a
raccontare alla radio tedesca
l'episodio, che fu poi ritrasmesso
anche da radio Montecarlo nell’agosto dello stesso anno.
Questo è un ricordo. La Resistenza però non deve limitarsi ai
ricordi, ma chiede a ciascuno di
noi un impegno senza soste, perché gli orrori passati non abbiano a ripetersi più e poter così
costruire su un terreno solido
una pace duratura.
Igino Manini
Il presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in
Italia, past. Giorgio Bouchard,
venuto a conoscenza del dispositivo della sentenza della Corte
Costituzionale sull’ora di religi<>
ne, ha rilasciato la seguente dichiarazione: « Desidero esprimere anzitutto un vivo senso di
soddisfazione da parte di tutti
i membri delle chiese evangeliche perché noi tutti eravamo rimasti delusi e amareggiati, l’estate scorsa, apprendendo la sentenza del Consiglio di Stato che
ci pareva giuridicamente debole
e moralmente del tutto inadeguata. L’attuale sentenza della
Corte Costituzionale mi pare giuridicamente limpida, ben fondata, molto scrupolosa nel non andare oltre le competenze della
Corte Costituzionale, che a mio
parere ha dato delle belle motivazioni alla sua sentenza. Penso
che soprattutto queste motivazioni, generali e particolari, do
vranno essere attentamente studiate e raccolte dall’opinione
pubblica, sia politica che religiosa.
Se la sentenza è limpida noi
evangelici esprimiamo il vivo augurio che anche l’imminente azione politica e amministrativa
che le autorità competenti vorranno assumere sia altrettanto
chiara e limpida. C’è stata finalmente una sentenza di libertà,
ci auguriamo ora che ci sia un’azione di governo e di amministrazione che sia ugualmente ispirata a criteri di libertà, i quali
sono profondamente vicini all'Evangelo e non ci si può illudere di testimoniare la nostra
fede oggi se non in un clima di
grande libertà.
Mi auguro dunque che nella
scuola italiana, a partire dal
prossimo autunno, ci sia maggiore libertà, maggior rispetto
per le minoranze e per le coscienze di tutti gli italiani ».
La Corte Costituzionale ha stabilito che le norme del Concordato sull'ora di religione non sono in contrasto con la Costituzione, ma le
attività alternative non sono obbligo. Nella foto l’onorevole Craxi
e il cardinale Casaroti dopo la firma del Concordato.
L’IsIam tra noi
(segue da pag. 1)
scendente, il Dio del Corano Mióle essere adorato in vista di un
giudizio su tutta la creazione.
Ma quando si dice che Allah è
misericordioso in genere si ritiene che, malgrado le grandi
differenze, ci si trovi finalmente
Su un terreno comune con i cristiani.
Non è esattameli le così — avverte il teologo riformato francese Jacques Ellul (che il Corano l’ha letto e studiato a fondo). « Con Allah siamo in presenza di un Maestro sovrano ed
inaccessibile che lascia discendere la sua misericordia dall’alto
del suo trono regale. E' una misericordia come quella del Re
Sole. Con il Dio della Bibbia siamo di fronte alla espressione del
Padre di tutti, del Dio che soffre e che fa misericordia per
rendere testimonianza del suo
perdono e del suo amore ».
Allah è dunque un Dio lontano,
trascendente, irraggiungibile che
all’uomo chiede solo totale sottomissione. Dall’altra c’è un Dio
storico perché entra nella storia
dell’umanità, nella storia di ogni persona, attraverso l’incarnazione di Cristo. Due monoteismi
lontani tra loro, quasi antitetici. E’ possibile un dialogo tra
due dimensioni culturali e religiose così diverse'^
Sabato 8 aprile, a Milano, si è
tenuto presso il Centro cultu
rale protestante un interessante
dibattito animato dai pastori Sergio Ribet e Giuseppe La Torre
(«L'Islam tra noi») in cui, una
volta di più, è emerso il problema della nostra scarsa conoscenza del popolo « muslim ». Ci
sono ancora troppi pregiudizi,
troppi luoghi comuni, troppo razzismo nei confronti dei « diversi ». Da sempre il cristianesimo
ufficiale ha considerato l’Islam
semplicemente una eresia cristologica e la nuova marea montante di razzismo del nostro continente — prima in Francia con
Le Pen (dove ci sono 3 milioni
di musulmani), poi in Germania,
con l’affacciarsi dei neonazisti —
rischia di fare dell’Europa una
isola culturalmente portata a
chiudere le proprie frontiere.
La moschea presso il Centro islamico di Milano.
Ma né Allah, né Dio, né Yahwéh
hanno frontiere e tanto meno nazionalismi da difendere. Al centro del loro messaggio c’è sempre la persona umana. Forse occorrerebbe partire da qui — e
non soltanto dai sacri testi —
per sviluppare un dialogo interreligioso ed interculturale.
Nel centro ecumenico di Agape è in programma, dal 30 giugno al 7 luglio, un seminario su
« L'Islam in Europa » che ha appunto in vista il dialogo; « ma
prima di dialogare — dice il direttore del centro — leggiamoci
almeno un po' di Corano ».
Un recente seminario indetto
dal Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana, tenutosi
a Roma con un centinaio di partecipanti (« La presenza dell'Islam in Italia ») — per il mondo evangelico era presente il pastore di Marsala, Laura Leone —,
ha evidenziato come una delle
difficoltà più grosse nel dialogo
con l’Islam risieda nella nostra
cultura e conoscenza distorta del
mondo religioso islamico.
Un mondo complesso
L’Islam che incontriamo in Italia e che tendiamo a « leggere »
in modo unitario in realtà è un
mondo complesso e diversificato. A Torino nel convegno d’inizio de] Ramadan, il mese di digiuno rituale e d’intensa devozione ad Allah, le centocinquan
ta persone che si sono incontrate presso la sede del Ser.mi.g.,
in rappresentanza dei cinquemila cittadini islamici residenti in
Piemonte, costituivano 13 diverse nazionalità. « Siamo ancora
guardati con diffidenza — dice
Omar — come se fossimo complici di terroristi arabi ».
La seconda religione in Italia
cresce in mezzo a pregiudizi e
paure. « Ho cercato l'assoluto
nel cristianesimo — afferma un
neocomertito subalpino — e alla fine l’ho trovato nel Corano ».
Cinque pilastri (la testimonianza, la preghiera, la carità, il Ramadan e il pellegrinaggio alla
Mecca) di chiara ritualità, assenza di dogmi e di clero, essenzialità, legalismo fanno dell’Islam una proposta affascinante d’incontro, o più precisamente, di sottomissione ad Allah;
l’unico Dio i cui adepti, oggi,
siano in crescita vertiginosa nel
mondo intero. « Ma voi europei
non conoscete ancora l’aggressività dei musulmani quando sono maggioranza — dice Charles
Njike, pastore in Camerún (il
nord del paese è di fede musulmana, n.d.r.), in questi giorni in
Italia per conto della CE'VAA —.
Occorre contrapporre loro, con
decisa fermezza, la realtà della
fede evangelica. Un conto è la
sottomissione ad Allah, altra cosa è, grazie a Dio, la libertà del
cristiano. Un bene, quest’ultima,
che non può essere .svenduto ad
una ideologia religiosa di sottomissione ».
Giuseppe Platone
4
fede e cultura
21 aprile 1989
IN LIBRERIA
Esegesi e dogma
L’esegesi dei Padri della chiesa - La proclamazione dell’unicità di
Dio e la concezione subordinazionista - Dogmi e carica innovativa
Questo quarto fascicolo degli ’’Annali” raccoglie i materiali del seminario svoltosi il 15-17
ottobre 1986 a Firenze. Ci troviamo di fronte ad elaborati pregevoli, sia sul piano di storia
dell’esegesi, sia sul piano — a
volte — della storia del dogma.
Mi limito a poche osservazioni su capitoli anche notevolmente diversi.
Pieno di stimoli è il contributo di Manlio Simonetti nella sua
«Proposta per una discussione
sulla specificità dell’esegesi patristica ». La fisionomia esegetica dei Padri si delinea lungo tre
filoni: « In effetti già in età subapostolica avvertiamo tre distinti orientamenti nell’atteggiamento dei cristiani nei confronti del V. T.: c’è chi lo accetta
nella sua letteralità, come Clemente e la sua tradizione postclementina; c’è invece chi lo rifiuta o comimque lo ritiene suI>erfiuo ai fini dell’osservanza
della fede, come Ignazio; c’è infine chi, come lo Ps. Barnaba,
continua ed accentua l’atteggiamento di Paolo, cioè lo accetta
ma interpretandolo in chiave
cristologica» (pag. 10).
L’accoglimento o il rifiuto delle scritture ebraiche costituisce
il problema « la cui risoluzione
avrebbe fissato in maniera pressoché definitiva la fisionomia
della chiesa» (pag. 10). Lo stess'o autore riflette sulla specificità della lettura tipologica e cristologica dell’Antico Testamento. La lettura tipologica si ’’sovrappone”, ma non elimina l’altra lettura. E’ piuttosto l’allegoria che tende ad eliminare, almeno secondo gli antiocheni, il
senso letterale.
« Nessuno è buono
se non Dio solo »
straordinariamente illuminante (anche se si tratta di conoscenze ormai acquisite da molti
anni che, però, qui vengono documentate in maniera puntuale)
risulta lo studio di Franco Cori: « Dio, sommo bene, nell’esegesi patristica di Marco 10: 18
(e paralleli) ». Il brano è noto:
« Perché mi chiami buono? Nessimo è buono se non Dio solo ».
Il risultato dello studio è evidente: prima del cristallizzarsi e
della « imposizione » dogmatica
di Nicea, noi ci troviamo di fronte ad una serie di studi esegetici assai variegati, diversi, a
ventaglio.
Molto spesso la proclamazione dell’unicità di Dio e della
sua esclusiva bontà producono
una concezione chiaramente ’’subordinazionista”, cioè tale per
cui la persona di Gesù viene
chiaramente subordinata a Dio
Padre, l’unico « vero Dio ». « Allora si può dire che il titolo
’’veramente buono” conviene so
10 a Dio Padre, così come lui
soltanto può essere definito ’’vero Dio”.
Dunque il senso teologico di
Me. 10: 18 è che Cristo rifiuta
l’attributo ’’buono” per illuminare l’assoluta trascendenza del Padre su se stesso... Secondo Origene bisogna pregare
11 Padre nel nome di Cristo, ma
non direttamente Cristo. A chi
credesse di dover pregare Cristo... si può rispondere che anche la chiesa è adorata, secondo
l’interpretazione tipologica di
Isaia 49: 23. Allora, parafrasato.
Marco 10: 18 significa: ’’Perché
mi preghi? Solo il Padre bisogna pregare”.
Un’ulteriore
specificazione
Non si deve pregare il pontefice o l’avvocato costituito dal
Padre (Eb. 4: 15). Cristo- è fratello: i fratelli non pregano il
fratello, ma tramite suo rivolgono al Padre la preghiera »
(pag. 41). Proprio non siamo
in regola con l’crtodossia nicena!
Il testo del commentario a
Giovanni dello stesso autore specifica ulteriormente: « Nel compiere tutte queste cose Cristo fa
la volontà del Padre, che lo dona per gli empi, piuttosto che
la propria; perché il Padre è
buono, mentre il Salvatore è
l’immagine della sua bontà »
(pag. 47). «Qui la definizione di
Cristo, come immagine della
bontà del Padre, è accompagnata e giustificata dall’altra analoga di ’’Figlio dell’amore del Padre”. In questo quadro appare
ovvio che Cristo rifiuti di farsi chiamare buono per rinviare
alla fonte della bontà, all’amore
in sé, senza il quale non sarebbe esistito nemmeno chi ha
rivelato agli uomini quell’amore trascendente » (pag 48). Se
Numenio ci parla di Gesù in termini di ■ dio secondo o demiurgo », la « solitudine » di Dio,
sommo bene, non viene affatto
compromessa: « Il demiurgo è
buono, secondo Tinterpretazione platonica di Numenio, non
per propria natura, ma in quanto partecipa dell’idea archetipa
del bene» (pag. 52).
Il pensiero
di Eusebio
Non meno significativo è il
pensiero di Eusebio: « E’ chiaro
che le riflessioni filosofiche che
fa proprie contengono le premesse di una subordinazione di natura del Figlio rispetto al Padre.
Di qui l’equivalenza, uno solo è
buono = uno solo è Dio (o
Theós, con Tarticolc), il Padre»
(pag. 53).
Altro passo che riceve un’in
Per i vostri acquisti
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PROFUGHI, MIGRANTI, SRADICATI
I senza patria
In un libro ricco di testimonianze la vicenda di popoli e singoli forzatamente esiliati
terpretazione interessante attorno alla quale s’accese un infuocato dibattito è Matteo 24: 36
(che, probabilmente per una
svista, viene citato come Mt. 11:
27 a pag. 55): « Nessuno, se non
il Padre, conosce quel giorno e
queU’cra, né gli angeli del cielo, né il Piglio ».
La lotta antiariana e la ’’svolta di Nicea” cambieranno molte cose nell’esegesi di questo
passo e, specialmente, di Marco 10: 18. Quando poi diventa
essenziale ’’salvare” ad ogni costo il dogma, cominciano le peripezie e le astuzie esegetiche
(pag. 56 - 60). Quando, di fatto, il dogma si colloca sopra la
Parola di Dio, la musica cambia.
Sono preziose ed efficaci le osservazioni di Franco Gerì a conclusione del suo studio: « Lo
studio dell’esegesi di Marco 10:
18 ci offre uno spaccato in senso diacronico della teologia antica, lungo una linea che non
solo è di grande interesse perché segna il corso del dibattito
sulla natura stessa di Dio, ma
si rivela anche fortemente unificante, perché l’idea della bontà di Dio, o di Dio sommo bene, è fondamentalmente comune a tutti i personaggi della storia che abbiamo cercato di tratteggiare » (pag. 65). «Per l’ortodossia postnicena Me. 10: 18
cessa di essere un positivo stimolo di elaborazione, avendo
assunto il ruolo di una temibile obiezione ariana.
Esegesi difensiva
contro l’eresia
L’esegesi si fa difensiva e si
concentra nella ricerca di una
spiegazione che possa opporsi
validamente all’eresia. La riflessione intorno alla bontà di Dio
si impoverisce, tende a diventare monocorde. In oriente e
poi in occidente la spiegazione
escogitata è riproposta con andamento quasi scolastico, per la
necessità di adeguarsi ormai alla formula di definizione del
dogma trinitario» (pag. 66).
Insomma, il dogma imprigiona
e costringe l’esegesi entro determinati schemi, oltre i quali è
proibito andare. Si direbbe che
le formulazioni dogmatiche non
facciano davvero un buon
servizio alla lettura biblica che,
quando accetta simili perimetrazioni, corre il rischio di perdere la sua funzione liberatrice
e la sua ’’carica” innovativa.
Il lettore apprezzerà anche il
contributo di Mauro Pesce sull’interpretazione della Bibbia nella lettera di Galileo a Cristina di
Lorena e la sua ricezione e lo
studio sull’ermeneutica di Spinoza nelle sue linee essenziali.
Talune lucide acquisizioni di
questi studiosi, per quanto datate e situate in un quadro storico diverso, non cessano di essere illuminanti.
Ho inteso soffermarmi brevemente su questo volume e mi
permetto di segnalarlo a quanti, appassionati di lettura biblica e di storia del dogma, si tuffano volentieri nella rivisitazione del nostro passato di credenti e vogliono farlo servendosi di strumenti qualificati.
Franco Barbero
AA. VV., Annali di storia dell’esegesi, Bologna, Edizioni Delioniane,
1987, pagg. 336, L. 35,000.
