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SETTIMANALE BELLE CHIESE LAANGELÌCHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Il venerdì io novembre 1995
ANNO 3 - NUMERO 42
L'ASSASSINIO DI YITZHAK RABIN
ABOLIRE IL MURO
DELL'ODIO
JEAN-JACQUES PEYRONEL
A poco più di due anni
dallo storico accordo di
pace tra Israele e i palestinesi, un ebreo ha ucciso un altro ebreo un giorno di sabato.
Il mondo si chiede, sconvolto, se l’assassinio di Yitzhak
Rabin segnerà la fine del
processo di pace oltre che la
fine della democrazia in
Israele. Di colpo, la questione mediorientale torna tragicamente al centro dell’attenzione internazionale.
La presenza ai funerali di
centinaia di capi di stato e di
governo, dell’Ovest e dell’
Est, del Nord e del Sud, dà la
sensazione che, su quell’angolo di terra mediterranea,
ancora una volta stia avve
nendo qualcosa di decisivo
per il futuro del mondo. Da
due anni infatti, in quella terra di Palestina, Rabin, Peres e
Arafat cercavano in mezzo a
mille difficoltà di abbattere il
muro più alto e più spesso,
quello dell’odio ancestrale tra
due popoli.
A differenza dei suoi predecessori, Rabin era un israeliano nato in Palestina. Era
dunque, a tutti gli effetti, un
figlio di quel popolo che nel
1948 sarebbe diventato stato
autonomo. Come ha detto nel
suo ultimo discorso, pochi
minuti prima di essere ucciso, per ventisette anni è stato
la perfetta incarnazione dell’
identità israeliana: un soldato
preoccupato fino all’ossessione della sicurezza del proprio popolo.
Per questo è stato in prima
linea in tutte le guerre contro
gli arabi, nel ’48, nel ’56, fino
alla «guerra dei sei giorni»
del ’67 che vinse clamorosamente come capo di stato
maggiore, e che segnò l’era
dei «territori occupati», che
ora si era impegnato a restituire in cambio della pace.
Nominato ambasciatore negli
Stati Uniti nel 1968, tornò nel
1973, poco prima della guerra
del Kippur che per la prima
volta sorprese le autorità
israeliane. Nel 1974 divenne,
a soli 52 anni, il quinto, e il
più giovane, primo ministro
dello stato di Israele.
Da allora, comincerà a farsi
strada in lui l’idea - lontana di una pace con gli stati arabi
confinanti. Alcuni anni dopo
inizierà la lunga stagione
dell’Intifada nei «territori occupati». Yitzhak Rabin, allora ministro della Difesa, fu
implacabile nella repressione
contro i ragazzi palestinesi
che lanciavano pietre contro i
suoi soldati.
Questo uomo schivo, timido, sapeva di incarnare fino
in fondo gli ideali e la speranza della maggioranza del
' suo popolo. Tre anni fa,
quando fu nuovamente chiamato a dirigere il governo,
lui, il soldato inflessibile,
eroe della mitica invincibilità
di Israele, decise di fare la
scommessa della pace nientemeno che col nemico giurato,
il «terrorista» Yasser Arafat.
In quel momento fece sua la
parola del suo antenato l’Ecclesiaste: «C’è un tempo per
uccidere e un tempo per guarire». E lo fece con quel realismo pragmatico che sempre
10 ha contraddistinto: «Basta
col sangue e con i pianti. Basta». Sapeva che questa sua
decisione di avviare e di portare avanti il processo di pace
con i palestinesi avrebbe provocato ancora molto sangue e
molti pianti.
Forse sapeva che il suo
stesso destino era segnato, come quello di Sadat. Ma al di
là di tutto sapeva che per il
futuro di Israele e dell’intero
Medio Oriente, non c’era alternativa alla pace, quella pace che appunto va fatta «con i
nemici». Forse sapeva anche
che proprio in quella terra di
Palestina, un altro suo lontano antenato aveva «abbattuto
11 muro di separazione abolendo nel suo corpo terreno la
causa dell’inimicizia [fra i
due popoli]» (Efesini 2, 14).
Nel supermercato delle religioni l'Evangelo propone la via della croce
Una mozione di fiducia motivata
STEPHAN MÜHLICH
«Nessuno può porre altro fondamento
oltre a quello già posto, cioè Gesù. Cristo... Nessuno dunque si vanti degli uomini, perché tutto vi appartiene. Paolo,
Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte,
le cose presenti e le cose future, tutto è
vostro! E voi siete di Cristo; e Cristo è
di Dio»
(I Corinzi 3, 11, 21-23)
Chi è un buon cristiano? Il cattolico
praticante: questa sarebbe probabilmente ancora la risposta classica dell’
Italia di cultura cattolica romana, ma
stanno aumentando anche le posizioni
divergenti: cresce il numero di aderenti
alle chiese libere e pentecostali che pongono l’accento sulla conversione personale, l’azione dello spirito, l’impegno
del credente per i fratelli e le sorelle, fino ai Testimoni di Geova che attirano la
gente e la illudono che, divenuti membri
della setta, possano diventare dei cristiani migliori e saranno risparmiati dal giudizio finale di Dio. Ci sono poi quelli
che, stufi della competizione fra i gruppi
religiosi, affermano che è sufficiente vivere in modo sincero e onesto, rispettando il prossimo: per essere un buon cristiano non ci vuole neanche una chiesa.
In fin dei conti siamo tutti buoni cristiani, tranne quei cattivi che ci àono sempre stati.
Ma allora che compito, quale funzione
possono avere le nostre chiese evangeliche in questo «supermercato religioso»,
in cui tutti cercano di dare un’immagine
di «buon cristiano», anzi di miglior cristiano? Può sembrare una posizione di
debolezza ammettere che i protestanti
non sono gli unici cristiani né hanno le
ricette generali per diventare dei buoni
cristiani. Tuttavia proprio questa era la
scoperta della Riforma (che abbiamo
appena ricordato nelle nostre chiese): è
Dio colui che ha posto il fondamento ed
è Dio stesso che rende «buono» il cristiano. Sta proprio qui la grande mozione di fiducia che Dio rivolge a noi: non
ci chiama a scavare sempre di nuovo
nelle nostre fondamenta, litigando con
gli altri su chi riesce a scavare più in
profondità, ma ci invita a costruire sul
fondamento che è Gesù Cristo, già posto
per noi. Per rimanere nelle metafore edilizie dell’apostolo Paolo: Dio ci ha messo a disposizione un buon terreno edificabilc, tocca a noi costruirci sopra. È
Dio che ha posto il fondamento. Le costruzioni, pur dipendendo dall’aiuto dello spirito, crescono sulla responsabilità
umana.
Il discernimento fra il fondamento e le
costruzioni apre uno spazio libero e
grande che riguarda il modo in. cui costruire la vita della chiesa e dei credenti.
Il fondamento è già posto in Gesù Cristo
e fin quando c’è accordo su questo fondamento ci può essere una discussione
libera e anche controversa sul modo di
intendere la fede e di costruire le opere
della chiesa; qualcuno preferisce la cupola, qualcuno vuole una tenda, altri vorranno una casa tutta di vetro. L’apostolo
Paolo ci ricorda, comunque, che il fatto
che ci siano diversi progetti per la chiesa
e la fede non è tanto un segno della corruzione deLcristianesimo moderno,
quanto un elemento umano, che appartiene a ogni chiesa, fin dal principio.
L’aveva vissuto già la chiesa di Corinto,
una delle prime comunità. C’erano vari
predicatori e gruppi all’interno della
chiesa che sottolineavano degli aspetti
diversi rispetto alla vita del cristiano,
l’ordine del culto e i contenuti della fede.
Di fronte alle tensioni tra i gruppi che
rischiavano la separazione. Paolo richiama la chiesa al suo fondamento. Non la
singola denominazione intenta a trovare
il proprio fondamento fa il cristiano.
«Nessuno può porre altro fondamento
oltre a quello già posto, cioè Gesù Cristo». Tutto il resto sono costruzioni
umane; e va bene così: «Tutto vi appartiene. Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la
vita, la morte... tutto è vostro! E voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio!». Occorre
dunque costruire! Il discernimento tra le
fondamenta e le costruzioni indica due
compiti ále chiese per poter costruire e
per evitare l’abusivismo.
Il primo riguarda le costruzioni: per
costruire la città di Dio (e non solo di
muri di divisione) ci vuole un progetto
urbanistico e quindi un governo che deliberi un piano regolatore. Probabilmente
un governo «tecnico», che rassomigli per
esempio a un Consiglio di chiesa, a un
Sinodo oppure a un Consiglio delle chiese, riesce a rispondere meglio a queste
esigenze di quanto non possa un leader
spirituale. Quanto al secondo compito,
sono necessari dei regolari sondaggi, per
verificare se le costruzióni realizzate
continuano a poggiarsi sul fondamento
che è stato posto. Non è un compito per
una commissione speciale e riguarda tanto le costruzioni degli altri quanto le proprie. Lo strumento adatto per tali sondaggi del fondamento è lo studio biblico.
Convegno della Cei
I delegati
protestanti
Cinque rappresentanti delle
chiese della Federazione
evangelica, un anglicano e alcuni ortodossi parteciperanno, non più nella veste di
semplici «osservatori» ma
come «delegati fraterni» con
diritto di parola, all’imminente «convegno ecclesiale»
della Chiesa cattolica italiana, convocato dalla Conferenza episcopale italiana
(Cei) a Palermo dal 20 al 24
novembre sul tema «Il Vangelo della carità pqr una nuova società in Italia».
, Nella mattinata del 22 novembre al presidente della
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Fcei),
pastore Domenico Tomasetto,
sarà data l’opportunità di
svolgere una meditazione biblica su un testo dell’Antico
Testamento (Isaia 25); nella
stessa occasione predicherà
anche un rappresentante ortodosso. Gli altri «delegati fraterni» delle chiese membro
della Fcei sono il pastore valdese Franco Giampiccoli, già
moderatore della 'Tavola valdese; l’avvocato Piero Trotta,
metodista, mernbro del Consiglio Fcei e presidente del
Sinodo valdese-metodista di
quest’anno; il pastore Salvatore Rapisarda, segretario del
Dipartimento di teologia
dell’Unione battista (Ucebi);
la pastora Almut Kramm, che
cura la «^aspora» luterana in
Sicilia. Ad essi si aggiunge
padre Douglas Brown, cappellano anglicano a Palermo
ed ex direttore del Centro anglicano di Roma. Presentando
il convegno di Palermo durante i lavori del Consiglio
permanente della Cei a fine
settembre, il presidente del
comitato preparatorio del
■din
convegno, cardinale Giovanni
Saldarini, aveva sottolineato
fra le «novità» di Palermo rispetto ai due precedenti convegni (Roma 1976 e Loreto
1985), proprio «l’apertura e il
dialogo con i fratelli cristiani
non cattolici». (nev)
La diaconia
in Europa
pagina 2
Delle Chiese ;
La biblioteca
della Facoltà
pagina 3
Cultura
Li dilemma
della bioetica
pagina 9
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 1995
Mitteiwihr (Alsazia): convegno organizzato dalla Federazione europea della diaconia
La diaconia delle chiese europee vuol essere
una difesa per i più deboli della società
PAOLO RIBET
Un significativo incontro
delle strutture diaconali
delle chiese evangeliche europee ha avuto luogo a Mitteiwihr, in Alsazia, nei giorni
10-14 ottobre, organizzato
dalla «Federazione europea
della diaconia», una struttura
che da una trentina d’anni
raccoglie associazioni diaconali, principalmente del Centro Europa.
La prima cosa importante
da notare è che, in un tempo
di separazioni e di lacerazioni
aH’intemo degli stati europei,
la Federazione lancia una proposta di unità, votando Tarn- '
missione di due nuovi membri, il noto «Kaiserwerther
Verband» tefiesco e la Chiesa
riformata del distretto), di Oradia, in Romania. Inoltre nella
stessa sessione è stato approvato il progetto di fusione con
«Eurodiaconia», un’altra organizzazione che raccoglie
soltanto chiese di stati appartenenti all’Unione europea.
Nei prossimi mesi rappresentanti dei due enti si incontreranno per formulare uno statuto che sancisca tale unità.
La conferenza aveva il titolo; «La diaconia come difesa
per i deboli - problemi e possibilità nelle relazioni con lo
stato» e grande spazio è stato
dato ai rappresentanti degli
oltre venti paesi presenti, i
cui rappresentanti hanno potuto descrivere la situazione
in cui stanno operando. Era
incredibile ascoltare da voci
molto diverse come i problemi siano prossimi tra una situazione e l’altra. L’economia di mercato sta infatti diventando la parola d’ordine
in tutto il mondo e questo significa, concretamente, che
gli stati tendono a privatizzare e a demandare ad altri la
cura del sociale. Questo è vero in Italia come in Francia,
in Portogallo o in Russia, dove fino a ieri era vietato alle
chiese di occuparsi di interventi sociali mentre ora, pur
tra mille difficoltà, esse possono agire.
La Conferenza si è aperta
con la lettura di un messaggio di saluto inviato dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, che
ha scritto tra l’altro: «Il lavoro diaconale in difesa dei deboli, nel contesto dell’Unione
europea, contribuirà certamente a sostenere l’idea che
noi dobbiamo trasferire nell’
azione il nostro amore per gli
esseri umani che soffrono e
che sono nella debolezza».
Messaggi di saluto sono
giunti anche dal Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec)
e dalla Conferenza delle
chiese europee (Kek), nei
confronti della quale è stato
contestato dall’Assemblea il
documento preparatorio di
«Basilea 2», che si terrà a
Graz nel 1997.
Tra gli oratori ufficiali si è
distinto Michel Rocard, ex
primo ministro francese il
quale, attraverso un lungo
percorso storico, ha mostrato
come mai il sistema di governo francese è così rigidamente centralizzato, caso unico
nel contesto europeo. Tale
centralismo, dice Rocard, è
stato originato da ragioni storiche, geografiche ed economiche, ma oggi è in crisi perché sono entrati in crisi i modelli che l’hanno generato: se
le prefetture, ad esempio,
erano state dimensionate in
modo che si potesse andare e
tornare a cavallo dal centro
L’esclusione sociale è un fenomeno sempre più diffuso nella maggior parte delle città europee
alla periferia in un giorno,
appare chiaro che nell’epoca
della telematica un tale criterio non vale più. E non vale
neanche più il rigido centralismo della capitale (tutte le
strade francesi portano veramente a Parigi), nel tempo in
cui l’economia e la Borsa sono di^^entate delle realtà
mondiali. Il pericolo, ha concluso Rocard, sta però nel
fatto che a questi modelli in
crisi non se ne sostituiscono
di nuovi, almeno a viste umane. Per cui il rischio che si
corre è quello di buttare il
vecchio senza avere qualcosa
di nuovo a disposizione.
Dopo la relazione di Hans
Ruh, professore di etica sociale all’Università di Zurigo,
che ha presentato un’esposizione critica della situazione
attuale europea e ha avanzato
alcune proposte tra cui quella, discussa e discutibile, di
un «secondo mercato del lavoro», ha parlato Regine Hildebrandt, ministro del lavoro,
dell’assistenza sociale, della
salute e dei problemi delle
donne del Land tedesco del
Brandeburgo (ex Repubblica
democratica tedesca). Questa
donna, energica e volitiva, ha
presentato dei dati quanto
meno allarmanti della situazione nell’Est della Germania: se prima del 1989 non vi
era ufficialmente nessun disoccupato, ha detto la Hildebrandt, oggi il tasso di disoccupazione ha toccato il 15%
e il 30% degli uomini è co_ munque fuori dal mercato del
" lavoro (attraverso pensioni
anticipate, ecc.) e questo fatto si ripercuote in modo molto grave sulla vita sociale del
paese.
Per questo motivo la signora Hildebrandt, coerentemente con la Costituzione del
Land del Brandeburgo secondo cui il lavoro è un- diritto,
ha affermato con forza la responsabilità dello stato nel
sostenere il lavoro e nel dare
ai deboli un ruolo costruttivo
nella società: questo si può
ottenere, ha proseguito, attraverso una riforma fiscale ecologica (in cui si paga per
l’energia) oppure finanziando
le aziende in ragione dei posti
di lavoro che esse producono;
molte sono infatti le aziende
che si sono installate all’Est e
che per questo hanno ricevuto
contributi statali ma, essendo
tutte ad alta tecnologia, hanno
occupato poca mano d’opera.
Come si vede da quanto fin
qui descritto, la Coirferenza è
stata un momento di incontro
e di dibattito molto importante, in modo particolare per la
possibilità di scambio con le
realtà dell’Est europeo che fino a pochi anni fa erano del
tutto tagliate fuori da questo
settore e nel quale si stanno
ora impegnando con un coraggio e un entusiasmo encomiabili.
L’ultima menzione va agli
studi biblici di Gérard Delteil, professore emerito della
Facoltà di teologia di Montpellier, con i quali si sono
aperti ogni giorno i lavori (e
che presto compariranno su
«Riforma»): commentando
con profondità e senso poetico tre brani delTevangelo di
Marco, Delteil ha tracciato i
tratti salienti della diaconia
di Cristo nei confronti di coloro che erano al di là dei
confini della società giudaica
del suo tempo.
Il progetto di legge sta per essere presentato in Parlamento
Australia: anglicani e cattolici
contrari a legalizzare ^eutanasia
Il 18 ottobre scorso la diocesi anglicana di Sydney, la
più grande diocesi della Chiesa anglicana in Australia, ha
chiesto al Parlamento dello
statò più popolato d’Australia
(il Nuovo Galles del Sud) di
votare contro la legalizzazione dell’eutanasia volontaria.
Il progetto di legge sull’eutanasia potrebbe essere presentato al Parlamento entro la
fine dell’anno. Secondo il sistema federale australiano, gli
stati e i territori hanno il potere di promulgare tali leggi. La
legge che autorizza l’eutanasia è già stata adottata dal governo del Territorio del Nord.
Lo stato dell’Australia meridionale ha invece respinto un
progetto di'legge analogo.
. Secondo alcuni, le proposte miranti alla legalizzazione dell’eutanasia in Australia
sono troppo avanzate rispetto
alle legislazioni vigenti nel
resto del mondo. Il 18 ottobre scorso la diocesi anglicana di Sydney ha informato i
deputati che la Chiesa appoggiava «la dottrina della santità della vita». Secondo gli
anglicani di Sydney l’eutanasia attiva, intesa come la
Somministrazione deliberata
di un trattamento per abbreviare la vita di un malato con
l’intento di porvi un termine,
è contraria al sesto comandamento biblico.
Per l’arcivescovo anglicano
di Sydney, Harry Goodhew, è
«importante preservare una
società in cui la vita conservi
tutto il suo valore, e in cui la
compassione e la misericordia si esprimano non per
mezzo di un’iniezione mortale ma con cure mediche e un
sostegno che permettano di
sopportare le ultime fasi della
vita nella dignità e senza sofferenze».
Sempre il 18 ottobre i responsabili delle diocesi anglicane e cattoliche romane del
Territorio della capitale australiana hanno pubblicato
una dichiarazione comune
nella quale considerano il progetto di legge come pericolosamente imperfetto, pòco giudizioso e non necessario: per
loro la legalizzazione dell’eutanasia dovrebbe essere rifiutata e rifiutano di ammettere,
come invece affermano i sostenitori della legalizzazione
dell’eutanasia, che uno stato
critico non alteri la capacità
di decisione di un malato e
che questi possa facilmente
prendere decisioni riguardanti
la vita e la morte. «Noi non
applichiamo la pena di morte
neanche a coloro che hanno
commesso i delitti più odiosi,
e invece potremmo applicarla
alle persone depresse, solitarie, handicappate o sofferenti.
Accettare che la morte sia data intenzionalmente, anche
tramite “suicidio assistito’’,
equivale a dire che certe vite
sono meno preziose e meritano meno di essere protette
dalla legge che altre», hanno
concluso i responsabili anglicani e cattolici romani, (erti)
Nel mondo ogni 48 secondi
un avventista in più
SILVER SPRING (USA) — Le statistiche pubblicate dalla
Chiesa àvventista del settimo giorno indicano che essa è fra le
chiese che registrano la crescita più rapida nel mondo. Tra il
1994 e il 1995 il tasso di crescita è stato del 5,32%. In dodici
mesi ci sono stati 650.000 nuovi membri, portando così il numero complessivo a 8.608.586 persone. Secondo un rapportò
preparato da F. Donald Yost, direttore degli archivi e delle
statistiche presso la sede mondiale della Chiesa avventista a
Silver Spring, Maryland (Usa), la Chiesa conta un nuovo
membro ogni 48 secondi. A partire dal 2006, ritiene Yost, ci
dovrebbe essere un milione di nuovi membri ogni anno. La
crescita più forte si è verificata in Africa australe, con un aumento di 149.598 membri (11,7%). (erti)
Germania: 370.000 impiegati
per il Diakonisches Werk
STOCCARDA — Il numero di coloro che sono impiegati
presso il Diakonisches Werk (Dw) della Chiesa evangelica tedesca è aumentato del 12% in due anni e ammonta ora a
370.000 persone. Il Dw è quindi uno dei più grandi datori di
lavoro della Germania. Dalla fine di dicembre del 1991 all’inizio di gennaio del 1994 i centri di attività dipendenti dal Dw
sono passati da 28.000 a 30.700, le stanze e i posti letto disponibili sono saliti da 913.000 a 1.022.000. Accanto agli impiegati del Dw lavorano circa 400.000 volontari e molti altri collaboratori occasionali. Gli uffici di consulenza sono circa
8.000 eli .000 i centri di servizio semipermanenti. (epd)
I metodisti coreani a Mosca
MOSCA — La Chiesa metodista Kwang Lim di Seoul (Corea del Sud), che conta 70.000 membri e che è guidata dal vescovo Sundo Kim, ha aperto a Mosca un Centro per il culto, la
formazione e l’educazione cristiaqa a favore della comunità
coreana residente nell’ex Unione Sovietica, stimata tra le 300
e le 400.000 unità. Fin dal 1990 incontri con il sindaco di Mosca e con il ministro russo per la religione avevano spianato la
strada alla realizzazione del Centro. I lavori, iniziati nel 1992,
hanno portato alla sua apertura il 27 luglio 1995, alla presenza
di un folto pubblico costituito principalmente da coreani, delle
autorità civili, del vescovo Sundo Kim, di Rudieger Minor,
vescovo della Chiesa metodista unita di Russia e del dott. Joe
Hale, segretario generale del Consiglio metodista mondiale. Il
Centro missionario Kwang Lim di Mosca (questo è il nome
ufficiale) è situato in un palazzo di quattro piani e contiene
due sale per i culti, aule scolastiche, camere per ospiti e un salone pubblico per attività culturali. Nello stesso edificio sono
situati l’ufficio e l’appartamento del responsabile del Centro,
pastore Yoon Un Chul. (World Parish)
Corea: congresso metodista
SEOUL — I leader metodisti di 34 paesi e 6 continenti sì
sono radunati a Seul, capitale della Corea del Sud, dal 22 al
27 agosto 1995, per il primo incontro programmato espressamente per vescovi e presidenti delle chiese metodiste. L’evento è stato patrocinato dalla Chiesa metodista coreana, una delle più grandi chiese autonome metodiste del mondo, con 1 milione 300.000 membri e 4.300 congregazioni. I convenuti sono stati ospitati dalla chiesa metodista Kwam-Lin di Seoul,
che conta 74.000 membri, e hanno visitato diverse altre chiese
e organizzazioni metodiste del paese. Nelle relazioni presentate al congresso è stata sottolineata la crescita del metodismo
in tutti i continenti ed è stato notato che, nonostante le «notizie angoscianti di violenze e conflitti in diverse zone del mondo, gli sforzi per la pace e la riconciliazione hanno successo».
I congressisti sono stati ricevuti dal capo dello stato, il Presidente della Corea del Sud, Young Sam Kim, che è un leader
laico della Chiesa metodista coreana. (World Parish)
Malawi: 300.000 battisti
MALAWI — Il Malawi, un piccolo stato dell’Africa sudoccidentale, sulla costa dell’Oceano Indiano, conta circa 9 milioni di abitanti. Di questi, 300.000 sono evangelici battisti,
raggruppati in cinque organizzazioni diverse, tre delle quali
fanno parte dell’Alleanza mondiale battista. La più importante
fra esse è la Convenzione battista del Malawi, che comprende
circa un terzo dei battisti del paese (i membri di chiesa battezzati sono 57.000) divisi in 784 comunità. L’importanza che
hanno assunto i battisti nel paese si è potuta rilevare quando
recentemente è stato commemorato un pastore battista, John
Chilembwe, ucciso dal governo coloniale nel 1915 per le sue
battaglie a favore dei diritti umani. «Per 75 anni - ha affermato Fletcher Kaya, segretario generale della convenzione Chilembwe è stato una figura dimenticata fino a che,
quest’anno, è stato ricordato in tutta la nazione con dei festeggiamenti pubblici in suo onore». (Bwa News)
4 nuovi membri nell'Alleanza
battista mondiale
USA — Durante il recente Consiglio generale dell’Alleanza
mondiale battista (Abm), quattro nuovi iñembri sono entrati a
far parte dell’organizzazione. Sono l’Associazione delle chiese
batòste del Ruanda, l’Unione battista dell’India del Nord,
l’Associazione fraterna dei cristiani battisti dell’Ucraina e
l’Unione dei cristiani battisti evangelici di Jugoslavia. Il numero di chiese affiliate all’Abm sale così a 138.
3
venerdì io novembre 1995
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Il rappresentante della Chiesa della Renania, Nickolaus Becker,
nuovi locali della biblioteca
'inaugura
Inaugurati alla presenza del Capo dello Stato i nuovi locali della Biblioteca della Facoltà
140.000 volumi per consegnare alle future
generazioni la testimonianza protestante
_________tUISA NITTI_______
Il prof. Daniele Garrone,
docente di Antico Testamento presso la Facoltà valdese di teologia, ha anche la
responsabilità della Biblioteca
ed è stato T«animatore» del
progetto di ristrutturazione. In
occasione dell’inaugurazione
dei nuovi locali gli abbiamo
posto alcune domande.
— Professor Garrone, come
si presenta la biblioteca della
Facoltà di teologia, dopo i
lunghi lavori di ampliamento
appena terminati ?
«Con i lavori di ampliamento che si sono conclusi
pochi giorni fa-, abbiamo più
che raddoppiato la superficie
disponibile per la nostra bi-'
blioteca, sia per la lettura che
per il magazzinaggio dei libri.
Montando degli scaffali cosiddetti compatti, che scorrono su binari, dovremmo avere
Il prof. Garrone mostra al Capo dello Stato la Bibbia del Diodati
/
per svariati decenni. Abbiamo ottenuto anche 24 nuovi
posti di lettura, tra l’altro in
una cornice molto bella, sul
la possibilità di accogliere almeno altri 60.000 volumi; attualmente la nostra biblioteca
ne ha 78.000: tenendo conto
che ne acquistiamo dai 1.500
ai 2.000 ogni anno, c’è spazio
giardino, davanti a finestre
luminosissime.
