1
ECO
DELLE VALLI VALDESI
Fast. TACCIA Alberto
10060 ANGROGNA
■iJ’r A'
Sellimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Nrm 1
Una copia Lire GO
/ABBONAMENTI
f Eco: L. 2.500 per l’interno
Í L. 3.500 per l’estero
Spedizi.ine in abbonamento postale . I Gruppo bis
Cambio di indirizzo Lire 50
TORRE PELLICE - 3 Gennaio 1969
Animiu.- Claudiana Torre Pellice . C.CJP. 2-17557
LA GLORIA DI DIO E QUELLA DELL'UOMO
Martin Borman, predicatore laico
La gara spaziale pone problemi aila nostra coscienza: la ricerca scientifica deve essere libera, ma
per i credenti ha il suo senso nella glorificazione di Dio e il suo orientamento nel servizio deH’uomo
Che pensare, in una prospettiva
cristiana, dell’impresa circumlunare?
Pensieri, sentimenti di animi divisi.
E’ chiaro, mi pare, che non è possibile non vedere in questo « volo », e
in tutta la ricerca della quale è il frutto, null’altro se non la versione odierna del tentativo babelico. Quando il
Signore Jahveh ha creato l’uomo e
gli ha dato la capacità, anzi l’ordine
di assoggettare la terra, ha posto in
lui quella sete inestinguibile di conoscenza e di dominio sull’intera creazione, che sir Bernard Lovell, il direttore del grande osservatorio astronomico di Jodrell Bank, ha così espresso : « Non è il caso di cercare ragioni
isolate che giustifichino le spese e i
rischi dell’impresa: il suo significato
è che l’uomo ancora vuole e può lottare ai limiti del possibile ».
Non dobbiamo, insomma, leggere il
mito biblico della torre di Babele alla luce del mito ellenico di Prometeo,
che strappa agli dèi gelosi il fuoco,
per beneficarne gli uomini. Fra questi due miti vi è la stessa distanza,
abissale, che vi è fra l’Iddio santo
della Bibbia — che è Dio, non un
uomo, eppure ama gli uomini — e
gli dèi della mitologia pagana, gelosi
della loro fallace divinità (proiezione
dei «valori» dell’uomo) minacciata
dall’invadenza umana. Il no di Jahveh
alla torre di Babele non è la negazione e neppure la limitazione dell’industriosità e dell’inventiva dell’uomo,
bensì: il giudizio, collettivo questa volta, sulla ripetizione collettiva, sociale
della colpa individuale dei progenitori vòleT' -essere come ; pio,' di/?- a -rie
stessi, autonomi. NTon dunque la torre, ma l’intento con cui è costruita —
era una ziggurat, una torre-tempio
con al vertice la presenza dell’incarnazione della divinità, centro sacralizzante della città? — è giudicata come peccato e come empietà, e annientato.
Sicuramente, non si può quindi individuare a priori in queste imprese
spaziali a catena sempre più ravvicinata e a raggio sempre più ampio, delle manifestazioni in sè babeliche. Persino l’osservazione di quel cosmonauta
sovietico che, descrivendo le sue impressioni spaziali, notava che nei cieli « Dio non si vedeva », non giunge a
essere una vera bestemmia ma fa piuttosto pensare a quello che Jahveh dice
al profeta Giona a proposito degli abitanti di Ninive — la grande città, la
grande potenza — i quali al suo sguardo misericordioso appaiono come « esseri viventi che non sanno distinguere
la loro destra dalla sinistra », ciechi
alla realtà ultima.
Con gratitudine fraterna tanto maggiore abbiamo però ricevuto la sobria
testimonianza del comandante Borman, il quale nel pieno della sua impresa vertiginosa ha letto il principio
della Genesi e ha brevemente pregato,
questo predicatore laico della Chiesa
episcopale, in comunione con la sua
comunità e con la chiesa universale,
annunciando a milioni e milioni di radioascoltatori e di telespettatori che
non a noi uomini, ma a Dio soltanto
spetta la gloria. Qualcuno vedrà forse in questo gesto, pur non discutendone la personale buona fede, una semplice « copertura religiosa » di un’impresa più che discutibile, inserita in
un determinato tessuto di rapporti sociali; eppure, senza chiudere gli occhi
alla realtà, siamo stati profondamente
sensibili a questo annuncio, dato con
semplicità e con forza, al cospetto delle nazioni: l’annuncio della gloria di
Dio; e siamo*andati a rileggere il salmo 8, questo canto quasi shoccante alla gloria dell’uomo, cantato in modo
tale, però, che tutta questa gloria non
è altro che un fascio di luce che si
concentra su Jahveh, il nostro Dio, il
cui Nome è cosi, magnifico in tutta la
terta. Poiché ciò che siamo è opera
sua, è Lui che ci ha fatti, e le immensità degli spazi come Tintelligenza, la
volontà, il coraggio dell’uomo raccontano — a chi ha orecchie da udire —
la gloria di Dio e annunciano l’opera
delle sue mani.
* *
Ma possiamo limitare a questo la nostra riflessione di credenti? L’impresa
di Borman, Lovell e Anders non è
l’exploit isolato di tre uomini e neppure di un gruppo ristretto di scienziati
e di ardimentosi della mente e dell’azione; è una tappa — sensazionale
— su di un cammino nel quale le maggiori nazioni sono interamente impe
gnate, ad opera dei regimi che le reggono. Non è possibile fare astrazione
da questa situazione e dimenticare che
la gara spaziale di questo dopoguerra
è quello che è.
