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ECO
DELLE miLI VALDESI
Anno 97 - Ni’m. .
Una copia Lire 70
Sig. FEYROT Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
ABBONAMENTI
Eco: L. 2.500 per l’interno
L. 3.500 per l’estero
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire SO
TORRE PELLICE 16 Gennaio 1970
Amm.: Via C.ivour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Qual è la molla,
che muove oggi
la speranza
la missione?
Si usa spesso contrapporre in modo
reciso la rnissione com’era intesa ieri
e come lo è oggi. In passato, si dice, i
missionari partivano essenzialmente
per ’’convertire” delle anime al Signore, oggi partono per offrire alle giovani Chiese un servizio multiforme che
risponda all’esigenza di manifestare
nella sua totalità la vita cristiana e la
sua presenza al mondo.
In realtà, queste contrapposizioni sono, lo sappiamo, delle forzature antistoriche e ingiuste. Forse in nessun settore della vita cristiana, proprio nell’epoca d’oro dello slancio missionario, si
è avvertita così fortemente questa esigenza di ’’pienezza”, come nei campi
della missione (e, potremmo aggiungere, poiché il parallelo si giustifica:
dell’evangelizzazione ■— si pensi all’evangelizzazione nel nostro paese! );
scuole di ogni ordine e grado, centri di
formazione e ambulatori hanno sempre
accompagnato e assai spesso preceduto
le cappelle e i templi.
E’ però giusto riconoscere che, sia
pure secondo l’orientamento pietista
allora dominante nelle accademie teologiche: l’uno e l’altro ugualmente centrate sull’esperienza religiosa deH’uomo,
affettivo-spirituale e intellettuale), tutta
l’azione missionaria era nettamente determinata dal desiderio di annunciare
l’Evangelo; in termini odierni; diremmo che la predicazione la testimonianza primeggiava nettamente sul servizio.
Nell’insieme, si può invece dire che
oggi l’ordine si è invertito, o comunque
che l’accento è messo nettamente al servizio, pur senza trascurare la testimonianza: si riflette cioè anche nell’aspetto missionario della vita della Chiesa
quella crescente sfiducia nella predicazione (’’tradizionale”, se volete, ma che
vuoi Ulicf), Cile ainuia jt-»- t"
fonda nelle cosidette Chiese storiche;
mentre, d’altro lato, i compiti immensi
e urgenti dello sviluppo, in un mondo
nel quale va crescendo con gravità impressionante il divario fra paesi sviluppati, limola necessariamente i cristiani
a prendei-e di petto la loro responsabilità di servizio.
E' comunque caratteristico che tra
gli ’’effettivi” che partono oltremare a . a
servizio delle società missionarie o co- pppvEfTTfA TAT TQSEF HROMADKA
me collaboratori fraterni delle giovani i x xiv_________________
Chiese, siano proporzionalmente assai
più numerosi i quadri laici (insegnanti,
medici, infermieri, tecnici di varia specializzazione) che non i pastori e gli
evangelisti. Il fatto che sono proprio
le giovani Chiese a richiedere questi
quadri, in netta prevalenza, è di per sé
^rnbiguo; può infatti riflettere il fatto
che la Chiesa indigena è ormai in grado
di esprimere i propri predicatori, e ha
piuttosto bisogno di teologi che li formino e di tecnici che l’aiutino ad esprimere il suo servizio nel suo paese; e
può d’altra parte riflettere quella messa in sordina del valore pnniario delYannuncio di Cristo, di cui si parlava
prima. Non si può però dirnenticare
che, pur trattandosi per ora di iniziative estremamente limitate, proprio
■ • w
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sto elemento fondamentale della vita
della Chiesa, sia concentrando l’attenzione sull’annuncio {"la missione deve
predicare l’Evangelo e lasciare a Dio di
creare la fede nei cuori degli ascoltatori”), sia ricordando che la missione
deve portare soltanto l’Evangelo, ma la
’’cultura cristiana” («dobbiamo inserirci con umiltà nella distretta delle nazioni, predicando la parola, levando la
insegna di Dio su tutte le vette di qualsiasi cultura »), sia nella sua critica radicale e pur rispettosa della religione
e delle religioni, delle « credenze false,
arbitrarie e impotenti in false divinità
di antica o recentissima invenzione ed
autorità » (« le missioni sono senza valore e futili se non sono condotte con
un sincero rispetto e con un’altrettanto
sincera mancanza di rispetto per le cosidette religioni »), sia infine con un’apertura al mondo che non ha mancato
di esercitare un influsso sul concetto
oggi corrente di ’’Chiesa per gli altri”.
Ma, detto questo, il Rossel si domanda: oggi, nell’espressione ’’teologia della crisi” possiamo sostituire ’’rivoluzione” a ’’giudizio”? « Se Barth fosse vissuto più a lungo, ci avrebbe dato una
teologia della rivoluzione? Probabilmente no, per lui il termine ’’rivoluzione” era molto troppo ambiguo. Eppure
egli non avrebbe forse trascurato la
possibilità di delineare una teologia
della rivoluzione nella prospettiva della
teologia della crisi ». Proprio nell’ultimo capitolo (a parte l’ampio frammento sul battesimo) della sua incompiuta
dogmatica ecclesiastica, « Vivere nella
speranza », Barth afferma che la speranza cristiana impegna appunto i cristiani ad agire nel mondo attuale come
fermenti potenziali di quello nuovo;
9P9j pensare che
in questo mondo già vi sono segni del
mondo nuovo. Segni: discutibili, penultimi, visibili soltanto alla fede, eppure
presenti.
Perché, allora, non parlare piuttosto,
come fa una certa corrente, di ’’teologia della speranza”? Il Rossel dice
che dobbiamo resistere a questa tentazione, perché parlare di ’’speranza” anziché di ’’rivoluzione” vorrebbe dire trascurare l’elemento ’’crisi”, che invece è
fondamentale; del resto « ’’rivoluzione”
racchiude pure "speranza”, perché esprime un movimento appassionato
fuori dal ’’vecchio” verso il ’’nuovo” ».
I "segni” si situano dunque per i cristiani fra la speranza ultima di un mondo « libero da ogni alienazione, da ogni
ingiustizia e da ogni mancanza di pace » e la speranza penultima di minore
alienazione, minore ingiustizia e minore
mancanza di pace, qui e ora. Queste
mete penultime sono valide non solo
in sé, ma appunto come segni del carattere radicalmente nuovo della speranza ultima dei cristiani. Le due speranze non possono essere disgiunte perché in Cristo il "nuovo” ha già invaso
il "vecchio”. In questo continuo e doveroso confronto i cristiani devono vivere
la loro responsi!bilità critica nella ricerca di ciò che rende l’uomo veramente uomo: « critica, perché implica delle
scelte; perché queste scelte devono essere subordinate alla ’’crisi” cioè al
giudizio già attiiatosi nel Cristo crocifisso e risorto, non nascondendo quindi
alla nostra fede t iò che è davvero ’’nuovo” e ponendol'.' in contrasto con ciò
che è davvero ’’secchio”; e perchè deve
costantemente di.stinguere fra ciò che
è nuovo in modo penultimo, nei suoi
sforzi terreni, e ciò che è nuovo in modo ultimo », totale e definitivo.
Si sente evidenu'mente riecheggiare
in questo scritto di J. Rossel tutta la
problematica affiontata, e non risolta,
a Uppsala. Nonostante tutto, penso che
yarphhe un. forzare la manosa Barth
una ’’teologia delia rivoluzione rn tal
i segni acquistano importanza, interesse, attirano la passione, assorbono la
speranza, a scapito inevitabile delle cose realmente grandi e nuove che Dio
soltanto fa. Non credo che Barth possa
essere ’’utilizzato”, sia pure nel mondo
25
gennaio
1970
Domenica
della
missione
circospetto e critico di cui sopra, quale
indicatore e araldo di una teologia della
storia (e della rivoluzione, che è la storia di oggi, in forme diverse); altri —
e si pensi a un Hromadka — trovano
qui meglio il loro posto. La voce di
Barth resta invece, nel suo timbro essenziale e caratteristico, l’annunzio profetico della crisi o giudizio anche sulla
rivoluzione, anche in questo caso, senza avere perciò un effetto paralizzante,
ma jichiamando l’uomo e la Chiesa,
Il dilemma non è dunque: predicare
o agire? testimoniare o servire? Si possono infatti predicare cose penultime:
una morale corrente, conformista con
l'ambiente (conservatore o rivoluzionario) ovvero una consolazione, una spe
Un uomo di frontìero
E presto, naturalmente, per dire
chi sia stato Josef Hromadka, pastore e teologo della Chiesa Evangelica dei Fratelli Cèchi, scomparso il 26 dicembre scorso, a poco
più di un anno dalla morte di
Karl Barth, suo amico e collega.
Solo a distanza di tempo, e retrospettivamente, questa singolare fidalle giovani Chiese ^ yeniha^l in^zi^ gura di credente e di uomo politi
""" co si staglierà con la necessaria
chiarezza sulla scena cristiana del
nostro tempo. C’è però un tratto
della personalità di Hromadka che
appare sin d’ora dominante: quella delFuomo di frontiera. Cecoslovacco, quindi appartenente a un
paese che geograficamente è il cuore dell’Europa e che in tempi recenti sembrava destinato a fungere da ideale terreno d’incontro tra
Oriente e Occidente, Hromadka associava a una forte coscienza nazionale una vasta esperienza internazionale. Questa esperienza,
che comincia già negli anni della
formazione teologica ed è proseguita ininterrotta fino al termine
della sua esistenza, unita a un vivo senso di appartenenza a un paese centrale ma non neutrale, ha
contribuito a fare di Hromadka
quell’uomo di frontiera che è stato. Lo è stato in diverse direzioni,
di cui almeno due meritano di essere rilevate: quella politica, anzitutto, e precisamente nel problema dei rapporti tra Est ed Ovest,
tra mondo comunista e mondo occidentale, tra socialismo e cristianesimo; e quella spirituale, par
tiva dell’Azione Apostolica Comune, o
altre consimili, avviate qua e la sulla
superficie del globo.
* * *
E’ interessante, in quest’ordine di riflessioni, ascoltare un missionario. Il
past Jacques Rossel, che è stato per
parecchi anni missionario in India e
che ora dirige la Missione di Basilea,
oltre ad essere membro del Comitato
esecutivo del CEC, in un suo articolo
apparso sul n. 3/1969 di «The Ecumenica! Review» sotto il titolo «««
teologia della crisi a una teologia della
rivoluzione? Karl Barth, la missione e
le missioni, esamina la presa che li pensiero di Barth, nella sua parabola pluridecennale, ha avuto sulla missione.
Egli ricorda come molti, specie in
ambiente missionari, ne avvertissero g i
inizi della teologia barthiana un effetto
paralizzante: la "teologia della crisi ,
cioè del giudizio radicale che Dio prò'luncin anche sulla nostra religiosità
l'i i.si lii na, con la sua relativizzazione
della netta demarcazione fra quelli di
fuori”, e quelli "di dentro”, con la sua
sottolineatura del fatto che la Chie^
resta una chiesa di peccatori e di pubblicani e che quindi missione ed evangelizzazione sono sempre necessari all’interno stesso della cristianità — questa teologia della crisi non rischiava
di tarpare le ali allo slancio missionario in terra lontana?
Il Rossel respinge questa critica, mostrando come dal "primo” all’ ’’ultimo’
Barth la missione in senso ampio e in
la rniijbiuuc m ^ -i . - , .
senso stretto abbia un posto di pómo ticolarpnente per la questione elei
piano, e come la sua riflessione abbia tj-a fede e ateismo. In
in realtà contribuito a chiarificare que- rapporti tra
questo e in un prossimo^ articolo
cercheremo di illustrare 1 opera di
Hromadka nei settori ora indicati.
Josef Hromadka ha vissuto fino
in fondo il dramma e la speranza
di mondo e di una chiesa divisa in
di PAOLO RICCA
due dalla rivoluzione socialista affermatosi in Russia nel 1917 e poi
in vari altri Stati dell’Europa centrale e orientale, e in Cina. Convinto del profondo significato
umano e storico di questa rivoluzione, Hromadka ha combattuto tutta la vita una difficile
battaglia sul fronte cristiano contro un anticomunismo dozzinale e isterico diffuso in molti
ambienti ecclesiastici, e sul fronte
comunista interno contro un anticristianesimo grossolano e sovente puerile Hromadka amava dire
che i cristiani si lamentavano di
lui dicendo che era « troppo comunista » mentre i comunisti si
lamentavano di lui dicendo che
era « troppo cristiano ». In realtà egli era un uomo di frontiera,
cioè uno di quegli uomini che non
vivono nelle retrovie dello spirito
o della storia, ma si tengono costantemente in prima linea, abbandonano le posizioni sicure e
protette ma anche stagnanti, cercano di andare avanti e creare
qualcosa di nuovo. L’opera di Hromadka è stata particolarmente
preziosa all’epoca della guerra
fredda, quando la divisione tra
Est ed Ovest era ulteriormente
approfondita da una cieca e roz
za propaganda verbale che eresse
tra questi due mondi un muro di
incomprensione e di pregiudizi
che difficilmente poteva essere abbattuto. In quel periodo Hromadka svolse nella cristianità europea e americana un’opera paziente e lungimirante di spiegazione e informazione sul socialismo,
non per farlo accettare ma per
farlo capire. Bisogna constatare,
con un certo stupore e una certa
costernazione, che sono stati po
(continua a pag. 3)
ranza, un impegno che rappresentano
o una fuga (indietro o in avanti) dalle
realtà penultime in cui viviamo o una
dimenticanza (più o meno profonda e
totale) della realtà ultima in cui siamo
chiamati a credere con tutta la forza
della nostra attesa; questo succede, lontano e vicino, assai più spesso di quel
che tutti noi pensiamo. E d’altra parte
si può agire, servire avendo come punto di riferimento, come vertice dell’interesse e della passione più impegnata,
solo aire, queuO clic c agii
uomini ma possibile a Dio, anzi già
fatto e in attesa di manifestazioni: la
salvezza, il rinnovamento dell’uomo e
del mondo; anche questo, frammentariamente e discutibilmente, lontano e
vicino, succede e quando il credente lo
avverte — con la fede che riconosce il
segno, ma oltre il segno vede Colui che
il segno indica, nel suo venire meraviglioso — allora il cuore gli balza dì gratitudine e la speranza si radica più salda in lui, e più feconda.
* * *
In fondo, domandarci qual è oggi la
molla, la speranza che muove la missione significa — com’è evangelicamente conforme — domandarci qual è oggi
la molla, la speranza che muove la nostra, la mia predicazione qui, la nostra,
la mia vita cristiana. Una domanda inquietnte, perché Gesù ha detto: « Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà
la fede sulla terra? », troverà cristiani
a battere alla sua porta, ad aspettarlo,
ad attendere che egli faccia pronta giustizia? Una domanda inquietante, ma
non disperata perché narrando la parabola dei talenti il Sipore ha detto che
vi sono modi diversi di ricevere la misura di fede, di speranza e di amore
che ci ha dato. Del resto, anche alla nostra generazione affamata, come quella
di allora, di segni può toccare di non
ricevere altro segno che quello di Giona • un segno di contraddizione.
Gino Conte
iiimiiiiKiiiniimiii'
iiiiiiimiimii» miiimmiiiimiiiNiiiiiiiiiiiiiiiimiiiii
..............................................................................un........................................
Biafra, soluzione (quasi) finale
Il dramma del Biafra è alla sua conclusione'? La cattiva coscienza dei governi e
delle nazioni — e delle Chiese — lo .spera.
Ma se dopo trentun mesi di lotta impari e di
sofferenze crescenti per una popolazione accerchiata, affamata e braccata, i combattimenti si sono finalmente interrotti e i Biafrani si sono arresi, non si arresta certo di
colpo la falcidie della fame, l’orrore di un
paese per tanti mesi in preda alla guerriglia,
gli strascichi dei "rendiconti”, le prevedibili
epurazioni, c tutto il seguito di un conflitto
che non è stato di liberazione o di pacificazione, ma di schiacciamento di una minoranza.
Con la sua fuga — con famiglia e ricchi
bagagli __ il col. Ojukwu ha dato la misura
di sé; le testimonianze sulla sua discutibile
figura erano dunque attendibili. Tuttavia,
non avrebbe potuto impegnare per tanto tempo il suo popolo in una lotta quale c stata, se
gh Ibo avessero combattuto e resistito soltanto per lui. Il giudizio recisamente negativo sul "capo” non può, secondo me, tradursi in un giudizio sulla causa sostenuta dai
Biafrani: una causa non certo tutta giusta in
bianco e nero, ma in cui una minoranza è
stata deliberatamente soffocata. E di questo
soffocamento molte grandi e piccole nazioni,
dalla Gran Bretagna (e dagli Stati Uniti) alrURSS. dall’Egitto a vari paesi africani portano direttamente la re.spon.sabilità, come la
portano indirettamente quelle (ne abbiamo
parlato recentemente) che, anch’esse non certo immacolatamente di.sintere.ssate, hanno offerto ai Biafrani armi e denaro più che decisa
e fattiva mediazione.
Soltanto alcune nazioni africane si sono impegnate in quell’opera ed è doveroso menzionare in modo particolare l’imperalore
d’Etiopia; purtroppo senza successo, come }>aleticamente ciarliere e vane suonano, oggi, le
parole pronunciate a fine dicembre, a Ginevra. dal past. Peter Lawson. uno dei delegati della Conferenza delle Chiese di Tutta
l’Africa che con sette collegh'. al principio di
dicembre aveva visitato Iliafra e Nigeria ;
« Siamo convinti che questi primi contatti
estremamente incoraggianti saranno seguili
ir un futuro prossimo da concrete iniziative
di riconciliazione ». Quelle della stretta finale delle forze nigeriane, del bombardamento
a tappeto dell’"aeroporto” di Uli gremito di
(continua a pag. 8)
2
pag 2
N. 3 — 16 gennaio ^970
SPIGOLATURE DI STORIA VALDESE
niolerelle intorno al XIIII Febbraio
Riprendere ancora il tema della « festa del XVII febbraio » può sembrare,
a lungo andare, piuttosto tedioso!
Eppure si tratta di una pagina di
storia Valdese, la quale, per certi
aspetti, ci permette di renderci conto
della complessità dei problemi che essa coinvolge, se sappiamo guardare oltre alcuni aspetti secondari o deteriori della « festa ».
Perché, — lo si voglia o no —, è pur
sempre una pagina di storia della Chiesa, di quella storia cioè che è la più
diflicile a narrarsi. Infatti — come
scrive W. von Loevenich nella introduzione alla Storia della Chiesa — la
Chiesa è Chiesa di Dio, ma è anche
Chiesa degli uomini; « è la Chiesa di
Gesù Cristo, ma al tempo stesso orga
nizzazione umana; ha la sua origine
“da alto” e la sua storia quaggiù ».
Perciò la storia della Chiesa suscita
contraddittorie impressioni nel lettore
secondo che chi scrive ha lo sguardo
fisso solo sull’origine della Chiesa ("da
alto") ed è portato quindi a identificare la Chiesa col Regno di Dio; mentre
« se vuol vedere soltanto l’istituzione
umana, altro non vede che errore e
violenza ».
Osserva ancora il Loevenich che
ambedue queste posizioni sono errate
perché l’essenza della Chiesa e la sua
manifestazione costituiscono un tutto
inscindibile. « Chi vuole attribuire valore solo all'essenza e scavalcare la
manifestazione esteriore, corre il rischio di perdere anche l’essenza. Ma
a chi si afferra alla sola manifestazione esteriore e crede di poter trascurare l’essenza, la manifestazione esteriore si trasforma in una caricatura ».
Un preambolo che vorremmo fosse
sempre presente al lettore di queste
note, come lo è stato a chi le ha scritte, anche se, all’atto pratico, è scivolato
involontariamente nell’una o nell’altra
posizione.
ALLE ORIGINI
E superfluo ricordare come il crisma della ufficialità della « festa » sia
stato dato dal Sinodo del 1848 con un
Atto sinodale (n. 30). Un « Service religieux » sarà celebrato in tutti i templi, affinché tutti i Valdesi, grandi e
piccini vi possano ascoltare il racconto delle cose maravigliose che Dio ha
fatto, e per esser ammaestrati intorno
ai molteplici doveri che da queste benedizioni derivano (Echo des Vallées,
7 seti. 1848). Riconoscenza e lode a
Dio. A Dio solo?
Ecco, la Chiesa Valdese è anche isti
rìòW"ftìTeriHè~ esTr^hZài^ da'^que's?a vfta: che è, anche questo è superfluo ricordare, l’età risorgimentale. Siamo
nella I» guerra d’indipendenza. E nello stesso numero già citato deìl’Echo
des Vallées vi è un appello commosso
e significativo per la difesa della patria in pericolo. « ...No, non esiteremo!