«IIÜ
I
f Facoltà di teologia
Il Libro e i libri
Alla presenza di circa 130
ospiti italiani e stranieri è stata inaugurata il 27 ottobre a
Roma la nuova biblioteca della,Facoltà valdese di teologia.
«Questa biblioteca esiste
grazie all’opera di molte mani, di molti cuori, di molte
preghiere»: così si è espresso
Paolo Ricca, decano della Facoltà, nel dare il benvenuto ai
numerosi ospiti, grazie al cui
impegno è stato possibile realizzare i lavori di ampliamento. Nickolaus Becker, della
Chiesa di Renanià, portando
il suo saluto all’assemblea ha
voluto ricordare che l’apertura dei nuovi spazi della biblioteca gioverà alla Facoltà,
ma anche a tutto il protestantesimo italiano. Il professor
Ugo Rozzo, dell’università di
Udine ha parlato su «i rapporti tra editoria, fruizione della
stampa e censura, vedendo
quest’ultima come l’impegno
di molti (autorità o singoli individui) per impedire l’arrivo
di certi libri in una biblioteca,
luogo deputato alla loro fruizione e conservazione per le
generazioni future».
Il professor Giorgio Spini
ha tenuto la sua relazione sul
libro evangelico in Italia alla
presenza del presidente della
Repubblica, che nel frattempo aveva raggiunto l’aula magna della Facoltà. Il prof. Spini ha tratteggiato le sorti del
libro evangelico nel nostro
paese, a partire dall’età della
Riforma, quando iniziano a
circolare numerose opere tradotte in italiano (in particolare quelle di Lutero) e della
Controriforma, quando la
«scomparsa» del libro evangelico conosce solo poche eccezioni. Appassionante è stata poi la descrizione del «contrabbando» di libri evangelici
e Bibbie prima dell’unità
d’Italia, cioè della loro circolazione clandestina che da Livorno (la centrale del contrabbando) si allargava ad altre città italiane.
Infine, sono stati indicati
alcuni interessanti spunti di
ricerca: sulla stampa del libro
evangelico in Italia dopo 1’
unità, la sua imponente diffusione, l’apporto che esso ha
dato alla cultura italiana, fino
al contributo offerto all’opposizione al fascismo: su tutto
questo non esiste ancora una
' storia dettagliata.
Lo scambio di saluti tra il professor Paolo Ricca e il Presidente, Oscar Luigi Scalfaro
La libertà è anche un libro e una biblioteca
Tra il decano della Facoltà
valdese, prof. Paolo Ricca, e il
Presidente della Repubblica,
Oscar Luigi Scalfaro, c'è stato il
seguente scambio di messaggi:
Il saluto
del prof. Paolo Ricca
Signor Presidente! A nome
della Facoltà valdese di
teologia e di questa folta assemblea di amici, italiani ed
esteri, evangelici, cattolici e
laici. La saluto con viva gioia
e gratitudine, e Le dò il più
cordiale benvenuto in mezzo
a noi. La Sua visita onora il
nostro istituto e soprattutto
conferma che noi come Chiesa valdese e, in generale, come chiese evangeliche italiane (oggi qui quasi tutte rappresentate), non siamo più
confinati ai margini della società italiana, quasi non ne
fossimo parte integrante. Il
lungo tempo dell’emarginazione è definitivamente terminato. La Sua presenza in
questa Facoltà ne è un segno
ulteriore, particolarmente importante e confortante. La
ringrazio per avercelo dato,
accettando con tanta amabilità il nostro invito. L’attenzione alle minoranze è un indice sicuro del tasso di democrazia presente in un paese.
Lei sa chi siamo. Signor
Presidente. Novara, la Sua
città, non è molto distante
dalle valli valdesi. Siamo
una piccola comunità di fede, una manciata di uomini e
donne, sorta nel tardo Medioevo rivendicando una libertà fuori del comune: la libertà di predicare l’Evangelo. Libere predicare (= predicare liberamente): questa
fu la ragion d’essere dei vaidesi delle origini e continua
ad esserlo oggi. Ma chi ci dà
questa libertà fuori del comune, chi ci rende così liberi
da sentirci liberi anche di
predicare? È l’Evangelo stesso, che è uno straordinario
messaggio di libertà. La predicazione della libertà genera
la libertà della liberazione.
Noi siamo questo. Signor
Presidente, o meglio cerchiamo di esserlo: un intreccio di
libertà e di predicaziofte.
E perché tutto questo? Per
una ragione molto semplice,
che è questa: noi siamo con
II prof. Ricca a colloquio con II Presidente Scalfaro
vinti che l’Evangelo, la Parola biblica, sia la più grande
forza di rinnovamento personale e collettivo, religioso e
sociale che conosciamo. È la
Parola capace di creare dentro e fuori le coscienze quel
«nuovo» di cui tutti sentiamo
l’urgente bisogno, tanto nella
chiesa quanto nella società.
Ecco perché, al termine
della Sua visita, come segno
di gratitudine da parte nostra
e ricordo del nostro incontro,
ci permetteremo di offrirLe in
dono un’edizione a noi molto
cara della Bibbia: quella tradotta da Giovanni Diodati nel
Seicento, la prima traduzione
protestante della Bibbia in
italiano, nata non a caso in
esilio, dove Diodati si trovava per ragioni di fede. Ora
l’esilio è finito. Lei, Signor
Presidente, rappresenta l’Italia: offrendoLe questa Bibbia
è un po’ come se la offrissimo al popolo italiano. Poterlo
fare grazie alla Sua venuta in
mezzo a noi rende quest’ora
molto bella e la carica di una
grande promessa.
La risposta del
Presidente Scalfaro
Sento il bisogno di esprimere una parola di gratitudine per l’onore che mi è
stato fatto di essere invitato a
questa assemblea, per avere
avuto il piacere di ascoltare
gli oratori e l’intensità del
pensiero di chi ha aperto questa riunione. E quindi grazie
per questo dono, che essendo
il primo volume scritto in traduzione, nel Seicento, è stato
scritto fuori dei confini della
nostra patria (dei confini di
allora): è stato comunque
scritto da un italiano che non
poteva scriverlo nella sua terra. Quindi è un volume che
nasce da una sofferenza e da
una ingiustizia. Non bisogna
dimenticarlo. E se la Bibbia,
come ogni libro sacro, ha
sempre un appello ai grandi
valori e un richiamo alla trascendenza, la ferita della libertà dell’uomo è una contrapposizione incredibile che
non è da dimenticare. Mentre
scriveva, traducendo parole
di immenso valore per l’uomo, aveva in sé la scelta della
sua libertà, della sua dignità.
capacità di comunicativa incredibile, per cui le sono grato. È parere di uomo semplice, che vi sta parlando, che ha
avuto nella sua vita tante volte motivo di grande ammirazione per la figura di Francesco; forse una vibrazione così
forte come Sabatier (di cui ha
parlato il prof. Spini) ha saputo dare anche a me, non ho
trovato altrove: pagine e pagine di una vitalità assolutamente incredibile.
Avete avuto dei periodi
storici che si riassumo nella
frase che lei, prof. Spini, ci
ha detto: «Il crudele Radetzky dava più libertà dei
Savoia con la Costituzione».
Mi pare che sia una sintesi
abbastanza chiara. Noi oggi
abbiamo una Carta costituzionale che afferma un principio, di fronte al libere predicare: il riconoscimento che
l’uomo ha diritto di esprimere
liberamente il proprio pensiero. Questo è il «libere». E siccome predicare presuppone
un pubblico che ascolta, c’è il
principio della libertà di associazione: la gente è libera di
riunirsi Senza avere bisogno
di autorizzazione alcuna;
principi fondamentali che la
Costituzione ha sancito, che
grazie a Dio riusciamo a vivere, ma che dipende da ciascuno di noi di vivere.
Non sono venuto qui per un
atto dovuto. Piuttosto non sarei venuto. Ma dal primo momento in cui io ho avuto questo onore e quest’onere ho
cercato qualche via per compiere ufficialmente questo atto di disponibilità per le confessioni evangeliche protestanti. Avevo questo desiderio
che sento vivissimo dentro di
me: il rispetto di chi ha urta
fede, di chi crede, di chi credendo là vive, di chi vivendola la presenta agli altri, la testimonia. Sono venuto qui
spinto da questi sentimenti e
Poi nella storia avrà trova-' vi ringrazio di avermi dato
to altre pagine, ma questo ini- quest’occasione, vi ringrazio
zio dice molto: forse vedendolo da lontano dice che le
grandi pagine nascono sempre da una sofferenza che paga, ma nel momento in cui si
paga è diverso. Grazie al
prof. Spini: io non sono stato
suo allievo eppure sono convinto che i suoi allievi erano
costretti ad ascoltare, per una
per la vostra testimonianza,
per la vostra coerenza, vi ringrazio per quanto di verità e
di amore voi portate nella comunità italiana. Le comunità
possono essere piccole, ma i
valori che portano non hanno
mai misura. A questi valori e
alla comunità io mi inchino
con profondo rispetto. Grazie.
Abbiamo anche risolto un
problema annoso della nostra
biblioteca, cioè il fatto che
gli uffici erano ubicati in un
corridoio dove tutti, dai lettori agli studenti, ai professori,
transitavano; adesso disponiamo di un locale per gli uffici di circa 50 metri quadrati, dove siamo riusciti a mettere, con una grande razionalizzazione degli spazi, tutti
gli uffici, la rivista Protestantesimo, oltre ai bibliotecari.
Negli ultimi anni il numero
di lettori esterni è in crescita:
a questa biblioteca accedono
studenti e professori, che ne
possono disporre 24 ore su
24, ma anche un numero crescente di studiosi, ricercatori,
studenti, docenti di facoltà
pontificie e di università di
Stato che usano questa biblioteca per ricerche su vari
temi: in particolare sui riformatori, in campo biblico,
sull’ecumenismo protestante,
sui rapporti stato-chiesa dal
punto di vista delle minoranze. Molte tesi su questi argomenti sono nate in questa biblioteca. Se dovessimo prendere questo uso della biblioteca da parte di lettori esterni
come un segnale indicativo,
ciò darebbe T’idea di una crescente sensibilità sia ecumenica sia culturale nei confronti del mondo protestante
,e della sua storia».
- I costi dell’impresa sono
stati di sicuro elevati. Ma le
nostre chiese non si sono trovate da sole, avendo avuto la
concreta solidarietà di numerose chiese evangeliche, in
particolare tedesche. Ci può
raccontare l’iter attraverso
citi si è giunti alla realizzazione dei lavori?
«Nei 14 mesi circa di durata dei lavori, i costi sono lievitati rispettò al previsto. La
copertura di questi costi (superiori al miliardo e 500 milioni) in larga misura è sfata
assicurata da doni dall’estero:
in particolare dalla Chiesa
evangelica della Renania,
dalla Chiesa della Westfalia,
dalla Chiesa dell’HessenNassau, dalla Chiesa riformata del cantone dei Grigioni.
Singoli donatori hanno inoltre contribuito per una fetta
consistente. Abbiamo ottenuto anche l’appoggio finanziario dell’Inter Church Aid e
un prestito Eclof. Il Sinoda di
due anni fa aveva impegnato
le chiese valdesi e metodiste
complessivamente a raccogliere la cifra di 160 milioni:
ad oggi ne è giunto poco più
di un terzo. Il Sinodo del ’95
ha rinnovato l’appello.
Se abbiamo chiesto al dori.
Becker, della Chiesa della
Renania, di tagliare il nastro
inaugurale, ciò era appunto
per significare il nostro debito di riconoscenza versò il
protestantesimo europeo che
- con grande generosità e immediata comprensione degli
scopi della portata dell’operazione, ci ha sostenuto».
- E gli studenti e le studentesse della facoltà? Che cosa
potrà cambiare per loro dopo l’ampliamento della biblioteca?
«Negli ultimi anni, in seguito aU’aumento del nutìaero
degli studenti, essi non potevano più disporre del privilegio (di cui per esempio io ho
disposto per tutti gli anni del
mio studio) di avere un tavolo individuale in biblioteca.
Spesso lo stesso tavolo era
assegnato a due studenti che
si alternavano. Questo ampliamento agevolerà sicuramente anche loro».
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
venerdì io novembre 1995
Assemblea del 12° circuito delle chiese valdesi e metodiste
Lo spot per ^evangelizzazione
CAHtETTO CARLONE
Gon il culto introduttivo
tenuto dai pastori Enos
Mannelli e Dario Saccomani,
domenica 22 ottobre si apriva
a Campobasso l’assemblea
del 12° circuito. Davanti ad
un folto uditorio, convenuto
in gran numero dalle diverse
realtà evangeliche battiste e
valdesi dell’Abruzzo e del
Molise, il sovrintendente
Mannelli, nel suo sermone su
Luca 14, 25-33, ribadiva 1’
importanza per ciascun credente di focalizzare la propria
vita e la propria fede nel Signore Iddio: solo in tal modo
la vita personale e di conseguenza quella delle chiese acquista il suo senso più ampio.
La giornata comunitaria
proseguiva con la relazione
della pastora Gianna Sciclone
sul convegno dal tema: «Chi,
che cosa, come» tenutosi a
Ecumene il 1° e 2 luglio a cura del coordinamento delle
chiese metodiste e valdesi per
l’evangelizzazione e del Dipartimento di evangelizzazione deirUcebi. La pastora Sciclone esponeva per sommi
capi i progetti in corso a Rio
Marina, Pescara, Perugia, Viterbo, evidenziando l’interesse verso questa materia, ma
anche i problemi che gli
evangelici riformati incontrano. In questa luce invitava le
sorelle e i fratelli presenti a
cimentarsi in una simulazione, appunto sul tema dell’evangelizzazione, da tenersi
nel pomeriggio.
Durante l’agape fraterna,
svoltasi in un ristorante del
luogo, momento già di per sé
aggregante, si viveva un ulteriore e particolare aspetto di
comunione. Il culto iniziato al
mattino si arricchiva di un suo
elemento centrale: la condivisione della cena del Signore,
proprio come avveniva nelle
prime comunità cristiane.
Dopo il pranzo si dava il
via alla simulazione prospettata, in cui ciascun gruppo
formato da membri di diverse
chiese, ipotizzandosi comunità, cercava in primo luogo
di identificare se stesso (per
stabilire se si trattava di una
chiesa già formata, di un
gruppo, di una diaspora, di
una famiglia o altro) e poi di
focalizzare il gruppo di persone o le realtà a cui intendeva rivolgere il messaggio
dell’Evangelo. Altri punti
concernevano l’indicazione
in una sola frase, come se si
trattasse di uno spot, di cosa
si voleva dire e l’analisi di
eventuali motivi che limitino
l’avvicinamento delle persone alle chiese.
Un’esperienza particolàrmente interessante e coinvolgente, pur concisa per il tempo limitato a disposizione, ma
capace di lasciare ai presenti
degli spunti utili sui quali riflettere nei prossimi mesi nelle rispettive comunità.
Verona: ricordata la Riforma con due professioni di fede
La fede è impegno personale
Due gioiosi eventi hanno di
recente illuminato la comunità valdese di Verona. Domenica 22 ottobre è stato celebrato il battesimo di Elisa
Vicentini, figlia del pastore
emerito Giuho Vicentini che
per molti anni aveva svolto il
suo ministero in questa città.
Domenica 29 ha invece avuto
luogo la confermazione di
Marta Ferretti, nipote di una
carissima, compianta sorella
di chiesa.
Al battesimo di Elisa la Parola è stata proclamata attraverso un forte annuncio delr Evangelo. «Il vento soffia
dove vuole, e tu ne odi il rumore ma non sai né da dove
viene né dove va: così è di
chiunque è nato dallo Spirito» (Giovanni 3, 8); «Voi tutti che siete stati battezzati in
Cristo, vi siete rivestiti di
Cristo» (Galati 3, 27); «Ecco, io faccio nuove tutte le
cose ... A chi ha sete, io darò
gratuitamente della fonte
dell’acqua della vita» (Apocalisse 21, 5-6).,
Il pastore Alfredo Berlendis, incentrando su questi annunci la sua predicazione, ha
sottolineato con forza come il
battesimo non si attui in una
particolare denominazione,
bensì nella Chiesa indivisa di
Cristo: «battezzati in Cristo,
rivestiti di Cristo». Il messaggio^è stato tanto più forte in
quanto proclamato in una
chiesa gremita di fratelli non
solo evangelici, ma anche di
altra confessione, venuti da
molti luoghi nel cui ambito la
crescita spirituale di Elisa si è
sviluppata: fratelli cattolici
della comunità di Sant’Egidio di Napoli, del Sae di Verona, di altri gruppi di preghiera e di comunione fraterna. Molti di essi hanno partecipato al momento delle preghiere spontanee ed Elisa,
nella sua confessione di fede,
ha dichiarato quali fossero
state le tappe del suo percorso. La famigha, innanzitutto,
ove ha bevuto il «puro latte
spirituale» della fede; la comunità valdese, che le ha
proposto i valori di una testimonianza ancorata alla predicazione della Parola; la comunità di Sant’Egidio< in cui
Elisa ha partecipato a un vissuto di fraternità e di condivisione con i più deboli. Il culto battesimale, conclusosi
Abbonamento annuo L. 28.000 - Estero L. 33.000
Sostenitore L. 35.000 - Una copia L. 3.500 da versare su c.c.p. n. 14603203 intestato a «L’amico dei
fanciulli - Tavola Valdese» - 20159 Milano - Via
Porro Lambertenghi 28
con la cena del Signore, presieduta dal past. Vicentini, si
è svolto in un clima di grande
familiarità e soprattutto di
profonda fraternità. Sia lode
al Signore.
La confermazione di Marta,
la domenica successiva, ha
costituito un altro momento
di intensa tensione spirituale.
La parola del Signore evocava la fede dei profeti e degli
apostoli, fondandosi poi sul
messaggio del Cristo: «Voi
mi cercherete e mi troverete,
perché mi cercherete con tutto il vostro cuore; io mi lascerò trovare da voi» (Geremia 29, 13-14); «Barnaba,
giunto ad Antiochia, vide la
grazia di Dio, si rallegrò e li
esortò tutti ad attenersi al Signore con cuore risoluto»
(Atti 11, 23); «È lo Spirito
che vivifica (...) Nessuno può
venire ame - disse Gesù - se
non gli è dato dal Padre (...)
Simon Pietro rispose: Signore, da chi andremmo noi? Tu
hai párale di vita eterna»
(Giovanni 6, 63 ss).
La predicazione del pastore
Berlendis è stata questa volta
incentrata sul messaggio di
Barnaba, il cipriota designato
ad annunciare l’Evangelo e
ad esortare i primi «cristiani»,
acciocché si attenessero al Signore. La missione di Barnaba era rivolta non solo agli
ebrei ma anche ai Gentili, ossia all’ecumene di allora.
Nella sua confessione di fede Marta ha sottolineato come avesse avvertito in sé il
vivo richiamo ad una tradizione familiare contrassegnata dal servizio e dall’impegno
spirituale nella Chiesa valdese; inoltre, dopo aver vissuto
alcune esperienze in campi
giovanili evangelici, Marta
sentiva di condividerà le scelte etiche e sociali della nostra
chiesa nella società contemporanea.
Lo Spirito è stato invocato
sulla giovane da tutta la comunità, che si è unita al pastore nell’imposizione delle
mani: momento solenne di
profonda e consapevole adesione comunitaria, a cui è seguita la celebrazione della
Santa Cena. L’antico inno
Forte rocca è il nostro Dio è
risuonato nel tempio di Verona, in quest’ultima domenica
di ottobre, a evocare la Riforma di Lutero. A Dio solo sia
gloria.
Inaugurato il nuovo anno del Centro di formazione diaconale
La diaconia è rendere
le persone «capaci di fare
»
PASQUALE lACOBINO
L? inaugurazione dell’anno accademico 1995-96
del Centro di formazione diaconale (Cfd) «Giuseppe Comandi» ha coinciso per le
chiese evangeliche fiorentine
con la Domenica della Riforma.xll programma della giornata prevedeva, oltre al culto
interdenominazionale nella
chiesa battista, l’agape comunitaria presso il Centro giovanile protestante «Gould» e la
prolusione a cura della pastora Elizabeth Green. Ha fatto
seguito un dibattito moderato
da Marco Jourdan e Massimo
Rubboli, rispettivamente presidente e coordinatore del
Cfd, accompagnato dai saluti
e dalle testimonianze di amici
e amiche, docenti e studenti,
diaconi e diacono.
Liberi per servire nell’amore: il paradosso della libertà
cristiana ha rappresentato il
filo conduttore di questa domenica d’ottobre e il cuore
della predicazione che il pastore emerito Piero Bensi ha
rivolto a un’assemblea numerosa e diversificata: il culto
infatti ha visto la partecipazione di sorelle e fratelli apostolici, avventisti, dell’Assemblea dei fratelli, battisti,
episcopali, luterani, metodisti, riformati svizzeri, salutisti, valdesi.
Le categorie di libertà e di
servizio sono tornate a riecheggiare nell’Aula magna
del Gould quando la pastora
Elisabeth Green ha parlato
sul tema: «Venuto per servire», una riflessione teologica
femminista sui problemi e le
promesse della diaconia. Nel
ripercorrere la critica teologica da un punto di vista femminista all’idea di servizio,
Elizabeth Green ha lasciato
parlare autorevoli e ricorrenti
voci del pensiero delle donne: tra le altre citate ricordiamo Elisabeth Schiissler Fiorenza, Mary Daly, Rosemary
Radford Ruether. Il passaggio obbligato per una comprensione autentica della libertà e del servizio è «la decostruzione della diaconia attraverso il ricorso a un’ermeneutica del sospetto»: il dovere di guardare oltre le apparenze testuali, di scavare
tra le parole, di indagare le
Scritture leggendone i silenzi, di far emergere il «non
detto», di attribuire declinazione di genere a un punto di
Foré^Ha
di littra
Se li
lago Magg||fe a passare un piacevole
weel<H5nd o qti^chc
giorno di viacaiiza,
venite a Intra (Verbania) presso la Chiesa evangelkia metodista, dove potrete
usufruire di una bella stanza da 2/3 letti,
bagno e uso cucina,
a due passi dal Iago.
Per informazioni e
prenotazioni telefonare a uno dei segugi rrumext:
m
.vista (maschile e patriarcale)
che pretende essere «a priori» universale e neutro.
Ne è scaturita un’analisi
della funzione ideologica della categoria di servizio e della
diaconia necessaria alla legittimazione della condizione di
subalternità delle donne nella
società e nella comunità cristiana. Inoltre, se il servizio è
stato coniugato con «sacrificio», al femminile la declinazione sacrificale (incrociandosi con la tradizione della
misoginia cattolica) ha finito
per coniugarsi con colpa, annullamento di sé, perdita di
identità. È per g^uesto, ha detto la pastora Green, che la
diaconia è stata percepita come problema dalle teologhe
femministe.
Per recuperare le promesse
della diaconia esse ritengono
necessario operare su più livelli. Innanzitutto nel distinguere tra servizio e schiavitù,
autonomia e potere da un lato, privazione e sudditanza
dall’altro. In secondo luogo
nel comprendere la diaconia
come processo di empowerment; non come pura detenzione di potere, ma come potere di rendere gli altri e le altre «capaci di fare» autonomamente, come potere di innalzare gli altri e le altre, come conversione da un’idea di
«potere su» a quella di «potere per» gli altri e le altre. In
terzo luogo nell’assumere la
diaconia come «principio critico per individuare strutture
di dominio all’interno della
chiesa» e, in ultimo, sulla base di una serie di studi sul
Vangelo di Marco che evidenziano la profonda e auten
tica interpretazione delle
donne del ruolo di discepole
e diacene, nel riflettere sul
rapporto tra sequela di Cristo
e servizio.
Al Comandi c’è sempre chi
termina i propri studi e chi li
comincia: se in luglio il Centro aveva conferito il diploma
(il quarto del 1995) a Susana
De Mattia, diacona infermiera professionale, subito inserita nell’organico del Servizio cristiano a Riesi, il nuovo
anno accademico ha visto
quattro nuove iscrizioni. Un
percorso di studi duplice
aspetta questi giovani fratelli
e sorelle: una formazione
professionale pubblica presso
sedi universitarie e non (per i
nuovi studenti Scienza dell’
educazione e Scuola infermieri) affiancata a una formazione biblico-teologica interna al Cfd. Un cammino
che si rivelerà faticoso e impegnativo, ma anche ricco di
sfide, di opportunità e di promesse per il futuro.
Battisti di Genova e di Sampierdarena
La lampada è accesa
ERMINIO PODESTÀ
Il 29 ottobre le comunità
battiste di Genova e di
Sampierdarena hanno vissuto
un’intensa giornata di fede e
fraternità: durante il culto Daniele Podestà di Sampierdarena, Ester Malarbì e Ivano
Dellagiacoma hanno dato la
loro testimonianza battesimale nella chiesa di via Vemazza, alla presenza delle due comunità, di amici e conoscenti.
Durante il culto, presieduto
dal pastore Michele Foligno,
il gruppo ispanoamericano, il
gruppo della Chiesa cristiana
di via Gradisca e il gruppo
giovani hanno presentato alcuni canti. Prima di scendere
nella sala dei battesimi, dopo
la lettura di Romani 6 e la riflessione del pastore (che ha
spiegato che con il battesimo
si muore con Cristo alla vita
passata e si risorge con Cristo
in novità di vita) i tre battezzandi hanno espresso la loro
testimonianza.
Mentre Ester e Daniele,
cresciuti in famiglie evangeliche, hanno tuttavia ben compreso che il battesimo è comunque una scelta precisa
per la loro vita di credenti.
Ivano ha dichiarato di provenire da famiglia cattolica e di
aver pensato di battezzarsi un
anno fa. Il pastore Foligno ha
poi immerso i battezzandi
mentre la comunità cantava
Sii fedele fino alla morte e io
ti darò la corona della vita, e
in seguito ha precisato che
non è il pastore a battezzare.
ma tutta la chiesa. La giornata coincidèva anche con la
Domenica della Riforma:
proprio con Lutero si sono
spezzate le divisioni fra chi
insegna e chi impara.
La comunità ha dunque una
grande responsabilità nei confronti di questi giovani perché deve mostrarsi coerente
in quel che dice e quel che fa.
Chi scrive ha poi citato un
pensiero di Lutero: «Un cristiano è un libero signore sopra ogni cosa, e non è sottoposto a nessuno nella fede.
Un cristiano è un servo volonteroso in ogni cosa, sottoposto ad ognuno nell’amore».
Dopo la Santa Cena e la consegna dei ricordi il pastore
Foligno ha rivolto un appello
ai presenti invitandoli a impegnarsi concretamente nel
cammino della fede.
