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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 ANGROGNA
Sellimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 15
Una copia Lire 60
\bbomamenti
Eco: L. 2.500 per Tinterno
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TORRE PELLICE - 11 Aprile 1969
\mmLU. Claudiana Torre Pellìce - C.GJP. 2-17557
RESPONSABILITÀ DELLE CHIESE E DEI TEOLOGI
"Inflazione,, nella teologia?
jVel campo monetario, si può distinguere fra i periodi di jtrogressiva, impercettibile diminuzione del
potere d’acquisto della moneta, e i
periodi invece di vera e propria « inflazione n, quando il valore del denaro si riduce a frazioni minime del
suo valore facciale in un tempo brevissimo - qiialclie anno, se non addirittura mesi o -settimane. In questo caso si tratta di vera e propria
« inflazione », nel caso precedente
invece gli economisti parlano di slittamento o di sgretolamento progressivo del potere d’acquisto, di inflazione sotterranea; in realtà si tratta
di fenomeni della stessa natura, ma
distinti quanto alla dimensione temporale — tanto distinti che la svalutazione ]trogressiva è spesso chiamata K normale », mentre quella eccezionale prende il carattere d’una
vera e propria malattia acuta: ricordiamo l’inflazione della nostra
moneta e di quella francese negli
ultimi tempi (Iella II guèrra mondiale e subito dopo la sua conclusione, quella della moneta argentina e uruguayana in questi anni, e
quella, eccezionalissima, della moneta tedesca nel dopoguerra 1918.
L’(C inflazione » ha dunque una caratteristica che è molto interessante: quella di percorrere in un tempo assai breve una via che sarebbe
,:rsg»«M#erc.oraa ugualmente,, ma. su ^TjnL^aT-,^.
CO di tempo molto lungo. Mentre
adesso la nostra moneta ha messo
vent’anni per ridursi a metà o un
terzo del suo valore, nel dopoguerra ci metteva venti settimane o venti giorni. In tempo di « inflazione »
è come se il tempo ricevesse una
spinta che lo fa scorrere più velocemente, come nu orologio a pendolo i i‘!. il ¡icndolo staccato, o come
un icagnetofono in posizione di
« scorriìiiputo rapido ».
cendola suonare a una velocità superiore a quella di incisione.
Forse l’esempio dell’arte chiarisce il nostro discorso meglio di quello della scienza: infatti anche in
passato vi è stato un continuo evolversi delle arti, un continuo succedersi di scuòle e di stili — ma ciò
avveniva con « tempi » lunghissimi,
e la società aveva il tempo di assuefarsi, di assimilare quest’evoluzione. Fra il quattrocento e il cintjuecento vi è stato un periodo di relativa accelerazione, e tutta la società
ne ha sentito le ripercussioni — ma
non era nulla in confronto ai ritmi
vertiginosi del nostro tempo. Oggi
la maggior parte degli uomini prova
un senso di smarrimento, di alienazione di fronte ai prodotti più moderni dell’arte — a meno di uno
sforzo eccezionale per riuscire a capire come si arrivi a quelle forme
di espressione, e quale sia il loro significato.
Ci si deve domandare a questo
punto se non è inevitabile che anche la filosofia, l’etica, la teologia
sfuggano a questa « contrazione del
tempo », se anche qui non si può
non sentirsi « vecchi », appartenenti a un « altro mondo », rispetto a
quelli che hanno dieci anni di meno (una volta questo succedeva con
intervalli di trenta - quarant'anni!').
,Sì- chiare che : se questa contrazione
del tempo è un fenomeno generale e
appartiene alle caratteristiche della
società odierna, si ripercuoterà anche nel campo delle scienze morali.
La capacità della società e dei sin
goli di seguire e di assimilare l’evoluzione del pensiero al suo stesso
ritmo è ancora accresciuta dalla vastità della produzione. Ma non è
solo un fenomeno quantitativo: c’è
effettivamente un bruciare le tappe
per il quale i processi di riflessione
dell’uomo e dei gruppi hanno dei
« tempi » ancora totalmente inadeguati.
Come nei casi di inflazione monetaria, l’uomo si trova obbligato
a prendere delle decisioni rapide,
adeguate alla \elocità con cui pro
20 Aprile 1969
e
della Facolii di Tealogla"
a pag. 2-3
leggere un servizio
sulla vifa
delia Facollà
cede il fenomeiio. grattandosi di denaro, diremmo; aliare degli acquisti, o a vendere d^ beni, o a modificare delle forme ^ investimento —
epse che, si sfanno ..^mpre, anche in
tempi a ritmo lento ;\ma che in tempo di inflazione bisogna decidere e
fare su due piedi, con una capacità
di sintesi e di valutazione delle situazioni, e delle opzioni possibili.
Nell’aula magna della Facoltà Valdese di
Teologia in Roma, lo
scorso autunno, inaugurazione dell’ anno
accademico : il professor Vittorio Subilia presenta la prolusione su « Le nuove
tendenze della cristianità all’Assemblea di
Uppsala ».
che sia la più rapida possibile — in
(( tempo reale », si direbBe in elettronica, immagino. i
* * *
Quale responsabilità pone questa
analisi —. ammesso che abbia qualche elemento di verità — alle chiese, ai credenti, ai teologi?
Anzitutto, la caratteristica contrazione del tempo nel periodo in cui
viviamo non esime gli uni e gli altri dall’esercitare la reciproca carità, perché « le lingue cesseranno, la
conoscenza verrà abolita », ma la fede, la speranza e la carità « durano » — « e la più grande di esse è
la carità ». Da una parte quindi
« carità » significherà cercare di capire questo fenomeno della corsa
accelerata del tempo della civiltà e
del pensiero (come è « carità » cercare di capire il senso dell’arte di
oggi inserendolo in un processo storico, e cercando di jricostruirlo, se
a motivo della velocità dei suoi
« tempi » non ne abbiamo percepito le tappe — anziché buttare al macero tutte le manifestazioni dell’arte senza tentare di separare il gra
iMitHmuHflmiKi
Qualcosa di slmile sta avvenendo
con il raniinino della civiltà odierna. Negli ultimi tempi essa ha camminato a un ritmo vertiginoso, a
una velocità molte volte superiore
a quella del passato. Preudiamo l’esempio deiringegneria aeronautica:
certo dall’aereo di Francesco Baracca nella I guerra mondiale a
quelli della II guerra si era fatto
molto raiiiiniiio, ma in venticinque
anni! Nei venticinque anni successi
vi non si è passati soltanto dall’ae
reo a elica all’aereo a reazione; si
è praticamente arrivati sulla luna!
Il cammino degli ultimi dieci anni
è stato iniinensamente più lungo e
rapido di quello dei periodi precedenti. Nel campo bellico, salvo per
i boinhardanicnti delle città, la seconda guerra mondiale non è stata
tanto diversa dalle precedenti di
quanto lo sarebbe una terza adesso,
che rasenterebbe la fantascienza. F
non parliamo di altre scienze come
l’elettronica, la chimica organica
ecc. ecc.
Il fenomeno, tuttavia, non rimane isolato al campo scientifico : qualcosa di analogo si può osservare anche nel campo della letteratura e
\ dell’arte. Anche (pii il tempo ha
camminato a un ritmo pili veloce
che in passato; le esperienze, le correnti, le .scuole si sono succedute le
une alle altre con dei « tempi » che
in media hanno superato le possibilità di assimilazione (o addirittura di pereezione) da parte dell’uonio e della società. Questa non è più
in grado, normalmente, di rendersi
conto dei passaggi fra una scuola e
l’altra, uno stile e l’altro, e rimane
disorientata, come quando si ascolta una musica al magnetofono fa
1(11 tMiiiilimMiiiiiiiii ’
" .... inmiiiiiiiiimiilii .....................
Il messaggio di Uppsala
e la parola dell'Altro
ti deirassemblea ecumenica di Uppsa- tralizzato da repliche, ma insomma pubblicato —
Tutti i documenti dell’assemblea ecumenica di Uppsala sono stati pubblicati, in questi giorni, anche in francese (un’edizione italiana è improbabile; a meno che l’interesse che tali documenti suscitano in campo cattolico non
spinga qualche casa editrice cattolica italiana a pubblicarli!). Essi non hanno finora avuto molta eco, fra noi.
A parte alcune conferenze e il lavoro di alcuni ristretti gruppi di studio, qua e là, una riflessione resta tutta da
fare. A tutt’oggi, salvo i servizi della scorsa estate sui nostri periodici evangelici, si è avuta soltanto una rapida
valutazione giornalistica di Giorgio Girardet, pubblicata
dalla Claudiana nella collana dell’« Attualità protestante » e un più ponderato studio critico di Vittorio Subilia,
Le nuove tendenze della cristianità all’ Assemblea di
Uppsala, pubblicato su «Protestantesimo». Le forti riserve critiche avanzate da quest’ultimo non sono state
prese molto sul serio, in generale, eppure coinvolgevano
la valutazione globale dell’orientamento che la cristianità,
in tutte le sue confessioni "storiche", sembra avere assunto cedendo, per cattiva coscienza passata, alle pressioni deH’umanesimo odierno, che vede l’amore verso Dio
del tutto ricoperto dalLamore verso il prossimo, invertendo o annullando l’ordine dei due grandi comandamenti.
Ultimamente abbiamo letto su « Réforme » — pubblicato un po’ controvoglia e poi subito in qualche modo neu
tralizzato da repliche, ma insomma pubblicato — uno scritto di Jean Kressmann, che ci ha molto colpito. Si tratta
d’ un estratto di un pamphlet. Le message d’Upsal ou la
parole de l’Autre: malgrado il taglio causticamente polemico, unilaterale come ogni polemica, avvertiamo una esigenza di fondo che ci trova profondamente consenzienti.
Si dirà che questa non è tutta la parola evangelica. Va
bene. Ma nel nostro tempo in cui si va sempre più cedendo,
anche da noi, alla seduzione tipicamente cattolica della
“globalità evangelica” — in un equilibrarsi di esigenze divine e umane in cui l’uomo, di latto, ha sempre più posto, e Dio sempre meno — in questo nostro tempo si resta
turbati e al tempo stesso si apre il cuore a questa ricerca
appassionata dell’elemento centrale dell’Evangelo, quello
che ha il primato, quello che qualifica Evangelo e lo distingue da ogni altro verbo. Forse altri saranno, come
noi, condotti a riflettere da questa sconcertante lettura
controluce dei documenti di Uppsala; e a chi vorrà approfondire la riflessione, consigliamo lo studio del Subilia,
che è stato pure pubblicato in fascicolo a parte. Tutto il
nostro lavoro redazionale dovrebbe chiarire che non stiamo optando per il disimpegno; semplicemente, desideriamo che il rinnovamento in atto non significhi, come è
stato detto, porre il mondo dinanzi a noi, e Dio dietro le
nostre spalle.
È sintomatico che i partecipanti aH’Assemblea di Uppsala abbiano creduto bene d’incli rizzare il loro messaggio ai loro « fratelli cristiani ». Una precisazione di questo genere suggerisce di prim acchito ciò che poi tutto il testo
conferma.
Nella loro mente l’ecumenicità,
lungi dal limitarsi alle sole chiese
di Gesù Cristo, si estende a tutti
« i nostri fratelli, gli uomini », fra
i quali i loro « fratelli cristiani »
non costituiscono altro che una
minoranza privilegiata in quanto
« profetica » del « regno che viene ».
L'unità delle Chiese è come fosse già superata, a meno che debba
forgiarsi sul campo di battaglia.
Non è più il fine che il Consiglio
ecumenico si dà, ma la condizione di una vittoria che ingloba il
mondo intero, « in una comunità
mondiale giusta ».
Si spiega cosi questo « atto d’impegno » in fondo destinato a perfezionare, nella gioiosa possibilità
di una « adorazione comune », « la
disciplina e la correzione reciproca di una comunità universale ».
Mobilitata in blocco, fino nelle sue
frazioni più dissidenti, la Chiesa
deve avere a cuore di fornire queste indispensabili truppe d’urto,
saldate anticipatamente fra loro
da una medesima solenne promessa.
Siccome non posso dubitare
della sincerità di un tale « atto »,
mi scuote fin nel profondo. Come
non avrei i sudori freddi quando,
per strapparlo alla bestemmia, devo individuarvi la radicale puerilità delle attuali « colonne » delle
nostre Chiese non romane?
G. C.
Paolo, infatti, è esplicito e formale su questo punto: « Se qualcuno è in Cristo, è una creatura
nuova; le cose vecchie sono passate ». Questo radicale rinnovamento deH’intelligenza, che ci conduce allo « stato di uomo fatto, alla statura perfetta di Cristo, affinché non siamo più dei bambini
trascinati qua e là da ogni vento
di dottrina », non è soltanto l’unico segno di una vera maturità spirituale, ma esclude ogni ricorso a
« atti d’insieme », che, lungi dal
« rispondervi », negano tranquillamente che « lutto questo viene da
Dio ».
Lo scandalo della Croce, come
« la follia di Dio » sono sicuramente cancellati, quando la Chiesa immagina che sia tranquillamente
« possibile » un'azione comune
(Continua in IV pag:na)
no dalla pula o dalla zizzania). Dall’altra « carità » significherà capire
questo disorientamento della società (nella fattispecie, della chiesa),
« comunicare » le proprie preoccupazioni, i problemi che affiorano o
che urgono, tradurre il linguaggio
che si parla — non fare dell’ermetismo un motivo di compiacimento,
o ritenerlo un male inevitabile; usare il paradosso come argomento eccezionale e non come moneta spicciola (ché oltre ad essere dannoso,
diventerebbe anche autodistruttivo,
cessando d’essere . para-doxale).
II secondo impegno, non certo secondario rispetto al primo, sarà
quello della fedeltà evangelica delle
comunità e del pensiero teologico.
È chiaro che cpiesta fedeltà non sarà una fedeltà astratta, teorica —bensì una fedeltà profondamente
radicata neU’umano, che porti Cristo nel vivo dei problemi dell’oggi — senza perdere il suo radicamento nell’Evangelo, sotto pena di
cessare d’essere una testimonianza
di Cristo. Anche (juì sarà la « carità » che dovrà fare un sol corpo in
Cristo dei carismi diversi del suo
popolo, perché l’isolamento degli
uni dagli altri non potrà portare che
all’esasperazione unilaterale di problemi diversi (speculativi, cultuali,
ecumenici, politici, sociali, interiori ecc.), unilateralità che in (pianto
scelta equivale, usando la parola
greca, a eresia.
Il terzo impegno riguarda sopratutto i teologi, e anche (juesto è dialettico: da un lato essi dovranno
sforzarsi di capire il carattere del
loro tempo e la sua accelerazione
frenetica, per poter parlare Ogni
giorno all'oggi e non rimanere attardati all’ieri e alle sue tematiche.
D’altro canto, la meditazione teologica della chiesa dovrà fare la massima attenzione a non lasciarsi travolgere (la quell’accelerazione, come
una vettura che si lascia travolgere
dalla sua velocità e non è più in grado di controllarsi. In particolare,
questo travolgimento potrebbe assuuK're la forma di una tentazione
simile a quella che si presenta in
altri campi: pensare che si possa
costruire un missile o un calcolatore elettronico o un grattacielo prescindendo dalla matematica, dall’algebra, dalla fisica, dal calcolo delle
resistenze; o che si jiossa fare della
pittura (( moderna » prescindendo
dalla jiadronanza del disegno; o capire lo spirito degli autori latini
senza affaticarsi sul rosa, rosae.
:!: *
Ml’iiiizio abbiamo usato l’immagine deirinflazione per rendere
l’idea del ritmo particolarmente accelerato che il nostro tempo ha impresso allo sviluppo della società e
al suo pensiero; forse la stessa immagine (lell’inflazione si potrebbe
usare del pensiero teologico. Tanto
più grande (' dunque la responsabilità della comunità dei credenti di
mettersi in condizione di valutare
ciò che si dice e ciò che si fa nel
nome dell’Evangelo. Su questa via
essa deve camminare e non fermarsi
per non es.sere sorpresa dalla notte.
Bruno Corsani
2
pag. 2
N. 15 — 11 aprile 1969
CntoGinquantatre pisci
« Dopo queste cose, Gesù si fece veder di nuovo ai discepoli
presso il mar di Tiberiade ; e si fece vedere in questa maniera.
Simon Pietro, Toma detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea,
i figliuoli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli erano insieme.
