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Anno 124 - n. 11
18 marzo 1988
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
TELEVANGELISTI IN USA
Dio e sesso
Che la politica fosse qualcosa
di sporco, Tabbiamo purtroppo
dovuto capire da un pezzo. Lo
scandalo delle tangenti, l’ennesimo della serie, ce lo ha confermato in questi ultimi tempi.
Ma non dobbiamo neanche cadere nel qualunquismo: esistono
parlamentari e politici seri e coscienziosi, probabilmente aH’intemo di ogni partito democratico.
Che la politica fosse anche una
dura lotta per il potere, l’abbiamo capito da un pezzo.
Ma non dobbiamo fare l’errore di pensare che il potere in sé
sia la molla che muove chiunque
faccia della politica militante.
C’è però voluta la decisione di
riaprire il cantiere di Montalto
di Castro, per vedere fino a che
grado di cinismo e di violenza si
spingessero certi ambienti politici e la lobby nucleare.
Non voglio ora entrare in un
dibattito sulle ragioni o i torti di
questo o quel partito: il nostro
non è un settimanale politico. Ho
le mie idee, ma non è questa la
sede per esprimerle.
Montalto ci la capire che v’è
un diabolico e perverso intreccio
di interessi economici, finanziari,
politici che vengono messi in
opera per conseguire un certo
progetto di potere. E’ quello che
si definisce comunemente come
il gioco del potere.
Ma ci sono dei limiti a questo
gioco.
Uno di questi è il bene della
collettività. Se una centrale nucleare è nociva, la si chiude, o
non la si costruisce. Non si può
giocare con la salute dei cittadini
e la tutela dell’ambiente. Se lo si
la, è una azione irresponsabile.
Un secondo limite è dato dalla
democrazia e dalla sua salvaguardia. Se il 72% dei cittadini che
hanno votato in occasione del referendum sul nucleare ha detto
« no », questa volontà popolare,
espressa democraticamente, va
rispettata. Chi non la rispetta si
pone automaticamente contro la
democrazia, la vuole distruggere.
Su questo non ci sono altre alternative possibili.
La stessa sera in cui il Governo Goria compiva uno dei siioi
ultimi atti decidendo cioè la riapertura di Montalto, il TG2 mandava in onda (per caso?) un'intervista al ministro svede«e i»er
l’ambiente, Brigitte Dahl. Con
molta semplicità la Sig.ra Dahl
spiegava che la Svezia aveva deciso di chiudere definitivamente le sue centrali nucleari con
ben 15 anni d’anticipo sul previsto (il 45% del fabbisogno energetico svedese è fornito dal nucleare), esercitando un’attenta
politica di risparmio e adottando
nuove tecnologie in grado di
mantenere l’occupazione ed »ina
produzione a prezzi competitivi.
Neirso un referendum in Svezia
aveva detto « no » al nucleare.
Mi sembra un buon esempio di
politica che non è gioco, ma senso di responsabilità.
Luciano Deodato
I predicatori ’’elettronici”: sermoni in diretta e scandali privati - Una comunicatività esasperata determina il coinvolgimento emotivo degli spettatori - Un pentimento a buon prezzo
Nel 1987, quando scoppiò lo
scandalo di « Holy Jo », ovvero
Jim Balsker — grande predicatore televisivo — che conduceva
in privato una vita dissoluta come rivelò nei dettagli la sua
amante (vedi n. 39 del 16^10-’87,
« Dio e denaro »), Jimmy Swaggart, dalla ^ua potente emittente
televisiva a Baton iRouge in Louisiana affermò, in un sermone,
che il comportamento di Bakker
era « un cancro che doveva essere immediatamente estirpato ».
Ora anche Swaggart, il più noto predicatore pentecostale nordamericano, è stato colto in flagrante. Un suo avversario personale, il televangelista Marvin
Gorman, lo ha fatto pedinare da
un detective privato che ha scoperto (e fotografato) le strane
abitudini di Swaggart che lo portavano ad appiartarsi in vari motel con delle prostitute.
Di fronte all’evidenza dei fatti Swaggart ha recentemente confessato « in diretta », durante un
impressionante spettacolo-predica, il proprio peccato di immoralità, ha chiesto scusa alla moglie, ha fatto piangere migliaia
di p>ersone. E’ im pientito. Il
grande moralista del video soffre di un incontrollabile desiderio di pornografia.
Gli esegeti della sua ultima
predica-pentimento sostengono
che il grande Swaggart non ebbe mai con le prostitute con cui
si appartava rappx>rti sessuali veri e propri, il videoapiostolo si
sarebbe limitato a « guardare i
giochi erotici » e quindi non si
tratterebbe di adulterio vero e
proprio, ma di qualcosa di meno grave...
Per il momento le Assemblee
di Dio lo hanno messo fuori progrEunma, ma il reverendo ha già
detto, tra una lacrima ed un^altra, che il suo « ministerio dovrà continuare » E’ Dio stesso,
che lo chiede.
Tutto sommato Swaggart ha
saputo trasformare una situazione altamente critica in una mossa in suo favore. Moltissimi lo
ammirano per la sua coraggiosa e sincera confessione di peccato (dimenticando, troppo in
fretta, che il noto predicatore
ha confessato solo dopo esser
stato colto in fallo!). E’ proba
bile che quando Swaggart tornerà sulla scena, dopo il ritiro
spirituale di tre mesi, sarà nuovamente in testa alle classifiche.
Così mentre si continua a parlare dei suoi pieccati sessuali, si
dimenticano i peccati economici
di Swaggart che, soltanto nel
Ì986, ammontano a 141,6 milioni di dollari ricevuti con gli appelli dal video.
L’uomo di cui stiamo parlando ha un fascino indiscusso.
Quando predica « t’inoolla ».
Mentre corre sulla pedana del
suo studio televisivo (e i suoi
programmi raggiungono diverse
nazioni) con in una mano il microfono e nell’altra la Bibbia, gridando il suo amore per Gesù
e il suo odio per Satana, la gente lo applaude. Piange, prega.
Sono tutti travolti da una forte
corrente emotiva. Con il suo linguaggio apocalittico e le sue
immagini letterarie implora il telespettatore cercando di arrivargli direttamente nel cervello, come una droga.
Il povero Bakker era « caduto » nel quadro di una sceneggiata patetica. Parlava da mesi
DUE POLI
Natale sì, Pasqua no?
Cristo è resuscitato dai morti. Come mai qualcuno dice che
non c’è resurrezione dai morti? Se Cristo non è resuscitato, la predicazione è senza fondamento e la fede è inutile, è un’illusione.
Ma se abbiamo sperato in Cristo solamente per questa vita, noi siamo i più infelici di questo mondo.
(dalla prima lettera di Paolo ai Corinzi, cap. 15)
Anni fa, in prossimità di un
Natale, una persona cattolica assai tradizionalista disse: Pasqua
non mi « parla » molto, ma il
Natale lo « sento » in modo straordinario.
Pigri, superficiali, irriflessivi
(cattolici e protestanti senza distinzione), questo impasto diffuso ci rende impermeabili a numerosi aspetti della Bibbia, le
grandi verità e quelle piccole,
occultate in qualche piega riposta e lasciate balenare in lampi, guizzi, bagliori, frammenti
delle verità più estese, ammesso
che la Bibbia contenga verità
estese e verità ridotte. Il nostro
modo di parlare è infarcito di
micidiali luoghi comuni, frutto
dei medesimi luoghi comuni che
imbottiscono il modo di pensare
e ragionare e che uccidono la parola della Scrittura.
Perché Natale « mi tocca che
è un affare straordinario » e Pasqua no? La peggior retorica dice che Natale è bello perché c’è
la neve (quando c’è) e tutto è
ovattato, si esce imbacuccati per
il gelo (ma la temperatura della terra è in rialzo) o si sta
rincantucciati nel tepore delle
pareti domestiche, lambiti dalle
allegre lingue di fuoco del camino (rimpiazzato dal metano)
in ccfinpagnia dei propri cari
(spesso meno cari nel resto dell’anno), mentre a Pasqua ognuno
va per i fatti suoi, eccetera.
Saran discorsi senz’altro futili però perniciosi, perché a dispetto del gran parlare che si
fa a Pasqua sulla resurrezione
di Gesù, molti non ci credono
o non se ne danno il minimo pensiero. E non sono soli: quanti
credenti seri stentano davanti alla resurrezione di Cristo, al di
là di un’adesione per « disciplina di fede »!
Forse lo sbaglio è di fermarci al sepolcro e lasciare Gesù
dentro. Non toglietelo dalla tomba! Là, morto, Gesù tocca i sentimenti, fa venir voglia di religione, ma non di più.
Ma se Gesù non è resuscitato,
manca il fondamento della predicazione e della fede, scrive Paolo. Se la morte ha segnato il
limite ultimo di Gesù forse restano solo due strade: fare discorsi pii dissociando le vicende della terra da quelle del cielo (ciò che conta è l’anima), o
viceversa vivere come se l’unica
realtà fosse la terra (il dopo
non esiste e casomai si vedrà).
Se invece si accetta la resurrezione di Gesù nasce qualcos’altro. Non una teoria, una filoso
fia, un’arida nozione culturale,
ma la determinazione a lavorare per l’Evangelo, a creare e coltivare solidarietà e fraternità nel
mondo ingannato. La resurrezione di Gesù produce speranza per
l’umanità.
« Ci sono due modi di sentire
la vita, uno come attori, l’altro
come spettatori » (« Lettere di
condannati a morte della Resistenza italiana»); «Per che cosa muori, tu, in realtà? E’ facile
morire, con la visibile certezza
della propria meta davanti agli
occhi » (Arthur Koestler, « Buio
a mezzogiorno »). Le due vecchie
frasi non sono state scritte pensando alla resurrezione di Gesù,
tuttavia possono illustrare l’atteggiamento di chi crede che il
cerchio dell’esistenza non si chiude con la morte, né di Gesù né
la nostra: « Se abbiamo sperato
in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più infelici di
questo mondo ».
Togliete Gesù dalla tomba.
Natale sì Pasqua no? .Al contrario, Pasqua sì Natale no.
(I soliti equilibrati mormorano suadenti: Pasqua sì ma Natale anche, se non ci fosse Natale non ci sarebbero venerdì
santo e Pasqua, se Gesù non fosse nato non sarebbe morto e resuscitato e così via.
Perché i soliti equilibrati sono sempre suadenti? Perché dicono delle ovvietà? Perché non
accolgono i paradossi provocatori senza addomesticarli?).
Renzo Turinetto
di amore per i poveri e intanto
con i soldi dei fedeli acquistava,
con la moglie, auto e case di lusso.
Swaggart, molto più abile, si
è presentato sul piccolo schermo come un uomo- sconfitto, estremàmente umile, lacerato tra
Dio e Satana.. Ha pianto, ha chiesto perdono a tutti ed è uscito
nella commozione generale dei
settemila che assistono sempre
ai suoi culti videotrasmessi. Molti, ascoltandolo, si saranno riconosciuti nella sua doppia morale e nelle sue contraddizioni, ma
tanti altri, ormai « scottati » per
la seconda volta, cominciano a
dubitare della serietà e della solidità etica di questi grandi predicatori fondamentalisti che hanno trovato nella televisione il
mezzo più efficace per acquisire
un potere immenso sulle coscienze e sui i>ortafogli.
« In genere questi leader video-predicatori sono persone frar
giti, arrivano da ambienti umili
e privi di solida cultura — dice
D. Harrel. storico dei movimenti evangelica! —; non c’è méfía
nel loro ambiente originario che
li prepari a gestire con credibilità.^ per un lungo periodo, forti
posizioni di potere ».
Il culto esasperato che alcuni
predicatori televisivi alimentano
intorno alla loro personalità finisce, spesso, per ritorcersi contro loro stessi, in un gioco pericoloso che si conclude sempre
con la messa in luce dei limiti,
anche morali, dei nuovi paladini dello spirito. Il terzo grande
leader carismatico fondamentalista Pat Robertson, in corsa per
le presidenziali, pare abbia anche lui un passato pieno di « buchi neri ».
La caduta dei due grandi astri
della telepredicazione è destinata a ridimensionare la chiesa elettronica. C’è già chi prevede,
dopo la ^ande ubriacatura televisiva di questi anni, un ritorno alla chiesa locale; essa, pur
con tutti i suoi limiti e pur non
offrendo grandi emozioni o nuove apocalissi, è almeno a misura d’uomo. Il super-predicatore
creato e sostenuto dai media, in
perenne contatto diretto con Dio,
esige dagli altri un compiortamento in cui lui stesso non crede. Lo sdoppiamento tra spettacolo e realtà eccita e regala grandi « viaggi nello spirito », ma
non aiuta ad afferrare la realtà
deH’Evangelo.
Robert F. Smylie, responsabile dei rapporti tra la chiesa presbiteriana e le Nazioni Unite,
inserisce il fenomeno Swaggart
nell ambito più vasto delle grandi confessioni post eventum di
questi anni, dal Watergate di
Nixon, airiran-Contras Affair di
Reagan sino al tele-pianto di
Swaggart. « Il pentimento e il
perdono a buon prezzo — dice
Smylie — fanno pensare a quella Grazia sottocosto che Bonhoeffer denunciò come pericolosa banalizzazione del cristinncsimo ».
In cosa consiste — chiedo infine a Smylie — la forza trasciGiuseppe Platone
(continua a pag. 12)
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commenti e dibattiti
18 marzo 1988
DIBATTITO SUL GLORIOSO RIMPATRIO
I “luoghi poveri” deiia presenza vaidese
nei mondo contemporaneo
Il « glorioso rimpatrio » rappresenta im momento del dibattito interno alla nostra chiesa: il
significato della sua presenza
nel mondo contemporaneo e, in
questa prospettiva, una rilettura degli avvenimenti del 1689.
Non essendo storico « strictu sensu» non mi soffermo sul
passate: le fonti e coloro che vi
passano intere giornate possono « rischiararci » circa uomini
ed avvenimenti. La mia preoccupazione è essenzialmente pastorale: cosa vuol dire oggi essere valdese a San Carlos des
Arroyos o a Dragoni? Quali sono i problemi, le ansie e le prospettive di un valdese o di un
metodista (Dragoni è diaspora
metodista) che vive nei « luoghi
poveri » che non ha, o comunque
ha in misura ridotta, canali di
forrnsizione e di comunicazione
ed è per questo obiettivamente
discriminato rispetto ad un valdese di Torino, Milano, Angrogna ecc. ed in definitiva non
riesce a partecipare pienamente alla vita generale della chiesa?
Il Rio de la Piata
La solidarietà nei confronti
delle sorelle e dei fratelli rioplatensi si è espressa in questi an
ni con la colletta del XVII febbraio e con lo scambio di visite
di studenti in teologia, diaconi e
pastori : può sembrare molto, ma
in realtà durante la seconda guerra mondiale i nostri fratelli collettarono per le comunità delle
Valli, ed oggi che quei paesi vivono in democrazie fragili ed
affamate dalla politica del Fondo Monetario, il minimo che
possiamo fare è manifestare
un poco di solidarietà. Possiamo andare oltre? Penso di sì.
Avere un ramo della nostra chiesa nel Sud del mondo può essere una ricchezza per tutta la nostra chiesa. L’approccio chiesamondo viene affrontato dalle
nostre sorelle e dai nostri fratelli latinoamericani in maniera
differente: chi va a studiare all’ISEDET (la Facoltà evangelica di Teologa di Buenos Aires)
rimane colpito dalla enorme importanza curricolare delle scienze sociali. Mi chiedo se studiare
un po’ dì economia, sociologia,
antropologia, psicologia non potrebbe servire anche ai nostri
studenti romani per dare loro
una « concezione scientifica » del
mondo contemporaneo ; « Bibbia e giornale» di Barth significa avere gli strumenti per predicare l’Evangelo nel nostro
contesto: esegesi sì, ma anche
analisi della realtà, ed in questo
delle valli valdesi »
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardiol
Vicedirettore: Giuseppe Piatone
Redattori: Aiberto Corsani, Luciano Deodato, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Piervaldo Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Beneccbl, Alberto
Bragaglia, Rosanna Ciappa NittI, Gino Conte, Piera Egidi, Paolo Fiorio, Ciaudio Martelli, Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Mirella Scorsonelll, Liliana Viglielmo
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
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Spedizione: Loris Bertot
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Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Glampiccoll
Il n. 10/’88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 9 marzo
e a quelli decentrati delle valli vaidesi il 10 marzo '88.
Hanno collaborato a questo numero: Ivana Costabel, Dino GardioI, Vera
Long, Luigi Marchetti, Paola Montalbano, Paolo Ribet, Bruno Rostagno,
Aldo Rutigliano, Luigi Santini, Alf redo Sonelli.
le scienze umane sono insostituibili. Aprire un dibattito sulle
differenti formazioni teologiche
dei nostri pastori può servire
alla chiesa in genere e può
superare quella impressione data in questi anni: solo gli italiani vanno al «Centro Emmanuel»,
come se la formazione teologica
mitteleuropea fosse Tunica valida. Passando ad un altro aspetto
della presenza valdese in America Latina, credo che mx buon
insegnamento pratico della « diffusione dei doni dello Spirito»
ci venga dalla figma degli anziani nella comunità locale.
Chi incontra questi campesinos, con pochi studi ma tanta
fede, rimane fortemente impressionato: l’anziano non è semplicemente il « sostituto » del pastore, ma è un punto di riferimento nella comunità ; esorta,
visita ed aiuta nella predicazione
delTEvangelo. Riscoprire l’apporto che il ramo rioplatense dà
aUa chiesa tutta, serve a superare l’idea latente in noi (leggi
Freud) che, data la povertà materiale, dal Sud del mondo possiamo imparare poco: la loro
povertà si traduce sovente in
ricchezza di esperienza di fede.
Il nostro impegno
nel Mezzogiorno
Mi sembra utile individuare
alcune tematiche meridionalistiche utili per noi che lavoriamo
nel Mezzogiorno, ma anche per
chi vive altrove: è importante
capire e solamente allora il Sud,
come sottolineano Girardet e
Bouchard nei loro interventi, diventerà prioritario per tutta la
nostra chiesa.
Questione femminile
e violenza ai minori
Dal Salente alla Sicilia, mi
sembra, per esperienza piersonale
e per scambi con colleghi, che emerga un quadro allarmante .sulla condizione femminile e sulle
violenze esercitate sui bambini.
La donna al Sud, nella « forma
mentis » corrente, è una proprietà del maschio: il ricorso alla
violenza alTinterno del matrimonio è un modo pratico per ottenere quello che si vuole. L’uomo
che picchia la moglie è un uomo
d’onore, che sa farsi rispettare.
Non solo: esiste una violenza incestuosa padre-figlia di cui si
parla solo in casi eclatanti, eppure in alcune famiglie viene regolarmente praticata. Ancora: le
percosse e i maltrattamenti ai
minori sono all’ordine del giorno, anch’essi nella indifferenza
quasi generalizzata della pubblica opinione. Mi chiedo : cosa possiamo fare con le nostre deboli
forze? Forse la nostra Commissione « Donne e uomini nella
chiesa » potrebbe raccogliere dati ed avviare una indagine sulla
condizione dei minori e della
donna nel Mezzogiorno. E’ urgente muoversi : certo la violenza
non è oggi un problema solo meridionalistico, ma qui assume toni particolari. Infatti molte donne, anche giovani, non lavorano,
il matrimonio viene contratto in
giovane età e crea dipendenza
psicologica ed economica. La
questione femminile rappresenta
dunque una priorità per noi tutti : iniziare il « decennio » con un
grosso impegno nel Mezzogiorno
potrebbe essere un gesto significativo.
La militarizzazione
del Mezzogiorno
La marcia Gravina-Altamura
del 19 dicembre ’87, con l’adesione delle nostre chiese pugliesi e
della FGEI regionale, ha riproposto la mobilitazione contro la militarizzazione del Mezzogiorno.