Dopo l’agape fraterna ci si
è riuniti di nuovo la sera per
un incontro giovanile, organizzato da un gruppo di tutte
le chiese evangeliche genovesi, che si tiene mensilmente nelle varie sedi. Il gruppo è
un supporto per le chiese e
lascia ai giovani di ognuna di
esse di organizzare presso di
loro l’incontro. I tre battezzati hanno nuovamente espresso la loro testimonianza; si è
cantato, pregato e Pietro, che
frequenta il corso per predicatore locale, ha rivolto un
messaggio sulla lampada accesa sul moggio e due ragazze di via Vernazza hanno
eseguito dei canti composti
da loro.
5
10 NOVEMBRE 1995
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
È morto a Chiavari all'età di 92 anni il pastore battista Paolo Sanfilippo
Un testimone che ha saputo coniugare
la fede con impegno sociale e democratico
CARMELO INQUARTI
Il pastore Paolo Sanfilippo
se n’è andato, per usare le
parole del re Davide morente,
«per la via di tutti gli abitanti
della terra» (1 Re II-2) e possiamo aggiungere saziato di
anni da parte del Signore,
all’età di 92 anni: dono eccezionale. Si può dire che è stato un testimone di quasi tutto
il XX secolo.
Era nato a Sciacca (Agrigento) l’anno 1903 e nella
sua città natia aveva conseguito l’unico diploma possibile, l’abilitazione magistrale. La Sua infanzia e la sua
giovinezza le ha trascorse
Bell’ambiente tradizionalmente cattolico. La sua chiamata alla fede e al pastorato è
veramente un fatto fuori
dell’ordinario; è arrivato alla
fède attraverso un famoso
settimanale, «Conscientia»,
■ ehe negli anni ’20, agli inizi
della dittatura fascista, si proponeva un rinnovamento morale, sociale e religióso del
nostro paese. Uno degli ultimi direttori fu Giuseppe Gangale, filosofo, storico e soprattutto teologo, uno dei più
rappresentativi teologi protestanti del nostro secolo. Attraverso gli scritti di Gangale,
del quale il pastore Sanfilippo era ed è stato fino alla fine
un ammiratore e seguace,
venne a conoscenza della
, dottrina evangelica e del protestantesimo. Gangale, che
era stato battezzato a Roma
' nella chiesa battista che si radunava nel locale di culto a
Piazza in Lucina, con manifesta tendenza teologica di tipo calvinista, esercitò una
notevole influenza sul giovarne Sanfilippo.
A Sciacca, in quel lembo
di Sicilia, in quel tempo non
c’era alcuna chiesa evangelica, per cui il giovane Sanfilippo non aveva fatto un’
esperienza ecclesiastica. Pertanto in modo eccezionale è
nata in lui la vocazione al pastorato e in modo eccezionale venne'^accolto neH’ottobre
del 1927 nella scuola teologica battista, che allora aveva
la sua sede in Piazza in Lucina a Roma. Anch’io nello
stesso mese e nello stesso anno fui accolto in quella scuola, così per tre anni fummo
affratellati sia nella scuola
sia nella bellissima villa di
via della Camilluccia, a
Monte Mario, ove tutti gli
studenti risiedevano. Anni
stupendi, indimenticabili!
Quante discussioni teologiche, ideologiche e Sanfilippo
era un mazziniano convinto e
tale è rimasto sino alla fine:
era di carattere amichevole,
socievole ma fermo nelle sue
convinzioni.
Nell’estate del 1930 Sanfilippo iniziò il suo ministero
pastorale: la sua prima sede
fu Gaiatro, un paese della
provincia di Reggio Calabria.
Dopo alcuni anni fu trasferito
a Horidia (Siracusa) e subito
fu apprezzato e stimato per la
sua sana predicazione e amato per lo spirito di fraternità,
umiltà e socievolezza. Qui
trascorse con la famiglia gli
anni anteguerra e alcuni anni
dopo la guerra, finché venne
trasferito come pastore della
chiesa battista di Bari; infine
venne chiamato alla cura pastorale della chiesa di Chiavari, dove in questi primi
giorni di novembre ha chiuso
la sua esistenza.
Il pastore Sanfilippo oltre
che conduttore è stato studioso e ricercatore; soprattutto
su Giuseppe Gangale ha
scritto molto: un’attività non
Il pastore Paolo Sanfilippo nella sua casa di Chiavari
indifferente. Ricordiamo un
libro su Gangale, pubblicato
dall’editrice Lanterna, con
una lunga prefazione del pastore Giorgio Bóuchard; inoltre un libro interessante, «le
poesie di Giuseppe Gangale»; un altro scritto sulla moglie di Gangale. Sanfilippo
era un gangaliano e su questo
ben noto scrittore e teologo
ha scritto tanti articoli. Ha
scritto un bel profilo sulla vita del pastore Manfredi Ronchi, collega e amico; infine
ha pubblicato un libretto
interessante: «Il protestantesimo nel Tigullio e nel suo
retroterra». Ricordiamo per
ultima la sua famosa collezione filatelica, i più svariati
francobolli sulla Riforma.
Durante il suo ministero, e
anche da pastore emerito a
Chiavari, Sanfilippo è stato
colpito da gravi lutti passati e
recenti e toccato negli affetti
più cari della famiglia, ma là
sua fede forte lo ha sostenuto
e li ha affrontati con la forza
che dà il Signore. A tutta la
famiglia Sanfilippo esprimiamo la nostra affettuosa solidarietà nel dolore, ben sapendo che la vera consolazione è,
nel fatto che Cristo è risorto.
Ora è suonata la sua chiamata e con la stessa serenità
il nostro caro Paolo ha affrontato l’assalto della morte, la
nostra nemica, ma per i credenti è la via per essere introdotti alla gloriosa presenza
del Signore, che il pastore
Sanfilipiio ha servito con fedeltà fino alla fine.
La Chiesa metodista di Bologna decide un impegnativo programma di azione
Le quattro parole che fanno conoscere
la testimonianza evangelica in Emilia
_______GIOVANNI ANZIANI_____
Domenica 8 ottobre, con
una giornata comunitaria
e agape, si è riunita l’assemblea della Chiesa metodista di
Bologna. La relazione è stata
costruita attorno a quattro parole: formazione, evangelizzazione, ecumenismo, testimonianza. Il Consiglio ha
voluto così presentare degli
indicatori per l’attività della
chiesa piuttosto che elencare
una serie di iniziative, potremmo dire tradizionali. Ricordiamo alcune attività poste
alPintemo delle parole guida.
Formazione come momento primo e in particolare riguardo ai predicatori locali. Il
Consiglio, in accordo con la
Ordine del giorno
Accogliamo lo straniero
L’assemblea della Chiesa evangelica metodista di Bologna, considerando la recente e preoccupante vicenda che ha
vi^to al quartiere Porto sottoporre a referendum fra i genitori
l’accoglienza nella scuola dell’infanzia di bambini profughi
dall’ex Jugoslavia, ritiene inaccettabile che diritti fondamentali dell’individuo, ripresi e garantiti dalla nostra Costituzione, siano oggetto di discriminazione sulla base del rapporto
maggioranza-minoranza. Tale fatto costituisce un precedente di indubbia negatività, al di là della conclusione del singo-,
lo avvenimento, ed interpella la coscienza dei cittadini di
Bologna e le istituzioni della città. Preoccupata per il silenzio dei cristiani in questa occasione di particolare gravità, tale da non essere sufficiente per il suo superamento l’azione
concreta di solidarietà, rivolge alle chiese cristiane presenti
in Bologna, alla Comunità ebraica, alle altre sensibilità religiose, l’appello ad una comune iniziativa di sensibilizzazione e confronto, per una cultura e una pratica realizzazione
dell’accoglienza, del rispetto delle diversità di carattere religioso, etnico, sociale, di comportamento.
Commissione permanepte
studi, ha organizzato per sabato 11 novembre un seminario di introduzione al Nuovo
Testamento e una sessione di
esami per i candidati predicatore locale.
Evangelizzazione: è la prima delle conseguenze della
formazione e le proposte sono di due tipi: avere la «chiesa aperta» due giorni la settimana (con un gruppo di volontari che accolgono i vari
visitatori) e avere un culto di
evangelizzazione in provincia
di Bologna, a Vado, dove vigono due famiglie della comunità. Evangelizzazione più
nel fare che nel parlare.
Ecumenismo: è l’attività
che ha fatto più discutere l’assemblea, soprattutto l’ecumenismo tra comunità evangeliche della città. Il Consiglio
propone di sviluppare i già
buoni rapporti esistenti con
alcune chiese evangeliche
(Fratelli e Avventisti) per costruire momenti di conoscenza e di collaborazione.
Testimonianza: riguarda
soprattutto l’attività dei nostri
due Centri culturali in Modena e Bologna. È questo un
impegno non da poco per le
piccole forze utilizzabili nella
nostra chiesa, ma che ha una
grande responsabilità dato
che molti in città attendono
una voce protestante quale
contributo alla crescita civile
e culturale. Accanto ai due
centri culturali, un’iniziativa
è stata migliorata: gli incontri
mensili di testimonianza e di
preghiera quali occasioni importanti per l’accoglienza e la
formazione di nuove persone
che fanno parte della comunità da poco tempo.
L’assemblea ha discusso, e
infine approvato, un documento di solidarietà nei confronti di famiglie extracomunitarie che avevano, in un
primo momento, incontrato
gravi disagi a inserire i loro
figli nelle scuole della città.
Tale documento, al di là del
fatto particolare (superato da
nuovi eventi), ripropone soprattutto ai credenti la responsabilità di una cultura
dell’accoglienza e dell’ospitalità.
L’assemblea, a conclusione dei lavori, oltre ad approvare la relazione programmatica del Consiglio, ha
proceduto all’elezione del
nuovo Consiglio. Il nuovo
presidente è il fratello Sergio
Bertollini, che in passato ha
già svolto con impegno questo servizio per la chiesa.
NAPOLI.— La piccola chiesa del Vomero, che raggruppa la
Chiesa metodista di Napoli, che aveva una volta un suo bel
locale di culto a Sant’Anna di Palazzo, e la «Chiesa cristiana», fondata dal pastore Gaio Gay, sta conóscendo una specie di «primavera biblica» con un rinnovato interesse per lo
studio della Bibbia. Non che non ci fosse negli anni passati;
da sempre infatti la Bibbia è stata letta studiata, meditata e
predicata ma sembra che recentemente se ne scopra di più
l’attualità. E così avviene che non solo i tradizionali momenti di studio biblico siano ben frequentati, ma che si debbano moltiplicare le iniziative, per venire incontro alla domanda. In questo clima è iniziato recentemente un nuovo
corso di studio, pensato per persone adulte che, per una serie di circostanze, non hanno potuto a tempo opportuno
usufruire di scuola domenicale e catechismo. Un altro simpatico momento di incontro si è aperto a Sant’Angelo in
Formis, un piccolo paese non lontano da Caserta dove una
famiglia (secondo un cliché classico dell’evangelizzazione)
ha aperto la propria casa invitando parenti, amici e vicini
per ascoltare la lettura dell’Evangelo. È straordinario constatare come la Bibbia si riveli sempre una parola viva e vivente, affascinante e coinvolgente.
MANTOVA — Quest’anno, dopo tanto tempo, si>sono avuti
nella Chiesa valdese due matrimoni: per la verità il primo,
quello di Daniela Pavesi con Olivio Mazzi, è stato celebrato in una chiesa cattolica del ’5(X) perché i numerosi presenti non potevano entrare tutti nella nostra piccola chiesa; il
secondo, di Gaia Bartoli e Francesco Foroni, è stato celebrato nei nostri locali. Sulle due coppie la comunità invoca
la benedizione del Signore.
MESSINA — Mercoledì 25 ottobre si è svolta nella sala delle
attività della Chiesa valdese una conferenza della pastora
Almut Kramm sul tema «Gli scritti programmatici della
Riforma di Lutero». La conferenza ha registrato, con la presenza di un pubblico interessato, la partecipazione di cattolici del Sae e del gruppo ecumenico locale. La,comunità,
che ha organizzato la manifestazione, ha concluso la celebrazione della ricorrenza della Riforma nel culto di domenica 29 ottobre, a cui ha partecipato la Chiesa avventista con
il pastore e la corale.
BOBBIO PELLICE — La corale Bobbio-Villar ha deciso di
partecipare al culto domenicale una volta al mese alternativamente con Villar Pellice. Abbiamo salutato con viva
gioia la presenza della corale al culto di domenica 29 ottobre che ha avuto come punto di riflessione la Riforma. La
colletta di questo culto è stata devoluta alla Società biblica
• in Italia.
• Il nòstro fratello in Cristo Davide Mondon, classe 1922,
ex internato, non è più fra noi. La comunità tutta rinnova ai
familiari l’espressione della simpatia cristiana e della certezza di fede nella resurrezione dei morti in Cristo, il Signore della vita.
SAN SECONDO — La scorsa settimana è mancato il fratello
Giovannino Meytre; la comunità esprime alla famiglia tutr
ta la sua simpatia cristiana, nella fiducia della parola di speranza che è annunciata nella resurrezione di Gesù Cristo.
ROMA — Nel giorno dei funerali del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, il presidente della Fedérazione delle
chiese evangeliche in Italia, Domenico Tomasetto, ha rilasciato questa dichiarazione: «Con Rabin scompare uno dei
* più autorevoli e convinti protagonisti del processo di pace
in Medio Oriente. In questo momento di dolore esprimiamo
ancora una volta la nostra amicizia e la nostra simpatia al
popolo israeliano che ha perso il suo leader politico, alle comunità ebraiche che hanno perso uno dei più sinceri testimoni, al popolo della pace che ha perso un pioniere coraggioso. Gli evangelici italiani continueranno a pregare e a lavorare affinché un giorno possano finalmente germogliare i
semi della pace gettati da uomini e donne che (...) credono
nella possibilità della convivenza e della riconciliaiione tra
tutti i figli di Dio. (...) Dio è amore e il suo amore non verrà
mai meno: nonostante gli attentati, nonostante i fondamentalismi che si annidano nelle varie parti ancóra in conflitto».
Unione FREMeATORi eocali
• DELLE CHIESFfWfœrt’
E METOÄSTE .
^ , rio dei predicatori ííóca
1 stat 1 nuuvameriie Tu.unnM.iuta daU’ultimo Sinodo; (...) ;
nuiocro dei cnodidati ò ìn ird^ costante (...) le
iitàdi'Sénri?ibit^>i'presentanò sono crescenti; noni
predfcAunne, ma anche «cura d’anime» fevaijgeÜzzí
tuel Calgli di chiesa (...) divèrsi
aRHÌGha cocsi.di preparazione per i predicatotf
' prediutsn non (ancora) iscritti nei ruoli si réntohc
; citM delIiUniune c condividorw il tuostro irapB8i»Cv4yi;
‘^f¥d!|;eì|i è aófelle, ringraziamo il Sigrira:«
e-nostra re^ensaDiiita nsponoere e
>. Un-ringraziamento particola
'òhtere (ètsìngoli) che vorranno
’jflone delia «Domenica del predi
lieìtè sono ia nostra unica formi
i.alle Spese relative all
, inaiare al ccpn.522S7000
^ P > i *•
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 1995
UN INCONTRO
INDIMENTOBILE
RENATO COÎSSON
Cara Sefora, quanto vorrei
che tu fossi qui con me e
mi aiutassi a chiarire nella
mia mente alcune impressioni
che mi ha lasciato rincontro
di ieri con Gesù e i suoi discepoli a Tagba.
Era da alcune settimane che
sentivo parlare in giro di questo Gesù originario di Nazaret. Si diceva che andava da
un villaggio all’altro, lungo la
riva del lago di Gennesaret e
che c’era sempre tanta gente
che lo seguiva per ascoltare i
suoi discorsi. Alcuni ne parlavano con grande entusiasmo
e raccontavano anche che gli
avevano visto fare dei miracoli e guarire dei malati. Altri
invece lo criticavano perché
sembra che non osservi sempre la legge e che spesso sia
entrato in conflitto con gli
scribi e i farisei.
Cera una folla immensa
Avendo saputo, ieri, che
Gesù era partito da Magdala e che sembrava si fosse
diretto verso Tagba, ho volu
to correre anch’io per vederlo
e ascoltarlo. Subito ho visto
tanta gente che correva verso
l’uliveto di Giuseppe, sai là
dove ci sono quelle sette sorgenti di acqua. Presto mi sono trovata in mezzo a una folla immensa, c’era tutta Tagba, ma anche molti da Magdala e perfino da Tiberiade, e
guardando verso quella roccia
che sovrasta il podere di Giuseppe l’ho visto, era lassù che
parlava e tutti lo ascoltavano
in grande silenzio.
All’inizio, sono rimasta un
po’ delusa. Gesù è infatti un
uomo, come dire, come ce ne
sono tanti, né più bello, né
più brutto, né alto, né basso,
sembrava uno dei tanti artigiani dei nostri villaggi, con
la tunica polverosa e i sandali
da viaggio. Anche quello che
diceva mi è sembrato subito
un po’ strano. Parlava del regno di Dio! Cosa vuoi, da
quando ci sono i romani, certi
discorsi sono pericolosi, e poi
sentire parlare di regno si
pensa alle nuove tasse che gli
«Gli apostoli ritornarono e raccontarono
a Gesù tutte le cose che avevano fatte; ed
egli li prese con sé e si ritirò in disparte
verso una città chiamata Betsaida. Ma le
folley avendolo saputo, lo seguirono; ed
egli li accolse e parlava loro del regno di
Dio, e guariva quelli che avevano bisogno
di guarigione.
Or il giorno cominciava a declinare; e i
dodici, avvicinatisi, gli dissero: ‘^Lascia andare la folla, perché se ne vada per i villaggi e per le campagne vicine per trovarvi cena e alloggio, perché qui siamo in un luogo deserto”. Ma egli rispose: ‘*Date loro
voi da mangiare”. Ed essi obiettarono:
“Noi non abbiamo altro che cinque pani e
due pesci; a meno che non andiamo noi a
comprar dei viveri per tutta questa gente”.
Perché c*erano cinquemila uomini. Ed egli
disse ai suoi discepoli: “Fateli sedere a
gruppi di una cinquantina”. E così li fecero accomodare tutti. Poi Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò lo sguardo al
cielo e li benedisse, li spezzò e li diede ai
suoi discepoli perché li distribuissero alla
gente. Tutti mangiarono a sazietà e dei pezzi avanzati si portarono via dodici ceste»
(Luca 9, 10-17)
gbventù evangelica
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via Porro Lambertenghi, 28
20159 Milano
occupanti inventano ogni
giorno! Noi poveretti siamo
sempre le vittime dei capricci
dei potenti.
«Beati voi T
che siete poveri»
Poi ho cercato di capire
meglio quello che diceva,
ma non è stato facile. Figurati
Gesù diceva: «Beati voi che
siete poveri, perché il regno
di Dio è vostro; beati voi che
ora avete fame perché sarete
saziati»! Subito ho pensato
che ci prendesse in giro! Ero
furibonda, volevo quasi mettermi a gridare.
In seguito però Gesù ha aggiunto: «Ma guai a voi ricchi,
perché avete già la vostra
consolazione; guai a voi che
ora,siete sazi, perché avrete
fame...». Queste contrapposi
zioni, cara Sefora, mi hanno
soffocato il grido di protesta
che stava per uscire dalla mia
bocca, ed hanno messo in
movimento nel mio cervello
un sacco di pensieri che ancora non sono riuscita a chiarire
fino in fondo.
Il regno di Dio
Mi sembra di aver capito
che il regno di Dio è
qualcosa di diverso, di nuovo,
qualcosa che si fonda non sul
potere del più forte ma sul
dono di Dio, che ci ama così
come siamo, anche poveri,
deboli, peccatori.
Come vedi sono solo dei
pensieri che devo ancora chiarire ma che mi sembra aprano
davanti a noi qualcosa di veramente bello. Mentre Gesù
parlava, ad ogni «beato» che
diceva, mi sembrava di vedere dischiudersi i petali di una
rosà che diventava sempre più
grande, sempre più lucente,
sempre più bella. Eravamo
tutti incantati a sentirlo parlare, nessuno fiatava, tutti pendevano dalle sue labbra, tanto
che non ci siamo accorti che
si faceva sera, il sole stava
sparendo dietro alle colline.
Allora-ho visto che il gruppo dei discepoli ha cominciato ad agitarsi, in particolare
Filippo faceva dei grandi gesti per attirare l’attenzione di
Gesù. Non ho capito quale
fosse il problema! Pensavo
alle parole di Gesù, «beata»;
beata io Miriam, la povera lavatrice di panni? io, proprio
io beata? Come è possibile?
Del pane
e del pesce
Ho dovuto interrompere
questi pensieri perché
un discepolo. Toma, che mi
sembra fosse del nostro paese
quando abitavamo a Ginnosar, sai quel giovane sempre
critico su tutto e su tutti, è venuto verso di noi e ci ha detto
di sederci sull’erba verde facendo un gmppo di 50 persone, poi è tornato e ci ha portato del pane e del pesce.
Cara Sefora, non lo crederai, era del pane comune, come lo fanno tutti dalle nostre
parti, eppure aveva un sapore
particolare tanto che tutti han“no cominciato a farlo assaggiare ai vicini, e ogni pezzo di
pane aveva un sapore diverso,
quasi che ognuno desse assieme al pane anche un po’ di se
stesso! È stato veramente un
momento bellissimo!
Intanto si era fatto quasi
notte, e Toma è tornato a
prendere i pezzi che erano
■ iifj .
avanzati, perché nulla andasse
perduto, ma avresti dovuto
vederlo, aveva una faccia ben
strana, potevi leggere sul suo
volto, gioia, stupore, incredulità, era veramente buffo! E
poi ho visto che Gesù gli dava
una pacca sulla spalla e gli ha
detto «Toma, Toma, non essere incredulo ma credente!».
La visione
di un mondo nuovo
Una cosa bellissima
Come ti dicevo, non ho
capito bene perché Toma fosse così agitato: alcuni
dicevano che i discepoli
avessero raccolto più pane di
quanto ne avessero distribuito! Non so, e non voglio pensarci, io mi ricordo solo che
era così bello dare e ricevere
gli uni dagli altri quei pezzi
di pane, eravamo diventati
una sola grande famiglia!
Frattanto era diventato notte, per fortuna c’era una bella
luna che si specchiava sulle
acque tranquille del lago e
c’era una bella brezza che
rinfrescava. Ci siamo sistemati per dormire, lì sotto agli
alberi; ce n’è voluto però prima che mi addormentassi.
Continuavo a pensare, a pensare, a cercare di capire tutto
quello che Gesù aveva detto.
E sempre mi ripetevo: «Beata, sei beata!, lo ha detto Gesù, e se lo ha detto lui è vero.
Beata perché il regno di Dio è
tuo, perché Dio te lo dona!».
E mentre pensavo a queste
cose mi sono ricordata di aver
anche visto Maria di Magdaa, ti ricordi quella ragazza
che era proprio matta, che ne
combinava di tutti i colori
tanto che i nostri genitori ci
dicevano di stare lontano da
ei perché aveva la fama di
essere una poco di buono?
Ebbene, Maria di Magdala
era là con i discepoli e aiutava
a servire e aveva una faccia
così gioiosa, raggiante, felice,
non era più scontrosa, sospettosa e arrogante, sembrava
proprio un’altra persona.
Poi mi sono addormentata.
Quando mi sono svegliata il sole era già alto sull’orizzonte, a dire il vero è il sole
che mi ha svegliata filtrando
tra i rami dell’albero proprio
sul mio viso.
Mi sono guardata intorno,
non c’era più nessuno. Anche
Gesù e i discepoli dovevano
essere andati via. Sono rimasta ancora un bel momento a
pensare, c’era una calma, una
luce bellissima. Ma erano ancora le parole di Gesù che mi
ritornavano in mente. Gesù
aveva veramente aperto davanti a me la visione di un
mondo nuovo, così con poche
parole, con pochi gesti.
Figli e figlie
dello stesso Padre
Ma allora il Regno di
Dio è veramente vicino
a noi, molto vicino, forse basterebbe proprio poco perché
si realizzasse? E quel pane e
quel pesce che ci scambiavamo con tanta gioia non ci indicano forse che la condivisione di quanto Dio ci dona
ci mette già nella prospettiva
di questo Regno? Ci fa sentire tutti figli e figlie dello
stesso Padre?
Vedi, Sefora, questi interrogativi mi accompagnano da
ieri, qualunque cosa io faccia,
vorrei perciò tanto parlarne
con te. Vieni a trovarmi. Vieni presto. Ti abbraccio.
Miriam
Voi che avete fame e sete
del Suo perdono
siete beati,
perché Egli ve lo dona.
Voi che avete fame e sete ‘
dello Sua presenza
siete beati,
perché Egli dimora in voi
e agisce con voi.
Voi che avete fame e sete
, della giustizia,
siete beati.
I perché sarete saziati.
' Amen.^
Anonimo
(tratto da In attesa del mattino, della Cevaa, 1991)
7
Spedizione in abb. postale/50-Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere
il diritto di resa.
Fondato nel 1848
mlt
«Dopo tanta solidarietà dalle chiese, è la prima volta che
incontro un’amministrazione civile che protesta contro gli
esperimenti nucleari nel pacifico»; sono state queste le prime parole di Ralfh Temaore, segretario generale della Chiesa evangelica della Polinesia francese che è stato invitato la
scorsa settimana dalla giunta comunale di Torre Pellice per
un breve incontro. Al past. Temaore è stata consegnata copia del documento approvato all’unanimità dal Consiglio comunale a giugno, in cui si chiedeva al presidente Chirac la
sospensione di ogni esperimento nucleare. La storia, come si
sa, è andata diversamente; si è trattato comunque di un gesto
simbolico in una lotta pacifica che non può esaurirsi.
DESI
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 1995 ANNO 131 - N. 42 URE 2000
Quasi 1.600 domande per
12 posti a un concorso
per infermieri all’ospedale
Agnelli di Pinerolo. Quando,
d’ora in poi, sentiremo parlare di migliaia di candidati per
qualche posto pubblico a livello nazionale potremo anche noi portare il nostro
esempio: anche a Pinerolo è
successo! Vi ricordate l’intensa campagna pubblicitaria
che pochi anni fa l’allora assessore regionale alla Sanità
Maccari aveva fatto per avviare i giovani del Pinerolese
alla scuola infermieri? Veniva praticamente garantito un
posto di lavoro sicuro. Oggi
scopriamo che non è così.
Certo il concorso di Pinerolo ha visto candidati da tutto l’ambito nazionale per cui.
