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ECO
PELLE miXI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 ANGROGNA
Sellimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 4J
Una copia Lire 60
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/ Eco; L. 2.500 per l’interno
\ L. 3.500 per l’estero
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TOKRE PELUCE - 31 Ottobre 1969
Amm.; Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Contestazione e protesta
La Facoltà Ualdeso di Teologia riapre i battenti
(.he la Riforma del XVI secolo sia
slata un movimento di contestazione
radicale, è difficile contestarlo. Alcuni, è vero, lamentano che non sia
stata abbastanza radicale, o comunque non lo sia stata in misura pari
in tutti i campi, ad esempio non abbastanza in campo politico-sociale
( ma, a questo riguardo, nessuno ci
Il a finora convinto che gli anabattisti
si trovassero nel genuino filone protestante, e che la loro alternativa
fosse una alternativa schiettamente
rdormata); in ogni caso il mondo, in
tutti i suoi aspetti, mutò volto in
(¡nei decenni ardenti.
Se però questo fermento di contestazione era così intensamente presente e operante, la caratteristica
d “gli uomini della Riforma non fu
li! contestazione, bensì la protesta,
n i senso originale del termine: è
U lto infatti che il termine « protesi ;nti », dato per dileggio dagli avA. rsari agli uomini della Riforma,
fi da questi fieramente accettato nel
SI li valore etimologico e positivo,
]ii i)-testare, test'moniare a favore.
1) che cosa? di chi? Del ritrovato
1 angelo di Gesù Cristo, in tutte le
Si ' grandiose e profonde dimension del Signore presente con tutto il
V i ore ricreatore del suo Spirito.
lutto cominciò con delle lezioni
di teologia e con delle predicazioni,
a Wittenberg e a Ginevra, e in tanti
altri luoghi, perché degli uomini e
delle donne andavano riacquistando
il gusto della parola di Dio, e in
• piel tempo di grazia Dio aveva mauI -ito in intere regioni fame e sete di
(jiiesta parola, e uomini per saziar1 . E fu questo movimento, così coli inciato, a costituire non soltanto
lili fattore determinante nella formazione del mondo moderno — una
realtà che neppure l’agnostico o
l’ateo contestano — ma a maturare
(otta una riflessione e una cultura,
-stesso delle più impegnate, che rei ino il segno vocazionale di questa
i -lontà di pro-testare la verità viva,
fresca, creatrice dell’Evangelo. È
r.‘.spetto civile, culturale e sociale
di-l ’sacerdozio universale dei credi ¡iti’ allora riscoperto con gioiosa
jiassione, e vissuto da tanti, nel crogiolo di una storia tormentata e in
un tempo di trasformazioni e di
sommovimenti che non hanno nulla
da invidiare ai nostri.
Oggigiorno, pur nei segni rallegranti di vitalità che ci è dato di avvertire — e voglia il Signore non
come distaccati spettatori — in tanti settori dell’orizzonte cristiano, la
contestazione pare predominare nettamente sulla protesta. Siamo per lo
jiìlì ancora allo stadio in cui si esprime un disagio, anche serio e lacerante, ma non ancora al momento
in cui si attesta una fede; i no abbondano, scarseggia il si, o per lo
meno il sì che dia quel timbro evangelico, inconfondibile, che se ha acco.stato gli uomini della Riforma a
quelli deirUmanesimo, sotto tanti
aspetti, li ha però inconfondibilmente distinti da loro. Non si è ancora
levala, nella nostra generazione, dopo Barili, la voce di chi sappia,
oggi, « render conto della speranza
che è in noi » (1 Pietro 2: 15). Nel
suo travaglio, la nostra generazione
cri.stiana è in piena immaturità: e lo
attesta significativamente, oltre alla
disjiersione, alle incertezze e
confusioni dei teologi, la carenza di
uomini pro-testanti — attestanti
cioè Dio, non l’Uomó —- nel vivo
della vita odierna. Quali uomini politici così ’determinati’ (e, se volete, ’condizionati’) ci si potrebbero
citare oggi ? quali filosofi? quali
scienziati? quali scrittori? quali opere d’arte architettonica, figurativa,
musicale costituiscono oggi una testimonianza alla gloria del Dio Signore, rivelatoci nell’Evangelo di
Gesù Cristo? Qualcuno avanzerà for
se l’esempio di sociologi cristiani, e
certo è questo il campo d’indagine
e d’impegno oggi più vivo, pure
nell’ambito delle Chiese cristiane;
ma anche qui, in qual misura il timbro cristiano, pro-testante è veramente nitido, originale, inconfondibile?
Oggi, soltanto movimenti evangelici che prescindono dalla cultura,
dal confronto dell’Evangelo con la
civiltà umana in tutte le sue mani
festazioni in una data epoca, e dal
la ’presa’ della predicazione e del
la testimonianza su tutti gli aspetti
della società, sembrano operare del
le conversioni a Cristo; pensiamo ai
pentecostali, ai ’fratelli’. Orbene,
questa non è la nostra strada, né la
nostra vocazione : abbiamo imparato dall’Evangelo chiaritoci dagli uomini della Riforma, che esso deve incidere nella vita umana in tutti i suoi aspetti, e che lo si riduce
gravemente quando si vogliono evitare i rischi di quel confronto con
la cultura e di quella ’presa’ sulla
società. Eppure, se la nostra vocazione è un’altra, anche oggi il Signore svergogna i savi con gli umili, e concede alla loro gioiosa e appassionata « franchezza » nella testimonianza quello che pare negato
a noi,, nel nostro disagio di comunità lacerate fra contestatori e contestati, ma così povere di protesta
evangelica. Anche oggi, anche per
noi la via passa di là : dalla fame e
sete della parola di Dio, dal ritrovato « primo amore ».
Gino Conte
Al simiziD Iella nuova dasiiera crisliana
La Facoltà Valde.se di Teologia di
Roma si è riaperta. Sono in corso gli
esami della sessione autunnale e con
la prima settimana di novembre riprenderanno i corsi. Oltre a quelli dei
professori ordinari e degli incaricati,
vi saranno durante l’anno due cicli di
lezioni tenute dal prof. J. Courvoisier,
di Ginevra, e dal prof. A. Molnàr, di
Praga.
Il Sinodo di quest'anno aveva chiesto che venisse preiiisposta la partecipazione degli studenti agli organi
della Facoltà e in particolare al Con
siglio. Attualmente il Consiglio è costituito dai quattro professori ordinari e da quattro rappresentanti delle
Chiese (il Moderatore, due membri
eletti dal Sinodo, e un rappresentante
della Chiesa Metodista). Si prevede,
per gli studenti, una partecipazione
analoga di quattro unità. E probabile
che la partecipazione degli studenti
avverrà già al prossimo Consiglio di
Facoltà, fissato per il 12 dicembre p.v.
Due soli iscritti, come studenti interni, al 1« anno: un giovane della
Chiesa Battista, e uno della Chiesa
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Il iilMiiiiMiiMiiimimiiiiiiiiiiimiiimHiiiimmiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiimtiimiiiiiiir
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SABATO 1 NQVEMBE A MILANO
La prima assemblea regionale
delle Chiese Evangeliche della Lombardia
Per il 1° novembre è convocata a Milano, nei locali valdesi di Via F. Sforza,
la prima assemblea regionale delle
Chiese evangeliche della Lombardia.
Dopo un breve culto d’apertura presieduto dal past. C. Inguanti, la presentazione dei gruppii e l’elezione del
seggio, Carla Long Peyronel terrà una
prima relazione, storica, su La nostra
testimonianza, ieri; quindi Antonio Di
Pierre introdurrà il tema I nostri compiti di testimonianza, oggi, cui seguirà
il dibattito. Dopo il Wtmzo, sarà brevemente presentato è poi dibattuto il
tema II campo d’azione della Federazione evangelica lombarda, dopo di
che si procederà alt costituzione della
Federazione regionale e alle relative
elezioni. L’incontro terminerà con la
celebrazione della Santa Cena.
Questa assemblea viene convocata in
ottemperanza alle decisioni dell’Assemblea costituente della Federazione
evangelica (Milano 1967) e in seguito a
preciso invito del Consiglio della Federazione; a tale assemblea sono invitati a partecipare con pieno diritto
tutti i membri delle Chiese evangeliche
della Lombardia. Dopo un’introduzione tesa a dare la dimensione storica
dell’opera evangelica in quella regione,
l’intero dibattito, a partire dalla relazione Di Pierro, sarà centrato sulle possibilità operative e sulle necessità organizzative della nascente Federazione
evangelica lombarda.
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CONCLUSA A ROMA L’ASSEMBLEA DEI PRETI EUROPEI
fi
Vogliamo vivere nella Chiesa,
ma in una Chiesa libera
Con una caratteristica cerimonia si è
chiusa l’Assemblea Europea dei Preti
che ha avuto la sua sede nell’Aula Magna della nostra Facoltà di teologia dal
10 al 16 ottobre.
Convenuti alla spicciolata in San Pietro, essi si sono raccolti attorno all’altare della confessione, hanno cantato
un inno e ripetuto assieme il Padre Nostro. Alla spicciolata come erano venuti se ne sono andati dàlia Basilica.
Hanno spiegato chiaramente il significato del loro gesto: si sono recati in
San Pietro non per contestare i suoi
ori ed il suo orgoglio (« lo abbiamo fatto e lo faremo ancora »), ma per affermare pubblicamente « noi siamo la
Chiesa, siamo servitori del popolo cristiano ». E questo gesto simbolico vuole esprimere la volontà che caratterizza tutto l’incontro e tutta l’opera dei
« preti solidali »: « Vogliamo vivere
nella Chiesa, ma in una Chiesa libera ».
Non può essere sottovalutato il fatto che i preti si siano radunati alla
spicciolata attorno all’altare della confessione: essi sapevano che se si fossero radunati quivi in un corteo avrebbero incontrato difficoltà, sapevano che
nella Chiesa essi sono sospettati, di più
accusati apertamente di volere sovvertire la Chiesa. Essi sapevano che non
soltanto gli aderenti alla « Giovane Italia » che, in nome dei cattolici tradizionali avevano tentato l’incendio della
Libreria (valdese) di Cultura Religiosa erano loro decisi avversari; sapevano che a Roma si erano dati convegno
da vari paesi i fanatici della « Hermandad Sacerdotal », dei « gruppi di Fatima » e dei « nuovi crociati » proprio
per contrastare l’opera dell’« Assemblea Europea dei preti »; di più si
rendevano conto che la loro dura lotta
contro la Curia Romana non poteva rimanere senza risposta: sapevano che
avrebbero incontrato difficoltà se avessero tentato una qualunque, anche pacifica manifestazione pubblica. E questo è certo un sintomo di una situazione interna del cattolicesimo che non
va sottovalutato. Tanto più che i movimenti « anticontestatari » hanno anche
essi la loro « conte.stazione » contro la
suprema autorità della Chiesa. E gli
spagnoli della « Hermandad » affermano: «Esiste al vertice della Chiesa una
contraddizione evidente fra la teoria e
la prassi, per cui si verifica l’assurdo
che il papa parli bene, ma non pratichi
l’autorità papale contro l’eresia che si
manifesta nell’interno della Chiesa ».