E’ un grosso impegno: dalle
Murge ai Nebrodi per quanto
concerne i poligoni di tiro ; dalla
base «nucleare» di Comiso alla
nuova base aeronavale di Taranto ; dalla base di Gioia, del Colle
a Sigonella, di fatto bàsi dell’aviazione in chiave offensiva antiaraba, il nostro paese sta spostando le sue unità operative
(si veda anche la riorganizzazione dell’esercito) al Sud.
Cosa possiamo fare? Le nostre
esigue forze incontrano interesse
e fratelli in organizzazioni cattoliche che svolgono da anni un
ottimo, lavoro. « Pax Christi » e
il «MIR-Sud» stanno elaborando una strategia pacifista ad ampio respiro che può essere utile
per noi, che forse sul piano teorico ab'biamo meno da imparare,
ma sul piano pratico lo stimolo
della loro militanza può servire
ad allargare a tutta la chiesa
(non solo giovani ed impegnati)
l’impegno pacifista.
Presenza ortodossa
e IsIam
Da sempre le nostre comunità
convivono con grosse minoranze
religiose e culturali cristiane di
rito orientale : la dominazione
bizantina in Calabria e Puglia
(880-1071) ha inciso profondamente nel costume e nel rito re
ligioso. Mi sembra che tale « cultura » sia stata semplicemente rimossa: la gerarchia cattolica si
serve delle Murge baresi per i
suoi incontri di vertice con i vescovi ortodossi, ma non avviene
una riflessione più generale sull’apporto del cristianesimo orientale, partendo dal fatto che Puglia e Calabria sono state « ortodosse ». Bizantino è sinonimo di
pedante, ripetitivo nel tempo e
quindi di « decadente » ; invece
Bisanzio ha prodotto una teologia ed un’arte (le icone) degne
di essere conosciute. Un fronte
ecumenico, per le nostre comunità, potrebtxe essere intravisto nel
dialogo con le sorelle ad i fratelli ortodossi: un dialogo di base,
di reciproca conoscenza critica.
LTslam sta trovando una certa
eco nel lavoro dei nostri fratelli
siciliani, ma penso che oltre ai
dati sulla immigrazione e sulla
presenza in Marsala ed in Sicilia, sia necessario conoscerne la
teologia, in particolare la « cristologia coranica » e più in generale i « pilastri di fede » islamici.
E l’evangelizzazione? Non penso che sia una tematica specifica, piuttosto rappresenta il
nostro continuo impegno «mancato» o comunque insufficiente:
le nostre comunità «non crescono » al nord, al centro e al .sud,
forse anche per mancanza di analisi dei contesti in cui veniamo
ad operare.
Approfondire le tematiche indicate è un compito prioritario
non solo per noi che lavoriamo
nel Mezzogiorno : si tratta di condividere intelligenze e risorse e
quindi, parafrasando Tullio Vinay (cfr. «Giorni a Riesi»), si
può lavorare al Nord, ove esiste
l’intellighenzia della nostra chiesa, per il Sud: occorre farlo su
bito ed in modo continuativo.
Eugenio Stretti
A colloquio con I lettori
J
LA POTENZA
DEL DARE
Spesso si pensa che il dare consista solo nell'offrire del denaro alla
chiesa, che deve sopperire alle sue
molte esigenze per sopravvivere. Questo è vero ma non è tutto.
Sempre neil'ambito della nostra consacrazione il dare ha anche valore nel
sorriso, nella cordialità, nel comportamento sobrio e nella morale.
Dare e anche servire il prossimo
nelle sue carenze fisiche e spirituali.
Dare è anche visitare gli infermi, possibilmente i carcerati, e i bimbi e i
vecchi, tutti relegati negli orfanotrofi
0 case per anziani.
Possiamo dare, ciò in 'ubbidienza al
Signore, col testimoniare e dare ad
altri (evangelizzazione) il messaggio
d’amore con la Buona Novella.
E’ utile ricordare che I bisogni spirituali primeggiano nel nostro dare!
Infine, a similitudine, perché non facciamo anche noi subito il nostro testamento, - prima che venga sera ”,
ed in detto testamento compiliamo il
nostro ultimo atto d'amore, offrendo
1 nostri organi a tanti esseri sofferenti? Come è meravigliosamente bello sentir dire da una madre: « Mio
figlio vede ancora », e da un'altra dire: « Mio figlio comincia a vedere »!
Tali gioie si possono anche esternare per un cuore che continua a pulsare ed un rene che contin'ua a filtrare. Che amore!
Mettiamoci quindi in contatto con
l'A.l.D.O. (Associazione Italiana Donatori Organi) e che il prossimo sappia
che noi cristiani sappiamo amare anche così, mentre passiamo.,, oltre!
Giuseppe Fiorentino, Roma
RAVVEDIAMOCI
Sulla questione "ravvediamoci”,
aperta con una lettera di Ferruccio Criavannini di Pisa, abbiamo pubblicato,
nei numeri scorsi, parecchi contributi.
Inoltre, ne abbiamo ricevuti altri, comprese alcune repliche che non pubbli
chiamo in quanto assolutamente rip^'titive di argomenti già noti ai lettori
perché contenuti in lettere precedenti.
In questo numero pubblichiamo una
sintesi di un contributo di Goletti c
con questo chiudiamo il dibattito.
G. G.
Sono d’accordo col fratello Giovannini circa il ravvedimento, parola che
dovrebbe risuonare più spesso dai pulpiti e sul giornale. Se il fratello Giovannini dà totale 'ubbidienza alla Bibbia,
non solo si comporta secondo quanto
è scritto nelTart. 4 della Confessione
di fede valdese, ma fa esattamente
la cosa più giusta che deve fare un
credente, cioè fondarsi sulla parola
di Dio e non su quella di qualche
teologo. Mi convince più Paolo che
Barth o Bonhoeffer. Sì, sono un fondamentalista! E' un fatto che oggi le
chiese fondamentaliste progrediscono,
mentre il sale delle chiese storiche
non sala più.
Per me il « mondo » è il teatro dell'umanità decaduta e della storia dei
s’uoi rapporti con Dio, ohe giudica e
salva. Esso è il campo della missione,
in cui l'Evangelo deve essere annunciato.
I credenti non sono del mondo, ma
sono mandati nel mondo a condividere
la vittoria di Cristo sul mondo. La
nostre tede (ecco l'essenziale) ci fa
vincere il mondo.
Mario Goletti, TEV - Nichelino
DIVENTARE
MERIDIONALI
Come siciliano voglio ringraziarvi per
l’attenzione che date al Mezzogiorno.
Volete aiutarci? Grazie di cuore. So
cosa tate. Da 10 anni frequento la
chiesa di Trapani. Ma se davvero volete aiutarci, studiateci di meno e
comiprendeteci di più. Vi ricordo le
parole di Tullio Vinay: « Debbo anch'io
prima diventare come loro, per poterli
poi ai'utare? ».
Salvatore Greco, Trapani
3
18 marzo 1988
marta e maria
IMPEGNO E FESTA NELLA GIORNATA DELLA DONNA
Desiderio e tenerezza
neii'8 marzo deile ragazze
La gioia di ritrovarsi insieme nella lotta per un’effettiva emancipazione - La necessaria battaglia per l’ottenimento
di una seria legge contro la violenza - La solidarietà dei ragazzi e la richiesta di una scuola finalmente aperta
Da qualche anno, oltre la
data storica dell’S marzo, in
tutto il mese va dilatandosi
una riflessione più puntuale
sui vari aspetti della condizione femminile. Il mese di
marzo, perciò, va sempre più
caratterizzandosi con iniziative politiche e culturali
del movimento delle donne,
che spesso iniziano già da
febbraio e si prolungano fino ad aprile. Un risorgere
della primavera, insomma,
di cui è espressione l’intensa
fragilità della mimosa, e anche, mi viene da pensare, il
forse inconscio aderire delle
donne all'antichissima identihcazione dei principio vitale e del rinnovarsi della
natura con un simbolo femminile, senza rinunciare per
questo alla parola e all'azione, alla presenza nella società, secolarmente prorogati
ve soltanto maschili.
E’ come se le donne gioiosamente si ritrovassero, si
vedessero, si rispecchiassero
l’un l’altra nelle loro potenzialità, nella quantità di doni che possono esprimere —
proprio a partire dalla nuova coscienza della loro identità e con tutto il loro modo
d’essere c il loro linguaggio
— all’insieme della società,
che patisce delle gravi distorsioni causate in ogni
campo anche dalla millenaria esclusione delle donne dalla possibilità di esprimersi, se non nei ruoli rigidi e predeterminati loro
assegnati dal patriarcato dominante.
Di qui l’atmosfera gioio.sa
di festa, il sollievo e lo stupore dell’identità e delle potenzialità ad essa connesse.
Di qui anche, e insieme, la
necessità del lavoro e della
presenza; e gli appuntamenti di lotta, rinnovati ogni anno, per mutare le strutture
e le leggi, per scardinare gli
ostacoli sedimentati nella società, nella cultura e nelle
coscienze. Quest’anno abbiamo assistito al dato nuovo
della grande partecipazione
delle ragazze a cortei e manifestazioni che in tutt’Italia
hanno chiesto una legge contro la violenza sessuale e l’introduzione dell’educazione
sessuale nelle scuole. Si tratta di una grossa affermazione, del segno della consapevolezza di massa delle giovani di essere delle persone
e non dei simboli, come
tuttora vengono considerate
le donne dai nostri vergognosi codici, in cui la violenza
contro di loro è rubricata
non nei delitti contro la persona, ma in quelli contro la
morale.
E una grossa cosa è stata
la presenza spesso, accanto
a loro, dei loro ragazzi, compagni, amici: segno che c’è
una diffusa solidarietà.
La richiesta, poi, che abbina a una legge contro la
violenza sessuale quella per
l’introduzione deH’educazione sessuale nelle scuole, è
un altro dato nuovo e di
grande importanza. Significa
che tra le giovani generazioni la sessualità viene sempre meno vissuta come un
tabù, e sempre più come
componente ineliminabile
della persona umana maschio-femmina nel suo complesso, potenzialità positiva
di espressione di sè, di comunicazione, di dialogo. Essa va dunque conosciuta, educata, discussa: fa parte
del patrimonio di istruzione
e di educazione di un individuo che deve avvenire anche
nei luoghi deputati all’educazione pubblica e di massa
come sono le scuole.
Si tratta di una risposta
sana, democratica, progressiva alla doppia distorsione,
nella nostra società, del triste tabù e della grottesca esaltazione e mercificazione
del sesso, nient'altro che le
due facce della stessa medaglia. Questa è 1’« educazione » che finora ha ofl’erto la
nostra società ai nostri giovani! E questa è l’immagine
oggettiva della donna che viene trasmessa stuprando le coscienze: o « impossibile » oggetto del desiderio, o « preda » vogliosa, facile, disponibile; merce nella prostituzione, nella pornografia, nella
pubblicità, oggetto rubato
nella violenza e nello stupro.
Ma la donna, la donna vera, dov’è? Dov’è, se a partire proprio dalla scissione
della sessualità da un’armonica personalità, le « figure »
del femminile possono essere soltanto o corpo negato
come desiderio, o corpo esaltato, oggettivato e mercificato, oppure corpo desessualizzato ai soli fini della riproduzione? Se l’immagine
della donna continua, insomma, ad essere trasmessa come fantasticata e inaccessibile « star » o « donna ange
licata » che sia, o come prostituta e merce da consumare, o come affettivamente
rassicurante ma de-erotizzata « madre dei miei figli »?
Queste vecchie e tristi immagini hanno poco a che fare, e bisogna che lo abbiano sempre meno, con
quei ragazzi e quelle ragazze che sfilavano gioiosamente e consapevolmente l’8
marzo nei loro cortei. Hanno poco a che fare con il
loro amore, il loro cameratismo, la loro amicizia, il loro studiare, discutere e crescere insieme; con il loro «desiderio e tenerezza » — per
usare la bellissima espressione di quel libro di « teologia della sessualità » di
Eric Fuchs —, con la scoperta quotidiana di una vicinanza e di una complementarità nella diversità.
Ancora, non ultima in ordine di importanza, una considerazione: la battaglia per
l’educazione sessuale è un
altro anello delle lotte per
ottenere una scuola di stato
laica e pluralista, per superare vecchie concezioni controriformistiche non solo del
tabù del sesso, ma anche (e
di conseguenza) del relegarne ogni discorso (e quindi
tutto ciò che riguarda l’istruzione e l’educazione) al privato, cioè alla famiglia, o alla morale e alla parrocchia
(che in Italia storicamente
ha significato morale e
parrocchia cattoliche). Lo
stato laico, riappropriandosi dell’intero progetto di
educazione degli individui,
si riappropria, insieme al discorso sulla sessualità, anche di quello sulla morale,
cioè sulla formazione, non
più «delegando» alle particolari concezioni di una confessione religiosa. Nei progetti di legge contro la violenza sessuale e per l’educazione sessuale, insomma, siamo nella linea delle grandi
recenti tappe di affermazione laica dello stato italiano,
come i referendum sul divorzio e l’aborto. E non è
affatto un caso che ognuna
di queste affermazioni abbia
visto in prima fila le donne,
— e coinvolto anche le donne cattoliche — poiché la
nuova rivendicazione di identità femminile non può
non scontrarsi, in particolar
modo in Italia, con vecchie
concezioni del patriarcato
che hanno nel magistero e
nella prassi millenaria cattolica e nei suoi rapporti con
lo stato, molteplici e robusti legami sociali, politici e
culturali.
I protestanti italiani, che
pure fondano le scelte etiche
e la visione del rapporto uomo-donna su un fondamento diverso da quello del pensiero laico, poiché riguarda
la parola biblica e la fede
in Cristo, non possono anche
in questo caso non essere
favorevoli a ogni forma di
lotta che riguardi un ampliamento e rafforzamento dello
stato laico, democratico e
pluralista.
Piera EgddI
TORINO
Le straniere in itaiia
Rallegrata da due grossi mazzi
a forma di alberello di splendente mimosa, la Sala dei Cento di
Palazzo Lascaris ha ospitato un
incontro, all’insegna dell’amicizia tra i popoli, per conoscere le
donne straniere a Torino.
Era organizzato dalla Consulta
femminile regionale del Piemonte e dal Consiglio regionale, per
festeggiare l’otto marzo 1988.
Le straniere in questione sono
immigrate dai paesi extracomunitari, africane o asiatiche, a Torino in cerca di lavoro o già inserite, soprattutto nel settore delle
colf. Mentre i sindacati si stanno occupando del rinnovo del
contratto di questa categoria, sono emersi i problemi che le donne straniere hanno portato al microfono : isolate nelle famiglie in
cui lavorano, i loro punti di incontro sono i giardini e le vie, in
cui si ritrovano nei due pomeriggi settimanali di libertà.
TjT, loro esigenza primaria è
imparare l’italiano, per potersi
muovere nella nuova realtà, come ha dimostrato la faticosissi
ma lettura di un documento delle donne eritree, e sono stati richiesti corsi di lingua semestrali
e corsi di qualificazione professionale, per inserimenti anche in
altri settori ormai abbandonati
dalle donne italiane.
Veniva da pensare a possibili
gruppi di volontariato, che potrebbero organizzare corsi di italiano.
Sono necessarie anche modifiche legislative: il riconoscimento dei titoli di studio dei paesi
d’origine (era presente una laureata che lavora come colf); oppure, per ottenere l’accoglienza
dei bambini nei nidi, dovrebbe
scomparire la clausola, valida anche per gli italiani, che entrambi
i genitori lavorino: questo infatti impedisce alle donne la ricerca
di un’occupazione, non avendo
qualcuno a cui affidare il figlio.
Le loro esigenze sono state
chiarite anche da donne italiane,
all’insegna dell’accogliere, rispettare e capire, da parte degli italiani che, negli anni del boom, si
sono trovati in condizioni simili, nell’emigrazione verso il Nord
Europa.
La relazione iniziale di Graziella Pavaro, pedagogista al
Centro di formazione per stranieri di Milano, ha illustrato caratteristiche, problemi e statistiche. Per esempio, se una donna emigra da sola si inserisce
meglio nella cultura locale, ma
quando poi arriva un fratello o
il marito, o comunque una figura
che esercita il ruolo di capofamiglia, lei deve rientrare nel ruolo
tradizionale di conservatrice e
trasmettitrice dell’ identità del
gruppo di origine e questo significa, per esempio, far ritirare,
verso l’adolescenza, la figlia femmina da scuola, perché a quell’età non deve frequentare gruppi misti.
La presentazione deH’incontro
è stata curata da Lita Palmas,
presidente della Consulta femminile regionale, e alla fine dell’incontro è seguito un rinfresco.
Oriana Bert
4
fede e cultura
18 marzo 1988
Sono raccolte in un elegante volumetto, edito dalla
Claudiana, le preghiere che
Barth pronunciò aU'inizio e
al termine dei culti da lui
guidati nel penitenziario di
Basilea.
Un primo commento fiorisce sulla penna dello stesso
Karl Barth: « Le preghiere
pronunciate in occasione dei
culti hanno avuto per me almeno tanta importanza
quanto le predicazioni stesse ».
Ho letto e pregato queste
pagine con profondo trasporto, con commozione e riflessione. Mi sono sentito in ima
sintonia profonda e, nello
stesso tempo, edificato ed
ammonito. Vorrei raccogliere alcune « gemme » di questa preghiera cristiana e aggiungere qualche considerazione personale.
1) Quella di Barth è vma
preghiera di totale affidamento nelle mani del Dio di
Gesù. Il teologo rigoroso, abituato alla riflessione critica e penetrante, svela qui il
suo cuore di credente sottomesso alla Parola di Dio. La
coscienza della creaturalità
di tutto e di tutte le cose
è qui vivissima.
Noi stiamo davanti a Dio,
pieni dei suoi doni e della
nostra precarietà. La conoscenza della sua volontà non
ci appartiene, la debolezza
ci accompagna, ma l’amore
di Dio può invadere i nostri
cuori e trasformare le nostre
esistenze di creature d'argilla: « Risveglia e fortifica la
nostra volontà di conoscerti
e disponici a darti ragione »
(pag. 93). Noi preghiamo non
perché Dio soddisfi i nostri
desideri, ma perché la nostra vita quotidiana, a partire dal profondo di noi, dia
ragione al Dio di Gesù. Dare ragione a Dio, riconoscere le sue ragioni nella nostra vita significa obbedire
alla sua volontà sulla strada di Gesù. Ma dar ragione
a Dio non è « operazione »
indolore: « Non lasciarci pace finché non troviamo in
te la pace. Combatti contro
di noi e per noi finché la
tua parola penetri nei nostri
cuori... » (pag. 68).
Pregare Dio perché combatta contro di noi significa,
forse, invocarlo perché faccia cadere le resistenze che
noi erigiamo per difenderci
dalle esigenze del regno di
Dio.
In questo senso la preghiera a Dio diventa anche
una rivelazione su noi stessi. Come non leggere, tra lacrime e consolazioni, la preghiera di pagina 9: « Tu sai
chi noi siamo »? Esiste una
pagina più « vera » e, nello
stesso tempo, più capace di
aprire il « realismo » della esistenza umana all’azione del
Dio di Gesù? Non è lo sguardo amaro o pessimistico sulla condizione umana, ma il
coraggio della verità: « Signore nostro Dio! Tu sai chi
noi siamo: uomini che hanno buona coscienza e uomini che hanno cattiva coscienza, gente contenta e gente
scontenta, gente sicura di
sé e gente ansiosa, cristiani
di convinzione e cristiani di
UN PREZIOSO VOLUME DELLA CLAUDIANA
Preghiamo
Dai testi di Karl Barth emergono la necessità di un giusto rapporto
con Dio e l’urgenza di recuperare le radici bibliche della preghiera
tradizione, dei credenti, dei
mezzi credenti e dei non credenti... ».
