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PERCORSI
DI PURIFICAZIONE
«Smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato»
Giovanni 2,16
Gesù pronuncia questa parola nel
momento della «purificazione del
Tempio» cioè mentre, ponendosi sulla
scia dei profeti, dà un insegnamento
accompagnato da un gesto (si può
pensare al giogo che Geremia si pone
sul collo. Geremia 28-29, e si può pensare anche al suggerimento che Gesù
dà ai discepoli di «scuotere la polvere
dai sandali» nell’allontanarsi dalle
città che non dovessero ricevere la loro
predicazione. Marco 6, 11). Che cosa
insegna Gesù? Egli non contesta tanto
un «mercato», che non abbiamo ragione di supporre disonesto, quanto piuttosto rimpianto stesso del culto del
Tempio, che vincola il popolo al rito,
lo sottopone alla mediazione, non lo
aiuta a crescere verso una fede adulta
e libera. Non c'è più bisogno di rito:
Dio è venuto a prendere dimora stabile
in mezzo al suo popolo, e anche se il
tempio dovesse andare distrutto bastano tre giorni a Dio per restituirci,
indistruttibile, il luogo definitivo
dell’incontro con lui.
Da alcune settimane il papa tiene
un corso di catechesi, alcune
puntate delle quali sono state dedicate
al paradiso, all’inferno e al purgatorio. Li ha «rivisitati», per così dire, cercando di parlarne come di situazioni,
anziché come di luoghi. Ma a parte
questa scontata modernizzazione, ha
ribadito la necessità di una purificazione completa dell’anima, dell’indispensabile soppressione di ogni sua
deformità in vista del godimento del
paradiso. La chiesa, secondo il papa
ovviamente, può intervenire nel processo di purificazione, ottenendo indulgenze ai defunti tramite le preghiere e le messe di suffragio, incoraggiate
dai lasciti dei sopravvissuti. Pare che il
papa sia stato spinto a tali rivoluzionarie affermazioni nientemeno che da
Vittorio Messori che lo avrebbe spronato a rimettere nel giusto risalto le
cose veramente essenziali (leggi: il destino ultimo delle anime nostre), troppo spesso dimenticate da predicatori
rei di interessarsi alle cose di quaggiù e
di pensare che l’Evangelo possa avere
qualcosa da fare con queste.
SI sperava che decenni di dialogo
ecumenico avessero potuto fare
giustizia di queste amenità da Medioevo. Non è così. Bisogna allora che,
senza volere dare lezioni a nessuno,
noi, da credenti evangelici interessati
n uno sbocco positivo del diilogo ecutnenico, poniamo qualche do,manda:
^ più importante il «luogo» in cui
^'anima va a collocarsi dopo la morte,
0 la comunione della persona con Dio,
instaurata dalla grazia ricevuta nella
fede? L’insistenza sulla necessità di un
percorso di purificazione rende ragione alla piena sufficienza del sacrificio
di Cristo? Puntare sui problemi
dell’anima e dell’aldilà non è un tra
gico aggiramento del dovere, a cui i
credenti sono chiamati, di rendere significativa la Parola per qui e per oggi con tutti i rischi che l’operazione
può comportare? Certo, non è facile
capire i gesti e le parole di Gesù. Non
ua sempre da sé. I discepoli non capicono il senso della purificazione del
Tempio, ci avverte Giovanni (2, 22), se
non dopo la risurrezione. Ma la fede
nel Cristo risuscitato e vivente, luogo
primo e ultimo dell’incontro con Dio,
del perdono e della vita, li rese capaci
di predicare quell Evangelo che è sfida
c possibilità di una fede adulta, libera,
cesponsabile, gioiosa, capace di rischiare nel quotidiano.
Salvatore Ricciardi
SE ITIMAN VLK DELLE CHIESE EWNi.ELK HE ILVI I LS l E. METODLSTE, VALDESI
- Viaggio in una regione distrutta dall'esplosione di cieche rivalità, antiche e moderne
In Kosovo fioriscono i semi delPodio
Le cause economiche o politiche non spiegano a sufficienza la violenza che in questi anni sta
sconquassando i Balcani^ tantomeno quelle religiose. Le culture locali e la struttura familiare
GIANNA URIZIO
1 ponti, distrutti e da ricostruire:
nelle drammatiche vicende che
infiammano i Balcani ormai da
quasi 10 anni i ponti sembra rappresentino un simbolo chiave di
quanto sta avvenendo. A Mostar,
con l’antico ponte medioevale
andò distrutto un legame tra Oriente e Occidente. Nei recenti
bombardamenti della Nato i ponti
sono stati un obiettivo strategico
importante del tentativo di isolare
le diverse zone della Serbia e impedire comunicazioni e rifornimenti.
Oggi i ponti da ricostruire sono
sia quelli reali che quelli metaforici
tra le culture. Anche a Mitrovica,
un’importante cittadina industriale e mineraria del Kosovo, un ponte è oggi il teatro degli scontri che
coinvolgono le K-For e i kosovari
albanesi. Si tratta di un ponte ampio, moderno. È il ponte che collegava due zone di Mitrovica: quella
vecchia, in maggioranza abitata da
kosovari albanesi e quella moderna, a popolazione mista, oggi soprattutto serba, trasformata in
ghetto protetto dalle forze armate.
Gli albanesi vogliono ritornare in
forze a prendere possesso delle loro case abbandonate e liberare i
pochi che vi sono testardamente
rimasti. Ma soprattutto vogliono
saldare i conti con i serbi.
Il ponte è bello largo e moderno,
l'asfalto è distrutto, il filo spinato
rende difficile l’attraversamento.
Nel suo mezzo, dopo il check-point
francese, mi fermo a osservare le
due parti di città: una moderna, da
realismo socialista, con sulle alture
un monumento ai caduti della seconda guerra mondiale, e l’altra distrutta, dove si intrawede il minareto. Per sei giorni ho girato il Kosovo con gli operatori dell’Ics, il
Consorzio italiano di solidarietà,
che ha buone relazioni con il Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in
Italia. Sono ragazzi giovani che si
sono formati nei campi profughi in
Croazia, nei progetti di aiuti in Bosnia e in Albania. Ora sono in Koso
Distribuzione di vettovagliamenti a Krushemat
vo, ma sono anni che si misurano
con le drammatiche conseguenze
dell’implosione della penisola balcanica. Il loro intervento è materiale, ma il loro sforzo è quello di aiutare a ricostruire una società civile
più tollerante, multietnica, creando nuove relazioni umane. Dove
intervengono costruiscono un centro comunitario per le attività dei
bambini, delle donne, in un dialogo difficile con culture che sono
molto distanti dalle nostre.
Il paesaggio spesso collinare è
disseminato di minareti come nelle
nostre vallate alpine di campanili e
ci ricorda che qui la popolazione è
in maggioranza islamica. Ma nelle
case ci è stato offerto spesso oltre il
caffè, spesso il raka, la grappa albanese. Le donne anziane vestono il
costume tradizionale ma le donne
giovani vestono normalmente con
pantaloni, sbracciate e senza foulard. Visitando il Kosovo colpisce di
più la struttura dei villaggi, compo
sta da molti recinti con varie case
al loro interno. Sono i luoghi dove
abitano le famiglie allargate composte da genitori e i vari fratelli con
le loro famiglie. Le figlie lasciano le
case paterne per raggiungere altre
famiglie. Lina famiglia può essere
normalmente composta anche da
30-40 persone. La strage del marzo
1998 in un paese vicino a Drenica
dove furono trucidate 80 persone
era in realtà la distruzione di tutta
la famiglia di Adem lashari, uno
degli esponenti di spicco deU’Uck.
Questa struttura resiste spesso
anche nelle città, dove non è insolito che in una o due villette vicine
viva il gruppo famiglia. Il gruppo
famiglia è il luogo centrale per vita
degli individui, dove crescono e ricevono la loro formazione. Nei villaggi il potere viene gestito comunitariamente. Non ci sono elezioni
ma le decisioni vengono maturate
insieme nel dibattito, i capi emergono naturalmente: una specie di
Chanforan del giorno d’oggi. Ho
partecipato a un incontro per la ricostruzione di una scuola con i responsabili del paese di Krushemat;
nella distribuzione delle bibite si
palesava una precisa e rispettata
gerarchia tra gli interlocutori.
Di tutto questo finora noi non
abbiamo tenuto molto conto. Abbiamo assimilato gli albanesi (o
meglio gli abitanti dei balcani) di
volta in volta a noi, ovvero abbiamo rapidamente liquidati come
«ortodossi» o «islamici»; abbiamo
analizzato l’area con i nostri criteri
politici e culturali e non abbiamo
colto la complessità della regione.
Ci sfuggono le cause dell’implosione dell’ex Jugoslavia, rapidamente
modernizzata dal comunismo ma
nel profondo rimasta legata ad antichi modelli culturali.
Abbiamo ricercato cause economiche e politiche che spiegassero il
fenomeno secondo i canoni occidentali, senza comprendere il rapporto complesso che si era sviluppato in questa regione dopo la seconda guerra mondiale, tra stato
comunista-comunità nazionali e
che si è spezzato a partire dal 1989.
Così dal 1990 di volta in volta risultiamo spiazzati e annichiliti di
fronte all’odio e alla rivalità cieca
che esplode e non riusciamo a spegnere l’incendio etnico alimentato
proprio da questo dato culturale.
Nel frattempo gruppi di potere
contrapposti alimentano e utilizzano spregiudicatamente il dato culturale in un gioco al rilancio senza
fine, dove le vittime sono le popolazioni partecipi di queste culture.
Mentre andranno avanti le discussioni politiche per la sistemazione di quest’area, gli aiuti che vi
stanno già affluendo dovranno misurarsi con questi problemi. Bisognerà cercare di non sovrapporsi
di nuovo alle culture locali ma di
interagire con queste, con i segmenti di società democratica urbana che pure esiste, in un processo lento ma necessario di trasformazione. Anche per noi.
(la prima parte di questo reportage
è stata pubblicata sul numero scorso)
MEDITAZIONE
Dal 22 agosto a Torre Pel lice
Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste
Si è aperto domenica 22
agosto a Torre Pellice il
Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, con il culto
inaugurale presieduto per
la prima volta da una
donna laica, Maddalena
Giovenale Costabel. Commentando i sentimenti di
insicurezza che caratterizzano l’attesa del nuovo
millennio, la prédicatrice,
a partire dal testo di Isaia
29, 17-24, ha affermato
che a queste profezie più
o meno astruse i cristiani
devono contrapporre 1 amore di Dio per gli esseri
umani, un amore così
grande «da permetterci di
sperare malgrado le nostre paure». Al termine del
culto sono stati consacrati
al ministero pastorale
Monica Michelin Salomon, Emanuele Fiume e
Davide Ollearo. Presente
una delegazione della
Conferenza episcopale
italiana (Gei), composta
da mons. Giuseppe Chiaretti, presidente del Segretariato per l’ecumenismo
e il dialogo della Gei, da
mons. Francesco Coccopalmerio, vescovo ausiliare di Milano, e da don
Mario Polastro (Pinerolo).
Erano inoltre presenti il
vescovo di Pinerolo, monsignor Piergiorgio Debernardi, e il vescovo emerito
della stessa diocesi, mons.
Pietro Giachetti. (nev)
Dal 26 agosto a Ginevra
Sessione del Comitato
centrale del Cec
Dal 26 agosto al 3 settembre si svolgerà a Ginevra la riunione del Comitato centrale del Consiglio
ecumenico delle chiese
(Cec), alla quale prenderanno parte 158 delegati
protestanti e ortodossi, in
rappresentanza delle 336
chiese membro del Cec.
L’evento tematico centrale sarà la plenaria sull’Africa che avrà luogo sabato 28 agosto. Il programma della sessione rispecchia i nuovi metodi
di lavoro adottati dal Cec
in occasione del suo 50“
anniversario; accanto alle
sedute plenarie, sono
previsti spazi di discussione, chiamati «Padare»,
e lavoro in piccoli gruppi.
I principali temi trattati
saranno; il ciclo del millennio dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc); la crisi del
Kosovo e la reazione delle
chiese nelle situazioni di
conflitto; l’ermeneutica
ecumenica; il movimento
ecumenico e la sua ragion d’essere a lungo termine; verso un dialogo
tra protestanti e ortodossi
all’interno del Cec; il culto e la spiritualità ecumenica; l’avvenire della religione; l’evangelizzazione;
punto di vista ecumenico
sul futuro dell’Europa;
decennio «vincere la violenza». (Cec info)
Il principio protestante
di FRANCO GIAMPICCOLI ,
• A PAGINA
ECUMENE
La XXXVI sessione Sae
di EMMANUELE PASCHETTO
CHIESE!
La festa del XV Agosto
di MARCO ROSTAN
EDITORIALE«»
L’Algeria dimenticata
di JEAN<JACQUES PEYRONEL
Dottrina del purgatorio
2
PAG. 2 RIFORMA
All’A;
Della Parola
VENERDÌ 27 AGOSTO
«'Non a noi,
o Signore,
non a noi,
ma al tuo nome
dà gloria,
per la tua bontà e
per la tua fedeltà!
^Perché le nazioni
dovrebbero dire:
“Dov’è il loro
Dio?’'
''Il nostro Dio
è nei cieli;
egli fa tutto ciò
che gli piace,
loro idoli sono
argento e oro,
opera delle mani
dell’uomo.
''Hanno bocca
e non parlano,
hanno occhi
e non vedono,
%anno orecchi
e non odono,
hanno naso
e non odorano,
'hanno mani
e non toccano,
hanno piedi e non
camminano,
la loro gola
non emette
alcun suono.
"Come loro sono
quelli che li
fanno,
tutti quelli che in
essi confidano.
"Israele, confida
nel Signore!
Egli è il loro aiuto
e il loro scudo.
'"Casa d’Aaronne,
confida nel
Signore!
Egli è il loro aiuto
e il loro scudo.
11 Voi che temete
il Signore,
confidate nel
Signore!
Egli è il loro aiuto
e il loro scudo.
'^Il Signore si è
ricordato di noi;
egli benedirà,
sì, benedirà
la casa d’Israele,
benedirà la casa
d’Aaronne,
'"benedirà quelli
che temono
il Signore,
piccoli e grandi.
'HI Si^ore
moltiplichi le sue
grazie a voi
e ai vostri figli.
'"Siate benedetti
dal Signore,
che ha fatto
il cielo e la terra.
'H cieli sono
i cieli del Signore,
ma la terra
l’ha data
agli uomini.
"Non sono i morti
che lodano
il Signore,
né alcuno
di quelli che
scendono nella
tomba;
'"ma noi
benediremo
il Signore,
ora e sempre.
Alleluia»
(Salmo 115)
IL SALMO DEL PRINCIPIO PROTESTANTE
La netta demarcazione tra cieli e terra indicata al versetto 16 è la radice
di quello che il grande teologo Paul Tillich chiamava «il principio protestante
»
FRANCO GIAMPICCOLI
OGNI fede, religiosa o filosofica, porta il proprio contributo al patrimonio culturale
dell’umanità. 11 protestantesimo
porta quello che si potrebbe
chiamare un «vaccino anti-idolatrico». Esso consiste nel riconoscere tra la sfera divina e
quella umana un equilibrio tale
da impedire che il divino si diluisca e si sciolga nell’umano o
che qualsiasi aspetto dell’umano venga divinizzato.
Questo vaccino è talmente
connaturato con il protestantesimo che un grande teologo di
questo secolo, Paul Tillich, non
si è peritato di chiamarlo «il
principio protestante», affermando che esso «ci protegge dai
tentativi del condizionato di
usurpare il posto dell’incondizionato nel pensiero e nell’azione. È il giudizio profetico che
condanna l’orgoglio religioso,
l’arroganza ecclesiastica, l’autosufficienza secolare, e le loro
conseguenze distruttive*».
Ogni protestante che si rispetti
ha in sé questo vaccino anti-idolatrico, senza saper dire quando
e come gli è stato inoculato, e lo
sente reagire ogni volta che si
trova in situazioni in cui il condizionato, l’umano, tenta di «usurpare il posto dell’incondizionato
nel pensiero e nell’azione». Si
può trattare di episodi di religiosità popolare come la venerazione di una Madonna di gesso che
piange lacrime di sangue umano
o come l’identificazione di una
macchia di umidità sulla facciata di una casa con Timmagine
miracolosa della testa di Padre
Pio. Ma si può trattare anche di
episodi in cui in nome della mediazione si calpestano diritti e si
baratta la libertà di coscienza
nella scuola pubblica.
Non si tratta qui di fare l’elenco e la casistica delle situazioni
idolatriche né di misurare il grado di reattività del vaccino nei
loro confronti. Si tratta di chiedersi da dove viene e qual è la
«formula» di questo vaccino anti-idolatrico, di questo principio
protestante. Se è protestante,
non può non venire dalla Bibbia. Ed ecco infatti, tra vari altri
testi della tradizione profetica, il
Salmo 115 che presenta un’indicazione molto precisa in riferimento al tema anti-idolatrico.
Il salmo è tutto intessuto di
una netta contrapposizione tra
il Dio vivente e gli idoli morti.
Dio agisce secondo la sua libera
determinazione, gli idoli sono
impotenti. In una serie di brevi
affermazioni, il salmo sbugiarda
gli idoli mettendo in evidenza la
loro incapacità di vivere e di agire, la loro essenza di morte. Riprende poi la contrapposizione:
da una parte coloro che pongono la loro fiducia negli idoli,
dall’altra quanti la pongono nel
Dio vivente. A questi è annunciata e impartita la benedizione
del Dio dell’universo, il Signore
che ha fatto il cielo e la terra.
A questo punto il salmo inserisce una precisazione illuminante: «I cieli sono i cieli del Signore, ma la terra l’ha data agli
uomini» (v. 16).
Una netta
demarcazione
E questa la «formula» del vaccino anti-idolatrico, la radi
ce del principio protestante: una
netta demarcazione tra cieli e
terra, tra l’ambito di Dio e l’ambito delle cose umane. L’ambito
di Dio, in questa metafora spaziale, è indicato con il cielo, in
cui Dio sta e fa quello che gli
piace (v. 3), con i cieli che appartengono al Signore (v. 16).
Nel tempo in cui, a differenza di
oggi, lo spazio non poteva essere solcato dall’essere umano, i
cieli fisici indicavano chiaramente un ambito inaccessibile e
totalmente fuori della portata
umana, un ambito escluso perciò da ogni possibile manomissione, da ogni manipolazione,
da ogni pretesa umana di potere
sulla divinità.
L’ambito delle cose umane è
invece la terra, l’ambito del
creato distinto dal Creatore, in
cui l’essere umano non solo si
sente a casa ma anzi è legittimamente di casa, perché è l’ambito
che è dato agli esseri umani, è
affidato, è consegnato con un
atto di fiducia da Dio all’essere
umano (Gen. 2, 15). Questo ambito, da cui Dio non è assente,
ma che Dio liberamente affida
continuamente agli umani, è
l'ambito stupendo della responsabilità e della libertà dell’essere
umano. Questa netta demarcazione è la sola difesa, il solo scudo contro la tentazione idolatrica. Dove questa distinzione viene sfumata, coperta, annullata,
confusa, là nasce l’idclatria.
Dove dalla terra si sconfina
nel cielo, collocando nella dimensione dell’Assoluto elemen
ti della dimensione del relativo,
della terra, come la Nazione, la
Classe, l’Uomo, il Mercato, là
nasce l’idolatria delle ideologie
collettive o individuali. Dove la
demarcazione tra cielo e terra
non è mantenuta e si perde perciò una terra come spazio liberato da poteri e forze magiche, e
come tale affidato all’essere
umano, per ritrovarsi in una terra fatta di un’indistinta mescolanza di naturale e sovrannaturale, là nasce l’idolatria, l’attenzione attanagliata da forze occulte che si pensa determinino il
destino umano, che si ritiene di
poter controllare o delle quali ci
si sente senza difesa.
Dove al posto di questo taglio
netto tra cielo e terra si instaura
una scala ininterrotta di livelli
diversi che vanno da Dio agli inferi, con un’istituzione che ritiene di averne il controllo e di avere il potere di canalizzare il divino nell’essere umano e di elevare la creatura al livello divino,
dettando a Dio chi oltre a lui ha
da abitare il cielo, là è aperta la
porta all’idolatria della sacralizzazione dell’umano e della coartazione religiosa della libertà e
della responsabilità umana.
bontà e per la tua fedeltà!». In
quanto protestanti abbiamo ricevuto forse più chiaramente di
altri il messaggio della demarcazione essenziale tra cielo e terra
e lo abbiamo accolto. Badiamo a
non farne la nostra gloria, il nostro vanto (il nostro idolo!), un
motivo di altezzosa superiorità
su chi non ha capito o non sa
vedere l’importanza di questo
stacco tra cielo e terra.
A Dio solo la gloria, dice questo salmo e ripete il motto calvinista. Al tuo nome soltanto
dà gloria, o Signore, per la tua
bontà e la tua fedeltà, perché
malgrado la nostra malvagità e
infedeltà possiamo essere testimoni della tua bontà incurante
delle nostre contraddizioni umane e della tua fedeltà paziente
verso le nostre confusioni.
(Prima di una serie
di tre meditazioni)
(*) Paul Tillich, L'era protestante, Claudiana, 1972, p. 193.
Note
omiletkhf
A prima vista la,
chiarazione del v,
riprende il filo deiiaj '
nedizione sacerdoti
sembra essere una n,
clamazione sapien|
tradizionale. Il cieW
residenza trascende»
ed esclusiva del '
Tro
EM
«T
(Sal. 104, 2 ss; 113_JJ
«che Dio non potren
mai lasciare», comej
ceva fantasiosamente
Talmud (Sukka 5a)I
impedire ogni incrini
ra della trascendenza!
vina. La terra è, invaj
l’orizzonte specifico¡J,
l’uomo in cui egli è
locato per «lavorarli.
custodirla» (Gen 2,15]i
A questa prima coi
statazione superficie
se ne deve sovrappoi
subito un'altra dirett
mente integratane!
logica del salmo. «I ei
sono i cieli del Signoi
è una dichiarazioned
riprende la polemica!
w. 3-7. «I cieli non SOI
popolati da una pleiaj
di divinità come inni
gina la fantasia politi
stica dei pagani; in#
parola non sono lasd
di un pantheon, bendi
dimora regale dell’mit
Dio, signore dell’unin
so (8, 7-8)» (Lancellotf
La terra, in
nuova luce interpreti
va, è il dono della tei
promessa messasi
sposizione di nuovoj
Israele dopo l’oscurap!
rentesi dell’esilio. Lato
scendenza di DioèJan
dice della gioia, del he
nessere, della retribi
zione del suo fedele (Si
25, 12-14; 37, 23-40)1
Dio vivente non puòd
dare vita e benessei
l’idolo morto nonp
che offrire morte.
