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Anno VI
numero 11
del 13 marzo 1998
L. 2000
Spedizione in a. p. 45%
art. 2 comma 20/B legge 662/96
Filiale di Torino
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HOC ERAT IN VOTIS
«Siate sempre pronti a render conto
della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni»
I Pietro 3,15
SE mi avessero chiesto, tornando da
Graz lo scorso giugno, qual era la
speranza che mi animava avrei risposto che, finalmente, stava cambiando
il volto del cristianesimo europeo. Invece, nove mesi dopo, non è sostanzialmente successo nulla. Chiarito che
la riconciliazione è un dono di Dio,
non appare chiaro come sarà la vita
nuova che dovrebbe scaturirne. L’«hoc
erat in votis» (ciò che era negli auspici,
per dirla con un antico adagio latino)
non si è compiuto. I segnali sono eloquenti. Nel recente incontro svoltosi a
Roma tra i due organismi europei organizzatori di Graz, la Conferenza delle chiese europee e la Commissione
della conferenze episcopali europee, si
è parlato di realismo, di non fare passi
indietro, di progettare un nuovo avvenimento ecumenico europeo per rilanciare questa nuova fase di stanca.
Qualcuno ha l’impressione che Graz
quello che doveva dare l’abbia dato. Le
chiese si muovono con cautela anche
perché sono insorti nuovi problemi
grossi come macigni: quello del proselitismo, per esempio, che dal mondo
religioso ortodosso dell’Europa dell’Est
è vissuto come un assalto da parte delle missioni fondamentaliste evangeliche di stampo americano e della stessa
fihiesa cattolica romana.
rUTTAVlA c’è un altro punto che
conferma la delusione dei dopo
Graz: le famose raccomandazioni alle
chiese, pubblicate da Riforma il 29
agosto scorso. Chi le conosce, chi si sta
preoccupando di renderle operative?
La questione dell’ambiente e anche
quella del condono dei debiti dei paesi
più poveri non ha mobilitato le tre
chiese (ortodossa, cattolica, protestante) che hanno animato Graz. In una di
queste raccomandazioni si chiedeva di
sostenere in campo economico iniziative cristiane esemplari e di organizzare
delle campagne contro il lavoro minorile, il turismo sessuale e il commercio
delle donne e altre forme di sfruttamento. Anche la richiesta formazione
ecumenica all’interno delle chiese compreso l’aspetto della condivisione delle
ricchezze finanziarie, culturali e spirituali stenta a decollare. Ci sono certamente eccezioni, ma nove mesi dopo
Graz si deve constatare che le aspettative sono andate in parte deluse.
A D aggravare il tutto, non aiutano
■ix operazioni come l’imminente
ostensione della Sindone o la grande
indulgenza plenaria del prossimo Giubileo romano che, mettendo al centro
la chiesa di Roma, presuppone di porre Cristo al centro. Ci sono dunque frenate vistose, mediazioni che a certi livelli non si possono più fare perché
l’ecumenismo è anche una cultura della verità e non solo una politica del
sorriso. Libero tu di organizzare la tua
testimonianza di fede come meglio
credi ma libero anch’io di criticarla
sulla base dei dati biblici. Dunque nove mesi dopo Graz delusione cornpleta? Non credo che si possa liquidare
una questione così complessa con un
articoletto. Sento piuttosto la necessità
che si faccia veramente il punto della
situazione per capire se stiamo andando avanti o se siamo di nuovo fermi.
In ogni caso al di là dell’euforia, «graziana» il lavoro ecumenico è dijflcile,
lento, complesso. I cambiamenti per
affermarsi hanno bisogno di tempi di
tnaturazione e passaggio di generazioni. Ritroviamoci il 23 giugno da qualche parte per vedere, esattamente un
anno dopo Graz, se ha ragione il pessimismo protestante, l'ottimismo cattolico o la prudenza ortodossa.
Giuseppe-Platone
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Il conflitto nella regione jugoslava a maggioranza albanese allarma rOccidente
Kossovo, un nuovo naufragio balcanico?
90% albanesi, 10% serbi, un'esperienza originale di autonomia spazzata vìa nei 1989 dal
nazionalismo serbo di Milosevic, tensioni in crescita. Il tutto in assenza di iniziative europee
CLAUDIO CANAL
Guardare ì1 naufragio da riva è
un’esperienza inebriante, come scriveva duemila anni fa Lucrezio. Sguardi di sfuggita, neanche
tanto partecipi, dalle sponde dell’Europa «Doc» verso una regione
che fino a poco tempo fa avresti potuto scambiare per un digestivo
energetico, il Kossòvo o Còsovo o
Kosova. Difettosa in partenza, stando nel Balcani, che nella vulgata
europea sono il recinto di rottamazione delle belle idealità costruite
sul suolo europeo a 24 carati.
Non era difficile capire che c’erano in loco, da 8-9 anni almeno, tutte le premesse per un naufragio.
Bastava avere gli occhi un po’ meno appannati dall’indice Mibtel e
dagli oracoli dei direttori delle banche centrali. Era successo che nel
1989 (ricordate?) il nazionalismo
serbo aveva spazzato l’autonomia
che questa regione jugoslava aveva
ottenuto dalla costituzione del
1974. Così le altre Repubbliche si
erano affrettate e dichiararsi indipendenti, temendo l’egemonia serba. L’Europa aveva detto che sì, va
bene così; ed era stata la guerra. Da
cui il Kossovo si era tenuto fuori,
nonostante le due comunità si
guardassero in cagnesco. 90% di albanesi, 10% di serbi. Diffidenti l’un
l’altro. Gli albanesi perché si sentono a casa loro e spesso hanno spinto i serbi a far fagotto. I serbi perché mai e poi mai mollerebbero la
regione, luogo del mito fondatore
della serbità, con la battaglia della
Piana dei Merli del 1389 (ripeto:
milletrecentoottantanove) in cui
l’esercito serbo del principe Lazar
(ma rimpolpato di reparti albanesi)
affrontava le truppe ottomane (ma
ingrassate di reparti serbi) del sultano Murat I, venendo da questi
militarmente sconfitto. Secoli di
canto epico a celebrare l’avvenimento e santuari ortodossi a sacralizzare il territorio.
Una Palestina balcanica in cui
tuttavia gli albanesi in questi ultimi
anni erano riusciti a mettere in atto
un esperimento sociale di straordi
> <
Profughi della guerra in Bosnia. Nel riquadro il presidente serbo Milosevic
nario interesse. Invece di portare
agli estremi il conflitto con i serbi e
la loro occupazione militare, si erano inventati una specie di società
parallela, con tanto di. presidente
della Repubblica, riconosciuto solo
da loro, di Parlamento, di attività
legislativa, di scuole e università a
latere, perché Belgrado le aveva
chiuse. In una regione molto povera e attraversata ai confini da tensioni di tutti i tipi, da una parte
l’Albania, dall’altra la Macedonia,
con il 25% di albanesi, sopra la Serbia, di cui formalmente fa parte,
con tutte le lotte di potere belliche
e post belliche.
A Pristina, il capoluogo, sei anni
fa l’ex comunista duro e puro, il
prete cattolico, la giornalista italofona, il nomade speaker radiotelevisivo, la signora insegnante di
storia, chiedevano a un gruppo di
tapini che erano andati a curiosare,
di far sapere al mondo che lì qualcosa era in ballo. Da una parte
un’occupazione militare e l’enorme
peso della storia, inventata o no, e
dall’altra un progetto di coesistenza
originale e non destinato necessariamente a tradursi in una forma
statale di indipendenza. Si citavano
addirittura Gandhi e Martin Luther
King. Forse non era necessario, ma
l’attenzione sì, era richiesta. Così ci
siamo provati a raccontarlo in giro.
Qualcuno si è impegnato seriamente ed era riuscito anche ad aprire
una «ambasciata di pace» nella
stessa Pristina, per avviare dialogo
e soluzioni non radicali. Tra i sorrisi
di sufficienza dei diplomatici veri,
dei politici autentici, delle istituzioni preposte, dei media indaffarati.
Così certi albanesi si sono stufati
ed è nato l’Esercito di liberazione
del Kossovo (Uck) che ha cominciato a far parlare i kalashnikov.
Milosevic, da Belgrado, si è sentito
coperto dalle potenze europee e
dagli Stati Uniti e ha pensato di risolvere la questione con i carri ar
mati. Già il conto dei morti sembra
non finire. La multietnica mafia locale (albanesi, serbi, macedoni,
montenegrini, turchi) è entrata in
agitazione perché il Kossovo era
diventato il transito privilegiato
dell’eroina per l’Europa occidentale. Bande di nazionalisti serbi si organizzano per bande sul territorio:
pare che Arkan, ricercato dal tribunale dell’Aia, sia già in zona. Il
Nord dell’Albania, già in ebollizione per conto suo, confina con il
Kossovo, anche gli albanesi macedoni si sentono in fibrillazione e la
Macedonia, miracolosamente rimasta integra fino a oggi, potrebbe
essere spazzata dalle spinte panelleniche dei greci e quelle storiche
dei bulgari. E così via.
Forse bastava avere una idea meno monetaria dell’Europa, per riconoscere in tempo alle donne e agli
uomini del Kossovo di diventare interlocutori politici. La retorica adesso ce li racconterà come vittime.
Germania: un appello
Protestanti e cattolici
allarme disoccupazione
Il presidente della
Chiesa evangelica tedesca, pastore Manfred
Kock, e il presidente della Conferenza episcopale tedesca, il vescovo
Karl Lehmann, hanno
firmato un appello nel
quale chiedono urgenti
misure contro la disoccupazione che in Germania ha raggiunto un
livello «inaccettabile».
Quello della disoccupazione, incalzano, è un tema da affrontare con urgenza perché «è una seria minaccia per tutta la
comunità». I disoccupati
in Germania sono ormai
4,8 milioni, come nell’
immediato dopoguerra.
Con questo appello congiunto le chiese ricordano il rapporto delle chiese tedesche sulla situazione del paese «Per un
futuro di solidarietà e
giustizia», del febbraio
’97. Il testo cortiune, che
aveva suscitato accese
reazioni in campo politico, voleva essere un contributo verso una politica economica e sociale
sostenibile e affermava
che il compito più urgente della politica è di
ridurre la disoccupazione di massa e di promuovere un’economia
«sociale e ecologica» attenta all’uomo e non solo al mercato. (nev)
Presidente Fcei
Giusto l'ergastolo
per Priebke e Hass
Il presidente della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, pastore Domenico Tomasetto, ha dichiarato che
«l’ultima sentenza del
tribunale militare di Roma, emessa contro Erich
Priebke e Karl Hass quali
autori di crimini contro
l’umanità, permette di
porre un punto fermo alla tragedia storica delle
Fosse Ardeatine. Crimini
di quella portata rimangono incancellabili nella
memoria e continuano a
segnare la coscienza democratica di ogni cittadino. In questo caso la
giustizia umana coincide
con il tribunale della co
scienza, oltre che con
quello della storia, almeno nella condanna di
una colpa così grave. Solo ora si possono proporre soluzioni di clemenza
che, però, devono passare per il riconoscimento
della colpa. Le considerazioni sull’età e la salute
nulla devono togliere
all’efficacia della pena
che deve rimanere a monito delle coscienze e segno della civiltà democratica di un popolo. La
brutalità e l’impunità dei
prepotenti non dovrà
mai essere l’ultima parola su azioni che minacciano l’intera convivenza
umana». (nev)
I TEMPI DELLA VITA. Prosegue la nostra
riflessione su tempo, fede e vita quotidiana. La Bibbia ci insegna a valorizzare l'oggi come tempo di Dio. (pag. 3)
LA LIBERTÀ DEGLI ALTRI E L’OTTO PER
MILLE. Le chiese battiste potrebbero
sciogliere i loro dubbi se cadesse la natura privilegiaría del meccanismo. Per
esempio, si potrebbe sostenere l'attività di enti, associazioni e chiese su
progetti di pace, giustizia e salvaguardia dell'ambiente, seguendo le esplicite indicazioni dei cittadini. (pag. 9)
GERMANIA, SI CAMBIA? Le eiezioni
politiche in Bassa Sassonia hanno fatto
emergere il candidato socialdemocratico che sfiderà Khol per il cancellierato della Repubblica federale: si tratta
di Gerhard Schröder. Cambiamenti in
vista per il più importante paese
dell'Unione europea? (pag. 10)
DISOCCUPAZIONE E FEDE CRISTIANA.
Prosegue la nostra riflessione sul futuro del lavoro. La lotta contro l'ingiustizia economica, la disoccupazione e la
distruzione dell'ambiente per le chiese
dovrebbe essere questione di «status
confessionis», cioè questione cruciale
per la fede cristiana. (pag. 10)
2
PAG. 2 RIFORMA
All’A
VENERDÌ 13 MARZOjQft y5NEF
«Gesù andò al
monte degli
Ulivi. All’alba
tornò nel tempio,
e tutto il popolo
andò da lui;
ed egli seduto
si li istruiva.
Allora gli scribi
e i farisei gli
condussero una
donna colta in
adulterio; e
fattala stare in
mezzo gli dissero:
“Maestro, questa
donna è stata
colta in flagrante
adulterio.
OrMosè, nella
legge, ci ha
comandato di
lapidare tali
donne; tu che ne
dici?”.
Dicevano questo
per metterlo
alla prova, per
poterlo accusare.
Ma Gesù,
chinatosi, si mise
a scrivere con
il dito in terra.
E siccome
continuavano a
interrogarlo, egli
alzato il capo,
disse loro: “Chi
di voi è senza
peccato, scagli la
prima pietra
contro di lei”.
E chinatosi di
nuovo, scriveva
in terra.
Essi udito ciò,
e accusati dalla
loro coscienza,
uscirono a uno
a uno, dai più
vecchi fino agli
ultimi; e Gesù fu
lasciato solo con
la donna che
stava là in
mezzo.
Gesù, alzatosi
e non vedendo
altri che la
donna, le disse:
“Donna, dove
sono quei tuoi
accusatori?
Nessuna ti ha
condannata?”.
Ella rispose:
“Nessuno
Signore”. E Gesù
le disse: “Neppure
io ti condanno;
va’ e non
peccare più”»
(Giovannis, 1-11)
GESÙ E IL NOSTRO SIGNORE
La donna che aveva peccato riconosce Gesù il Signore laddove quelli
che si ritenevano giusti erano al massimo disposti a riconoscerlo come maestro
SERGIO MANNA
Questo brano dell’Evangelo
di Giovanni ha una storia
complessa. Esso è infatti assente
nei manoscritti greci più antichi
e anche là dove esso è presente
lo si ritrova spostato in punti
sempre diversi, quasi si trattasse
di una presenza imbarazzante,
forse inopportuna. I Padri della
chiesa sembrano ignorare questo racconto e non si è esitato a
metterne in dubbio la canonicità, il carattere ispirato e il valore storico. Eppure è un racconto che colpisce proprio per
la sua irresistibile impressione
di autenticità, un racconto che
rispecchia in pieno il carattere
di Gesù, uno di quelli che restano impressi nella memoria e
che ci sembra di vedere dinanzi
agli occhi ogni qualvolta li leggiamo 0 ne riascoltiamo la narrazione. Non dobbiamo stupirci
per il fatto che i dirigenti della
chiesa dei primi secoli, tutti presi dal compito di inculcare una
disciplina ferrea e una rigida
prassi penitenziale, abbiano trascurato questo episodio della vita di Gesù. In esso, infatti, il Signore doveva apparire loro come troppo indulgente. Allora
come oggi la chiesa era spesso
incapace di distinguere tra peccato e peccatore e finiva, non di
rado, per identificare l’uno con
l’altro. Allora come oggi valeva
la massima secondo la quale il
Signore è più misericordioso
della sua chiesa!
Ma veniamo al racconto. Gesù,
Preghiamo
Signore
fa’ brillare sulla durezza del nostro cuore
la dolcezza del tuo volto.
Fa’ brillare sulla follia del nostro orgoglio
l'umiltà del tuo cuore.
Fa’ brillare sulla tristezza dei nostri errori
la gioia del tuo perdono.
Fa’ brillare sul sonno della nostra morte
la luminosità dell’eternità.
Fa’ brillare sulla nostra schiavitù
la libertà dei figli e delle figlie di Dio.
Fa’ brillare sulla nostra angoscia
la pace del tuo amore.
(da In attesa del mattino, della Cevaa, p. 41)
dopo aver trascorso la notte, forse in preghiera, sul Monte degli
Ulivi, viene interrotto mentre insegna nel cortile del tempio.
Qualcuno vuole metterlo alla
prova sottoponendogli una questione di giustizia: bisogna lapidare una donna colta in flagrante
adulterio, così come la Legge
vorrebbe, oppure no? La questione non è affatto facile. È una domanda trabocchetto, una trappola ingegnosa, degna dei politici più spregiudicati. Gesù, in un
certo sento, deve decidere se delegittimare se stesso come maestro contraddicendo la legge di
Mosè per salvare la donna, oppure lasciar morire la donna per
dimostrare la sua ortodossia. In
entrambi i casi la sua decisione
potrà avere conseguenze negative. Questo almeno sembrano
pensare e sperare i suoi nemici.
Qui la Legge è insomma ridotta a
pretesto per liquidare Gesù. E la
donna? Probabilmente di lei non
importa niente a nessuno. È il
capro espiatorio, la vittima designata. Ce la immaginiamo mentre piena di vergogna viene trascinata e sbattuta a terra in mezzo a una cerchia di uomini che la
fissano e che in fondo al cuore
hanno già espresso il loro verdetto: colpevole. Sia lapidata!
Eppure per commettere adulterio bisogna essere almeno in
due. Dov’è finito, allora, l’uomo
con il quale la donna è stata sorpresa? Perché solo lei viene trascinata in giudizio quale adultera, quando la legge di Mosè, alla
quale gli scribi e i farisei si sono
appena appellati, prevede che
entrambi siano giudicati? Non è
forse prevalsa quella logica maschilista in base alla quale l’infedeltà coniugale dell’uomo fa
parte della sua natura di cacciatore mentre quella della donna è
segno di indegnità morale e in
quanto tale va punita con la
massima severità? Per la debolezza di un momento la donna
deve pagare con la vita (talvolta
per tutta una vita) mentre l’uomo che forse l’ha sedotta, può
andarsene libero per la sua strada, magari con la complicità di
coloro che adesso si richiamano
alla Legge. Ma che giustizia è
questa? Che giustizia è quella
che in tutti i campi penalizza le
donne e privilegia gli uomini al
punto che perfino nei processi
per stupro le donne da vittime si
trasformano facilmente in imputate, colpevoli di chissà quali
istigazioni?
II clima nel cortile del tempio
si fa pesante. La donna tace e
trema sotto gli sguardi impazienti di una folla di uomini che
per il solo fatto di essere lì, intorno a lei, le impongono una
sofferenza indicibile, così grande da farle quasi desiderare che
il supplizio abbia subito luogo.
Un soìo uomo tra la folla evita di
farle sentire il peso del suo
sguardo; quell’uomo che forse
lei non conosce e che, accovacciato per terra, traccia dei segni
nella polvere. Da quell’uomo
sembra dipendere iì suo destino. Alcuni esegeti si sono chiesti
cosa scrivesse Gesù per terra e
sono state fate le ipotesi più disparate. Personalmente ritengo
che Gesù non stesse scrivendo
nulla di particolare e che il suo
gesto sia solo un diversivo. Con
il suo scrivere per terra egli sposta l’attenzione dei presenti dalla donna al suolo e in questo
modo la libera, almeno per un
momento, dagli sguardi spietati
e umilianti che si sono fatti sempre più insopportabili, togliendole il respiro e riempiendola di
vergogna e di terrore. Gesù sembra prendere tempo, ma i capi
religiosi lo incalzano e pretendono da lui quel verdetto che o
porrà fine alla vita della donna o
farà di lui un maestro non ortodosso, nemico della legge di
Mosè e perciò indegno di insegnare e di avere discepoli.
E finalmente la risposta di Gesù arriva! Ma si tratta di una risposta molto diversa da qualsiasi risposta ci si potesse aspettare. La condanna arriva, ma non
è per la donna. È per l’ipocrisia
di chi, mettendosi al posto di
Dio, drede di poter esprimere
giudizi definitivi sul suo prossimo senza fare i conti con la propria ingiustizia e con il proprio
peccato. Gesù alza il capo da
terra non per posare i suoi occhi
sulla donna colpevole, ma per
guardare in faccia coloro che la
accusano e allora ciascuno sente come rivolte a se stesso le parole che escono dalla sua bocca:
«Cbi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di
lei» (v. 7). Bastano questo poche
parole, seguite da un lungo si
lenzio, a mutare tutto. Chi prima accusava, si sente ora accusato dalla propria coscienza e
non può fare a meno di depositare la sua pietra e andare via.
Chi è entrato in quel cortile carico d’odio deve abbandonarlo
portando con se la vergogna.
Dal più vecchio al più giovane
tutti vanno via in silenzio.
Gesù e la donna restano finalmente soli. È significativo il fatto
che la donna non si allontani da
Gesù che pure è rimasto in silenzio e le ha lasciato la possibilità di andarsene. In fondo forse
ella sa che è lui l’unico il cui giudizio realmente conta; e a quel
giudizio lei non vuole sottrarsi.
Avviene così che la donna che
prima era stata gettata in mezzo
dalla folla viene ora rimessa al
centro da Gesù. Gesù la rialza e
le restituisce la dignità: «Donna,
dove sono quei tuoi accusatori?
Nessuno ti ha condannata?».