No, quella fama di coraggio e di fedeltà che abbiamo ricevuta intatta dai
padri, la trasmetteremo intatta e pura
ai nostri discendenti; con lo sguardo
fìsso su Colui che moltiplica le forze,
andremo avanti, con voce unanime gridando: Viva il Re! Viva lo Statuto! Viva l’Indipendenza d’Italia! ».
Dio - Patria - Re: un trinomio che
ritornerà sempre attraverso il susseguirsi delle celebrazioni del XVII febbraio, non senza contrasto di accentuazione e di precedenza!
La formulaz.ione che codifica uno
stato di cose, la troviamo in un ordine del giorno votato dalVAssemblea
parrocchiale di Torre Pellice nel 1878
(in occasione del trentennale della
Emancipazione). (Nel frattempo una
deliberazione del Sinodo 1854 aveva di
fatto soppresso la celebrazione del
XVII febbraio unificandola con quella
dello Statuto. E di questo riparleremo).
Questo ordine dei giorno si articola
in tre punti:
1®) Riconoscenza al Signore che ha
ispirato l’Emancipazione a Carlo Alberto ed ha conservato la libertà sotto
V. Emanuele IL
2°) Supplicazione al Signore perché la conservi sotto Umberto I.
3°) Chiedere al Padre celeste la
forza di fare un uso sempre migliore
di questa libertà, sempre « più conforme ai disegni della .sua misericordia
verso di noi e la nostra patria ».
La coesistenza di questi tre componenti il trinomio era inevitabilmente
Collana
« Atti ai.itX Prothsta.vte »
n. 26:
Gtorcio Tourn
Tempo di crisi e di risveglio
n. 27:
Cl.AtUtlO Tron
La protesta giovanile
n. 28;
Rapporto .su matrimonio e
divorzio
(L. 100 cad.)
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio Quinto 18 bis
10125 TORINO
destinata a porre molteplici problemi
nella celebrazione del XVII febbraio.
UNA COESISTENZA DIFFICILE
Questo Signore della Chiesa, che
ispira a Carlo Alberto, Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme..., Duca di Savoia, di Genova..., Principe di
Piemonte, l’Atto di Emancipazione, ha
il primo posto nelle celebrazioni ufficiali nella Chiesa, ma si ha l’impressione che il senso della Signoria di
Cristo sia alquanto attenuato nella vita della Chiesa, e molto impreciso nell’azione della Istituzione.
Purtroppo la documentazione di
quello che chiameremo con una certa
approssimazione: vita spirituale, è assai scarsa. Il Risveglio di Neff ha avuto un’influenza forse solo relativa. Una
situazione caratterizzata da una certa
aridità, nella quale si ripetono formule teologiche solenni die non fanno
più presa ed ai ragazzi si insegnano
formule classiche di catechismi ufficiali.
Questa Chiesa che può finalmente
uscire alla luce del sole, si trova di
fronte a due realtà nella sua vita pratica: patria e libertà. Patria: è un sostantivo che non gode di molta simpatia oggi; lo si pronunzia con una
certa diffidenza per l’uso e l’abuso che
lo hanno deteriorato nel linguaggio
comune e nella vita della nazione.
Fu, comunque, nel 1848 una realtà
che ai Valdesi poneva tutto un groviglio di problemi che essi affrontarono
sul piano tradizionale con sincerità,
entusiasmo e, oggi diremmo con una
certa ingenuità che era la conseguenza
di una estrema povertà teologica ed
imprecisione ecclesiologica, che erano
a loro volta la conseguenza di una vita
vissuta nel chiuso del « ghetto » valligiano.
Quando, sia pure ancora in modo
incompleto, si aprono le porte, questa
realtà — la patria — appare ai Valdesi del ’48 (e per molti decenni ancora! )
come una realtà di cui devono rendersi degni. Qccorre essere fedeli cittadini di questa patria terrena, dar prova
di un indiscusso patriottismo.
Il « patriottismo » dei Valdesi, la fedeltà alle istituzioni, l’attaccamento alla Casa Sabauda sono temi che ricorrono frequentemente nei resoconti delle celebrazioni del XVII febbraio. E
non soltanto!
Ancora nella sua Breve storia dei
Valdesi, Ernesto Comba (IV edizione
1961!) consacra tutto un paragrafo
(ben due pagine) per « ...mettere in
Ricordiamo solo di sfuggita la presenza del tricolore in tutte le manifestazioni, l’omaggio reverente ai sovrani; nel 1869, a San Giovanni nella
«grande école » (oggi Giardino d’infanzia) serata della Unione Cristiana
con due studi, la sera del XVII: J. J.
Parander: Il patriottismo cristiano.
Qvviamente il problema istituzionale non si pone: è patria il regno di Sardegna con Carlo Alberto; è patria il
regno d’Italia con Vittorio Emanuele II e poi con Umberto I ecc.
Soffre indubbiamente di un complesso di inferiorità il valdese nel ’48 (e se
lo trascinerà dietro fino ai giorni nostri!). Non mancava allora (e non mancò dopo) chi si diede da fare per ricordargli che era privo di tradizioni culturali in ogni campo, che non era un
Richiesta di segnalazione
degli emigranti
Da Darmstadt, ove fa centro la loro azione di « Servizio evangelico per
gli Italiani in Germania », i pastori
Silvio e Carmen Ceteroni rivolgono
un caldo appello alle comunità evangeliche in Italia e in particolare ai
loro pastori, affinché comunichino gli
indirizzi degli emigrati in Germania
provenienti dalle loro comunità.
Scrivere a: Past. S. e C. Ceteroni,
Servizio Evangelico per gli Italiani in
Germania, Diakonisches Zentrum,
61 DARMSTADT, Zweifalltorweg 10
(Rep. Fed. di Germania).
Nuovi indirizzi
Sono mutati ultimamente alcuni indirizzi pastorali.
A FIRENZE i pastori Luigi Santini
e Franco Sommani sono ritornati nello
stabile valdese di Via Manzoni 21 (50121
Firenze), rimesso in ordine dopo i danni patiti nell’alluvione.
A FELONICA PO (Mantova) il candidato in teologia Emidio Campi segnala
il suo nuovo numero telefonico: 66.178.
A SAMPIERDARENA il past. Alfredo
Scorsonelli abita ora in Via Buranello 6
(16149 Ge-Sampierdarena), in prossimità del nuovo recapito del locale di
cullo: Via Buranello 42 (rosso).
Doni in iiionioria di Adele Suhilia
Per la Biblioteca della Facoltà Valdese di Teologia: Vittorio Subilia, lire
50.000; Sofia Baldoni, .50.000; Remigio
Baldoni, 50.000.
italiano completo! Era estraneo allo
spirito del Natale di Roma, e si trovava sperduto in Piazza Venezia o sul
sagrato di S. Pietro.
E così il patriottismo diventerà una
ossessione.
Nella patria la libertà, ancora condizionata se si vuole, ma pur sempre
libertà. La Chiesa Valdese non sembra
preparala ad affrontarla in tutte le sue
implicazioni ed insiste sul piano specifico (ed anche questo è significativo)
della morale, intesa nel suo significato
più tecnico; onestà d’impegno e d’esempio nella vita privata e politica
che un articolista in due articoli nelVEcho des Vallées del 1848 (dicembre)
e 1849 (febbraio) definisce con l’espressione « coraggio morale » il quale consiste nell’avere « il coraggio di mostrare quello che si è, dire quello che
si pensa, interrogando solo la propria
coscienza, senza preoccuparsi del giudizio degli uomini, del loro affetto o
del loro odio ».
Il « bon vaudois » invece tace in presenza degli abusi più stridenti (nella
amministrazione pubblica), e tace anche quando sono di dominio pubblico;
quieto vivere e mimetizzazione sono la
parola d’ordine di chi non sa o non
vuole approfittare della libertà.
Naturalmente questa presa di posizione attira una nota redazionale che
cerca di spiritualizzare il crudo linguaggio del collaboratore; guai se i
Valdesi volessero usare « avec insolence dei nuovi diritti concessi dalla Costituzione »; sottomissione alle leggi e
fedeltà riconoscente al Principe.
* * *
Abbiamo l’impressione che fin dagli
inizi della « festa » del XVII febbraio,
il Signore della Chiesa debba cedere
alcune delle sue prerogative ai signori
di questo mondo! La festa nasce con
un equivoco che si accentuerà con il
volger degli anni e costituisce, in realtà, il problema di fondo del XVII febbraio.
Gino Costabel
(continua)
Mini! Meiemil
(Giovanni 4: 21; 14: 11)
Quando confessiamo; « Credo che Gesù Cristo è il Signore »,
« Credo in Gesù Cristo », siamo fedeli al pensiero della santa
Scrittura, ce lo appropriamo e lo esprimiamo nel linguaggio del
quale essa si serve.
Dobbiamo però guardarci dal dimenticare che nel linguaggio della Bibbia il verbo credere acquista sempre il slio vero significato quand’è inserito in un dialogo. Non ha mai come oggetto (o come complemento diretto) una verità che potrebbe essere
staccata da colui che rafferma, che potrebbe esser vera di per sé
stessa. Si tratta sempre di credere questo o quello perché si crede aH’interlocutore, cioè perché si crede a qualcuno. Credere che
ciò che questi afferma è vero, significa accettare senza riserve la
sua parola perché gli si crede a lui.
Vf *
Tanto più vero è, questo, nei libri della Bibbia, quando il
verbo credere ha per oggetto ciò che Dio stesso rivela agli uomini! L’Antico Testamento ce ne dà esempi innumerevoli nei suoi
racconti, nei messaggi dei profeti e dei salmi. Credere ciò che
l’Eterno è, pensa, fa, promette significa credere a Lui. Il significato
biblico di "credere" assume un carattere ancor più concreto nel
Nuovo Testamento, dove Dio non parla più soltanto dall’alto dei
cieli, ma si presenta a noi, immediatamente, nella persona del
Figlio; dove ci parla per bocca di Gesù Cristo, dove la relazione
fra Lui e noi diviene più diretta, più umana e più personale di
quanto non sia qualsiasi altro dialogo al mondo. Vi è parola più
pressante e più decisiva deU’appello rivolto alla Samaritana;
« Credimi! », poi a Filippo e agli apostoli: « Credetemi! »? L’Evangelo intero vi è racchiuso.
* * *
Dio ci preservi dal confessare alla leggera: « Credo in Gesù
Cristo ». Non mettiamo forse spesso, del resto in modo irriflesso,
l’accento sull’m, oppure non alteriamo il senso di « in Gesù Cristo » nella misura in cui, anche qui spontaneamente, facciamo di
Gesù Cristo una specie di oggetto della nostra fede? Guardiamoci
dal convincerci che in tal modo siamo dei « credenti »! La nostra
vocazione è di credere Gesù Cristo, cioè ascoltarlo ogni giorno,
preferire a ogni altra cosa al mondo la parola che Egli ci rivolge e nutrircene, seguirLo con fiducia assoluta, trovare la nostra
gioia nell’ubbidienza alla sua volontà, nelle successive e più vari congiunture del nostro destino.
Pierre Lestringant
(dal lournal des Missions Evangéliques)
ii'iiiimmiiiiii»
'iiimiiMiimmtimiiiiiiM'Mi
miiiiiiiiiimimiiiiiiniiiMi
Facciamo conoscenza con il nuovo Innario
Questa rubrica non si propone soltanto d’essere un.-’ illustrazione dei criteri.della comrnisfí»¡c.ÍD£iariQCiS£,ía ha
grado chi presiede culti o riunioni di
usare l’innario con facilità e rapidità,
senza rischiare imprevisti come quello,
p. es., di indicare l’inno Scrivi tu di propria mano, convinto che esso sia ben
conosciuto, e di doversi poi trovare dinanzi un’assemblea muta, perchè la
melodia non è più quella. Inni come il
Forte Rocca (ex 29), Come cerva (ex147) e Scrivi tu (ex 23) ebbero la melodia completamente snaturata dal punto di vista ritmico per opera non si sa
di chi; da forti, vigorose, piene di slancio e magari di audacia battagliera (come l’inno di Lutero), esse divennero indebolite, molli, stucchevoli (tecnicamente parlando passarono dal cadenzare
« maschile » a quello « femminile »). Insomma si ritorna al solito principio, già
detto altrove, che la musica deve avere
l’espressività (melodica, armonica e soprattutto ritmica) che l’autore (conosciuto o anonimo che sia) le assegnò
per esprimere determinati stati d’animo. Ciò è valido indiscutibilmente per
le melodie classiche, come le tre summenzionate; possono invece essere trattate con più elasticità (o, se preferite,
con meno rispetto) le musichette dozzinali non classiche, che sono un puro
e semplice pretesto sonoro per poter
cantare le parole del testo. 11 rispetto
dovuto alle melodie classiche (tra le
quali vanno annoverati non soltanto
gli inni del secolo XVl-XVII, ma anche
bellissime melodie, quali il Resta con
me, di Monk, secolo XIX!) non è determinato soltanto da ragioni esteticoespressive, ma anche dal fatto che tali
melodie classiche sono passate alla storia della musica e ne costituiscono
una tappa importantissima; talché daremmo prova di mancanza di cultura
e di senso della responsabilità se continuassimo a presentare i capolavori dell’innologia protestante in una veste che
nascondeva i pregi estetici e che snaturava le caratteristiche storiche di queste musiche. Perciò è stato preciso dovere della commissione ridare agli ex
23, 29 e 147 la veste ritmica originale.
Ciò ha comportato la necessità, ovvia,
di modificare, del tutto o parzialmente,
i testi.
Perciò non ci si meravigli se il bel
testo Scrivi tu, che sarebbe stato peccato perdere, ha dovuto ricevere una
nuova melodia (opera del caro collega
Ettore Fanzini, della chiesa battista,
prematuramente scomparso); e neppure si creda che abbiamo abolito il vecchio testo Forte Rocca per ragioni di
carattere letterario o teologico; il nuovo testo Oliai forte rocca (142) è stato
semplicemente richiesto dal fatto che
tutto il ritmo della famosa melodia di
Lutero è stata riportata al suo vero ritmo: in tal modo, oltre tutto, l’inno che
costituisce in un certo senso il simbolo
musicale di tutti gli evangelici può ora
finalmente essere cantalo anche dagli
evangelici d'Italia insieme a quelli di
lingua tedesca, francese, inglese, spagnola, cèca, e così via, che usano tutti
lAe,iiÌg®f*oW’fii"Tis5’'5fiÌfj?e pres.w""c/i
noi italiani.
E, per venire infine al pratico, eccovi
alcuni elenchi che potranno essere utili
a chi s’ occupa di predicazione e di
canl.j sacro nelle comunità.
A) Musiche nuove applicate a testi
vecchi. I motivi della sostituzione sono
o quelli, già detti, della necessità di riportare al l’originale melodie, precedentemente snaturate; ovvero l’abolizione
di melodie, pur belle, ma inadatte al
canto sacro (ex 130 e 146, per es.), o
per Io più l’eliminazione di musiche
troppo leggere o sconvenienti all’espressione di sensi religiosi (p. es. ex 235,
288, 304 e molte altre).
2 - Lampada al nostro piede
21 - Lungo rivi
22 - Qui nel deserto
24 - Son io, son io che vi consolo
31 - Là nel ciel
36 - Santo Spirito, deh scendi
46 - Alla porta del tuo cuore
48 - Io sento la tua voce
54 - Q Signore a Te dinanzi
55 - Il mio Signore, fonte
70 - Voglio servirti sempre
71 - T’appartengo, Signor
72 - A Dio che tanto ci ama
77 - Quale un faro
88 - Signor di verità
91 - O Tu che salvi il peccator
92 - Ti'a gli affanni ed i perigli
98 - Presso di Te sicura
102 - Veglia al mattino
112 - Il Regno tuo
120 - Son straniero in questa terra
124 - Poni in Dio la tua fidanza
130 - Quando il terrestre mio viaggio z
138 - Sì, vinceremo, fratelli
139 - Lottiam, lottiam
144 - Odi tu? Gesù ti chiama
157 - Al Re dei sècoli
163 - Scrivi tu
206 - Volge a noi Gesù la voce
231 - O Gesù tornasti in cielo
244 - Se sovr’ali
247 - Vieni, fratello
261 - Un anno ancor volò
272 - (Non sia fratelli il core)
N.B. Forse mi è sfuggito qualche le
sto, ma dovrebbe esserci l’essenziale.
Il confronto tra i numeri del vecchio
innario e del nuovo è inviato ciclosfi
Iato agli acquirenti del nuovo innario
B) I) Musiche vecchie su testi vec
chi, con modifiche lievi alla melodia.
I motivi dei ritocchi ritmici sono: o
la necessità di tornare all’originale o
quella di togliere per quanto possibile
il carattere di ballabile ad alcune melodie di per sé non di.sprezzabili come
disegno musicale.
43 - Su, riddasi al Signor (ex 136)
76 O Amor, riposo (152)
155 - A Te tre volte santo (12)
234 - Osanna cantati gli angeli (76)
250 - Io voglio questa sera (306)
251 - Per tutto il ben (172)
259 - Gran Dio Tu solo i popoli (252)
B) 2) Musiche vecchie con testo nuovo
Un testo del tutto nuovo ha dovuto
dovevano essere riportate al ritmo originale; alcune avevano poi un testo incantabile, in quatito il fraseggio e gli
accenti dei testo non coincidevano (almeno, non in tutte le strofe) con quelli
delta natsica.
13 - A Te, Signore altissimo (1)
137 - Che Dio si levi (32)
142 - Qual forte rocca (29)
175 - Ah beato l’uomo (quest’inno non
si trovava nel vecchio innario, ma
molti lo conoscevano dalla liturgia sinodale).
180 - (musica dell’ex 155)
228 - (musica dell’ex 78: «Gloria a Te,
gloria).
C) Testi con parole iniziali modificate
Alcune volte, ragioni di buona pro
nnunzia o di corrispondenza fra accento musicale ed accento poetico hanno
costretto la commissione a variare il
verso iniziale di un testo; ciò comporta qualche difficoltà iniziale per chi comincia ad usare l’innario ed il .suo indice alfabetico.
Eccone l’elenco:
1 - Vieni, e rivelaci (Vieni tu a frangere, 26)
37 - Nostra forza e nostra guida (Pelle vie del ben ci guida, 93)
44 - Oh se annunziar ti potessi... (Potcss’io dirti... 276)
88 - Signor di verità (O Dio di v. 212)
93 - Un tenero arboscello (Qual tenero, 1.34)
105 - Padre, che sei la forte mia difesa
(O Dio, che sei... 153)
111 - Com’è dolce al tuo servizio
(E, è dolce al tuo servizio, 186)
115 - Vieni e mi segui, - disse il Redentore (Vieni, mi disse un giorno...
205)
206 - Volge a noi Gesù... (Gesù volge,
232)
214 - Innalziam, fratelli il canto (43)
282 - Padre e Signor (Padre benigno,
259)
2.53 - Scende la queta notte (Cade la
sera. L’umile... 249).
C’è da augurarsi che queste tabelle
possano essere di aiuto in questi primi
tempi a chi usa l’innario nuovo, e che
contronttiiido i' vecchio e il nuovo si
pos.sano .si urgere reaP miglioramenti.
F. Corsan I
DONI ECO-LUCE
Da Milano: Klio Alessio 500; Silvia Balnuis
500; Giulio liivoir 1.000; Denise llosseìli 500:
(Aistavo Tourn 500.
Da Gpìuwa: Kenalo Pampuro 500: Fcbe
Corlando 500; Hriinu Lombardi Boccia 500.
Da Fironza: (iiorgio NeiiTuann 500; Lidia
Lanlarel 500: Aldo Trache 500: Arnaldo Gay
500: Roberlo Rossi 500.
Grazie! (continua)
3
16 gennaio 1970 — N. 3
pag. 3
Il coraggio di H r o m a d k a Un uomo di frontiiira
Gli ultimi mesi della vita di J. L. tiromadka sono stati travagliati dal dramma dell'invasione sovietica a Praga e. forse pia ancora. dai contrasti scoppiati in conseguenza
airinterno di quella Conferenza Cristiana per
la Pace che costituiva probabilmente, almeno
negli ultimi anni, il cuore della sua passione
e della sua speranza di cristiano impegnato.
In uno scritto diffuso dal BIP, il bollettino
d'informazioni della Federazione protestante
di Francia, lo ricordava il prof. C. Casalis, da
molti (n:.:' ‘HO compagno appassionato nel
lai'vri: Farticolo era stato scritto
i- iilljv-’- '! ' ■ pio di dicembre, a poche
seitimune. dal'-. • , oarsa del pastore e teologo cèco; lo rip-a: a o qui, a testimonianza
dell'impennata di “itberia ciistiana" di questo
credente impegnato.
Il 21 agosto 1968, distruggendo la
'primavera di Praga’, toccava in profondità tutti gli strati della società cecoslovacca e, fra gli altri, la Conferenza Cristiana per la Pace (CCP) che era
allora in piena fioritura ed espansione;
la III Assemblea generale della CCP
aveva avuto luogo dal 31 marzo al 5
aprile; il testo del suo messaggio finale prova a sufficienza la serietà delle
analisi e l'importanza dei compiti che
il Movimento aveva unanimemente approvati.