CONCORSO PER INFERMIERI
DODICI POSTI
CARMELINA MAURIZIO
com’è ovvio, non sono pinerolesi né piemontesi la maggior parte dei candidati. Certo pochi anni fa non era stato
messo in conto il blocco delle pensioni che ha di fatto
bloccato il turnover in una
prófessione che è stancante
ma che oggi vede un personale mediamente assai giovane in relazione ai nuovi tetti
pensionabili. E ancora si potrebbe-aggiungere che un ele
vatissimo numero di candidati è ormai sicuro per qualsivoglia concorso pubblico (alcune centinaia per tre posti di
guardaparco pochi mesi fa in
vai Chisone, oltre 80 per un
semplice sesto livello all’
anagrafe di Torre Pellice);
basta sentire un qualunque
amministratore locale per sapere quante richieste di lavoro provengono settimanalmente dal territorio. E la
stessa cosa vale, nel mondo
valdese, per i responsabili
delle opere.
E sempre più di frequente
la disoccupazione è anche
qualificata; vale cioè ogni
giorno meno l’equazione
bassa scolarità uguale poche
opportunità di lavoro. Si pone dunque in modo urgente
un problema di rapporto fra
scuola e territorio, in sostanza l’esigenza di una formazione professionale maggiormente e strettamente collegata a una politica di programmazione. La scuola ha certamente delle rigidezze che
franano un dialogo necessario, ma non è detto che su
fronte amministrativo o imprenditoriale ci sia maggiore
capacità progettuale.
w
Immigrati
Il «Riparo»
è diventato
realtà
Il «Riparo», la casa che
ospiterà delle famiglie di immigrati extracomunitari, è
una realtà. Domenica 5 novembre si sono riuniti a San
Germano Chisone molte delle per.sone che in questi tre
anni hanno dato vita e gambe
al progetto partendo dalla
realtà del difficile inserimento degli extracomunitari nel
nostro paese. Un’azione concreta che ha visto impegnate
insieme persone provenienti
dal mondo valdese, dal volontariato cattolico e laico,
dalla società civile.
L’impegno fu inizialmente
quello di reperire dei fondi
per poter realizzare un progetto di accoglienza; venne
deciso di acquistare una casa
per renderla ospitale nei confronti di qualche famiglia di
immigrati. Non fu facile e
l’associazione che si costituì,
pur prevalentemente di matrice pinerolese, trovò lo stabile
adatto soltanto a San Germano. Grazie al lavoro volontario di molti, alla generosità di
artigiani, al necessario lavoro
di alcune ditte specializzate,
la casa è stata ristrutturata e
ora presenta due alloggi che
sono già stati assegnati.
«Ospiteremo - dice Alberta
Revel, una delle promotrici
dell’iniziativa - due famiglie,
una marocchina e l’ altra albanese; in entrambi i casi si
tratta di realizzare dei ricongiungimenti familiari». I capifamiglia hanno un lavoro,
dunque potranno pagare un
affitto (calcolato sulla base
del reddito più che sulla dimensione deU’alloggio). Tutto il denaro necessario per
l’acquisto e per la ristrutturazione dello stabile (quasi 180
milioni) sono stati ottenuti
con doni; un terzo alloggio
sarà ultimato nei prossimi
mesi. Anche il centro di accoglienza della Chiesa valdese
di Pinerolo dovrebbe presto
riaprire i battenti.
Diversi gruppi di volontari sono pronti a intervenire in caso di calamità
Coordinare le risorse per la protezione civile
PIERVALDO ROSTAN
U n anno fa mezzo Pie'monte venne sconvolto
dall’alluvione; calamità naturale o indotta da un uso scriteriato del territorio? Come
sempre accade non mancarono le polemiche sui soccorsi,
sui primi interventi e oggi anche su quelli successivi; si
parlò di mancato allarme (i
fax della Prefettura airivarono nel fine settimana in uffici
comunali chiusi) e di successivi ritardi. Allora il Pinerolese scampò gravi calamità ma
tuttavia i rischi incombono;
basti pensare alle numerose
alluvioni che hanno colpito
la zona, l’ultima delle quali
nel 1977, o al fatto che tutta
l’area sia fra quelle a rischio
sismico della nostra regione,
ai vasti incendi di pochi anni
fa. Per reagire ad eventuali
catastrofi occorre dunque essere preparati, avere mezzi e
uomini pronti ad intervenire,
un piano e delle risorse su
cui contare.
La situazione è diversa a
seconda delle due valli pinerolesi. Proprio in occasione
dell’evento alluvionale di un
-r
ISiOUAiO ÍÍ-' ‘
Una dimostrazione da parte delie squadre delia protezione civiie
anno fa dal Pinerolese arrivarono validi aiuti sotto varie
forme; in particolare dalla
Comunità montana dalle valli
Chisone e Germanasca partì
un gruppo di volontari organizzati che per 18 giorni lavorarono nell’Astigiano. «Da
tempo - spiega Gino Long,
assessore responsabile della
Protezione civile della Comunità montana - esistevano nei
Comuni i vari “piani Mercurio” per organizzare gli interventi; inoltre quasi ogni Comune ha la sua squadra antincendio boschivo. Tuttavia noi
ci siamo mossi con la Regione e la Prefettura per ottenere
il riconoscimento di squadra
di protezione civile di valle.
Il risultato è che rispetto alla
Prefettura siamo l’unico punto di riferimento; abbiamo
coordinato le forze esistenti,
compreso le due squadre di
protezione civile esistenti ufficialmente a San Germano e
Pinasca e come riferimento
usiamo la sede della Comunità montana. In caso di festività è attivata la collaborazione con la sede della Croce
Verde di Perosa, in funzione
tutti i giorni 24 ore su 24». La
squadra, composta di una cinquantina di persone, ha organizzato corsi di aggiornamento e di prevenzione e ha al
suo interno rappresentanti di
tutti i paesi della valle. C’è
anche una proposta per tutto
il Pinerolese: «Attrezzare per
il territorio una cucina da
campo che possa essere utilizzata a secohda degli eventi» conclude Gino Long.
Diversa la situazione in vai
Pellice; i gruppi impegnati
nella Protezione civile sono
molti, dalla Croce Rossa alle
efficienti squadre antincendio, a gruppi costituitisi ad
hoc; anche qui, al di là delle
responsabilità specifiche che
la legge attribuisce ai singoli
sindaci, esiste la volontà di
andare verso un coordinamento di valle, con una mappatura delle risorse e delle risposte da dare a seconda delle
calamità che quasi mai colpiscono un solo Comune. La
recente nomina di un consigliere delegato alla Protezione civile, Vincenzo Piccione,
è una scelta amministrativa
che va coerentemente in quella direzione.
Mi è recentemente venuta tra le mani
una bella piccola pubblicazione
della Société Vaudoise d’utilité publique
del 1907. Si tratta della seconda edizione
di una «Guida delle Valli Valdesi del
Piemonte» in cui, oltre a un riassunto
delle vicende storiche delle chiese valdesi, di un piccolo vocabolario dei termini
topografici della lingua locale e di una
sommaria descrizione geografica delle
Valli, sono elencati molti begli itinerari
per passeggiate, gite, traversate e ascensioni riguardanti la zona.
Vorrei segnalare alcune pagine inserite nel volume, che per qualità e colore
della carta, oltre che ovviamerite per il
contenuto, appaiono come un inserto.
La prima cosa che salta agli occhi è la totale assenza di pubblicità riguardante la
Val Chisone e la Val San Martino, sebbene gli itinerari proposti non trascurino
affatto tali vallate. È l’editore che non ha ,
saputo coinvolgere gli imprenditori o
questi ultimi non hanno dimostrato inte
IL FILO DEI GIORNI
PUBBLICITÀ
BRUNO BELUON
resse alla pubblicità? Scopriamo così che
a Torre Pellice, con «Acqua di sorgente
“Barma Ciabrira” (Monte Vandalino)
sterilizzata coll’apparecchio Siemens» si
fabbrica acqua minerale artificiale, la cui
composizione «è identica a quella
dell’acqua naturale Vichy Grande Grille,
trascurate solo alcune sostanze inutili e
di cui sonvi unicamente traccie», oppure
che il «cacao Talmone è riconosciuto
l’alimento ricostituente più nutritivo e facile a digerirsi» o ancora che una farmacia di Torre Pellice ha un «grande laboratorio per analisi chimiche e zoochimiche, provvisto di moderni macchinari» e
ha «deposito di medicinali e specialità
delle migliori Case d’Italia, della Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera, ecc.».
Scopriamo pure che la «Unione Internazionale delle Amiche della Giovanotta» ha a Torre Pellice un «patronato per
il collocamento» e che vi è un «Ufficio
di emigrazione autorizzato dal Regio Governo» che si appoggia alla «Navigazione Generale Italiana». Ma la nota più
curiosa è certo quella di una famiglia di
albergatori di Rorà i quali osservano che
«ai giorni nostri il commercio si fa strada
mediante grandi réclame i quali possono
essere più o meno giusti» e quindi non
raccomandano il loro albergo a coloro
che «hanno il bisogno di trovar un luogo
- che possa ridonar loro la salute» o «desiderano sottrarsi al soffocante calore
dell’estate», ma si limitano a indicare
che si trova a 942 metri sul livello del
mare, con aria forte ed asciutta, latte
buono e «comoda viabilità per accedere
alle vette dei monti circonvicini».
/N Questo
Numbro
Rifiuti
Parlando di smaltimento
dei rifiuti non si può fare
riferimento al solo riciclaggio; se si vuole giungere a un’efficace gestione
del problema bisogna parlare anche di riduzione,
riuso, recupero energetico.
Occorre trovare soluzioni
tecniche ma anche proporre incentivi che servano a
diffondere una nuova cultura in materia.
Pagina H
C ULTURA
Nelle Comunità montane vai Pellice e valli Chisone e Germanasca assessori alla Cultura sono due
donne valdesi, che per di
più provengóno entrambe
dal mondo della scuola.
Cominciamo questa settimana a discutere con Clara
Bounous le linee lungo le
quali intenderà operare. , ,
Pagina H
Alpeggi
I contadini e gli allevatori della vai Pellice, che
in estate popolano gli alpeggi con le loro bestie,
non si sentono ancora parte del «mondo dei vinti»,
La loro attività è messt|
però in difficoltà da nlli^
fitta rete di disposìjiipirf &j
volte di diiròcile applicai*
zione. Occorre ttova«f del-'
le strado ildove per.'ilw
sradicare qiieste e\
non far ^ssÉTe la lorp ‘
ziosa attiviti^
‘ X*'-PaopaIB,
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Parapendio
Sono sempre di più i
Ì>raticanti del volo con il
parapendio: con alcuni di
foro parliamo delle caratteristiche del loro sport, della necessaria preparazione,
dette difficoltà logistiche
che si incontrano nella zona éiìU vcd Pellice.
Pagina IV
8
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Bovini aila fiera autunnaie di Luserna San Giovanni
INVERSO RINASCA HA UN CITTADINO ONORARIO
DI KSI — Aldo Bertolino, oggi 72enne, ha ricevuto domenica 5 novembre, per mano della più giovane amministratrice di Inverso Rinasca, Milena Martinat, l’attestato di
cittadino onorario conferitogli dalla città di Iesi (An). La
. cerimonia si è svolta durante le manifestazioni per ricord^e il 4 novembre; Bertolino faceva parte del 3“ Corpo
alpini e, al suo ritorno dalla Jugoslavia, fece parte, insii^mp
ad altri italiani e agli americani, del contingente che liberò
Iesi dai nazisti. La storia di quest’alpino è fatta anche di
. , una successiva cattura da parte dei tedeschi e di un periodo
di prigionia in campo di concentramento da dove fu liberato a sua volta dagli americani.
DUE INCIDENTI MORTALI NELLA STESSA NOTTE
— La serata di giovedì 2 ottobre è stata funestata da due incidenti mortati, ayvenuti l’uno a Lusema San Giovanni l’altro a Ferrerò. In vai Pellice tre persone. Bruno Bertin di
Bobbio Pellice, Andrea Favat di Villar Pellice e Nino Boaglio di Bagnolo, che stavano chiacchierando vicino all’auto
di uno dei tre lungo la provinciale in una zona poco illuminata sono stati investiti da un’Alfetta guidata da Quintino
Santoro, di Torre Pellice. Mentre per Boaglio non c’era nulla da fare, per Favat è stato necessario il ricovero in ospedale a causa di numerose lesioni e fratture. In vai Germanasca
il secondo incidente che ha visto coinvolto Luciano Breuza
di Pomaretto che, a bordo di un furgone «Ape», è stato investito dall’autovettura condotta da Emilio Rostan di Ferrerò. Anche in questo caso è stata inutile la corsa in ospedale.
STAZIONE DI LUSERNA PULITA — Si concretizza
l’azione condotta dalla lista di minoranza progressista
«Progetto 2000» che ha coinvolto tutta l’amministrazione e
numerose altre associazioni nella pulizia della stazione ferroviaria di Lusema San Giovanni: domenica 12 novembre
è infatti orgamzzata una giornata di pulizia per restituire ai
cittadini la stazione come luogo di socializzazione. A questo proposito pare stia facendo progressi la trattativa con le
Fs per un utilizzo «sociale» della stazione: un progetto di
gestione è utilizzo è stato redatto in collaborazione con la
Comunità montana e nelle prossime settimane verrà illustrato nel dettaglio.
LA LEGA NOM) CERCA CONSENSI IN VAL PELLICE
— Dopo la diaspora di Malan e Sandrone eletti nella Lega
Nord ma passati nei Federaldemocratici e l’uscita dalla Lega Nord di alcuni consiglieri comunali locali, il partito di
Bossi, pur in presenza di un significativo successo alle ultinie elezioni (nel collegio di Perosa è stato eletto in Provincia Alberto Trazzi), sembra non avere in vai Pellice riferimenti specifici. Così dalla sezione valli Chisone e Germanasca hanno pensato di proporre agli elettori della vai Pellice un volantino per ritessere i contatti. «Manca una sede capace di interpret^e le vostre istanze, di arricchirsi del vostro contributo, di segnare la vostra presenza», dicono i leV ghisti che chiudono con un appello alla collaborazione.
MALAN E BONANSEA SCRIVONO AL NUOVO PREFETTO — Il deputato di Pinerolo Lucio Malan e il senatore
Claudio Bonansea hanno scritto una lettera al nuovo Prefetto
di Torino per informarlo dei problemi di viabilità sulla statale 23. «Si tratta - dicono i parlamentari — di una situazione
, molto delicata e che potrebbe portare a tensioni e comportarnenti particolari tra le jxipolazioni e gli amministratori locali di fronte ai modesti e sporadici interventi in programma
senza operare per porre in sicurezza tutta l’arteria stradale».
I parlamentari chiedono interventi tempestivi per rendere
cantierabili e finanziate le opere necessarie.
PINEROLO VERSO LA CHIUSURA DEL CENTRO
STORICO — L’assemblea indetta dall’amministrazione
comunale la scorsa settimana ha confermato le intenzioni
della giunta di chiudere il centro storico al transito delle auto. Anche il referendum condotto fra i commercianti ha
confermato la bontà della scelta anche se l’Ascom ha chiesto garanzie sulle modalità e sui tempi. A giorni si dovrebbe
procedere all assegnazione dell’appalto per i parcometri
nella zona intorno all isola pedonale; sarà un modo per garantire maggiori possibilità di parcheggio in tutta la zona.
LA BEIDANA — Il numero di ottobre contiene fra l’altro nella
rubrica «vecchi mestieri» un interessante artìcolo di Ivo Parise suU’allevamento dei bachi da seta. Tavo Burat e Franco
Taglierò parlano degli evmgelici nel Biellese; Marco Baltieri e Marco Fratini esaminano la documentazione storica
sull’uso delle acque in vai Pellice; Ines Pontet presenta Ettore Serafino come poeta. Fra le rubriche Daniele Paschetto
dedica la rassegna su piante ed erbe medicinali all’iperico.
E Eco Delle Yalu %ldesi
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 1995
}
Direttive comunitarie, tariffe e comportamenti al centro di un produttivo dibattito
Le quattro «R» per la gestione dei rifiuti
DANILO MASSEL_______
Organizzato da Legambiente e dall’associazione.culturale «La fornace», si è
tenuto il 27 ottobre a Pinerolo
un incontro sul problema dei
rifiuti e del loro smaltimento.
Sono intervenuti il segretario'
torinese di Legambiente, Tornavacca, il presidente dell’
Acea, Santiano, il direttore
della stessa azienda, Carcioffo, e l’assessore provinciale
all’Ambiente, Gamba.
Il nuovo quadro di riferimento in materia, a livello regionale, è ora rappresentato
dalla recente legge regionale
13/4/1995 n. 59 «Norme per
la riduzione, il riutilizzo e lo
smaltimento dei rifiuti» che,
almeno a livello teorico, ha
posto le basi per un sistema
integrato di smaltimento e
riutiUzzo dei rifiuti relativo al
territorio regionale. A livello
locale il punto di partenza da
tenere presente è invece il
prossimo, seppure non immi-'
nente, esaurirsi della capacità
ricettiva della discarica del
«Torrione»: nel 2000 questa
sarà infatti al completo e devono quindi ricercarsi, abbastanza celermente, delle alternative.
In generale gli approcci al
problema rifiuti ruotano ora
intorno a quattro «R»: riduzione, riuso, riciclo, recupero
energetico. Nessuno di questi
concetti, da solo, è però sufficiente ad aggredire con efficacia la massa dei rifiuti che
ogni giorno viene prodotta da
un cittadino del mondo occidentale. Il riciclo per esempio, attualmente lo strumento
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forse più conosciuto, non è
assolutamente un processo ripetibile aH’infinito: ad ogni
passaggio la materia oggetto
dei trattamenti si degrada e
trova meno utilizzi possibili.
Alcuni paesi, come la Germania, e le direttive comunitarie
stanno cercando di incidere
anche attraverso una mirata
politica di differenziazione
dei prezzi dei prodotti, già a
monte, sulla produzione e
messa in commercio di imballaggi superflui, sovrabbondanti e spesso di difficile eliminazione perché in plastica.
Come ha osservato Tomavacca, sia in termini di strumenti utilizzati (tecniche più
sofisticate di raccolta differenziata e di recupero energe
La cultura nelle Comunità montane
Clara Bounous
«Punterò sulla storia»
MILENA MARTINAT
Con la nomina della nuova giunta della Comunità
montana delle valli Chisone e
Germanasca emerge un piccola ma significativa novità; i
due assessori 'alla Cultura delle due Comunità sono entrambe dònne ed entrambe
valdesi, tutte e due operatrici
del mondo della scuola: Clara
Bounous per la vai Chisone e
Bruna Peyrot in vai Pellice.
Un caso? Abbiamo deciso di
incontrare i due neoassessori
cominciando, questa settimana, da Clara Bounous.
«Sono certamente soddisfatta; ho il mio bagaglio culturale dal quale non posso
scindermi ma terrò ovviamente conto di tutte le realtà
culturali e religiose esistenti.
Non a caso in questa Comunità montana si è scelto per
determinati settori come la
cultura, ma anche i servizi sociali, una donna: riusciamo ad
aver un miglior rapporto
umaijio con la popolazione,
con maggiore spirito di servizio, mentre gli uomini prefe
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Si
riscono ruoli di potere».
- Quale sarà il settore
prioritario del suo impegno?
«Credo che le nostre due
valli non abbiano più riproposto la propria cultura; vorrei
valorizzare le risorse esistenti
(biblioteche, archivi, luoghi
storici) creando forti presenze
legate al territorio, coinvolgendo anche i turisti. Vorrei
puntare su tematiche chiave
come la storia valdese poco
valorizzata nelle due valli, o
la “via del cotone”. Ogni Comune ha il suo contributo da
portare; ci sono molti volontari che vanno sostenuti aiutandoli a migliorare la qualità
del prodotto. Anche per i
Mondiali di sci avere una
buona vetrina sarebbe importante; avrò comunque sempre
un occhio di privilegio per la
scuola come luogo di formazione di futuri cittadini».
- Prevede incontri con la
popolazione o con le associazioni?
«Cercherò di conoscere i
vari operatori della cultura;
desidererei vi fosse maggior
coordinamento e più opportunità di far circolare fra i vari
paesi determinate iniziative
come mostre o concerti. Vorrei che la cultura non fosse
considerata la ruota di scorta
ma una forza trasversale che
tocca tutti gli assessorati».
- Dovrà occuparsi anche di
informazione...
«Si, curerò il periodico di
informazione in modo che effettivamente ogni iniziativa
trovi il giusto risalto aumentandone i fruitori».
tico) sia in termini di soggetti
operanti (pubblici e privati)
non esiste un modello univoco e semplice da adottare.
Nel bacino pinerolese l’Acea
sta attualmente raccogliendo
rifiuti a un ritmo di 50.000
tonnellate annue, con una media di 0,9 kg/gfomo per abitante e un’incidenza residuale
della raccolte differenziata
del 5% del totale trattato fra
vetro e carta, quantitativi peraltro in linea con la media
provinciale. Benché gli strumenti per aumentare la raccolta differenziata dei rifiuti
siano in via di espansione
(costruzione di 4 stazioni di
conferimento Sovracomunali:
Torre Pellice, Luserna San
Giovanni, Pinerolo e Villar
Perosa), integrate da una più
nutrita serie di semplici piattaforme ecologiche, 65 a regime, è evidente che ciò non risolverà il problema nel suo
complesso.
Per questa ragione le linee
di intervento prospettate
dall’azienda vanno anche nella direzione di incentivare la
riduzione dei rifiuti attraverso
l’eventuale differenziazione
delle tariffe, non agevole data
la struttura attuale (a metri
quadrati) dell’imposizione, e
nella proposta di aumentare
le dimensioni del bacino di
utenza per rendere economicamente compatibile la realizzazione di impianti polifunzionali di trattamento.
11 ruolo dell’amministrazione provinciale in questo settore è da un lato politico e di
indirizzo e dall’altro normativo. L’aspetto più interessante
delle linee di azione tratteggiate dall’assessore Gamba
riguarda proprio l’utilizzo
della leva fiscale: questa dovrebbe in prospettiva manifestare il vero corso della raccolta rifiuti, tenendo conto
anche di tutte le spese _per le
successive bonifiche, tutt’altro che infrequenti, spese che
ad esempio un kg di rifiuto
non prodotto o riciclato non
provocherà mai. Quindi, in
buona sostanza, il corso della
spazzatura avviata alla discarica dovrebbe essere superiore a quello del materiale riciclato. Anche la raccolta differenziata non deve però essere
necessariamente gratuita o remunerativa: previene infatti
futuri inquinamenti e quindi
dei costi futuri.
Due ospedali
un ente unico
La Ciov desidera ringraziare pubblicamente tutti coloro
che hanno contribuito al
buon esito della giornata (del
quale è già stato riferito dal
pastore Sergio Ribet), tutti i
partecipanti e tutti coloro che
non essendo intervenuti di
persona hanno però inviato
messaggi di saluto. In questa
Regione Piemonte
Interventi per
l'agricoltura
L’assessore all’Agricoltura
della Regione Piemonte, Giovanni Bodo, ha avviato i finanziamenti delle domande
presentate in base al regolamento Cee n. 2328/91 sui
Piani di miglioramento delle
aziende agricole e i premi di
insediamento ai giovani agricoltori. Le richieste pervenute, che riguardano 8.269 piani di miglioramento per investimenti fondiari (stalle e silos) e agrari (macchinari e attrezzature) e 3.844 premi di
insediamento, troveranno copertura economica nel piano
di finanziamento 1995-1996.
I fondi disponibili sul bilancio di quest’anno, pari a 60
miliardi, sono già stati accreditati ai settori decentrati per
l’agricoltura, che dal mese di
novembre potranno iniziare
remissione dei decreti di concessione dei finanziamenti e
l’erogazione degli anticipi.
sede la Ciov desidera anche
informare che l’assessore alla
Sanità, Antonio d’Ambrosio,
prima del suo arrivo a Pomaretto ha voluto visitare (accompagnato dal consigliere
regionale Marco Bellion) pure l’ospedale di Torre Pellice.
Questo atto testimonia l’unicità dell’ente Ciov, già
espressa allo stesso nei documenti ufficiali più volte inviati in Regione.
Da questi documenti appare
evidente come gli ospedali
valdesi di Torre Pellice e Pomaretto devono essere considerati quali presidi di un
unico ente, così come chiaramente indicato nello Statuto
della Ciov approvato dal Sinodo valdese con atto n.-61
del 1993.
Alla Ciov sembra che anche nel corso del dibattito
pubblico che ha chiuso la
giornata, tale considerazione
sia emersa e sia stata recepita.
Giovanni Ghelli
presidente della Ciov
Torre Pellice
I bambini
di Cernobil
In riferimento all’articolo
«Bambini di Cernobil» {Eco
delle valli n. 40), precisiamo
che per nostro errore è stato
omesso che il soggiorno dei
bambini a Pinerolo è stato reso possibile anche dall’appoggio dell’associazione Tresanti di Montespertoli, che si
è fatta carico del supporto organizzativo.
Margherita Bruno
Anna Ferrara
Pinerolo
9
^ VENERDÌ 10 NOVEMBRE 1995
VAI.Ï.I mLDESI
PAG. Ili
Dibattito in vai Pellice su agricoltura montana e ambiente
Comunque non siamo il «mondo dei vinti»
MARCO ROSTAN
S aletta di Chiot dl’Aiga
strapiena per il«caldo» dibattito conclusivo dell’Autunno in vai d’Angrogna, il 26
ottobre: contadini e allevatori
desiderano presentare chiaramente ai tecnici della Usi i
problemi connessi con il risanamento del bestiame, non
manca qualche tensione ma il
confronto è serio e costruttivo; si parla di ciò che è successo negli ultimi anni, dei
cinghiali, dei pascoli, delle
castagne, dei troppi boschi e
cespugli e soprattutto di... veterinari. Diamo spazio in questa pagina a brani di un intervento letto da Delio Long,
agricoltore e allevatore degli
Eissart di Angrogna, tornato a
occuparsi del suo territorio e
. delle bestie dopo aver fatto
l’operaio, che ha mostrato con
passione e competenza la
drammaticità della situazione,
specie per i giovani.
Qualcuno, citando il famoso
libro di Ñuto Revelli, ha detto
che molte cose dette dagli
agricoltori, molte delle loro
lamentele facevano pensare al
«mondo dei vinti», mentre le
cose non sono così gravi: per
esempio il risanamento del
bestiame è a buon punto e i
casi di malattia sono veramente pochi. Ma non era la voce
di gente vinta quella di Delio
Long e dei giovani che hanno
parlato, e neanche la voce di
chi non rispetta il lavoro dei
tecnici e i veterinari. Era piuttosto la voce di chi non vuole
darsi per vinto e vuole continuare, di chi ama la propria
terra, le proprie bestie e sa che
solo restando sul posto si garantisce un futuro alla valle,
anche per quanto riguarda le
altre possibilità, dal turismo
alle cosiddette «pluriattività».
E infatti inutile illudere sui
possibili benefici dell’ecosviluppo e dei suoi numerosi e
interessanti progetti, se non si
sa intervenire con forza e decisione, ora, a favore di chi fa
il montanaro e il contadino.
Dunque non si tratta di avere
un occhio di riguardo nell’applicazione delle norme, si
tratta di cambiare leggi e norme che rendono la vita impossibile ai valligiani.