Ed i seguaci dell’Abbé di Nantes affermano: « I cattolici vogliono che il Pa
di Alberto Ribet
pa spieghi qualche contraddizione che
appare in certi documenti della massima importanza. È un invito rispettoso, ma chiaro. Per esempio, il Credo
recitato in Piazza San Pietro è perfetto, ma nelV'Ordo” della nuova messa
si trovano cose che offendono i principi cattolici esposti nel “Tridentino” e
nel “Vaticano Dunque i cattolici
spagnoli vogliono seguire il Papa; ma
se oggi ha detto prima bianco e poi
Operazione “Boina polita,,
Ecco il testo del volantino diffuso il
16 ottobre nella zona di Piazza Cavour,
a Roma:
Finalmente i cosidetti « preti contestatori » hanno posto fine al loro ridieolo « conciliabolo », tenutosi a Roma
in concomitanza con il Sinodo dei Vescovi, riuniti dal Papa.
Essi partono alla spicciolata per i
loro Paesi d'origine, ed i Cattolici romani, che U hanno ormai giudicati,
compiono una necessaria operazione di
disinfestazione, interpretando anche il
punto di vista dei protestanti valdesi
più seri, che hanno visto la loro casa
invasa da una nuova « corte dei miracoli ».
Questo è il significato simbolico che
assume l’operazione « Roma ripulita »
attuata da un gruppo di giovani cattolici, studenti ed operai, nella serata di
giovedì 16 ottobre, mettendo mano alle
scope e ai nebulizzatori insetticidi, nei
pressi di Piazza Cavour, ove il conciliabolo grottesco è avvenuto.
Sezione Italiana Comitato Int.
Difesa della Civiltà Cristiana
Corso Vittorio Emanuele, 21
Roma
Metodista. Nessun valdese. È un sintomo negativo per la nostra Chiesa la
quale (a parte il bel numero di immatricolazioni dell’anno scorso) da alcuni
anni non esprime dal suo seno vocazioni al ministero pastorale. È una situazione anormale, che rivela una crisi interiore non risolta, anzi una vera
malattia spirituale non ancora superata.
A questa nota triste, se ne affianca
una lieta. Due cattolici hanno chiesto
e ottenuto l’iscrizione alla Facoltà come studenti esterni. Uno è un cattolico « del dissenso »; l’altro è un cattolico che, vedendo svanire, attraverso
gli anni, quelle sicurezze che credeva
di poter ricevere dalla Chiesa, si è
messo in cammino, alla ricerca di
quelle certezze che nessuna chiesa, né
cattolica né protestante, può dare,
ma solo Dio sa e può dare. L’iscrizione, come « esterni », di questi due cattolici alla nostra Facoltà è un fatto
estremamente significativo, che conferma l’esistenza di una diaspora cristiana, non più rigidamente inquadrata nelle istituzioni ecclesiastiche, di
qualunque tipo, e non più soddisfatta
di come le diverse chiese vivono il cristianesimo, e percorsa da un’ansia di
verità, di autenticità e di consacrazione che allargano il cuore e inducono
a sperare. Paolo Ricca
lummiinjiiiiiiimiiiiiiminiiiimimiimiiiii
Il «iiiiinmiimiiiiiii >i
fi
ha approvato il nero, come si fa? ». La
contestazione alla somma autorità del
Cattolicesimo, o meglio ancora la interpretazione dell’autentico cattolicesimo appare multiforme, chiaramente
antitetica nelle sue più tipiche espressioni e questo non va sottovalutato, né
attenuato nel giudizio che tentiamo di
fare della attuale posizione del Cattolicesimo romano.
* * *
I lavori dell’Assemblea Europea dei
Preti » sono stati intensi: essi si sono
svolti essenzialmente a mezzo di gruppi di studio, formati per nazioni o per
gruppi linguistici. Le sedute plenarie
sono state poche, solo per prendere atto dei lavori compiuti nei vari gruppi;
scarsissima è stata la discussione plenaria e quindi le varie posizioni che si
sono manifestate neH’Assemblea non
hanno potuto trovare sempre il loro
giusto equilibrio ed anche i documenti
votati non danno sempre l’impressione
di essere veramente l’espressione meditata e discussa del pensiero della
maggioranza dei convenuti, anche se,
senza dubbio, si è manifestata una
chiara presa di posizione di fronte a
molti problemi, presa di posizione che
esprime il risultato di una ricerca comune. Infatti più di una volta si è affermato che i documenti approvati non
sono prese di posizione dogmatiche e
indiscutibili, bensì espressione sofferta
di una ricerca comune.
Un testo approvato da sette delegazioni (alcune si sono astenute, due
hanno fatto chiare riserve) contiene
critiche che ci trovano pienamente
consenzienti, altre che ci lasciano perplessi, e non poche che ci turbano perché, indirettamente almeno, mettono il
dito su una piaga che fa soffrire anche
noi. Esso è diviso in tre punti; « l’avere », « il potere », « il sapere ».
II problema dell’« avere » cioè della
potenza economica della Chiesa è affrontato da un documento che comincia con una precisa affermazione: « Il
denaro nella Chiesa è un fatto scandaloso ad ogni livello della sua organizzazione ». E scandalo l’onorario delle
messe e le tariffe per i vari atti liturgici; scandalo le immense ricchezze dei luoghi di pellegrinaggio. Non si
(continua in quarta pagina)
Inaugurato a Vita
il villaggio
“Speranza,,
Domenica 19 ottobre, nella cornice
di una splendida giornata di sole, con
la partecipazione di molti membri
delle Comunità Valdese e Metodista
di Palermo e di un folto pubblico, ha
avuto luogo a Vita, l’inaugurazione
del Villaggio « Speranza ». Tra i convenuti ricordiamo il Presidente della
Federazione delle Chiese Evangeliche
in Italia, Past. M. Sbaffi; il Moderatore della Chiesa Valdese, Pastore
N. Giampiccoli; il Pastore della Chiesa Metodista di Palermo. Tra le autorità abbiamo notato il Console e il
Vice Console di Germania, l’On.
M. Pantaleone.
Messaggi di augurio sono giunti da
parte del Pastore H. Schaffert dello
H.E.K.S. (E.P.E.B.), dal Dr. G. G.
Williams, segretario della Conferenza
delle Chiese Europee, dal Direttore
della Radio Suisse Romande, Dr. P.
Valeton, dal Presidente delle Chiese
Riformate di Argovia, dal Prof. B.
Corsani della Facoltà Valdese di Teologia, dal Prefetto di Trapani, Dr.
N. Giuliani, dal Console svizzero,
M. Paratte, dai Pastori A. Ribet e
E. Corsani della Tavola Valdese,
E. Leudersdorff e dalla Sig.na E. Ludolph del Diakonisches Werk in Hessen und Nassau, dal Decano della
Chiesa Luterana in Italia, A. Lùdemann, dal Sig. M. Aitken (Inghilterra) e da numerosi altri amici.
Il presidente, Past. M. Sbaffi, ha
aperto la cerimonia con una breve
lettura biblica, dicendo che quello che
facciamo al nostro prossimo è come
fatto a Gtesù Cristo stesso e ciò è anche vero nel caso dei terremotati.
Successivamente il Past. P. V. Panasela, a nome del Servizio Cristiano
della Chiesa di Palermo, ha letto una
relazione su quello che è stato fatto
mediante l’aiuto delle Chiese Evangeliche e di vari altri enti e privati, a
favore dei terremotati, fino alla costruzione del Villaggio e alla costituzione di un Centro che vuole essere
veramente un centro di speranza per
tutto il villaggio. Il vice sindaco, Avv.
Leone, l’arciprete e il Dr. Accardi, medico condotto di Vita, hanno espresso l’apprezzamento della pubblica amministrazione e della cittadinanza,
per quanto è stato fatto dalla Chiesa
Valdese a favore di Vita, in uno spirito di vero amore cristiano, senza alcuna discriminazione confessionale.
Il Dr. Coletti ha letto un messaggio del Past. W. Rathgeber e il fratello P. Weissinger, già ben conosciuto
dalla popolazione di Vita ha rivolto
un apprezzato messaggio invitando
tutti ad essere « allegri nella speranza» e fiduciosi nell’avvenire.
Infine il Moderatore della Chiesa
Valdese, nell’atto di consegnare alle
famiglie la chiave della casa loro assegnata e una copia della Sacra Bibbia, ha esortato tutti a fare della Parola di Dio il fondamento della vita
cristiana nella famiglia.
P. V. Panascia
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pag. 2
N. 43 — 31 ottobre 1969
L’internazionale calvinista
La tesi weberiana che legava l’etica protestante, calvinista in particolare, e lo spirito del capitalismo, esce ulteriormente ridimensionata da un saggio recente dello storico inglese 'Irevor Roper, anche se questi non rivela la sensibdità teologica con
cui André Biéler ha reso ragione al pensiero economico e sociale di Calvino, documentando che da tendenza sociale dell’autentico calvinismo è più verso un’equa ripartizione delle ricchezze tra tutti che verso una loro accumulazione nelle mani dei ricchi»
1500-1800: trecento anni che segnano il passaggio dal Rinascimento alrilluminismo, dal predominio politico,
economico e culturale delle nazioni
cattoliche del Mediterraneo a quello
delle nazioni protestanti dell’Europa
del nord. Due epoche storiche collegate da un processo di sviluppo la cui
prima caratteristica è quella della discontinuità nello spazio. Il processo
di sviluppo dell’economia europea continua per tutto il periodo, ma in luoghi diversi; gli anni tra il 1620 ed il
1660 segnano infatti il trapasso del
predominio economico da un gruppo
di nazioni ad un altro. Qual’è la chiave logica che può spiegare questo spostamento dell’asse dello sviluppo storico in Europa?
A questa domanda cerca di rispondere lo storico inglese Trevor-Roper
nel suo saggio Religione, Riforma e
trasformazione sociale ^ in polemica
con rinterpretazione classica di Max
Weber espressa nel volume intitolato
L’etica protestante e lo spirito del capitalismo e, conseguentemente, con
l’interpretazione marxista che si riallaccia e si avvale dei risultati dell’indagine del Weber stesso.
Per la scuola del materialismo storico il protestantesimo ha assolto la
funzione di ideologia del capitalismo;
secondo Karl Marx, infatti, le manifestazioni spirituali e morali della vita
non sono che una conseguenza dell’unica vera realtà del mondo: la vita
economica.