(da Gianfranco Raw
Il Libro dei Salmi, Edii
ni Dehoniane, Boloj
1985, voi. III, p. 378)
La scala
AI nostri fratelli e alle nostre
s
.sorelle che sono particolarmente esposti a questo rischio
idolatrico dobbiamo dire con
serenità e fermezza che l’unica
scala tra cielo e terra è quella
che Gesù ha fatto intravedere ai
suoi discepoli. Con il linguaggio
dell’Antico Testamento, e cioè
con riferimento al sogno di Giacobbe con la scala su cui gli
angeli scendevano e salivano
(Gen. 28, 10-15), Gesù conversando con i suoi discepoli parla
di questo salire e scendere degli
angeli sul Figlio dell’uomo
(Giov. 1, 45-51). Gesù allude così a un collegamento tra il Creatore e la creatura interamente e
unicamente nelle mani di Dio
(gli angeli) e centrato unicamente nella persona del Cristo
(sul Figlio dell’uomo). Egli è
l’unico punto di contatto tra
cielo e terra che Dio ha posto
per la nostra salvezza.
Detto questo, certo con positive reazioni del vaccino anti-idolatrico di ogni buon protestante,
è bene che non dimentichiamo
l’inizio del nostro salmo: «Non a
noi, o Signore, non a noi, ma al
tuo nome dà gloria, per la tua
Preghiamo
Signore,
mi trovo tra te e il tuo mondo,
tra cielo e terra.
Porto disordine al tuo cielo,
a me stesso e agli altri,
e la terra resta senza Dio,
l’umanità abbandonata.
Vorrei vivere tra cielo e terra
in tal maniera
da dare spazio a te,
alla tua luce, alla tua presenza.
Dal cielo spalancato
hai parlato a Gesù Cristo.
Parla anche a me.
Aiutami a dare spazio al tuo spirito
che scende dal cielo aperto.
0 Dio, Signore e creatore
di ogni creatura,
la terra non può contenerti
né il cielo racchiuderti,
vorrei renderti libera la via
verso il mio cuore,
affinché cielo e terra
si uniscano qui, dove sono,
come si sono riuniti in Cristo.
Padre, tu sei nel cielo,
mi sei dunque vicino,
mi proteggi e mi sostieni,
mi accompagni
lungo le vie di questa terra,
la tua terra.
pregar
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D. 378)
^.p^iFRni 27 AGOSTO 1999
7- Ecumene
PAG. 3 RIFORMA
^ Chianciano: conclusa la XXXVI sessione di formazione ecumenica del Sae
Trovarsi insieme per pregare o trovarsi per pregare insieme?
____puuAtlUELE PASCHETTO
rpROVARSI insieme per
« 1 pregare o trovarsi per
nregare insieme?». Questa è
stata la domanda con cui padre Jacques Dupuis, gesuita,
dell’Università gregoriana di
noma, ha aperto la relazione
fondamentale della XXXVI
sessione di formazione ecumenica del Sae. Il tema del
Convegno, «La preghiera, respiro delle religioni», aveva
l’amhizione di affrontare uno
degli aspetti essenziali della
pratica religiosa, ponendo a
confronto credenti delle
principali fedi viventi, ed evidenziando i punti di contatto, le analogie, le peculiarità
di ognuna per quanto riguarda il rapporto con la divinità.
È già il terzo anno che il
Sae, uscendo dal confronto
interconfessionale, interno al
cristianesimo, si è aperto al
dialogo con le altre religioni.
Per ora sembra che i risultati
siano alquanto modesti. Da
uria parte si sente il peso dei
problemi non ancora risolti
nell’ambito dell’ecumenismo
cristiano: valga per tutti la
questione deH’intercomunione che si impone drammaticamente ogni anno al momento dei culti delle diverse
confessioni. Dall’altra si nota
la scarsa presenza delle altre
religioni: due o tre persone al
massimo per ognuna e i musulmani e i buddisti sono per
lo più italiani convertiti. Se
ciò può essere positivo perché la loro esperienza viene
espressa in maniera comprensibile, restano però dei
dubbi sulla loro serenità nei
confronti del cristianesimo
. CA.E ' ' "
ATIfiVìTJk ECmtHiCm,
litlUal
XXXVI SF.SMtiNÌ. ui tOPV w'h ‘Si. r i i. MFMCA
LA PREGHIERA
RESPIRO DELLE RELIGIONI
Piero Stefani, Gioacchino Pistone, Paolo Ricca
(foto M. D’Auria)
da cui sono usciti e, senza voler sminuire l’autenticità della loro scelta di fede, sulla loro rappresentatività.
L’impressione sulla sessione di quest’anno è che sia
stata in tono minore. Poche
facce nuove tra i relatori e i
conferenzieri, la presenza dei
protestanti, degli ortodossi e
degli ebrei, invece di allargarsi sembra restringersi. Per la
prima volta ho provato una
senso di angustia e la sensazione che la settimana di studio del Sae stia rischiando di
diventare un raduno di cattolici al quale gli esponenti delle altre confessioni e religioni
sono invitati per confermarli
nella bontà della loro opzione
ecumenica. Indubbiamente
c’è un po’ di stanchezza a affiora un certo nervosismo tra
i cristiani delle tre confessioni
che l’incombere del Giubileo
e il clima di fine pontificato
non aiutano a dissipare.
Tra i momenti migliori della
sessione le meditazioni bibliche mattutine, affidate con felice scelta a persone di grande
spessore teologico e umano:
ogni giornata si è cosi aperta
nel modo migliore. La settimana, come avviene ormai da
tempo, è stata conclusa da
uno studio del pastore Paolo
Ricca, esemplare per chiarezza, passione e capacità di
coinvolgimento. «Molti nomi,
un solo Dio» era il tema affidatogli e tra i molti nomi di
Dio il pastore Ricca ha estratto quello che Agar, la serva
egiziana di Sara, diede a colui
che la salvò nel deserto: «Colui che mi ha vista». Non solo
perché Dio è «Colui che vede», ma perché ognuno deve
incontrare Dio e farne esperienza personale: in questo
modo ogni persona chiamerà
Dio e gli darà il nome che corrisponde alla propria esperienza di salvezza e di vita.
A margine del convegno
l’esperimento del cambia
mento di località non può
dirsi riuscito. Chianciano e la
Toscana meridionale sono
molto belli, ma la sistemazione non era felice. I 400 partecipanti hanno dovuto essere
sistemati in sei alberghi diversi. Le riunioni si svolgevano ovviamente in uno solo,
ma ognuno doveva tornare al
suo albergo per mangiare e
dormire e questo ha costituito un grosso ostacolo alla fraternizzazlone e allo scambio
di idee. D’altronde la soluzione Chianciano era stata considerata transitoria dallo stesso direttivo del Sae che si è
ben reso conto delle difficoltà
logistiche che sono sorte.
Tornando alla domanda
iniziale di padre Dupuis, possiamo dire che ci siamo trovati insieme, ma che forse
ognuno ha pregato per conto
suo 0 nella piccola cerchia
delle sorelle e dei fratelli più
stretti. Slamo ancora lontani
dal pregare insieme, perfino
tra cristiani ci raccogliamo
per gruppi affini. Forse prima
di pensare ambiziosamente
ad unire nella preghiera credenti che hanno modi molto
diversi di esprimere la loro fede, dobbiamo cercare il contatto, il rispetto, l’amicizia sul
piano umano e dello scambio
culturale. E parallelamente
allargare con pazienza e costanza la cerchia della vera
comunione fraterna cominciando da quelli che ci sono
più vicini e via via ampliando
l’orizzonte lavorando seriamente per togliere gli ostacoli
che secoli di storia hanno accumulato e che la paura, l’orgoglio e la superbia umana
non vogliono eliminare.
La questione sollevata da un articolo di don Mario Polastro
A proposito dell'intercomunione: Dio unisce, Satana divide
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EMMANUELE PASCHETTO
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Nel numero 31 di Riforma
(30 luglio) don Mario Polastro, in margine all’incontro delle coppie interconfessionali tenutosi a Torre Pellice dal 10 al 12 luglio, fa una
bella rihessione sulla questione dell’intercomunione
affermando che il detto di
Gesù: «Quel che Dio ha unito,
l’uomo non lo separi» non
può non essere applicato anche alla cena del Signore. Le
chiese (in particolare la cattolica e le ortodosse) contravvengono ^ questo comandamento di Gesù non permettendo alle coppie miste di essere unite al momento della
comunione. Ampliando il discorso don Polastro auspica il
tsggiungimento dell’ospitalità eucaristica «per il bene
tion solo delle coppie miste
ttta di tutti i cristiani».
Questa rihessione ci trova
pienamente d’accordo. Se la
frase di Gésù vale per il mafritnonio, non solo nel suo
sspetto fisico.e etico, ma anpor più in quello spirituale,
impedire a uno dei coniugi
secesso all’eucaristia è una
^evaricazione inescusabile.
di più, avendoci Dio uniti, cattolici, ortodossi, evangelici, grazie al sacrificio di
Gnsto che ci ha resi tutti suol
frgli e figlie, sorelle e fratelli
ts noi, perché degli esseri
umani, al momento della ceUs del Signore, il segno più
importante di questa unità, si
sentono in dovere di separare
gli uni dagli altri?
. ^,1 ascolta la parola di Dio
msieme e insieme la si comthenta, insieme si prega e si
santa, si invoca lo Spirito
Perché sia presente, soffi su
I oro che sono radunati, ilumini menti e cuori spinandoli verso l’unità: lo Spiriu opera e ci fa riconoscere
reciprocamente cristiani, figli
e figlie dello stesso Padre. Poi
al momento della Comunione questo riconoscimento
cade, perché qualcuno si arroga il diritto di negare l’accesso al pane e al vino al credente o alla credente di altra
confessione. Un essere umano ha il coraggio di dire a un
altro essere umano che «non
è autorizzato» a condividere
la Cena con i fratelli e le sorelle? Non nascondiamoci
dietro a dei sofismi: c’è qualcuno che ha la sfrontatezza
di richiamarsi al nome di Dio
mentre dice a un credente in
Cristo: «Tu non sei cristiano».
Le prime opere di misericordia che Gesù ci insegna
sono: dare da mangiare agli
affamati e da bere agli assetati. Si prepara il banchetto eucaristico e coloro che hanno
fame del pane della vita e sete della coppa della salvezza,
richiamati dagli elementi po
Quaderno speciale di «Confronti»
L'ecumenismo del 2000
La rivista «Confronti» ha appena pubblicato un quaderno
speciale su «L'ecumenismo del 2000». Il quaderno presenta
un’ampia panoramica dell’VIII Assemblea generale del
Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) che si è svolta ad
Harare, capitale dello Zimbabwe, dal 3 al 14 dicembre 1998.
L’A^emblea di Harare è stata particolarmente importante sia perché è coincisa con il cinquantesimo anniversario
della fondazione del Cec, sia perché ha cercato di indicare
una nuova via al movimento ecumenico del prossimo secolo «Harare e il dopo-Harare - scrive la redazione di Confronti nell’introduzione - hanno dimostrato che l’appuntamento africano chiude un’epoca del Cec e ne apre un altra,
chiude Tecumenismo del secolo ventesimo e si affaccia su
quello del secolo ventunesimo. L’Assemblea è importante
come evento in sé, e come punto di passaggio inevitabile
verso un ecumenismo più ampio e maturo».
Il quaderno presenta:
• una cronistoria dell’Assemblea di Harare;
• il Messaggio finale deU'VIII Assemblea,
• il Messaggio sull’Africa;
• la Risoluzione su Gerusalemme;
• il Documento sulla globalizzazione;
• la Lettera dal «Decennio delle Chiese in solidarietà
con le donne»; ^
• un intervento della pastora battista Elisabeth E. Green;
• un intervento del pastore valdese Salvatore Ricciardi;
• un’intervista alla pastora statunitense-messicana
MinervaCarcafto; , ,, ,
• un’intervista alla pastora anglicana Rose J. Hudson
• un’intervista al teologo ortodosso Nikolas Lossky,
• un’intervista al teologo cattolico Roger-Jean Tillard;
• un’intervista al pastore Konrad Kaiser, segretario
generale del Cec.
sti sulla mensa apparecchiata, si avvicinano per saziarsi e
dissetarsi. Dio li ha invitati,
raccogliendoli dalle strade,
dai fossi, dietro le siepi, ma
coloro che devono servire
questo pasto dicono «No!»,
selezionando, accogliendo
uno e respingendo l’altro: si
rendono conto della incredibile responsabilità che si accollano davanti al Signore?
«Ora ciascuno esamini se
stesso, e così mangi del pane
e beva del calice; poiché chi
mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro se stesso, se non discerne il corpo
del Signore» (I Corinzi 11, 2829). Discernere il corpo del
Signore significa riconoscere
l’unità della chiesa, non creare separazioni, come facevano coloro che seminavano
divisioni neU’assemblea (11,
18) e all’agape fraterna disprezzavano la chiesa di Dio
umiliando i poveri (11, 23).
Non ci è lecito fare distinzioni e dire tu puoi nutrirti di
questo pane e di questo vino;
tu, no! Voi fate parte di questo corpo; voi, no! Chi giudica
i fratelli e le sorelle, chi considera gli altri non fratelli e non
sorelle, fa ricadere su di sé il
giudizio. Quanto più forte
sarà dunque il giudizio per
coloro che amministrano la
Cena e sentenziano; tu puoi
mangiare e bere, tu no! Sono
loro che non riconoscono il
corpo del Signore.
La parola diabolos significa
«colui che separa». Satana è
colui che divide gli esseri
umani da Dio, gli uomini e le
donne gli uni dagli altri. Chi
serve la cena del Signore e separa fratelli e sorelle, distinguendo fra chi può riceverla e
chi deve astenersene, compie
opera di divisione assumendosi una tremenda responsabilità e correndo il rischio di
passare da ministro di Dio a
servo del suo avversario.
Dal Mondo Cristiano
I L'impegno delle organizzazioni umanitarie
per la ricostruzione del Kosovo
ROMA — Prosegue in Kosovo l’impegno per la ricostruzione,
realizzato da varie organizzazioni umanitarie, fra cui anche il
Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia. Fra gli organismi di ispirazione cristiana si
segnala, per l’incisività dell’intervento, l’agenzia Adra della
Chiesa awentista del settimo giorno, che in un mese ha distribuito razioni alimentari sufficienti per 30 giorni a ben 250.00(1
profughi kosovari che rientravano nel paese. Attualmente, gli
avventisti sono attivi in Kosovo con alcuni centri medici, hanno
iniziato un programma di bonifica e riparazione di 1.500 pozzi
inquinati in 60 villaggi e la ricostruzione di 105 scuole. (nev)
La Federazione battista europea:
non dimenticare i profughi serbi e Rom
LONDRA — Le gravi responsabilità della Serbia durante la
guerra in Kosovo non possono far dimenticare il «dramma silenzioso» degli oltre 150.000 profughi di etnia serba e Rom che
si sono riversati in territorio serbo. Lo ha affermato, di ritorno
da un viaggio nell’ex Jugoslavia, il presidente della Federazione battista europea, David Coffey, che ha invitato tutti i cristiani a sostenere gli sforzi profusi dalle chiese evangeliche jugoslave nell’impegno per l’assistenza ai profughi. Se la comunità
internazionale non interverrà, ha detto Coffey, il prossimo inverno in Serbia sarà una vera e propria catastrofe. (nev)
Annemarie Dupré eletta vicepresidente
del Consiglio italiano per i rifugiati
ROMA — Il 27 luglio è stata rinnovata la presidenza del Consiglio italiano per i rifugiati (Gir) del quale la Federazione delle
chiese evangeliche in Italia (Feci) è membro fondatore. Il presidente uscente, on. Bruno Trentin, si era dimesso dall’incarico quando era stato eletto nel Parlamento europeo. Sono stati
eletti come nuovo presidente Giovanni Conso, già ministro di
Grazia e Giustizia e come vicepresidente Annemarie Dupré,
coordinatrice del Servizio rifugiati e migranti della Fcei. (nev)
Rimesso in libertà un diacono
di una chiesa pentecostale di Siracusa
CATANIA — Alla fine di luglio il Tribunale della libertà di
Catania ha rimesso in libertà Filippo Barbagallo, diacono di
una chiesa pentecostale di Siracusa, arrestato il 5 luglio con
l’accusa di aver ucciso la cognata. Commentando il fatto di
cronaca, alcuni quotidiani (Il Messaggero, Libertà di Siracusa)
avevano usato espressioni gravemente offensive nei confronti
dei pentecostali (Il Messaggero titolava: «Chi sono i pentecostali; usano la Bibbia come un’arma»), suscitando le reazioni
di buona parte del mondo evangelico. Il tribunale ha scarcerato Barbagallo perché le accuse contro di lui «costituiscono
soltanto un’ipotesi accusatoria», così come «ipotetici appaiono i moventi». «Intanto - è il commento del pastore battista di
Siracusa, Salvatore Rapisarda - i quotidiani non danno quasi
più notizia dell’evento: non c’è più il mostro da sbattere in
prima pagina. Non c’è una parola di scusa». (nev)
Gran Bretagna: eletto ¡1 nuovo
presidente della Chiesa metodista
LONDRA — I metodisti britannici hanno eletto il loro prossimo presidente (che assumerà le funzioni nel giugno del
2000) nella persona del pastore Inderjit Bhogal, originario di
una famiglia indiana di religione sikh e residente in Sud Africa. Trasferitosi in Gran Bretagna all anni, Bhogal è diventato
metodista, senza però recidere le sue radici nella comunità
sikh. Diventato pastore, si è attivamente occupato di dialogo
interreligioso. In un comunicato, i metodisti britannici precisano di non aver «eletto un sikh» alla presidenza, bensì «un
pastore cristiano nato in una famiglia sikh e che non ha rifiutato questa eredità diventando cristiano». (nev/eni)
Germania: no delle chiese
all'apertura del negozi la domenica
BERLINO — Le chiese tedesche protestano contro le pressioni esercitate dai grandi esercizi commerciali per ottenere l’apertura domenicale dei supermercati. Sfruttando una clausola
dell’attuale legge, che consente l’apertura dei negozi in occasioni di festività locali, il grande magazzino Kaufhof sulla centrale
Alexanderplatz di Berlino ha organizzato, il 15 agosto, una festa
per i trent’anni della costruzione di una fontana sulla piazza, attirando così decine di migliaia di clienti nei suoi locali. Per il vescovo Manfred Kock, presidente della Chiesa evangelica tedesca, l’istituzione di un giorno di riposo settimanale «è uno dei
più validi risultati culturali della tradizione ebraico-cristiana».
Consentire l’esercizio del commercio nei giorni festivi, ha aggiunto, potrebbe portare a pressioni per ottenere il lavoro domenicale anche in altri settori dell’economia tedesca, (nev/eni)
Sud Africa: la Corte dice no alle
punizioni corporali nelle scuole cristiane
PORT ELIZABETH — Alla richiesta fatta dall’organizzazione
cristiana Cesa (Christian Education South Africa) di ripristinare le punizioni corporali nelle scuole cristiane, il giudice Hennie Liebenberg ha risposto no. «Dopo millenni di sviluppo e di
civiltà, le direttive date ai genitori in alcuni passi biblici non
sono più adeguate e non fanno parte della dottrina religiosa
cristiana», ha precisato il giudice, contestando gli argomenti
presentati davanti alla Corte dal direttore della Cesa, lan Vermooten. «Autorizzare la punizione corporale a scuola - ha aggiunto - equivarrebbe ad autorizzare coloro che hanno fatto
questa richiesta a praticare la loro religione o cultura contravvenendo alla legge e violando la costituzione». (eni)
4
PAG. 4 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 27 AGOSTO
—
*■
1%^
A proposito di un'opera del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen
L^nvolontarìa comicità del dottor Stockmann
L'atmosfera creata dall'autore, che influenza il cinema di ingmar Bergman,
fa tutt'uno con un lavoro impietoso dei moti dell'anima e dell'interiorità
FRANCO CAMPANELLI
Allorché Henrik Ibsen
diede alle stampe una
delle sue ultime opere teatrali, certo non la più famosa,
Un nemico del popolo (1882)',
poteva difficilmente immaginare quanto questa sarebbe
stata fraintesa lungo l’arco di
quasi un secolo. Cercheremo
di capire i motivi che causarono tale travisamento, per
arrivare poi a una lettura più
aderente, più vicina ai proponimenti dell’autore.
Un primo spunto ci viene
dall’analisi critica di un noto
saggista, Claudio Magris, forse un po’ datata ma perfettamente sintomatica di un certo tenore culturale onnicomprensivo in voga negli Anni
70, quando alta era la presunzione di tutto conoscere
e spiegare, malcelando talvolta una cifra ideologica e
un dogmatismo di basso
profilo. Ecco come ci è presentato il personaggio chiave
del dramma, il dott. Stockmann: «È il tipico reazionario
il quale, vivendo sino in fondo e senza patteggiamenti le
contraddizioni della società
borghese, è spesso l’unico
che ne paga il fio. (...) La sua
enfasi è comica perché si pone in uno stridente contrasto
con la realtà, ma ha la verità
presente in ogni solitudine,
anche in quella aberrante. Il
superuomo in papalina e con
l’ombrello è pure un critico
autoritratto di Ibsen: intellettuale solitario che rampogna
la totalità politica ponendosi
al di fuori di essa»^
Di questo giudizio, di questa riduttiva concezione
«marxista», secondo la quale
tutto ciò che sfuggiva a una
certa ortodossia intellettuale
sapeva semplicemente di
«piccolo borghese reazionario», se non altro denota
«l’incapacità di penetrare nel
discorso sottile e fecondamente ambiguo di questa
commedia che, pur non essendo un capolavoro, era
molto cara a Ibsen» (Giovanni Antonucci).
Che cosa dunque vuole dirci la commedia, qual è il suo
intimo significato? La vana
lotta di un idealista contro la
corruzione dominante; e tuttavia Ibsen vuole alleggerirla
con un gioco ironico di chiaroscuri, talché il suo tono e il
suo dispiegarsi hanno l’impronta di Kierkegaard: «L’uomo più forte del mondo è
quello che è più solo», esclama Stockmann verso la fine
dell’opera; dunque osserveremo il personaggio non come un eroe senza macchie
solo dedito al bene comune,
ma semplicemente come un
uomo con le sue debolezze e
le sue contraddizioni sociali.
La storia di Stockmann è la
storia di una serie di scoperte, e da queste si sviluppa
l’orditura della commedia;
scopre che l’acqua su cui la
città termale fonda la sua
prosperità è inquinata; che la
classe dirigente, ma anche
tutta la comunità, sono corrotte e inquinate come l’acqua; che anche l’opposizione
è d’accordo nell’impedire
che si sappia la verità; che il
vero nemico della libertà è la
tirannia della maggioranza.
Ecco allora che il teatro di Ibsen ha il suo centro di interesse nell’anima, nei suoi
conflitti interiori, da svelare
al di là di ogni maschera imposta dalle convenzioni sociali. James Joyce, recensendo la commedia’, coglieva
proprio nel segno, allorché
affermava; «Quanto sarebbe
stato facile aver scritto Un
nemico del popolo in una for
Ibsen e l’altro grande drammaturgo scandinavo August Strindberg
hanno infiuenzato profondamente la poetica del regista svedese Igmar
Bergman (qui sopra un’immagine dai film «Sussurri e grida», 1972)
ma plausibilmente più elevata, sostituendo al "bourgeois”
l’eroe tradizionale! I critici,
allora, avrebbero esaltato come sublime ciò che invece
hanno spesso condannato
come banale. Ma per Ibsen
gli aspetti esteriori non hanno importanza. L’essenziale è
il dramma».