La stessa implorazione ritorna nella preghiera di pagina 39: « Tuttavia tu non
hai dimenticato o respinto o
condannato nessuno di noi...
Tu dai importanza solo etile
mani vuote che tendiamo verso di te perché siano colmate... ». Oggi batte alla porta
del mio cuore, sempre di più,
la voglia di gridare che solo
la bontà di Dio riempie le
nostre mani vuote. Un po’
tutti, come le nostre chiese,
vogliamo alzare e ostentare
« mani piene » e dimentichiamo la verità di Dio e la verità di noi stessi. Infatti, se
qualcosa fiorisce tra le nostre mani, non possiamo certo dire che esso sia opera
nostra: « Noi oggi ti abbiamo offerto questi doni, ma
tutto proviene da te... Né io
né il mio popolo avremmo
avuto la possibilità, dice Davide, di offrirti questi doni:
ti abbiamo soltanto offerto
quel che tu ci hai donato »
(I Cronache 29: 14 ss.).
Non possiamo illuderci su
noi stessi: « Noi siamo dei
cristiani ben miserabili... Ma
la tua grazia ci basta. Risve
glia in noi la povera gioia
e la riconoscenza irrisoria
di cui siamo capaci, la fede
tremula che possiamo offrire... » (pag. 51). Sì, siamo proprio gente dalla fede tremula, intermittente, ma Dio non
si stanca di noi e continua
a servirsi di noi.
Secondo me, stanno qui le
radici della gioia cristiana,
cioè nell’azione di Dio che
fa cadere dentro di noi l’illusione di fondare su noi
stessi il senso della nostra
vita e di trovare in noi stessi le sorgenti della salvezza.
La preghiera mette la creatura nel giusto rapporto con
Dio, con se stessa e con il
mondo.
Siamo tutti sazi di teologia che possiede Dio, che lo
ha imbalsamato, che ha confezionato tante « pillole dogmatiche » e le distribuisce
come predicazione dell’evangelo. Stiamo cercando, tra errori e limiti, un cammino
teologico che non separi mai
scienza biblica e preghiera.
Spesso, tra gli stessi cristiani di base, mi vivo una dolorosa solitudine: troppi sono coloro che non si nutrono di spiritualità biblica, che
mitizzano la spontaneità ed
hanno bandito la « disciplina » (sì, anche la disciplina)
della preghiera. Troppi confondono la laicità con la cancellazione della espressione
orante della propria fede.
2) Ho colto nelle preghiere di Barth un’altra caratteristica su cui rifletto brevemente. Barth sa lodare Dio,
cantare la sua gloria, narrare le sue opere. La lode e il
ringraziamento percorrono
in lungo e in largo la preghiera del grande teologo evangelico morto venti anni
fa. Le citazioni al riguardo
sono superflue tanto sono ricorrenti e numerose.
Mi sembra che noi oggi
troppo spesso censuriamo
con Dio i linguaggi dell’amore, della poesia, della fantasia, delle emozioni profonde.
Troppe preghiere sembrano
nascere da cuori di acciaio
inossidabile. Non sto affatto
enfatizzando certo emozionalismo a buon mercato di cui
sono, anzi, molto sospettoso. Né penso che si possa
rimproverare a Karl Barth
di aver fatto concessioni ad
un sentimentalismo degene
re.
No, si tratta d’altro. Si
tratta di ricuperare le radi
Tu sai
chi noi siamo
Signore nostro Dio! Tu sai chi noi siamo: uomini che hanno buona coscienza e.
uomini che hanno cattiva coscienza, gente contenta e gente scontenta, gente sicura di sé e gente ansiosa, cristiani di
convinzione e cristiani di tradizione, dei
credenti, dei mezzi credenti e dei non
credenti.
E tu sai da dove veniamo: dalla cerchia dei nostri parenti, amici e conoscenti, o da una grande solitudine, da un benessere pacifico o da ogni specie di difficoltà e di tormenti, da rapporti familiari
armoniosi o tesi o spezzati, dal cuore della comunità cristiana o dalla sua periferia.
Adesso, eccoci tutti davanti a te, nelle
nostre differenze, tutti uguali per il fatto che siamo tutti in torto di fronte a
te e gli uni riguardo agli altri; tutti uguali perché dovremo tutti morire un giorno; uguali perché saremmo tutti perduti
senza la tua grazia; ma uguali anche perché la tua grazia ci è promessa e concessa a tutti nel nome del tuo Figlio diletto, nostro Signore Gesù Cristo.
Siamo riuniti per lodarti, lasciando che
tu ci parli; così sia durante questa ora:
te lo domandiamo nel nome di tuo Figlio, nostro Signore. Amen.
Per la Passione
Signore, nostro Dio! Ti lodiamo e ti
ringraziamo per aver voluto, nella tua
incomprensibile misericordia, scendere
così in basso, nel tuo Figlio diletto per
amor nostro, al fine di elevarci così in
alto in lui, per amor tuo. Ti lodiamo e
ti ringraziamo per il progetto meraviglioso che hai concepito in favore del tuo
popolo d'Israele e delle Nazioni, tra le
quali hai scelto i nostri padri.
Ti lodiamo e ti ringraziamo per la
nostra elezione gratuita e per la nostra
vocazione. Ti ringraziamo perché tu sei
anche il Dio dei riprovati e di coloro
che non sono stati chiamati e perché non
smetti di prenderti paternamente cura
di noi.
Fa’ che non ci stanchiamo di riconoscerti e di adorarti in tutti questi misteri. Permettici di accogliere con fede
la Parola grazie alla quale vuoi glorificarti e darci la beatitudine eterna, la pace e la gioia, e questo già nella vita presente. Ti preghiamo per la tua chiesa,
qui e in tutti i paesi: per la chiesa che
dorme, perché si svegli; per la chiesa
sotto la croce, perché non smetta di rallegrarsi nella certezza delle tue promesse; per la chiesa confessante, perché adoperi le sue forze vive non per se stessa,
ma solo per la tua gloria.
Ti preghiamo per quelli che esercitano l'autorità nel mondo intero: per quelli
che governano bene, affinché tu li fortifichi; per quelli che governano male, affinché tu li converta o metta un termine
al loro potere, secondo la tua volontà;
per tutti i governanti, affinché tu appaia
loro conte il padrone di cui non sono che
i servitori.
Ti preghiamo per ¡’abolizione della
tirannia e del disordine e perché gli individui e i popoli oppressi siano aiutati
a far valere i loro diritti. Ti preghiamo
per i poveri, i malati, i prigionieri, gli
sconfìtti e gli afflitti, per tutti coloro che
perdono coraggio e che soffrono e di cui
tu solo, forse, conosci la sofferenza, affinché tu li consoli con la tua presenza
e la speranza del tuo Regno. Amen.
ci bibliche della nostra preghiera personale e comunitaria e di investire tutta la nostra vita, tutto il nostro essere, nella preghiera.
Ma — e qui sta il punto
saliente — la lode a Dio non
diventa mai in Barth una
fuga misticheggiante dalla
« presenza » e dalla « responsabilità » nei confronti del
mondo, del presente umano
in cui si svolge il nostro cammino di sequela di Gesù.
Barth porta sempre a Dio
tutto il mondo, con i suoi
tormenti e i suoi problemi.
Vi trovano posto un po’ tutti: i carcerati, i malati, i poveri, i politici, i giornalisti,
la gente dei quartieri, le persone sole, le chiese cristiane, coloro che hanno responsabilità nell’amministrazione, nelle scuole, nei tribunali, i genitori, gli educatori, i
giovani e gli anziani, chi vive vicino e chi si trova lontano. La vera preghiera cristiana tiene l’occhio aperto
sul mondo e coinvolge il credente anziché estraniarlo. Aveva ragione D. Bonhoeffer:
« Chi guarda Gesù Cristo vede realmente Dio e il mondo con un solo sguardo, e
d’ora innanzi non può più
vedere Dio senza il mondo
né il mondo senza Dio ».
E’ questa preghiera che,
per dirla ancora con Barth
« ci rende capaci di rischiare il passo », di fidarci totalmente di Dio e giocare le
« carte » che egli ci ha dato
a servizio dei fratelli. Trovo
così efficace l'espressione di
Barth! La vita, intesa come
sequela di Gesù, non è forse ogni giorno un « rischiare il passo »? Eppure, siamo
sempre ai « primi passi sulla via della libertà che è stata conquistata » (pag. 102).
E’ in questo cammino che
possiamo confidare sul « Dio
che non è lontano, ma vicinissimo a ciascuno di noi »
(pag. 30): « Tu sei vicino a
noi e rivolgi a tutti noi i
tuoi appelli. Dacci di sentirlo... » (pag. 73).
3) Finisco sperando di
non aver deformato la preghiera di Barth. Vorrei, per
me e per coloro che cercano di seguire la strada di
Gesù, ricordare ancora una
volta che non possiamo che
confidare nel Signore. Pregare non è un’azione pia, una
pratica salvifica. Significa accogliere l'azione trasformante di Dio ed affidarci ad essa.
Sarà lui a scaraventarci nel
mondo, se noi dormiamo i
sonni dell’egoismo o della
presunzione: « Nostro Padre
in Gesù Cristo, non consentire che noi induriamo i nostri
cuori... Destaci dal sonno dell’indifferenza e dai cattivi sogni delle nostre passioni e
concupiscenze pie e profane.
Non stancarti di ricondurci
sempre nel tuo cammino »
(pag. 21).
Possiamo davvero essere
grati all’editore e alla splendida traduzione di Evelina
Pons se abbiamo tra le mani uno stimolo a rinnovare
la nostra preghiera.
Franco Barbero
KARL BARTH, Preghiere, Claudiana.
Torino 1987, pp. 104, L. 14.000.
5
18 marzo 1988
fede e cultura
CATANZARO: UNA PUBBLICAZIONE DEL CENTRO ’’GANGALE’
IN LIBRERIA
I valdesi di Caiabria:
Una ragazza
una storia di sette secoii ^'»90\are: Maria
Una società aperta - Il martirio degli eretici e il caso linguistico di Guardia Piemontese - La presenza evangelica di oggi nel Sud
Da quasi quattro anni opera a
Catanzaro un « Centro Studi G.
Gangale », ben ricevuto dalla cittadinanza e largamente appoggiato dalla locale comunità evangelica: dopo una bella attività di
convegni e conferenze, ora il
« Gangale » ha cominciato a lanciare le sue pubblicazioni: e non
è certo un caso che la prima sia
dedicata al valdismo calabrese h
Calabria pluralista
La Calabria in cui sbarcano i
valdesi all’inizio del '300 non corrisponde aH'immagine convenzionale che molti di noi si sono fatta
della società meridionale del Medioevo (chiusa e retrograda): si
trattava, in un certo senso, di
una « società aperta »: aperta,
comunque ai contributi culturali
più diversi. 50,000 ebrei provenienti dalla Spagna, i valdesi, poi
gli zingari, gli albanesi: verso la
fine del Medioevo potevano così
convivere, a Montalto Uffugo
(CS) 440 famiglie cattoliche, 168
famiglie valdesi, 102 famiglie di
origine ebraica. Questa apertura
era favorita dai fatti economici
(Catanzaro era un grande centro
della produzione di seta) e i vaidesi, provenienti dai versanti italiano e francese delle Alpi poterono insediarsi a ondate successive, su terre quasi incolte: poiché pagavano regolarmente le decime e valoi izzavano i terreni,
nobili e clero chiusero un occhio
sulle loro idee.
Calabria valdese
I valdesi portavano però con
sé una vita religiosa profonda, e
non mancarono di coltivarla, sia
pure senza troppo dare nell’occhio: un osservatore cattolico
notava che essi non partecipavano alle manifestazioni del culto
ufficiale, e non avviavano i loro
figli al sacerdozio: in compenso,
ricevevano visite regolari dai loro
« maestri »: i barbi.
Questa lunga incubazione spiega la fioritura calvinista del 15581561: non solo le «colonie» vaidesi adottarono rapidamente la
Riforma, ma i loro predicatori
cominciarono a percorrere tutto
il « profondo Sud » del Paese: nel
1560 il pastore Giacomo Bonello
Veniva arrestato a Messina, tradotto a Palermo e bruciato nell’odierna Piazza dell'Ucciardone.
Col « caso Bonello » comincia il
Primo atto della tragedia valdese nel Sud: il martirio dei leaders. Giovan Luigi Pascale viene
bruciato a Roma, Ponte Sant’Angelo (dove oggi sorge la chiesa
metodista di lingua inglese), Stefano Negrin muore di fame nelle
carceri di Cosenza, Marco Uscegli scompare misteriosamente. La
Controriforma cancella la « Calabria pluralista » e distrugge il
mondo valdo-calabrese: prima di
tramontare, i valdesi di Calabria
si trovano, esattamente come i
loro confratelli piemontesi, di
fronte ai dilemmi della resistenza: davanti alla spietata macchina da guerra spagnola, la tradizionale non-violenza non ha più
spazio: i valdesi reagiscono sinofadicamente, uccidono quaranta
Soldàti e il governatore spagnolo,
tPa poi crollano e si consegnano.
Le testimonianze cattoliche
Contemporanee segnalano la serenùà del martirio delle centinaia
^ anzi migliaia — di condannati.
La discussione storica è ancora
La
presentazione del volume sui valdesi di Calabria.
viva intorno ad alcuni documenti: ad esempio quando si parla di
« due m. » morti, si vuol dire
duemila o qualcos’altro? Basta
questo dettaglio a farci rivivere
l’orrore della lunga repressione
che, qui come in Puglia, ha per
protagonista la Compagnia di Gesù. Nel nostro secolo, nuovi documenti e le accurate ricerche
d’un gesuita (lo Scaduto) hanno
largamente confermato le notizie tramandateci dagli storici
valdesi (Lentulo, Gilles).
Calabria democratica
Gli ex valdesi vennero concentrati a Guardia Piemontese, dove sopravvive fino ad oggi qualche nome di famiglia, qualche ricordo storico (la « Porta del sangue ») e l’antico dialetto (600
parlanti). Fin dal 1862 è stato dimostrato che si tratta d’un dialetto occitanico: oggi bisogna decidere se lo si vuol salvare, o lasciarlo scomparire nel livellamento generale. Il comune di
Guardia e la Regione Calabria
sono impegnate in questo salvataggio, che sta a cuore a tanti
valdesi. Ma è ben chiaro che la
questione dei valdesi di Calabria
non è un « affare riservato » della minoranza valdese: molti altri l’hanno presa a cuore da tempo. Già nel secolo scorso, liberali e democratici calabresi avviarono quel riscatto della memoria
dei valdo-calabresi che è la premessa dei nostri discorsi di oggi:
oggi le forze progressiste puntano più in alto, sul riscatto della
dignità culturale d’una minoranza (religiosa e linguistica) che
non è lecito ridurre a semplice
folklore: rivalutare la « memoria valdese » significa riappropriarsi d’un patrimonio culturale
appartenente a tutta la regione.
Calabria evangelica
E’ tutto nostro interesse nartecipare attivamente a questa « rinascita calabrese »: non solo perché nella regione operano attualmente cinque nostre comunità
(di cui tre di origine metodista):
Cosenza, Dipignano, Catanzaro,
Vincolise, Reggio, ma anche perché questi sette secoli di storia
radicano e legittimano la nostra
presenza nel Sud: non siamo
« andati in Calabria » ai tempi di
Garibaldi (per quanto affascinante sia quella pagina di storia): ci
siamo tornati, appena la spada
dei carnefici è stata rimessa nel
fodero. Ma dobbiamo studiarla
tutta, quella storia, e non concentrarci solo sulla « strage di
stato » del 1561: abbiamo bisogno di tutta la nostra « memoria
calabrese » per poter concepire
quello che il regista Verdegiglio
ha chiamato poeticamente « il futuro nella storia ».
Vorrei concludere con una riflessione personale: negli ultimi
cento anni i « valdesi impegnati »
(cioè quella parte della chiesa
che ne fa effettivamente la storia) hanno via via trovato dei
simboli assai diversi per esprimere l’idea che avevano della loro vocazione. Al tempo dell’inserimento dei valdesi nella tradizione patriottica italiana (fine
’8(X), inizio ’900), i simboli erano
due: il gitiramento di Sibaud e
la spada di Arnaud. Per la generazione della resistenza antifascista e deH’internazionalismo ecumenico, i simboli sono stati altri
due: il sinodo di Chanforan e la
Bibbia di Olivetano. Nei due casi,
si trattava di simboli a cavallo
tra l’Italia e l’Europa: l’universalità del valdismo si misurava
con la sua capacità di rapporto
con le metropoli della riforma e
dello sviluppo.
Per quella che chiamerei « la
generazione della costruzione democratica » (seconda metà dei
’900), i simboli sono ancora diversi: e sono, a mio parere, la
Porta del sangue e la filosofia di
Oangale: l’universalità del valdismo si misura dalla sua capacità
di rapporto con le « zone periferiche », con le aree dell’emarginazione e della sconfitta.
Non può essere un caso che il
valdismo del nostro tempo abbia
trovato in Calabria i suoi simboli
più toccanti, né il fatto che proprio a Guardia Piemontese abbia
avuto luogo il nostro più significativo « raduno di massa » (Pentecoste 1985): i martiri non sono
caduti invano, il riscatto della
memoria e la costruzione d’un
futuro significativo vanno avanti
di nari passo: e in questo futuro
il Mezzogiorno evangelico avrà
tutto lo spazio che vorrà conquistarsi.
Giorgio Bouchard
' Valdismo e Valdesi di Calabria,
Edizioni Brueghel, Catanzaro, 1988. Relazioni e interventi di Samuele Giambarresi, Giovanni Gönnet, Arturo Genre, Enzo Stancati, Vito Barresi, Antonio Cantisani, Rosario Olivo, Gaetano
Rocchetti, Diego Verdegiglio. Introduzione di Corratfo dannino.
Per chi volesse avere in una
sintesi chiarissima, rapida ed esauriente « le ragioni del no degli evangelici all’anno mariano»,
uno strumento efficace in una
cinquantina di pagine è questo
«dossier» della Claudiaina, a firma di Paolo Ricca e Giorgio
Toum.
Si tratta di un libriccino diviso
in tre parti, che esplorano l’argomento da diversi e complementari punti di vista.
La prima parte consiste in una
intervista di Paolo Ricca alla rivista « Servitium », qui rielaborata e srviluppata, in cui l’autore
affronta il significato della figura di Maria nel Nuovo Testamento, e dei diversi « ritratti »
che ne emergono: il più tmtico,
quello di una MEtria madre di
Cristo, ma non sua discepola se
non dopo la Pasqua; il secondo,
quello di una donna fin dall’inizio credente, partecipe, consape' vole; il terzo, quello di una figura simbolica. Le chiese della Riforma la vedono come un personaggio reale, non ideale, alla
fine testimone di Cristo, ma in
ogni senso creatura.
Se nei secoli la devozione e
il culto di Maria si sono sviluppati parallelamente alla « progressiva emarginazione della donna dalla vita ministeriale della
chiesa e alla crescente criminalizzazione della sessualità », la
dogmatizzazione della figura di
Maria è iniziativa recente: « C’è
un nesso evidente tra escalation
del papato e crescendo mariano ».
Mentre nell’ortodossia orientale
Maria appartiene alla sfera devozionale e liturgica, ma non a
quella dogmatica, nel cattolicesimo romano essa non è solo
più modello di fede, ma oggetto
di fede. Malgrado il parere contrario dell’attuale pontefice, che
parla di « luce mariana proiettata suU’ecumenismo » — conclude l’autore — « il futuro ecumenico della chiesa non sarà
mariano, ma semplicemente cristiano. E’ Cristo la nostra unità
presente e futura, è lui l'alfa
e l’omega della nostra salvezza
e della nostra speranza, compresa quella ecumenica ».