Per Max Weber, invece, l’etica protestante, o meglio calvinista-puritana,
è stata una delle fonti della razionalizzazione della vita che ha contribuito a formare lo "spirito del capitalismo’’ (o meglio del moderno capitalismo industriale). Il protestantesimo
è cioè stato, come ha sottolineato R.
Aron, « ima delle cause di certi aspetti del capitalismo ».
Il Trevor-Roper, dopo aver riconosciuto alla teoria del Weber « un forte nucleo, anche se ambilo, di verità », inizia una analisi dei fatti storici ai quali il Weber ha applicato la
sua tesi sociologica, esamina cioè le
maggiori figure economiche del periodo 1620-1660 che rappresenta, come
detto, il crinale dello spostamento
dell’asse economico. Chi sono i capitalisti finanziatori della guerra dei
trent’anni? I fratelli de Willem, la famiglia Marcelis, Luigi de Geer, i fratelli Momma, Willem Usselinex, i fratelli Spiering, Jan Hoeufft, Barthélemy d’Herwarth, Hans de Witte, François Grenus. « Tanto nei paesi cattolici guanto in quelli protestanti i principali uomini d’affari sono calvinisti.
Costituiscono una forza internazionale, l’élite economica d’Europa. Essi
soli, a quanto sembra, sono in grado
di dare impulso al commercio e all’industria e, in tal modo, di disporre
di grandi somme di denaro per finanziare eserciti o da reinvestire in altre
grandi iniziative economiche ».
Da tale constatazione il Trevor-Roper non fa però conseguire direttamente l’affermazione dell’esistenza di
una relazione diretta tra confessione
religiosa e attività economica. Anzi,
dopo aver notato che « è certo che
gli uomini da noi citati non furono
tutti calvinisti ortodossi », critica la
connessione weberiana tra « ascesi
mondana » e « spirito del capitalismo ».
Secondo il Weber, infatti, l’interpretazione della predestinazione data da
certi ambienti calvinisti del XVII secolo (imperscrutabilità e irrevocabilità dei decreti di Dio) portò alla ricerca dei segni dell’elezione nel successo
nel lavoro e nella vita condotta asceticamente, cioè mediante un severo autocontrollo dei desideri. « L’ascesi laica
protestante — afferma il Weber — operò con grande violenza contro il godimento spregiudicato della proprietà, e
restrinse il consumo, in ispecie il consumo di lusso ». Quindi condannabile
non è l’acquisizione della ricchezza ma
il riposo nel possesso e nel godimento
dei beni, con le sue conseguenze quali
l’ozio, le tentazioni della carne ecc. I
capitali, distolti dai consumi, potevano perciò essere reinvestiti produttivamente con un conseguente progressivo
arricchimento. Inoltre il rifiuto del lusso favoriva la « standardizzazione » della produzione che accompagnava il
passaggio dall’economia artigianale a
quella industriale.
Anche l’affermazione degli scrittori
mercantilisti inglesi, presa per buona
dal Weber, che la superiorità della
potenza capitalistica olandese rispetto
a quella inglese si basasse sui mancati investimenti terrieri dei nuovi patrimoni (evitando così il passaggio ad
abitudini di vita feudale e la sottrazione delle ricchezze ad investimenti capitalistici) viene ampiamente confutata dal Trevor-Roper.
Lo storico inglese, rifiutato quindi
il legame rappresentato dalla comunanza della fede e della manifestazione sociale, individua come comune denominatore dei grandi capitalisti calvinisti il loro essere in genere degli immigrati ed in particolare, per quelli
olandesi, immigrati dalle provincie meridionali, dei fiamminghi oppure provenienti dal principato vescovile di Liegi.
« Se furono i fiamminghi a creare la
nuova ricchezza dell’Olanda, furono
sempre loro che dall’Olanda, andarono
a formare l’élite degli uomini d’affari
calvinisti olandesi sparsa nel resto Bell’Europa ».
La classe imprenditoriale delle nuove città « capitalistiche » del XVII secolo non è quindi composta da protestanti locali, Isensì da immigrati che, indipendentemente dalla loro confessione
religiosa, provengono da quattro zone,
i principali centri economici anteriori
alla Riforma: i fiamminghi, gli ebrei di
Lisbona e Siviglia, i tedeschi meridionali e gli italiani di Como, Milano e
Lucca.
Il capitalismo
preesisteva alla Riforma
Ecco quindi posta in dubbio un’altra
asserzione del Weber, per altro già criticata in sede storica; il capitalismo del
Xyil secolo non è diverso da quello
precedente, ma ne è un semplice sviluppo in luoghi diversi. « L’idea che la
produzione industriale capitalistica su
larga scala fosse ideologicamente impossibile prima della Riforma è smentita dal fatto stesso della sua esistenza.
Fino all’invenzione delle macchine a vapore le possibilità d’azione del capitalismo industriale furono evidentemente limitate, ma entro quei limiti esso
probabilmente raggiunse il punto più
alto nell’epoca dei Fugger (1500). In seguito, si verificarono sconvolgimenti
che spinsero i grandi capitalisti a emigrare con le loro capacità e i loro lavoratori in nuovi centri. Ma non vi è ragione alcuna di supporre che quegli
sconvolgimenti, qualunque fosse la loro natura, creassero un nuovo tipo di'
uomo o rendessero possibile la nascita
di un nuovo tipo di capitalismo, impossibile nel passato. In realtà, le tecniche
capitalistiche applicate nei paesi protestanti non erano nuove ».
Conseguentemente il problema che si
pone il 'Trevor-Roper è: perché nel XVI
secolo tanti imprenditori « abbandonarono i vecchi centri, prevalentemente
situati in paesi cattolici, ed emigrarono
verso nuovi centri, distribuiti soprattutto nei paesi protestanti »? In gran
parte questi uomini, che pure potevano
abbandonare le loro terre d’origine,
non lo fecero liberamente bensì in seguito a espulsione per motivi religiosi.
La posizione religiosa degli operatori
economici del Cinquecento era — sempre secondo il Trevor-Roper — « erasmiana » esprimendosi essenzialmente
nel rifiuto delTimpalcatura esteriore
del cattolicesimo ufficiale ed in un’intensa fede nella santificazione della vita secolare, elemento. che il Weber ritenne invece caratteristico del protestantesimo e condizione essenziale per
la nascita del nuovo capitalismo industriale. Questa posizione « erasmiana »
che non costituiva eresia prima della
Riforma, divenne insostenibile invece
nell’ambito di una Controriforma.
Quale fu il processo di trasformazione che si verificò negli stati della Controriforma? Lo riassume lo stesso Trevor-Roper a conclusione della parte
centrale del suo saggio. « In primo luogo, si assiste a un rilancio non solo del
dogma cattolico, ma anche di tutta la
struttura ecclesiastica: un’ondata di
misticismo irrobustisce la vecchia, cadente impalcatura che i riformatori
avevano criticato; vengono fondati nuovi ordini religiosi; nuove forme di carità, nuovi culti, nuovi metodi propagandistici fanno affluire nuove ricchezze
nelle casse della Chiesa e le consentono di accrescere i beni di manomorta.
Questo irrobustimento della Chiesa è
al tempo stesso un rafforzamento dello
Stato che lo tollera e che è per definizione una signoria, dato che le repubbliche urbane sono per loro natura contrarie a una così massiccia sottrazione
di risorse alla vita economica. Ma dopo una generazione, quando lo spirito
iniziale della Controriforma è svanito,
il peso di queste ingigantite strutture
viene avvertito e suscita opposizione.
Le società nate da questo processo,
sentendosi vulnerabili e minacciate, diventano intolleranti e si rivolgono contro gli elementi inquieti e non assimilati nel loro seno. Gli incorreggibili superstiti del vecchio partito riformatore
vengono espulsi e Ìo Stato si assesta
godendosi la sicurezza cosi conquistata, che celebra con la proliferazione di
uffici nel quadro del felice connubio
ecclesiastico-statale ». Fu così che i ceti mercantilisti “erasmiani", costretti
ad emigrare per ragioni dottrinarie e
per l’ostilità delle toro società, divennero calvinisti “perché Calvino era l’erede di Erasmo".
L’involuzione nei paesi
della Controriforma
Mentre nelle Fiandre e nell’Italia medievali « la ricchezza e le risorse umane erano investite nel commercio e nell’industria, e la Chiesa costituiva l’avallo sacro ¿’una comunità economica »,
nelle Fiandre e nell’Italia del XVII secolo il capitalista « avrebbe investito i
capitali accumulati nell’acquisto di uffici nella amministrazione della Chiesa
o dello Stato a benefìcio di quelli dei
suoi figli sui quali si fondavano le speranze mondane della famiglia. Sotto il
governo burocratico del principe, gli
"ufficiali" non avrebbero mai sofferto
la fame, i mercanti forse sì. Per tali ragioni, la ricchezza, e la potenza sociali
vennero investite nel potere amministrativo e la Chiesa divenne la consacrazione non più di una società mercantile ma di una società burocratica ».
Si può dire, pér concludere, che il
punto centrale della revisione storica
del Trevor-Roper sia quello relativo al
problema della continuità o meno del
processo di sviluppo del capitalismo.
Porre l’accento sulle diversità tra capitalismo mercantile « avventuriero » e
capitalismo industriale, come fa il Weber, o sulla continuità delle tecniche
capitalistiche e dello "spirito” dei capitalisti, come fa il Trevor-Roper, vuol
¿ire, in sostanza, considerare o meno
la possibilità dell'csistenza di un passaggio da un agire economico tradizionale ad un agire economico razionale,
dal precapitalismo al capitalismo. Ed è
ovvio che, ponendosi in una prospettiva negativa, il Trevor-Roper si interessi esclusivamente o quasi dell’esame
degli spostamenti (e delle loro cause)
di pochi capitalisti mentre il Weber, in
tutt’altra prospettiva, analizzi sia pure
in misura diseguale, sia la formazione
dello "spirito del capitalismo” nella
borghesia imprenditoriale, sia la formazione delle forze di lavoro disponibili per l’impresa capitalistica.
6 però un peccato che il TrevorRoper non dedichi più spazio alla continuità dello spirito del capitalismo e
liquidi il problema, velocemente e leggermente, con l’affermazione che Calvino è l’erede di Erasmo. Qui indubbiamente si sentono i limiti che può
incontrare lo storico nella comprensione di certi eventi particolari quando
non è fornito delle conoscenze — in
questo caso teologiche — necessarie
per analizzarli.
Non confondere
calvinismo e puritanismo
Con ■ questo saggio del Trevor-Roper
la tesi weberiana, in ogni modo, riceve un ulteriore ridimensionamento.