Così Stockmann, l’ingenuo
e insignificante funzionario
amministrativo dello stabilimento termale, alla notizia
del suo licenziamento non si
perde d’animo e con un supplemento di incoscienza (diremo noi) ha ancora l’ardire
di affermare; «Non aspettarti
che io lasci campo libero
all’opinione pubblica, alla
maggioranza compatta, e alle altre loro diavolerie! A nessun costo! Ed è così semplice, così chiaro quello che voglio. Voglio solo far capire a
questa massa di cretini che i
falsi democratici sono i più
subdoli nemici dell’uomo libero, che gli interessi dei
partiti stroncano sul nascere
ogni verità giovane e degna
di vivere, che gli opportunismi e i riguardi sconvolgono
la morale e la giustizia, cosicché la vita in questo paese finisce per diventare una cosa
degradante. Non credete capitano, che io possa riuscire
a farlo capire a tutti?» (pag.
243). Egli rimarrà sconfitto
dalle forze coalizzate della
menzogna o dell’interesse e
tuttavia la sia battaglia non
sarà stata inutile. La lettura
dell’opera mi ha coinvolto
intimamente, il tema essendo estremamente attuale;
voglio dire che, come nella
commedia, si vive quotidianamente faccia a faccia con
il compromesso, con l’ansia
costante di rapporti negativi
con il prossimo; fingiamo per
poter sopravvivere, come
ipocritamente si dice, per
non fare la fine del dott.
Stockmann, per mantenere
le nostre posizioni guadagnate sul campo (dell’accomodamento, della servile accondiscendenza); con la rassicurante convinzione che
«tanto le cose non cambiano
mai, a chi può servire navigare controcorrente».
Forse ora siamo in grado di
comprendere il vero messaggio di Ibsen, quello di farci
confrontare con le nostre
continue scelte; con la scelta,
pur stupida ma coerente di
Stockmann; per far sì che ci
chiediamo se non sia meglio,
qualche volta, arrischiare un
pochino del nostro quieto vivere, anche a costo di mettere in gioco le nostre tanto
amate fortune. Proprio al cospetto dell’insignificante normalità di Stockmann, siamo
quindi invitati a dar conto del
nostro coraggio; quegli decide di mettere a repentaglio
l’avvenire suo e della propria
famiglia per una causa più
che giusta; noi fin dove giungiamo? Quando ci saremo accorti di essere rimasti molto
indietro, a motivo della nostra indecisione, potremo finalmente capire e forse concedere un po’ di ammirazione al personaggio; il quale
non è affatto l’autoritratto
dell’autore, ma semplicemente il frutto della sua lucida intelligenza e della sua
grande umanità.
(1) Henrik Ibsen: Un nemico
del popolo (da «Tutto il teatro»,
voi. 3). Newton tascabili, 1998.
(2) Claudio Magris, Introduzione a H. Ibsen: Drammi. Milano, Garzanti, 1988.
(3) James Joyce: Fortnightly Review. 1900.
Gli atti di un convegno dell'associazione «Biblia>
L'uso della gestualità nel testo biblico
PAWEL GAJEWSKI
TVT ON si è in grado di
entrare in rapporto
con gii altri se non attraverso
il corpo», scrive Piero Stefani
nell’introduzione al volume
«La gestualità e la Bibbia»*.
Queste parole del curatore
della pubblicazione sono
una sorta di sintesi, ovvero
un’idea guida di un approccio multidisciplinare al tema
raramente affrontato nella
letteratura teologica italiana.
Il libro mette a disposizione
del lettore le relazioni contenute negli atti del convegno
svoltosi presso la Biblioteca
Palatina di Parma l’8 e il 9
giugno 1996.
Otto contributi, provenienti
da diverse tradizioni religiose
e confessionali seguono due
piste di riflessione, la Bibbia
ebraica e la tradizione sinagogale e il patrimonio teologico e liturgico del cristianesimo. Una particolare attenzione merita un ricco materiale
iconografico che costituisce
una parte integrale della pubblicazione. Le 32 tavole a colori, commentate da Giorgio
Schianchi nel saggio conclusivo del volume (Ijx gestualità
nei programmi iconografici
del battistero di Parma), possono essere considerate una
particolare guida a uno dei
più bei monumenti dell’architettura religiosa in Italia.
11 volume si apre invece con
due articoli dedicati alla gestualità nella Bibbia ebraica.
Paolo De Benedetti («Con
mano potente e braccio disteso» Il manifestarsi di Dio nel
linguaggio della gestualità
umana) traccia un ampio panorama filologico e antropologico dell’argomento. Daniele Garrone (La gestualità dei
profeti) presenta invece un
ottimo lavoro esegetico, analizzando tutti e 32 i brani che
narrano gesti o azioni simboliche con le quali i profeti
hanno espresso l’azione di
Dio 0 la realtà di Israele di
fronte a Dio. Questi due studi
biblici sono completati da
due contributi di tipo liturgico. Il rabbino Elia Kopciowski
(La gestualità di Mosè e l’eredità biblica nella liturgia
ebraica). Lo studio, molto radicato nei testi biblici, è
un’ottima introduzione generale alla teologia del culto sinagogale. Elena Bartolini (Il
Piero Stefani
linguaggio del corpo) presenta invece un’ampia riflessione
sulla danza come parte integrale della liturgia e della spiritualità ebraica. La lavanda
dei piedi come gesto molto
carico di significati è la parte
centrale del saggio di Adriana
Destro e Mauro Pesce (La gestualità nei libri della Bibbia).
Dalla parte del Nuovo Testamento e della tradizione
cristiana bisogna collocare gli
articoli di Giancarlo Biguzzi
(Gesù e la gestualità) e di Chino Biscontin (L'eredità biblica nella gestualità liturgica
cattolica). Il titolo del testo di
Biscontin può ingannare il
lettore, è troppo riduttivo rispetto ai contenuti dell’articolo. Biscontin parlando della gestualità liturgica cristiana (e non tanto cattolica nel
senso strettamente confessionale della parola) fonda la
sua riflessione nei testi biblici
e nella riflessione teologica
sul corpo. 11 volume, con la
sua veste editoriale molto curata, corredato di bibliografie
molto aggiornate, diventa un
sussidio veramente indispensabile per coloro che considerano la Bibbia una «lettera
viva» ma anche per coloro
che, partendo dalle posizioni
puramente laiche, desiderano approfondire le ripercussioni culturali e antropologiche dei testi biblici.
P) Biblia. Associazione laica di
cultura biblica. La gestualità e la
Bibbia (a cura di Piero Stefani),
Brescia, Morcelliana, 1999, Isbn
88-372-1718-8.
Un libro di Elisabeth Johnson
La croce di Cristo
e la teologia femminista
FULVIO FERRARIO
Due ragioni mi invitano a
presentare l’ampio studio che la teologa americana
Elisabeth Johnson dedica alla
dottrina di Dio*; la prima è la
contestazione della regola
non scritta, ma abbastanza
ferrea e altrettanto miope,
che considera «politicamente
non corretto» che un uomo
parli di teologia femminista;
la seconda è l’obiettivo interesse del libro.
La prima delle 5 ampie parti in cui il volume si articola
riassume le ragioni di fondo
della teologia femminista. La
seconda tratteggia le «risorse» di tale teologia, cioè le
sue fonti che sarebbero, nell’ordine, l’esperienza interpretata dalle donne, la Scrittura é la tradizione teologica;
Johnson condivide il sospetto
radicale della maggior parte
delle sue colleghe nei confronti del carattere fatalmente «androcentrico», cioè legato a un punto di vista unilateralmente maschile, della teologia cristiana classica di tutte le confessioni, ma si sforza
di «salvarne» dimensioni e
frammenti che sarebbero riutilizzabili in una prospettiva
femminista. La terza parte
presenta una dottrina delle
persone trinitarie elaborata a
partire dal simbolo biblico
della sophia (sapienza); Johnson ritiene necessario sconvoJgere l’ordine tradizionale,
partendo dallo Spirito per
giungere, attraverso la sophia
fatta carne in Gesù, a parlare
della Sophia-Madre; la tesi,
non nuova, ma presentata
con molta chiarezza e organicità, è che l’immaginario
femminile-materno si presta
in modo eminente a ri-dire la
testimonianza biblica su Dio.
L’autrice è attenta a sottolineare che vanno valorizzate
non solo le immagini relative
alla tenerezza e alla disponibilità, ma anche quelle che
parlano della forza materna e
cita al riguardo le madri e le
nonne di Plaza de Mayo. La
quarta parte sviluppa la centralità dell’idea di relazione
come categoria fondamenta
le di un discorso su Dio eh
sia coerentemente trinitario
per concludere con la ripre^
in chiave femminista delli
grande parola di Esodo 3 che
dà il titolo all’opera, Dio come Colei che è.
Proprio la limpidezza espo.
sitiva di Johnson favorisce!)
formulazioni delle domande
critiche di fondo, la principa,
le delle quali vale anche pei
molte altre teologie conte,
stuali; l’esperienza delle don.
ne (o dei/delle poveri/e
dei/delle neri/e eccetera) {
una «fonte» della teologia ((;
della fede), oppure un punto
di vista a partire dal quale si
interpreta la Scrittura, cheèt
resta l’unica «fonte»? Johnson propende abbastanza
nettamente per la prima possibilità, aiutata in ciò dall)
sua tradizione confessionale
(è una suora cattolica, docente alla Fordham University di
New York) che da sempre
teorizza una pluralità di fonti
della rivelazione.
Il libro, che cita frequentemente e con entusiasmo
l’opera di Sally McFague sui
Modelli di Dio recentemente
tradotto dalla Claudiana, costituisce un’ulteriore, bella
testimonianza della fecondità, per la teologia, dello
sforzo di ampliare il repertorio delle immagini utilizzate
per parlare di Dio. Anche
qui, però, sembra spesse volte che il solo criterio perla
scelta delle immagini siala
loro capacità di esprimerei!
punto di vista della teologa;
fino a che punto la croce di
Gesù costituisce ancorai!
criterio critico per ogni immagine di Dio? Ma appunto,
simili obiezioni valgono pei
molte opere di questo tipo,
Johnson si distingue per nitidezza di pensiero, capacità
didattica, dimestichezza coi)
la tradizione teologica soprattutto cattolico romana e
per un certo sforzo di sobrietà a proposito di Maria.
(*) Elisabei'h Johnson: Colei
che è. 11 mistero di Dio nel discorso teologico femminista,
trad. it. a cura di Maria SbaffiGirardet, Brescia, Queriniana, 199S,
pp. 550, £ 60.000.
Il calendario della Claudiana
Nuova veste grafica per
il calendario «Valli Nostre»
Un nuovo formato, una grafica rinnovata e un consistenti
apporto di Guido Odin, per molti anni fotografo e titolare oj
una galleria d'arte a Torre Pellice (ora gestisce con il «
proprio Museo della bambola a Parigi) contraddistinguono "
calendario Valli nostre 2000 pubblicato dalla Claudiana. OlV^
al notevole livello delle immagini (le altre si devono a Angejtt
Actis, Bruno Avondetto, Michele d’Ottavio, Gianni BenecchiO’
Andrea Vinti), il calendario propone una serie di schede infot'
mative plurilingue (e corredate a loro volta di foto) su figitt‘
storiche come Pietro Martire Vermigli, opere delle chiese evangeliche in Italia (fra l’altro l’ospedale napoletano di Ponticet«
«Villa Betania» e le scuole materna e elementare «Gesù di NazOr
reth» della Chiesa luterana), la presenza valdese nel Rio df ^
Piata. Sulla quarta di copertina, plastificata come la primn<
fanno mostra, in formato ridotto, le stesse immagini che OC'
compagnano i mesi all’interno. Il calendario, il cui progetto
grafico si deve a Umberto Stagnaro, è in vendita a £ 12.000.
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comma 20/B legge 662/96 - Filiale diTorino
f raso di mancato recapito si prega restituire
ai Attente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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La Giornata Giovanni Miegge, con la bella e seria discussione sull’identità e spiritualità protestante di fronte alla sfida dei nuovi movimenti religiosi, in particolare quelli sommariamente compresi sotto il cappello new-age, organizzata
come negli ultimi anni dal Centro culturale insieme al corpo
pastorale, ha rappresentato uno dei momenti «alti» della settimana sinodale. Sono stati sottolineati l’apertura, il dialogo
e al tempo stesso i punti di irriducibile contrasto, a cominciare dalla reicarnazione. In serata i rappresentanti dei Centri
culturali in Italia hanno svolto la periodica riunione di coordinamento, nel corso della quale si è tra l’altro sottolineata
l’importanza del prossimo Forum della cultura previsto per
il 25-26 settembre a Ecumene, sul tema della comunicazione
e dei suoi mezzi, in rapporto alla cultura riformata.
Il punto su diaconia e occupazione
Il peso economico
della chiesa alle Valli
GIORGIO TOURN
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Nel corso dell’ultima Conferenza del I distretto a
San Giovanni è emerso nel dibattito sulla diaconia un dato
significativo, che già in altre
occasioni si era avuto modo di
rilevare: il peso economico
che la nostra chiesa ha attualmente nell’area delle Valli.
Peso non nel senso che dispone di molti capitali, come a
volte la gente sembra pensare,
e l’otto per mille non ha sostanzialmente mutato la situazione (mutata invece radicalmente nella Chiesa cattolica
anche se non se ne parla), ma
nel senso che le nostre opere
diaconali, come tutti possono
facilmente capire, sono centri .
di attività economica e di conseguenza posti di lavoro. Si
dice spesso, e la cosa non è
lontana dal vero, che nell’area
la Chiesa valdese è la seconda
industria dopo la Riv Skf.
Vero 0 no, la realtà è quella.
Di questo aspetto imprenditoriale della nostra diaconia è
bene che ne prendano coscienza tutti: la comunità valdese, i
lavoratori e gli enti pubblici, e
non solo ne prendano coscienza come di un dato ma come
di un problema perché, come
tutti sanno, il grande cambiamento che si sta verificando
nella nostra società è proprio
su questo punto: la fine del
lavoro garantito. Non siamo
nella situazione di totale instabilità dell’economia statunitense ma ci stiamo avviando a qualcosa di analogo.
L’impostazione manageriale
delle Asl, per alcuni aspetti
non ingiustificata, che rischia
di incidere profondamente
nella funzione dei nostri ospedali con conseguente riduzione dei posti di lavoro, la
sempre crescente difficoltà
negli istituti per anziani (e
non solo valdesi) di ordine
economico porranno i comitati davanti a scelte difficili.
1
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1_J_ A
VENERDÌ 27 AGOSTO 1999
Nell’ottica cultural-turistico-enogastronomica che
ormai domina quasi tutti i depliant destinati a orientare i
visitatori del nostro territorio,
la realtà complessiva delle
valli valdesi non esiste più.
Le singole valli, se mai, riemergono a pezzetti, un po’
qui, un po’ là, come possibilità di uso all’interno dei famosi o famigerati «pacchetti»
di proposte turistiche. Integrate nelle «Montagne doc»
dell’Azienda di promozione
turistica e in chissà in quali
altri opuscoli che ci affliggeranno di qui alle olimpiadi, i
valdesi, quando esistono, ci
sono soltanto più a Torre Pellice e dintorni. La vai Germanasca è ormai individuata come sede dello Scopriminiera,
ANNO 135-N. 33
LIRE 2.000 - EURO 1,03
È dunque evidente che nessuno può pensare di gestire i
suoi problemi di lavoro solo
nell’ambito di una sua politica; né la chiesa, né i lavoratori, né gli enti pubblici della
valle. Che cosa produrrebbe
infatti una crisi del settore diaconale? La perdita di posti di
lavoro nell’immediato ma in
prospettiva l’impossibilità per
i giovani di sistemarsi in valle
e cioè il decadimento del tessuto sociale dell’intera area. E
interesse della gente andarsene altrove in cerca di lavoro?
No di certo, ma non è neppure
interesse della comunità civile
che ciò avvenga e non per mero calcolo elettorale, perché
perdendo popolazione i piccoli Comuni finirebbero per sparire e i fondi andrebbero altrove, ma perché un’area impoverita umanamente significa
degrado, abbandono. Vogliamo una valle che sia una concentrazione di pensionati da
Luserna a Villar e il resto del
territorio un parco naturale
popolato da faine e cinghiali?
Ma non è neppure interesse
della comunità valdese vedere disgregarsi il tessuto delle
Valli perché questo significherebbe l’aprirsi di una crisi
radicale. La fede cristiana
non è certo legata alla realtà
esistente, ci sono più valdesi
nel Rio de la Piata che alle
Valli, la chiesa è ovunque e
può essere ovunque ma non è
difficile capire quali conseguenze avrebbe per la nostra
presenza in Italia una crisi
di spopolamento. La parola
che oggi va per la maggiore è
concertazione (proprio vero
che siamo un popolo pieno di
fantasia, nel creare parole
nuove nessuno ci batte!), forse è il caso che tutti entrino
nella logica del concertare,
concertare viene da concerto,
dove ognuno suona il suo
strumento nel migliore dei
modi ma la musica c è se solo quando suonano insieme.
IL MONDO VALDESE E I MASS MEDIA
MOLTI LUOGHI
DELLA MEMORIA
MARCO ROSTAN
altrove ci sono gli ecomusei
della Resistenza o il tessile o
la pietra di Luserna. La storia
è dimenticata a vantaggio di
piccoli assaggi; non ci sono
più valdesi che vivono in un
territorio, al massimo ci sono
minatori valdesi, costumi vaidesi, cavapietre valdesi. E poi
naturalmente i musei. Spiega
no le logiche della vendita turistica che così bisogna fare,
per vendere il prodotto; un po’
di Lorte di Lenestrelle, un po’
di ramìe, un po’ di talco, un
po’ di Crumiere, un po’ di fiori al Barant, un po’ di 17 febbraio.Tra l’altro, su quest’ultimo, sono ormai consolidati gli
errori, che già abbiamo inutil
mente denunciato: Carlo Alberto, secondo loro, ci ha concesso la libertà religiosa.
La serata che la Società di
studi valdesi ha organizzato
domenica 22 a Torre Pellice
ha preso atto dell’enorme trasformazione avvenuta nell’uso
pubblico del nostro patrimonio, dei problemi che abbiamo
davanti e, attraverso una rilettura del rapporto tra storia,
memoria, del nostro modo di
realizzare un museo, della necessità di far conoscere meglio i numerosi siti legati alla
storia valdese, ha indicato alcune iniziative che contrastino
la frammentazione delle valli
valdesi e diano senso autentico alla memoria della storia,
della cultura, della realtà religiosa di ieri e di oggi.
Domenica 22 agosto a Torre Pellice il culto con la consacrazione dei nuovi pastori
Aperto ¡1 Sinodo valdese metodista
_______FEDERICA TOURN______
Il Libano sarà mutato in
un frutteto, e il frutteto
sarà considerato come una foresta» (Isaia 29, 17). Per parlare dell’inaugurazione del
Sinodo di quest’anno, da dove cominciare se non dalla
parola predicata durante il
culto d’apertura del 22 agosto? Un testo, quello di Isaia
29, 17-24, che invita i credenti a riflettere su quali parole
spendere sul futuro, a maggior ragione oggi, a pochi
mesi dal 2000, data che è diventata motivo di bilanci e
nuove prospettive quando
non addirittura occasione di
profezie più o meno funeste.
Come ha ricordato la prédicatrice Maddalena Giovenale
Costabelt prima donna non
pastora a presiedere un culto
inaugurale del Sinodo, la trasformazione radicale annunciata dal profeta Isaia è la liberazione degli oppressi (di
tutti gli oppressi: «Gli occhi
dei ciechi vedranno, gli umili
avranno abbondanza di gioia
neU’Eterno... i traviati di spirito impareranno la saviezza»).
Il fallimento umano che sperimentiamo, «pieni di vergogna
come Giacobbe», non ci deve
fare disperare perché i tempi
di Dio non sono i nostri tempi
e non si piegano alle convenzioni di un calendario. «È di
questo amore che noi dobbiamo parlare e testimoniare oggi
e in qualsiasi futuro ci sia dato
di vivere», ha detto la Costabel al termine del sermone.
Durante il culto sono stati
consacrati pastori Emanuele
Liume, Monica Michelin-Salomon e Davide Ollearo; moltissimi, sabato mattina, hanno
seguito il loro esame di fede,
che ha toccato questioni teologiche fondamentali e nuovi
problemi pastorali. Si è parlato di predestinazione, definita
da Emanuele Fiume come «la
libertà di Dio di perdente» o
ancora «la promessa di Dio
agli ultimi», e di rapporti con
le spiritualità emergenti (questione complessa, che è stata
Uno stanziamento Cipe per Pinerolo
Fondi per il Teatro Sociale
AH’amministrazlone del Comune di Pinerolo, dopo il telegramma ricevuto in luglio dal Comitato regionale Opere pubbliche che annunziava la decisione dell’organismo di approvare il
progetto definitivo per la costruzione di un Centro congressi nella sede dell’ex Teatro sociale, è arrivata recentemente una nuova
notizia positiva riguardante sempre il recupero del «Sociale». Il
Cipe infatti ha deciso recentemente di stanziare 5 miliardi e duecento milioni per i lavori di rifacimento della struttura pinerolese. Il finanziamento va ad aggiungersi ai 2 miliardi e mezzo di
stanziamenti comunitari già a disposizione dell’amministrazione
la quale ha intenzione di dare inizio ai lavori di ricostruzione
dell’ex Teatro sociale, distrutto da un incendio nell’ormai lontano 1972, nella seconda metà di settembre dopo che si saranno
saputi gli esiti della gara di appalto indetta a inizio luglio. «Da
un po’ di tempo sapevo in via informale di questo stanziamento
- ha dichiarato il sindaco di Pinerolo, Alberto Barbero -, la cui
ufficializzazione è motivo di grande soddisfazione ed è un premio al lavoro di amministrazione e uffici, per la realizzazione di
quel teatro che la città attende da tempo. L’arrivo degli oltre cinque miliardi rappresenta poi un’importantissima boccata di ossigeno per le finanze del Comune, liberando risorse che permettono di affrontare con più tranquillità i tanti impegni futuri».
anche il tema della Giornata
Miegge di quest’anno). A
questo proposito Monica Michelin-Salomon ha ricordato
che il dialogo con le altre religioni si ha soltanto a partire
da una chiara consapevolezza
di sé, perché sono proprio la
fermezza e la radicalità delle
proprie convinzioni a essere
costruttive di senso nella creazione di un dialogo comune.
Davide Ollearo, Invitato a discutere del rischio per un pastore di diventare un guru per
la comunità, ha insistito su
una visione comunitaria del
ministero pastorale, in cui si
privilegi lo scambio reciproco
su ogni forma di rapporto
maestro-discepolo.
Numerosi anche quest’anno
gli ospiti stranieri del Sinodo;
tra gli altri il pastore Peter
Steinacher, presidente delle
chiese evangeliche dell'Hessen-Nassau, il vescovo metodista Walter Klaiber, il pastore Nikolaus Schneider, vicepresidente della Chiesa evangelica in Renania. Domenica
nel tempio di Torre Pellice
erano presenti anche mons.