Il 22 agosto, il presidente Hromadka
scriveva una lettera di protesta assai
energica all’ambasciatore sovietico a
Praga Cervonenko e poco dopo redigeva un memorandum, ancora inedito
in francese (e in Occidente, n.d.r), in
cui spiegava la sua delusione e il rifiuto radicale di accettare il nuovo stato
di fatto. Era chiaro fin da allora che
questi due gesti dovevano essere considerati imperdonabili, venendo da un
uomo che era stato insignito del 'premio Lenin per la pace’.
Nell’ottobre 1968 il Comitato di lavoro della CCP si riuniva a Massy e metteva di fronte, per la prima volta dopo l’intervento militare, cristiani del
'terzo mondo’, dell’occidente, dei '5
paesi del Patto di Varsavia’ e cecoslovacchi. L’incontro fu estremamente
diffìcile, radicale il disaccordo e l’opposizione fra le rispettive posizioni si
espresse in un comunicato contradditorio.
Nel febbraio 1969 si teneva a Varsavia una nuova riunione del Comitato
di lavoro: i 5 misero in atto una tattica ostruzionista che impedì al Comitato di affrontare la crisi interna del
Movimento. La situazione in Cecoslovacchia era ancora in movimento e
ancora limitati i mezzi d’intervento
dei 5: si spiegava così, senza dubbio,
questo atteggiamento dilatorio. La" risposta dei rappresentanti del « terzo
mondo » e dell’occidente fu di astenersi nel voto finale sul comunicato che
fu adottato in base ai soli voti dei rappresentanti dei paesi socialisti.
La primavera 1969 fu caratterizzata
da ogni sorta di manovre di seduzione-intimidazione, mutando di volta in
volta l’uomo da eliminare. Alla « Conferenza di tutte le religioni », organizzata a Zagorsk dal 1° al 4 luglio, su iniziativa del e nel celebre monastero della Chiesa ortodossa russa, circolavano
molti nomi circa i futuri detentori delle responsabilità di Presidente e di Segretario generale della CCP. Poi venne
i! mese di settembre, con la riunione
del Comitato centrale del Partito comunista cecoslovacco e l’instaurazione
di quella che è stata chiamata « l’inquisizione elettronica » in Cecoslovacchia. Il ministro della cultura organizzava la delazione in tutte le branche
dell’insegnamento. L’ombra e i metodi
del neostalinismo si stendevano ovunque, sotto il nome di « normalizzazione ».
ATTACCO E CONTRATTACCO
La riunione del Comitato di lavoro
di Buckow, nella Repubblica democratica tedesca (RDT, Germania orientale), dal 21 al 24 ottobre scorso, era stata preceduta da un incontro dei sei segretari di Stato per le questioni religiose (dei 5 paesi del Patto di Varsavia
e della Cecoslovacchia). Vi era stato
deciso che il dr. Jaroslav Ondra, segretario generale della CCP, doveva dare
le dimissioni ed essere sostituito da
persona più « stabile », cioè perfettamente docile e conforme alle decisioni delle istanze politiche. Alla riunione
di Buckow i 5, esteriormente unanimi
malgrado le profonde divisioni interne, eseguirono le decisioni dei segretari di Stato, convinti — ci ha detto
l’uno di loro — che Ondra avesse avuto
un atteggiamento, se non soggettivamente, almeno oggettivamente « controrivoluzionario », che era stato uno
degli agenti dell’infiltrarsi, mediante il
dialogo,, dell’ideologia imperialista nei
paesi socialisti, e che le sue emozioni
nazionalistiche avevano turbato l’esercizio della sua responsabilità universale: fu quindi dichiarato che Ondra
aveva perduto la fiducia di milioni di
cii:diani delle grandi Chiese, membri
della CCP, che aveva lasciato impantanare il Movimento in problemi secondari e che doveva ritirarsi.
Alla violenza dell’attacco resistette
energicamente il contrattacco condotto da tutti i rappresentanti del « Terzo mondo » (salvo due) e dell’Occidente (salvo uno). Tutte le domande di
spiegazione e di giustificazione resta
rono senza altra risposta che: « Non
abbiamo più fiducia », e invano il presidente, dichiarandosi pienamente solidale con il segretario generale, chiese
che si aprisse un’inchiesta affidata a
una commissione ristretta. « Su questo
punto non è possibile alcun compro
messo », rispondevano invariabilmente
i 5 e un Tedesco dell’Ovest, poi sconfessato e biasimato dal suo Comitato
regionale. Dopo discussioni estenuanti,
ci si separò, restando ciascuno sulle
sue posizioni c senza che Ondra avesse
detto una sola parola, durante le ore
interminabili nelle quali era diventato
il cuore di una lotta orribile.
Rientrati a Praga al principio di novembre, Hromadka e Ondra furono
messi in condizione di dover attuare
immediatamente la decisione che la
maggioranza dei membri del Comitato
di lavoro aveva impedito loro di prendere. Il 5 novembre Ondra scrisse a
tutti i membri del Comitato di lavoro
comunicando loro che, decisamente, il
suo lavoro di segretario generale non
poteva più, ormai, essere altro che un
ostacolo alla collaborazione fra tutti i
membri della CCP senza eccezioni.
Esattamente 10 anni dopo la sua nomina, egli rimetteva le sue funzioni
fra le mani del Comitato di lavoro.
Dichiarava di rimanere membro della
Conferenza e in particolare del Comitato di lavoro. La CCP, come tutti gli
altri organismi situati in Cecoslovacchia, era così drasticamente « normalizzata ».
UNA QUESTIONE DECISA
AD ALTO LIVELLO POLITICO
Il fatto inatteso fu la reazione del
presidente Hromadka: questo grande,
ammirevole vegliardo aveva la scelta:
restare al suo posto e diventare lo Svoboda della CCP ovvero, dimissionando,
creare una situazione inattesa, mostrar.- chiaramente, ritirandosi, che rifiutava il colpo montato contro Ondra e il
progettato imbrigliamento di tutto il
Movimento. Dopo un breve viaggio nella Germania occidentale, nella Svizzera
e in Francia (ove predicò, tenne alcune
conferenze ed ebbe vari colloqui con i
dirigenti del CEC, portando ovunque la
testimonianza di una risoluzione cristiana e socialista intatta, come pure di
una speranza altrettanto risoluta quanto lucida), rientrò a Praga e il 14 novembre inviò una lettera di dimissioni
dal suo posto di presidente della CCP.
Di queste tre lunghe pagine non diamo
che alcuni estratti: « Sono stato scandalizzato dal fatto che a me, il presidente, nessuno aveva fatto conoscere il
progetto di costringere Ondra a dimis
sionare... mi è stato assolutamente impossibile trovare le ragioni di questa
"mancanza di fiducia"... sono stato disgustato dal fatto che tutti gli sforzi
tendenti ad analizzare questa situazione
deplorevole siano stati rifiutati a priori... sono stato terribilmente deluso constatando che non si era pronti ad alcun
compromesso... Tornato in patria, dopo
una lunga conversazione con una personalità ufficiale, ho capito che tutta questa questione era stata decisa ad alto
livello politico e che qualsiasi attività
del dr. Ondra come segretario generale
sarebbe stata resa del tutto impossibile.
B una delle esperienze più tragiche della mia lunga attività pubblica, poiché,
pur comprendendo le realtà politiche e
lu nostra responsabilità nella costruzione della nuova società, non ho cessato di dire che la CCP è un’associazione di cristiani ferventi, liberi e sovrani
nelle loro decisioni, i quali agiscono sotto la guida e nella linea dell'Evangelo
e non sono disposti a cedere a pressioni
dì qualunque tipo, le quali abbiano origine diversa dalla fraternità e dalla responsabilità cristiane. Fin dagli inizi
della CCP sotto stato intimamente unito
ai miei amici del Movimento in tutti gli
avvenimenti lieti e critici del nostro
impegno comune. Non era una semplice organizzazione, era l’espressione del nostro desiderio di contribuire,
a un profondo livello spirituale, a quel
compito cui siamo tenuti come cristiani, in questo tempo di tensioni, per la
pace e la riconciliazione fra i popoli.
Se il nostro movimento perdesse la sua
sovranità di fede e di azione, questo significherebbe un'autodistruzione della
sua missione specifica, nel settore della
Chiesa e delle contraddizioni attuali del
mondo. Spero aie i membri del Comitato di lavoro tutto il movimento
comprenderarw-' i motivi della mia decisione e Facce .’eranno in uno spirito
di fiducia, di am'ire e di speranza».
A J. L. Brumali!
i risultati del str
le prospettive pe*tutt'altro che ser;‘
che questa ’’rinui:
iu cui è matura;
che rinvasione ce»
alla luce del sole,
creare.
Georges Casalis
1 non è stato dato di vedere
i,esto doloroso. Purtroppo
futuro delia CCP. sono
: e incoraggianti, né pare
:con tutto il tormento
riesca a sanare contrasti
w'ovacca ha fatto scoppiare
»ria che non è stata essa a
G. C.
Il mimiiiimiiiiitiimniuumiiimimm
UN PASTORE E TEOLOGO CÈCO
Per che cosa vivo
Lo scritto che segue era apparso il 28-6-1969
sulla pagina bibliografica de « Le Monde ».
Il pastore Hromadka^ che ha compiuto gli
80 anni, è slato una personalità di primo
piano nella Cecoslovacchia prima e dopo la
seconda guerra mondiale. Nato in Moravia,
lungo la frontiera che, neH’impero degli
Absburgo. separava le popolazioni di lingua
slava da quelle di lingua tedesca, in una località in cui si manifestava un pangermanesimo aggressivo, egli prese coscienza, fin da
giovanissimo, della sua appartenenza al popolo ceco, a quel popolo a cui il protestantesimo, nella sua linea d'origine bussila, s’identifica in modo del tutto naturale.
In occasione d'un soggiorno in Scozia,
Hromadka si aprì alla comunità ecclesiale ed
alla questione sociale. D’allora in poi, egli non
h ì mai considerato la propria attività di teologo disgiunta dairattività temporale. Per lui,
come per Karl Barth, del quale ha fortemente subito l’influenza, la missione della Chiesa
è quella di a annunziare a questo mondo, in
tutta la sua complessità e in tutta la sua diversità, il messaggio che risuona come un perdono misericordioso e come un giudizio delTuomo e del mondo ».
Fermo , in questa convinzione, Hromadka è
stato uno di quelli che hanno voluto, fin dal
primo momento, cercare il lato positivo nella
Rivoluzione bolscevica e collaborare ai finì
della reintegrazione della Russia rivoluzionaria nel concerto delle nazioni. Esiliato negli
USA durante Tultima guerra, molto impressionato dairimpolenza del protestantesimo tedesco di fronte al nazismo. Hromadka rientra
nel suo paese, dopo la liberazione, convinto
che la società futura « debba passare per dei
cambiamenti profondi e che il socialismo sovietico sia destinato a diventare uno dei maestri della ricostruzione sociale; e ciò in una
misura tale da lasciare un'orma indelebile nella storia ». Egli predica in favore della collaborazione attiva col regime comunista, presiede la Conferenza cristiana per la pace, e
riceve un premio « Lenin ». Ma è costretto
a lottare su due fronti, cioè da una parte
contro i numerosi cristiani che l’accusano puramente e semplicemente di tradimento, d'altra parte contro quelli che egli chiama « i
[>rcgiudizi dei costruttori dell’ordine nuovo,
verso la Chiesa e verso la teologia ».
Come scrive il pastore Casalis nella sua
commovente prefazione (*), col processo d’evoluzione storica iniziato, nel gennaio 1968,
dal partito comunista cecoslovacco. « Hromadka poteva ragionevolmente ritenere d'esser giunto a toccare uno degli scopi della sua
vita : dimostrare che là dove il capitalismo è
stato distrutto, la via è stata aperta ad un
avvenire, non soltanto di giustizia e di pace,
ma anche di libertà ». La volontà dei capi sovietici non riia permesso. Il libro contiene,
in appendice, la lettera che l’autore ha inviato, poche ore dopo l’invasione, all’ambasciatore dell’URSS :
« Non v’è mai stata, in tutta la mia vita
(vi si legge), tragedia più terribile. L’autorità morale del socialismo ne esce, per lungo
tempo, distrutta ».
Ottuagenario, il pastore Hromadka si trova (scrive il Casalis) ■ davanti alle « rovine
della sua esistenza'“». Tanti e tanti anni di
fede, di pazienza, di speranza in Dio e nel
suo prossimo, si trovano così ridotti a niente.
(*) Da questo punto e fino alla fine dell'articolo, si fa riferimento al libro del Hromadka, Pouf quoi je vis (Ed. du Ceri, Paris 1968, L. 2.100).
(segue da pag. 1 )
chi, nel pur vasto mondo cristiano del nostro secolo, coloro che
hanno cercato di spiegare alle
chiese che cos’è stato e che cos e
i! socialismo. Hromadka è stato
uno di questi pochi. Ma conviene
ripeterlo: la sua non fu opera di
proselitismo politico. Il suo intento fu piuttosto quello di aiutare i suoi fratelli in fede a comprendere il tempo in cui vivevano
e l’importante svolta storica costituita dalla rivoluzione del 1917:
e questo non per zelo pedagogico
ma per consentire ai cristiani dell’Est come dell’Ovest di assumere
pienamente la loro responsabilità
politica nel nostro tempo e nel nostro mondo.
Per quanto solidale con la scelta
comunista del proprio paese e convinto che la società socialista rappresenta un positivo superamento
della società capitalista, un passo
avanti nel cammino deU’umanità,
Hromadka non ha mai concepito
l’avvento del socialismo come negazione di quei « valori » emersi
nell’ambito dell’umanesimo occidentale da un travaglio più volte
secolare, percorso da indubbi fermenti cristiani. Libertà e responsabilità personale, inviolabilità
della coscienza, diritti fondamentali dell’uomo, dignità della persona umana, libertà civili: se questi
valori, ed altri ancora (compresi
quelli più propriamente cristiani,
che si trovano nella Bibbia ed
esprimono la fede in un Dio Padre e Salvatore) venissero sperperati o calpestati, « un’atmosfera
sepolcrale invaderebbe tutta l'Europa, l’Est compreso », disse Hromadka nell’importante conferenza pronunciata davanti aU'assemblea ecumenica di Amsterdam nel
1948 sul tema; « La nostra responsabilità nel mondo del dopo-guerra »: uno studio caratterizzato da
una perspicacia spirituale e da una
chiaroveggenza politica non comuni. « Il crollo della civiltà occidentale sarebbe una vera tragedia,
che coinvolgerebbe tutti i grandi
valori che l’uomo dell’Est apprezza e onora: la sottomissione dell’uomo a un Dio creatore e salvatore, che è il Dio della grazia e della giustizia, il Signore che guida
le storia nella via della giustizia
misericordiosa, verso l’ultima vittoria della verità; la subordinazio
UNA LETTERA DA PRAGA. AGOSTO 1968
Delusione, dolore
e vergogna
Sutko dopo l'occupazione, il prof. Joseph
Hrointlka avena inviato questa lettera alr amìisciatore sovietico a Praga, Cervonenko
Praga, 22 agosto 1968
Eccellenza, nel 1958 in una sala del
Crem
per 1
Nel
me ni
Sono
se di mi
in una
no mi fu conferito il premio Lenin
micizia e la pace internazionale.
! mio paese sono poche le persone cocosi affezionate al popolo sovietico,
tato innumerevoli volte nel suo pae- anche con mia moglie — su invito
i russi. Ho moltissimi amici nel
Moviiento per la Pace e nella Chie.sa ortodossa russa.
Neli ultimi anni, giorno per giorno, ero
turba I dalla sensazione che nel nostro stato il occhio regime (prima di gennaio) uccidevi l’amore del nostro popolo per TUnione Soietica, che il Partito comunista perdeva ] sua autorità e che la struttura della
nostra società .socialista stava dissolvendosi
a cani dell’incapacità politica, economica
e culUrale della direzione del partito c
dello iato.
Il pbeesso di rinnovamento iniziato nel
gennai di qdest’anno costituiva un vigoroso tatativù di rafforzare la autorità del
partilobomuioista, di risvegliare nel nostro
popolo! .senilio di responsabilità per l’affermazionldel Socialismo, di ravvivare l’amore per I popjolo sovietico e di fare del socialisraiuna/ forza dinamica nella vita inlernazioale,.
Ero àepnoscenza del fatto che questo
processo'/ rinnovamento non veniva compreso colettamente nell’Unione sovietica.
Durante i miei viaggi all'estero mi veniva
chiesto ripetutamente se non temevo l’intervento sovietico. A tali domande rispondevo decisamente che ritenevo impossibile
un simile intervento perchè avevo una
grande considerazione della saggezza politica di chi era a capo dell’Unione Sovietica.
Perciò Poccupazione da parte dei cinque
alleati socialisti nostri vicini mi colpisce
ancora più dolorosamente. Il mio sentimento più intimo è di delusione, dolore e vergogna. Non c’è nella mia vita tragedia jiiù
grande di questo avvenimento. A questo riguardo sono costernato allo stesso modo di
Ales.sandro Dubeek, che ha dovuto subire
ferite cosi profonde da parte dei suoi amici
più cari — i compagni sovietici.
Temo che nel nostro popolo sia accaduto
qualcosa di irreparabile; la perdita dell’amore e del rispetto per il popolo sovietico
per molti decenni non potrà essere riparata. Il patto di amicizia tra Cecoslovacchia
e Unione Sovietica è stato distrutto. C’è il
pericolo che l’amore del nostro pojiolo si
trasformi in odio e che i nostri amici più
vicini diventino i nostri nemici.
Il Governo sovietico non avrebbe potuto
commettere un errore più tragico. E’ una
sventura incalcolabile. Il peso morale del
socialismo e del comunismo è stato scosso
per un lungo tempo. Solo un ritiro immediato delle armate di occupazione potrebbe
mitigare almeno in parte la nostra comune
sciagura.
Dr. J. L. Hromadka
Professore della Facoltà Comenius
di Praga, Presidente della Conferenza Cristiana della Pace.
Josef Lukl Hro.madka, nato a Hodiavice
(Moravia) il 9 giugno 1888; studi teologici a
Vienna, Basilea, Heidelberg e Aberdeen e filosofici a Praga. 1920-39 e 1947-50 docente di
teologia sistematica aH'Università Jan Hus di
Praga; 1939-47 docente al Seminario teologico di Princeton (USA); dal 1950 decano
della Facoltà teologica A. Comenius di Praga.
Nel 1948 partecipa attivamente all’Assemblea
ecumenica di Amsterdam, da quell’anno membro del Comitato centrale del CEC, dal 1954
al 1961 del Comitato esecutivo; per un settennio uno dei vicepresidenti delPAIIeanza
Riformata Mondiale; dal 1958 presidente della Conferenza cristiana per la pace.
ne delle passioni e degli istinti
umani alla luce dell’intelligenza e
alla sovranità di una coscienza attenta; il^ primato del diritto sulla
forza; l’amore considerato come
la potenza che trasforma la vita
sociale; la libertà della persona responsabile, opposta a ogni pretesa dell’autorità umana di governare l’anima dell’uomo. Questi principi soggiacciono a tutta la storia
dell’Occidente. Spesso traditi o alterati, ma indistruttibili, riapparvero ogni volta che uomini e donne
convinti si sono levati, pronti a lottare e a morire per essi. I popoli
dell’Est, siano essi di destra o di
sinistra, fremerebbero d’orrore se
queste grandi norme e queste
grandi idee cessassero di essere il
lievito della nostra vita pubblica e
privata ». Non si tratta quindi, per
Hromadka, di liquidare l’eredità
<' occidentale ». Si tratta piuttosto
di domandarsi se l’Occidente di
oggi è fedele alla stessa sua eredità o non è totalmente posseduto
dal mammonismo più sfrenato.
Hromadka vede con lucidità la
crisi profonda in cui l’Occidente
si dibatte: crisi spirituale prima
ancora che politica. E rivolge all’Occidente alcune domande imbarazzanti: « In che cosa crede l’uomo occidentale? Quali sono le sue
convinzioni fondamentali? Per che
cosa è disposto a vivere e a morire? ». E incalza: « Fino a che punto le democrazie occidentali hanno moralmente, intellettualmente
e spiritualmente la capacità e la
competenza necessarie per rispondere ai bisogni essenziali della nostra epoca? ». Infine, un verdetto,
severo ma giusto: « È impossibile
non constatare una crescente stanchezza spirituale e la vanità di numerose idee e istituzioni “occidentali” ». E ancora: « Le idee occidentali sull’indipendenza, la libertà e la democrazia sono troppo
formali, hanno troppo pochi rapporti con i problemi e le realtà
fondamentali del tempo presente ». L'Occidente è quindi invitato
a un esame di coscienza. Dubitiamo però che lo abbia fatto o che
lo stia facendo.
La posizione di Hromadka, arrischiata ma feconda, non è stata
immune da pecche o da ombre.