Già il Biéler nel suo volume La pensée
économique et sociale de Calvin aveva
criticato in modo molto energico l’affermazione implicita che i gruppi puritani inglesi presi in particolare considerazione dal Weber sono assimilabili,
nelle manifestazioni spirituali che riguardano la questione in oggetto, al
calvinismo di Calvino. Nel calvinismo,
infatti, non sono presenti, tra l’altro,
né la concezione ascetica del lavoro
(« Non c’è nulla di più opposto alla
giusta nozione riformata del lavoro di
questa glorificazione dell’azione per
l’azione ») né la considerazione del risparmio come virtù. Proprio nel concetto di economia la morale calvinista
differisce totalmente da quella puritana. « Mentre Weber ci parla di una virtù dell’accumulazione ¿ei capitali, Calvino dimostra, con tutta la chiarezza
che occorre, che il fine supremo dei
beni che Dio accorda a chiunque è il
soccorso del povero... La generale tendenza sociale dell’autentico calvinismo
è ben più verso un’equa ripartizione
delle ricchezze tra tutti che verso una
loro accumulazione nelle mani dei ricchi ed una giustificazione dello stato
di povertà ».
M. Miegge poi, in un saggio apparso
sulla rivista « De Homine », dopo aver
ripreso gli argomenti del Biéler, aveva criticato ulteriormente l’opera del
Weber per la mancata presa in considerazione del radicalismo puritano e
del batti smo rivoluzionario. Ma con
tutto questo il libro del Weber conserva ancora molto del suo fascino ed in
molte parti convince ancora. Penso
infatti che si possa sempre dire, senza
prendere con questo posizione sui rapporti tra “etica protestante” e “spirito
del capitalismo”, che « la Riforma significò non l’abolizione senz’altro del
predominio religioso sulla vita, ma invece la sostituzione di una forma, fino
allora dominante, con una nuova. E
precisamente la sostituzione di un dominio comodissimo, praticamente allora poco sensibile, per lo più appena
formale, con una regolamentazione
della vita, pesante e presa molto sul
serio, che penetrava, nella misura più
ampia che si possa pensare, in tutte le
sfere della vita pubblica e privata ».
Renato Balma
' 11 saggio è contenuto nel volume
Protestantesimo e trasformazione sociale, edito recentemente da Laterza,
Bari 1969, p. 294, L. 2.500.
iiimiiiMiiiiitiiimimini'i
Quando i rapporti studenti-docenti universitari erano diversi da quelli odierni
I ’’Discorsi a laiiola” di ilarliit Lotero
Una antologia in versione italiana pubblicata da Einaudi
Continua, estremamente rallegrante, la pubblicazione italiana di opere che giovano .alla
diffusione del pensiero protestante nel nostro
paese; e la cosa di presenta particolarmente
positiva quando si tratta di opere dei Riformatori. Mentre è ormai in avanzata fase di
preparazione l’edizione italiana integrale della
Istituzione della religione cristiana di Calvino, ecco uscire proprio in questi giorni, nella « Nuova Universale Einaudi », una ampia
antologia dei Discorsi a tavola, le famose
Tischreden di Lutero. Presenteremo in modo
più diffuso quest'opera, ma vogliamo subito
segnalarla ai nostri lettori. Essa si apre con
un saggio interessante di Delio Cantimori su
Lutero, e con un'ampia introduzione del curatore dell'antologia. Leandro Perini.
« Già sul finire degli anni venti — scrive
questi nell’introduzione — .si raccoglievano
intorno alla tavola di Lutero, verso le cinque della sera, per cena, alcune persone. Si
trattava di anonimi studenti poveri che ricevevano nella casa del riformatore vitto e alloggio. Più tardi a queste figure anonime si
sostituirono personaggi più noti : alcuni sono
segretari del dottore, altri pedagoghi dei figli
di altre famiglie, altri ancora pensionati che
la moglie Caterina, per guadagnare qualche
soldo, aveva preso in casa, com’era uso dei
professori universitari d’un tempo... Armati
dei loro taccuini, trascrivevano tutto quanto
usciva dalla bocca di Lutero e il riformatore
si prendeva talvolta beffa di questi grafomani.
Ben presto gli ascoltatori non si accontentarono di trascrivere i discorsi, ma cominciarono ad annotarli, a scambiarseli fra loro, anzi uno di loro. Antonio Lauterbach, già quando il riformatore era^ in vita, cominciò a ordinarli cronologicamente. Gli appunti, tuttavia,
non erano destinati alla pubblicazione e solo
Giovanni Aurifaber, l'ultimo segretario di Lutero, pensò che non fosse un furto guadagnarsi un po' di soldi con le sue collezioni. Nacquero cosi le Tischreden o Colloquia... L'in
tento di Aurifaber era pio e devoto, si trattava di un’opera di edificazione spirituale e in
quell’espressione latina — Colloquia — che è
una reminiscenza erasmiana, c’è anche la
contrapposizione tra i velenosi colloqui dell'umanista cosmopolita e i pii e cristiani discorsi, in lingua tedesca, del dottore e riformatore », Pii e cristiani, ma vivaci e spesso salaci, aperti a ogni campo della vita del
tempo. Una piccola miniera : non solo di documenti interessanti, ma di stimoli alla riflessione.
Agli insegnanti evangelici del primn Distrenn
In armonia con quanto deliberato
dalla Conferenza Distrettuale del 20
luglio 1969 in merito al problema relativo al XVII Febbraio, la Commissione
Distrettuale ha convocato per il giorno
8 dicembre 1969 una Conferenza Straordinaria, che avrà luogo a Torre Pellice.
Tenendo conto dell’art. 22 degli Atti
della Conferenza scorsa, la Commissione invita tutto il corpo insegnante
evangelico del Distretto ad una riunione che si terrà in Pinerolo, nei locali della chiesa, alle ore 15 di giovedì
20 novembre p. v.
Essendo indispensabile avere il parere di tutti gli insegnanti, la Commissione prega vivamente chi eventualmente non potesse partecipare alla riunione suddetta, di volerle comunicare
entro il 20 novembre la propria opinione sul modo in cui considera la giornata del XVII Febbraio dal punto di vista scolastico; e cioè se si ¿esidera che
venga richiesta la vacanza o {’.assenza
giustificata, oppure se si desidera che
quella giornata venga considerata come un normale giorno di scuola.
La Commissione Distrettuale.
In marcine al Sinodo dei Vescovi
Un commento
(cattolico)
sulla Chiesa di Roma
Relazioni Religiose, l’agenzia di informazioni cattolica, ha preso lo spunto del sinodo vaticano per manifestare
il suo pensiero, con relative considerazioni, su quanto avviene oggi nella
Chiesa cattolica: considerazioni — afferma l'agenzia — prive di ogni intento polemico, anche se le stesse possono sembrare in contrasto con quanto
viene affermato.
Non intendiamo portare a conoscenza di queste « considerazioni » i rtostri
lettori con un troppo facile (e non cristiano) spirilo di scandalizzata — e
soddisfatta — superiorità; ma, consci
come .siamo delle nostre mancate promesse, delle nostre infedeltà e quindi
di quelle della nostra Chiesa, in quanto siamo noi a costituirla, informarli
di una nuova testimonianza, proveniente dal mondo cattolico, coraggiosa
e precisa, che rifiuta di avallare e giustificare l’operato della propria « water et magistra ».
« La Chiesa cattolica attraversa una
crisi spaventosa. Chi non ammette questo fatto evidentemente non sente i
problemi della Chiesa di Roma. Papa
Giovanni voleva risolvere o per lo meno alleviare questa crisi, convocando
il Concilio ecumenico vaticano IL II
Concilio non ha alleviato, ma aggrai ato la crisi della Chiesa. Negli anni drll’aggiornamento post-conciliare si è dimostrato che esiste un abisso tra il popolo «fedele» ed il vertice burocra ico della Chiesa. C’è una umanità credente, viva, e una sua sovrastruttu a
burocratica, espressa non solo in ce; ti
uomini della Curia romana, ma anc e
nel potere tradizionalista e «trioidalista » dei vescovi e persino di alcu d
preti in molte regioni del mondo. C è
una chiara volontà di essere moderai
ed umani ed un intento affrettan o
fermo di cambiare solo un po’ ’percd.é
tutto resti come prima’.
« Per l’ennesima volta la Chiesa -;i
scontra con la vita ed è costretta : d
ipocrisìe che la umiliano. Si parla di
tutte le lingue di una Chiesa a! sen izio dei poveri, ed è una Chiesa ricca e
dei ricchi. Si solidarizza coi bimbi d i
Biafra, ma si possiedono le azioni delle compagnie petrolifere. Nella Basilica di s. Pietro si vieta l’ingresso (a ragione) alle ragazze in minigonna, ma
si accetta di b^uon grado Tingressò di
un Defregger! Si parla di giustizia sociale nell’America latina e si manti ngono rapporti diplomatici di una certa cordialità con i governi militari e
fascisti. Si parla di solidarietà coi r.cgri americani e si accettano con grandi onori i sostenitori della politica egregazionista.
« Si stipulano “protocolli” coi paesi
socialisti, come quello con la Jugoslavia, e si permette al clero fascista in
esilio di preparare attentati contro il
paese di origine e di festeggiare con
« messe » più o meno solenni, come se
si trattasse di festività nazionali, le
date dell’occupazione nazista della loro patria. Si protesta contro altri paesi
socialisti, ma si tace, inspiegabilmente, quan¿o avvengono fatti come quelli della Cecoslovacchia.
« Senza voler imputare a nessuno
queste nostre consi¿erazioni, abbiamo
l’impressione che nella Chiesa c’è il
caos, e, accanto a moltissima buona
volontà, altrettanta ipocrisia. Basterebbe ricordare che nella Chiesa cattolica tutti parlano bene e pensano male
della Curia romana.
« ...Il tema dell’attuale Sinodo dei
vescovi è tutto un fallimento. La riunione deve discutere il rapporto fra il
primato del papa e la collegialità episcopale, ribadita daH’ultimo Concilio.
Ci si può sbizzarrire nelle analisi
astratte del problema, che riguarda
l'autorità nella Chiesa. Se si è sinceri,
bisognerebbe riconoscere che tutto si
riduce ad un problema dell’autoritàpotere, ad un problema di potere. Non
si discute, e questo è importante, su
chi deve applicare sulla terra le leggi
ciie saranno valide “per l’eternità”. Il
problema è molto più volgare. Si lotta
per il potere terreno, si decide chi dove e come comandare qui, da noi, al
popolo fedele, al clero, ai vescovi.
