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Anno 122 - n. 42
31 ottobre 1986
L. 600
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a: casella postale - 10066 Torre Pelile*.
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
ASSISI, 27 OTTOBRE - GIORNATA DI PREGHIERA PER LA PACE
Assisi? No grazie!
Centomila, trecentomila, cinQuecintomila: puntualmente la
ridda delle cifre fa seguito all’imponente manifestazione pacifista di sabato 25 a Roma.
Quali che siano le cifre reali
della partecipazione, è un fatto
ineiiuivocabile iche il « popolo
della pace », a distanza di tre
anni dall’ultima grande occasione, è sceso in piazza per far
seiiiire la propria voce, contro
ogni aspettativa.
Solo un anno fa in pochi avrebbero osato sperarvi: i missili erano stati installati a Comiso, ed il movimento pacifista ha
messo parecchio tempo per assorbire il contraccolpo di quella
che avrebbe potuto essere una
grave sconfitta. Non è stata tale,
anche perché nuovi, allarmanti
fatti hanno concorso a tener.» desti l’attenzione e Timpeg^no:
tanto il raid suUa Libia, quanto
il terrorismo internazionale,
la nube di Cernohyl e le guerre
stellari hanno dimostrato che
i destini del mondo non guardano più ai confini e alle sovranità
nazionali: ne sono la dimostrazione, come rovescio deUa medaglia, i supervertici da cui sembra che tutto il pianeta debba
attendere ipotetiche fumate
bianche, poi disattese. Bene ha
fatto dunque chi, prescindendo
dagli incontri fra i « signori del
mondo », ha chiesto il ritiro dei
missili da Comiso e quello dell’Itaìia dalla SDÌ, tematiche
niente affatto vaghe o utopiche,
visto che coinvolgono da vicino
questioni istituzionali come_ il
possibile controllo del cittadino
su determinate questioni. _
Cn indicazione su passi concreti che si potrebbero fare contro la logica del riarmo e dei
blocchi è stata offerta, proprio
in questi giorni, dall’accordo tra
comunisti della Germania democratica e socialdemocratici dell’ovest per la creazione di una
fascia denuclearizzata nell’Europa centrale; scarsa è stata l’attenzione riservatale dalla stampa. ...
Stupiscono poi gli articoli
di giornale che sembrano trascurare i contenuti della manifestazione per privilegiare le
gazzarre scatenate dagli autonomi: questi sparuti drappelli, in
evidente antitesi con lo spirito
pacifista, non fanno pass^e in
secondo piano una partecipazione che vedeva i partiti di sinistra, le organizzazioni sindacali, ii vertice delle AGLI, gli
scouts, ecc.
E gli evangelici? Tre anni fa,
su tutti i giornali si poteva leggere dei fazzoletti viola che caratterizzavano un consistente
tratto di corteo: da allora (ma
anche da prima) il nostro impegno per la pace è un dato acquisito. E’ rilevante però, e anche questo ha fatto e fa notizia in questi giorni, il significativo e motivato rifiuto a partecipare alla giornata di preighiera di Assisi, come si legge
in altra parte del giornale.
Il nostro impegno si concretizza soprattutto nelle situazioni
di conflitto e di mobilitazione
civUe, come fu per Comiso e
come è stato in mezzo ai cinquecentomila di Roma sabato scorso.
Alberto Corsani
La posizione critica degli evangelici italiani - li Papa punto di convergenza di tutte le religioni? - La « pax vaticana » - La questione della giustizia - La parola del profeta Geremia
Mentre andiamo in macchina
con questa edizione si sta svolgendo ad Assisi la « Giornata di
preghiera per la pace », indetta
dal Papa e, contemporaneamente, dovrebbero tacere le armi su
tutti i fronti. Quando il giornale
arriverà nelle mani dei lettori
l’avvenimento sarà già passato
e se ne conosceranno i risultati.
Ora io non posso far altro che
esprimere un augurio ed una critica.
L’augurio, anzi meglio, la speranza è che questa duplice iniziativa del Papa possa essere coronata da successo. Non c’è essere umano al mondo che non
desideri la pace. Per questo l’irùziativa del Papa va incontro
ad un’aspirazione generale. Da
qui, forse, oltre che dalla possibilità di accesso ai mezzi stampa ed alla mobilitazione di un
enorme apparato diplomatico, la
risposta positiva giunta da parte di ogni religione. La televisione non avrà certamente mancato di trasmettere le immagini
colorate dei bonzi, dei monaci
tibetani, dei pellirosse, degli africani, un caleidoscopio di lingue,
razze, fedi diverse, muoversi intorno alla figura bianca, solenne
del Papa. E' certamente un avvenimento eccezionale, unico, e
non mancherà di far stupire.
Ma gli evangelici italiani non
ci saranno stati. Quali le ragioni della loro assenza, spiegate
alla stampa e ai rappresentanti
delle varie famiglie cristiane
convenuti a Roma alcuni giorni
prima, e da loro poco comprese? I giornali hanno parlato di
una posizione « dura », « aristocratica », incomprensibile da
parte di chiese come le nostre,
con tutte le carte in regola, per
quanto riguarda la pace. Si tratta (fi un ottuso provincialismo,
o di un nostro essere perennemente arroccati su posizioni anti-cattoliche, anti-papali, anti-clericali o di che altro?
Rispondendo all’invito (giunto
invero solo alcuni giorni fa alle
diverse chiese evangeliche) del
(( Segretariato per l’unità dei cristiani », sono state date risposte
formalmente (fiverse, ma tutte
ugualmente negative. La Federazione (fichiara di essere già
impegnata nel progetto di rm
Concilio per la pace, proposto
dal Kirchentag; TUCEBI rileva
che rimangono tuttora valide le
critiche al papato, con la sua
All’interno
un inserto
speciale sulla
29^ Assemblea
dell'UCEBl
svoltasi a
Santa Severa
dal 6 al tl
ottobre.
Nella foto: una
palazzina del
Villaggio della
Gioventù che
ha ospitato
l'Assemblea.
pretesa di centralità nel cristianesimo (ed ora anche per tutte
le religioni del mondo); la Tavola Valdese dichiara la sua perplessità nei confronti di tm gesto che concede molto allo spettacolo, mentre lascia in secondo piano il problema del ravve
TRA FEDE E RELIGIONE
La forza della preghiera debole
« ...noi non sappiamo pregare come si conviene »
(Romani 8: 26)
Cos'è la preghiera? Innalzare
una scala verso il cielo per raggiungere Dio o è lasciarsi afferrare da Dio? C'è la preghiera
forte di “chi sa”. E c’è la preghiera debole di "chi non sa”.
Tra i tanti modi di pregare ce
n'è uno che Gesù disapprova:
quello di chi ostenta la propria
pietà davanti agli altri. Insomma, dimmi come preghi e ti dirò
chi sei.
Le due parole balbettate dal
peccatore pentito valgono molto di più di fronte a Dio del fiume di forbite espressioni recitate dal professionista della religione che vuole su di sé i riflettori per farsi notare. L’esaudimento di questo tipo di preghiera forte si è così già compiuto.
La preghiera debole è la preghiera di chi è in ricerca, di chi
non vuole gestire Dio né collocarlo in una prospettiva di sacralità ma di chi vuole lasciarsi
afferrare da Dio. La preghiera
debole è quella che non va al
di là del riconoscimento della
nostra comune debolezza, è la
preghiera che condivide l’angoscia di Isaia (« ma io sono un
uomo dalle labbra impure ») o
l’autenticità di Pietro quando dice: « Signore, allontanati da me,
perché sono un peccatore ».
Laf preghiera forte è quella di
chi afferma se stesso e i propri
pensieri di fronte a Dio; è la
preghiera di chi pretende di rappresentare Dio ma in realtà autoglorifica soltanto se stesso. In
sostanza, più tu rafforzi la preghiera, più le dai valore in sé
quasi fosse un’opera meritoria
e più tu la vanifichi. Più tu semplifichi la preghiera, più tu la
rendi forte perché la sua forza
sta appunto nella sua debolezza
ed autenticità.
La nostra preghiera non può
catturare la forza di Dio, neppure la preghiera più studiata e
spettacolare e coinvolgente può
colmare lo spazio tra noi e Dio.
Solo lo Spirito di Dio può dare
forza alla nostra preghiera. Ma
per agire lo Spirito ha bisogno
di trovare il campo, tra noi e .Dio,
completamente sgombro da imitili mediazioni e ha bisogno di
incontrare non dei personaggi
che recitano una parte nella vita
ma degli uomini e delle donne
nella loro autentica quotidianità.
Paolo ha ragione quando dice,
unica 6 ultima volta in tutto il
suo vasto carteggio, che « noi
non sappiamo pregare come si
conviene ». Infatti noi continuiamo a porre tra noi e Colui che
aspettiamo mille ragioni, mille
giustificazioni ed ostentazioni.
Continuiamo ad inzeppare lo spazio tra noi e Lui con discorsi rc.ligiosamente belli quanto spiritualmente vuoti; abbiamo paura
del vuoto che si potrebbe creare
tra noi e Lui, ignorando che solo
se c’è il vuoto Dio può riempirlo
con il suo Spirito. Abbiamo bisogno di certezze, di qualcuno che
ci parli a nome di Dio. Ma la realtà è che siamo soli, siamo deboli,
siamo gente che « non sa », siamo
dei poveracci che, pur avendo
tutto, sono infelici; ed è proprio
partendo da questa unica certezza che abbiamo che lo Spirito
può alzare il nostro sguardo verso l’uscita da quest’angolo buio
in cui gemiamo.
Uscire da questo buco in cui
viviamo può voler dire: imboccare la direzione che porta al discepolato di Cristo. Non ci sono
altre vie d’uscita se vogliamo
realmente salvarci e non soltanto
stordirci sotto i bagliori accecanti della religione. Su questa strada non c’è bisogno di altre giustificazioni se non quella dello
Spirito di Colui che sceglie « le
cose deboli del mondo per svergognare le forti ». A volte la nostra stessa debolezza, la nostra
pochezza ci fanno paura; ma è
Dio che ci dà forza e dignità. La
sua forza non la può catturare
nessuno. Nessuna preghiera, nessun rito, nessuna chiesa. La forza di Dio rimane libera e sovrana. Essa viene incontro alla debolezza dell’umanità, là dove essa è crocifissa, calpestata, umiliata. Lì, in quella assoluta semplicità e povertà di fronte a Dio, la
preghiera debole diventa forte.
Giuseppe Platone
dimento.
Posizioni che possono essere
condivise o meno, ma dietro ad
esse, intrecciate con esse stanno alcuni problemi. E qui è la
critica che dobbiamo fare nei
riguardi delTiniziativa del Papa. Anzitutto una questione formale: il Papa ben sapeva, al
momento in cui ha fatto conoscere alla stampa la sua proposta di questa giornata, che varie
chiese avevano già dato una risposta positiva al progetto di
un Concilio per la pace. Ma Tha
ignorato! Perché? Ed ora ha
proposto se stesso' come nunto
di convergenza delle aspirazioni
alla pace delTumanità intera. Il
progetto di un Concilio di tutte
le chiese implica un loro convergere verso Cristo, capo della
Chiesa. Sembra quasi che la
(( pax vaticana » voglia sostituirsi alla (( pax Christiana », alla pace che è Cristo (Efesini 2: 14).
Un secondo motivo: qual è il
contenuto della n pax vaticana »?
Al momento in cui scrivo non è
dato (fi saperlo. Si tratta solo
(anche se, certo, è già qualcosa)
di essere insieme per pregare
ognuno il suo dio. Siamo lontani dunque da una preghiera
comune, impossibile da attuare
in questo momento. La (( pax vaticana» non affronta il nodo delle (fivisioni, si accontenta di un
puro formalismo. Infine, strettamente collegato a questo, sta
il nroblema di fondo: nella Bibbia la pace è il frutto della giustizia. E’ quanto abbiamo cercato di dire in tutti questi armi.
In un mondo come il nostro,
con 2/3 delTumanità affamata,
c-on Tesplodere del terrorismo,
con la mancanza di democrazia
e l’assenza delle libertà fondamentali in tante parti della terra, Assisi rischia di essere una
farsa e una presa in giro.
C’è una parola di Geremia che
non può essere dimenticata •
(( Essi curano alla leggera la piaga del mio popolo; dicono 'Pace, pace!’, mentre pace non v’è »
(Ger. 6: 14). La pace non è una
(( giornata » e non è neppure
un’asnirazione : è ravvedimento,
è impegno per mutare noi stessi
e la società.