Giuseppe Chiaretti, presidente del Segretariato Cei per
Pecumeriismo e il dialogo, e
altri due membri dello stesso
Segretariato, mons. Francesco Coccopalmerio, vescovo
ausiliare di Milano, e don
Mario Polastro di Pinerolo; al
culto hanno preso parte anche
l’attuale vescovo di Pinerolo
mons. Pier Giorgio Debernardi insieme al vescovo emerito
mons. Pietro Giachetti.
Fra i temi affrontati dalle
Commissioni d’esame e proposti all’attenzione del Sinodo emergono i problemi dell’ecumenismo (in particolare
il lavoro sul «Testo comune»
sui matrimoni interconfessionali da un lato e la posizione
della Chiesa cattolica sul Giubileo dall’altro), la bioetica, la
formazione e lo stesso funzionamento della struttura complessiva delle nostre chiese.
Si è riflettuto anche sulla recente guerra nei Balcani, soprattutto in vista della ricostruzione, e non è stata trascurata la diaconia e l’analisi dei
risultati ottenuti dalla Csd come ente unico che da un anno
sovrintende a ben tredici opere. Novità sperimentale di
quest’anno è stato il lavoro in
gruppi, che ha permesso l’approfondimento di quattro temi
(vita delle chiese, evangelizzazione, ecumenismo; diaconia; amministrazione; chiesa e
società, cultura e rapporti con
lo stato), in vista comunque
dell’approvazione degli ordini
del giorno in seduta plenaria.
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PAG. Il
Delle Yaui ìàldesi
— ^^NERDÌ 27 AGOSTO
SESTRIERE: PER RICORDARE I PARTIGIANI CADUTI
— Per ricordare i partigiani delle valli Chisone e Germanasca caduti durante la Resistenza, sabato 28 agosto alle ore
10,30 in piazzale Agnelli a Sestriere si svolgerà la celebrazione del 54° anniversario della Liberazione. Alla manifestazione parteciperanno oltre al sindaco, Francesco Jayme, il
presidente della Comunità montana valli Chisone e Germanasca, Erminio Ribet, e l’assessore alla Cultura, Clara Bounous; l’orazione ufficiale sarà fenuta dall’on. Giorgio Merlo.
CASTELLI PINEROLESI — Domenica 29 agosto penultima
occasione di visitare con l’ausilio di una guida i castelli del
Pinerolese: Osasco, Macello, Miradolo e la villa «Il torrione». L’ingresso costa lire 10.000, ridotto a lire 5.000 fino a
14 anni e gratuito fino a 6 anni. Informazioni presso i tei.
0121-340591 e 0121-500779.
PINEROLO: ATTIVITÀ ESTIVE PER I GIOVANI — È
positivo il primo bilancio sulle attività estive per i ragazzi
organizzate dal Comune di Pinerolo. È stata infatti buona la
partecipazione sia al soggiorno marino di Pietra Ligure, che
si è tenuto in giugno e a cui hanno partecipato 34 ragazzi,
sia al secondo soggiorno estivo diurno con sede alla scuola
elementare Ferruccio Farri tenutosi a luglio a cui hanno partecipato circa 200 ragazzi che hanno preso parte alle diverse
attività organizzate che andavano dalle escursioni in montagna, alle attività in piscina, al mini-rafting. Il programma di
attività estive non è ancora finito e dal lunedì al venerdì,
dalle 14 alle 18 fino al 10 settembre una sessantina di bambini saranno coinvolti in attività sportive e giochi.
AGEVOLAZIONI PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI —
La giunta provinciale di Torino ha recentemente approvato
una delibera che permetterà, nelle intenzioni dell’ente, di
agevolare gli adempimenti amministrativi in materia di gestione dei rifiuti. La presidente della Provincia, Mercedes
Bresso, ha spiegato che il recupero di alcune particolari tipologie di rifiuti è di grande importanza per il territorio della Provincia di Torino. «Sulla base dei dati disponibili - ha
detto la Bresso - si tratta di 1.200.000 tonnellate di materiale che possono essere utilizzate per generare energia alternativa e generare questo tipo di energia porta a una sensibile riduzione delle emissioni in atmosfera».
TAVOLE IMBANDITE A TORRE PELLICE — La mostra
«Le tavole imbandite», allestita dal comitato locale della
Croce Rossa presso i locali del Collegio valdese in via
Beckwith 1 a Torre Pellice, rimaiTà aperta fino al 29 agosto,
dal lunedì al venerdì dalle ore 15,30 alle 19, sabato e domenica dalle ore 15,30 alle 22.
AVVENTURA A LIETO FINE — Nella mattinata di mercoledì 18 agosto è finita bene l’avventura di tre famiglie
(quattro adulti e sei bambinii, il più piccolo di sei anni) impegnatisi, un po’ imprudentemente, nell’ascesa del versante
settentrionale del monte Frioland (m. 2.720). Raggiunta la
cima della montagna nel pomeriggio, per la discesa gli
escursionisti hanno scelto l’itinerario all’apparenza più facile seguendo la cresta spartiacque tra i valloni della Lioussa
e di Ciabrarèssa, facendosi cogliere dall’oscurità a una quota di circa 1.800 metri sulle balze rocciose sopra l’alpeggio
di Chiot la Sella. Allertata dai parenti, una squadra del Soccorso alpino di Torre Pellice, assieme al medico Enrico Visetti, alle due di notte, grazie anche al valido aiuto del giovane alpigiano Ivan Monnet, è riuscita a localizzare e raggiungere i dispersi. Alla luce del giorno i soccorritori hanno
fatto scendere il gruppo fino all’alpeggio dove li ha raggiunti, per precauzione, l’elicottero del 118. Contenti i bambini, per gli adulti, invece, una tiratina d’orecchie per l’impmdenza e la leggerezza dimostrata nell’affrontare la gita.
TORRE PELLICE
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A colloquio con Ioti Rochat, responsabile dell'accoglienza
«Il barba»^ base per per i turisti
Abbiamo chiesto a Toti Rochat, da anni responsabile per
il Centro culturale valdese
dell’accoglienza ai visitatori
ai musei e luoghi storici delle
Valli, di parlarci dell’ufficio
«Il barba» di imminente apertura nella sede del Centro culturale. «Questo nuovo ufficio
nasce dall’esigenza sempre
più pressante di dare organicità al lavoro di accoglienza
di gruppi provenienti dall’estero o dall’Italia (prevalentemente scuole, ma anche
Unitrè o altre organizzazioni
culturali per adulti) in visita
alle nostre valli spinti dal desiderio di conoscere la nostra
storia e la nostra realtà attuale. Non è quindi un ufficio
che svolgerà un lavoro del
tutto nuovo. Il Centro culturale ha dovuto quasi al suo nascere, 10 anni fa, dedicare un
importante settore della sua
attività all’accoglienza e alla
formazione di persone in grado di ricevere e accompagnare
i gruppi in visita. Formazione
che richiede non solo una
buona conoscenza dei nostri
musei e luoghi storici sparsi in
vari punti delle nostre valli,
ma anche una preparazione
sufficiente a rispondere alle
varie domande sulla vita delle
nostre comunità e sui principi
fondamentali della nostra fede
ed ecclesiologia. Si tratta infatti di un lavoro che consideriamo non solo di informazione culturale ma di vera e propria testimonianza. Le richieste in aumento e il contesto
generale del territorio in pieno
sforzo di riconversione turistica ci impongono ora una maggiore organizzazione, cioè di
aprire uno “sportello” vero e
proprio alle chiese e al Coordinamento dei musei e luoghi
storici, un punto centrale di
raccolta e di smistamento delle richieste e delle offerte».
- Un salto di qualità dunque?
«Lo speriamo. Da gennaio
saremo in due a lavorare nel
nuovo ufficio. Oltre all’attività già descritta, si tratta di
ampliare l’operatività sul territorio delle tre valli, renderne
più funzionale il coordinamento, dedicare più attenzione alla promozione, suggerire
nuovi percorsi e potenziare le
tecniche di animazione per le
scolaresche e in futuro arrivare a proporre a gruppi provenienti dall’estero dei percorsi
su tutto il territorio nazionale
in collaborazione con l’organismo di coordinamento delle
nostre strutture ricettive che
sta prendendo forma in questi
mesi in parallelo col lavoro
de “Il barba”».
Effettuato dalla Chiesa valdese di Rorà
«Tour» in Germania
ELENA GHIGLIONE
La Germania è un paese
tutto da scoprire, una potenza economica ma allo stesso tempo una terra selvaggia
attraversata da impetuosi fiumi e intrecci di folta vegetazione. Qui un piccolo gruppo di persone proveniente
dallo sperduto paese di Rorà
ha voluto avventurarsi accogliendo l’invito della comunità evangelica di Welschneureut (Karlsruhe) che festeggiava i suoi 300 anni dalla fondazione. La visita a
Karlsruhe ci ha dato modo di
conoscere alcuni momenti
della travagliata storia di questa città; distrutta nel 1711 durante la guerra dei Paladini fu
ricostruita più tardi nella valle
del Reno. Le trentadue strade
che si diramano dal castello le
danno una forma semicircolare, e questo spiega perché
Karlsruhe è detta anche la
città del Ventaglio. Il castello
è stato costruito in onore del
fondatore: si tratta di una costruzione imponente realizzata
in stile barocco; durante la seconda guerra mondiale un incendio lo incenerì compietamente. Fu successivamente ricostruito ed è ora adibito a
museo d’arte contemporanea.
Queste e molte altre cose ci
ha spiegato la nostra guida accuratamente scelta dai responsabili della nostra accoglienza
a Welschneureut. Domenica
27 giugno, in un tempio strapieno, abbiamo assistito al
culto, organizzato in modo
che le sue parti più importanti
potessero essere tradotte per
noi dal pastore Stefano Mercurio. Anche questo è .stato un
segno importante dell’attenzione che queste sorelle e
questi fratelli tedeschi hanno
avuto per noi ospiti italiani.
Durante la conferenza la nostra corale ha potuto esibirsi
raccogliendo un ottimo consenso. La visita della mostra
dei 300 anni dei valdesi in
Germania nella cittadina di
Bretten ha arricchito le nostre
conoscenze storiche su quel
tema. Durante la gita a Heidelberg, cittadina poco distante da Karlsruhe, abbiamo potuto osservare il castello e il
fiume Necker, un affluente
del Reno. Al ritorno siamo
passati dalla Germania alla
Francia dove abbiamo potuto
concederci una sosta a Colmar, una città affascinante per
i suoi monumenti dal grande
valore artistico e culturale.
- Se, oltre a far fronte all’attuale domanda, sarà Vufficio stesso a promuovere iniziative, il flusso potrebbe aumentare notevolmente. Si riuscirà ad avere un numero sufficiente di guide preparate allo scopo?
«Innanzitutto precisiamo
che le nostre non sono e non
vogliono essere guide nel senso turistico del termine, né il
nostro ufficio vuol essere
un’agenzia turistica. Tutta
l’attività si è svolta fin qui e
continuerà a svolgersi nell’
ambito della ricerca culturale
e di fede e ad essere caratterizzata da uno spirito di confronto e di dialogo nel totale
rispetto delle differenze. Ne
consegue che i collaboratori
volontari non possono che essere persone impegnate nelle
nostre comunità e disposte a
partecipare agli specifici corsi
di aggiornamento che il Centro culturale continuerà a organizzare. Già una trentina di
giovani valdesi ruota attorno a
quest’attività, oltre a un certo
numero di pastori emeriti, ma
non dubitiamo di poter allargare il numero nella misura
in cui tutte le nostre comunità
. sentiranno come prioritario
questo particolare campo di
testimonianza. Senza l’appoggio concreto della base
delle nostre chiese il lavoro
dell’ufficio, per quanto ampliato, diventerebbe un’imponente cornice di un quadro
vuoto. In un contesto in cui la
presenza dei valdesi in valle
nel passato e nel presente rischia di diventare un attrazione turistica, accanto agli ecomusei e alle*passeggiate naturalistiche, riteniamo che sia
sempre più importante far sentire la nostra voce di credenti
che cercano di presentare una
comunità viva che, ieri come
oggi, malgrado tutte le differenze si sforza di seguire la
via indicata dal Signore».
«Il barba» dal 1° settembre
avrà sede al primo piano del
Centro culturale valdese di
Torre Pellice: telefono e fax
0121-950203.
Torre Pellice
Tra Diodati
e le carte
geografiche
Con l'a
fini
ADI
Domenica 29 agosto alle
ore 17, nell’aula sinodale jj
via Beckwith 2 a Torre Pelli,
ce, si svolge rincontro di sta.
di promosso dalla Società di
studi valdesi e dal Centro cui.
turale valdese su «La traduzione della Bibbia di Giovanni
Diodati tra storia, teologia e
letteratura». La traduzione
della Bibbia da parte del teologo ginevrino di origine italiana (1576-1649), recentemente edita da Mondadori
rappresenta per molti aspetti
un’occasione mancata dalla
cultura italiana, sia dal punto
di vista storico e teologico che
da quello letterario. All’incontro, moderato dal pastore
Giorgio Tour, intervengono
Sergio Bozzola e Milka Ventura Avanzinelli, autori di saggi compresi nell’edizione dei
Meridiani, Marziano Guglielminetti, docente all’Università
di Torino, e Bruno Corsani.
Lunedì 30 agosto, alle ore 9,
nella Biblioteca della Casa
valdese a Torre Pellice, si apre
il XXXIX Convegno di studi
sulla Riforma e i movimenti
religiosi in Italia, organizzato
dalla Società di studi valdesi
sul tema «Strategie politiche e
aspetti religiosi nella cartografia delle Alpi occidentali (secoli XVI-XVIII)». L’analisi
della produzione cartografica
relativa alle valli valdesi evidenzia come soltanto nel Seicento, durante il quale la rànoranza protestante nelle Valh
assume un interesse strategico
per le potenze europee, le carte geografiche riportino, a seconda dei luoghi di stampa, la
specificazione del credo religioso di quelle popolazioni. 11
convegno prevede gli interventi di Daniele Tron, Gino
Lusso, Guido Ratti, Guido
Gentile, Francesco Barrera e
Marco Carassi. Nel pomeriggio è inoltre prevista la visita
alla mostra «L’immagine delle valli valdesi nella cartografia dal '500 al ’700».
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Progetto Bed & Breakfast
CREAZIONE D’IMPRESA FEMMINILE NEL SETTORE TURISTICO
La Provincia di Torino, nell’ambito del Programma operativo multiregionale 940029/1/3 - Asse 4 Interventi per la formazione professionale e l’occupazione da realizzare nelle aree del Centro Nord - Promozione
delle pari opportunità tra uomini e donne sul mercato del lavoro, promuove il progetto «Bed & Beakfast»;
pernottamento con prima colazione, rivolto alla creazione di impresa femminile nel settore turistico.
Finalità
• Favorire 1 autoimpiego femminile nel settore turistico dell’accoglienza professionale
Ilare
: ambiente fami
• Sviluppare la vocazione turistica inespressa di zone con peculiarità culturali e ambientali non ancora
del tutto valorizzate come risorse turistiche
Contenuti
• Percorso formativo: 310 ore di aula e 40 di stage presso un Bed & Breakfast tra novembre 1999 e
marzo 2000, con orari concordati sulla base delle esigenze delle partecipanti. Frequenza obbligatoria e
retribuita da un’indennità di £ 3.000 l’ora. Sede del corso: Pinerolo.
• Consulenze specialistiche (commercialista, architetto).
• Pubblicizzazione del modello in un circuito a livello nazionale.
• Sostegno alPavvio dell’impresa.
Il progetto è rivolto a donne
• disoccupate (lo stato di disoccupazione viene autocertificato ai sensi del Dpr 20 ottobre 1998, n 403)
• nell’Italia del centro Nord e preferibilmente nei Comuni compresi nelle Comunità montane
vai Pellice, valli Chisone e Germanasca, Pinerolese pedemontano.
I POSTI DISPONIBILI SONO 15
Prova di selezione
Per essere ammessi al progetto occorre superare una prova di selezione per test e colloquio, effettuato
da un apposita commissione. Tale prova è preceduta da una fase di orientamento volta a definire la reale
motivazione e interesse nei confronti dell’iniziativa.
Presentazione delle domande
Il modulo di domanda può essere ritirato presso uno dei seguenti uffici'
. Circondario provinciale di Pinerolo, via dei Rochis 12, con orario dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 13 e
dalle 14 alle 16 e il venerdì dalle 9 alle 12.
• Ufficio Clio di Pinerolo via del Duomo 1, con orario il lunedì, martedì e giovedì dalle 9 alle 11, il mefcoledi dalle 9 alle 11 e dalle 15 alle 18,30, il venerdì dalle 10 alle 12,30.
• Ufficio Cultura della Comunità montana valli Chisone e Germanasca, via Roma 22 Perosa Argentina,
con orano dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 12,45 e dalle 13,30 alle 16.
• Servizio turismo della Comunità montana vai Pellice, corso Lombardini 2, Torre Pellice, con orario tutù
1 giorni dalla 9 alle 12,30.
domanda, redatta sull’apposito modulo, deve essere consegnata entro le ore 12 del 10 settembre
1999 presso uno dei tnedesimi uffici oppure spedita al Circondario provinciale di Pinerolo, via dei Rochis
12, c/o Istituto Mane Cune, indicando sulla busta Progetto B&B (fa fede la data del timbro postale).
Vittoria S oViS Provincia di Torino, via Maria
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Con l'applicazione delle nuove norme sulle abitazioni montane
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Via libera alla ristrutturazione delle case con caratteristiche di tipicità che si
fvano nel territorio delle Comunità montane. D’ora in
avanti potranno essere messe
jn regola anche se i soffitti sono più bassi di quanto previsto
dalla legge. Di norma nelle
abitazioni l’altezza minima
deve essere di 2,70 metri, riducibili a 2,40 in corridoi, bagni e ripostigli. Lo stabiliva
un decreto del 5 luglio 1975
per garantire quello che era ritenuto un sufficiente ricambio
d’aria tra le pareti domestiche.
Per lo stesso motivo il decreto
indicava per le stanze da letto
una superficie minima di 9
metri quadrati (14 per due
persobe) e tenendo conto delle
indizioni climatiche dei comuni montani situati al di sopra dei 1000 metri slm, permetteva una riduzione a m.
2,55 dell’altezza minima dei
locali abitabili. Il decreto del
1975 invece non faceva cenno
a come ci si sarebbe dovuti
comportare per gli edifici esistenti a quella data che non
rientravano nella normativa.
Dove non è stato possibile alzare i soffitti o abbassare i pavimenti, per le vecchie case ristmtturate dopo quella data si
sono avuti grossi problemi per
ottenere l’abitabilità.
Con un decreto del 9 giugno
1999, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 giugno,
quindi a 24 anni di distanza, il
ministero della Sanità finalmente compie un atto dovuto,
prevedendo che nei comuni
inseriti nei territori di Comunità montane il soffitto delle
case da ristrutturare possa essere mantenuto così com’era.
11 ministero riconosce che «gli
interventi di recupero edilizio
consentono un miglioramento
delle condizioni igienico-sanitarie anche delle abitazioni
con caratteristiche tipologiche
da conservare a tutela del pa
trimonio storico architettonico». Il decreto precisa che «la
richiesta di deroga deve essere
accompagnata da un progetto
di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire comunque, in relazione al
numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio ottenibili
prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio o dei vani abitabili, ovvero un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione o dalla tipologia delle finestre, dai
riscontri d’aria trasversali o
dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliaria».
Marco Grand, assessore all’urbanistica della Comunità
montana vai Pellice, che è stato il referente tecnico del
gruppo di lavoro sul recupero
delle borgate ha così commentato: «Questa normativa lungamente attesa faciliterà la
conclusione degli studi che
abbiamo condotto in questi
quattro anni per cui potremo
proseguire il nostro impegno
andando nel concreto ad individuare le soluzioni possibili».
Mentre il dr. Paolo Covato,
uno dei responsabili dei Servizi di igiene pubblica dell’Asl
10, nel confermare che il suo
servizio già applicava delle
deroghe al decreto del 1975
avendo recepito l’importanza
di venire incontro alle esigenze abitative della popolazione
residente nelle vallate alpine,
afferma: «D’ora in avanti
avremo la certezza della norma ad avvallare le scelte che
avevamo già fatto da tempo».
Questo nuovo decreto dovrebbe quindi portare a un rilancio del recupero di parte
del patrimonio edilizio esistente a beneficio di coloro
che desiderano continuare a
vivere in montagna o che scelgono di ristrutturare in quanto
montagna vogliono tornare e
dovrebbe nello stesso tempo
sollecitare l’impegno dei progettisti ai quali spetterà di dimostrare che le soluzioni che
andranno a proporre saranno
in grado di soddisfare quei
criteri di salubrità degli ambienti ritenuti indispensabili.
Sarà quindi buona cosa iniziare un dialogo a tre, tra
committenti interessati al recupero, i progettisti e gli organi preposti a fornire le autorizzazioni. Una materia di questo
genere non può essere presa a
scatola chiusa ma poiché i
problemi da risolvere saranno
molteplici, e il rischio di burocratizzazione sarà sempre presente, bisogna individuare le
sedi opportune per realizzare
questo «tavolo di concertazione». Sarà poi necessaria una
particolare vigilanza affinché
l’applicazione pratica oltre a
tener conto della pluralità delle esigenze possa al tempo
stesso essere adeguata alle capacità di spesa di chi continua
ad abitare nelle borgate.
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L'iter della legge
Fin qui la valutazione delle novità apportate
dal decreto. Può essere a questo punto ugualmente interessante per i nostri lettori avere alcuni cenni storici e alcune considerazioni, per
meglio capire l’iter che ha permesso ora il ragSiungimento di questo obiettivo.
Esaminando anzitutto il titolo del decreto del
' luglio 1975: «Modificazioni alle istruzioni
ministeriali del 20 giugno 1896 relative all’altezza minima e ai requisiti igienico-sanitari
Pnncipali dei locali di abitazione» ci rendiamo
conto che, dopo 29 anni, era più che plausibile
One il ministero aggiornasse le sue prescrizioni
per dare certezza normativa e un inquadramen° uniforme in tutto il contesto italiano. L’unieu cosa di cui non vi era allora l’abitudine di
ure da parte del legislatore era quella di inglom'e nel testo di legge delle indicazioni di coci si sarebbe dovuti comportare nei cononti di tutto il patrimonio esistente al di fuori
01 contesti urbani (campagna, collina, montaj .®) ohe data la configurazione morfologica
0 nostro paese ha una notevole consistenza,
Iohe nei fatti non rispettava quei valori.
solamente alla fine degli Anni 80, e sotto
spinta delle normative comunitarie, che gli
i,,_P’'0posti hanno incominciato a porsi il prò
fornendo delle indicazioni per fare quetaccordo. Una delle prime leggi che usuano di questa nuova sensibilità fu la Legge
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fi . gennaio 1989 «Disposizioni per favo
0 d superamento e l’eliminazione delle barro architettoniche negli edifici privati». La
197's^f"^^ di questo raccordo nel decreto del
Ce !™olla che fece scaturire in vai PelliUj *dea di indire nel giugno del 1995 un pribor sulla tutela e il recupero delle
di montagna. Da una indagine fatta,
P^^ttdo quella normativa con quella di alPosf ci si accorse subito che i limiti
Pro * orano affatto intoccabili e chi era
jvcon delle proprie ipotesi di raccordo,
jj potuto farle valere. È il caso della Valle
ohe avendo delle borgate con analoga
Ig dai 200 m di altitudine dell’inizio valjjl'^o ai villaggi oltre i 1800 m. ad otto mesi
ocreto del 1975, emanava la legge regio
La borgata Sarsenà di Bobbio Peiiice
naie n. 11 del 23 febbraio 1976 in cui veniva
sancito (art.3) che «Nell’effettuazione di opere
di risanamento conservativo 0 di ristrutturazione di fabbricati compresi negli agglomerati di
interesse storico» si applicano i seguenti limiti:
altezza minima interna utile dei locali di abitazione: metri due e centimetri venti. E per situare l’intervento troviamo (art. 4): «Per quanto
non previsto dalla presente legge, si applicano
le disposizioni del decreto del ministro della
Sanità in data 5 luglio 1975».