« ...È brutto sentire le polemiche sul
potere, papale, collegiale, combinato,
uno con l’altro, l’uno senza l'altro,
mentre tutti siamo angosciati dai problemi spaventosi della nostra incapacità di por fine alle guerre, alle discriminazioni razziali, alle offese quotidiane all'uomo che ci vive a fianco, dalle
bambine negli asili d’infanzia fino agli
scolari ed agli uomini ai loro posti di
lavoro, agli anziani. Tutto è marcio, e
la responsabilità della Chiesa in generale e dei cattolici in particolare in tale situazione è spaventosamente grande. Purtroppo, invece di occuparsi di
tali cose, il Sinodo discute il problema
del potere, cioè dell’autorità tra il papa c i vescovi, Qgnuno è libero di scegliere la strada del proprio fallimento.
Ad un certo momento ci accorgeremo
che non si tratta tanto della libertà,
ma anche della responsabilità. E tutte
le responsabilità, prima o poi, vanno
scontate...,». r. p.
3
31 ottobre 1969
N. 43
pag. 3
A tre secoli dalla morte di Rembrandt, «il meno religioso e il più cristiano dei pittori»
La Bibbia di un artista evangelico
in Italia 6 passato inavvertito, in un silenzio
significativo e testimone di un perdurante « pro\ incialismo » spirituale della nostra cultura, il
terzo centenario della morte di Rembrandt (non
vogliamo però dimenticare la stupenda esposizione di sue acqueforti, raccolta a Torino la scorsa
primavera). Il grande pittore riformato olandese
è morto, infatti, il 4 ottobre 1669. Tale ricorrenza
è stata celebrata nei paesi protestanti. Abbiamo
notizia, intanto, di una manifestazione curata a
Ginevra dal Consiglio ecumenico (certo memore
deH'amore intelligente con cui il suo antico segretario generale aveva studiato l’opera del suo grande connazionale, « il meno religioso e il più cristiano de tutti i pittori ». In questa occasione W.
A. Visser ’t Hooft, in una conferenza semplice e
limpida ha mostrato come Rembrandt sia andato in senso diametralmente opposto all’orientamento seguito dai pittori trionfalisti del suo tempo; come egli « dica sempre più di quel che le forme esteriori vogliono esprimere », e infine come
ancora oggi egli « interpelli » lo spettatore moderno. Desideriamo noi pure ricordare ai nostri lettori questa grande figura di credente e di testimone di Cristo. In una bella opera pubblicata nel
1947 dall’editore Delachaux et Niestié, Rembrandt
et la Bible, W. A. Visser ’t Hooft ha delineato il
camminp spirituale di questo artista, mettendo in
luce come nello svolgersi della sua vita travagliata il testo biblico non ha costituito per lui un insieme di soggetti sostanzialmente indifferenti, ma
è cresciuto in lui, nella sua fede e nella sua forza
espressiva. « Se si esamina l’opera di Rembrandt
dal punto di vista dei soggetti trattati — egli scrive — non si finisce di stupirsi dell’amore che ha
per la Bibbia. Quest’uomo che consacra 145 tele
(su circa 650), 70 acqueforti (su circa 300) e 575
disegni (su 1250-1500 circa) a temi biblici e li rende tutti in modo personale, vive in presenza della Bibbia ». Oltre alle illustrazioni di questa pagina, abbiamo tratto il commento che Visser ’t
Hooft dedica al « Pezzo da cento fiorini » dal
Il P( zzo da cento fiorini £a parte
di un gruppo di tele, acqueforti e
disegni j)Osteriori al 1645, data nella
quale, lo abbiamo sottolineato, Rembrandt manifesta una comprensione
nuova, approfondita dell’Evangelo.
Vel corso di questi anni decisivi,
non rappresenta forse quanto Rembrandt ha prodotto di più profondo.
Pagine come Le tre croci e la Predirazione di Cristo danno della vita
Ulteriore del pittore un’impressione
più giusta, perché concentrano tutta
l’ispirazione su di un tema unico.
Ma la grande acquafòrte racchiude
nsegnamenti preziosi per chi vuole
onoscere in Rembrandt l’esegeta e
I predicatore.
Il titolo ufficiale dell’opera, Gesù
iiarisce i malati, non è più felice
(el titolo popolare di Pezzo da ceno fiorini. In realtà lo si dovrebbe
ititolare: Matteo 19. Risulta infatcon evidenza che Rembrandt ba
ntato di metterci sotto gli occhi
ulto il contenuto del capitolo 19
.eli’Evangelo secondo Matteo. Si
ratta ora di vedere come egli spiega
uesto testo.
« Una grande folla lo seguì, ed
• gli guarì i malati ». Sembra che
in'ondata di miseria umana esca da
ina caverna oscura. Dei malati, degli infermi cercano la strada che
conduce alla luce. (Notiamo la composizione della metà destra dell’opera, che fa convergere tutte le
-randi linee verso il Cristo). Che dic di questi uomini? La loro esisten•,a non è più altro che un’invocazione di soccorso e di liberazione. Essi
non hanno né sono nulla: attendono
tutto dal Signore che sta lì, al centro. Davanti a lui le differenze sodali (il fatto, ad esempio, che le tre
lonne in primo piano appartengono
' hiaramente a una classe più elevaj) svaniscono.
• lui i medici non hanno più alcun
¡altere; non rimane che una sola speanza: un miracolo di Dio. È que- io miracolo, che tutti attendono. Si
■uò. infatti, pregare più ardentemente di questa donna con le mani
aiimte? E che significa la mano
manzata a tentoni dalla cieca coricata sulla paglia, se non la richiesta
ilei la vera salvezza?
i( Allora i farisei si accostarono a
Ini e gli dissero, per metterlo alla
prova: È lecito ripudiare la propria
moglie ]ier un motivo qualsiasi? Egli
ri.sjiose... ». Di questa discussione la
nostra tavola non mostra che il riMiltato: l’indignazione dei farisei di
fronte alle dichiarazioni inaudite di
Gesti. Ha jiarlato della durezza dei
loro cuori e, peggio, molto peggio,
>i è posto al di sopra di Mosé, dichiarando: « Ma io vi ilico... ». Veiliamo, nella metà sinistra, come i
farisei unanimi respingono questa
eresia, anzi questa profanazione. Si
distolgono coscientemente da Gesù.
I lio di loro sorride con ironia; un
altro è indignato. Cominciano a domandarsi in qual modo eliminare
((iiest'uomo imbarazzante.
« Allora gli condussero dei piccoli
fanciulli, affinché imponesse loro le
mani e pregasse per loro. Ma i discepoli li respinsero. E Gesti disse:
Lasciate i piccoli fanciulli venire a
me, non glielo impedite; perché il
regno dei cieli è per quelli che sono
come loro ». Una madre porta il .suo
bambino. Con un gesto impaziente
un ragazzo tira 1a propria madre timorosa verso il Cristo. Pietro vuole
intervenire, perché il Signore ha
ben altro da fare! Ma (Gesù li benedice! Perché? Il gesto spontaneo e
fiducioso del ragazzo non dà forse
risposta? Non è forse perché i bambini obbediscono con tanta sempli
cità all’appello del Messia, senza
porre condizioni, e vanno a lui pieni d’attesa, come i malati?
« Ed- ecco, si accostò un uomo e
disse a Gesù: Maestro, che devo fare
di buono?... Gesù gli disse: Vend
quel che possiedi... Udite queste pa
role, il giovane se ne andò tutto tri
ste ». È il giovane ricco. Il mento
nella mano, abbattuto nella sua rie
ca veste, se ne sta lì seduto davanti
a Gesù, esempio vivente della terri
bile povertà del ricco. Schiavo dei»
suoi beni, non può darsi a Cristo.
Mentre i bambini non sono ancora
attaccati al ’secolo’ e i malati non
lo sono già più, questo giovane è ancora uno schiavo.
Ce n’è ancora uno, che non può
In un’acquafòrte del 1648. la
«predicazione» figurativa del cap.
19 dell’Evangelo secondo Matteo
muoversi e neppure tenta di farlo :
la grossa figura in primo piano a sinistra. Di lui non si parla, nell’Evaiigelo secondo Matteo. Che ci fa,
li? Non è che un riempitivo? No,
Rembrandt
in veste di apostolo Paolo
tela del 1661
Il Visser ’t Hooft commenta questo
autoritratto, in veste di Paolo apostolo, con le parole paoliniche: « Quando
sono debole, allora sono forte » (II
Corinzi 12, 10).
Rembrandt Harmeneszoon van
Rijn, nato a Leida il 15 luglio 1606;
dal 1631 vive ad Amsterdam, in piena
ascesa sociale; sposa Saskia van Uylenburg. da cui ha il figlio Tito (il quale
morrà a soli 27 anni); dalla morte -li
questa (1642) vive con Hendrickjie
Stoffels, da cui ha la figlia Cornelia;
anche Hendrickjie gli premorrà, nel
1663 e tutta la seconda parte della
vita dell’artista è segnata, oltre che
dai lutti, da difficoltà professionali e
finanziarie; il maturarsi della sua arte
10 pone fuori del filone barocco di moda, e nel 1656 tutti i suoi averi devono essere venduti per tacitare i creditori. Quando muore, il 4 ottobre 1669,
breve è l'inventario dei suoi beni; .sotto
11 numero 22 il notaio segna il solo libro trovato in casa: una Bibbia.
Rembrandt apparteneva alla Chiesa
riformata, e malgrado conflitti con il
Consiglio di chie.sa (nel 1653 Hendrickjie, che non aveva potuto sposare a causa di una clausola nel testamento di Saskia. viene esclusa dalla
santa cena), egli non si allontanò mai
dalla sua Chiesa. Futtavia .sono documentati contatti abbastanza intensi con
gli ambienti mennoniti, anche se il
Visser ’t Hooft contesta che e.ssi abbiano avuto influenza determinante
sulla sua arte, a differenza della fede
riformata che andò maturandosi e .approfondendosi in lui. Sono pure documentati rapporti con l'ambiente ebraico
di origine ispano-portoghese di Amsterdam. che trova anch'esso riflesso in
tutta una serie di opere pittoriche.
citato Rembrandt
et la Bible, una pubblicazione che ci
pare meritare pienamente una versione italiana: questo anniversario
non sarebbe un’occasione opportuna?
basta considerare più da vicino questa figura e si comprende che rappresenta l’eterno spettatore, il solo
che, fra tutti gli astanti, non è né
prò né contro. È straordinario come
un dorso massiccio, due mani serrate su di una canna da passeggio e
due piedi ben posati a terra possano essere tanto eloquenti e suggerire tanta indifferenza e soddisfazione borghese ! Nulla può turbare
quest’uomo, perfettamente a suo
agio su questa terra. Sorride, divertito daU’agitazione che lo circonda.
Se vogliamo trovargli un nome, potrebbe essere: Pilato.