Luciano Deodato
2
2 religione a scuola
31 ottobre 198fi
Alla prima che mi fai
ti licenzio e te ne vai
CUf-ÌiA rvJ»;TrtOPaLn AKA DI TORINI .
u>*i-iC.o uìDìT-esano scuola
• VIA Af^ivftscDVAoo ta • tièls/-. b4 7o«s
Prot.n.
lórlao
¡fifcuxxaytore «sii studi
di
AI jQirettore del
Oggetto ; dichiarazione di idoneità
all'insegnamento religione cattolica (IRo)
Circolo didattico
/ VV( >-t-o
Con la presente comunico che ciascuno del nominativi oontenuti nell'allecat-'
elenco, da lei inviatomi, riguardante gli lnoogpan.tl del circolo didnttioo
^ , indicato a prot. della DD al n. 'del .è rldonoscluto
““ impartire l'insegnamento della religione oattoliea, ' ----------—
betta idoneità ò concessa su incarico dell'ordinarlo diocesano di <c>«^U.o
confidando nell'onestà professionale del docente che la riohiede, in. quanto si ponaa’
oh# detta richiesta sia frutto di una scelta ragionata e di cosoienza, hen sapendo che
nei primi tempi ci sarà per alcuni difficoltà di attuazione, legata alia novità di
impostazione.
Contemporaneamente questo ufficio ai permette di ricordare agli insegnanti riconosciuti idonei 1 seguenti punti di riferimento:
a) Ii|insegnamento riguarda specifioatamsnts la religione oattolios a non solo la religione In generale o le altre religioni.
h) li* IRo va svolto per due ore settimanali nell'ambito della prognumazlone didattica
o) I prograami aono la via prowiaoxla quali! del 1955 o quelli aperimeatali, che sonò
già a disposislone, «ea il sulla osta della oompetente autorità oooleslastloa. ohe
SO&0 elenoati in oaloe. '
d) daranno proposti , por quanto possihllo, oorsl di agglomamasto per i'iRo di b/a
lezioni di due ore eiasouna, ma ad anno già iniziato o in aoooxdo oon l'autorità
soolastioa, in ottemporansa all'Zntesa e allo disposizione a «fi 7^ C£X.
e) Cuaìora rlzultaese che l'insegaaate non svolga le predette ore di religione oattoliea
per le quali el è dlohiarato disponibile, al prewedsxà al ritiro dell'idoneità, osd.e'
garantire al genitori ohe l'hanno riohieeto l^lnaegnameato della diecipUns.
UFFICIO
:Cì^'
t5U3SIjg blbimci ter l'IHe tIT
Edizioni ABiO t Proposte didattiche por l'ZR^:^^ scuola elw&ontare
per il 1* e z* dolo — oon In noi HP 0 IR oonoordatarlo
£dizlonl I>.b.C. I Viva la vita t 5 volumi -^uno por olaase - oon testo per alunno
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scuola elementare oggi" - Volume unico
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La « Dichiarazione di idoneità all’insegnamento religione cattolica (IRc) » riprodotta qui sopra costituisce un esempio significativo di come venga interpretata e inquadrata la vigente
normativa (in special modo la Circolare 211 del
24.7.1986) dall’Ufficio diocesano scuola di una delle più importanti Curie cattoliche italiane, quella
di Torino.
Colpisce anzitutto il tono generale di vera e
propria direttiva, sottesa alla forma della comunicazione burocratica rivolta dall’Autorità ecclesiastica all’Autorità scolastica statale: ne esce
confermata la sostanziale limitazione della laicità dello Stato e della Scuola, in barba alla stessa ammissione concordataria che « si considera non più in vigore il principio... della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano ». Notevole inoltre ci sembra la presuntuosa
untuosità del secondo capoverso, dove non solo
si gioca tra il mettere e il non mettere in dubbio 1’« onestà professionale » e la « scelta ragionata e di coscienza » del docente, ma ci si arroga
in definitiva il diritto, anche per ciò che segue,
di darne insindacabile valutazione. Giudichino tra
l’altro i lettori quale stima e rispetto ne discenda per la personalità dell’insegnante.
Se poi veniamo ai « pimti di riferimento », aumentano allora considerevolmente i fiori che possono essere colti per un’ideale antologia sui pesanti costi che l’insegnamento confessionale impone ai docenti e, di riflesso, a tutti gli utenti.
Elenchiamoli schematicamente:
a) E’ certo coerente il vincolo che « l’insegnamento riguarda specificatamente la religione
cattolica », e quindi sarà inevitabilmente indottrinante quando non anche, nei fatti, d’impianto
catechetico. Ma come la mettiamo con le bonarie
assicurazioni spesso diffuse in un passato non
troppe lontano per convincere al « sì » dubbiosi
e indifferenti e rassicurare pure tanti cattolici e
credenti in crisi che si sarebbe trattato di un po’
di religione in generale, rispettosa di tutti e aperta ad altre religioni? Noi non ci abbiamo mai cre
PRONTO: 011/655.278?
Il crocifisso
dove lo metto?
duto veramente: che ne pensano quanti, a vario
titolo e magari con differenti convinzioni, vi si
trovano ora concretamente coinvolti?
b) Viene ulteriormente confermato il carattere curricolare delle due ore di religione cattolica. Continuano intanto r- stare nel limbo delle
buone o delle cattive intenzioni le pur dovute attività alternative; e comunque, come sarà possibile non discriminare nessuno, maestri e alunni
cui la Costituzione garantisce parità di diritti?
c) Anche sui programmi il richiamo è inequivocabile. Quanto siamo lontani persino dalle
dibattute fallimentari vicende delle « Conoscenze
dei fatti religiosi» prospettate dalla Commissione
Fassino! Tutto si muove nella ribadita preminenza del confessionalismo cattolico.
d) Sintomatica appare una sorta di curioso
capovolgimento della prassi dei corsi di aggiornamento: l’autorità religiosa vuol esserne proponente per i maestri « idonei », relegando in secondo piano l’Autorità scolastica.
e) Emerge pure, qui, il sottile ricatto occupazionale al quale restano perennemente sottoposti gl’insegnanti « idonei » per la minaccia del
« ritiro dell’idoneità ». Sembrano sfumare nella
nebbia il dettato costituzionale e lo Statuto dei
lavoratori per chi può vedersi di colpo decurtate
ore d’insegnamento e soprattutto per i supplenti
compresi negli elenchi degli « idonei » riconosciuti dall’Ordinario diocesano: malgrado l’ambiguità
dell’espressione « non svolga » (che può essere
intesa in assoluto oppure sottintendendo un « bene» o un «adeguatamente»!), è in gioco per tutti
la libertà d’insegnamento, per i supplenti temporanei anche la più completa sicurezza del lavoro.
Per concludere, il documento intestato « Curia
Metropolitana di Torino » reca in calce due firme:
quella ovvia del dirigente deU’uffìcio e, in subordine, quella — di presa d’atto per la semplice
comunicazione ai direttori didattici competenti —
del Provveditore agli Studi, diventato in tale occasione passivo passacarte.
Carlo Ottino
Vorrei sapere se è possibile togliere il crocifisso dalla parete
dell'aula scolastica e conservarlo
dentro... l'armadio (o restituirlo
a qualcuno).
Infatti la presenza del crocifisso in aula risulta essere un palese caso di discriminazione, perché esso è un simbolo di fede che
offende gli appartenenti ad altre
confessioni religiose non cattoliche eventualmente presenti in
aula.
10 sono un insegnante elementare della Chiesa metodista di
Pescara ed ho in classe due alunni Testimoni di Geova, per i quali il simbolo della croce non è assolutamente accetto ; del resto
anch'io, se accetto la croce, di
certo non posso accettare quella
statuina di Cristo appiccicata sopra.
Ora vi domando: esiste qualche legge o circolare che obbliga
l'insegnante, o chi per lui, a tenere il crocifìsso in aula? Mi risulta infatti che l'unica legge che lo
preveda sia quella del R.D. 5.2.’28
n. 577 Testo Unico dei Regolamenti Comunali, che sancisce
l'obbligo ai Comuni di fornire all'amministrazione scolastica tutti
gli arredi necessari tra cui, in
primis, il crocifìsso.
11 Concordato cattolico del ’29
ne specificava implicitamente
l'uso, essendo riconosciuto alla
Chiesa cattolica il diritto-privilegio di essere l'unica religione di
Stato.
Col “nuovo" Concordato, alVart. I del protocollo addizionale, viene a cadere il principio della Chiesa cattolica come religione di Stato.
Il concetto di religione di Stato è stato abrogato dall'art. 13
primo comma della revisione del
Concordato che così recita: « Le
disposizioni del Concordato stesso non riprodotte nel presente
testo, sono abrogate ».
Ne deriverebbe, a mio avviso,
che, pur rimanendo l'obbligo dei
Comuni a fornire Varredo-crocifisso, possa essere facoltativo, se
non obbligatorio, il principio di
non apvenderlo al muro, almeno
nelle classi dove vi siano alunni
che abbiano scelto di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.
Il crocifisso andrebbe dunque
conservato... nell'armadio, non
essendo ancora possibile restituirlo al Comune.
Donato Tnovarelli, Pescara
Risponde
il prof. Giorgio Peyrot:
Donato Trovarelli da Pescara
ha perfettamente ragione: il crocifisso nelle scuole, nelle aule dei
tribunali e negli altri uffici pubblici è un segno preciso della
confessionalità dello Stato e del
trionfalismo della religione che
10 Stato dichiara essere la sua.
Orbene è noto che con la revisione del concordato operata nel
1984 il principio di una religione dello Stato in Italia è finalmente caduto dopo 16 secoli,
da quando l’imperatore Tecd >
sio l’aveva proclamato nei riguardi del cristianesimo nicer o
nel 380 dopo Cristo.
Il crocifisso è emblema del
cattolicesimo, non già di tut 0
11 Cristianesimo; e nelle scuc.e
c’è ancora a conferma che, li
fatto, il paese a causa dei si.oi
governanti è tuttora uno StBio
confessionale, seppur contra legem.
Tuttavia per la precisione, il
crocifisso nelle scuole fu rt ntrodotto con una circolare lei
Ministero della P.I. n. 670 de! 16
dicembre 1922 nella quale si ordinava il ripristino del croci sso « in quelle scuole elemen ^ ri
in cui fosse stato rimosso ». n
con il T.U. 5.2.1928 n. 577, a
con il Reg. gen. sull’istruzi. le
elementare del 26.4.1928 n. ' 97
(all’allegato C dell’art. 119) si
indicava, al n. 1, il crocifisso
tra le suppellettili che i corauni erano e sono tenuti a forni e
alle scuole.
E’ noto che la pubblica ist' azione in Italia è retta più d? ie
circolari del Ministero che dr le
leggi dello Stato (insegnarne' to
della religione cattolica docei !),
ma tutti i comuni ancor oagi
forniscono tutti gli arredi d’ >hbligo alle scuole? Ci consterebbe di no, quanto al crocifisso' e
per certo vi sono insegnanti che
lo ripongono nel cassetto.
Con questo non intendiamo
dare consigli, ma solo rispondere ad un quesito. Le regole del
comportamento ciascuno le trae
dal dettato della propria coscienza illuminata dall’Evangelo.
NOTIZIE FLASH
□ AL GIUDIZIO DEL TAR
LA CIRCOLARE 211 DEL LUGLIO '86
TORINO — Il Comitato torinese per la laicità della scuola ha
deciso di impugnare davanti al Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) la circolare 211 del Ministro Falcucci riguardante le modalità di organizzazione dell’ora di religione cattolica nella scuola
e delle attività alternative. Il patrocinio è affidato aU’avyccato
Vincenzo Enrichens. Il Comitato ha però bisogno di fondi visti
gli alti costi vivi della pratica. Chi fosse interessato a contribuirvi
può rivolgersi al Comitato stesso in via Donizetti 16 bis a Torino.
□ AL POSTO DELLA RELIGIONE,
L’ORA DI ECOLOGIA
MILANO — L’Arci ragazzi e la Lega Ambiente della Lombardia
hanno predisposto un programma alternativo all’ora di religione
cattolica nelle scuole superiori. Il programma di lavoro prevede la
partecipazione di esperti, che saranno assistiti daH’insegnante incaricato, e l’elaborazione di una mostra finale sul tema « La città
a misura di... bambino, ragazzo, giovane ».
□ RELIGIONE NELLE SCUOLE PUBBLICHE,
PERCHE’?
MILANO — Jole Bottega Rossi ha curato per l’ALRI un interessante opuscolo a commento del documento della Curia di Milano
sull’ora di religione.
Da un punto di vista rigorosamente laico vengono contestate
punto per punto tutte le affermazioni della Curia milanese.
3
31 ottobre 1986
ecumenismo 3
A POTSDAM, ’’FEDE E TESTIMONIANZA” DEL CEC
Nuove linee
di ricerca teologica
L’unità della chiesa va ricercata attraverso una formulazione della fede
che nell’esperienza missionaria colleghi la storia di Gesù all’oggi
Dal 13 al 20 luglio si è svolto
presso la Fondazione Hoffbauer
a Potsdam (RDT) il convegno
deH’unità « Fede e Testimonianza >’ del Consiglio Ecumenico
delle Chiese (CEC) al quale hanno pnrtecipato 180 rappresentanti delle chiese di 60 paesi. La
Fondazione Hoffbauer, situata su
un’incantevole isola del fiumelago Havel, è sede di un liceo
teologico ed è contigua ad un
ospedale militare sovietico. Questa vicinanza ha, in un certo senso, completato il clima ecumenico E’ stata la seconda volta
che il CEC ha tenuto una riunions a questo livello nella RDT,
la prima volta è stato a Dresda
nel 1981.