«Nessuno, Signore». «Neppure
io ti condanno; va’ e non peccare più». È da notare che la donna che aveva peccato riconosce
Gesù il Signore laddove coloro
che si ritenevano giusti erano al
massimo disposti a riconoscere
in lui un maestro. Non è cosa da
poco. Anche oggi molti benpensanti che si ritengono giusti e
credono di non aver nulla da
farsi perdonare, sminuiscono il
ruolo di Cristo, perché ritengono in fondo di non avere alcun
bisogno di un salvatore, mentre
coloro che veramente si riconoscono peccatori sono più pronti
ad accogliere Gesù come il proprio Signore.
Forse uno dei rischi per i cristiani del nostro tempo che tendono a non prendere più sul serio il significato più profondo di
parole come peccato, perdono e
misericordia è proprio quello di
ritrasformare il Signore in maestro, uno tra i tanti; uno di quelli
che si possono seguire per un
tempo per poi sostituirlo non
appena se ne sarà trovato uno
che appaia più interessante o
meno impegnativo. Che il Signore ci guardi dal cedere a
questa tentazione e ci aiuti a riconoscerci davanti a lui per
quello che siamo; delle peccatrici e dei peccatori perdonati
dalla sua grazia e in ogni tempo
bisognosi del suo amore e della
sua misericordia.
Note
omiletiche
La pericope non fac«,,
parte originariataen,
dell'Evangelo di Giov»
ni. Essa manca nei p¡új
tichi manoscritti
9 rei
(eccetto il codice D). |p,
dri greci sembrano ig„,
rarla. Anche la sua col
cazione nel quarto Evar
gelo è variabile. Qual,
no la pone dopo 7,35
dopo 7, 44, o addirittur
alla fine dell'Evangeij
Per la sua forma trova
rebbe forse una colloca
zione più appropriatali
i sinottici. Dal puntoj
vista del vocabolario esa
è certo più vicina a Luq
(qualche documento|¡
colloca dopo Le. 21,3»
che a Giovanni.
È probabile che il rat.
conto risalga a qualc|
antica tradizione e d
abbia fatto fatica a tro
vare ospitalità nel cara
ne a causa della sua n«
conciliabilità con la rigidi
disciplina ecclesiastica i
materia di peccato di»
dulterio. L'inserimenti
dell'episodio nella suaat
tuale posizione potrebli
essere stato suggeriti
dall'intenzione di illustra
re lo spirito delle pareli
di 8, 15 «Voi giudicatesi
condo la carne, io noi
giudico nessuno».
- V. 5: sulla condanni
alla lapidazione in casi
di adulterio contenuti;
nella Legge, cfr. Lev.
10 e Dt. 22, 22-24.
- V. 6: lo scriverei!
tracciare dei segni) pei
terra di Gesù è un eie
mento enigmatico. Girolamo riteneva che egli
scrivesse i peccati degli
accusatori della donni,;
con riferimento allapa-i
rola del profeta Geremia,!
«quelli che si allontanano
da te saranno iscritti nella polvere» (Ger. 17,13),
Nella nostra esposizione
vi abbiamo attribi/ifo (a
funzione di un diverào
che Gesù usa allo scopo
di distogliere gli ocelli
degli accusatori dalla
donna e darle un attimo
di tregua.
- V. 7: «... scagli pei
primo la pietra». La leg
ge voleva che i principali
testimoni a carico di«*
imputato alzassero p»,
primi la mano control
lui, laddove questuiti»
venisse riconosciuto colpevole in base alla loio
testimonianza e condannato alla pena capitale
(Dt. 17, 7). Era questo un
modo per sottolineare la
terribile responsabilità
che essi si assumevano i
fronte a Dio e al pro»’
mo. Con le sue parole
Gesù intende contestare
l'atteggiamento ipocrita
di coloro che si fanno tutori della legge applio^o;
do il massimo rigore n«
confronti del prossimo e
la massima indulgenze
verso se stessi.
- V. 11: «Neppure io*
condanno...». La legS*
dell'amore, che non condanna a morte la peoratrice, si fonda sulla forze
redentrice del perdono
Per
approfondire
- AA.VV. Il Nuovo Testamento Annotato, volume II, Claudiana, Tono '
1968.
- AA.VV. Evangelo se
condo Giovanni, Mono
dori, 1973.
- Alfred Wikenhausen
L'Evangelo secondo oi
vanni, Morcelliana, °
scia, 1974. ,
- Ernst Kàsemann,
nigma del quarto Vang
lo, Claudiana, Torino,
NeV agenzia stampe
notizie evangeliche
abbonamento annuo
L. 60.000 da versare su
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Prosegue la riflessione sul tempo
i tempi della vita
La Bibbia ci insegna a valorizzare
anche l'oggi come tempo di Dio
^ CIANNA SCICLONE__________
Ti^A anno dopo anno
((±Y1 li conti e sono tanti: quei giorni nella vita che
hai davanti...». Così canta
Francesco Guccini nella sua
«Canzone della vita quotidiana». In effetti c’è da chiedersi
se c’è del vero nelle semplificazioni che ci fanno pensare
al tempo umano come breve,
caduco, fuggitivo, al quale si
contrapppone il tempo di
Dio pensato come eterno.
Anzi, «l’Eterno» è il nome più
frequentemente dato a Dio
dalla traduzione Riveduta,
ancora in uso in molte delle
nostre chiese (come traduzione del misterioso tetragramma Jhwh). Se si studia il
concetto di «tempo» nella
Bibbia, si scopre innanzitutto la sua concezione lineare,
tesa fra un «principio» (genesi) e una «fine» (eschaton) secondo la creazione e la rivelazione della volontà di Dio,
a differenza della concezione
ciclica che è propria di altre
culture (come quella greca o
quella indiana). Ma se si continua a studiare la Bibbia si
giunge alla conclusione che
l’idea di tempo riferita a Dio
non è proprio quella come
ne parlava Sant’Anselmo:
«Tu non eri ieri, Tu non sarai
domani: ma ieri, oggi, domani, Tu sei. Meglio ancora, Tu
non eri né ieri, né oggi e domani, esiste solo il tempo;
ma sebbene nulla possa esistere senza Te, Tu non sei né
nel luogo, né nel tempo,
bensì tutte le cose sono in
Te; nulla Ti contiene, ma Tu
contieni tutte le cose» (Proslogion 19).
La Bibbia, oltre ad annunciare che Dio ha creato il
tempo, lega i suoi interventi a
«tempi» particolari: quando
viene chiamato Samuele «la
parola di Dio era rara a quei
tempi» (I Samuele 3,1); ma la
caratteristica di Dio è di rompere l’eternità del tempo e di
parlare, mostrarsi, cambiare
situazioni che durano da tanto tempo. È il tempo degli
uomini a sembrare infinito,
specie se vissuto nella sofferenza: basta che pensiamo al
tempo del malato o a quello
del carcerato. L’amore invece
sospende il tempo e fa vivere
prestissimo delle ore preziose che vorremmo prolungare!
Nel Nuovo Testamento sono due i termini greci usati
per definire il tempo: «chronos» e «kairos», il primo potrebbe essere il tempo del
malato o del carcerato, il secondo quello della guarigione 0 il tempo degli innamorati. Kairos vuol dire il tempo
come «occasione propizia». È
così che Gesù ha vissuto il
suo tempo: la sua predicazione comincia con le parole «il
tempo è compiuto, il Regno
dei cieli è vicino, convertitevi
e credete alTEvangelo» (Marco 1, 15). Il tempo della conversione è l’occasione propizia, non va attesa per l’eternità relativa alla vita di una
persona, ma per l’oggi: «eccolo ora il kairos propizio, eccolo ora il giorno della salvezza!» (2 Corinzi 6,2).
Anche i tempi dell’Ecclesiaste sono dei «kairoi» da cogliere al volo, sapendo che
quando ridiamo può esserci
il tempo per piangere, ma
anche al contrario che quando viviamo nell’odio ci sarà il
tempo per amare. Se non ci
prendiamo il tempo di guardare dentro la nostra vita,
quante occasioni propizie
perdute!
Goethe in una stampa dell’epoca
Una lirica di Goethe
All'auriga Cronos
Nella diligenza,
il 10 ottobre 1774
Spicciati Cronos!
Via di trotto! La strada
discende giù per il monte;
il mo passo tentennante
mi dà penosa vertigine.
Avanti, precipita il trotto
per sassi, ceppi e arbusti,
corri intorno aliavita!
Ecco di nuovo risali
con passo ansimante
la strada
su per il monte.
Coraggio dunque, suvvia!
Avanti, senza timore!
Alta, magnifica, ampia
la vista che domina il mondo!
Da montagna a montagna
trascorre lo spirito eterno,
presago di eterna vita.
Sulla strada ti attira
l’ombra della capanna
e refrigerio promettono
gli occhi
della fanciulla là sulla soglia.
Ristorati! - Anche a me, fanciulla,
la tua coppa spumante
ed il gentile cenno d’augurio!
Ed ora, su discendi!
Ecco che il sole tramonta.
Prima che esso sprofondi,
prima che vecchio mi colga
la nebbia nella palude,
sbattano le mascelle sdentate
e Tossa pencolanti.
da: W. Goethe, Inni, Einaudi,
1967, p. 83.
Passato e presente
Il passato
Il passato è mio padre che
cerca nella tasca una sigaretta.
Il passato è mia madre con i capelli neri.
Il passato è la mia voglia di crescere in fretta.
Il passato è una giovane donna
ferma davanti a una porta.
Di lei, ormai, cosa importa?
Il passato di tanti anni fa,
alla fine del quarantanove,
è il massacro del feudo Fragalà
sulle terre del Barone Breviglieri.
Tre braccianti stroncati
col fuoco di moschetto,
in difesa della proprietà.
Sono fatti di ieri.
Il passato è la mia rabbia che si fa tuono.
Il passato è un fuoco che brucia i pensieri.
Il passato è un ragazzo che diventa uomo.
Il presente
Il presente è un aratro che
scava dentro al cuore in fretta.
Il presente ha tutti questi anni da ricordare.
Il presente ha tante porte di galera da contare.
Il presente passa e ripassa come
un urlo di sirena,
alla fine di una lunga giornata.
Il presente vola e nessuno può dire
se è migliore o peggiore,
come molti credono,
perché la libertà è difficile
e fa soffrire.
Tu dove vai? Quella voce che chiama!
Di me cosa importa?
Il presente è stanze strette è autostrade infinite.
Il presente è una macchia di sangue da 50 km.
Il presente è un fiume di sole con giovani vite.
Lucio Dalla
(da Cercando un altro Egitto, Savelli, 1976, pp 47 48)
Una riflessione
Le occasioni mancate
Quando due vivono insieme e uno ha voglia di parlare,
ma l’altro dice che non ha il
tempo per ascoltare.
- Quando due vivono insieme e uno ha voglia di amare
ed essere amato, ma l’altro
dice che non ha tempo, ha
troppo da fare!
- Quando i bambini vorrebbero giocare e parlare con
i grandi, ma i grandi dicono
che non hanno tempo (mica
sono dei bambini loro).
- Quando i bambini fanno
domande su come nasce la
vita e gli adulti non sanno rispondere e sono imbarazzati.
- Quando gli anziani vorrebbero parlare e raccontare
ai giovani le esperienze della
loro vita, ma i giovani dicono
che non hanno tempo, hanno troppo da fare, loro.
- Quando uno è a letto,
malato, e ha fin troppo tempo per pensare e pregare, e
nessuno va a trovarlo, perché
tutti hanno troppo da fare.
- Quando uno è molto malato e ha ormai poco tempo
da vivere, ma nessuno va a
trovarlo, e poi diranno: non
sapevamo che dirgli...
- Quando in gruppo c’è uno
che si dà da fare, ma tutti gli
altri spariscono, perché avevano troppo da fare.
- Quando uno si impegna e
gli altri stanno a guardare...
- Quando uno si stanca e
finalmente si ritira e gli altri
gli dicono: peccato, facevi un
bel lavoro!
- Quando c’è un leader, ma
non ci sono dietro le masse.
- Quando ci sono le masse,
ma non c’è un leader.
- Quando le donne potreb
bero insegnare agli uomini a
vivere in pace e a condividere
i prodotti della terra, ma hanno loro insegnato a stare sottomesse ai loro mariti...
- Quando, mettendo insieme le risorse, si nutrirebbero
le folle, ma si dice: ci vuole
l’organizzazione, ci vogliono
gli economisti giusti.
- Quando un paese potrebbe essere aiutato dagli altri
per tirarsi su, ma si dice: c’è
troppa violenza e criminalità,
non si può intervenire.
- Quando il Sud di un paese è il Nord di un altro e
l’economia potrebbe tornare
a circolare, ma si dice: le culture sono troppo diverse, le
religioni infiammano l’odio,
non si può.
- Quando le donne annuncerebbero agli uomini che è
possibile la resurrezione dei
morti e si dice loro che non
sono autorizzate a parlare.
- Quando gli uomini potrebbero scoprire in loro stessi l’istinto della tenerezza e la
forza delle lacrime, ma devono «mostrare di essere uomini».
- Quando abbiamo un appuntamento e qualcuno ci ha
aspettato invano; o quando
noi abbiamo aspettato qualcuno che non è venuto...
- Quando con una decisione potremmo cambiare la
nostra vita, ma non abbiamo
il coraggio di prenderla.
- Quando in un movimento non c’è la parola d’ordine
giusta.
- Quando un movimento è
fermo.
- Quando non viene...
- Quando. (g.s.)
Guccini: canzone
della vita quotidiana
Inizia presto alTtilba o tardi al pomeriggio,
ma in questo
non c’è alcuna differenza;
le ore che hai davanti son le stesse sono tante,
stesso coraggio chiede l’esistenza.
La vita quotidiana ti ha visto e già succhiato
come il caffè che bevi appena alzato.
E l’acqua fredda in faccia cancella già i tuoi sogni
e col bisogno annega la speranza.
E mentre la dolcezza del sonno di allontana,
inizia la tua vita quotidiana.
E subito ti affanni in cose in cui non credi,
la testa piena di vacanze e ozio
e non sono peggiori i mali dei rimedi,
la malattia è la noia del lavoro.
Fatiche senza scopo, furiose e vane corse,
angosce senza un forse e senza un dopo,
un giorno dopo Taltro, il tuo deserto annuale
con le oasi in Ferragosto e per Natale.
Ma anno dopo anno, li conti e sono tanti:
quei giorni nella vita che hai davanti.
Ipocrisie leggere, rabbie da poco prezzo,
risposte argute date sempre tardi,
saluti caldi d’ansia, di noia o di disprezzo,
0 senza che s’incrocino gli sguardi.
Le usate confidenze di malattie o di sesso,
dove ciascuno ascolta sol se stesso;
finzioni naturali in cui ci adoperiamo,
per non sembrare di essere quel che siamo.
Consolati pensando che inizia e già è finita
questa che tutti i giorni è la tua vita.
Amori disperati, amori fatti in fretta,
consumati per rabbia o per dovere,
che spengono in stanchezza con una sigaretta
i desideri nati in tante sere.
Amori fatti in furia, ridicolo contrasto,
dopo quei film di fasto e di lussuria
rivincita notturna dove, per esser vero,
l’uno tradisce Taltro col pensiero.
Son questi che tu vedi, che vivi e che hai d’attorno
gli amori della vita di ogni giorno.
Le tue paure assurde, le gioie solitarie,
1 (frammi che commuovon te soltanto,
le soluzioni ambigue, i compromessi vari
glorie vantate poi di tanto in tanto.
I piccoli malanni sempre più numerosi,
più dolorosi col passare degli anni;
la lotta vuota e vana, patetico tentare
di rimandare un poco la vecchiaia.
E poi ti trovi vecchio e ancor non hai capito
che la vita quotidiana ti ha tradito.
Francesco Guccini
(da Cercando altro Egitto, Savelli, 1976, p. 81-82)
de
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4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 13 MARZO
Chiedono agli Stati Uniti e al Regno Unito di intervenire presso il governo
Drammatico appello delle chiese del Kenia
Temono che si riproducano nel loro paese le tragedie di Ruanda, Burundi e
Somalia. Accusano il presidente Daniel arap Moi di non rispettare la legge
I dirigenti ecclesiastici del
Kenia hanno lanciato un appello agli Stati Uniti e al Regno Unito affinché intervengano presso il governo keniota perché non si riproducano
nel loro paese le tragedie del
Ruanda, del Burundi e della
Somalia. Questa iniziativa rispecchia la tensione che si è
venuta a creare in Kenia con
l’aggravamento dei problemi
etnici, sociali ed economici.
Già da alcuni anni i rapporti tra il governo e le chiese sono tesi, ma essi si sono rapidamente deteriorati nel gennaio scorso. Subito dopo le
elezioni di dicembre 1997,
che hanno riconfermato il
presidente Daniel arap Moi, i
dirigenti ecclesiastici hanno
in un primo tempo invitato i
kenioti ad accettare i risultati
elettorali, ma le loro speranze
di miglioramento sono presto svanite dopo lo scoppio,
nel gennaio scorso, di violenze etniche che hanno fatto
più di 200 morti. I leader ecclesiastici hanno allora accusato il governo di complicità,
facendo notare che queste
violenze erano dirette contro
gruppi che avevano appoggiato i partiti di opposizione
durante le elezioni.
Poco prima della celebrazione di un servizio ecumenico alla memoria delle 272 vittime delle violenze, i dirigenti
Nairobi (Kenia): baraccopoli di Korogocho
ecclesiastici hanno dichiarato che il governo non aveva la
«legittimità morale» per dirigere il paese. In una dichiarazione comune, hanno chiesto
l’abbandono della revisione
della Costituzione e hanno
esortato il governo a varare
una «conferenza costituzionale» per dibattere dell’orientamento futuro del paese. Fra i firmatari di questa
dichiarazione troviamo l’arcivescovo anglicano David
Gitari e il vescovo anglicano
Joseph Wesonga, il professor
Zahlon Nthamburi, metodista, lesse Kamau, presidente
della Chiesa presbiteriana
dell’Africa orientale e il vescovo cattolico John Njue.
Nella loro dichiarazione,
parlando della crisi costituzionale, etnica ed economica
del paese, i dirigenti ecclesiastici accusano il governo di
non rispettare la legge e di
non garantire la protezione
dei diritti della persona. Essi
chiedono ai governi del Regno Unito e degli Usa di intervenire affinché «cessino
queste azioni delittuose». Le
chiese, aggiungono, temono
che le tragedie che hanno
sconvolto il Ruanda, i Burundi e la Somalia si riproducano
in Kenia.
«Quando i nostri leader politici parlano di lasciare un’
eredità dopo la loro partenza,
di quale eredità stanno parlando? Un’eredità di morte e
di distruzione?», si chiedono.
Per salvare il paese dalla rovina e dalla distruzione, sono
necessari un «intervento chirurgico urgente» e «una vera
purificazione spirituale». I
leader delle chiese hanno aggiunto inoltre che la Costituzione viene «manipolata» e
«serve solo gli interessi di
uno o di diversi gruppi», allo
scopo di preservare beni acquisiti con «mezzi sospetti».
Il presidente Daniel arap
Moi ha immediatamente
reagito accusando i dirigenti
ecclesiastici di essere dei
«mercanti di anarchia» e di
creare il disordine. Vorrebbero, ha detto, una «rivoluzione
di stampo filippino», come
quella che ha portato alla caduta del presidente Ferdinando Marcos nel 1986 e
che, ha sottolineato, non è
possibile in Kenia. (eni)
«Tournée» di mons. Ruiz m Europa
Il processo di pace in Chiapas
si trova in una «impasse»
Mons. Samuel Ruiz, vescovo cattolico della diocèsi di
San Cristobai de las Casas
(Chiapas, Messico), ha riconosciuto che il processo di
pace in quello stato del SudEst messicano è in una «impasse» e che l’escalation della
violenza, perpetrata da gruppi
paramilitari, non favorisce in
nulla una soluzione negoziata. 11 prelato, principale mediatore di questo conflitto, è
stato alcune ore in Svizzera
nel febbraio scorso, nell’ambito di una «tournée» europea. Ha avuto colloqui con il
presidente della Confederazione elvetica, Flavio Cotti, e
con rappresentanti di organizzazioni non governative:
«Pain pour le prochain» e
«Entraide protestante», connesse alla Chiesa protestante;
«Caritas» e «Action de Carême», legate alla Chiesa cattolica romana. Tutte queste organizzazioni non governative
stanno preparando per aprile
1998 una nuova visita ecumenica nel Chiapas.
«Il motivo principale del
mio viapio in Europa - ha
detto Ruiz - è di incontrare i
rappresentanti delle numerose organizzazioni che appoggiano il programma della
Commissione nazionale di
mediazione (Conai)». Infatti
cinque reti con 30 agenzie, in
maggioranza cristiane, hanno intensificato in questi ultimi anni l’appopio al processo di pace. «Stiamo riflettendo - ha spiegato il prelato su nuovi concetti di corresponsabilità. In un primo
tempo, abbiamo trovato appoggi d’urgenza, quindi un
sostegno allo sviluppo, e
ora... stiamo riflettendo assieme ad un nuovo modello
di rapporti tra i donatori e i
beneficiari dell’aiuto».
Nonostante la retorica ufficiale, il dialogo tra il movimento zapatista e il governo
(che ha portato agli accordi di
San José del febbraio 1996, fin
qui non applicati da parte
delle autorità messicane) non
va avanti. L’esercito zapatista di liberazione nazionale
(Ezln) ha posto come condizione del suo ritorno al tavolo
dei negoziati, la fine dell’escalation della violenza. Fonti
degne di fiducia, collegate
con i comitati di resistenza civili, stimano ad oltre 4.000 il
numero delle vittime (morti e
feriti) dal 1994 ad oggi.