Tuttavia è anche emerso
chiaramente che un punto
cruciale sono proprio i tecnici, comunali e dell’Usl. Sono
loro che attualmente rappre
sentano la rigidità e l’inadeguatezza delle leggi, ed è
chiaro che essi non possono
singolarmente sottrarsi a questo compito, di cui portano la
responsabilità; ma sono anche
loro che vedono più da vicino
e con maggiore competenza
che cosa si potrebbe fare di
diverso e di più sensato: occorre allora coinvolgerli nell’impegno che gli amministratori, i Consigli comunali,
la Comunità montana si devono assumere nei confronti
della Regione, della Provincia, dell’apparato statale per
modificare ciò che ostacola la
vita in montagna. Senza questa collaborazione continueremo a fare bei dibattiti, ma
intanto la montagna passerà
dalle mani dei contadini... alle zampe dei cinghiali.
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L'intervento di un allevatore esprime la preoccupazione di molti altri
Perché le nostre montagne non muoiano
Pubblichiamo ampi brani dell’intervento di Delio Long, coltivatore di Angrogna, durante l’incontro su «Agricoltura montana e ambiente», introdotto dalle relazioni di Enzo Negrin,
agronomo in servizio alla Comunità montana vai Pellice, di
Andrea Cavallero, della Facoltà di agraria di Torino, di Leonardo Surico, coordinatore del servizio veterinario dell’Usl 10
e di Roberto Vaglio, assessore regionale.
DELIO LONG
La situazione si presenta
drammatica, non tanto
per i più anziani, per chi è in
pensione, perché, se non casca il mondo, un certo reddito
assicurato c’è e se ha un po’
Mi salute può dire che non è
mai andata così bene; oggi
con i soldi si trova di tutto;
ma la situazione è drammatica per i giovani.
Le zone montane abbandonate stanno facendo la marcia
del non ritorno, a differenza
della pianura sono irrecuperabili; in pianura si fanno i
pioppeti 0 altro, poi con potenti macchine agricole si ri^ toma a prati e campi; in mon• tagna l’abbandono è irreversibile. Una valle senza la presenza dei valligiani, in cui gli
abitanti siano costretti a difendere le proprie abitazioni
dai rovi con il decespugliatore, credo si possa dire che è
fisicamente morta (...).
Le cellule che danno vita a
una valle sono i valligiani,
agricoltori, allevatori e tutti
coloro che con mestieri diversi lavorano nella propria valle
(...). Le nostre valli si trovano
in stato di emergenza per il
basso numero di giovani valligiani. Se chi ci governa fa il
calcolo dell’imprenditore industriale, se interviene solo se
c’è un tornaconto che vale la
pena, i nostri valligiani possono definitivamente gettare
la spugna e arrendersi (...).
Oltre a questi problemi c’è
una grande difficoltà nei rapporti con rUsl; per esempio
■ il procedimento adottato dalTUsl per il controllo delle
malattie del bestiame non è
compatibile con l’allevatore;
se percorriamo le nostre valli
parlando con i singoli allevatori spesso sehtiamo questa
frase: non si può più andare
avanti, è impossibile.
Accenno ad alcuni provvedimenti «incompatibili» con
le esigenze deli’allevatore.
C’è il sistema di bloccare
T allevamento a tempo indeterminato dove viene accertata la presenza di animali infetti: dopo averli abbattuti si
tengono bloccati gli altri capi,
impedendone la transumanza
finché, dopo vari controlli
successivi, detto allevamento
risulti indenne. Questo provvedimento crea enormi difficoltà, in certi casi costringe
l’allevatore ad abbattere addirittura tutto r allevamento con
grosse perdite di denaro e
grave frustrazione morale. È
capitato nel caso di pecore
bloccate in pianura: l’allevatore dopo aver abbattuto i capi infetti è poi stato costretto
ad abbattere centinaia di altri
capi, per evitare di farli morire di caldo.
Questo sistema distrugge
anche il reddito dell’allevatore, oltre a scoraggiarlo moralmente, perché egli è anche
spinto da una carica affettiva
verso gli animali. La medicina negli ultimi tempi ha fatto
passi da gigante, ma in questo
campo pare sia rimasta nell’
ombra.
Un altro esempio riguarda
sempre le transumanze. Quest’anno allevatori che portano
sugli alpeggi ovini propri e
altri di diversi allevatori, do
po aver composto il loro
gregge con la necessaria documentazione di ogni singolo
allevatore di ovini indenni,
vengono bloccati dall’Usl che
pretende nuove analisi, perché a qualche allevatore sono
stati trovati bovini infetti da
brucellosi, e quindi le sue pecore, già regolarmente condotte sull’alpeggio, potrebbero essere infette.
Non trovo le parole per definire l’atteggiamento preoccupato di quei giovani e meno giovani che in Angrogna
si cimentano a fare questo
mestiere pieno di difficoltà,
di pericoli, di rischi, impegnati tutti i giorni dell’anno
con i loro animali e, come
non bastasse, buttati così allo
sbaraglio dalla struttura sanitaria che dovrebbe essere per
loro un valido aiuto. Se si
fosse trovata una sola pecora
infetta sarebbe stato considerato infetto tutto il gregge di
500 o 1.000 capi, con tutte le
conseguenze che ne derivano;
per un allevatore un gregge
infetto significa anni di lavoro in fumo (...).
L’Usl, in una riunione con
gli allevatori in occasione
dell’«Autunno» nella scuola
di Chiot dl’Aiga, aveva affer
Il flagello dei cinghiali nelle coltivazioni
0 loro 0 noi
«L’abbandono della media
montagna - leggiamo sulla
recente guida della vai Pellice edita dalla Comunità montana - e il conseguente sviluppo del sottobosco, hanno
determinato il notevole aumento di cinghiali, di cui è
impossibile determinare il
numero esatto proprio a causa dell’abitudine di questo
animale a vivere nascosto nei
cespugli di rovi. Il cinghiale
danneggia sia le colture della
bassa valle nelle sue scorribande notturne, sia la fauna
del sottobosco (fagiani di
monte, lepri, pernici) perché
si ciba delle nidiate». Nel dibattito a Chiot di’Aiga i valligiani hanno detto chiaramente che il cinghiale è incompatibile, nessuno ha porfato élementi a favore. Sembra che la Comunità montana
abbia fatto piani di abbattimento ma che poi i cacciatori che si sono presentati abbiano avuto scarsa mira e
dunque pochi risultati. È una
ben strana situazione: nessuno vuole il cinghiale e il cinghiale prospera. Pochi giorni
fa, in vai di Susa, un contadino ha sparato a un cinghiale dietro casa ma lo ha
solo ferito, il cinghiale lo ha
aggredito: lo hanno trovato
morto nel bosco la mattina. I
maligni dicono che nelle nostre valli qualcuno ha introdotto dei cinghiali incrociati
con maiali selvatici: sono più
prolifici e si avvicinano di
più alle case. Non sarà mica
colpa dei soliti «verdi»? Pare
proprio di no. •
Sta di fatto che nelle nostre
valli o c’è il cinghiale o abitano i valligiani. Le due cose
non sono compatibili. Dunque si provveda. Se la Comunità ha dei piani di abbattimento, li esegua. La riapertura della caccia è la buona
occasione per far partecipare
dei cacciatori che abbiano un
po’ più di mira.
mato di voler arrivare nella
vai Pellice a un allevamento
indeime: se veramente si vuole raggiungere questo prestigioso traguardo, lo si deve fare in modo compatibile con
gli allevatori (...) altrimenti
quando si arrivérà al traguardo si dovrà constatare che
non ci saranno più allevatori
e quindi non ci sarà più allevamento.
C’è veramente da augurarsi
che vengano capiti i veri problemi che sono costretti ad
affrontare gli allevatori, i veri
problemi delle transumanze
legate tassativamente alle stagioni; occorre puntare sulla
medicina per prevenire e curare; è indispensabile che risarcire al 100% gli animali
trovati infetti e quindi abbattuti, prevedere contributi speciali ppr gli animali abbattuti
da calamità naturali o altre disgrazie, convenzionare veterinari liberi professionisti per
l’assistenza del bestiame, assistenza parto o altre cure, in
modo che da parte dell’allevatore si paghi solo un rimborso spese, incoraggiando i
giovani che operano in questo
settore con contributi per abitazioni, stalle, macchinari
agricoli (...).
Una realtà viva in vai Pellice
lalpeggio in valle
La superficie degli alpeggi
comunali è di 9.867 ettari, pari al 33,7% dell’intera superficie della valle, così suddivisa per comune: Bobbio
Pellice: 8 alpeggi con 6.001
ettari; Villar Pellice: 5 alpeggi con 2.114 ettari; Torre Pellice: 1 alpeggio con 210 ettari; Angrogna: 5 al{)eggi con
903 ettari; Rorà: Palpeggio
con 640 ettari^
Oggi sono ancora utilizzati
17 dei 20 alpeggi esistenti,
con una presenza di 1.250 bovini e 6.503 ovicaprini, continuando una tradizione economicamente importante, soprattutto rispetto alla qualità e
alla tipicità dei prodotti ottenuti e quindi con possibilità di
venderli a prezzi buoni e remunerativi. Inoltre, su 12 dei
17 alpeggi ancora frequentati,
sono presenti agricoltori di età
inferiore ai 45 anni, elemento
fondamentale per poter pensare in prospettiva a una gestione moderna degli alpeggi,
stessi. Occorre infine ricordare come negli ultimi anni, e
precisamente a partire dal
1985, la Comunità montana
vai Pellice, d’intesa con i Comuni, usufruendo di appositi
finanziamenti, abbia dato un
notevole contributo alla so
luzione di molti dei problemi
legati all’ubicazione degli alpeggi. Infatti sono state installate undici microcentrali
idroelettriche, provvedendo
così alla fornitura di energia
elettrica e, dove possibile, anche all’irrigazione dei pascoli
e alla loro fertirrigazione, allo
spandimento cioè delle deiezioni animali con impiego
dell’acqua. Inoltre, si sono Costruite piste di accesso per
consentire collegamenti più
agevoli con il fondovalle e ridurre l’isolamento degli alpigiani durante i circa due mesi
in cui vivono sui pascoli alpini. Un miglioramento sostanziale è stato altresì ottenuto ristrutturando i fabbricati destinati sia all’abitazione degli allevatori che ai locali per la
lavorazione del latte e il ricovero del bestiame.
Attualmente, le condizioni
degli alpeggi della valle sono
generalmente buone (...). Terminando, vanno evidenziate
le potenzialità degli alpeggi
sotto il profilo di una loro
fruizione a scopi agrituristici,
in quanto consentono di vivere una realtà di montagna che
ha radici molto antiche.
(da Guida della Valpellice,
Kosmos, 1994)
Lavorare insieme al servizio della persona
La borgata è anche domidliarità
Nel corso del convegno
~dell’estate scorsa sul recupero
delle borgate Mariena Gaietti,
a lungo responsabile dei servizi sociali presso la Comunità montana Val Pellice-Ussl
43, e dal 1994 responsabile
dell’associazione culturale di
promozione sociale «La bottega del possibile», era intervenuta per sottolineare il rapporto tra recupero delle borgate e cultura della domiciliarità. Gli atti del convegno saranno pubblicati su «La beidana»; riassumiamo qui i punti salienti di quell’intervento.
«Domiciliarità non significa solo assistenza domicilia' re, è qualcosa di più vasto, è
una cultura di democrazia,
contro la violenza di interventi che non rispettano la
volontà della persona. La casa e il territorio sono essenziali per la domiciliarità; come si sta pensando, per i servizi sociali, a un sistema misto tra pubblico e privato, vo
lontariato, che concili servizi
alla persona e mercato, anche
per il recupero delle borgate
ci vorrebbe un progetto da
costruire insieme tra risorse
al servizio della persona.
Il recupero, che ha signifipato nelle borgate l’insediamento (anche non costante)
integrato dai dovuti servizi,
di gente venuta da fuori ha
determinato anche promozio
ne o consolidamento di mantenimento, di autonomia, di
sostegno e supporto per le
persone, ancora rimaste in
montagna, magari anziane?
In altre parole; la ristrutturazione della borgata (che
può davvero rappresentare la
domiciliarità nei nostri intendimenti) può costituire anche
un aiuto, una condizione per
restare, per garantire domiciliarità agli anziani o a chi, di
tutte le età, è anche rimasto
in montagna?».
Torre Pellice
i in ^rat
CIubi|)^<
tento, ih colfaborazio-,
ne con Radio Beckwith
pangèlica* un sa-%io ìeh contatto tetefonico ntàitedl sera, dalle ^50 lite Si2 ài numé-
10
9, !
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pag! IY.'
t Eoo Delle Vatj.i ^ldesi
venerdì io novembre 1995
Esiste anche in vai Pellice un gruppo organizzato per la pratica del nuovo sport
Parapendio^ fra avventura e paesaggio
PIEBVALPO ROSTAN
olare nel cielo sospinti
dalle semplici correnti
aeree è il sogno di molti esseri
umani; da molti anni fra le
nostre montagne siamo abituati a vedere i classici deltaplani che lanciandosi dalle
pendici dei monti più alti atterrano in fondo valle ma da
qualche tempo, e sempre più
di frequente, è un altro sport
deU’aria a farla da padrone: il
volo libero con il parapendio.
In vai Pellice esiste un vero e
proprio gruppo organizzato,
con Un nome che richiama
questo sport, «Voi au vent»:
fra tanti giovani, il coordinatore non è più giovanissimo:
si tratta di Mauro Suppo, più
noto per la sua attività nel sindacato ò nella politica locale.
• «Ci stiamo organizzando
mettendo insieme più espe•/; rienze; nel gruppo ci sono anche due deltaplanisti e dunque le attività di volo libero
V senza motore sono rappresentate. La finalità del gruppo è
essenzialmente sportiva, puntando ad assumere una certa
organizzazione per poter essere anche controparte o part
ner dei vari enti pubblici».
Deltaplano e parapendio:
c’è concorrenza o semplicemente qualche differenza?
«Ormai in valle siamo rimasti in due a praticare anche
il deltaplano; non c’è alcuna
concorrenza ma diverse differenze: in primo luogo la velocità che nel deltaplano è molto maggiore; per contro le dimensioni, una volta piegato,
sono decisamente inferiori
nel parapendio il che consente più facili accessi ai punti di
lancio».
- Come ci si avvicina al parapendio? Ci sono specifici
brevetti per quel tipo di volo?
«Come neonato gruppo abbiamo patrocinato; con la
scuola Albatros, il primo corso di parapendio in vai Pellice. Ci sono dunque degli
istruttori che insegnano le
modalità tecniche del volo;
per volare bisogna avere ottenuto un brevetto o essere
iscritti a una scuola. Nel nostro gruppo abbiamo diverse
persone già brevettate, altre
ancora iscritte a una scuola e
ben quattro titolari del brevetto per il volo in doppio».
- Un prato in discesa dove
Tacabanda
Occitani
dalla Francia
È un periodo decisamente
ricco di appuntamenti questo
per il Pinerolese; in particolare il settore del folk e del
blues ha visto e vedrà appuntamenti di tutto rilievo nelle
valli piuttosto che in città.
Dopo il pienone di Torre Pellice di due settimane fa con il
Gospel di Sandra Hall e il bel
concerto di nuova musica occitana offerto dagli «Abourasqui» sabato scorso a Bobbio
Pellice, sabato 11 novembre
sarà ancora l’Occitania a farla
da padrone, ma con il versante francese e le musiche del
Massiccio Centrale proposta
dai Dea. Il nome del gruppo è
tratto dalle iniziali dei tre
componenti: Dominique Paris, Claude Aubrie, Anne-Lise
Foy. Il concerto dei Dea ripropone il sapore ritmico della bourrée a tre tempi; sulla
base ritmica e melodica della
fisarmonica diatonica si intesse la trama sonora di «cabrette» e ghironda. La serata si
svolge alla sala Albarin di
San Giovanni, dalle 21,15;
dopo il concerto si balla.
Torre Pellice
Concerto
airUnitre
fJSOSALCOUSMO
^ a.-*" _
VàÉf.StìPOMK td. 51045-5137^
V. VtXil
! ^moretto ‘ *
Il 26 ottobre si è inaugurato
l’anno accademico 1995-96
deirUnitre di Torre Pellice.
Dai maestri Alessandro Molinaro (flauto) e Giorgio Spriano (pianoforte) è stato offerto
un concerto che aveva in programma una sonata in due
movimenti di Gaetano Donizetti, VIntroduzione e variazione op. 25 di Franz Schubert, Suoni dello stesso Spriano, le sonate per flauto e pianoforte di G. Ferrari e la sonatina op. 41 di M. Arnold.
L’impeto del fraseggiare
dei due strumenti ha forse un
po’ velocizzato l’Adagio della
sonata di Donizetti, pur rendendo piena giustizia al successivo Allegro. Maggior riflessione merita il brano di
Schubert, che traspone in un
contenuto duro, tragico, anticipatore di certo romanticismo, la più consueta giocosa
levità della forma: dimensione, questa, sottolineata dall’
esecuzione. Pregevoli, seppure non fra le migliori, le proposte di Ferrari e Arnold.
Suoni, di Giorgio Spriano,
è una breve composizione orchestrata in una melodica
successione di intervalli di
quinta, in cui sembra prevalere il pianoforte. Dolce, pensosa, a momenti esitante nella
sua vena di malinconia e nel
contempo di speranza.
Cantina Sociale di Bricherasio
Soc. Cooperativa a r.l.
I VINI PRODOTTI SONO - WiNE PRODUCTION |S:
Bianco da tavola «brighe» - White table-wine «Brighe»
Rosso DA TAVOLA - RED TABLE-WINE
Rosato da tavola - Rosé table-wine
Barbera del Pinerolese Pedemontano
BONARDA del PINEROLESE PEDEMONTANO
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lanciarsi, alle spalle magari
una lunga scarpinata, la ricerca e l’attesa delle correnti
più favorevoli; quali sono in
vai Pellice le zone preferite
per il parapendio?
«Il peso dell’attrezzatura si
aggira sui 15 kg; dunque è
possibile partite anche da
montagne molto alte, dove
non arrivano strade. In assoluto il volo più bello in valle
è quello dal monte Vandalino: la sua spettacolarità, il
suo dislivello fra partenza e
atterraggio di 1.500 metri, la
durata (quasi 20’) del volo
stesso consentono di ammirare un paesaggio molto interessante. In realtà moltissimi
punti si prestano alla pratica
di questo sport; ricordo il
Colle Barant, il Colle della
Croce, il Serre di Sarsenà,
Pralacomba. C’è stato chi,
dotato di particolare spirito di
avventura, è partito dalla colletta delle Faure, dalla Meidassa, da Valanza».
- Molti dei punti individuati per la partenza sono accessibili soltanto mediante piste,
di solito utilizzabili solo dagli
alpigiani; questo in qualche
modo vi crea dei problemi
che avete cercato di affrontare con le autorità locali?
«In effetti questo è il problema più grande e anche per
questo ci siamo organizzati in
un gruppo. Le piste di esbosco hanno delle limitazioni
sancite per legge; esistono
tuttavia delle deroghe per cui,
ad esempio, non si può andare al Fra in auto, ma ciò è
consentito se si ha come mèta
un agriturismo. Allora noi ci
chiediamo perché non sia
possibile accedere ad un punto di decollo mentre si può
andare in auto al Fra semplicemente per mangiare. Abbiamo provato a fare delle
proposte con alcuni Comuni;
abbiamo buone speranze di
risolvere la questione tenendo
conto della nostra disponibilità ad utilizzare pochi mezzi
di accesso, proprio per limitare al minimo i problemi».
Sarebbe pensabile (anzi auspicabile, dicono all’associazione) organizzare manifestazioni di parapendio in valle.
Questo sport esercita anche
un forte richiamo turistico e
sono spesso gli enti locali a
proporre manifestazioni pubbliche di volo.
Sport
SKI ROLL: TRE ORI PER ANGROGNA — Si è conclusa
domenica 5 novembre, nella stupenda cornice del parco del
Valentino a Torino, la stagione dello ski roll che ha visto
l’ultima prova della Coppa Alpi Occidentali: lo Sport club
Angrogna ha conquistato la coppa per società. Nella gare
dell’ultima prova successi importanti per Antonella Chiavia,
1" fra le Allieve e 3“ assoluta; vittoria anche per Elena Volpe
fra le Giovani e di Simone Fastre fra i Giovani. Numerosissimi piazzamenti hanno dato lustro all’attività e alla presenza della formazione angrognina. Dopo sette gare Federica
Buenza (Giovani), Simone Fastre (Giovani), Antonella
Chiàvia (Allieve), Davide Coucourde (Juniores) e Giulio
Chauvie (Master II) si sono aggiudicati il titolo di campioni
del comitato Alpi Occidentali. Elena Volpe (Giovani), Luca
Montanari (Esordienti), Alfredo Chiavia (Master I) e Danilo
Negrin (Seniores) sono giunti secondi.
TENNIS TAVOLO: TRE SUCCESSI PER LA VALPELLICE — Bella giornata per le tre squadre di tennis tavolo
della Valpellice: in CI nazionale, a Torre Pellice, i valligiani
hanno imposto un netto 5 a 2 al San Mauro grazie ai punti di
Gay (3), Malano e Rosso. In C2 regionale invece la vittoria
assai sofferta per 5 a 4 sullo Csain Torino con due punti di
Piras e Rossetti e uno di Sergio Ghiri. In D2 prcwinciale facile vittoria con il K2 a Torino grazie ai due punti di Belloni
e Battaglia e al punto di Genre. Con questa vittoria la squadra si è portala al comando della classifica; la prossima settimana i campionati osserveranno una pausa.
VOLLEY — Secondo successo per le ragazze del volley Pinerolo in B2 che dopo aver perso il primo set hanno poi vinto
per 3 a 1 con il Sumirago; sconfitta invece per la squadra maschile in CI uscita battuta per 3 a 1 dal campo di Pino.
Nelle
Chiese Valdesi
ANIMAZIONE BIBLICA DELLE UNIONI FEMMINILI — A Villar Perosa, sabato Ile domenica 12 novembre, si svolgono due giorni di animazione biblica
delle Unioni femminili sul tema «La famiglia e la chiesa; la famiglia e la società». Nell’ambito delTiniziativa
è previsto anche un momento pubblico, la sera di sabato, alle 20,30 presso la biblioteca comunale, con una tavola rotonda che vedrà la partecipazione di Andrea Siegret, funzionaria non governativa dell’Onu a Ginevra e
di Patrizia Geymonat, assistente sociale a Cavour.
POMARETTO — Giovedì 9 novembre, alle 20,30, nella
sala del teatro, riprende l’attività il coro Fihavanana.
SAN GERMANO — Domenica 19 novembre, alle 10,
l’assemblea di chiesa è chiamata ad eleggere alcuni
nuovi anziani per il Concistoro. *
MASSELLO — Martedì 14 novembre, alle 15, si svolgerà
la riunione a Roberso.
TORRE PELLICE — Domenica 19 novembre è convocata l’assemblea di chiesa che dovrà pronunciarsi sulla
conferma di Bruno Rostagno quale pastore per un secondo settennio.
VILLASECCA — Le prossime riunioni quartierali saranno il 13 novembre, ore 14,30, a Trossieri, il 14 a Pian
Faetto e il 15 alla Roccia; inizio ore 20.
Appuntamenti
9 novembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Alle 15,30
pressò la Casa valdese di via
Beckwith il dottor Danilo Mourglia parlerà su «Un anziano moderno per il 2000?».
10 novembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle 20,45,
presso la Bottega del possibile,
viale Trento 5, le Edizioni «L’altro modo» presentano «Un contadino nella Grande Guerra, diario (1916-20)», a cura di Valter
Careglio.
10 novembre, venerdì — PINEROLO: Alle 17, presso il
museo emografico in via Brignone, la prof. Chiara Ronchetta
presenta «Le industrie di Pinerolo», percorso museale multimediale sul mondo della fabbrica.
10 novembre, venerdì — PINEROLO: Alle 21,15, al Teatro-incontro di via Caprini, per la
rassegna teatrale «Aspettando
l’inverno», la compagnia Castiglia e Catalano proporrà «Mi ha
baciato un’allucinazione».
10 novembre, venerdì —CAVOUR: Alle 21, al teatro tenda,
commedia musicale «Aggiungi
un posto a tavola».
11 novembre, sabato —
TORRE PELLICE: Presso il
Centro culturale valdese, alle 17,
si inaugura la mostra del pittore
Gianni Tribaudino che resterà
aperta fino al 30 novembre.
11 novembre, sabato — PINEROLO: Alle 16, nel salone
dei cavalieri in via Giolitti, gli
autori del libro «Gibuti», storia
della tranvia Pinerolo-Perosa,
Gian Vittorio Avondo, Valter
Bruno e Dario Seghe, presenteranno il loro volume.
11 novembre, sabato —
TORRE PELLICE: Il patronato
Ach organizza, alle 15,30, presso
il salone Opera gioventù, un incontro sul tema: «La riforma delle pensioni: come cambia la previdenza in Italia».
11 novembre, sabato — CAVOUR: Alle 9,30, nell’ambito di
Tuttomele, ci sarà un incontro su
«Pechino-Cavour: i diritti delle
donne», con l’intervento di Tina
Anseimi e Maria Bertoni.
11 novembre, sabato — CAVOUR: Alle 21,30, nell’ambito
di Tuttomele, concerto del cantautore Pierangelo Bertoli.
11 novembre, sabato — VILLAR PELLICE: Alle 21, nel
tempio valdese, l’Unione musicale di Inverso Pinasca diretta da
Alessandro Coucourde proporrà
un concerto di musica varia, da
brani classici a colonne sonore di
film, boogie-woogie e cha-chacha. 11 ricavato della serata andrà
a sostegno del progetto di accoglienza dei bambini provenienti
dalla zona di Cemobil.
11 novembre, sabato —
TORRE PELLICE: Alle 15, alla biblioteca del centro culturale
valdese, si terrà un incontro degli
«Amici della biblioteca». •
12 novembre, domenica —
LUSERNA SAN GIOVANNI:
Dalle 15, nella centrale piazza
Partigiani, si svolgerà una compietizione dimostrativa di velocità
su pattini in linea.
12 novembre, domenica —
LUSERNA SAN GIOVANNI:
Presso Villa Olanda, a partire
dalle 12,30, l’associazione Lou
Cialoun propone una polentata
seguita, neh pomeriggio, da un
concerto di gruppi pinerolesi.
12 novembre, domenica —
SAN GERMANO CHISONE:
Si chiude la mostra «C’era una
volta» presso l’Asilo dei vecchi,
sugli abiti e gli accessori degli
ultimi cento anni.
12 novembre, domenica —
RORÀ: Il coretto valdese replica, alle 20,45, nel tempio, lo
spettacolo musicale sugli spiritual neri «L’anima della libertà».