Il CEC opera tramite tre unità, ciascuna suddivisa in commissioni con specifiche competenze. Questa organizzazione, se
da un lato permette un maggiore approfondimento dei temi e
dei problemi, dall’altro ha creato non poche difficoltà di comunicazione e soprattutto di coordinamento organizzativo ed operativo all’interno del CEC.
La riunione di Potsdam ha visto riunite le commissioni dell’Unità I: Dialogo, Missione ed
Evangelizzazione, Fede e Costituzione, Chiesa e Società ed ha
avuto per. scopo il dibattito dei
temi di comune interesse oltre.
che un approfondimento dei problemi specifici delle singole commissioni in vista della prossima
Assemblea generale. Il tempo è
stato suddiviso in parti praticamente uguali fra riunioni ristrette ed allargate.
Il culto d’apertura è stato tenido da Emilio Castro, segretario generale del CEC, il canto
corale e l’organo, nella patria di
Bach, hanno dato una particolare impronta ad un culto speciale nelle sue espressioni liturgiche. Si sentiva concretamente la
comunione fra le attese della Federazione delle Chiese Evangeliche della RDT e gli sforzi del
CEC per affermare concretarnente il proprio motto: « Giustizia
e Pace nell’integrità della Creazione ». Davanti ai rappresentanti del governo della RDT Emilio Castro ha ricordato che Gesù, un operaio, un povero ed
un oppresso non ha esitato a
levare la sua voce contro l’ingiustizia dei potenti del suo tempo in nome della saggezza che
Dio dà ai minimi del mondo per
concludere che noi, cristiani, siamo chiamati a proclamare la pace nella giustizia e la libertà nella creatività umana.
Tre direttrici
di lavoro
Nell’introduzione ai lavori il
segretario generale del CEC ha
messo in evidenza le tre linee
direttrici dei lavori della unità
« Fede e Testimonianza »;
1) La formulazione della fede
si realizza nell’incontro missionario, in situazioni di concreta
bellezza e bruttezza, di ricchezza
e di povertà, dove diversi sistemi d’interpretazione sono in
competizione gli uni con gli altri.
2) Noi non possiamo testimoniare la fede in Gesù senza cercare costantemente di formularla in « sintonia » con le nostre
conoscenze e con le nostre capacità intellettuali: si tratta di
collegare la storia prescientifica
di Gesù con la realtà scientifica
contemporanea.
3) Quest’incontro fruttuoso fra
dottrina e testimonianza dovrèbbe servire a trovare un modello
di unità delle chiese.
La riunione congiunta delle
diverse commissioni e dei gruppi
di lavoro ha permesso un ampio
scambio di vedute ed un sostanziale avvicinamento delle diverse
correnti del grande fiume ecumenico, che tuttavia mantengono le
loro caratteristiche ed a volte
opinabili divisioni fin dalla loro
integrazione avvenuta negli anni
dal 1948 al 1961.
Nel corso della seduta conclusiva il Prof. Sabev, presidente
dell’Unità I e segretario aggiunto
del CEC, ha presentato un bilancio positivo del convegno di
Potsdam che, riunendo per la
prima volta le quattro commissioni, è già stato un avvenimento di per sè. Poi i presidenti delle commissioni hanno presentato
i risultati dei loro lavori che così si possono riassumere.
a) John Habgood, arcivescovo
di York, per la Commissione
Chiesa e Società ha avanzato la
proposta di approfondire una
teologia della natura, in collaborazione con lo studio sulla Creazione da parte della Commissione Fede e Costituzione. Inoltre
si inizieranno studi sulTetica
ecumenica sociale, sulla deforestazione neH’America Centrale,,,
sull’energia atomica dopo il disastro di Cernobyl, sul problema
nucleare nel Pacifico, sulla manipolazione genetica e l’AIDS.
Come si vede sono problemi
scottanti che potranno essere solo superficialmente esaminati e
meditati dalle modeste forze della commissione, ma che rivestono un carattere emblematico per
focalizzare l’attenzione delle
Chiese sulla realtà della società
contemporanea.
b) Il presidente della Commissione «Dialogo con le Religioni
del nostro tempo ». Diana Eck,
ha annunciato l’intenzione di
estendere il dialogo agli ebrei
della America Latina e dell’Africa. La commissione , desidera
inoltre organizzare una serie di
colloqui con musulmani,, buddisti ed ebrei sia singolarmente
che globalmente. Raccomanda
inoltre, a seguito della risposta
positiva da parte di parecchie
Chiese dell’Europa Orientale, di
riprendere il dialogo cristianimarxisti sulla base di un pro
gramma aggiornato.
c) John Descbner, presidente
della Commissione « Fede e Costituzione » ha messo in luce che
il lavoro impostato potrà durare decenni in quanto si tenta di
raggiungere un accordo sulla fede apostolica in tre tappe: spiegazione ecumenica del simbolo
di Nicea, suo riconoscimento da
parte di tutte le Chiese ed elaborazione di una nuova confessione di fede. La prossima riunione plenaria della commissione è prevista per il 1989.
d) John Brown, in sostituzione del presidente della Commissione « Missione ed Evangelizzazione » ha anmmciato due consultazioni per il prossimo anno
il cui scopo sarà la preparazione
della conferenza mondiale « Missione ed Evangelizzazione » sul
tema: « Affinchè la tua volontà
sia fatta, il cammino di Cristo ».
Alle consultazioni del prossimo
anno parteciperanno in particolar modo le Chiese ortodosse e
la Commissione « Fede e Costituzione ». La commissione si augura una maggiore collaborazione con le altre commissioni dell’Unità I ed in special modo con
« Fede e Costituzione » sui problemi della missione e dell’unità
e con « Dialogo » sul problema
della missione e del dialogo.
Il difficile
cammino
I lavori del convegno di Potsdam si sono conclusi con ùn
deciso invito del presidente dell’Unità I, il metropolita Antoine
di Romania, a superare le incomprensioni fra le varie commissioni prima che le difficoltà
economiche del CEC non impongano ristrutturazioni forzate,
inoltre ha rivolto un monito a
chi pensa che l’ecumenismo permetta un semplicistico superamento delle differenze teologiche
ed ideologiche. L’ecumenismo è
Un difficile cammino di uomini
deboli, imperfetti e peccatori verso una realtà più grande di noi
che richiede profondi mutamenti fra i quali è necessario prevedere anche un nuovo ordinamento economico orientato ad
una maggior giustizia fra i popoli della terra.
Sergio Brofferio
PREGHIERA
IN PUBBLICO?
Domenica 19.10 nel telegiornale 2
delle 19,45 ho udito le dichiarazioni
che Paolo Ricca ha fatte in relazione
all’invito del pontefice romano per
una preghiera per la pace da svolgersi in Assisi da esponenti delle varie
confessioni religiose presenti In Italia.
Giustamente Ricca ha fatto notare
che se un tale invito era stato disatteso da parte dei riformati era per
due motivi; ma se il secondo di questi motivi è giusto, il primo è sbagliato e dà degli evangelici che sono in
Italia un'immagine infedele.
Infatti se è vero che noi tutti riteniamo che le preghiere per la pace
vanno rivolte a Dio nei luoghi in cui
v'è guerra e la pace è in crisi, piuttosto che nei silenzi dei santuari della
FCEI
Aiutiamo i terremotati
di El Salvador
A seguito del terremoto che nei giorni scorsi ha sconvolto S. Salvador, la Giunta della Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia ha deciso di indire una colletta a
favore delle vittime di quel cataclisma.
L’offerta sarà inviata tramite il Consiglio Ecumenico.
Sarà importante che le collette ci pervengano con tempestività e comunque non oltre il 30 novembre p.v., sul
c.c.p. n. 38016002 intestato a: Federazione Chiese Evangeliche in Italia - via Firenze 38, 00184 Roma.
RICORDO DI
Michele Pellegrino
contemplazione, è erroneo affermare
— come ha fatto Ricca — che i protestanti non praticano la preghiera
in pubblico. Questo no! Tutte le domeniche nelle nostre Chiese radunate
nei templi o all'aperto rivolgiamo pubbliche preghiere al Signore ed anche
per la pace tra le genti. Quello che
rifiutiamo, e categoricamente, è di
fare della preghiera (ed in specie se per
la pace) un pubblico spettacolo a
gloria del clero, un’occasione per manifestare nel mondo il trionfalismo
ecclesiastico di cui il Wojtyla tanto
si compiace, esercitando cosi assai
male la parte che vorrebbe assumersi (e che non gli spetta) in seno al
Cristianesimo,
E' mancato forse il coraggio di dire tutto ciò in modo chiaro ed inequivoco alla televisione? Un’occasione
perduta quindi di dire tutta la verità,
nient’altro che la verità, come si addice ad un testimonio.
Giorgio Peyrot, Torre Pellice
Il cardinale Pellegrino non è
più. E’ mancato dopo anni di
sofferenza aH’ospedale Cottolengo, a seguito di una emorragia
cerebrale.
Non lo ricordo come principe della Chiesa, lui che non volle mai portare al dito l’anello
pastorale, perché lo reputava
un lusso.
Lo ricordo come docente di
letteratura cristiana all’università, dove dichiarava sempre dì
pregare per i suoi « fratelli separati ».
Soprattutto lo ricordo per il
suo sincero desiderio di dialogo
con gli evangelici. Un gruppo di
valdesi, a Torino, negli anni sessanta, usava ritrovarsi settimanalmente in case private per
leggere e studiare brani del 'Vangelo. Invitato una volta a queste riunioni. Pellegrino seppe
sempre trovare il tempo per
frequentarle regolarmente. Era
un duro, incrollabilmente fermo
nèlle sue posizioni di cattolico.
Nulla concedeva in queste riunioni del «gruppo del Vangelo»
per facile irenismo, né noi concedevamo nulla a lui; ne scaturiva un dialogo fermo, franco,
altamente impegnato, a volte appassionato, che ci faceva conoscere reciprocamente nella nostra diversità, ma che ci faceva
ogni volta constatare, anche con
stupore, che non potevamo, comunque, fare a meno di re-incontrarci. Avvertivamo così che
la tensione all’unità in Cristo
era più forte in tutti noi delle
esasperate posizioni di parte.
Ciò che ci univa era il latto
che monsignor Pellegrino era
im agostiniano convinto e da
Agostino ad Anseimo ed alla
Riforma corre un filo di continuità.
Ricordo ancora che il caso ci
portò ad essere conferenzieri a
Trieste nella stessa sera in due
luoghi ed ambienti diversi sul
medesimo tema: « l’ateismo
contemporaneo ». Ritrovatici sul
treno di ritorno a mezzanotte
discutemmo fino a Torino, confrontando le nostre idee diverse, ma riscoprendo l’essenziale
della nostra fede comune.
Alcuni anni dopo, venuto a
sapere che ero ricoverato all’Ospedale Evangelico di Torino,
Pellegrino — già cardinale ed
arcivescovo di Torino — volle
venire a trovarmi: e la sua visita creò non pochi problemi di
cerimoniale alla Direzione! Quando, con il suo segretario, fu
nella camera dov’ero degente, ci
abbracciammo e poi lui chiese:
« Che preghiera possiamo fare
insieme? ». Mia moglie ed io
rispondemmo: «Il Padre Nostro».
« Certo — assentì — perché
quella preghiera ci è stata data
quando la presenza del Signore
faceva sì che tutti fossimo uno
in lui ». Ed un altro ricordo è
legato alle celebrazioni per i
suoi settant’anni. Al Circolo
della Stampa di Torino ci tro
vammo ad una tavola rotonda a
parlare di lui ed alla sua presenza, cattolici, comunisti, laici
ed evangelici. La mia parola di
valdese non era quella di un
Diego Novelli o dì un Firpo o
di un Bolgiani, ma tutti, in assoluta sincerità, gli manifestammo la medesima stima ed ammirazione.
Lo dissero cardinale rosso per
la sua apertura sociale, per la
sua presenza fra i lavoratori
impegnati in battaglie sindacali:
ma il suo impegno sociale scaturiva da un profondo background culturale. Non era né
populismo né demagogia: era un
modo di camminare insieme
per quelle vìe che Pellegrino,
con i suoi studi, aveva percorso attraverso i secoli, dalle polemiche dei pririii anni della
pàtristica fino alle eresie medioevali. Paradossalmente il suo protendersi verso la socialità era
la conseguenza dell’invito agostiniano al « noli foras ire ». Il suo
ed il nostro Agostino aveva insegnato a non disperderci fuori
di noi, ma aveva insegnato
1’« in te ipsum redi » perché « in
interiore hòmihe habitat "Veritas ». Nella nostra interiorità
soltanto troviamo l’umanità (e
troviamo Dio che ci ha fatto
uomini) e, proprio per questo,
siamo costretti ad impegnarci
fuori di noi. Ma la Chiesa oggi
sembra proiettarsi fuori, dimenticando che, prima, occorre che
rientri in se stessa.