Secondo una recente valutazione della Commissione
economica latinoamericana
(Cepal), ripresa da importanti
giornali del continente, il debito estero messicano ha raggiunto la cifra di 150 miliardi
di dollari. Nessun progresso è
stato realizzato in questi ultimi mesi. Secondo lo stesso
rapporto, circa il 70% della
popolazione messicana vive
nella povertà, e fra questi il
40% in una situazione di
estrema povertà. In questi ultimi anni, la speranza di vita è
di 69,7 anni. Eppure l’estrema
disuguaglianza sociale fa si
che la speranza di vita del
10% dei più poveri è inferiore
di 20 anni a quella del 10%
dei più ricchi. (eni)
Per il «rinnovamento nazionale»
Digiuno di 40 giorni per
gli «evangelical» americani
Diversi leader «evangelica!»
degli Stati Uniti hanno invitato gli americani ad osservare,
a partire dal 1“ marzo, un digiuno di 40 giorni per il «rinnovamento nazionale». Sperano che due milioni di persone rispondano al loro appello. Questa campagna «Fray Usa! 98» - patrocinata
da Mission America, movimento interconfessionale, è
stata lanciata su iniziativa di
William R. Bright, fondatore e
presidente della «Campus
Crusade for Christ». Laureato
del Premio Templeton 1996
per il progresso in religione,
William Bright ha utilizzato il
denaro ricevuto (oltre un milione di dollari) per promuovere il digiuno e la preghiera.
William Bright e sua moglie
Vonette sono presidenti onorari della campagna di digiuno. Il televangelista Pat Robertson, fondatore della «Christian Coalition» e Bill McCartney, fondatore e dirigente del movimento «evangelica!» maschile «Promise Keepers», appoggiano l’iniziativa.
Anche se le statistiche sono
imprecise, il numero di «evangelical» conservatori viene stimato a circa un quarto
della popolazione Usa (che è
Mezzi blindati dell’esercito messicano nel Chiapas
di 264 milioni di abitanti). «È
lecito pensare che milioni di
persone parteciperanno a
questa campagna, almeno in
parte», ha dichiarato Bright.
Secondo William Bright
questo digiuno è la risposta al
grave problema che colpisce
attualmente gli Usa; la decadenza morale e l’allontanamento da Dio; secondo lui, le
presunte vicende sessuali del
presidente Clinton ne sono
solo uno dei sintomi. «Stiamo
perdendo la nostra anima»,
ha detto citando come prova
«l’assassinio di 35 milioni di
bambini» da quando la Corte
suprema degli Usa ha legalizzato l’aborto nel 1973. Il divieto della preghiera e della
lettura della Bibbia nelle
scuole pubbliche di alcuni
stati sarebbero un altro segno
di questa decadenza morale:
«Il Dio al quale i padri fondatori del nostro paese hanno
dedicato la nazione è scontento» e, come nel caso di
Israele nei tempi antichi, ciò
potrebbe portare alla distruzione della nazione. Lo studio
della Bibbia ha convinto Bright che la preghiera e il digiuno siano per i credenti il mezzo migliore per affrontare il
problema. L’esempio di Gesù,
che ha digiunato per 40 giorni
prima di iniziare il suo ministero, ha mostrato «che non si
inizia nulla di importante
senza digiunare».
II potere congiunto del digiuno e della preghiera è paragonabile a quello della
bomba atomica, ritiene Bright, che aggiunge che «molte
battaglie hanno portato alla
vittoria contro il Giappone
durante la seconda guerra
mondiale ma è stata la bomba
atomica a porre fine alla guerra in modo decisivo». Secondo lui, le preghiere ordinarie
sono paragonabili alle battaglie preliminari, ma solo il digiuno sarà vittorioso. (eni)
VENI
Desmond Tutu: il Cec deve prendere
posizione sulPomosessualità
JOHANNESBURG — «Il Consiglio ecumenico delle chies,
(Cec) deve pronunciarsi positivamente sull’omosessualità» f
molto deciso, l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, Pretii¿
Nobel per la pace e attualmente capo della commissione si!
dafricana su verità e riconciliazione. Per essere credibile ì
Cec deve assumere alla prossima Assemblea generale di Hara
re (Zimbabwe) una posizione inequivocabile per quanto ri
guarda l’omosessualità, ha detto in un’intervista esclusiva ri
lasciata all’agenzia ecumenica Eni. L’affermazione di Tutu,j,
presidente del Consiglio delle chiese di tutta l’Africa (Aacc) i
tanto più pungente in quanto il governo dello Zimbabwe»
notoriamente anti-gay. Negli ultimi anni il suo presidenti
Mugabe ha fortemente denunciato l’omosessualità che sarei),
be una «perversione occidentale». Mugabe non vuole né lesb)
che né gay nel suo paese, e lo dice chiaramente. L’Assemblei
generale del Cec si terrà dal 3 al 14 dicembre 1998 nel campu¡
universitario di Harare. La scelta del luogo era stata dapij
parti definita inadeguata, proprio per le posizioni di Mugabi
sull’omosessualità. «Sarei molto deluso - dice Tutu, che da
sempre si schiera dalla parte degli omosessuali - se il Cec not
definisse apertamente la sua posizione al riguardo», (neviei^
Messaggio del presidente della Conferenzj
generale avventista sulla crisi ruandese
RUANDA — Robert Folkenberg, presidente della Conferei
za generale, l’organo esecutivo della Chiesa avventista mondiale, ha fatto la seguente dichiarazione in riferimento alli
crisi ruandese: «Nel numero del 9 febbraio di Newsweek è apparso un articolo sugli avventisti in Ruanda. Un pastore in
pensione ruandese, che è fuggito negli Usa durante la guerri
civile del 1994, è stato arrestato con l’accusa di genocidio e
crimini contro l’umanità. L’articolo sul settimanale Newsweà
ha preso lo spunto dal rilascio del pastore, nel mese di dicembre. Questo articolo mi spinge ora a commentare brevemente
l’azione defia Chiesa nella crisi ruandese. L’agenzia avventista
per il soccorso e lo sviluppo (Adra) ha fatto degli sforzi incredibili per venire in soccorso dei rifugiati ruandesi e continua
ad operare nella zona. L’articolo non menziona gli sforzi di riconciliazione promossi dalla Chiesa avventista in Ruanda,
Durante il mio viaggio in Ruanda nel 1996 ho visitato i luoghi
in cui migliaia di persone sono state massacrate; ho potuto
parlare con diversi sopravvissuti e ho ascoltato le loro storie,
Mi sono incontrato con i responsabili ai massimi livelli del
governo ruandese e con responsabili di chiese sia hutu che
tutsi, compresi quelli che si trovavano nei campi profughi.
Inoltre ho avuto la possibilità di rivolgermi a 75.000 membri
di chiesa. Ad ogni opportunità ho ricordato il bisogno della riconciliazione e ho anche suggerito alcuni passi pratici per attuarla. I responsabili della Chiesa avventista hanno continuato a fare del tema della riconciliazione una questione àpnmaria importanza, riconciliàndo le due parti in conflitto perché possano divenire veri fratelli in Cristo». (bkì
Cuba: due grandi incontri
hanno riunito i battisti dell'isola
L’AVANA — A Cuba, nel febbraio scorso, due grandi incontri
hanno riunito i battisti dell’isola (divisi in due distretti: Este
Ovest) che si apprestano a celebrare nel maggio di quest’anno
il primo secolo di presenza e testimonianza. Secondo dati diffusi dall’Agenzia latinoamericana Ale, il distretto dell’Est riunisce 179 chiese battiste con oltre 15.000 fedeli e quello dell’Ovest 150 chiese con circa 13.000 membri battezzati. (nevliàì
Spagna: le responsabilità della Chiesa
cattolica negli anni bui del franchismo
MADRID — Dimenticare il passato può solo portare a per
petuare le discriminazioni che subiscono ancora oggi i prote
stanti spagnoli, ma una eventuale richiesta di perdono da par;
te della Chiesa cattolica per le sue responsabilità negli anni bui
del franchismo è «una questione di coscienza che riguarda solo i cattolici». Così la Federazione delle entità religiose evange
fiche in Spagna (Ferede) si è inserita nel dibattito in corso do
po la dura presa di posizione del segretario della Conferenza
episcopale, José Sanchez, che ha seccamente rifiutato l’ipotesi
del pentimento avanzata da numerosi teologi cattolici, specifr
cando anzi che «negli ultimi 30 anni la chiesa di Roma è stata
un fattore fondamentale per la riconciliazione e per il passaggio dalla dittatura alla democrazia in Spagna». (nev/eni)
Le chiese sudafricane si organizzano in
lobby per premere sul Parlamento
CITTÀ DEL CAPO — Le chiese sudafricane si organizzano
in lobby per poter incidere maggiormente su alcuni aspeW
legislativi del Parlamento nazionale. Sia il Consiglio dello
chiese del Sud Africa, Sacc (protestante) che la locale Conforenza episcopale (Saebe) hanno infatti aperto uffici a Ciri
del Capo per «far meglio sentire la voce dei cristiani a chi
chiamato a formulare e ad approvare le leggi che regolano u
nostro paese». Tra i temi che nel corso dell’anno giungeranno
al dibattito parlamentare vi sono sicuramente l’eutanasia e io
ratifica dei matrimoni tra omosessuali. (nev/env
Olanda: ridimensionamento
delle Facoltà di teologia
AMSTERDAM — Ultimatum del ministro defi’Educazion
olandese rivolto al Consiglio nazionale delle chiese: se ent
il 15 maggio non verrà presentato un piano per il ridimensi
namento delle Facoltà di teologia, il ministero procede ^
d’autorità perché «non vi sono sufficienti studenti iscrit i
professori adeguatamente preparati». In Olanda le face
La
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altri,
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teologiche protestanti sono 6; quelle cattoliche erano 5^
all’anno scorso e sono già state ridotte a 3.
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PAG. 5 RIFORMA
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mostre Un'installazione luminosa e una mostra in ricordo del 1848 a Milano
Le dimensioni della libertà
La Parola come elemento fondante della cultura protestante nell'interpretazione
dell'artista Silvio Wolf, basata sull'alternanza delle luci e dell'ombra
SERGIO RONCHI
IL folto pubblico che ha
partecipato a Milano, nella
chiesa valdese, alla manifestazione per la ricorrenza del
17 febbraio «La libertà degli
altri. 1848-1998», promossa dal Centro culturale protestante, si è trovato in uno
«spazio protestante rigorosamente aperto, senza navate e
senza spazi ripartiti» (come
ha puntualizzato l’architetto
Corrado Gavinelli, storico
dell’architettura) e compreso, ma non compresso o
schiacciato, in quello stesso
spazio illuminato da due vetrate ricondotte alla propria
funzione, che è quella di celare l’interno dall’esterno. E
l’interno celato è diventato
un «Luogo Parola». La vetrata
di sinistra «porta» una libreria e quella di destra archi e
crociera in prospettiva. «I libri sottolineano il primato
della parola e gli archi lo spazio», ha detto l’artista milanese Silvio Wolf, autore dell’installazione luminosa, che
da anni opera in mezzo mondo comunicando attraverso
la fotografia.
Profondamente colpito
dalla forte alfabetizzazione
delle comunità evangeliche
milanesi dell’Ottocento, Wolf
ha progettato il proprio lavoro ispirandosi al valore fondante della parola che genera
la realtà protestante e alla
memoria del luogo. Ha ricercato le tracce della prima
chiesa valdese di Milano, originariamente sita nell’antica
basilica di San Giovanni in
Conca, i cui resti sono visibili
nell'attuale piazza Missori.
Cosi ha sagomato dietro le
due vetrate laterali forme nero-opache raffiguranti le essenziali strutture di una libreria e uno spazio architettonico.
L’alternanza bianco-nero
dei libri sugli scaffali dà vita a
una nuova forma simbolica
di scrittura; le tracce architettoniche dell’originale cripta
del secolo XI evocano in controluce la trasfigurata presenza di un altrove spazio-temporale. Con il codice lucenon luce sono dunque stati
riscritti gli immateriali elementi della tradizione e la
memoria latente del luogo. E
queste due estensioni in vetro, che si sviluppano in sedici metri per sei, sono stati illuminati dall’Azienda energetica municipale che, al termine del periodo espositivo
(7 marzo), installerà un impianto di illuminazione notturna permanente della facciata originaria di recente restauro. «Si tratta di non lascmre in ombra i volti della
differenza, nel nostro caso la
Chiesa valdese, che costituiscono un arricchimento del
tessuto urbano», ha sottolineato Biagio Longo, responsabile delle relazioni esterne
e comunicazione dell’Azienda. Una necessità civile e culturale, ribadita dalle parole di
Cesare Stevan, preside della
acoltà di Architettura del
t^ohtecnico di Milano.
Nel Luogo Parola si è parti1 dalle radici per seguirne le
diramazioni nel tempo. La
^toria dell’evangelismo storin milanese è stato tracciato
^ Hai rinnovato
l'abbonamento,
L'addobbo storico al pannello del XVII Febbraio
(foto Gavinelli)
nel corso di una tavola rotonda con la partecipazione dei
pastori Antonio Adamo (valdese), Giovanni Carrari (metodista), Paolo Spanu (battista). I valdesi nascono nel
1860 in forza di un primo atto
del Comitato di evangelizzazione, che invia due pastori
in tempi diversi. Il lavoro
comprende predicazione in
culti mattutini e serali, diffusione di Bibbie e stampa evangelica (il deposito è di
fronte all’Arcivescovado), insegnamento (scuola domenicale, scuola elementare diurna e serale). Nel 1863 la comunità si dà una struttura e
si organizza; nel 1897 allestisce il bazar al Teatro alla Scala, per concessione del re e
delle autorità comunali. Poi il
Novecento. Nel 1903 l’autonomia e nel 1905 il voto esteso anche alle donne; nel Ventennio, il dialogo con il mondo della cultura.
Negli stessi anni il Comitato missionario di Londra della Chiesa metodista manda
un pastore che aprirà un istituto femminile. L’attività è
caratterizzata da un forte impulso sociale, da un grande
entusiasmo iniziale e da una
fondamentale instabilità (un
certo pessimismo si comincia
a registrare negli anni 18661867). Si aprono alcune sale e
una scuola per poveri e per
adulti. Tra il 1880 e il 1900
grazie a un lavoro pastorale
duro e proficuo vengono gettate le basi per un futuro consolidamento. A inizio secolo
si assiste alla nascita di «circoli» (Militia Christi, Lascio
Savonarola...). Quindi nel
1914 la Società di mutuo soccorso e negli anni della dittatura mussoliniana Tattivifà
antifascista delle Acdg.
Nel tempo che seguì la
guerra di secessione (18611865) i battisti inglesi si tro
TV
In tv il racconto di von Kleist
La giustizia e la vendetta
di Michele Kolhaas
ALBERTO CORSANI
PUÒ un elevato senso della
giustizia trasformarsi in
implacabile desiderio di vendetta? Può l’affetto per i propri familiari e sottoposti lasciare il posto airinflesslbilità
e al rigore? Può in figure emblematiche come Michele
Kohlhaas, personaggio «tutto
d’un pezzo» eppure modernamente sfaccettato, mirabilmente raccontato nei primi
anni dell’800 da Heinrich von
Kleist e portato sulla scena da
Marco Baliani e in tv da Giovanni Ribet (in onda sabato
14 su Raldue, seconda serata).
Ambientato fra la Sassonia
e il Brandeburgo all’epoca di
Lutero, il racconto narra di un
mercante che subisce un’ingiustizia apparentemente banale, retaggio delle antiche
consuetudini delle gabelle legate al transito sui territori
dei signorotti di provincia.
Ma proprio per aver subito
questa ingiustizia (lo sfruttamento fisico di due suoi cavalli) Kohlhaas si risolve nel
perseguire a ogni costo il risarcimento, morale e materiale al torto subito e non esita, falliti i primi tentativi per
vie legali, ad allestire una vera
e propria piccola armata, dedita alla guerriglia, al saccheggio, al terrore; naturalmente trova chi gli tiene testa,
in una serie di delazioni e mediazioni («una questione che
riguardava tutto il Sacro Romano Impero», scrive Kleist):
si trova da un lato invischiato
in giochi più grandi di lui
(una lotta di successione si
approssima), ma non si riduce mai a esserne vittima, poi
ché a più riprese si trova nella
necessità di decidere sotto la
propria responsabilità. E, nel
bene e nel male, decide. Nel
testo originale Kohlhaas incontra di persona Lutero, che
ne condanna l’operato ma in
qualche modo l’aiuta. Il mercante si proclama in un primo
tempo leale verso il sovrano,
poi a poco a poco si ritiene
«libero signore, non soggetto
né al mondo né all’impero,
ma soltanto a Dio», incarnando così il dilemma del lealismo: l’assoluto della fedeltà al
principio superiore si trasforma infatti nella pervicace ricerca della soddisfazione.
Su questo impianto la riscrittura curata da Marco Baliani e Remo Rostagno sposta
in parte l’accento dal desiderio di vendetta alla giustizia:
Kohlhaas dice: «...se il mondo
fino a qui aveva conosciuto
un tipo di giustizia, ora ne
avrebbe conosciuta un’altra»,
mantenendo però tutta la
tensione del personaggio e il
crescendo drammatico fino
all’epilogo. In questo l’attore,
solo in scena, seduto, è ben
supportato dall’alternanza
degli angoli di ripresa e delle
illuminazioni e da un uso parco e perciò incisivo delle musiche e degli effetti elettronici,
fra i quali spiccano gli inserimenti dei «teledipinti» di Luca
Del Baldo. Ma Baliani si aiuta
da solo, soprattutto, con la
trovata dello scalpiccio dei
piedi e con un uso espressivo
delle mani per significare gli
elementi (oggetti, nemici, cavalli) che circondano Kohlhaas nei momenti di maggior
tensione. Un’ora e più di teatro che riconcilia con la tv.
vano affiancati nel lavoro
missionario da quelli americani, i quali vogliono dare vita in Italia a una realtà battista locale. Così nel 1872 inviano un uomo animato da
profondo e combattivo spirito pionieristico. Nonostante
difficoltà e intolleranza, la
predicazione domenicale e
pubblica non conosce soste,
e nemmeno la diffusione di
Bibbie e opuscoli, che si accompagna a numerose attività interne e, seppur discontinue, esterne. Nel 1951 la
chiesa necessita di spazi di
riunione conformi al suo sviluppo. Diversi i locali: da via
Durini a via del Pesce a via
Bossi a via Sarpi, sino all’attuale chiesa di via Pinamente
da Vimercate. Il quadro dell’evangelismo storico è completo e, ha sottolineato il pastore valdese Pulvio Perrario,
moderatore della Tavola rotonda, «è teso al futuro tra
passato e presente».
-, 1 Fra i materiali della mostra
Per una storia della presenza
evangelica a Milano
«Realizzata con il patrocinio
del Comune, settore Cultura e
Musei, la mostra storico-documentaria sulla presenza
evangelica a Milano dall’Unità d’Italia a oggi “Luce per
la memoria” è stata pensata
per la città di Milano e concepita in riferimento a un clima
di libertà». Con queste parole
gli architetti Corrado Gavinelli e Mirella Loik, docenti al
Politecnico di Milano, a cui si
deve allestimento e ricerca
storico-architettonica, hanno
presentato un lavoro tutto
mirato a colpire l’attenzione e
a interrogare i visitatori.
La trentina di pannelli introducono al periodo della
Riforma, per poi passare alla
storia (tra Otto e Novecento)
dell’evangelismo milanese
(non solo delle tre denominazioni principali) di cui viene
illustrato vita e impegno (di
ieri e di oggi) e descrivere attraverso disegni ricostruttivi
originali (Colla, De Molinari,
Ponti...), sezioni, spaccati, fasi
di restauro... le vicende complesse di tempio e facciata dal
La mostra «Luce per la memoria»
(foto Gavinelli)
secolo scorso ai nostri giorni.
Non si tratta di un lavoro
statico: piuttosto ogni dettaglio rimanda, come pure obbliga, seppur solo mentalmente nei momenti di fruizione visiva, a proseguire un
cammino già intrapreso, al
problematico titolo dell’esposizione. I pannelli sono
compresi tra due litografie di
Paolo Paschetto (a lui si devono, tra l’altro, lo stemma
della Repubblica e affreschi
in sale del ministero per la
Pubblica Istruzione) raffiguranti rispettivamente la luce
e il fuoco.
Per la sospensione non sono state impiegate le classiche catenelle ma spessi e fragili nastri di cotone colorato
con nodo e sciolti alla base:
invitano alla libertà, aprono
al futuro. E l’elemento cromatico svolge una funzione
simbolica primaria anche in
rapporto alle singole denominazioni. Liocco bianco,
anzi candido, per l’apertura e
la chiusura: la luce; verde per
il 17 febbraio: la libertà; marrone per le parti comuni e
ancora azzurro per i battisti:
l’acqua; rosso per i metodisti:
l’impegno evangelico e sociale; giallo per i valdesi.
La mostra in tal modo intende certo offrire ai milanesi
un’occasione per riappropriarsi di una dimensione poco nota della storia passata e
presente della città; ma altrettanto aiutare a leggere gli
eventi nel tempo con l’ausilio
di materiali e dettagli che a
prima vista sembrerebbero
semplicemente svolgere un
ruolo di contorno, di abbellimento di «cose» noiose e priverdi attualità.
In scena a Milano «Estate e fumo» di T. Williams
L'etica fra fede e repressione dei costumi
PAOLO FABBRI
' ENNESSEE WUliam scrisse Estate e fumo* nel 1948
e un anno dopo il dramma fu
rappresentato a Broadway.