Intorno agli anni ’50 Barth si chiedeva se Hromadka non si era troppo identificato col socialismo, cosi
da perdere la capacità di una presa di posizione critica nei confronti delle deformazioni e dei crimini dello stalinismo. Effettivamente il silenzio pressoché totale delle Chiese cristiane dell'Est (e di
Hromadka) sotto il regime staliniano dimostra ancora una volta
come è difficile, per la Chiesa e
per i cristiani, adempiere al loro
mandato e svolgere la loro funzione profetica di contestazione
della società in cui vivono. Ma
non siamo certo noi che possiamo
rimproverare ai nostri fratelli dell’Est o a Hromadka i loro silenzi
nel periodo staliniano. Sappiamo
bene quali e quanti sono stati e
continuano ad essere i nostri silenzi: da quale pulpito verrebbe la
predica?
Paolo Ricca
4
pag. 4
N. 3 — 16 gennaio 1970
MISSIONE EVANGELICA CONTFO LA LEBBRA
Un nuovo farmaco,
una nuova speranza
Già
ora,
molti
Il B 663 (chiamato anche Lamprene)
è uscito dalla fase sperimentale conclusiva e sta per essere prodotto su
scala industriale e distribuito a tutti
i lebbrosari.
Si tratta di un prodotto isolato nei
laboratori del Consiglio Irlandese delle ricerche mediche di Dublino (la stessa città in cui nel 1874 nasceva la Missione Evangelica contro la Lebbra sotto il nome di « Missione per i lebbrosi
in India »).
Il medicamento è stato isolato in un
primo tempo da una specie di lichene
che cresce comunemente sui muri vicino al mare nella zona stessa di Dublino. La sostanza, sperimentata per
la prima volta in Nigeria, è stata successivamente modificata e purificata
in modo da ottenere, oggi per via sintetica, una sostanza di colore rosso
che si è dimostrata molto attiva contro il bacillo di Jansen, responsabile
della lebbra. Per una diecina di anni
il medicamento è stato sperimentato
in lebbrosari del mondo intero, ha superato positivamente le varie prove e
controlli ed è pronto a scendere ora in
campo nella lotta contro il male che
affligge molti milioni di uomini.
Le caratteristiche essenziali del nuovo medicamento sono una forte attività contro il bacillo della lebbra ed una
pronta guarigione delle lesioni causate da esso. Il B 663 sopprime pure le
dolorose e demoralizzanti reazioni che
avvengono in un certo numero di malati curati con i solfoni e che possono
durare fino a 15 e 16 anni. Inoltre si è
dimostrato assai attivo anche contro i
casi cronici non trattabili con gli altri
rimedi finora in uso.
Dobbiamo essere veramente riconoscenti a Dio per questo nuovo mezzo
che Egli ha fatto scoprire a favore di
molti lebbrosi finora ritenuti incurabili.
Quattro anni di vita del Centro africano di studi leprologici.
Il dr. Paul Brand (uno dei massimi
specialisti mondiali per la lebbra,
membro della Missione Evangelica
contro la Lebbra) dichiarava recentemente: « La lebbra non regredisce ancora. Ci sono ancora milioni di lebbrosi senza cure. Sappiamo in anticipo che il prossimo anno almeno centomila ragazzi e giovani contrarranno la
lebbra e per la maggior parte di loro
la malattia si svilupperà liberamente
invece di essere curata. Eppure ognuno di questi ragazzi e di questi giovani potrebbe essere guarito senza conservare alcuna traccia della malattia
e senza grandi spese, dati i rimedi e
la tecnica attuali. Ma a due condizioni:
che i nuovi malati siano sufficientemente informati per presentarsi in
tempo utile per il trattamento precoce e che si riesca a rendere per loro
possibile un trattamento prolungato ».
Per rispondere a queste esigenze è
sorto, quattro anni or sono — ad Addis Abeba — il Centro Africano di Studi Leprologici, che pur in così breve
tempo si è conquistato la fama di essere il centro del genere più dinarnico
di tutto il mondo. La nostra Missione
ha contribuito alla fondazione di questo centro e vi mantiene alcuni specialisti: il medico coreano Dr. Song,
un fisioterapeuta M. D. Ward e Signora e gli specialisti in protesi e scarpe
ortopediche Sig- e Sig ra Hill.
Il centro opera nell'ospedale centrale Zenebework, in numerosi dispensari
rurali (raggiungibili in jeep) e dà ai
suoi studenti una formazione completa in tutte le specializzazioni richieste
dalla lotta contro la lebbra. I primi
studenti — non soltanto africani, ma
provenienti anche dal Pakistan e dallo
Yemen — sono usciti ora dalla scuola
per raggiungere, in Africa ed in Asia,
i loro posti di lavoro.
Notizie in breve.
— A Nuova Dehli ha avuto luogo la
XI conferenza contro la lebbra per
l’India. Si è trattalo della malattia
principalmente sotto il profilo delle
sue conseguenze sociali (mutilazioni,
paralisi etc.). E stato fatto il punto
sul programma di controllo della lebbra che opera in India da 15 anni per
il reperimento precoce dei casi, per il
trattamento di massa e l’educazione
sanitaria della popolazione. Si sono
fatti dei piani per l’approfondimento
della collaborazione fra medici, chirughi, fisioterapeuti ed amministratori
civili in vista del totale recupero dei
malati e dei guariti nella società.
— Una nota gioiosa dalla Tailandia.
Il gruppo operante in Tailandia Centrale ha ricevuto in dono una automo
bile adatta alle strade di quella zona.
Per 10 anni il dr. Morgan ed i suoi col
laboratori avevano percorso in bicicletta, sotto al sole cocente o nel fango, le strade della regione con immensa fatica e gran perdita di tempo. Ora
possono portare tutto il materiale rapidamente da un posto all’altro. L’ultimo ostacolo, quello di una pesante
dogana, è stato superato grazie alla
comprensione delle autorità tailandesi.
— Sotto gli auspici della Organizzazione Mondiale della Sanità si è tenuta una Conferenza con seminari nel
Nepal per organizzare la lotta contro
la lebbra in quel paese con l’aiuto della O.M.S. Fra le decisioni e richieste è
da segnalare quella concernente l’abrogazione delle leggi repressive nel con
fronte dei lebbrosi e la protezione dei
guariti tornati nei loro villaggi. Avviene che essi siano talora cacciati dal
resto della popolazione che si è impossessata dei loro campi nella speranza
che non guarissero e non tornassero
a casa.
— Ancora una notizia positiva a proposito dei trattamenti fisioterapici in
Corea dove si è pure organizzato il lavoro a domicilio per i casi ambulatoriali. Per questi malati sono stati trovati dei lavori economicamente redditizi ed al tempo stesso utili per ridare
elasticità ed agilità alle mani rattrappite dalla lebbra. Lo scoglio maggiore
per questa realizzazione era lo smercio dei prodotti ed è stato superato
con successo.
(a cura del segretariato italiano
della Missione Evangelica contro
la Lebbra - 10060 Frali, c. c. p.
2/35862 - To).
NEL GABON
Diffusione ecumenica deiia Bibbia
Da una lettera del missionario A. Piguet di Oyem (stazione vicina a Mful
dove si trovano le signorine A. Gay e
L. Nisbet), traduciamo il racconto di
una settimana trascorsa a Lambarene.
Il Sig. Piguet ha fondato a Oyem un
centro per la diffusione della Bibbia e
della letteratura cristiana nel Gabon,
e lo scopo del viaggio a cui partecipa
Atcune cifre
La Missione di Parigi ha alle sue
dipendenze 256 missionari e mogli di
missionari e 48 giovani che lavorano in
missione invece di prestare il servizio
militare in Francia, di cui 17 sono sposati. Totale: 321 persone.
Dei mi.ssionari tornati in Europa nel
1969, 36 non torneranno nei campi
della missione, per varie ragioni, e
soltanto 20 nuovi missionari sono stati mandati per sostituirli. 11 numero dei
missionari, quindi, tende a diminuire.
/Dal rapporto del Direttore)
vano la Sig.ra Piguet, L. Nisbet e un
collaboratore gabonese, era appunto la
vendita di Bibbie e altre opere, secondo un programma prestabilito in collaborazione con i due pastori protestanti, i preti e le suore della regione.
« Ovunque — dice il Piguet — siamo
accolti calorosamente, ovunque gli
alunni delle scuole si precipitano sui
Nuovi Testamenti, e in particolare sul
Notizie dai nostri missionari
Come si è potuto leggere sul nostro
settimanale, Giovanni Conte e i suoi
hanno fatto un lungo e interessante
viaggio per tornare a Tahiti, dove
hanno ripreso con gioia il loro ministero, incoraggiati dalla affettuosa e
cordiale accoglienza della comunità.
Laura Nisbet in un breve messaggio mandato in occasione del Natale
parla della sua attività nelle scuole
domenicali della regione, e menziona
le gravi difficoltà sorte nella Chiesa
del Gabon. Il pastore A. Roux della
direzione della Società delle Missioni,
si è recato sul posto per aiutare i responsabili a trovare una soluzione da
sottomettere al Sinodo che si riunirà
in gennaio.
Anita Gay ha dato notizie del suo
lavoro, specie nel Centre familial
évangélique, attraverso la rubrica
« Contro la fame degli altri ».
Bruno e Paola Tron hanno mandato, come di consueto, una circolare
per Natale. Dopo aver menzionato
gravi difficoltà dovute alla mancanza
di acqua potabile, che sperano di superare riattivando un vecchio pozzo
o scavandone uno nuovo, parlano dell’opera missionaria;
« Una grande scuola per sordo muti
e una chiesa sono state inaugurate a
Cheren, e una scuola di Economia
Domestica a Adi Ugri ha iniziato il
suo 3" anno di attività con una media
di 10 ragazze tra i 18 e 20 anni. Purtroppo la carenza di missionari ha
fatto s'. che la bella Stazione di Belesa (dove i Tron hanno lavorato per
parecchi anni) abbia dovuto essere
chiusa. Rimane la scuola elementare,
che come al solito rigurgita di ragazzi
e ragazze ».
Infine la lettera menziona un viaggio in occasione di una conferenza a
Addis Abeba nel corso del quale i
Tron hanno potuto visitare il lago
Awash e le cascate del Nilo Azzurro,
che però a quella stagione avevano
pochissima acqua che « gocciolava
lungo le rocce ».
Prossimo jiro missionario
nello Valli Valdesi
Per la consueta tournee che a primavera
porta un mi.ssionaria della Sociélé des Mission Evangeliques de Paris nelle comunità
delle Valli Valdesi, quest’anno sarà fra noi
dal 1° al 15 marzo la .Sig.na Violette Baudraz,
svizzera, nata nel 1923, infermiera missionaria al Camerún dal 1950, .sarà da noi dal 1°
al 15 marzo (inclusi). Il programma, che
comprende 3 domeniche, sarà fissato assieme
ai pa.stori delle Valli.
SIGNORE,
La preghiera, nioviinento di un’anima verso Dio, in un momento preciso, in circostanze ben determinate, può essere raccolta, trascritta, ripetuta? È quel che si domandano il missionario tedesco F. Pawelzik, da anni
all’opera nella Chiesa evangelica del Ghana (ex Togo, sulla costa guineana), e il jtaslore e poeta svizzero romando E. Pidoux, introducendo una
scelta di preghiere raccolte dalla viva voce di giovani cristiani africani e
recentemente pubblicata, nella sua « Collana missionaria », dall’editore ginevrino Labor et Fides: Je lance ma foie vers le del.
Una cosa è certa: che se si dovesse trovare qui soltanto un’espressione,
sia pure toccante, di folklore religioso, meglio sarebbe chiudere discretamente il libro. Ma è anche possibile entrare in comunione j>rofonda con
questi fratelli e queste sorelle che aprono il loro animo a Dio nella gioia e
nel tormento, nell’inquietudine e nella speranza, così vicini a noi, nella
comtinione dei santi, malgrado la lontananza sociale e culturale più ancora
che geografica.
Allora, se ci è dato di entrare in profonda ’simpatia’ con loro, nella
gioia e nelle contraddizioni della fede in Cristo, possiamo ricevere molto
Alle prese con il male
le traduzioni in francese moderno. Siamo obbligati a fissare quote per la
vendita in ogni scuola, per non esaurire la provvista prima della fine della
tournée. A questo siamo obbligati dal
atto che ci è difficile rinnovare le p''stre scorte di libri (spesso li riceviamo un anno dopo averli ordinati). Le
nostre previsioni per quanto concerne
le vendite sono largamente superate
dalla realtà, particolarmente da quando le decisioni del Concilio Vaticano II
sono diventate realtà.
« Nelle scuole, mentre i miei collaboratori vendono, parlo con gli insegnanti sul modo di utilizzare i libri
che offriamo. Contatti magnifici! Stup-orc dei maestri cattolici che per la
prima volta entrano in contatto con
le Sacre Scritture. "Un tempo", mi dice uno di loro, mostrandomi il suo catechismo romano, "ci insegnavano: se
un protestante vi dà una Bibbia, dovete portarla al vostro prete o buttarla
nel fuoco, oggi voi venite nelle nostre
scuole, i preti ci avvisano del vostro
arrivo, ci chiedono di incoraggiare gli
alunni a comprare la Bibbia ,e vi permettono anche di parlare con loro"
Altrove un catechista cattolico ci ha
detto che il permesso dato ai fedeli
di leggere la Bibbia ha interamente e
radicalmente trasformalo il suo lavoro, e che ora egli non dà più che un
insegnamento biblico.
« La domenica culto ecumenico (il
primo mai celebralo lì) nell’ospedale
Schweitzer. Il "grande dottore” come
10 chiamano ancora oggi i m.dati, non
aveva mai voluto costruire una chiesa.
Gesù, diceva egli, ha predicato il suo
sermone sul monte, e predicava in
mezzo alla gente. Organizziamo il culto nella via principale dell’ospedale in
mezzo ai reparti, all’incrocio di varie
vie di accesso. Tutti quelli che possono lasciare il letto sono presenti. Afri
' cani éd Europei. L'uno dopo l’altro
11 Dr. Munz (direttore dell’ospedale,
un cristiano impegnato), un giovane
prete africano, i membri della nostra
equipe, una suora cattolica, partecipano al culto, insegnano nuovi inni, e vivono pienamente quel momento stupefacente, mentre i traduttori (poiché
tutto è tradotto in due lingue indigene) cercano di far partecipare alla loro gioia coloro che non capiscono il
francese.
« Segue poi una riunione nel villaggio dei lebbrosi. Essi sono stati avvisati. Hanno preparato tutto in una
grande veranda... Non perdono una parola di quel che si dice. Il messaggio
del prete e quello del pastore seguono
la stessa linea. Entrambi prosentanq
la Bibbia quale luogo d’inctntro di
tutti i cristiani. La gente non cessa di
stupirsi. Dopo il culto tutti vogliono
comprarne una. Ma tutti soro senza
denaro, alcuni offrono oggetti fabbricali dalle loro mani prive di fifa o di
parecchie falangi. Accettiamo di harattare. Esporremo questi oggeti nella
vetrina della libreria di Oyem c saranno presto venduti. Portércene i di ebano, animali scolpiti, strumerti musicali, canestri, prodotti di un ungo paziente lavoro tenendo gii arresi stretti tra le palme delle mani noiiche ».
E il Piguet conclude: ,« Organizzeremo un altro viaggio a Natali- Pensate
e pregate per il lavoro di^q«el grande
ospedale dove attuai menfiz si compie
un grande lavoro per mowjrnizzare i
metodi e sviluppare il lato Jociale dell’opera ».
R. C.
ANCHE TUO FIGLIO...
Akosua, la mia piccolina
è coricata davanti a me, ammalata.
Ha la febbre,
e non posso far nulla per lei!
Il medico le ha dato una medicina,
ma la febbre non scende.
Oh Signore,
se potessi prendere la sua febbre
nella mia pelle,
il suo male nel mio corpo,
e nel mio cuore quel che- l’angoscia!
Non posso far nulla per lei.
Signore,
la mia piccola Akosua
è lì coricata con una febbre terribile,
un respiro così irregolare!
Ti chiamo in aiuto!
Anche tuo figlio ha sofferto, vero?
Amen!
IL FREDDO E LA MORTE
O mio Dio,
se l’uomo sapesse prima di nascère
qual’è l’orrore della morte,
mai desidererebbe vivere.
Eppure viviamo
sapendo che bisognerà morire.
Ogni giorno ci avvicina alla fine.
Signore,
la morte oggi è venuta a casa nostra.
Nostro padre è là,
il suo corpo disteso davanti a noi.
Ma sappiamo
quale fede aveva nel tuo amore,
nella tua potenza.
Si, Signore,
sappiamo che l’hai preso con te
nel tuo regno eterno,
secondo la fede
che gli avevi messo in cuore.
Ad essa si appoggerà saldamente
per comparirti davanti.
Signore,
siamo gettati nel dolore da questa
[morte,
e lo saremo fino al giorno della nostra
['ine.
Non c’è consolazione in noi.
Che dire ai miei fratelli, alle mie so
[rslle,
quando il mio cuore è spezzato?
Signore, salvatore, consolatore,
tu che puoi risvegliarci nell'aldilà,
vieni in aiuto della nostra angoscia.
Il nostro pensiero afferri la tua parola,
i nostri cuori sentano il tuo amore!
Consolaci,
e conduci nostro padre
nelle tue dimore eterne.
O Gesù Cristo,
ci hai preceduti
per preparare questo soggiorno.
Accogli nostro padre
c lasciaci le tue consolazioni.
Amen!
RIVEDERE
Signore,
qui all’estero, penso all’Africa e ho nostalgia del mio paese.
Allora la preghiera mi sale da sola alle labbra.
Poiché qui tu sei il solo che io conosca.
Sei Dio in Europa come lo sei laggiù.
Signore, penso al mio paese,
al calore dei suoi giorni e delle sue notti
senza mantelli né coperte...
Rivedo i volti bruni, sempre pronti allo scoppio di riso,
alla gioia che riscalda, allo scambio di parole.
Mi sembra di sentir volare attorno a me
pezzi di frasi, parole che capisco, come volano da noi
negli autobus, sulle piazze, al mercato, fra la folla.
Laggiù, non altra sveglia che la voce del padre...
Notti dolci, senza luci chiassose
né sirene d’ambulanza o di polizia.
Notti nelle quali ci si sente al riparo della tua grazia.
Laggiù, si prega in una lingua che non è imparata,
ma che da sola sale dall’anima alle labbra,
senza esitazioni.
Parole e pensieri non han da cercarsi fra loro...
E chiaro. Signore: mi hai creato per essere Africano.
Qui, lo riconosco, c’è lo splendore del Duomo;
eppure ho nostalgia della chiesetta di argilla e paglia,
iti'fondo al nostro villaggio.
/ nostri nonni han cominciato a farla sorgere da terra
e noi l’ahhiamo finita.
È nata dalle nostre mani e dal nostro .sudore,
e dalle nostre preghiere.
Oh Signore, come vorrei ritrovarmi là,
serrato con i miei sui banchi stretti!
Da noi, nessuno è lì per sé soltanto.
Nel pensiero, nella preghiera
siamo sempre insieme, una cosa sola!
Siamo tutti cresciuti nel canto degli stessi inni.
La stessa gioia ci ha fatto gridare: Alleluia!
La preghiera curvava le nostre teste.
Amen! tutti la riahavano.
5
16 gennaio 1970-».- N. 3
pag. 5
ultimi sono primi
INSEGNACI A PREGARE
anche per mezzo di fratelli e sorelle d’Africa
'i
li Ìa
fViU;!
-^ti fratelli: dal loro profondo senso coniimitario, dalla solidarietà
niaìia e di tribù che, più del nostro individualismo, permette loro di
1, nds i <> la realtà comunitaria e il compito della Chiesa nel mondo.
K la spiron:ì■ ■ Ia biblica, quella dei salmi si rifletterà per noi viva, oggi,
nel loro seir;; '.dorazione per l’Iddio che crea e fa vivere la natura nella
sua grandiosità meravigliosa, viva, multiforme. Quel che ci colpisce e ci
’edifica’, nel senso proprio e vigoroso del termine, è soprattutto questo
senso profondo di adorazione, questa immediatezza della presenza costante
di Dio nella \ita di ogni giorno, Dio ’nostro’ eppure mai immiserito a piccolo patrono personale, mai ridotto a dolciastro amico del cuore. L’appassionata, robusta pietà biblica palpita, grida, esulta, medita in queste preghiere.
L ci fa sentire quanto questi ’ultimi’ — almeno cronologicamente —
fratelli ci siano in realtà ’primi’, e spesso di molte lunghezze, nel vivere oggi
la fede antica al cospetto dell’Iddio vivente dei profeti e degli apostoli.