Questi temi vengono ripresi, in
appendice, da un articolo di Vittorio Subilia a commento dell’enciclica « Redemptoris Mater »,
già pubblicato nell’87 su « Protestantesimo », in cui si deplora
la « situazione di equivoci e la
babilonia ecumenica incapace di
rinnovamento evangelico », e si
ricorda l’attualità del giudizio di
Barth, per il quale « il dogma
di Maria è né più né meno che
il dogma centrale normativo della Chiesa cattolico-romana»:
Maria cioè rappresenta e simboleggia per essa la creatura umana che riceve la grazia in luogo
e al posto di tutta l’umanità,
collaborando all’opera di Dio per
la sua e la nostra salvezza. La
« incomprensione psicologica »
manifestata dall’enciclica nei
confronti della sensibilità protestante esprime semplicemente
— osserva l’autore — una « incomprensione teologica di fondo
del cattolicesimo, e in particolare della concezione cattolica
dei rapporti ecumenici, in base
alla quale la chiesa di Roma
ritiene di essere esentata dal ravvedimento di fronte all’Evangelo ».
Viene infine evocata la figura
viva e reale, poetica di questa
« ragazza singolare » che è la
Maria del « Magnificat », in quattro bellissime meditazioni di
Giorgio Toum. Essa è « l’immagine di tutti i credenti », e colpisce per « la leggerezza del suo
stupore », uno « smarrito stupore », uno « stufare riconoscente ».
Poiché « la riconoscenza nasce
solo quando è stato vinto l’egoismo ».
Ed ecco il ritratto quotidiano
e palpitante di questa ragazza,
che « non fa nulla, non si impegna in nulla, se ne sta tranquillamente in cucina con le mani
in grembo, nemmeno si preoccupa di testimoniare, di parlare », testimone del fatto che « il
mistero della fede consiste nel
ricevere... e non solo l’Evangelo, ma la giornata di sole e la
serata con gli amici, il sorriso
di un bimbo ed un ciliegio in
fiore ».
La fede di Maria è non solo
riconoscente, ma gioiosa: « La
sua preghiera è esemplare, perché è una preghiera che nasce
dalla gioia, una preghiera esultante, un'esplosione di riconoscenza che prorompe dal suo essere ».
E come non essere d’accordo
con le indicazioni di vita che ci
propone l'autore? « La serietà
dell’impegno, la tensione della
predicazione apostolica, l’urgenza della missione e il rischio della testimonianza non sono nulla senza gioia... La nostra fede
e la realtà della nostra comunità cristiana sono come un paesaggio di monti e valli, picchi e
pianure, ricco e complesso, ma
che si trasforma solo con un
raggio di sole. La gioia di Mar
ria è il raggio di sole che fa
la fede essere ciò che è ».
Piera Egidl
PAOLO RICCA, GIORGIO TOURN, Gli
Evangelici e Maria, Torino, Claudiana,
1987, pp. 55, L. 5.000.
TORINO — Il 18 e 19 marzo presso
il Centro storico Fiat (Via Chiabrera
20), verrà presentata la ricerca « Cultura e qualità della vita a Torino ». Per
informazioni tei. 011/679767.
TORINO — Sabato 19 marzo, alle ore
17, organizzato dal Segretariato Attività Ecumeniche, avrà luogo >un inconr
tro su: «il posto della donna nella
chiesa », con Adriana Zarri e Teodora
Tosarti.
IVREA — Presso la Chiesa valdese,
via Torino 217, si terrà venerdì 25
marzo, alle ore 21, un dibattito sul
tema: « Vivere la fede cristiana nel
tempo della secolarizzazione e della società dei consumi ». Introducono Giuseppe Scapino e Gianni Genre.
BRESCIA — Dal 23 al 25 aprile sì
tiene il seminario nazionale delle Comunità di base sul tema: « Le scomode figlie di Èva ». Il seminario si svolgerà presso la Facoltà di medicina e,
In esso, verrà presentato il dossier
pubblicato dalla Claudiana suH’ecumenismo.
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6
6 giustizia, pace e integrità della creazione
18 marzo 1988
In una lettera inviata ai primi di marzo a tutte le chiese
membro il Segretario generale
del Consiglio Ecumenico delle
Chiese (CEC), pastore Emilio Castro, commenta il rifiuto del Vaticano di aderire alla proposta
di essere oo-firmatario della convocazione deirAssemblea mondiale, prevista per il 1990, su
« Giustizia, pace, integrità della
creazione ».
Come si ricorderà, la proposta
dell’Assemblea riprende l’idea,
lanciata in occasione del Kirchentag dell’85, di convocare un
Concilio universale di tutte le
chiese sulle tre tematiche, che
costituiscono oggi i nodi cruciali coi quali si trova confrontata
la nostra umanità. La proposta
del Kirchentag, accolta con grande entusiasmo negli ambienti
delle chiese luterane, non mancò di sollevare perplessità nelle
dirigenze delle altre chiese. Perplessità forse in parte sottovalutate in im primo tempo, e che
non hanno mancato di rendere il
cammino lento e complesso.
Queste difficoltà hcinno evidenziato il peso delle tradizioni, lo
spessore delle diverse forme ecclesiologiche, consolidatesi nei
secoli, e le barriere che si ergono stilla ricerca di un cammino
comune.
I punti salienti
Per questo la lettera del Segretario generale del CEC acquista un rilievo particolare, perché fa il punto, più che sulla
questione specifica del rifiuto vaticano, su quello che egli definisce « il nostro pellegrinaggio ecumenico ».
Nel passaggio centrale della
lettera E. Castro pone la questione: « Come si situa il CEC
— e il movimento ecumenico in
generale — in rapporto alla Chiesa cattolico-romana? ». E prosegue; « Questo invito ha chiaramente toccato una .corda sensibile. Molte voci provenienti da
settori diversi si sono levate con
forza per esortare le chiese ad
unirsi in un concilio per la pace altamente rappresentativo, in
grado di rivolgere un appello alPopinione pubblica intemazionale e alle potenze mondiali. Ma
CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
I nodi vengono al pettine
II Segretario del Consiglio Ecumenico fa il punto della situazione
dei rapporti ecumenici con la chiesa cattolica: ambiguità e speranze
ben presto è stato chiaro che
non si poteva utilizzare la dicitura Concilio ecumenico, a causa delle sue imiplicazioni ecclesiologiche. Per molte chiese
membro del CEC questo concilio sarebbe stato una riunione
di vescovi e rappresentanti di
tutte le chiese, e nello stesso
tempo avrebbe presupposto il riconoscimento reciproco delle
chiese e dei loro ministeri. Ma
questo non corrisponde alla realtà. Ed ancora, in un concilio che
avrebbe visto le massime autorità delle chiese non ci sarebbe
Stato spazio alla i>artecipazione
dei numerosi gruppi di azione
ecumenica che sono oggi all’avanguardia nella ricerca della
pace, della giustizia, dell’integrità della creazione ».
Piaccia o no, questa è in effetti la realtà. Se da un lato si
può rimaner turbati nel constatare come le stmtture ecclesiastiche finiscano per costituire un
consistente ostacolo, e al limite
un blocco, per ogni iniziativa
nuova, dall’altro si deve pur prendere atto che esistono queste
differenze e questi ostacoli; un
cammino nuovo non può essere
intrapreso se prima non ci si
è liberati dalle cose vecchie.
Ma E. Castro dice anche come il CEC ha ritenuto bene agire per superare l'impasse e rispondere quindi alle spinte favorevoli ad un concilio: « ...per
questo abbiamo cominciato a
parlare di Assemblea per indicare l’ampiezza della natura collettiva e solidale dell’avvenimento, senza per questo dar ad intendere una unità ecclesiologica
più grande di quella che si manifesta realmente ». Bisogna dar
atto al CEC di aver cercato, con
questa mediazione, di salvare la
m
■ • *
ri
\
1983 Vancouver (Canada) — L’Assemblea generale del Consiglio ecumenico dedicò ampio spazio alle tematiche della giustiza e della pace
e propose anche una conferenza rnondiale da tenersi nel 1991 su
« giustizia, pace, integrità della creazione ».
sostanza della cosa, valutando
come relativa la forma. « Si sperava — continua la lettera di
E. Castro — di favorire in tal
modo la più ampia partecipaziu
ne possibile, non soltanto a livello del CEC e delle sue chiese
membro, ma anche a quello della Chiesa cattolico-romana e delle altre chiese che non fanno
parte della famiglia del CEC, e
delle comunioni cristiane mondiali o delle organizzazioni ecumeniche regionali. Nel gennaio
’87 il Comitato centrale del CEC
ha ufficialmente invitato la Chiesa cattolica ad impelarsi in
questo processo in qualità di cofirmataria della convocazione, of
frendole la possibilità di partecipare pienamente ai lavori del
gruppo responsabile dell’organizzazione deH’assemblea. Nel corso dell’87 la nostra proposta è
stata esaminata con attenzione
e vi sono state consultazioni intense a diversi livelli con la curia romana ».
E. Castro rende atto nella sua
lettera del clima serio ed anche
entusiastico creatosi con quelli
che egli chiama « i nostri amici
a Roma »; riconosce anche che
un passo positivo è stato fatto
in quanto il Vaticano ha
deciso di nominare persone responsabili e altamente qualificate per la collaborazione richie
sta. Ma non nasconde anche una
certa delusione: « ...tuttavia —
egli prosegue — Roma ha giudicato che le era impossibile essere co-firmataria. In una lettera inviatami dal cardinale Willebrands in dicembre per spiegarmi questa decisione, una delle ragioni invocate è la diversità di natura che esiste tra questi due organismi: la Chiesa cattolica romana e il CEC ».
In altri termini la questicxne
posta da Willebrands era questa;
chi parla a nome della Chiesa?
Se le chiese membro del CEC
e la Chiesa cattolica si trovavano unite nell'invito, questo avrebbe significato un mutuo riconoscimento delle due diverse
realtà. Dunque oollaboriamo si,
ma non possiamo non solo dirci, ma neppure lasciar ad intendere che siamo chiese sorelle!
Rimaniamo aperti
La questione del concilio/assemblea è dunque stata una cat tina al tornasole che ha messo
in evidenza come, nonostante riña collaborazione si sia stabilita in tutti questi anni a diversi
livelli, tra il CEC e la Chiesa cattolica, in realtà il fossato sia
ancora profondo.
« Siamo certo delusi — scrive
Castro —. Viviamo tutti in mezzo a tensioni ed ambiguità: i
nostri amici di Roma ed anche
noi ». Tuttavia il cammino va
avanti. Non come si sperava, ma
in tono minore. La delusione non
deve però impedire di cornpiere
insieme quel poco che si può
compiere. La primavera prossima a Basilea avrà luogo un incontro ecumenico europeo convocato dalla KEK (la Confere’iza delle chiese europee) e dal
Consiglio delle conferenze episcopali europee.
Al termine della sua lettela
Castro conclude nobilmente: « l.a
Chiesa cattolica romana e le altre chiese avranno sempre un
posto non solo aH’interno dell’attuale Consiglio Ecumenico,
ma anche in quel Consiglio Ecumenico che insieme potremo
creare, perché serva ancora meglio alla causa dell’unità che ci
sta a cuore ».
Luciano Deodato
Molto è accaduto e molto sta accadendo in merito al processo conciliare di impegno comune su giustizia, pace e integrità del creato. L’Assemblea di Vancouver
(1983) ha proposto questa questione a
tutte le chiese membro del CEC. Il Comitato centrale ritinito a Buenos Aires
(1985) ha chiesto al CEC di invitare a
partecipare la chiesa cattolica, e il Comitato centrale riunito a Ginevra (1987)
ha chiesto al Segretario generale del CEC
di invitare la chiesa cattolica non soltanto a partecipare al processo, ma anche
ad essere co-invitante, insieme al CEC,
della Convocazione internazionale sulla
giustizia, la pace e l’integrità del creato,
programmata per il 1990. L.a consultazione di Glion su GPIC (1986) ha chiesto al
CEC di invitare anche le chiese non aderenti che hanno rapporti fraterni con il
CEC a partecipare al processo e alla (invocazione internazionale. Le confessioni
cristiane mondiali e anche le organizzazioni ecumeniche locali hanno espresso
la volontà di partecipare. Dalle varie decisioni prese negli incontri del CEC su
GPIC e nei colloqui con le organizzazioni ecumeniche locali, diverse confessioni mondiali e la chiesa cattolica, è
scaturito uno stile di lavoro. L’intento di
questo breve articolo è quello- di illustrare i presupposti, i progetti e i possibili
obiettivi di GPIC.
1. L’intento principale di GPIC-OEC non
è tanto quello di fare da pioniere quanto
quello di preparare il percorso.
Una delle aspettative riguardo a GPICCEC è che esso fornisca nuove indicazioni e prenda posizione sulle questioni della pace, della giustizia e delTintegrità
del creato. In poche parole, che si tratti
di im programma pionieristico. L’aspettativa dell’Assemblea sul processo conciliare di impegno comune per la giustizia, la pace e Tintegrltà del creato sembra essere diversa. Essa prevede che le
chiese stesse prendano posizione. Quindi il ruolo di GPIC-CEC dovrebbe essere
quello di mettere le chiese in grado di
parlare e di agire sulle questioni della
pace, della giustizia e dell’integrità del
creato.
PER UNA VISIONE ALTERNATIVA DEL MONDO
Le linee di lavoro
La Convocazione mondiale per unificare una pluralità di
risposte - Un ”no” a tutte le minacce poste all'umanità
Il movimento ecumenico nel suo insieme, e non soltanto il CEC, ha fatto
molto nel campo del pensiero ecumenico sociale e ha preso posizione sui problemi più urgenti per la sopravvivenza
delTumanità. Il lavoro è stato fatto a
livello locale, regionale e globale da diverse chiese e organizzazioni ecumeniche.
Soprattutto localmente, movimenti cristiani e gruppi di azione hanno fatto
molto per portare alla nostra attenzione
le minacce alla sopravvivenza umana, la
lotta per la giustizia, e la necessità di
una maggiore preoccupazione per la natura. Il lavoro continua. Il ruolo di GPICCEC dovrebbe quindi essere quello di
rendere le chiese capaci di riconoscere e
affermare nei loro specifici contesti ciò
che il movimento ecumenico nel suo
insieme ha fatto e sta facendo. Questo
dovrebbe fornire alle chiese un supporto teologico, scaturito dal lavoro del movimento ecumenico, per articolare e concretizzare il loro specifico impegno di
fede per la pace, la giustizia e l’integrità
del creato.
2. Il ruolo di GPIC-CEC è quello di raccogliere tutto ciò che avviene nelle lotte
per la giustizia, la pace e l’integrità del
creato, piuttosto che quello di formulare per gli altri posizioni ecumeniche globali.
GPIC è un programma del CEC. L’Assemblea di Vancouver ha invitato le chiese membro del CEC a partecipare ad un
processo conciliare di impegno comune
(covenant) per la giustizia, la pace e l’integrità del creato. Quindi il compito di
GPIC-CEC è quello di discernere tutto
ciò che sta già accadendo e raggrupparlo
in vista di ima risposta ecumenica globale per la giustizia, la pace e l’integrità
del creato, intesi come un insieme unico e inscindibile.
a) Ci sono e ci saranno una pluralità
di risposte a GPIC. Ogni risposta rifletterà particolarità contestuali e corifessionali, cosa che è già stata riconosciuta
alla consultazione di Glion su GPIC (’86).
In altre parole, ci saranno differenze nel
modo in cui le minacce e i problemi per
la giustizia, la pace e l’integrità del creato saranno percepiti e articolati. Anche le
forme di impegno per parlare e agire insieme varieranno da situazione a situazione.
b) L’integrità e la validità di ogni risposta dovrebbero essere riconosciute e
affermate. In altre parole, qualunque sia
il punto di partenza del percorso «ulla
giustizia, la pace e l’integrità del creato
e qualunque sia la forma di partecipazione ecclesiale alla lotta, ogni avvenimento che ha luogo sotto l’ombrello GPIC è
a pieno titolo im avvenimento GPIC e non
semplicemente una preparazione per la
Convocazione mondiale GPIC. Questa definizione si dovrebbe applicare a tutti
gli eventi nazionali GPIC. E la stessa cosa vale per le convocazioni GPIC promosse dalle organizzazioni ecumeniche regionali e per quelle delle confessioni cristia
ne mondiali, le quali hanno tutte espresso la volontà di lavorare « nel, con e sotto » l’appello di Vancouver, e hanno fatto in modo che l’integrità e la validità
delle loro risposte siano riconosciute e affermate.
c) La Convocazione mondiale dovrebbe quindi essere un’occasione per raggruppare una pluralità di risposte a GPIC.
Dovrebbe essere un momento per apprendere gli uni dagli altri e per esprimere insieme, in modo coinvolgente e
unitario, la posizione comune delle chiese e dei cristiani sulle istanze della pace, della giustizia e dell’integrità del creato. Infine, dobbiamo cercare di formulare « una base comune » che permetta,
una pluralità di risposte, azioni e stili
di lavoro.
Se la Convocazione mondiale svolgerà
bene questo ruolo, il GPIC-CEC dovrebbe facilitare i dialoghi tra le molte risposte al GPIC che stanno emergendo.
La domanda essenziale che le chiese dovrebbero rivolgere l’una all’altra nel
corso di questo dialogo è: « Potete accettare le nostre convinzioni come ispirate dallo stesso Vangelo sul quale avete cercato di basarvi nella vostra situazione? ».
Ci sono due passi da fare per lavorare
verso una posizione comune delle chiese
e dei cristiani sulla giustizia, la pace e
l’integrità del creato. Il primo passo è
la formulazione di un chiaro « no », come impegno di fede, alle minacce che si
pongono all’umanità e al creato nel suo
insieme. Su questo punto sta già emergendo un consenso. Il secondo passo è piu
diflìcile ma non meno importante del
primo. E’ la formulazione di una visione
alternativa della società e del mondo, in
cui la dignità e i diritti umani siano
affermati, in cui le guerre e le rninacce
di guerra non esistano più e in cui vi sia
un atteggiamento di preoccupazione per
la creazione di Dio. Impegnarsi per questa visione, pregare e lavorare per la
sua realizzazione significherebbe dire insieme: « Il Tuo Regno venga. Sia fatta la
Tua volontà in terra come in cielo ».
Preman Niles
7
18 marzo 1988
obiettivo aperto
UNA DENUNCIA DA STOCCOLMA
Le guerre dimenticate
41 nazioni coinvolte in conflitti con milioni di morti e feriti L’Italia vende l’80% della produzione bellica a 17 paesi in guerra
« Probabilmente, non ci sono
mai state tante guerre simultaneamente come oggi accade e,
neppure, tanti combattimenti in
cui vengono impiegate armi di
cosi grande potere distruttivo...
Per la natura stessa della maggior parte di questi conflitti, il
coinvolgimento della popolazione
civile ha assunto dimensioni assai più ampie che non nel passato... Numerosi conflitti locali sono potenzialmente in grado di
trasformarsi in guerre regionali
o in occasioni di confronto tra
le due superpotenze ».
Mentre in questi giorni leggevo
queste considerazioni di Stephen
D. Goose, un esperto ricercatore
di questioni militari, pubblicate
nell’annuale Rapporto del SIPRI
di Stoccolma (1), mi venivano in
mente i fiumi d’inchiostro versati in questi mesi circa le trattative Est-Ovest sullo smantellamento dei missili di teatro in Europa. Non potevo fare a meno di
mettere a confronto i risultati
dello storico incontro di Washington tra Reagan e Gorbaciov (che
non voglio denigrare, ma che riguardano pur sempre solo il 3%
degli arsenali nucleari delle superpotenze) e il panorama impressionante di guerre, di uomini
in armi, di morti che si manifesta oggi nel mondo, soprattutto
nel Terzo 'Mondo. Da una parte
plausi quasi incondizionati dell’opinione pubblica mondiale alla
buona volontà ed alla finalmente
ritrovata ragionevolezza dei due
imperatori del mondo; dall’altra
la disinformazione, la disattenzione e qualche volta il fastidio
verso quegli eventi che ogni tanto, attrave so sporadici flash di
telegiornali o brevi articoli di inviati speciali, irrompono nel nostro vivere quotidiano europeo.