«Non fu un privilegio dovuto al fatto di essere una regione autonoma - disse Edoardo
Martinengo, presidente deH’Uncem (Unione
nazionale Comuni, Comunità ed enti montani)
presente al convegno - ma al fatto che quegli
amministratori erano culturalmente preparati e
avevano immediatamente capito che la carenza della normativa statale avrebbe portato o
alla paralisi o allo sconvolgimento di tutte le
loro borgate».
Quello fu quindi il primo intervento in deroga alle norme ministeriali. Altri se ne aggiunsero negli anni successivi, ad esempio nella
Provincia autonoma di Bolzano in Alto Adige
(maggio 1997) con l’obiettivo di valorizzare le
risorse locali, ampliando l’offerta turistica con
il coinvolgimento della popolazione residente.
Poi, negli ultimi anni, nel settore nord-occidentale ci fu la nuova legge della Regione Piemonte sulUagriturismo (1995) e infine la Ir n.
15 del 15 luglio 1996 della Regione Lombardia e la Ir n. 21 del 6 agosto 1997 della Regione Piemonte che dettavano ambedue norme per
il recupero a fini abitativi dei sottotetti. Possiamo così dire che con il passare del tempo le richieste di deroga esplicitavano una richiesta
sempre più convinta di cogliere determinati
obiettivi di grossa valenza (ad esempio per le
due ultime leggi citate) quella di contenere
l’ulteriore cementificazione del territorio. Non
quindi temi astratti, ma un confronto su obiettivi concreti, coinvolgendo le parti sociali nella
valutazione del rapporto fra costi e benefici,
poiché sta diventando coscienza comune che,
la salvaguardia della qualità della vita presente
e futura dipenderà dall’impegno di tutti.
Un'orchestra si è formata a Torre Pellice
Giovani «archi»
FERRUCCIO COREANI
Sono ormai trascorsi dieci
anni da quando si iniziò
in Torre Pellice la serie dei
corsi di perfezionamento per
violinisti, corsi ideati e diretti
dal m.o Daniele Gay, docente
al Conservatorio di Milano,
sotto l’egida del Centro culturale valdese e del Collegio
valdese. Per celebrare il decennale si è presentata al pubblico dei torres! amanti della
buona musica 1’«Orchestra da
camera di Torre Pellice», un
gruppo di una quindicina di
archi, i cui solisti sono tutti
ex allievi del corso e gli altri
partecipanti sono di provenienza varia; il complesso ha
preso ad operare da circa un
anno e, dopo un congruo periodo di studio intenso e di
affiatamento, ha dato diversi
concerti in Lombardia.
A Torre Pellice la prima
esibizione si è avuta nel tempio la sera del 25 luglio. Sotto
la direzione di Alessandro
Crudele, impegnato negli studi di direzione d’orchestra
aH’Accademia Chigiana di
Siena, sono state eseguite
musiche di Mozart {Eine kleine Nachtmusik, la ben nota
Serenata K525), di Bach (il
Concerto in re min. per due
violini e archi), di Elgar (la
Serenata per archi op. 20, del
1892), deU’americano Sa
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Ricordo dì Eugenia
Gabella Geymet
Eugenia Gabella vedova
Geymet si è spenta serenamente, come un lumicino, nella sua casa di Torre Pellice,
senza lamentarsi per le sofferenze fisiche che da lungo
tempo la tormentavano, senza
disturbare nessuno, con quella
dignità e quella fede con cui
aveva affrontato gioie, prove e
sofferenze in una lunga vita
dedicata ala servizio de Signore. Mi sembra giusto ricordare
alcune cose di lei, a più di due
mesi dalla sua morte, perché
la sua vita di testimonianza
costante, umile e fedele possa
costituire un motivo di riflessione e un esempio.
Nella sua gioventù Eugenia
si era occupata della Missione
dei fiori: si trattava di un
gruppo di giovani donne che
si era assunto il compito di
visitare gli ammalati valdesi
ricoverati negli ospedali di
Torino e dintorni, spesso in
condizione di solitudine 0 di
emarginazione. Quante persone, ad anni di distanza, ricordavano ancora una sua parola
ricevuta al momento della
prova e per alcune quegli incontri avevano significato un
riavvicinamento alla chiesa.
Diventata nel 1936 moglie del
pastore Enrico Geymet, aveva
continuato nella sua nuova
comunità di Rorà questa importante attività di visite pastorali, senza lasciarsi spaventare dai sentieri di montagna,
né in seguito dalla difficile situazione venutasi a creare con
la guerra. Lei era sempre vicina alle sue mamme, alle donne della sua comunità, non
per mettersi in evidenza bensì
per ascoltare, consigliare,
amare e consolare.
Nel 1948, trasferitasi con il
marito a Villar Pellice, aveva
continuato anche qui il suo
impegno: l’Union des mères,
come la si chiamava allora,
era negli Anni 60 e 70 particolarmente affollata. Soprattutto in queste valli di monta
muel Barber {VAdagio op.
11), di Béla Bartók (le Danze
popolari rumene, del 1917,
trascritte dall’originale per
pianoforte).
Diciamo subito che per il
pubblico è stata anzitutto una
grata scoperta il fatto che
Torre Pellice abbia una «propria» orchestra, le cui esecuzioni in zone lontane da noi
portano in qualche modo oltre
al messaggio musicale, artistico, anche il nome della cittadina; poi va notata la felice
scelta delle musiche, in un
programma vario e impegnativo, specialmente per quanto
riguarda la seconda parte, con
brani non molto noti da queste parti. È specialmente nella
seconda parte che sono risultate meglio evidenti le doti
degli esecutori: la trasparenza
e la delicatezza del suono,
l’esattezza dell’intonazione,
sfumature dinamiche raffinate
e tuttavia sgorganti con naturalezza, a testimonianza di un
serio ed evidentemente appassionato lavoro, a monte, di
preparazione personale e collettiva. Certo, qualche difetto
è apparso, forse per giovanile
esuberanza, specie negli attacchi dei tempi Vivace e Allegro di Bach, apparsi un tantino veloci (inconveniente d’altronde che abbiamo potuto rilevare talvolta presso esecutori di fama mondiale). Con
gna, l’Unione femminile costituiva molto spesso per le
donne la loro unica uscita settimanale, il loro momento di
socializzazione con altre donne. Ho ritrovato neH’archivio
di mia madre gli studi che
preparava per l’Union des
mères, e che esponeva dopo
una breve meditazione su un
passo biblico. Si trattava per
10 più di biografie di donne
credenti, di donne famose per
la loro opera al servizio della
chiesa e del prossimo, o di
racconti aventi come protagoniste delle donne, in cui si
evidenziavano gli elementi e
le situazioni che potevano stimolare la discussione e lo
scambio di idee o che costituivano esempi edificanti.
A Villar Perosa, la sua ultima comunità, si era dedicata
in particolar modo alle sorelle
dei matrimoni misti, ascoltando e condividendo con solidarietà e affetto il dramma che
molte di esse vivevano, sia nel
rapporto con la chiesa di origine, sia nel rapporto con la
propria famiglia. La moglie
del pastore era presente per
ascoltare, per portare con loro
11 peso di un problema gravoso, per dire una parola di simpatia. Inoltre dedicava regolarmente un pomeriggio alla
settimana alle visite alle persone anziane e malate. La sua
presenza a culti era anche particolarmente attiva, sia perché
accompagnava gli inni all’organo, sia perché si preoccupava di accogliere i membri della comunità e gli ospiti italiani
e stranieri, sempre attenta che
nessuno si sentisse solo e isolato. A casa, durante il pranzo
domenicale, si commentava il
culto: a volte la critica famigliare era severa, soprattutto
se il sermone era stato troppo
lungo; ma quanto era utile
questo riscontro, per controllare che il messaggio predicato fosse stato capito, e che
avesse lasciato qualcosa su cui
meditare in chi l’aveva ascoltato. L’ospitalità, soprattutto
l’essere sempre disponibile ad
aggiungere uno 0 parecchi posti a tavola per sorelle e fratelli in visita alla comunità era
un altro aspetto del suo servizio di moglie di pastore che
AGAPE — Venerdì 27
agosto network donne. Dal
28 al 29 agosto assemblea
degli Amici e amiche di Agape. Dal 29 agosto al 5
settembre campo delle
scuole medie «1999: viaggio all’interno».
POMARETTO — Domenica 29 agosto, alle 15,
riunione a Eiciasse con la
chiesa di Villasecca.
RODORETTO-FONTANE — Domenica 29
culto a Fontane alle 9.
TORRE PELLICE —
Domenica 5 settembre pomeriggio comunitario ai
Simound, alle 15.
VILLASECCA — Domenica 29 agosto, alle 15,
riunione quartierale a Eiciassie con la comunità di
Pomaretto.
eludiamo con un vivo plauso
e ringraziamento a chi ha diretto, sia sul piano organizzativo (il Centro culturale) sia
sul piano didattico (il maestro
Gay) sia nel momento più solenne: T esecuzione (il giovane m.o Crudele, attento e comunicativo). A tutti, esecutori
e pubblico, un gioioso «A
presto risentirci!».
svolgeva con convinzione, anche se tra suonare al culto, il
pranzo con ospiti e l’Unione
femminile le sue domeniche
erano spesso molto faticose.
Negli anni dell’emeritazione, quando le sue forze diminuivano ogni giorno, ha continuato la sua missione, con i
mezzi che ancora poteva usare: la carta da lettere e il telefono, per portare incoraggiamento e consolazione a persone nella prova. Quante volte
incontro delle persone che mi
dicono: «La lettera della sua
mamma l’ho conservata e la
rileggo quando ho bisogno di
una buona parolai». E stata
presente al culto finché è riuscita a trascinarsi in chiesa,
anche se non sentiva più bene
a causa dell’incipiente sordità.
Le ultime pagine del suo diario sono testimoni delle atroci
sofferenze causatele dall’herpes zoster al trigemino: «Ho
chiesto al Signore di riprendermi con sé perché non ce la
faccio più, ho troppo male e
non riesco più a fare nulla per
gli altri... Perché il Signore mi
lascia ancora qui? Forse è perché devo continuare a dare la
mia testimonianza anche nella
grande sofferenza».
Concludo con un pensiero
che ricorre spesso nei suoi
scritti: «Ringrazio il Signore
di essere la compagna di un
suo servitore». Che grande
messaggio è contenuto in queste parole! Quanti di noi, coniugi di un servitore del Signore, vedono in questo fatto
un motivo di riconoscenza e
di benedizione?
«Io mi confido in Te, o
Eterno, tu sei l’Iddio mio. I
miei giorni sono nelle tue mani» (Salmo 31, 15). Con questo passo da lei indicato per il
suo funerale, la comunità di
Torre Pellice ha preso commiato dalla nostra sorella l’11
maggio scorso. Come figlia,
che è pure diacono della chiesa valdese, rendo omaggio
con grande riconoscenza alla
nostra cara che ci ha lasciati e
ringrazio il Signore per il suo
ministero di amore svolto in
mezzo a noi.
Amalia Geymet Panerò
Luserna San Giovanni
8
PAG. IV
Delle ^lli moESi
VENERDÌ 27 AGOSTO 19qq
Dal 28 agosto al 5 settembre la tradizionale Rassegna pinerolese
In mostra Tartìgìanato locale doc
Anche quest’anno il consueto appuntamento con la
tradizionale Rassegna dell’artigianato, che aprirà i battenti
il 28 agosto prossimo per
concludersi il 5 settembre, richiamerà numerosi visitatori
che dalle valli, Torino e cintura accorreranno per vedere
gli stand artigiani e non solo
che animeranno la XXXIII
edizione. Pasticceri, pittori,
calzolai, falegnami potranno
creare interagendo con il pubblico, tutti i giorni dalle ore
17 alle 23,30 nei giorni feriali
e dalle 10 alle 23,30 nei festivi nei padiglioni dell’Expo
Fenulli di Pinerolo. Nella rassegna di quest’anno si è voluto dare particolare spazio
all’artigianato artistico e
quello innovativo; attenzione
particolare è stata data ai produttori locali e all’offerta tipica dell’agricoltura pinerolese.
Quali saranno le vere novità
di questa edizione lo abbiamo
voluto chiedere direttamente a
Amalia Pagliaro, coordinatrice e curatrice della manifestazione: «Soprattutto l’allestimento interno - dice Pagliaro
- curato da un vivaista di Giaveno che ha studiato dei progetti artistici di corredo floreale per tutti i novemila metri quadrati dell’Expo Fenulli;
anche le strutture sono state
ricercate, cambiate in modo
più armonico e funzionale.
Inoltre l’area spettacoli sarà
una sorpresa per tutti: è stata
ingrandita di oltre 800 metri
quadri raccogliendo un palco
molto più grande; abbiamo
anche aumentato il numero di
poltroncine, con un guadagno
di circa 600 posti a sedere».
Novità anche per il settore
enogastronomico, che con
l’impegno di tutti gli operatori, soprattutto produttori locali
in collaborazione con il ristorante gestito dalla scuola nazionale cuochi italiani, proporranno piatti tipici del Pinerolese, con prodotti in vendita
e degustazione nei vari stand.
Quali saranno gli eventi a
cornice in questa edizione?
«Musica e concerti per tutti i
gusti animeranno le serate aggiunge la coordinatrice appuntamenti pop con i Sushi,
jazz con i Trane’s Memory,
tango con gli Aires Tango,
blues gospel, musica sacra,
classica e occitana. Abbiamo
anche pensato ai più piccoli,
con intrattenimenti e una rappresentazione teatrale di Cap
puccetto Rosso della compagnia “Gasala”». Anche l’arte
trova la sua parte con una sala
degli artisti che vede la presenza di pittori, scultori e ritrattisti. Non è tutto: all’esterno, tra corso Torino e via Brignone, si è portata la spiaggia
per un torneo di beach volley.
Infine la regione ospite della
rassegna sarà la Sicilia con
Marsala, e si potranno visitare
stand espositivi di Abruzzo,
Liguria, Emilia Romagna.
«Rispetto all’anno scorso la
presenza degli iscritti è quasi
raddoppiata - conclude Amalia Pagliaro - ricordo che la
rassegna vive dal 1977 ed è
tuttora gradita al pubblico,
una conferma del lavoro e
dell’impegno degli organizzatori e dell’amministrazione
comunale». L’inaugurazione
è prevista per sabato 28 agosto alle ore 17,30.
È uscito un nuovo romanzo di Guido Quarzo suH'handicap
Clara alla scoperta del mondo
Può un racconto essere al
tempo stesso lirico, profondo,
inquietante, disarmante e stimolante? Si può dire proprio
di sì se si prova a leggere, e lo
si fa tutto di un fiato, «Clara
va al mare», edizioni Salani,
ultimo romanzo di Guido
Quarzo. L’autore, maestro elementare a Torino, con alle
spalle ben 25 romanzi e racconti per bambini e ragazzi,
narra con realismo e un pizzico di fantasia la storia di Clara, una bambina down, che
grazie a una serie di fortunate
e avventurose coincidenze
rie.sce da sola, o quasi, ad arrivare al mare. Trattare l’handicap in un racconto destinato a
un pubblico eterogeneo non è
impresa facile, il rischio di essere «buonisti» o viceversa
troppo crudi è sempre lì, dietro ogni pagina. Guido Quarzo se la cava incredibilmente
bene e la sua Clara, una ragazzina di quattordici anni,
che sa parlare ma ogni tanto si
inciampa sulle parole, che
ama gli animali ma non i signori con i baffi, che sa attraversare la strada ma che non
ricorda come tornare a casa,
che si smarrisce nel supermercato ma sa andare da sola in
treno fino a Savona, emerge
pagina dopo pagina come una
figura quanto mai reale, con i
suoi difetti, con le sue qualità.
Quarzo ha incontrato nella
sua carriera scolastica bambi
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Mostra di Pinerolo
I valdesi
alla Rassegna
La presenza valdese alla
Rassegna dell’artigianato pinerolese è da qualche anno
una tradizione. Qualcuno si
chiede che cosa ci fanno i
valdesi tra artigiani e commercianti: ma alla Rassegna
figurano anche le istituzioni
civili e culturali del Pinerolese e delle valli e qui ci siamo
anche noi valdesi con la nostra testimonianza cristiana.
Il tema scelto per questa
edizione sarà la donna protestante. La Riforma spostò i
luoghi della vita di fede e di
culto. Non più o non più soltanto il chiostro e il tempio
ma soprattutto i luoghi del
quotidiano: la famiglia, la
comunità civile, i posti di lavoro e di impresa. A motivo
di questa novità, il ruolo della donna era esaltato, la donna diventava protagonista in
famiglia, nella società, nella
chiesa. Abbiamo scelto di
rappresentare la donna protestante in tre donne-simbolo:
Katarina von Bora, moglie di
Lutero, che fece del ménage
domestico uno dei primi
esempi di famiglia moderna:
luogo di affetti, di vocazione,
di fede, di responsabilità sociale; Marie Durand, la prigioniera nella torre di Costanza, la «resistente» ugonotta nella fede e nella libertà contro l’intolleranza di
Luigi XIV; infine la donna
pastora, che della nuova condizione femminile nelle chiese della Riforma è modello
di pubblica rilevanza.
ni e ragazzi down o con altri
problemi e handicap e Clara,
protagonista indiscussa circondata da una variegata corte
di personaggi che incontra nel
suo avvicinarsi al mare, nasce
proprio dalla sua esperienza di
maestro anche se non è nessun
bambino in particolare, anche
se lo scrittore non ne vuole fare un’eroina né una figura
grottesca. Alla fine della storia. divisa in tre parti «il treno», «la strada» e «il mare»,
la ragazzina per la prima volta
dall’inizio della sua avventura
ha paura, si sente sola e teme
di non saper ritornare a casa;
il finale, lirico e inquietante,
ci presenta Clara di fronte al
blu infinito del mare e ci lascia in sospeso: non sapremo
mai infatti se riuscirà a tornare
a casa, se la catena di incontri
occasionali che l’ha aiutata ad
arrivare al mare si ripeterà per
il ritorno a casa, ma ci lascia
soprattutto disponibili ad amare e accettare l’altro, così come è, proprio come Clara.
San Germano
Il compagno
Gaydou
E morto il compagno Attilio Gaydou, per anni segretario della sezione Pei di San
Germano Chisone e Pramollo. Fedele fino all’ultimo ai
suoi ideali, ha portato avanti
la sua lotta per la libertà. Lo
vogliamo ricordare tutti per la
fermezza, l’onestà, l’integrità
morale, gli ideali che lo hanno contraddistinto. Ha voluto
che la sua bara fosse coperta
dalla bandiera rossa del Pei,
fermo nelle sue convinzioni;
fino all’ultimo ha lottato per
la causa che sentiva sua. Lo
vogliamo ricordare così: anche durante la malattia ha voluto partecipare all’ultima
tornata elettorale, sempre
pronto, sempre attivo.
A sua moglie Livia, al suo
figlioccio Ivano, a tutta la sua
famiglia noi siamo e saremo
sempre vicini
Simonetta Colucci e la sezione Ds di San Germano Chisone, Pramollo e Inverso Rinasca
via trieste 24, tei. 0121/397550 Pinerolo (To)
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con il montaggio lenti computerizzato
Fotografia
LUSERNA S. GIOVANNI
Via Roma, 42
TORRE RELUCE
Via Arnaud, 5
26 agosto, giovedì
PRAGELATO: Concerto
di musica classica, alle 21.
27 agosto, venerdì
PINEROLO: Alle 21,45,
in frazione Abbadia Alpina,
nello spazio antistante l’ipermercato Continente, spettacolo di cabaret con S. Poletti e
M Paglieri.
28 agosto, sabato
TORRE PELLICE: Dalle
9 alle 18 «L’isola per l’arte»,
esposizione di quadri nell’isola pedonale.
29 agosto, domenica
TORRE PELLICE: Alle
ore 17, nell’Aula sinodale, incontro su «La traduzione della
Bibbia di Giovanni Diodati tra
storia, teologia e letteratura».
PRAGELATO: Corsa podistica dei rododendri.
RINASCA: Grande festa
alla borgata Albarea.
30 agosto, lunedì
TORRE PELLICE: Si
svolge il XXXIX Convegno
della Società di Studi valdesi su «Strategie politiche e aspetti religiosi nella cartografia delle Alpi occidentali (sec.
XVI-XVIII)», a cura di Gino
Lusso; durante il convegno è
prevista la visita alla mostra
sulla cartografia alla civica
Galleria d’arte.
1“ settembre, mercoledì
TORRE PELLICE: Alla
Bottega del possibile, alle
20,30, presentazione del libro
di Valter Careglio «Quando il
telaio scricchiola, la vai Pellice e la crisi del cotonificio
Mazzonis»; saranno presenti
l’autore e l’editore.
Luserna S. Giovanni
Vivere l'isola
che non c'è
«L’isola che non c’è (seconda stella a destra ...)» è il titolo di una giornata di festa che
si svolgerà domenica 29 agosto, a partire dalle 15, in piazza XVII Febbraio a Luserna
San Giovanni. L’iniziativa nasce dalla volontà di fare al
tempo stesso una denuncia e
una proposta: esiste un posto
fisico-mentale per bambini,
per giovani, per disabili, per
anziani? Un posto dove poter
accedere, stare, incontrarsi, divertirsi, dove il mondo troppo
prepotente degli «adulti sani»
non entri? Sono queste alcune
delle domande cruciali dalle
quali muovono i presupposti
che hanno dato vita alla giornata di festa. «Crediamo - dice Claudia falla, una delle
promotrici e organizzatrici che non sia necessario costruire luoghi rigidi, ma creare
un’occasione di far incontrare
storie diverse, momenti diversi di vita. Per questo chi come
me e altri operatori si occupa
quotidianamente di disabili,
anziani, giovani e bambini ha
pensato di inventare per un
giorno “L’isola che non c’è”,
una festa con musici, giocolieri, cantastorie, teatranti». Momento culminante della giornata sarà, alle 20,30, lo spettacolo «Ulisse o il viaggio»,
realizzato dai ragazzi e dalle
ragazze dell’istituto comprensivo «Rodari» di Torre Pellice, durante il quale i circa 90
giovanissimi attori faranno vivere al pubblico viaggi presenti, passati e futuri, della
mente, della storia, della fantasia. L’eventuale ricavato
sarà devoluto alla Casa di accoglienza per bambini «Gaza»
di Rovinj, in Croazia. In caso
di maltempo l’intero programma si svolgerà presso la palestra comunale.