13 novembre, lunedì — VILLAR PEROSA: Presso la direzione didattica, alle 16,45, per il
corso di cultura locale organizzato dal Centro culturale valdese,
la prof. Clara Bounous parlerà
su: «Quando la sirena suonava:
valdesi e fabbrica».
15 novembre, mercoledì —
PINEROLO: Alle 17, presso la
Collezione d’arte a Palazzo Vittone, verrà presentata la mostra
di tele restaurate del Guercino.
16 novembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Alle 15,30,
presso la Casa valdese di via
Beckwith 2, a cura deH’Unitré,
sarà proposto un concerto di pianoforte jazz di Alberto Petrini.
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 12 NOVEMBRE
Pinasca: Farmacia Bertorello
- V. Nazionale 22, tei. 800707
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 12 NOVEMBRE
Bricherasio: Farmacia Ferraris - via Vitt. Emanuele 83/4,
tei. 59774
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVraO INFERMIERISIICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 9 e venerdì
10 novembre, ore 21,15, Un
eroe borghese; sabato, ore 20
e 22,20, domenica, ore 15,
17.30, 20 e 22,20 e lunedì
21.15 Apollo 13.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì 10 novembre, ore 21,
Carrington; sabato 11, ore
21, Un indiano in città; domenica, (14,15, 16,30 18,45,
21) e lunedì (21) martedì (21),
mercoledì (21) e giovedì (21),
I ponti di Madison County.
PINEROLO — La multisala Italia propone, alla sala
«2cento» Mine mounts, imprevisti d’amore; feriali ore
20.15 e 22,20, sabato 20,15 e
22.30, domenica 14,30, 16,30,
18,15, 18,15, 22,20). Alla sala
«5cehto» Show giris; feriali
19.45 e 22,20, sabato 19,45 e
22.30, domenica 14,45, 17,15,
19.45 e 22,20.
PRIVATO acquista mobili vecchi-antichi e oggetti
vari: tei 0121-40181.
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autosufficiente. Alloggio indipendente, vitto e compenso.
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Via Pio V, 15 -10125 Torino
Tel. 011/655278
Via Repubblica, 6 -10066
Torre Pellice (TO)
tel/fax 0121/932166
Sped, in abb. post./SO
Pubblicazione unilaiia con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghislerlana MondovI
Una copia L. 2.000
11
venerdì io novembre 1995
PAG. 7 RIFORMA
Consegnato al Comune di Farigliano lo scuolabus acquistato con il contributo degli evangelici
Il dono è gratuito e non richiede contropartite
GIORGIO GARDIOL
Farigliano è un piccolo
Comune della provincia
di Cuneo, in riva al Tanaro.
Un anno fa, il 5 novembre
1994, gli igrometri dell’Istituto risorse idriche che controllano la portata del fiume, sono saltati alle ore 12: l’acqua
aveva superato di 5 metri il
livello di guardia. Il Tanaro
era uscito dagli argini e aveva
spazzato via un’importante
deposito di sabbia e ghiaia,
una discoteca, i campi sportivi e aveva portato via la massicciata ferroviaria della linea
Bra-Ceva. Tutte le case e le
fattorie lungo il corso del fiume erano state danneggiate
poi nella collina, siamo nella
Bassa Langa, gli smottamenti
sono stati molti.
«Abbiamo avuto 8 miliardi
di danni - dice Teresina Vietto, sindaco del paese - solo
per le strutture pubbliche, per
i privati i danni sono stati ingentissimi». Subito con l’aiuto dei volontari e poi da soli
la gente della Langa si è data
da fare; il fango è stato spala
La ferrovia Bra-Ceva, a Farigliano, un anno dopo l’alluvione
to, le attività economiche sono riprese, la campagna e le
vigne sono state coltivate e la
vendemmia è stata di ottima
qualità. Chi vuol bere il buon
barolo o il dolcetto dell’«anno 1 dopo l’alluvione» si rivolga alla cantina sociale di
Clavesana, paese confinante,
che anche vinifica le uve di
Farigliano: sarà un ulteriore
contributo di solidarietà per
la ripresa economica.
La Fcei per gli alluvionati
" Ammonta a 220 milioni di lire la somma raccolta dalle
chiese evangeliche e consegnata alla Federazione delle chiese evangeliche per il soccorso agli alluvionati. Ecco quanto
è stato fatto
- spese di pronto intervento £ 6.500.000
- scuolabus per Farigliano £ 45.000.000
- aiuto a odontotecnico di Candii £ 30.000.000
- Usi di Alessandria £ 50.000.000
- Centro sociale di Asti £ 70.000.000
Rimangono ancora da assegnare £ 18,5 milioni.
La vita è ripresa per tutti.
Per tutti, tranne che per l’Ente Ferrovie, che sta ancora
studiando se e come riparare
la linea ferroviaria. «Per ora
ci sono gli autobus sostitutivi
- continua la signora sindaco
- ma il disagio è grande. I
tempi di percorrenza sono aumentati. I nostri ragazzi per
andare a scuola impiegano
chi mezzora, chi un’ora in
più. Per andare a fare una
pratica o una visita all’Usi bisogna aver l’auto. Le Ferrovie considerano la linea per
Ceva e Savona un ramo secco
e quindi si non vogliono decidersi a ripristinarla».
Proprio Farigliano è stato
scelto, su indicazione della
Chiesa evangelica di Mondovi, come un comune oggetto della solidarietà della Federazione delle chiese evangeliche ih Italia (Fcei).
All’indomani dell’alluvione
la Fcéi aveva lanciato un appello per soccorrere le popo
lazioni. L’appello si è tradotto, oltre che in aiuto concreto
immediato, anche in una raccolta di fondi che ha raggiunto la cifra di 220 milioni. «45
di questi - dice il presidente
della Fcei, pastore Domenico
Tomasetto - sono serviti per
l’acquisto di uno scuolabus
per il Comune». Scuolabus
che è stato ufficialmente con
segnato martèdì 24 ottobre.
Poche le battute nella semplice cerimonia di consegna
delle chiavi. Il pastore Tomasetto ha ricordato che il dono
degli evangèlici «è uri atto
gratuito, che non chiede niente in cambio, perché è una testimonianza dell’amore grande e gratuito di Dio per 1’
umanità». ' ''
La signora sindaco ha ricordato il bell’esempio di solidarietà gratuita dei volonmri, anche evangelici, «una solidarietà che fa sperare per un
futuro migliore». Poi sullo
scuolabus è salito un bambino che non ha ancora tre anni,
e che potrà usufruirne solo
quando sarà ammesso alla
scuola materna, «che non sarà
chiusa perché qui le nascite
sono ancora una decina l’anno» come ha ricordato una
maestra, consigliere comunale. E lo scuolabus serve per la
scuola elementare e media.
Un trasporto essenziale per il
futuro dii Farigliano, 1.750
abitanti nella Bassa Langa.
La consegna delle chiavi tra II sindaco Teresina Vietto e il pastore
Domenico Tomasetto
Metodisti a Roma
Un secolo
di presenza
«Un’occasione-per ricordare e consolidare il nostro radicamento nella città, nella
comunità civile e culturale in
cui ci collochiamo». Così
Valdo Benecchi, pastore della Chiesa metodista di Roma,
spiega il senso della celebrazione del centenario della comunità che avrà luogo 1’ 11 e
il 12 novembre prossimi. «Il
concetto di una testimonianza
evangelica fortemente radicata nel contesto civile è proprio del metodismo che - ricorda Benecchi - nasce e si
afferma in Inghilterra proprio
come un movimento di conversione spirituale fortemente caratterizzato socialmente:
si pensi al contributo metodista all’educazione popolare o
all’organizzazione delle associazioni dei lavoratori negli
anni della rivoluzione industriale».
Caratteristiche analoghe ha
anche il metodismo italiano
la cui storia si intreccia con
quella del nostro Risorgimento; non a caso, nei discorsi di
inaugurazione del tempio
metodista, avvenuta il 20 settembre 1895, risuonò insistente il tema della «breccia»,
con evidente allusione a Porta Pia e alla fine dello Stato
Pontificio.
■Questi temi storici, spirituali e civili saranno al centro
della giornata dell’ 11 novembre: gli storici Franco Chiarini, Domenico Maselli e Guido Verucci ricostruiranno, difatti, il contesto culturale, religioso e politico in cui sorse
il tempio metodista di via XX
Settembre. (nev)
Dibattito sul ruolo del movimento pacifista e la sua azione di costruzione della pace in un'epoca caratterizzata dalle guerre
La nonviolenza è azione concreta e non semplice enunciazione
EMANUELE REBUFFINI
Mi permetto di replicare
all’articolo di Nanni
Salio («Le ragioni del pacifismo dopo il “falliipento della
pace”»), che sul n. del 1“ settembre interveniva a proposito di quello firmato da Lodovico Grassi e da me («La
complessità della guerra e la
crisi del pacifismo») sul numero del 21 luglio di Riforma.
1) Le guerre successive al
1989 non possono essere
analizzate con gli schemi
precedenti poiché non sono
più l’espressione di un conflitto globale che vedeva contrapporsi due modelli ideologici globali. Il sistema internazionale è cambiato e la sua
configurazione attuale non è
affatto chiara. I pacifisti e
l’estrema sinistra hanno voluto applicare all’ex Jugoslavia
il modello dell’imperialismo
addossando la colpa della
guerra agli affrettati riconoscimenti delle dichiarazioni
di indipendenza di Slovenia e
Croazia da parte delle nazioni europee. Il che è falso, così come è falso pensare che la
guerra abbia esclusivamente
cause economiche o politicomilitari. Nella genesi degli
eventi bellici interviene una
pluralità di fattori, per cui un
approccio scientifico non può
essere che «multifattoriale»,
rifuggendo da teorie «unicausali». Né si possono considerare etnia, identità nazionale
e religiosa elementi marginali
o sovrastfutturali: essi svolgono un ruolo fondamentale,
come già rilevava Franco
Pomari parlando delle «radici
affettive dei conflitti» e come
sottolinea anche Johan Gal
tung quando insiste sull’importanza del fattore cultura
(«L’Unità» 18.8.94).
2) Chi sono i pacifisti? Se è
vero che quello pacifista è un
mondo estremamente eterogeneo e che il termine stesso
rischia di rimanere assai vago, tuttavia ritengo di poterlo
adoperare facendo riferimento a tutti quei gruppi che hanno come finalità principale,
anche se non esclusiva, la
mobilitazione contro la guerra e a favore della pace. Nel
contesto italiano alludo pertanto all’Associazione per la
pace. Beati i costruttori di pace, Mir-Movimento nonviolento, Pax Christi e qualche
altra organizzazione meno rilevante. Le loro posizioni nei
confronti della guerra balcanica sono state essenzialmente analoghe. Tutte si sono
schierate contro l’ipòtesi di
un intervento militare e nessuna ha mai denunciato chià^
ràmente la dirigenza serbobosniaca per la guerra di aggressione condotta contro la
repubblica di Bosnia-Erzegovina. Solo dopo il massacro
di Srebrenica alcuni hanno
cominciato a invocare l’uso
della forza, purché a farlo
fosse l’Onu e non la Nàto,
una posizione che rivela un
pregiudizio ideologico: se riteniamo essere un dovere morale liberare Sarajevo, diventa
secondario il problema di chi
la libererà. Agisca chi può
farlo, cioè chi dispone di
mezzi efficaci e di risorse
sufficienti. L’opposizione
all’intervento Nato ha rivelato come i pacifisti siano più
preoccupati della loro purezza ideale che della sorte del
popolo bosniaco.
3) «Mir Sada» e le altre
marce non sono state altro
che innocue passeggiate turistiche in zona di guerra. Se
gli organizzatori avessero dichiarato come loro obiettivo
la realizzazione di azioni simboliche e di testimonianza, le
critiche sarebbero certo state
eccessive e ingiuste. Purtroppo sono stati loro stessi a
pubblicizzare, in appositi documenti «politici», l’intenzione di «fermare la guerra».
Dunque è quello il criterio
sulla base del quale giudicare
le loro iniziative. I pacifisti
che sulle orme di don Bizzotto si sono recati nell’ex Jugoslavia hanno sempre spacciato quelle marce come interposizioni nonviolente e azioni
di diplomazia popolare, senza
che fossero né Luna né l’altra. Studiosi nonviolenti come Galtung e Giuliano Pontara, nonché lo stesso Salio,
hanno messo in luce i loro li
miti («Guerre e pace», maggio 1994).
4) Le proposte avanzate dagli ambienti pacifisti più seri,
che insistevano sulla necessità di rafforzare la presenza
dell’Gnu in Bosnia, non erano affatto irrealistiche, solo
non si prestavano a una realizzazione nel breve periodo,
dal momento che presupporrebbero un’Gnu riformata e
democratizzata. Credo che si
debba pervenire a una forza
di polizia internazionale,
composta da militari e civili,
preparata alla mediazione e
soluzione pacifica dei conflitti, ma credo anche che ci potremo arrivare tra dieci anni,
quando ci saranno scuole di
specializzazione dove si insegni come si fa un’efficace interposizione nonviolenta. Perché questa non può essere improvvisata da persone che si
sono preparate adoperando
innocui giochi spacciati per
«tecniche nonviolente». Di
fronte alla tragedia clje si
consuma qui e ora non si può
invocare 1"^impossibile ma si
deve scegliere il «male minore», anche se questo non può
sempre soddisfare chi ha la
vocazione del profeta.
5) Salio richiama alcuni recenti studi che si sono soffermati sulla troppo poco nota
«resistenza non armata». Si
tratta di indagini storiche in-.
teressanti, ma che in taluni
casi si sono trasformate in
una sorta di «revisionismo alla rovescia», che finisce con
lo screditare la lotta partigiana, perché moralmente meno
nobile di quella nonviolenta.
Mi sembra importante il lavoro di Jacques Sémelin,
Senz’armi di fronte a Hitler
(ed. Sonda): l’autore preferisce adoperare la terminologia
«resistenza civile», poiché è
«concetto più neutro e più
adatto di quello di “azione
Manifestazione pacifista contro la guerra nel Golfo
(foto Deodato)
nonviolenta”, a cui è preferibile ricorrere soltanto quando
esiste un riferimento esplicito
a una filosofia o a una strategia non violenta»; inoltre nel
corso dell’opera precisa come a) la resistenza civile non
si contrapponeva a quella militare, ma la affiancava e faceva da supporto alla stessa;
b) la resistenza civile «di rado fu diretta apertamente
contro le forze di occupazione, poiché non possedeva i
mezzi per scacciarla dal territorio. La finalità di questa
lotta spontanea fu piuttosto
quella di preservare l’identità
collettiva delle società aggredite, cioè i loro valori fondamentali», Servì a tutelare la
collettività evitando il peggio, non a vincere l’aggressore. Per onestà intellettuale
non possiamo attribuire ad
essa un significato che non
ha avuto, e ammettere che se
è possibile in talune circostanze resistere a «Hitler» in
modo nonviolento, è improbabile che si possa sconfiggere «Hitler» solo ricorrendo
a strategie nonviolente.
Gandhi è stato un maestro
della nostra epoca, ma non si
può invocare il suo pensiero
come se in esso yi fossero soluzioni pronte per tutti i problemi. Un pensiero peraltro
complesso e in taluni punticontraddittorio, in particolare
sulla questione della legittimità del ricorso alla violenza
come «extrema ratio». Non
invochiamo la Lettera agli
inglesi, perché essa contiene
un invito al martirio che può
essere oggetto di scelta da
parté di taluni, ma non può
essere sbattuto sulle teste dei
poveri cristi.
12
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PAG. 8 RIFÓkN¿\
Cultura
VENERDÌ 10 NOVEMBRE 1995
Robert Capa «Morte di un legionario spagnolo» (1936)
Hammarskjòld fu appassionato fotografo
struttura
•- h'
attraverso il paesaggio
ALBC8TO CORSAMI
Dag Hammarskjòld, Io
statista svedese e evangelico che fu segretario generale deirOnu dal 1953 al
.Ì961, tenne per diversi anni
• della ^opria vita un diario
. (pubbhcatp in Italia da Rizzoli con il titolo Linea della
vita) che è anche fatto di brami poetici e di citazioni: molte
quelle bibliche (in particolare
nell’ultimo e più travagliato
periodo contrassegnato dalla
crisi del Congo belga) tratte
principalmente dai Salmi, ma
ci sono riferimenti anche a
autorrcome il drammaturgo
. Henrik Ibsen.
Al di là della scrittura poetica» a disposizione del lettore
^ < italiano dai primi anni ’60,
un’aTtra attitudine di questo
straordinario personaggio è
forse meno nota. Anche in
viaggi ufficiali, Dag Ham• marskjòld fu ritratto spesso
nell’atto di fotografare, con
, una mitica Hasselblad: in
Asi^ Africa, addirittura sulle
pendici dell’Everest, dove,
appassionato anche di montagna, era stato condotto in aereo. E proprio in relazione a
questa passione per la fotografia di paesaggio, lo statista
prese delle annotazioni in
versi, rilevati poi da Robert
Adams, fotografo a sua volta
e teorico, nel suo libro uscito
recentemente*.
Sono versi dell’ultima pagi■ nà del diario (24 agosto
1961), che parlano del paesaiggio in modo assai evocativo, cpme evocativa era la casa di Hammarskjòld, ricca di
quadri: da Picasso e Braque a
nomi sconosciuti del paesaggismo svedese: «Mi sono svegliato/ in un mattino qualsiasi di luce grigia/ riflessa dalla strada»', «Ricordo altri sogni/ dello stesso paese montuoso;/ due volte son stato ritto sulle sue cime ferrilo di
fronte al più remoto dei suoi
laghi/ e seguii il fiume/ incontrò alla sorgente».
L’esempio dello statista
svedese serve a Adams in uno
dei suoi scritti più importanti;
in tutto sono sette, sono brevi
e straordinariameiìte pregnan• ti, e soprattutto «inattuali;».
Dice il sottotitolo; «Saggi in
difesa dei valori ^adizionsdi»,
e. in effetti si parla di bellezza
e di forma: «La bellezza che
Dag Hammankldkl
mi interessa è quella della
forma, sinonimo della coerenza e della struttura sottese
alla vita».
Ritrarre il reale per Adams
è quindi non tanto cercare di
«copiare» la vita (che è impossibile e tutto sommato poco interessante: l’autore lo lascerebbe volentieri ai reportage giornalistici),, quanto piuttosto mettere in evidenza, a
partire da un mondo sensibile
caotico e incoerente, quell’ordine interno, quella struttura
che regola intimamente i rapporti fra le cose, le persone e
la natura. Un’obiezione a questo tipo di approccio viene
spontanea: se di questo mondo reale solitamente ci sfuggono le coordinate e i principi, non sarà perché sempliùemente essi non esistono più?
Ovvero: se il problema è di
individuare un senso per la vita che tende a occultarsi, occorre tuttavia che esso esista,
e gran parte dell’arte e della
filosofia di questo secolo hanno ampiamente messo in crisi
questa certezza.
L’obiezione sarebbe quindi
più che giustificata quanto
all’oggetto di cui parla
Adams, ma lo è molto meno
quanto al metodo. L’indagine
di cui Adams teorizza non
può prescindere dai contorni
dell’oggetto-paesaggio (che è
essenzialmente quello della
grande provincia nordamericana, un tempo scenario del
mito e ora luogo di desolazione), dalla ricerca della
«scala» che ci dà la misura
delle cose e del nostro rapporto con esse. Se mancano
queste relazioni, o se le si imposta in modo sbagliato (come nel caso dell’attacco indiscriminato all’ambiente) si
pregiudicano le nostre possibilità di comprensione della
vita e del mondo. Occorre invece cercare di capire, utilizzando l’arte come strumento
di conoscenza, senza pretendere che essa ci dica tutto:
anche perché «come la filosofia, essa astrae. L’arte
semplifica. Non è mai esattamente uguale alla vita».
L’indagine teorica di Robert Adams non si femia qui,
ma esamina il problema dei
rapporti tra «vero» e «bello»,
a partire dalla famosa foto di
Robert Capa sulla morte del
miliziano nella guerra civile
spagnola. Ma è soprattutto
nell’inattualità del suo approccio che sta anche il suo
, fascino. Un approccio fatto di
poesia e di realismo, di utopia
e di pragmatismo allo stesso
tempo; forse, per Dag Hammarskjdld, si trattava di una
dialettica tra fede e lavoro
quotidiano al servizio del
mondo.
, (*) Robért Adams: La bellezza in fotiqprafla. Saggi in difesa :
dei valori tradizionali. Torino,^
Bollati Boringhieri, 1995, pp 84,
£ 24.0(X).
La trasmissione televisiva francese
compie 40 armi
«40 anni di archivio» è il titolo del filmato speciale andato in onda domenica 29 ottobre sul secondo canale francese, per ricordare l’inizio
delle trasmissioni di «Présen-,
ce protestante». Il program-'
ma, realizzato da Henriette
Chardax, ha ripercorso, non
secondo una cronologia a linea retta, ma secondo gli argomenti di maggior interesse,
ripresi in diverse epoche, le
tematiche di maggior impegno con cui i protestanti francesi si sono confrontati a parr
tire dal 1955.
Sulle note di Jacques Brel
(«Le bon Dieu») ci proiettiamo subito al giorno di Pasqua
di quell’anno, quando il pastore Marco Boegner («Le pasteur M. Boegner vous parie»,
recitava un titolo di apertura)
rivolgeva il suo messaggio
che parlava della resurrezione. Da allora lo spettatore viene proiettato avanti e indietro
nel,tempo, seguendo quelle
tematiche che hanno appassionato e ancora appassionano
anche i protestanti italiani.
Il salto forse più emozionante, giustamente messo per
primo in scaletta, è quello tra
il 1984 e l’oggi, tra la denuncia coraggiosa dell’apartheid
e delle forniture d’armi francesi al Sud Africa razzista e
l’intervista al vescovo anglicano Desmond Tutu dopo la
sanzione della fine del regime
segregazionista. Un segnale
di speranza che viene proprio
dal diverso tono delle trasmissioni: la condaima dello
scandalo dell’«appoggio» su
base addirittura «biblica» al
regime, poi la liberazione di
un popolo.
Altre tematiche affrontate
(quanto siamo vicini!) sono
quelle dell’atomica e del riarmo, dell’accoglienza (Madeleine Barot, fondatrice della
Cimade, racconta i primi luoghi di asilo per gli ebrei perseguitati nella Francia occupata di Pétain), dell’immigrazione, dell’aborto e dell’eutanasia, dell’assistenza agli anziani e deH’Aids, del Terzo
Mondo che è nelle periferie
metropolitane.
Era presente in studio un
famoso giornalista francese,
Alain Duhamel, che ha offerto una propria lettura di questi 40 anni di televisione fatta
dai protestanti. Duhamel vi
ha riscontrato le tracce di una
tradizione che, tramite un légame forte tra azione e Parola assegna a ognuno il compito di interrogarsi e di rispóndere secondo coscienza alle
interrogazioni che derivano
dal confronto con i valori.
Non sempre c’è una risposta
sola, ognuno deve fare i conti
con la propria responsabilità
ma, a suo dire, emerge come
tratto distintivo che le risposte sono sempre forti e di testimonianza, anche quando
altre fonti giornalistiche risultano più tiepide e caute.
Non è poco. Se ha un senso
celebrare gli anniversari, esso
sta p^roprio nel far vedere che
con il tempo, con la fede e la
testimonianza le cose possono anche cambiare. Come in
Sud Africa.
Madoleine Barot (a destra) all’Assemblea Fcei di Firenze (1988)
Il programma cattolico della domenica
Prete fra ¡ soldati
Uomini di Dio in uniforme.
«Le jour du Seigneur», trasmissione cattolica che segue
«Présepce protestante» nella
mattina di domenica su Trance 2 (che offre anche i programmi per musulmani, ebrei
e ortodossi) ha affrontato la
tematica della cappellania
nell’esercito a partire da due
personaggi che ha seguito (è
il caso di dirlo) «sul campo».
Il primo intervistato, padre
Richard Kalka, è inquadrato
nei paracadutisti delle forze
speciali francesi che hanno
partecipato e partecipano ad
azioni internazionali, dalla
guerra del Golfo alla presenza in Ciad. Egli stesso si lan
l’eucarestia e la penitenza
(c’è il rischio, tuttavia, di un
ruolo sbilanciato verso 1’
aspetto «consolatorio» di
questa presenza: il dibattito
al convegno sulla cappellania
organizzato nel 1994 dalla
Società di studi valdesi aveva
messo in risalto l’esigenza di
portare la parola biblica anche in caserma; ci sono i pro
e i contro, magari, ma è certo
un’esigenza diversa, è una richiesta di «farsi interrogare»
dalla Parola stessa). Il cappellano ha sottolineato poi
come la presenza militare
francese in contesti internazionali cerchi di non essere
«impositiva», ma di essere
Soldati musulmani in Bosnia: come desacralizzare i conflitti?
eia dall’aereo e, senz’armi ma
in uniforme, condivide tutti
gli aspetti della vita dei soldati, peraltro un po’ più giovani
di lui, come ammette egli
stesso. Dalle sue parole emergono le difficoltà e i problemi
di questi ragazzi, che arrivano
alla scelta professionale per
motivi molto diversi, fra cui
frequentemente una delusione
familiare o un insuccesso
scolastico. A loro serve avere
un punto di riferimento, qualcuno con cui parlare sia nei
momenti di rivolta morale
(quando si assiste alla morte
di alcuni compagni) sia, caso
forse ancora più problematico, nei tempi di attesa: come
quando per settimane i francesi attesero di dover intervenire nel Golfo e i giorni si
succedevano sempre uguali,
nell’attesa di dover sparare.
In questo contesto, sostiene
Kalka, è importante una presenza come la sua, anche
nell’amministrare i sacramenti, nel richiamare la riconciliazione per mezzo dei
aperta all’incontro con le popolazioni, e questo è un altro
aspetto del suo ruolo.
Il vescovo militare Michel
Dubost lo si incontra invece a
bordo di una portaelicotteri
nel mar dei Caraibi, e lo si vede impegnato in un dialogo
serrato con i marinai oltre che
con l’intervistatore. L’elemento più interessante del suo
discorso (doppiamente interessante, giacché proviene e
da un vescovo e da un militare) è relativo al contesto culturale di molti dei conflitti
odierni: paradossalmente una
presenza cristiana in quell’
ambiente, basandosi sul senso
della riconciliazione, ha il
compito di «desacralizzare i
conflitti», di spegnere la miccia degli integralismi di tutte
le parti, di scindere il discorso
politico e (dove esso sia inevitabile) armato, da quello religioso inteso integralisticamente. L’assunto è molto importante: purtroppo non mancano i terreni dove dovrebbe
essere sperimentato.
ili
L'agenzia cattolica Sir intervista il poeta e critico d'arte Marcello Camillucci
C'è ancora uno spazio per l'arte dei cristiani
«Al di là delle verità teologiche, riservate solo alle menti esperte, la bellezza è la prima via attraverso cui Dio è recuperabile». L’affermazione,
forse un po’ drastica, è di
Marcello Camillucci, poeta e
critico d’arte, presidente
dell’Unione cattolica artisti
italiani (Ucai), che ha partecipato il 23-24 ottobre ad Assisi
al convegno organizzato
dall’Istituto italiano «Jacques
Maritain» e dedicato alla
«estetica oggi in Italia».