Di André Jacques era già uscito in Italia il bel libro pubblicato dalla Claudiana (Lo straniero in mezzo a noi). Nello scor.so
novembre, invece, gli Editori Riuniti hanno dato alle stampe /
senza patria, uscito in francese
nel 1985, che per alcuni settori
del vasto campo d’indagine costituisce Un approfondimento
importante.
Nel libro di questo pastore,
già responsabile delle migrazioni presso il CEC e ora membro
del direttivo della Lega internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli, rifugiati, sradicati, profughi, lavoratori terzomondiali sono oggetto di un’indagine che in 300 pagine traccia
la storia dei più rilevanti movimenti migratori degli ultimi decenni (in alcuni casi, veri e propri esodi), nonché dei disomogenei atteggiamenti che i « senza
patria » ricevono nei paesi d’accoglienza.
Ci troviamo dunque di fronte
a una serie di esperienze in cui
adattabilità, più o meno forzata, integrazione e difficoltà di inserimento si alternano o si sovrappongono.
La grande divisione tra i gruppi di uomini e donne in cerca
di un asilo o di un lavoro è presente fin dai titoli delle « sezioni » in cui si articola il volume:
« Sulle vie della paura » (in cui
guerre e conflitti locali provocano delle fughe di migliaia c migliaia di persone, afgani, indios,
tamil, profughi del Sud-Est asiatico, boat-people), e « Sulle vie
della fame ».
Non mancano situazioni di sradicamento nel proprio paese (si
veda il capitolo sul Sud Africa),
né il dramma di due popoli (quello ebraico e quello palestinese)
tuttora dilaniati nel conflitto per
una stessa terra.
E’ notevole e significativo il
fatto che un capitolo apposito
sia stato dedicato alla condizione delle donne: emigrate, rifugiate, profughe o mogli di profughi: il dramma che esse vi■v(^
no appare per molti aspetti moltiplicato dalla loro condizione
femminile, sotto forma di violenza (alla mercé di soldati più
o meno regolari) o sotto forma
di una continua lotta per la sopravvivenza, per il mantenimento di strutture produttive che
devono fare a meno degli uomini: « Fino a che la donna non
avrà ottenuto il pieno esercizio
dei propri diritti e non sarà concretamente riconosciuta la sua
assoluta eguaglianza nella società, nei paesi d’origine come nei
paesi di residenza, essa rimarrà
una vittima ».
La più stretta attualità, che
per molti versi riguarda anche
l’ftalia, è espressa nelle pagine
finali, con un excursus sulla situazione legale dei terzomondiali presenti nel Nord del pianeta, con la denuncia di atteggiamenti xenofobi e un appello
alla vigilanza: « L’etnocentrismo
cerca capri espiatori su cui scaricare le contraddizioni della .società e lo straniero è la vittima
più comoda da indicare ».
Di fronte alle tragiche esperienze di milioni e milioni di
persone in fuga o alla ricerca
di emancipazione André Jacques
non propone una conclusione,
ma rilancia tre sfide (per la solidarietà, per i diritti, per la civiltà) che non possono mancare
di interrogarci e coinvolgerci tutti.
Alberto Corsani
( 1 ) André Jacques, I senza patria,
Roma, Editori Riuniti, 1988, pp.
304, lire 25.000.
5
r
21 aprile 1989
marta e maria
QUESTIONE FEMMINILE E QUESTIONE GENERAZIONALE
C’è anche un ghetto
della terza età
E’ difficile essere ascoltate in ambiti tradizionalmente maschili - I
sogni dei giovani e i rimpianti successivi - Solo una riverniciatura?
Per cause non dipendenti
dalla mia scelta, mi sono trovata a vivere, fino a pochi
anni fa, in ambienti quasi
esclusivamente femminili e,
in più, non sposata in mezzo a non sposate. Il mio passaggio ad ambienti invece
quasi esclusivamente maschili, nei partiti e nelle chiese
evangeliche, non aveva comportato per me alcuna difficoltà, perché mi ero semplicemente limitata a portare la
naturalezza di « compagna »
dei miei abituali rapporti con
le donne ai miei nuovi rapporti con uomini. Mi sembrava che la ricetta avesse funzionato, al punto da scoprire
che gli uomini mi risultavano
quasi più simpatici (più
schietti, più semplici, persino
più leali e ingenui). Mi sono
dovuta ricredere.
Negli ambienti che per secoli sono stati di esclusivo
dominio maschile, per esempio quelli politici, le donne
non solo continuano a essere
presenti in numero minore,
ma anche le rare volte che
provano a intervenire attivamente nei dibattiti e nelle
proposte, ben difficilmente
trovano l’ascolto serio e fattivo che sembra tuttora riservato ai compagni maschi.
Di problemi femminili, oltre che della realtà concreta
della donna nella società e
nella lotta politica, non si
parla per niente.
Di diritto la donna entra
ormai dappertutto; di fatto
essa rimane ancora, dappertutto, fondamentalmente tappezzeria. A questa quasi assenza di vantaggi reali, fa riscontro una totale perdita di
quelli d’un tempo, quando
ancora si guardava alla vera
o presunta maggiore delicatezza della natura femminile
(di cui persino Pietro scrive
nella sua prima lettera, 3; 7),
con una certa cavàlleria.
Non pretendo che mi si
raccolga il fazzolettino, né mi
formalizzo se, passando per
una porta, un uomo mi sbatte da parte per passare primo; il turpiloquio non mi
turba né poco né punto, quasi nemmeno le bestemmie.
Ma confesso che un uomo
che, dialogando con me, alza
la voce per avere ragione ad
ogni costo o passa agli insulti, riesce a togliermi il sonno più efficacemente e ben
meno piacevolmente di un
bel giovane che mi avesse regalato una rosa quando avevo vent'anni. Ho ancora fresca la memoria delle prime
DIBATTITO
Noi, giovanissime
Avendo letto con interesse
l’articolo di Piera Egidi «Uguaglianza e diversità nel movimento delle donne » (n. del 17.2.89)
vorrei proseguire il dibattito con
qualche breve considerazione:
innanzitutto sono molto d’accordo con la Egidi quando sottolinea l’importanza della nostra
diversità, vista soprattutto non
come separatismo o ghettizzazione ma come presa di coscienza
di noi stesse. Ed è proprio a
questo riguardo che dovremmo
riflettere. Per noi nuove generazioni, infatti, non solo sembra « banale » parlare di emancipazione o di liberazione della
donna, ma si rischia talvolta di
essere derise dalle più giovani,
le quali non sentono minimamente di vivere in situazioni di
inferiorità o di discriminazione.
Non avendo lottato, infatti, per
ottenere le conquiste che la generazione delle nostre madri ha
compiuto (mi riferisco al divorzio, all’aborto, ecc.), molte giovanissime vivono nella convinzione di essere donne « liberate », rischiando di fatto di non
esserlo. Cosa ancora più grave è
il disinteresse sempre più dilagante verso questi problemi nelle scuole, nelle università e purtroppo anche nelle nostre chiese. Nel decennio di solidarietà a
favore delle donne le risposte e
le iniziative in questo senso mi
sembra siano state finora piuttosto limitate. Naturalmente mi
rendo conto che non si può fare tutto, e le nostre chiese sono
già fin troppo impegnate in molte iniziative.
Ultimamente, riflettendo sulla
« nuova vita » che noi giovani
donne del XX sec. possiamo permetterci di condurre, mi sono resa conto che ci stiamo impigrendo e con difficoltà ci impegniamo
per difendere e riaffermare quei
diritti tanto faticosamente conquistati dalle generazioni del
passato. In questi ultimi mesi,
per esempio, in vista delle annuali elezioni nella nostra chiesa, mi si è riproposto l’insoluto problema di trovare persone
disponibili. Non solo è difficile
trovare qualcuno, ma risulta ancora più complicato se è di sesso femminile. Non vorrei sembrare pessimista, ma la percentuale delle donne presenti nei
nostri concistori è ancora piuttosto bassa. Credo quindi che
non sia così «banale», come mi
sono sentita dire ultimamente,
continuare a parlare di uguaglianza e di « liberazione » delle
donne.
Ritengo infatti che, come giovani donne, dobbiamo smetterla di fìngere con noi stesse; poiché se abbiamo affermato la nostra « diversità », siamo ancora
ben lontane dall’aver « scardinato il ghetto » nel quale talvolta amiamo rinchiuderci.
Nora Papinì
polemiche, ormai vecchie di
trenta o quarant’anni, sui
primi accenni di emancipazione femminile, le infinite
barzellette sulle « donne al
volante » o sulle « donne medico » di cui erano pieni i
giornali a tiratura popolare,
tipo « Domenica del Corriere » e simili, e l’argomento
base degli uomini di allora:
« Avete voluto diventare come noi? E allora accettate
anche che non vi si rispetti
più, come si fa tra maschi ».
Mi sono sempre chiesta, e
allora ero una ragazzina, perché mai tra i maschi dovesse vigere il galateo della clava. Ora il galateo della clava,
anche tra laureati, è così normale che il mio vecchio galateo di casa (i miei, nella
loro rozza povertà di operai,
ne avevano ben due) acquista valore di antiquariato.
Ma si aggiunge un elemento: il contrasto tra generazioni. Quando avevo otto
anni sognavo di averne diciotto per ottenere un po’ di
considerazione, a diciotto desideravo invece toccare i
quaranta. A quaranta ho pensato che dovevo pazientare
fino ai cinquanta.
Ora che ne ho quasi sessanta, mi sono dovuta convincere che la considerazione, non solo da parte degli
uomini ma ora, per me, anche dei più giovani, è un miraggio.
In ambienti prevalentemente maschili il posto della
donna, giovane o vecchia che
sia, resta più che mai quello
della tappezzeria, una tappezzeria silenziosa.
Allo sguardo sensuale dell’uomo verso una donna, in
quanto tale appetitosa e possibile oggetto di un piacevole
spuntino intimo, si è solo sostituito lo sguardo distratto
dello stesso uomo verso una
bottiglia di champagne visibilmente vuota e, dato ciò,
del tutto ininteressante.
Quando proprio sono giù
di morale mi rinvigorisco
nella contemplazione, al telegiornale, della Nilde lotti.
Ma bisogna raggiungere cotali vette per sentirsi, in
quanto donne, oggetto di maschile ascolto?
Il ghetto è stato tolto o è
stato solo riverniciato di
una tinta più allettante? E’
una domanda che mi pongo
con sempre più giustificato
allarme. 0 sbaglio? Ad ogni
modo proporrei una maggiore attenzione alla donna della « terza età », sempre più
rappresentata nella nostra
società, e così priva di voce.
Vera Ruggeri
TORINO
Identità e differenza
della donna
La società e la relazione tra le donne - Uguaglianza essenziale e differenze inessenziali
Il 13 marzo scorso, il Centro
evangelico di cultura di Torino,
insieme al Coordinamento donne credenti e ad altri organismi,
ha deciso di misurarsi su un tema di estrema attualità, sebbene ancora poco noto al grande
pubblico: identità e differenza
della donna nella società e nelle
chiese.
In epoca di apparente postfemminismo in cui tutto sembra
acquisito, in cui alle donne sembra spettare un posto nella so
cietà senza che l’appartenenza al
genere femminile sia fattore di
discriminazione (il condizionale
è d’obbligo, specie in riferimento al mercato del lavoro in cui
la pari opportunità è ancora di
là da venire), spezzoni di movimento delle donne hanno continuato a riflettere su come le donne stanno nella società e sulla
pratica della relazione tra donne, sia sul piano reale che su
quello simbolico.
Ed è proprio su questo come
che si appunta il dibattito. Accade infatti che le donne, per
essere accettate nei luoghi misti, debbano ripiegare su quella
che possiamo definire una « omologazione mutilante » al modello
maschile, debbano cioè rinunciare alle proprie specificità per
farsi « simili » al modello imperante, quello maschile. Sembra
che solo in questo modo le donne possano essere accettate nella società, perché la società ha
paura della differenza, ne teme
l’effetto destabilizzante, teme la
complessità, ciò che non sa controllare.
L’altro versante della riflessione è la pratica della relazione
tra donne in cui la mancanza
di solidarietà è la causa, tra altre, dello scacco nei luoghi misti. Infatti, benché li si vorrebbe
diversi, la realtà di questi rapporti è ancora fatta molto di autocommiserazione, di ricerca di
fusionalità («siamo tutte uguali »), di paura aggressiva di essere negate dalla diversità dell'altra. Contro tutto questo, è
necessario ridefinire eticamente
i rapporti fra donne, tra dispa
rità e reciprocità. Si tratta cioè
di elaborare dei codici di comportamento tra donne che siano
più efficaci. Per questo, di fronte alla persistente negazione de!
diritto alla differenza, alla negazione del diritto di essere fedeli
a se stesse, si è aperto un dibattito che rimbalza tra riviste,
librerie e case delle donne sparse per l’Italia, sulla necessità di
cercare spazi di valorizzazione
tra donne, di avere già fra donne il senso del proprio valore
sociale, di guardare a quelle che
più hanno osato dar spazio al
proprio desiderio di essere se
stesse con un senso di appartenenza e non come a chi ha tradito.
Insomma. in un contesto di
ostilità e di negazione di fatto,
la ricerca della propria identità
è lo sforzo di procedere a destrutturare l’immagine di inadeguatezza e disvalore sociale che
la società rimanda alle donne di
se stesse, come uno specchio deformante, per far luogo alle « parole per dirsi ». Qui non interessa l’identità specifica di ogni
donna, ma l’identità collettiva
che scaturisce dall’appartenenza
al genere femminile, qui interessa indagare sulla uguaglianza essenziale che si articola in molteplici differenze inessenziali.
Su questi temi abbiamo sentito due voci che collocavano la
questione dell’identità nella società e nelle chiese. La prima
parte è stata affidata alla psicoioga Tilde Giani Gallino, che ha
collocato l’attuale fase nel dibattito iniziato negli anni ’60, sottolineando la richiesta di totale reciprocità nel rapporto tra i due
sessi. La relazione di Letizia Tomassone, che è seguita, è stata
impostata sulla ricerca di una
« legittimazione biblica » della
differenza, rileggendo a scopo esemplificativo alcuni episodi della Scrittura. Ne è emersa, per esempio, la valorizzazione delle
donne da parte di Gesù, una dimensione che la chiesa ha ben
presto distorto.
Antonella Visintin
6
ecumenismo
21 aprile 1989
UN DOCUMENTO DA STUDIARE E SU CUI RIFLETTERE INSIEME
INSIEME NELLA GRAZIA DI DIO
Le differenze fra le diverse prospettive teologiche non sono sufficienti a dividere le chiese - Wesley e Calvino L elezione e I esistenza della chiesa - Solo nel Cristo risiede la capacità di trasformare tutta la vita nel mondo
La seconda Consultazione intemazionale dell’Alleanza mondiale
delle chiese riformate e del Consiglio mondiale metodista ha avuto luogo a Cambridge, in Inghilterra, dal 23 al 26 luglio 1987. Abbiamo preso in esame la questione propostaci dalla prima consultazione del 1985 come la più fondamentale delle domande che richiedevano ulteriore discussione. Nel quadro di un largo e generale accordo sulla natura delVEvangelo e della chiesa, le seguenti questioni
sono state le principali poste dai mezzi di stampa e dalla discussione: la tradizione cristiana e le nostre particolari tradizioni nei suoi
confronti; la questione fondamentale della salvezza e particolarmente le sue origini nella grazia di Dio e la sua realizzazione nella
vita cristiana; la natura della chiesa come comunione del patto; le
vie attraverso le quali le nostre chiese hanno discusso e inteso i
loro diversi rapporti con lo stato.