Il cardinale che osò entrare
nella tenda degli operai in sciopero e nelle carceri con i detenuti in rivolta, a tutti chiedendo
se poteva chiamarli fratelli, era
quel Pellegrino che veniva ai nostri umili « gruppi del 'Vangelo »
a discutere di teologia cercando
una comunione in Cristo e parendo troppo eretico agli ortodossi e troppo ortodosso agli
eretici.
Il suo « Camminare insieme »
non è un saggio sociologico e
neppure una delle sue pubblicazioni erudite di patristica: è una
meditazione pastorale in cui lo
agostiniano « in interiore homine habitat Veritas » altro non
è che il libero esame: e Pellegrino fu un cattolico per libero
esame. D’altra parte « camminare insieme » non è né partecipare ad un corteo, né seguire una
processione: per Pellegrino era
solidarizzare nella sofferenza,
onde dare perché a lui era stato dato.
Purtroppo, negli ultimi anni,
non potè più né camminare, né
camminare insieme: capiva,
ma non poteva parlare; tuttavia
si faceva condurre fra gli afflitti
come lui ricoverati al Cottolengo per invocare su di loro come su di sé la benedizione di
quel Signore che, presolo per
mano, lo tenne stretto a Sé, per
virtù dello Spirito Santo, per
tutta la sua vita.
Roberto Jouvenal
4
4 prospettive bibliche
31 ottobre 1986
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
PER FEDE,
COME ABRAMO - 2
« ...come Abramo credette a Dio e
ciò gli fu messo in conto di giustizia... » (Calati 3: 6).
A bramo ha creduto a Dio. Con
questa testimonianza (Paolo)
prova, qui come nel cap. 4
ai Romami, che gli uomini
sono giustificati per la fede, dato che
la fede di Abramo gli è stata messa
in conto di giustizia. In primo luogo
dobbiamo capire che cosa significa,
qui, la fede come l’intende Paolo;
poi, che cosa significa la giustizia;
e infine, perché si ritiene che la fede sia la causa della giustificazione.
La fede, che significa?
La fede non è intesa nel senso di
una qualsiasi convinzione che gli
uomini potrebbero avere circa la verità di Dio. Infatti, quand’anche Caino avesse creduto cento volte a Dio,
che gli annunciava la punizione, ciò
non gli sarebbe servito a nulla per
ottenere la giustizia. Abramo, dunque, è stato giustificato credendo,
nel senso che, avendo da Dio la promessa del suo amore paterno, vi si
è attenuto interamente. La fede, come la s’intende qui, ha quindi una
relazione con la parola di Dio, guarda ad essa, sì che gli uomini, fondandosi su di essa, possano accettarla e possano riposare in lui.
Quanto al termine giustizia, bisogna osservare il modo in cui Mosè
ne parla. Infatti quando dice che
ciò che Abramo ha creduto gli è stato messo in conto di giustizia, vuol
dire che giusto è chi è reputato tale
nei confronti di Dio. Ora, siccome
gli uomini non hanno alcuna giustizia in se stessi, l’ottengono per imputazione, nel senso che Dio imputa loro la fede come giustizia. Perciò è detto che siamo giustificati per
fede: non perché la fede metta in
noi qualche capacità o qualità, ma
perché Dio ci accetta e ci gradisce.
Non certo un « merito »
Ma perché si attribuisce alla fede
un onore così grande, da definirla la
causa della nostra giustizia? Anzitutto, occorre sapere che essa è soltanto la causa strumentale, poiché,
parlando rigorosamente, la nostra
giustizia non è altro che questa accettazione gratuita da parte di Dio,
sulla quale si fonda esclusivamente
la nostra salvezza. Ma poiché Dio,
rendendoci testimonianza del suo
amore e della sua grazia per mezzo
dell’Evangelo, ci comunica questa
giustizia di cui ho parlato, per questo si dice che la riceviamo per fede.
Sicché, quando attribuiamo la giustificazione dell’uomo alla fede, non
Una volta dì più, può essere di vivo interesse confrontare, in questo
« tempo della Riforma », come due Riformatori hanno spiegato un medesimo testo biblico. La scorsa settimana abbiamo pubblicato il commento che Lutero dà di questo classico passo dell’Epistola ai Calati; questa
volta riportialmo il commento dì Calvino. Accanto alle sostanziali, profonde consonanze, si noterà, da un lato, la limpida stringatezza di quest’ultimo rispetto alla traboccante sovrabbondanza di Lutero (che riconosceva la propria « verbosità » ; del resto, avevamo tradotto appena la metà del suo ampio commento su questo versetto!), e dall’altro, soprattutto, la lucida sottolineatura: la fede non è né deve mai diventare un’«opera » nostra! Lutero sarebbe naturalmente del tutto d’accordo, ma nella
sua lirica esaltazione della fede sorvola, almeno qui, su questo aspetto essenziale.
a cura di GINO CONTE
parliamo della causa principale, ma
osserviamo semplicemente il mezzo
attraverso il quale gli uomini giungono alla vera giustizia. Questa è infatti un puro dono di Dio, e non una
qualità che sia intrinseca agli uomini; non la si possiede che per fede.
E ciò avviene non per merito della
fede, come se fosse una ricompensa
dovuta, bensì perché riceviamo per
fede ciò che Dio ci dà spontaneamente e gratuitamente. Sono dunque equivalenti tutte queste espressioni: siamo giustificati per la grazia
di Dio; Cristo è la nostra giustizia;
la misericordia di Dio è la causa della nostra giustizia; la giustizia ci è
acquistata mediante la morte e la
risurrezione di Cristo; la giustizia
ci è conferita dall’Evangelo; per fede otteniamo la giustizia.
« In Cristo » soltanto,
senza opere
Ne risulta quanto gravemente sbagliano coloro che vogliono accordare queste due affermazioni: che siamo giustificati per la fede e per le
opere, insieme. Infatti chiunque è
giusto per fede, essendo totalmente
sprovvisto e vuoto di giustizia propria, riposa sulla sola grazia di Dio.
Per questo Paolo ai Romani (4: 2)
deduce che Abramo non ha alcuna
gloria davanti a Dio, avendo ottenuto la giustizia per la fede. Non è
detto, infatti, che la fede gli fu imputata come una parte di giustizia,
ma semplicemente quale giustizia.
La fede gli è stata dunque messa interamente in conto di giustizia. E la
fede non guarda che alla misericordia di Dio e a Cristo morto e risuscitato.
Perciò ogni merito delle opere è
escluso quando, parlando della causa della giustificazione, la si imputa
interamente alla fede; la fede infatti, in quanto racchiude in sé la bontà gratuita di Dio, Cristo con tutti i
suoi benefici, la testimonianza della
nostra adozione che ci è resa nell’Evangelo, si oppone assolutamente alla Legge, ai meriti delle opere e
alla dignità degli uomini. Quanto al
parere dei sofisti, i quali pensano
che essa si opponga soltanto alle cerimonie, sarà facile confutarlo più
avanti. Ricordiamoci dunque che coloro che sono giusti per la fede, sono giusti al di fuori di se stessi [il
nos extra nos che caratterizza il messaggio di tutti i Riformatori! Cfr. ad
es. V. Subilia, La giustificazione per
fede, pp. 150-159. N.d.t.l, cioè in Cristo.
In tal modo viene pure respinto
lo stolto cavillo di alcuni che si beffano dell'apostolo Paolo dicendo che
quando Mosè parla di giustizia, intende una sorta di probità (prud’homie), che non significherebbe altro
se non che Abramo è stato considerato un uomo di Dio perché ha creduto a Dio. Satana suscita oggi simili spiriti stolti per rovesciare la
certezza delle Scritture con calunnie
ambigue, e quasi per minarla dal
sottosuolo. Ma Paolo, il quale sapeva bene che Mosè non voleva affatto
insegnare la grammatica ai bambini
ma ha parlato del giudizio di Dio,
ha inteso a ragione il termine giustizia nel senso che gli è dato in teologia. Infatti noi non siamo considerati giusti davanti a Dio nello stesso modo in cui abbiamo la fama di
probità fra gli uomini; lo siamo
quando presentiamo una obbedienza perfetta alla Legge. L’opposto della giustizia, infatti, è la trasgressione della Legge, quand’anche fosse
su di un punto solo, e sul minimo.
Qra, poiché questa giustizia non
l’abbiamo da noi stessi, Dio ce la dà
gratuitamente.
La promessa creduta
Ma i giudei attaccano qui Paolo
dicendo che ha abusato delle parole
di Mosé, forzandole indebitamente
a proprio vantaggio. Mosè, dicono,
non parla affatto di Cristo, né della
vita eterna, ma soltanto di una promessa terrena. I papisti non sono
da meno, perché, anche se non osano diffamare Paolo, rovesciano però
ciò che vuol dire. Rispondo che l’apostolo Paolo considera ben fermo
ciò che anche per i cristiani è un’affermazione indubitabile: cioè che
tutte le promesse che Dio ha fatto
ad Abramo sono state per cosi dire
la conseguenza di questa prima prò
messa: « Io sono il tuo Dio, la tui.
ricompensa sarà grandissima » (Gen
15: 1), « e tutte le nazioni saranno
benedette nella tua progenie » (Gen
12: 3). Perciò quando Abramo ascoi
tò dalla bocca di Dio: « La tua progt
nie sarà come la rena del mare etc.
(Gen. 22: 17-18), non si fermò affai
to a questa parola, ma la riferì piui
tosto alla grazia dell’adozione e f
considerò inclusa in essa, come 1 ■
parte nel tutto. Anzi, qualsiasi pr<
messa gli fosse fatta, non la ricevt
va se non come una testimonianz
della grazia patema di Dio, affincl
fosse per lui un aiuto nell’aiferrai
la certezza della salvezza. I figli (
Dio differiscono infatti dagli incr
duli in questo: anche gli incredu
godono dei benefici di Dio quanto s
altri, ma se ne ingozzano come besl.^
bmte e non guardano più in alto; i
credenti invece, sapendo che tutti
benefici di Dio sono santificati dall
sue promesse, in ciascuno di essi r conoscono Dio come loro Padre, Li
tal modo accade che essi sono .‘^en
pre condotti alla speranza della vi' i
eterna, poiché cominciano dal fondamento, cioè dalla fede e dalla certezza della loro adozione. Abram )
non è stato dunque giustificato per
avere semplicemente creduto a Dio
riguardo al moltiplicarsi della sua
progenie, ma perché ha abbraccialo
la grazia di Dio, appoggiandosi al
Mediatore promesso, nel quale tutte le promesse di Dio sono Sì e Amen, cioè fissate e ratificate, come
Paolo stesso insegna altrove (2 Corinzi 1: 20).
Giovanni Calvino
Può essere utile riportare una pagina
del paragrafo « Sola fide » da La giustificazione per fede (p. 179 s.) di V. Subilia:
« L’espressione "per fede” non va intesa
come se la fede fosse un’opera in base
alla quale Dio concederebbe la giustificazione, un’opera che si differenzierebbe
dalle opere visibili sul piano etico o rituale soltanto per il suo carattere spirituale e interiore, ma pur sempre opera
con cui l’uomo può farsi valere davanti
a Dio. La fede non è un valore deH’iiomo, non è la causa per cui ruomo è giustificato. La giustificazione è per fede,
perché la giustizia con cui Dio giustifica
l’uomo non è visibile, non è constatabile;
è ’nascosta’ e non manifesta finché dura
l’età presente. Quindi può solo essere creduta. La fede non viene dall’uomo. (...)
Le celebrazioni paradossali e talvolta perfino cariche di una cosciente esagerazione retorica che '.utero spesso fa della
fede, al punto di giungere a dire che essa
è una realtà onnipotente, è la creatrice
della divinità in noi e che senza di essa
Dio perde la sua maestà e la sua gloria,
la sua sapienza, la sua giustizia, la sua
verità, la sua misericordia, devono essere intese come espressioni esaltative della virtù di Dio che crea nell’uomo la capacità di ascoltare la sua parola e di riconoscere la sua giustizia. La fede infatti
è un dono di Dio... ».
5
31 ottobre 1986
obiettivo aperto 5
IL SEMINARIO DEL COELI SVOLTOSI AD AGAPE IN SETTEMBRE
Una teologia della liberazione per l'Europa?
Dalle lotte in America Latina al confronto con il « Primo Mondo » - Il rapporto tra riflessione delle comunità
ed elaborazione sistematica - La vita come bene indivisibile e concreto - Una critica da « Concilium »
Il COELI (Centre Oecuménique de Liaisons Internationales), con sede in Bruxelles, non
è torse molto noto in Italia: è
quindi interessante che abbia
deciso di organizzare ad Agape
un suo seminario sul tema: Esiste una vita prima della morte?,
lille possibilità di xmo sviluppo
• li teologie della liberazione neli Europa Occidentale.
Il seminario ha coinvolto una
sessantina di persone, provenieni' dalle isole britanniche, dal
Belgio e dalla Francia, dall’Ita'i:>, dalla Scandinavia, dalla Germania Occidentale e dalla Spagna; fuori dall'Europa occidentale, alcune presenze significative: un economista attento alla
reologia, che lavora in Costa Rica, un nordamericano, e, da Praga, l’amico Milan Opocenski.