1 dati dei conflitti
in corso
La sensazione che i sospiri di
sollievo per la partenza dal suolo europeo di migliaia di missili
siano ancora una volta il frutto
di una visione egocentrica ed ipocrita della storia, che ci ha fatto
dimenticare in questi quarant’anni di pace per noi, l’apocalisse
che si abbatteva e si abbatte in
altri paesi del mondo è più che
mai presente ed 'inquietante.
Ma vediamoli un momento da
vicino questi conflitti in corso,
queste « guerre dimenticate » o
spesso pesantemente trascurate.
Verso la metà del 1987 si contavano nel mondo 36 conflitti armati (intendendo come conflitto
armato una lotta prolungata, condotta mediante l’uso di armi, tra
due o più governi o tra le forze
militari di un governo e quelle di
un’opposizione organizzata). Oltre 5 milioni di soldati di 41 paesi
(cioè un quarto dei 165 Stati del
mondo) sono direttamente coinvolti in combattimenti, ma molti
altri paesi sono coinvolti in modo
indiretto, quali fornitori di armi,
di addestratori, di consiglieri militari, ecc,
11 numero delle vittime provocato da questi conflitti supera i
5 milioni, mentre quello dei feriti
raggiunge i 20 milioni.
Tutti questi conflitti si svolgono nel Terzo Mondo, ad eccezione di quello delTIrlanda del
Nord: 4 sono nell’Asia Meridionale, 8 in Estremo Oriente, 6 in
Medio Oriente, 11 in Africa e 6
in America Latina. La maggior
parte sono conflitti interni ai singoli Stati, spesso con appoggi
ed interventi esterni. Ma esistono anche conflitti tra Stati:
il più conosciuto è quello tra Iran
e Iraq, ma vi sono anche quelli
tra Cina e Vietnam, tra Etiopia
e Somalia.
Gran parte di queste guerre durano da molti anni: 4 iniziarono
addirittura negli anni ’40. Ma ce
ne sono anche di recenti: ben 8
sono iniziate negli anni ’80,
Natura e
caratteristiche
Una delle caratteristiche più rilevanti di questi conflitti è che raramente essi giungono a conclusione; i combattiménti ' si interrompono per alcuni mesi e poi
riprendono più violenti di prima.
Il livello della violenza dei combattimenti varia a seconda dei casi: si va dalle decine di migliaia
di morti (spesso adolescenti) che
si registrano nel conflitto IranIraq in una sola battaglia, che si
combatte lungo l’arco di una settimana tra centinaia di migliaia
di soldati (attualmente si calcola
che su un fronte di 1.200 chilometri siano schierati quasi due milioni di soldati), alle improvvise
e brevi insurrezioni che si verificano per esempio in Malaysia.
Per il numero delle vittime, i
conflitti più violenti degli anni ’80
sono quello tra Iran e Iraq (circa 800.000 morti, anche a causa
dell’impiego di armi chimiche da
parte dell’Iraq e della teoria iraniana dell’« onda umana » che vede oentinàià’di migliaia di soldati scagliati contro le artiglierie
irachene); quello della Cambogia
(3 milioni di morti, in gran parte
civili, durante il sanguinoso regime khmer di Poi Pot nel periodo 1975-78); quello delTUganda
(250.000 morti provocati dai massacri della popolazione civile da
parte di Amin); delTAfghanistan
(oltre 200.000 morti dal dicembre
1979, quando 115.000 soldati dell’Armata Rossa invasero il paese); del Libano, delle Filippine,
del Guatemala, di E1 Salvador; in
questi casi connotato comune è
sempre la grande quantità di civili uccisi.
Molte nazioni sono impegnate
in conflitti tanto interni quanto
esterni. Tra questi ultimi i casi
più importanti sono quelli dell’Iraq, dell’Iran e dell’Etiopia.
Il Vietnam, oltre al conflitto di
confine con la Cina, combatte in
due nazioni straniere, la Cambogia ed il Laos. Il Sud Africa ha
effettuato incursioni in Angola,
Mozambico, Botswana, Zambia e
Zimbabwe.
Le ragioni che sono alla base di
questi conflitti sono molto numerose. Ci sono guerre che sono nate per dispute riguardo ai confini,
guerre per l’autonomia, guerre
contro l’invasione straniera, guer
re religiose, guerre per conquiste
territoriali od economiche o di
carattere politico, o guerre comunque derivate dalla combinazione di più di questi elementi.
Contrariamente a quanto spesso si pensa, tra le ragioni fondamentali della conflittualità mondiale attuale non c’è il tema dominante della lotta tra capitalismo e comunismo o del confronto Est-Ovest. In Cambogia un governo comunista combatte contro ribelli comunisti. La disputa
di confine tra Cina e Vietnam pone a confronto due governi comunisti. Molto spesso governi non
comunisti combattono contro ribelli non comunisti. I fattori religiosi, economici ed etici sono di
norma più importanti di quelli
ideologici, ma tra tutti il nazionalismo rimane il più potente stimolo alla conflittualità mondiale
attualmente in corso.
Un fiorente mercato
per l’Italia
Nonostante l’origine interna
dei conflitti, i paesi stranieri, in
primo luogo Stati Uniti ed Unione Sovietica, sono coinvolti in
molti di essi: circa 500.(XX) soldati stranieri prendono parte ad
almeno 7 conflitti diversi. La fornitura di armi ha determinato la
tendenza all’allargamento ed al
prolungamento dei conflitti: gli
USA sono i maggiori fornitori di
16 paesi in guerra, mentre TURSS
lo è per altri 14. Ed anche l’Italia, che vede l’80% delle sue
esportazioni di armi rivolte al
Terzo Mondo, rifornisce una buona parte (17) dei paesi in conflitto, spesso (come nel caso di
Iran ed Iraq) sia l’uno che l’altro
dei contendenti.
Nel paragrafo riguardante la
guerra Iran-Iraq, il rapporto del
SIERI giunge a queste conclusioni che, pur nel loro linguaggio
asciutto e professionale, dovrebbero farci riflettere: « ...La guerra ha dimostrato come sia facile
ad essere iniziata quando si ritiene di poterla rapidamente vincere e come sia, invece, difficile arrestarla o anche solo contenerla...
Essa dimostra chiaramente che
le superpotenze non sono in grado di controllare la conflittualità
mondiale, la quale prescinde dai
loro interessi. Essa inoltre costituisce un avvertimento per le nazioni che esportano armi: esse
non possono esercitare alcun controllo su chi ne farà poi effettivamente uso ed in quale modo... Per
il futuro l’unica previsione sicura
è che la guerra farà ancora molte
vittime. Mentre nessuna delle due
parti ha la forza di infliggere ali'altra il colpo definitivo, entrambe hanno l’armamento e la volontà di infliggersi reciprocamente
gravi perdite».
Meno fiducia acritica nei' confronti delle parole dei due imperatori del mondo, più attenzione
e ricerca di informazione su
quanto sta avvenendo sul nostro
pianeta, più rigoroso controllo
sulle avventurose politiche militari dei nostri governanti, maggior
coraggio nella ricerca di forme di
intervento dal basso contro le
crescenti spese militari del nostro paese mi sembrerebbero, alla luce di quanto descritto, il minimo indispensabile.
Se poi, come singoli cittadini,
non riusciremo ad evitare le
guerre, se non riusciremo a costruire la pace nel mondo, impresa al di sopra delle nostre misere forze di esseri umani, almeno
saremo coscienti del fatto che la
pace non è e non può essere uno
stato d’animo che continuiamo a
coltivare nel nostro orticello europeo. Perché viviamo in un mondo pieno di guerre, che ogni giorno producono migliaia di vittime; e questi morti ci ricordano,
come diceva un poeta inglese^ del
’6(X), che nessuno di noi è un’isola... che non dobbiamo mandare
a dire per 'chi suona la campana.
Perché essa suona per noi.
Aldo Ferrerò
‘ .11 SIPRI (Stokholm International
Peace Research Institute) è uno dei
più autorevoli, e neutrali, istituti di
ricerca sui problemi della pace e dei
conflitti. E’ finanziato dal Parlamento
svedese.
1 CONFLITTO conflitti ANNO DI INIZIO in cifre N. SOLDATI N. VITTIME
Irlanda del Nord 1969 20.000 2.500
Iran 1979 115.000 ?
Iraq 1980 112.000 9
Iran - Iraq 1980 1.550.000 800.000
Israele-Palestinesi 1948 180.000 10.000
Libano 1975 95.000 125.000
Siria 1976 120.000 26.000
Afghanistan 1978 210.000 200.000
India 1947 200.000 10.000 U83-’86)
Pakistan 1972 60.000 9.000
Sri Lanka 1983 45.000 4.500
Birmania 1948 150.000 90.000
Cina-Vietnam 1979 500.000 50.000
Indonesia (Est Timor) 1975 120.000 100.000
Cambogia 1970 120.000 3.000.000
Laos 1975 100.000 50.000
Malaysia 1945 25.000 5.000
Filippine 1970 120.000 110.000
Thailandia 1965 55.000 2.000
Angola 1975 90.000 10.000
Ciad 1965 22.000 21.000
Etiopia 1962 150.000 45.000
Etiopia - Somalia 1964 145.000 40.000
Mozambico 1978 40.000 8.000
Namibia 1966 30.000 10.000
Sud Africa anni '70 115.000 10.000
Sudan 1983 76.000 3.000
Uganda 1981 12.000 250.000
Sahara Occidentale 1975 135.000 10.000
Zimbabwe 1980 42.000 2.000
Colombia 1978 80.000 10.000
Ecuador 1985 30.000 2.000
E1 Salvador 1977 50.000 60.000
Guatemala 1967 25.000 40.000
Nicaragua 1981 90.000 10.000
Perù 1980 50.000 8.000
36 conflitti 5.079.000 5.083.000
NOTE ALLA TABELLA — Quando è indicato il no- tree in Etiopia, del Fronte Polisario nel Sahara Occ.
me di un solo paese si tratta di una guerra civile. (contro il Marocco), ecc.
cioè tra il governo di cfuel paese, a volte anche aiu- Alle volte si tratta di movimenti antigovernativi.
tato direttamente da Stati stranieri, ed organizzazio- organizzati militarmente, che si muovono partendo
ni militari che si oppongono al governo. da posizioni ideologiche e politiche opposte a quel-
Qualche volta si tratta di organizzazioni separa- le del governi dei rispettivi paesi, come nel caso
tiste 0 di minoranze etniche 0 religiose, come nel di molti Stati dell’America Latina e dell'Africa.
caso dell’ISA nell’lrlanda del Nord, dei Curdi in Altre volte ancora si presentano situazioni molto
Iran ed Iraq, dei Sikh in India, dei Sindhi in Pa- più complesse come nel Ubano, per il problema
kistan, dei Tamil in Sri Lanka, dei Karen in. Birmania, Israele-Palestinesi, neH’Afghanistan, nella Cambogia,
del Fretilin in Indonesia, del Fronte di Liberazione Eri- nel Sud Africa.
8
8 vita delle chiese
18 marzo 1988
NIZZA
CORRISPONDENZE
Storia di una chiesa
che non c’è più
Fino al 1848; repressione della libertà religiosa - L’emancipazione
e il fiorire di iniziative evangeliche - Una vicenda finita nel 1939
Giordano Senesi
Prima del 1848
E’ interessante riipercorrere
l'itinerario della testimonianza
dei credenti che hanno contribuito alla nascita e alla crescita
della comunità valdese di Nizza; è noto che sin dal lontano
medioevo, nella grande diaspora
europea valdese Nizza è stata
visitata dai barbi: ricordiamo
Martino Pastre nel secolo XIV
e i barbi André e Martin verso
la fine del XV secolo. Nel secolo scorso, dopo la caduta di
Napoleone, la regione ritorna
sotto il giogo dei Savoia che
sopprimono ogni forma di libertà religiosa; i pastori franca
si e svizzeri possono esercitare
la cura d'anime soltanto nelle
case dei protestanti stranieri senza possibilità di tenere dei culti
regolari.
Gli incesi, invece, in virtù dell'appoggio dato al congresso di
Vienna ai Savoia pei- riavere i
loro antichi domini, ottengono
di costruirsi un tempio, con le
seguenti clausole: deve rassomigliare ad una villa, con delle alte mura e dei cipressi attorno,
lontano dalla città.
Nel 1835 il pastore svizzero
Buscarlet, venuto a Nizza per
motivi di salute, ottiene di affittare un locale, sempre fuori della città, con la porta ben chiusa
durante i culti, non prospiciente la strada, con orari stabiliti
dalla polizia e due chiavi: l'una
per il pastore e l'altra per la
polizia. Qualche tempo dopo viene impartito l'ordine di predicare in tedesco per un'assemblea i cui quattro quinti parlano soltanto il francese, compreso il pastore; si vede che la polizia sabauda conosceva il dono
delle lingue... Qualche tempo dopo, il culto si tiene nella casa
pastorale ed in lingua francese;
la concessione incoraggia gli inglesi a scendere in piazza ed a
predicare, con conseguente arresto del predicatore e l'espulsione dell'innocente Buscarlet.
Nel 1841 il tentativo dell’evangelista Corinaldi di tenere dei
culti in casa sua -viene presto
stroncato dalla polizia.
L’emancipazione
e ii ’’Risvegiio”
Dopo il '48 si costituisce una
comunità di lingua francese ed
un'opera di evangelizzazione tra
gli italiani, dirette da un comitato di stranieri. Nel 1853 la Tavola accoglie la domanda della
comunità di far parte della
chiesa valdese, con l'invio del pastore Malan a cui succede poco
dopo il pastore parigino Léon
Pilatte. Nel 1857 in via GiofFredo
è inaugurato il tempio valdese.
In questo periodo si fa sentire la presenza dei darbisti che
hanno una comunità diretta da
Enrico Bettex e compiosta di elementi stranieri; il conte Guicciardini, di idee più aperte perché in comunione col Muller,
viene accolto in quell'assemblea
e collabora per l’evangelizzazione in Liguria. Lo zelo evangelistico traina una parte della
comunità valdese e gli evangelisti Borelli e Astigiani, con conseguente tensione e reciproche
accuse; comunque qua e là si
formano dei gruppi, compresa
Vallecrosia con quaranta membri, curati dall’ex sacerdote Aprosio che subisce processi e qual
che giorno di prigione. I colportori, secondo la proverbiale immagine dell’evangelista del tempo — per citare il Maselli nel
volume « Tra Risveglio e Millennio » —, percorrono la Liguria
« camminando di notte con una
lanterna per arrivare al mattino sul posto di e-vangelizzazione... ».
La comunità nata dalla frattura con la chiesa valdese si
proclama indipendente e la sua
durata è effimera: dal 1862 al
1875, e cioè dopo la morte dei
conduttori. Il gruppo superstite
rinnova alla Tavola la richiesta
di far parte della chiesa valdese e di riaggregarsi a quella
esistente; la domanda viene accettata.
Testimonianze deila
comunità vaidese
Dal 1875 e sino a fine secolo
gli uomini in\nati dalla Ta-vola
a Nizza sono in prevalenza figli
del « Risveglio » ginevrino per aver frequentato la scuola teologica dell’« Qratoire » di Ginevra. Il
resoconto del Comitato di evangelizzazione, almeno per il po
riodo che ho consultato e cioè
dal 1875 al 1890, rivela il grande
beneficio spirituale ricevuto dalla chiesa valdese di Nizza a mezzo di quei pastori « risvegliati »,
con un’ajjertura verso Testerno
sia come annunzio dell’Evangelo agli emigranti italiani in particolare sia come azione culturale e sociale.
Ecco alcuni esempi: il pastore Weitzecker fonda un comitato per gli italiani e inaugura una
casa per accogliervi le ragazze
disoccupate. Coi pastori Muston
e Meille nella chiesa, oltre il ramo
di lingua francese per i francofoni, c’è ora il ramo italiano con
un’attività regolare che si svolge nella sala attigua al tempio
e con un pastorato regolare;
inoltre sono in piena fioritura
le scuole diurne e serali, con la
collaborazione dei giovani e con
più di cento alunni. La frequenza ai culti è in media di 500
in inverno e 300 in estate e la
scuola domenicale ha più di 100
alunni, molti dei quali cattolici.
La cura pastorale è intensa, con
riunioni bibliche e di preghiera
nonché con molte visite che al
tempo del pastore Malan raggiungono la cifra di 1.190, di cui
550 in casa del pastore e 640 nelle famiglie delia comunità nell’arco di un anno.
Questa forza spirituale della
chiesa consente di frontegg’are
l’epidemia del colera e la crisi
economica dell'83; infatti, nonostante la partenza di molti operai, la chiesa è sempre ben frequentata; non soltanto, ma la
comunità riesce a costruirsi una
sala per conferenze ed una biblioteca in piazza della Repubblica. Molti cattolici sono attratti dalla testimonianza dei credenti; uno di loro non osava
mai entrare in chiesa perché gli
dicevano che i pastori « pratiquent le genre ennuyeux », cioè,
ftmno venir sonno durante il
culto. Il nostro cattolico invece
rimase edificato dalla potenza
della Parola perché guidata dallo Spirito e non soltanto in virtù dello studio teologico.
In quel periodo l’interesse per
l’Evangelo è notevole, come nell’esempio seguente: un anziano
lavoratore era sempre immerso
nella lettura della Bibbia ed i
suoi amici e parenti lo prendevano in giro; con calma rispondeva: « Se sapeste che consolazione ho trovato in quel libro!
Nessuno lo può comprendere se
non colui che si accinge a leggere con perseveranza e spirito
di preghiera; da quel libro estraggo sempre cose nuove... ».
La nota dolente è lo scarso
interesse di certi valdesi delle
valli che si lasciano facilmente
corrompere ed a tal punto che
il pastore esclama: « Non è possibile mettere un freno a questa funesta emigrazione? ».
Al culto assistono elementi di
varie denominazioni ma le differenze scompaiono perché, quando si tocca quel tasto, i neofiti
rispondono che preferiscono mille volte l’Evangelo alla loro denominazione...
Lo zelo evangelistico è intenso: i pastori e i credenti visitano Tenda, Cannes, Marsiglia;
il pastore Gay visita le famiglie
delle Alpi Marittime e i discendenti degli antichi protestanti;
celebra il culto nella caverna dei
calviinisti con la presenza di molti cattolici.
La chiesa valdese prima, e la
chiesa riformata dopo, hanno
svolto una missione preziosa in
risposta a quella scritta scolpita sulla roccia d'una grande fontana vicino a Nizza ed in dialetto del posto: « donas a beure en
achelu can set », cioè dai da bere
a colui che ha sete. E la sete
è grande ancora oggi, purché riusciamo a dare l’acqua che fece
felice la Samaritana.
Il ’’residuo
valdese”
L’occasione del XVII febbraio
ha consentito a me ed a mia
moglie di conoscere o rivedere
il volto di persone valdesi e riformate in un clima di gioiosa
comunione fraterna nel « weekend » del 13 e 14 febbraio. Ricordo alcune sorelle valdesi: Bouchard, la cui madre compie cento anni quest’autunno, Jahier,
Long di Pramollo, Elena Bounous di San Germano, Alice Pastre e la consorte del pastore
Mordant di Pomaretto, Rina ed
Elsa Bianchi-Reynaud. Alla conferenza del sabato c’era pure una
delegazione italiana: il pastore
Carcò e consorte, Sergio e Dorotea Nisbet ed il predicatore
Umberto Rovara. Alcune valdesi
ricordano ancora il pastore Alberto Prochet con il quale ha
termine la nostra presenza valdese, con l’infelice vendita della
chiesa, sala di evangelizzazione
e scuola, nel 1939; rimangono ancora alcune scritte all’esterno.