Affermazione
Queste conversazioni ci hanno
fatto ancora una volta certi del
nostro comune radicamento nel
Vangelo e della compatibilità
delle sue diverse espressioni. In
molti luoghi del mondo, chiese
appartenenti alle nostre due tradizioni sono entrate in stretta relazione, inclusi rapp>orti federativi e unioni organiche. Queste unioni si sono realizzate dopo im debito periodo di discussioni dottrinali; ci auguriamo di
poter affermare che vi è sufficiente accordo in dottrina e in
pratica tra le due posizioni per
giustificare una tale risposta alla chiamata di Dio all’unità affinché risultcìsse veritiera la nostra testimonianza e la nostra
comune lode al Signore. Essendo convinti dell’urgenza di manifestare quell’unità di cui Dio
ci ha resi consapevoli, desideriamo anche affermare che in tutti
i luoghi e chiese le nostre due
tradizioni sono già in una mutua posizione di riconoscimento
della loro affiliazione e dei ministeri, unite nel comune obiettivo di evangelizzazione e di servizio e nel condividere la loro
fratellanza nel mondo e nei sacramenti.
Le differenze storiche delle prospettive teologiche e pratiche
mantengono ancora la loro influenza, ma non sono sufficienti
a dividerci. Inoltre esse devono
essere positivamente considerate
come mutue occasioni di correzione e di arricchimento.
Nelle condizioni attuali, ambedue le tradizioni stanno progressivamente beneficiando delle comuni acquisizioni e delle nuove
intuizioni della parola del Vangelo garantite dall’insegnamento
teologico di questo secolo, attraverso la comune adorazione e
testimonianza e la partecipazione ad un più vasto movimento
ecumenico.
Argomentazione
1. La tradizione
e le tradizioni
Tutta la tradizione cristiana
concepisce particolari modi di
proclamare e vivere l’Evangelo.
Ambedue le nostre tradizioni considerano le Scritture come l’autorità primaria in materia di fede e di pratica e confessano la
loro comune fede nella chiesa
universale, nei credi ecumenici
e nelle testimonianze da essi rese attraverso i secoli.
Nel quadro allargato di questa tradizione, tuttavia, le nostre
due tradizioni hanno origine in
diverse circostanze storiche e
tendono a riferirsi a diversi tipi
di autorità secondarie. Per i riformati il principale orientamento è « nel più profondo immergersi nel Vangelo », richiesto dalla Riforma e dalle grandi confessioni del XVI e XVII secolo. Essi hanno sempre operato alla
luce della Scrittura, subordinando ai suoi principi l’insegnamento e il governo della chiesa. I
metodisti hanno guardato spesso alla figura di Wesley e alla
sua opera circa il rinnovamento
evangelistico e sacramentale in
mezzo ad una chiesa già erede
della Riforma. I « sermoni standard » di Wesley, le sue « note
esplicative » sul Nuovo Testarnento, la sua riduzione degli articoli della costituzione anglicana hanno costituito le basi dottrinarie formali delle diverse
chiese metodiste. Nella adorazione, una larga parte ha giocato la
innologia wesleyana la quale, attraverso l’adattamento del « Common Prayer Book », ha orientato e nutrito la fede del popolo metodista. Ambedue le tradizioni affermano la priorità della grazia di Dio, la sufficienza
della fede, la chiamata ad una
vita santa, l’imperativo a mantenere un atteggiamento missionario. Le strade attraverso le
quali queste realtà sono state
espresse sono diverse, le distinzioni di carattere, di espressioni
liturgiche e di ordine ecclesiastico sono risultate ambedue nel
quadro delle nostre tradizioni.
2. La grazia
La grazia ha avuto un’enfasi
particolare in ambedue le nostre tradizioni. Dal principio alla fine la nostra salvezza dipende dalla comprensione della grazia di Dio come anticipazione,
come giustificazione, come santificazione. come sostegno, come
glorificazione. Nondimeno, nello
sforzo di preservare la loro primaria verità, le nostre tradizioni hanno inteso stabilire una diversa considerazione dell’acquisizione della grazia salvifica sottolineando da una parte la sovranità di Dio nella elezione, dall’altra la libertà della risposta
umana. Ciò ha dato motivo al
sorgere di una disputa tra « calvinismo » e « arminianesimo »
che è stata spesso vista come
una linea di divisione tra le tradizioni dei riformati c dei metodisti. sebbene di fatto non tutta la tradizione riformata sottoscriva la « doppia predestinazione », né tutti i metodisti sottoscrivano l’alternativa arminiana.
Nel « calvinismo » è eletto colui che giunge alla fede, e perciò è salvato per fede, mentre
nell’« arminianesimo » sono quelli che scelgono nella libertà che
« saranno salvati ».
Ad onta dell’apparente contraddizione tra Calvino e Wesley (il
quale segue su questo puntò Arminio), il dibattito presuppone
un accordo su parecchie materie fondamentali. Wesley stesso
afferma il suo accordo con Calvino; 1) neH’attribuire tutto il
bene alla libera grazia; 2) nel
negare tutte le volontà naturali
e tutti i poteri precedenti la
grazia; 3) nell’escludere ogni merito dell’uomo per ciò che ha
fatto o fa la grazia di Dio.
E’ stato soltanto quando, sulla base di questo fondamentale
accordo, la questione di « chi
sono i salvati » fu affrontata e
le istanze conflittuali vennero identificate come calviniste e
wesleyane, che tali distanze sono
state confrontate. In entrambi i
casi le questioni sollevate richiedevano delle concrete risposte
attraverso i tre principi sopra
menzionati. I metodisti fedeli a
Wesley dovevano affrontare particolarmente due obiezioni avanzate dai calvinisti. Primo, i calvinisti obiettavano che la necessaria libertà di scegliere la salvezza andò perduta con il peccato originale e che affermare il
contrario significava aderire al
pelagianesimo. Wesley, in risposta, concordava che tutto è morto nel peccato per natura, ma
continuava ad affermare che attualmente nessuno è in vero stato di natura. La grazia anticipatrice, che egli concepisce come
una universale eredità riconciliatrice del Cristo, restituisce questa perduta libertà ma non garantisce la salvezza. I calvinisti
allora obiettavano che tutto ciò
diminuisce Dio, nega la sua sovranità, dacché essi ritengono
che la libertà umana di integrarsi al peccato respinge la volontà di salvezza di Dio. iLa risposta di Wesley è che nel creare
un popolo capace di libero volere, Dio ha scelto di limitare la
sua potenza in questo. Naturalmente la capacità umana di rifiutare la grazia salvifica è, secondo Wesley, egualmente compatibile con la sovranità di Dio,
come lo è la capacità umana
di pæccare.
A loro volta i riformati, che
seguono Calvino, hanno dovuto
affrontare in particolare due domande poste dai wesleyani. I
wesleyani hanno chiesto se l’approccio predestinatario non causi una comprensione della libertà di Dio come qualcosa di arbitrario e della libertà umana
come qualcosa di diverso da una
illusione; e se l’eterno destino
di ogni creatura è già determinato. I calvinisti risiwndono che
poiché Dio, la cui via non è la
nostra via, come creatore è autore di giustizia, è un errore fondamentale per noi giudicarlo al
livello della nostra umana e limitata ragione.
La seconda questione che fu
sollevata dai wesleyani riguardava come può essere mantenuto
l’imperativo missionario evangelico se, non importa come, i salvati saranno salvati e i perduti
pierduti. I calvinisti affermano in
risposta che l’obbedienza alla sovranità di Dio impegna la chiesa alla proclamazione dell’Evangelo, cosicché la gente possa ascoltare e credere a coloro che
affermano che la volontà di Dio
li salverà e perciò saranno salvati. Di conseguenza, l’impeto e
i risultati missionari ed evangelistici risultano evidenti non meno per i riformati che per le
tradizioni metodiste, sebbene i
motivi possano essere compresi
ed espressi in modo diverso.
Queste questioni, che ci siam
posti gli uni gli altri, riposano
nel regno dei problemi teologici,
e le risposte che possono essere
date m ciascun caso corrispondono con le affermazioni concordate e trovano supporto nelle
Scritture.
Ma per i metodisti e i calvinisti c’è una domanda alla quale non può essere data risposta,
non perché essa sia difficile, ma
perché proporre una risposta equivarrebbe a distruggere i reali termini del problema. Coloro
i quali affermano che la grazia
preventiva dà a tutti la libertà
di raggiungere la fede non possono rispondere alla domanda
« perché questi e non quelli compiono una tale scelta di salvezza? » senza negare la reale libertà umana che essi vogliono
affermare; quelli che intendono
che solo l’elezione porti alla
fede coloro che sono salvati
per grazia non possono rispondere alla domanda « perché Dio
sceglie questi e non quelli? » senza limitare la libera sovranità
di Dio che soprattutto essi vogliono riaffermare. Poiché queste questioni fondamentali a cui
non è possibile rispondere in via
di principio esistono realmente,
viene sottolineato il mistero fondamentale sia del problema teologico, sia quello di una convincente risposta. Ambedue le tradizioni sono andate errando quando hanno affermato di conoscere troppo circa questa misteriosa elezione per grazia di Dio, e
la sua umana risposta.
Pertanto, sebbene Wesley e
Calvino richiamino le linee di
un conflitto che impedisce di
convergere insieme, ciò che essi affermano in comune non costituisce una barriera tra le nostre tradizioni. Anche se Wesley
e Calvino sono stati seguiti senza che le loro teorie subissero
modifiche, ciò che ambedue affermano è solo il fondamentale
mistero della grazia salvifica di
Dio testimoniata nelle Scritture.
E’ anche la evidente teoria della grazia che fu statuita con tre
punti all’inizio di questa sessione e che fornisce il concetto nel
quale quel ministero può esser
riconosciuto, ricevuto e celebrato.
3. La chiesa come
comunità del patto
Ambedue le tradizioni hanno
trovato il concetto di patto come un modo centrale di comprensione della chiesa. Nondimeno, vi sono state diversità di
comprensione anche nel quadro
delle tradizioni, e il nostro dibattito ha cercato una chiarificazione e un terreno comune.
La tradizione dei riformati è
cominciata come un tentativo di
riformare e restaurare la chiesa
di occidente sulla base di una
nuova percezione della parola di
Dio e in una nuova obbedienza,
come una comunità del patto
chiamata a stare insieme dalla
grazia di Dio. L’elezione e il
patto trovano la loro espressione nell’esistenza della chiesa.
La chiesa è fondata sull’eterno
proposito di Dio di inviare Gesù Cristo. Nel mondo metodista
ciò si è realizzato come una missione nei confronti dei non evangelizzati. Questo mondo metodista vede se stesso per prima cosa come una società nel quadro
della chiesa ufficiale. In questi
luoghi e in diversi tempi esso
perviene a comprendere se stesso come una chiesa distinta. John
Wesley pensò a una comunità
cristiana come mezzo attraverso
il quale i membri si edificassero reciprocamente in fede e vita. Nel metodismo la vita del
patto si è realizzata attraverso
associazioni, conferenze e cristiana fratellanza ed è riaffermata
in una annuale celebrazione del
medesimo.
Ambedue le tradizioni confessano di aver lasciato che l’individualismo sopravanzasse il senso e la pratica di vita ecclesiastica associata. Spesso la nostra
religiosità, sotto l’influenza della cultura contemporanea, si è
ritirata in un puro ambito privato. La riscoperta della centralità del patto è perciò urgente.
Attraverso una conversione del
cuore ci si appropria dei rapporti con Dio e con gli altri derivanti dal patto. Spesso i sacramenti sono accettati come segno e sigillo di una fedele partecipazione alla comunità del patto e non individualisticamente.
Dunque, il battesimo è il sacramento dell’adozione nella famiglia di Dio, integrazione nel
corpo di Cristo e ricezione nella
comunione dello Spirito. Egualmente la nostra comunione con
il Signore è espressa e sostcnu
ta alla sua tavola. Riconosciamo
che la nostra vita insieme nelle
attuali strutture della chiesa è
in costante bisogno di rivalutazione e riforma, mentre guardiamo alla realizzazione piena del
patto quando Cristo sarà tutto
in noi. Sia il nostro modo di
agire, come se potessimo escludere gli altri dal patto, sia la
nostra indisponibilità verso il
mondo e le sue risorse sono ambedue una negazione del patto
che Dio ha stabilito con l’umanità e con tutta la creazione.
4. La chiesa e lo stato
Il nostro impegno ad onorare
il Dio del patto come pratico
completamento della fede coinvolge necessariamente qualche
forma di relazione con autorità
civili. Nel quadro di ambedue le
nostre tradizioni vi è una larga
varietà di tali relazioni, a partire da forme di contestazione dell’istituzione nel cui quadro sussiste una tensione considerevole
con il potere come esso è. Confessiamo che ci sono tra noi luoghi dove coloro che sono in posizione di privilegio mostrano
meno del dovuto rispetto verso
le autorità cristiane. Riconosciamo anche che la chiesa cristiana ha spiesso usato le sue posizioni di privilegio per allargare
il suo potere sociale e politico,
mentre la chiesa ha la permanente responsabilità di lanciare
la sua sfida e di essere essa stessa sfidata dalla società nelle forme e con le risposte che variano di temipo in tempo e di luogo in luogo. Ambedue le tradizioni condividono la convinzione
della potenza di Cristo come profeta, sacerdote e re capace di
trasformare tutta la vita nel mondo.
5. La perfetta salvezza
Sia la tradizione riformata che
quella metodista affermano il
reale cambiamento che Dio, con
il suo Spirito, opera nelle menti, nei cuori e nelle vite dei credenti. Attraverso la santificante
grazia di Dio i credenti fintiti
sono recuperati alla immagine di
lui e ricondotti al suo amore.
Imitare Dio, dice Wesley, è la
più grande adorazione che possiamo offrire. So che Dio è nel
cielo, dice Calvino, ma egli ci
fa vivere in questo mondo; l’amore di Dio deve riflettersi nell’amore che i cristiani portano
al loro prossimo. Le nostre tradizioni concordano che, da parte umana, la salvezza consiste
nel perfetto amore per Dio e per
il prossimo, ciò che significa avere la mente a Cristo e adempiere alla .sua legge. Noi dobbiamo
amare senza riserve le sorelle e
i fratelli per i quali Cristo è morto. L’opera che Dio ha cominciata, dice Calvino, egli certamente ora la compirà. Ciò che
Dio ha promesso, dice Wesley,
egli è pronto e impegnato a realizzarlo adesso. In ambedue le
tradizioni noi pensiamo e ci sforziamo di pregare per una completa santificazione. I riformati
sottolineano che reiezione e la
perseveranza danno ai credenti
la fiducia che Dio li condurrà
alla meta finale. I metodisti, predicando la perfezione, affermano
che non possono porre un limite al potere di Dio di trasformare i peccatori in santi. Metodisti e riformati concordano che
il fine più importante dcll’uorno
è di glorificare Dio e gioire in
lui per Sempre. La comunione
di preghiera e la celeste eterna
beatitudine, per grazia di Dio,
ci sono concesse nel presente
(continua a pag. 7)
7
r
ecumenismo
21 aprile 1989
UN REPORTAGE CHE RIFLETTE REALTA’ CONTRASTANTI
I diversi voiti deiia Scozia di oggi
Una robusta struttura organizzativa - Il ghetto di Castelmilk, emblema della sofferenza di una società afflitta da
disoccupazione e violenza - I cappellani militari presso la Royal Navy - Attenzione per i problemi del Terzo Mondo
Centosettanta pastori al lavoro,
centomila membri comunicanti, di
cui un po’ più della metà con un
collegamento più o meno forte con
le comunità locali.
Il più grande « presbiterio » del
mondo, dicono. Questi sono i
« numeri » della Church of Scotland (la chiesa riformata scozzese)
a Glasgow, la città più popolata
della Scozia ed espressione, forse
più di ogni altra città nel Regno
Unito, delle contraddizioni della
società britannica di oggi.