Un segno del fatto che il COELI è cresciuto. Al momento della sua nascita, su iniziativa soprattutto di latino-americani profughi dal Cile di Pinochet, era
rappresentativo di ambienti cattolici di sinistra, e non aveva
profondi agganci con l’Europa.
Ora il seminario era decisamente ecumenico, ed europeo.
Alla guida del COELI si trova
attualmente un cubano, ormai in
Europa da oltre vent’anni, Adolfo Abascal-Jaen, che con la sua
diretta conoscenza del continente latino-americano da un lato e
della teologia cattolica confrontata ormai da anni con quella
protestante, ha potuto e saputo
animare una serie di contatti intemazionali ed ecumenici che
fanno del COELI un momento
di continuità per iniziative che
per loro natura potrebbero non
volersi dare stmtture troppo rigide: movimenti di liberazione,
teologi che per la loro ricerca
non tradizionale rischiano di trovarsi isolati, movimenti come
quello dei Cristiani per il Socialismo e delle comunità di base
che hanno una certa diffidenza
per gli organismi troppo organizzati.
Si è trattato di un incontro
che, organizzato autonomamente
dal COELI, ha trovato nella
struttura di Agape non solo un
punto di riferimento logistico:
i nostri temi e le nostre speranze presentano profonde analogie
con quelli con cui si confronta
questo organismo internazionale, ed i partecipanti hanno avuto modo di accorgersene concretamente.
Lotte nel mondo
e strumenti teologici
Proprio ad Adolfo Abascal ci
i'i\ olgiamo per sapere come si è
giunti a questo incontro, e come
ne è stato articolato il programma.
— Questo incontro fa seguito
ad una assemblea mondiale dei
cristiani impegnati nelle lotte di
liberazione che il COELI ha organizzato a Barcellona nel 1984:
in quell’occasione venne dai rappresentanti del terzo mondo la
richiesta di un incontro con i
compagni europei ad un livello
maggiormente teologico. Abbiamo convenuto che sarebbe stato
importante, perché anche l’Europa, in un certo senso, vive lo
sfruttamento operato da alcune
classi sulle altre. Naturalmente
in Europa tutto è più complesso,
in quanto la realtà europea è molto più secolarizzata di quella dell'America Latina, dove è immediato parlare di ’popolo oppresso e credente’. Nell’aprile 1985
poteva già riunirsi il comitato
organizzatore, che ha preparato
il seminario, articolato in tre
momenti. Il primo è una specie
di bilancio di alcune lotte che
vengono condotte in questi anni: si tratta in particolare di verificare se esse possono essere
ricondotte alla teologia della liberazione.
Queste lotte sono state identificate in quelle operaie prima di
tutto, ma anche nella lotta delle donne, nei movimenti pacifisti e antirazzisti. Ma questo seminario è stato concepito come
primo passo in un ampio quadro di elaborazione teologica; e
infatti la seconda parte dei nostri lavori è consistita nel fare
una specie di inventario su quali possano essere gli strumenti
e le forze disponibili in questi
terreni di lotta, i riferimenti da
tenere presente: essi sono di varia natura, da un certo tipo di
esegesi biblica, allo studio degli
intrecci con l’economia, all’esempio delle opere di alcuni studiosi che in precedenza hanno avuto un posto rilevante in questo
campo, come il latino-americano
Jon Sobrino, senza dimenticare
che anche un teologo come Moltmann ha molto influenzato questi lavori; un altro punto di vista, presentatoci qui da Milan
Qpocenski è stato quello del teologo cecoslovacco Joseph Hromadka, che ha dovuto confrontarsi con uno stato di tipo socialista.
Una terza parte, indispensabile, nel nostro lavoro, è la ricerca di prospettive future per
pianificare dei gruppi di lavoro
permanenti a livello europeo.
Una ricerca che si
svolge su due binari
Una teologia che nasca dal
concreto dell’esperienp di chi
lotta sembra essere il modello
di riferimento per quanti si sono incontrati ad Agape. Naturalmente un’esperienza di questo
tipo non è una novità assoluta.
Ci dice un altro partecipante al
seminario, Robert van der Gucht,
che lavora presso il dipartimento di sociologia dell’università
di Lovanio in Belgio: « In America Latina il nucleo di elaborazione della teologia della liberazione è rappresentato dalle comunità di base: gruppi di cristiani impegnati, mentre in Eu
ropa troppo spesso la teologia
è legata alle riflessioni personali di alcuni prestigiosi studiosi.
Allora anche in Europa occorre
guardare dove vi siano dei cristiani impegnati in lotte che abbiano una valenza di liberazione. E gli esempi non mancano:
il caso di Torino, raccontato da
Giulio Girardi in Uomini di frontiera, è il più illuminante, con
tutte le esperienze dei preti-operai, delle AGLI, della Gioventù
Italiana Operaia Cristiana, e con
i valdesi naturalmente. In tutti
questi anni, oltre all’ambiente
operaio, anche altre realtà di
movimenti d’opinione e di massa
hanno dimostrato di poter essere
luogo di elaborazione di una teologia che parte dalla base.
Non bisogna dimenticare però che la parola « teologia »
contiene in sé la radice “lògos”, e deve perciò comprendere anche la riflessione, il discorso strutturato; infatti anche
in America Latina esiste un lavoro vero e proprio dei teologi:
loro compito è di recepire le intuizioni di chi fa parte della base, sistematizzarle e infine riportarle alla base stessa. E d’altra parte anche gli strumenti
concettuali e di analisi che abbiamo qui preso in considerazione (dall’esegesi all’analisi economica) devono essere riportati ai soggetti di base delle lotte
e dell’elaborazione teologica ».
Una teologia
della vita
Con Franz Hinkelammert, economista tedesco che lavora alla
università di San José in Costa
Rica, dopo essere stato, fra l’altro, in Cile all’epoca del golpe
militare, ritorniamo sulle possibilità che ha l’Europa di offrire
spazi ad una teologia della liberazione.
— L’Europa ha sempre visto
la presenza di lavoratori o costretti ad eccessivo lavoro, o sottoccupati, o disoccupati, ma ora
c’è qualcosa di nuovo: si sta preparando, da circa vent’anni a
questa parte, una mutazione fondamentale nei paesi occidentali: la società europea si va trasformando in una società multirazziale, e non soltanto multiclassista; e così viene ad instaurarsi anche un nuovo rapporto
con il terzo mondo, perché esso
stesso ’arriva’ qua: si tratta di
minoranze che vivono in condizioni estremamente precarie.
Perciò è ora possibile vedere il
terzo mondo con altri occhi rispetto a quanto avveniva venti
anni fa, ormai i problemi del terzo mondo si ripercuotono immediatamente sulla popolazione europea.
— Un documento che è stato
presentato in questo seminario
fa un riferimento all’« alleanza
tra Dio e l’uomo » come concetto cardine su cui basare una
teologia di questo tipo...
— E’ centrale, nella teologia
della liberazione, il fatto di porsi come una ’teologia della vita’; ciò che un tempo era la ontologia, è qui la teologia della
vita. Dio è un Dio della vita:
ma a questo punto bisogna verificare che cosa si intenda per
vita. La vita è qualcosa che, necessariamente e inevitabilmente,
parte dall’elemento corporale,
tiene le sue radici nel concreto.
Per conseguenza qualunque situazione in cui la vita corporale
sia denigrata costituisce un’offesa contro Dio. Tutti gli uomini
devono vedersi garantito il diritto di veder soddisfatte le proprie necessità, includendo qua
anche le necessità materiali, la
parte corporale di ciascuno di
noi. Perciò è un’esigenza universale quella di assicurare la vita
di tutti, ed è un discorso che non
riguarda solamente l’uomo, si
tratta, al tempo stesso, di un’esigenza che è di Dio.
La relazione tra Dio e l’uomo
è una relazione in cui Egli esige
di poter garantire la vita di tutti, e la vita in senso concreto.
E’ impossibile sostituire la vita
corporale con la vita dell’anima:
lo dice chi vuole distruggere il
corpo per salvare l’anima, lo dice tutta una ’teologia della morte’ che si pone come fine di sacrificare la vita corporale. Dove
c’è gente che muore non si può
pensare alla libertà dell’antma,
ma la libertà deve svilupparsi
come ’soddisfazione della vita
concreta di tutti’, diversamente
non si può parlare di libertà.
DALLA RIVISTA CONCILIUM
Non è possibile
trasferire la teologia
della liberazione
nel "Primo Mondo
II
Negli stessi giorni in cui si
svolgeva il seminario del COELI
ad Agape, veniva redatto il numero di settembre-ottobre di
Concilium, rivista intemazionale
di teologia che si pubblica in
sette lingue; oggetto del numero monografico è « Opzione per
i poveri: sfida ai ricchi », e tra
i vari autorevolissimi interventi
spicca quello del teologo cattolico tedesco Norbert Greinacher,
dal titolo: « Teologia della liberazione nel Primo Mondo? ».
Il punto interrogativo non è
casuale: essendogli stato richiesto un articolo senza il beneficio del dubbio, Greinacher (*) non
ha ritenuto possibile questo modo di porre il problema, ed ha
imposto la nuova formulazione.
Sono infatti molti e consistenti
i dubbi che egli avanza sulla
possibilità di sviluppo della teologia della liberazione in Europa, o comunque nei paesi « ricchi ».
« La teologia della liberazione
— scrive Greinacher — è nata
in America Latina, in un contesto sociale ed economico ben determinato, che era ed è caratterizzato soprattutto dall’oppressione e dallo sfruttamento (...).
Ma mi sembra inadeguato, anzi
presuntuoso, voler semplicemente trasporre tale teologia, intrisa di dolore, al ’Primo Mondo’.
Inadeguato perché (...) viviamo
in un altro contesto sociale ed
economico, mentre proprio la
teologia della liberazione parte
giustamente dal presupposto della necessità di una teologia contestuale; presuntuoso perché noi
teologi e cristiani del ’Primo
Mondo’ di norma viviamo in
una posizione privilegiata ».
Ma ci sono ragioni più profonde, che il discorso di Greinacher affronta e sintetizza; « La
teologia del Nord ricco non può
— non è lécito — ritornare in
dietro, al di là della storia contemporanea della libertà, e dell’illuminismo (...), a meno che
essa stessa abbandoni il discorso pubblico e scientifico. Né può
ovviamente tornare indietro, al
di là della dialettica deU’illuminismo, a meno che rinunci alla
pretesa di essere una teologia
contestuale ».
La conclusione di questo discorso, premessa ad un'analisi
più particolareggiata dei possibili settori d’intervento, è di ampia portata; « Noi, soprattutto
nella chiesa cattolica, dobbiamo
ancora imparare che non c’è, né
ci può essere, una teologia unica, universale, riconosciuta ovunque, ma che abbiamo a che fare (...) con una molteplicità di
teologie. (...) Tanto più oggi ci
deve essere molteplicità di teologie contestuali, che esprimano
il fatto che su Dio non si può
mai riflettere in modo adeguato
(...) ma che la teologia resta sempre un tentativo di avvicinamento, necessariamente caratterizzato dalla situazione storica
e sociale del momento, anche se
questa molteplicità è sempre riferita al medesimo mistero assoluto che chiamiamo Dio».
E ancora: « ...mi dichiaro decisamente dell’idea che i teologi del ’Primo Mondo’ devono realizzare una teologia politica profetica, che prenda assolutamente sul serio le provocazioni della teologia della liberazione, e
che rifletta su Dio e sul 'Primo
Mondo’ sotto i segni della opzione preferenziale per i poveri ».
(*) Nato a Friburgo nel 1931 e
professore di teologia pratica
presso la facoltà di teologia cattolica dell’Università di Tubinga.
a cura di Sergio Ribet
e Alberto Corsani
6
6 vita delle chiese
31 ottobre 1986
SIENA: IL RESTAURO DEL LOCALE DI CULTO VALDESE
Il tempio e la città
La collaborazione tra una piccola comunità e le forze economiche e
istituzionali cittadine - Per l’inaugurazione atteso il Moderatore
CENTRO CULTURALE A VERONA
Per disturbare
la quiete cittadina
Lo spettacolo che dà di sé il
tempio valdese di Siena è lo
stesso da alcuni anni: tutto transennato, coperto da teli protettivi, il tetto pericolante le cui
profonde crepe lasciano intravedere qua e là im soffitto a cassettoni, il lento sbriciolarsi delle colonne di pietra serena della facciata. Il pregevole edificio
neoclassico eretto nel secolo
scorso per volere e a spese del
dottor Comandi era ridotto ormai in condizioni penose, quando fra i membri di chiesa e nell’insieme della cittadinanza ha
cominciato a svilupparsi la consapevolezza che interventi di restauro erano indispensabili e urgenti.