Più marcatamente di altri
lavori questo rinvia alla propria adolescenza nel profondo Sud, con i suoi contrasti
profondi ma anche con la sua
intensa spiritualità: e proprio
nel contrasto fra la spiritualità e la carnalità dei due protagonisti si è sempre cercata
la chiave di lettura di quest’
opera. Indubbiamente questo contrasto c’è, ma sarebbe
davvero riduttivo limitarsi da
una parte alla repressione
sessuale che spesso ha caratterizzato e caratterizza il
mondo protestante, e dall’altra al materialismo che si
concilia con una visione razionalistica della vita.
La repressione sessuale
non nasce dall’attaccamento
sviscerato a regole di comportamento sociale che hanno solo valore formale. La repressione nasce dall’etica e
l’etica dalla fede, quindi si
traduce in «autorepressione»
per essere coerenti con una
legge più alta che prevede il
rispetto, l’amore, la fedeltà al
compagno o alla compagna
con cui dividere un progetto
di vita. L’etica si è evoluta in
mezzo secolo e oggi sono accettati molti comportamenti
sessuali che un tempo erano
al bando, ma non sono cambiati i valori di riferimento:
un progetto di vita in comune deve essere necessariamente basato su un sentimento profondo. II contrasto
fra i due protagonisti. Alma e
John, va molto al di là dell’aspetto erotico: esso si sviluppa tra la spiritualità inten
sa di Alma, la sua fede profonda, la sua dedizione al padre e alla madre squilibrata a
cui ha dedicato la giovinezza,
e la concezione della vita sostanzialmente egocentrica,
protesa non solo a prendere
il piacere dove lo trova, ma
anche a evitare i problemi di
John che, oltre a distogliere
dai piaceri, spaventano.
La vicenda si svolge in una
cittadina di provincia dove
Alma, figlia del pastore, cresce compagna di giochi di
John, figlio del dottore, pio
membro della comunità.
John se ne va a Baltimora dove si laurea a pieni voti in medicina e ritorna. Alma, in segreto, è sempre stata innamorata di lui e ha, forse inconsapevolmente, rifiutato ogni
approccio sentimentale serio.
L’incontro fa subito sprizzare
scintille. John prende in giro
Alma, di cui comprende l’origine delle manifestazioni
isteriche, ma in qualche modo è attratto e intimorito
dall’intensità di sentimenti
che intuisce nella ragazza. La
figlia di un biscazziere messicano, bella e disponibile, ruba le attenzioni del giovane e
bel medico. È una strana figura, quella di Rosa Gonzalez,
che in un vibrante monologo,
descrivendo le proprie origini, apre una finestra sulla tremenda condizione del sottoproletariato messicano.
La situazione degenera e
Alma ritiene opportuno far
tornare il padre di John, assentatosi per lavoro. In una
lite furibonda papà Gonzalez
uccide il padre di John e ciò
sconvolge il giovane che decide di impegnarsi seriamente nella professione medica e
sposarsi. La prescelta non
sarà però la figlia del pastore.
bensì una sua giovane allieva
di canto, Leila Ewell, ben
lontana dalla problematica
di Alma. Una scelta certamente non superficiale ma
con meno spessore, quello
spessore affettivo e spirituale
che aveva sempre spaventato
il bel medico. Alma, scossa
intimamente nelle proprie
convinzioni, fiaccata da una
lunga inutile attesa, prostrata
nella fatica di accudire ai genitori, folgorata dalla mediocrità delle proprie compagnie, si dà a un commesso
viaggiatore.
Della rappresentazione va
detto subito che bisogna lodare l’alto livello professionale di tutti gli attori, molto bravi nell’eseguire le indicazioni
programmatiche di regia.
Proprio a questa però va fatto
il rilievo maggiore. Come risulta anche dalle note programmatiche l’etica viene lasciata da parte: allora ci si
chiede come sia possibile in
un lavoro come questo trascurare una parte così essenziale del dramma.
Anche il tralasciare l’aspetto intimistico fa passare l’uccisione del padre di John senza alcuna evidenza, talché il
giovane cambia di colpo,
senza che, nel contesto del
dramma, ne appaia la motivazione interiore. Le scelte
del regista Armando Pugliese
sono state in parte vanificate
dall’eccellente interpretazione di Elena Sofia Ricci, che
ha un po’ seguito la propria
ispirazione. John invece, con
Pino Quartullo, resta un po’
indefinito, troppo in bilico
tra lo scanzonato e il serio.
Ottimo il disegno dello sfondo di vita della comunità ecclesiale.
* Milano, Teatro Nuovo
I
6
PAG. 6 RIFORMA
venerdì 13 MARZO
venerdì
Si è svolto a Bologna un convegno nazionale su un tema attuale
La scuola italiana fra pubblico e privato
In varie regioni italiane il dettato costituzionale del «senza oneri per lo stato» è
vanificato da varie forme di finanziamento pubblico alle scuole private
GIOVANNI ANZIANI
Da alcuni anni è in corso
nel paese e nelle chiese
evangeliche un appassionato
dibattito riguardo al tema
«scuola», soprattutto secondo
il motto «Scuola della Repubblica, scuola di tutti». Alcuni
anni or sono la Commissione
di studio per la diaconia delle
chiese metodiste e valdesi organizzò un convegno nazionale a Firenze (marzo 1995)
dal titolo «Scuola statale,
scuola privata, scuola di tutti». I materiali sono poi stati
pubblicati nella collana dei
Quaderni di Diakonia (n. 10),
e sempre su questo argomento le nostre chiese sono state
invitate in più occasioni a riflettere. Ricordiamo il documento del Sinodo 1997 «I protestanti e la scuola italiana».
Nel marzo 1995 la Regione
Emilia Romagna presentò un
protocollo di intesa con la
Federazione italiana scuole
materne (Fism) per una convenzione che permetteva il finanziamento di tali scuole
materne autonome (cattoliche). Poco più di un mese
dopo, il 24 aprile, integrò la
legge regionale n. 6 («Diritto
allo studio») con una nuova,
la 52/1995, ove si provvedeva
a fare in modo che fondi pubblici fossero disponibili «fra
Comuni che abbiano stipulato convenzioni con scuole
dell’infanzia private (...) per
contributi di spesa corrente e
di investimento» (art. 5).
Il Comitato bolognese di
Scuola e Costituzione, unitamente alla Chiesa evangelica
metodista, la comunità ebraica e la Chiesa cristiana avventista, cercarono di presen
mm
tare in più sedi le proprie proteste contro la legge e contro
le convenzioni firmate in alcuni Comuni. Proteste fondate soprattutto sulla difesa della Costituzione dove è detto
all’art. 33 che «enti e privati
hanno il diritto di istituire
scuole (...) senza oneri per lo
Stato». Non riuscendo a raggiungere modifiche alla nuova politica amministrativa che
esaltava il progetto del «sistema di scuole integrate tra
pubblico e privato», si decise
di compiere un ricorso al Tar
dell’Emilia Romagna al fine di
modificare il nuovo dettato
della legge regionale. Tale ricorso venne accolto neU’aprile 1997 e i giudici amministrativi si appellarono alla Corte
Costituzionale perché ritenevano che solo tale Corte potesse emettere un giudizio in
quanto il tema coinvolgeva la
Costituzione. La Corte, il 24
Mobilitazione a Pisa
I Rom devono sgombrare
Coltane è una zona limitrofa della provincia di Pisa
dove accanto a un campo
Rom «attrezzato» predisposto dall’amministrazione comunale è nato da due anni
un campo abusivo che ospita 150 Rom xaraxané. Il campo si trova su un terreno gestito dal parco naturale San
Rossore-Massaciuccoli, di
proprietà della Facoltà di
agraria. Il rettore dell’università di Pisa, su pressione del
presidente della Facoltà di
agraria, ha sollecitato lo
sgombero del campo da parte della magistratura.
L’ordine di sgombero è
partito. La questura lo ritiene
immediato, ma le associazioni antirazziste locali stanno
cercando di prendere tempo
(almeno fino a giugno per
consentire ai bambini presenti nel campo di finire l’anno scolastico) sollecitando
l’individuazione di nuove
aree in cui spostare le famiglie Rom presenti nel campo
di Coltano. Si cercherà di fare
pressione soprattutto nei
confronti dei Comuni limitrofi che fino ad oggi si sono
rifiutati di predisporre campi
attrezzati nei loro territori.
Per informazioni: Africa insieme, tei. 050-544277.
Un campo di zingari
febbraio scorso, ha preso in
esame la materia ricevuta dal
Tar dell’Emilia Romagna: siamo in attesa di conoscere il
suo giudizio.
Allo scopo di meglio sensibilizzare i cittadini e il mondo della scuola proprio sul
tema dei finanziamenti pubblici, si è svolto il 21 febbraio
a Bologna un Convegno nazionale dal titolo «La scuola
della Repubblica fra pubblico e privato», organizzato dal
Comitato per la scuola della
Repubblica e dal Comitato
bolognese Scuola-Costituzione. Nell’austero palazzo
Popoli, nel centro storico, il
convegno ha visto la presenza di un folto pubblico più
che interessato: insegnanti,
sindacalisti ed esperti nel
campo della scuola, ma anche studenti e cittadini sensibili al tema della scuola
quale soggetto pubblico nel
■ Antirazzismo
La «Rete» e la
nuova legge
dimmigrazione
Sarà un appuntamento importante non solo per la quarantina di associazioni che
aderiscono formalmente alla
Rete antirazzista e per quelle
ad essa vicine, ma anche per
tutte quelle che vogliono partecipare a un momento di discussione e confronto collettivo sulla «cattiva salute» del
movimento antirazzista italiano e sulla nuova legge
dell’immigrazione. Si terrà a
Lecco, grazie all’ospitalità
dell’associazione «Les cultures», dal 17 al 19 aprile prossimo. I lavori inizieranno il
venerdì sera con una tavola
rotonda sulle leggi dell’immigrazione e sull’asilo a cui parteciperanno insieme a un
membro della Rete antirazzista, giuristi ed esperti di altre
associazioni.
Il sabato mattina inizierà
l’assemblea vera e propria
con una breve presentazione
del documento politico e la
divisione in tre gruppi di lavoro: gruppo politico, organizzazione e finanziamenti,
progetti locali. Il lavoro di
gruppo proseguirà fino a
metà del pomeriggio poi riprenderà la plenaria con le
relazioni dei gruppi di lavoro.
La domenica mattina l’assemblea voterà i documenti
usciti dai gruppi di lavoro.
Per ricevere i documenti preparatori dell’assemblea chiamare Lunaria tei. 06-8841880.
Per dare la propria adesione
chiamare Francesca Brambilla (Les cultures) telef. 0341284828 (ore 9-13 e 15-19).
la formazione del cittadino.
Il convegno è stato diviso
in due tavole rotonde: la prima, nella mattinata, sui temi
giuridici nel rapporto «La
scuola e la Costituzione»; la
seconda era tra parlamentari
per discutere del «Disegno di
legge sulla parità». Ci sono
sembrati significativi, di tutto il convegno, gli interventi
di alcuni giuristi che hanno
messo in risalto gli aspetti
preoccupanti dell’attuale politica: tramite una legge ordinaria (la legge regionale dell’Emilia) si vuole stravolgere la Costituzione. Così, per
esempio, l’avvocato Ugo Spagnoli ha chiaramente detto
che il famoso art. 33 della
Costituzione dice «senza
oneri per lo Stato» e deve essere letto «senza oneri per lo
Stato», sia per la istituzione
sia per la gestione della scuola privata.
All’inizio del Convegno
l’intervento di chi scrive queste note, a nome della Chiesa
metodista di Bologna, è stato
impostato sul chiarimento
delle motivazioni «non anticlericali» che hanno portato
una chiesa evangelica a firmare un ricorso al Tar contro
i finanziamenti alle scuole
cattoliche: «Si è voluto difendere la Costituzione quale
Carta di tutti i cittadini, non
entrare in uno sterile conflitto ideologico fuori tempo».
Un giudizio di massima sul
convegno può essere che una
manifestazione molto importante ha certamente raggiunto i suoi obiettivi, quali quello di corresponsabilizzare la
città su un tema non solo riguardante la scuola e il suo
funzionamento.
Torino
Uno strumento
contro la
discriminazione
Lunedì 16 febbraio è nata
ufficialmente a Torino la
«Rete d’urgenza», un progetto ideato dalla Rete antirazzista torinese per arginare i fenomeni di violenza e di discriminazione razzista sempre più frequenti nella città.
Il progetto è nato in seguito
all’episodio verificatosi il 23
novembre scorso a San Salvario quando una trentina di
fascisti ha organizzato una
spedizione punitiva contro
tre senegalesi aggredendoli
impunemente sotto gli occhi
della polizia che non ha fatto
nulla per fermarli e dopo ripetuti richiami, giunta in forze, si è accanita sugli aggrediti invece che sugli aggressori. Quale allora il compito
di una Rete d’urgenza? Costruire una rete di associazioni, di gruppi, di singoli
che dinanzi a un episodio del
genere inviano il maggior
numero possibile di fax, lettere all’istituzione per far
sentire che esiste una società
civile che non può assolutamente accettare episodi del
genere e richiamano l’autorità competente alle sue responsabilità. Alla definizione
degli obiettivi della rete e del
suo funzionamento hanno
partecipato in due riunioni
affollate molte associazioni,
tra le quali: Almaterra, Comitato per la laicità della scuola, gruppo Abele, il Movimento nonviolento e il coordinamento immigrati della
Cgil. Per informazioni: Rete
antlrazzista tei. 011-8178473.
Seminario itinerante di «Confronti
Israele-Palestina: frontiera
della pace più difficile
ev
SALVAI
Il muro del pianto
Anche quest’anno la rivista
Confronti, avvalendosi della
collaborazione di giornalisti,
storici e teologi, propone dal
24 aprile al 3 maggio un seminario itinerante in Israele e
nei territori amministrati
daH’autorità palestinese, dal
titolo «Sulle frontiere della
pace più difficile». Giunto ormai alla sua terza edizione, il
seminario offrirà ai partecipanti la possibilità di incontrare esponenti politici e religiosi dell’area e di visitare
importanti siti di archeologia biblica. Un viaggio nella
complessità del conflitto mediorientale tra ebraismo, cristianesimo e islamismo, ondate di conflitto e semi di pace ascoltando voci e testimonianze dirette.
Le tappe del seminario prevedono innanzitutto Gerusalemme, con la visita a Yad
Vashem (museo dell’Olocausto), santuario del Libro (manoscritti del Mar Morto),
all’interno del museo d’Israele, Spianata delle Moschee,
Muro del Pianto, Santo Sepolcro; poi Gaza, con la visita
alla striscia, alla città, a istituti scolastici e incontri con
operatori di centri sociali e
sanitari; Gerico, con il tour
della città, visita alla città
antica e alla villa Hisham Palace e escursione a Masada e
Qumran; Ramallah, con incontri previsti al ministero
dell’Educazione e visita ad alcune scuole amministrate
dall’autorità palestinese;
Akko, con visita alla città medievale, visita e incontri al
museo Yad Layeled all’interno di kibbntz Lohamei Ha
Ghettaot costruito dai difensori del ghetto di Varsavia;
Hebron , con visita alla tomba dei patriarchi e alla città
vecchia; Betlemme con visita
alla basilica della Natività ed
escursione alla fortezza di
Herodion; infine Nevé Shalom-Wahat Al Salam, con visita guidata all’interno del
villaggio, incontro con gli
animatori del centro di educazione alla pace.
Il viaggio è coordinato e
guidato dai giornalisti Luigi
Sandri e Paolo Naso e dal
teologo Daniele Garrone, Per
informazione e prenotaziom,
rivolgersi allo 06-4820503, fax
06-4827901; e-mail: coop.
nuovi.tempi@agora.stm.it.
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OPERA BALNEARE VALDESE G. P. MEILLE
BORGIO VEREZZI (Sv)
SOGGIORNO MARINO 1998 per ragazzi/e
Sono stati fissati i tre turni del soggiorno marino 1998 per ragazzi e
sono stati rissati i tre turni del soggiorno marmo I yvo per ragazzi «
ragazze a Borgio Verezzi presso la Casa balneare valdese, corso Holia n. 110-17027 Pietra Ligure (Savona)
1 “ turno
2° turno
dal 13 giugno al 21 giugno età 7-9 anni
(nati tra il 1.1.69 e il 30.6.91)
dal 21 giugno al 1- luglio età 10-13 anni
(nati tra il 1.1.85 e il 31.12.88)
3° turno dal l^’ luglio al 10 luglio età 14-17 anni
(nati tra il 1.1.81 e il 31.12.84)
I moduli per le iscrizioni possono essere richiesti presso la segreteria
della Chiesa valdese di Torino, via S. Pio V n. 15 - 10125 Torino. Telefono 011/669.28.38
Termine delle iscrizioni 20 maggio1998
Si accettano anche domande per personale volontario evangelico
(monitrici/vigilatrici, monitori/vigilatori).
Chi fosse interessato faccia domanda scritta alla commissione, sem
pre presso la segreteria della Chiesa valdese di Torino, via San Pi®
n. 15 - 10125 Torino-entro il 15 aprile 1998
1 membri del comitato sono a disposizione
per ogni ulteriore informazione
7
H998 ^MFPnì 13 MARZO 1998
Vita Delle Cejiese
PAG. 7 RIFORMA
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Bambini e computer al Centro diaconale «La Noce»
Si è svolto a Palermo un seminario della Cepple
Formazione e mutamenti sociali
l'esperienza delle chiese latine sul campo di realtà in rapida
evoluzione. L'incontro con la Chiesa valdese locale
__«Al VATORE rapisarda
A Palermo, presso il Centro
diaconale del quartiere
Noce, dal 25 febbraio al 1“
marzo trentacinque tra pastori e teologi di professione,
in rappresentanza delle chiese riformate di Francia, delle
chiese luterane della Renania
e delle chiese protestanti dei
paesi latini, riuniti nella Cepole, si sono incontrati per discutere di «Formazione alla
luce degli attuali mutamenti
sociali». Si incontravano in
sostanza rappresentanti di
chiese di minoranza che vivono in contesti cattolici o fortemente secolarizzati. L’incontro di Palermo (il terzo
della serie, dopo quello di
Pau e di Malaga) ha preso le
mosse da una tavola rotonda
in cui i rappresentanti delle
varie delegazioni hanno presentato le proprie esperienze
nel campo della formazione.
Si è potuto parlare così di formazione dei pastori, dei laici
e delle chiese locali; si è parlato di formazione per la crescita della comunità e di formazione per rispondere ai bisogni della società. Non è stata usata la parola «evangelizzazione» ma è di questo che
si trattava: si trattava dell’essere presenti, come chiese,
per l’annuncio dell’Evangelo
mediante la parola e la diaconia. «Né silenzio, né magistero», come è stato ricordato da
Guzstav Bolcskei della Chiesa
riformata d’Ungheria, può
dare un’idea dello stile per la
formazione delle chiese oggi.
Stimolante è stato il contributo del prof. Felix Moser
dell’Università di Ginevra,
che con una serie di doman
Una serie di manifestazioni alla Chiesa valdese di
Anche la musica per ricordare il 1848
Bari
de cruciali ha aiutato il lavoro
dei gruppi a ripensare vecchi
e nuovi termini della questione dibattuta, per rispondere
alle sfide di oggi senza svendere il patrimonio delle chiese riformate, ma anzi valorizzandolo per una «umanizzazione» della società. Proprio
dal lavoro dei gruppi e dalle
relazioni in seduta plenaria
sono venute delle indicazioni
stimolanti che hanno preso
consistenza, seppure in maniera succinta, in un documento riassuntivo discusso a
conclusione dei lavori. Si è
trattato di un documento teologico o ideologico, più che di
un documento metodologico.
Questo è stato forse il suo limite, visto che qualcuno si attendeva delle indicazioni pratiche. Il pregio del documento però sta nel fatto che dimostra come esperienze di
chiese protestanti così diverse, quanto a contesto sociale
di attività e a consistenza
economica e numerica, possano conservare un nucleo
comune che conforta nelle
applicazioni concrete. Il limi
te della mancanza di indicazioni pratiche è in qualche
modo voluto. Se è vero che
dobbiamo tendere alla verità,
allora questa verità non va
formalizzata in pronunciamenti ecclesiastici o in scelte
pragmatiche valide sempre e
ovunque, perché la verità è
Gesù Cristo, una persona vivente, e ogni chiesa, nel proprio contesto, deve testimoniare la verità «senza seduzione, ma con la persuasione».
L’incontro è stato caratterizzato da un forte clima di
fraternità-sororità, nonostante le barriere linguistiche. Si
sono avuti momenti di meditazione biblica, guidati dalla
tedesca Christine Urban. Arricchente e colorato è stato
rincontro con la locale Chiesa valdese, metodista e etnica, con i suoi canti e ritmi
africani. Anche l’accoglienza
del centro diaconale, col prezioso contributo di Karola
Stobaus, una visita alla città e
a Monreale, nonché una visita ai siti archeologici di Selinunte hanno reso indimenticabile rincontro di Palermo.
Il ciclo di manifestazioni
che la Chiesa valdese di Bari
ha in programma per l’anno
in cui si ricorda l’Editto del
17 febbraio 1848 si è aperto il
18 febbraio con un concerto
organizzato dall’associazione
musicale «Il coretto» di intesa
con la nostra chiesa. Il concerto, svoltosi nella suggestiva e austera sede dell’auditorium Vailisa (già chiesa cattolica del decimo secolo), ha
avuto come protagonisti il
violinista Alessandro Perpich,
la pianista Rosalba Lapresentazione e l’ensemble «La corte sveva», superbi interpreti
delle musiche su temi ebraici
e protestanti di Bloch {Baal
Sheem, Tre quadri di vita
chassidica: Vidul, Nigun, Simachs Torah, 1923), Prokofiev {Ouverture su temi ebraici, op. 34, 1919) e Mendelsshon-Bartholdy (Ottetto per
archi in mi bem. maggiore
op. 20, 1825), e del bis appositamente elaborato da Alessandro Perpich; la trascrizione per ottetto d’archi dell’inno di Lutero Ein feste Burg,
che la sensibilità protestante
di Perpicb ha reso sommessa
preghiera. Perché la scelta di
questi tre autori?