Vi ho trascorso tre settimane,
su invito della Waldensian Missions Aid Society, riportandovi
impressioni fortemente contrastanti.
Anzitutto, la chiesa. Certo, per
noi che viviamo con l’afianno di
chi sa di essere una minoranza infinitesimale che deve battersi anche per continuare ad esistere,
sembra — a prima vista — di trovarsi in un altro mondo con una
struttura organizzativa, burocratica e « di impatto » sulla società
assolutamente straordinaria. Ma
presto si avverte che anche qui
qualcosa non funziona, che i problemi ci sono e sono grossi. Guardando anche con superficialità alle
statistiche, salta agli occhi la perdita progressiva di membri che ha
registrato, in questi ultimi anni,
un’accelerazione paurosa. In poco
più di venticinque anni i membri
di chiesa sono passati da 1 milione
300.000 a 800.000 circa, con una
perdita secca di mezzo milione di
persone, più di un terzo della popolazione « riformata », dall’inizio
degli anni ’60 ad oggi. Molti sembrano non dar troppo peso alla
perdita di membri, ma qualcuno
mi ha confidato che in realtà c’è
parecchio panico fra le persone
della « leadership » quando, ogni
anno, ci si avvicina al tempo delle
statistiche.
Un pastore che lavora nella zona residenziale della città mi dice
che il calo è dovuto alla fine del
« revival » religioso che anche la
Scozia ha vissuto nel dopoguerra, soprattutto negli anni ’50, con i
« tour » di Billy Graham che riempiva gli stadi e faceva salire —
ma le conversioni erano fragili e
di breve durata — il numero dei
membri, un po’ in tutte le comunità locali.
Ma se la Chiesa di Scozia è
malata le ragioni di questo malessere vanno ricercate con maggiore attenzione: questa è l’opinione
di John Miller, pastore quaran
tenne di Castelmilk, una delle
quattro aree in Scozia che dovrebbe godere di speciali iniziative da
parte del governo.
Castelmilk è un vero e proprio
ghetto dove vivono 70.000 persone in case popolari estremamente
squallide. In alcune strade la disoccupazione raggiunge il tetto
del 90%; non ci sono negozi, cinema, spazi attrezzati per i bambini. La violenza è capillare:
nulla e nessuno sfugge alle varie bande organizzate di delinquenti.
John Miller è l’altra faccia della Chiesa di Scozia: inglese, con
una laurea conseguita ad Oxford,
ha studiato teologia ad Edimburgo
e poi ha scelto di lavorare in queste zone dove nessuno vuole venire, dove le chiese rimangono vacanti anche per anni (mentre per
altre comunità — quelle prestigiose — ci sono a volte anche settanta domande). Ha rinunziato alla casa pastorale che era a sua disposizione in un’altra zona della
città per venire a vivere in uno
degli appartamenti di queste case.
Ci sono libri un po’ su tutte le pareti della casa; lavora sul tavolo
del cucinotto, già troppo piccolo
per la sua famiglia di cinque persone. Va a far le visite con una
sorta di scarponi « da difesa » :
sulla stradina che porta alla chiesa, troppo isolata dalle altre case,
un ragazzo della sua comunità ha
ucciso da poche settimane un rivale « cattolico ». Molti non vengono alle riunioni serali per paura.
Quando arriviamo alla chiesa rimango senza parole: a tutte le finestre ci sono delle grate che —
mi dice — vengono sfondate in
media un paio di volte per settimana. All’interno della chiesa ci
sono delle bacinelle in più punti
per la pioggia che entra un po’ da
ogni parte e nulla può essere lasciato senza che venga rubato. Anche le grondaie sono state portate
via e sui muri qualcuno ha scritto
insulti contro il papa firmandosi
con il nome del pastore. Fa all’incirca centoventi funerali all’anno
(per fortuna solo liturgici) e, per
il momento, combatte la sua battaglia personale contro la società
perbenista e violenta (anche se si
tratta di un altro tipo di violenza) della signora Thatcher, che
continua a promuovere solo l’iniziativa privata creando queste sacche spaventose di miseria e di degrado.
John Miller è durissimo anche
nei confronti della Chiesa di Scozia; è critico persino rispetto alle
iniziative della comunità di Iona,
che lavora per la pace, per la giustizia e per il rinnovamento spirituale della chiesa, ma — mi dice — è poco concreta nei confronti di chi vive veramente nel
bisogno. Ha scritto ultimamente
un opuscolo, stampato a sue spese,
che s’intitola Edifici e missione:
una requisitoria senza pietà nei
confronti di una grande chiesa che
pensa — a suo avviso — a curare
i suoi innumerevoli edifici, ma ha
ormai abdicato al suo compito di
testimonianza nei confronti dei poveri, di tutti coloro i quali « non
hanno mai avuto l’impressione che
attraverso la vita della Chiesa di
Scozia Dio s’interessi anche di loro ». « Per il tipo di persone con
le quali lavoro — mi confida —
la chiesa non è mai stata un punto di riferimento, un luogo dove
gli emarginati per diversi motivi
si sentissero ”a casa”. Negli anni
’60 c’era più gente perché "andare
in chiesa” faceva parte dei costumi di vita della ’’società bene”.
Oggi, non è più così ».
Quando mi saluta, al termine
della nostra giornata, John mi
confessa la sua stanchezza ed i
suoi dubbi. Ma rimarrà lì, a Castelmilk, in prima linea. Con persone come lui, penso, la Chiesa di
Scozia ha un futuro.
E persone che cercano di predicare un Evangelo incarnato ce ne
sono parecchie, a Glasgow: chi,
come «missionario laico», gestisce un centro d’incontro in un’altra zona depressa della città, chi
fa il « community minister » e
porta avanti diversi progetti per il
reinserimento nel mondo del lavoro dei giovani emarginati. Uno di
questi, Cambell Robertson, è disperato: il governo ha appena tagliato tutti i fondi a quattro progetti di questo genere per i quali
ha lavorato per anni: questo significa che almeno un altro centinaio di giovani sta per reimmergersi nel teppismo, nell’alcool, nella droga.
I soldi ci sono, però, per la base di Faslane, dove vengono messi
a punto sottomarini dotati di armi
nucleari. Sono riuscito ad entrare
anche in questa grossa base militare (ma non mi hanno permesso
di vedere nulla), assediata dalle
roulottes multicolori dei pacifisti.
Sono riuscito ad entrarvi sempre
La struttura organizzativa della Chiesa di Scozia si confronta con
le emergenze di una difficile situazione sociale.
attraverso la Chiesa di Scozia che
ha — come la Chiesa anglicana e
quella cattolica — dei propri cappellani militari in tutte le basi militari. Questi pastori e questi preti sono pagati molto bene dalla
Royal Navy per passare il loro
tempo a chiacchierare con gli ufficiali e pranzano serviti a tavola
con le posate d’argento (l’unica
cosa che mi divertiva stava nel sapere di essere a pranzo ospite della regina). I cappellani si occupano anche di affrontare quei marinai che riemergono dopo 10-15
settimane e non sanno ancora che
la moglie se ne è andata con un
altro. Questi poveracci, durante
le manovre, hanno diritto soltanto ad un telegramma di trenta parole alla settimana e devono chiedere per iscritto se vogliono essere informati anche delle eventuali
brutte notizie: comunque non potrebbero tornare alla base, né sanno dove si trovano. Qgni cappellano ha a disposizione, all’interno
della base, una splendida chiesetta, rimessa a nuovo ogni volta che
vuole, dove predica ai marinai
che, nelle loro prime sette settimane, sono obbligati ad andare in
chiesa.
I cappellani militari — mi è stato detto da molti — quando lasciano la marina o l’esercito, con il
loro mondo « protetto », non riescono a reinserirsi nell’ambiente
esterno ed a cavarsela con i problemi della gente comune.
E per la base di Faslane vengono spesi circa cinque miliardi di
lire a settimana!
All’università si cerca di « attrezzare » gli studenti in teologia
ad affrontare questa difficile realtà della chiesa e della città. Il responsabile del dipartimento di teologia pratica mi dice che molte
persone stanno lavorando nel campo della cosiddetta « teologia urbana » e sarebbe oltremodo contento se qualcuno degli studenti
della nostra Facoltà andasse a fare
un po’ di lavoro di ricerca a
Glasgow, in occasione dell’anno
all’estero o di un eventuale dottorato. La proposta è molto interessante: la giro a chi vive in via Pietro Cossa 42.
Nei tanti altri incontri di routine che ho avuto, mi ha colpito la
mania di voler organizzare tutto
nei dettagli, con una notevole dose di formalismo: anche nei
gruppetti più piccoli c’è persino il
« tea-convener », il responsabile
del tè.
Nella maggior parte delle chiese
locali che ho visitato, la frequenza
ai culti è molto buona: sommando le presenze ai tre culti domenicali supera spesso il 50%.
C’è infine una robusta educazione alla contribuzione e non all’offerta, come invece succede ancora da noi; i membri di chiesa
finanziano — attraverso la cassa
centrale — non solo le spese delle
comunità locali e dei pastori, ma
moltissimi progetti di solidarietà
nei confronti del « terzo mondo ».
Gianni Genre
(segue da pag. 6)
quando con un cuore ed una voce glorifichiamo Dio, Padre del
nostro Signor Gesù Cristo, e insieme ne condividiamo i benefici. Noi siamo salvati nella comunione e come Gesù ha pregato che i suoi discepoli siano
« perfetti nell’unità », così la più
stretta condivisione dell’esistenza fra cristiani, nelle tradizioni
riformata e metodista, costituirà l’evidenza della crescente partecipazione alla comunione della
trinità.
Conclusioni
Noi registriamo, come risultato delle nostre conversazioni, una nuova fiducia che le nostre
due tradizioni testimonino un
comune Vangelo e inglobino au
Insieme nella grazia di Dio
tentiche forme di obbedienza e
fedeltà al discepolato.
Le nostre vie integrate, il pensiero e vita cristiani sono costruiti sopra il condiviso fondamento nella grazia di Dio, nella esistenza del patto e nella
meta finale della perfetta salvezza. Abbiamo ritrovato in ciascuno testimonianza fedele all’Evangelo in Cristo, e siamo stati rinnovati nel nostro senso di unità in Cristo. In particolare abbiamo constatato che le classiche questioni dottrinali su cui
era stata richiesta una verifica
non sono state di ostacolo alla
unità tra metodisti e riformati.
Da questa convinzione nascono
alcune indicazioni per lo sviluppo delle nostre reciproche rela
zioni come comunione cristiana
mondiale.
Dunque
raccomandiamo
1. Che le nostre entità mondiali invitino le loro chiese membro a considerare le implicazioni della nostra ricerca e comunichino le loro relazioni. Alcune
eventuali considerazioni sono:
a) Possono le chiese riformate e metodiste cooperare più
strettamente nella adorazione,
studio e testimonianza locali?
b) Possono le chiese riformate e metodiste cooperare più
strettamente, regionalmente e
nazionalmente, per esempio in
commissioni dottrinali unite, azioni evangelistiche e servizi sociali?
c) Ci .sono paesi nei quali i
negoziati per l’unione riformata e
metodista possono essere iniziati?
d) Debbono le nostre due entità internazionali essere più
strettamente insieme ponendosi
obiettivi comuni e condividendo risorse umane e d’altro genere?
2. Che dove l’una o l’altra delle nostre chiese costituisce la
chiesa di maggioranza, la più
importante delle due, prenda cura di assicurare alla più piccola,
o alle più piccole, che non sussistano sentimenti di rifiuto o
di sottovalutazione.
3. Che in ciascuna nazione le
nostre chiese membro esaminino insieme la questione « come
il popolo del patto di Dio si rafforzi con lo stato e affronti fedelmente la sua testimonianza in
una società in rapido cambiamento e in un mondo diverso? ».
La gente delle nostre due tradizioni, alla quale questo rapporto è indirizzato, esiste in diversi rapporti reciproci; la nostra più viva preghiera è che,
mentre essa si trova in una
fase di unione, sia che non abbia altri partner che i propri
vicini, sia che già faccia parte
di una più larga unione, trovi
insieme sfida e incoraggiamento
in questo rapporto.
Cambridge, 23-26 luglio 1987
I partecipanti aila consuitazione.
Traduzione a cura di
Roberto Sballi
8
8 vita delle chiese
21 aprile 1989
IMMIGRATI A PALERMO
CORRISPONDENZE
Una chiesa multietnica Alia Fiera dei libro
Bisogni urgenti, assistenza legale e testimonianza cristiana sono le
domande a cui non ci possiamo sottrarre - Uno spirito di accoglienza
La nostra comunità vive un
rapporto diretto con il fenomeno migratorio; la chiesa infatti è
frequentata da alcune famiglie
ghanesi, e recentemente si sono
aperti dei contatti con una chiesa evangelica fondata da un pastore-poeta ghanese, J.P.K. Appiah, la Fellowers of Christ International Church: una chiesa pentecostale interamente composta
da ghanesi di diversa origine denominazionale.
Proprio dal nostro rapporto
con questi fratelli è nata una serata particolare con uno spettacolo di « gospels » cantati in lingua originale. Il poeta-pastore
Appiah ha letto alcune sue poesie, mentre di volta in volta membri del gruppo giovanile rileggevano il testo in italiano.
Sia le poesie che gli interventi
che si sono susseguiti hanno messo in evidenza le tematiche proprie della realtà dell’immigrazione, ma soprattutto è avvenuto
che i nostri fratelli africani hanno potuto esprimersi e manifestare la propria cultura.
Con questo spirito siamo così
giunti ad una cena-incontro, l’il
marzo scorso, presso i locali della
nostra chiesa. Alla serata hanno
partecipato, oltre al gruppo valdese, anche un gruppo della chiesa pentecostale ghanese e un
gruppo folto di ghanesi, nigeriani e capoverdiani della chiesa avventista. In totale eravamo una
sessantina di persone, di cui
l’80% africani.
Il pastore La Torre, intervenendo nel corso della serata sulla questione dell’immigrazione in .specifico, ha individuato tre problemi: i bisogni urgenti, la questione legale e la testimonianza cristiana. Mentre spesso in qualche
modo si risponde alle necessità
dettate dal momento, accade che
sulla questione politica del fenomeno non ci sia una presa di coscienza. Ed anche in questo caso
il pastore ha fatto un esemplo
chiaro, riferendosi agli accordi di
Trevi e di Schengen.
Infatti, in entrambi i casi, si
tenta di creare una collaborazione tra gli Stati europei atta a limitare al massimo la libera circolazione degli stranieri in territorio europeo (Schengen) o addirittura a vedere il problema dell’immigrazione secondo un’ottica
discriminatoria tendente alla criminalizzazione (Trevi).
Ancora un punto messo in evidenza in questo intervento è stato il fatto che l’apparente diffusa attenzione momentanea su
questioni inerenti all’immigrazione, può essere solo frutto
di una politica speculativa di
chi vuole esporre la propria bandiera senza peraltro agire nel sociale. La Torre ha ricordato che
garanzia di una politica di successo è l’unità degli immigrati,
piuttosto che la divisione in
gruppi effimeri controllati da interessi particolari.
Questa chiesa, fondata da Appiah a Palermo, è nata circa due
anni fa e raccoglie un centinaio
di aderenti, tutti ghanesi (la maggior parte del gruppo Ashanti);
la composizione è interdenominazionale ma per la maniera con
cui si svolge la liturgia ed è espressa la teologia, può essere definita come un originale incastro
tra una chiesa pentecostale e una
comunità di base aderente alla
« teologia della liberazione ».
Ufficialmente il pastore Appiah
dice che la sua è una « interdenominational - non denominational church », ma aggiunge di essere di formazione pentecostale.