Certo, la ricerca scientifica, questo
aspetto essenziale della sete di conoscenza costitutiva dell’uomo, dev’essere libera e neppure in una prospettiva
cristiana, anzi appunto in essa non
può essere imbrigliata e clericalizzata.
Ma proprio per questo occorre vigilare contro il rischio (e non è assai
più che un rischio?) che essa sia imbrigliata e ri-clericalizzata da qualche
ideologia, occidentale o orientale, debitamente e onorevolmente mascherata ma che in ultima analisi è ricerca
senza riserve di prestigio, di predominio, di potere. Nel gorgo tecnocratico
nel quale siamo coinvolti a velocità
sempre più vertiginose, ci sarà ancora
qualcuno, domani, che avvertirà almeno l’inquietudine, la lacerazione che
tanti fisici atomici hanno vissuto di
fronte al precipitare della sconvolgente scoperta della fissione dell’atomo?
L’uomo non si ferma alla lettura del
primo capitolo della Genesi, a ripetere
il salmo 8; e anche noi cristiani siamo così presto presi, volenti o nolenti, nell’ingranaggio della colpa, dell’orgoglio, dell’egoismo che è sempre riuscito a volgere al male le più grandi
scoperte e che cos'i spesso ha scelto
la via della morte anziché quella della vita.
È per questo che, accanto all’adorazione della gloria di Dio, alla gioia
ricoposeente per , Fintejfigenza e per
Il ctìràggió di cùi ruohio sa dar prova e che ha ricevuto dal suo Signore,
abbiamo in cuore pure una profonda
inquietudine per ciò che l’uomo della
nostra generazione e di quelle avvenire farà di quanto va via via scopren
do e raggiungendo; Solo ciò che Dìo
crea è « buono », fUtto ciò che noi
facciamo è ambiguo,),a dir poco, e racchiude in sè la terribile potenzialità
del male. La vera vertigine, forse, non
viene affacciandociall’immensità degli spazi, ma guardando in noi stessi :
poiché il nostro cuore, l’intimo nostro dal quale vengono determinati gli
aspetti della vita personale e associata, non è « puro », è naturalmente incapace di amare Dio,senza limiti e il
prossimo come se stesso. Sappiamo
dunque benissimo che dietro il semplice, limpido canto di lode alla gloria di Dio, che una voce umana ha
unito al muto e grandioso linguaggio
degli spazi, è in agguato — come al
mattino del mondo — l’Avversario
pronto a premere sulle leve segrete e
terribili che l’apostolo Giovanni chiamava « la concupiscenza della carne
e la superbia della vita». Oggi come
allora, finché non sarà definitivamente annientato.
Anche la ricerci spaziale, come
ogni manifestazione attuale della vita
umana, è stata e rimane concepita
nel peccato. Non per quésto bisogna
reprimere la vita, il Signore Jahveh
non la reprime ! Ma la sua parola ce
la rispecchia per quello che è: bisognosa della redenzione che solo il nuovo Adamo, il Cristo, d può dare, dandoci la sua vita. s
C’è, infine, un altra^aspetto da considerare, un’altra rk-e^ da avanzare.
La espone qui accan "'%x>berto Peyrot,
è n^l cuore di^n-.r.’p,v^pr:nla deHa luna,
ruónio! l’uomo chi Soffre, chè na fame, ché è ridotto, quando ce la fa, a
vegetare.
Qualcuno ha scritto che imbrigliare
la passione della conoscenza e della
ricerca, per ottenere invece il benesse
re e la felicità è « l’ideale dei porci ».
Possiamo comprendere questa dura
parola in bocca ad Einstein, un uomo
che ha conosciuto l’aspra ascesi della
scienza e che protesta contro la piatta
ricerca del benessere piccolo-borghese
cui la massa si abbandona. Non vediamo però come sia possibile applicarla
— com’è stato fatto — a chi si chiede
se sia umanamente giusto impiegare in
proporzioni davvero cosi astronomiche
tempo, energie, capacità, intelligenza,
volontà, capitali per ciò che non è
pane, mentre a milioni e milioni dì uomini manca per tutta la vita (breve,
per lo più) il pane, con tutto ciò che
questo implica di condizione subumana. Se Israele riesce a fare rifiorire il
pietroso e sabbioso Neghev, quante e
quante zone del nostro globo potrebbero essere disboscate, dissodate, irrigate, fecondate e dare pane — non cenere di crosta lunare, ma pane che sostenta i vivi. Quanti campi potrebbero
essere strappati alla giungla e al deserto. In quante regioni potrebbero
essere ripetuti e intensificati progetti
grandiosi come quello deH’imbrigliamento del Mekong, che potrà mutare
il volto di un ampio sentore della penisola indocinese. E quali inesauribili
riserve di pesce, non sfruttate, racchiudono i mari e gli oceani: l’UNESCO
afferma che coprirebbero il fabbisogno
attuale delTalimentazione umana sul
globo... Una gara di questo genere sarebbe forse meno grandiosa, meno esaltante di quella spaziale?