Molto commovente il momento
del battesimo al culto della domenica, dove il fanciullo era circondato dai bambini della scuola domenicale; il battezzato fa
parte di una famiglia il cui bisnonno fu convertito daH’evangelista Maurizio De Maria, ben
nota figura di evangelizzatore
nella Costa Azzurra.
Sono riconoscente al pastore
Georges Cabanis per l’invito rivoltomi e per l’accoglienza ricevuta in casa sua e all’agapie fraterna preparata da un gruppo
di credenti, seguita da messaggi
e canti vari.
Gustavo Bouchard
Ormai oltre un mese fa, abbiamo letto sul giornale la notizia
della morte di Giordano Senesi,
deceduto a La Spezia il 4 febbraio. I funerali si erano svolti
due giorni dopo; nel tempio gremito di credenti ed amici tante
erano state le testimonianze, i ricordi commossi. Eppure i convenuti non erano che una parte, i
portavoce delle chiese dei fratelli
che avevano riconosciuto in lui
un fraterno compagno di strada
nel cammino della fede.
Per anni ed a vari livelli egli ha
partecipato a conferenze, assemblee e sinodi, con scrupolo di servizio, contento di ritrovarsi con
tanti amici. Ma la sua sollecitudine, dettata da una vocazione
perseguita fedelmente, andava
sempre' alle vicende delle "sue”
chiese — da Taranto a La Spezia,
a Carrara — e a quella disseminazione di gruppi, nuclei, famiglie che noi chiamiamo "diaspora”. Predicatore "laico” e esortatore, consigliere, sapeva essere
fratello e compagno dei pastori,
poteva compartecipare con gioia
e profitto nell’opera del Signore.
Le Chiese metodiste e valdesi
sono riconoscenti al Signore per
quanto ci è stato dato dalla sua
vocazione alla fede e al servizio.
Oggi che la sua giornata fra noi
si è compiuta, e si è compiuta
nel dramma della sofferenza vissuta fino al limite con coraggio e
amore, lo ricordiamo quale testimone deH’Evangelo della vita in
Cristo, condividendo il dolore dei
suoi familiari che per tanti anni
sono stati partecipi e coinvolti
nel suo servizio cristiano.
Gli evangelici
e il XVII febbraio
FIRENZE — Il 17 febbraio è
stato ricordato in una serie di
momenti diversi: sabato 13, dopo la recita dei catecumeni, c’è
stato il falò a Casa Cares, con
la partecipazione di un gruppo di
catecumeni di Pomaretto.
Mercoledì 17 abbiamo poi avuto un momento interdenominazionale con l’agape nei locali di
via Manzoni.
E’ infatti tradizione che il 17
febbraio interessi tutto il mondo
evangelico fiorentino. Abbiamo
dunque avuto con noi una buona rappresentanza della Chiesa
battista e altri fratelli della Chiesa Apostolica Italiana e della
Chiesa del Nazareno. Ha parteci
pato la corale, di cui fanno parte
molti membri della Chiesa dei
Fratelli. Salvatore Caponetto ha
poi presentato la figura di Bernardino Ochino nel contesto della Riforma in Toscana.
Domenica 21, infine, c’è stato
il momento più « valdese » della
ricorrenza. In una riflessione sull’identità il past. Sonelli ha evidenziato i vari aspetti della presenza valdese in Italia.
Campo italo-tedesco
a Bethel
TA'VERNA — Dal 4 al 14 aprile nel Centro Evangelico Bethel
avrà luogo un campo italo-tedesco organizzato dal comitato di
Bethel e da rappresentanti della
AEJ ( Arbeitsgemeinschaft der
evangelischen Jugend) provenienti dalla chiesa di Hessen.
Il campo è indirizzato ad animatori nel lavoro giovanile evangelico in ambedue i paesi. Argomenti principali saranno :
— il lavoro giovanile delle chiese evangeliche;
— problemi sociali, politici, economici ed ecclesiastici del
Mezzogiorno.
Oltre allo studio sono previsti
piccoli lavori manuali all’interno
e all’esterno.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a Priedegard Bicker,
tei. 0965/751756.
Lo Spirito
questo sconosciuto
GENO'VA — Continuano, sempre con buona frequenza, gli incontri mensili organizzati dal
SAE, che vertono quest’anno su!
tema : « Lo Spirito neH’esperienza religiosa ».
Dopo rincontro tenutosi in via
Assarotti su « Lo Spirito e la
Parola» (relazione cattolica e
protestante), il successivo si è tenuto domenica 13 marzo alla sala
Quadrivium, in Piazzetta S. Marta. Traian Valdman, teologo del
Patriarcato Ortodosso romeno, e
Bruno Porte, ordinario della
Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale, hanno parlato su « Lo Spirito santo nella comunione divina ». E’ seguito, come sempre, un dibattito.
L’incontro successivo si terrà
il 17 aprile in via Assarotti. Piero
Bensì parlerà su « La Legge e lo
Spirito. Lo Spirito e la carne ».
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9
18 marzo 1988
vita delle chiese
FDEI
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Un incontro
ben riuscito
Dignità della persona;
riflessione e ricerca
Non è sempre facile riprendere
la tradizione di incontri che nel
passato ebbero successo, specie
ora che alcune delle persone che
diedero forza e idee non possono
essere con noi: mi riferisco agli
incontri FDEI (Federazione Donne Evangeliche Italiane) regionali per il Piemonte e Liguria. Ci
abbiamo provato quest'anno e
sono sicura che moltissirhe altre
sorelle condividono con me la
soddisfazione per il numero delle partecipanti convenute a Torino a fine gennaio (circa un centinaio) e per la partecipazione
animata allo studio e alla ricerca
sul tema « Dignità della persona ».
L’argomento ci era sembrato
importante proprio alla luce delle disparità, delle ingiustizie, di
cui uomini e donne sono vittime
sempre più numerose in questo
tempo.
Come donne abbiamo voluto
affrontare l’argomento anche in
vista del « Decennio di solidarietà delle chiese con le donne »
e testi biblici sono stati la nostra
guida per un attento studio a
gruppi. Purtroppo il tempo è
sempre limitato e la giornata si
è chiusa con la presentazione dei
punti salienti della discussione
emersi dai vari gruppi, ma è mancata una discussione generale.
E’ importante sottolineare come gran parte delle sorelle convenute abbiano posto l’accento
sulla necessità di dare alle donne
più spazio all’interno delle comunità che. a parte i lavori pratici o le attività di tipo assistenziale, non sembrano considerare
la possibilità di farle accedere a
livelli più « alti ». In alcune comunità la donna che predica non
è ancora vista con piacere, colei
che presiede un consiglio di chiesa è giudicata più di un collega
uomo e tutto ciò non favorisce la
crescila di responsabilità nelle
nostre comunità. A questo proposito si propone di studiare più
a fondo il calo delle partecipazioni alla vita delle chiese.
Non poteva mancare una presentazione del prossimo Congresso FDEI e FFEVM che ci ritroverà ancora a esaminare i modi per
un pieno inserimento delle donne nel lavoro di testimonianza
nelle comunità.
Questo incontro ha posto nuovamente le basi per una prosecuzione di riunioni annuali che sono tanto più importanti in quanto voci con diverse esperienze
vengono ad unirsi: valdesi, metodiste, battiste e Esercito della
Salvezza. E’ anche un modo per
prepararci alla Giornata mondiale di preghiera, perché conoscendoci e incontrandoci più spesso
anche quella Giornata viene vissuta in una comunione più sincera e profonda.
Elena Vigliano
Ammissioni in chiesa
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LUSERNA S. GIOVANNI —
Il Concistoro ha avuto lunedì
sera un incontro con i catecumeni che hanno chiesto di entrare a
far parte della Chiesa come
membri adulti e responsabili. Un
incontro positivo che ha messo
in evidenza il significato della
confessione della propria fede,
che va vissuta e testimoniata
ogni giorno nelTambiente in cui
si vive.
Pertanto durante il culto della
domenica delle Palme saranno
battezzati o confermati i seguenti giovani della nostra comunità :
Silvana Alberto, Diego Artus,
Anna BeUion, Ivano Benecchio,
Sandra Bruno, Alain Chauvie,
Daniela Cogno, Valerio Frache,
Marco Fratini, Marco Gay, Daniela Lapisa, Paolo Malanot, Samanta Martina, Lorena Mourglia,
Claudio Odin, Micaela Pittavino, Oaudlo Pons, Manuela Pons,
Elena Priarollo, Cristina Ughetto-Mon£rin.
Con l’augurio che essi possano in ogni momento della loro vita sentirsi consapevoli e responsabili del passo che compiono rispondendo a colui che li ha chiamati a far parte del corpo di Cristo, chiediamo a tutti i membri
di chiesa di circondarli con il loro affetto e le loro preghiere.
• Quest’anno, la sera di Pasqua
alle ore 18, si terrà un culto nella
Cappella dei Jalla. Il concistoro
ha preso questa decisione come
un invito rivolto particolarmente a quanti non possono, per motivi vari, partecipare al culto del
mattino. Si vedrà in seguito se
continuare questo esperimento
durante i mesi estivi e con quale frequenza.
Solidarietà
TORRE PELLICE — Nel corso delle ultime settimane si sono
svolti i funerali di Enrico Charbonnier di anni 78 e di Ida Vemè
ved. Malan di anni 82; alle famiglie in lutto la cristiana simpatia
della comunità.
Auguri
POMARE’TTO — La comunità
di Pomaretto si rallegra con
Adriano Pons e Valentina Ferrerò per la nascita di Bruno e
con Luca Malatesta e Lucia Bounous per la nascita di Stefano.
Possano questi due piccoli crescere sotto la protezione costante del Signore.
• L’evangelo della speranza è
stato annunciato domenica 13
marzo in occasione del funerale
del nostro fratello Guido Castagna, deceduto all’età di 83 armi
nella sua abitazione in Inverso
Pinasca, borgata dot.
• Con il culto di domenica 27
marzo (domenica delle Palme)
il culto riprenderà al tempio.
Bazar
SAN GERMANO — Domenica
20 marzo, a partire dalle ore 15,
si svolgerà l’annuale bazar di beneficenza curato dall’Unione femminile.
Tutti sono cordialmente invitati a partecipare.
Culto dei catecumeni
VILLAR PEROSA — Il culto
del 6 marzo è stato tenuto dai
catecumeni del 3° anno. Essi si
sono accuratamente preparati e
hanno presentato il messaggio
del patto di Dio con Noè, collegandolo con il problema della
nostra responsabilità verso la
creazione.
• Due giovani haimo chiesto
di essere battezzati la domenica
delle Palme; sono Paola Cigersa
e Simone Lami; nella stessa occasione saranno confermati Flavio Baimas, Daniele Berton,
Orietta Clot, Vanni Coliet, 'Tiziana Massel, Nadia Travers, Debora Tron. Tutti insieme avranno
un incontro con il Concistoro sabato 19/3 alle ore 20.
• Il gruppo giovani si incontrerà lunedì 21/3 alle ore 20,30:.
• Riunioni quartierali; 22/3
Fleccia (fam. Ghigo); 23/3 Dubbione (fam. Vinçon); 28/3 Municipio (fam. Bertin); 29/3 Chianaviere.
• 1/4: Culto del Venerdì Santo alle 20,30 (Convitto).
• Esprimiamo la solidarietà
della comunità alla famiglia Peyran per la morte di Remigio Peyran, deceduto dopo grave malattia.
Unione femminile
VILLASECCA — Giovedì 10
marzo la nostra Unione femminile ha ricevuto la visita di quella di Ferrerò. Abbiamo avuto il
piacere di avere con noi anche
Marianne Ribet di Agape ed Irma Genre Bert di Bovile, che
hanno proiettato suggestive diapositive suirUruguay.
• Il tempio dei Chiotti era
oltremodo gremito di persone
COLLEGIO VALDESE • Torre Pellice
Borsa di studio
prof.ssa Laura Rostaing
A partire dal presente anno scolastico e con cadenza annuale, viene bandito un concorso per una borsa di studio intitolata alla memoria della prof.ssa Laura Rostaing e offerta dalla
famiglia. La borsa coprirà l’importo deU’intera retta scolastica
annuale e il costo dei libri di testo.
Potrarmo concorrere allievi/e di religione valdese residenti nelle valli valdesi, iscritti al Collegio Valdese (indirizzo classico o linguistico).
I criteri di assegnazione si baseranno sulla votazione del
precedente anno scolastico e sul profitto dell’anno in corso;
verranno anche tenute presenti le condizioni economiche della
famiglia.
Per il presente anno scolastico, le domande in carta semplice, indirizzate al Comitato del Collegio, dovranno pervenire in
busta chiusa alla segreteria dell’Istituto entro il 16 aprile 1988,
unitamente alla copia della dichiarazione dei redditi per Tanno
1986 (mod. 740 o 101).
IL PRESIDENTE DEL COMITATO
past. Giorgio Toum
che hanno voluto dimostrare la
propria simpatia cristiana a tutti
ì familiari per la perdita del loro
caro Cesare Peyronel, il quale è
stato per im decennio circa membro del Concistoro di Villasecca
prima di trasferirsi definitivamente a Pomaretto.
• Tutta'la nostra comunità si
rallegra nel Signore per la nascita di Federica Peyronel di Ettore e Anna Moràbito. Su questa nuova famiglia invochiamo la
benedizione del Signore.
Confermazioni
PRAROSTINO — Al termine
del corso di catechismo e dopo
un incontro con il concistoro,
domenica 27 marzo i seguenti
giovani saranno ammessi come
membri comunicanti, confermando il loro battesimo : Moreno
Avondetto, Sara Bertalot, Daniela Gönnet, Giidiano Rivoir.
Saranno battezzati : Marta
Montalbano, Valeria Parisa, Paolo Paschetto.
A tutti un augurio perché alla
loro confessione di fede segua
un impegno nella comunità, sempre più consapevoli della loro vocazione di credenti.
Come sempre, nel pomeriggio
della domenica delle Palme, l’Unione femminile riceverà i confermati e i loro genitori.
XVII febbraio
PRAMOLLO — Ringraziamo il
fratello Aldo Garrone che ha
presieduto il culto di domenica
14 febbraio, sostituendo il pastore Noffke a sua volta impegnato
a S. Germano.
• La giornata del 17 febbraio è
trascorsa bene; il tempo ottimo
ha favorito lo spostamento di
molti fratelli e sorelle che hanno
partecipato al culto, al pranzo
comunitario e, infine, hanno assistito alla recita presentata dalla
Pilodrammatica. Desideriamo
ringraziare tutti coloro che si sono impegnati e hanno lavorato
nei vari campi.
La Filodrammatica, visto il
gradimento dimostrato dal folto
pubblico, ha replicato una terza
volta la recita, dom. 28, ottenendo ancora un buon successo.
• Domenica 28 febbraio ha
avuto luogo l’Assemblea di chiesa per l’esame della relazione annua ’87 e per l’approvazione del
preventivo finanziario per Tanno
’88. A questo proposito si è deciso di accogliere l’invito della Tavola a rivedere il nostro impegno
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Centrale, e di portarlo a 13 milioni. E’ necessario però che tutti
i membri di chiesa mantengano
questo impegno, non solo chi era
presente all’assemblea.
• Il 6 marzo abbiamo avuto la
visita del gruppo giovanile di Villar Pellice che ci ha presentato
la commedia brillante «Il medico e la pazza», molto divertente
ed apprezzata dal pubblico. Un
grazie sincero a questi amici che
ogni anno vengono a proporci il
loro lavoro teatrale.
• La stessa domenica 6 marzo
un gruppo di donne dell’Unione
Femminile ha partecipato al convegno per la Giornata mondiale
di preghiera, a Savona.
• Il culto di domenica 13 marzo è stato preparato da im gruppo di giovani della EGEI, che
rii^raziamo vivamente per il loro impegno e per il loro messaggio attuale.
Assemblea di chiesa
PINEROLO — Doi» un turno
di riunioni, condotte in gran parte dagli anziani dei quartieri,
nell’assemblea di chiesa del 20/3
verranno esaminati i risultati del
«check-up» ed eletti i delegati
alla Conferenza distrettuale.
• Ripetiamo qui il nostro grazie al pastore Archimede Bertolino per il culto del 14 febbraio.
• Con molta attenzione è stato
seguito il culto del 6 marzo presieduto dal gruppo giovanile.
• A pochi mesi dalla morte
della moglie con cui aveva vissuto serenamente per più di sessant’anni, ha terminato la sua
esistenza terrena E3i Plavan di
94 anni.
A Lelia che Tha curato con tanto affetto e a tutti i suoi familiari il nostro pensiero in questo
momento di lutto.
Giovedì 17 marzo
□ COLLETTIVO
BIBLICO ECUMENICO
PINEROLO — Alle ore 20,45, presso
la parrocchia di S. Lazzaro, si svolge
l'incontro introdotto dal past. M. Berutti su T Giov. 4: 10; il dott. passone presenta il tema «11 rischio di cercare la giustizia ».
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Presso il centro
d'incontro, alle ore 20.45, prosegue Io
studio del libro della Genesi.
Domenica 20 marzo
□ SOLIDARIETÀ’
CON LE DONNE
TORRE PELLICE — Presso la casa
unionista, a partire dalle ore 15, si
svolge un incontro con Fernanda
Comba sul tema « Perché un decennio ecumenico di solidarietà delle
chiese con le donne? ».
n TRADIZIONE EBRAICA
TORRE PELLICE — Si conclude il ciclo di incontri col dott. Ventura su
temi della tradizione ebraica con una
riflessione sul libro di Ruth, L'Incontro si svolge presso Villa Elisa con
inizio alle ore 15.30.
______Martedì 22 marzo
n GRUPPI GIOVANILI
PINEROLO — Alle ore 20.45, in via
dei Mille, si incontrano i rappresentanti dei gruppi giovanili del 1° Distretto
per programmare la giornata dei giovani 1988.
10
10
valli valdesi
18 marzo 1988
BOBBIO PELLICE
Incendio
distrugge
due case
Inverno secco: meglio
non accendere fuochi
Un violento incendio ha causato, nella notte fra domenica 13
e lunedì, la distruzione parziale
di due case nella borgata Campi a monte di Bobbio Pellice.
Le fiamme, sviluppatesi intorno alla mezzanotte, originate
probabilmente — secondo alcuni — da un braciere acceso nel
corso della giornata festiva da
parte di un gruppo di gitanti, si
sono propagate ad una casa vicina.
Portxmatamente una abitante
del posto accortasi delle fiamme, riusciva a dare Taììarme e ad
evitare così il coinvolgimento
deH’intera borgata ; « le fiamme
sfioravano il nostro balcone »,
commentavano i vicini di casa
appena scampato il pericolo,
mentre 5 squadre di vigili del
fuoco, intervenute anche da Torino, spegnevano gli ultimi focoiai. Nelle operazioni di spegnimento im vigile del fuoco di Torre Pellice riportava una forte
contusione a causa di una "Iosa”
staccatasi dal tetto.
Va rilevata ancora una volta
la necessità della massima attenzione nell’accensione di fuochi, in
particolare in questo periodo di
siccità, evitando di abbandonare
bracieri non completamente
spenti.
VAL PELLICE
Rilanciare il prodotto latte
Alcune proposte di riqualificazione esaminate dalla Comunità montana
Recentemente il Consiglio della Comunità Montana Val Pellice ha esaminato le proposte per
la riqualificazione delle cooperative lattiero casearie in valle. Si
tratta indubbiamente di un documento interessante, curato dalla Associazione Produttori Zootecnici Latte, e suddiviso in due
parti: una mappa della situazione attuale, a partire dalla produzione sia in termini quantitativi che qualitativi valutando il
livello della richiesta su tutto
il territorio di prodotti lattiero
caseari, ed un successivo piano
per riqualificare il settore partendo dai dati oggettivi attuali.
Un dato di partenza è interessante: quanto latte si produce
oggi in valle e quale utilizzo se
ne fa?