Simon Pietro disse loro : Io vado a pescare. Essi gli dissero : Anche noi veniamo con te. Uscirono, e montarono nella barca: e
quella notte non presero nulla. Or essendo già mattina, Gesù
si presentò sulla riva; 1 discepoli però non sapevano che fosse
Gesù. Allora Gesù disse loro: Figliuoli, avete voi pesce? Essi gli
risposero: No. Ed egli disse loro: Gettate la rete dal lato destro
della barca, e ne troverete. Essi dunque la gettarono e non potevano più tirarla su per il gran numero dei pesci. Allora il discepolo che Gesù amava, disse a Pietro: E’ il Signore! E Simon
Pietro, udito ch’era il Signore, si cinse il camiciotto, perché era
nudo, e si gettò nel mare. Ma gli altri discepoli vennero con la
barca, perché non erano molto distanti da terra (circa un duecento cubiti), traendo la rete coi pesci. Come dunque furono
smontati a terra, videro quivi della brace, e del pesce messovi su,
e del pane. Gesù disse loro: Portate qua dei pesci che avete presi ora. Simon Pietro quindi montò nella barca, e tirò a terra la
rete piena di centocinquantatre grossi pesci ; e benché ce ne fossero tanti, la rete non si strappò. Gesù disse loro: Venite a far
colazione. E ninno dei discepoli ardiva domandargli: Chi sei?
sapendo che era il Signore. Gesù venne, e prese il pane e lo diede loro; e il pesce similmente. Quest’era già la terza volta che
Gesù si faceva vedere ai suoi discepoli, dopo essere risuscitato
dai morti ».
(Giovanni 21: 1-14)
Il nostro racconto comincia con lo stile d'un romanzo della
prima metà del ’900: ci sono sette persone con del tempo libero
che non sanno bene come riempire (v. 2); e uno di loro dice:
« io vado a pescare ».
Ma perché questi uomini si trovano qui?
Qualche tempo prima (Giov. 20/21) avevano ricevuto una
indicazione precisa circa il senso della loro vita: come fanno
ora a pensare di potersi'ridare alla pesca? Oppure portano con
sé l’attesa d’un ulteriore chiarimento? Forse, semplicemente, si
trovano in una delle tante pause di cui è piena la vita di tutti
noi.
In questa pausa, accade qualcosa di atteso e di inatteso insieme: Gesù compare improvvisamente di fronte a loro, sulla
riva: la riva è il limite del lago, ma è già un mondo diverso, e
comunque rappresenta un mondo diverso in questo incontro
carico di significati e di interrogativi. Da questo mondo diverso Gesù risorto si rivolge ai discepoli, che vivono in un lago
vuoto di risultati (v. 3) ma sul quale si esercita egualmente la
Sua autorità.
« Ragazzi », li chiama, con l’espressione comunemènte usata per rivolgersi ad uomini intenti al lavoro manuale: « avete
preso qualcosa »? La forma stessa della domanda prevede una
risposta negativa, che infatti non manca (v. 5): ma subito segue
il comando non nuovo; « gettate la rete ». I discepoli non sono
ancora coscienti di avere di fronte il Signore vittorioso, ma istintivamente lo obbediscono; e il risultato è una conferma;, la rete
si riempie di pesci: Gesù non ha solo battuto la morte, la religione e l’impero: si è anche dimostrato padrone del destino e
del caso.
Di fronte a questa improvvisa rivelazione, Pietro e il « discepolo amato » si comportano in modi opposti ma complementari: Pietro, nudo come la chiesa di Apoc. 3/17-18, si getta avanti verso Gesù: è come sempre, l’uomo approssimativo e superficiale, vero modello della chiesa nei secoli! Il « discepolo amato », invece, confessa la fede (v. 7), cioè chiarisce cristologicamente il senso deH’àutorità che i discepoli avevano avvertito
nello Sconosciuto del mattino, e il senso deU’avvenimento che
aveA^ano appena vissuto.
Rimane il fatto che ambedue sono orientati verso la riva; e
qui troveranno che i pesci raccolti sono esattamente 153: come
eran 153.000 circa i pagani viventi in Israele al tempo di Saiomone (II Cron. 2/17); come erano 153 tutte le specie di pesci
note agli zoologi antichi; si tratta chiaramente di un numero
simbolico, che rappresenta la moltitudine dei convertiti che tra
pochi anni i discepoli troveranno intorno a sè; è la grande pesca di Matt. 13/47, in cui la Parola di Cristo rivela, per i secoli,
la sua capacità di raccogliere gli uomini, di salvarli, di orientarli
verso il Regno.
Perciò, quasi subito, l’attenzione dei discepoli si sposta dal
risultato della pesca alla persona del Risorto: essi lo raggiungono sulla riva, cioè sul suo terreno, e qui avranno con lui un pasto di comunione (v. 9, 13) preparato da lui, con altri pesci e del
pane: nella Cena viene superato il divario tra il mare e la riva,
come quando noi oggi celebriamo in fede la Santa Cena, viene
superato il divario tra Cristo e noi, tra il Regno e la storia, tra
la promessa e il comandamento.
I discepoli sentono tutto questo, ma non osano domandargli; « chi sei? » (v. 12), cioè: « sei proprio tu? lo sei davvero? ».
Questa domanda carica di dubbio e di speranza indica bene il
sentimento che i discepoli provano di fronte al Risorto: non è
quello che hanno conosciuto fino ad ora, eppure lo è: la vita
di Cristo nello Spirito non è la semplice ripresa della sua esistenza storica, eppure ne è l’inveramento più profondo. Perciò
i discepoli tacciono: ma accettano di ricevere da lui i segni della
comunione per quello che sono: il simbolo di un legame eterno,
di una rivelazione valida, di un incarico definitivo.
Sia concesso anche a noi quest’anno di riflettere sul fatto
di Pasqua con eguale inquietudine, con eguale apertura, e anche
con una eguale risposta: ci sia dato di ricevere un comando d’azione, una promessa di efficacia, un segno di comunione con
Colui che un giorno fu crocifisso e ora ci viene incontro dalla
riva estrema della storia e del mondo.
Giorgio Bouchard
La vita nella Facoltà
Il Sinodo 1968 invitava « professori e studenti a compiere una ricerca comune per impostare il loro lavoro
(programmi, metodi d'insegnamento, modalità di esami, amministrazione ecc.) in maniera tale da poter essere
anche di testimonianza e di stimolo nell'attuale situazione universitaria ». L'invito ha avuto seguito? Sì, e ce lo
documenta questa doppia pagina che vi presentiamo.
Essa è stata curata da una studentessa in teologia, Mirella Abate, la quale ha rivolto ai quattro docenti ordinari
le seguenti domande:
1 ) Che pensa delle prospettive che si apriranno proseguendo nell'attuale ricerca svolta attraverso le assemblee parziali e generali? (Precisiamo che le assemblee
parziali sono costituite dai docenti e dagli studenti in teologia, quelle generali — che si tengono in modo regolare
una volta al mese — sono costituite oltre che dai suddetti, pure dagli studenti ospiti e dal personale della
Facoltà ).
2 ) È valida ancora oggi una predicazione rivolta principalmente a un'assemblea cultuale o bisogna ricercare
nuovi metodi di predicazione? Se sì, quali? In questa prospettiva, quale dovrebbe essere la funzione della Facoltà?
Oltre alle risposte dei quattro professori, è stata raccolta pure la risposta di uno studente in teologia alle medesime domande, mentre altri due studenti espongono il
loro parere su come si pone oggi il problema della predicazione.
Siamo lieti di pubblicare questi interventi, e grati a
chi li ha raccolti. Come i lettori sanno, questo è un anno
in cui l'afflusso di studenti in Facoltà si è fatto improvvisamente assai più elevato di quanto non fosse ultimamente, e c'è in primo anno un buon gruppo di giovani,
mentre numerosi sono pure gli studenti esterni, abbiano
o no potuto seguire il corso di formazione teologica per
« laici ». Ora la Facoltà si prepara ad ospitare un gruppo
di pastori, per l'ormai tradizionale corso di aggiornamento teologico, mentre per la « domenica della Facoltà »
(20 aprile) professori e studenti sciameranno a incontrare
alcune comunità.
Possano, questi contatti molteplici e quest'occasione
di una giornata particolarmente dedicata al nostro istituto di formazione teologica, non soltanto stimolare l'intedesse delle comunità per quest'ultimo, ma portarle a riflettere — e in modo non effimero — sul senso e sulla
responsabilità della predicazione e del suo elemento costitutivo, la riflessione teologica.
INTERVISTA A QUATTRO PROFESSORI
Prof. BRUNO CORSAMI
1) Dipende dagli argomenti che queste assemblee intendono proporsi, cioè
o sono di tipo rivendicativo sul piano
interno (corsi, esami, vita in comune)
e allora queste prospettive saranno limitate (anche se positive, perché raggiungere punti di vista comuni è sempre una buona cosa); oppure se si occupano anche di problemi di fondo (la
perenne riforma della chiesa, il servizio della teologia nel mondo moderno, il vedere come la meditazione teologica può gettare della luce anche sui
casi concreti della vita della chiesa e
del cristiano) si potrà arrivare a delle
conclusioni interessanti, a scoprire
nuovi orientamenti, senza che necessariamente i punti di arrivo siano anche
delle conquiste.
2) La ricerca di nuovi metodi di predicazione e di nuove vie di agganciamento per presentare l’evangelo agli
uomini di oggi, deve essere costante
da parte della chiesa. Non farla, o interromperla, significa aver perso il
senso della funzione della chiesa nel
mondo. Tuttavia ^questo è possibile
per la chiesa solo quando persevera
nel confronto con la Parola di Dio,
proprio nelle cosiddette assemblee cultuali. Cioè l’assemblea cultuale, con
tutti i difetti che può avere, è ancora
il luogo dove la comunità può ascoltare la Parola ed essere da questa
chiamata ad assumersi la sua responsabilità, anche in forme nuove e in
campi sempre più vasti.
La coscienza dei difetti delle assemblee cultuali non deve portarci a « buttare via il bambino insieme all’acqua
del bagno », come dicono gl’inglesi : il
culto domenicale è ancora il luogo che
riunisce intorno alla Parola di Dio la
percentuale più alta dei membri della
comunità. Naturalmente il discorso
che sgorga dalla perenne attualità dell’Evangelo non può consentire di lasciarsi depotenziare dall’apparente tradizionalismo delle forme del culto.
L’ultima parte della domanda mette a
nudo il tormento della Facoltà e di
quanti hanno a cuore la sua funzione ;
infatti mentre da un lato si vorrebbe
tentare ricerche sperimentali su terreno pratico, che fossero di orientamento e di avanguardia per le comunità,
dall’altro lato la necessità inesorabile
di tenersi informati degli sviluppi della ricerca teologica nelle varie discipline è di per sé sola superiore alle
forze e al tempo di ciascuno dei docenti. Siamo una piccola Facoltà e
questi diversi compiti anziché essere
suddivisi fra più persone in ogni disciplina, si sommano fra loro, generando
a volte un sentimento di inadeguatezza e di frustrazione. Forse l’unica via
per cui la Facoltà nel suo insieme potrebbe fare di più sarebbe stato di rimanere in una regione dove le fosse
assicurato un costante contatto e contributo con una schiera di collaboratori (incaricati, assistenti, lettori) in
funzione di una ricerca comunitaria
sul piano teorico e sul piano concreto.
Prof. VITTORIO SUBILIA
1) Non vedo per ora come si possa
conciliare l’elemento positivo che proviene da questo contatto stimolante di
posizioni diverse con l’elemento negativo rappresentato dall’inevitabile genericità dovuta a una discussione i cui
elementi sono difficilmente preparabili in precedenza. Soltanto un ulteriore sviluppo del sistema potrà dare
indicazioni più concrete.
2) Ritengo che non sia mai stata
valida una predicazione rivolta principalmente ad un’assemblea cultuale ; la
predicazione deve certo formare e sviluppare la fede e la coscienza missionaria nei membri della comunità, ma
deve continuamente cercare di raggiungere tutti i settori umani possibili
al di fuori delle comunità. Per questo
credo che la predicazione come annuncio non debba essere annullata, ma
Professori (ordinari) e studenti della Facoltà teologica. In piedi, da sinistra a destra: ller.iio
Di Lorenzo, Irmela Meck (Germania), Carlo Cazzola, prof. V. Vinay, prof. B. Corsimi, .‘‘(.ite
.Steger (Germania), prof. V. Subilia, Paolo Ribet, prof. J. A. Soggin, Giorgio Giammiili,
Teodoro Fanlo (Spagna), Sergio Ronchi; seduti, da sinistra: Hilda Girardet, Giuseppe Pliilone, Elisabeth Stein (Germania), Mirella Abate, Ernesto Scarinci, Peter Niess (Germ:i'i!ó|.
Doriana Giudici, Fanza e Renza Rakotobe (Madagascar).
rinvigorita. Però alla predicazione-annuncio deve sempre seguire, in sede
opportuna, la discussione sulle implicazioni della predicazione nei vari
contesti umani che essa raggiunge.
In questo modo i germi evangelici
disseminati dalla predicazione, possono germinare in terreni non ecclesiastici; a questo fine una preparazione
più sistematicamente evangelica dei
membri di chiesa è essenziale. La Facoltà può essere un’aiuto e un’indicazione in questo senso, può e deve dare
un contributo, indirettamente con le
sue ricerche culturali e direttamente
con corsi ai laici, ma il lavoro più immediato ed efficace non può che essere svolto in seno alle singole comunità dai responsabili locali.
Prof. J. A. SOGGIN
1) Per ora le cose vanno benino, è
difficile parlarne molto perché siamo
in un terreno quasi vergine. Un’importante prospettiva sta nel fatto di fare
le cose per convinzione, sapendo perché si fanno, invece che per istituzione 0 perché si son sempre fatte. L’assemblea dovrebbe attraverso dibattiti
portare alla convinzione o a un dissenso, anche se minoritario. Un sistema in voga fino ad adesso, anche se
non può paragonarsi ai sistemi autoritari in uso in ambienti politici, universitari, industriali, viene sostituito
da qualcosa di nuovo senza che si possa parlare di un vuoto ideologico di
potere e senza che si arrivi ad un caos
in cui tutti fanno ciò che vogliono. È
una fase delicatissima dell’evoluzione
della Facoltà e spero che l’esperimento non venga turbato da una qualche
gaffe di singoli o da elementi della
comunità.
2) Una predicazione con nuovi metodi e rivolta a nuovi ambienti non
dovrebbe escludere la predicazione rivoltà all’ambiente cultuale, dove esso
esiste. La ricerca fatta verso altri ambienti, non è una grande novità, solo
che oggi si sente con urgenza maggiore, anche perché siamo in una società
in rapido mutamento rispetto alle precedenti. Che in questa predicazione
farsi tutto a tutti sia una necessità è
diffìcile da contestare. Il pericolo mi
sembra quello di una frattura tra comunità esistente e comunità in divenire, frattura che in certi casi può essere necessaria per fedeltà stessa nei
confronti dell’Evangelo. Ma in altri
condizionata puramente da questioni
personali o posizioni ideologiche, che
se possono essere utili strumentaln;: ute non possono costituire il oonteriuro
stesso della predicazione. Non credo in
questioni di metodo, chi ha qualcosa
da dire troverà il modo di dirla; l'i o
portante però è di esprimersi in modo
che l’interlocutore comprenda.
Riguardo all’ultima parte della cic.'manda, la Facoltà deve essere atteni a
a creare anzitutto dei ministri delia
Parola, quest’espressione intesa non
già necessariamente nella forma tradizionale del pastorato ma anche in
nuova forma. D’altra parte la Facoltà
non deve limitarsi a creare i ministri
della Parola, ma preoccuparsi di essere il centro attraverso il quale avviene il confronto con la cultura ecclesiastica e laica. Questo avviene per ora
solo in minima parte, attraverso la
biblioteca e le pubblicazioni dei professori. Bisogna staccare la teologia da
un necessario sbocco nel ministero, e
quindi la Facoltà dalla sua caratteristica di scuola professionale per un
determinato tipo d’impiego, perché
possa validamente inserirsi nella cultura contemporanea, proprio perché
cultura oltreché fede.
Prof. VALDO VINAY
1) Le assemblee oggi sono di moda
e, sotto molti aspetti, utili ; ma in una
Facoltà teologica si deve cercare, oltre
al resto, anche qualcosa di diverso e
di più di ciò cui tendono le assemblee
studentesche nelle università e nelle
scuole. Queste vogliono il potere o, nel
migliore dei casi, la corresponsabilità
degli studenti all’andamento della
scuola, il riconoscimento di certi diritti, la possibilità di esercitare la critica più radicale alla società per modificarne profondamente le strutture. Per
noi il problema è in parte simile (corresponsabilità, critica, trasformazione), in parte è diverso, soprattutto nello spirito con cui si vuole mutare effettivamente la scuola in comunità di
ascolto della parola di Dio, di studio,
di lavoro, di servizio, di preghiera.