È evideiìtè che fra la gara spaziale
^^e quella contro la fame e il so.ttps\dìupè rànaiiabéiìiffiro' Vi è
una scelta di fondo. Non vogliamo
fare i piagnoni, ma ci pare che si sia
scelto e si stia scegliendo male.
Gino Conte
iiiiimiimiiMiiiiiiiimiirii
Veglia e digiunn alla Chii
a Battista di Huma-Garbatella
UN NATALE DIVERSO
L’iniziativa di trascorrere in un
modo diverso i] Natale è sorta dalla constatazione che, anche ad una
predicazione contestativa, non seguiva una prassi conseguente capace di
introdurre motivi attivi nelle usanze mortificate dairabitudine e dal
senso comune.
Si è cercato quindi di rompere
questo cerchio di usi e costumi che
stringe l’uomo in modo tale da fargli diventare principale ciò che è
del tutto secondario come per il Natale, in cui la gioia della festa consiste nel cenone del 24 o nel ’pranzo’ del 2.5, o nel trascorrere la notte
raccolti in gruppi familiari intorno
ad un tavolo a giocare. Quindi dopo
perplessità e lunghi dibattiti, nella
comunità di Roma-Garhatella, si è
venuti nella determinazione di opporre a questo, una veglia ed un digiuno, proprio per far risaltare che
la gioia del Natale è unicamente nel
fatto meraviglioso che un determinalo giorno di duemila anni fa « la
Varóla è stata fatta carne ». Con
la veglia ed il digiuno si è voluto
anche protestare verso l’uso che si
la, nella società dei consumi, del
Natale per cui il ricordo della nascita del nostro Salvatore è diventato solo un pretesto per incrementare le vendite e lo smercio di prodotti superflui e fini solo a se stessi.
Durante le domeniche di dicembre che hanno preceduto il Natale
si è provveduto a distribuire nel
quartiere, in cui si trova la nostra
Chiesa, manifestini che cercavano
di far fermare la gente a riflettere
sul vero significato del Natale, cioè
che Natale non lo si celebra o festeggia, ma che lo si ascolta e a Natale ci si ravvede.
La vigilia del 25 alle ore 13 il nostro locale di culto è stato aperto e
con un cartello abbiamo specificato
che intendevamo celebrare il Natale
restando raccolti in esso in veglia e
in digiuno 24 ore. Con altri manifesti abbiamo spiegato le ragioni per
cui eravamo arrivati a detta deter
A In varie chiese evangeliche il
tempo natalizio è stato vissuto
quest'anno in modo un po' diverso : a Bologna una cinquantina di
cristiani, evangelici e cattolici,
hanno diffuso un volantino, le domeniche 15 e 22 dicembre, avviando discussioni con i passanti ;
a Parma sono stati affìssi centinaia
di manifesti sul « vero senso del
Natale » ; nella comunità battista
fiorentina si è avuta una veglia
di digiuno e riflessione simile a
quella della Garbatella a Roma.
Nelle pagine interne si dà notizia
di un Natale 'diverso' pure nelle
nostre comunità di Firenze e di
Pomaretto.
minazione. Dalle ore 16 alle 20 una
parte di noi si è portata davanti ad
un grande magazzino della zona e
con cartelloni e distribuendo manifestini (circa 8.000) abbiamo tentato, e in molti casi il tentativo è riuscito, di fermare la gente a discutere sul vero significato del Natale.
Dalle 20 in poi abbiamo discusso
insieme a fratelli e sorelle di altre
comunità evangeliche e come si legge in una dichiarazione redatta alla
fine della nostra veglia « ...l’assemblea ha ringraziato il Signore, per
averle dato l’opportunità di ascoltare insieme il Natale e di aver riscoperto il profondo significato della « parola fatta carne » liberati da
tutte le tradizioni che fino ad ora
ne avevano in parte e inconsapevolmente travisato il significato. Esaminando insieme la Parola, la comunità ha visto nell’impoverimento di Dio fino a farsi uomo, l’unica
predicazione valida per il Natale ».
Nella discussione si è messo anche
in risalto che la predicazione è una
testimonianza cosi come la testimonianza stessa è una predicazione;
quindi anche questa contestazione
al Natale come viene sentito e celebrato oggi è Stata una predicazione.
La comunità ha preso coscienza
che è necessario prendere delle decisioni precise in determinate situazioni sociali in coerenza con il messaggio evangelico che viene annunziato.
Concretamente si è stabilito di interpellare il Consiglio dei pastori di
Roma sulla prossima settimana di
preghiera per l’unità dei Cristiani,
iniziativa che è sembrata ambigua e
bisognosa di chiarimenti, richiedendo un’assemblea generale delle comunità di Roma.
Altro problema che la comunità
ha ritenuto contingente è la situazione dei terremotati in Sicilia a un
anno dal terremoto, per cui ha deciso di mettersi in contatto con le
comunità evangeliche siciliane per
coordinare un’ulteriore azione comune di solidarietà.