Bloch (1880-1959) si avvicina tardi alla musica di ispirazione ebraica, quando già
era noto per numerose altre
composizioni; è solo a partire
dal 1913 che lo spirito, la storia e la religione del popolo
d’Israele costituiscono l’ispirazione dominante della sua
produzione: non con la semplice trasposizione di melodie ebraiche ma con la ricreazione dell’anima ebraica,
«la complessa, ardente, esagitata anima che - egli scrive
- io sento vibrare in tutta la
Bibbia». È da una profonda
adesione alla cultura ebraica
che egli trae i motivi: «Per essere vero e, in senso generale,
umano, cioè fedele alle mie
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Reggio Calabria
XVII Febbraio
la libertà
degli altri
In occasione del 150° anniversario delle Lettere Patenti
la Chiesa valdese di Reggio
Calabria, il 17 febbraio, ha voluto sensibilizzare l’opinione
pubblica reggina, attraverso
la stampa locde (Gazzetta del
Sud, Il quotidiano della Calabria, Il Giornale di Calabria),
sul significato e sull’importanza di questa data. Per ricordarla, è stata disposta
apertura della chiesa per
liniera giornata con l’avvicendamento di membri della
comunità che accoglievano i
l visitatori, fornendo loro un
I joglio-notizie sulla storia delta chiesa repina, mentre un
puppo di giovani faceva voantinaggio nella zona adiacente la chiesa, comprendene anche alcune scuole. È staa altresì organizzata una
onferenza, per il giorno seStiente, tenuta dal pastore
ttterito Bruno Tron, avente
come tema «La libertà degli
tn», che ha riscosso un vivo
ttteresse tra il nutrito e attenp.Ptjbblico ecumenico. Alla
'azione è seguito anche un
teve dibattito. A questo proposito riportiamo uno stral° Sfotto dall’articolo pubbliri! f* Gaz.zetta del Sud:
è decisamente activante, in un tempo in cui
°t ogoismi sono sempre più
olenti sugli interessi
I oeil altro”. Incontrarsi su un
I oosì affascinante, come
^Ppunto, "la libertà degli al> sarà un momento di
8 ande civiltà. Non soltanto
'oiigiosa». (d.c.)
La visita della corale di Torre Pellice in Svizzera
Le frontiere come luogo di comunione
INES PONTET
I
L 28 febbraio e il 1° marzo
scorsi, a Crét-Berard, in
Svizzera, le comunità locali
hanno voluto celebrare il 17
febbraio del Centocinquantenario «comme vous faites»,
hanno spiegato alla corale di
Torre Pellice, invitata per l’occasione: falò, agape fraterna,
preghiere, canti e anche una
rappresentazione teatrale.
Fraternamente accolta da
Paul Vouga, dal pastore Pierre
Centón, presidente del Comité romand pour l’Église et
les vallées vaudoises du Piémont, dal pastore della comunità di Morges, e dalle famiglie, la corale ha partecipato
la sera di sabato al falò acceso
davanti alla Casa di Crèt-Berard, struttura inaugurata nel
1953, dietro la spinta di tin
pastore che da Agape prese
l’idea guida. Dopo una cena a
cui partecipavano circa duecento persone in uno dei più
che attrezzati saloni, in una
sala attigua altrettanto ospitale andava in scena una rappresentazione a carattere storico sugli anni che precedettero il 1848 alle Valli.
Con precisione svizzera, alle 9,20 terminava la recita e
poteva cominciare l’intervento del moderatore, Gianni Rostan, per le rievocazioni e le
parole di calda e fraterna partecipazione delle chiese d’Italia alle manifestazioni, a cui
faceva seguito il concerto della corale. Il mattino dopo la
cattedrale di Losanna era gremita di gente partecipe e attenta per il culto solenne presieduto da Pierre Centón, pastore della cattedrale, con
predicazione del pastore Paolo Ricca e intervento della nostra corale.
«Non è la prima volta che
siete con noi davanti a Dio ha esordito Paolo Ricca, predicando sul testo di Isaia 19,
19-25 -, molte altre volte siete
stati presenti durante la nostra lunga storia. (...) La nostra chiesa è diventata la vostra e la nostra è diventata vostra. Ma commemorare il passato non basta: il profeta Isaia
ci insegna a sognare, come fecero i nostri avi nel 1848. Per i
valdesi non solo le Valli sono
terra promessa, ma tutta l’Italia lo è. Dio è il Dio di tutti i
popoli. Ed ecco affacciarsi un
altro grande sogno: Dio a
guardia delle nostre frontiere.
Gli uomini hanno bisogno di
frontiere per affermare la loro
identità, ma se poniamo Dio
sulle nostre frontiere esse divengono luogo di scambio e
di comunione».
Per esprimere un breve
pensiero sulle giornate nel loro insieme mi viene in mente
un termine: commovente. È
proprie radici, per procedere
sull’unica via attraverso cui
poter scrivere una musica
piena di gioia di vivere».
Prokofiev (1891-1953) ha
un approccio diverso ai temi
ebraici, spinto a ciò dalla richiesta di un sestetto di strumentisti ebrei; dopo iniziali
perplessità e esitazioni, egli si
sente conquistato dalla nostalgica bellezza delle melodie propostegli, e in soli due
giorni compone l’Ouverture:
prima pastorale, cullante,
danzante, anche buffonesca,
corrispondente alla scena
popolare della prima melodia, poi grave, commovente
fino a integrarsi nell’immaginaria liturgia della seconda.
Mendelsshon-Bartholdy
(1809-1847) funge qui da
anello di congiunzione tra ebraismo e protestantesimo: di
famiglia ebraica, il padre si
converte al luteranesimo e
così fanno i suoi familiari. Felix vive profondamente la fede e manifesta la sua spiritualità protestante in molte composizioni, e non solo nella
ben nota Sinfonia della Riforma e nella sinfonia Lobgesang
che nella partitura reca uri
pensiero di Lutero: «Vorrei
che tutte le arti, la musica soprattutto, fossero al servizio
di Colui che le ha create». Può
essere interessante ricordare
che il matrimonio di Mendelsshon con la figlia di un
pastore riformato venne celebrato nel 1837 a Francoforte
nella chiesa protestante di
lingua francese dal pastore
Paolo Appia, nato a Torre Pellice e padre di Giorgio Appia
il quale svolse alle valli vtilciesi e poi in alcune città della
penisola italiana una parte
del suo ministerio pastorale.
Corso di formazione a Milano
Tra liberalismo
e fondamentalismo
toccante sentire quanto queste comunità avvertano come
punto di riferimento e di
esempio le comunità del Piemonte. È lì che sono le radici,
quindi è da lì che viene forza,
ispirazione, invito alla perseveranza. «Per fare come fate
voi» forse sarebbe una frase
da prendere a prestito. Forse
noi valdesi delle Valli dovremmo «fare come fate voi»,
fratelli svizzeri, o tedeschi, o
francesi, o italiani della diaspora, che sempre ci accogliete con tanto calore. Forse
dovremmo abbandonare un
po’ il lassismo delle nostre
tradizioni consolidate quando diventano vuote ripetizioni abitudinarie; oppure semplicemente saperle vedere coi
vostri occhi, saperle rivalutare, essere consapevoli una
volta ancora della grazia di
Dio e assumerci pienamente
la responsabilità della nostra
vocazione. E questa consapevolezza che a volte non abbiamo più, ci viene spesso dai
nostri fratelli in fede. Siamone riconoscenti
«Tra liberalismo e fondamentalismo - il cristianesimo
nella crisi della modernità»
è il titolo di tre incontri che
si svolgono a partire dal 14
marzo per tre sabati presso il
Centro culturale protestante
di Milano (via Sforza 12/a,
sala attigua alla libreria Claudiana, inizio alle ore 17). Lo
scopo è di fare il punto sulla
dicotomia dottrinale in cui
nel passato si è di fatto diviso
il mondo protestante e che in
modo piuttosto semplificativo è stata messa sotto le opposte etichette di «liberalismo» e «fondamentalismo».
Oggi è possibile e anche utile,
parlando delle ragioni storiche della loro origine, vedere
in sintesi e in parallelo le linee secondo cui le due posizioni di pensiero si sono evolute e diversificate sotto la
pressione determinante sia
degli eventi della storia che
dei mutamenti che si sono
verificati sul piano della cultura. La cosiddetta «crisi della
modernità» ha difatti messo
in crisi anche ciò che della
modernità era un prodotto o
una conseguenza indiretta.
Se più gravi e anche più
note sono state le crisi susseguitesi nella linea al cui ini
zio è il liberalismo, non sono
trascurabili quelle nella linea
«conservatrice» del protestantesimo, in cui dal fondamentalismo delle origini si è
già differenziato un «evangelicalismo», mentre pare che
da quest’ultimo stia emergendo un «post-evangelicalismo». Si tratterà di vedere
non solo che cosa resta delToriginciria essenza delle due
posizioni, ma anche se e sino
a che punto il confronto con
una cultura che è a una svolta epocale abbia ormai evaso
le ragioni di una storica dicotomia, dando luogo al suo
posto a un ventaglio di più
varie e articolare opzioni teologiche.
Alla relazione di Sergio Rostagno il 14 marzo (Protestantesimo e cultura dal liberalismo a oggi), seguiranno
quelle del pastore battista
Italo Benedetti (21 marzo. Il
dio d’America: origini e sviluppi del fondamentalismo
negli Stati Uniti) e di Yann
Redalié, professore di Nuovo
Testamento presso la Facoltà
valdese di Teologia (28 marzo, Leggere la Bibbia nella
postmodernità). Per ulteriori
informazioni si può telefonare al n. 02-76021518.
Cronache
Un momento del concerto nella cattedrale di Losanna
SAN GERMANO — La nostra comunità rinnova i suoi più fraterni auguri per un avvenire sempre sereno e abbondantemente benedetto dal Signore a Rossana Beux dei Gaydou e
a Aldo Ricca di Torre Pellice, che si sono uniti in matrimonio nel nostro tempio lo scorso 7 febbraio.
• È improvvisamente mancata Paimira Vinçon in Cheyret,
di 81 anni, da tempo residente a San Secondo. Il funerale si è
svolto al cimitero di San Germano. Ai famigliati e al marito
in particolare esprùniamo la nostra simpatia cristiana.
PINEROLO — È mancato il fratello Giovanni Balmas. La comunità si stringe attorno alla famiglia con affettuosa partecipazione.
PRAMOLLO — Ringraziamo di cuore il fratello Ugo Zeni per il
messaggio rivoltoci nel corso del culto da lui presieduto
domenica 15 febbraio e la filodrammatica che ci ha presentato con molto impegno il dramma storico «Rinnegata»,
molto apprezzata dal numeroso pubblico.
• Ci ha lasciati all’età di 92 anni il fratello Edvico Travers,
residente a Marsiglia, ma originario dei Micialetti e sempre
molto legato al suo paese natale. Lo ricordiamo con affetto
ed esprimiamo ai familiari la fraterna solidarietà cristiana
di tutta la comunità.
SAN SECONDO — Il 17 febbraio, dopo il culto, ha avuto luogo
il tradizionale pranzo comunitario con la presenza del docente universitario di Diritto pubblico Gianni Long che,
dopo aver presieduto il culto ed essere stato gradito ospite
con la signora, ha aperto un dibattito introducendo il tema
della «Libertà religiosa in Italia», destando vivo interesse
tra i numerosi presenti.
• Il 18 febbraio nella sala ha avuto luogo l’incontro del Concistoro con i membri della Tavola. Nel corso dell’incontro
sono stati toccati vari punti, tra i quali la cura dei membri
emigrati nella pianura limitrofa alle Valli, la cappellania nei
luoghi di cura e i problemi vari della comunità.
8
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
Il corso di aggiornamento per diacene e pastore
Continenza e silenzio in pubblico
La volontà di fare tacere le donne nella chiesa ha causato
molti conflitti nei primi quattro secoli del cristianesimo
LETIZIA TOMASSONE
PUÒ essere scoraggiante
sapere che già nel secon
do secolo d.C. la parola d’ordine aH’interno della chiesa
era far tacere le donne. Continenza e silenzio in pubblico: questi sono i caratteri che
la letteratura cristiana dei
primi secoli propongono alle
donne. Far ricerca sulle donne del passato significa dunque sprofondare in questo silenzio? Ce lo siamo chieste
durante l’aggiornamento delle diacene e pastore in un
corso dal 2 al 4 febbraio dalla
storica argentina Diana Rocca, docente all’Istituto superiore evangelico di studi teologici. Abbiamo letto dei testi
antichi e ritrovato tracce di
una grande e forte presenza
femminile e di una pesante
imposizione maschile che
tendeva a cancellare parola e
corpo delle donne.
Poiché noi conosciamo bene le conseguenze che nei secoli seguenti sono venute nei
termini, di miseria femminile
e di spiritualizzazione del cristianesimo, il rischio che corriamo leggendo quei testi è
Karola Stobaus
quello di prenderli troppo sul
serio, ovvero di credere che la
realtà corrispondesse già a
quei testi. In realtà essi mostrano un conflitto importante che ha coinvolto uomini e
donne all’inizio della chiesa
cristiana. Certo non ci è possibile cambiare la storia, ma
il nostro sguardo libero su
quella storia incontra la vita
di donne di grande libertà, ci
fa guardare alla nostra situazione in cui anche libertà e
oppressione sono intrecciate.
Possiamo oggi riprendere in
mano i termini della questio
ne, riproporli come discussione attuale: come vivere la
fede valorizzando la materialità della nostra vita, sentendo la presenza positiva dei
nostri corpi nella chiesa, portando insomma tutto noi
stesse/i, senza dover dimenticare ciò che siamo?
Andavano in questo senso
anche le danze liturgiche
proposte da Karola Stobaus,
che ci hanno aiutate a riprendere contatto con i nostri corpi proprio nel momento della preghiera e della
meditazione. Così abbiamo
deciso di continuare la ricerca storica per capire dove sono le radici di un’etica del
corpo che ha condannato il
piacere e ha tentato di cancellare proprio la presenza
del corpo femminile nella
chiesa. Poiché i primi quattro secoli, di cui ci siamo occupate quest’anno, danno
un’idea soprattutto delle radici cattoliche di questa teologia di negazione del corpo
e della donna, la ricerca proseguirà il prossimo anno con
testi e situazioni relative al
tempo della prima e della seconda Riforma.
La storia esemplare di Perpetua di Cartagine
La lunga lotta per non rimanere in silenzio
Molte donne cristiane portarono avanti, durante i primi quattro secoli della storia della chiesa,
una lunga lotta per non rimanere
in silenzio. Tra queste. Perpetua.
Sulla sua figura è intervenuta
Diana Rocca durante il corso di
aggiornamento di diacono e pastore tenutosi a Roma dal 2 al 4
febbraio scorsi.
Fino a quando la fede cristiana non fu considerata legale con una dichiarazione
fatta dall’imperatore Costantino insieme al suo alleato Licinio, da Milano nell’anno
313, proclamare Cristo come
Signore era considerato un
reato punibile con la morte. Il
fuoco, le bestie del circo e
torture di tutti i tipi aspettavano coloro che non volevano riconoscere gli dei dello
stato, tra questi, lo stesso Cesare. Li si accusava di sedizione, ateismo, infanticidio e di
turbare l’ordine di cui l’impero era garante. All’inizio del
III secolo, presso l’importante
città-porto di Cartagine si verificò una delle più feroci persecuzioni contro i cristiani
mai conosciute. Ne fu autore
l’imperatore Settimio Severo
(193-211) che volendo unire
8- Convegno delle opere
Firenze 14/15 marzo 1998
«Il denaro nella Chiesa»
Programma
»ATO 14 MARZO
ore 9
ore 9,30
Soluti e presentazione del programmo, a curo
del presidente Csd;
Relézioni:
t/ Studio biblico sul tema, a cura del past.
Salvatore Ricciardi;
i/ «Ammlnistrazione/vocazione: un rapporto
difficile», a cura di Alberto Tron;
✓ «Finanziamenti pubblici: quali implicazioni?», a cura di Bruno Ricca;
ore 11,30 Relazioni:
✓ «Ricerca dei fondi: una strategia comune»,
a cura di Anne Marie Dupre;
✓ «Autofinanziamento: contribuzioni e collette», a cura del past. Bruno Bellion;
✓ « Volontariato, diaconato, lavoro salariato»,
a cura della Csd;
Lavoro in gruppi;
Lavoro in gruppi: continua con preparazione
della relazione finale;
Assemblea generale: relazione dei gruppi e dibattito;
Cena, seguita da serata libera.
ore 15
ore 17
ore 18
ore 20
poMBNiCA t s iáámm
ore 9
ore 1 1
Informazioni: Onius, ecc.
Culto di chiusura, a cura del past. Giorgio
Bouchord;
Chiusura del convegno: pranzo e partenze.
ore 12
Costi:
Pernottamento: L. 30.000 per notte;
Colazione: L. 6.000 (sabato e domenica);
Pranzo: L. 17.000 (venerdì, sabato e domenica);
Cena: L. 17.000 (venerdì e sabato).
tutti i suoi sudditi nel culto al
Sole Invitto, vide nel giudaismo e nel cristianesimo degli
ostacoli per il piano imperiale. La persecuzione si accanì
violentemente con coloro che
aderirono alla nuova fede.
Una donna d’alto rango di
Cartagine, che sapeva leggere
e scrivere, lasciò la sua testimonianza su questa crudele
persecuzione. Si chiamava
Perpetua. Fu fatta prigioniera
insieme con altri nuovi convertiti della chiesa di Cartagine, e portata al circo per servire come spettacolo ai suoi
concittadini. Il racconto della
sua vicenda è uno dei pochi
documenti dell’antichità cristiana scritto da una donna
ad essere sopravvissuto. Racconta in maniera dettagliata
come Perpetua, fatta prigioniera mentre l’anziano padre
cerca di convincerla ad abiurare, divenga leader del gruppo dei prigionieri cristiani.
Durante le sue sofferenze.
Perpetua ha una serie di sogni-visioni che le annunciano la fatale conclusione e che
le fanno considerare i suoi
ultimi momenti come una
lotta contro il potere imperiale, dalla quale esce vittoriosa nonostante la morte.
Perpetua insieme con Felicita, la sua antica serva e compagna nella fede, muore nell’arena del circo.
La testimonianza di Perpetua, oltre a rafforzare la fede
delle comunità perseguitate,
parla di tante donne che hanno lottato su un piano di parità con i propri compagni
cristiani, assumendo ruoli di
protagoniste che nel tempo si
sono perduti.
Librerie
CLAUDiANA
MILANO: via F. Sforza,
12/A;tel. 02/76021518
TORINO: via Principe
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religiosa piazza Cavour, 32;
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Intervento
Le donne
nella storia
della chiesa
Dalla relazione di Diana
Rocca:
L’Evangelo di Luca racconta che dall’inizio della
predicazione di Gesù di Nazaret c’erano donne che lo
seguivano. Di alcune conosciamo i nomi (Luca 8,1-13),
di altre si sa che svolsero un
ministero collegato con la
predicazione dell’Evangelo,
ma i loro nomi non ci sono
giunti. Ad esempio in Atti,
21, 8-9 Luca racconta che 1’
evangelista Filippo aveva
quattro figlie, erano vergini e
avevano il dono della profezia, ma dei loro nomi nessuna traccia. Possiamo supporre che questo non sia casuale, bensì conseguenza di una
visione della società e del
ruolo che in essa occupava la
donna. Quasi subito si cercò
di ottenere che le donne si
allontanassero dalla predicazione della Parola e restassero nel privato delle loro case.
Se volevano servire Cristo
dovevano farlo a partire dal
diaconato inteso come servizio, e non dalla predicazione.
In questo modo si volle che
la parola pronunciata in
pubblico fosse monopolio
esclusivo degli uomini.
La discussione, già iniziata
tra le prime comunità cristiane, arriva al Nuovo Testamento descritta in maniera
contraddittoria. Accanto al
bellissimo versetto della lettera di Paolo ai Calati: «Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è qui né
Giudeo né Greco; non c’è né
schiavo né lìbero; non c’è né
maschio né femmina; perché
voi tutti siete uno in Cristo
Gesù», appaiono altri brani
che prospettano lo schema
patriarcale della società di
quell’epoca. Soprattutto nelle Lettere «pseudopaoline»,
la donna è ricondotta al suo
ruolo subordinato, basando
questa impostazione su versetti dell’Antico Testamento
(cfr. I Timoteo 2,9-15).
Il modello di chiesa che
trionfò con il Concilio di Nicea (325), sotto la protezione
dell’Impero, riuscì ad escludere le donne dal sacerdozio:
non solo vietò loro di esercitare il ministero della parola
e di amministrare i sacramenti ma, punizione ancora
maggiore, le ridusse al silenzio eliminandole dalla storia
della chiesa. Senza dubbio è
con molta fatica che si possono recuperare le storie di
donne leader, decifrando ad
esempio quei testi scritti da
una chiesa trionfante che difende lo schema patriarcale,
e lavorando con il metodo
dell’ermeneutica del sospetto come propone Elizabeth
Schussler Fiorenza, una delle
principali studiose femministe che elabora una teologia
partendo dal genere, dalla
femminilità e la propone come criterio che guidi la riflessione.
Bisogna recuperare questa
parte del nostro passato, di
uomini e donne della chiesa.