Studenti, professori, personale addetto ai vari servizi non possono ricercare e far valere i diritti di questo o di
quel gruppo, la comodità dei professori o degli studenti, e ancor meno può
ognuno cercare il proprio particolare
interesse. La ricerca comune dev’essere il servizio reciproco, il vantaggio
dell’altro, la comprensione della situazione dello studente, del portiere,
della cuoca, del professore. Lo spirito
in cui ci si deve muovere in questa ricerca è quello che ci manifesta l’apo-
3
11 aprile 1969 — N. 15
pag. 3
Valdese di Teologia, a Roma
stole Paolo nella prima epistola ai Corinzi, cap. 12, ove dice che la comunità è un corpo con un unico capo, cioè
con un unico Signore; in essa nessun
membro vive per se stesso né serve a
se stesso, ma serve agli altri membri
e vive soltanto nella solidarietà con
tutto il corpo.
Questo dovrebbe essere o divenire la
nostra Facoltà teologica, se vorrà essere una comunità con un solo Signore. L’inizio di questa vita comunitaria
ha delle promesse, ma è necessario
che si cerchi sempre l’ispirazione nel
Vangelo. Abbiamo già affrontato diversi problemi pratici in assemblee parziali (professori e studenti — convittori, direttrice del convitto e personale — gruppo per la partecipazione al
Congresso della GEI); ma vi sono anche dei problemi di fondo, riguardanti il rinnovamento della chiesa e la
possibilità di una condotta j)olitica
nella visuale del Vangelo, che dovranno essere argomento di studio delle
prossime assemblee generali.
2) Nella nostra Facoltà teologica,
come in genere nella chiesa, si alternano periodi in cui la preoccupazione
prevalente sembra essere la purezza
della dottrina evangelica con periodi
in cui si vuole soprattutto vedere l’attuazione pratica della fede. Quand’ero
studente sentivo ripetere spesso : « Il
cristianesimo non è dottrina, ma
vita », con una certa punta polemica
contro chi insisteva sulla necessità di
un lavoro teologico serio in vista della
predicaziorle. Nei tre decenni del mio
insegnamento la tendenza, predominante fra professori e studenti è stata
quella di ricercare una buona teologia,
quale guida o bussola della predicazio
ne. Ma da quattro o cinque anni gli
studenti sembrano più interessati ai
problemi sociali e politici e alle possibili attuazioni della fede che al lavoro
teologico vero e proprio.
Questa scissione fra il pensiero teologico e la vita pratica del cristiano è
nociva alla predicazione. La « pura
dottrina », la « buona teologia », se
non è vissuta dalla comunità come conoscenza della volontà di Dio e guida
neH’attività quotidiana privata e politica, può sembrare un’astrazione alla
generazione più giovane. Questa vuole in qualche iwodo vedere la fede, la
speranza e la carità incarnate in uomini che credono, in uomini che sperano, in uomini mossi dalla carità di
Cristo, Altrimenti anche la migliore
predicazione non sembra credibile ;
•si riduce a un bel discorso religioso,
smentito durante tutta la settimana
dalla vita della comunità.
ìNel caso della preferenza per le attività e le realizzazioni cristiane, spesso si dimentica qual è la potenza di
Dio e il cuore stesso del Vangelo che è
l’opera di Dio in Gesù Cristo per la
salvezza degli uomini, si trascura anche la preghiera, come se Cristo non
fosse il Risorto, il Vivente fra noi, per
confidare eccessivamente nelle possibilità deH’uomo. È necessario che il
Vangelo sia vissuto in tutta certezza.
Esso non è un’idea, è una persona,
Gesù Cristo. Perciò non tollera di essere dù. iso in teoria da una parte e in
pratica dall’altra.
Il problema della predicazione dunque, oggi come in ogni tempo, è, almeno in parte, questa unità di parola e
di azione. Non è facile. Soltanto per
grazia la fede è fede, cioè la fede è
vissuta. La fede che rimane astratta
oggi, più che mai, è nulla. Non testimonia di Cristo nel mondo. La chiesa
deve trasformarsi da assemblea cultuale in comunità che vive la sua fede.
Ma per fare ciò deve ritrovarsi insieme nell’ascolto della parola di Dio,
Crescenle opposizione delle Chiese Americane
Relazioni diplomatiche
USA-llaticano
New York (soepi) - Nelle Chiese americane aumenlano le obbiezioni all’eventuale instauramento di relazioni diplomatiche fra
USA o Vaticano.
11 Consiglio luterano degli USA ha inviato un telegramma di protesta a Nixon sottolineando « la più ferma opposizione a
una tale rappresentanza diplomatica ». .\nche i presidenti delle tre principali Chiese
luterane di detto Consiglio hanno protestato per.sonalmente.
Durante la conferenza stampa telediffusa,
della durata di un'ora, che ha tenuto dopo
il suo viaggio in Europa, il presidente Nixon
ha dichiarato che il colloquio con Paolo VI
era stato per lui a estremamente sutile... Ho
avuto informazioni e consigli che mi paiono
molto importanti. Mi auguro che questi contatti proseguono ». Ha tuttavia fatto notare che le modalità di tali contatti sono ancora allo studio.
Il telegramma del Consiglio luterano itrsisteva sulla « separazione costituzionale della Chiesa e dello Stato, sulla rappresentanza
inutile e sleale accordata ad una sola delle
confessioni cristiane... e sulle difficoltà nelle
quali incappano la missione ed il servizio
della Chiesa quando il nostro governo ha
dei rapporti con una sola istituzione ecclesiastica, in quanto potenza temporale ».
Varie Chiese battiate s’erano già opposte
n queste relazioni ed in modo particolare la
Convenzione battista del Sud, il Comitato
battista comune per gli Affari pubblici ed
il presidente della Convenzione battista
americana.
nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nella preghiera. La predicazione domenicale le deve dire a
quale Signore deve servire tutta la
settimana, in che senso deve prendere le sue decisioni, fare le sue scelte.
Il metodo per il predicatore fedele è
uno solo; ascoltare nella S. Scrittura
cosa dice il Signore a lui, alla sua comunità, al suo popolo nella situazione
concreta in cui vivono oggi, e poi dire
tutto quello che ha udito senza na
scondere nulla né della grazia né del
giudizio. Può essere utile che il predicatore mediti il testo biblico con alcuni membri della comunità, come oggi
talvolta si richiede, o che la predica
sia successivamente riesaminata in
una riunione della comunità alla luce
del testo, come si faceva già nel XVII
secolo in alcuni circoli di pietisti, ma
tutto ciò non può sostituire la meditazione e il lavoro personale del predicatore.
...E AD UNO STUDENTE
1) Per il fatto stesso che mi sia adoperato insieme agli altri alla nascita
di questa assemblea, ■ è chiaro che io
la ritenga estremamente importante
in funzione della ristrutturazione degli studi in Facoltà.
Innanzitutto è fondamentale, secondo me, darle un certo valore nella
misura in cui questa assemblea è uno
strumento comunitario. Con ciò voglio
dire che essa non è uno strumento politico in mano al « corpo studentesco »,
ma è (o deve essere) una sede in cui
problemi connessi agli studi teologici,
comuni a professori e studenti, vengono affrontati tenendo conto della situazione in cui dobbiamo portare la
nostra testimonianza.
È necessario quindi che questa assemblea sia funzionale in vista di una
ristrutturazione degli studi che tenga
conto dei problemi vivi del nostro
tempo, e non sia (come è attualmente) solo una preparazione in vista di
una predicazione orale e di quella figura di pastorato ohe noi abbiamo davanti.
2) Per quanto riguarda questo argomento, il discorso è estremamente
complesso. In genere il discorso più
avanzato è questo: una predicazione
rivolta all’assemblea cultuale è valida,
e lo è nella misura in cui non è fine
a se stessa, ma corrisponde ad una
situazione in cui questa predicazione
Qui accanto e nella foto in basso, due vedute della Biblioteca;
negli ultimi decenni essa è stata
particolarmente curata e si è
considerevolmente estesa, divenendo un centro di ricerche e
di studi, man mano che la Facoltà s’inseriva nella vita teologica e culturale romana, e parallelamente al dischiudersi di
un interesse più largo e più vivo per la teologia protestante e
la sua problematica.
incide nella vita di tutti i giorni dei
membri della comunità.
Secondo me questo tipo di discorso
è valido in teoria, ma non risolve affatto il problema, soprattutto nella situazione delle comunità di oggi. Infatti le comunità di oggi sono soltanto
delle comunità di ascolto, e quindi la
predicazione resta soltanto nella sua
SULLA PREDICAZIONE
Non ci vuole molto per rendersi conto che
l'attuale crisi delle nostre comunità dipende
dalla crisi della predicazione; così come non
ci vuole molto per rendersi conto che la predicazione dei nostri giorni è determinata anche dalla situazione che il mondo intero sta
vivendo o si prepara a vivere ad una non
lunga scadenza.
La realtà che ci troviamo di fronte è un
c rcolo chiuso, ma ciò che è richiesto è almeno la volontà di prenderne coscienza e la
volontà di prendere una posizione che non
sia ambigua.
Un certo tipo di predicazione ha formato
la comunità — la comunità determina un
certo tipo di predicazione — al di fuori di
questo, il mondo ha bisogno di una predicazione.
Ma consideriamo un momento qual'è la
situazione di questa predicazione di cui non
facciamo altro che parlare. Dobbiamo dire
innanzitutto che nella stragrande maggioranza dei casi ci troviamo di fronte ad una
predicazione domenicale e di tipo domenicale. Questa distinzione caratterizza i due aspetti della nostra vita « religiosa ».
Predicazione domenicale. Qui il discorso è
lungo e tocca gli aspetti che non esitiamo a
defin're istituzionali della nostra chiesa. Siamo di fronte ad un tipo di comunità chiusa
in se stessa, eredità di un tempo passato, di
una situazione che all'epoca in cui si era formata aveva forse una ragione di vita, ma che
oggi non solo è anacronistica, ma che vuole
continuare ad esserlo. La « communio sanctorum » si è ridotta ad associazione cultuale,
e questa associazione trova il tempo di riun re una parte — piccola — dei suoi membri soltanto nell'ora domenicale consacrata
al culto. La predicazione è quindi predicazione dal pulpito, predicazione rivolta ai
present', perciò chiusa ed astratta dalla realtà che preme al di fuori delle mura del tempio. Al di fuori della breve durata del « servizio religioso » il cosiddetto credente getta
alle spalle ciò che ha udito nel sermone e
vive la propria vita di tutti i giorni. Assistiamo in questo caso al fenomeno di una
comunità che ha perduto di vista ciò che
costituisce la sua essenza, la sua ragione di
vita, il suo unico fondamento.
Se siamo ridotti a parlare di predicazione
domenicale, di « comunità » domenicale,
dobbiamo riconoscere anche che ciò che chiamiamo comunità non ha ragione di es'stere,
essendo divenuta una associazione di liberi
cittadini che hanno come « hobby » la religione. E questa è una realtà di tipo illuminista. totalmente secolarizzata che con l’Evangelo non ha nulla in comune, per il semplice fatto che l’ha rifiutato.
Passiamo ora al secondo aspetto della questione.
Predicaz'one di tipo domenicale. Anche
questa parte del discorso porterebbe ad una
lunga analisi, ma questa può essere riassunta
intorno ad alcuni elementi.
Dabbiamo collegarci strettamente al tipo di
comunità che abbiamo sopra descritto. All’in
terno di quel nucir,, chiuso in se stesso, timoroso di usc're ct: di fuori, ciò che viene
cercato è una pa!i,i:i di « consolazione », di
« edificazione », ut.a parola cioè che non disturba, che non pi ■ ■ problemi, che si lascia
ascoltare senza me;, c in crisi niente e nessuno. Questa predii one si dice che sia ri
volta al « cuore ». a diciamo francamente
che è rivolta a tulli ,Ioro che si trovano soddisfatti del propri, iato religioso, che non
hanno il coraggio ì affrontare la situazione
eeonomica-sociale-pi i i ica del mondo e, ciò
che è peggio, è ri Pt a persone che hanno
incatenato l’Evangt ’ in categorie di comodo,
e che continuano e tenerlo legato per non
essere posti di fron alla Parola che rompe
gli schemi, che m, in crisi, che non per
mette che si possa multarla e rimanere tranquilli.
Questa « comun i ; » di sopravvissuti al
tempo chiede que i predicazione (preferiremmo definirla « i .». dica ») ed accetta soltanto questa. Sua g ande cura e preoccupazione è tenere Ioni a io (1 più possibile tutto
ciò che possa turbarla (preferiremmo dire
«. metterla di fronte a se stessa »). Perciò
ic niente politica in chiesa! », come amano
esclamare tutti i cosàid -tti benpensanti del
nostro protestantesimo. (Guarda caso questi
« benpensanti » sono stranamente ma chiaramente inquadrabili in un ben preciso schieramento politico, che dal « centro » passa
poi alla « destra » — e. socialmente, che
dall’impiego passa all’altu-horghese).
In questo caso la « politica » è composta
da cose come; prendere atto dello stato di
sfruttamento d: milioni di uomini; riconoscere che si combattono guerre non precisamente sante, ma di oppressione; rendersi
conto che la fame è ancora il principale nemico di gran parte del! umanità. Problemi
come il razzismo devono essere tenuti fuori
dalla chiesa, e perciò anche dalla predicazione. perché una predicazione che tenesse conto di queste realtà non [lotrebbe più « edificare », « consolare », tenere tranquilli! Se
teniamo conto di questa realtà di gran parte
delle nostre comunità, non possiamo non porci il problema di una predicazione diversa,
non soltanto più aderente ai tempi (non sarebbe ancora predicazione, ma discorso sociale), ma soprattutto basata su VEvangelo che
a noi c stato predicato.
Stahil re che cosa sia esattamente questa
pred cazione non è semplice e non sarebbe
onesto cercare di definirla, in modo dogmatico, nel breve spaz’o di un articolo, senza
la possibilità cioè di svolgere un approfondito dibattito in merito.
Tenteremo qu ndi soltanto d’impostare il
problema, tenendo presente che in questi
ultimi tempi alcune comunità hanno, pur
sa lentamente e solo parzialmente, preso co■scienza di c'ò.
I dati del nostro problema dovrebbero essere, quindi, la comunità stessa e la predicazione, che potremmo cercare di delineare
oggi che siamo giunti al termine dei nostri
studi teologici.
La predicazione, che deve essere svolta e
non subita dalla comunità, ha il compito di
« contestare ». partendo proprio dall’annunc o dell’Evangelo, ogni ideologia, società, ricchezza e persino la famiglia stessa ogni qualvolta questi divengano « valori » fini a .se
stessi. Come ben si vede questo problema ci
riguarda tutti direttamente sia nel caso che
cerchiamo di risolverlo, o per lo meno impostarlo, sia nel caso che ci rifiutiamo di
riconoscerlo : quindi dovrebbe essere il problema base della Facoltà di Teologia.
II compito della Facoltà di Teologia è appunto quello di preparare dei pastori: esegeticamente, teologicamente, dogmaticamente e, perché no, anche praticamente! Ma avviene questo ed in che modo?
Salvo alcuni tentativi di quest’anno, Tinsegnamento delle materie-base quali l’Esegesi
delTAntico e del Nuovo Testamento, la
Teologia Biblica, la Dogmatica, la Simbolica, la Storia del Cristianesimo e quella
dei Dogmi è fatto in modo « scolastico »,
cioè con lo scopo di portare gli « alunni »
agli esami, e, attraverso questi, alla tesi di
Laurea come avviene in una qualsiasi altra
Facoltà. In questo contesto materie come la
Teologia pratica e l’omiletica, che dovrebbero avere un ruolo fondamentale per dei futuri pastori assumono la stessa funzione delle ore di laboratorio per le Facoltà scientifiche, con gli stessi difetti consistenti nelTusare materiali e fare prove che ormai non
hanno più niente a che fare con la realtà
che ci circonda.
In altre parole la preparazione che si riceve oggi nella Facoltà di Teologia poteva
essere valida ieri.
Potremmo cercare di chiarire meglio ciò
che intendiamo dire esaminando la cosiddetta «prova omiletica», ovvero il «sermone».
Tutto il nostro studio teorico si concentra
infatti in questa prova. Ciò dimostra che la
preparazione che si riceve, anche Se teoricamente approfondita, tende unicamente ad
esaurirsi nel sermone domenicale, considerato come centro del culto e di un’intera settimana di « vita cristiana », settimana composta di 168 ore, delle quali una soltanto
viene dedicata alla « adorazione e consolazione ».
A questo punto ci si rende conto che così la comunità subisce una predicazione che
dovrebbe sistemare la sua coscienza di fronte ai problemi quotidiani della vita. Si obietta che quando ci si ritrova « in chiesa »
siamo tutti uniti di fronte alTEvangelo. Ma
questo può essere esatto quando ci troviamo di fronte una comunità e non un’assemblea cultuale.