Per questo abbiamo pensato di riportare in queste pagine, ora che riflettiamo in modo particolare sul compito missionario della Chiesa (anche della nostra), alcune di queste preghiere e alcune delle splendide fotografie
che animano la raccolta, dandole volto. Anche se non è venuta —• non ancora — fra noi un équipe della a Azione apostolica comune », avvertiamo
che, lungi dall avere solo e anzitutto da dare, abbiamo da ricevere, con
umile e riconoscente allegrezza : poiché già ora, in vista del suo Regno, il
Signore sta raccogliendo i suoi da levante e da ponente, da settentrione e
da mezzodì.
La gioia della creazione di Dio
IL VENTO
Il vento si avventa sulla foresta
arruffa le palme in riva al mare.
Con la schiuma delle onde
viene a lavare le nostre capanne,
fa brillare le scaglie delle assi.
La pace è con noi e con i nostri figli.
Calmo è il loro respiro
sotto il respiro possente del vento.
Laggiù, laggiù sulla savana
è spazzato l’odore della laguna,
il suo fiato cattivo.
Signore,
penso a Nicodemo
che venne a te in una notte così
senza capire il linguaggio del vento...
Benedetto il tuo spirito
che soffia anch'esso su noi,
qui a Labadi,
possente come la tempesta!
Àmen!
IL MARE
Signore,
resto qui nel mio angolo
a guardare ancora e ancora
il mare che hai fatto.
Lo ascolto muggire
all’assalto della costa,
lo guardo rotolare
la sabbia sulla duna,
rodere i pilastri di cemento,
portar via le palme sradicate.
Signore,
le nostre capanne
sono a due passi dal mare,
appena un piede più in alto.
Le nostre barche sono coricate
a fianco, ma su loro
non abbiamo inciso feticci colofati.
Abbiamo scritto le tue promesse.
Signore,
mai il mare sarà disseccato,
dice il proverbio.
Ma se tu volessi,
una sola tua parola
farebbe di questo mostro
un deserto di sabbia.
Poiché la tua potenza
è al di là di ogni potenza.
Ma la tua grazia ci porta.
Amen!
IL RACCOLTO
Dio supremo,
creatore di tutti i beni,
signore del cielo e della terra,
del sole e della pioggia,
con un solo pensiero
hai fatto il nostro mondo;
con un soffio
hai fatto nascere l’uomo.
Signore,
abbiamo rientrato il raccolto.
La pioggia è caduta sulla terra,
violenta come le acque del mare.
Il sole ha scaldato il fango
traendo dal suolo manioca e mais.
I benefici della tua mano
hanno colmato il paese fino all’orlo.
I ruscelli sono diventati fiumi,
laghi hanno preso il posto degli stagni.
Le greggi dai fianchi colmi
ondeggiano sulla savana rinverdita.
La pioggia ha levigato
l’argilla dei muri
e i suoi flutti hanno annegato
le larve delle zanzare.
Signore, la manioca
è diventata grassa come la carne
e la sua polpa fonde sulla lingua.
Le arance fanno scoppiare la scorza
gialla come il sole.
AFRICA
Non c’era un vescovo davanti a noi per il culto,
non un licenziato in teologia per il sermone,
ma il vecchio Kweku Asante,
nel suo abito di tutti i giorni.
Balbetta spesso, e si confonde,
ma quando predica, che forza nella sua parola!
Quando parla, tutti preghiamo
perché l’ispirazione non lo abbandoni
e non gli manchino le parole.
Qui, Signore, per molti pastori
non verrebbe neppure l’idea di pregare.
Tutto va da sé, per loro, fan tutto da soli.
Signore,
vorrei poter cantare qui con tutte le mie forze,
senza un vicino che mi corregga con un occhiata,
quando sbaglio.
È vero che in Europa cantano meravigliosamente,
e a più voci, con l’organo che li accompagna,
con potenza o con dolcezza.
Ma quel che cantano è arte,
più che gioia o suppliche.
Forse sono troppo duro, pensando questo?
Oh Signore,
come li rimpiango, i volti neri dell’Africa!
Gioiosi e liberi, riflettono il tuo sole caldo.
S), lo so bene, tu sei anche in Europa.
Ma perché nel mio villaggio, a casa mia
potevo vederti meglio, udirti meglio,
i) stretto agli altri, portato dalla preghiera
e da! canto, con loro, vicino al tuo trono?
Oh sì, al mio paese era più facile pregare,
e andava più a fondo
— in famiglia, in gruppo, a scuola.
E ti vedevo dappertutto,
nella luce del sole o della luna,
nello sguardo dei miei fratelli, in tutta la natura...
Qui, Signore, mi sento lontano da te.
Anelo all’Africa e alla tua presenza laggiù...
Vieni in mio aiuto, per Gesù Cristo! Amen!
Signore,
così la natura li rende grazie
e l’uomo ti benedice.
Le tue lodi gonfiano i nostri cuori
come le acque della Volta.
Signore dei signori,
creatore e disperisatore
di tutti i beni della terra,
sii tu lodato nel nome di Gesù Cristo.
Amen!
LANCIO .AL CIELO
LA .MIA GIOIA
Signore,
lancio al cielo
come un volo
Sono nella gioir
come gli uccelli
Come loro canti
e mi offro alla
Sento vivere i!
e ti benedico.
Il sole scalda I,
e ti benedico.
Il mare rotola
spruzza su casa
e ti benedico.
^ mia gioia
uccelli!
stamane,
gli angeli.
..a grazia,
co corpo
aia pelle
l'Ila rena,
nostra
Dio mio, la tua creazione mi rallegra;
la tua presenza è ovunque,
dietro e davanti,
da un lato e dall’altro,
in alto, in basso, e in noi.
Il tuo gran sole
tira a sé, al cielo
le erbe e le piante della terra;
quelle che si coprono di fiori,
quelle che ci dan la manioca
per nutrirci.
Fa drizzarsi
il rosso tronco del mogano.
Fa spuntare dal fogliame
voli d’uccelli.
Fa battere in noi a tua lode
il tam tam dei nostri cuori.
Sono nella gioia. Signore,
nella gioia!
1 salmi cantano il tuo amore,
i profeti l’hanno annunciato
e noi — noi lo conosciamo.
Signore,
lancio a te la mia gioia,
come un volo d’uccelli.
Ecco un altro giorno
brilla, risplende,
scoppia di felicità
a causa del tuo amore.
Ogni giorno è opera tua,
ognuno è contato,
come i capelli sul mio capo.
Alleluia! Alleluia, mio Dio,
in Gesù Cristo! Àmen!
Il lav
SENZA LAVORO
Signore,
accetterei qualunque lavoro.
Ho un diploma,
ma sono pronto (e capace)
a lavorare con le mie mani.
Qualunque cosa. Signore,
ma che piissa lavorare!
Tu che taite volte hai portato
gli uomini attraverso le prove,
la soffereaza, la morte,
la distretla, rispondi, ti supplico
alla semplice richiesta del mio cuore!
Senza layoro,
non sond che una creatura abbozzata.
Compi iJ me la tua opera, mio Dio!
Non soiD solo nella mia preghiera;
tutta la^ia famiglia si unisce a me,
e la mii Chiesa,
ottocenutrenta persone!
Signore,
tu capisfi la mia ansia
e la mii preghiera non è senza spe
[ ranza.
Conto SI di te.
Non an rò perciò, come altri,
a fare In regalo all’impiegato
PREGHIERA DEI PESCATORI
Signore,
padrone dei pescatori,
oggi spingeremo la nostra barca
molto al largo.
per cor
Del res 3,
Signore
accorda
Vorrei
vorrei
Sai che
prarlo e avere la precedenza,
non ne ho i mezzi!
o per a,
stanche
di acco
la mia volontà alla tua.
ivorare,
:;rvire, servirti!
per me, il lavoro
è assai oiù che il denaro.
Vieni a 'are di me. Signore,
la tua reatura compiuta.
Amen!
ANIME E CORPI
Signore dammi mani
capaci i: afferrare un attrezzo,
d’impugare un compito.
Non SOI 3 fatte per riposare
pigrame te sulle ginocchia
i tarsi in chiacchiere.
ollantcì
agna^:e parole...
Le hai c^te jfjer il lavoro
e la palifi calfiosa
può rener té>stimonianza
e onorari: )
te, il paciHte [che l’hai creata.
Impegnai ii/iteramente,
anima e qr/po,
al tuo serV fio
e al serviz
Amen!
del prossimo.
Perché noi cristiani
non abbiamo paura di lasciare con gli
[occhi
l’albero-feticciò del villaggio.
Sappiamo da dove sbucano gli dèi
che abitano nelle sue radici:
nascono dalla paura dei pescatori
ignoranti, dal fumo della loro acqua
[vite.
Signore,
quanto a noi sappiamo
che sei padrone delle cose e degli es
[.seri
anche all’estrema distanza
e fino in fondo al mare più profondo.
Signore dei signori,
tu non sei uno dei piccoli dèi misera
[bili
che traggono il loro potere
da tutto ciò che tormenta gli uomini,
dai loro mali, dalle loro paure,
dalla loro ignoranza.
Signore della terra e del mare,
signore degli uomini,
sali a bordo con noi, come Gesù.
Se la tua voce non risuona
alle nostre orecchie,
sappiamo però che sei fra noi,
e ti rivolgiamo la nostra preghiera
nella nostra barca, gettando le reti,
manovrando i remi.
Signore,
degnati riempire queste reti,
e caricare la nostra barca
di una pesca abbondante!
Vieni con noi al largo
e torna con noi a riva!
Ascolta, Signore,
come ti lodiamo con i nostri canti
battendo l’acqua con le nostre pagaie!
Co.sì benediciamo
il Dio potente nostro Padre.
Amen!
oro deir uomo,
travaglio e dono
Questo giorno
è tuo!
Signore,
mi permetti di vivere un giorno an
a ine, peccatore come sono. icora.
Ogni giorno
riscopro la tua bontà
luce del cielo e della terra.
Hai permesso al mio corpo ben vivo
di attraversare la notte.
Ora tutti i miei sensi
sono desti, per il lavoro della giornata.
La mia anima accoglie la tua grazia,
il mio spirito attende i tuoi comandi.
Signore,
sii lodato per questo nuovo giorno.
Attraverso esso,
attraverso me,
fa splendere la tua luce
come il sole di mezzogiorno.
Oh se potessi dare la gioia
agli uomini che mi circondano!
Presto i bambini saranno davanti a me,
seduti sui loro banchi.
Avranno corpi stanchi
per aver portato acqua è raccolto
Avranno occhi stanchi [legna.
per le tristezze di un mondo
in cui regna l’invidia e il desiderio.
E nelle loro orecchie
cattive parole saranno rimaste
incollate come cera.
Il loro corpo magro, secco
ha fame e sete di cibo,
il loro spirito
fame e sete di giustizia,
tutto l’essere loro
fame e sete di amore.
Signore,
noi, gli insegnanti,
saremo fra poco davanti a loro.
Saremo stanchi della domenica,
di cattivo umore,
pronti a irritarci per un nonnulla,
e così poco con il cuore nel nostro la
[voi'o!
Non lasciarci ricadere,
fra noi, durante le ricreazioni,
nelle questioni senza fine
di donne e di salari.
Dacci la serenità contenta
che si trova nella tua Parola.
E durante le lezioni,
liberaci dall’impazienza
che fa guardare l’ora cento volte.
Quando si ha l’occhio all’orologio,
come si può far passare nei ragazzi
un po’ del nostro sapere?
Tu, Signore,
non hai mai calcolato,
la tua bontà si dona interamente!
Signore,
rendimi buono e sorridente a casa
con i miei genitori, che non sono ricchi
e che lavorano per me.
Dammi di avere con loro, senza manil tono dell’amicizia. \canze,
E stasera, all’Unione,
ispirami,
affinché spiegando la Bibbia,
tocchi il cuore
di quanti mi ascolteranno,
e non soltanto la loro intelligenza.
Allora il mio volto
porti la gioia del Maestro che servo.
Rinnova in me il tuo Spirito,
giorno dopo giorno.
Che io non sia per i piccoli
soltanto il maestro,
ma il fratello maggiore:
un attrezzo nella tua mano,
per il loro bene e per la loro gioia.
In me, stamattina, tutto è gioia
perché la tua bontà è sempre nuova
come la freschezza del giorno che si
Amen! [leva.
LA NOSTRA LIBERTA’
Signore, che cos'è la nostra patria, sulla superficie del globo? Appena una macchia di
colore, un pugno di terra africana! Ma, lo
sappiamo, tu sei con Davide più che con Golia. E che popolo era, Israele, di fronte alTEgiziano e a Babilonia? Eppure lui tu hai
scelto. Signore, come Israele ha portalo il tuo
messaggio all’Europa, sceglici per farlo udire
e renderne testimonianza in Africa. Facci vivere. noi popolo del Ghana, nella tua grazia
e nel tuo timore. Guardaci dal crescere e dal
cadere come TEgitto o Roma o Tinipero di
Hitler. Perciò insegnaci a servire, e non a
dominare. Preservaci dal dimenticare mai da
dove ci viene la nostra libertà di uomini e ili
nazione: è opera della tua grazia. Ci hai fatti cristiani e ghanesi, un popolo, una tribù
raccolta per il tempo della terra e per l’eternità. Signore, proteggi quelli che ci guidano!
Conservali rispettosi della tua volontà, nell’amore per gli uomini. Abbiamo lutti bisogno di questa grazia. Amen!
6
pag.
N. 3 — 16 gennaio 1970
Il «Dostoevskij» di E. Thurneysen
BABELE
FRA LE RIVISTE
Nei numeri scorsi abbiamo pubblicato i primi capitoli del libro che E. Thurneysen aveva dedicato, nel 1928,
allo scrittore russo e che l’editore Boxa aveva pubblicato
l’anno dopo in versione italiana; il teologo esaminava alcune delle opere principali di D.: Delitto e castigo, I fratelli Karamazov e L’Idiota e ne risultava che i suoi personaggi sono dinanzi a noi « come dei grandi interroganti,
che nelle tempeste della loro passione, nelFintrico dei loro
pensieri, nella lotta delle loro discussioni additano un
mondo che non è il loro, afferrati, commossi e oppressi da
qualcosa di indicibilmente grande, lontano eppure vicino,
che partecipa dell’al di qua e dell’al di là: e in tal modo
— volenti o nolenti — messaggeri e "martiri”, testimoni
di questo “qualcosa”, da esso dominati e perciò di esso
annunciatori »: « frecce della nostalgia dell’altra riva »,
diceva Nietzsche, mandati essi stessi dal Dio sconosciuto.
La grandezza di D. non sta dunque nella profondità
grandiosa della sua penetrazione psicologica, ma in quel
realismo profondo che consiste nel riconoscere e nel mostrare e affermare che Dio è Dio, rifiutando lucidamente
e caparbiamente di inai trasformarlo e ridurlo a uomo-dio,
per quanto elevato e spirituale.
DA TUTTE LE CONTRADDITORIE ESISTENZE
DEGLI UOMINI. DI DOSTOEVSKIJ EROMPE
UNO SCONVOLGENTE GRIDO A DIO
La questione di Dio è l’interrogativo di tutte le sue
opere: Dio, radice di ogni vita e motivo che tutto motiva,
quindi anche il suo annullamento, il suo tormento, la sua
irrequietezza, la sua enigmaticità, il non-terreno al quale
tende tutto ciò che è terreno. La dialettica di questa verità paradossale è la dialettica di tutti gli uomini di D.
A Dio tendono tutti, da lui sono mossi e spinti fin dal principio; a lui si sforzano di giungere neH’insaziabilità della
loro avidità di vivere, nella ricerca delle risposte ultime.
Eppure nessun passo conduce a lui daH’uomo. Dio non
sarebbe Dio se l'uomo potesse diventar Dio. E così falliscono sempre di nuovo tutti i tentativi di assalire il cielo
e come senso della vita rimane unicamente l’enorme tensione escatologica. Fin dalla prima pagine dei suoi libri
essa si affaccia... e alla fine non si è arrivati ad alcuna
fine. La società è, come prima, problematica e corrotta,
problematiche e imperfette le persone singole. Alla fine
non ci troviamo, come nei famosi romanzi educativi della
letteratura tedesca, di fronte a personalità mature, perfezionate, purificate. Al contrario: carceri siberiane sono
la conclusione di Delitto e castigo e dei Karamazov; Stavroghin, uno degli eroi de I demoni, s’impicca aH’ultima
pagina del libro, l’Idiota ritorna alla sua clinica per malattie nervose — Eppure! Qualcosa è successo: ancor più
grande si è fatta la problematicità di tutte le cose umane
e il carattere problematico di tutte le esistenze erompe in
un grido commovente a Dio. L’ultima parola della conoscenza vera della vita non può essere altro che la ricerca di Lui. Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile
a Dio. L’ultima parola dei romanzi di D. è risurrezione.
Sopra gli abissi foschi della sua umanità splende la luce
ultraterrena di un grande perdono. I suoi uomini, di fronte alla problematicità della vita sono, vinti e infranti, agitati e sconvolti, in eterna domanda. La prossimità della
morte si avverte intorno a tutti loro. Non a caso in testa
alla schiera stanno alcuni grandi morenti, lo “staretz” nei
Karamazov, il vecchio santo e pellegrino Ivan Makarievitch ne II giovane. Ma nella loro morte c’è « la nuova
nascita », com’è detto in Delitto e castigo. Essi non stanno mai, in alcun momento davanti a noi con una qualsiasi
soluzione o risposta, salda nelle loro mani. Ma stanno
nello splendore dell’inaudita speranza che la redenzione
verrà dalle mani di Dio.
SENZA SOLUZIONI IN MANO,
MA NELLO SPLENDORE DELL’INAUDITA SPERANZA
CHE LA REDENZIONE VERRÀ’ DALLE MANI DI DIO
Perché D. ha scelto per il principe Muishkin proprio la
parte dell’Idiota? Perché tutta la sapienza dell’uomo, tutto ciò che circola fra noi come concezione del mondo e
della vita non è altro che il tentativo di sfuggire alla questione di Dio, mentre la follia divina dell’Idiota è di non
sfuggirla, bensì affrontarla. Perché quest’idiota attinge la
sua più profonda conoscenza da un momento di morte?
Perché dalle labbra di un morente giunge ad Alésha la
pienezza della conoscenza e della comprensione amorevole di tutti i peccati e di ogni follia? Perché i moribondi sono particolarmente vicini alla grande ombra di
assoluta enigmaticità che si stende sopra l’esistenza come
la testimonianza più eloquente che il senso della vita non
si trova in questa vita stessa; i viventi lo cercano sempre
lì, nella loro cecità; i moribondi sono diventati sapienti.
Perché deve essere proprio la sgualdrina Sonia, una misera ragazza spaurita, che con la risurrezione di Lazzaro
schiude all’assassino Raskolnikov il senso profondo della
sua vita? Perché gli altri fanno tutto il possibile per negare che la loro vita priva di riferimento a Dio sia una
vita malata e si sforzano, invece, di rimanere a modo
loro forti, sani, potenti e perciò nulla possono sapere di
risurrezione e rinascita. Perché proprio dal padre sempre
ubriaco di quella sgualdrina, in una bettola, viene annunciato il perdono del giudizio universale con parole estatiche- « Compassione avrà con noi, costui che ha compassione con tutti e che tutti e tutto ha capito; lui, l’unico, è
anche il giudice. In quel giorno egli ci parlerà: Venite anche voi — dirà — vod ubriachi, voi deboli, voi peccatori,
venite! E tutti noi ci faremo avanti senza vergognarci e
CI troveremo al suo cospetto. Egli dirà: Voi porci, voi
immagini della bestia, voi ceffi di bruti, venite! venite anche voi! E i sapienti e i prudenti esclameranno: Signore!
perché li accogli? Ed egli dirà: Li accolgo, o voi prudenti
e sapienti, perché nessuno di loro se ne reputava^ degno...
Egli stenderà le mani verso di noi e noi cadremo in ginocchio... e piangeremo... e comprenderemo tutto! Allora, tufi
to comprenderemo... Signore, venga il tuo regno! »?
L’IMMAGINE DRAMMATICAMENTE BABELICA
DI UNA SOCIETÀ’ E DI UNA CULTURA IDOLATRICHE
Il perdono non viene annunciato dai sapienti e prudenti dai pii e giusti, perciò le pietre gridano; poiché è dimenticato nelle chiese, perciò echeggia per le strade. Poiché gli uomini, senza Dio, sono diventati prudenti, giusti,
sapienti e pii, perciò Dio è messo da parte sulla terra e
viene visto e compreso soltanto dai reietti e diseredati,
dai corrotti e caduti. Ecco la ribellione degli uomini contro Dio. Con la profondità di quest’estrema, penetrante conoscenza della vita D. ha riconosciuto questa tendenza a
ribellarsi, questo ottenebrarsi della visione quale vero indice della vita, proprio nelle opere più positive dell’uomo.