Questa chiesa ha sede in un
Uno dei bambini ghanesi al momento del battesimo nella comunità
multietnica di Palermo.
quartiere popolare di Palermo,
dove risiede la maggior parte dei
ghanesi e non solo è un luogo di
culto, bensì è un posto dove cantare in lingua Ashanti. dove si cerca lavoro e casa, dove si impara
l’italiano e l’inglese, si legge, ci si
incontra per mediare dei conflitti sorti anche tra non aderenti alla comunità, e si passa il tempo
libero magari in una complicata
pettinatura « africana » che richiede un particolare procedimento.
Durante la serata un momento
che ha fortemente caratterizzato
rincontro è stato l’esecuzione di
tre canti da parte della corale,
interamente composta da africani del folto gruppo avventista, di
cui diamo una rapida informazione.
La chiesa avventista si formò
a Palermo nei primi anni del ’900,
ma un vero sviluppo si ebbe subito dopo la II guerra mondiale.
Dalla comunità di Palermo la
chiesa si diffuse in tutta la Sicilia
(S. Margherita, Campobello, Ragusa, Monreale). La sede di culto
a Palermo è in via G. di Marzo, 27.
La comunità avventista di Palermo ha dato vita ad una radio privata, « Radio voce della speranza » che da aprile in poi emetterà
programmi anche in lingua inglese. Tra le altre attività sono inclusi il piano « 5 giorni per smettere di fumare » e le testimonianze in piazza.
Come è organizzato il gruppo
africano?
Nella seconda metà degli anni
’70 arrivò Johnson del Ghana e
da allora crebbe un gruppo di
fedeli provenienti dalTAfrica Qccidentale. Oggi il gruppo conta
35 membri battezzati e altri 20
membri non battezzati. Il gruppo
conduce un lavoro di assistenza
« casa in casa » che consiste nella
ricerca di lavoro, di un appartamento e di accoglienza. Nell’84
venne istituito un corso di lingua
italiana. Il gruppo s’incontra il
limedì, il mercoledì e il venerdì
(il sabato c’è il culto), mentre il
coro esiste già da due anni.
La presenza avventista durante la serata non si è espressa solo con il coro, infatti un « anziano » è intervenuto annunciando
che il consiglio degli anziani si
sarebbe riunito per discutere la
proposta di riunirsi mensilmente;
inoltre siamo stati tutti invitati
per un’altra cena presso i locali
della chiesa avventista nel mese
di aprile. Per concludere, ancora
due notizie.
La prima riguarda la celebrazione di tre battesimi di bambini
ghanesi avvenuta domenica 19
marzo nella chiesa valdese durante il culto, il cui sermone è stato
tenuto dal nostro moderatore.
Con questi, sono ormai quattro i
battesimi di bambini africani tenuti dal pastore La Torre, il quale ha precisato che « la chiesa
valdese di Palermo non è più una
chiesa di soli bianchi ».
La seconda notizia è la festa
che i genitori di uno dei tre bambini battezzati (Faith e Dinah)
hanno organizzato nei locali della chiesa valdese. La festa viene
chiamata dai ghanesi « out dooring » (= mostrare fuori) ed
ha antica radice nella cultura
dei popoli dell’Africa. Essa consiste nella imposizione pubblica
del nome, cosa ohe tradizionalmente avveniva all’8° giorno dalla
nascita. Con questo gesto il bambino riceveva non solo un nome
(che corrisponde ad un vero e
proprio codice), ma anche una
identità sociale ed una lezione morale che tutta la comunità è tenuta a testimoniare. Questa festa
si è svolta nel giorno di Pasqua,
un giorno che ricorda a noi cristiani la nostra missione, una
missione che si compie nella ricerca della fratellanza, della pace e della giustizia. Con questo
spirito ci accingiamo ad accogliere tutti i fratelli e sorelle dell’Africa.
Davide Maniscalco
GENOVA — In Galleria Mazzini si è tenuta, per due settimane, l’edizione di primavera
della Fiera del libro, e come
ormai da anni, vi era pure il
banco delle Scritture e della
stampa evangelica: sotto 1’« ombrello » dell’Unione per la lettura della Bibbia, l’iniziativa è ormai gestita, attraverso un loro
comitato, dalle chiese evangeliche genovesi, e sostenuta da un
nutrito gruppo di responsabili
che assicurano i turni dalle 9
alle 19.30. In attesa di dare qualche notizia su queste due settimane di testimonianza, di incontri, di colloqui, riferiamo su due
manifestazioni collaterali. La Fiera, infatti, ha sempre delle attività collaterali — generalmente presentazione di libri, incontri con autori —, talvolta organizzate dalla Piera stessa, talvolta da singoli. Questa volta abbiamo organizzato noi, valdesi
e metodisti, due incontri con
l’autore e presentazione dei loro libri.
Il 21 marzo, nella grande, luminosa aula dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, gentilmente concessa, si è parlato del
« Glorioso Rimpatrio ». Una tavola rotonda ha riunito il pastore Giorgio Bouchard, il prof.
Claudio Costantini, docente di
storia moderna nella nostra Università, e il domenicano Giacomo Grasso, docente di teologia
fondamentale a Roma e a Genova. Sono state naturalmente presentate le pubblicazioni già uscite sul 3° centenario; Bouchard
— che ha fatto la parte del leone — ha soprattutto inquadrato storicamente l’episodio, facendone risaltare il carattere
tutt’altro che marginale e provinciale e ha poi vivacemente
dialogato con gli interlocutori
e con alcuni intervenuti. La formula della tavola rotonda, se ha
attratto alcuni, ha però impedito sia di approfondire certi
aspetti, storici e di riflesso attuale, sia di dare più spazio al
dialogo con il pubblico, numeroso, anche se costituito in larga
maggioranza da evangelici.
Il 4 aprile, poi, nel luogo di
culto di via Assarotti, è stata
la volta del pastore Alfredo Berlendis, che ha sintetizzato le linee essenziali del suo libro La
cicogna del 2000, e ha poi a lungo dialogato con il pubblico,
poco numeroso (anche a causa
del tempo quasi da lupi — però...) ma estremamente interessato, data la vivacità della presentazione, fondata su una solida informazione, e anche, diciamo, dalla freschezza umana
e dalla profondità spirituale di
Berlendis.
Molto grati ai nostri ospiti, ci
dispiace che queste nostre offerte di riflessione e di colloquio siano state, specie la seconda, ben scarsamente accolte
dalla città; ma, una volta di più:
peccato, davvero, per chi le ha
mancate.
• In seguito all’indicazione
della Tavola i lavori di ristrutturazione dello stabile di via
Curtatone/Assarotti verranno
programmati in modo da poter
usufruire del contributo della
legge per le celebrazioni colom
In un mare di verde, in un*oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto Panno
Facilitazioni per lunghi periodi di permanenza
Saloni per banchetti nozze
Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE PELLICE
biane. E’ desiderio inoltre di ristrutturare i locali in modo da
eliminare le barriere architettoniche secondo quanto prevede
una legge del gennaio 1989.
• Ci hanno lasciati Maria Alfieri Bortoluzzi e Noemi Pisani
Schenone. La chiesa le ricorda
per l’esempio e il messaggio
che hanno lasciato a quanti le
hanno conosciute.
Chiese liguri
e sud-piemontesi
La Federazione regionale delle chiese evangeliche in Liguria,
in collaborazione col Circuito
ligure organizza, per martedì 25
aprile, un incontro delle chiese
liguri e sud-piemontesi.
Questo il programma:
ALASSIO: presso il tempio
anglicano (via Adelasia, dietro
la stazione ferroviaria) alle ore
11 si terrà il culto presieduto
dai pastori Ugo Tomassone e
Dario Sacccmani; alle ore 12.30
pranzo al sacco nei giardini del
tempio.
Poi, trasferimento a piedi (8
km. di marcia lungo la strada
panoramica romana), o in treno,
ad Albenga.
ALBENGA: ore 16.30 presso la
sala consiliare del comune (p.za
S. Michele) conferenza pubblica
del past. Daniele Garrone sul tema « Cristiani ed ebrei ».
L’incontro, ovviamente, è aperto anche ai numerosi gitanti o
villeggianti in Liguria.
Rinuncia all’attività
UDINE — L’assemblea di
chiesa ha deciso — per motivi
economici — di rinunciare all’attività nel salone di piazzale
D’Annunzio 7.
Nel locale, oltre alle attività
culturali dell’Associazione « Guido Gandolfo », si tenevano la
scuola domenicale, il catechismo e lo studio biblico, che ora
si terranno nei locali della
chiesa.
Per il Centenario
FORANO — Prendono il via
domenica 23 aprile le manifestazioni organizzate per celebrare
il centenario deH’inizio della testimonianza evangelica nella
Bassa Sabina; alle ore 10 di domenica verrà inaugurata una via
dedicata al pastore Luigi Angelini, fondatore della chiesa; alle ore 11 ci sarà il culto presieduto dal moderatore della Tavola valdese. Franco Giampiccoli.
Nel pomeriggio, alle ore 17, una
conferenza di Cesare Milaneschi
sul centenario.
Sarà ospite della chiesa locale la corale di Torre Pellice, che
terrà un concerto alle ore 20.30
di lunedì 24.
Incontri
NAPOLI ^ Sabato 29 e domenica
30 aprile, nell'aula magna dell'Istituto
navale in via Ammiraglio Acton 38,
avrà luogo un convegno sul tema: « Un
libro, moite letture: leggere la Bibbia
oggi »; l'organizzazione è deii'Associazione laica di cultura biblica.
SALERNO — Dai 29/4 ai U/S, presso Hôtel Jolly e Salone della Provincia, convegno primaverile del SAE
centro-sud su: « Ecumenismo: chiamata alla riconciliazione, segno di pace »,
Tra i relatori G. Anziani, N. Fasulo.
D, Garrone, G. Grimaldi, F. Jannuzzelli, A. Maffei, E. Stretti, M. Vingiani,
G. G. Williams.
Informazioni: SAE , Roma - Telefono
06/6374033 ore 10-13.
9
vita delle chiese
21 aprile 1989
DIBATTITO
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Accomodamenti o vocazione? Giustizia, pace...
Abbiamo vera consapevolezza del passo intrapreso con la costituzione della commissione mista? - Concezioni sacramentali e sacerdotali
Mentre si avvia il lavoro della Commissione mista CEI/SI
(Conferenza episcopale italiana/Sinodo delle chiese valdesi e
metodiste, sessione europea), che
per ora deve occuparsi della questione dei matrimoni misti, vorrei fare un'osservazione. E anzitutto, una domanda un po' impertinente: tutti coloro che hanno votato, la scorsa estate, l'avvio dei contatti ufficiali e il mandato alla nostra delegazione su
questo problema dei matrimoni
misti, avevano effettivamente presenti i vari atti di nostri sinodi
che hanno affrontato la questione?
Sui matrimoni misti ci siamo
espressi più volte, negli ultimi
decenni; se la linea di fondo è
costante, c'è qualche oscillazione, qualche auspicio ottimista,
qualche slancio generoso; e nella nostra prassi — sollecitata dalla prassi cattolica serpeggiante
fra tesi intransigente e ipotesi
accomodante — c'è qualche oscillazione pure fra noi, anche
se gli accomodamenti « pastorali » non sono mai giunti a qualche « concelebrazione ».
Il mandato conferito la scorsa estate alla nostra componente (perbacco, diventiamo proprio
una chiesa « componente »!) della Commissione mista è molto
generale e generico, e si giustifica e si configura solo sulla ba
se di questi pronunciamenti sinodali.
Tutto chiaro? Tutto ben presente a tutti? Eppure, dato che
si tratta del primo rapporto ufficiale fra la CEI e le nostre
chiese, il modo in cui s'impostano subito i rapporti è decisivo.
Ecco l'osservazione. Per una
ricerca, ho avuto occasione di
sfogliare annate di « Protestantesimo ». Mi è caduto sott'occhio
il commento che V. Subilla vi
ha dedicato (n. 4/1982, p. 231
ss.) al «Documento sull'ecumenismo » votato dal nostro Sinodo nell'agosto 1982.
Valutazione nel complesso calorosamente positiva: il documento indica con chiarezza che
« da una parte vige una interpretazione sacramentale e sacerdotale dell'intero Evangelo, dall’altra una interpretazione antisacramentale e laica.
Questa duplicità si riflette anche nelle questioni giuridiche. Il
documento porta l'esempio dei
matrimoni misti: "Finché la chiesa cattolica continuerà a considerare la fede evangelica come
un 'impedimento' al legittimo
costituirsi di un matrimonio fra
cristiani, la sua credibilità ecumenica rimarrà fortemente discutibile.
Consideriamo la questione dei
matrimoni misti come un _ test
fondamentale: se non si riesce
a impostare ecumenicamente que
1689-1989 - Dalle vicende
di un popolo
alla storia dei popoli
Ecco il programma del seminario di studio organizzato
dal Centro evangelico di cultura «Arturo Pascal» di Torino e
dalla presidenza del Consiglio regionale del Piemonte, in occasione del centenario del « Glorioso Rimpatrio ». Gli incontri
si svolgeranno a Palazzo Lascaris, via Alfieri 15, dalle ore 17
alle 20.
PROGRAMMA
3 maggio - Tema; Il
Saluto delle autorità.
Relazioni di:
Enea BALMAS
Giorgio TOURN
Guido QUAZZA
Franco VENTURI
1 Glorioso Rimpatrio »
Il quadro internazionale del « Glorioso
Rimpatrio »
L’aspetto teologico; l’esercito dei santi
Un’esperienza di guerra partigiana
L’Europa dalla Controriforma ai Lumi
Presiede: Nuto REVELLI
10 maggio - Tema; Identità, laicità, confessione di fede
Sergio MORAVIA La ricerca religiosa nella società secolarizzata
Biagio DE GIOVANNI Storicità e tradizione nei partiti e nelle
chiese
Mario MIEGGE Le radici, appartenenza e confessione
Italo MANCINI Tradizione, gerarchia, Evangelo
Presiede : Piera EGIDI
n maggio - Tema; La politica e la legislazione ecciesiastica in
Italia
Stato confessionale o pluralismo religioso?
Dal separatismo all’Intesa. Perché?
Stato italiano e Comunità ebraiche
Il paragrafo 3 dell’art. 8 della Costituzione
Presiede: Rinaldo BERTOLINO
24 maggio - Tema: Gli appuntamenti della storia: le minoranze oggi
Giorgio BOUCHARD I Valdesi e l’Italia
Democrazia come diritto all’identità e
alla diversità
Diritto alla terra, diritto all’identità
Diritti umani, diritti dei popoli
Silvio FERRARI
Giorgio PEYROT
Guido FUBINI
Paolo BARILE
Rossana ROSSANDA
sta questione, non se ne potranno risolvere ecumenicamente altre" (§ 6, 12).
Qui — commenta Subilia —
ci sembra che siano capovolte
le precedenze. Non è legittimo e
non è realistico chiedere alla
chiesa cattolica di essere ecumenicamente disponibile sulla
questione dei matrimoni interconfessionali: equivarrebbe a
chiederle di rinunciare alle sue
convinzioni sacerdotali e sacramentali, cioè di rinnegare la sua
essenza ».
E poiché, senza dubbio, noi
non intendiamo rinunciare alle
nostre convinzioni laiche e antisacramentali, non si vede quale
Spazio di manovra resti a « commissioni miste ». Per doloroso
che sia, a una coppia mista non
potrà essere mai risparmiata la
tensione confessante fra interpretazioni contrastanti e incomponibili dell'Evangelo.
Accomodamenti ecclesiastici
possono solo annebbiare la realtà, e la vocazione.