Comunità, Questa dovrebbe essere un’assemblea di credenti che cerca di porsi di
frqnte aU’Evangelo con tutti i suoi problemi,
siano essi economici, politici, sociali e cosi
trovare quell’unità che porti ad uscire dalle
quattro mura del « tempio » e a predicare
TEvangelo al di fuori. Predicare l’Evangelo
potrebbe essere una frase fatta, priva cioè di
contenutò, se non cercassimo di precisare
che cosa vogliamo dire. Predicare non significa mantenere lo « statu quo » del momento storico che viviamo, non significa acquiescenza alTautoritarismo di quei valori che
dominano incontrastati la nostra vita (e che
con termine evangelico potremmo chiamare
Mammona): pred care significa annunciare
quel Cristo che è morto sulla croce, scandalo
per i Giudei, pazz a per i gentili.
Che cosa significa questo, oggi, di fronte
alla nostra vita? Significa che TEvangelo
che predich amo deve porci delle scelte prec se e determinate, deve metterci in « crisi »
quotidianamente ad ogni bivio che incontriamo sul nostro cammino. Scelte di ord ne
polii co, economico, sociale, e perché no,
anche di fede.
« Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli » (Mt. 28: 19). Predicazione quindi per
e della comunità affinché questa possa essere pronta ad assolvere il suo mandato di testimonianza, possa cioè essere « una chiesa
per gli altri ».
Riassumendo potremmo dire che la funzione della predicazione della comunità deve
essere quella del « sale » che contesta i « valori » della vita, della società: in una parola. del mondo.
Giorgio Giammetti
battista
Gianmaria Grimaldi
metodista
NOVITÀ
ROBERTO NISBET
Ma il Vangelo
non dice cosi
XVI edizione
riveduta e aggiornata
pp. 150, L. 600
Diffuso, in Italia e all’estero, a diecine di migliaia di copie.
EDITRICE CLAUDIANA
Via Principe Tommaso, 1
10125 TORINO
funzione di « edificazione » delle coscienze e dì tranquillante.
È necessario invece che questa predicazione non venga dall’alto, ma sia
un’espressione della fede della comunità e quindi venga dalla comunità
stessa. Non si può scindere predicazione orale e servizio. Per verificare
quindi questa situazione è necessario
affidare la predicazione alla comunità.
Perché solo se questa comunità è realmente comunità di servizio e di testimonianza, sarà in grado di portare
una predicazione valida.
In questo quadro la Facoltà separi
lo studio della teologia dal fatto del
pastorato e della predicazione. Riagganciandomi a quello che ho detto
precedentemente è necessario che la
Facoltà stessa prepari gli studenti ad
un discorso teologico da fare alle comunità, che non sia solo un parlare
al vento, ma che tenga conto della situazione in cui dobbiamo vivere la nostra vita di servizio e di testimonianza.
Enrico Scarìnci
valdese
il.
libri
La scuola
vista da un uomo
della scuola
Accade di rado di segnalare sul nostro
giornale una pubblicazione non strettamente teologica. Se indichiamo questo saggio del
prof. Paolo Anceleri (« Prospettive scolastiche e pedagogiche oggi in Italia », Ediz.
Nuovo Umanesimo, Bologna 1969), è per la
attualità dell’argomento e per una attualizzazione delTetiea professionale protestante.
L’Angeleri apre il suo discorso osservando i riflessi che hanno suUa scuola le rapide
trasformaz'oni sociali in atto. Non solo osserva come la massa degli alunni eresee a dismisura, ma rileva che la crisi della famiglia porta in molti casi a una dimissione,
per cui il compito educativo ricade sostanzialmente sulle strutture scolastiche.
Osservati i fatti, egli riprende una tesi
messa già bene in evidenza da don Milani :
la scuola com’è ha una funzione discriminante, a tutto vantaggio dei borghesi, e si
fa strumento della oppressione di classe piuttosto che di promozione e inserimento sociale. Ma il problema non sta nel rendere
« più facile » il programma scolastico, o nell’essere più larghi nelle promozioni, bensì
nel rinnovare profondamente i programmi e
i metodi di studio. Le tecniche didattiche
più aggiornate consentono la scolarizzazione
e il profitto utile di gran parte degli alunni oggi tenuti ai margini, mentre alla « libidine selettiva » va opjiosta un’etica professionale degli insegnanti basata sulla vocazione, una vocazione che non va per esclusioni, eliminazioni, ma piuttosto per impegno e conquista di ogni alunno. E’ cosi che
si può edificare una società nuova, secondo
una acculturazione individualizzala e di massa (cioè di tutti).
Il numero dei laureati dovrebbe crescere,
ma la specializzazione dovrebbe iniziarsi solo
a livello universitario, mentre i programmi
delle scuole medie e medio-superiori dovrebbero limitarsi agli insegnamenti fondamentali, dedicando largo tempo alla formazione
dialogica delle personalità, di personalità
consapevoli del tempo nel quale vivono. Per
giungere a questo occorre liberarci deUe
strumentalizzazioni della scuola, sia da parte di gruppi politici che religiosi, e « credere fermamente con tutto il nostro cuore
nell’utopìa del regno di Dio », perché questo « è poi l’unico vero modo di essere del
regno della dignità dell’uomo ».
Un atto di fiducia nella scuola, dunque,
è questo libro, ed insieme è anche un impegno di fede, il tentativo di trasporre in
una prospettiva laica e mondana dei valori
di fondo della concezione protestante della
vita. Lo segnaliamo convinti che la sua lettura potrà essere feconda di suggerimenti e
indicazioni per quanti amano la scuola.
L. S.
4
pag. 4
N. 15 — 11 aprile 1969
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
ci scrivono
TOBRE PELUCE
La festa dei 17 febbraio descritta oon un
articolo a parte dal Pastore SoneUi, oltre ad
avere un significato di riconoscenza e di
gioia è stata una occasione per manifestare
concretamente la nostra solidarietà con tutti
gli oppressi. Nessun senso infatti avrebbe la
nostra gioia ed il nostro ringraziamento al
Signore se dimenticassimo che altri popol
stanno ora soffrendo come hanno sofferto i
nostri padri, ecco perché abbiamo raccolto le
offerte per le popolazioni del Biafra.
Si raccomanda vivamente la lettura pubblicata dalla Società di Stor'a Valdese per
l’occasione « La Riforma in Piemonte - vicende e personaggi » del prof. Augusto Armand-Hugon.
Ricordiamo la Tavola Rotonda di una interessante assemblea di Chiesa in cui sono
stati esposti punti di vista diversi sulla vita
della nostra Comunità con particolare riferimento al 17 febbraio.
La Soeietà E. Arnaud ha organizzato un
incontro in cui il prof. Dario Varese ha parlato dei nostri Ospedali.
Un incontro in cui il prof. Augusto Armand Hugon ha tracciato un profilo storico
della fisionomia che i Valdesi hanno acquistato dopo la loro adesione alla Riforma col
Sinodo di Chanforan del 1532 illustrando il
carattere di Chiesa-popolo che ha accompagnato le Comunità Valdesi nei momenti difficili come nell’epoca successiva dell’Emancipazione.
Un dibattito sul tema: La predicazione
dell’amore di Dio nel mondo, presentato da
alcuni oratori.
I lettori hanno avuto il resoconto di tuttte
queste riunioni in vari articoli del nostro
settimanale.
II 16 marzo, giornata della gioventù, quattro membri del Gruppo giovanile : Marcella
Bonjour, Susette Cocorda, Gianfranco Mathieu e Cristina Sereno hanno presieduto il
culto. La liturgia è stata centrata sui vervetti 22 a 34 del cap tolo 12 di S. Luca mentre il messaggio preparato e meditato in comune con molti fratelli di Chiesa durante le
riunioni quartierali aveva per testo il versetto 32 : « Non temere, o piccolo gregge, poiché al Padre vostro è p aciuto di darti il
regno ».
Dono dato con aspetti opposti a quelli del
mondo, dono dato non ai potenti né ai sapienti ma a povera gente. Il regno è la certezza che Dio governa il mondo mediante
Cristo che è entrato nel mondo per operare
la salvezza .Non temere; cioè essere fedeli
malgrado le minacce e le lusinghe del mondo, vincere la tentazione di lasciarsi avvincere dal benessere e necessità di inserirsi nel
mondo colla sola forza dell’Evangelo a immagine di Colui che è venuto per servire e
invito di portare una testimonianza evangelica con uno sp rito di servizio e di carità
di fronte a qualsiasi situazione del nostro
mondo.
La sera molti giovani si sono riuniti per
un’agape fraterna presso la Casa Unionista.
Il Gruppo Giovanile del Centro s: occupa
dei Cadetti delle Scuole Domenicali; ha organizzato il culto del 16 marzo e varie riunioni quartierali per creare una comunione
più viva con i quartieri di campagna.
L’Unione dei Copp'eri ha organizzato una
valida assistenza a famiglie bisognose, visite
a persone anziane e sole, un servizio mensile
di té airOspedale valdese in collaborazione
coll'Unione di S. Giovanni e questo è molto
importante perché se siamo chiamati a pensare a tutti i popoli in distretta non dobbiamo dimenticare e ignorare coloro che soffrono vicino a noi. A tale scopo ha organizzato una recita « Luce che torna » di Melani,
il cui incasso sarà totalmente destinato al
prossimo che soffre ed ha infine accolto il
gruppo filodrammatico valdese di Angrogna
che ha presentato la commedia di Guadalaxara « L’omino sul sicomoro ».
— Si sono sposati Franca Armand Hugon
e Matteo Salvatore Avanzini. Ai cari sposi
esprimiamo un sincero augurio di ogni bene.
— Nel tempio del Ciabas hanno ricevuto
il battesimo Marco e Cristina Anna Charbonnier di Marco Ernesto e di Alice Fenouil.
II Signore li benedica e li guardi.
— In questi mesi la nostra Chiesa è stata
colpita da molti lutti. Hanno lasciato i loro
cari: Silvia Ghigo ved. Theiler (Villa 1), Lidia Malan ved. Eynard (V Ila 2), madre del
pastore di Zurigo signor Elio Eynard, Rosa
Carlotta Jourdan (S. Margherita), Giovanni
Planchón (Coppieri). Giulio Sdvagiot (Villa 2), Giuseppina G ustetto ved. Hugon (Appiatti). Giovanni Poét (Chabriols), Alberto
Bonjour (Coppieri), Maria Pasquet ved. Gönnet (S. Margherita), Emilia Eorneron ved.
Bein (S. Margherita) e Rosie Sanders ved.
Ayassot (Torino), madre del pastore sig. Ernesto Ayassot.
A tutte le famiglie afflitte esprimiamo ancora la nostra simpat'a c la nostra solidarietà.
L'na Varese
VILLAR PELLICE
Abbiamo accompagnato al campo dell ulllmo riposo terreno la spoglia mortale di
Gioconda Monnet nata Bau, di anni 66, de.la Ruà. Benché da molti anni la sua salul?
fosse scossa e periodicamente fossj soggetta
a delle indisposiz’onj passeggere, nulla lasciava prevedere una scomparsa quasi repentina. Essa infatti ci ha la.sciat dopo pochi
giorni di malessere.
Al marito, ai figli ed a tutti i suoi famii'ari giunga ancora l eiqjressionc de la simpatia c della fraterna solidarietà della Chiesa.
Hanno confermato il volo espresso al loro
battesimo con la pubblica confes ion2 della
loro fede nella cer monia della confermazione: Marina Barolin, G'ancarlo Berton e Gino Gönnet.
Il S gnore conceda loro numerose le sue
grazie e dia ’oro di poterlo servire con gioia
e con fedeltà.
Nel tempio di Bobbio Pellice sono stati
uniti in matrimonio: Frodino Charbonn er
(Teynaud) e Olga Gönnet (Bobbio Pellice).
Nel porgere il nostro più cord ale saluto
di benvenuto alla giovane sposa, domandiamo a Dio di benedire il nuovo focolare che
si è creato.
Il piccolo Elmo è giunto a rallegrare il
focolare domestico di Marcello e Marletta
Cordin (Mars).
A lui i nostri auguri m'gliori ed i nostri rallegramenti ai suoi genitori.
Sono stati presentati al S. Battesimo : Manuela e Gianluca Turaglio, di Riccardo e V via (Centro).
La grazia del Signore riposi su questi f^^’
ciulli che gli sono stati presentati e sulla
loro famiglia.
La Comunità ringrazia vivamente il Pastore E. Aime per il messaggio portatole in
occasione del culto da lui presieduto la domenica 23 marzo e in una riun’one delFUnìone Femminile nel pomerigg o della stessa
domenica. La nostra riconoscenza va pure al
sig. Matteo Mazzarelli, che ci ha parlato in
alcune riunioni quartierali, portandoci un'ott ma testimonianza.
Una simpatica serata ci è stata offerta dai
giovani della filodrammatica di Pramollo, sabato sera 29 marzo. Essi ci hanno con molta
bravura presentato la commedia: «Lottando fino all’alba ». Peccato che il tempo veramente pessimo abbia scoraggiato molti
membri della Comunità dal prendere parte
a quella serata.
Ringraziamo vivamente questi giovani amici e speriamo in un tempo un po’ più clemente la prossima volta.
Benché già ufficialmente incominciata, siamo ancora sempre in attesa della pr’mavera.
11 sole sembra essere diventato molto prezioso, limitandosi a qualche breve e molto
fugace comparsa. Continuano le giornate piovose e... « nevose » anche ogni tanto. Malgrado questo abbiamo potuto avere degli ottimi culti in occasione della domenica delle
Palme e di Pasqua. Ne siamo grati e domandiamo al Signore di benedire il seme che è
stato gettato nel suo nome.
rurgia presso l’Università di Torino, augurandole di poter svolgere a lungo l’opera sua
presso ai sofferenti con quello spìrito dì amore e di servizio, di cui l’amatissimo suo padre ha lasciato a lei ed a tutti noi un esempio così luminoso.
COMUNICATO
La festa dì canto delle corali delle
Scuole Domenicali dell’Alta vai Germanasca avrà luogo domenica 20 aprile alle ore 15 nel tempio dei Chiotti.
Abbiamo avuto la gioia di avere ancora
una volta con noi, prima del suo ritorno nell’Uruguay, il pastore Giovanni Tron con la
sua Signora; la sera del 6 febbraio egli ci
ha dato un interessante causerie sulle chiese
del distretto Rioplatense, illustrandola con
magnifiche diapositive. Rinnoviamo a lui ed
alla sua compagna i nostri sentiti ringraziamenti ed i fraterni auguri per l’opera che
riprendono nel loro campo di lavoro.
L’8 febbraio nel tempio di Ferrerò è stato
celebrato il funerale della nostra sorella Enrichetta Pascal ved. Pons, di Pomeyfré, deceduta alla casa di riposo di S. Germano
all’età di 85 anni. Ai suoi parenti le nostre
condoglianze.
Preceduta alla vigilia dai molti falò
la giornata del 17 febbraio ha avuto il suo
programma tradizionale di fede e di gioiosa
riconoscenza. Il corteo, iniziatosi nei due
centri della comunità, s’è recato al tempio
di Maniglia dov’è stato celebrato il culto
commemorativo — erano presenti alcuni fratelli appositamente giunti da lontano — col
gradito ed apprezzato contributo della Corale e dei bambini. L’agape fraterna si è svolta in un’atmosfera di calda fraternità ed i
giovani hanno offerto alla comunità la loro
ottima riunione familiare, preparata con
grande, lodevole impegno ed amore. A tutti
il nostro sentito ringraziamento.
Ringraziano vivamente il prof. C. Tron
che ha presieduto il nostro culto a Ferrerò
il 23 febbraio in assenza del pastore.
Le nostre sorelle dell’Unione femminile
esprimono la loro riconoscenza alla comunità di Villasecca ove sono state accolte con
tanta ospitalità il 9 marzo in occasione della
giornata di preghiera.
Il 21 marzo il missionario G. Adnet e la
sua signora ci hanno visitati e ci hanno parlato dell’opera della chiesa a Tahiti. Li ringraziamo vivamente.