Camillucci, che ha svolto
una relazione su arte e cristianesimo, è stato intervistato
dall’agenzia cattolica Sir, e ha
ribadito che «non esistono
due fronti culturali estetici
delle arti figurative, con gli
artisti cristiani e cattolid da
un lato e quelli laici dalTaltro». In realtà gli uni e gii altri
si troverebbero di frcMite a un
comune problema, lo «scadimento dei moduli formali della fine dell’800», che impor
rebbe agli artisti «un processo
di rinnovamento, un tentare
strade nuove, che fallisce per
(...) povertà di radici culturali,
eccessiva fiducia che basti fare qualcosa di nuovo e di originale perché questo diventi
automaticamente rappresentativo del nostro tempo, (...) la
novità voluta a tutti i costi».
Problema specifico degli
artisti cristiani, sempre secondo il critico, è invece
quello di vivere in una civiltà
ampiamente secolarizzata
che esprime, proprio come da
legge di mercato, una minor
richiesta di opere connotate
dalla fede. Questo non significa scadimento di valore:
«L’ispirazione religiosa può
anche dare attraverso le vie
più audaci della modernità risultati che sono esteticamente
accettabili e pongono gli
stessi problemi dell’arte classificata non cristiana».
L’arte cristiana insomma
viene recuperata alla sua an
tica funzione di libro per i
semplici e gli analfabeti (liber idiotarum, secondo Gregorio Magno, citato da Régis
Debray nel suo Corso di mediologia generale), anzi, prosegue Camillucci, vero e proprio «mezzo di evangelizzazione. Dio, attraverso la bellezza, è possedibile (,..) anche quando, invece, è difficile da comprendere come
bontà e verità». Restano due
interrogativi: dalla fine dell’
800 si sono susseguiti movimenti e tendenze di rottura
che hanno cambiato il modo
di scrivere e di esprimersi figurativamente (pensiamo a
come sia cambiato il romaiizo): non c’è più traccia di tutto questo? Inoltre, perché
porre in antitesi «bellezza»
con «bontà e verità»?
Marc Chagall: «Solitudina» (1933)
13
-VENERDÌ 10 NOVEMBRE 1995
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Torino; a confronto una bioioga protestante, un filosofo e un teologo cattolico
Dì fronte alla bìoetìca e ai suoi dilemmi
MARCO ROLANDO
Si è svolto a Torino, promosso dal Centro evangelico di cultura «Arturo Pascal», un incontro sul tema «I
dilemmi della bioetica», moderato dal dott. Gianni'Pomari, a cui hanno partecipato
„Alma Rollier, bioioga, docente p ricercatrice presso l’Università di Milano, Maurizio
Mori, fdosofo e direttore della rivista Bioetica, Giannino
Piana, teologo moralista e docente presso l’Università di
prbino.
Pomari ha ricordato la costituzione del «Gmppo di lavoro sulla bioetica», promosso dalla Tavola valdese e
avente come finalità la riflesaone sugli scottanti temi posti dallo sviluppo odierno di
scienze quali la biologia, la
iSsica, la biofisica, la biotecnologia, che ha già prodotto
un importante documento
’ animato dal desiderio di far
sentire anche una voce protestante in un dibattito spesso
'deformato dai mass media.
Anna Rollier ha premesso
Che il suo intervento rappresentava sia un punto di vista
‘ protestante connesso alla sua
esperienza di scienziata che
studia la genetica molecolare
sia un punto di vista di genere in qualità di donna e non
un discorso generale su «che
cosa è la bioetica». Richiamandosi al principio fondatore della cultura protestante,
da lei ravvisato nell’approccio dialettico e non dogmatico ai problemi, ha sottolineato la centralità della visione
scientifica e la centralità della riflessione fatta dalle donne, mettendo in rilievo come
da bioetica a suo avviso non
sia disciplina capace di autosufficienza teorica ma nasca
al contrario dall’interazione
di scienze preesistenti quali il
diritto, la filosofia, l’epistemologia, la teologia e la psicologia.
Inoltre l’oratrice-ha evidenziato quattro caratteristiche
costitutive a suo parere della
bioetica: l’interdisciplinarietà, il pluralismo, la pubblicizzazione, la partecipazione,
al fine anche di colmare il
«gap» fra conoscenze scienti
Ricerche sul patrimonio genetico
fiche e conoscenze collettive.
Dopo aver ricordato le principali tecniche di fecondazione
artificiale nei loro aspetti positivi ma anche negativi, come il rischio di aumento di
anomalie cromosomiche sia
nell’inseminazione artificiale
sia nella fecondazione in vitro, ha posto l’accento sulle
conseguenze psicologiche,
etiche, sociali e giuridiche. I
veri soggetti, la donna, l’uomo, il nascituro rischiano di
scomparire dalla.scena. Occorre rimetterli al centro riconoscendone le differenze.
Molta riflessione delle donne
in Europa e negli Usa non è
riportata sui mass media, che
si appagano di enfatizzare i
casi limite.
Mori, come laico, ha sottolineato come la bioetica sia
una nuova etica che segna il
passaggio da un’etica della
sacralità della vita, comportante divieti assoluti, a un’etica della qualità della vita. La
nuova etica ha messo in crisi
quella della sacralità, secondo la quale tutto è intangibile, sacro, perché esiste un finalismo del processo vitale.
La Chiesa cattolica nelle sue
posizioni ufficiali, sposando
questa visione, è portata
quindi a stabilire che esistono
atti intrinsecaniente malvagi
che non vanno mai fatti (per
esempio divorzio e contrac
cezione). Secondo Mori la
coscienza occidentale non
ammette più la presenza di
«assoluti» anche se a suo avviso è più facile il cambiamento razionale rispetto al
cambiamento emotivo, per
cui razionalmente l’uomo occidentale avrebbe abbandonato i doveri assoluti, ma
emotivamente no. Infine
l’oratore si è detto in disaccordo con Rollier per le riserve manifestate nel suo approccio dialettico-critico sulle tecniche di riproduzione
assistita, riserve che però, secondo chi scrive, non miravano a limitare le possibilità di
esplorazione delle potenzialità scientifiche odierne, ma
solo a mettere in luce la dialetticità del processo scientifico e l’esistenza di tematiche
«altre» molto più importanti
in gioco nella procreazione.
Giannino Piana ha messo in
luce i paradossi e le ambivalenze che connotano l’attuale
ricerca scientifica e biomedica, ambivalenza peraltro connaturata a ogni ricerca scientifica anche in passato, in
quanto più aumentano le possibilità, più aumentano i rischi. Di fronte al problema
della procreazione assistita
Piana si è dichiarato ottimista
perché queste tecniche permettono l’accesso alla paternità e maternità biologica di
coppie sterili, anche se ha riconosciuto che esiste un modo di rapportarsi delle donne
a queste tematiche e una loro
riflessione a cui occorrerebbe
dedicare maggiore attenzione
e approfondimento, come
suggerito da Anna Rollier,
Secondo Piana dall’antica
etica della sacralità della vita
occorre passare a un’etica
dell’assunzione di responsabilità, anche se ciò si scontra
con il limite oggettivo di questo esercizio. Cresce un’etica
soggettiva, ma si scontra con
la complessità oggettiva dei
processi manipolativi messi
in atto net campo delle biotecnologie, per cui diventa
difficile poter fare una valutazione previsionale e misurarne il grado di compatibilità
con l’impianto del sistema
globale. L’unica strada, anche
se pessimistica, sembra essere quella suggerita da Hans
Jonas che, richiamandosi a
Kant, suggerisce il criterio
dell’agire sempre per il minor
male possibile guardando alla
specie umana come fine e
mai come mezzo.
In questa strettoia, a suo
avviso, è possibile Temergere
di un’etica debole della
«compromissione», intesa in
senso positivo come capacità
di compromettersi con la
realtà, prendendo di volta in
volta di fronte ad ogni singolo problema senza timore di
sporcarsi le mani.
Al termine è seguito un dibattito che ha permesso ai relatori di precisare meglio alcuni punti nodali contenuti
nelle loro comunicazioni.
H'
Giorgio Bouchard e il vescovo di Ivrea, Luigi Bettazzi, in un pubblico dibattito
Le chiese dì fronte al terzo millennio
CINZIA CARUGATI VITALI
T na minoranza significari va*: questa interessante raccolta di articoli
che si riferiscono ad eventi
grandi e piccoli è un tentativo
di rispondere a due importanti domande: che cosa è successo nel secolo che sta per
finire e che cosa succederà in
futuro». Con queste parole il
pastore Gregorio Plescan ha
introdotto rincontro per la
presentazione del libro di
’-Giorgio Bouchard, il 13 ottobre, in una sala di Ivrea.
Il vescovo di lyrea. Luigi
Bettazzi, ha parlato per primo,
ricordando tre aspetti del libro
che l’hanno interessato maggiormente e che condivide:
l’ecumenismo come unità su
Gesù Cristo e sulla sua Parola, nelle varie forme di discepolato e di preghiera, nella testimonianza e nella fede evangelica, malgrado le strutture
ecclesiali; la vicenda dei vaidesi, popolo chiesa, attaccato
alla sua memoria storica e così vicino alle esigenze sociali,
sempre pronto ad affermare
l’autonomia della chiesa contro ogni forma di influenza
del potere gerarchico, teso alla ricerca di autenticità e di
coerenza personale; infine
l’invito a ritornare alla parola
di Dio come stimolo costante,
senza autoritarismi o fondamentalismi, e il richiamo
all’esigenza del rito e del mito
(Gesù maestro e Gesù mistico) con l’attenzione ad evitare
forme di farisaismo e di devozionismo. Il vescovo ha concluso ricordando il cammino
faticoso che anche la Chiesa
cattolica sta cominciando a
percorrere per una partecipazione di tutta la comunità alla
gestione della chiesa stessa.
Il pastore Bouchard, con
un’esposizione ricca di aneddoti e considerazioni personali, ha risposto alle due domande sollevate in apertura
da Plescan. Ha preso in considerazione tre «forme» economiche, spirituali e politiche
che hanno in qualche modo
guidato l’umanità dopo T
atroce crisi della prima guerra
mondiale. Innanzitutto la visione leninista del marxismo.
con i suoi programmi e le sue
o^ere: anche se non c’è stata
sufficiente sperimentazione,
la parabola del comunismo è
stata amara. Il fascismo, già
in preparazione prima delle
sue manifestazioni storiche, e
poi il nazismo, sono stati
sconfitti solo in parte, sono
stati e sono tuttora un’ipotesi
attuale, sempre presente in
una parte della cultura: esiste
sempre un pericolo autoritario. Infine il riformismo liberale di Roosevelt, le cui riforme hanno cambiato il suo
paese e hanno contribuito a
cambiare il mondo; e tuttavia
questa ipotesi liberal-borghese-riformista non ha risolto i
grandi problemi dell’umanità, dalla miseria al buco
dell’ozono.
Che cosa succederà allora
in futuro? Qualcosa è già successo perché in questo secolo
alcuni javvenimenti importanti sono stati molto positivi: la
Germania riunificata non è
diventata una potenza militare e il Sud Africa è diventato
una fucina di democrazia con
una società multirazziale. La
libertà e la giustizia sono arrivate là dove non era prevedibile che arrivassero.
In questo contesto tutte le
chiese hanno grandi responsabilità: se lo vogliono possono svolgere un ruolo importante, perché alla fine di
questo secolo c’è bisogno di
un ritorno alle «forze morali». È qui che gli evangelici
(l’l% della popolazione italiana) possono essere una minoranza significativa. Dopo
aver ripercorso le tappe importanti dell’evangelismo intemazionale e italiano con le
sue battaglie sociali, Bouchard ha concluso ricordando
l’importanza di un nuovo socialismo etico insieme alla
necessità di un cristianesimq
più spirituale. In questo secolo concentrato sull’azione occorre ritrovare una dimensione spirituale e vivere la propria esperienza in un dialògo
sempre più ampio con le altre
realtà spirituali, dall’ebraismo all’Islam.
(*) G. Bouchard: Una minoranza significativa. Roma, Cnt,
1994.
Danilo Dolci (a sinistra) e Italo Calvino
IVISTE
Calvino e l'enciclopedia
«Italo Calvino: enciclopedia, arte, scienza e letteratura» è il
titolò dell’ùltimo numero monografico di Riga*, rivista in formato libro dell’editore Marcos y Marcos (specializzato in narrativa svizzera e austriaca da un lato, e africana dall’altro).
L’argomento è trattato in sezioni che vedono alternarsi' scritti
vari di Calvino (soprattutto interventi su quotidiani e periodici)
e scritti critici di provenienza accademica o di colleghi scrittori: ricorrono infatti i nomi di Edoardo Sanguineti, Eugenio
Montale, Pier Paolo Pasolini, John Updike, Pietro Citati, Daniele Del Giudice, Salman Rushdie, Francesco Biamonti, Antonio Tabacchi, Giorgio Manganelli. Se c’è uno scrittore che poteva essere definito «enciclopedista» è proprio Italo Calvino,
che ha percorso stagioni e filoni diversi della nostra letteratura
(dai primi racconti di ambiente partigiano agli anni delTindqstrializzazione di Marcovaldó) cercando di trovare risposte alle
domande curiose che aspetti diversi della vita gli ponevano.
Una curiosità che spingeva per esempio l’autore di Palomar a
porre interrogativi e a confrontarsi con le scienze esatte, magari
da profano, ma con una vocazione al dialogo con gli esperti,
nella ricerca di quanto stesse al di là delle apparenze. Esemplificativa di questo atteggiamento la risposta alle critiche di un
astronomo che T aveva criticato per aver parlato erroneamente
dei «buchi neri».
(*) Riga, n. 9. Milano, Marcos y Marcos, 1995, pp 323, £ 30.000.
«
Una vita nonviolenta
Danilo Dolci, maestro di nonviolenza. Danilo Dolci ideatore
di tante battaglie, amico di Aldo Capitini e come lui interessato
a promuovere ogni azione che affranchi l’uomo dalla servitù
del potere e dell’oppressione sociale. A questa figura forse unica nel panorama politico e culmrale del dopoguerra è dedicato
l’ultimo numero di Azione nonviolenta*, periodico del MirMovimento nonviolento. Il fascicolo, quasi monografico, si
apre con un’ampia intervista a Dolci stesso, in cui egli ripercorre il lungo (e ancora aperto) itinerario che lo portò, lui nato a
Trieste, ad affiancarsi fra i primi ai contadini del Belice terremotato, ai disoccupati, agli obiettori di coscienza quando essi
erano ancora fuorilegge, a passare da uno sciopero a un processo, alle ripetute candidature al Premio Nobel. Gli episodi che
Dolci racconta (e che si trovano nei suoi numerosi libri) ci portano alle radici di una società complessa e sconosciuta, in cui la
povertà spingeva al banditismo o alla solidarietà come per un
gioco del caso, ma una sezione è dedicata ai problemi della più
stretta attualità, dall’uso della televisione alla crisi delle ideologie. La rivista propone inoltre un’ulteriore puntata della «Storia
della nonviolenza», dedicata ai pensatori dell’Ottocento, e le
consuete rubriche dedicate alle lotte nonviolente: si parla di repressione dell’obiezione di coscienza, di commercio equo e solidale con il Terzo Mondo, di opposizione alle coltivazioni di
gamberetti in India, nocive per l’ambiente.
(♦) Azione nonviolenta, n. 10, ottobre 1995. Abbonamento annuo £
35.000 - ccp n. 10250363, intestato a Azione nonviolenta, via Spagna
8-37123 Verona.
L'ebraìcità di Gesù
L’ultimo numero della rivista Qol*, che ogni due mesi riflette e propone nuovi schemi di interpretazione sui rapporti tra
cristiani ed ebrei, è dedicato al tema «Gesù: ebreo per sempre».
Un dato che sembrerebbe scontato, ma che sino a poco tempo
fa è stato colpevolmente trascurato, quando non travisato o utilizzato ad arte per altri scopi dalle tradizioni cristiane. La pmsentazione del fescicolo cita i due recenti documenti papali (la
lettera apostolica Orientale lumen e l’enciclica Ut unum sint),
importanti per il posto che assegnano al dialogo, ma insufficienti nel caso specifico. L’enciclica non tiene nel giusto conto
il fatto che «la radice di ogni percorso che intenda dirsi “cristiano” si trova in Israele». Aveva quindi ragione Karl Barth
nel sostenere che la prima e più grave «frattura ecumenica» sia
stata quella con la sinagoga. All’interno del fascicolo, dopo
uno studio biblico di Holger Banse, pastore luterano a Milano,
vengono presentati due testi desunti da altrettanti interventi a
iniziative del Sae di Verona. Nel primo Daniele Garrone fa il
punto sull’urgenza della riscoperta dell’ebraicità di Gesù da
parte dei cristiani. Garrone spazza il campo dalle formule ambigue con cui nel passato i cristiani (anche Lutero) intesero
l’ebraicità di Gesù, messa in rilievo magari solo per sostenere
la necessità di un’opera missionaria nei confronti degli ebrei.
Amos Luzzatto, nel secondo intervento, vede da un punto di vista ebraico il rapporto fra Gesù e l’ebraismo del tempo.
(*) Qol, n. 58-59, luglio-agosto-settembre 1995. Abbonamento annuo £ 30.000, ccp n. 10110427 intestato a Age grafico-editoriale, via
Casorati 29,42100 Reggio Emilia.
14
m
JV.;.
' -.il.:,.
1*5.
PAG. 10 RIFORMA
venerdì io novembre 199S
Agenda
IVREA — «Per un’etica vissuta al femminile e libera da condizionmnenti tra fede e
scienza» è il tema di un dibattito organizzato dal Comune di Ivrea e il grappo ecumenico donne, che vede la partecipazione di DorOthea Muller, pastora valdese, Elisabetta
Donini, docente universitaria e Adriana Zani, teologa cattolica: ore 16,30, nella Sala Santa Marta.
ROMA — «1895-1995: i metodisti a Roma». Il programma delle manifestazioni per il centenario della presenza
metodista a Roma prevede, sabato ,11, un convegno storico
con la partecipazione di Valdo Behecchi, Franco Chiarini,
Domenico Maselli e Guido Vemicci; domenica 12 novembre il culto presieduto dal pastore Valdo Benecchi,
con predicazione del professor Giorgio Spini. Per ulteriori
informazioni telefonare allo 06-4814811.
RIESI — «Il Villaggio del Servizio cristiano a Riesi: il progetto di Leonardo Ricci» è
il tema di un importante convegno che vede
la partecipazione di Erika Tomassone e
Giuseppe Platone, pastori valdesi, Antonietta Lima (Università di Palermo), Corrado Gavinelli e Mirella Loik (Politecnico di Milano), Ettore Di Mauro e Salvatore Scudo (sovrintendenza ai Beni
architettonici di Caltanissetta), Saverio Scicolone (Associazione Talia), Giuseppe Rap (Ordine architetti di Caltanissetta), Franco Bennado (Ordine degli ingegneri di Caltanissetta), Lino Carnaba (rindaco di Riesi), Vincenzo
Rampolla, Nando MaurelU e. Salvo Impellizzeri (Provincia di Caltanissetta), Rossano Gennuso (Assessore al Comune di Riesi). Dalle ore 10 alle ore 18, presso il Servizio
cristiano. Per informazioni tei. 0934-928123.
TORINO — L’Associazione delle chiese battiste in Piemonte ricorda U suo 35“ anniversario con una giornata di
rin^aziamento al Signore che vede canti e musica della corali evangeliche delle chiese di via Elmo e di corso Vittorio
e con una conferenza del past. Alberto Taccia sul tema.
«Fede e diaconia»: ore 15, presso la chiesa di via Viterbo.
MODENA — Nel quadro di un ciclo di
conferenze sul tema «Le vie dei santi» la
Fondazione San Carlo propone la conferenza di Giuseppe Barbaglio sul tema «Santità
di Dio e Santità del popolo»: ore 17,30,
presso la sede della Fondazione in via San
Carlo 5. Per informazioni telefonare allo 059-222315.
I^TORINO — «Da Lutero a Martin Luther King. L’avventma spirituale del mondo protestante» q il titolo di un corso
di formazione che si tiene ogni giovedì in due sessioni, alle
16 e alle 20,45 organizzato dalla Chiesa valdese e dal Centro «A. Pascal». Nella sala valdese di via Pio V 15 la quinta lezione su «Una città posta sopra il monte: puritani e
quaccheri in America». Per informazioni tei. 011-6692838.
BERGAMO — Proseguono le attività del
Centro culturale protestante sul tema «Alcuni recenti aspetti della ricerca teologica
protestante» con la conferenza del past. Aldo Comba su «La Spiritualità protestante»:
ore 21, nella sala di via Torquato Tasso 55.
Per informazioni telefonare allo 035-238410.
MODENA — Nel quadro di un ciclo di conferenze sul tema «Natura e identità» la Fondazione San Carlo propone la
conferenza di Edoardo Greblo sul tema «Natura e questione
etica nella modernità»: ore 17,30 .presso la sede della Fondazione in via San Carlo 5. Informazioni al 059-222315.
FIRENZE — Il Centro culturale protestante «Pier Martire Vermigli» organizza una
conferenza del prof. Giorgio Spini sul tema
«Il protestantesimo di fronte alle rivoluzioni dei nostri tempi». Modera il prof. Giorgio Vola: ore 17, in via Manzoni 21.
GENOVA — Nell’ambito delle attività del
gruppo Sae di Genova su «Messianismo:
storia, speranza, salvezza», il prof. Fuad
Kalhed Allam parla sul tema «Movimenti
islamici e prospettive di salvezza nella storia e oltre»: ore 17, presso l’Aula magna del
ricco classico A. Doria. Per ulteriori informazioni tei. allo
>10-566694 (giovedì ore 16-18,30) e 010-21473.
: SEMINARIO DELLE COMUNITÀ DI BASE: «In
principio era la coscienza» è il tema del 12“ seminario nazionale delle Comunità di base che si svolgerà a Tirrenia e
T Livorno dal 8 al 10 dicembre: relazioni di Pier Giorgio
lauzi, Elisabetta Donini, e Jacques Gaillot. Per ulteriori
informazioni tèlefonare allo 081-5534140.
\ / CULTO EVANGELICO: ogni domenica
nuttina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie
dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva
realizzata dalla Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne da Raidue alle 23,30 circa e, in
replica, il lunedì della settimana seguente
alle ore 8. Replica lunedì 13 novembre:
inaugurazione della nuova biblioteca della Facoltà valdese;
'bmunicazione e dignità umana; evangelici e democrazia.
[AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve^ inviare i programmi, per lettera o fax, quindici
gwmi prima del venerdì di uscita del settimanale.
L'urgenza di riprendere il dialogo tra le chiese storiche e quelle carismatiche
L'ecumenismo non è un annacquamento
della fede biblica ma la sua rivitalizzazione
PAOLO RICCA
Su Riforma del 27 ottobre
scorso, in un articolo del
pastore e fratello Francesco
Toppi, presidente delle As
semblee di Dio in Italia, viene riportata parte di una mozione votata dalla 46“ assemblea generale delle Assem
blee di Dio, che si è svolta a
St. Louis, negli Stati Uniti,
dall’8 al 13 agosto 1995. In
questa mozione le Assemblee
di Dio precisano la loro posi
zione in materia di ecumenismo e in particolare dichiarano di non voler partecipare al
movimento ecumenico. Ne
hanno ovviamente pieno diritto. Ha anche perfettamente
ragione il pastore Toppi
quando protesta contro il giudizio sommario di chi considera le Assemblee di Dio
«prigioniere del passato» solo perché si astengono dal
partecipare al movimento
ecumenico, così come ha ragione quando rivendica per le
Assemblee di Dio il dirittodovere di «evitare ogni forma
di ecumenismo di facciata».
E proprio quello che vogliono gli ecumenisti convinti e
militanti: evitare ogni ecumenismo di facciata.
Ma il pastore Toppi sarà
d’accordo con me, immagino,
nel dire che come bisogna
evitare ogni forma di ecumenismo di facciata, così pure
bisogna evitare di considerare
ogni forma di ecumenismo un
ecumenismo di facciata. C’è,
è vero, un ecumenismo di
facciata, ma c’è anche un dialogo che non è tradimento
ma, sovente, scoperta presso
l’altro di realtà cristiane di
cui, forse, si ignorava la presenza; un incontro che non è
abiura ma condivisione di importanti contenuti di fede (anche se non di tutti, ovviamente); una comunione che non. è
confusione ma partecipazione
cordiale, fraterna, senza calcoli né doppi fini; un amore
sincero, non finto, in colui
che, comunque, è più grande
del nostro cuore e anche delle
nostre chiese e confessioni, e
dello stesso movimento ecumenico. In lui c’è più posto
che nel nostro cuore (e nelle
nostre chiese!).
Un compromesso?
C’è soprattutto un punto, in
quella mozione, che mi preme rilevare e, nella misura
del possibile, rettificare. Vi si
afferma: «Poiché l’ecumenismo richiede un compromesso sulla dottrina biblica essenziale, si delibera...» (la
sottolineatura è mia). Qui veramente è necessai)lo un chiarimento. Non so su che base
le Assemblee di Dio riunite a
St. Louis abbiano fatto un’affermazione del genere. È
un’affermazione grave perché implica che l’ecumenismo, anziché essere un atto
di fedeltà e ubbidienza alla
Scrittura (che con ogni chiarezza possibile dichiara che
la chiesa è una - come uno è
il Cristo, uno è lo Spirito,
uno è il Padre, uno è il Dio
trinitario della fede cristiana e questa unità donata deve
anche essere manifestata),
nascerebbe da «un compromesso sulla dottrina biblica
essenziale». In altri termini
(se capisco bene): praticando
l’ecumenismo si abbandonerebbe (di molto o di poco) il
terreno biblico, per cui promuovere l’ecumenismo significherebbe annacquare la
fede biblica, indebolire il rapporto dei credenti con la Bib
L’Assemblea di Canberra: l’ecumenismo è ricerca della fedeltà biblica
bia, insegnare un cristianesimo che non è più quello biblico. Insomma: secondo
questa visione delle cose, più
si diventa ecumenici, più ci si
allontana dalla Bibbia.
Sono, per parte mia, convinto del contrario. Sono cioè
convinto che l’ecumenismo
renderà il cristianesimo non
già meno ma, al contrario, più
biblico di prima. Non è un caso che il movimento ecumenico e il movimento biblico,
che insieme ad altri importanti fenomeni (come per esempio proprio l’affermazione
del movimento pentecostale)
caratterizzano il nostro secolo
dal punto di vista cristiano,
siano in larga misufa contemporanei e si siano diffusi e
sviluppati insieme.