L’assemblea riunita in questa veglia ritiene che questa non sia che
il primo passo verso una nuova presa di coscienza sulla nostra missione oggi. ClORGIO ClAMMETTI
Alla conqiista
della tana
Mentre scriviamo queste righe,
da alcune ore gli astronauti americani hanno felicemente toccato
terra, o, per meglio dire, acqua,
nell'oceano Pacifico, dopo aver
circumnavigato la luna e ci rallegriamo che siano rientrati sani e
salvi. L’impresa infatti comportava alcuni rischi, fra cui quello che
l’Apollo Vili si trasformasse a
sua volta in un satellite artificiale
della luna, o che, al suo rientro
nell’atmosfera terrestre, si disintegrasse. Pare persino che i tre
esploratori cosmici fossero provvisti di veleno per togliersi la vita
(la cosa però è stata smentita da
un tecnico di capo Kennedy) se le
cose non fossero andate per il giusto verso.
Ciò premesso, dobbiamo dire
che non ci sentiamo proprio di
condividere l’entusiasmo e le ot
di Roberto Peyrot
timistiche previsioni che si sono
manifestati e sollevati da ogni parte del mondo, Russia compresa,
perché quest’impresa — e tutte le
altre imprese del genere — ci lasciano profondaimente perplessi e
scoraggiati nei riguardi delTincpr
- geiieje e quel
la, in particolare, di coloro che
governano il mondo.
Ma che nobiltà e necessità rivestono queste corse americane e
russe verso la luna oggi e verso altri corpi celesti domani, corse in
cui gli stessi scopi scientifici cedono il posto a questioni di prestigio e di « imperialismo spaziale »?
I giornali parlano ora con naturalezza di « colonizzazione della luna » e pare non ricordino che ancor oggi vari popoli del mondo
scontano amaramente, e con milioni di vite umane certi brillanti
risultati di « colonizzazione terrestre »!
Con questo, non vogliamo cadere nella facile (e retorica) critica
di chi vede, in queste gare spaziali, gli uomini che vogliono innalzarsi verso l’infinito ed esplorare
mondi che non competono loro,
ma semplicemente constatiamo
che non è lecito spendere cifre incredibili in imprese del genere (da
parte americana il solo propramma lunare è fin’ora costato 15 mila miliardi di lire circa) quando i
due terzi dell’umanità patiscono
la fame e la miseria. La nostra
coscienza di credenti è veramente
turbata da questa folle corsa allo
spazio, come lo è da quella agli
armamenti e dal sempre più massiccio consolidarsi ed « intrecciarsi » dei blocchi.
Il divario fra popoli ricchi ed
egoisti, tesi solo a rafforzare sempre di più il loro prestigio ed il
dominio sulla maggior parte possibile del mondo (ed ora, dello
spazio) e le centinaia di milioni di
poveri e di affamati che diventano
giorno per giorno più poveri, più
affamati, appare sempre più stridente, immorale ed insultante, ta
(continua a pag. 8)
ir Leggere a pag. 8 la « lettera aperta » che un gruppo di operai vaidesi delle Valli, dopo aver partecipato al culto natalizio, ha scritto ai pastori.
2
pag. 2
N. 1 — 3 gennaio 1969
DOPO SETTE ANNI DI SERVIZIO CRISTIANO A RIESI
TULLW VINAY CERCA Di FARE IL PUNTO
Senza l'appello al ravvedimento personale
la nostra azione per il mondo gira a vuoto
Dobbiamo imparare a vivere il realismo battesimale del morire e risorgere con Cristo
Son passati sette anni da quando abbiamo cominciato il nostro lavoro a
Riesi. Le vicende sono state molto
varie.
Nel primo anno molti contatti con i
« carusi » per scoprirne il carattere ed
indagare su quanto d'essi rimane negli adulti, visite alla città, alcune inchieste, rilievo dei principali problemi
locali. E’ stato un anno molto vivo perché l’entusiasmo per il futuro lavoro
non era ancora intaccato da quelle
delusioni e amarezze che fanno vecchio l’uomo.
Il secondo anno è stato contrassegnato dall’inizio delle costruzioni (ambulatorio, asilo e scuola di meccanica)
e dalla lunga e difficile lotta contro il
censo deH’enfiteusi, lotta che ha proseguito nel terzo anno e che si è conclusa con una sconfitta sul terreno
giuridico e con una vittoria "provvisoria" sul terreno parlamentare. Vittoria provvisoria perché la nuova legge
è ora sotto il giudizio della Corte Costituzionale e non ne è prevedibile la
sentenza. Nello stesso anno la realizzazione del Centro Agricolo.
Nel quarto anno, i contatti con i
minatori e la nostra partecipazione alla lotta per la realizzazione dell’Ente
Minerario Siciliano. Questo, una volta ottenuto, non ha risolto nulla perché le miniere hanno avuto ancor più
passività e la loro parziale liquidazione è in atto. Contatti anche molto belli con gli operai edili e la creazione
della loro cooperativa, che in seguito
avrà le sue forti difficoltà. Come costruzioni si son realizzate le due case
comunitarie ormai divenute indispensabili per l’accrescersi del gruppo a
circa 25-26 membri.
Nel quinto anno, l’attività del «comitato cittadino » che si è battuto invano contro l’inerzia dell’amministrazione comunale, per cui quanto si è
realizzato non è stato raccolto ed utilizzato. Quanto a nuove costruzioni si
è fatta la sala delle riunioni-biblioteca.