E bisogna farlo nel suo aspetto più negativo, quello
della sottomissione e dell’emarginazione degli elementi più deboli della società, ma anche nell’aspetto
più significativo, quello della
lotta di tutti per il trionfo
della nuova fede. Le donne
poco conosciute dalla storia
ufficiale, come Vibia Perpetua e come Tecla, non esitarono a stare accanto ai propri compagni nei momenti
più difficili, proprio come
accade oggi. Ma vogliono
che venga loro restituito il
vero luogo, quello della lotta,
non quello della sottomissione. Quello della parola non
quello del silenzio.
Agenda
13 marzo
SIENA — Alle ore 17,30, presso l’Università per strani«,l’architetto Mirella Loik, docente di Storia dell’architeT
ra al Politecnico di Milano, parlerà sul tema «Architetti!
della Riforma in Europa e in Italia», nell’ambito del ck
di corso di formazione sulle minoranze religiose dedica
a «Ebraismo, protestantesimo e islamismo nell’arte em
la letteratura dell’Occidente». ^
UDINE — Alle ore 18, alla sala «D. Luigi Scrosoppi» i«.
minario, viale Ungheria 20), il pastore Giorgio Tourn rZ
sul tema «150 anni di libertà. Ebrei e protestanti in iS
differenze e punti d’incontro» per l’organizzazione^
Centro culturale evangelico «G. Gandolfo» e del Sae.
MILANO — Alle ore 17, al Centro culturale protestante,»
via Sforza 12/a, Sergio Rostagno parla sul tema «Prete,
stantesimo e cultura dal liberalismo a oggi» nell’ambitol
un ciclo su «Liberalismo e fondamentalismo. Il cristianesi.
mo nella crisi della modernità».
16 marzo
4
MESSINA — Alle ore 18,30, presso la parrocchia SanNj.
colò di Cazzi, si tiene un incontro ecumenico sul temi
«La dignità dell’uomo nella tradizione ebraica». Relatore!
prof. Giovanni Caola. Per informazioni tei. 090-40098.
1
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I battisti
ROMA — Alle ore 18, nell’Aula magna della Chiesa metodista (via Firenze 38), per il corso «Come eravamo, comt
siamo» promosso da «L’Altritalia», Piero Pratesi e Adalberto Minucci parlano su «La guerra fredda. La situazioni
italiana fra i due blocchi».
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SONDRIO — Alle ore 20,30, al cinema Excelsior (via Cesate
Battisti), mons. Gianfranco Ravasi, biblista, parla sul tema
«La Parola di Dio, vita della chiesa e del mondo». Introducono don Battista Rinaldi e il pastore Alfredo Berlendis.
GENOVA — Alle ore 18, nella sala del Consiglio provindale (palazzo Spinola), si tiene un incontro sul tema: «18481998 - A centocinquant’anni dallo Statuto Albertino: qué
libertà?». Intervengono Giorgio Tourn, pastore e storico
valdese, e Giulio Disegni, giurista, vicepresidente della Comunità ebraica di Torino. Introducono Adriano Bertolinit
il rabbino Giuseppe Momigliano.
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20 marzo
NAPOLI — Alle 20,30, presso la Comunità luteranalm
Pontano 1), per il ciclo su «La libertà-Dio e l’uomo», il teologo cattolico V. de Gregorio parla su «La libertà del limite».
REGGELLO — A Casa Cares, con inizio alle ore 15 del sabato, si svolge il V Seminario per predicatori locali dela
Toscana, con relazioni di Gino Conte, Piero Bensì, Raffaele
Volpe e Blasco Ramirez. L’incontro ha termine alle 16,30
della domenica. Costo £ 50.000. Per informazioni: Piero
Bensì, tei. 055-294902. Prenotazioni (indispensabili) presso Casa Cares (tei. 055-8652001-8652305).
22 marzo
BERGAMO — Alle ore 17, nella chiesa evangelica di v
Roma 2a, si tiene un concerto della corale evangelica di
Torino diretta da Flavio Gatti (organo Massimo De Grandis). In programma canti tradizionali e canti storici valdesi, musiche di Bach e Mendelssohn.
TORINO — Alle ore 17, nel tempio valdese di corso Vittorio Emanuele 23, per la serie «Musica e preghiera». Luca
Ripanti (flauto traversiere) e Massimo De Grandis (organo) eseguono musiche di Cari Ph. Emmanuel Bach, Telemann, Johann Sebastian Bach.
JhüâOL
MESSINA— Alle ore 18,30, presso la parrocchia S. Mdella Consolata, si tiene un incontro ecumenico sul tenia:
«La dimensione ecumenica del Padre Nostro». Relatricela
professoressa Lia Cerrito di Palermo.
TORINO — Alle ore 17,30, al Centro studi «Sereno Regia*
(via Garibaldi 13), per il ciclo «Politica e violenza, nonvio
lenza e politica». Giuliano Martignetti parla sul tema «Vie
lenza e nonviolenza politica negli Anni 70».
ROMA — Alle ore 18, per il corso «Come eravamo, coma
siamo», nell’Aula magna della Chiesa metodista (via Firenze 38), Giuseppe Tamburrano parla sul tema «Da Tarnbroni a Nenni e Ugo La Malfa. Il centro-sinistra».
TRIESTE — Alle 18,30, nella sede del Gruppo ecumenic®
(via Tigor 24), l’archimandrita Timotheos Eleftheriou pan®
sul tema «Lo Spirito Santo nella tradizione ortodossa»
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 s
primo programma radiofonico della Rai, predicazione
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appunta
menti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia» tra
smessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica
lunedì della settimana seguente alle ore 9,30 circa.
... . .......... , SiD»
nica 22 marzo andrà in onda: «Pellegrini luterani in Sib
ria; incontri (rubrica biblica)». La replica sarà trasmes
lunedì 30 marzo alle ore 9 circa.
Le segnalazioni devono giungere con 15 giorni di anticipi'
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Commenti
PAG. 9 RIFORMA
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Le chiese battiste potrebbero sciogliere i loro dubbi se cadesse la natura privilegiarla di questo meccanismo
La «libertà degli altri» si può promuovere anche con un 8%o diverso
Escludendo i fini di culto, come già fanno valdesi e metodisti, si potrebbe sostenere l'attività di enti, associazioni e chiese
impegnate su progetti di pace, giustizia e salvaguardia dell'ambiente, seguendo le esplicite indicazioni fornite dai cittadini
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MASSIMO APRILE_________
Siamo appena usciti da
una settimana di iniziative e riflessioni sul tema della
libertà. Partendo dalla commemorazione dei 150 anni
delle libertà civili concesse da
Carlo Alberto a valdesi ed
ebrei, siamo giunti a riflettere
in molte città e chiese sulla
vocazione che abbiamo ricevuto a coltivare la nostra libertà ma anche a procacciare
quella degli altri. Quanto sto
per dire, convinca o meno,
nasce da un'idea scaturita
proprio dalla riflessione comune su questa questione
teologica, gravida di risvolti
sociali e politici.
I battisti italiani nel guado
I battisti che hanno parte
neU’Ucebi, hanno da poco
avuto un convegno nazionale durante il quale la questione dell’otto per mille è
stata nuovamente presentata alla discussione delle
chiese in vista di un possibile nuovo ordine del giorno
nella prossima Assemblea
generale che si terrà a giugno. Ecco come sintetizzerei
d di là delle diverse proposte
ancora sul tappeto la situazione: siamo nel guado. C’è
una parte significativa delle
nostre chiese che continua
ad essere prevalentemente
contraria a questo meccanismo, non tanto per ragioni
di principio quale quello della separazione fra chiesa e
stato, ma perché riconosce il
peccato originale di questo
meccanismo nel fatto che
esso fu concepito per finanziare la Chiesa cattolica e
perpetuare, sia pure con i
necessari aggiustamenti, il
vecchio regime della congrua. Chiedere di entrare in
questo meccanismo significherebbe di fatto avallarne il
carattere privilegiarlo.
D’altra parte abbiamo constatato tutti che tali critiche a
questo meccanismo non sono compresi dalla maggioranza delle persone che, anche fra quelle più avvertite
culturalmente, stentano a capire le ragioni del nostro rifiuto e ci chiedono perché
mai non abbiamo richiesto
anche noi di entrare in questo sistema usando poi il ricavato per opere giuste, al
servizio dei più svantaggiati.
Molti anche fra i nostri fratelli e sorelle rimproverano a
«quelli del no» un comportamento ideologico, a tratti
perfino ipocrita, visto che poi
CI sono altri privilegi di cui
godiamo dei quali non dimo^namo di farci tanti scrupoli.
Wale legittimità abbiamo di
^ledere maggiori finanziamenti per le nostre opere
laconali alle chiese, o anche
ai estero, se poi non offria0 neppure ai nostri fratelli
sorelle la possibilità di deolvere il loro voto Irpef a fai^^il’Ucebi? Tra i sosteniVff ** quelli che lo
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metodiste, per finalità sor * Italia e all’estero. In
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® questa materia va ma
neggiata con delicatezza e rispetto reciproco, qualunque
sia la decisione che prevale,
perché essa porta potenzialità creative ma anche distruttive per le nostre chiese.
All’ultimo convegno Ucebi
prendeva corpo l’ipotesi di un
sì sfumato, nella proposta
presentata autorevolmente
dal past. Spanu e che abbiamo chiamato per intenderci
«della fondazione». Siccome
molto è stato detto e scritto
su questa, non mi pare mio
compito illustrarla nuovamente. Dirò solamente che
quella proposta per molti versi affascinante perché animata dal desiderio, dal mio punto di vista, di impegnarsi di
più per la libertà degli altri,
aveva la debolezza della complessità e della difficoltà di
costituire prima una fondazione e poi di trovare disponibile lo stato ad accettare che
non una chiesa ma una fondazione, seppure battista, abbia diritto di accedere alla ripartizione dell’otto per mille.
Questa proposta resta a mio
avviso meritevole di attenzione, non solo perché creativa e
intelligente, ma proprio perché pur essendo un sì, porta
con sé molte giuste perplessità del no.
La proposta
A me è venuta un’idea che
credo sia, nello spirito, in
continuità con quella di Spanu, ma che forse risolve le
difficoltà e ne allarga gli oriz
zonti. Cercherò di spiegarmi.
1) L’Unione cristiana evangelica battista d’Italia chiede
di partecipare all’otto per
mille, dunque un sì chiaro. Io
proporrei di accettare secondo le modalità dei valdesi e
metodisti, ossia non per il finanziamento delle chiese e
solo per quanto riguarda le
quote espresse. Al posto della
scritta «per scopi sociali e
umanitari» vorrei ci fosse sulla casella del modulo della
tasse: «Per finalità di giustizia, pace e salvaguardia dell’ambiente». Credo che sia
realistico che questa dizione
venga accettata. Lo spirito
con il quale noi accetteremmo questo otto per mille sarebbe quello della grande parola che le chiese europee a
Basilea (1989) e le chiese del
Consiglio ecumenico delle
chiese (1990) a Seoul si sono
date per una comune testimonianza nel nostro tempo.
2) L’Ucebi nomina la commissione otto per mille che
provvede a raccogliere tutte
le domande di associazioni
che hanno finalità che rientrano in quelle per cui prendiamo l’otto per mille. Questa commissione accetterà le
richieste di qualsiasi organizzazione, religiosa o laica che
sia, che dimostri attraverso i
propri statuti e la propria
prassi di essere impegnata
con piccoli o grandi progetti
in questo processo.
3) L’Ucebi offre a tutte queste associazioni censite e a
quelle che si aggiungeranno
col tempo, di attingere all’otto per mille Ucebi in questa
forma; Il sig. Rossi, aderente
e/o sostenitore dell’Associazione per la difesa dei diritti
dei nomadi (è solo un esempio) segna sulla dichiarazione
dei redditi il suo otto per mille all’Ucebi. Contestualmente
lo stesso sig. Rossi manda fotocopia di tale dichiarazione
all’Ucebi e allega una dichiarazione in cui dice di voler
devolvere il suo voto otto per
mille a favore della suddetta
associazione. L’Ucebi nel suo
ufficio preposto ad hoc e finanziato dallo stesso otto per
mille, procede al censimento
di tali dichiarazioni. Dopo
aver incasellato le preferenze,
la commissione Ucebi, allargata ad un certo numero di
garanti esterni i quali verificheranno la trasparenza del
meccanismo, provvede a distribuire alle associazioni destinatarie, secondo le percentuali espresse, quello che
man mano riceverà dell’otto
per mille.
Gli effetti
1) L’Ucebi non ha bisogno
di finanziare campagne pubblicitarie. Sarebbero le associazioni stesse che vi provvederebbero, essendo interessate ad avere un finanziamento attraverso questo
meccanismo.
2) Non ci sarebbe discriminazione fra piccoli e grandi
progetti. Anche un piccolo
progetto locale, se radicato
nel territorio e con finalità
moralmente riconosciute da
un più vasto pubblico, avrebbe la possibilità di ottenere la
sua parte di aiuto.
3) La commissione sarebbe
sollevata da ogni imbarazzo
di parzialità e da ogni forma
di pressione per sostenere un
organismo piuttosto che un
altro.
4) L’otto per mille dei battisti andrebbe a organismi di
solidarietà con i paesi del
Terzo Mondo secondo la percentuale esatta che i contribuenti desiderano.
5) Chi desidera che il proprio voto otto per mille vada
a un’istituzione diaconale
Ucebi avrebbe, attraverso i
votT espressi, la possibilità di
misurare il consenso riscosso
dalle proprie opere diaconali.
6) Si potrebbe fare l’interessante scoperta che alcune
associazioni affiliate ad esempio alla Chiesa cattolica
per poter finanziare i propri
progetti si rivolgano ai battisti piuttosto che firmare sotto
la casella otto per mille della
Chiesa cattolica. Sarebbe una
materia su cui meditare, no?
7) Si risolverebbe il problema di coscienza di molti del
no riguardo al privilegio proprio e alla limitata libertà degli altri. L’8%0 raccolto dai
battisti per le opere della
chiesa sarebbe quello che veramente le persone vogliono
che ad esse giunga, non il male minore, non avendo attualmente i contribuenti vera facoltà di decisione.
8) Le nostre chiese entre
In questa e nella foto in alto due momenti di un’Assemblea Ucebi
rebbero in un circuito virtuoso di relazione con associazioni territoriali che agiscono
su «giustizia, pace, salvaguardia del creato» e quindi sarebbero stimolate a collaborare
con esse dando seguito con i
fatti alle dichiarazioni solenni
che abbiamo approvato.
9) Si parla molto di federalismo fiscale. Bene, questa
sarebbe una concreta opportunità potenzialmente aperta
a tutti, di finanziare progetti
di cui si ha conoscenza e sui
quali si esercita una forma
più diretta di controllo. Ogni
associazione dovrebbe stare
più attenta a scandali o a perdita di impegno perché potrebbe essere penalizzata con
una perdita di consenso.
Possibili controindicazioni
1) La prima obiezione che
si potrebbe fare a questa proposta è che se la «proposta
Spanu» si presenta complessa, questa appare macchinosa. Non credo. Se le preferenze saranno poche, sarà anche
relativamente semplice il lavoro di censimento, se saranno molte ci saranno anche
maggiori risorse per finanziare l’ufficio.
2) Qualcun altro ha obiettato che per far conoscere
questo meccanismo al grande pubblico ci vorrebbe un
notevole investimento pubblicitario iniziale. Non credo.
Le nostre chiese, grazie a Dio,
godono già di una buona credibilità presso numerose associazioni con le quali collaborano su queste materie.
Lorse la cosa potrebbe cominciare in sordina, ma credo che la diffusione nel giro
di qualche anno, si potrebbe
espandere secondo progressioni esponenziali. Si potrebbe partire con alcune associazioni che conosciamo direttamente esponendo il nostro piano di ripartizione. Il
resto lo farebbero gli altri.
Conclusione
Concludo con un ringraziamento alla Federazione delle
chiese evangeliche che ha voluto lanciare per quest’anno
la «Settimana della libertà»
con questo titolo convincente
e, per me, suggestivo. Se questa si rivelerà una buona idea,
il merito va ricondotto interamente allo «Spirito che parla
alle chiese».
La vivacità culturale del mondo protestante va riconosciuta e anche sostenuta con l'otto per mille
L'importanza della comunicazione e della cultura protestante in Italia
BRUNO GAMBABPELLA
HO seguito con vivo interesse gli articoli pubblicati su Riforma sui venticinque anni della rubrica Protestantesimo, appuntamento
fisso per me e per tanti italiani, evangelici e non, interessati agli approfondimenti su
tematiche religiose proposti
a domeniche alterne. Concordo pienamente con Eugenio Bernardini quando afferma che la comunicazione
«protestante» non deve essere un semplice catechismo o
una polemica controinformazione in un paese a maggioranza cattolica, ma un
agorà dove possano confrontarsi diverse impostazioni religiose e intellettuali. Non diverso il ruolo che sta svolgendo Riforma, attento alla vita
delle chiese e agli approfondimenti culturali di area protestante, ma sempre aperto
al dialogo e al confronto reli
gioso e civile con chi non si
riconosce nelle nostre comunità cristiane. Altro compito
deve svolgere il Culto radio,
anche se le note a fine trasmissione sono dedicate
molte volte alle risposte fornite a chi segue questo appuntamento pur non aderendo a nessuna delle denominazioni presenti nel variegato
mondo evangelico italiano.
Non voglio dilungarmi oltre sui meriti di una trasmissione come Protestantesimo
o suU’utilità sempre crescente dei nostri mezzi di comunicazione, ma preferisco soffermarmi su quel magnifico
patrimonio di idee rappresentato in Italia dalla Claudiana. Non essendo nato in
una famiglia evangelica, ho
avuto modo di conoscere i
testi pubblicati da questa casa editrice solo all’università
quando, studente di Filosofia, mi sono imbattuto in un
corso di storia moderna che
prevedeva alcune letture
consigliate tratte proprio dal
catalogo Claudiana. Ho iniziato da lì a comprare libri
che mi spiegassero meglio, al
di là degli aspetti storici che
ben conoscevo, che cosa fosse veramente questo illustre
sconosciuto, il protestantesimo, che molti colleghi di
estrazione cattolica integralista agitavano come uno spettro sempre incombente sulla
chiesa e sull’umanità.
Sono trascorsi ormai sette
anni dalla mia laurea in Filosofia, e i libri che ho di volta
in volta acquistato occupano
ormai buona parte della mia
pur discreta biblioteca. Nel
frattempo ho approfondito
lo studio della Bibbia (decisamente assente nel periodo
del mio altalenare tra cattolicesimo e agnosticismo), ho
vissuto diversi momenti di
confronto con pastori e appartenenti alle chiese protestanti, ho chiesto un anno fa
di entrare a far parte della
Chiesa evangelica battista.
Sono un lettore piuttosto esigente, ma quasi tutti i libri
che ho avuto modo di analizzare non mi hanno affatto
deluso. Da quelli di divulgazione a quelli più sistematici,
da quelli storici a quelli sui
problemi del nostro tempo, i
testi Claudiana sono stati per
me occasione per chiarire
dubbi e curiosità, ma soprattutto sono stati portatori di
nuove domande e spunti di
riflessione. Spesso propongo
a amici e conoscenti la lettura di libri che possiedo, superando la naturale ritrosia del
bibliofilo.
Molti restano sorpresi per
la vivacità culturale del mondo protestante e, pur non
condividendo le mie scelte di
fede, guardano con più rispetto a una posizione che
non è collocata tra le due antitesi di cattolicesimo e materialismo. Anche per questo
devo dire grazie alla nostra
piccola casa editrice.
Lo scorso anno ho convinto decine di colleghi e di persone attente ai problemi della cultura a firmare nello spazio dell’otto per mille della
dichiarazione dei redditi riservato alla Chiesa valdese
sostenendo proprio l’utilità
di uno spazio di riflessione sì
minoritario, ma decisamente
di qualità. È stato, in un certo
modo, il mio dire grazie a chi
ha contribuito alla mia crescita spirituale e intellettuale.
Ho una sola lamentela da
muovere alla Claudiana: a
causa della ricchezza del suo
catalogo, ogni mese va via
una parte non trascurabile
del mio stipendio di insegnante precario.
1 1 1 m mme€^tric0 Claudiana
T via Principe Tomaso, 1 - Torino
http;//www.arpnet.it/-valdese/claudian.htm
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PAG. 10 RIFORMA
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Riforma
Germania, si cambia?
Thomas Elser
Domenica 1“ marzo si sono svoite ie elezioni poiitiche
nella Bassa Sassonia, «Land» del centro-nord della Repubblica federale tedesca. I socialdemocratici, che erano già al
governo della regione, hanno vinto con il 47,9% dei voti
(con un aumento dei 3,6% rispetto alle elezioni precedenti) contro il 35,9% dei cristiano-democratici (0,5% in meno) e il 7% dei Verdi. I socialdemocratici possono quindi
formare un governo con la maggioranza assoluta dei seggi
nel Parlamento di Hannover. Queste eiezioni erano considerate come una prova decisiva in vista delle elezioni politiche nazionaii che si svolgeranno il 27 settembre prossimo. Per il vincitore, Gerhard Schröder (53 anni), la posta
in gioco andava al di là di una semplice riconferma alla testa del «Land»: egli intendeva diventare il candidato ufBciale del Partito socialdemocratico (Spd) al cancellierato
della Repubblica federale.
La Spd infatti aveva indetto una seduta del proprio comitato direttivo per il giorno successivo, 2 marzo, per decidere quale sarebbe stato il candidato per le elezioni federali. Il problema era che sia Oskar Lafontaine, capo
deii’Spd, presidente deila regione della Saar ed ex avversario di Kohl nelle elezioni di otto anni fa, sia Gerhard
Schröder, si erano presentati come candidati al cancellierato aH’ultimo Congresso del partito, nei dicembre scorso.