)ERVIZI
CHISONE >GERMANAS<^' (JH ^
Guardia medica: i l
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENiCA 29 AGOSTO
Perosa Argentina: BagliatiiPiazza Marconi 6, tei. 81261
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva'
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 29 AGOSTO
Villar Penice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V, - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO ]
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISìtOS
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZI
telefono 118
Cinema
BARGE — Giovedì 26, alle 21,15, Il dottor Doliti;
venerdì 27, alle 21,15,U
polveriera; sabato 28, alle
21.15, L’uomo che sussurrava ai cavalli; domenica 29,
alle 21,15, Star Trek; lunedì
30, alle 21,15, Tutti pazzi
per Mary; martedì 31, alle
21.15, Babevaincittà.
BIBIANA — Giovedì 28
agosto, alle 21,45, nell’area
di villa Bodo, proiezione di
Così è la vita. In caso di
pioggia il film verrà proiettato nel salone parrocchiale.
BOBBIO PELLICE Domenica 2 agosto, alle 21,
45, nel prato adiacente il tempio valdese. Patch Adams.
SAN SECONDO — Ve
nerdì 27 agosto, ore 21,45, Z
la formica.
TORRE PELLICE -
Giovedì 26 agosto, alle 21,l5i
Piovuta dal cielo; venerdì 21
agosto, alle 21,15, Traindt
vie-Un treno per la vita; sabato 28 e domenica 29 alla
20,30, Doug, cartoni animati;
alle 22,10 Tre amici, un matrimonio, un funerale; lU'
nedì 30, alle 22,10, Una sottile linea rossa. Chiusura dal
31 agosto fino al 15 setteiif
bre per lavori.
BAZAR ALL’ASILO
DI SAN GERMANO
Domenica 5 settembre,
ore 14,30, bazar all’Asilo
dei vecchi di San Gef;
mano. Verranno esposti 1
lavori eseguiti dagli ospiti, dall’Unione femminileNon mancheranno i tradizionali banco dolci, pesca, lotteria e buffet.
DOPC
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Pubblicazione unitaria
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Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60 .X
Resp. ai sensi di legge Piera M
Stampa: La Ghisleriana Mondo
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I 27 AGOSTO 1999
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IO
I La tradizionale festa si è svolta a monte di Ferrerò
Un XV Agosto per riflettere sulla Chiesa
valdese nel suo percorso secolare
MABCO ROSTAN
DOPO la breve notizia
pubblicata sullo scorso
numero de L’eco delle valli,
valla pena tornare ancora un
momento sulla bella festa del
yv Afiostn. svoltasi quest anno nei pressi di Ferrerò, vicino alla Germanasca, con prati al sole e ampie zone di ombra gradite per il pranzo. Da
tempo, per il mondo valdese,
la festa del XV Agosto apre la
seconda metà del mese, ricca
di altre manifestazioni, incontri, dibattiti e culminante
con gli esami dei candidati al
ministerio pastorale e con il
Sinodo. Ci si incontra, ci si rivede, si parla di tante cose; ci
sono quelli delle Valli ma anche numerose sorelle e fratelli delle altre chiese in Italia.
Un tempo c’era una festa
per la vai Pellice e una per la
vai Chisone-Germanasca; da
tempo, per semplificare gli
aspetti organizzativi, si confluisce in una sola località,
scelta di volta in volta in una
valle e nell’altra. Forse bisognerebbe incoraggiare di più
la partecipazione della valle
che non ospita il luogo prescelto; quest’anno, per esempio, ho notato un certo calo
da parte di quelli della vai
Pellice. In compenso la festa
è diventata, più che in passato, un incontro di riflessione
e non solo una bella scampagnata. Il culto è seguito in silenzio, i ritardatari sono pochi, l’accesso, i parcheggi, gli
stand sono di anno in anno
perfezionati. Chi non cammina può arrivare fin sul posto
in auto.
Soprattutto, in questi ultimi 3 anni, i partecipanti hanno avuto una specie di «valore aggiunto», costituito dai
«doni» che il pastore Giorgio
Tourn ha nel raccontare la
storia e le vicende teologiche
delle nostra Chiesa valdese:
una narrazione, con protagonisti immaginari ma sicuramente autentici, che percorre
con la stessa attenzione le
grandi vicende italiane ed europee, i pensieri dei protagonisti, le loro case, il loro lavoro, il loro modo di abitare o
di mangiare, il culto domenicale e le decisioni dei Sinodi.
Per fortuna Giorgio Tourn ci
Alla festa del XV Agosto
ha promesso di scrivere al
più presto questo nuovo romanzo, così lo potranno apprezzare anche gli assenti
agli incontri del XV Agosto.
L’anno scorso eravamo stati immessi nel clima del 1848,
degli alberi della libertà, dello
sconvolgente passaggio dei
valdesi da sudditi a cittadini;
quest’anno il figlio di Daniele
(il protagonista del racconto
di Tourn) che l’anno scorso
avevamo visto combattere
con Napoleone e perdere una
mano sulla Beresina, Tiene,
partecipa alla prima guerra di
Indipendenza marciando
dietro una bandiera che non
conosce e che porta il rosso,
il bianco e il verde anziché il
blu abituale dei Savoia. Scopre la brutalità della guerra
ma anche la fertilità della
pianura padana, le risaie lo
impressionano; tornato a casa sarà difficile per lui rimettersi a cavar patate, la curiosità lo ha preso ed eccolo
partire per andare a vedere la
Repubblica!
Si tratta ovviamente della
Repubblica Romana di Mazzini, Armellini e Saffi, una cosa entusiasmante, anche se
ben presto repressa, che osa
dichiarare, nel primo articolo
del suo statuto, che il papa è
abolito nelle sue funzioni!
Tiene non crede ai suoi occhi
(e anche molti dei convenuti
al XV Agosto pensano che sarebbe tanto bello ma non è
possibile). Poi l’incontro con
Gavazzi, la resistenza, la fuga,
il ritorno alle Valli e alle strabilianti decisioni del Sinodo
del ’48, su cui Tourn si è a
lungo soffermato. Lì infatti si
capisce l’enorme trasformazione avvenuta in quegli anni
nella Chiesa valdese: si pensi
soltanto al fatto che, d’ora in
poi, i deputati al Sinodo non
saranno più a spese dei rispettivi comuni, ma delle
chiese (forse qui nasce per la
prima volta l’idea che bisogna fare delle collette; prima
la chiesa non amministrava
denaro, salvo «la borsa dei
poveri»). E poi la decisione di
predicare in italiano, dunque
in una lingua ignota, di un
paese che ancora non esiste,
cioè l’Italia, e i primi pastori
vengono inviati dalla Tavola
a Firenze per imparare l'italiano e insegnarlo alle Valli.
Non posso continuare per
motivi di spazio; dico però
che non credo esista un altro
posto dove, all’aria aperta,
400-500 persone di tutte le
età e culture, ascoltano un’
ora di racconto-lezione, fatta
da un docente eccezionale e
realizzano in tal modo un
momento collettivo e popolare di formazione storica ed
ecclesiologica quale non avviene con la lettura di tre libri
sullo stesso argomento. Grazie a Giorgio Tourn, grazie a
quanti hanno preparato questo XV Agosto.
Due impressioni contrastanti, per finire. Mentre con
altri valligiani, montanari di
Pramollo o di Frali, torno
aH’automobile, vedo facce
soddisfatte e voci che dicono: certo la storia fatta così e
anche la nostra chiesa raccontata in questo modo, la
capiamo anche noi! Poi incontro una signora che conoscevo da ragazzo a Pinerolo e le chiedo se le è piaciuta la storia di Tourn e ì’insieme della festa. Troppa poca spiritualità, mi risponde.
Abbiamo bisogno di religione spirituale, non solo di storia valdese. Continuando a
chiacchierare, scopro che si è
fatta buddista. Ecco, la nostra
predicazione, la testimonianza, il nostro essere valdesi
nella storia e nell’oggi, si
svolgono in un territorio e
verso un uditorio in cui sono
presenti queste due realtà e
molte altre in mezzo. Non bisogna dimenticarlo.
Giornata di studi dedicata a Giovanni Miegge
Identità protestaiìte e nuove spiritualità
MAURIZIO ABBÀ
A partire da posizioni solide e precise è possibile,
3nzi doveroso, dialogare per
conoscere realtà religiose anche profondamente diverse
dalla nostra. Al riguardo bisogna essere consapevoli che si
corrono due rischi: quello di
uno sterile arroccamento sul*3 propria identità che sbiadisce in formalismo e inaridi
sce nei contenuti, con il risultato di aver paura del confronto in quanto temiamo
che la base su cui poggiamo
sia fragile: oppure può prevalere l’atteggiamento opposto,
quello di assorbire senza discernimento qualunque e
qualsiasi cosa purché si presenti come «nuova», con il risultato di uno sbandamento
continuo che smarrisce il
senso della propria specificità e smarrisce inoltre la reale Volontà di dialogo.
È così che nell’ambito della
giornata teologica e culturale
dedicata alla memoria del
grande teologo valdese Giovanni Miegge, si è svolta la riflessione sul tema «Nuove
forme di spiritualità e identità protestante». L’argomento è stato affrontato da diverse interessanti angolature.
Notevole è stata la capacità
di sintesi e di chiarezza dei
relatori, nonostante il breve
tempo a loro disposizione
per sviluppare argomenti così vasti e impegnativi che
avrebbero potuto generare
fraintendimenti e generalizzazioni da parte degli uditori.
Dopo l’introduzione della
pastora valdese Maria Bona
Tre candidati hanno sostenuto l'esame di fede
Come si concretizza la vocazione
GIUSEPPE PICARA
QUEST’ANNO gli esami di
fede sono stati sostenuti
dai candidati Emanuele Fiume di Trieste, Davide Ollearo
di Ivrea e Monica Michelin
Salomon di Bobbio Pellice.
Nelle lettere di richiesta di
consacrazione al ministero
della Parola sono emersi alcuni dati rilevanti della loro
fede e delia loro comprensione del ministero. «Sono stato
afferrato dalla predicazione
della parola di Dio durante un
culto evangelico» ha scritto
Fiume, mentre per Monica
Michelin Salomon essere pastore significa «rispondere alla chiamata al ministero pastorale con una vita di testimonianza» e per Ollearo una
«ricomprensione continua del
ministero pastorale in un
cammino che si compie con
altri fratelli e sorelle».
«Ogni forma comunicativa
è sotto una limitatezza umana molto forte - ha sottolineato Fiume rispondendo alla domanda «Parzialità del
linguaggio religioso e suo
rapporto con altri linguaggi»
- e talvolta più sistemi comunicativi possono interagire,
penso alle cantate di ]. S. Bach; d’altra parte l’ebraico,
considerato da Voltaire una
lingua di contadini, e il greco
biblico, dialetto se paragonato ai grandi scrittori ellenisti,
sono le lingue con cui è stata
scritta la parola di Dio: ciò significa che dietro la limitatezza del linguaggio si cela la
“sovrana volontà di Dio’’». «Il
nostro rapporto con la centralità di Gesù Cristo», seconda domanda rivolta a Fiume,
permette l’incontro con Dio
stesso che in Cristo realizza le
sue promesse di condanna e
di morte dei peccatori e allo
stesso tempo le promesse di
vita eterna. La centralità di
Cristo, ha detto il candidato,
si vive nel riconoscerlo come
Signore perché è lui che determina la nostra esistenza,
mentre alla domanda «Che
cosa è la predestinazione?»
Fiume ha risposto affermando che essa è la libertà di Dio
di perdonare: «Il Dio della
Bibbia è il Dio che dona la
sua grazia e lo fa con estrema
libertà, senza alcun merito da
parte nostra; diversamente la
grazia diventa indulgenza,
opera meritoria».
Emanuele Fiume, Davide Ollearo e Monica Michelin Salomon
Monica Michelin Salomon,
interpellata su «Quale rilevanza hanno le consolazioni ricevute nella nostra vita nell'ambito della cura d’anime?», ha
sottolineato la sua esperienza
in un Centro per donne emarginate e violentate alle quali
era stato detto: «Cristo ha sofferto; perché non puoi portare anche tu questa piccola
sofferenza?». In queste difficili
situazioni la preghiera aiuta il
pastore a porsi in relazione,
perché la preghiera può essere anche la memoria di ciò
che Dio ha fatto, e allo stesso
tempo la preghiera di quelle
donne, una preghiera di confessione di peccato, quello di
non voler perdonare in nessun caso. In ogni relazione
d’aiuto, ha precisato Monica,
la certezza della consolazione
che si riceve da Cristo deve
riuscire a entrare profondamente nel cuore di chi tenta
di pregare e non ce la fa.
Relativamente alla domanda sulla «Centralità di Cristo
nel rapporto con le nuove religioni», la candidata ha dichiarato che chi ritiene Cristo
come il centro della sua vita
non deve venir meno nei dialogo. In questo senso è importante porsi con fermezza e
radicalità che, non creano
scissione, ma diventano, nel
dialogo, costruttive. Sulla domanda relativa alla nuova
versione ecumenica del Padre
Nostro che recita «Non indurci in tentazione, ma liberaci
dal Male», Monica Michelin
Salomon ha sostenuto che si
tratta della consapevolezza
della necessità di essere sostenuti e accompagnati da
Dio, e nella incapacità di superare le prove si chiede di
essere rassicurati da Dio. Alla
domanda del past. Giorgio
Tourn se un pastore possa essere paragonato a un guru
oppure no, Ollearo ha risposto che certamente il pastore
può diventarlo, ma che non si
tratta di una visione contenuta nella Bibbia. Il guru comunica la salvezza, fornisce la
via adatta che garantisce la
scalata verso Dio, mentre il
pastore non dispensa la verità, essa è fuori di noi, ci interpella e ci invita a cambiare.
Il ministero pastorale si situa invece in una dimensione
comunitaria dove ci sono doni diversi e insieme li si esercita. Il pastore non deve mai
rischiare di diventare un guru
che porta la verità, ma deve
restare un fedele testimone
della verità. Relativamente alla domanda «La Risurrezione
oggi», Ollearo ha ricordato il
rischio di relegare il problema
nel futuro. Essa non deve solo
essere la speranza del futuro
ma la certezza dell’oggi, certezza che Cristo è più forte
della nostra morte e in lui abbiamo l’unica possibilità di
una vita nuova. Al candidato
è stato anche chiesto di riflettere sul «riappropriarsi del
proprio corpo partendo dalle
parole dell’apostolo Paolo
che ha detto: il corpo è per il
Signore e il Signore è per il
corpo», e Ollearo ha ricordato
che la risurrezione di Cristo è
un dato di fatto nel senso che
è avvenuta realmente in carne e ossa. La Bibbia parla di
salvezza dell’intera persona
che è immagine di Dio. Dunque se Dio ci salva con la nostra corporalità tale testimonianza può solo avvenire con
l’interezza del nostro essere.
fede, che ha sottolineato la
necessità di rispondere anche
culturalmente alla nostra vocazione, è intervenuto Giampiero Comolli, giornalista e
studioso di buddismo, che ha
evidenziato come sia difficile
fare una mappa delle nuove
spiritualità (denominate genericamente New Age e che
vanno nettamente distinte
dalle grandi religioni orientali) e quanto sia arduo individuare e delimitare i contorni
di realtà in continua evoluzione e dai tratti indefiniti.
Il pastore valdese Fulvio
Ferrarlo ha poi ribadito con
grande acutezza come l’identità protestante sia soprattutto il tentativo di rispondere
alla domanda sull’identità di
Gesù Cristo. Bruna Peyrot,
scrittrice e studiosa di storia,
nella sua esposizione ha richiamato l’attenzione su diversi aspetti del nostro stile
di vita e della nostra fede. È
seguito un vivace dibattito a
conferma del fatto che siamo
appena all’inizio di un viaggio di conoscenze. Tra arroccamento e sbandamento bisogna piuttosto ritrovare,
nella propria identità, l’autenticità aperta al dialogo.
Fra gli altri argomenti affrontati dal corpo pastorale
Etica sessuale e della famiglia, liturgie
formazione di studenti e candidati
GREGORIO PLESCAN
Nei giorni 19 e 20 agosto
1999, a ridosso del Sinodo, si sono tenute le tradizionali giornate d’incontro del
corpo pastorale delle chiese
valdesi e metodiste. Si è discusso di quattro temi: l’etica
sessuale, l'operato della Commissione per le liturgie, quello
della Commissione permanente per la formazione pastorale e la nuova versione
ecumenica del Padre Nostro.
Il tema dell’etica sessuale
ha impegnato tutto il pomeriggio della prima giornata;
anche se l’argomento è tutt’
altro che facile da affrontare,
il dibattito ha offerto degli
spunti di riflessione. Innanzitutto si deve riconoscere che
le nostre chiese non hanno
mai affrontato il tema in maniera diretta ed esplicita: se è
vero che nel 1971 il Sinodo
valdese varò il documento
sul matrimonio (tuttora in vigore), che guardava con rispetto e comprensione, ma
sostanziale disapprovazione,
al divorzio, è altresì vero che
oggi il mondo presenta dei
modi di essere della famiglia
e della coppia imprevedibili
anche solo dieci anni fa.
Spesso si ha la sensazione
di essere di fronte a due «fotografie» della realtà: una che
vede nel matrimonio e nella
vita di coppia un progetto definitivo e quasi «indissolubile»; l’altra che si rende conto
che ormai viviamo in una società dove convivenza fuori
dal matrimonio, separazioni
o seconde nozze fanno parte
dell’esperienza quotidiana,
dentro e fuori la chiesa. In
fondo pastori e pastore non
sono né «meglio», né «peggio» degli altri.
Il nostro problema, però,
non si esaurisce così: infatti
molto spesso a pastori e pastore viene richiesta una cura
spirituale a persone che vivono crisi di coppia, così come
succede che una crisi nella
coppia del pastore provochi
una situazione di «scandalo»
nella comunità dove svolge il
suo ministero. Anche se non
sì è giunti alla conclusione,
l’auspicio è stato che il corpo
pastorale continui a riflettere
sull’argomento.
Sono state approvate alcune liturgie (per il culto del rinnovamento del patto, per il
XVII Febbraio, per la consacrazione di pastori, diaconi e
anziani) e la versione del Padre Nostro (seppure con alcune perplessità rispetto all’uso
di alcune parole) emersa dal
convegno ecumenico di Perugia di alcuni mesi fa. Si è raccomandato che questa versione sia utilizzata soprattutto,
ma non esclusivamente, negli
incontri ecumenici.
Un ultimo tema affrontato è
stato quello della formazione
dei candidati al pastorato e
degli studenti in teologia.
Nell’ultimo decennio la Facoltà di teologia e la Tavola
hanno fatto indubbiamente
notevoli sforzi per vagliare
l’idoneità degli studenti in
teologia a svolgere un proficuo ministero pastorale, dando loro anche preziose occasioni di completamento della
formazione «sul campo». È intenzione condivisa da tutti
proseguire su questa strada.
10
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 27 AGOSTO
Riforma
L’Algeria dimenticata
Jean-Jacques Peyronel
L’ultima strage in Algeria e quelle che l’hanno preceduta
in questo mese sono evidentemente la risposta anticipata
dei Già (Gruppi islamici armati) al referendum sulla riconciliazione nazionale che il nuovo presidente algerino, Adelaziz Bouteflika, ha indetto per il prossimo 16 settembre.
Ogni serio processo di pace comporta le sue schegge impazzite, lo si è visto in Irlanda del Nord e in Medio Oriente,
e quello intrapreso da Bouteflika fìn dalla sua controversa
elezione del 16 aprile scorso è indubbiamente il tentativo
più serio di porre fine a otto anni di violenze inaudite.
Mentre la guerra del Kosovo era al suo apice, l’elezione di
Bouteflika ha segnato una tregua in una guerra iniziata
quasi contemporaneamente a quella dell’ex Jugoslavia e
che ha provocato orrori sicuramente non inferiori a quelli
avvenuti in Croazia, Bosnia e Kosovo. In fatto di ferocia, il
terrorismo dei Già non ha nulla da invidiare a quello delle
truppe e delle milizie paramilitari serbe: stesse tecniche di
annientamento di interi clan familiari, stesse o addirittura
peggiori forme di atrocità nell’uccidere, stessa foilia sterminatrice. Dall’altra parte, le forze di sicurezza del regime,
coadiuvate da milizie «patriottiche» non dissimili da quelle
serbe, hanno esercitato una repressione feroce, spesso fuori di ogni legalità. Ricordiamo il hilando di questi otto anni
di atrocità: tra 65.000 e 100.000 morti, diecine di migliaia di
feriti, centinaia di migliaia di contadini sradicati, e circa
3.000 «scomparsi» (Rapporto 99 di Amnesty International).
Ma nessun membro della comunità internazionale ha sentito il dovere morale dell’«ingerenza umanitaria».
Sarà anche per questo che la tregua improvvisamente
scoppiata in Algeria non ha fatto clamore. Oppure sarà
perché, come scrive il direttore di Le Monde diplomatique,
Ignazio Ramonet, nel suo editoriale di luglio «una pace
può nasconderne un’altra» e la fragile pace del Kosovo risulta più importante dell’altrettanto fragile pace in Algeria. Eppure, da un punto di vista geopolitico oltre che economico, l’Algeria e tutto il Nord Africa sono altrettanto se
non più importanti del Kosovo e della Serbia. Ora che il
Marocco, dopo la morte di Hassan II, potrebbe aprirsi a
più democrazia, ora che la Libia di Gheddafi non fa più
paura e riallaccia stretti rapporti con l’Italia, che la Tunisia
e l’Egitto sono abbastanza stabili politicamente, un’Algeria
finalmente riappacificata con se stessa potrebbe dare un
notevole impulso all’instaurarsi di nuovi rapporti di collaborazione tra le due sponde del Mediterraneo e, di conseguenza, tra l’Europa e l’intera Africa. Il fatto che, nel luglio
scorso, Algeri abbia ospitato il Vertice dell’Organizzazione
dell’unità africana (Oua) conferma il ruolo che essa potrebbe giocare di nuovo in futuro.
Ma per ora in Algeria, come nel nuovo Sud Africa di Mandela e di Mbeki, la priorità va alla riconciliazione nazionale
e alla ricostruzione dell’assetto economico e sociale, caratterizzato da gravi disuguaglianze, ingiustizie e corruzione.