Nel sesto anno, si sono sviluppati i
contatti con l’ambiente culturale politico della Sicilia che hanno confiuito
nella creazione della «Libera Assemblea», ma nello stesso tempo, anche,
si è verificata "in loco” ima sorda battaglia sotterranea mossa dai settori
della conservazione. Si è costruito
l’Atelier di ricamo.
Nel settimo anno, il troppo lavoro, i
troppi impegni cresciuti con il passare
del tempo, le amarezze e le delusioni,
la stanchezza per la fatica sopportata
nel contatto con la città, con l’umanità qual’è qui, hanno reso pesante la
nostra vita. In più si è aggiunto il terremoto nella Sicilia occidentale che ci
ha richiesto molte energie per i primi
soccorsi e poi per la costruzione del
villaggio di 40 case in legno per i sinistrati. Si è poi realizzato anche l’edificio della Scuola Elementare già funzionante da quattro anni in locali
provvisori.
Sette anni. Il gruppo si è accresciuto
da sette a ventisei membri, i collaboratore locali a poco a poco son divenuti
20-30, il lavoro procurato ad una media di circa 80 operai. In più si sta
aprendo in questi giorni una piccola
officina per la produzione di frese in
acciaio.
♦ * #
Non possiamo dire che siamo soddisfatti. Questo sarebbe veramente
troppo. Non siamo neppure contenti.
V’è molto da rivedere. Abbiamo deciso
un riesame della situazione sia per
fare il punto sul fin qui fatto, sia per
rivedere ogni cosa nel tempo che si
muove e nelle nuove prospettive che
questo muoversi del tempo ci pone
alla luce della Parola. Ma anche un
riesame vero e serio è difficile a farsi
per le ansietà quotidiane, per le costanti preoccupazioni e per la varietà
delle esperienze dei membri del gruppo. Abbiamo dato una chiara struttura al nostro lavoro che può ora enuclearsi in una serie di attività* che
penetrano nella vita della città dandoci contatti regolari con molte e molte centinaia di famiglie; le attività
stesse in gran parte procedono soddisfacentemente, eppure quel che ci lascia sempre perplessi è l’incertezza di
perseguire il fine stesso per il quale
siamo qui o almeno che tutto quel che
facciamo è debole nei suoi confronti.
Il fine è la testimonianza al Regno,
il « nuovo mondo » rivelato nella persona di Cristo, crocifisso e risorto, per
la redenzione della città. Che questo si
sappia che questo determini la politica e l’economia di Riesi. Ma siamo lontani da ciò.
Questione di metodo? Non lo sappiamo. Che siamo, per esempio, dentro la città o ai margini di essa è secondario. L’inserimento nella popolazione è questione della nostra dimora
spirituale, non geografica. Comunque i
* Afilo. .Scuola Elementare. .Scuola Meccanici, Biblioteca, Centro Agricolo, Cooperativa (li Ricamo. Coojrerativa Edile, l’rodur. one
Meccanica. Ambulatorio Pediatrico, Ufficio
di Assistenza, Villaggio per Sinistrati a
S. Margherita Belice. attività socio-politiche.
contatti ed il dialogo sono stati assai
frequenti nella città e nell’Isola. Almeno personalmente sono stato piuttosto meravigliato nel rilevare come il
discorso sul « nuovo mondo » di Cristo
vien naturale intervenendo nei problemi della società, dell’economia e della
politica. In ogni convegno o comizio o
manifestazione, cui sono stato invitato
a parlare, ho portato il discorso alla
verità ultima, a Cristo, per mostrare
come fuori di lui ogni soluzione è provvisoria. E non posso dire che il discorso non sia stato seguito con interesse
ed attenzione viva. Anzi quante volte
ne son venute reazioni favorevoli ed
interventi che ci hanno incoraggiato.
Sappiamo che su questa via potremo
sempre continuare. Non mancano gli
inviti a parlare ed a scrivere. Son anzi troppi. Di più, a me pare che nel
messaggio cristiano la sottolineatura
specifica del Regno, del « mondo nuovo» di Cristo, agganci gli uditori di
oggi più che una volta, che questa parola risponda, in un certo senso, alle
loro domande sul senso della vita e
sulle prospettive del mondo d’oggi.
Non è un discorso estraneo o che possa esser tacciato di vecchio e sorpassato. Credo che ben pochi abbiano potuto pensare questo.
Ed allora? Forse la nostra testimonianza non è stata abbastanza espli
Tra il pensiero ed il discorso
da una parte e l'impegno concreto che coinvolge totalmente
la persona, dall'altra, c'è sempre un fosso incolmabile: il
ravvedimento, il mutamento di
mentalità e di vita. Le cose non
cambiano contestando g'i altri.
È chiaro. « Dove due o tre son
riuniti nel mio nome... » Sono i
due o tre che mancano. Il germe di una generazione nuova
e decisa.
u
cita? Nei confronti di quanti oggi affermarlo che non v’è ragione di parlare « come cristiani » e che l’azione coerente con la Parola è sufficiente, abbiamo sempre reagito sostenendo che le
parole e gli atti debbon andare insieme: quelle rendono chiaro il significato degli atti, questi sottolineano visibilmente l’annunzio. Forse avremmo
dovuto essere ancora più espliciti per
evitare che il messaggio cristiano sia
frainteso come un nuovo umanesimo,
cioè che esso porti al dono di sé, se
volete anche alla croce, ma non alla
resurrezione di Cristo, senza la quale
neppure la croce è Verità poiché se
Cristo non opera oggi, la croce non ha
forza, se lui non conduce la nostra
vita, se lui non la salva, se lui non ci
rende capaci di agire, se lui non è il
senso della storia degli uomini non v’è
uscita né per il mondo né per noi. Forse avremmo dovuto esser più espliciti.