Le comunità tutta è lieta di presentare i
suoi fraterni rallegramenti alla nostra sorella Fiorenza Quattrini, che ha conseguito
brillantemente la laurea in medicina e chi
PISA
Sabato 15 marzo ci siamo riuniti nell’annunciata e attesa Assemblea di Chiesa, per
chiarire insieme i problemi che la attuale
situazione di vita e impegno della comunità ci ha presentato. La riunione ci è parsa
positiva, nel senso che in generale sembrano superate alcune incomprensioni di fondo
che rendevano difficile la reciproca accettazione dei modi diversi di manifestare e vivere la fedeltà all’Evangelo con i fratelli nella comunità, e col prossimo nella sua realtà
umana. Logicamente non si è giunti ad alcuna conclusione; non è in un incontro di
discussione che veramente si chiariscono vocazioni ed impegni, ma in continuo ed aperto incontro dì ricerca e dì lavoro insieme. Riteniamo però che in questa prima riunione si sia stabilita una base di partenza
in tal senso. Con fiducia e speranza guardiamo davanti a noi, pregando il Signore perché siano eliminali quegli ostacoli che ancora possono essere rimasti, e ci unisca,
tutti quanti, in solidarietà ed unità nel compimento della nostra unica e comune vocazione cristiana. — Ringraziamo per il contributo che la Commissione Distrettuale ci
ha dato, essendo presente nella persona del
presidente, pastore Santini (che ha presieduto l’Assemblea) e del vice-presidente, signor
Balenci —. Mentre TAssemblea era riunita,
un gruppo di giovani che il regolamento escludeva dalla riunione, erano riuniti in preghiera, dando cosi il suo contributo di fede e
dì speranza.
Il 17 febbraio un gruppo della comunità
(una quarantina di persone) si è riunito in
Agape Fraterna; serata veramente buona,
nel corso della quale abbiamo potuto ringraziare il Signore che ci dà dei fratelli nella
fede, e ci siamo riproposti il senso della presenza di una comunità cristiana che vuole
servire il Signore anche nel prossimo.
Il 7 marzo le sorelle deU’unione femminile si sono riunite con le sorelle delle comunità valdese e battista di Livorno, e deUa
comunità americana, per la Giornata mondiale di preghiera delle donne.
Uunione giovanile riprende lo studio continuato dell’Evangelo di Marco, che era stato interrotto per qualche settimana onde studiare i documenti preparatori al Congresso della Gioventù Evangelica Italiana (aprile.
Ecumene); i nostri giovani hanno partecipato anche al precongresso, il 30 marzo a
Firenze.
Gli studi biblici continuano ad essere utile strumento di incontro di gruppi della comunità, che si pongono il senso della propria
vita e lo ricercano neiraulorità della Parola
di Dio, e al tempo stesso giungono ad una
più vera comunione ed interessamento fraterno gli uni per gli altri.
Mercoledì 26 marzo il Pastore Ribet era
di passaggio per Pisa; ne abbiamo approfittato per intrattenerci con lui, nel pomeriggio, rallegrandoci di poterlo incontrare di
PERSONALIA
Ci rallegriamo vivamente con Fiorenza
Quattrini che si è laureata in medicina e
chirurgia presso l’Università di Torino. Il ricordo vivo del padre è così rinsaldato dal servizio della figlia : le auguriamo che sia altrettanto profondamente umano, buono e fecondo.
iiiiiimiiiMiiiiiiMiiiiimiiiiiiiiiiiKi
iiiiiiiiliiiimmiiiiii
■iiinimmiiiimiMiiiniiMNiiiiiii
■Miiniiiiiiiiiiiiiiiiiii
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
Offerti* per gli alluvionati del Pieinente
{e'enco conclusivo)
Importo elenchi precedenti L. 820.500.
Angela Oddone, Roma. L. 2.000; Scorsonelli M'rella, Napoli, 2.500; Comunità Melodista. Domodossola, 9.000; De Paoli, Intra.
1.000; Frigerio Irma e Ornella, Omegna,
2.000; Bernasconi, Luino, 1.000; Chiese
evangeliche di Torino (residuo collette culti
450« ann. Riforma), 115.020; Scuola Domenicale Valdese, Pinerolo, 5.000; Accomasso L'dla, Bulligliera d’Asli, 1.500; Comunità Metodista. Novara. 32.000; Adriana Fiorini. Bologna, 40.000; Fam. Meytre, S. Germano Chisone, 2.000; Fam. Sallmann, Baveno, 5.000; Giovanni Barone, Mergozzo,
5.000; Chiesa Valdese. Firenze (2« vers.)
14.000. Totale L. 1.082.520.
Sono stati erogati, a favore di famiglie
evangel che danneggiate, sussidi per 350.000
lire, mentre la restante somma è stata devoluta a favore della « Comunità delle Valli
di Mosso », nella quale sono rappresentati
tulli i Comuni sinistrati della zona e che
sta svolgendo un’efficace opera di soccorso.
Offfirte per le popolazione del Biafra
(4o elenco)
Importo elenchi precedenti L. 1.302.950.
Scuola Domenicale Chiesa Valdese, Genova. L. 10.000; Chiesa Battista Via Teatro
Valle. Roma, 30.000; Mirella Scorsonelli, Napoli, 2.500; MireUa e Ernesto Bein, Torre
Pellice, 5.000; Porcelli Giovanni, Lodi,
5.000; Vera Viti Vinçon, S. Germano Chisone, 2.000; Bounous E. e C., S. Germano
Ch'.sone, 2.000; Lidia Malacrida, Como. 20
mila; Giovanni Carrozzi, Novara, 10.000;
Anna Martini, Trieste, 1.000; Pietro Rozza,
Trieste, 500; Fam. Mansuino, S. Remo, 10
mila; Chiesa Valdese, Firenze. 50.000; Chiesa Valdese. Taranto, 14.000; Italia Stamhle,
Bordighera, 5.000: Unione Femminile Battista. Via Teatro Valle, Roma, 10.000; Scuola Domenicale Valdese, Pinerolo, 35.000;
Perla Mariani, Roma, 5.000; bambini Sfredda. Bari. 7.000; Anita Sandri, Torino, 5.000;
N. N., S. Germano Chisone (con simpatia),
5.000; Unione Femm. Valdese. ViUar Pellice, 30.000; N. N., Villar Pellice, 10.000;
Santina Negri, Milano (2** off.), 5.000; Carlo Brontesi. Verona, 3.000; Selma Longo,
Torre Pellice (3^ off.), 2.000; N. N., Bologna, 1.000; Chiesa Valdese, Luserna S. Giovanni, 82.400; Zoe Ghirardelli. Trieste, 10
mila; Chiesa Valdese, Angrogna capol. e
Serre, 64.210; Chiesa Valdese, Firenze, (2»
vers.) 71.865; N. N., Firenze, 10.000; Margherita e Carlo Gönnet, Torre Pellice, 1.000;
Emilia Peyrot Albarin, Torre Pellice, 500;
Chiesa Valde.se, Chivasso, 6.500; Chiese Vaidesi, Torino (collette in occasione 17 febbraio), 137.100; Giovanni Mantilaro. Torino. L. 1.000; Scuola Domenicale Battista,
S. Benedetto dei Marsi, 5.000; Adriano Longo, Ivrea, 5.000; Comunità Metodista, Basslgnana (2® off.), 3.000; Bice Zürcher, Bergamo, 10.000; N. N., S. Germano Chisone,
5.000; Giovanni Conti 5.000; Chiesa Valdese, Torre Pellice, 192.365; Chiesa Metodista,
Carrara, 6.500; N. N., Carrara, 5.000. —
Totale: L. 2.165.890.
La gibigianna
Un lettore, da Roma:
Sul numeri 11 e 12 di Eco-Luce
ho Ietto — con sorpresa, amarezza e
non poco disgusto — i violenti quanto ingiustificati attacchi di T. Viola
contro la Polizia in genere ed i Carabinieri in particolare.
Prendendo lo spunto da un articolo de « L’Astrolabio » e da una cronaca anonima dei tafferugli di P. Castello in occasione del comizio di M.
Mercouri, il prof. Viola tenta di dimostrare — in buona sostanza — che
Carabinieri e Polizia sono affetti da...
morbo fascista e... si comportano in
consegueiiza.
Reputo tale giudizio non solo manifestamente infondato, ma assurdo,
insensato e diffamatorio. Affermo, anzi, che — anche quando il regime
fascista raggiunse l’apice della potenza ed il suo « duce » era osannato da
TUTTI (compresi — in prima linea
— gli « esponenti » della cultura e
dell’arte) — i carabinieri non si dimostrarono mai « faziosi » nell’esercizio
delle loro attribuzioni di servitori dello STATO (non di un regime). Se il
prof. Viola vuole e può dimostrare il
contrarlo... si accomodi pure. Le sue
vakitazioni costituiscono — a mio parere — un insulto (squalificante solo
per chi lo dà) alle migliaia e migliaia
d; carabinieri (dal semplice milite al
generale) che preferirono la prigionìa e la deportazione alla collaborazione con la R.S.L ed i Tedeschi, dopo Tarmistizio del 1943. Né sì dimentichi che moltissimi fra coloro
che sfuggirono alla prigionia ed alla
deportazione, partec'parono attivamen*
te alla Resistenza armata, tra le file
partigiane o nell’esercito di liberazione e furono braccati con particolare
accanimento dai tedeschi. Altri ancora. come ;1 fulgido esempio di Salvo
d’Acquisto ricorda, si sacrificarono
consapevolmente per salvare la vita
di civili inermi che — diversamente
— sarebbero caduti vittime delle rappresaglie tedesche.
Facc’o appello a quanti — fra i
lettori del giornale — militarono realmente nelle file dei partigiani o furono deportati in Germania perché attestino, con la loro testimonianza,
queste mie dichiarazioni.
Si potrà, forse, obiettare che i Carabinieri ag rono cosi solo per fedeltà alla monarchia e non già per genuino amore di libertà e schietto antifasc'smo etc. Può darsi, ma se doves.simo indagare a fondo sulle vere
cause che influirono sul comportamento dì ciascuno, in quel travagliato e terribile momento della nostra
storia, avremmo ben ardui problemi
da risolvere*!
A questo punto debbo chiarire che,
per quanto io possa apparire (quale
ufficiale dei CC. in pensione)... parte
in causa in questo mio intervento, esso è dovuto a motivi che esulano totalmente... dal mio caso personale.
Soggiungo, anzi, per la... cronaca,
che. purtroppo, il mio comportamento passato non sarebbe immune da
critiche. Mi considero, senz’altro, un
rèprobo... politicamente, ma posso affermare dì costituire una eccezione.
La verità è che l’Arma, nel suo complesso, non è MAI stata fascista, né
fascistizzata. Questo, fino a 25 anni
fa. Oggi, poi, parlare di « fascismo »
(o parafascismo) dei carabinieri, è
semplicemente assurdo!
Quasi a riprova delle sue affermazioni « di principio » contenute nel
primo trafiletto, il Viola dedica il suo
secondo artìcolo ad una specialissima
vers one dei noti incidenti di P. Castello e dintorni, versione eh™ costituisce un autentico atto denigratorio
contro le forze di polizia. Difatti:
lo) La polizia ha avuto il torto
di « attaccare per prima » le colonne
di dimostranti che si dirigevano in
una via laterale sul Consolalo americano.
Ma Viola si dimentica di chiarire
che la « man'festazione » era stata
autorizzata per piazza Castello e con
fini ben diversi! Questa « puntata »
di dimostranti in direzione del Consolato era dunque illegale. Che cosa
doveva aspettar la polizia? Che i dimostranti penetrassero nel Consolato,
sfasciassero tutto quanto e intervenire DOPO, a cose fatte?!
Se i dimostranti avevano scopi pacifici, non avevano che da andarsene!
2«) Più tardi carabinieri e agenti ebbero il coraggio di rl-lanciare sui
dimostranti i cubetti di porfido che
questi ultimi avevano divelti dal selciato per farne grazioso omaggio alle
forze dell’ordine! E questo sarebbe il
comportamento « criminale » di agenti e carabinieri... parafascisti!
Questo modo di narrare « con assoluta obiettività » gli avvenimenti è
del tutto sìmile al comportamento di
certi automobilastri i quali, nell’incrociare altre macchine, fajino brillare ripetutamente i fari abbaglianti rischiando di accecare gli altri- senza
r ilettere che, così facendo (questa è
la cosiddetta, famigerata « gibigianna ») mettono a repentaglio l’incolumltà altrui — e qualche volta anche
la propria — salvo a dire, e credere
— di voler illuminare il prossimo!!!
3«) Sempre in linea col suo strano modo di intendere la obiettività il
V. accenna, poi, alla « teppaglia fascista » (che, si badi bene, per ammiss.one delio stesso resocontista, non
HA MOSSO UN DITO in tutta la
faccenda) mentre, naturalmente, i veri teppisti che hanno provocato tutto
il gua:o col loro tentativo di assalto
al Consolato, sono solo dei... « poveri
giovani » malmenati ingiustamente e,
d.rei, sadicamente, da quei brutaloni
della polizia! (Quanto « vittimismo »
piagnucoloso e fasullo in simile descrizione! Altro tipico esempio di
« gibigianna »).
4«) Ancor meno credibile risulta il particolare narrato dal V. secondo cui carabinieri ed agenti di P.S.
—^ ormai imbestialiti! — avrebbero
continuato a colpire senza fine, selvaggiamente, i « poveri giovani » fino ad incorrere, collettivamente, nel
reato di rifiuto di obbedienza in servizio (non mai « insubordinazione »,
professore, che è ben altra cosa), in
quanto gli ufficiali continuavano invano a ordinare loro, a implorarli...
di smettere!
Non bisogna dimenticare che la
polizia — in servizio di ordine pubblico “ adempie ad un suo preciso
quanto ingrato — dovere, nei confronti dello Stato che essa rappresenta e verso tutti i cittadini che deve,
comunque, difendere nella loro incolumità personale e nel legittimo possesso dei propri beni. Essa, quindi,
non è affatto quel cc mostro » sanguinario contro cui comunisti, socialproletari ed i loro a.ccoliti stanno, da
tempo, sferrando una massiccia quanto
canagliesca e spesso ignoble propaganda, col preciso intento di demolire — almeno sul piano psicologico
— il principale baluardo eretto a difesa degli ordinamenti democratici del
nostro Paese.
Sarebbe molto facile —• ma forse
poco generoso! — seguire Tesempio
del compianto Guareschi che usava
descrivere le « dimostrazioni rosse »
di vent'anni fa, come orde di « trinar.ciuti » che, simili a branchi di
bufali inferociti, si avventano a corna basse, decisi a travolgere ogni ostacolo al loro passaggio — ma se ci sì
provasse, qualche volta, a vedere le
cose anche da.Valtra parte (come io
le ho viste, più d’una volta) ei si renderebbe conto dell’estrema grav tà del
compito affidato ai tutori deH’ordme
(senza virgolette, direttore!) che devono spesso fronteggiare turbe di migliaia di esseri fanatizzati, urlanti,
d grlgnanti, muggenti, annitrenti,
esemplari di una nuova razza di antropoidi dal folto pelame... assetala
di violenza e di distruzione! Altro
che « poveri giovani »... tanto per benino, educati, docili... descritti dalFanonlmo estensore della nota riportata dal sig. Viola!
Io mi rendo conto — concludendo
— delle buone ragioni che inducono
tanti nostri giovani — e non giovan'
— a « contestare ». Ma non posso ac
cettare che una minoranza (per ora
esigua) dì estremisti fanatici possa
sopraffare la volontà dell’intera Naz'one, sia pure in nome dei loro ideali. Per questo non ho nulla da obiettare alla « contestazione » in se stessa. Ma quando si vuole gabellare per
« ventate di aria fresca » (vero, signora Rostan?) le assurde violenze
dei giovani ANCHE nella nostra chiesa. CONTROCONTESTO, a m'a volta, affermando che questa non è più
una « ventata » dj benedetto refrigerio ma... un autentico tornado, apportatore di distruzione, contro il quale
abbiamo il diritto e il dovere di opporci. Aldo Long
(ten. col. Carabinirr^ - ris.)
Il Prof. Viola non ha soltanto attinto all\( Astrolabio », ma e stato testimone oculare di ciò che è avvenuto in
Piazza Castello, a Torino: comunque,
risponderà lui stesso. Frattanto ci permettiamo solo di ricordare che il caso
De Lorenzo non è parto di fantasie
fanatiche... (red.)
Olimpo
‘l'osia
La Casa Valdese di Vallecrosia
rende noto che le iscrizioni al Campo Cadetti sono ultimate j)er raggiunti limiti di disponibilità.