Per fortuna, Siena è una città
che ama le « sue » cose. E così gli sforzi economici — pur
gravosi — della piccola chiesa
valdese sono stati sostenuti dall’intervento della Sovrintendenza ai Beni Culturali, del Comune, del Monte dei Paschi di Sie
na. Anche la chiesa evangelica
di Wetzlar (Repubblica Federale di Germania) da tempo gemellata con i valdesi di Siena,
ha dato il suo generoso contributo.
Non si deve pensare, però,
che tutto questo convergere di
sforzi sia destinato all’esclusivo
vantaggio disila comunità valdese: il restauro del tempio, infatti, non giova solo al decoro cittadino (viale Curtatone,
dove sorge la costruzione, è una
delle strade più centrali e frequentate di Siena); oltre a
questo, « la nostra idea è di mettere il tempio a disposizione della città per incontri, dibattiti,
concerti, sicuri che l'ubicazione
centralissima sarebbe ideale per
questo scopo. Intendiamo ringraziare la città per l’aiuto che
ci ha dato e allacciare rapporti
sempre più stretti con tutti i
cittadini »: così si è espresso,
risjKJndendo alla domanda del
cronista del quotidiano cittadi
AL CENTRO GANGALE DI CATANZARO
La Storia degli
ebrei calabresi
Il Centro Studi « Giuseppe
Gangale » di Catanzaro organizza,
per i giorni 4 e 5 novembre, un
convegno sul tema « Per una storia degli Ebrei in Calabria ». All'incontro parteciperanno, fra gli
altri. Elio Toaff, Francesco Milito, Luigi Falcone, Cesare Mulè e
altri nomi della cultura italiana.
Ma perché tanto interesse per
un tema così insolito?
L’immagine della Calabria offerta per molti anni agli altri, ai
« non calabresi » non è in fondo
quella di ima regione povera,
marginale, sottosviluppata e, nello stesso tempo, monolitica, singolarmente omogenea dal punto
di vista etnico e culturale?
Il calabrese, si è detto spesso,
in ciò favorito dalla asprezza della conformazione del terreno,
dàlia mancanza di comunicazioni tra le sparse comunità e finanche dalla povertà che non attirava l’interesse degli stranieri, ha
mantenuto nel corso dei secoli
una sorta di carattere originale,
una sua peculiarità.
Nulla di più falso; la Calabria)
terra di passaggio, ma anche
anello di congiunzione tra Oriente ed Occidente, tra popoli e civiltà contrapposte, ha conosciuto da molti secoli l’influenza delle culture più disparate. Esse
hanno contribuito a formarla ed
a trasformarla in terra duttile,
varia, complessa, culturalmente
interessantissima.
Di questa varietà culturale,
etnica e religiosa rimangono tracce evidenti: le isole linguistiche
albanesi, quelle Decitane e quelle
grecaniche, e poi influenze lessicali numerosissime nel dialetto
calabrese stesso. Per non parlare
poi della toponomastica e del patrimonio architettonico e monumentale, di certo rituale quotidiano del calabrese delle campagne e dei piccoli centri urbani.
Se di Albanesi, Grecanici e Occitani si può ancora disputare con
riscontri concreti perché ne rimangono in Calabria alcune migliaia con precise peculiarità, è,
invece, più difficile, per mancan
no « Il Corriere di Siena », il pastore Emidio Campi.
Così, dopo tanti anni di abbandono, son queste delle settimane di febbrile attesa per le
circa trentacinque persone che
compongono la comunità valdese.
I lavori, infatti, nonostante alcune difficoltà impreviste incontrate lungo il cammino — le
travi del tetto si sono rivélate
molto deteriorate, costringendo
a spese suppleméntari: ma si
spèra in uri ulteriore aiuto dèi
Monte dei Paschi — volgono ormai al termine. E l’inaugurazione del locale di culto restaurato, prevista per Natale o, al più
tardi, per l’inizio del prossimo
anno, sarà solenne: è stato infatti invitato per l’occasione il
Moderatore Giampiccoli.
P. F.
« No al Dio tappabuchi - Centro culturale valdese intitolato
a Bonhoeffer »; « Nato il Centro
valdese: ora vuole confrontarsi »; « Nuovo Centro culturale
della comunità valdese ». Sono
alcuni titoli della stampa veronese a proposito dell’inaugurazione del Centro culturale « Dietrich Bonhoeffer », avvenuta il 9
ottobre scorso per iniziativa della comunità valdese di Verona.
Ma qual è il senso di una simile impresa per una piccola chiesa immersa in una realtà tenacemente cattolica? « Siamo partiti da una riflessione; — risponde il pastore di Verona, Giuliana
Gandolfo — la chiesa valdese ha
vissuto troppi anni di ghetto imposto. C’è il bisogno di comunicare e di uscire, di "aprire” la
cultura. Se non è la minoranza
che parla di sé, chi parlerà della
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Confermato
il pastore Bellion
za di testimoni e testimonianze
evidenti, ricostruire la storia dell’influenza sulla formazione sociale di altri gruppi e di altre
culture, che pure deve essere stata grande nel corso dei secoli.
E’ il caso degli Ebrei. Stanziate
da tempo immemorabile in Calabria, le comunità ebree ebbero a
diventare ancora più numerose
dopo il 1200 e fino al 1500. Gli
Ebrei, pur nella loro diversità
culturale e, religiosa, si inserirono profondamente nel tessuto
della società calabrese e nella
economia del tempo.
Fondarono fondachi, costruirono industrie, potenziarono il commercio, svilupparono il settore
della medicalità, contribuirono,
insomma, per un certo periodo
in maniera determinante, a veicolare l’iimmagine di una Calabria operosa e industriale per
tutto il resto deW’Europa. E non
si parla qui poi di una minoranza demogr2ificamente trascurabile, se è attendibile quanto scrive
uno studioso locale estremamente minuzioso, Oreste Dito, che
parla di 50.(K)0 individui, con la
conseguenza, dunque, che, alla
fine del ’400, un calabrese su dieci o dodici era di cultura e religione ebrea.
Quanto scrive il Dito non deve
essere lontano dalla realtà, se in
un documento del 1509, « riscoperto » da Cesare Colafemmina,
l’Università di Montalto, uno dei
tanti paesi della regione, risultava composta da 710 fuochi di cui
440 Latini, 102 Giudei convertiti
e 168 Valdesi. Quanto poco omogenea era la Calabria del ’500!
Da qui la necessità di un convegno che, se non andiamo errati, rimane il primo suH’argomento. « Per una storia degli Ebrei
in Calabria » è la classica pietra
gettata nello stagno, e — senza
alcuna pretesa di esaustività —
contribuirà a restituirci il clima
di una epoca così ricca di fermenti culturali e sociali per la
nostra regione.
Corrado tannino
LUSERNA san GIOVANNI
— L’Assemblea di Chiesa, riunitasi domenica mattina sotto la
presidenza della sig.na Marchetti quale delegata della Commissione Distrettuale, ha confermato il pastore Bruno Bellion per
il secondo settennio del suo ministero nella nostra comunità.
Mentre ci rallegriamo per questa affermazione, chiediamo al
Signore di benedire il lavoro
spirituale che il pastore Bellion
continuerà a svolgere in mezzo
a noi.
Un ringraziamento al pastore
Giorgio Tourn che ha presieduto il culto con un convincente
ed apprezzato messaggio di fede.
Culti in Convitto
VILLAR PEROSA — Da domenica 2 novembre i culti avranno luogo presso il Convitto.
• Rallegramenti a Daniele e
Patrizia Serre per la nascita di
Sabrina.
Riunioni quartierali
FERRERÒ ■ MANIGLIA —
Il calendario delle riunioni di
novembre prevede questi incontri: a Grangette mercoledi 5 alle 15.30'; al Bessé mercoledì 12
alle 19.30 ; alla Baissa giovedì 13
alle 19.30; a Pomeifré giovedì
20 alle 15.30; a Forengo mercoledì 26 alle 19.30 e a Ferrerò giovedì 27 alle 20.30. La prima seduta deirUnione Femminile si
terrà martedì 11 novembre alle
14.30.
MASSELLO — La comunità
s’incontra domenica 2 novembre per un’agape dopo il culto;
per prenotare rivolgersi al pastore o a Erminia Tron.
Il 19 novembre si terrà la prima riunione quartierale.
Bazar d’autunno
ANGROGNA — Domenica 2
novembre, alle 10.30, avremo il
culto d’inizio delle attività con
la consegna della Bibbia ai catecumeni del primo anno. Alle
ore 9 si apre, alla Sala, il Bazar
d’Autunno che si protrarrà sino alle 15.30 quando estrarremo
i premi della lotteria a favore
dei nuovi lavori realizzati jier
la nostra Sala.
In piena attività
PINEROLO — ’Tutte le attività ecclesiastiche sono riprese nel
mese di ottobre.
Domenica 12 i bambini della
scuola domenicale hanno partecipato al culto; l’incontro è proseguito poi fino a sera con un
incontro fraterno di grandi e
piccoli.
Lunedì 13 è iniziato lo studio
biblico su Amos nei locali della chiesa.
Mercoledì 15 una settantina
di fratelli ha partecipato alla cena con i professori e gli studenti di teologia ed una rappresentanza della Comunità di base.
Domenica 19 poi, fatto inconsueto, i partecipanti all’assemblea di chiesa sulla Facoltà di
teologia non sono usciti alla
spicciolata, ma sono rimasti tutti fino alla fine. Forse bloccati
dalla presenza del fotografo?
• Altre due sorelle ci hanno lasciati in questo mese: Tersilia
Barroelli, a poco più dì due mesi dalla morte del marito, e Nelly Veraldo Pogliani, la cui mancanza si farà sentire al culto,
cui era sempre presente, ma soprattutto alTUnione femminile
che considerava come la sua seconda famiglia.
PADOVA — Mercoledì 5 novembre,
presso la chiesa metodista, Corso Milano 6, alle ore 21, per il gruppo ecumenico, la Dott.ssa Teresa Salzano
parlerà sul tema: « Apocalittica giudaica ».
PADOVA — Lunedì 10 novembre
presso il Centro Marco Salizzato in
via S. Francesco 116, il Past. Piero
Sensi parlerà su « Karl Barth e le sue
battaglie ». Il dibattito sarà presieduto
da Mons, Luigi Sartori.
minoranza? Viviamo ancora in
un clima di diffidenza verso il
protestante, che nella maggior
parte dei oasi deriva dalla scarsa
informazione sulla nostra storia
e la nostra cultura. Però vorrei
precisare che l’idea del Centro
culturale non è strumentale, a fini di propaganda. Vorremmo non
cadere mai in questa tentazione;
ci interessa invece disturbare il
lato negativo del silenzio: quello
che è emarginazione da una parte e quieto vivere dall’altra ».
E non è certo un caso che, per
« disturbare il quieto vivere » cittadino, la chiesa valdese abbia
scélto il nome di un teologo "scomodo", che disturba ancor oggi
la coscienza di molti: quello di
Dietrich Bonhoeffer, legato agli
anni terribili del Terzo Reioh, un
uomo che pagò con la vita la
sua partecipazione alla Resistenza tedesca al nazismo. Le idee di
quest'uomo scomodo, peraltro,
sono poi diventate uno dei punti
di riferimento del dialogo ecumenico; e non deve stupire, perciò, che all’inaugurazione del
Centro culturale valdese sia intervenuto anche un sacerdote
cattolico. Serio De Guidi, docente di Teologia morale a Verona,
che ha tenuto una conferenza su)
tema: « Prospettive ecclesiologi
che e fermenti ecumenici » in
Bonhoeffer. Prima di lui, avevr
parlato il pastore Paolo Ricce
(«Bonhoeffer: la speranza di uinuovo cristianesimo »).
Dopo rinaugurazione, il prò
gramma di attività del Centro
prevede la continuazione della riflessione su Bonhoeffer con 1;
presentazione di alcuni suoi libi ,
e, in seguito, un incontro su
Barth, in occasione del centena
rio dèlia sua nascita, che vedrà
la partecipazione del pastore Sci
gio Rostagno, della Facoltà vai
dese di Teologia, e del prof. Pier
giorgio Grassi, deirUniversità d'
Urbino.
Nel mese di dicembre, un altro
illustre centenario sarà spunto
per la riflessione e la discussione'
quello di Paul Tillich (sono stati
invitati il pastore Renzo Berta) oi
e il dott. Stefano Mistura).
Calendario
Venerdì 31 ottobre
□ CONCERTO
'PINEROLO — Concerto della Ev.
Kantorei della Friedenskirche di Diisseldorf presso il Tempio Valdese, ore
20.30. Saranno eseguite musiche di
Schütz, Schein, Pachelbel, Scarlatti,
Mendelssohn, Verdi e Reger.
Lunedì 3 novembre
□ COORDINAMENTO
FGEI-VALLI
PINEROLO — Presso la Chiesa valdese, ore 20,45, Via dei Mille, coordinamento FGEI-Valli. AH'o.d.g.:
— Continuazione del Convegno del 12
ottobre e definizione di date ed
impegni rimasti in sospeso;
— Lavoro e prospettive dei gruppi.
Sabato 8 novembre
n ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 15 nel
locali di Via Mazzini 3 si tiene l'assemblea del movimento di Testimonianza Evangelica Valdese.