Ciò che ci è apparso chiaro, forse non
lo era altrettanto per gli altri che ricevono il discorso setacciato dalle loro
preoccupazioni e nella luce di quelle
10 ascoltano. O ancora, nella nostra testimonianza ha prevalso troppo la
preoccupazione del mutamento delle
strutture, ciò che è assolutamente comune oggi, invece del mutamento dell’uomo dal quale le strutture dipendono e per il quale esse sono e non
viceversa? Abbiamo anche noi, sia pur
senza particolare proposito, pensato
ed agito come se dando ai nostri concittadini una situazione migliore anche la loro vita avrebbe avuto, interiormente, un orientamento diverso?
Mi pare che se, ad un certo momento, è stato necessario rilevare che la
predicazione cristiana non sottolineava a sufficienza l’annunzio del « nuovo
mondo » di Cristo e la necessità di impegnarsi con Lui per la salvezza di
questo mondo, mentre tutta l’attenzione era posta alla salvezza ijersonale
del credente, ora, prima che sia troppo tardi, è bene ricordarci che il punto di partenza per un impegno con
Cristo per il mondo è il ravvedimento,
11 mutamento personale della mentalità. Altrimenti si corre il rischio di
girare a vuoto nella nostra azione per
il mondo, come con la predicazione
volta solo alla nostra salvezza personale si girava a vuoto nella chiesa.
L’annunzio della salvezza per grazia
ci deve buttare fuori nelle lotte mon
dane perché Cristo, sola salvezza del
mondo, sia conosciuto, ma la lotta nel
mondo ha un punto di partenza che
non può esser dimenticato né minimizzato nel suo valore: l’uomo rinnovato da Cristo, l’uomo che non vive
della sapienza umana, ma di quella
della croce che comporta la piena contestazione del nostro io naturale, il
pieno mutamento della nostra propria
direzione di vita.
La contestazione della società dei
consumi o della attuale politica in generale come quella dell’andamento introverso della chiesa è facile e sgorga
da ogni conversazione. Si vorrebbe
una maggiore giustizia sociale (si pensi soltando allo stato attuale dei terremotati ed alla condizione dei braccianti che ha dato luogo alla tragedia di
Avola) e si vorrebbe una chiesa protesa verso questi problemi e pronta a
darsi per il mondo. E chi potrebbe dire il contrario ! La povertà è uno scandalo che la chiesa non deve sopportare. Essa deve eliminarlo dal mondo divenendo essa povera perché altri sia
nutrito e vestito. Il mondo non può
continuare a vivere in questa disparità di situazioni. Qual’è il politico o
l’economista che non comprenda che
senza un radicale mutamento si va
tutti in perdizione... Ma perchè non
ci sono veri segni di mutamento nella
chiesa e nel mondo, piccoli segni anche localizzati che mostrino almeno
una sincera ricerca di un mondo nuovo? Perché tra il pensiero ed il discorso da una parte e l’impegno concreto
che coinvolge totalmente la persona,
dall’altra, c’è sempre un fosso incolmabile: il ravvedimento, il mutamento di mentalità e di vita. Le cose non
cambiano contestando gli altri. È
chiaro.
« Dove due o tre sono riuniti nel mio
nome... ». Sono i due o tre che mancano. Il germe di una generazione nuova
e decisa. Qui a Riesi vivendo, giorno
dopo giorno, immersi fino al collo nell’umanità concreta della città, lo vediamo. Ogni attività cominciata con slancio cade ben presto come corpo che
non ha vita. Proprio per questo ci domandiamo se oltreché la predicazione
del « mondo nuovo » non sia altrettando necessaria quella della conversione personale affinché ci siano degli
strumenti nelle mani del Risorto.
Il mutamento di mentalità non può
esser solo interno, per se stessi e per
la propria salvezza. Dirlo sarebbe annunziare un Vangelo monco. Deve esser seguito dal battesimo (Atti 2: 38).
Soltanto è il vero battesimo che occorre, poiché parafrasando quel che Isaia
dice del digiuno (Is. 58) potremo altrettanto dire; qual’è il battesimo di
cui Dio si compiace? E forse che tu
asperga d’acqua il capo tuo e dei tuoi
figliuoli? O non è questo ; che tu vada
e venda ciò che hai per darlo al poveri
per poi seguirmi? Questo mi pare sia
un morire a questo mondo. Ma è ancora mezzo battesimo, perché si tratta
poi di risorgere con Cristo, e ciò viene
dallo Spirito del Risorto e non da
«manifesti» o dalle nostre pretese;
dallo Spirito del Risorto, dalla sua
presenza in mezzo alla nostra povertà,
al nostro esser nulla, al nostro aver
nulla, perché abbiamo rinunciato a noi
stessi tanto che tutto abbiamo dato.