Ma si può davvero parlare di una
predicazione? Non ci troviamo piuttosto dinanzi a un gioco sottile, ma
inutile, su motivi biblici? Non troveremo la risposta se non ritornando al centro della acquafòrte. Non
vi è molto da dire del Cristo di Rembrandt. Impossibile affermare che
risponda a un certo ’tipo’, che sia
particolarmente sublime, o di grande bontà, o molto eroico. (Queste
espressioni banali cadono, davanti
alla statura del personaggio. Ma allora, è unicamente « Figlio di Dio »?
Pure, qui tutto è talmente umano!
No, la sola cosa che va sottolineata
è il fatto che egli .sta al centro: tutto ciò che accade ha il suo principio, il suo significato e il suo fine
in Lui. È colui che lancia un appello ed esige risposta. Si va a lui, o ci
si allontana da lui. C’è il flusso (malati e bambini) e il riflusso (farisei e
giovane ricco). E chi pensa di poter
fare da spettatore, lo voglia o no è
trascinato lontano da Cristo. Cristo
è al centro. Ma, non più dei suoi
atti, la sua apparenza e le sue parole non costringono gli uomini a riconoscerlo come il Salvatore. « Non
si udirà la sua voce sulle pubbliche
piazze » (Matteo 12: 19). È lì, « senza diversità apparente » (Pascal),
senza conferma evidente. Questo
Cristo è « destinato ad essere una
causa di caduta e di rialzamento in
Israele, un segno che provocherà la
contraddizione» (Luca 2: 34). Si
tratta di una vera decisione: riconoscere in quest’uomo, in tutto simile
agli altri uomini, il vero Messia. Dio
vuole che gli uomini credano in lui;
il suo Inviato non viene quindi nel
mondo sotto forma celeste, ma .-oine un uomo, sì, un semplice uomo
che soffre, senza lustro. Beato l’uomo per il quale egli non è occasione
di scandalo!
In tal modo Rembrandt, spoglio
di qualsiasi preoccupazione apologetica, non intende provare che i malati e i bambini hanno ragione e che
i farisei hanno torto. Non desidera
che una cosa: rendere la propria testimonianza. Ponendo Cristo al centro, mostra che vi sono uomini che
hanno udito il suo appello redentore e hanno ricevuto da lui il dono
della grazia divina. Il linguaggio del
pittore rimane indiretto. Ma non è
forse in questo modo che Gesù ba
parlato di sé, non dando agli inviati
del Battista altro che questa risposta velata: « Andate a riferire al
Battista ciò che vedete e udite »?
Tocchiamo qui la vera predicazione contenuta non soltanto nel Pezzo
da cento fiorini, ma in tutta l’opera
biblica della maturità del maestro.
In un tempo nel quale la propagan
II « Pezzo da cento fiorini », acquafòrte del 1648
da si sostituisce alla testimonianza,
nel quale l’arte cristiana si sforza in
primo luogo e in tutti i modi di provare la divinità di Cristo con segni
esteriori, Rembrandt è il solo che
osa predicare Cristo e lasciare che
lui stesso parli. Sa che non bisogna
tentare di saperne più di Dio, il quale ci ha mandato il proprio Figlio
sotto forma di servo. Egli non conosceva sicuramente le tesi sostenute
da Martin Lutero a Heidelberg; tuttavia la semplice lettura della Bibbia lo ha portato alla medesima conclusione: « Non basta per nessuno,
né serve a nulla riconoscere Dio nella sua gloria e nella sua maestà, se
non lo si riconosce al tempo stesso
anche neH’abbassamento e nell’obbrobrio della croce ». Egli sa che la
nostra salvezza dipende da ciò che
crediamo e non da ciò che vediamo.
Ed è per questo che proprio lui, il
visionario, per il quale senza dubbio la visione rappresentava una tentazione possente, ha rinunciato a dipingere un Cristo evidente, un Cristo glorioso. Il suo Cristo non è mai
senza l’ombra della croce. Questo e
questo soltanto fa di Rembrandt un
artista evangelico. E quindi un autentico interprete della santa Scrittura.
Willem A. Visser’t Hooft
iiiiiiiimiiit ■•iiiiiniiiiiiiiiiiiiiiMmiiimiiiiiiiimiiiiiitiimmiiiiiiiiminimmiiimuiiMimmiiiimiimiiiiniimimiiiiiiiiiiio'
Mentre si avvia la pubblicazione
del Corpus Reformatorum Italicorum
Si può porlare
di Riforma in Italia ?
La domanda appare a prima vista legittima, soprattutto se si fa
caso al circospetto silenzio che ha
lungamente circondato un argomento del genere (la nostra storiografia ha sempre tenuto ben
conto deH’integrità religiosa degli
italiani!) e se si considerano gli
scarsi risultati del moto riformatore in Italia, sede del papato. Noi
sappiamo tuttavia che un capitolo
non indegno della storia italiana
è proprio costituito dalla rapida
e felice diffusione delle idee della
Riforma, che ha visto tra i suoi
più noti esponenti un Bernardino
Ochino, già generale dei Cappuccini, un Pier Paolo Vergerio, già vescovo di Capodistria, un Piero
Carnesecchi, già protonotaro apostolico, un Pier Martire Vermigli,
famoso agostiniano, un Celio Secondo Curione, celebre umanista;
e molti altri naturalmente, accanto ai gruppi e alla chiese costituite
in varie parti d’Italia specie nel
Nord, che sottolineano con la loro esistenza il favore con cui Lutero e Calvino erano diventati popolari.
Solamente l’oppressione, le confische e le condanne, il regime di
terrore instaurato dall’Inquisizione, impedirono il consolidarsi della Riforma italiana, e portarono
anzi alla sua progressiva distruzione.
Ma il discorso su questo capitolo di storia deve essere fatto, e
che sia interessante, lo dimostrano i numerosi studi che si vanno
in questi anni pubblicando, e che
hanno suggerito la felice idea di
un « Corpus Reformatorum Italicorum » destinato a raccogliere
studi, testi e documenti che abbracciano circa un secolo di vicende e di idee. La casa editrice Sansoni, in collaborazione con la
Newberry Library di Chicago, lo
ha recentemente avviato in una
dignitosa e seria collezione, di cui
abbiamo come primo volume quello dedicato a Camillo Renato (Camillo Renato, Opere, documenti
e testimonianze, a cura di A. Rotondò, 1968, 8° p. 353), ben noto
eretico, inquieto e scontento, che
mise a subbuglio le chiese dei Grigioni verso la metà del ’500.
Si tratta di ottanta scritti, in
maggior parte inediti o di difficile
reperimento, seguiti da una nota
critica di grande interesse, condotta con severo e diligente acume
dal prof. Rotondò; il tutto non
tanto per dare una valutazione o
quanto piuttosto per presentarne
la documentazione essenziale.
La collana del « Corpus Reformatorum Italicorum », che è diretta da Giorgio Spini e da Luigi
Firpo, con la collaborazione di
John Tedeschi e di Antonio Rotondò, ci promette le opere di Benedetto da Mantova, di Francesco
Pucci, del Biandrata, del Curione,
di Lelio Sozzini, ecc., tutte affidate alla cura di valenti specialisti.
Un ghiotto boccone per gli studiosi di storia ereticale, e un validissimo contributo alla conoscenza
della Riforma in Italia che, come
dicevamo, è storia poco nota, se
non misconosciuta.
A. H.
NOVITÀ CLAUDIANA
Nella Collana
di Testi della Riforma
Erasmo da Rotterdam
Il lilnro arhitrio
Testo integrale
Martin Lutero
Il servo arUtrio
Passi scelti
Introduzione, versione e note
a cura di Roberto Jouvenal
p. 252, con 4 tavole f. t.
L. 1.600
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio Quinto 18 bis
10125 TORINO
4
■oag. 4
N. 43 — 31 ottobre 1969"
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
Tiwre iella Chiesa, ma la ena Chiesa lihera"
Le Chiese io aiuto
deiie vittime
deiie inondazieni
nei Maghreb
Ginevra (soepi) - Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha annunciato che, in
seguito al suo appello lanciato a 16
organizzazioni assistenziali di Chiese
europee e nordamericane, le Chiese
protestanti della Germania occidentale hanno inviato 5.000 coperte e 800
tende familiari in Tunisia, per le vittime delle recenti inondazioni. Con l’assentimento del governo di Bonn, il trasporto è stato assicurato da aerei militari.
Da parte sua l'organizzazione assistenziale del Consiglio britannico delle
Chiese, « Christian Àid », ha inviato
4.800 dollari (circa 3 milioni di lire) e
64 tende per i profughi in seguito alle
piogge diluviali che si sono abbattute
sul paese. L’assistenza delle Chiese danesi ha offerto 2.000 dollari (oltre 1 milione di lire), mentre quella dei Paesi
Bassi, unitamente all’organizzazione
« Oche selvatiche » ha inviato 1.000 coperte.
Il CEC annuncia pure l’invio in Tunisia di H. Reuschle, segretario incaricato del coordinamento dei soccorsi d’urgenza, allo scopo d’incontrarsi con i
rappresentanti della Mezzaluna Rossa
e del governo e d’informarsi sulle possibilità, per il Consiglio, di partecipare
alla ricostruzione di villaggi, ponti e
strade distrutti.
Finora hanno perduto la vita 425
persone e altre 125.000 sono senza tetto. Oltre 200 km. di strade e altrettanti di ferrovie sono stati distrutti da
quella che Tambasciatore di Tunisia a
Ginevra ha qualificato « la maggiore
catastrofe della storia della Tunisia ».
L’appello del CEC ha fatto eco a un
SOS della Mezzaluna Rossa timisina,
dopo le pioggie torrenziali che si sono,
abbattute sulle regioni di Sfax, Kairouan, Gafsa e sulla valle della Medjerda, dal 25 al 28 settembre. In seguito alla distruzióne di 71 ponti e dighe, numerose regioni sono rimaste
isolate.
Il portavoce della Chiesa cattolica
romana a Tunisi si è già accordato con
i rappresentanti di altre Chiese per i
progetti di ricostruzione e di sviluppo
in Tunisia.
In Algeria il ministro degli affari sociali ha convocato i rappresentanti di
tutti gli enti benevoli che lavorano nel
paese. I dati più recenti indicano che
10.000 case sono state distrutte, lasciando 80.000 senzatetto;' altre 40.000
famiglie hanno sofferto danni per
l’inondazione.
L’opera di assistenza delle Chiese danesi ha inviato coperte per via aerea,
mentre il Comitato centrale mennonita
(USA) ha fatto una spedizione di coperte per mare e ha autorizzato il suo
ufficio di Francoforte ad acquistarne
per sovvenire alle necessità immediate.
H. Reuschle incontrerà pure i rappresentanti del Comitato cristiano per
il servizio in Algeria (CCSA) per informarsi dell’aiuto che il CEC può offrire
a questo paese.