Gino Conte
FDEI
Consiglio
nazionale
Valdo SPINI
Salvatore SENESE
Presiede ; Edoardo BALLONE
La valutazione del primo anno di mandato del nuovo Consiglio nazionale della Federazione delle donne evangeliche in Italia (CN-FDEI), riunitosi l’8 e il
9 aprile a Rocca di Papa (Roma), evidenzia la necessità d'intensificare la riflessione e la ricerca, a livello locale, sul « decennio di solidarietà con le donne » ■ proposto dal CEC. Non si
tratta di una ricerca esclusivamente teorica che ha nei convegni regionali e nello studio stesso dell’argomento « Essere donna oggi » importanti sintesi ed
indicazioni, ma tutto questo costituisce un cammino, spesso difficile, di aiTermazione della pari
dignità della donna nella nostra
società. Non va da sé che le donne siano accettate nei diversi
ambienti sociali e di lavoro, soprattutto quando non intendono
ripercorrere modelli maschili di
comportamento e di autoaffermazione. Nei lavori del CN-FDEI
si è anche discusso di come allargare, nei vari incontri di donne programmati nei nostri Centri, la partecipazione senza delegare alle solite esperte l’analisi e la soluzione dei problemi.
Al proposito segnaliamo che campi di donne si terranno a Santa Severa (organizzato dalla
FDEI, dal 23 al 27 giugno): « Seguendo Miriam... Alla ricerca di
un nuovo modo di esprimere la
nostra spiritualità »; ad Agape,
dal 16 al 23 luglio; « Il filo di
Arianna; intuizione e progetto
nei percorsi di conoscenza delle
donne »; a Rocca di Papa e a
Tramonti di Sopra. L'elenco è
incompleto, anche perché sono
in cantiere nuovi progetti.
Gli obiettivi FDEI sono, nell’immediato: avere una maggiore rappresentatività a livello nazionale ed internazionale; approfondire il contatto con le donne
in Parlamento e sviluppare maggiormente gli scambi con gli organismi ecumenici (in particolare il Forum ecumenico delle donne); promuovere soprattutto a
livello di chiese battiste, valdesi
e metodiste iniziative connesse
con il noto « Decennio », in accordo con le presidenze delle
Federazioni femminili denominazionali.
F. D. P.
PINEROLO — Una festa sul
tema «Giustizia, pace ed integrità del creato » si terrà presso
il tempio valdese il 22 ed il 23
aprile prossimi. L’apertura è
prevista per le ore 16 con una
relazione introduttiva del past.
Sergio Ribet; seguirà la visita
ad alcuni stand allestiti nei lo^
cali della chiesa. Alla sera canti
e balli. Domenica celebrazione
della Santa Cena ecumenica e,
nel pomeriggio, gruppi biblici;
la manifestazione si concluderà
intorno alle ore 18.
Si tratta di un appuntamento importante per conoscerci e
conoscere la realtà diversa delle
nostre chiese, ma tutte impegnate in un percorso di giustizia,
pace ed integrità del creato.
• Il battesimo di Alessia Ferrier, figlia di Giancarlo e di Nelly Fossetto, ha rallegrato il culto del 2 aprile, ma ci ha anche
fatto riflettere sul significato di
questo atto.
• Sono stati nominati deputati alla prossima Conferenza distrettuale Paolo Ribet, Giulietta Griot e Maria Luisa Mathieu
(supplenti Alberta Revel e Carla
Turati); deputati al Sinodo Monica Natali e Regina Montaldo
(supplente Luciano Rivoira).
• L’annuncio dell’Evangelo è
stato proclamato in occasione
dei funerali di Alfonso Fiorillo,
Hilda Cecilia Forneron ed Emiiio Tron.
Giornata
comunitaria
VILLAR PEROSA — Domenica
23 aprile, tutti sono invitati a
partecipare alla giornata comunitaria; alle 10, culto nel tempio
insieme con i ragazzi della scuola domenicale; dopo il culto,
momento di incontro, giochi per
i ragazzi, quindi, alle 12, pranzo al sacco nei locali del convitto; le sorelle dell’Unione femminile preparano una pastasciutta; prenotarsi presso il pastore entro sabato mattina.
Nel pomeriggio, alle 14.30,
bazar nei locali del convitto; sono invitati naturalmente anche
coloro che non possono venire al
pranzo.
• Continuano le riunioni per
parlare del nuovo sistema delle
contribuzioni per la chiesa; il
26.4 per Vivían e Grange nella
scuola; il 27.4 per Piano Maurino
nella scuola di Chianaviere; il
3.5 per Chianaviere nella scuola. Le riunioni avranno inizio
alle 20.30.
• Il 7 maggio avrà luogo l’assemblea di chiesa nel tempio.
Deputazioni
quali deputati alla prossima Conferenza distrettuale Alma Beux
e Marco Long e in qualità di
supplenti Elda e Dante Long ;
per il Sinodo è stata eletta Claudia Travers (Ivana Costabel supplente). L’assemblea si è anche
dovuta pronunciare circa l’impegno finanziario per il 1990; la
maggioranza dei presenti si è
espressa per l’importo di 17 milioni, non ritenendo di potersi
impegnare per un aumento del
20%, come richiesto.
• Venerdì 14 aprile abbiamo
avuto una riunione quartierale
allargata a cui hanno partecipato anche i coniugi Bertalmio che
ci hanno proiettato una serie di
diapositive sul percorso e sui luoghi del Rimpatrio. E’ stata una
serata piacevole ed interessante
e li ringraziamo di cuore per
questa loro disponibilità.
• Domenica 7 maggio ci sarà
la gita comimitaria a Ivrea, presso la comrmità locale. Chi è interessato si può prenotare presso gli anziani.
Assemblee dì chiesa
POMARETTO — L’assemblea
di chiesa ha nominato quali deputati alla Conferenza distrettuar
le Anita Pascal, Luciano Ribet,
Guido Peyrot (supplenti Ebe Baimas e Levy Peyronel) ed al Sinodo Franco Calvetti e Paola
Revel (suppl. Lorena Meytre).
• A partire da domenica 23
aprile il culto si terrà nuovamente nel tempio.
• Una nuova assemblea di chiesa avrà luogo domenica 30 aprile, alle ore 20,30 nei locali del
teatro valdese, per esaminare la
relazione annua e l’impegno finanziario per il 1990; si auspica
una presenza numerosa di membri di chiesa.
• Nel corso dell’ultimo culto è
stata presentata la famiglia sudanese Dang Agouk Akayi, ospite della nostra comunità per un
certo periodo.
SAN SECONDO — Domenica
30 aprile avrà luogo una assemblea di chiesa che, oltre ad esaminare la relazione annua ed il
problema dell’impianto di riscaldamento del tempio, dovrà
provvedere all’elezione dei deputati al Sinodo ed alla Conferenza distrettuale e degli anziani
per i quartieri di Cavoretto e
Lombarda; mentre si sollecita
la numerosa partecipazione dei
membri di chiesa, si ricorda che
il culto avrà inizio alle ore 10.
Auguri!
TORRE PELLICE — Nel corso
dell’assemblea di chiesa di domenica 16 aprile sono stati eletti i deputati al Sinodo nelle persone dei fratelli Franco Taglierò
ed Emanuele Bosio (supplenti
Maria Tamietti ed Eder Negrin)
ed alla prossima Conferenza
distrettuale; Anna Bosio, Anna
Ribet, Stefano Rostan (supplenti
Attilio Sibille e Carla Beux bongo).
LUSERNA SAN GIOVANNI —
L’assemblea di chiesa, riunita
domenica scorsa durante il culto, ha eletto quali deputati alla
Conferenza distrettuale Paolo
Gay, Alda Boldrin, Daniele Gardiol; sostituti Ferdinando Girardon, Fabrizio Malan, Niny Boér.
Deputati al Sinodo: Paolo Gay e
Fabrizio Malan, sostituti Daniela Boldrin e Niny Boér.
Gita comunitaria
PRAMOLLO — L’assemblea
di chiesa del 16 aprile ha eletto
VILLA SECCA — Durante il
culto di domenica scorsa 16 aprile la comunità si è felicitata in
particolare con Enrico Massel e
Rina Peyronel che festeggiavano
il loro 50° anniversario di matrimonio.
Calendario
Domenica 7 maggio
n FORMAZIONE
ANIMATORI GIOVANILI
SAN GERMANO — Presso la sala
valdese, a partire dalle ore 9.30, ha
luogo il secondo incontro per i giovani impegnati nell’animazione dei
gruppi. Il programma prevede una animazione biblica e, nel pomeriggio,
giochi e discussione sul come e perché giocare. Pranzo preparato in comune tra i partecipanti. Per informazioni; D. Tron, E. Tomassone, F. Taglierò,
10
10 valli valdesi
21 aprile 1989
BOBBIO PELLICE
USSL 43
Fuori
di testa
Una persona psichicamente disturbata, da anni, chiede al suo
pastore: « Scusi, quando risorgeremo, io risorgerò matta come sono adesso o risorgerò come una persona sana?». L’aneddoto, realmente successo, me lo
racconta un giovane collega pastore, particolarmente versato in
« cura d’anime », in un discorso
che verte più sui malati di mente nella chiesa che non sugli effetti della risurrezione. Mi chiedo però dove realmente passi la
linea di demarcazione tra malattia e sanità psichica. E ancora.: come affrontare, dal punto
di vista della cura pastorale, il
disagio psìchico che affligge, a
volte, anche i credenti? Mi pare che anche nelle chiese ci sia
una tendenza a marginalizzare le
persone che non « girano » come
si dovrebbe, che non « producono », che non sono allineate con
lo status mentale della media
normalità. Va a sapere però che
cosa si debba intendere per normalità. Sta di. fatto che si registra un’oggettiva difficoltà, anche
nella comunità cristiana, ad accogliere il depresso, e in genere
le vittime di disturbi psichici.
Succede, specie nelle piccole
chiese dove il confronto interpersonale è a passo ridotto nel
senso che è limitato a poche persone, che le nevrosi di una o più
persone condizionino pesantemente la vita stessa della comunità e quindi la libertà e la ricerca di fede e di verità che
l’Evangelo di Cristo ispira. Purtroppo non siamo ancora nel regno di Dio. La realtà è che il
peccato in cui siamo immersi attraversa anche le chiese: è una situazione dalla quale non possiamo uscire da soli senza l’aiuto della Grazia di Dio. Ma se la religione di massa può diventare
una forma di nevrosi collettiva,
con i suoi riti, le sue illusioni
e le sue visioni, la fede in Cristo dovrebbe essere uno strumento nelle nostre mani per vivere meglio e liberarci dalle moderne schiavitù. Comprese quelle ideologiche o spirituali.
Più faccio il pastore e più mi
rendo conto che di fronte alla
malattia siamo tutti impreparati
e che di fronte alla malattia psichica la nostra impreparazione
diventa abissale. Ogni caso certamente è a sé ed è difficile proporre una soluzione valida sempre.
Ma in tutto questo c’è un punto fermo: ascoltare l'altro con
attenzione. C’è una valenza terapeutica nell’ascolto che è preziosissima. Anche se non è il caso
di farsi illusioni su rapide guarigioni. Del resto neppure il pastore è un « deus ex machina »
che, con quattro buone parole,
riesce a rimettere a posto i cocci
di una mente confusa o distrutta. In realtà siamo tutti sullo
stesso piano, il malato di nervi
e il cosiddetto sano. E da questa
condizione umana, così complessa e spesso tribolala, il cammino della fede conduce alla speranza che anche il male — e qui
parlo del male psichico — possa e debba essere sconfitto. L’Evangelo è o non è un lungo re.soconto di guarigioni fisiche e
spirituali? La guarigione inizia
proprio dall’ascolto dell'altro, dal
condividere la sua pena, dal considerare seriamente il male in
cui io stesso mi specchio. E così insieme, come due persone che
cercano la redenzione dal proprio stato, è possibile costruire
la nostra guarigione prima di
diventare definitivamente schiavi delle nostre nevrosi, indice
della nostra fragile fede.
Giuseppe Platone
Sì ai parchi in montagna
Lo dice il sindaco, ma a patto di potervi esercitare attività economiche: quali sono? - Impegni per il 1989: acquedotti e fognature
Incontriamo il sindaco di Bobbio Pedice, Charbonnier, nella
rinnovata sede municipale; è stato ovviamente approvato il bilancio preventivo '89 e la relazione
programmatica che lo accompagna. « Tenendo conto della prossima scadenza delle elezioni amministrative del 1990 — precisa il
sindaco — abbiamo volutamente predisposto un programma
che non rappresenti un’ipoteca
per la giunta che opererà nei
prossimi anni ».
Ma quali saranno le linee generali di intervento?
« Quando abbiamo predisposto
il bilancio, non abbiamo potuto
evitare di considerare due dati
oggettivi che i comuni hanno in
pratica dovuto subire dallo stato: il taglio dei trasferimenti di
denaro e l’imposizione della tassa sulle attività imprenditoriali.
Mi sem.bra che in generale non
vi sia, a livello governativo, ma
anche regionale, l’attenzione necessaria rispetto ai piccoli comuni montani, a cui competono per
altro compiti che non interessano soltanto la piccola realtà locale. Per quanto riguarda la
Tascap, abbiamo decìso di applicarla nella misura minima in
quanto non tiene conto dei problemi di una realtà come Bobbio ».
Dunque quanto previsto per
l’anno in corso rappresenta un
po’ la chiusura dell’attività di
un ciclo...
« Precisamente; stiamo operando in particolare verso quei settori primari quali le fognature
e gli acquedotti. Nel primo caso dovremmo arrivare presto alla totalità degli allacciamenti nel
concentrico. Per quanto riguarda gli acquedotti, tenuto conto
che le nostre sorgenti di captazione sono praticamente tutte
nell’inverso, dobbiamo trovare
approvvigionamenti anche all’indiritto, per evitare, nel pur remoto caso di gravissimi danni
da alluvione, di veder troncato
l’afflusso di acqua potabile. Devo anche ricordare il positivo
esito dell’esecuzione dei lavori
per l’acquedotto al Pra e per
quello della Baissa dei Campi ».
Parlando dell’istituzione di una
tassa sulle attività artigianali è
stato detto che essa colpisce in
modo ingiusto anche le piccole
attività; cosa è previsto nel comune quale sosterò all’attività
artigianale ed agricola?
« Dovrebbe attivarsi la scuola
di artigianato del ferro battuto
che potrebbe anche offrire sbocchi occupazionali; per quanto riguarda il settore agricolo, l’amministrazione, pur non direttamente coinvolta, vede molto positivamente i miglioramenti alla
latteria sociale, possibili grazie
ad un intervento regionale. Un
problema, in prospettiva, rispetto alla presenza sul territorio di
persone in età lavorativa, potrebbe derivare dalla possibile chiusura della scuola: fin qui è stata
evitata, ma siamo in costante allarme ».
Per favorire le attività agricole o di sfruttamento del ricco
patrimonio boschivo del comune
sono state realizzate parecchie
piste di servizio; sulla progettata pista Villanova-Pra si sono
spesi già fiumi di inchiostro ed
il dibattito non può certo dirsi
chiuso, ma in questa occasione
VAL PELLICE
Più collaborazione tra
cittadini e enti pubblici?
Il rapporto industria-ambiente - Finalmente un’assemblea pubblica sulla Cartochimica
Convocata per iniziativa dell’USSL 43, si è svolta venerdì
scorso 14 aprile una riunione che
ha visto la partecipazione dei
rappresentanti del Comune di
Lusema S. Giovanni e di un folto grupjx) di ambientalisti.
Il tema proposto era l’organizzazione di una giornata di studio sulla questione generale della compatibilità fra ambiente e
produzione industriale. Ma la
questione della Cartochimica si
è ancora una volta imposta all’attenzione. Dai cittadini presenti, infatti, è venuta unanime una
richiesta; si cominci con una assemblea pubblica che prenda in
esame i problemi dello stabilimento lusernese che da qualche
tempo desta tanti interrogativi.
In questo modo si potrà diffondere il più ampiamente possibile l’informazione e si offrirà a
tutti gli abitanti interessati la
possibilità di intervenire nel dibattito sulla questione specifica.