Allora la Sua potenza si manifesterà
nella nostra debolezza e nella nostra
città sarà posto il seme delle cose nuove. Lo sarà posto nella vita economica
e politica, nella vita cioè e non nelle
astrazioni che ci ubriacano sia che vogliamo conservare i valori della tradizione, sia che li contestiamo con violenza e spregiudicatezza.
L’annunzio di Cristo rimane il punto di partenza e la base di ogni vero
lavoro... ed in Cristo dobbiamo esser
« battezzati » di nuovo per morire con
lui e con lui risorgere.
Da questo punto inizia il discorso
alla città, questa o altra, che ci è affidata e dalla quale non possiamo essere assenti. Ma da questo punto, se a
Dio piace, e solo se a lui piace, il discorso vien sottolineato da atti potenti, cioè quelli che egli compie attraverso i poveri strumenti che noi siamo.
Tullio Vinay
lo sono il pane dolio vita
(Giovanni 6: 35)
Questa parola di Gesù, presa a sé, si presta a notevoli fraintendimenti. La chiesa del nostro tempo è anzi piena di questi
fraintendimenti. Ci sarà certamente chi penserà immediatamente a Gesù che dona il pane cotidiano, e che quindi si preoccupa
soprattutto dei problemi concreti dei suoi contemporanei e chi,
invece, contrapporrà la visione di un Gesù donatore del « pane
spirituale » e che invita i suoi uditori a non preoccuparsi troppo
del « pane che perisce ». In verità Gesù sfugge alle classificazioni
degli uni e degli altri. Si annuncia qui come Colui che è tutto il
nutrimento per la vita dell’uomo e per l’uomo nella sua intierezza, da ora fino aH’eternità del Regno.
Due circostanze illuminano questa parola. Essa è provocata
da quella stessa folla per la qual^ il giorno precedente
Gesù aveva compiuto il miracolo della moltiplicazione dei pani
e dei pesci. Dinanzi ad essa. Egli non rinnega in alcun modo il
miracolo compiuto, quasi fosse stato un tragico errore, e non
nega di essere venuto per recare anche questa liberazione, tuttavia la rimprovera severamente perchè essa non ha compreso
il senso ultimo del suo gesto, e lo ha interpretato come un semplice atto umanitario anziché come un « miracolo », cioè come
una azione potente di Dio. Egli si annuncia dunque qui come il
Figlio di Dio, che opera le opere del Padre, e dona nella sua azione il segno del Regno di Dio, realtà ultima e piena della sua salvezza. Nello stesso modo Gesù riprende, davanti ai giudei, il discorso sulla « manna », per significare che anch’essa era stata un
atto di Dio e non di Mosè, del Signore e non dell’uomo, ed anche
allora aveva avuto il suo senso ultimo non in se stessa, ma nella
promessa di cui era stata segno.
In questo quadro Gesù annuncia: « Io sono il pane della
vita »! Colui che nella stessa preghiera ci insegna a dire « Venga
il tuo Regno » e quindi « dacci oggi il nostro pane cotidiano ».
Due realtà che non possono essere disgiunte e non si contraddicono 1 una con 1 altra, ma nelle quali lo riconosciamo come il Signore e Salvatore per il quale tutta la nostra vita è liberata. Così,
coloro che lo ascoltano e lo riconoscono quale loro Signore non
possono né relegarlo nella sfera del contingente, né respingerlo
nella sfera spirituale. Se lo si vuole accettare e seguire, lo si deve
accettare e seguire « totalmente », assumerlo nella sua intierezza,
cioè « mangiarne la carne » e « berne il sangue » (v. 53 s.), realtà
di cui la Santa Cena è segno, ma che non si esaurisce nella celebrazione della stessa. Egli è « il vero pane che viene dal cielo »,
perciò — egli aggiunge — « chi viene a me non avrà fame, e chi
crede in me non avrà mai sete ».
Questo suo discorso, allora, è certamente comprensibile soltanto per la « fede », per coloro cioè che sanno, e perciò vivono,
che « operare le opere di Dio » significa « credere in Colui che
Egli ha mandato ». Aurelio Sbaffi
Conino la fame (degli altri
Nel pubblicare il nuovo elenco
delle offerte pervenuteci, desideriamo scusarci per una duplice omissione di trascrizione commessa nella compilazione dell’elenco del 22
novembre u. s. Non sono stati compresi infatti i seguenti nominativi:
A. Peyronel, Napoli L. 2.()00 e Bruno Costabel, Forano Sabino L. 2.000.
i cui importi erano stati però regolarmente contabilizzati.
Da Bergamo: N. N., L. 20.000.
Da Torino: Ada c Maria Bessone 3.000:
Ester e Arturo Balma .3.000; L. e G. C.
5.000.
Da Roma: Emilia Alijarin 1.000; G'ovanni Conti 10.000.
Da Pìnerolo: Renato Breuza 10.000; Ève
lina Gay 1.500.
Da Venez'a: Gino Ispodamia 2.500: D rce Ispodamia 2.500; fani. Zecchin .3.000:
fain. Vili. Viti 1.500: Cesira Boeus 500; Ar
turo e Pina Bogo 2.000; Bruno e Gilda Bogo 5.000.
Da Genova: R. Pampuro e fam. .3.000.
Da Zurigo: Su.sanna Steiger 1.500.
Da Bologna: Remigio Baldoni 30.000.
Da Torre Pellice: Ilda Rivoir 5.000.