Bouteflika, che iniziò giovanissimo la carriera politica a
fianco dei due primi presidenti dell’Algeria indipendente
(Ben Bella e Boumediene) e che fu ministro degli Esteri per
ben 17 anni, appare oggi come il De Gaulle dell’Algeria. Ne
ha sicuramente l’ambizione, e la sua decisione di indire il
referendum sulla riconciliazione nazionale, offrendo l’amnistia a tutti gli islamici non colpevoli di gravi fatti di sangue, e di impegnarsi a dimettersi qualora il risultato fosse
negativo, è indubbiamente nella linea dell’ex presidente
francese. Rispetto al generale, ha un «atout» in più: non ha
la sua altezzosità, è un uomo di grande carisma che in questi tre mesi ha percorso tutte le città e i villaggi algerini e
che, ogni sera, si rivolge in televisione ai suoi concittadini
per invitarli semplicemente a riprendere in mano il proprio
destino. Per ora, lui, laico, ha l’appoggio pieno delle due fazioni dell’esercito, quella dei «dialoghisti» con gli islamici e
quella degli «sradicatori» che invece vorrebbero sterminarli. I primi a dargli il loro appoggio sono stati i leader dell’Ais
(Esercito islamico di salvezza) e del Fis (Fronte islamico di
salvezza), affermando ambedue che il tempo della guerra
era concluso. Il popolo nell’insieme apprezza molto lo stile
diretto, sobrio e conviviale, del nuovo presidente. Ma riuscirà Bouteflika là dove fallirono i suoi tre predecessori,
cioè imporre all’esercito di tornare al suo posto? Questa è la
grande incognita del prossimo futuro.
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1“ gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 32 del 20 agosto 1999 è stato spedito dairUfficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 18 agosto 1999.
Una riflessione protestante sulla catechesi del papa
La «rivisitazione» del purgatorio
La dottrina cattolica continua a non considerare sufficiente
la grazia di Dio in Cristo e insiste sulla purezza «meritata»
SALVATORE RAPISARDA
Lf OSSERVATORE Romano
I del 5 agosto ci riporta il
testo della catechesi papale
del giorno precedente. Il tema è il purgatorio. Il discorso
si snoda lungo due direttrici
sovrapposte, una etica e l’altra teologica. Non può che
essere condiviso il discorso
sulla necessità di presentarsi
puri dinanzi a Dio. Chiunque
assolve a un ruolo pastorale,
specialmente in una società
in cui corruzione e disinteresse per le questioni etiche
sono fenomeni tutt’altro che
rari, fa bene a mettere all’ordine del giorno un discorso
sulla purificazione o, se vogliamo, sul ravvedimento,
sulla conversione. Nel Nuovo
Testamento troviamo diversi
passi che sottolineano la necessità della purezza, della
santità. Ad alcuni di questi si
fa cenno nella catechesi:
Matteo 5, 48 («Siate perfetti
com’è perfetto il Padre vostro»); si cita espressamente
l’invito a «purificarci da ogni
macchia della carne e dello
spirito» (2 Cor. 7,1).
Fa comunque problema il
fatto che la purezza etica,
contro la quale non abbiamo
nulla da obiettare, venga radicata su diversi passi dell’
Antico Testamento, particolarmente del libro del Levitico, dove la purezza è di carattere rituale, in cui, a differenza di quanto diranno i profeti
(cfr. Isaia 56, 3), le imperfezioni fisiche, degli animali e
dei sacerdoti, costituiscono
un ostacolo insormontabile
per tutto ciò che dovrebbe venire in contatto con Dio. I
portatori di handicap avranno di che rallegrarsi nel vedersi perpetuare un discorso
discriminante! Ma è evidente
che il discorso del puro e
dell’impuro rientra, forse non
tanto inconsciamente, nella
prospettiva cattolica. Qui si
perpetuano discriminazioni
tra maschi e femmine, specialmente per quanto riguarda il ministero, e tra clero e
laico, circa i ruoli nella chiesa.
La Bibbia non conosce
la dottrina del purgatorio
Per quanto ci si sforzi di seguire il discorso papale non
riusciamo a condividere la
dottrina del purgatorio. Questa, per esplicita ammissione,
nella Bibbia non è «enunciata
in modo formale». Si sostiene
che «nella Sacra Scrittura si
possono cogliere alcuni elementi che aiutano a comprendere il senso di questa
dottrina». Non si può fare a
meno di notare che questa
formulazione dà l’impressione di muoversi su di un terreno non solido.
Fondante per la dottrina
Tempi di scontri, tempi di
confronti. C’è chi impara
a risolvere i problemi annientando l’altro, c’è chi cerca di
capire che non tutti pensano
nello stesso modo. Un ascoltatore ci scrive: «Spero che accetterete la mia lettera perché
oltre ad essere di provata fede
cattolica sono anche un convinto ecumenico. Credo fermamente nell’unità di noi cristiani, so molto bene che
quello di cui vi scrivo per il
momento è praticamente impossibile, ma io ci credo, e
credo anche nel dialogo con i
non cristiani (ebrei, musulmani, buddisti, ecc.)». Bene.
Qualcuno che non ha paura
di dire quello che pensa («sono di provata fede cattolica»)
e nello stesso tempo sente il
del purgatorio appare la nozione di mediazione. Mosè e
il Servo sofferente vengono
citati come esempi di mediatori. La citazione del Salmo
51 in questo contesto appare
quanto mai a sproposito. Infatti la lettura di questo Salmo mostra che il salmista
non ricorre ad alcuna mediazione, ma si rivolge direttamente a Dio per confessare il
proprio peccato e per richiedere la purificazione: «Abbi
pietà di me... purificami...
crea in me un cuor puro».
L’opera redentrice di Cristo, a cui si fa chiaro accenno
con citazioni dell’epistola
agli Ebrei, non colmerebbe il
deficit di purezza degli esseri
umani. Essi hanno il dovere
di presentarsi puri al momento della morte. Quello è
il momento in cui si chiudono 1 conti. Si tratta di «meritare» l’accesso alla beatitudine con Cristo. La misericordia di Cristo si esprimerà
pienamente al momento del
giudizio finale. Intanto bisognerà giungere puri a quell’appuntamento per ricevere
misericordia, per non essere
cacciati.
L'opera di Cristo
e i meriti dell'uomo
Muovendoci su di un piano
teologico, di fronte a questa
incessante richiesta di purezza, conquistata, meritata, ci
chiediamo che valore può
avere l’opera di Cristo, il suo
sacrificio, il dono della sua vita, la sua mediazione ? Se,
anche con indicibili sforzi, ci
è possibile presentarci puri
davanti al giudizio di Dio,
che senso ha l’opera di Cristo? La catechesi rimane molto ambigua su questo punto.
Cita passi di Paolo in cui si
parla di opere (1 Cor. 3, 14s),
ma si dimentica di precisare
che quelle opere non sono
essenziali per la salvezza; cita
1 Giov. 3, 3, ma non sottolinea che in questo brano la
purezza è la speranza.
All’anima che in punto di
morte giunge impura non
verrà offerta una seconda
possibilità. Il purgatorio, che
viene ancorato al Concilio di
Firenze (1439) e al Concilio di
Trento (1545), passando per
il Vaticano II, di cui si cita la
Lumen gentium, diventa una
realtà indispensabile per far
quadrare il cerchio. Soltanto
nel purgatorio, grazie alle intercessioni dei vivi e dei morti beati, sarà possibile completare il processo di purificazione. L’idea di comunione
dei credenti, che formano il
corpo di Cristo, viene qui ripresa per parlare di «suffragi», di «preghiera», di «carità». Incontriamo ora termini a cui non possiamo attribuire significati neutri. Sono
termini che implicano le indulgenze, le messe di intercessione, il ruolo del clero e
della chiesa docente nella gestione, in vita e in morte, della coscienza e delle anime
delle persone.
Sulla base della Sacra Scrittura, letta alla luce dell’opera
salvifica di Dio, la dottrina
del purgatorio sminuisce
l’opera di Cristo ed esalta il
ruolo umano (della chiesa
che amministra) nell’economia della salvezza. Eviteremo
lo sterile esercizio di citare
versetti biblici a sostegno di
una tesi. Siamo convinti che
la Scrittura vada letta senza
strumentalizzazioni e alla ricerca del suo filo continuatore che si dipana dalla Genesi
all’Apocalisse. La Scrittura,
infatti, annuncia senza ambiguità che la salvezza è per
grazia e produce i suoi effetti
qui e ora (2 Cor 5, 17), che
all’opera di Cristo non c’è
nulla da aggiungere, solo così
egli può essere confessato
come il Salvatore, e che la
condizione dopo la morte è
una condizione di godimento
pieno e completo della beatitudine (Luca. 23, 43) oppure
di attesa (1 Tess. 4, 13; Ap. 6,
11), non già di purificazione
o di sofferenza purgatoriale.
Cristo giudice
della purezza?
La dottrina del purgatorio,
ribadita specialmente in vista
dell’anno santo, getta un’ombra su quelle che ci sono state
presentate come aperture del
Vaticano II, ma più ancora
getta una luce sinistra sulla
comprensione cattolica dell’opera redentrice di Cristo.
Essa diventa così un’opera incompleta, a cui bisogna aggiungere qualcosa, e nella
quale pretendono di avere un
ruolo quelli che si richiamano
a Cristo, nella pretesa di fare
valere nei confronti di Cristo i
meriti di Cristo stesso. Un
modo questo di fare giocare a
Cristo due ruoli contrapposti,
in cui quello di Salvatore è
stato delegato ad altri e a lui
non rimane che quello di giudice 0 di verificatore della purezza. Non si mette così Cristo contro Cristo?
A noi piace il Cristo che va
alla ricerca della pecora perduta, che la trova e la mette al
sicuro. Ci piace un messaggio
dell’Evangelo che non sottopone a nevrosi i credenti, né
per se stessi né per i loro cari
defunti. Ci piace un Evangelo
che non allenta nessuna tensione etica, ma che non si riduce a ribadire morali desuete e divisioni anacronistiche.
È nostro l’Evangelo del salmista; «Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra
della morte, io non temerei
male alcuno, perché tu sei
con me» (Sai. 23,4).
EUGENIO RIVOIR
bisogno di non chiudersi in se
stesso, nella certezza della sua
opinione, e di confrontarsi.
E che cos’è infatti la fede di
qualcuno che ha incontrato
nella sua vita la parola del Signore crocifisso e risorto, che
cosa è la sua fede se non la
necessità di parlarne con altri, di dire la sua gioia, la sua
scoperta, la sua capacità di
vivere con altri? Come a noi è
stata data vita, così ne parliamo. Scopriamo che ognuno
di noi ha la sua personalità,
la sua speranza, i suoi progetti, i suoi sogni; scopriamo
che la vita è fatta di scoperte
e di suggerimenti, è fatta di
solidarietà, di curiosità, di
ansia per le cose da fare e di
possibile sostegno al lavoro
COBRIEKE DELLA S£jj
La Bibbia contro
Darwin
Dopo l’Alabama, il
Messico e il Nebraska, il
sas; «La commissione p.
l’istruzione dello Stato atnej
cano - scrive Riccardo dij
berge nelle pagine cultutj
(13 agosto) ha deciso dip
spungere dai programmi sti'
lastici qualsiasi cenno 4
teoria evoluzionista. Cantai
vittoria i paladini del creati
nismo, le chiese protestai
fedeli alla leggenda di Adam
che vedono nella “selezipi
della specie” un messagjj
intrinsecamente immorale)
numerose scuole hanno j
annunciato che adotterai#
testi di scienze di ispirazioj
creazionista». E ancora;
lato oscuro dell’America:!
patria della grande scienti!
della tecnologia avanzati!
anche uno dei luoghi al moi
do dove più si condensai
spinte irrazionali e croci
te fondamentaliste. Menu
il papa cattolico benedit
Darwin (...) battisti e mori»
ni [che la stessa cosa propi
non sono, ndr] contrappoi
gono la lettera della Genesiil
le evidenze scientifiche».
HjCIORMO
Sempre ragione
In un commento di pii»
pagina intitolato «La Chies
ha sempre ragione» (6 agi
sto). Luigi Manconi, socioloj
ed ex portavoce dei Veri
parte dalla vicenda di cronat
del bambino affetto da sii
drome di Down per afferffl
che egli stesso, non credei
quasi sempre in disaccorl
con la Chiesa, «su quasi W
(dall’interruzione volontà
della gravidanza alle unte
civili tra persone dello ste
sesso)», si trova a dare rag!»
alla Chiesa stessa su ale®
altre questioni: «[la Chies
“ha ragione”, oso afferm®
praticamente sempre.^
certo nella formulazione^
precetti, degli obblighi eli
divieti». In riferimento invi*
alla vicenda del bambini
Manconi chiarisce chel
Chiesa «in presenza di®
crisi acuta del legame soc®
(...) parla ostinatamente!
coesione e di comunità; epj
ché, davanti al diffondersi»
senso di morte (e del coni»
mo di morte), parla ostini
mente di vita». E infine:
non è cattolico vorrebbe®
vare parole e ragioni per®
fiorare una morale adegu®
ai dilemmi etici che ci W®
pedano, e capace di creare*
game sociale. Una moralec
non chiamerei laica, ben
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che altri fanno. Il compì
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li Lettera
al Corriere
della sera
Spett. Redazione del Corriere della sera,
in riferimento alle notizie
riportate nel Corriere di oggi
a p. 15 sulle dichiarazioni
dell’arcivescovo Carey circa
la risurrezione di Gesù e al
commento di Vittorio Messori, desidero osservare quanto
segue:
1) Quello che Carey afferma è che la risurrezione di
Gesù si pone su di un piano
diverso rispetto alla sua vita e
aia sua morte. Queste ultime
sono un fatto storico; la risurrezione, anche per chi, come
Carey, la considera un evento
reale, va al di là della storia.
Gesù non risorge come Lazzaro (che a un certo punto sarà «rimorto»), ma entra
in un’altra dimensione. Le
esperienze delle apparizioni
non possono essere disgiunte
dalla fede, anche se non sono
un prodotto della fede.
2) Come Messori stesso riconosce, tutto ciò è largamente condiviso. Non si tratta di negare la risurrezione
ima di riconoscerne la specificità. In questa prospettiva la
polemica del commentatore,
che in sostanza vuole liquidare ogni lettura criticamente onesta del Nuovo Testamento, rende un servizio
piuttosto dubbio a tutte le
chiese.
3) -Messori se la prende con
i protestanti, che sarebbero
«scandalizzati» dalla risurrezione di Cristo, soggetti alla
«tentazione gnostica», «germogliata» con Lutero ecc.
Non voglio rubare spazio al
giornale discutendo tali bugie; che però esse circolino su
uno dei maggiori quotidiani
del paese non è rallegrante.
In ogni caso qualunque manualetto, cattolico, protestante 0 «laico» può chiarire
le idee a chi lo desideri.
4) Osservo infine che gli
anglicani non si considerano,
di solito, protestanti. Anzi,
Enrico Vili, da cui generalmente si fa iniziare la storia
della Chiesa d’Inghilterra, era
considerato dal papa «difensore della fede»: di che fare
invidia anche a Messori.
past. Fulvio Ferrarlo
Milano
Lettere brevi
Chiediamo ai lettori di limitare i propri graditi interventi in 15-20 righe dattiloscritte. Grazie
3 II ruolo del
nostro giornale
Spettabile Redazione, scrivo per manifestare la mia
nausea provocata nel leggere
le dichiarazioni dello scrittore
Vittorio Messori apparse sul
Corriere della sera del 2 agosto scorso in merito all’affermazione del primate della
Chiesa anglicana «non sappiamo con certezza se Cristo
è risorto». Non si può certo tacere di fronte a ciò che asserisce Messori, l’ospite fisso del
Corriere della sera. Messori afferma che da cinque secoli,
dai tempi della Riforma, il
Cristo risorto in carne e ossa è
per i protestanti una grossa
seccatura, uno scandalo insopportabile; è l’eterna tentazione gnostica germogliata ai
tempi di Lutero. Come cristiano mi sento offeso, come protestante mi sento insultato. I
casi sono due: o io non ho
mai capito niente di protestantesimo 0 Messori scrive
delle nefandezza, insultando
come è sua consuetudine il
protestantesimo in generale.
Invito pertanto la redazione
di Riforma, che rappresenta
non soltanto il sottoscritto,
ma le chiese evangeliche italiane, a prendere una decisa e
vigorosa posizione contro
questo signore. Invito la redazione di Riforma a dedicare la
sua prima pagina e non il solito minuscolo trafiletto per denunciare queste squallide
considerazioni che appaiono
periodicamente sul Corriere
della sera. Gli italiani leggono
i giornali e da questi articoli
traggono le loro conclusioni.
Non si può continuare a ignorare gli interventi di Messori,
è ora che anche il nostro giornale prenda una decisa posizione in merito su queste gratuite e fuorvianti considerazioni. L’ecumenismo di base
viene fortemente minato da
questi articoli che i giornali
pubblicano con metodicità e
precisione. Anche noi abbiamo un’arma a disposizione
per controbattere queste calunnie, il nostro giornale.
Sergio Margara - Vercelli
Il nostro lettore ha ragione
a scandalizzarsi con Messori
e, soprattutto, con il Corriere
della sera che, normalmente,
è un giornale più serio di
quanto si potrebbe pensare
leggendo la prosa del suo
commentatore religioso cattolico. Vorrei ricordare, tra l'altro, che qualche mese fa Messori è stato ripreso duramente
e pubblicamente anche da un
vescovo cattolico perché aveva espresso giudizi senza fondhmento sui risultati del convegno ecumenico di Perugia
sul tema del «Padre Nostro».
Il compì*
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7/8
LUGLIO-AGOSTO 1999
Balcani
Forum con Fransoni, Luzzato, Marcon, Spini
Società
“Ordine e legalità». Sinistra incerta
Buddhismo
Vita da monaci
Ecumenismo
Verso un Forum delle chiese cristiane. Forse
Sviluppo
L'economia legale crolla, le mafie crescono
§8» ■
Confronti', una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire
isostenitore lire 120.000 con libro ih omaggio). Versamento sul ocp 81288001
ihtestatoacùop.Com Nuovi Tempi, via Firenze 38,00184 R.otna->U‘!.
Chiedete una copia omaggio telefònando allo 06-4820S03, fax 482790L
i (indirizzo Internet; Httpi//hella,stmit/market/sctfl>omehtitO
Il tema è sollevato da «Immaginaria», il notiziario di Agape
I giovani, le droghe e la ricerca del «bene-essere»
MARCO ROSTAN
CHE Agape sia per certi aspetti un
posto a rischio non è una novità.
Qualsiasi luogo che si occupa di giovani
e organizza campi per loro è a rischio,
per il semplice motivo che gli adolescenti in genere sono una categoria a
rischio. Del resto non è che mandando
i nòstri figli in vacanza altrove, in un
campeggio piuttosto che in un altro
Centro giovanile, ci si metta al riparo. E
neppure se ce li portiamo appresso. Né
fa parte della nostra mentalità protestante frequentare o far frequentare ai
nostri figli dei posti «protetti»; primo
perché sarebbe difficile trovarne, secondo perché a star sempre protetti si
finisce per avere una vita a rischio. Agape era a rischio fin dal suo nascere é le
chiese e i pastori hanno guardato sempre con sospetto le aperture di Tullio
Vinay e dei suoi successori. Quand’ero
giovane io, e frequentavo Agape per
saggia volontà di mia mamma, il tabù
non era la droga ma il sesso. Ne abbiamo certo combinate tante, ma non sono mai successi dei fatti gravi che invece avvenivano a volte nella vita normale dei benpensanti. Anche allora si invocavano regole e mi ricordo che una
volta il bravo Giorgio Girardet, in un eccesso di zelo, durante una delle regolari
ronde con tanto di pila che si facevano
a fine serata nelle stanze per controllare che tutto fosse a posto, colse una
coppia nello stesso letto e si indignò,
con grande stupore dei due malcapitati, che erano sì due compagni atei ma,
vedi caso, regolarmente sposati!
Ora si sentono di nuovo forti critiche
su Agape, su quello che succede nei
campi, e non sono pochi a proclarhàre:
io i miei figli ad Agape non li mando!
Naturalmente ciascuno è libero di decidere per il meglio, ma bisognerebbe
però saperne di più, non fermarsi alle
apparenze, conoscere che cosa pensano i giovani che con grande impegno
organizzano i campi e formano i vari
staff. Tra questi c’è anche mio figlio e
alcuni suoi amici e amiche che stimo;
generalmente non sono d’accordo con
loro su molte cose, dalle famose tecniche di animazione che oggi vanno per
la maggiore ad alcuni contenuti, ma rispetto il loro lavoro. E trovo che l’ultimo numero del notiziario di Agape, che
si chiama «Immaginaria» e vede in redazione molti di questi staffisti, aiuti a
vedere meglio i problemi che ci sono e
che si cerca di affrontare.
In questo numero, infatti, un’ampia
lettera di Livia Gay, figlia del pastore
Carlo Gay e psichiatra nel Servizio sanitario nazionale, con un ambulatorio nelle peggiori zone di Torino, solleva appunto la questione delle droghe, degli
adolescenti a rischio, delle oggettive
connessioni tra farsi una «canna» e domani provare l’eroina. In qualsiasi situazione, dice Livia, sia di liberalizzazione o
meno delle sostanze stupefacenti, siamo
chiamati a una diretta responsabilità
pedagogica. Risponde Silvia Rostagno,
che è Stala segretaria della Egei ed è vicedirettrice di Agape che ringrazia per
questa provocazione e auspica una pubblica discussione sul tema, precisando
che «ad Agape è vietato l’uso delle droghe. Questa è una delle poche regole
che il Centro chiede tassativamente di
rispettare, mentre sul tabacco si è optato per la delimitazione degli spazi in cui
si può fumare e per quanto ritarda l’alcol si è scelto di limitare o vietare l’accesso alle persone minori di 18 anni».
Non sono così ingenuo da pensare
che sia sufficiente dire chiaramente
queste cose all’inizio di un campo, né
mi illudo che il controllo e la convinzione degli staffisti in merito sia sufficiente
per evitare nel modo più assoluto che
qualcuno si faccia una canna; ina mi
domando come si possa fare di più.
Certo lo si può fare, ma questo non vale
solo per Agape, creando in se stessi la
convinzione profonda che la droga non
ha senso, non serve a nulla e ti uccide.
E che non è assolutamente necessario
provare emozioni e sensazioni nuove,
perché il bene per sé, il famoso «beneessere» si costruisce in un altro modo,
con le proprie forze, nel ten po, e non è
cosa da assumere in un momento. Può
darsi che in certi casi il controllo e la discussione sulla trasgressione non siano
sufficienti, che ci voglia anche la repressione dura. Ma è importante che di
queste cose si parli, e mi sembra di capire che ciò avvenga in ogni campo.
Sono un vecchio agapino, forse per
questo troppo benevolo, ma sono anche un amico di Agape; ho moltissime
critiche da fare ai direttori passati e pi-esénti, al tipo di campi e ai loro titoli e
per questo credo che sia assai più utile
una discussione, anche nelle chiese, anche in Facoltà di teologia, sui contenuti
di questi campi piuttosto che il pettegolezzo, i lamenti e le diffide su aspetti
che sono presenti in tutta la società,
dunque nelle chiese e nelle sue opere.
Il nostro lettore, però, ci fa
una richiesta che non intendiamo seguire: infatti, è più efficace scrivere direttamente al
Corriere della sera che riempire le prime pagine di Riforma
dello «sciocchezzario» di cui la
(dis)informazione religiosa
italiana, pubblica e privata, è
pesantemente contrassegnata.