Rassicuranti, per altro, le dichiarazioni del dott. Vecchie
(tecnico deirUSSL). Egli ha riferito che le ultime ispezioni eseguite nel mese di aprile hanno dato risultati positivi quanto
a] rispetto dei limiti di legge per
le emissioni ed hanno permesso
di constatare che la fabbrica ha
ottemperato alle prescrizioni delrUSSL, installando particolari sistemi di sicurezza e decorticando il terreno inquinato dalla for
vorremmo chiederle un suo parere sulla possibilità che tutta
l’area del Pra venga inserita in
una proposta di istituzione di
parco.
« L’amministrazione comunale
di Bobbio è stata da sempre favorevole all’istituzione di parchi
(basti pensare che negli anni ’70
essa si fece promotrice della creazione dell’oasi del Barant); rimaniamo favorevoli a tale prospettiva a due condizioni: che
accanto a norme vincolistiche,
che pure ci vogliono, ci .siano
dei fondi a disposizione per riequilibrare la situazione e poter
portare avanti determinate attività e che l’iter burocratico di
ogni intervento eventuale venga
ridotto nei tempi, non nella serietà, coinvolgendo maggiormente gli enti locali ».
Infine una considerazione che
parte da un paragone con la vicina Francia ed il parco del Queyras...
« Nel 1985, in occasione del terzo centenario della revoca dell’editto di Nantes, l’ente pubblico si è fatto promotore di un
grosso rilancio di tutta quell’area, con interventi economici non
indifferenti; da noi, nell’anno del
tricentenario del rimpatrio, al di
là di qualche iniziativa discutibile, c’è stata la totale assenza
di stato o regione, perdendo in
pratica un’occasione di rilancio
delle valli ».
Piervaldo Rostan
Servizio
veterinario
Da lunedì 17 aprile è in funzione, presso la Comunità Montana Val Penice - USSL 43, il servizio veterinario zooiatrico mediante rincarico al medico veterinario dott. Luciano Testi.
Tale servizio, che funzionerà
24 ore su 24 per tutti i giorni
dell’anno, garantirà gli interventi per chiamate d’urgenza e per
tutte le malattie non comprese
nel normale piano di risanamento del bestiame o soggette a
provvedimenti di polizia veterinaria.
Ciò significa che oltre ai tagli ed ai parti, potranno essere
richiesti tutti gli altri interventi
zoosanitari (fecondazione artificiale, malattie neonatali, ecc.).
L’allevatore che chiama il veterinario dovrà corrispondergli
le spese per la prestazione professionale in base alle tariffe fissate dall’ordine dei medici veterinari della Provincia di Torino.
Possono richiedere l’intervento
del veterinario tutti gli allevatori
residenti nel territorio della Cornimi tà Montana Val Pellice USSL 43 che possiedono animali da reddito, quali bovini, ovini, caprini, suini ed equini.
Tutti coloro che abbiano necessità di chiamare il veterinario incaricato possono telefonare ai seguenti numeri:
0121/932654 presso USSL 43
dalle ore 8 alle ore 17 dal lunedì
al venerdì, oppure 011/3196678
(abitazione) nelle restanti ore
e giorni.
VAL GERMANASCA
Per i problemi
del territorio
maldeide fuoriuscita da un serbatoio a causa di un incidente.
« E’ necessario — ha affermato il presidente dell’USSL, Longo — che si esca in modo costruttivo dalle polemiche e dai
malintesi, rinnovando l’impegno
di collaborazione fra ente pubblico e cittadini ». Due le decisioni operative emerse dal dibattito: il 12 maggio prossimo si
terrà a Luserna (probabilmente
nel bocciodromo) l’assemblea
pubblica sopra citata e successivamente si continuerà il discorso con la formazione di un gruppo di lavoro e la realizzazione
di ulteriori iniziative allargate ai
problemi generali nascenti dal
rapporto fra attività produttive
e ambiente.
E. F.
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Si riunisce ormai con regolarità il gruppo costituitosi di recente in alta Val Germanasca
sui problemi del territorio ed
TORRE PELLICE
Studenti
in visita
Nei giorni scorsi hanno soggiornato in vai Pellice alcune
allieve della scuola politecnica
femminile (E.P.F.) di Sceaux,
fondata nel 1925 dalla signora
Marielouise, nelle vicinanze di
Parigi.
Si tratta di una scuola che
consente alle studentesse di approfondire la loro conoscenza
su varie attività industriali a livello europeo; perciò nel corso
di una settimana trascorsa nel
pinerolese, sono state visitate la fabbrica di mobili De Giovanni in vai Varaita, la ditta Annovati di Pinerolo, la ditta Caffarel di Luserna e la Fiat auto
di Torino.
Tornate in Francia, le studentesse dell’E.P.F. hanno scritto
ringraziando vivamente tutti
quelli che si sono adoperati per
rendere il loro soggiorno interessante, ed in particolare i responsabili della foresteria valdese di Torre Pellice.
P. G.
ambiente. Si tratta di im gruppo laico che è costituito da una
decina di persone, giovani e
meno giovani, e che si propone
dì: analizzare l’attuale situazione valligiana (economica, sociale, politica); verificare la possibilità di concrete prospettive occupazionali e di rifondazione del
tessuto sociale, riproponendo come protagonista la gente che
attualmente vive o che sia disponibile a vivere in montagna; polarizzare l’attenzione verso gli
attuali dibattiti in corso che
coinvolgono il nostro territorio
(es. la proposta di ampliamento
del parco naturale Val Troncea;
l’attuale situazione dei servizi;
ecc.) ed informare e sensibilizzare con dibattiti la popolazione.
La prossima riunione è convocata per mercoledì 26 aprile alle ore 20.30 a Massello presso la sala del Reynaud; tutti gli
interessati sono cordialmente invitati a partecipare ed a portare
il loro contributo. m. m.
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11
21 aprile 1989
valli valdesi 11
BRICIOLE DI STORIA VALDESE
REGIONE PIEMONTE
Priorato di San Cristoforo
Un antico convento nel fondovalle a Villar
rifacimenti e restauri rimane una cantina
Pellice - Dopo secoli di
Racconta una leggenda...
Sito in fondovalle, nel pianoro
del Pellice, quasi al confine con
Torre Pellice, questo agglomerato di case, abitato ora da più famiglie, è quanto resta del Priorato di S. Cristoforo.
Le prime notizie le abbiamo
dal Rorengo, nelle sue Memorie
Historiche del 1649, a pag. 127:
« Vi era parimente un Priorato
al Villar nella medema valle, sotto il titolo di S. Cristoforo, dipendente dalla Abbatta di Caramagna, quale prima fu dei
Monaci di Benedetto fondata nel
1228 e poi concessa nel 1444 olii
Monaci Negri del medesimo ordine. ...Di questo Priorato ne fu
investito dall’Abate di Caramagna un Monaco chiamato Don
Pompeo residente nel medemo
luogo (Caramagna), quale nel
spatio di quarantanni che ha posseduto il titolo, non si sà che mai
visitasse la Chiesa, né beni, che
perciò sono posseduti da Heretici, la Chiesa rovinata e ridotta a
stalla ».
Gli storici, in seguito, hanno
tutti riportato più o meno letteralmente questa notizia del Rorengo. Il Caffaro, nella sua opera: Notizie e documenti della
Chiesa pinerolese (voi. VI, 19011903), a pag. 459 cita quanto scrive il P.orengo e aggiunge, di suo:
« Questo... è ancor ricordato in
certi atti di lite tra Aleramo da
Ponte di Mondovì e Bernardino
Rorengo dei Conti di Luserna,
svolti dal 1540 al 1551 davanti al
Parlamento di Torino, in cui si
dice che i Rorenghi possedevano
beni in Villar "loco dicto de Sanctum Christophorum” ».
Augusto Jahier, nel suo Le
Villar dans l'Histoire Vaudoise
(17 febbraio 1914), a p. 4 ricorda
che la prima volta che si incontra il nome di Villar in un documento è nel 1228 in occasione
della fondazione del Priorato di
S. Cristoforo, scrivendo di aver
preso questa informazione da J.
Jalla nella Histoire populaire des
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 23 APRILE 1989
San Germano Cfiisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Fenestrelle: FARMACIA GRIPPO Via Umberto I. 1 - Tel. 83904.
MARTEDÌ’ 25 APRILE 1989
Pinasca: FARMACIA BERTORELLO Via Nazionale, 22 - Tel. 800707
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel, 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; Telefono 932433 (Ospedale Valdese),
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 23 APRILE 1989
Torre Pellice: FARMACIA MUSTON,
Vìa Repubblica 22 - Telef. 91328.
martedì’ 25 APRILE 1989
Bibìana; FARMACIA GARELLA - Via
Pinerolo, 21 - Telef. 55733.
Bobbio Pellice: FARMACIA - Via
Maestra 44 - Tel. 92744.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricherasio: tei. 598790
Vaudois, 1904 (pp. 54 e 104), il
quale aveva a sua volta riprodotto, senza citarne la fonte, quanto scritto dal Rorengo.
Armand Hugon in Storia dei
valdesi, II (1974), a p. 8 cita G.
Jalla, Storia della Riforma in
Piemonte, voi. I (1914) che, a p.
5, riporta quanto scritto da Caffaro in proposito, e cioè, praticamente, siamo sempre alla fonte
Rorengo.
Caramagna è una cittadina a
6,5 km da Racconigi, ad est lungo la strada per Sommariva del
Bosco, citata per la prima volta
in un documento del 1025. Verso
il fondo dell’abitato, sul luogo
ove sorgeva l’abbazia benedettina, fondata nel 1028, si trova ora
la parrocchiale di S. Maria, rifatta più volte in varie epoche,
nel cui interno rimane traccia
della primitiva costruzione romanica.
I Signori di Luserna, oltre a
quanto possedevano in Val Pellice, avevano delle proprietà ohe
si estendevano nella pianura del
Po, fino ad essere in contatto coi
monasteri di Caramagna e di
Staffarda, ai quali essi avevano
fatto delle donazioni, non sempre
ben definite, che hanno poi dato
occasione a controversie e litigi.
Del convento di Caramagna verso il 1219 era badessa Isabella,
probabilmente figlia di Guglielmo
di Luserna. Questo può spiegare
perché fu proprio l’abbazia di Caramagna a fondare il Priorato di
S. Cristoforo.
Dell'antico convento rimane
ben poco a causa di aggiunte, rifacimenti, restauri, fatti attraverso i secoli. C’è una cantina a volta di pietra che forse potrebbe
essere dell’epoca e una stalla, ora
adibita a deposito, che avrebbe
potuto essere la chiesa, perché
sulla facciata, accanto alla porta
d’ingresso, si dice ci fosse in passato (ora non ve n’è più traccia)
una immagine della Madonna.
Sul posto, la sig.ra Davit, una
delle abitanti del luogo, mi ha
raccontato la leggenda di una
giovane valdese che,- per recarsi
all’Inverso, doveva passare dinanzi al convento per raggiungere il ponte sul Pellice che a quell'epoca era in quella località (ora
è molto più a monte). Un frate si
mise a seguirla, essa continuò
per la sua strada fino a raggiun
gere il ponte e, quando fu in mezzo, con rapida mossa si voltò
dando uno spintone al frate facendolo cadere in acqua, poi continuò per la sua strada. La leggenda è l’opposto di quelle riportate da Jalla nelle sue Légendes
des Vallées Vaudoises, relative
a fanciulle che per sfuggire ai loro violentatori si buttano in un
precipizio: la Bella Gianà dalle
parti di Castelluzzo, un’altra dalle rocce di Maniglia, un’altra ancora, di Rorà, dalle rocce che sovrastano Ponte Vecchio e infine
una dalle rocce della costiera del
Villar.
Invece in questo caso è una fanciulla che si ribella al suo persecutore, sbarazzandosene. Ma forse
questa leggenda si è creata sulla
base del ricordo delTepisodio del
1629 quando le donne del Villar
si sono caricate sulle spalle i monaci e li hanno trasportati fuori
del comune.
Poco distante da S. Cristoforo
passa il torrente Caroufrat, che
segna il confine fra i comuni di
Torre e di Villar. L’etimologia
popolare vuole che il nome derivi
da un frate di nome Carlo. Anticamente il torrente passava davanti al convento, ma poi fu deviato, dopo il ponte del Teinòu,
chi dice a causa di una frana, ohi
invece per opera dei frati per evitare delle frequenti inondazioni
(e da questo verrebbe il nome di
Caroufrat), facendolo volgere
verso est parallelamente al corso
del Pellice nel quale si butta a
quota 569.
Il più antico cenno a questo nome lo si trova in un documento
del 1713: Combai di Casa Prato
e nel 1742: Combaie di Caròfratte
ossia di Moglie (località sopra ai
Chabriol superiori e sotto a quella di Ciafrait). Il Gilly, in Waldensian Researches, 1831, lo nomina « Carofratre ». La Gran Carta degli Stati Sardi di terraferma, foglio 57, Monte Viso,
1/50.000, ediz. 1852 lo indica come: « Comba della Costa ». La tavoletta 1/25.000, III NE del foglio
67 della Carta dell’Istituto Geografico Militare segna « Carofrate ». La sola che dia il nome corretto « Caroufrat » è la Carte des
Vallées Vaudoises, 1/50.000, del
1898 edita dalla Société Vaudoise
d’Utilité Publique.
Osvaldo Coisson
Ad otto anni dal frutto della
sua prima ricerca, « Canté balé
fijette », il gruppo di musica popolare « La cantarana » ha presentato un’altra musicassetta intitolata « Tin tun teno »; si tratta .sostanzialmente di canti raccolti « sul campo » in dieci anni
di attività, incontrando vari personaggi di molti dei quali non resta ora che la voce registrata.
La cassetta presenta 23 brani,
fra cui nove sono danze locali
(courènta), repertorio musicale
delle valli Chisone e Germanasca. « Si tratta — dice Mauro
Durando, uno dei componenti il
gruppo pinerolese — della documentazione di una pratica musicale che perde terreno di giorno
in giorno, ma che ancora non è
La Regione Piemonte ed il
CSEA (Società per lo sviluppo
delTeletIronica e l’automazione)
organizzano dei corsi di formazione professionale. Si tratta di
corsi promossi dalla Comunità
economica europea finalizzati
alToccupazione e diretti a diplm
mati di età inferiore ai 25 anni.
I corsi sono gratuiti, con frequenza obbligatoria ed orario a
tempo pieno. Al termine, in base all’esito dell’esame finale, durante il quale verrà discussa una
tesi elaborata nella fase conclusiva del corso, secondo quanto
previsto dalla legge quadro del
21/12/’78 n. 845 e dalla legge regionale del 25/2/’80 n. 8, la Regione Piemonte rilascerà im at
Oggi
e domani
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 20 aprile, ore 16.45, avrà luogo al Centro
d’incontro una riunione con il seguente o.d.g.; a) Azione urgente in favore
di sette condannati a morte, cittadini
del Burkina Faso (Africa); b) Azione
in favore dell'editore turco Recep Marasli, incarcerato per il suo impegno
giornalistico in difesa dei curdi; c)
Azione in favore di una cittadina dello
Sri Lanka e delle sue tre figlie di 17,
12, 10 anni, arrestate il 12 novembre
'87 e scomparse; d) Nuova azione in
favore di Alì R. Duman; e) Varie.
Cooperativa
TORRE PELLICE — L'assemblea annuale della cooperativa operaia di consumo si svolgerà sabato 29 aprile alle ore 21 nel salone della Società di
mutuo soccorso in via Roma 7.
Cinema
TORRE PELLICE — Questi gli appuntamenti proposti dal cinema Trento:
venerdì 21, ore 21.10, « Salaam Bombay » di M. Nair; sabato 22 e domenica 23, « Sotto accusa »; martedì 25,
« Il frullo del passero ».