La Bibbia nelle chiese
È vero che nelle diverse
chiese e confessioni cristiane
ci sono pareri diversi su che
cosa significa «essere biblici»i Così come è vero che
nella Chiesa cattolica e in
quelle ortodosse la Bibbia
non occupa la stessa posizione che nelle chiese evangeliche. 11 Sola Scriptura è tipico
del protestantesimo, non di
tutta la cristianità. Ma è anche vero che nel cattolicesimo e nell’ortodossia è oggi
in corso un vasto movimento
di riappropriazione biblica da
parte dei credenti che non
potrà, col tempo, non portare
frutti abbondanti e benedetti.
Si tratta certo di processi lenti, per lo più sotterranei, non
appariscenti, che però agiscono nel profondo della coscienza collettiva di una comunità. Ed è un fatto che i
due processi sono paralleli:
l’apertura all’ecumenismo va
di pari passo, in queste chiese, con un risveglio di interesse e di amore per la Parola
biblica.
Non so se il pastore Toppi
e, in generale, le Assemblee
di Dio in Italia condividano il
rimprovero mosso all’ecumenismo dalle Assemblee di
Dio di tutto il mondo riunite a
St. Louis. Sarei grato al fratello Toppi se volesse illustrare sulle colonne di questo
giornale in che senso, secondo le Adi, l’ecumenismo «richiede un compromesso sulla
dottrina biblica essenziale»,
precisando in particolare qual
è la «dottrina biblica essenziale» rispetto alla quale
l’ecumenismo sarebbe un
compromesso.
La comunione cristiana
A me pare, ad esempio, che
la cosiddetta «base» teologica
che le chiese sottoscrivono
quando entrano a far parte del
Consiglio ecumenico delle
chiese non solo non contraddice alcuna «dottrina biblica
essenziale» ma, al contrario,
è in tutto e per tutto conforme
alla Sacra Scrittura. È bene
citarla ancora una volta per
esteso: «Il Consiglio ecumenico delle chiese è una comunione [fellowship] di chiese
che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le Scritture, e perciò cercano di adempiere insieme alla loro vocazione alla gloria dell’unico Dio Padre, Figlio e Spirito Santo».
Partecipare al movimento
ecumenico significa condivideré questa «base» e muoversi nel quadro di riferimento
teologico-spirituale da essa
delineato. Stando così le cose, riesce davvero difficile capire dove sia il «compromesso» sulla «dottrina biblica essenziale» di cui l’ecumenismo viene tacciato. Che cosa
c’è di più biblico che la confessione di fede in Cristo, Signore, Salvatore e Dio, e la
comune vocazione di tutti i
cristiani a rendere gloria al
Dio trinitario, come appunto
la Bibbia ce lo ha rivelato?
Si dirà: la «base» del Consiglio ecumenico è una cosa,
la realtà del movimento ecumenico ne è un’altra. Rispondo: sì e no. Certamente il movimento ecumenico non è immune da contraddizioni e
peccati, errori e cedimenti.
Nulla è impeccabile, neppure
nella chiesa: non a caso chiediamo ogni giorno a Dio la
remissione dei nostri peccati.
Ma nella sua ispirazione di
fondo, nella volontà di chi vi
partecipa e nella speranza che
lo anima, il movimento ecumenico è fedelmente rispecchiato, oggi come ieri, nella
sua «base» innegabilmente
biblica. Possiamo allora nutrire la fiducia che un movimento che si è dato una base
così biblica non vorrà, nel
corso del suo cammino, allontanarsi dalla Bibbia ma
piuttosto avvicinarsi ad essa.
Del resto oggi non c’è nessuna chiesa, nessuna confessione o denominazione che
possa, con buona coscienza,
dirsi «biblica» al cento per
cento. Tutte le nostre fedeltà
alla Bibbia sono parziali. C’è
nella comunione fraterna
(foto Deodato)
chi è più fedele e chi meno,
ma nessuno è esente da infedeltà. E nessuna chiesa realizza pienamente in sé il cristianesimo. Tutte sono più o
meno manchevoli. Incontrandosi e integrandosi nella comunione ecumenica e sottoponendosi tutte al vaglio della parola di Dio, le chiese potranno superare le loro parzialità e manchevolezze e
trovare insieme quella «pienezza» in Cristo che il Nuovo
Testamento ripetutamente
promette ma che ciascuna
chiesa da sola non riesce a
realizzare. L’ecumenismo
mette in questione l’autosufficienza delle chiese. E que-,
sto fa bene a tutte.
Per un cristianesimo
più cristiano
La fraternità, l’amicizia, la
solidarietà, la comune appartenenza al campo evangelico
e il comune sforzo di testimonianza nel nostro paese
per un cristianesimo più cristiano, cioè più conforme alla parola di Dio: tutto questo
ci lega, noi cosiddetti protestanti «storici», con un vincolo tenace e irrinunciabile
alle Assemblee di Dio in Italia. Cionondimeno, un vero
dialogo tra noi non ha ancora
avuto luogo. Perché? Perché
non è desiderato? O non è
considerato necessario? O
perché l’ecumenismo è guardato con diffidenza anche tra
chiese evangeliche? Non
sappiamo. Riteniamo però
che un dialogo libero e fraterno, sul fondamento unico
della Sacra Scrittura e della
nostra comune appartenenza
a Cristo potrebbe essere avviato. Non finché resta una
pregiudiziale negativa su
ogni forma di dialogo e di
ecumenismo; ma abbiamo fiducia che questa pregiudiziale possa cadere o quanto meno possa essere affrontata e
discussa insieme.
C’è una promessa di comunione che le nostre chiese,
quelle dette «storiche» e
quelle dette «carismatiche»,
hanno ricevuto ma non hanno
ancora realizzato. Realizzarla
sarebbe una pagina nuova, da
scrivere insieme. Se avessimo
il coraggio di scriverla potrebbe essere una benedizione
per tutti. E comunque faremmo una bella scoperta: la scoperta di tanti fratelli e sorelle
che avevamo già ma non conoscevamo ancora.
15
venerdì 1.0 NOVEMBRE 1995
Pagina Dei Lettori
PAG. 11 RIFORMA
Posta
La storia
valdese
e gli storici
Nella lettera pubblicata sul
numero del 6 ottobre, Osvaldo Coisson accusa la Società
di studi valdesi di lasciare ormai spazio soltanto agli storici «accademici», a tutto danno degli storici «dilettanti»,
che ne costituivano la forza.
La distinzione non mi piace,
l’unica che conosco è tra gli
storici seri e quelli pasticcioni, gli uni e gli altri presenti
tra gli «accademici» come tra
i cosiddetti «dilettanti». Mi
stupisce però che Coisson,
uno dei più vecchi, attivi e
stimati soci della Società, ne
conosca cosi poco l’attività
da darne un’immagine sbagliata e ingiusta. Precisiamo:
a) la Società pubblica da
una dozzina d’anni una vivace rivista, «La beidana», diretta e scritta da giovani studiosi delle Valli, aperta a tutti
i problemi del territorio, in
cui la presenza di «accademici» è saltuaria e marginale;
b) il «Bollettino» della Società ha certamente un taglio
più tradizionale. Tuttavia nel
fascicolo 175, uscito prima
dell’estate, tra gli autori dei
sei articoli c’è un solo professore universitario, il compianto amico Enea Balmas. Il
fascicolo 176, in corso di
stampa con gli atti del convegno 1994 sui cappellani, conta tra gli autori cinque professori universitari, cinque pastori, un vescovo, tre pensionati, un bibliotecario, due
laureandi. Ai tempi di Armand Hugon gli «accademici» non erano certamente meno numerosi;
c) la collana storica della
Società ha pubblicato nel
1994 Tradizioni orali delle
valli valdesi di Marie Bonnet
e Studi sull’evangelismo italiano di Giorgio Spini; ha in
preparazione il Diario di
guerra del cappellano metodista La Scala, curato dal pastore Giulio Vicentini, e una
nuova edizione del Diziona
' I lettori sui regolamenti della Chiesa valdese .
FRANCO QIAMPiCCOU
Come tante altre volte, l’intervento
di Giorgio Peyrot sulla presidenza
del Sinodo (Riforma 39 del 20/10), con
le precise distinzioni tra Tavola e Seggio e tra President e Chairman, è una
limpida lezione di diritto ecclesiastico
sul nostro ordinamento. Condividendo
con lui l’apprezzamento di questa occasione di chiarire temi dell’ordinamento
valdese, e vorrei contribuire al dibattito
con una terza distinzione: quella che nel
membro del Sinodo riconosce la differenza tra preparazione e dono di presidenza. È vero* come osserva Peyrot,
che ogni membro del Sinodo deve prepararsi a questo ministero (e che troppo
poco si fa nelle chiese locali per fornire
la necessaria preparazione ai deputati),
ma non ogni membro del Sinodo, ancorché preparato, è adatto a presiedere.
Anche. nelTorganizzazione pratica della
vita della chiesa deve infatti riflettersi
la nostra concezione ecclesiologica che
alla radice della varietà dei ministeri
vede la varietà dei doni. Tra questi doni, che sono «differenti» e distribuiti
nella chiesa, esistono in particolare i
«doni di governo» (I Cor. 12, 28) e il
dono di chi «presiede» (Rom. 12, 8).
A questa distinzione si sono richiamati implicitamente alcuni pastori che,
a partire dagli anni ’60, hanno accettato
di presiedere il culto di apertura del Sinodo ma non il Sinodo stesso. Fino ad
allora vigeva infatti la prassi che il
«predicatore d’ufficio» designato dal
Sinodo precedente veniva incaricato
della presidenza dal Sinodo che ne aveva ricevuto la predicazione iniziale. Si
aprì così la strada ad una scelta più ampia del presidente dei Sinodo che ben
presto incluse la possibilità, fino ad allora preclusa dalla prassi anzidetta, di
chiamare a questo ministero dei deputati - a cominciare da Mario Alberto Rollier 1965 e Giorgio Peyrot 1966 - e non
solo dei pastori.
Questa maggiore ampiezza di scelta
peraltro è stata solo in parte guidata da
una ricerca dei doni di presidenza da valorizzare nell’ambito del Sinodo per
l’utile comune. Spesso su quésta esigenza si è sovrapposta quella della varietà o
della turnazione che risulta piuttosto ,
estranea al dato fondamentale neotestamentario della varietà dei doni e <tel collegamento fra ministero e dono.
Qualche passo nella direzione della
ricerca dei doni è stato comunque compiuto negli ultimi 30 anni. Ne testimonia il fàtto che il Sinodo più volte ha
chiamato le stesse persone a ripetere
una o due volte il servizio prestato come presidenti (Giorgio Peyrot ’66, ’73,
’79; Alberto Taccia ’67, ’76, ’91; Aldo
Comba ’68, ’87, ’89; Aldo Sbaffi ’70 e
’82 (e prima nel ’59); Bruno Corsani,
’71 e ’74; Neri Giampiccoli ’73 e ’83;
Piero Trotta ’88 e ’95).
L'incarico di presidenza reiterato ad
una stessa persoqS nell’anno immediatamente succei^ivo (che se non ha precedenti per la presidenza ne ha per la
vieepresidenza: Gustavo Ribet ’69 e
’70; Fulvio Rocco ’82 e *83) può perciò
apparire una «gaffe» in base ad un principio di turnazimié, mt non in base al
principio della ricerca dei doni di presidenza in cui il Sinodo ha già mostrato
di volersi impegnare. ’ A ’ /
Certo l’istituto della designazione un
anno per l’altro presenta caratteri di
stranezza, come hanno osservato Gino
Lusso e Giorgio Peyrot. Tattavia va anche messo in luce almeno il vantaggio
che esso garantisce. Nell’individuazione dei doni il Sinodo jpùò infatti «prenotare» in questo modo una persona che non sia pastore, la etti; partecipazione al Sinodo dell’anno sticces:
sivo altrimenti non è sicura, a differen- !
za di quanto avviene per i pastori, pre^
senti ogni anno. L’eliminazióne
delFart. 11 C/RZ/82, come propone
Giorgio Peyrot, restringerebbe quindi
l’individuazione di doni di prescienza
per ciò che concerne i laici, sbilanciando di nuovo la presidenza del Sinodo
sul versante pastorale.
Se si tro\ ussero altre soluzioni meno
strane per favorire la ricerca e la valorizzazione dei doni di presidenza per il
Sinodo ne sarei contento ma in mancanza. mito sommato, ritengo che il vantaggio indicato valga a farci sopportare
qualche stranezza.
rio del dialetto valdese della
vai Germanasca di Tepfilo
Pons. Dovremmo chiedere
scusa se tra questi quattro volumi uno è di un accademico
illustre come Spini?
d) la biblioteca e l’archivio
della Società sono aperti al
pubblico come non era possibile nei tempi passati, grazie
alla collaborazione con il Centro culturale, e frequentati soprattutto da giovani laureandi
e anziani «dilettanti», come
dovrebbe sapere Coisson;
e) il Centro culturale ha organizzato e organizza con
l’apporto della Società una
serie di corsi di storia valdese
rivolti alla gente delle Valli,
con un buon successo;
f) sui sette membri del Seggio della Società due sono
professori universitari, il sot
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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DIRETTORE: Giorgio Gardioi
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanueie Paschetto
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Luciano
Cirica, Alberto Coreani, Avemino Di Croce, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo,
Maurizio Girolamì, Anna Maffei, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca
Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Pe'yronel, Gian Paolo Ricco, Giancarlo
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
del 1° gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Il numero 41 del 3 novembre 1995 è stalo consegnato per l'inoltro postale all’Ufficio CMP
Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino giovedì 2 novembre 1995.
toscritto e G. P. Romagnani.
Nel 1990, quando fui «incastrato» come presidente, una
parte dei soci diceva che la
Società avrebbe tratto prestigio dall’avere come presidente un professore dell’Università di Torino; io non ero
d’accordo, perché presidenti
prestigiosi sono stati Augusto
Armand Hugon e Giorgio
Tourn, entrambi assai più
qualificati di me come studiosi di storia valdese. Tuttavia
non immaginavo Che la mia
qualifica di «accademico»
potesse diventare una colpa
mia e della Società.
Mi chiedo cosa potrebbe
fare di più la Società per promuovere la ricerca e la divulgazione della storia valdese
con le forze di cui dispone.
Tuttavia i problemi ci sono, e
gravi, malgrado tutti gli sforzi
nostri e di molti altri amici
impegnati. È vero che i vaidesi, come chiesa e come popolo, stanno rischiando di
perdere la memoria storica e
vocazionale del loro passato.
Non sono soltanto le nuove
generazioni a interessarsi poco della storia del nostro passato, anche tra i pastori e tra i
professori del Collegio (che
una volta erano le colonne
della Società) gli studiosi di
storia valdese si contano sulle
dita di una mano. Una situazione troppo seria per poterla
ridurre a una contrapposizione tra storici «accademici» e
«dilettanti», che ignora la
realtà e il nostro difficile lavoro. Davvero basterebbero
le mie dimissioni pel rilancia
re l’interesse delle Valli per
la ricerca storica?
Saremmo contenti almeno
in due, Osvaldo Coisson e io.
Giorgio Rochat
presidente Società di studi
valdesi. Torre Pellice
La scuola
domenicale
per i figli
Il prossimo anno mio figlio
frequenterà la scuola domenicale a Pinerolo, scelta scaturita da una lunga riflessione e
tutt’altro che scontata, e in
questi tempi di superficialità
mi sono chiesto quanto, nella
nostra comunità, riflettere e
discutere in funzione di una
scelta continui ad essere una
buona abitudine. La scuola
domenicale ha un compito
preciso: educare ad una mentalità cristiana protestante
evitando l’insegnamento «nozionistico» e «dogmatico»,
facendo assorbire il fondamentale concetto della libertà
cristiana: questo compito non
è dei più semplici, significa
affrontare «l’insegnamento»
con grande serietà e cosciem
za e proprio in tal senso va il
lavoro di coloro che prestano
la propria opera come monitori. Ma esiste la stessa coscienza e serietà di scelta da
parte dei genitori che affidano i propri figli alla scuola
domenicale? Spero di sì. La
mia domanda è semplice: le
coppie che hanno deciso di
portare il proprio figlio o la
propria figlia al tempio la domenica mattina lo fanno per
scelta meditata o per comodità? Il mio vuole essere un
invito a meditare e un’incoraggiamento al confronto in
famiglia; la mia opinione è
che conviene, all’interno di
una coppia, discutere (anche
animatamente) un problema
piuttosto che far finta di nulla
e cadere in scelte opportune:
lo affermo come genitore e
come esperto di metodologia
creativa e didattica.
Vorrei che queste mie poche parole fossero un richiamo a quella coscienza democratica che sempre ha sostenuto i valdesi, perché discutere una scelta che coinvolge se
stessi e i propri figli significa
agire democraticamente.
La scuola domenicale, nel
momento in cui la si sceglie,
deve essere frequentata il più
possibile dai bambini, nel rispetto delle esigenze familiari, perché le attività e gli impegni che vengono da loro
presi all’interno della scuola,
sono, seri quanto quelli ufficialmente riconosciuti come
obblighi scolastici. La mia
speranza è che Alessandro,
mio figlio, possa crescere in
una comunità che continui a
fare della propria storia e
della propria teologia una
scelta etica e sociale oltre
che religiosa.
Guido Castiglia - Pinerolo
ILI Cenacolo
Pubblicazione bimestrale di meditazioni quotidiane per il culto individuale e
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I metodisti
a Palermo
Egregio direttore,
una telefonata con un’amica di Milano mi ha messo il
dito sulla piaga, invitandomi
a leggere la predica di Pietro
Valdo Panasela sul n. 39 di
Riforma (20 ottobre). In riferimento all’esperienza di Palermo-Noce vorrei fare alcune precisazioni. D’accordo
che le nostre chiese in genere
sono fredde e tiepide, però
faccio rilevare per l’esattezza:
1) L’ingresso dei metodisti
«nell’ingresso»'del Centro
diaconale era stato motivato
da un’esigenza logistica: a
quei tempi la comunità valdese della Noce non era nemmeno in gestazione.
2) Il fatto che «non si rimedia» alla tiepidezza alzando il
tono della voce o battendo
più forte i tamburi mi pare
che non c’entri con l’effettiva
libertà data anche al gruppo
africano di esprimere la loro
spiritualità con i loro canti,
battimani, strumenti vari come i tamburi e altri, che risultano rumorosi all’udito delle
persone anziane.
3) Qui alla Noce nessuno si
sogna di rimediare alla mancaflte spiritualità e in quanto a
compattezza la componente
metodista, nonostante i vari
alti e bassi, mi sembra sia rimasta abbastanza unita e
d’accordo, e poi lo Spirito
Santo soffia dove vuole, e se
le chiese pentecostali e i Testimoni di Geova sono più
numerosi che cosa importa?
Anzi, dobbiamo essere riconoscenti ai nostri fratelli e
sorelle africani per l’apporto
che danno. In agosto ho assistito ai culti in inglese gestiti
completamente da loro e mi
sono sentita pienamente loro
sorella in fede e ricaricata
spiritualmente.
Edi Schmidt - Palermo
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
«lo alzo gli occhi ai monti,
donde mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto viene dall'Eterno
che ha fatto i cieli e ia terra»
Salmo 121,1-2
La figlia e i familiari del caro
Paolo Ricca
riconoscenti, ringraziano quanti
con presenza, scritti e parole di
conforto hanno partecipato ai ioro
dolore.
Rivolgono un particoiare ringraziamento ai direttore e a tutto ii
personale deH'Asilo valdese di
Luserna Sap Giovanni, ai signori
Giara Riccaj Jeanne Bertalot, Remo Long, Eiiana Morel, Berthe
Gönnet, René Ricca e al pastore
Claudio Pasquet.
Luserna San Giovanni
31 ottobre 1995
RINGRAZiAMENTO
«...a motivo deiia grazia,
che mi è stata fatta da Dio,
di essere un ministro
di Cristo Gesù, esercitando
il sacro servizio
deil'Evangelo di Dio»
Romani 15,15-16
Fla conciuso serenamente il
suo tempo terreno
Paolo ^nflllppo
pastore battista emerito
Lo annuncia ia famiglia ringraziando, per l'affetto e la solidarietà
dimostrata, la chiesa di Chiavari e
tutti coloro che le sono stati vicino
nelia triste circostanza.
Chiavari, 1® novembre 1995
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16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
venerdì io novembre 1995
11?
Il prossimo 2.1 dicembre le truppe israeliane lasceranno la città in cui nacque Gesù
Il presidente palestinese Arafat si impegna
a tutelare i diritti dei cristiani di Betlemme
n 16 ottobre scorso l’autorità nazionale palestinese, i
cui dirigenti sono in maggioranza musulmani, ha dato, assicurazione che i diritti dei
cristiani di Betlemme sarebbero rispettati dopo il ritiro
delle truppe israeliane nel
prossimo dicembre. Alcuni
cristiani temono che il ridispiegamento delle forze di occupazione israeliane, previsto
per la settimana prima di Natale, provochi una certa confusione e conflitti nel momento in cui migliaia di pellegrini
cristiani giungeranno a Betlemme. D’altra parte è probabile che, con le prossime elezioni, i musulmani otterranno
alcune posizioni importanti a
livello locale e nazionale, per
cui la prospettiva di diventare
cittadini di serie B, senza alcuna garanzia circa i loro diritti religiosi, suscita preoccupazioni fra i cristiani.
Yasser Arafat ha annunciato che le prime elezioni palestinesi avranno luogo entro il
22 gennaio 1996. Ma Ibrahim
Kandalaft, incaricato degli affari cristiani nel governo
provvisorio di Arafat, ha riferito che il presidente Arafat è
convinto che la polizia palestinese sarebbe pronta ad aiutare le folle di pellegrini attese a Betlemme meno di tre
giorni dopo il ritiro delle
truppe israeliane, il 21 dicembre. Su richiesta del presidente Arafat, i responsabili israeliani hanno accettato infatti di
anticipare la data del ritiro dal
Betlemme; la Chiesa della Natività
24 al 21 dicembre. Secondo
Kandalaft «il presidente, che
ha un grande rispetto per i responsabili cristiani di Gerusalemme, li ha invitati nella sede» dell’autorità nazionale
palestinese.
Kandalaft ha inoltre -precisato che l’autorità palestinese
avrebbe mantenuto la legislazione di «statu quo» che risale agli anni 1852-53 e che è
stata applicata dai governi ottomani, britannici, giordani e
israeliani. Questa legislazione
definisce i diritti di accesso e
di utilizzo dei' luoghi santi
concessi ai cristiani a Betlemme, a Gerusalemme e sul
monte degli Ulivi.
La legislazione, stabilita in
un primo tempo dai turchi ot
tomani, definisce gli spazi
che po.ssono utilizzare i cristiani greco ortodossi, cattolici, e ortodossi armeni per i loro servizi nella basilica della
Natività: precisa perfino il
protocollo di arrivo dei patriarchi a Betlemme per la celebrazione del Natale e definisce inoltre l’utilizzo della
chiesa del Santo Sepolcro e
della chiesa dell’Ascensione.
Ibrahim Kandalaft, che è
un laico greco ortodosso, fu
più volte delegato ad Assemblee del Consiglio delle chiese del Medio Oriente (Gemo).
Lo scorso anno è stato nominato da Yasser Arafat a capo
deU’Ufficio per gli affari cristiani. Di recente, Kandalaft
ha presentato la sua proposta
riguardante il futuro di Gerusalemme. Il suo piano prevede una città unificata, aperta
a tutti, che sia allo stesso
tempo capitale di Israele e,
della Palestina. In quanto giurista, egli ha seguito da vicino tutte le proposte delle Nazioni Unite riguardanti la
città santa e afferma che non
ci sono ostacoli giuridici
all’applicazione del suo progetto. Questa proposta propone il disarmo all’interno della
città ed è già stata ampiamente dibattuta nella stampa locale: il progetto prevede di
installare il Parlamento e gli
uffici amministrativi palestinesi a Gerusalemme Est, che
in passato faceva parte della
Giordania. (eni)
Dopo gli accordi di pace dell'ottobre '92
Guatemala: continua
la repressione
Il massacro perpetrato il 5
ottobre scorso contro rifugiati
guatemaltechi recentemente
rimpatriati dal Messico ha suscitato forti preoccupazioni
negli ambienti ecclesiastici.
Lo ha riferito all’agenzia ecumenica Eni il pastore Dan
Long, che rappresenta in Guatemala quattro organismi di
chiesa: il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), la Federazione luterana mondiale
(Firn), il Consiglio delle chiese dell’America Latina (Clai)
e il Consiglio nazionale delle
chiese del Cristo degli Stati
Uniti. Undici rifugiati della
comunità di Xaman, nella
provincia di Alta Verapaz, nel
nord del paese, sono stati uccisi e 30 sono stati feriti. A
partire dal 1993, circa 16.000
profughi sono tornati dai campi del Messico dove si erano
rifugiati per sfuggire alla violenta repressione lanciata negli anni 80 dal governo guatemalteco contro i ribelli.
11 pastore Dan Long, accompagnato da un rappresentante della Conferenza episcopale del Guatemala, si è
recato il giorno dopo sui luoghi del massacro per incontrare i sopravvissuti e i parenti delle vittime. Hanno anche
sentito, la testimonianza di
uno dei soldati che hanno
partecipato alla sparatoria.
Secondo i militar^, sono stati i
rifugiati a provocarli e ad
aprire il fuoco. I sopravvissuti
hanno dichiarato invece che i
soldati avevano aperto il fuo
co quando sono stati circondati da oltre 200 persone disarmate del luogo, irritate
dalla loro presenza nel villaggio. Secondo un’inchiesta
preliminare effettuata dalla
missione di osservazione dei
diritti umani dell’Onu in
Guatemala, i soldati hanno
«gravemente violato i diritti
umani aprendo il fuoco intenzionalmente» sui contadini,
donne e bambini compresi. Il
rapporto dell’Onu accusa un
soldato di avere deliberatamente sparato su un bambino
di 8 anni, Santiago Pop.
Il 12 ottobre, il pastore Dan
Long, insieme ad altri membri del «Gruppo internazionale di accompagnamento per il
rimpatrio dei rifugiati», ha
incontrato il presidente guatemalteco, Ramiro de Leon
Carpio. Anche se permangono preoccupazioni per la sicurezza dei profughi rimpatriati, Dan Long spera che
non sarà necessario interrompere i rimpatri. Da parte sua,
il segretario generale della
Federazione luterana mondiale (Firn), Ishmael Noko,
ha scritto al presidente guatemalteco per chiedergli di garantire che i responsabili del
massacro saranno processati.
Nel 1990, la Firn aveva patrocinato i colloqui svoltisi in
Norvegia che avevano portato agli accordi di pace dell’ottobre 1992 tra il governo
guatemalteco e l’Unione rivoluzionaria nazionale del
Guatemala (Umg).
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