Di qui la sua profonda sfiducia critica verso cultura e società. Vi vedeva non solo questa o quella cosa storta, che
avesse bisogno di correzione; fiutava in tutte le sue super
Il primo (|nindicÌDale interconfessionale italiano
L’«ldoc internazionale» edito dalla Queriniana
be torri e pinnacoli la torre babelica, la tendenza profonda
dell’uomo a stabilirsi nel mondo e a sentirsi a suo agio
senza Dio come se lui stesso fosse Dio, il tentativo di concepire il piano e l’immagine della vita senza tener conto di
queirultimo ultraterreno punto di rifugio della vita in
Dio. Assurdità, sconvolgimento e crollo terribili sono il
risultato e la fine obbligati di una tale cultura idolatrica,
erroneamente orientata nella sua intima essenza. D. non
si è stancato di vaticinare all’Europa un mare di sangue.
Egli anzitutto alla borghesia, quale rappresentante spirituale di questa cultura, ha tenuto davanti agli occhi in
modo inequivocabile questa prospettiva. Presso nessuno,
neppure presso Tolstoi la corruzione interna, l’ipocrisia e
la mancanza di ogni sostegno morale della cosiddetta “buona società” si manifesta così terribilmente come in tutti i
romanzi di D. Tutto ciò che il socialismo obietta con la
sua critica moralista contro i ceti dominanti, è già stato
tracciato da D. Si pensi soltanto alle orge dell’eros come
egli le descrive; si rifletta che neppure una volta sa parlare di un matrimonio del tutto ineccepibile e senza macchie (e chi oserebbe affermare che egli abbia visto male!?),
si ascolti il pianto e il singhiozzo soffocato ma sempre prorompente dei fanciulli, che in D. riaffiora costantemente
come singolare testimonianza sulla pedagogia di quella
società tanto illuminata, tanto sicura e tanto orgogliosa...
E la radice dalla quale tutta la perdizione si sviluppa, una
volta ancora, non è questa o quella singola carenza morale,
ma l’ostinatezza nell’ignorare assolutamente il più profondo, ultimo, ultraterreno riferimento della vita, la disinvolta presunzione di essere uguali agli dèi, con cui questi uomini della società seguono il loro "tutto è permesso”.
IL TITANISMO RIVOLUZIONARIO E IL DOGMA
« DAL GORILLA AL SUPERUOMO »,
GRANDE BESTEMMIA DEL SOCIALISMO BORGHESE
RIFORMATORE E LIBERALE
Ma quanto sia radicale la sua critica, risulta dal fatto
che anche la reazione dall’interno della società, il socialismo distruttore della cultura borghese e araldo di una nuova società, ne viene colpito con la massima violenza. Anche qui, e più che altrove D. vede il gesto titanico dell’uomo, il quale — come dice nei Karamazov — vuole costruire « la formidabile torre di Babele », illudendosi di fondare « una vita eterna nell’al di qua », il che è un’empia
contraddizione nei termini.
Sappiamo bene che a D. non importava l’ordine di
questo secolo in quanto tale; per la corruzione esso ha
meritato dieci volte la distruzione; la parola eterna contro
di esso è già pronunciata. Ma anche in questo caso egli vede
la mancanza di investitura e di autorità, l’arbitrio e lo strapotere, in una parola la ribellione contro Dio, la “rivolta”
(Karamazov) che vi è nelle rivoluzioni umane. Egli fiuta
nella costruzione sociale artificiosa della possibile società
nuova operata dalla rivoluzione, nel « grande uniforme
formicaio » della democrazia, null’altro che nuova . rnostruosità e nuova idolatria. Egli constata la contraddizione che vi è in questo voler lar venire un ternpo nuovo
mediante fiumi di sangue, « mediante la decapitazione di
cento milioni di uomini» (I demoni); ma non detesta meno il dogma dello « sviluppo dal gorilla al superuomo »
(I demoni), la grande bestemmia che è alla base del socialismo borghese, riformatore e liberale. Alla discussione
di questo argomento è particolarmente dedicato un romanzo tormentato: I demoni.
Un germe specialmente velenoso di perdizione egli vede nella scienza e nella concezione materialistica (si pensi
che si era in pieno positivismo! n.d.r.) del mondo, riconosciuta e coltivata da ambedue le parti nello stesso modo,
dalla borghesia e dal socialismo. Per lui essa rappresenta,
nella sua essenza, il tentativo, stolto eppure così infinitamente sapiente, di cancellare le caratteristiche peculiari
dell’aldilà in tutte le cose dell’aldiqua, del non-terreno in
tutto ciò che è terreno. Su questo tentativo egli versa a
piene mani la sua ironia e la sua violenza polemica.
CONTRO RELIGIONE E CHIESA
CHE ADDOMESTICANO DIO
E LO RIDUCONO A CONFORTEVOLE IDOLO
Ma l’attacco più terribile che D. ha sferrato, muovendo
di qui, con la forza concentrica della sua conoscenza e
con tutta la passione del suo cuore profondo, è diretto
contro la religione e contro la chiesa. Quest’attacco pervade
tutte le sue opere, raggiunge però il suo culrnine nella
Leggenda del Grande Inquisitore e nelle Fantasie diaboliche di Ivan Karamazov.
È un altro tentativo di sfuggire a quella proloada problematicità della vita, in cui soltanto il Dio ultraterreno
si può e si vuole manifestare: il tentativo, cioè, di tare del
Dio sconosciuto - ultraterreno un Dio conosciuto terreno
__ è questo il tentativo che D. ha intravisto in religione e
chiesa. Insopportabile diventa per l’uomo la sen^zione
della piccolezza del suo essere, la consapevolezza che tutta la sua vita visibile è riferita (e quindi anche annullata)
all’eterna, invisibile creazione di Dio; insopportabile sapeisi
sottoposto al suo giudizio, trovarsi sopra la sua bilaacia; ed
egli cerca di liberarsi dal suo Dio, impadronendosene. 11
punto di rifugio, aldilà, viene spostato in mezzo al quadro; Dio diventa parte integrante della realtà psicologica e
storica dell’uomo e appunto così il non-più-Dio, l’idolo.
Questa è la “rivolta” contro Dio, tanto più pericolosa in
quanto si effettua non con una resistenza aperta, con un
oblio ostinato di Dio, ma sotto il suo nome stesso, invocandolo. La rappresentazione di questa ribellione dell uomo contro Dio in religione e chiesa è il contenuto e tl
senso delia celebre Leggenda del Grande Inquisitore narrata da Ivan nei Karamazov.
Come diversi lettori già sanno, viene
pubblicato ora anche in lingua italiana
VIdoc internazionale, la rivista quindicinale di « documentazione transconfessionale per il rinnovamento religioso ed
umano ». La cura di quest’edizione italiana è affidata airEditrice Queriniana
di Brescia (Via Piamarta 6, c. c. p.
17/11481); i numeri escono il 1° ed il 15
di ogni mese e l’abbonamento annuo
costa L. 7.000.
Il principio fondamentale su cui si
basa l’attività deH’Idoc — come si rileva dalla presentazione — è la comunicazione internazionale e interconfessionale nel campo del rinnovamento
umano e religioso della società del nostro tempo: per questa ragione l’Idoc
è basato sulla collaborazione di 250
esperti, rappresentanti di circa 40 paesi
diversi. Essi possono così costituire una
valida piattaforma per l’osservazione
critica di tutto ciò che accade a livello
delle idee, delle esperienze, delle trasformazioni in atto nel mondo cristiano contemporaneo.
Più che « interconfessionale » questo
servizio di documèritazione preferisce
definirsi « transconfessionale » volendo
con questo indicare « lo sforzo, non già
di ignorare la realtà confessionale, ma
di trascenderla in un’ottica più ampia ».
Alla sua presidenza vi è il cattolico
prof. Jan Grootaers, alla vice presidenza il pastore protestante Albert van den
Heuvel; del comitato esecutivo internazionale fa pure parte il pastore Giorgio
Girardet.
La rivista non si ferma solo sugli
aspetti puramente teologici ed ecclesiastici del nostro mondo, ma affronta
tutti quei temi che, per la loro importanza e problematica, impegnano l’attenzione del lettore, sia verso un rinnovamento religioso e sia verso quello sociale e politico.
La pubblicazione si articola essenzialmente su tre sezioni:
Documenti: dichiarazioni di responsabili ecclesiastici. Chiese, congressi,
gruppi di base che esprimano riflessioni
e movimenti di un certo peso.
Opinioni: citazioni di prese di posizione espresse da autorità, gruppi, esperti su problemi di attualità.
Studi: contributi su temi particolari
in cui si fa il punto della situazione, indicando l’origine del problema, i suoi
sviluppi, la sua possibile evoluzione.
Come abbiamo accennato, si tratta
della prima rivista interconfessionale
italiana, cosa impensabile anche solo
pochi anni fa. C’è da augurarsi — come
10 auguriamo fraternamente — che
questo nuovo impegno interconfessionale dia i suoi frutti mediante un servizio di informazione il più obiettivo
e diretto possibile, teso a sensibilizzare,
a rendere partecipe — e corresponsabile — il credente verso i grandi problemi del mondo in cui vive.
R. P.
FOI ET VIE, 3/1969
Quest’ultimo quaderno è il n. 7 dei a Cahiers
bibliques » che annualmente vengono inseriti
nel programma della rivista; è interamente dedicato a Jésus, baptisé par Jean. Nell’editoriale
11 prof. Pierre Bonnard precìsa: « ...deliberatamente non affrontiamo, in questo quaderno,
li questione fondamentale del battesimo di
Gesù in rapporto con il battesimo cristiano, se
non in quei casi soltanto in cui i testi spingono a farlo. Non per evitarlo, ma perchè il
nostro intento è altro : discernere la genesi
dei racconti biblici, cosi meravigliosamente simili e diversi, e il ruolo che hanno avuto
nella vita e nella fede della Chiesa primitiva.
Quest’intento ci ha portati a studiare i racconti della trasfigurazione e della passione dì
Gesù sotto lo stretto angolo visuale della loro
relazione con quello del battesimo; e a superare i limili degli Evangeli per leggere alcuni
difficili riferimenti al battesimo di Giovanni
nel libro degli Atti... Per illustrare l’origine,
ma anche roriginalità di Giovanni Battista,
pubblichiamo, quali ’’documenti”, alcune note
concernenti il significato dell’acqua nell’Antico
Testamento e le pratiche battesimali nel gìu
daismo pre-cristiano », Chiude Ìl quaderno una
abbondante bibliografìa sul problema affron
IL MULINO, 11/1969
In questo fascicolo segnaliamo soprattutto^
di A. Prandi, Le Chiese: situazione provvisoria; di S. Spreafico, La Chiesa nella civiltà
del lavoro; di B. Khader, Il socialismo nel
Medio Oriente; tutta una serie di vivaci « Note
e discussioni »; e infìne un’ampia rassegna
cinematografica di A. Canziani, Dopo i leoni,
le oselle d'oro.
Avete pensato ad abbonare
per il 1970
i vostri ragazzi al mensile che
la nostra Chiesa cura per loro?
lamico dei fanciulli
Ogni mese, nelle sue 16 pagine
illustrate, porta loro queste rubriche:
— racconti
— documentari e notizie
— la pagina dei Cadetti
— la pagina biblica
^ ricerche bibliche
— corrispondenza e rubrica dei
ragazzi
— giochi
— la natura
Dal sommario di gennaio :
Un centenario: «L’Amico»!
L’amico di Al Azar, racconto missionario
L’aiuto ai bambini del mondo
Le pagine del Nuovo Testamento:
Osanna!
Animali in estinzione
Le isole Galapagos
Bei classici dell’800
Gora, il piccolo tasso
Libri, giochi, ricerche
Abbonamento annuo L. 750 estero L. 1.000 - ogni offerta è ricevuta con gratitudine. Versamenti sul c.c.p 2/21641 intestato
a Libreria Claudiana, Via Principe Tommaso 1, 10125 Torino.
Allegro con brio
In un tempo non certo traboccante
d'umorismo, ecco una ’partecipazione’
che ci ha fatto molto piacere ricevere
e che giriamo lietamente ai lettori.
In un tempo di deplorevole mancanca di coerenza e di perseveranza, Franco e Danielle sono felici e orgogliosi
di annunciare la nascita della loro terza bambina, nona figlia femmina dei
tre fratelli Giampiccoli, la quale comunque non si chiamerà Terza né Nona, ma Anna.
Agape, 1® gennaio 1970.
Un fraterno augurio alla piccola c
ai genitori, senza concederci ulteriori
fantasie aritmetiche...
iiiiiiiniiiiiiltiimiiiiiiMiimiiiiiiiiiiililiiiiiniiiiii
I lettori ci scrivono
DONI ECO - LUCE
Elda ReveI Scagliola, Calosso 500; Elisa Grig io Paschetto, S. Secondo 300; Anna Slauffer, Brescia 500; Antonio Canohbio, Urici 500:
Emilio Ricca. Lusernelta 500; Geremia Cielo, Ruta 500; Giacomo
Avataneo, Villastellone 500; Giusto De Walderstein, Cìniselb B- 500;
Irene Scatamacchia, Velletri 500; Bruno Martini, Sanremo ?00; Regina Raffaldi Grusi, Quingentole 250; Emanuele Facchìu, Trai^onti 500;
Silvano Baratto, Piverone 500: Carlo Roncaglione, I^ont Cmav. 500.
Da Ferrerò: Giulio Genre 500; Abele Pons 300; Lidia Girdiol 500;
Enrico Ghigo 500.
Da Frali: Enrichetta Genre 500; Alessio Genre'i 500: Aldo Richard 500. V
Da Frarostiìio: Silvia Forneron 200; Giulia Berteli 5)0; Enrico
Pons 500; Alessandro Rivoiro 500. \
Dalla Svizzera: Madeleine Gysel Pcyronel 500; S^hiìdt Gauss
1.500; Domenico Di Toro 500; Elisabetta Tessa Homber^tf 200; Carlo Neidhardt 1.500.
Da Napoli: Elìsa Tomasetta 500; Bertha Stettler 500
Grazie! (continua)
DELUSIONE
Un lettore, da Luserna S. Giovanni:
Signor direttore.
Non vorrei che queste poche considerazioni, alcune mie, altre formulate da parecchi membri di diverse Chiese del 1” Distretto, fossero interpretale come una critica deleteria.
Sono veramente spiacente di dover dire
che, secondo il mìo, sia pure incompetente,
punto di vista, il nuovo « Innario Cristiano » mi ha mollo deluso, specialmente per
gli inni che sono stati modificati o alterati
nella musica o nelle parole. Quest inconveniente è tanto più grave per coloro che da
venti o quaranl’anni cantano gli inni come
erano sulla vecchia edizione: queste persone farebbero molto meno fatica a imparare degl’inni nuovi piuttosto che modificare ciò che hanno imparato e apprezzato
per tanti anni. Il canto è l’unica partecipazione attiva che l’assemblea ha nei nostri culti e, per molti, è la parte più edificante, in questo modo invece ne vengono
privati e a volte mortificati. Perchè non
si sono semplicemente aggiunti inni nuovi
e soppressi parte di quelli vecchi che si ri
tenevano superati? Da parte mia li trovavo
lutti mollo belli, e non ne ho trovato fra
ì nuovi nessuno migliore dì quelli vecchi
soppressi. Concludendo vorrei aggiungere
che sono veramente pochi venticinque inni
rimasti inalterati e relegati in « Appendice ».
Fraterni saluti. Aldo Malan
PROTESTA
Un lettore da Finerolo :
Caro direttore,
ho promesso di non replicare e quindi
non rispondo, nel merito, alla lettera della
sig.ra Donatella Gay Rochat su « L’EcoLuce » del 12 dicembre scorso.
Però penso di aver diritto di protestare
contro l’aceusa, rivoltami, di « acredine »,
che considero gratuitamente offensiva, ed
ingiusta. Tutte le lettere di adesione (alcune proprio di molto qualificati esponenti
G.L.) al mio intervento, mi danno atto di
aver esposto il mio pensiero col tono il più
possibile pacato, sereno, fraterno e sinanco
umile.
Grazie e cordiali saluti.
Ettore Serafino
7
16 gennaio 1970 — N. 3
pag. 7
JL CAMPO INVERNALE DI AGAPE
Servìzio, lavoro polìtico, predicazione
Notiziario Metodista
In attesa che venga pubblicata la
\asta documentazione riguardante il
■campo invernale, consistente nelle relazioni introduttive, negli interventi e
nelle elaborazioni dei seminari, e che
credo sarebbe opera ardua e soprattutto infedele cercare di riassumere
o; I ritengo che comunque sia opportuna qualche annotazione sui principali lenii discussi. E questo non tanto
per un puro stimolo cronachistico, ma
per la cori' ir 'ione che siamo di fronte
a dei temi cn volenti o nolenti, ci
toccano tutti da vicino in maniera determinante.
Il tema del campo era Servizio, lavoro politico, predicazione. Penso si
possa affermare che il campo nel suo
insieme non ha espresso delle « conclusioni » nel senso consueto della parola
ma ha piuttosto approfondito e proposto in maniera corretta una serie di
problemi, sconfessando da una parte
la presunzione che la ricerca sia sfociata in un lucido possesso della verità e dall’altro la pretesa che tale ricerca si sia estinta per qualche affezione congenita da infedeltà evangelica. Ma ancora più importante è considerare la circostanza che questa serie di problemi non è scaturita dal magico contatto di un gruppo di persone col candore delle nevi di Agape, ma
è maturata attraverso il lavoro che i
diversi gruppi compiono e anche, al limite, che progettano di compiere.
È quest'ultima una considerazione
importante non soltanto perché ha
permesso di vedere il campo come
una pausa di riflessione e non come
una parentesi estemporanea, ma perché sottolinea che il problema della
testimonianza, del servizio e in generale il problema della fede e delle sue
implicazioni non si configura in modo
astratto ma si inserisce in un contesto
preciso, come anche è stato detto, nella storia, contesto che si è concretato
nella militanza rivoluzionaria (anche
se per comprendere tutti è da intendere in un senso lato). Volendo, magari male, riassumere questa idea con
uno slogan, che però forse come tutti
gli slogan è molto più chiaro a chi lo
afferma che agli ascoltatori, si potrebbe dire che non siamo di fronte ad una
teologia della rivoluzione, ma piuttosto ad una teologia nella rivoluzione.
In questo quadro possiamo dire che
i fondamentali problemi riguardanti il
lavoro politico sono stati due; da una
parte una corretta interpretazione del
marxismo, che ha condotto a limitar. lo nella pretesa sua o di altri di configurarsi come forza totalizzante e a
riproporlo non solo come analisi della
società nelle sue contraddizioni ma anche come metodo di lotta per superarle; dall’altra la necessità di impostare
almeno gli elementi essenziali di una
strategia'" che si ponga come elemento
unificante sia di fronte al pericolo di
ristrette prospettive locali o settoriali
e come demento di spinta per una
lotta che sia costante e che non si limiti ad inseguire degli episodi più o
meno appariscenti, che magari non
vengono suscitati con scopi precisamente rivoluzionari.
Viste le premesse a questo punto la
domanda logica che ci si pone è: come si inserisce la fede nel suo aspetto specifico della predicazione? Se sui
problemi di prima si può riscontrare
se non proprio una identità, almeno
una uniformità di posizioni, su questo
punto è emersa una pluralità di posizioni diverse, le quali più che dare degli schemi completi e perfetti, che hanno il pregio specifico di sfiorare la
complessità della realtà, hanno espresso delle esigenze che si presentano nella esperienza concreta credente.
Penso sia sufficiente ricordare alcune di queste esigenze; di fronte airimprescindibile imperativo evangelico riguardante la predicazione sta la sopravvivenza di un linguaggio « religioso » che appare sempre più lontano
dalla realtà: non è piuttosto necessario superare questo linguaggio prendendosi la responsabilità di dare dei
giudizi nella storia, nella fede del superamento della storia stessa operato
dal Regno di Dio? O addirittura non è
piuttosto vero che ad altri, per esempio a dei compagni di lotta, non abbiamo niente di .specifico da dire e che
la nostra dimensione di credenti si
realizza in un diverso modo di essere,
che è altro dal dire c dal fare?
Anche questi brevi accenni penso
siano sufficienti a mostrare la complessità del inoblema della predicazio
ne, complessità data non credo tanto
da remore di marca intellettuale ma
prodotta da un più o meno vivo contatto con la realtà, che ritengo fosse
una componente abbastanza comune a
tutti i partecipanti al campo.
In questa dialettica avvertita dal
campo va anche visto il problema del
servizio, o meglio la critica del servizio che è stata condotta. Infatti molto
spesso il servizio si configura come
azione specifica e terapeutica dei credenti nei confronti di certi bubboni (o
almeno così sembrano) della società,
senza il riconoscimento della loro specifica matrice di classe e quindi con
prospettive difficilmente evitabili o di
paternalismo o di ottimizzazione del
sistema in cui viviamo. Questo è evidentemente un giudizio politico che
non vuole assolutamente svilire o annullare il messaggio e la testimonianza che in queste opere sono state e
vengono tuttora date, e del tutto scartare la ipotesi che forse, in questa o
in una diversa società, possa esistere
qualche ambito, che potremmo definire extra-politico, afl’interno del quale
possa realizzarsi il servizio di gruppi
di credenti.