AVVISI ECONOMICI
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5
J1 aprile 1969 — N. 15
Pag. 5
Concorso di componimenti alla Scuola Media “ P. M. Uermigli,,
L’emigrazione a Zurigo vista da^li emigrati
A RORÀ E A BORGIO VEREZZI
Contro la fame
degli altri Si stanno preparando le colonie estive
Gli alunni della II e III Media della
Scuola « P. M. Vermigli» di Zurigo hanno
jiio/to, su invito del Centro di contatto (1),
il seguente tema: « Valuta, in base alle tue
esperienze personali, gli aspetti positivi e
negativi della condizione degli immigrati italiani in Svizzera ». La giuria ha trovato tutti gli elaborati di buona qualità, maturi ed
.equilibrati nel contenuto, ed ha assegnato i
i tre prem- in palio come segue: 1. sig. Carlo Larcan (Uster); 2. sig. Ugo M;lesi (Zurigo); 3. ex aequo sigg. Roberto Cuppone (Zurigo)^ Luigi Foscaldi (Diibendorf)^ sig.na Isa
Frigeni (Regensdorf). Ai premati sono stati
assegnati alcuni volumi gentilmente messi a
disposizione da Consolato Generale d Italia
^ Zurigo. Riferiamo qui di seguiio alcuni
passi degli elaborati premiati.
« Alla domanda, posta raramente, cosa
trova di positivo in Svizzera, Femigrante italiano quasi sempre risponde riconoscendo le
migliori condizioni di lavoro..., l’efficienza
della Posta e delle Ferrovie, la maggior pulizia e l'ordine delle città... Si, elencherà
anche le difficoltà di ordine pratico che lo
affliggono; le limitazioni della Polizia degli
atranieri. la difficoltà dì cercare un nuovo
alloggio... Degli Svizzeri non dirà nulla, come Se non esistessero. Bisognerà insistere
perché si decida a parlarne, E ne parlerà
male e poco obiettivamente. Perché questa
animosità? Gl] Svizzeri la meritano proprio?
Meritano di essere apprezzati solo come Paeae e non come individui? Generalmente arriviamo senza pregiudizi precisi, ma anche
aenza alcuna jjrcparazìone... non siamo diaposti ad as.similare facilmente altri modi di
vivere e di pensare. Scambiamo la riservatezza per freddezza... Il piccolo Pestalozzi
che si na.«e(jiule in ogni Svizzero... viene
scambialo j)cr un razzisi a presuntuoso... Ci
chiudiamo sempre più in noi e tra noi Italiani, diventando apatici, indifferenti, ingiuati. L'Ita] ano in Svizzera è come un catalizzatore. M silo contatto lo Svizzero si trasforma: tulio ciò che riguarda l ltaliano comincia a dargli faslidio... Dal faslidio alla
insofferenza il passo è breve. Ed ecco allora
il fattaccio isolato diventar regola, due Italiani fermi sul marciapiede diventare ostacolo... Malgrado siano, da secoli, vicini di
casa, Svizzeri c Italiani si conoscono pochissimo e j.KJchissiino fanno per conoscersi. Le
poche mani clic fraternamente sì tendono
sono sommcr-^c ila altre mani, a pugno chiuso, che si prolendimo. Chi ne fa le spese,
più di tutti, sono gli Italiani che hanno de<€150 dì stabilir-i qui... Rimarranno sempre
ai margini di questa società, allontanandosi
sempre }uìì dalla loro ».
Carlo Larcan
« Basla vedere nelle fabbr che e sui cantieri qitaie tipo di rapporto intercorre fra gli
■operai indigeni e quelli italiani, per farsi
im’idca di come questi ultimi abbiano delle
rajoni fondate di sentirsi estraniati, respinti, emarginali in questa società. Quando si
pensa che le gio'c. le aspirazioni e le speranze degli uni c degli altri coincidono... dovrebbe es.serc por loro più facile trovare una
hase conuine- d’inicsa... La mancanza dj un
rapporto umano fra loro ha portato a que.sta situazione che dire drammatica è poco.
3olo esso, infatti, potrà sgombrare il campo
•di ogni diffidenza e rancore, mentre quella
«tampii.. i* quei tristi personaggi che istillano g 'uilmi Tilc nella popolazione indigena il V' i ?:ì( della xenofobia... non avranno
più ragimic di juoliferare. In questo modo
ai arriverei a un reciproco rispetto che permetterà un armonioso svìlupjio di rapporti
sociali, polilii'i e cuiliirali tra i lavoratori
indigeni e quidìj italiani ».
Ugo Milesi
{(Il numero d'Ilaliani prei^entl in questo
Paese è lìssalo per legge, perciò la popolazione dovrel)bc mostrare una maggiore comprensione verso il lavoratore slraiiiero, senza
■appartarlo, evitandogli certe scortesi umiliazioni. informandolo meglio delle abitudini
locali, facendo in modo che una certa assimilazione possa avvenire... La Confederazione si preoccupa di salvaguardare gli interessi nazionali, ina fa ben poco per questa gente che... non m)1o si trova a disagio per la
lingua, ma sj trova prevalentemente sola,
senza familiari e conoscenti, a vivere in un
mondo lutto diverso dal proprio; la si dovrebbe aiutare con mezzi adeguati, creando
centri sociali, istituii... Indubbiamente da
Ìarte italiana esistono tutte quelle scorrettezze... che si riscontrano in una classe operaia, ma questo è un fatto che si dovrebbe
accettare, come si accetta la loro opera... Sì
dovrebbe fare in modo che 1 indigeno stendesse la mano verso lo straniero e questi 1 ac■cettasse... così che, ognuno dando un po di
ae stesso, sì potesse arrivare ad una reciproca comprensione ».
Roberto Cuppone
« Sono veramente rari quegli Svizzeri che
accettano la nostra amieizìa o uno scambio
di idee. Durante nove ore dì lavoro insiettte, c] si dice ben poco: ma appena timbriamo la cartella non ci conosciamo neanche
più e ognuno va per la propria strada. Ep
) Centro eostitu'.to dai rappresentanti di
età e Enti (svizzeri ed italiani) presieI dalla signora Elena Fischlì-Dreher, che
Jre membro del Concistoro della nostra
iSa di lingua italiana.
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pure sono anni che ci conosciamo, che mangiamo lo stesso pane : ma il loro sangue è
inamovibile!... Qualp avvenire è riservato a
questi bambini che vivono all’estero? Quando avranno finito il ciclo scolastico obbligatorio, quale possibilità sarà loro offerta per
proseguire gli studi? Chissà se potranno avere la fortuna di essere ammessi ad una scuola professionale, altrimenti saranno costretti a fare i manovali per tutta la vita. Il
guaio è che neanche tutti i genitori sanno
leggere e scrivere e il bambino si trova cosi
tra Fìncudìne e il martello... ».
Luigi Foscaldi
« All'inizio trovai degli aspetti negativi e
di questo rimasi tanto meravigliata ; non
pensavo che un popolo tanto emancipato, come sì crede il popolo svizzero, ci facesse pesare tanto la colpa di trovarci qui e di dover
lavorare nel su© Paese. Però questi aspetti
negativi li trovai solo al principio, quando
ancora non conoscevo la loro lingua e sapevo ben poco delle loro usanze A poco a poco
le cose cambiarono... Dalle loro discussioni
ho potuto dedurre che alle volte la colpa è
nostra se non riusciamo ad introdurci nella
loro società : non vogliamo imparare la loro
lingua né vogliamo capire i loro usi e costumi. Questo penso sia veramente il nocciolo
di tutta questa animosità nei nostri confronti. Io ho voluto imparare subito il tedesco... la mia posizione è forse privilegiata,
certo anche io ho dovuto sacrificarmi... e se
ora mi trovo a esser trattata alla pari degli
Svizzeri penso che un po’ di merito l’abbia
avuto anch'io ».
Isa Frigeni
Pubblichiamo un nuovo elenco di
sottoscrittori, nuovi e vecchi e ringraziamo tutti di cuore. Come già
annunciato, il nostro scopo più immediato e quello di inviare la somma di un milione di lire al Centre
familiai della Chiesa evangelica del
Gabon ( Africa) per aiutarlo nella
sua lotta contro la denutrizione e
le malattie dei bimbi e facciamo affidamento sulla generosità e l’impegno costante di tutti voi onde raggiungere al pHi j)resto quella cifra.
da Torre Pellicei S. Longo L. 1.000; S.
Peyrot 5.000; F. e F. Eynard 2.000.
da Torino: M. Jon Scotta 2.000; A. e E.
Balma 5.000,
da Campobasso: P. Corbo 2.000.
da Livorno: E. Giorgiolè 1.000.
da Cosenza: A. Fioramante 3.000.
da Roma: N. Long Marey 5.000; G. Conti 5.000.
da Lucca: S. e O. Cornelio 5.000.
da S. Remo: A. D. xMansuìno 10.000; M. T.
Fiorio 20.000.
da Bergamo: un Ultore 20.000.
Totale L. 86.000: tot. prec. 550.461; in
cassa L. 636. 461.
Ricordiamo che U- offerte vanno possibilmente inviate al croio corrente postale n.
2/39878 intestato a Roberto Peyrot, Corso
Moncalieri 70 - 10153 Torino. Grazie!
curate dalla Chiesa di Taiiaa
Tutti gli anni sa per giù in questo periodo, appare su questo periodico l’avviso
per l’apertura delle iscrizioni alle nostre colonie di Borgio Verezzi e Rorà.
Vogliamo quest’anno cogliere questa occasione per riflettere insieme su questa opera
della chiesa, sulle sue origini, i suoi scopi e
le sue esigenze di rinnovamento.
L'opera dì Borgio sorse all’inizio del secolo allo scopo di assicurare i benefici del clima marino ai bambini che ne erano particolarmente bisognosi e per opera del pastore J.
P. Melile prima e poi del moderatore E.
Giampiccoli si concretò nella Casa di Borgio.
Essa sorse cioè come opera filantropica di
beneficenza e svolse un utile ed importante
compito sociale.
La colonia di Rorà sorse dopo l’ultima
guerra. Oggi, dopo tanti anni, pur restando
ancora pienamente valido lo scopo primitivo
deve essere riveduta ed integrata Fimpostazione generale sotto il profilo pedagogico.
I progressi della psicologia moderna che
ha messo in luce i bisogni dì socialità di comunicazione, le esigenze espressive e gli interessi del fanciullo richiedono una precisa
puntualizzazione delle finalità educative delle
comunità infantili di vacanze, e le ormai
d ffuse tecniche del tempo libero ci offrono
i mezzi per realizzarle.
II soggiorno in colonia può essere per i
ragazzi l’occasione per vivere una stimolante
esperienza comunitaria, per organizzare attività creative, per progettare lavori dì grup
iiiiiiiimiiiiiiiiiiiiimiiii
iiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiii>iii
iiiiitiiiiiiiiimimiiiitniiiii
VOCI DAL “GOULD,, FIORENTINO
Un'Opera che vive per fede
La Pasqua di Resurrezione è una realtà
presente, è festa gioiosa della cristianità,
punto centrale della nostra fede e la dobbiamo vivere, non solo nel giorno della ricorrenza, ma ogni giorno con un atto di fede
e di amore che non coinvolge noi soltanto,
ma anche il nostro prossimo, tutti i figli di
Dio, dai più colti, più preparati, chiusi in
una corazza di capacità e di benessere ai più
inesperti, più deboli, incapaci o impediti di
disporre di sé, perché quello di Cristo è atto
di amore Liniversale che deve dare agli uni
umiltà di intenti e agli altri dignità di vita.
Per questa stessa fede vive quest’opera
ed è altresì la medesima fede che ci spìnge
a compiere questo lavoro, un lavoro verso
ragazzi ancora inesperti e divenuti bisognosi
perché la Resurrezione del Cristo non è stala intesa nella sua pienezza ed è divenuta
una dei tanti episodi con il suo ricorrente
anniversario. Bene sarebbe che Opere come
questa non avessero ad esistere, perché allora il mondo avrebbe fatto suo il messaggio
delia Croce; ma poiché ancora ne sorridiamo come di un’utopia, facciamo almeno in
modo che le nostre Opere vivano e siano
in grado di assolvere degnamente il loro compito, perché, r’cordiamolo, esse non sono un
investimento di capitali, ma Opere che vìvono per fede e per i doni che mediante la
fede i credenti offrono loro.
Però in questo morjiento siamo veramente
preoccupali perché, mentre esiste un gruppo di lavoro che vi infonde il suo tempo, le
suo energie e le sue dot:, non vediamo un
corr’spondente impegno di sostegno finanziario dell’Opera.
II Gould ha attualmente di che vivere alFincirca per un altro mese; deve invece guidare per altri tre mesi quaranta ragazzi per
glunget'3 fino alla fine dell'anno scolastico.
In estate deve occuparsi ancora di parte d¡
questi ragazzi che attualmente non hanno
una casa in grado d¡ accoglierli. Con la convinzione di seguire una linea evangelica, non
abbiamo l'abitudine di esigere dalle famiove esse esistono, una retta vincolante,
chiediamo un contributo proporzionato
loro possibilità e sebbene l'impegno assunto sia in genere rispettato, per ragioni
estremamente valide esso è sovente più simbolico che altro. Quest’anno con quaranta
alunni, il contributo medio pro-capite è di
8.500 lire, per un totale quindi di 340.000
lire il mese. La spesa media sostenuta, sempre mensilmente, per ogni ragazzo si aggira
sulle 45-46.000 lire e comprende, oltre la
normale attività dei precettori, anche un
buon doposcuola, l’assistenza sanitaria e prdialrica. la costituzione di un corredo c van
interventi e cure terapeutiche di una certa
consistenza. Conirontate con quelle di altri
bstitul; fiorentini le cifre si equivalgono e
sono decisamente interiori agli stanziamenti
cui dispongono gli Istituti cattolici o pst.ti
da Enti Pubblici. Un importo mensile di
spesa di 1.800.000 lire c rea, sovente accresciuto dalle necessità di interventi nella manutenzione deilo stabile, risulta coperto approssimativamente .soltanto per un quinto
dall’impegno delle famiglie. Non che manchino amici fedeli e costanti: ci sono e ci sono di grande aiuto, ma l’intervento di pochi
non è sufficiente e moli', troppi, dimenticano che nel fratello che ha bisogno è riflessa
l’immagine di Cristo, che per noi ha .sof
ferto. .
Le preoccupazioni finanziane non aeubono però distoglierci da quelle che sono le finalità essenziali del nostro lavoro e che consistono nell’educare e nel preparare questi
nostri ragazzi ad essere uomini coscienti ed
impegnati. Naturalmente è viva la speranza
che la testimonianza evangelica che cerchiamo di dar loro, possa aiutarli a trovare la
cosa essenziale della vita: la fede in Cristo
Gesù.
I ragazzi hanno superato discretamente il
primo trimestre, malgrado i molti nuovi arrivati: poche insufficienze alle elementari e
quasi tutti voti non gravi: discreti anche gli
esili della media, sebbene non manchi chi
glie
ma
alle
potrebbe riuscire im g o con un po’ più di
impegno. I più gramò. impegnati a «prendere coscienza della viola italiana », hanno
avuto modo di coiuiòare con lo studio anche la partecipazion, ad attività parallele e
a sensibilizzarsi su ■' li aspetti e certi problemi della nostra ,■. /lotà. Anche se inizialmente i ragazzi so:i; .-posti al rischio di assumere posizioni Ili' 'iterali ed acritiche, tali
esperienze costituii un contributo alla
loro maturazione c iireparazione.
Da vari elemeni . - amo portati a sperare
in un buon esito ai:' he nel secondo trimestre e ci auguriami- ò poter chiudere almeno scolasticamente attivo, anche se più
che di Un esito scolas! co, c; rallegriamo perché alcuni ragazzi Itauno ritrovato se stessi
ed hanno identificato naÌla Casa un fcrcolare
per loro.
Ma la fine dell’anno scolastico non è una
meta, è solo una tappa, prima di dare il via
al programma estivo per chi rimarrà con noi
e prima di iniziare un nuovo anno scolastico e quindi un nuovo ciclo.
C’è la speranza comunque che anche cosi,
nella sua modestia, l’Opera possa essere un
segno di quel Regno che !a Resurrezione del
Signore ci annunzia e che è un invito per
tutti noi ad essere strumenti docili nelle
Sue mani.
Marco e Miriam Jourdan
e i loro vo'laboratori
Uscire
dalFisolamento
Quando si parla di Isliluto. per la maggior parie della gente che vive al di fuori
della problematica degli istituti, la me/ite
viene attraversata da un immagine piena di
malinconia e di tristezza: lo si immagina
come un grande palazzo con le mura ingrigite dal tempo, un nudo cortile, una serie di
corridoi e cameroni tutti eguali... i ragazzi
anche .se non più rapati e senza la divisa
uguale per tutti, appaiono, agli occhi di molti. sfocati, lontani, un insieme indistinto: di
volta in volta ci si pub commuovere per
qualche caso pietoso, si irnpara un nome, ma
il volto rimane nell’anonimato, come il nome si accavalla ad altri nomi sino a formare un groviglio ta’e di situazioni che si annullano a vicenda. Una massa informe, indistinta dove tutto si confonde e si sbiadisce. un luti uno di ragazzi e persone e cose,
simile ad una ruota multicolore che. fatta
girare vorticosamente, fa intravedere solamente un bianco incolore.