Il Congresso aveva allora rinviato la scelta tra i due candidati a marzo, subito dopo le elezioni in Bassa Sassonia. I
risultati non hanno lasciato alcun dubbio: sarà Schröder
l’avversario del cristiano-democratico Helmut Kohl.
E da 16 anni ormai che i cristiano-democratici guidano
il governo federale, insieme ai liberali. Nessuno sostiene
che taie longevità sia da ascrivere ai meriti di questo governo quanto piuttosto alla mancanza di alternative. I socialdemocratici soffrono il trauma di non essere in grado
di presentare candidati che sappiano guadagnarsi la fiducia della maggioranza. I «nipoti» dei grandi vecchi della
Spd (WUly Brandt e Helmut Schmidt) non hanno più il carisma né le visioni che formano una nuova società; sono
diventati tecnici neil’ingranaggio del complicato mondo
moderno. Schröder ha perlomeno dimostrato di poter
raccogliere una maggioranza in tempi difficili: la Bassa
Sassonia infatti ha un tasso di disoccupazione tra i più alti
in Germania (12,1%) e il debito pubblico del «Land» rappresenta ri 1% del bilancio regionale.
Schröder non è molto amato all’interno del suo partito: i
delegati e i funzionari gli preferiscono Lafontaine, un socialdemocratico di vecchio stampo, allievo di Brandt, ma
spesso considerato come arrogante dall’opinione pubblica
per il suo modo di parlare in tono cattedratico. Schröder
invece sa come «prendere» la gente e ha un istinto per le
opinioni populistiche. Sa come gestire i mass media. Il suo
pensiero non parte dal programma del partito ma daU’atmosfera della situazione alla quale sa adattarsi. Non muove da ideali o da visioni, ma considera le circostanze del
momento. Da un lato non perde occasione per ricordare la
sua voglia di arrivare al potere, dall’altro parla del governo
come dd un’agenzia di servizio pubblico. Chiede l’espulsione degli extracomunitari rei del minimo delitto e vanta la
sua amicizia con i grandi industriali, sostenendoli nei loro
tentativi di realizzare risparmi a spese di posti di lavoro e
di tagli ai servizi sociali. D’altronde la Bassa Sassonia ha
comprato la Preussag, grande produttore di acciaio, per un
miliardo di marchi, salvando così 12.000 posti di lavoro.
La Germania è ormai matura per un cambiamento politico. Da tempo sono fermi i grandi progetti che chiedono urgentemente una soluzione: la riforma delle tasse, il risanamento delle pensioni. li cancelliere Kohi si è concentrato
sul suo progetto prediletto, l’Unione europea e l’introduzione dell’Euro, e ha tralasciato i temi e i problemi di politica interna. Un cambiamento è possibile: ora tocca ai socialdemocratici decidere se rimanere il partito degli operai nella tradizione deila sinistra o aprirsi ad uno stile manageriale-pragmatico. Schröder sarà il candidato, ma avrà successo solo se Lafontaine e l’intera Spd lo appoggeranno, non
solo per motivi tattici ma per trovare un equilibrio tra tradizione e pragmatismo. Una miscela di questo tipo avrebbe
buone probabilità di vincere le elezioni di settembre, rendendo possibile la formazione di un governo con i Verdi.
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Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nidi, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera EgidI
REVISIONE EDITORIALE:Stello Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA; La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125Torino.
PMOeatÈona aettbmul» unHaria con L’èco ¡Mie vatti vekkM:
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 176 del 1* gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate II 5 marzo 1993.
Il numero 10 del 6 marzo 1998 è stato consegnato per l’inoltro postale airufficio CMP
Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 4 marzo 1998,
Prosegue la nostra riflessione sul futuro del lavoro
«Status confessionis»
La lotta contro l'ingiustizia economica e la distruzione
dell'ambiente è una questione cruciale per la fede cristiana
ANTONELLA VISINTIN
PARLARE del futuro del lavoro significa parlare del
presente di molti e di molte:
una proposta di lettura a partire dai frammenti della nuova organizzazione capitalistica del lavoro che va sotto il
nome di globalizzazione; il
popolo delle partite Iva, le
cooperative di autosfruttamento, sociali e di lavoro, al
servizio sia delle imprese che
dello stato, il lavoro minorile
ed extracomunitario per le
mansioni più umili, il postfordismo nella produzione
manifatturiera, secondo gli
auspici della Banca mondiale
che da anni propone ai lavoratori dell’Occidente il buon
esempio del Sud-Est asiatico.
Così, mentre ferve il dibattito sulle 35 ore (per chi?), ci
si domanda quante ore siamo/saremo tenuti e tenute a
lavorare per portare a casa un
reddito di sussistenza e a
quali condizioni. La risposta,
ovviamente, si pone su diversi possibili piani, da quello
operativo «dove e come si incontrano la domanda e l’offerta di lavoro», ad uno più
strategico/politico: «esistono
delle condizioni irrinunciabili
per un/una cristiano per aderire ad un sistema economico». Quest’ultimo tema particolarmente delicato in Italia
dove la predicazione della libertà di coscienza ha portato
a un individualismo senza
misura, mentre l’Assemblea
generale dell’Alleanza riformata mondiale lo scorso agosto invitava le chiese a riconoscere nella lotta contro
l’ingiustizia economica e
contro la distruzione dell’ambiente materia di «status confessionis» (vedi Riforma n. 9
di quest’anno, pag. 12).
Ovviamente io credo che i
due piani del discorso siano
intrecciati, particolarmente
per la centralità che il lavoro
occupa nella concezione protestante della vocazione, che
fa scrivere a Paolo Fabbri «la
disoccupazione prolungata è
un delitto sociale (...); occorre
passare dalla garanzia del posto alla garanzia del lavoro,
ovunque si trovi» {Riforma n.
8 del 20 febbraio 1998). Sono
d’accordo. E su questo in Italia i cattolici sono «più avanti» di noi: la pastorale del lavoro da un lato, e dall’altro
sportelli informativi, corsi di
formazione, agenzie per il lavoro interinale. Il cattolicesimo sociale ha da tempo le
sue strutture (Adi, Gioventù
operaia cristiana, ecc.) atte a
ricevere finanziamenti pubblici, ora anche in nome
dell’investimento nel privato
La scoperta, alcuni giorni
fa, da parte dei vigili urbani di Modena, di una sorta
di prigione, una porcilaia,
dove venivano rinchiusi di
notte dei bambini africani
che di giorno lavavano i vetri
delle auto ai semafori, ha ri
portato in primo piano uno
dei problemi più vergognosi
di questa fine millennio: la
violenza sui bambini e lo
sfruttamento dei minori. Sono 75 milioni nel mondo i
piccoli schiavi che non conoscono né gioco né riposo. La
Convenzione sui diritti dell’infanzia, accettata da quasi
tutti gli stati del mondo, afferma all’art. 32 che i governi
sono obbligati «a tutelare il
bambino contro lo sfrutta
mento economico e a non essere costretto ad alcun lavoro
che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di
sociale nel quadro della riforma del Welfare State.
È questa la strada, entrare
nella gestione dell’esistente
con qualche richiamo alla
moderazione degli «eccessi»,
che vogliamo percorrere? La
vulgata dell’etica protestante
del lavoro ha prodotto lo stereotipo del protestante sgobborie, onesto e gran lavoratore. È questo il futuro del lavoro? A Torino, sul bagnasciuga
del mercato del lavoro, la
questione si pone fortemente
mentre la Fiat diventa ogni
giorno di più una realtà virtuale e un affare immobiliare.
Perché a fronte di modifiche strutturali dei contesti
non si può più procedere per
aggiustamenti e rattoppi. Bisogna trovare il coraggio di
dirsi che il lavoro nei confronti del capitale ha perso, a
parte qualche sacca di gloriosa resistenza, e che è necessario ripensare l’economia e
il nesso economia-società.
Affiancare al monitoraggio
delle mosse della grande
multinazionale la possibilità
di assumere l’economia solidale, i servizi alla persona e lo
sviluppo locale, non come
fattori redistributivi ma come
creatori di ricchezza per un
territorio. E a questo punto
decidere che ruolo far svolgere allo stato che in realtà tutti
vogliono «interventista», chi
per creare esternalità favorevoli*alla produzione (via libera alla flessibilità, agevolazioni di ogni genere) e chi come
partner economico e garante
dei servizi di pubblica utilità.
Il futuro dunque non è preconfezionato ne predeterminato. Nel distretto industriale
del Nord-Ovest c’è chi guarda
con interesse il Nord-Est in
vendita al capitale straniero
perché, lungi dal culto del
tempo libero, si sentono i limiti di un meccanismo economico che associa al lavoro
capitalistico la quantità di denaro circolante. L’economia è
un luogo cruciale di riconciliazione che non può più essere eluso né solo affrontato
in termini di aggiornamento
della strategia diaconale.
La Chiesa valdese su Internet
Si comunica che è stata pubblicata su Internet una prima parte del «sito» della Chiesa valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi) per il momento al seguente indirizzo web:
www.tpellice.it/chiesa-valdese
IL MATTINI
Elogio del mite
Nella pagina dei comm»
del 20 febbraio, Giusepi
Merlino propone un elol
della mitezza («Beatili^
perché salveranno il moi
do»): «Il mite - scrive
dissimula il male (...)
affronta con poche armi'i
prima (...) è la virtù dellaa
ranza: egli coltiva una ffloi
fia della storia che speran
trionfo dell’amore tra le età
ture e verso il creato, e lanj
tezza è una testimoniamn
favore di questa verità mi®
riosa. La seconda arniail
virtù della fortezza o coragp
(...). La terza (...) è la\|(
dello sdegno: il mite inseji
un sogno di nobiltà nei coi
portamenti (...), ma quai
la serie di brutalità e prep
tenze non accenna a intj
rompersi e anzi si accani»
contro i deboli o gli indifà
allora il mite pronuncia lepi
role incancellabili deU’inii
gnazione e compie i gesti di
lo sdegno. Leggere il Vangi
per credere. L’inoffensivoi
te può far inceppare podem
meccanismi perché è unii
corruttibile».
COREIERE DELLA Sfili
Come Lutero
Riprendendo un’intervisti
al «Giornale», che gli chiedi
va «se la grazia avesse qual
che volta “bussato a//a sui
intelligenza’’», Indro Monti
nelli ha detto che essa «“noi
mi ha mai visitato’’». La di
chiarazione è stata riprei
da «Avvenire», e ora (19 fet
braio) il decano dei giomil
sti italiani confessa a MieW
Brambilla del «Corriere»*
«‘T’ho cercata, la grazia, e»
me se l’ho cercata’’». Ma«
ci è permessa una battutiscrive ancora Brambilliquesta di Montanelli è®
dichiarazione di fede. Maii
fede di un protestante, noni
un cattolico. La fede in*
che professava Lutero e.pj
ancora, Calvino, per il Or
la salvezza è riservata solo)
quei predestinati cheD*
predilige. “Ma sì, io la pe®
come Lutero e Calvino. Su
mo ragionevoli; chi non v»
rebbe averla la fede? Evid®
temente, se uno non ce l’hi)
perché non gli è stata dati
conferma Montanelli. Lon®
no, quindi, dal credo catto'
co, secondo cui la salvezza
t ¥SÍ5Í!ÍÍ»SS<SSSSÍ
I diritti dei bambini
J
PIERO BENSÌ
nuocere alla sua salute o al
suo sviluppo fisico, mentale,
spirituale, morale o sociale».
Lo sfruttamento dei bambini contravviene a molti altri articoli della Convenzione
come l’obbligo dell’istruzione e della vita familiare. Cosa
ancor più disgustosa il fatto
che oltre un milione di bambini e bambine, anche molto
piccoli, sono costretti a prostituirsi. La maggior parte di
queste giovani vittime è concentrata nei paesi asiatici.
ma il numero è sempre crescente in Europa e America
Latina. Se la miseria è la
principale ragione di questo
vergognoso commercio, bisogna anche dire che l’incremento della richiesta di
bambini da sfruttare sessualmente viene proprio dal ricco Occidente, con una ricerca perversa di prede sempre
più giovani, molte delle quali
non raggiungeranno mai
l’età adulta per le sevizie e le
malattie. Il rapporto annuale
intutt
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ama il P'
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(Rubrica «Un fatto
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onda domenica 8 marzo)
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essa «“noi
o”». Lai
i La pietà
e il peccato
In tutta la parola di Dio traspare chiaramente il pensiero che Dio odia il peccato ma
ama il peccatore, ed anche la
chiesa, quale corpo di Cristo,
deve avere lo stesso sentimento. Noi come chiesa percepiamo la responsabilità di
far sentire sia l’amore di Dio
a tutti i peccatori che l’odio
verso il peccato. Questa distinzione è ovvia anche nel
caso dell’omosessuale e dell’omosessualità. L’apostolo
Paolo associa il peccato dell’omosessualità a tutte le altre immoralità (fornicazione,
adulterio... I Corinzi 6, 9-11 e
Romani 1, 18-32), nel senso
che l’omosessualità è simile
agli altri peccati che hanno
come conseguenza la perdizione eterna. Nel libro del
Levitico 18, 22 è scritto «non
avrai relazioni carnali con
uomo, come si hanno con
una donna: è una cosa abominevole». Dio dice abominevole, detestabile, esecrabile, infame, odioso, orribile...
Questa è la sua Parola per
tutti i tempi ed egli non la
cambierà.
In riferimento all’articolo
pubblicato su Riforma 4/98
(p. 10) «Il rogo della margherita», vogliamo considerare il
folle gesto dell’omosessuale
che si è dato fuoco in Piazza
San Pietro, ma la nostra pietà
non può cambiare né alterare
la parola di Dio, anzi ci spinge ad annunciare l’Evangelo
con maggiore zelo. Noi della
Chiesa evangelica battista di
Bagnoli sentiamo l’urlo di coloro cbe, tra la tolleranza e
l’indifferenza dei cristiani nominali, stanno scivolando
all’inferno per la mancanza
di una ferma e forte voce profetica, che condanni questi
peccati e provveda un rimedio per questi peccatori. Desideriamo annunciare la salvezza a tutti gli omosessuali,
non considerandoli diversi,
ma a pari di altri peccatori,
affinché si ravvedano e conducano una vita casta e santa. Questo non è un’utopia,
in quanto conosciamo diversi
omosessuali che dopo la conversione a Gesù Cristo, hanno lasciato con gioia il loro
peccato e servono il Signore.
A tal fine vogliamo rilevare
che alcuni di essi si adoperano a tempo pieno nel gruppo
missionario «Cristo è la risposta» e sono felici di rendersi utili dando dei chiarimenti in merito.
Riccardo Leonetti
per il collegio degli anziani
della Chiesa battista
di Bagnoli
S Una bella
trasmissione
Ho potuto vedere il programma televisivo «Stato di
grazia. Le Lettere Patenti ai
valdesi nel 1848», trasmesso
la sera di lunedì 16 febbraio
su Raidue grazie alla regisrazione di mio figlio. Ho avuto
una bellissima impressione
sulla realizzazione del racconto, originale nel metodo,
comprensivo nel suo messaggio storico (proposto
quasi in un succedersi casuale di interventi di Giorgio
Tourn, Giorgio Bouchard,
Giorgio Spini e di Denis
Mack Smith), attuale nella
presentazione di un’indicazione di scelta di vita.
La spontaneità di Ginevra
Colonna, accompagnata dalla voce suadente e malinconica di Piera Gravignani,
hanno saputo esaltare le scene proposte da Giovanni Koch, Giovanni Ribet e da Gianna Urizio. Mi viene spontaneo congratularmi con Giovanni Ribet per il felice intuito nella regia, che sicuramente ha dovuto adattarsi allo
spazio temporale accordato.
Leonardo Casorio
Castiglioncello (Li)
Ricordo dì
Elena Vigliano
Ci avviciniamo all’8 marzo:
questa ricorrenza per me è
ormai legata, e lo sarà sempre, al ricordo della perdita di
Elena Vigliano, una cara amica, e non solo per la quasi
perfetta coincidenza della
data (era mancata il 6 marzo). Elena non avrebbe voluto essere ricordata in modo
rituale, ma viene spontaneo
osservare quanto la grazia
della mimosa in fiore appuntata sul bavero della giacca si
intonasse con la gentilezza
del sorriso.
Delle molteplici articolazioni del suo lavoro penso
che sia giusto ricordare, oggi
in modo particolare, la sua
presenza di donna tra altre
donne, venute da lontano,
che vivono con grandi difficoltà, non solo economiche,
in questa nostra città e che
sono state private, con la sua
perdita, di un ascolto attento
e di una consapevole e attiva
solidarietà. Ci sono ben presenti le sofferenze delle donne di ogni parte del mondo,
dall’Algeria all’Afghanistan,
lontane, per le quali non
possiamo fare molto; ci sono
tante donne, vicine, che
hanno bisogno di noi: occuparsi di loro sarebbe un
buon modo per ricordare la
nostra amica.
Marvi Revelli - Torino
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MARZO 1998
Pena di morte
Dopo Karla Tuker si continua ad uccidere
Cultura
Scienza medica e coscienza etica
Islam
Come se ne parla a scuola?
Amish
Vivere, lavorare e pregare come secoli fa
Ebraismo
Dar Mitzvà, il giorno della responsabilità
^ Confronti- una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65 000;
»tenitore lire 120.000 con libro in omaggio). V®™»®®"*? 61288007
atestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, M184^ma,
®dete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503» i,. \ *
_ (indirizzo Internet: HttpV/hella.gtm.ifc'market/sclZhome.html_
Viviamo nella gioia e nell'amore, nella speranza e nella pace
Per Cristo, con Cristo e in Cristo
Si è fin troppo abusato di espressioni
come «per Cristo», «con Cristo» e «in
Cristo» (per non parlare poi delle guerre, che non sono né sante né giuste),
espressioni, queste, che si dicono ma
che non sempre si «praticano» o si sentono. Quante volte ci capita di incontrare persone che sembrano esserci
molto vicine (mi riferisco qui anche ad
ambienti evangelici) e poi non si interessano minimamente a noi, ma anzi
sparlano e ridono alle nostre spalle...
che vergogna!
Gesù combatteva e condannava
ripocrisia, lo sappiamo bene. Basta leggere TEvangelo secondo Matteo: «Guai
a voi, scribi e farisei ipocriti...»; il capitolo 23 è pieno di tali condanne, ripetitive ma esplicative. Non saremo forse
scribi e farisei nel senso religioso, ma
siamo comunque cristiani, cioè di Cristo, testimoni suoi. O siamo con lui, di
lui, o non lo siamo. Cristo non ci lascia
una via di mezzo, in questo è molto
chiaro. E che cosa dire del «non dire a
tuo fratello di togliere la pagliuzza che è
nell’occhio suo, se prima non togli la
trave che è nelTocchio tuo»?
Da una parte penso che questo probleitìa sia legato pure alla spiritualità e
sensibilità individuale (fino a un certo
punto); dalTaltra purtroppo è dovuto al
fatto che vivianio in una società che ci
influenza, ahimè, non poco (anche se ci
è difficile ammetterlo, perché non vorremmo che fosse così). E quindi, ecco
l’ipocrisia entrare a far parte quasi della
routiné; «Finché sto bene io, tutto ok».
Eppure non deve essere così!
Se abbiamo accettato Cristo e il suo
Evangelo, dobbiamo essere uniti, non
divisi; Cristo chiama alla riconciliazione,
all’unione, alla condivisione, non alla
separatezza, all’esclusione, alla derisione. Certo, una cosa che dobbiamo fare
di più è, a parte leggere la Bibbia con costanza, pregare per noi e per questo
mondo, e chiedere perdono al Signore, e
sottometterci e aprirci alla sua volontà,
senza ribellarci ma essendo pur sempre
noi stessi, questa volta nella misura di
veri cristiani; cioè di Cristo, «rivestiti di
una nuova umanità». Apparteniamo a
lui. Inoltre non senza motivo diciamo
insieme la preghiera più somma, il «Padre Nostro». «Nostro»: di noi, non solo
mio 0 solo tuo, ma nostro. Siamo chiamati a condividere, a stare in comunione: è un bisogno ma anche un dovere. E
se siamo veramente con lo spirito in Cristo, allora non può che formarsi un legame profondo e duraturo. Cristo, in fondo, è il Cristo. Non è un «pinco pallino»
qualunque ma è il Figlio di Dio, Tamore
di Dìo fatto uomo per noi.
Sappiamo che tra cristiani molte co
se non devono essere spiegate, perché
si capiscono da sole. Noi viviamo sotto
la benevola grazia di Dio, e viviamo veramente, con lo spirito giusto, per Cristo; è lui la nostra vita, dobbiamo testimoniarlo (è il motivo per cui viviamo);
con Cristo: è lui che ci guida e ci accompagna giorno dopo giorno; e in
Cristo, nell’amore suo per noi (infinito,
tanto che è morto per noi sulla croce) e
nostro per lui, siamo sorelle e fratelli,
viviamo solo per la grazia dello stesso
Dio. Cerchiamo, fratelli e sorelle (almeno i più giovani) di non tenere musi
lunghi, freddezza, distanza, chiusura, e
di non «istituzionalizzarci», ma cerchiamo invece di essere aperti al mondo intero, a ogni nostro prossimo, e di
essere anche nelle sofferenze (un aiutino: ricordiamoci di come e quanto Cristo ha sofferto per noi) una salda e vera
testimonianza.