Come fanno diversi di noi e
anche i vari responsabili delle
nostre chiese, è meglio scrivere
lettere, fax, e-mali alle direzioni dei giornali, telegiornali,
radiogiornali ed eventualmente dichiarare l’intenzione
di non acquistare più i loro
giornali o di non seguire più le
loro trasmissioni.
Riforma, invece, continuerà
la sua opera di controinformazione con le segnalazioni
nei «minuscoli trafiletti», con
la pubblicazione di alcune
'"delle molte lettere che i protestanti inviano ai media italiani e con il lavoro di informazione e sensibilizzazione
che, soprattutto con il Nev,
l'agenzia stampa della Federazione delle chiese, e la rivista Confronti svolgiamo quotidianamente, e faticosamente, nei confronti dei giornalisti italiani, (e.b.)
L'assemblea
dì Chiesa e pace
Tra i tagli del mio scritto
sulTassemblea europea di
«Chiesa e pace» pubblicato su
Riforma del 30 luglio a p. 12,
purtroppo c’è un elemento
molto importante; manca il
luogo dove si è tenuta l’assemblea. Si tratta dell’Istituto
biblico e centro teologico della Chiesa mennonita sulla collina Bieneberg a Liestal, presso Basilea. I mennoniti sono
famosi per il loro impegno per
la giustizia, la nonviolenza, la
prevenzione e soluzione dei
conflitti in zone a rischio.
Per Tassemblea sono stati
anche importanti la collaborazione con le suore evangeliche di Gelterkinden, nei pressi di Liestal, l’adesione dei
«Battisti Iniziativa Shalom» a
«Chiesa e pace» e quella, nuova, del Comitato dei metodisti
tedeschi per la pace.
Medi Vaccaro - Roma
Ei
m Mmemtnee
Claudiana
via Principe Tomaso, 1 - Torino
011 -6689804 - fax 011 -6504394
Radio & Televisione
CULTO EVANGELICO; ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,30 circa. Domenica 5 settembre andrà in onda: «Un approfondimento di
alcune tematiche del Sinodo valdese-metodista; José De
Luca: un pastore di borgata a Buenos Aires; Incontri: rubrica biblica». La replica sarà trasmessa lunedì 13 settembre.
Ogni eettimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
di quello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato dal
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qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
Gli abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal giorno
di ricevimento della prima copia del giornale.
Chiarezza
sui pentecostali
Questa lettera è stata inviata
a «Il Messaggero» il 28 luglio.
Egr. direttore,
le scrivo in seguito all’articolo del 6 luglio nella pag. 13
del quotidiano da Lei diretto
a firma di Filippo Di Giacomo ed intitolato «Chi sono i
pentecostali». Mi ha anche
molto amareggiato il fatto
che tutto il resto della pagina
è stato costruito in modo da
assimilare le Chiese evangeliche pentecostali a sette antisociali e perfino sataniche.
Sono rimasto attonito per il
fatto che un giornale di tanta
tradizione e autorevolmente
diretto abbia potuto lasciar
passare un «pezzo» così inesatto, fuorviarne e disdicevole sotto il profilo storico, teologico e persino linguistico,
come quello del Di Giacomo.
Prendere lo spunto da un fatto di cronaca per rappresentare in modo così improprio
un movimento religioso diffusissimo nel mondo e che in
Italia conta oltre 200.000 aderenti, stando alle stime più
prudenti, è scorretto e professionalmente indecoroso.
L’autore delTarticolo non
solo manifesta una chiara
ignoranza della storia e della
spiritualità penteocstale, ma
dimostra di essere compietamente a digiuno di una benché minima preparazione in
fatto di storia del cristianesimo in generale; ha, infatti, affastellato nomi e nozioni senza alcun legame diretto tra di
loro se non quello che la contorta immaginazione ha pensato di poter impiantare (come ad esemplo che i battisti
siano antitrinitari).
Come ha potuto Lei per
mettere una tale pubblicazione su una materia così delicata come quella religiosa
senza assicurarsi di quale
spessore fosse la preparazione dell’articolista e su quali
fonti imbastisse le sue ridicolaggini storiche e teologiche?
La Comunione delle Chiese evangeliche pentecostali
(Ccep), a nome della quale io
Le scrivo, si è sentita profondamente ferita e direttamente chiamata in causa anche
se essa non rappresenta miti
i pentecostali italiani e anche
se la Comunità pentecostale
di Siracusa cui appartiene il
protagonista del fatto di cronaca (tra l’altro già giudicato
colpevole, prima ancora del
giudice, dal vostro articolista) non fa parte di questa
Comunione. Pertanto Le
chiedo di pubblicare il testo
allegato alla presente garantendo lo stesso rilievo e lo
stesso spazio occupato dal
giornale che era stato dedicato a mettere in cattiva luce
i pentecostali, tutto ciò come
previsto dalla legge e specificando che esso viene pubblicato a rettifica di quanto affermato in quell’articolo. Ciò
al fine di evitare più incisive
e clamorose azioni.
Il presidente della Ccep
Remo Carmine Cristallo
Personalìa
Vive congratulazioni alla
nostra collaboratrice Federica
Tourn che si è brillantemente
laureata (votazione 110) in
lettere all’Università di Torino
con una tesi di storia contemporanea su «L’atteggiamento
della Chiesa valdese di fronte
al regime fascista. 1929-1939:
la stampa evangelica», relatore il prof. Bruno Bongiovanni.
TEMPO PER IL CREATO
Raccogliendo una delle indicazioni emerse dall’Assemblea ecumenica europea di Graz, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) propone alle chiese locali un
pacchetto di materiali per la celebrazione di un culto dedicato al rapporto con l’ambiente.
L’iniziativa, denominata «Tempo per il creato», è prevista
per il periodo che va dal 1" settembre al 4 ottobre; il «pacchetto» include una raccolta di testi liturgici, il documento
programmatico della «Rete cristiana europea per l’ambiente» (promossa dalla Conferenza delle chiese europee) e alcune schede informative.
Per informazioni rivolgersi a: «Tempo per il creato», Fcei,
via Firenze 38, 00184 Roma, tei. 06-483768, fax 06-4828728,
e-mail fed.evangelica@agora.stm.it.
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 27 AGOSTO 1999
In un comunicato letto in tv dall'arcivescovo Artemije
La Chiesa ortodossa serba chiede nuovamente
le dimissioni del presidente Milosevic
I vescovi della Chiesa ortodossa serba hanno chiesto al
presidente jugoslavo Slobodan Milosevic di cedere il potere a un governo di transizione in grado di risollevare
l’economia del paese e di organizzare elezioni straordinarie. Questo appello fa seguito a quello lanciato nel
giugno scorso, dopo la fine
dei bombardamenti della Nato contro la Jugoslavia, che
chiedeva le dimissioni di Milosevic. Oltre al suo ruolo religioso, la Chiesa ortodossa
serba gioca un ruolo di primo
piano nel campo sociale e
culturale del paese. All’inizio
degli Anni 90, alcuni hanno
rimproverato alla chiesa di
appoggiare la causa militare
serba. Ma, in questi ultimi
anni, i suoi leader si sono opposti alla politica del presidente jugoslavo.
Secondo informazioni della Bbc (Gran Bretagna) e di
altre agenzie stampa internazionali, il patriarca Pavle, capo della Chiesa ortodossa, ha
incontrato i dirigenti dell’opposizione il 9 agosto scorso.
Il giorno dopo, i vescovi hanno lanciato un appello al governo, chiedendogli di cedere
il potere a un governo di
transizione. Tuttavia, la chiesa ha rifiutato di partecipare
al grande raduno antigovernativo previsto per il 19 agosto scorso davanti alla sede
del Parlamento a Belgrado.
Secondo la Bbc, la chiesa dà
«il suo appoggio morale al
movimento di opposizione,
ma null’altro». Un dirigente
dell’opposizione, Zoran Djindjic, leader del Partito democratico, aveva indicato in
Il patriarca Pavle
un primo tempo che la Chiesa ortodossa avrebbe partecipato alla manifestazione del
19 agosto.
L’arcivescovo Artemije del
Kosovo, che da tempo critica
la politica del governo, ha letto il comunicato dei vescovi
ortodossi su una delle reti televisive jugoslave. Ha ribadito l’appello lanóiato dalla
chiesa ai presidenti Milosevic
(Jugoslavia) e Milan Milutinovic (Serbia), chiedendo loro di dare le dimissioni e di
cedere il posto a nuovi dirigenti. Ha chiesto inoltre la
convocazione di elezioni
straordinarie. L’arcivescovo
Artemije ha però dichiarato
che il patriarca Pavle non
avrebbe partecipato alla manifestazione del 19 agosto
«perché riteniamo che un tale raduno non è il luogo in
cui dovrebbe esprimersi il capo della nostra chiesa. Questo appello è un messaggio
sufficiente per coloro che vogliono intenderlo».
Per il presidente Milosevic,
gli appelli che chiedono le
sue dimissioni fanno parte di
un piano orchestrato dalla
Nato per minare il paese. Secondo l’Agenzia stampa internazionale cattolica (Apic)
di Friburgo (Svizzera), «l’ultranazionalista Vojislav Seselj
ha messo in guardia la chiesa
contro ogni collaborazione
con i “servi degli americani in
Serbia’’». Con un simile atteggiamento, la chiesa si
metterebbe contro «la grande
maggioranza» dei cittadini e
contribuirebbe alla «distruzione dell’unità spirituale del
popolo serbo».
Secondo la rete televisiva
Cnn (Usa), i leader dell’opposizione di Serbia, le cui divergenze impediscono da alcuni
anni la formazione di un’opposizione efficace al governo
Milosevic, ritengono che la
Chiesa ortodossa potrebbe
giocare un ruolo cruciale nel
rovesciamento del governo e
che essa sia l’unica istituzione
capace di unificare il popolo
serbo. «La chiesa è l’unica
istituzione della Serbia ad essere credibile attualmente, ed
essa si è impegnata a prendere una parte attiva nel futuro
processo politico», ha dichiarato il leader del Partito democratico, Zoran Djindjic,
che si era espresso prima che
la chiesa annunciasse che i
suoi dirigenti non avrebbero
partecipato alla manifestazione del 19 agosto. In quanto al
leader del Movimento serbo
del rinnovamento, Vuk Draskovic, egli ha sottolineato
che «non abbiamo oggi che
una sola istituzione, la nostra
chiesa, alla quale apparteniamo tutti». (enì)
Partiti da Conakry, sono giunti cadaveri a Bruxelles
Il sogno infranto di due ragazzi africani
Due ragazzi della Guinea di
14 e 15 anni sono stali uccisi,
volando clandestini da Conakry a Bruxelles, dalla loro
illusione di Europa. Uno dei
due portava sul petto questa
lettera:
«Eccellenze, signori membri e responsabili d’Europa,
abbiamo l’onore, il piacere
e la grande fiducia di scrivervi
questa lettera per parlarvi
dell’obiettivo del nostro viaggio e della nostra sofferenza
di bambini e giovani dell’Africa. Ma, prima di tutto, vogliamo presentarvi i saluti più
deliziosi, adorabili e rispettosi
di questa vita. Siate il nostro
appoggio e il nostro aiuto. Voi
siete per noi, in Africa, coloro
a cui chiedere soccorso. Noi
vi supplichiamo, per amore
del nostro continente, in nome dei sentimenti che nutrite
per il vostro popolo e soprattutto per l’affinità e l’amore e
la timidezza di nostro Creatore Dio onnipotente che vi ha
dato tutte le buone esperienze, ricchezze e potere per ben
costruire e organizzare il vostro continente e farne il più
bello e ammirabile tra tutti.
Signori membri e responsabili d’Europa, è per la vostra solidarietà e gentilezza
che noi vi chiediamo soccorso in Africa. Aiutateci, noi in
Africa soffriamo enorme
In vista delle elezioni di settembre
Le chiese dell'India invitano
a votare per i partiti laici
In vista delle elezioni nazionali di settembre, le principali
chiese in India hanno rivolto
direttive molto chiare ai 29
milioni di elettori cristiani.
Tali direttive sono una critica
all’attuale governo guidato
dal partito nazionalista indù
(Bharatiya lanata Party).
II Consiglio nazionale delle
chiese dell’India (Ncci), che
raggruppa 29 chiese protestanti e ortodosse, e la Conferenza episcopale dell’India
(Cbci) hanno inviato circolari
che chiedono ai fedeli di votare per partiti che rispettano
la laicità. «Noi riaffermiamo
la nostra fede in coloro che
sono i guardiani supremi della Costituzione. Per questo
chiediamo a tutti i cittadini di
votare per un partito che difenda gli ideali laici e democratici della nostra politica»,
chiede il Ncci in un appello
distribuito alle chiese alla fine di luglio. L’appello, firmato dal presidente del Ncci, K.
Rajaratnam, e dal suo segretario generale, Ipe Joseph,
esorta inoltre gli elettori cristiani a sostenere un partito
che «garantisca i diritti culturali e religiosi iscritti nella
Costituzione» nonché la giustizia sociale e l'uguaglianza
in un paese in cui vige un ordine sociale ingiusto.
Oltre 600 milioni di cittadini dovrebbero recarsi alle urne per questa 13“ elezione
generale dopo l’indipendenza dell’India nel 1947.
mente, noi abbiamo dei problemi e alcune mancanze a
livello di diritti dei bambini.
A livello di problemi, noi abbiamo la guerra, le malattie,
la penuria di cibo, ecc. Quanto ai diritti dei bambini, è in
Africa e soprattutto in Guinea
che abbiamo troppe scuole
ma una gran mancanza di
istruzione e insegnamento.
Salvo nelle scuole private dove si può avere una buona
istruzione e buon insegnamento, ma ci vogliono forti
somme di denaro.
Ora, i nostri genitori sono
poveri e ci devono nutrire.
Inoltre non abbiamo neanche scuole sportive dove praticare il football, il hasket o il
tennis. Per questo noi, bambini e ragazzi dell’Africa, vi
chiediamo di fare una grande, efficace organizzazione
per l’Africa, per permetterci
di progredire. Dunque, se vedete che ci sacrifichiamo e
mettiamo a repentaglio la
nostra vita, è perché in Africa
si soffre troppo e c’è bisogno
di lottare contro la povertà e
mettere fine alla guerra in
Africa. Eppure noi vogliamo
studiare, e vi chiediamo di
aiutarci a studiare per essere
come voi in Africa.
Infine, vi preghiamo di
scusare molto per aver osato
scrivere questa lettera a voi, i
grandi personaggi a cui dobbiamo molto rispetto. E non
dimenticate che è con voi
che dobbiamo lamentarci
per la debolezza della nostra
forza in Africa. Yaguine kolta,
fode’ tounkara».
I due adolescenti sono giunti cadaveri all’aeroporto di
Bruxelles. Niente paradiso
terrestre europeo per loro, solo
autopsia e tomba senza fiori.
(Gruppo Mission
Casalpalocco)
Relazione del Servizio rifugiati e migranti della Fcei
Nuovo braccio di ferro tra Eritrea e Etiopia
Migliaia di persone espulse dal paese natio
GIANLUCA POLVERARI
Dal 14 al 28 luglio 1999,
presso l’ufficio di ascolto
del Servizio rifugiati e migranti della Eederazione delle
chiese evangeliche in Italia
(Fcei), numerose persone
hanno dichiarato di essere
state costrette a chiedere asilo politico in Italia per l’impossibilità di rimanere nel loro paese natio, l’Etiopia. Il
paese africano ha infatti avviato un’iniziativa politica atta ad espellere dal proprio
territorio quei cittadini etiopici che abbiano o che abbiano avuto parentele eritree. È
lecito ipotizzare che questa
politica persecutoria, in atto
dal giugno del 1998, rischi di
determinare l’esodo di molti
cittadini, costretti a riparare
all’estero perché non accettati nel proprio paese e impossibilitati a integrarsi in uno
stato, l’Eritrea, che essi non
reputano il proprio e di cui
non conoscono neppure la
lingua (il tigrina).
È da sottolineare che le
persone in questione erano
perfettamente integrate nella
società etiope, alcune sposate con cittadini di quel paese
e, in tre casi su otto, con un
titolo di studio superiore.
Una persona lavorava presso
gli uffici di Gibuti della compagnia aerea etiope e ha dichiarato di non aver più notizie dei suoi genitori espulsi
dall’Etiopia e indirizzati probabilmente verso l’Eritrea.
Il conflitto
tra l'Eritrea e l'Etiopia
Il conflitto tra l’Eritrea e
l’Etiopia affonda le proprie
radici nella decennale lotta
per l’indipendenza della prima delle due ex colonie italiane, condotta con largo uso
di mezzi militari e con il ricorso a tecniche di guerriglia;
una guerra che, inizialmente,
era parsa concludersi nel
1991 con la proclamazione
dell’indipendenza eritrea,
poi ufficializzata nel 1993 attraverso un referendum. Ma
gli attriti relativi alla definizione delle frontiere, con
particolare riferimento ai territori di Badme, di SeboaUna Shahak, di Aiga-Alitena
e di Bada (attriti riconducibili
in parte anche alla decisione
dell’Italia fascista di disattendere il trattato italo-etiopico
del 1902 che fissava le frontiere tra l’impero etiopico e la
colonia eritrea), nonché i
contrasti perduranti relativi
alla politica di potenza nella
zona e alla gestione dei traffici commerciali lungo le direttrici del Mar Rosso, hanno
Asmara (Eritrea): donne in festa per ii referendum suil’indipendenza
dei 1993
spinto i due paesi ad avviare
le operazioni militari in largo
stile. L’aggressione eritrea nel
maggio del 1998 doveva solo
segnare l’inizio dell’ennesimo capitolo di odio e di violenza lungo la striscia del Tigrai, vissuto sulla pelle di
centinaia di migliaia di persone costrette, da allora, a
subire l’arroganza delle proprie rispettive leadership politiche. Almeno 150.000 persone sono state costrette
all’esodo forzato dalla zona
interessata al primo intervento militare eritreo; successivamente migliaia di etiopi residenti in Eritrea, e soprattutto nei nodi portuali di Massawa e Assab, sono stati costretti a lasciare il paese. A
queste misure ufficiose poste
in atto dal governo di Asmara, l’Etiopia ha risposto con
una sistematica opera di deportazione di cittadini eritrei,
nonché di etiopi, perfettamente integrati nella società
locale e incapaci di parlare il
tigrina, colpevoli agli occhi
dei responsabili governativi
di avere parentele eritree.
Un dramma dimenticato
A tutt’oggi questo dramma
dimenticato ha prodotto migliaia di esuli forzati. Stando
ai dati di molte organizzazioni internazionali, dall’Alto
Commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati ad Amnesty International, almeno
54.000 eritrei, o cittadini etiopi di origine eritrea, sono stati espulsi più o meno direttamente dalle autorità di Addis
Abeba nel periodo compreso
tra giugno 1998 e febbraio
1999, mentre migliaia di etiopi (le cifre parlano di ventimila, ma le autorità eritree ridimensionano drasticamente
la cifra sino a 6-7.000 unità)
hanno perso il proprio lavoro
e sono stati costretti all’esilio
dal territorio dell’Eritrea.
Amnesty International, in
SCHEDA ERITREA
Espulsioni da ambo le parti
Nel settembre 1998, la rivista dell’Istituto Life & Peace,
«Horn of Africa», riportava una «breve» della Reuter relativa
aU’espulsione di massa di cittadini etiopi dall’Eritrea; stando alle fonti citate da Addis Abeba, le persone allontanate
sarebbero state, a partire dal maggio 1998, quasi 25.000. Da
allora Mche TEtiopia ha iniziato una politica sistematica di
curezza, a dirsi estremamente preoccupato della perdurante situazione. In gennaio è Amnesty International a denunciare la deportazione sistematica di cittadini etiopi di origine eritrea; persone di ogni età sono imprigionate per alcuni
giorni e quindi forzate a lasciare il paese. Negli ultimi sette
mesi, affermava Amnesty nel mese di gennaio 1999, almeno 52.000 eritrei o cittadini etiopi di origine eritrea, sono
stati deportati dalle autorità di Addis Abeba. Questa pratica
è poi proseguita sino al febbraio 1999, raggiungendo la cifra totale di 54.000 persone. In Eritrea, invece, la strategia
persecutoria non ha avuto una veste ufficiale, ma si è realizzata attraverso licenziamenti forzati e un irrigidimento
della società civile. Altre fonti: Amnesty International (rapporti dal mese di luglio 1998 sino febbraio 1999); Unhcr
(rapporti di zona); Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i diritti umani (nota del luglio 1998); Dipartimento di
Stato americano (nota del 6 agosto 1998); Ips Report (rapporto di Jim Lobe, febbraio 1999).
particolare, denuncia le crudeltà subite dagli eritrei ad
opera degli etiopi. In un rapporto del 29 gennaio 1999,
curato dall’Organizzazione
non governativa londinese, si
legge che donne, anche in
gravidanza, bambini e anziani sono stati arrestati e tenuti
in stato di fermo anche nel
cuore della notte. Molti di loro, imprigionati per giorni,
sono poi stati allontanati forzatamente e costretti a riparare in Eritrea e hanno perso
il possesso dei propri beni e
della cittadinanza, senza possibilità di appelli legali.
Il primo ministro etiope,
Meles Zenawi, ha sostenuto
che queste misure rispondono a ragioni di sicurezza nazionale e ha rimproverato
l’Eritrea di essere la responsabile unica non solo dell’iniziativa militare in corso, ma
anche dell’avvio delle politiche di espulsione.
La recrudescenza del conflitto, che da scontro di confine è divelluto guerra aperta
con bombardamenti di città
importanti come Massawa
(notizia Reuter 16 maggio
1999), non lascia ben sperare
per una soluzione positiva a
breve tempo. Gli stessi tentativi di mediazione portati
avanti dall’Organizzazione
per l’unità africana (Oua) e
da singole personalità del
mondo politico africano (tra
le quali il presidente egiziano
Hosni Mubarak), non hanno
fin qui prodotto in concreto
alcun risultato positivo.
Al momento è lecito attendersi che i propositi di tregua
verranno avanzati dalla leadership eritrea, consapevole
delle difficoltà belliche incontrate; nel febbraio scorso,
infatti, le forze etiopi hanno
costretto quelle eritree al ritiro dalla zona di Badme, da
queste ultime occupata militarmente nel maggio del
1998, e si sono spinte ulteriormente in profondità.
Tra le ipotesi internazionali
per la risoluzione del conflitto in atto, un’agenzia della
Reuter del 21 giugno 1999 ricorda l’iniziativa diplomatica
intrapresa dal senatore italiano Rino Serri, sottosegretario
del ministero degli Affari
esteri, atta a sostenere il piano di pace proposto dall’Oua,
condiviso in linea di principio dai due paesi belligeranti
ma al momento di difficile
attuazione.
Anche il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, secondo una
nota diffusa dalla Reuter il 23
giugno scorso, ha richiamato i
due paesi al loro senso di responsabilità, auspicando che
l’iniziativa di pace dell’Oua
possa trovare consensi e attuarsi in tempi brevi; è speranza ulteriore della Comunità intemazionale che i «donor countries» possano intanto predisporre piani per l’emergenza, sotto il coordinamento dell’Onu, che permettano di alleviare le sofferenze
delle popolazioni civili nell’area interessata dal conflitto.
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