7
31 ottobre 1986
cronaca delle Valli 7
ALL’« AUTUNNO IN VAL D’ANGROGNA » CultUra
alle Valli
Incontro con Segui
Cure alternative tra erbe ed omeopatia - Una antica tradizione che
diventa moda? - « Le erbe di Gianin », quaderno redatto dai bambini
Certi fatti, al loro accadere,
possono assumere le caratteristiche dell’evento, deiravvenimento.
Essi funzionano cioè da lente
d’ingrandimento, ci fanno capire meglio cose che sapevamo esistessero, ma senza contorni precisi, Così è stato il pomeriggio
di sabato 25 ottobre ad Angrogna, quando nel tempio valde, f: I prof. Christian Segui,
professore in naturopatia a MarsiF.iia, ha parlato su; «La mède,'ivie populaire par les simplex .<>.
la conferenza era stata prevista nel corso dell’ottava edizione li « L’Autunno in vai d’Angrogna», un’iniziativa sempre impegiiata ed interessante, curata
dali : locale amministrazione comu ’-ile.
li prof. Segui ha raccontato,
citando Paracelso, l’antica origine Iella fitoterapia, arricchita
o.g;,ì dai dati della ricerca medii, : .moderna. Una scienza com,: é.n’altra dunque, da non
scambiare per qualche magia
pa:t1colare, ma da studiare e
Ui;:; -e con cautela.
n pubblico, buona parte pazienti del prof. Segui, esperti in
naturopatia. gente riconquistata
si’i’uso delle erbe, seguiva attesi
Senza entrare nel merito della
questione se è meglio la cosiddetta medicina tradizionale o
quella omeopatica, ci sembra però interessante in questa sede
fare qualche osservazione.
— In vai Penice sono davvero
molti, e da molto tempo, anche
prima che questo diventasse una
moda, seppur di minoranza, ad
orientarsi verso le cure omeopatiche. Questa branca della
medicina che in altri paesi (Germania, Canada, Cina, Olanda,
Francia...) fa parte di un normale corso di studi universitari e le cui medicine possono
essere prescritte dallo stesso medico della mutua, ha sempre suscitato molto interesse.
— Nella scelta di questo tipo
di cure si può leggere una forma di protesta verso il funzionamento dell’attuale apparato
della salute (ospedali, medici,
mutue...) spesso molto burocratico e poco curativo, in cui i medici bravi sono l’eccezione invece di essere una regola. Va detto però che i suoi costi restano
alti e non alla portata di tutti,
0 almeno comportano sacrifìci.
— Un altro modo di « riprendere » la propria salute è usare
le erbe. E” un’operazione facile
solo in apparenza. In realtà la
loro conoscenza richiede studio
e applicazione. I vecchi le san
AinSTITUTO MAGISTRALE DI PINEROLO
me interpretare
circolari ministeriali?
merito all’organizzazione
dt:ji. attività alternative all’ora
comessionale di religione, pubblicLtiamo la mozione del Collegio Docenti deiristituto Magistrale « Rayneri,» di Pinerolo,
che mette in evidenza le difficoltà dì interpretazione dei testi
ministeriali.
Il Collegio dei docenti dell’Istituto
Magistrale « G. A. Rayneri » di Pinerolo convocato in data 29 settembre 1986
.per decidere in merito aH'organizzazione delle attività alternative all’insegnamento della religione cattolica, in
ottemperanza alla C. M. n. 211 del
24 luglio 1986,
preso atto delle richieste degli alunni che non intendono avvalersi del suddetto insegnamento e ohe rappresentano 1/5 degli iscritti all'Istituto,
constata l’impossibilità tecnica ed
operativa di soddisfarle per le seguenti
ragioni:
— i docenti tenuti al completamento
d’orario non sono In grado di ottemperare agli adempimenti previsti
dalle CCMM n. 368, n. 131, n. 211
a causa degli obblighi previsti sia
dall’art, 88 del DPR 417 sia daH’art.
17 della legge 270
— l’Istituto non ha in assegnazione
personale DOA né in soprannumero
— nessun docente si è reso disponibile per l’effettuazione di ore eccedenti l’orario d’obbligo.
Il Collegio, pertanto, non è in grado
di provvedere all’organizzazione delle
attività alternative pur impegnandosi
a garantire la vigilanza degli alunni che
non si avvalgono dell’Insegnamento della religione cattolica.
Il Collegio sottolinea inoltre la difficoltà di interpretazione delle suddette circolari che si muovono in un
ambito giuridico generico e talvolta
contraddittorio, ostacolando una deliberazione organica e coerente.
Si osserva in particolare:
1) mentre la C.M. n. 368 esclude
dalle attività alternative le discipline
curriculari. la C. M. n. 131 ne suggerisce alcune;
2) qualora si volesse corrispondere alle svariate richieste degli alunni
(studio individuale, attività curriculari, attività extracurriculari), il primo
ostacolo sarebbe costituito dalla mancanza di locali e di strutture adeguate;
3) se le attività dovessero vertere su
discipline curriculari, non si eviterebbe la discriminazione tra gli alunni
« non avvalentisi » che fruirebbero di
un maggior arricchimento culturale
neH’ambito del curriculum scolastico
rispetto a quelli che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica:
4) dalle C.C.M.M. non si evince
con chiarezza se la scelta di avvalersi o di non avvalersi debba intendersi
nell’ottica della facoltatività o dell’opzionalità e pertanto se gli alunni
che hanno scelto 11 « NO » senza optare per alcuna attività alternativa
possano essere esonerati dalla presenza a scuola, quanto meno qualora
la lezione di religione si svolga durante la prima o l’ultima ora dell’orario giornaliero;
5) non risultano dalle C.C.M.M. i
criteri secondo 1 quali si possa chiedere agli insegnanti di gestire attività non definite dalle loro classi di
concorso e di improvvisarsi docenti
di discipline estranee alla loro preparazione professionale.
Con riferimento alle questioni sopra esposte, il Collegio dei docenti
dell’Istituto Rayneri ritiene che nessuna delle soluzioni suggerite presenti caratteristiche di attuabilità e garantisca la reale assenza di discriminazione di cui all'art. 9 del Concordato fra la Repubblica Italiana e la
Santa Sede, e all’art. 9 dell’Intesa fra
la Repubblica Italiana e la Tavola Valdese.
Invita pertanto gli organi competenti a provvedere ad un’applicazione
delle norme concordatarie in modo
non discriminante e tale da non pregiudicare il normale svolgimento dell’attività curriculare che resta compito primario della scuola di Stato.
Approvato aU'unanimità.
Pinerolo, 29 settembre 1986
no ancora riconoscere perché
ciò faceva parte delle loro conoscenze sulla vita in generale, conoscenze che assimilavano col
latte fin da bambini. Riconoscere le erbe e sfruttarne le diverse qualità era una capacità
di tutti. Certo, poteva esserci il
più bravo o il meno bravo, come chi faceva il falegname poteva essere più preciso o meno, però erano informazioni che
appartenevano ad un sapere collettivo, non di un’élite. Oggi anche chi si avvicina alla fitoterapia deve rivolgersi ad un « esperto », aH’erborista, cambiando solo il personaggio da cui dipendere con forse l’illusione che
« le piante » ridiano quella natura e quella «purezza.» oggi
gravemente compromesse.
Ili questo contesto ci sembra
particolarmente importante l’idea del Centro di Documentazione di Angrogna di pubblicare
la ricerca dei bambini della
scuola elementare del Capoluogo : « Le erbe di Gianin ».
Gianin, classe 1910, storia di
fatiche — emigrazione e guerra
— è Giovanni Giordan. Con pazienza ha raccontato il suo sapere da erborista agli scolari.
Questi, col loro maestro Jean
Louis Sappé, hanno fotografato
le erbe, cercato le loro virtù terapeutiche e ricostruito un giardino botanico nel paese.
(Qualcuno potrebbe dire che è
una piccola cosa. E’ vero. Però
dalle piccole cose spesso possiamo trarre indicazioni per le
grandi. In questo lavoro si sono
uniti : la memoria degli anziani,
l’attenzione delle nuove generazioni, l’apertura della scuola al
territorio e, infine, un servizio
agli altri abitanti e anche ai visitatori di fuori. Un modo per
non lasciare le erbe, vecchio patrimonio di cultura contadina, a
pochi nuovi esperti.
Bruna Peyrot
Che cos’è la cultura valdese?
O meglio, cosa significa oggi essere valdese? In dicembre dovrebbe andare in onda per Rai 3
il programma (in tre puntate,
per una complessiva ora e mezza) del regista Peiles sul mondo valdese. Sarà interessate vedere come gli altri, cioè gente
lontana da noi culturalmente e
spiritualmente, ci vede e ci interpreta. Ci sarà molto da discutere, così come non poco si erano
discussi il linguaggio e i contenuti, nel 1980, del film sui Vaidesi di Junghrathmayr apparso
in alcune televisioni europee
(salvo quella italiana) dal titolo
suggestivo ; « Quand’anche re
stassimo in tre o quattro...».
Di cultura valdese si è anche
parlato nel corso del frequentato incontro dei Concistori delle Valli tenutosi a Pomaretto domenica 26. Il tema,
nei suoi vari intrecci storici e
di attualità, è stato presentato
da Giorgio Tourn, da Bruna
Peyrot della Società di Studi
Valdesi e da Roberto Giacone,
che ha soprattutto illustrato il
ruolo e le prospettive del Collegio valdese di Torre Pellìce.
Tra le cose importanti che sono emerse, anche nel corso del
dibattito che è seguito, segnaliamo: la questione dell’identità protestante oggi ; l’aspetto
dell’internazionalità della cultura valdese; la necessità di rapportarsi ai nuovi fronti della
cultura tecnologica post-industriale e i problemi connessi ad
una migliore organizzazione di
tutte le varie iniziative culturali
che nascono nell’ambito delle
nostre chiese o accanto ad esse.
Contiamo di tornare sul tema
della cultura alle Valli (un dato
che preoccupa alcuni è il progressivo disamore per la lettura
biblica e per la cultura in generale) cercando, attraverso una
serie di interventi, di ’fotografare’ l’attualità culturale dell’antico mondo protestante.
Intanto chi ha da dire qualcosa, si faccia sentire.
G. P.
INTERESSANTE RICERCA
La storia di Bricherasio
n titolo più esatto di questo libro potrebbe essere: « Bricherasio e le sue Chiese dalle origini
ad oggi ». Infatti, su 306 pagine
di testo, oltre 1/3 è dedicato alle varie chiese e loro sacerdoti,
e da questo punto di vista si tratta di una documentazione storica interessante. D’altra parte, il
libro è pubblicato « Nel 150” anniversario della Chiesa Parrocchiale della Frazione San Michele, essendo Parroco Don Pietro
Luigi Bolla », ed è logico perciò
ohe venga privilegiata la parte
religiosa.
Per quanto riguarda la parte
storica, essa è scritta in forma divulgativa, senza citare in nota le
fonti archivistiche o a stampa
da cui le informazioni sono state
tratte (solo in fondo al volume
vengono indicate le opere e gli
archivi consultati) e perciò, dal
punto di vista storiografico e
scientifico, rimane sempre fondamentale l’ottima e preziosa « Storia di Bricherasio » di Luigi Cesare Bollea, pubblicata nel 1928.
Di originale, rispetto a'I Bollea,
troviamo il capitolo IX: « Bricherasio com’era e com’è », che tratta gli avvenimenti posteriori alla
prima guerra mondiale: il periodo del fascismo, della Resistenza, fino ai giorni nostri.
Ricco di documentazione fotografica, cartine topografiche, disegni, in buona parte inediti, il
volume costituisce un’opera da
consultare per chi s’interessa della storia della nostra Valle e dei
suoi Comuni.
Osvaldo Co’isson
RINGRAZIAMENTO
«Benedici, anima mia, VEternoi)
(Salmo 103)
Nel suo 82“ anno è mancata all’affetto dei suoi cari
Lena Rostan nata Vidossich
Lo annunciano il marito Max; i figli
Mit e Gianni con Michele, Martino e
Monica; Carla e Paolo con Stefano,
Andrea, Laura, Elena e Alessandra;
Anna e Franco Sohellenbaum con Paola, Luisa, Cristina e Marco.
Un grazie particolare al sig. Livio
Gobello, alla sig.ra Mariuccia Barblani,
aUa sig.ra Bianca Peyrot e al personale
tutto dell’Asilo Valdese di Lusema S.
Giovanni per raifettuosa assistenza.
Luserna S. Giovanni, 22 ottobre 1986
RINGRAZIAMENTO
« Gesù disse: io vivo e voi vi
vrete »
I familiari di
(Giov. 14: 19)
Giulia Martinat ved. Long
commossi e riconoscenti ringraziano
tutti coloro che in qualsiasi modo hanno dimostrato la loro simpatia e il loro
affetto. Un grazie particolare al past.
Paolo Ribet, al medico curante dott.
Broue e al personale medico e infermieristico dell’Ospedale Valdese di Pomaretto.