Proiezioni
UNA MUSICASSETTA DELLA ’’CANTARANA”
Tin tun teno: il canto
del “quotidiano”
PEROSA ARGENTINA — Concludendo il ciclo di proiezioni organizzato dall'associazione Alidada, venerdì 21
aprile, alle ore 21, presso la biblioteca
comunale avrà luogo una serata sul
tema: « Montagna in libertà ».
________Fiera primaverile____________
LUSERNA SAN GIOVANNI — La fiera
primaverile avrà luogo, come di consueto, lunedì 1" maggio.
Segnalazioni
stata sopraffatta del tutto dalla
marea di suoni e rumori che ci
riversa addosso una società più
interessata a far di noi dei consumatori di musica che dei soggetti attivi e consapevoli ».
Due, sostanzialmente, le sezioni in cui è diviso il materiale raccolto: su un lato un repertorio di
canti « sociali » (sul lavoro, sull’emigrazione, contro la guerra)
di cui le valli sono ricche, sull’altro sono invece presenti vari
generi, canti in genere allegri c
divertenti.
Insomma una scelta fra il molto materiale raccolto in differenti zone delle valli, in lingua
francese o patois indifferentemente, che non mancherà di suscitare l’interesse del pubblico.
TORRE PELLICE — Scadrà il 28 aprile il termine per l’iscrizione dei bambini di Torre e Luserna aH’asilo nido gestito in consorzio dai due Comuni e dalla Comunità Montana.
PEROSA ARGENTINA — Venerdì 21
aprile, alle ore 20.30, nei locali del
cinema Piemont, proseguendo la serie
di incontri dedicata al problema droga,
la psicoioga Marina Dacomo parlerà sul
tema: •< Le conoscenze utili alla prevenzione; il difficile periodo dell'adolescenza ».
testato di specializzazione rispetto al quale gli uffici di collocamento assegneranno le qualifiche
valide ai fini delTawiamento al
lavoro e delTinquadramento aziendale.
Le modalità di realizzazione
formativa e di erogazione della
borsa di studio potranno variare in funzione delle autorizzazioni concesse dal Fondo sociale
europeo a cui è stato richiesto
il finanziamento dell’iniziativa.
NeU’ambito dei corsi, della durata di circa 1.000 ore, sono previsti insegnamenti teorici integrati da esercitazioni guidate con
utilizzo di sistemi di calcolo.
Le lezioni si svolgeranno presso la sede del CSEA in via Ventimiglia 201 a Torino (palazzo
del lavoro); per iscrizioni ed informazioni rivolgersi al numero
telefonico 011/6966572 tra le ore
9-11 e 14.30-16.30 di ogni giorno
escluso il sabato.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Luigi Alberto Pons
nell’impossiibilità di farlo singolarmente, ringrazia tutti coloro che hanno
preso parte al suo dolore.
Un sentito grazie al personale e aUe
suore della Pro Senectute, al past.
Giorgio Tourn e al past. Lucilla Peyrot.
Massello, 6 aprile 1989.
« Nessuno di noi vive per se
stesso... Sia che viviamo, sia che
moriamo, apparteniamo al Sisnore »
(Romani 14: 7 e 8)
Ha prematuramente concluso la sua
vita terrena
Dante Mazzarello
Nell’annunciarlo, confortati dalla
speranza della resurrezione in Cristo,
Anna, Giovanni, Elena, Maria e tutti
i parenti, sono grati al Signore per la
presenza costante di amici e fratelli, in
particolare delle comunità genovesi,
che ha recato conforto spirituale e materiale al loro caro e a loro stessi, durante il lungo periodo della malattia.
Genova, 8 aprile 1989.
« Sta’ in silenzio dinanzi all’Ex
terno, e aspettalo »
(Salmo 37: 7)
Il Signore ha richiamato a sé
Ida Coìsson
Ne danno il doloroso annunzio Assely vedova Ghentre con la figlia Elsa
e i parenti tutti.
((. E quando fu sera Gesù disse:
passiamo all’altra riva »
(Marco 4: 35)
San Germano Chisone, 10 aprile 1989.
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dell''vniuerfo: C enei fecondo Caria : ? eneltcr^
^ fcpara Cacque dalla terra » e crea le piante di
quella: 14 e nel quarto crea gli afri: io e nel
quinto gli animali aerei,ed acquatici: 14 enelfcJlo i terrejlfi, iC eChuorno' z8 poi gli benedice,
edajfcgna loro il lor diftinto nutrimento.
1 uAii«. y iumiuai» uuiia'y.14. 3
i del ciclo » per far diilintionc trai giorno, c 7.
:c : c quelli ueno per "regni, c per d/fingusr
E L ® principio ♦ Iddio creò
"il ciclo, c "la terra.
L E la terra era vna cofa
Mifcita, c vacua :c tenebre
erano fopra la faccia dcir*abiflb : c 'io Spirito di Dio "lì
nioucua fopra la faccia dell*
acque.
} Ed ^ Iddio diÌTc, "Sia la luce. E la luce fu.
4 Ed "Iddio vide che la luce era buona. Ed Iddio "fcparò la luce dalle tenebre.
5 Ed Iddio "nominò la luce Giorno, eie tenebre Notte. Cosi fu "fcra,cpoi fumaitma,c/;</«ir
prijiio giorno.
6 Poi Iddio diilc, Siaui vna "Jiilcfa "tra Tacque,
laqual icpari Tacque JalT acque.
7 Ed Iddiq fece quella diAcfa:c fcparò Tacque
1; Cosi fufcra,cj!>*jifumattiaajf/^i/li il terzo
giorno.
14 Poi Iddio diifc, ^Sienui de’"luminati nella o/.ra. 341^
difteia d< ' ■ ■
lanette:
le fr.igioniiC* giorni,c gli annÌT
1; E freno per luminati nella dincfa del ciclo,
per recarla luce in fìi la cetra. Ecosìfu^
16 Iddio adunque fece i due "gran luniinari: (il
maggiore ,pct "haucrc * il reggimento dcj giorno:
c’Iniinorc, per liaucrcil reggimento della notte)
c le Ìlcllc.
17 Ed iddio gli mife nella diilcfa del ciclo, per
recar la luce fopra la terra.
18 E per haucrc il reggimento del giorno, e
delia notccyC per fcpararlalucc dalle tenebre. £d
Iddio v^dc che eia er«» buono.
19 • Cosi fu fcra,c pai fu mattina, che fu il quarto
giorno.
10 Poi Iddio diflc, Producano Tacque copiofamcntc. "rettili, che fieno animali viuenti : e volino
gli vccclli fopra la terra, e per la diftcfadcl ciclo.
11 ^ Iddio adunque creò le gran balcjic, ed o-^.u. Sai.
gni animai vincntc che va fedendo \ iquali ani-104» 2.6,
mali Tacque produlfcro copioiamentc, fecondo le
loro fpctic : ed ogni forte d’vccclli c'hanno alc/ccondo le loro ipctic. Ed Iddio vide che do era
clic fon difotto alla diAcfi, da quelle che fon difo- buono,
piad’cifi. Ecosjfu. ij, Ed Iddio gli bcncdilTc: dicendo, ^Figliate,-j.ii.Gewj
S Ed Iddio nominò la difefa "Ciclo. Cosi,fu multiplicare, ed empiete Tacque ne’m.iri: multi« 8.17.
fera, e poi fa mattina, che fu il fecondo giorno. plicliino parimente gli vccclh nella terra.
>v.9* 'J Eoi Iddio diflc , ♦Sicno tutte Tacque, '.*5 Coslfufcra,cpaifumattina,f/.»^/iiilquin
z6.10.i38. fotto al ciclo,raccolte "in vn luogo, edapparifea togiorno.
8. S^/. 33. Tafeiutto; E cosi fu, ’14 Poi Iddio diflc , Produca la terra animali vi*
7.6X04.6. IO Ed Iddio nominò TafciuttoTcrra , e la rae- ucnti, fecondo le loro ipctic :bdUc domcftichc,
Trou.S.i9 ¿qlta dell* acque Mari. Ed Iddio vide che rio rettili, e ñere della terra,fecondo le loro/¿'ccic. E
icr.j.ii. buono. così fu.
Il Poi Iddio diiTc, Produca la terra "hcrb.a mi- ij Iddio adunque fece le fiere della terra,fcconnuta, herbe che facciano feme, ed alberi fruttiferi do le loro fpctic : egli animali douicilici,fecondo
che portino frutto, fecondo le loro fpctic ; il cui le loro fpctic : ed o^\\i forte di rettili della terra, v.i6.Gcn7
Icmc fia in cfl'o, fopra la terra. E così fu. fecondo le loro fpctic. Ed Iddio vide che do era ;.i. e 9.6.
it La terra .adunque produflc herba minuta, buono. * I. Cor.u»
herbe che fannofeme, fecondo le loro fpciic, ed z6 Poi Iddio diflc, ‘'Facci.imo "Thuomo ^alla 7. Efef.^.,
alberi che penano frutto, il cuifeme eia elfo, fc- noAra "imagine, fecondo la noftrafimiglianzarcd 14. Col.},
condo le loro Ipctic. Ed Iddio vide che do era *habbia"lafignoriafopraipcfcidclinarc, e fopra io.
buono. gli vccclli del ciclo ,cfopralc bciUc,c fopratutta * Sal.S.7,
[*. I. v.T. Kttprmt'ipje e.Iddio,dando il primo cflcre al mondo,comincio per la crcaùone delle due parti generali d'cltò: e poi fcgul«
: particolari. i/cif/«c.Ia parte più alta » ed eterea: lotto laqualc vccilìinilmente il comprendono gli Angeli : Gcn.z.t. U trrrm
CA?. I
io alle p;______ ____________^ . .. . , . .....
c.la parte dell’ vniuerfo bafla.cd elementare : chiamata qui indiiTcj^nccmcncc terra, acque,ed abiiTo: pcrcioche era vna inaila confuía
di timi gli elementi. v.i.diftriàc. fenualcuna creatura particoUre,edlflinta: fenu ordine., ne forma,ne ornamento.
c.la terza perfona della iàcraiiitìma Trinità, immediatamente, e per U Tua propia opc^ationc:cl^cdi^confcruarcc fúflcncre tutte le
cofe neU'cQére,c'Uaimo liceuuto perla fourana volontà del Padre, e per T.ntiqn produttidadcl Figliuolo: vedi 5al.t 04.29.30. /ma«
Mrw« il trrminc Ebreo accenna il mouiinento, o battimcnio dell'ale , che fal'vcccllo fopra la fua nidata: per ilgnificar l'attinne dello
Spirito fantò Inibilcnctc e fomentar quella maiTa informe, e prepararla alle produttioni feguenti. V. 3. egli è vcrUtmile che Ix
iucc fu da principio imprefla in vna parre del cicIo,il cui gitarcfccc i tre primi giorni: e che nel quartoclla fu iiflrctta nel corpodcl
folc.od anche di tutti gli altri a Ari, ma in grado diflcrcncc. v.^.ldJiévuU c.^radlcd approuò l’opera Aia > vi prefe diletto, per con
feruaria, /par# e.ordinò chc’lciclo giralTc del continuo: e che quando Tcmirpcto imptcìTo della luce farebbe fopra la terra, fofle
giorno: qua'ndoljrcbbefDr(o,fofle notte. Ilchc fu il principiodelle vicende dei giorno , e della notte. .V.j. luwiin. Iddio imnuonc
1 nomi a quefte ¿grandi creature, ch’egli riferbaua folto’I fuo gouerno: Gen.t .i.io.e j.t.e lafcia eli'Adamo dia il nome à quelle ch’egli
gli fotioiuctteua. Gen.z. 19.ij, »//rac.nottc : dallaqualc gli Ebrei cominciano i lor giorni ciudi. Il icnA> c,NcUó fpatiodi queflo
primo giro del ciclo altra cofa non fu creata, fenon le Ibpiadcttc. v.6. df/lf/à c.I'aria,corpo ibuile.e rato : ilqualccflcndo Hat»
annanzi confufo nella maflà degli elcrachti • hora R'à fcparato,e pollo nella fua propia regione. ^ #fa/’«i^wla ^critrar4’pu#ncdcirac
que nel cielo, 5)1.104.3. e 148.4. fenza però dichiararne la natura, ne Tvfo. Secondo alcuni,fono la foilanza AefTa del cielo : non ilnidc»
---------------------------------— ’nrari.-Chc chciìa,c|;Ii noni detto che Acnoflatc tratte dalla mafla da balTo. ;L’acquc da baiToic
n’impurc.ne coriuttibin.comcl’clcmenrari _ . , ^ .
ccnnanoanchora qui l’acqua e la terra mìfchiatc infleme m vna materia fangoià. V.8. Citi» nome comune nella .Scrittura alTana,
al luogo degli aflrLcdalla danza di gloria.. v.9. in vntueg» c.nci grande abiflb iottcrra,Gen.7.it.ilquale ha ruediuerfe bocche difopraa
vedi 5al.i4.2. v'.ii. qucA'cqucl pel dclThcrba,che lufcc da fcftcflbylcza feme,e fenza coltura,cd è il palco delle bcflie.
c.gran corpi cclcfli, ri tondi, ne* quali Iddio tiduiTcla luce. Hor,coa qucAi corpi,fu tono et iandio Aauiiitl i lor inouiinemhdilfe..
lenti fra loro, e 4i quel del cielo, funi c.d'ciTeiit cdauuenimcnti naturali »comedi caldo, di freddo, di pioggia , di fcrcnitì
¿cc.A'gnali d'occaflonic llagioni di molte ^trioni humane: ed anche prefagidi diuerA accidenti ilraordinarh ^ v.ir.. gtnh benché
ia vero la luna noni?* -------’’— «*- ----
fia nili grande d'ogni altro afleo. Ma e io à detto per tìfpcito della villa noflra ,.ili aquale cflàc piu vicina : ed anche»
perla'faaopcrationcpiufcnfibilc. b»ntrt non folo per la luce : ma anche per la virtù maggiore dell’ influilb.edopciatione : lob 38.33.
T.:o. rvrM.'i nome comune a tutti animali,tanto acquatici, quanto terreltri,iquali fi Arafcirvino, fcrpono,o guizzano. Qui fono ¡ntc/&gli acq'aat:ci. c v.a4,i terreflri, v.a«. quella maniera di coniulta del Padre «ol Figliuolo, ch'à la fua Sapienza eterna, e del
litri efirmpli Gen.3,22. ed 11.7. Ifa.c.s.vfata qui nella fola cicationc dell'huomo, parcalimoflr.irl'ccccl.
fuoSpirtio dellaquale vedi a!
lenza di quello (opra l'altrc creature.
, , ____________ rhu,mò c.la fpctic degli huomini ,ncl fuo primo ceppo , e fonte. polla nelle qualiti
ipitituale, immateriale, immortale dell’ anima d'eflb: nelle facultànaturali di quella,inielligcnxa,mcmoiia,tagionc,volontà: ne* doni
lopranaturali di iapienza, giuflitia.e làntità : e nella .fignoria fopra Talttècrcature t'.tutte flampc siuattc oeU'huomofopia’l modelle
eterno delle perlcttiooi di Dio. cosi per lo reggimento »come per Tvfo, c’ifecuigto.
A ij
Formato cm. 20x31, pp. 1450
La Società Biblica propone la Ristampa Anastatica della Bibbia Diodati del 1641, unica e limitata nel
numero. Per questo importante progetto la Società Biblica lancia una
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Certa della • sensibilità e della solidarietà di quanti desiderano confrontarsi con quelle pagine che costituiscono una « memoria storica » delTevangelismo italiano, la Società Biblica conta di vedere realizzata
quest’opera entro Pasqua 1990.
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