L. Z.
Alle famiglie di questi scomparsi rinnoviamo l'espre.s.sione della nostra fraterna simpatia e della nostra solidarietà cristiana.
Si .sono uniti in matrimonio: Pallavicini
Piero Giovanni (Torre Peilice) e Davit Siila
(Centro); Gönnet Paolo (Bessé) e Micheliìi
Salomon Vanda (Garnier); Geymet Bruno
(Teynaud) e Bostagnol Costanza (Bobbio Peilice). 1 primi di questi sposi hanno fissato la
loro residenza nel territorio di S. Giovanni;
gli altri invece nel territorio della nostra parrocchia.
11 Signore conceda agli uni e agli altri una
lunga vita in comune, vissuta sotto al suo
sguardo.
Abbiamo ricevuto anche noi la vi-sita della
ormai famosa « spaziale ». Essa ha dilagato
in mezzo a noi specialmente durante il periodo natalizio e le nostre varie celebrazioni
se ne sono risentite. 1 culti sono stati meno
affollati del solito e le diverse feste dell’albero di Natale hanno dovuto essere rimandate tutte all’inizio di gennaio.
Fortunatamente in questo momento l'epidemia sembra essere in fase di esaurimento.
Rimangono ancora alcuni ammalati. Formuliamo per loro i migliori voti di una pronta
ripresa, augurandoci anche di poterli molto
presto rivedere in occasione del culto.
Anche durante il periodo natalizio abbiamo dovuto a diverse riprese prendere la strada del cimitero per accompagnarvi i resti mortali di alcuni nostri fratelli e sorelle. Ci hanno infatti lasciato, perché giunti al termine
della loro giornata terrena : Charbonnier Pietro. di anni 78, del Centro; Gönnet Marianna
ved. Baridon. di anni 80, dell’Inverso Fienminuto; Alilo Stefano Antonio, di anni 78,
del Centro.
jdrsa iinpFuvvisa
del past. Elio Eynard
Al momento di andare in macchina
apprendiamo che il pastore Elio Eynard è improvvi.samente mancato, a
Zurigo la mattina del 12 gennaio. Lo
ricorderemo con atfettucsa graiitud.ne la prossima seltimana, siamo molto vicini ai suoi familiari.
— Anche per le comunità metodiste
l’ultimo periodo defl’anno è quello di
maggiore intensità innanzi tutto pei
culti particolari di Natale e di Capodanno, ed inoltre per la conclusione
amministrativa ed organizzativa delle
varie attività ecclesiastiche.
— Per quanto riguarda i culti, nonostante la diffusa epidemia influenzale, essi sono stati celebrati ovunque
con buona partecipazione di fratelli e
con il dovuto sentimento di umile devozione e lode verso Dio Padre. Nel
periodo natalizio non sono mancate le
tradizionali « Feste dell’Albero » con la
distribuzione di modestissimi doni ai
fanciulli, quale segno della nostra gioiosa gratitudine verso Colui che ha offerto al mondo il dono ineffabile del
Suo Figliolo Gesù Cristo.
— In merito alle finanze, nel mese di
dicembre è consuetudine, in quasi tutte
le comunità, allestire i cosiddetti « Bazar » per raccogliere fondi necessari
ai pareggi dei bilanci di chiesa.
Pure quest’anno ciò è avvenuto con
risultati positivi nelle varie comunità
dei centri maggiori, come ad esempio:
Roma, Milano, Genova, Savona, Udine,
Verbania, ecc.
Concludendosi la raccolta dei contributi personali al Fondo Ministerio,
tutte le Comunità — grandi e piccole —
sono impegnate a compiere, a fine anno, il loro maggiore sforzo finanziario.
Va ricordato che la Chiesa Metodista
d'Italia prosegue la sua opera senza
regolari aiuti dalTestero. Da ciò dipende il forte impegno d’ogni membro di
Chiesa.
— L'ultimo mese dell’anno è inoltre
caratterizzato dalle assemblee di chiesa
che sono convocate un po’ dovunque.
Di particolare interesse è stata l’assemblea della nostra comunità di Firenze che si è riunita insieme alla assemblea valdese nel tempio di via Mi
imiiimmimiiiiiiiMiimiimiiiiii
DALLE NOSTIE COMUNITÀ
Riunioni ecumeniche
a Biella
Malgrado rinfiuenza, buona è stata rattìvith
nel periodo <li fine d’anno. Particolarmente
riuscita — pur lamentando l’as.senza della chiesa metodista (« abbinata » a Biella) di Vercelli — la festa natalizia organizzata a Biella
dalla scuola domenicale di lingua inglese di
Torino, per il pomeriggio dell’Epifania : eravamo un buon numero, una settantina e più
fra ospiti e ospitanti. T torinesi, anche se di
lingua inglese, avevano preparato un ricevimento che i 26 biellesi presenti hanno apprezzato assai. Abbiamo visto con piacere che la
differenza di lingua non impedisce a una cinquantina di bambini e ragazzi di intendersi subito e ailiatarsi in pochi minuti di gioco.
Per la domenica 18 gennaio è in preparazione a Biella una riunione ecumenica^ in occasione della Seltimana di preghiera per Tunità: parteciperà, con Tesecuzione dì canti religiosi, la Corale Valdese di Torino.
Riprenderanno poi regolarmente le riunioni
infrasettimanali; cosi pure le conferenze della
domenica pomeriggio. E’ già in programma,
per la domenica 25 alle 15.30, un dibattito
su lì cristiano, la Chiesa e la politica, e un
altro su II cristiano e il denaro per il pomeriggio della domenica 18: i due temi sono
siati suggeriti dai partecipanti ai dibattiti precedenti il tempo dì Natale e sì attendono altri
suggerimenti per la prosecuzione del programma. che ha segnato nel corso deH’autunno risultati incoraggianti.
a PiaerolD
NEL TEMPIO DI TORRE RELUCE
Concerto corale
8 strumentale
' Orgiiniz/.alo dal Comitato del Collegio Valde.se avrà luogo Domenica 18
gennaio p. v., alle ore 15, nella Chiesa
Valdese di Tono Pcllicc un concerto
di musica sacra.
Pariecipeianno la Corale Valdese di
San Giovanni cd il gruppo degli Ottoni
della Val Pellico.
Direzione ed organista Canlor il
Maestro Prof. Fcriuccio Rivoir.
L’ingresso è lihcro e tutta la popolazione è cordialmente invitata a partecipare a questa artistica manilcsta.zione.
In occasione della Settimana dell’Unità, che
ha luogo dal 18 al 25 gennaio, si terrà nella
sala della Biblioteca Comunale una serie di
due conferenze pidtbliche segnile da dibattito
sul tema della intercomunione oggi. La ])rima
avrà luogo mercoledì 21 e sarà tenuta dal
pa.st. Giorgio Girardel di Roma, direttore del
giornale « Nuovi Tempi ». la .seconda, venerdì
23 dal prof. Alfredo Marranzini della Pontificia Facoltà teologica di Napoli.
Il problema po.sio alla nostra attenzione è
dei più seri ed immediati nel dialogo ecumenico odierno c eoTifi<liamo elle, come per il
passalo, la comunità nostra in Pincrolo c nelle
comunità vicine vorrà seguire numerosa (¡uesto dilialtito.
PRAMOLLO
E’ Plato amministralo il Batlcsimo a Norma
d» Guido r dì Ada Peyronel (Tournim); la
grazia e le benedizioni del Signore areoinpognino questa l»aiiìl)ina ed i suoi familiari.
Un cordiale benveniilo a Enrica, seeondogcnìta di Ferruceìo c di Eivina Travers (Bosi):
a lei ed ai .suoi genitori i piu vivi rallcgrametiti.
DonirMìica sera. 8 dieembre. la Filodrammatica della Chiesa di S. Germano Chisone ei
ha ra|>pre.sentato con eiieomiabìle bravura il
dramma; (f Un ¡stante jirima... »; un sentilo
ringraziamento a questi amici per il loro lavoro e per ii messaggio che ci hanno rivolto
in occasione di (|iiesla loro visita.
Un‘omlata di freddo intenso insieme ad una
epidemia di febbre influenzale eì ha accompagnato nelle celebrazioni natalizie. Tuttavia a
Natale una buona assemblea s‘ò raccolta nel
tempio per riascoltar'' gioioso messaggio di
salvezza e di speranza ohe la Parola di Dio ci
rivolge sempre di nuf .* e per partecipare alla
Santa Cena. La Scuola Domenicale ha partecipato col canto di uu inno del nuovo Innario
Italiano. Il Signore !»enedica per ognuno la
« buona novella » riudìta e ci dia di conoscere e di vivere sempre meglio il legame di
speranza e di solidarietà che ci unisce gli unì
agli altri.
Venerdì pomeriggio, 26 dicembre, un certo
numero di membri di Chiesa, genitori, parenti ed amici dei nostri bambini s’è riunito
nella sala intorno alTalbero di Natale che i
giovani avevano portato ed ornato. Dopo la
parte introduttiva del Pastore, i bambini hanno svolto, come al solito, il loro programma
dì dialoghi, poesie e canti, preparato con im
pegno per Toccasione sotto la direzione della
signora Pons. Al termine tutti hanno ricevuto
il tradizionale dono. Neiresprìinere ancora la
nostra viva graliludine a quanti, in un modo
o nell’altro, hanno collaboralo alla riusciti
della festa, desideriamo dire il nostro grazi;.'
anche al sig. Long Bartolomeo (Ciotti) che
quest’anno ci ha offerto il bell’abete.
Vìvi rallegramenti agli insegnanti: sig.na
Petrone Vanda (Gianassoni) e sig. Long. Gino
(Pellenchi), imitisi in matrimonio il 27 dicembre: a questi sposi, che si stabiliscono a Riiaia, Taugurio di una vita in comune sotto lo
sgLiarHo del Signore.
A Capodanno un gruppo di fedeli s’è riunito nella saletta del Concistoro per ringraziare
e benedice Colui che « è lo stesso, ieri, oggi
cd in eterno ». nonostante il passare dei no.glri
gì’orni e dei nostri anni.
Ci hanno lasciato in queste ultime settimane: la sorella Reynaud Ilda in Barbato, originaria di Pomeano. deceduta a Roma il 1“
dicembre, alUctà di 64 anni ed il fratello Hounous Arturo, anch'egli di Pomeano, la cui <?.sìslenza fu più volle visitata dalla prova c noi
da una gravissima infermità che lo accompagnò in questi ultimi cinque anni; egli si
«priisc alPclà di 68 anni a S. Germano Chisone. dove si svolse il funerale martedì pomeriggio 6 gennaio con la partecipazione del
Pastore sig. E. Geymet. Rinnoviamo alle famiglie alllille la nostra fraterna solidarietà
nel dolore e nella speranza in Gesù Cristo
« risurrezione e vita » per chiumiue crede in
Lui.
Un cordiale augurio di pronta guarigione
agli ammalati cd a coloro che hanno dovuto
essere ricoverati in ospedale per complicazioni
in .segnilo airinilueiiza.
BORA
Riconoscenti a Dio, a Capodanno con il suolo rico])crto di un manto di neve di 60 centimetri. ma con il cielo terso e il sole .splendente abbiamo avuto il Culto e la .sera prima
(|uello di fine d'anno. Nel pomeriggio si è svolta la Festa dell'Albero di Natale al Centro e
la sera alle Fucine: ringraziamo sentitamente
f* in.segnanti sigg. Rasso della Con<‘ordia, Rcyrot c lìaridon.
Grazie alla generosità di molti che ringraziamo di cuore, il tradizionale .sacehertino di
({ l)tione eose » e stato distribuito ai i 6 baml)ini della Comunità compresi alcuni loro piccoli amici giunti dalla Svizzera, da Torino c
da più vicino.
Al Cullo della prima domenica di gennaio,
la Corale ba cantato due Inni .sotto la direzione del Maestro C. Albarin.
Grazie Direttore, bravi eoralisli.
Grazie per gli Ospedali
di Terre Penice e Pamaretto
Desidero esprimere ai Medici, alle
Direttrici, al personale degli Ospedali
Valdesi di Torre Peilice e di Pomaretto l’apprezzamento e la riconoscenza
più viva e sincera per l’assistenza premurosa, fraterna prestata a tante persone colpite dalla malattia in questo
periodo di influenza.
Medici, Direttrici e personale, negli
Ospedali sovrafollati, si sono prodigati
senza risparmio di tempo né di fatica
onde assicurare ad ogni ammalato
l’assistenza necessaria. Per questo servizio umile e fedele noi li ringraziamo
e li additiamo alla riconoscenza della
popolazione. È ovvio che quanto diciamo riguardo agli Ospedali va pure
detto nei riguardi degli altri nostri
Istituti di Beneficenza.
Un amico
A Trapani
Da anni nella nostra comunità di Trapani
si festeggia l'Epifania coi bambini: il Natale
del Signore cioè celebrato dai fanciulli e per i
fanciulli della Comunità. Quest’anno però
l’hanno caratterizzala due fatti che dicono
come i credenti — con pa.sso naturalmente
differente, a seconda l’ambiente e le circostanze — vanno verso una comprensione sempre
più coerentemente attiva ed ecumenica della
loro fede.
La tradizione voleva per la circostanza una
sottoscrizione e la somma raccolta spesa per
regali ai liambini.
Quest'anno i ragazzi stessi con l'approvazione dei genitori hanno voluto che la somma,
sottoscrìtta allo stesso modo, fosse devoluta
invece a henefieìo di un i.stiluto assistenziale
della nostra chiesa. L'altro fatto particolare è
stato la partecipazione, alla manifestazione dei
nostri bamliiiiì evangelici, della rappresentanza
di una parrocchia della città con in testa il suo
parroco. La comunione della fede in Gesù Cristo s’è espressa in una loro colletta voluta aggiungere alla nostra sottoscrizione: gesto altamente sìgniiicativo del cammino che devono
percorrere le chiese cristiane per realizzare
¡'ecumenismo nell'amore e nel servizio dei fratelli sofferenti, al di là delle divisioni operate
dagli uomini. Mentre ringraziamo grandi e
piccoli die hanno collaboralo alla buona riuscita di questa testimonianza cristiana rivolgiamo un pensiero di solidarietà alla cara sorella Palermo che proprio in questi giorni è
stata colpita dal lutto nella immatura morte
del fratello che ha lasciato nella più grande
angoscia la moglie e due figlie ancora studi nlesse. A tulle loro vada il nostro pensiero commosso c il confortante ricordo che quello che
non ci mancherà mai. nella fede, è la jircsenza di Gesù Risorto. Per questo la nostra solidarietà, con voi. care sorelle, si realizza ncila
preghiera.
P. G.
cheli. In tale assemblea congiunta sono
state prese importanti decisioni riguardanti una integrazione delle varie
attività ecclesiastiche delle due comunità.
— Segnaliamo infine il P Campo invernale giovanile che si è svolto a Ecumene (Velletrì) dal 27 dicembre al 2
gennaio. Il tema: « Salvezza per sola
grazia » è stato di vivo interesse per
tutti i giovani partecipanti.
SAN SECONDO
— I culti del tempo di Natale hanno risentilo della « spaziale » che continua a serpeggiare in alcune parti della parrocchia.
Ciononostante, a Natale ed a Capodanno abbiamo avuto delle assemblee abbastanza buone. La Corale, anche se ridotta di numero, ha
portato un efficace contributo al culto di Natale.
La festa deU'albero si è svolta nella nuova
sala, la sera del 26 dicembre. Il numeroso
pubblico ha ascoltato con interesse ed applaudito i bambini della Scuola domenicale,
che si sono alternali in recite e canti, preparati da un gruppo dì monìtrici. Un grazie alla famiglia Besson Alessandro, che ci ha offerto il magnifico abete ed a tutti coloro che
hanno collaborato alla buona riuscita della
festa.
— Domenica 23 novembre, VAssemhlea di
Chiesa è stata chiamata a procedere alla elezione e rielezione di Anziani,
Sono stali riconfermati a grande maggioranza i signori Paschetto Luigi (Grotta), Paschetto Pierino (Brusiti), Pastre Remo (BarbePrima), Gardiol Arnaldo e Griglio Aldo (Centro). Al posto del signor Remigio Pons, che
lascia il suo incarico dopo averlo assolto fedelmente per 34 anni, è stato chiamato il
signor Adolfo Rivoira. L’insediamento di quest’ultimo ha avuto luogo domenica 14 dicembre.
Mentre rivolgiamo un saluto riconoscente
all’anziano Pons per il servìzio reso alla Chiesa, auguriamo al suo successore ed agli altri
membri del Concistoro un lavoro benedetto cd
efficace.
— È stato amministrato il battesimo a
Gay Paola Elda e Gay Claudia di Renato e
di Paschetto Bianca il 21 settembre; Ribet
liana di Valdo e di Ferrerò Elsa il 19 ottobre; Beux Rossano di Firmino e di Plavan
Annita il 26 ottobre; Turletti Danilo di Cesare e di Roman Maria il 16 novembre. Il Signore benedica questi bambini e le loro famiglie.
— Il 25 ottobre è stata invocata la benedizione di Dio sul matrimonio di Combe Elio
e Borghino Silvana. Auguriamo agli sposi una
vita serena sotto la guida del Signore.
(continua)
AVVISI ECONOMICI
CAUSA .salute cedesi avviatissimo negozio
Pinerolo cc Prodotti agricoli - Fiori - Uccelli
- Generi vari ». Telefono 71829.
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CERCASI per casa pastorale (Bad Viibei. presso Francoforle) ragazza italiana per aiuto; ambiente familiare, buona paga, si parla italiano.
Scrivere a: Past. Ceteroni, 61 .Darmstadt.
Zweifalltorweg 10 (Rep. Fcd. Germania).
« La mia grazia tì basta, perché
la mia potenza si dimostra
perfetta nella debolezza»
(2 Corinzi 12: 9)
Il Signore ha richiamato a Sé il
Dott. Elio Eynard
Pastore Valdese
Certi della resurrezione e della vita
eterna in Cristo Gesù, riconoscenti al
Signore per la vita di servizio e di testimonianza del loro Caro, ne danno
l’annunzio la moglie Lydia Munzi, 1
figli Sergio, Bruno con la moglie
Jacqueline Schlegel e il piccolo Frédéric, la sorella Elda ed i parenti tutti.
L’annunzio dell’Evangelo della resurrezione in Cristo avrà luogo nel
Tempio Valdese di Torre Peilice sabato 17 Gennaio alle ore 15.
Per desiderio del loro Caro, la fami
glia prega di destinare eventuali offerte in memoriam, al Collegio Valde
se di Torre Peilice.
Zurigo, 12 Gennaio 1970.
POMARETTO
Ricordiamo le prossime riunioni:
mercoledì 21 al Clot Inverso, giovedì
22 a Pomarei to.
La famiglia Gobello Jalla esprime
il suo più sentito ringraziamento a
quanti hanno preso parte alla sua prova per la scomparsa de' compianto
genitore
Daniel Alexis Jalla
in particolare ai sigg. Pastori Jalla,
Deodato e Pons, ai Medici ed infermiere dell’Ospedale Civile E. Agnelli
di Pinerolo, nonché alle comunità di
San Giovanni e San Germano.
« L’Eternel est mon berger »
(Ps. 23 v. 1)
Dai Jallas di San Giovanni, 4-1-1970.
8
pag. 8
N. 3 — 16 gennaio 1970*
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
Sì cìiimle al C.E.C.
maggiore
coBsiderazione
per le minoraaze
New York (soepi) — Se il Consiglio
ecumenico delle Chiese vuole rispon
dere alle esigenze degli anni 70, deve
trovare uno stile di vita nuovo, più
aperto ai contributi spirituali che devono essere dati dai giovani, dalle donne, dai non-bianchi e da altri gruppi
di persone attualmente male rappresentati nella sua organizzazione.
Questo consiglia la signorina Jean
Fairfax, direttrice della Divisione d’Informazione giuridica e di Servizio comunitario del Fondo per l’Educazione
e la Difesa giuridica della NAACP (Associazione nazionale per la promozione dei neri), in un discorso pronunciato alla riunione annuale degli Amici
del C.E.C. tenutasi ultimamente a New
York. J. Eairfax, che è nera, è una delle sette donne membri del Comitato
centrale del CEC, costituito di 120
membri.
Il CEC è stato dominato dalle opinioni di uomini di chiesa bianchi, di
età matura, occidentali, a tal punto
che gli è quasi impossibile comunicare in modo efficace con le minoranze
alienate — essa ha dichiarato, facendo
allusione alla sua procedura in fatto
di legislazione, alla sua concezione del
culto e al modo stesso in cui organizza i cortei, nelle cerimonie.
Gli attuali dirigenti, a confronto con
la generazione che si avvicenda loro
nei gruppi minoritari, devono diventare una generazione d'avanguardia, affinché « qualcosa di nuovo possa prodursi nel CEC ».