Chi vive airintemo è conscio di tutto questo e i ragazzi, più sensibili degli adulti, almeno per queste cose, si trovano a dover reagire a questa situazione, per i più dei casi,
passivamente chiudendosi ancor più nella
loro sofferenza di respinti, di messi da parte
della società. Il paziente lavoro di recupero
per
spinge il ragazzo e lo relega nel suo posto
di ’’diverso”, è chiusa e tetra.
Nelle scuole, giorno dopo giorno, s’è chiamati a debellare la perniciosa convinzione
che il ragazzo dell’istituto sia diverso dagli
altri. La falsa commiserazione che sale sulla
bocca di molti insegnanti ’’poverino è dell’istituto”, è l’elemento più sintomatico e deleterio di una posizione fondamentalmente
errata nei confronti del ragazzo. Quanti pregiudizi per un concetto errato, per un’immagine sbagliata dell’istituto!
Solamente quando anche l’uomo della strada si convincerà che l’istituto è una famiglia come tante altre famiglie, forse un pochino più numerosa, che i ragazzi sono simili agli altri ragazzi, bisognosi del medesimo affetto, della medesima comprensione,
con le medesime aspirazioni di tutti e che
questa casa altro non e che un luogo dove
il ragazzo impara a diventare uomo, quando
questo avverrà, solamente allora, il ragazzo
potrà dire di non essere più appartato, diverso da tutti gli altri.
Il nostro essere protestanti avrebbe g'à dovuto portarci a questo livello di maturità;
la nostra fede avrebbe già dovuto permetterci di vedere nel ragazzo dell’istituto la
creatura da amare e da comprendere; il nostro essere credenti avrebbe già dovuto indicarci il modo con cui tendere la mano per
un inserimento completo nella società umana e nella comunità dei credenti.
bayr.
po, per imparare a vivere e lavorare insieme
(cosa difficile anche a molti adulti!) per assumere un impegno particolare e preciso che
lo faccia membro attivo nella piccola comunità e non soggetto passivo nel gregge. Sarà
anche e soprattutto l’occasione per riprendere in forma nuova la formazione evangelica dei bambini, tanto più importante in
quanto sempre più bassa si fa la percentuale
di quelli che frequentano regolarmente la
scuola domenicale. Il Comitato delle scuole
domenicali, su nostra sollecitazione, sta preparando un apposito piano di lezioni dal titolo : « Perché siamo protestanti ».
Verso queste finalità educative e la loro
organizzazione pratica, la Commissione sta
ora orientando i monitori e le monitrici che
si sono impegnati con entusiasmo per i vari
turni.
Ai ragazzi sarà fornito materiale per giochi e lavori vari. A questo proposito riceveremmo volentieri libri adatti (anche usati
ma in buono stato), annate de « L’Amico dei
fanciulli », scatole (anche non complete e
nuove) di matite colorate, pennarelli, colori
a cera, carte colorate ecc.
Speriamo che questi progetti rendano più
aderente alle esigenze infantili il servizio
che le colonie possono compiere a favore dei
bambini e ragazzi evangelici; speriamo altresì che le famiglie se ne rendano conto e
10 dimostreranno praticamente... cercando di
adeguare la loro offerta come contributo spese a quello che è il costo di solo vitto giornaliero (L. 1.000 giornaliere per bambino).
Tanto più generose saranno le offerte, tanto
più numerosi saranno i bambini di famiglie
economicamente deboli che potremo ricevere
NORME PRATICHE
PER I TURNI
Borgio Verezzi: Primo turno (femminile)
dal 26 giugno al 18 luglio; Secondo turno
(maschile): dal 21 luglio al 12 agosto; Terzo turno (femminile): dal 18 agosto al 5
settembre; Quarto turno (maschile): dal 5
al 26 settembre.
Rorà : Primo turno (maschile) : dal 26
giugno al 22 luglio; Secondo turno (femminile): dal 24 luglio al 19 agosto.
LE DOMANDE
Possono essere ammessi alla colonia i
bambini che abbiano compiuto il 6® anno
di età entro il 31-12-68 e non oltrepassato
11 12®.
Le domande devono pervenire entro il
mese di aprile, al più tardi, alla Commissione colonie valdesi — via M. Cristina 11,
10125 Torino — per la loro compilazione richiedere il modulo apposito allo stesso indirizzo.
Alla domanda deve essere allegato (per i
nuovi iscritti) il certificato di nascita in carta semplice e la presentazione de] proprio
pastore (salvo che per i membri della chiesa
valdese di Torino).
Se la domanda sarà accettata, le famiglie
dovranno far pervenire alla Commissione,
entro il 1» giugno i documenti. Esse riceveranno inoltre istruzioni particolareggiate,
circa il corredo, il viaggio, le visite ecc.
INFERMIERE
La Commissione ricerca infermiere diplomate disposte ad accompagnare uno dei suddetti turni, con l’unico impegno dell’assistenza a bambini eventualmente ammalati;
vitto, alloggio e compenso adeguato.
miiiimimiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiuitiiimmiiiMiniiiimiiHiiimiiii
iiiiiuiimiiiiiiiiiiiiMi
DISCUSSIONE IIV ASSEMBLEA ni CHIESA â VERONA
Ministero pastorale e articolazione
della vita comunitaria
fidile
miti casi di asocialità, le iniezioni di
■la e di speranza verso tutti coloro che
luutno un ’’super-io” latente o distrutto dai
te vicende familiari, cozzano disperatamente
contro un’intuizione di base che c è nel ragazzo: la società lo giudica diverso e lo relega nella situazione di ’diverso senza tendergli minimamente la mano per accoglierlo
nel suo seno, per facilitargli il cammino verso quell’integrazione che e la sua aspirazione e la meta cui tende il lavoro dell’educatore. Il ragazzo dell’Istituto, più che qualsiasi altro, aspira semplicemente a essere come
gli altri. Quindi è gioco forza, in questa sede, parlare di uscire da quell’isolamento cui
il ragazzo è costretto suo malgrado. Non e
quindi grigio il palazzo che lo ospita, non
è angusto il cortile che lo vede giocare, non
sono tetre e costantemente uguali le camera.te. non è incolore il ragazzo per caratteristica propria, ma la società con la sua menta
lità è grigia ed angusta; la società, che re
L'Assemblea di Chiesa della Comunità di
Verona, riunitasi il 9 marzo 1969, sentite
le due relazioni dei Pastori Alberto Ribet e
Franco Giampiccoli, ha manifestato il suo
consenso per le tesi e proposte formulate dal
Pastore Giampiccoli.
La Comunità di Verona è particolarmente sensibile a questa problematica, in quanto in essa sono stati g’à tentate, in via sperimentale, delle azioni di gruppo.
L’Assemblea ritiene che il tentativo di ristrutturazione della Comunità in gruppi di
servizio, secondo vocazioni specifiche, dovrà
essere portalo avanti con urgenza e sarà senz'altro possibile la sua attuazione nella Comunità di Verona, in quanto è già possibile
delincare nella Comunità stessa tre tipi vocazionali distinti: uno con particolare indirizzo verso l’assistenza agli ammalai; negli
o.spedali e in tutti quegli interventi ove sia
richiesta solidarietà fraterna (è chiaro che
in questi interventi sono state e saranno scelte forme non paternalistiche); un altro gruppo è stato e sarà invece indirizzato in un tentativo di presenza nella città, presenza qualificata in senso evangelico e, per quanto possibile. non strumentalizzabile; il terzo gruppo che partecipa strettamente alle attività
degli altri due, si è assunta la responsabilità
della predicazione domenicale e di due studi biblici settimanali.
L'Assemblea ritiene che, pur nella nuova
strutturazione della Comunità, il Pastore conservi una funzione essenziale. Le iniziative
dei gruppi dovranno intatti, come è stato
già esperimentato. essere confrontate alla luce del Vangelo in uno scambio comunitario
in cui il Pastore possa dare il suo contributo
specifico al servizio di ogni gruppo.
La comunità è convinta phe soltanto un attenta meditazione della Parola di Dio. in
una situazione concreta, giustifichi l’azione
di ogni gruppo e sente pertanto la necessità
di servirsi e non necessariamente a pieno
tempo, de] min stero pastorale.
Ricordando
Rosie Sanders
ved. Ayassot
L’avevamo conosciuta nella sua casa di
cor.so Emanuele Filiberto a Roma, molti anni or sono: ci accoglieva cordialmente in
quella casa dalla cui finestre sì vedevano la
porta e le torri di San Giovanni. Suo figlio
era studente in teologia, le figl e erano piccoliae e vivaci. Piena di gentilezza e di attenzione per ognuno, s’infoimava della nostra salute e dei nostri progetti con discrezione e vivo affetto.
Rimasta vedova, ha seguito i suoi figli e
nipoti con intenso amore. Inglese di origine. ha portato nella sua vita un vivo senso
di umorismo e si è inserita senza rimpianti
nella terra che le fu .seconda patria. A Roma, a Venezia, ai Chabriols, a Torre Pellice, a Torino ha partecipato ai nostri culli,
ai matrimoni, ai lutti, ai dolori delle nostre
comunità con semplicità, con fede, con
umiltà.
Ha lascialo scritto i suoi versetti preferiti
della Bibbia: « Anima mia, acquetati in Dio
solo, poiché da lui viene la mia salvezza »
(Salmo 62: 5). « La mia grazia ti basta »
(2 Cor. 12: 9).
Al figlio Pastore Ernesto Ayassot, alle figlie Anita Simeoni e Alma Decker, a lutti
i nipoti la nostra solidarietà in Cristo.
C. G.
6
pag. 6
N. 15 — 11 aprile 196^
Notiziario
ecumen ico
a cura di Roberto Peyrot
VERSO UNA BIBBIA ECUMENICA
IN LINGUA ARABA
Beirut (soepi) — Rappresentanti ufficiali
delle chiese ortodossa, cattolica romana e
protestante del Medio Oriente, riunitisi per
tre giorni alla periferia del Ca ro, hanno deciso di intraprendere una traduzione in comune della Bibbia in lingua araba. Ne hanno affidato la realizzazione aU’Alleanza biblica universale.
La futura traduzione ecumenica terrà conto delle recenti scoperte, in particolare dei
manoscritti del mar Morto, dei cambiamenti
avvenuti nella lingua araba e di uno studio
più approfondito delle lingue antiche. Attualmente, le due traduzioni della Bibbia in
lingua araba più usate sono quella di Cornelius Van Dick, del 1865 e quella dei padri gesuiti del 1878.
UNA CHIESA AMERICANA
CHIEDE IL CONTROLLO
DELLE ARMI DA FUOCO
New York (spr) - Il consiglio esecutivo
della Chiesa unita del Cristo ha deciso che,
in occasione del Sinodo di tale Chiesa che
si riunirà a giugno, una seduta d’informazione fosse dedicata a una dichiarazione sulla detenzione di armi da fuoco negli USA.
Adottata dal consiglio per l’azione sociale
cristiana della Chiesa unita del Cristo, tale
dichiarazione condanna « Za proliferaz'one
quasi totalmente incontrollata delle armi da
fuoco » e deplora l’alto numero di incidenti
(20.000) provocati nella vita civile dall’utilizzazione di armi da fuoco, di aggressioni
(55.000) e di furti a mano armata (70.000)
che annualmente si verificano.
La dichiarazione chiede l’introduzione di
una legislazione che contenga le seguenti
disposizioni :
1. interdizione di ordinare per corrispondenza fucili e fucili da caccia, pistole
e revolvera;
2. immatricolazione di tutte le armi da
fuoco, con divieto di vendere munizioni ad
altri che ai detentori di armj da fuoco immatricolate;
3. obbligo per i proprietari di revolvers
di avere un permesso, da rinnovarsi periodicamente, in modo da evitare che criminali
notori, ubriaconi inveterati, tossicomani, persone mentalmente deficienti e minorenni
possano possedere armi;
4. limitazione del porto d’armi in mano ai militari, ai funzionari incaricati di
fare rispettare la legge e, con autorizzazione
della polizia, ai civili la cui professione e le
cui circostanze personali esigono, a parere
della polizia, che detengano armi da mano.
Nella sessione di giugno il sinodo sarà
chimnato a pronunciarsi sulla proposta di un
« sistema di servizio opzionale » in merito
al reclutamento militare, e a prendere posizione sul documento concernente la « giusta suddivisione dei carichi governativi », a
proposito del barometro delle imposte e di
proposte di riforma.
Inserirci nella città
Spesso ci rompiamo il capo per sapere come esser « inseriti » fra la gente
di Riesi, non solo come uomini, ma
come portatori del messaggio di Cristo. E poiché constatiamo, giorno dopo giorno, che questi rapporti umani
non sono come vorremmo e che, anche
se accolti gentilmente, rimaniamo comunque e sempre degli « estranei », ritorniamo a riflettere sulle nostre mancanze, che non son, di certo, fittizie
ma vere. In una autocritica come questa non è certo il caso di Anta modestia o di ricerca d’alibi. Porse non sappiamo « farci tutto a tutti » come l’apostolo Paolo, sicché non siamo riesini coi riesini, ma sempre continentali
o gente di fuori. Questo è vero, ma
non è tutto.
L’altra sera avevamo una riunione
con i collaboratori locali, riesini quindi. Poiché si parlava d’inserimento in
Riesi, li ascoltavamo. Da quel che dicevano era chiara la loro constatazione di non esser « ricevuti » essi pure, ma d’esser considerati come persone diverse, a parte. Allora v’è qualcosa di più che una sociologia diversa,
ed una diversa formazione famigliare.
Che non « ricevan » noi lo si può
capire, ma perché anche loro che non
solo son sempre stati qui, ma hanno
profonde radici nella città? E perché
sono degli « estranei » nella loro stessa famiglia? Forse, proprio per quel
tanto di «Cristiano» che è in loro,
cioè per il loro diverso modo di concepire la vita', per il loro senso di servizio, per il loro non badare in primo
luogo allo stipendio o all’interesse.
L’anno scorso alcuni notabili mi accusavano di non esser abbastanza inserito nella città e di non aver abbastanza contatti con essa. Per dir la verità, almeno per quel che concerne il
gruppo, la critica non era equa poiché
esso ha contatti regolari con quasi un
terzo della popolazione per le relazioni che i diversi settori di lavoro stabiliscono, però a quegli interlocutori risposi « che se passassi tutti i pomeriggi a giuocare a carte al circolo dei notabili, allora mi avrebbero veramente
considerato dei loro ». Non poterono
far a meno di consentire. Bisognerebbe esser come loro, nella loro concezione della vita, per esser bene ascoltati e ricevuti.
Questo non vale solo per Riesi, ma
per ogni luogo. Cristo diceva « se foste
del mondo, il mondo amerebbe quel
che è suo» (Giov. 15/19). E’ innanzitutto questa constatazione del Signore che dimentichiamo e la dimentica,
assai spesso, la Chiesa quando annaspa dietro nuovi mezzi per farsi ascoltare e ricevere. Perché oggi si parla
più di metodo che di contenuto, mentre nel Nuovo Testamento avviene il
contrario, eppure il problema di avvicinare la gente non era meno inquietante di adesso. Il mondo ha rifiutato la sapienza di Dio, tant’è vero
che l’ha crocifìssa, e per essere accettata oggi la Chiesa la lascia da parte
per rifugiarsi nella sapienza di questo
mondo (vedi il ricorso alla violenza!)
ed allora il « sale »? Il sale ! Il sale dell’Evangelo che essa è chiamata ad essere! Non diviene insipido?
Così, anche non è ricevuto l’annunzio del « nuovo mondo » di Cristo. Lo
è, ricevuto, per quel tanto che agli interlocutori « sembra » collimare con le
loro aspirazioni, specialmente poi con
quelle che non incidono nella loro vita giornaliera e che rimangono allo
stato di speculazione intellettuale. Ora
la testimonianza, e con essa tutta la
predicazione, è Tincisione, la ferita,
che la Parola fà nella carne degli uomini. Gli uomini non si lasciano ferire. Se, a volte, avviene che ciò accada,
badan presto a rimarginare la piaga,
perché tutto torni normale, cioè conforme alla « figura » di questo mondo
nella quale, solo, posson vivere senza
rompimento di capo.
Ma questo non è ancora tutto, Se il
mondo rifiuta l’agape di Cristo, la nostra situazione non è ancora chiara.