RIPRENDE LE PUBBLICAZIONI
IL SETTIMANALE CATTOLICO
« SOVVERSIVO »
Kinshasa (Relazioni Religiose). - Il Ministro dellTnformazione, Kanda, ha reso noto
che il presidente Mobutu ha permesso al settimanale cattolico « Afrique Chrétienne » di
riprendere le pubblicazioni, interrotte alcuni
mesi fa a causa di un articolo che le autorità
avevano definito tendenzioso, ispirato da
gruppi estremisti, inteso a creare confusione
nel paese e sommosse popolari. Nell’articolo
si contrapponeva l’estrema miseria di gran
parte della popolazione al lusso eccessivo di
certe persone legate al potere. Il redattore
capo, Momote, era stato arrestato ed interrogato dalla polizia. Fondato nel 1961, il settimanale cattolico aveva raggiunto al tempo
della sospensione una tiratura di 20.000 copie.
SORGE LA CHIESA ECUMENICA
NONOSTANTE LO SCETTICISMO
DELLE AUTORITÀ’
ECCLESIASTICHE
Londra (Relazioni Religiose). - È stata lanciata su scala nazionale la campagna {>er la
raccolta dei fondi destinati alla costruzione di
una chiesa che servirà contemporaneamente
sia ai cattolici che agli anglicani di Cippenham. nel Buckinghamshire. L’idea di costruire una chiesa ecumenica è nata due anni fa in
seguito alle riunioni di esperti cattolici e anglicani nel cor.so di una conferenza patrocinata da Paolo VI e dall’Arcivescovo di Canterbury. La situazione a Cippenham è molto
grave. I 400 cattolici del posto devono riunirsi per celebrare la messa in un piccolo locale
di proprietà degli anglicani, i quali ultimi, a
loro volta, si riuniscono in un edificio temporaneamente destinato al culto. Da notare che
mentre la popolazione cattolica e anglicana.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.o.a - Torre Pellice (Tol
anche a detta del parroco cattolico del posto,
non ha nulla in contrario all’iniziativa, le autorità cattoliche ed anglicane hanno dato il
loro consenso alla costruzione della chiesa
ecumenica con « molta riluttanza ». In un
documento preparato per lanciare la campagna per la raccolta dei fondi si parla chiaramente di riconciliazione tra cattolici e anglicani, di lavoro comune svolto in spirito di carità, e si afferma che solo l’indifferenza o la
volontà di coloro che si aggrappano a tutto ciò
che per quattrocento anni ha diviso le due
Chiese possono far venir meno l’esigenza di
unità che si fa sentire in tutto il mondo. L’Arcivescovo di Canterbury, e i Vescovi di Oxford
e di Northampton, hanno espresso le loro riserve in merito all’iniziativa, in contrasto con
i risultati della conferenza dei teologi, che
sono stati i primi a lanciare l’idea e a sostenerne la bontà. La chiesa ecumenica dovrebbe essere terminata per la fine del 1970 e dovrebbe servire, oltre al culto, anche ad altre
attività comunitarie.
UN AEREO
DEL « JOINT CHURCH AID »
SI SCHIANTA NEL BIAFRA
New York (soepi) - Cinque membri di un
equipaggio che portava dei soccorsi al Biafra sono rimasti uccisi in un incidente avvenuto in fase di atterraggio a Uli. Questa
nuova sciagura porta a 25 il numero delle
persone che hanno finora trovato la morte
durante questi difficili voli.
« Joint Church Aid-Usa » ha precisato che
non si conosce ancora la ragione di questo
incidente ma che comunque non si tratta
di un’ azione militare. L’aereo trasportava
circa 16 tonnellate di viveri e medicine. Si
trattava di uno dei 10-15 voli che questa
organizzazione di aiuti manda in Biafra ogni
notte.
Dal mese di luglio 1968, otto aerei non
hanno fatto ritorno. Il solo incidente dovuto
ad un fatto militare è stato quello del giugno scorso : esso ha comportato l’arresto dei
voli della Croce Rossa.
(segue dalla prima pagina)
può approvare che le parrocchie siano
ricche di sovrabbondanti locali; vi è
una perplessità di fronte ai sontuosi
palazzi episcopali e di fronte agli immensi seminari mezzi vuoti, quando
tante famiglie non hanno alloggio adeguato. Le scuole diventano spesso oggetto di sfruttamento economico e
tali sono per lo più le cliniche create
dagli ordini religiosi. Parrocchie, Diocesi, Ordini religiosi e Vaticano investono direttamente o per mezzo di
Banche o industrie, somme imponenti.
In tal modo la Chiesa si inserisce in
un sistema clandestino di capitalismo,
senza che i credenti abbiano la possibilità di esprimere il loro parere.
Sorge così naturalmente il problema
del « potere » della Chiesa: potere finanziario che diventa potere politico,
che si allea al potere dei potenti di
questo mondo. Potere che si esercita
poi sulle coscienze dei credenti, non
solo, ma anche dei non credenti. Per
esempio, per quanto concerne il matrimonio in più di un paese (Italia,
Spagna, Portogallo, ecc.) a mezzo di
concordati il diritto canonico viene
praticamente imposto anche ai non
credenti. Troppi vescovi esercitano un
potere assoluto senza alcuna possibilità di appello. Ma il vescovo stesso
non è libero poiché viene controllato e
sottoposto al potere del Vaticano. .Ne
consegue logicamente un compromesso coi grandi di questo mondo: i vescovi sono tentati di appoggiarsi ai
potenti di questa terra e viceversa. In
certi paesi la condizione è così grave
che i preti stessi si mettono al servizio
della polizia di stato. E quando un
prete si ribella a questa situazione, esso viene abbandonato dal suo vescovo.
Così in Ispagna, Portogallo, nei Paesi
Baschi preti sono stati imprigionati
per.avere, nel nome dell’Evangelo, denunziato delle situazioni ingiuste. Nello Stato del Vaticano il successore di
Pietro si presenta come un capo di stato. I Nunzi hanno il titolo di ambasciatori: fra i grandi di questo mondo
si tratta da potere a potere.
Echi della settimana
a cura dì Tullio Viola
LA VOCE
DELLA COSCIENZA
Il P.C.I., partito che stimiamo,
ha tuttavia il difetto di non conoscere
la democrazia se non in quella forma
speciale ed alquanto oscura, che si è
convenuto di chiamare: « Centralismo
democratico ». La democrazia vera,
cioè quella che consiste nel dire e nello scrivere, ai quattro venti, liberamente ciò che si pensa, nel P.C.I. non
è ammessa. Diciam meglio: è temuta,
o almeno non vista di buon occhio.
Perciò ci è straordinariamente simpatico il « Manifesto », la nuova rivista
che due valenti comunisti, Luciano Magri e Rossana Rossanda, veri galantuomini, hanno cominciato a pubblicare nel giugno scorso. Tanto più simpatico, quanto più osteggiato dalla direzione del P.C.I. (ma speriamo e crediamo che non riusciranno a farlo tacere!).
Ecco alcuni passi riportati dall’articolo di testa (intitolato « Praga sola »)
del n. 4 del « Manifesto » (settembre
c. a.):
« L’intervento militare dell'agosto
1968 fu un brusco risveglio. Non solo
per la gravità dell'errore di cui il
gruppo dirigente sovietico si rivelava
capace, non solo per la conferma dei
vincoli che l’equilibrio fra le grandi
potenze impone alle forze progressive,
non solo perché tradiva il peso ancora determinante degli schemi passati;
ma soprattutto perché era prova di
una debolezza interna così grave dei
paesi del Patto di Varsavia, da spingere i gruppi dirigenti a pagare qualsiasi prezzo pur di tagliar corto con
l’esperimento cecoslovacco. Si sperò,
in quei giorni, che affiorasse ai vertici
deU’URSS una discussione, una divisione che permettesse d’intravedere un
ricambio. Questo segno non venne.
Restavano la fierezza, la misura, il
carattere "socialista” della resistenza
di Praga: vi si potè vedere ancora, nei
primi mesi dopo l’occupazione, la
espressione di una potenzialità politica, di una maturità sociale che il partito o una parte di esso avrebbe ancora potuto, a un certo punto, raccogliere; l’esistenza insomma di una linea,
per il momento perdente ma che, allentata la pressione sovietica, avrebbe
potuto prendere la rivincita. Quando i
comunisti italiani condannarono l’intervento sovietico senza aprire un
fronte di discussione radicale con gli
orientamenti dell'attuale gruppo dirigente dell’URSS e dei paesi del Patto
di Varsavia, puntavano ancora, con
qualche ragione, su questa carta residua.
Il 1969 obbliga ormai ad una riconsiderazione. Ciò che colpisce negli avvenimenti cecoslovacchi dopo aprile, è
la definitiva liquidazione delle forze
che avevano dato vita al "nuovo corso". Se continua una resistenza nelle
masse, essa appare, però, priva di una
espressione o prospettiva politica. Deludendo il calcolo dei realisti, Gustav
Husak si è rivelato la più irrealistica
delle soluzioni: dietro di lui non c’è
che il vuoto, egli non rappresenta che
la copertura d’una ripresa delle forze
burocratiche. I leaders del nuovo corso restano, nella migliore delle ipotesi, dei simboli; non più esponenti di
una forza o di una linea. La resistenza
di base, disperata quanto tenace, obbliga ai tempi lunghi, all’espressione
negativa, come passività e sabotaggio,
può finir col perdere il suo carattere
socialista. Che si può ragionevolmente
attendere dal domani, se non che sia
più grave dell'oggi?
Non si tratta di passare da un acritico ottimismo ad ïin pessimismo catastrofico. Ma le forze che si vogliono
rivoluzionarie in Qccidente, sono costrette a fare i conti con la realtà, a
determinarsi di fronte a quel che avviene nei paesi socialisti europei, a indicare quale via d’uscita sembra loro
auspicabile. I gruppi capitalisti e imperialisti hanno dal canto loro compiuto la propria scelta: non tirare la
corda, tentar d'inserirsi con prudenza
nella crisi in atto, puntare sulla secessione romena più che sulla resistenza
cecoslovacca, senza perder di vista il
punto fondamentale, cioè l’accordo con
l'attuale gruppo dirigente sovietico.
Non si prefiggono più di rovesciare i
regimi socialisti, ma di condizionarli
e spingerli a condividere una politica
di stabilizzazione mondiale... ».
LA GERMANIA
VERSO NUOVI RAPPORTI
POLITICI?