S. Germano Chisone^ 20 ottobre 1986
RINGRAZIAMENTO
« E fattosi sera Gesù disse:
passiamo aWaltra riva »
(Marco 4: 35)
I familiari di
Umberto Pascal
ringraziano il dott. Ghirairdi, i dottori
e il personale dell’Ospedale di Torre
Pellice e tutti coloro che con scritti e
parole dì conforto hanno preso parte al
loro dolore,
Viliar Pellice, 20 ottobre 1986
AVVISI ECONOMICI
IN TORRE PELLICE, Piazza Guardia
Piemontese, vendesi un negozio e alloggi nuovi grandi, medi, piccoli. Ri
scaldamento autonomo. Mutuo. Di
lazioni. Tel. 011/9399339, ore pasti
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi
destinazione, preventivi a richiesta
Sala Giulio, via Belfiore 83 - Nichelino, tei. (011) 62 70 463.
Pietro Bolla - Gianfranco PelliCE : Bricherasio dalle origini ad oggi.
Grafica Stiigraf, Lusema S. Giovanr
ni, settembre 1986.
Iniziative
contro l’apartheid
PINEROLO — E’ confermato
l’incontro del 30 ottobre sulla
questione della lotta contro l’apartheid. Dobbiamo però rettificare la sede: non i locali di
Via Clemente Lequio, come era
stato scritto nel numero scorso,
ma quelli di San Lazzaro, in Via
de’ Rochis. Invariato rimane l’orario: dalle 18 fin verso le 22.30,
con un intervallo tra le 20 e le
20.45. La prima parte sarà dedicata ad un’informazione sull’impegno delle chiese sudafricane
nella lotta all’apartheid, e la seconda avrà un taglio più storicopolitico. L’intenzione dei promotori di questo incontro (partiti,
chiese, organizzazioni sindacali
e culturali) è quella di dar vita,
se possibile, ad un comitato che
prosegua localmente la sensibilizzazione sul problema ed individui obiettivi specifici sui quali
si può intervenire.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia Farmaceutica :
SABATO r NOVEMBRE 1986
Pinasca: FARMACIA BERTORELLO Via Nazionale, 29 - Tel. 51017.
DOMENICA 2 NOVEMBRE 1986
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGUANl - Piazza Marconi 6 Telef. 81261.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa; Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza ;
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLiCE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
SABATO 1° NOVEMBRE 1986
DOMENICA 2 NOVEMBRE 1986
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
8
8 uomo e società
31 ottobre 1986
TESTIMONI DI GEOVA IN ITALIA
Ritorna l’intolleranza religiosa?
In provincia di Treviso, il sindaco vieta la costruzione di una ’’Sala del Regno” - Nella ’’lista nera” del cattolicesimo oltranzista anche avventisti, mormoni. Esercito della Salvezza
Sono la confessione religiosa
più numerosa in Italia, dopo
quella cattolica. I Testimoni di
Geova (125 mila) hanno ricevuto
recentemente il riconoscimento
della personalità giuridica ed
hanno visto approvare il loro statuto da parte del Governo italia. pp. Eppure trovano ancora molte
ctifficoltà per svolgere la loro
azione. L’ultimo episodio è accaduto a Canizzano (Treviso) dove
i Testimoni di Geova si sono visti fermare con un’ordinanza del
sindaco i lavori di costruzione
della loro « sala del Regno ».
Nonostante che dal 1978 i Testimoni di Geova costruiscano in
tutta Italia le loro « sale » con
regolari concessioni edilizie, che
fanno menzione della particolare
destinazione ad edificio di culto,
questo non è possibile a Canizzano, mentre è stato possibile a Milano, Leinì (Torino), Roma, Imola, Ctuneri (Novara).
Ma andiamo con ordine. « Nell’aprile del 1984 — mi dice Alberto Bertone, responsabile dell’ufficio stampa della Congregazione
cristiana dei Testimoni di Geova
— abbiamo acquistato a Canizzano un pezzo di terreno di 9.700
mq. per la costruzione di un luogo di culto: 3.500 mq. di quell’area
erano stati destinati dal piano
regolatore del paese a chiesa e il
rimanente a servizi pubblici. Nel
novembre ’84 l’amministrazione
comunale dà un primo benestare
ufficioso al progetto, che nel frattempo era stato presentato. Il 14
febbraio ’86 il comune richiede il
computo metrico estimativo delle opere da realizzare. L’8 marzo
i Testimoni di Geova ricevono
una lettera del sindaco che esprimeva il parere favorevole alla costruzione. Il 7 agosto iniziano i
lavori. Il 12 agosto il sindaco di
Canizzano ordina l’arresto dei
lavori per tre ragioni principali:
a) sono da intendersi edifici di
culto solo quelli della Chiesa cattolica, « nettamente prevalenti in
loco»; b) l’edificio dei Testimoni
di Geova « verrebbe ad alterare il
plurisecolare tessuto della comunità residente »; c) la Congregazione non sarebbe competente a
costruire perché priva di riconoscimento quale ente di culto ».
Se aU’inizio le cose sembravano andare per il giusto verso,
cos’è successo per spiegare il voltafaccia delTamministrazione comunale? Una raccolta di firme
contro la costruzione promossa
dalla parrocchia locale ed una
lettera, di solidarietà con questa
iniziativa del Consiglio pastorale
della diocesi di Treviso, hanno
'evidentemente impaurito il sindaco, il quale ha addirittura fatto proprie alcune affermazioni
del Consiglio pastorale.
Tra i « criteri etici » per giudicare il fatto, che il Consiglio pastorale ha approvato il 22 agosto
si legge: «Stravolgere il piano urbanistico con l’inserimento di manufatti spropositati, quando per
di jnii ouesti non hanno alcun riferimento con il plurisecolare
tessuto della comunità locale, è
un atto di arbitrio (...); a tutti vogliamo ricordare che il diritto alla libertà religiosa di ciascun cittadino comporta, ad un tempo, il
Tanti, compatti, ben organizzati: Testimoni di Geova colti durante
una loro recente assemblea in Piemonte.
rispetto della libertà e dei diritti
altrui (individuali e collettivi) ».
Il documento chiede perciò che
si rispettino i diritti della comunità cattolica locale a non essere
turbata dalla costruzione di un
edificio di un altro culto. Il documento del Consiglio pastorale
finisce con un duro giudizio sull’attività dei Testimoni di Geova: « C’è in questo fenomeno una
enorme perdita di energie per la
crescita della comunità e talora
possono instaurarsi, in maniera
più o meno subdola, delle tecniche di controllo e di dominio sulla persona che alterano la consapevolezza dell’individuo e ne addormentano la coscienza... Ecco
perché riteniamo che in uno stato civile e moderno come l’Italia... sia giunto il momento che le
autorità competenti a livello nazionale conducano adeguate verifiche sulla congruità di questi
gruppi con i presupposti essenziali dell’ordinamento collettivo».
Siamo dunque alla richiesta
esplicita di repressione contro un
intero movimento religioso perché: « è noto che oggi vi sono in
varie parti del mondo, delle forze
ideologiche che operano con programmi a parvenza religiosa
mentre in realtà sono mosse da
interessi economico-politici totalmente estranei ad un interesse
sincero per l’umanità ».
IMMIGRATI IN ITALIA
Brutte notizie per gli immigrati in Italia.
Il disegno di legge che si propone di regolarne l’accesso al
lavoro, già approvato alla Camera il 7 maggio scorso, è stato
bloccato al Senato da una raffica di emendamenti presentati
dal Ministero del Lavoro.
Il disegno di legge — di cui
era già stata data notizia sul
giornale — visto nel suo insieme, seppur passibile di migliorie, è un testo « giusto », nel senso che tiene conto delle direttive ed accordi internazionali
ed è teso alla tutela dei diritti
degli immigrati.
Gli emendamenti invece tendono a scalzare questo principio
e a mettere a fondamento della
materia un principio « protezionistico ».
Alcimi esempi:
— si chiede di sostituire l’espressione « lavoratori stranieri residenti in Italia » con « lavoratori stranieri dimoranti... ».
Il vocabolario della lingua italiana definisce ’’dimorante” colui che « rimane in un luogo per
un certo tempo »; questo confermerebbe la tendenza diffusa
fra i nostri governanti e politici di considerare il fenomeno
dell’immigrazione come qualcosa a termine e possibilmente di
breve durata;
— sempre al primo articolo
si chiede la soppressione del riferimento esplicito a leggi nazionali e convenzioni internazionali (prima fra tutte quella del
rOrganizzazione Internazionale
del Lavoro n. 143), che hanno
ispirato il ddl approvato dalla
Camera e sono garanzia della
parità giuridica fra il lavoratore straniero e il lavoratore italiano;
— si chiede la soppressione
dell’articolo che garantisce all’immigrato il diritto di ricorso
alla magistratura amministrativa avverso i provvedimenti di
rimpatrio, ricorso che nel testo
del ddl sospende « fino alla decisione di primo grado l’eventuale provvedimento di espulsione»;
— è pesantemente ristretto e
condizionato il diritto al ricongiungimento familiare e quello
della regolarizzazione dei clandestini;
— infine un ultimo emendamento chiude praticamente la
porta ad ogni possibile immigrazione futura. Perché con logica che non fa una piega, l’emendamento precisa che il Ministero del Lavoro regolerà la
politica dell’immigrazione « in
base all’effettivo bisogno di mano d’opera straniera (leggi naturalmente: per lavori dequalificati) e in base aH’esistenza di
infrastrutture che permettano
l’accoglienza dei lavoratori stranieri ».
Con la disoccupazione che abbiamo in Italia, con la penuria
di alloggi, con lo sfascio del
Servizio sanitario... la base per
un « non passa lo straniero » è
già tutta qui.
La stessa argomentazione tiene
bloccata una proposta di riconoscimento ed accoglienza dei rifugiati politici extraeuropei. E sarà
la stessa argomentazione che verrà usata per negare la regolarizzazione a diecine di migliaia
di clandestini già in Italia.
Dunque politica delle porte
chiuse, perfettamente in linea
con quella della maggior parte
dei paesi europei.
Ad un incontro con la presidenza della Commissione lavoro
del Senato, la settimana scorsa,
rappresentanti di numerose or
Il Ministero del lavoro vuol chiudere le porte
Il Ministero del Lavoro biocca l’approvazione di una legge sugli immigrati stranieri in Italia Chiesta la soppressione dell’articolo sul diritto di ricorso contro i provvedimenti di espulsione
Lavoratori immigrati: oltre agli impieghi precari anche una legislazione più restrittiva?
ganizzazicni sociali ed ecclesiastiche, e — fatto notevole — anche un paio di rappresentanti
degli stranieri hanno chiesto che
il Senato approvi il ddl così come è stato approvato dalla Camera. Altrimenti se il testo dovesse tornare lì, con l’imminente
passaggio di mano della Presidenza del Consìglio e magari
una non improbabile crisi politica, tutto ricomìncerebbe da zero, protraendo la situazione incresciosa degli immigrati nel nostro paese. Bruno Tron
L’episodio di Canizzano è ora
davanti al giudizio del Tribunale
Amministrativo Regionale, che
dovrà pronunciarsi sulla legittimità della costruzione di un edificio di culto acattolico in una
area riservata alla costruzione
di chiese.
L’episodio di Canizzano si inserisce però in un quadro di iniziative ostili ai Testimoni di Geova operate dalla Chiesa cattolica
dopo che nel novembre dello
scorso anno si era tenuto a Bologna un convegno del Gris
(Gruppo di ricerca e informazione sulle sette) in cui il prof. Marinelli aveva lanciato un appello
alle diocesi per una mobilitazione contro le sette pericolose identificate in « Testimoni di Geova,
Avventisti, Mormoni, Esercito
della Salvezza ».
Da allora sono apparsi alcuni
articoli di informazione sul quotidiano l’Avvenire, e cominciano
ad apparire sulle case adesivi del
tipo « Testimoni di Geova, per favore, non suonate » oppure a\'visi quale quello apparso a Sciacca: « Attenzione ai Testimoni di
Geova, ranticamera dell’inferno.
Portano aH’aipostasia e al peccato ». Adesso siamo arrivati alla
richiesta del Consiglio pastorale
di Treviso di fare intervenire il
« braccio secolare » contro i Testimoni di Geova.
C’è un solo ”ma”: la Costituzione italiana garantisce la libertà di
coscienza e di religione. Lo stato
non è più (o non dovrebbe più essere) il braccio secolare della
chiesa, almeno da quarant’anni a
questa parte.
Ne prenda atto l’ala più oltranzista del cattolicesimo.
Giorgio Gardiol
« L’Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo n. 175.
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Giorgio Gardiol (direttore), Paolo Fiorio, Roberto Giacone, Adriano Longo, Giuseppe Platone (vice direttorei. Comitato di
redazione; i redattori e: Mireila
Bein Argentieri, Valdo Benecchi,
Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitri, Piera Egidi, Ciaudio H. Martelli
Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Mas
sirtio Romeo, Cesare Miianeschi
Marco Rostan, Mirelia Scorsonelli
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Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Tel. 011/
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