La produzione di latte bovino
si aggira sui 57 mila quintali all’anno, il che significa in termini economici un valore alla stalla di circa 3 miliardi di lire. Di
questo .soltanto il 13% viene conferito alle tre cooperative che
operano nel settore in vai Pellice; il 60% del latte prodotto viene reimpiegato in azienda per
rallevamento dei vitelli o venduto direttamente al consumatore.
Sono un centinaio gli allevatori
che ruotano intorno alle cooperative; si segnala tuttavia una
notevole dispersione territoriale
del prodotto: oltre il 50% delle
aziende possiede da 2 a 5 capi
in produzione.
Tre cooperative dicevamo, con
una raccolta media giornaliera
di circa 20 quintali di latte, ma
su tutte si eleva per quantità
PEROSA ARGENTINA
Le miniere deila valle
Nella storia della vai Germanasca, l’industria estrattiva ha
un posto di primo piano: ancora
oggi le miniere di talco e le cave di marmo, anche se non occupano più la manodopera abbondante di un tempo, sono una
fonte di reddito non trascurabile per reconomia della valle.
Per questi motivi, e anche perché si è trovato sottomano un
esperto come Carlo Ferrerò, l’assessorato alla cultura della Comunità Montana Chisone e Germanasca ha scelto come tema
per il primo incontro culturale
del mese di marzo la vita in
miniera.
Al pubblico riunito la sera del
3 marzo nella sala delle conferenze del cinema « Piemont »,
Carlo Ferrerò ha presentato la
prima parte delle sue ricerche
sulle miniere delle due valli Chisone e Germanasca, accompagnandola con una documentazione di fotografie, oggetti d'epoca,
libri paga e modellini in scala
da lui stesso costruiti.
Sarebbe troppo lungo riassumere il discorso iniziale di Carlo Ferrerò, e anche inutile, perché è in programma la pubblicazione di un opuscolo su questa ricerca da parte della Comunità Montana. Ciò che i presenti
hanno colto nelle parole a volte
cariche di commozione dell’ex
minatore è invece la straordinaria ambivalenza del rapporto con
la miniera: un rapporto di odio
e di morte, da un lato, e di feroce attaccamento dall’altro.
Come gli operai tessili inglesi
distruggevano i telai meccanici
che li riducevano sul lastrico,
così i portantini della vai Chisone avversavano la funicolare
che toglieva loro il lavoro, an
Nel 1954 veniva inaugurata la Cooperativa Latteria di Bobbio:
giunto il tempo dell’amplianiento?
che se era un lavoro che li distruggeva prematuramente.
Allo stesso modo i « cartounie » della vai Germanasca, che
si erano indebitati per acquistare cavalli e carretti, furono rovinati dal trasporto su autocarri che ebbe inizio con le prime
strade carrozzabili.
Il talco e la grafite erano la
vita, il reddito sicuro non certo
garantito da un’agricoltura povera, erano anche la morte per
i crolli rovinosi, per le esplosioni non controllate, per la terribile silicosi.
Dai racconti dei vecchi minatori traspare, insieme con Fama,
rezza per una fatica disumana
che andava ad arricchire altre
persone, anche l’orgoglio di chi
aveva saputo superare ostacoli
di ogni genere con l’appop'e'o
dei compagni, sfruttando l’esperienza per togliersi dai guai nelle situazioni più difficili.
Oggi, per fortuna, le condizioni di lavoro in miniera non sono più quelle di un tempo, ma
questo miglioramento è stato pagato con un drastico calo dell’occupazione (minuziosamente
documentato dai dati di Carlo
Ferrerò), che ha letteralmente
svuotato le alte valli.
Concludendo la serata con uno
sguardo al futuro, l’assessore
Erminio Ribet si è augurato che
si trovino soluzioni aggiornate
per scongiurare lo spopolamento totale.
Non più certamente le baracche infestate da pulci e cimici
della miniera Malzas, ma neppure una vasta boscaglia popolata soltanto da pochi p>ensionati e da una massa di turisti domenicali.
Liliana Viglielmo
quella di Bobbio che da sola
raccoglie al giorno 14 quintali
e ne trasforma direttamente una
decina (tome, tomini, burro); di
questa produzione il 75% viene
venduto nello spaccio della stmttura e soltanto il 10% fuori valle, il tutto senza nessun marchio
che la contraddistingua e senza
supporti pubblicitari.
Un altro capitolo interessante
dello studio in questione riguarda il consumo di latte e derivati
in valle; da un’analisi condotta
in collaborazione con i commercianti risulta un consumo giornaliero di 125 quintali di latte,
con forte richiesta di prodotto
locale, in gran parte disattesa
sia quantitativamente, che sul
piano della qualità: si ricorda
ancora il latte pastorizzato prodotto dal Consorzio Agricolo Valli Alpine nel periodo' ’19-92, valido per qualità ma con problemi di confezionamento e di deperibilità.
Sulla base di quanto ora brevemente presentato il piano prevede alcuni strumenti indispensabili come punti di partenza.
Occorre puntare sulla concentrazione e trasformazione in una
unica struttura del latte raccolto
dalle tre cooperative, anche per
poter acquistare impianti nuovi
con la prospettiva di un valido
ammortamento, e la struttura
è stata individuata nel caseificio
di Bobbio dove andrebbero effettuati i necessari investimenti ricorrendo al finanziamento pubblico.
Fatto questo primo passo altri
sono necessari, sempre secondo
questo piano, a partire da un miglioramento della materia prima
(attualmente si riscontrano valori di carica batterica e cellule
somatiche, spesso inaccettabili,
dovuti o a problemi igienici o a
processi infiammatori nelle vacche), per passare ad una qualificazione del personale addetto alla trasformazione del latte ed arrivare alla creazione di un marchio che contraddistingua i pro
dotti e consenta una pubblicità
mirata.
Come ottenere questi miglioramenti?
Occorre, si diceva, agire a livello della stalla, controllando
igiene, alimentazione, situazione
sanitaria, ma anche verificare i recipienti utilizzati per la raccolta
e la conservazione del latte, il
centro di lavorazione. Si può pensare ad una diversificazione dei
prodotti? E’, questo, un punto
determinante: non si intende abbandonare la tradizionale toma
ma biso.gna tener conto della
grande richiesta di burro e di formaggi freschi, e sui 20 quintali
di latte al giorno si può arrivare
a'ia produzione di sette differenti
derivati.
Quali sarebbero i costi dell’operazione?
Gli investimenti necessari sarebbero di poco superiori ai 410
milioni, compresa l’installazione,
reperibili mediante finanziamento pubblico e per circa la metà in.
conto capitale.
Un confronto fra costi e ricavi,
ovviamente presunti, porta a 858
lire al litro il valore del latte lavorato; la somma dei costi, partendo dalla materia prima, sommando lavorazione, raccolta, manutenzione, amministrazione arriva a 756 lire a! litro con un saldo attivo di oltre 100 lire che potrebbero essere utilizzate per
promozione od investimenti. Come si vede un piano interessante,
’a cui attuazione dipenderà oltre
che dalla volontà politica, anche
dall'interesse degli allevatori locali.
Piervaldo Rostan
Scuola: cresce
la sinistra
PINEROLO — Le liste laiche
e di sinistra crescono nel distretto scolastico 44 (Pinerolo e pianura). Rispetto alle elezioni del
1984, per la componente genitori
la lista cattolica perde il 12% dei
voti (— 1 eletto), mentre la lista
laica e di sinistra acquista l’ll%
dei voti e due eletti. Nessun eletto alla lista di ispirazione liberale.
Per la componente insegnanti,
la lista laica e di sinistra aumenta del 10% arrivando al 61%, mentre lo Snals perde 10 punti passando al 39% dal 49% precedente.
Per gli studenti invece la lista
di sinistra ottiene il 15% ed un
eletto (— 7%), la lista moderata
di sinistra il 52% e 4 eletti (— 15
per cento), mentre la lista cattolica ottiene il 33% (4- 12%) e due
eletti (4-1).
I risultati elettorali per il distretto evidenziano anche un aumento della partecipazione al
voto.
Questi gli eletti:
Genitori : Italo Tommassini,
Francesco Bernardi, Giancarlo
Murisengo, Fiorenzo Marchesi,
Anna Maria Boiero (lista cattolica), Giorgio Gardiol, Mario
Garnero (lista laica e di sinistra).
Docenti: Carlo Bianco, Carla
Gaietto, Claudio Bottero (lista
laica e di sinistra). Vittoria Rolando e Salvatore Guzzo (Snals).
Allievi: Luigi Corsano, Patrick
Stocco, Stefano Urso, Patrick
Priotto (sinistra moderata), Ranieri Marchisio, Giancarlo Rossetto (lista cattolica), Monica
Moriena (lista laica e di sinistra).
Bilancio di
previsione
PRAMOLLO — Il consiglio comunale, riunitosi di recente per
approvare il bilancio di previsione 1988 ed esaminare la relazione
programmatica, ha preventivato
una spesa di circa 4 milioni e
mezzo per Tinstallazione di tre
punti luce ai Bocchiardoni, a Pomeano, e a Lussia.
Nel corso della stessa seduta è
stato pure approvato un o.d.g.
contro la soppressione del Tribunale di Pinerolo, cosa che «verrebbe a danneggiare seriamente
i cittadini del circondario in uno
dei servizi essenziali per le popolazioni interessate ».
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11
18 marzo 1988
valli valdesi 11
FRALI, 1832
Una tragedia memorabile
Un evento che sconvolse la vita di una comunità di montagna - La commozione e la solidarietà della popolazione in una antica "memoria”
La vita delle comunità di montagna alle Valli era scandita, oltre che dal ritmo delle stagioni,
anche dai momenti lieti o tristi che rimanevano poi per anni nelle « memorie » tramandate da una generazione ad un’altra.
Uno di questi avvenimenti fu
la tragica valanga della Comba
della Maiera (vallone di Frali)
che nel marzo del 1832 fece lì
vittime.
Di questa sciagura, non si sa
bene per mano di chi, forse del
pastore o del maestro, venne redatta una memoria e si sa che
molte famiglie ne avevano una
copia, ripresa probabilmente da
una copia dell’originale.
Ne ho potuto ancora rintracciare una presso l’anziano Aldo
Richard, della borgata Giordano
(recentemente scomparso). Essa
è scritta in francese, con alcune
parole poco comprensibili e vari errori di ortografia: ne proponiamo qui la traduzione.
Carlo Ferrerò
Memoria di una desolante sciagura avvenuta nel comune di
Frali rii marzo 1832.
Diciotto persone risalivano da
Pomaretto a Frali la domenica
Il marzo 1832, con l’intento di
ritornare nelle loro famiglie dalle quali mancavano da alcuni
giorni, chi per essersi recato a
potare le proprie vigne, site nel
territorio di Pomaretto e che
cominciavano allora a riemergere dalla neve, e chi essendo di
ritorno dal mercato di Pinerolo.
Poco sopra il ponte dei Marmi, a qualche centinaio di metri
prima di Villa di Frali, all’incirca verso le 16.30, tredici di
loro furono travolti da una valanga scesa dalla Comba della
Maiera.
Due riuscirono cid essere salvati dai cinque uomini rimasti
illesi, ma undici rimasero sepolti e non si riuscì ad estrarli che
dopo tre giorni di lavoro ininterrotto da parte di più di 100 persone.
I sette scampati ritornarono
indietro verso la Gardiola, non
avendo il coraggio di continuare il cammino verso casa per
avvertire le famiglie delle vittime, ed uno di loro imboccò il
sentiero di Ròdoretto senza sapere dove si stava dirigendo,
tanto era sottosopra a causa di
ciò che era successo. Ecco i
nomi delle vittime, tutte sopra
i venti anni e al di sotto dei quaranta, di cui otto sposati: Richard François e Jean, figli dell'anziano, Villa; Grill Philipp»e,
figlio del capitano, ViUa; Grill
Jean, di Etienne, Villa; Grill Jean,
di Pierre; Guigou Jean, di Philippe; Guigou Philippe, fu Jacques; Rostan Etienne, di Etienne; Rostan Philippe, di Etienne,
Pomieri; Grill Etienne, di Samuele, Cougn; Grill Etienne, fu
Etienne, Jourdan.
II giorno precedente, il sabato
10 marzo, al di sopra del ponte
della Maiera, transitavano nove
persone che andavano verso Frali, quando una valanga, fortu
natamente più piccola di quella ricordata prima, le investì e
ne travolse sei.
I tre superstiti continuarono
la loro strada spaventati, e non
avrebbero osato prestare soccorso ai loro compagni, se uno di
loro, più intrepido, rimessosi poco a poco dallo spavento, non
li avesse incoraggiati dicendo;
« Come potremmo lasciar morire miseramente i nostri fratelli? ».
Così tornarono sui loro passi
e giunti dove erano sepolti i
compagni, dopo molto lavoro, riuscirono a liberarli. E’ facile immaginare la costernazione che
questa toccmite sciagura portò
nella disgraziata parrocchia di
Frali. ,
II giorno dei funerali delle 11
vittime, che ebbe luogo solo il
venerdì 16 marzo, ci furono al
cimitero anche dei fratelli di altra confessione; dei cattolici, che
profondamente addolorati non
poterono trattenere le lacrime
vedendo il profondo dolore degli inconsolabili parenti delle povere vittime che si stavano seppellendo.
Nella chiesa di Frali si è persino dovuto smettere per un certo tempo di cantare le lodi del
Signore a causa di una tale sciagura e dello smarrimento che
perdurava. Preghiamo Dio con
tutto il nostro cuore affinché fortifichi con la sua potenza i nostri cari fratelli colpiti, li consoli della loro perdita e ci preservi, noi e loro, da tali afflizioni.
Amen!
NO AGLI ACCORDI
CONTRO I DIRITTI
DEGLI INVALIDI
Il C.S.A. (Coordinamento Sanità e
Assistenza) esprime il proprio assoluto dissenso circa l'accordo siglato in
questi giorni tra l'Unione Industriale
di Torino e le Organizzazioni Sindacali
CGIL-CISL-UIL e ne rileva la illegittimità, in quanto la clausola che prevede l'assunzione degli invalidi a tempo
determinato è incompatibile con quanto previsto dalla legge 482/'68 sul collocamento obbligatorio degli invalidi,
tuttora in vigore.
E' una menzogna affermare che tale
trattativa sbloccherà la siiuazione relativa aH'inserimento lavorativo degli invalidi. Al contrario essa blocca le iniziative che da anni le Associazioni
stanno portando avanti con le Organizzazioni Sindacali, gli Uffici del collocamento, la Commissione Regionale
per l'Impiego e l'Amministrazione locale.
Le Organizzazioni Sindacali CGILCISL-UIL non hanno voluto considerare
le nostre richieste e proposte. Nessun incontro specifico è stato richiesto alle Associazioni rappresentanti delle categorie degli invalidi.
L'accordo non offre alcun vantaggio
e danneggia i veri invalidi perché è
deplorevole che:
— sia data agli industriali la facoltà di scegliere tra la lista degli
invalidi e quella dei lavoratori ultraventinovenni che sono iscritti nella lista normale del collocamento, senza
alcun vincolo o criterio, Chi mai sceglierà, al posto dì lun lavoratore normale di trent’anni, un invalido?
— sia data la possibilità di chiamata nominativa al privato: le imprese possono assumere invalidi senza
rispetto della posizione raggiunta all'ufficio di collocamento, della loro situazione di reddito, della loro professionalità. Inoltre, poiché sono considerati validi — per le chiamate — anche i lavoratori iscritti da soli 30
giorni, si dà ampia facoltà alle imprese di esercitare clientele con ass'unzioni pilotate e preparate secondo
interessi di parte:
— non si sia tenuto conto né di
una quota di grave invalidità, né di
una quota di invalidità psichica e insufficienza mentale.
Auspichiamo che la Commissione Regionale per l’Impiego, il Ministero del
Lavoro e della Previdenza Sociale,
l'Amministrazione locale — ai quali
è subordinata la esecutività di tale
accordo — esprimano parere oontra
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Oggi
e domani
Concerti
TORRE PELL'ICE — Venerdì 18 marzo {non sabato 19) alle ore 21, nel
tempio valdese, si svolgerà un concerto di Sergio Delmastro, clarinetto,
Marin Cazacu, violoncello, Peggy Pu,
pianoforte.
PRALI — NeH’ambito della rassegna
« Cantavalli », sabato 19 alle ore 21,
nella sala valdese il gruppo « Da pare
'n fieul » proporrà una serata di canti
e musiche della vai Po e pianura saluzzese.
LUSERNA S. GIOVANNI — Nell'ambito delle manifestazioni commemorative della battaglia di Pontevecchio,
alle ore 21 di domenica 20 marzo, presso la palestra comunale avrà luogo
un recital di Raffaella De Vita che
presenterà canzoni e musiche di Luigi
Tenco,
SAN GERMANO — Sabato 26 marzo, alle ore 20.45, presso il tempio
valdese, il gruppo corale ,« Turba concinens » presenterà un concerto.
Teatro
POMARETTO — Sabato 19 e 26 marzo, alle ore 21, presso la sala del
teatro, il Gruppo Teatro Angrogna proporrà due repliche dello spettacolo
« La macivèrica ».
Corsi
TORRE PELLiCE — Giovedì 17 marzo, presso i locali del » Ciao » in via
Volta (S. Ciò), avrà Inizio un corso
di yoga per bambini della durata di
tre mesi. Il corso, il cui costo è di
lire 100.000, si svolgerà il giovedì
alle ore 18.
Per Informazioni, telefonare alla sig.a
Nella Arossa (0121/932609).
Comitati per la pace
POMARETTO — Martedì 22 marzo,
alle ore 20.45, presso il municipio,
avrà luogo Un incontro del Comitato
pace e disarmo valli Chisone e Germanasca.
Manifestazioni
rio, in difesa del diritto al lavoro dei
cittadini invalidi e in rispetto alla legislazione vigente.
Auspichiamo che le Organizzazioni
Sindacali CGIL-CISL-UIL, preso atto del
grave errore commesso e della non
legittimità dell'accordo, aviino subito
trattative con le associazioni degli invalidi.
Auspichiamo che si crei un movimento di opinione che si opponga vivamente al procedere dell'accordo.
C.S.A.
Coordinamento Sanità e Assistenza
fra i Movimenti di Base - Torino
RICORDO DI
ANNA DURAND
Anna. Cara Anna. Siamo qui, stiamo ammirando la « tua » Rorà, Ti chiamavamo, ti chiamavano tutti, « Anna
di Rorà ». E Rorà è bellissima: ridente, incorniciata dalle montagne che si
stagliano contro il cielo. Sono forti, le
montagne; è forte, il cielo; sono forti,
i montanari; sono forti, i rorenghi; eri
forte tu. Ti diamo oggi l'ultimo saluto,
a te che eri forte, che lottavi con
noi, tutti i giorni; con noi operatori,
con noi malati, con noi anziani,
con noi tutti. Per te, e con te, iniziava sempre una giornata nuova; una
giornata allegra, una giornata benedetta, una giornata « viva ». Ti accompagniamo oggi al cimitero, nella « tua »
Rorà. Questo giorno è triste per noi,
ma ti facciamo una promessa. Ci ricorderemo sempre quello che tu dicevi:
è bene dare se ci chiedono, ma è
meglio capire le necessità anche quando non ci chiedono nulla...
Se il tuo sole è tramontato, ricorderemo ciò che ci hai dato in gioia,
amicizia, affetto, dedizione. Una parola sola rimane da dirti, Anna: grazie!
, Le colleghe
del Rifugio Carlo Alberto
LUSERNA S. GIOVANNI — In occasione dell'anniversario della battaglia
di Pontevecchio anche quest'anno sono organizzate alcune manifestazioni
tra cui segnaliamo, sabato 19 marzo
alle ore 20.30, presso il bocciodromo
comunale, « Come ricordiamo Barbato »,
testimonianze di partigiani e civili, e
a seguire, un concerto del Coro alpino vai Pellice. Domenica 20, ore
10.30, cerimonia ufficiale a Pontevecchio con la partecipazione di autorità
ed intervento del comandante partigiano sen. Antonio Giolitti.