Lo sarebbe solo se in noi non ci fosse
una tremenda mistura di umanità ribelle e di vocazione cristiana. Lo sarebbe se fossimo veramente testimoni,
come l’apostolo che diceva « mi fo
ogni cosa a tutti ». Solo per l’agape di
Cristo si può entrare nella situazione
della gente, comprendere quel che ha
determinato la loro formazione e mentalità, esser loro e parlar loro come
dal di dentro. Se solo l’agape di Cristo
muovesse realmente i nostri atti ed i
nostri discorsi le cose andrebbero diversamente ed in questa ricerca si potrebbe separare più facilmente le responsabilità che pesano su noi da quelle che pesano su gli altri.
Per questo ci sbagliamo in partenza quando ci poniamo il problema del
nostro inserimento nella vita di Riesi.
Esso fà parte dei problemi che ci costruiamo per nascondere quello fondamentale. Perché non possiamo tendere verso un inserimento nella vita
degli uomini se non riflettiamo sulla
nostra posizione reale nei confronti
di Cristo. Cioè non si tratta di inserirci più o meno in questo mondo, ma di
inserirci in primo luogo nel sistema
di Cristo. Solo quando attingeremo
esistenzialmente e comunitariamente
alla vera ed unica fonte di vita, ci immergeremo di conseguenza nella vita
di Riesi, anche al di là delle considerazioni che gli altri ne faranno. E solo
a questa condizione il nostro inserimento sarà vero, non fìnto ed esteriore
come molti vorrebbero.
Cristo non si è posto il problema
del suo inserimento nella vita degli
uomini del suo tempo, ma la sua vita
si imponeva alla vita del mondo, irrompeva nella vita dell’uomo che incontrava. E se Cristo è risorto, se la
potenza di Dio Si è già manifestata
nella resurrezione di lui, con quale criterio la giudichiamo incapace di farci
veri strumenti della sua azione? Oppure preferiamo ignorarla per fare i
nostri ragionamenti sulla commedia
umana e sulla difficoltà di un reale inserimento? Dinnanzi a Cristo non reggono nè le nostre commedie nè le nostre difficoltà. E questo vale per tutti.
C’è chi fa un discorso pietista facendo astrazione dal mondo reale degli
uomini, e chi vuol scender nel concreto della loro vita, economica e politica, facendo astrazione dal mondo di
Cristo, e cos'. non siamo nè in un modo nè nell’altro strumenti nelle sue
mani tanto che la sua azione incida
e penetri nel mondo. Parliamo delledifficoltà deU’inserimento, invece di
fermarci sul nostro mancato radicarci
in Cristo.
Certo è necessario conoscere la storia della città, la sua società, i fattori
che l’hanno cosi formata e quanto può
farci conoscere chi si vuole amare nella sua attuale condizione, ma questa
necessità non può prevalere sull’esigenza di essere inseriti nell’agape di
Cristo e di esserne nutriti perché è
prima di tutto da questa agape che
ci viene la vera conoscenza dell’altro.
Solo nell’agape si conosce e si comunica, ma questa agape non sorge dal
nostro interno, ma ci vien data da
Cristo, vera agape di Dio.
Tullio Vinay
iiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiiiii II
Echi della settimana
IL COMUNISMO CINESE
Esistono ormai, come tutti sanno, non
più un solo comunismo, ma diversi comuniSmi : ognuno di essi è una realizzazione, o
un tentativo di realizzazione sul piano politico-sociale, dell’ideologia marxista. Sul comunismo cinese, evidentemente il più importante dopo o accanto a quello sovietico
(oppure, se si preferisce, in contrasto con
quello sovietico), « Le Monde », in un interessante editoriale (v. n. 7533 del 3.4.’69),
presenta criticamente le ultime notizie.
« Il nuovo comunismo, quello che il presidente Mao Tse-tung intende proporre al
mondo e che VURSS denuncia come ’*la nuova rivelazione delVanticomunismo^', e giunto al momento di darsi il suo definitivo
aspetto e le sue istituzioni. Tali infatti sono
il significato e la portata che vuole avere il
IX congresso del partito comunista, che s’è
aperto il 1.4 nella capitale cinese.
Pechino ha voluto precorrere la prossima
conferenza dei partiti comunisti d'’obbedienza sovietica, chiamando i partiti ora a raccolta. Alle incertezze ed alle divisioni del
comunismo occidentale^ la Cina vuole imporre Vimmagine d'una rivoluzione uscita mttoriosa e rinnovata dalla sua crisi di crescenza, da una crisi del resto voluta^ diretta e risolta dal presidente Mao in persona.
Ma v'è di più: la Cina vuol dimostrare
che, proprio liberandosi dal comunismo invecchiato e sclerotizzato di Mosca, essa ha
saputo ravvivare in sé la fiamma della rivoluzione e, nello stesso tempo^ far uscire il
movimento internazionale dalla sua s tuazione di sclerosi. Essa pretende di dimostrare la
possibilità di reinventare, per il comunismo,
delle forme nuove e dinamiche, che vanno
dalVorganizzazione del partito e dello Stato
fino alla struttura di tutta la collettività socialista, ivi compresi Veducazione^ i metodi
economici, il compito delVesercito, ecc.
E' impressionante constatare, in sede di
congresso, il numero e Vimportanza dei problemi ai quali non si era mai neppure tentato^ a Pechino, di dare una soluzione prima della convocazione del congresso stesso.
Il primo prohlotiia, al quale molti altri sono
subordinati, e quello d{ sapere se il partito
comunista, una volta effettuata la riorganizzazione, verrà o non verrà riportato nelle
condizioni della sua originaria potenza, dato
a cura di Tullio Viola
iiimimiiiMmiiiMtiiiiiimiiiiiii'iiiH»iHniimi«i
Il messaggio di Uppla e la parola dell'Altro
(Segue dalla I pagina)
« con gli uomini di ogni convinzione ». Per il semplice fatto di
apparire gradevole e saggia agli
occhi di questo mondo, nel quale
la sua vocazione è quella di perpetuare lo scandalo predicando
« ciò che è follia per coloro che
periscono », essa « inganna sé stessa » frustrando « gli uomini nostri
fratelli del messaggio » che pretende « annunciare » loro.
Questo modo di cancellare lo
scandalo della Croce prostituendosi agli idoli del mondo, non data
certo da oggi soltanto. Su questo
punto il nuovo Israele non ha davvero nulla da invidiare all’antico.
Dal momento in cui Costantino ha
saputo fiutare il meraviglioso fermento di unità che il cristianesimo
offriva al suo impero in piena decadenza, la Chiesa non ha cessato
di mobilitare sé stessa per esercitare quest’ufficio « temporale ».
Un tempo essa aveva almeno la
scusante di sentirsi la madre delle
« nazioni » entrate nel suo girone.
Le pareva che i propri limiti si
confondessero con quelli del mondo « sorto » da essa. Lo stesso Calvino pensava la stessa cosa della
sua République de Genève. Ma come conservare una simile illusione, a due secoli almeno da quando la sua « civiltà » moltiplica in
modo così manifesto i frutti del
suo adulterio?
Ed ecco dove si riconosce la malizia diabolica dell’« Altro ». Il
« serpente antico » non ha certo
perduto nulla della sua astuzia ori
le gli resta la partita con la Sposa,
così sensibile alle sue seduzioni generose...
« Dio, anche lui, ascolta queste
grida (del mondo in distretta) e ci
giudica », hanno riconosciuto le
« colonne » delle nostre Chiese. Ma
contraffacendo a meraviglia la parola della vita, « l’angelo di luce »
è corso a portar loro l’assoluzione.
« L’ahhiamo udito dirci — confessano sconsideratamente queste
« colonne » così perniciosamente
ingannate —: vi precedo. Cristo
si è caricato il vostro passato colpevole e lo Spirito vi conferisce la
libertà di vivere per gli altri. Vivete dunque sin d'ora l’avvenire
del mio regno in un culto gioioso
e con l’audacia dei vostri atti ».
Sicuro! Nessuna impostura ferma colui che, parlando così di Cristo alla terza persona singolare,
mette anche il suo regno (cosi
gioiose, dato il boom scientifico e
le sue « pillole ») ai piedi dell’Èva
che vuole incatenare alla sua prostituzione. Dopo avere contraffatto la parola della vita, ha contraffatto la voce stessa di Gesù. « Gesù Cristo, il Signore, ci ha detto »,
confessano ancora le nostre « colonne » senza minimamente inquietarsi del « presente » di questa
promessa apocalittica: « Ecco, io
faccio ogni cosa nuova ».
Il « tempo » che Paolo annunciava a Timoteo è di certo divenuto più che mai il nostro. Poiché il
serpente ha facile gioco, oggi,
quando predicando la morte di
Dio le nouvelles vagues persuado
ginaria e non intende davvero mol- no la Chiesa che, divenuta vedova
lare la preda. Se non ha potuto del suo Signore, non ha neppure
averla vinta sullo Sposo, anche ar- più ragion d’essere. Se deve « amandosi della Parola di Dio, faci- prirsi al mondo », in fondo è per
diluirvisi. Non può sopravvivervi
se non rinunciando a sé stessa, ai
suoi « miti » superati, alle sue istituzioni, al suo assurdo Aldilà.
Come — si continua a stupire,
fraudolento, l’Altro — Dio ha davvero detto che «Gerusalemme sarà
calpestata dalle nazioni finché i
tempi delle nazioni non siano compiuti »? Ha davvero predetto che
« la distretta sarà così grande, quale non ce nè mai stata una simile
dalla fondazione del mondo » e
che « se quei giorni non fossero
stati abbreviati, nessuno sarebbe
scampato »?
Ma vediamo. Tutto questo poteva certo impressionare il buon
popolino ignaro, che credeva al
Paradiso e aH’Inferno. Ma che
senso può avere ai giorni nostri,
quando gli astronauti solcano gli
spazi stellari? Tutto quello non
era che un « modo di dire », una
verità che oggi si enuncia in tutt’altro modo.
Hegel, Marx o Freud ci dicono
oggi molto più di quel che ci hanno detto Paolo, Pietro o Giacomo.
E .se la Chiesa ha una chance di
sopravvìvere al suo « misticismo »
alla fin fine aberrante, sia pure aggrappandosi ai suoi libri sacri, è
quella di affidare agli scienziati,
soli detentori delle « verità esistenziali », la cura di sbarazzarle quei
libri da tutte le scorie delle loro
mitologie invecchiate, per ritrovarne il midollo sostanzioso, supponendo che vi si trovi ancora un
« messaggio » per il mondo odierno.
Indubbiamente bisogna essere
piuttosto pazzo per ostinarsi oggi
a credere al Padre, al Figlio, allo
Spirito Santo; e più demente an
cora per sostenere che l’amore del
prossimo, nella Chiesa, si confonde con l’amore del Dio misericordioso che, come il Samaritano della parabola, si è avvicinato all’Uomo lasciato per morto dai briganti di questo mondo, l’Uomo dal
quale il levita e il sacrificatore si
erano distolti...
E’ talmente più assennato, se
proprio si deve credere a una
qualche potenza divina, prestarle,
in mancanza di una provvidenza
la cui carenza è fin troppo evidente, il desiderio che ogni uomo
sente nel proprio intimo: quello
di « una comunità mondiale giusta »; di una pace fondata, se non
su un’abbondanza paradisiaca, almeno sulla sicurezza del domani
per tutti; infine di una società nella quale l’altruismo si sostituirebbe alle rivalità e ai conflitti sterili,
scoprendosi ciascuno servitore...
de « l'Altro ».
Orbene, questa è la « saggezza
del mondo » cui le nostre « colonne » ci invitano ad associarci, sottoscrivendo il loro « atto d’impegno ». Non si parla più del « mio
prossimo » — espressione biblicamente troppo precisa per non diventare ambigua — quando si è
deciso a voler fare sì che questa
espressione designi tutti « gli uomini nostri fratelli ».
Né si parla più di vivere alla sola gloria dell’unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, nella Chiesa
animata da un amore geloso, dato
che si è ben decisi a non servire
più se non « gli altri »... come suggerisce loro con tanta malignità
« l’Altro » — il loro principe...
e non concesso che sia poss'bile riportartelodopo che esso è stato tanto vilipeso! E sequesto dovesse accadere^ quale sarà l'avvenire dei "comitati rivoluzionari" che ne avevano preso il posto? (...)
Una novità di tali comitati consisteva nella coesistenza, nel loro stesso seno, di tre diversi detentori di potere: la massa proletaria.
Vesercito e i cosiddetti "quadri recuperati"’
del partito. Una simile strutturazione potrit
essere mantenuta, se il partito riacquisterà
forza? Che cosa rimarrà del potere di contestazione e di controllo sul partito, che le
masse a un certo punto raggiunsero, potere
che fu un aspetto essenziale della rivoluzione culturale? Si tenga soprattutto presente
che, da due anni a questa parte, Vesercito ha
preso in realtà la direzione di quasi tutti gli
affari, ed ha così salvata la Cina dalla disintegrazione che la minacciava. Vorrà e potrà
esso, senza pericolo per l'unità e Vordine della nazione, sottomettersi nuovamente aiVaiiiorità del partito? ».
Da questi e da molti altri analoghi interrogativi, ci sembrano doversi dedurre due
conseguenze d’importanza fondamentale;
1) il IX congresso, oggi in corso, avrà
grande importanza sull’avvenire del comuniSmo cinese;
2) è del tutto prematuro far previ.^ioni,
di qualunque tipo, sui rapporti cino-sovieùci.
A UN ANNO DALL'ASSASSINIO
DI M. LUTHER KING
c( Le manifestazioni organizzate per celebrare questa ricorrenza, sono state modeste,
E' vero che nella maggior parte delle città
americane hanno avuto luogo delle rìw^roni,
ma queste non sembrano aver superati l limiti dei "ghetti": manifestazioni in memoria
d'un morto negro, per manifestanti negri.
Nixon non ha accettato di decretare una
"giornata commemorativa": un messaggio
privato (dia vedova del pastore gli sembrato sufficiente. Praticamente nessuna personalità bianca ha partecipato alle cerimon e, fatta solo eccezione del sen. Edward Kennedy^
Questa forma d'indifferenza è tanto più inquietante, in quanto coincide con Vinsediamento^ alla Casa Bianca, d^un uomo che ha
evitato ogni sorta di contatto con la comunità negra, nella sua ascesa al potere. A partire dal 20 gennaio, Nixon ha perseverato,,
con la massima cura, nel percorrere quett’a
via. Il suo programma, a favore dei negri,
potrcMe riassumersi, fino ad oggi, in due
formule: mantenimento deWordine e cap tuLismo nero. Se è vero che Vordine regna nella
città americane (imposto da serv.zl di polizia
considerevolmente rinforzati negli ultimi anni), non si vede invece come potrebbe essere creato dal niente un capitalismo nero, teoricamente destinato a conferire ad una coma
nità frustrata por più di tre secoli^ una potenza economica che a quella comuniiò fa
crudelmente difetto.
Al contrario, e più comprensibile che questo "slogan" soddisfi certi estremisti negri,
i quali sognano di creare uno Stato sepurato.
e di consolidare ancora delle strutture sociali ben distinte. Dopo la morte del pastore
King, il movimento in favore dei diritli economici dei negri è in piena disorganizzazione: le rivalità fra persone^ Vassenza dhin vero leader, Vatomizzazione della comunità negra, ¡a distruzione del mito delVintegrazione razziale, hanno accelerato una crisi alla
quale il pastore, negli ultimi anni di vita,
aveva dovuto far fronte ».
Questo brano, così pessimista e così triste
(tratto da « Le Monde » del b-1 c.), si completa con due osservazioni interessanti :
1) il richiamo delle parole con cui « n
pastore Ralph Abernathy. successore di ML. K'ing alla testa della conferenza dei leaders
cristiani del Sud, ha voluto (rendendo omaggio, venerdì 4 c. a Memphis, alla memona
del King) ricordare alla società bianca le
responsabilità nella scomparsa d'uno dei jua
prestigiosi americani:
"Noi non vi permetteremo mai di dimenticare che il 4-4-'08 voi avete ucciso il pui
lucido coraggioso profeta di questo paese »■
2) rafl’crmazione che M. L. King ^non
era « U "burattino" (francese: "pantin ) «
servizio della società bianca, che certi rivoluzionari di dubbia marca hanno denunciato. Cosciente d'un combattimento impari,
che avrebbe contrapposti 22 milioni di ne
gri a ¡80 milioni di bianchi, egli volerà
portare la sua lotta al di là dei limiti ristretti dei ^'ghetti”, nel cuore della socieia
americana. Egli aveva saputo risvegliare un
parte dei suoi concittadini bianchi, non g^a
tenendo un linguaggio rassicurante, ma ricordando loro delle dure reulta che essi aUi_
tualmente preferiscono non vedere. Forse a
per questa ragione che essi cercano tanto,
oggi, di dimenticarlo ».
Direttore responsabile: Gino Com e
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175. 8-7-1960
Jean KreSSMANN tip. subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)