Esplodiamo di gioia, noi che siamo di
Cristo, in Cristo, di e in colui che ci ha
ridato la speranza, l’amore, la pace, la
serenità e la salvezza! In Cristo; legati,
quindi, da una comunione intensa e significativa per la vita di ogni creatura su
questa terra. Cristo, infatti, ci chiama a
essere responsabili (anche degli altri),
non dimentichiamolo.
Cordelia Castorina-Milano
Morti per Aids
La notizia della prostituta
infetta da virus Hiv che avrebbe contagiato 5.000 persone tiene banco da diversi
giorni sui quotidiani e i telegiornali. Oltre mille italiani
hanno telefonato alla questura di Ravenna per chiedere
«delucidazioni in nome di un
amico», quando l’unica cosa
seria e giusta da fare è recarsi
al più vicino ufficio d’igiene,
al reparto infettivi dell’ospedale, per un test, anonimo e
gratuito. Dopo i primi anni, la
guardia è stata abbassata, e le
campagne di prevenzione sono soltanto quelle scandalistiche o le pietose delle varie
rubriche televisive. Intanto gli
italiani, che vanno a prostitute o a viados, si consolano alla
notizia che ora, dopo la scoperta e l’uso degli inibitori
delle proteasi, le morti per
Aids sono calate del 30%.
Sarà anche vero a livello
nazionale, quello però di cui
sono testimone è che nel solo
ospedale di Mestre, in un reparto con soli 16 posti letto, le
morti collegate al virus Hiv
sono state una trentina per il
1997! Dieci tra novembre ’97
e gennaio ’98, e tra questi ben
tre ospiti di Casa Eb-en-Ezer
di via Tatù a Mestre.
Purtroppo l’Aids continua a
colpire nonostante le statistiche, i decessi continuano soprattutto tra i fruitori di dro
ghe pesanti, e chi alla veneranda età di oltre 65 anni dovrebbe ritirarsi e lascia- re il
posto ai giovani, deve continuare perché, come già scritto, i malati di Aids sono sempre «un’altra cosa».
Giovanni L. Giudici
Mestre
Una parola
che edifichi
Noi protestanti abbiamo la
spiccata caratteristica della
critica e dell’autocritica,
molto meno quella del ringraziamento e della gratitudine nei confronti degli operai della chiesa. Mi sono soffermato a meditare sulla pagina riassuntiva dell’otto per
mille; quanto lavoro, impegno, dedizione. Anche l’occasione del 150° anniversario delle Lettere Patenti è
stata vissuto come una grande testimonianza della libertà deH’Evangelo: quanto
lavoro, impegno, dedizione.
Credo cbe dovremmo,
sempre di più, fare nostro
l’invito dell’apostolo Paolo:
«Se avete una buona parola
che edifichi, ditela». Non
dobbiamo subire l’ipercritica che certamente non edifica gli operai della chiesa che
vanno, invece, incoraggiati e
ringraziati con spirito di riconoscenza a Dio.
Roberto Mollica - San Mauro
CASA BALNEARE VALDESE
PIETRA LIGURE - BORGIO VEREZZI
Sono aperte le prenotazioni per soggiorni
presso la «CASA» che sarà aperta dal
21 MARZO 1998
Condizioni particolari per gruppi e famiglie Interpellateci!
Come è noto la Casa è situata in riva al mare
Rivolgersi alla direzione:
Albina e Nicolino Canu - Corso Italia 110
17027 Pietra Ligure (Sv)
telefono 019/611907 - fax 019/610191
oppure telefono 0122/901539
Convegno a Rieti il 19 e 20 marzo
La storiografìa
di Eugenio Dupré Theseider
A Rieti, da giovedì 19 a domenica 22 marzo presso il Circolo di lettura è organizzato un convegno storico su «La storiografia di Eugenio Dupré Theseider: temi e problemi». Il convegno viene proposto, nel centenario della nascita dello storico, dall’assessorato alla Cultura del Comune di Rieti,
dall’Università degli studi di Roma Tre, dall’Università di
Bologna e dall’Istituto storico italiano per il Medioevo. Ai lavori, che cominceranno alle ore 10 di giovedì e termineranno nella mattinata di domenica, prenderanno parte tra gli
altri il prof. Capitani dell’Università di Bologna con un intervento su «L’eresia in Italia tra Volpe e Dupré. Alcune riflessioni»; il prof. Volpato dell’Università di Roma Tre che parlerà su «Le lettere di Santa Caterina da Siena: tradizione manoscritta e nuova edizione» e il prof. MüUer dell’Università
di Erlangen con un intervento su «Dupré storico e credente».
Per favorire la partecipazione al convegno, è prevista l’assegnazione di 30 borse di studio di 500.000 lire a storici italiani e stranieri sotto i 35 anni, quale contributo alle spese di
soggiorno e di viaggio. Gli interessati dovranno far pervenire
al più presto alla segreteria del convegno (Convegno storico.
Assessorato alla Cultura del Comune di Rieti, 02100 Rieti,
sig.ra Dionisi, tei. 0746-287318 fax 0746-200080) la domanda
con generalità, recapito, curriculum accademico.
RTECIPAZIONI
RINGRAZIAMENTO
«lo so in chi ho creduto»
Il Timoteo, 12
Le figlie Enrica e Mariiena e i
familiari tutti della cara
Ida Poèt ved. Jahier
con profonda riconoscenza ringraziano parenti, amici e conoscenti che hanno preso parte al
loro dolore.
Un grazie particolare a tutto il
personale dell’Asilo di San Germano, alla signora Emma Durand
e al prof. Claudio Tron.
Pomaretto, 25 febbraio 1998
RINGRAZIAMENTO
«Solo in Dio trova riposo l’anima
mia, da lui viene la mia salvezza»
Salmo 62,1
La figlia Olga della cara
Susanna Caterina Garrou
ved. Ferrerò
ringrazia tutti coloro che l’hanno
aiutata e le sono stati vicini e di
grande aiuto negli ultimi anni di
vita della sua mamma.
Un grazie particolare alle signore Marilena Jahier, Vanda
Ciollet, Milena Martinat e al pastore Thomas Noffke.
Germanetta di Inverso Rinasca
6 marzo 1998
RINGRAZIAMENTO
«J’élève mes yeux vers les
montagnes... D’où me viendra
le secours? Mon secours vien
de l’Éternel, qui a fait
les deux et la terre»
Psaume 121,1-2
La cara Didi, Elena con Luciano
e Cristelle, Paolo con Mireille e
Maëva, papà e mamma, il fratello
Sandro, la madrina Lilly, zie, cugini, amici e i familiari tutti del caro
Piero Paschetto
profondamente commossi e riconoscenti per la dimostrazione di
affetto e di stima tributata al loro
caro, ringraziano di cuore tutti coloro che con presenza, scritti e
parole di conforto hanno preso
parte al loro dolore.
Un particolare ringraziamento
alle cugine Ina e Manuela, a Roberto e Vanda, Edi, Gerard, Cristina, Maurizio e alla famiglia
Grognardi, alla dott. Grand, a tutto il personale medico e paramedico dell’Ospedale valdese di Torre Penice, alla Cri di Torre Pellice
e ai pastori Mario Berutti e Bruno
Rostagno.
Torre Pellice, 13 marzo 1998
I necrologi si accettano
entro le 9 dei iunedì. Tei.
011-655278 e (fax) 657542.
Per la pubblicità su
tei. 011-655278, fax 011-657542
12
PAG. 1 2
RIFORMA
IMI?
VENERDÌ 13 MARZO ^g»
Impressioni di viaggio nell'Argentina di fine secolo - 3
Tra bisogno di Europa e sudditanza agli Usa
ADRIANO BOANO
IL fascino del dollaro, a cui
è stato fìttiziamente uguagliato il valore dei pesos in un
abbraccio mortale, rende
Buenos Aires un frenetico
ammasso neoliberista, dalla
cui omologazione emergono
talune vestigia della passata
importanza culturale, ridotte
come l’icona di Gardel a uno
sbiadito riflesso di quello che
egli rappresentava (compreso il soggiorno nel tristemente mitico Presidio di Ushuaia). Un ruolo soffocato dai
regimi che si sono succeduti
e non ricuperabile sulla base
dei presupposti che avevano
reso ambita la vita culturale
della città di Borges. E non
sempre queste rovine affioranti sono simboli presentabili: il cimitero di Recoleta restituisce l’arroganza opprimente dei suoi ospiti, in larga
maggioranza gerarchi e capitani d’industria, sotto forma
di imponenti tombe autocelebranti un potere tracotante
che sfoggia soltanto vacua
prepotenza: il massiccio Teatro Colon è dotato di palchi
riservati al Presidente, occultati alla vista del resto del
pubblico; una galleria d’arte
con le volte a cupola affrescate è stata trasformata in uno
dei centri commerciali più
esclusivi della capitale, la Galeria Pacifico. Quest’ultimo
restyling non deve stupire: è
un’altra espressione della
trasformazione sociale che
all’uscita dalla città di Salta,
nel nord-ovest del paese, ha
prodotto un centro commerciale chiamato Libertad, con
una azzardata inversione dei
termini rispetto alla realtà,
dove la libertà è ridotta a supermercato e la solidarietà,
come la giustizia, è vilipesa.
Forse per ritrovare un fondamento culturale decoroso
su cui basare un contratto sociale in grado di restituire
una dimensione nazionale si
assiste ora ad una ripresa
dell’interesse per il tango da
parte dei giovani, quasi che
Buenos Aires: manifesti di tango in sotterranea
con la danza nata nel bordello, scomunicata dal papa nel
1910 e proibita dai generali,
ritorni dall’esilio anche l’anima malinconica della diaspora dei perseguitati senza riuscire tuttavia a riproporre lo
spirito della milonga, il primo
tango scanzonato e turbinoso, come già aveva preconizzato Solanas nel 1985 (E1 exilio de Gardel), non dimenticando il bisogno argentino di
vedere legittimate dall’Europa le proprie espressioni.
Purtroppo, non a torto, i giovani individuano in questo
atteggiamento una resa al colonialismo europeo da cui
vorrebbero affrancarsi, perché sentito come omologo
della sudditanza agli Usa: si
va creando in questo modo
una pericolosa diffidenza
verso la supponenza di quegli esuli intellettuali che in
virtù del loro esilio si arrogano il diritto di dettare le modalità di superamento della
sottomissione a tutte le forme di colonialismo. Sono anch’essi colonizzati e, quel che
è peggio agli occhi di chi ha
subito la dittatura, usano il
loro esilio come elemento
nobilitante, sminuendo l’importanza di chi è rimasto,
mentre alcuni ragazzi mi
hanno detto che la giovane
Repubblica argentina non ha
mai conosciuto simili affrancamenti e quindi non è preparata a sviluppare nulla in
piena autonomia: «Un argentino comunque avverte la
condizione di colonizzato,
ma spesso la vive come un
retaggio irrefutabile». Pure
questo fa parte della tragicità
con cui l’America Latina elabora ogni aspetto della vita.
Forse per questa distanza
dalle pulsioni del paese reale
l’intellighenzia disprezza il
Quartato, musica sottoproletaria prodotta nell’Interior, in
particolare vicino a Cordoba,
e che narra drammoni alla
Rugantino in salsa tropicale a
cui si aggiungono sonorità
tanguere. Il dileggio nasce
dal fatto che nessuno l’ha ancora nobilitata e il sottoproletariato dedito a danzarlo si
costituisce in clan di teppistelli che come i vecchi gigolò prendono a pretesto, per
scatenare risse, qualunque
interessamento alle donne,
considerate di proprietà del
gruppo, rendendo così esclusiva anche la musica.
(continua)
Consiglio della Federazione protestante di Francia
Dichiarazione sulla corruzione
Il moltiplicarsi e l’ampiezza delle rivelazioni riguardanti affari di corruzione hanno
profondamente offuscato l’immagine della
classe politica e degli ambienti economici. I
comportamenti messi a nudo e posti sotto
inchiesta includono sia pratiche connesse al
finanziamento della vita politica, in particolare in materia di appalti pubblici, sia abusi
di beni sociali da parte di responsabili di imprese, spesso accompagnati da arricchimento personale.
Il fenomeno non colpisce solo la Francia;
è europeo e mondiale. Per varie ragioni, la
sua ampiezza si è notevolmente accresciuta
in pochi anni: l’aumento del costo della vita
politica, la perdita dei punti di riferimento
etici e il culto del «denaro facile», la mondializzazione dei mercati di capitali che permette una sofisticazione mai raggiunta finora nello svolgersi delle operazioni occulte, il
traffico mondiale degli stupefacenti e delle
armi, lo sviluppo delle strutture mafiose, costituiscono alcune di queste ragioni.
Di fronte a questa situazione, una doppia
evoluzione si è verificata nella nostra società: da un lato, si avverte un profondo sentimento di sfiducia dei nostri concittadini
nei confronti delle élite politiche o economiche. Questo sentimento del «tutti marci» è
portatore di gravi pericoli per la democrazia;
se perdurasse, farebbe soltanto il gioco degli
estremismi che vi trovano un terreno fertile
per diffondere le loro tesi. Dall’altro lato, è
cambiato il comportamento dei giudici e
della giustizia. Tutta una nuova generazione
di giudici si sta adoperando per opporre un
atteggiamento di fermezza ai comportamenti contrari alle leggi. Facendo prova di
un indubbio coraggio personale, essi hanno
istruito dossier senza discriminazione né riguardo rispetto alla posizione sociale, ricca
o potente degli indagati. Confortata dal
l’opinione pubblica, questa evoluzione appare ora irreversibile; viene però limitata dai
mezzi ridotti o addirittura arcaici di cui dispone la giustizia di fronte a reti che utilizzano a fondo le tecnologie più perfezionate.
Questa evoluzione ha dei lati molto positivi; pone però la domanda del controllo democratico della giustizia: alcuni sono pronti
a denunciare i rischi che essa comporta di
un «governo dei giudici».
La Federazione protestante di Francia
- prende atto della proposta governativa
di riforma della giustizia che, in particolare,
mira a porre fine al sospetto che pesa sulla
sua indipendenza nei confronti del potere
politico, nonché a potenziare e ad ammodernare i suoi mezzi.
- nota con soddisfazione che nuove misure vengono studiate per limitare il cumulo
dei mandati.
- incoraggia tutto ciò che va nel senso di
una maggiore trasparenza nel funzionamento dello stato, degli enti locali, delle associazioni e delle imprese.
- auspica che un dibattito sereno e approfondito porti ai necessari cambiamenti e
contribuisca a ripristinare la fiducia dei cittadini nei confronti della classe politica, il
che le sembra un elemento fondamentale
del buon funzionamento della democrazia.
- fa proprie le riflessioni della propria
Commissione sociale, economica, internazionale, le cui principali conclusioni le sembrano degne di essere riportate nel dibattito.
In democrazia, la dignità degli eletti è di
vegliare al buon funzionamento della vita
comunitaria. La corruzione invece porta in
germe la morte del vivere insieme. Pertanto
la Federazione protestante di Francia lancia
un appello alla vigilanza di tutti di fronte
agli eccessi provocati dall’idolatria del potere e del denaro.
Un'iniziativa della cooperativa missionaria Manantial
Una carta di credito per i pastori argentini
Con un’iniziativa senza
precedenti, una società di
carte di credito, una banca e
un’organizzazione missionaria hanno appena lanciato
sul mercato argentino una
carta di credito riservata ai
pastori e ai missionari. La società Visa, la banca argentina
Mercantil e la cooperativa
missionaria Manantial hanno
firmato un accordo che prevede il lancio della carta di
credito «Visa/Manantial» e il
versamento di una percentuale alla cooperativa.
Per ottenere la carta, il cui
limite di credito è stato fissato
a mille dollari, i pastori, i collaboratori delle chiese protestanti e altri membri designati
dai pastori, non avranno bisogno di fornire una garanzia.
Secondo l’Agenzia di notizie
d’America Latina e dei Caraibi
(Ale), la carta è destinata ad
aiutare i pastori è i collaboratori di chiesa che, non potendo giustificare un reddito sufficiente, non possono ottenere facilmente una carta di credito. «Per alcuni, è l’opera del
diavolo», precisa Erin Carneri,
missionario pentecostale e
membro del Consiglio d’amministrazione della cooperativa. Ma non è così. Se il Cristo
dovesse predicare oggi avrebbe un elicottero e una carta di
credito per poter andare più
veloce. I cristiani devono adattarsi ai tempi moderni.
Grazie alla percentuale àe
le verrà versata la cooperativa
missionaria, fondata lo scorso
anno, spera di finanziare rinvio di 50 missionari protestanti in India. «Non è una
carta di credito come le altresottolinea Erin Carneri -;è
destinata esclusivamente ai
protestanti, e il suo possesso
implica una responsabilità
morale». L’accordo è il risultato di un anno di negoziati
portati avanti dalla cooperativa Manantial. Questa iniziativa ha ricevuto una buona accoglienza, ha fatto notare Erin
Carneri, sottolineando che lo
chiese non assumeranno alcuna responsabilità riguardo
a queste carte di credito, (eni)
Dopo l'incontro nella residenza dell'arcivescovo di Canterbury a Londra
La Banca mondiale si dichiara disposta a dialogare
con le grandi religioni sulle questioni dello sviluppo
La Banca mondiale e le
grandi religioni mondiali istituiranno gruppi di lavoro misti sulle questioni dello sviluppo. L’annuncio è stato
fatto al termine di un incontro di alto livello di due giorni svoltosi al Palazzo di Lambeth, residenza dell’arcivecovo di Canterbury a Londra.
Copresieduto dall’arcivescovo George Carey e dal presidente della Banca mondiale,
James Wolfensohn, rincontro ha riunito rappresentanti
delle religioni cristiane: cattolica romana, anglicana, luterana e ortodossa (Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e Patriarcato di Mosca), e delegati baha’i, buddisti, giainisti, ebrei, musulmani, sikh e taoisti.
La politica della Banca
mondiale, che concede prestiti finanziati dai paesi ricchi industrializzati ai paesi in
via di sviluppo, è stata spesso
criticata dai responsabili di
chiesa, tra cui l’arcivescovo
Carey, e da diverse organiz
zazioni di aiuto umanitario.
Molti accusano la Banca
mondiale di ignorare gli interessi della popolazione dei
paesi che intende aiutare e di
esigere dai governi delle
riforme irrealistiche e dannose come condizione dei
prestiti. Il 19 febbraio James
Wolfensohn, americano nato
in Australia, ha riconosciuto
le critiche e la necessità di un
dialogo: «Se abbiamo torto,
siamo pronti ad ammetterlo
e a fare qualcosa. Se no, si riconosca quello che facciamo», ha detto nel corso di
una confrenza stampa tenuta al Palazzo di Lambeth, facendo osservare che «non
siamo a Hollywood, e questo
non è un esercizio di relazioni pubbliche».
La povertà mondiale non
sta diminuendo ma, ha detto
Wolfensohn, rincontro tra la
Banca mondiale e le comunità religiose ha sviluppato la
preoccupazione comune di
collegare i fattori materiali,
spirituali e culturali. Secondo
la Banca mondiale, circa un
quarto della popolazione della Terra (23%, ossia 1,3 miliardo di persone) vive con
meno di un dollaro al giorno.
Gli argomenti all’ordine del
giorno dei primi gruppi di lavoro sono già stati fissati: sviluppo comunitario, carestia e
sicurezza alimentare, gestione durevole deH’ambien<te,
preservazione del patrimonio
culturale, violenza e ricostruzione dopo i conflitti, educazione e servizi sociali.
Le comunità religiose saranno associate alla preparazione dei rapporti annuali
della Banca sullo sviluppo. Il
tema del rapporto dell’anno
2000 sarà «Understanding
Poverty» (Capire la povertà).
Durante la conferenza stampa l’arcivescovo Carey ha
sottolineato che la riunione
era stata un successo in
quanto aveva permesso rincontro di due approcci: quello della Banca, discendente,
e quello delle comunità religiose, ascendente.
Dopo la conferenza stampa
il vescovo Thomas Olmorijoi
Laiser, della Chiesa evangelica luterana della Tanzania,
ha fatto notare che nel suo
paese, diviso tra il cristianesimo e l’islamismo, le religioni
sono disposte a cooperare e
che la Banca mondiale potrebbe promuovere tale cooperazione. Il vescovo Laiser
faceva riferimento ai programmi di aggiustamento
strutturale della banca, i quali impongono alle economie
nazionali dei paesi del Terzo
Mondo riforme economiche
spesso ritenute troppo dure.
«La Banca mondiale ha l’abitudine di introdurre queste
riforme senza consultare le
comunità religiose. Ora penso che le consulterà». Questo
darà alle comunità religiose
la possibilità di intervenire
per ridurre gli effetti di questi
programmi sui più poveri.
AI giornalista che chiedeva
perché la Banca mondiale
avesse scelto di agire attraverso la Chiesa anglicana e
non attraverso un’organizzazione ecumenica come il
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec), il presidente
della Banca mondiale ha risposto: «Non lo so. Non pensavo di incontrare la Chiesa
anglicana, bensì un gruppo
di responsabili religiosi. L’arcivescovo ha avuto la gentilezza di offrirci i locali del suo
Palazzo, vecchio di 800 anni.
Quello che lui ha fatto in
.
Tuxtia Guttiérez, capitale dello stato del Chiapas, nel Sud-Est^
Messico. Il Messico è uno dei paesi in cui la Banca mondiale è intc
venuta massicciamente in questi ultimi anni
questo campo (lo sviluppo! ®
ben noto ed è difficile far
meglio». «Non è né trionfai'
smo né confessionalismo’N
ha detto ancora l’arcivesco
Carey, sottolineando oh®
attività previste tra la
mondiale e le comunità re
giose non sarebbero
in concorrenza con quelle
altri organismi di aiuW uW ^
nitario, come «Christian
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