« Coti Brandt (il nuovo cancelliere della Germania Occidentale), la situazione è cambiata, il quadro assume
nuove colorazioni. Non è più improbabile che Bonn firmi il trattato di nonproliferazione delle armi atomiche, che
accetti — se non la frontiera Qder
Neisse (cioè quella attuale fra la Polonia e la Germania Orientale) — almeno i confini imposti dai risultati dell’ultima guerra, che rinunci alla famosa "dottrina Hallstein" e che ammetta, in modo più aperto, l'esistenza dell'altra Germania (senz.a tuttavia arrivare al riconoscimento "de jure” dovuto a uno stato sovrano). Tutto ciò richiama l'attenzione dei sovietici non
soltanto perché si tratterebbe di aperture reali, ma perché queste aperture
potrebbero dare un nuovo corso alla
evoluzione dei rapporti tedesco-americani. A Mosca, in effetti, si è constatato come la nuova potenza raggiunta
da Bonn cominci ad inquietare gli Stati Uniti: il fedele alleato è cresciuto
troppo, la "testa di ponte" è diventata
troppo importante e il resto dell'Europa occidentale rischia, fra non molto, la sottomissione a Bonn sul piano
economico. Contemporaneamente la
Francia, che sognava di assicurarsi la
guida, la "leadership” di quest’Europa,
comincia a riavvicinarsi all’America.
Un nuovo equilibrio tende a stabilizzarsi, e i sovietici si domandano in che
modo lo si possa utilizzare... ».
(Da un articolo di Gilles Martinet
su « L’Astrolabio » del 19.10.’69).
Per quanto riguarda il « sapere » si
deve ricordare che la Chiesa non deve
conoscere altro che Gesù Cristo e Gesù
Cristo non può essere ridotto a pura
conoscenza morale, teologica e giuridica. Bisogna rivendicare l’indipendenda ed il valore autonomo del sapere
umano. Nulla infatti autorizza la Chiesa a considerarsi maestra per quanto
concerne la politica, l’economia e la ricerca scientifica. Ed anche nel ruolo
culturale che le è specifico, dobbiamo
riconoscere che non sempre la Chiesa
sa rispettare la libertà di coscienza.
Discutibile è il modo come avviene l’insegnamento catechetico, il reclutamento dei seminaristi è un abuso, il posto
concesso alla donna nella Chiesa non è
conforme al ruolo che essa ha nella
società ed alla sua personalità. Un documento a parte reclama una totale irevisione della situazione della donna
nella Chiesa. Al centro della Chiesa
regna un imperialismo culturale. La
ricerca teologica è bloccata, notevoli
teologi sono condannati o per lo meno sospetti; il Vaticano ha sempre l’ultima parola e se le encicliche non sono
infallibili, non è però ammesso che
siano discusse. L’imperialismo culturale occidentale ha pervaso la Chiesa
a tal punto che anche ai popoli di cultura totalmente diversa si presenta il
Vangelo in un contesto culturale occidentale. E l’insegnamento della Chiesa
che cade dall'alto e che non si è formato in contatto con la vita crea una
mentalità intollerante e passiva di
fronte all’ordine costituito. E questa
passività fa dei credenti un popolo muto, rende i credenti inconsci della loro
responsabilità di fronte all’« oggi di
Dio »,
Tutto questo, concludono i preti radunati a Roma, non lo possiamo accettare. È per questo che vogliamo la
distruzione della struttura della Chiesa
che aliena Tessere umano e vogliamo
contribuire alla edificazione di una
Chiesa più vera e quale il Cristo Tha
voluta. Nello sforzo che la Chiesa compirà per liberarsi, essa contribuirà all’opera gigantesca della creazione di
una umanità più libera. « Non pretendiamo, essi affermano ancora, dettare
al papa, ai vescovi, ai cristiani una direttiva. Li invitiamo solo à cercare da
loro la via della liberazione. Per quanto ci riguarda, nel campo che ci compete siamo decisi ad operare ».
Le delegazioni tedesca ed austriaca
non hanno accettato questo testo: vi
sono generalizzazioni di fatti particolari che rendono il testo inesatto, si presenta una concezione della Chiesa troppo astratta: si vedono solo i punti ne■gativi e quindi si rimane nell’incerto e
nell’incompleto. Il testo pretende « in
nome delTEvangelo », di contestare la
struttura sociologica della Chiesa, ma
questo è fatto sotto forma troppo generica senza adeguata meditazione.
Questo apre la strada a tutte le possibilità di soluzioni arbitrarie.
E certo questa critica ha la sua precisa ragion d’essere.
E che una certa parzialità abbia fatto capolino nei lavori dell’Assemblea
lo dimostra anche un altro fatto: in
uno dei testi conclusivi si accusa la
Chiesa di essere troppo legata alle situazioni esistenti in America del Sud,
Spagna, Grecia, Portogallo, Angola e
Mozambico, e si critica la Chiesa perché continua a predicare Tanti-comunismo. Nella conferenza stampa a cui
questo testo è stato presentato un rappresentante di un noto giornale europeo ha messo in evidenza che in un
testo che rivendica la dignità e la libertà dell’uomo e critica i poteri di
pressione che operano nel mondo occidentale non si dice una parola sui poteri che opprimono cristiani e non
cristiani nei paesi dell’est. La risposta
che questa condanna è compresa nella
denunzia dei « sistemi e metodi fascisti, imperialisti e razzisti », non è certamente stata convincente. Esemplificare specificamente i mali dell’ovest è
giusto, ma la giustizia vuole che si faccia altrettanto per i paesi dell’est dove
mali simili non sono meno evidenti.
Altrimenti rimane il sospetto che manchi totalmente Timparzialità dei giudizi.
* * *
L’impegno di lavoro dei membri dell’Assemblea è stato intenso. Innumerevoli e sino a tarda sera le ore di lavoro
nelle commissioni di studio, continui i
contatti con la stampa. E la stampa
italiana ed estera ha seguito con interesse i lavori compiuti. I membri dell’Assemblea sono stati essenzialmente
dei giovani, parecchi anche gli studenti
in teologia. Un gruppo di donne si è affiancato ai laici ammessi all’Assemblea
ed una delle deliberazioni prese è proprio quella di trasformare le prossime
riunioni da « Assemblee di preti » in
« Assemblee di credenti impegnati »:
questo del resto è logica conseguenza
del presupposto che soggiace alla ragion d’essere stessa delTAssemblea e
cioè che la comunità locale è chiesa
autentica.
Questo è stato uno dei presupposti
teologici fondamentali di tutto il lavoro compiuto, però in quasi tutte le affermazioni si risente più una esigenza
sociologica che non una ispirazione
teologica. Relativamente poche le citazioni bibliche, anche se si afferma spesso una preoccupazione evangelica, ; nei
documenti prodotti; né questo stupisce
eccessivamente in un ambiente che
comunque si è formato alTombra di
una teologia più scolastica che biblica:
l’interesse per la Bibbia è certo in aumento, ma la Parola di Dio non è ancora l’assoluto della rivelazione, non è
ancora Tunica fonte di dottrina. E que
sto indebolisce anche le migliori intuizioni: si proclama la comunità locale
come Chiesa tipica; in base a questo
concetto si reclama la nomina dei vescovi affidata alla comunità, si contesta l’assolutismo della Santa Sede,
ma il papa rimane successore di Pie^
tro e su quella che la tradizione dice
tomba di Pietro si compie Tatto di ubbidienza alla Chiesa. Siamo quindi ancora in pieno cattolicesimo; quelli che
hanno considerato i preti delTAssemblea Europea come eretici sono nell’errore: essi sono cattolici critici della
Chiesa come organizzazione, come realtà umana, non ancora dei critici della
dottrina che produce quella realtà.
Ma nella loro volontà di trovare una
soluzione al loro problema, nella volontà di essere una Chiesa secondo
TEvangelo vi è una notevole speranza:
non diventeranno forse mai dei riformati, ma collaboreranno certo a inserire nella Chiesa Romana un lievito di
vita nuova, di vita evangelica.
* * *
Giovedì scorso terminarono i lavori
delTAssemblea; il giorno seguente la
stampa romana pubblicò una interessante fotografia: una decina di giovani, armati di scopa e di spruzzatori
di D.D.T. stanno ripulendo il portone
ed il marciapiede antistante alla nostra
Chiesa di Piazza Cavour. Questa operazione che è stata definita « Roma pulita » è opera di un gruppo di giovani,
di una organizzazione cattolica tradizionalista, che con il suo gesto ha voluto simboleggiare l’esigenza di disinfettare i posti dove avevano operato i
« preti ribelli ».
A parte il fatto che nel nostro tenv
pio i preti non sono entrati, non possiamo che prendere atto del nuovo spi
rito ecumenico che comunque comincia a permeare anche i centri più re
stii del cattolicesimo. Non dimentico
che anni fa, quando ero pastore a O:sara e stavamo inaugurando la nosti i
nuova sala di culto, gli ambienti ca;tolici avevano fatto circolare la voc o
che il nostro locale di culto era luti
macchia che doveva essere cancellai,
con la benzina: oggi sono i più decisi
cattolici che vengono a pulire e disin
fettare la nostra Chiesa non per eT
minare la nostra eresia, bensì pe •
esprimere il timore che il passaggio cT.
preti, tutti all’opera nella Chiesa Romana, possa avere contaminato la nt.
stra Chiesa.
Grazie, cari giovani, per la vostra prò
mura, e per il vostro gesto di solidarietà; ma per noi scope e D.D.T. servono a poco; il nostro metodo è piu
sicuro: noi confidiamo nel messaggu.»
delTEvangelo e sappiamo che esso sole
può distruggere ogni forma di eresia.
Alberto Ribet
VILLAR PER
A due soli giorni di distanza la nostra Co
munita è stata provata da un duplice lui l o
per la dipartenza improvvisa di due cari fra'
telli: Enrico Bertin (Villar) di anni 71 il
23 settembre e Ernesto Tron (La Roul) i'i.
anni 58 il 25 settembre.
Entrambi erano molto conosciuti e alle Ic’ro esequie ha partecipalo una gran folla ib
amici e conoscenti. Alle famiglie nel dolore
assicuriamo la nostra cristiana simpatia ricordando loro che il Signore è sempre vici'
no a quelli che sono nella prova.
Offerte Pre Cellegie
Fiori in memoria della cara Amica e collega
Germana Olivetti-Burlando, deceduta ad
Addis Abeba il 24 ottobre 1969:
Virginia Beux L. 2.000; Emma GiordanoCivra 2.000; Luigia Frache 2.000: Ida Coisson-Mathieu 5.000.
Dopo lunghi anni di sofferenza, il
Signore ha richiamato a sé
Marceli ina Pascal
ved. Meytre
La famiglia, profondamente commossa e nell’impossibilità di farlo personalmente, ringrazia tutti coloro che
hanno preso parte al suo dolore. In
modo particolare ringrazia il past.
L. Deodato, il dott. L. Vivalda, medici e personale dell’Ospedale di Pomaretto per le cure prestate alla loro
cara.
« Signore, Dio mio, io alzai a te
le mie grida e tu mi sanasti »
(Salmo 30: 3).
Fontane, 16 ottobre 1969
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ONEGLIA.