Cinema ~
TORRE PELLICE — Al cinema Trento nel prossimo fine settimana è prevista la proiezione dei seguenti film:
venerdì 18, ore 21,10, «Ai nostri amori » di M. Pialat: sabato 19 e domenica 20, « Biancaneve e i sette
nani ».
Proiezioni
PEROSA ARGENTINA — Giovedì 24
marzo si conclude la serie di Incontri
culturali organizzata dalla Comunità
Montana con una relazione di Mauro
Cinguetti e Franco Bronzât del Centro
studi e Museo d'arte preistorica di
Pinerolo sul tema • Popolamento preistorico e ricerche archeologiche in
vai Chisone ». Verranno proiettati diapositive e video filmati. La serata si
svolgerà presso il Cinema Piémont alle ore 20,45.
timanali, uno di pratica e l’altro di
teoria.
La quota di iscrizione è fissata in
30.000 lire per i partecipanti con più
di 15 anni ed in 15.000 lire per gli
« under 15.
RINGRAZIAMENTO
Nell’impossibilità di farlo singolarmente, tengo a ringraziare tutti coloro
che, a voce o per iscritto, in Italia o
aU’estero, si sono uniti a me in occasione dell’improwisa dipartita della
mia diletta compagna
Wanda
colpita da uno scompenso cardiaco aUe
4 del imattino del 17 febbraio.
In partiooliaire la mia viva riconoscenza va alle comunità di ColleferroFerentino, Roma, Rom, hacca, Napoli
Volla e CatanzaroJVinicolise, al Moderatore e alla Tavola Valdese, ai docenti
dolía Facoltà Valdese di Teologia e ai
colleghi delle Università di Bari e Cosenza, alla sorella in fede Lidia Vitaletti, agli amici deiU’YMCA e delle due
Società di ¡Studi Valde^ e di Studi
Evangelici, ai potori Giorgio Bou-,
obard, Gino Conte, Sergio Ribet e Umilio Vicentini, e in special modo pi pastore Odoardo Lupi di CoHeferro (ài cui
fratelli e sorelle Wanda era legata da
profondi legami di affetto fraterno), il
quale all’Ospedale S. Filippo Neri e al
Verano ha predicato il Vangelo della
Grazia e della Risurrezione commentando la parabola del granello di senape (Matt. 13 ; 31-23).
Giovanni GkiNNET
Roma, 1® marzo 1988.
RINGRAZIAMENTO
« Il Signore è U mio pastore,
nulla mi mancherà; su prati
d*erba fresca mi fa riposare »
(Salmo 23)
La figlia e i familiari di
Teresa (Cina) Fabiole
ved. Peyrot
nell’impossi'ljilità di farlo singolarmente ringraziano tutti coloro che in qualsiasi modo hanno preso parte al loro
dolore.
Un particolare ringraziamento rivolgono alla Signora Anna, Elvira e Luciana, agli amici, al medico curante
dott. Griffa, al dott. Ruffinengo e al
pastore Archimede Bertolino.
San Secondo, 1° marzo 1988.
Segnalazioni
LUSERNA S. GIOVANNI — Spazio
Giovani della Comunità Montana organizza un concorso fotografico a tema
libero; le foto (bianco e nero, colori,
diapositive) dovranno essere recapitate al centro di via Volta 11 entro il
31 marzo. Tutte le foto saranno esposte al pubblico presso il punto di
riferimento di Spazio Giovani fra il 18
e il 23 aprile. Fra il 7 aprile ed il
16 giugno, sempre presso I medesimi locali, si svolgerà un corso di fotografia che prevede due incontri set
« Beati i puri di cuore, perché
essi vedranno Iddio »
(Matteo 5 ; 8)
Il figlio Gitiseppe con la moglie Neda e la figlia Paola; la cognata Luce
Cignoni con le figlie Isabel e Luz; le
nipoti Evelina ed Elena Vigliano partecipano la dipartita di
Maria Brissi ved. Banchetti
avvenuta a Piombino il 6 marzo 1988.
RINGRAZIAMENTO
« E fattosi sera, Gesù disse:
Passiamo all’altra riva »
(Marco 4: 35)
Figli e familiari della compianta
Maria Morel ved. Zoppi
sentitamente commossi per la dimostrazione di stima e affetto tributata
alla loro cara mamma, ringraziano tutti coloro che con presenza, fiori, scritti, opere di bene e parole di conforto
hanno preso parte al loro dolore.
Un particolare ringraziamento al pastore Bruno Bellion e al personale medico ed infermieristico dell’Ospedale
Valdese di Torre Pellice.
Luserna S. Giovanni, 16 marzo 1988.
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12 fatti e problemi
18 marzo 1988
MINORANZE
UNA DENUNCIA ALL’ONU
Il male bianco
Le battaglie degli indios collegate a quelle
dei pacifisti, dei nonviolenti e antinucleari
Per iniziativa del Gruppo di solidarietà con gli Yanomami, e dell'AILOM (Ass. Internai, per la Difesa delle Lingue e delle Culture
Minacciate), prima di rientrare
in patria Miguel Tankemash, presidente della Confederazione delle nazioni indigene dell'Ecuador,
indio Shuar {che significa « uomo »), nazione venuta in contatto
con l’uomo bianco da circa mezzo
secolo, ha parlato alla biblioteca
civica di Biella. Gli Shuar, più conosciuti in occidente con il termine dispregiativo spagnolo di Jivaro, sono circa 45.000 nella foresta amazzonica; um temix» dediti
aU’agricoltura itinerante, oggi
fanno una vita stanziale perché il
governo dei ladinos (e cioè dei
bianchi) ha loro tolto gli spazi
necessari. Anche le ultime terre
degli Shuar sono ora minacciate
da, una pianificazione colonialista
che da una parte tende a sfruttare (dopo la legna della foresta e
l’oro) i giacimenti di uranio per
la produzione atomica e nucleare,
e dall’altra a popolarle di coloni
forestieri per intensificare la monocultura della palma e per motivi di « sicurezza militare » (il
solito pretesto!) al confine con il
Perù, dove ci sono territori contesi tra i due stati. In realtà si
tratta di un furto mascherato da
una parvenza legale. La loro battaglia in difesa della terra, ha
detto Tankemash (che portava il
copricapo piumato tradizionale
della sua gente), rappresenta
un’opposizione allo sfruttamento
dell’uranio ai fini del nucleare, e
quindi è alleata alle lotte che in
Europa si fanno contro le centrali nucleari, contro l’installazione
dei missili Cruise e Pershing, contro l'inquinamento, la distruzione
della terra a fini speculativi, la
cementificazione.
Rispondendo a domande del
pubblico, Tankemash ha ricordato il valore di una resistenza
che dura da mezzo millennio e
che ancora non li vede « conquistati », ed ha precisato che la solidarietà agli Amerindi non si
esprime con la carità e le missio
ni religiose, ma riconoscendo la
loro dignità di liberi ed eguali, il
pluralismo nazionale degli Stati
americani (dove vivono non campesinos, ma Quechua, Aymara,
Maya, Shuar, Mapuche, Miskito,
ecc. ); e ancora, facendo qui le battaglie per la natura, la vita,
l’identità che loro fanno dall’altra parte dell’oceano, e restituendo
alle nazioni indigene i tesori archeologici che riempiono chiese,
musei e case europee (ed anche
biellesi... infatti, a Biella è giunta
dall’Ecuador una ricchissima collezione di reperti precolombiani,
proveniente da tombaroli e mercanti senza scrupoli, che dovrebbe costituire un civico museo!).
Gli Indios non sono « poveri »,
ma « impoveriti » dall’ingordigia
di quella « civiltà » europea che
non dà valore all’uomo in quanto tale, ma soltanto al potere
economico di cui si dispone. Prima dell’invasione europea, gli Indios non conoscevano il- denarp,
ed in tutto il continente nessuno
moriva di fame!
Chi ha avuto la fortuna di partecipare a questo incontro con
Miguel ha ricevuto un’eccezionale lezione di ecologia, di pacifismo, di resistenza non violenta,
che ci autorizza a guardare al
messaggio di civiltà tanto lontane dalla nostra, come ad insegnamento di maestri di vita.
Su noi tutti incombe la responsabilità di salvare questi uomini
miti, senz’odio, nostri fratelli di
un altro spazio e di un’altra epoca; questi « custodi della terra »,
che oggi già ci sono compagni
nella lotta per la liberazione e la
salvezza delTuomo, e che saranno
nostri fratelli anche domani, in
una società migliore. Come ha
scritto Ernesto Cardenal, noeta
e ministro sandinista, sono « uomini dalle mani nude di speranza, che hanno avuto il torto di
commettere verso di noi il veccato dell’ospitalità, 500 anni fa,
e che continuano a morire, innocenti, del male bianco ».
Tavo Burat
Barbari comportamenti
del regime deM’apartheid
Coprifuoco e stato d’emergenza in Sud Africa e nei paesi che ne subiscono l’occupazione - Pratica della tortura e vittime delle mine
Durante la 44" sessione della Commissione dei Diritti dell'uomo
presso l’ONU, Jean Sindab, parlando a nome della Commissione
delle Chiese per gli Affari Intemazionali (CCAI) del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) ha presentato il IO febbraio scorso
un rapporto sull’incredibile repressione che continua ad infierire
in Sud Africa contro la popolazione nera, e che si estende anche
alla Namibia ed agli Stati della « linea del fronte », quali il Mozambico e l’Angola. Diamo qui appresso alcuni stralci di questo
rapporto, pubblicati sul n. 7!’88 del SOEPI.
Innanzitutto, è necessario sottolineare che vi è un totale
black-out sulle notizie provenienti dal Sud Africa e dalla Namibia (ndt: abusivamente occupata ed ’’amministrata” dal Sud
Africa), nonché dal Mozambico
e dall’Angola.
All’interno, in base allo «stato
d’emergenza », le località nere sono praticamente occupate dalle
forze di sicurezza sudafricane. I
regolamenti considerati d’emergenza ,danno un poterq-quasi illimitato alla polizia "ed alle altre milizie armate. Migliaia di
giovani sono detenuti ai sensi
della legge sulla sicurezza interna, che consegna gli oppositori del governo nelle mani della
polizia. Numerosi sono coloro
che vengono maltrattati, torturati, violentati ed uccisi. In occasione di una riunione dedicata a «i bambini, la repressione
ed il diritto nel sistema dell’apartheid in Sud Africa » che ha
avuto luogo- nello scorso settembre ad Barare, è stato dimostrato che il regime sudafricano conduce deliberatamente
una politica finalizzata alla distruzione di qualsiasi opposizione politica, spezzando il morale
dei bimbi neri con la prigione,
con la tortura, ed anche storpiandoli. Seguono le descrizioni
delle torture, (che risparmiamo
ai lettori).
Un caso-simbolo di quel che
significa questo regime è quello
noto come « i sei di Sharpeville »,
una donna e cinque uomini dai
22 ai 30 anni. Essi sono sotto la
minaccia di una imminente esecuzione capitale sotto l’accusa
________A 500 ANNI DALL’INVASIONE EUROPEA DELL’AMERICA
Etnocidio degli indigeni
delie Americhe
Indetta dal « Centro Studi Luigi Negro » di Milano, con il patrocinio della Lega Internazionale
per i Diritti e la Liberazione dei
Popoli e di Survival International, si è svolto a Milano, al Palazzo delle Stelline, un convegno di
studi, « Parlano i propoli indigeni delle Americhe », intitolato
URIHT, che nella lingua yanomami (una delle nazioni indie più
minacciate, nella foresta amazzonica tra Brasile e Venezuela) significa « terra ». Ad ascoltare la
testimonianza di Amerindi venuti a Milano da tutte le Americhe
(dagli Inuit eschimesi, ai Mapuches o Araucanos dell’Argentina
e del Cile) vi erano alcune migliaia di persone, soprattutto giovani, tanto che nel corso delle
due giornate (sabato-domenica
13/14 febbraio) talvolta si sono
dovute chiudere le sale stracolme del convegno, compresa quella in cui gli interventi erano
proiettati in TV a circuito chiuso.
I relatori hanno, con calma ma
straordinaria fermezza, denunciato le persecuzioni e le emarginazioni. che ancora oggi patiscono
le popolazioni indigene delle tre A
meriche delle quali alcune ormai
sono allo stato residuale, mentre
altre costituiscono .sempre la
maggioranza della popolazione
(come in Bolivia, Perù, Ecuador,
Guatemala...). Tra quattro anni,
hanno detto, i governi delTEuropa occidentale e degli USA, insieme alle Chiese cristiane, festeggeranno con spreco di celebrazioni, impegnando molti milioni di
dollari, i 500-anni della cosiddetta
scoperta e cristianizzazione dell’America. Si è trattato in realtà
di un’invasione, che ha causato il
più grande massacro della storia dell’umanità ed un saccheggio
immane, che continua tuttora.
Festeggiare la ’’scoperta” delTAmerica sarebbe più grave che celebrare il genocidio degli ebrei e
degli zingari voluto da Hitler:
gli Amerindi hanno infatti avuto
decine e decine di milioni di vittime provocate dagli europei. A
quel massacro plurisecolare è
seguito un ’’etnocidio” tuttora in
atto: in effetti l’aggressione del
colonialismo europeo ha significato la distruzione di-stati, istituzioni, strutture politiche ed economiche, e delle culture delle na
di aver partecipato aH’uccisione
di un funzionario municipale, e questo malgrado che il
giudice della Corte d’Appello abbia dichiarato trattarsi di un caso in cui essi sono stati dichiarati colpevoli di omicidio sulla
sola base di una denuncia.
Per quanto riguarda la situazione in Namibia, il black-out
sulle notizie è ancora più efficace che in Sud Africa, dato
che non vi è un solo giornalista
stranietÓ in quel paese che, come noto, è occupato anche militarmente dal Sud Africa. Nel
nord, dove è concentrata oltre la
metà della popolazione, il coprifuoco imposto dal calar della
notte all’alba paralizza i namibiani da otto anni, dato che
chiunque sia sorpreso a circolare nelle ore proibite è passibile di uccisione a vista. In qualunque caso detto coprifuoco è
causa anche di altre morti, in
quanto non è consentita alcuna
assistenza medica durante la
notte.
Oltre 100 mila soldati delle
forze armate sudafricane, nonché di quelle di polizia e di altre formazioni paramilitari costituiscono l’esercito di occupazione in Namibia. Inoltre, la polizia segreta speciale, denominata « unità anti-insurrezione » o
« Kevoet », terrorizza la popolazione bruciando e bombardando
anche le chiese, le scuole e gli
ospedali. Nel 1987, in due settimane, sono stati distrutti due
ospedali e quattordici scuole,
tutti gestiti dalla chiesa. Numerose donne sono state violentate, mentre dei bambini sono stati torturati mediante la terribile pratica dell’« arrostimento » :
le vittime, tenute sopra la fiamma viva, sono state bruciate.
Le chiese namibiane e gli ecclesiastici in genere sono particolarmente presi di mira dal regime sudafricano, dato che rappresentano la sola voce di protesta in quella regione. La detenzione senza processo è una
pratica corrente. Nello scorso
gennaio si sono avuti altri 14 arresti riguardanti nella maggioranza dei casi — e come in precedenza — collaboratori di chiese ed insegnanti.
Per quanto riguarda l’Angola
ed il Mozambico,^ non acconten
tandosi di minarne l’economia,
le forze sostenute dal Sud Africa ne attaccano anche le strutture sociali. Esse spargono un cieco terrore saccheggiando, vio
tentando, mutilando ( ad esempio,
col taglio delle orecchie, del naso e delle labbra degli abitanti
dei villaggi). Durante un’incursione avvenuta recentemente in
Mozambico, i bambini di un nido di infanzia in un villaggio
sono stati chiusi in una baracca
e bruciati vivi.
Mozambico ed Angola sono
fra i paesi aventi il più alto
numero di civili mutilati a cau
sa delle mine che vengono posate lungo i sentieri e nei campi. Si tratta di mine particolari
che amputano braccia e gambe,
senza uccidere. L’Unicef (ndt:
l’organizzazione dell’Onu che tu
tela l’infanzia) ha fatto delle stime secondo cui sono dalle 10 alle 15 mila (fra donne e bambini) le vittime di queste mine a
tutt’oggi.
(Traduzione di Roberto Peyrot)
URSS
Abiura e sarai libera
zioni indigene; l’azione interventista dell’imperialismo europeo ha
imposto il suo sistema di dominazione dello stato, formato sul
modello occidentale, diretto contro l'autodeterminazione delle nazioni indigene, usurpando le loro
risorse, le loro terre, cacciandole
dai loro spazi, disintegrando i loro sistemi socioculturali. Gli Indiani d’America chiedono che la
assemblea generale dell’O.N.U. dichiari l’anno 1992 « anno internazionale delle nazioni indigene del
mondo »; che gli stati che mantengono oppresse le popolazioni
indigene riconoscano e rispettino
l’autodeterminazione delle nazioni autoctone prima del 1992; che
il Vaticano e tutte le organizzazioni cristiane riconoscano la loro complicità nella distruzione
di alcune delle nazioni indigene
del mondo, e rispettino le religioni proprie di ciascuna nazione indigena. Molti rappresentanti delle etnie amerindie hanno insistito sulla responsabilità etnocida
delle chiese, accomunando i cattolici agli evangelici.
T. B.
(soepi) — La battista sovietica Anna Certkova è nata nel
1927. Benché sana di mente, è
internata sin dal 1973 in un
ospedale psichiatrico, prima ad
Alma Ata, poi a Tashkent ed
ora a Kazan sul Volga, ad oltre
2.000 km. di distanza dalla sua
famiglia. Il governo tedesco occidentale sarebbe disposto ad
accoglierla. La stessa Certkova
ha espresso il desiderio di em4grare nella Repubblica Fed. tedesca, dove ha dei parenti, ma
è sempre tenuta prigioniera. Parecchie volte è comparsa davanti ad una commissione che le ha
detto: « Rinnega Dio e potrai
subito partire ».
Anna Certkova, che è impiegata postale e ricamatrice, è stata condannata ad una detenzione
senza termine in un ospedale
sotto l’accusa di calunnie contro lo Stato sovietico. Il suo
comportamento è molto dignitoso. Ad un’amica che la visitava e comunicava con lei telefonicamente attraverso un vetro
ella ha detto: « Gesù Cristo è vicino a me. Egli è il mio difensore. Quando preghi ricordami
a Dio affinché sia fatta la sua
volontà nei miei riguardi ».
Questo caso è ampiamente
conosciuto in molti ambienti. Il
« Foreign Office » britannico è
intervenuto per chiedere la sua
liberazione. Esso ha protestato
contro la persecuzione di cri
stiani e contro l’abuso della
psichiatria a fini repressivi. Risulta infatti che sono stati somministrati alla Certkova dei medicamenti che le hanno provocato dei tremiti alla mascella.
In Gran Bretagna sono state
organizzate varie veglie a suo
favore.
Dio e sesso
(segue da pag. 1)
natrice dei grandi predicatori televisivi.^ « Milioni di americani
hanno voglia di sentirsi dire e
ridire da Swaggart che siamo
forti, siamo maschi, siamo anticomunisti, siamo i primi del
mondo e abbiamo anche un rapporto privilegiato con Dio. Tutto questo, detto con un linguaggio religioso entusiastico e ricco
di certezze, garantisce il successo. Il protestantesimo storico invece — conclude Smylie — è
per una visione problematica della vita, per un’analisi scientifica dei testi biblici e per un’etica che, nell’evitare frettolosi giudizi morali, cerca di mettere al
centro la dignità della persona
umana, creazione di Dio. Così la
distanza tra queste due espressioni del protestantesimo tende
ad aumentare ».
Giuseppe Platone