Da parte sua il past. Eugene Smith,
segretario esecutivo deirUfficio newyorkese del CEC, ha ricordato che nel
corso degli ultimi 16 mesi il CEC « ha
affrontato più rischi, è stato oggetto
di più attacchi, ha accolto quali membri più Chiese di origine diversa, ha
rotto con un numero maggiore delle
proprie tradizioni di quanto mai, in
precedenza, sia avvenuto in un tempo
così breve. In un periodo di crisi finanziaria il CEC abbandona il 20%
delle sue riserve, che saranno distribuite da organizzazioni di gruppi razziali oppressi. Parecchi organismi ecclesiastici chiedono agli altri di dare,
ma il CEC è il solo gruppo ad aver
fatto qualcosa ».
I PRESBITERIANI IRLANDESI
ATTENDONO UNA RISPOSTA
DAI CATTOLICI ROMANI
Belfast (spr) - Il Consiglio generale
della Chiesa presbiteriana in Irlanda
pensava, nella sua sessione d’autunno,
che lo stabilirsi di nuove e migliori relazioni fra i cittadini e un clima di ritrovata fiducia in Irlanda sarebbero dipese sia da importanti mutamenti in
seno alla Chiesa cattolica romana, sia
da quelli richiesti al governo e alla
maggioranza protestante.
Il Consiglio, che è l’organo maggiormente rappresentativo della Chiesa,
aggiunge; « Ci rallegriamo di individuarne alcuni segni, ma dobbiarno
francamente riconoscere che sono insufficienti e non danno piena fiducia
nella comunità protestante ».
Commentando la risoluzione in sei
punti diffusa dal Consiglio, il past.
Jack Weir, segretario generale della
Chiesa, esprime il rincrescimento che
sia stata necessaria. Egli afferma che
la Chiesa cattolica romana e la Chiesa
presbiteriana sono state entrambe sorde e cieche per molti anni; tuttavia, i
presbiteriani fanno adesso i primi passi, mentre i cattolici pensano di aver
fatto abbastanza sinora. Le parole non
bastano; le due Chiese devono d’ora in
poi camminare mano nella mano.
Il past. Weir ricorda che non vi e
alcun legame fra la Chiesa alla quale
appartiene e la « Chiesa presbiteriana libera dell’Ulster » diretta dal past.
lan Paisley.
II CONSIGLIO IRLANDESE
DELLE CHIESE:
«ABBIAMO PERSO IL CONTATTO
CON I GRUPPI ESTREMISTI»
Dublino (.soepi) - In occasione (li ima riunione del Consiglio irlandese delle Chiese il
suo segretario M. Taggart ha dichiarato che
tutte le Chiese, in Irlanda, hanno perso il
contatto con un settore considerevole della
comunità. _
La Chie.sa cattolica romana e le Chiese
protestanti hanno Luna e le altre <r perso nettamente il contatto con gli estremisti politici.
ÌAt massa è sempre piti indifferente alla Chiesa perché non sente più la necessità dell appoggio che. questa le. ha dato un tempo ».
« Ciò che è ancor più grave — ha aggiuntoè il fatto che rischiamo pure di perdere il
contatto con numerosi giovani, luridi, i quali
criticano in misure crescente la Chiesa-istituzione y. Questi giovani vedono nella Chiesa
un difensore cocciuto dello stata quo in
un'epoca nella quale la società rii hiede vigorosamente una ristrutturazione radicale. Attualmente sono ancora più o meno in contatto con la Chiesa-istituzione, ma raramente
vi si sentono a casa loro. Se non cerchiamo di
risolvere rapidamente i veri problemi che oggi
si pongono, rischiamo di perdere questi giovani e il contributo prezioso che possono
darci ».
Il tema della riunione del Consiglio irlandese delle Chiese era : Il ruolo delle Chiese
protestanti neWlrlanda degli anni ’70. Il Taggart ha dichiarato che in passato le varie
Chiese tendevano a fare ciascuna per conto
proprio e non hanno avuto la volontà di creare l'organo e i metodi che avrebbero permesso loro di impegnarsi efficacemente in
un’azione e in una deliberazione comuni.
« Ciò è specialmente vero se si considerano le
relazioni fra la Chiesa cattolica romana e le
Chiese protestanti e quella fra le stesse Chiese protestanti, che non sono mai state molto
sviluppate. Se ci fosse stato un comitato unico, rappresentante di tutte le Chiese, compresa quella cattolica romana, il qutde avesse
lavorato in modo aperto e avesse dimostrato
chiaramente che non era suo mandato l’unione fra le Chiese, avrebbe potuto dare un apporto inestimabile, distruggendo miti, dissipando malintesi, creando fiducia e affrontando con uno spirito cristiano i problemi attuali della nostra società ».
UNA SVIZZERA PASTORE
DELLA COMUNITÀ’ ELVETICA
A FIRENZE
Berna (spp) - In seguito a conversazioni
COI il console elvetico e varie personalità italiane e svizzere di Firenze, il Consiglio della
Federazione delle Chiese protestanti svizzere
ha pensato che la presenza di un pastore elvetico sarebbe benvenuta, soprattutto fra i giovani che proseguono i loro studi a Firenze. A
succedere al past. S. Melchert, che si occupava delle Chiese svizzere di Genova e di Firenze e che è rientrato in Svizzera già da
vari mesi, il Consiglio ha rivolto appello a una
teologa bernese, la signorina Kathrin Eberhardt, che è pronta ad esercitare questo ministero a partire dalla prossima primavera.
Intervista a una giovane vietnamita nella sede del CEC
I buddisti vietnaniti, 30% deiia popoiazione,
vogiiono ia pace e iiiwni eieziuni
(A proposito di «maggioranze silenziose»)
Il Vietnam continua ad essere dilaniato dalla
guerra, mentre la Conferenza di Parigi si è completamente arenata. Ultimamente, la strage dei civili di Song My ha accresciuto l'orrore — se possibile — per la tragica situazione di quel paese, che
ormai si prolunga da decenni. Le vittime civili — lo
dice il senatore E. Kennedy — dal 1965 ad oggi
sono state almeno un milione, di cui oltre trecento
mila sono morte.
Oggi è di moda parlare della « maggioranza silenziosa » che appoggia la politica vietnamita di
Nixon, ma della « maggioranza silensiosa » vietnamita in genere si parla poco. Ecco perché riteniamo opportuno pubblicare un’intervista rilasciata a
Ginevra presso il dipartimento delle comunicazioni
del CEC dalla signorina Cao Ngoc Phuong, vice presidente del Comitato nazionale della Chiesa buddista (il termine « chiesa » è utilizzato ufficialmente
dai buddisti) per l’aiuto alle vittime della guerra.
Chi è Cao Ngoc Phuong? Una giovane vietnamita buddista di 31 anni, insegnante di biologia presso le Università di Huè e di Saigon. Ma nel 1964, a
26 anni, si è impegnata nel movimento buddista per
la riforma sociale ed in favore della pace. Nel 1968
è stata nominata vice presidente del Comitato nazionale per l’aiuto alle vittime della guerra della
Chiesa buddista unificata.
— Come mai si trova in Svizzera? — Quale è la posizione dei buddisti?
—• Ho dovuto la.sciare clandestinamente il mio paese, il Vietnam del
Sud, a seguito delle dichiarazioni
che ho fatto per l’immediato ritiro delle truppe americane. Grazie all’appoggio dei miei amici parigini sto iniziando una serie di viaggi in vari paesi europei e forse americani per far conoscere la posizione dei buddisti in merito alla soluzione del conflitto vietnamita, sia presso i governi che presso
istituzioni umanitarie e religiose, come
ad esempio il Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
LA GUERRA CHE INFURIA
SEMPRE PIU’ CRUDELE
Ë la guerra del Vietnam per opera degli americani, e ciò basta a spiegare perché le trattative di Parigi siano givmte purtroppo ad un punto
morto.
Notizie in tal senso erano da lungo
tempo apparse su « Le Monde », ma
ci siamo sempre trattenuti dal riportarle non sentendocene sicuri. Ma recentemente una conferma estremamente circostanziata e precisa è giunta da Hanoi («Le Courrier du Vietnam » dell’8.12.’69, in nostro possesso
soltanto ora). Riportiamo perciò il seguente estratto da un articolo apparso su « Le Monde » del 27.12.’69.
« Diverse informazioni provenienti
dalle regioni controllate dall'FNL
(Fronte Nazionale di Liberazione), indicano che la situazione sanitaria si
sta aggravando per le popolazioni civili, a causa dell'intensificarsi delle
operazioni aeree e dello spargimento
di prodotti chimici sui campi coltivati, e in particolare sulle piatitagioni
di riso. Numerose persone devono vivere in abitacoli inondati, cosa che genera una grave denutrizione che predispone a malattie e ad epidemie. Secondo statistiche fornite dall'FNL, lo
80% delle zone boscose e il 20% delle
piantagioni di riso sono state raggiunte.
L'Associazione medica franco-vietnamita (il cui indirizzo è: 13, rue Payenne, Paris III), d'accordo con numerose
altre associazioni mediche europee, ha
deciso, in queste condizioni, d'intensificare i suoi aiuti ai servizi sanitari del
governo rivoluzionario provvisorio del
Sud. Essa organizza “un'offensiva sanitaria per il Têt 1970" (12.Ì910). Le
somme devono essere versate, a tal fine, al Dr. Henri Carpentier, C.C.P.
62-56, Parigi. ,
L'Associazione s incaricherà dell acquisto di medicinali e di altri generi
di prima necessità, e del loro invio.
Essa precisa che, per es., con la somma di 25 franchi le è possibile acquistare una scatola di cento compresse
d'antibiotico per la cura del colera, e
con la somma di 250 franchi un kg. di
chinino (...).
L'Associazione medica franco-vietnamita è presieduta dal prof. Andrea
Roussel, e comprende nel suo comitato direttivo numerosi professori, chirurghi e medici, fra i quali i signori
Jacques Monod e Lwoff, premi Nobel
di medicina. Merle d'Aubigné, Raymond Leibovici, Stanislas de Sèze,
Minkowski ecc. ».
Volendo inviare aiuti, si può anche
far capo al « Comitato Italiano del
Vietnam », Via Piatti 5 - 20154 Milano.
LO STRANO COMPORTAMENTO
DEL SIGNOR U. THANT
È di questi giorni il collasso del
Biafra, ciò che significa la fine di quella spaventosa guerra. (Ma che accadrà in un futuro immediato?...). Non
è tuttavia fuor di luogo segnalare il
comportamento, in proposito, del sig.
U Thant, il famoso segretario dell’ÒNU.
« Venendo da Dakar, il sig. Thant e
arrivato domenica 4 a Conakry, dove
ha partecipato, nel pomeriggio, ad una
riunione pubblica organizzata, in suo
onore, allo stadio “28 settembre" in
presenza del presidente Sekou Touré.
Questi, nel suo discorso di benvenuto,
ha detto: “Benché l'ONU sia praticamente paralizzata e incapace di risolvere i problemi che le sono proposti,
la Guinea offre tutto il suo appoggio
al sig. Thant, degno messaggero della
pace. L'ONU deve diventare lo strumento di liberazione di tutti i popoli".
Nella sua rispetta, il sig. Thant si è
detto convinto che “il prossimo decennio sarà quello del disarmo, della decolonizzazione e dello sviluppo" (sic!).
Qualche ora prima della sua partenza da Dakar per la Guinea, il Sig.
Thant, nel corso d'una conferenza
stampa concessa alla presenza del presidente Senghor, aveva lanciato un appello al generale Ojukwu (lo sconfitto
generale del Biafra, si noti), domandandogli di “dimostrare abbastanza
magnanimità" (sic!) per _ “conformarsi" alla risoluzione di Addis Abeba, che
prevede un accordo fra le due parti m
causa per regolare il conflitto nigerobiafrano.
“Sono totalmente d'accordo coi capi
di Stato africani, sul problema della
Nigeria", ha precisalo il sig. Thant (...)
Precedentemente, nel corso della
stessa conferenza stampa, il sig. Thant
ha affermato che la posizione dell'ONV, in quella questione, era “senza
equivoci".
“L’QNU (ha detto) non può accettare e non accetterà mai il principio di
una secessione all’interno d'uno dei
suoi Stati membri. Quando uno Stato
aderisce all'QNU, gli altri Stati membri, che formano solidalmente l'Qrganizzazione, considerano questo nuovo
membro come uno Stato unito, un entità assoluta, e l'ONU rispetta l'integrità, l'indipendenza e la sovranità dei
suoi Stati membri". A questo proposito, il sig. Thant ha ricordato che l'ONU,
alcuni anni fa, ha speso 500 milioni di
dollari per impedire la secessione del
Katanga dal Congo-Kinshasa.
“Sembra che una nuova era .si apra
all'QNU, riflettente i pensieri e le emozioni che stanno facendosi strada sulla scena internazionale", ha ancora dichiarato il sig. Thant. "Sono convinto,
ha aggiunto (beato lui!), che le grandi
potenze desiderano stabilire la pace e,
in questo campo, le prospettive sono
più forti che mai" (!). Per illustrare
questa dichiarazione, il sig. Thant ha
messo in evidenz.a la diminuzione di
intensità della guerra fredda, e il desiderio di riavvicinamento e di comprensione manifestato attualmente dalle grandi potenze. Ha anche sottolineato che i piccoli paesi hanno Fj
duda sempre più grande nell'ONU
(sic!), che essi ritengono costituire ^ la
sola speranza per il mondo d’oggi" (!)»•
NcH’articolo (pubblicato su « Le
Monde » del 6 c.) da cui sono estratte
queste notizie, viene formulata la seguente domanda (a nostro parere giustissima):
« Al punto in cui stanno le cose, il
sig. Thant non avrebbe potuto rivolgere a entrambi i generali nemici un
appello di carattere umanitario, invece di pronunciare a favore di Lagos
(la capitale della Nigeria) degli incoraggiamenti dei quali Lagos non aveva alcun bisogno? ».
— Quello che chiamiamo il blocco
buddista vietnamita ha formulato un
piano in cinque punti per sbloccare i
negoziati di Parigi. In sostanza noi
chiediamo: alla Francia, all’India ed
alla Svezia di intervenire presso i due
blocchi capitalista e comunista onde
ottenere la loro collaborazione per portare la pace in Vietnam mediante la
neutralizzazione del Sud-Est asiatico;
un cessate il fuoco unilaterale da parte
degli Stati Uniti e del governo di Saigon, che comporterebbe altrettanto da
parte del Fronte nazionale di Liberazione; la formazione di un governo
neutrale provvisorio che rappresenterebbe tutte le parti in conflitto e le
altre forze popolari, incaricato di procedere al ritiro delle truppe americane
ed alleate, di disarmare tutte le forze
militari vietnamite e di organizzare delle elezioni per formare un’assemblea
costituente.
— Che percentuale rappresentano i
buddisti in Vietnam?
— Il 90% della popolazione!
— Come si spiega allora che il FNL
è sostenuto dall'85% della popolazione
ed il governo di Saigon dal 30-40%?
— Penso che queste percentuali siano esatte. Qccorre infatti subito precisare che, a livello di massa, le nozioni
di comunismo e di anticomunismo sono assai vaghe. Il fatto è che i vietnamiti sono in genere assai ostili agli
stranieri (cosa assai comprensibile se
si guarda alla loro storia, a partire dalle invasioni cinesi dei secoli scorsi fino
a giungere a quella americana, n.d.t.).
Allora è normale che una gran parte
della popolazione segua coloro che vogliono cacciare gli stranieri e, nel caso
specifico, il Fronte. Quanto al governo,
il 30-40% dei vietnamiti del Sud gli
hanno manifestato il loro appoggio.
Per quanto riguarda i buddisti, siccome vogliono prima di tutto riconciliare
i filocomunisti del Fronte e gli anti comunisti del governo, la maggior parte
della popolazione nutre una grande
simpatia per loro.
-— I buddisti del Vietnam sono dei
nonviolenti: come possono svolgere
un’azione efficace in un paese devastato dalla guerra?
— Si, siamo nonviolenti, ma dobbiamo essere forti ed avere molti amici,
sia afl’interno che all’estero. Noi abbiamo bisogno di un appoggio internazionale per attenuare l’urto fra i due
blocchi capitalista e comunista dato
che il problema vietnamita non è solo
vietnamita.
— Uno degli obbiettivi della Chiesa
buddista unificata è la riforma sociale.
Quale azione potete condurre m tempo
di guerra?
— Sempre col metodo nonviolento,
parliamo di fare una rivoluzione sociale dal volto umano. Abbiamo incontrato molta comprensione da parte
della popolazione. Abbiamo formato
parecchie piccole équipes di giovani
che s’insediano nei villaggi per vivere
e lavorare come i loro abitanti. Questi
giovani, per lo più studenti, spiegano
agli abitanti lo scopo che essi perseguono e compiono allo stesso tempo
un lavoro di responsabilizzazione. Ma
non si può estendere il movimento sociale senza fermare la guerra. Per questo una parte del nostro movimento ha
dovuto impegnarsi politicamente per la
pace. Questa rivoluzione sociale, nelle
linee di fondo, è simile a quella realizzata dalla repubblica democratica del
Vietnam, ma non vogliamo impiegare
dei melodi di violenza.
— Come sensibiliz.zate la popolazione
alle vostre idee?
— Prima di lutto, colla nostra azione
nei villaggi, poi, colla stampa clandestina ed infine, anche colle canzoni.
Alcuni nostri amici infatti compongono dei canti, che prima .sono d’amcire
e poi diventano canzoni-informazioni e
canzoni anti guerra. Sono convinta che
una canzone serva di più di un lungo
articolo.
— Un’ultima domanda: che cosa pensa del programma di ricostruzione del
paese dopo la guerra previsto dal CEC,
r. p.
e per il quale ci si augura la partecipazione di tutti coloro che hanno preoccupazioni umanitarie, ivi compresi i
buddisti e le altre comunità religiose?
È per noi una grande speranza. Noi
abbiamo molta simpatia per il CEC
quando esso dice che vuole rispettare
la volontà della popolazione. Questo
prova che il CEC ha ben compreso i
vietnamiti, i quali sono estremamentesensibili nei riguardi di qualsiasi presenza straniera. Siamo una piccola nazione, ostile a tutti gli invasori; anche
se si tratti della Chiesa. Ma il programma non può ancora venir realizzato dato che la guerra continua e la pace è
ancora lontana. È per questo motivo
che sono venuta qui per esporre la nostra posizione, l’unica capace, a nostro
avviso, di sbloccare la Conferenza di
Parigi.
Contro la fame
degli altri
Pubblichiamo un nuovo elenco di
sottoscrizioni da parte di aderenti
vecchi e nuovi a questa iniziativa.
Diversi sottoscrittori si stanno pronunciando (oltre che per il « Ccutre » del Gabon che rimane un nostro impegno fisso) o per il progetto in India o per quello in Congo:
attendiamo ancora qualche indicazione per orientarci definitivamente
verso l’uno o l’altro, certi fin da ora
deH’adesione di quei sottoscrittori
che avevano indicato il progetto accantonato. Certo, sarebbe assai bello sostenerli tutti e tre, ma si finirebbe così per creare troppa dispersione, stanti le cifre a nostra disposizione. Ringraziamo tutti di cuore
ed attendiamo fiduciosi nuove offerte.
Da Riclaretto: E. Viglielino L. 5.000.
Da Torino: M. Jon Scotta 3.000; G. e D.
Quara 1.000; N. e G. Trocello 1.000.
Da Riesi : A. Caristia 10.000.
Da Angrogna: R. M. F. C. 1.000.
Da Venezia: V. Ispodamia 12.000; C. Bocus 500.
Da Torre Pellice: T. Pons e fam. 5.000:
A. C. 15.000.
Da Bergamo: Un lettore 50.000.
Da vaiar Porosa: N. N. 2.000.
Da S. Germano Chis. : Colletta natalizia
scuola (lom. di Porte 15.000.
Da Roma: M. L. Vingiano 4.000.
Totale 124.500; tot. prec. 377.836; in cassa
L. 502.336.
Preghiamo inviare le offerte indirizzatido
al conto corr. postale n. 2/39878 intestato a
questo scopo a : Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, 10133 Torino. Grazie.
Biafra, soluzione
[quasi] finale
(segue da pag. 1 )
Biafrani che speravano ancora di iiiggire.
Ora la .solidarietà mondiale si agita c ci disponiamo tutti a versare molte lacrime (e
magari un po’ di soldi); ma la coscienza non
si lava con (|ueste lacrime di coccodrillo. Per
parte mia, ho sempre vive in me le pagine
palpitanti di partecipazione di Jean Buliler,
nel suo Tuez-les tous! E ho nausea, anzitutto di me, come avevo avvertito per Budapest
1956. per il Tibet, per Praga 1968 e in mod(>
tristemente Ira.scinato ¡>er il Vietnam; ma qui
con un’intensità proporzionale ai morti, che
(}UÌ sono stati milioni (e non sono finiti), a
quei volti di donne e di hamhini rhc continuano a chiederci; perché?
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)