Da Napoli: Italia Onorato 2.500; N.N. 500.
Da Pomuretto: Giovanni Laetscli 5.000.
Totale L. 120.000; tot. prec. L. 486.791:
tot. generale L. 606.791.
Ricordiamo a tutti coloro che desiderano
contribuire, di voler cortesemente inviare le
loro ofTerte al conto corr. postale n. 2/39878
intestato a Roberto Peyrol. corso Monea'ieii
n. 70 - 10133 Torino. Grazie.
affli
E
PEsa
La povertà negli USA
Il n. 278 del bip riporta un articolo
pubblicato su la «Vita quacchera»,
dedicato alla miseria delle comunità
minoritarie negli USA.
La maggior povertà esiste soprattutto fra le minoranze negre, portoricane ed indiane. Mentre altri gruppi
nazionali — italiani, tedeschi, scandinavi ed anche ebrei — hanno potuto, con difficoltà, integrarsi e perdersi
nella massa americana, i negri non ci
sono ancora riusciti. 150 anni di schiavitù legale, seguiti da altri cento anni
di segregazione, specie al Sud, hanno
convinto troppi bianchi che il negro
sia Un essere inferiore. Il negro è nato
in un tugurio con cibo e danaro insufficiente, debole di salute perchè senza la possibilità di procurarsi buone
cure mediche, non educato bene in
quanto le scuole che si sono aperte per
lui erano nettamente inferiori a quelle dei bianchi ed incapaci di procurargli successivamente un lavoro ed una
abitazione decenti...
E’ per rendere edotto il ricco popolo
americano di questa povertà — che
persiste tutt’ora (semmai ancor più
stridente ) — che M. L. King aveva
progettato la marcia su Washington
nel maggio 1968. Disgraziatamente, è
morto assassinato prima di aver potuto porre a confronto i poveri coi dirigenti governativi. (A proposito, per
chi non ne fosse venuto a conoscenza
— dato lo scarsissimo rilievo dato in
genere dai mezzi d’informazione a questo nuovo fatto di sangue — poche
settimane dopo è stato assassinato a
Chicago un amico e collaboratore del
pastore King, il rev. Charles Billups,
che fu il fondatore del Movimento
cristiano a favore dei diritti civili nell’Alabama). Bisogna riconoscere che
la marcia, avvenuta egualmente dopo
la sua morte, ha certamente sentito
la sua mancanza ed è valsa più a
« seccare » che a informare i dirigenti
governativi.
Durante la giornata della Solidarietà — prosegue l’articolo di « Vita
quacchera » — la vedova King in un
ammirevole (e coraggioso quanto vero) di.scorso ha messo in rilievo lo
stretto legame fra la guerra in Vietnam e la povertà dei negri negli USA.
E’ infatti noto che vengono .spesi per
detta guerra .50 miliardi al giorno, coi
quali si potrebbe eliminare la povertà
negli USA. Quindi, la lotta contro la
guerra nel Vietnam fa parte integrante della lotta pei diritti civili...
Paolo VI e la pillola
L enciclica Humanae Vitae non inoricrive solamente la pillola, nia vieta amli(‘ !’aborio medico. E pertanto è bene parlare d un
aborto medico del quale beneficiarono, con
la santa benedizione dei loro superiori, le
monache lielghe violale al Congo duranle i
torbidi del 1960.
Ricondotte nel Belgio, poste in o.sservazione. riconosciute gravide, esse vennero fatte
abortire nelle migliori condizioni di sicurezza e di tecnica scientifiche.
Allora la voce del Papa Paolo VI non si
levò per condannare questo « attentato alla
vita » di futuri piccoli cattolici melicc . Un
velo di pietoso silenzio fu steso sul fallo. Il
(( caso » (Ielle monache belglie sarebbe restato ignorato se un dottore non Pavesse rivelato qualche anno più tardi in una rivista
modica svizzera. Questo dottore, cattolico, ha
conosciuto un altro caso: quello duna adolescente dì 13 anni, debilitata mentale, violala e po.«la incinta in conseguenza di uno
stupro. TI dottore domandò alle comp.'lenll
autorità religiose il loro consenso per fare
aliortirc la (lisgrazinta in considerazione del
suo stalo mentale che la rendeva incapace di
sentire il minimo istinto materno e d'assumere i doveri della maternità. I teologi rirullarono l)rulalmenlc l'niiforizzazionc' della
Chiesa in nome del «diritto alla v ta ». ÌMi
allora che il dottore rivelò 1 aiTare delle monache lieìgho per porlo in confronto con il
caso della fanciulla debilitata mentale.
Ennio Matlion
(da « La Ragione n)
PERSONALIA
Il 16 dicembre, presso il Politecnico della
Università di Milano. Roberto Sabatini ,si è
laurealo a pieni voli iu ingegneria elettronica. Ci rongratiiliamo cordialmente con lui.
con i migliori auguri per la ?ua attività. Cogliamo Toccasione per rii’ordarr a lutti coloro clic fra noi approfondi.scono la ricerca
scirnlifìca. quanto c nc(‘cssario alle nostre
comunità che sin condotta una riflessione
di fede in questo campo.
3
3 gennaio 1969 — N. 1
pag. 3
UNA PREDICAZIONE DI KARL BARTH
L'opera di Bcirth
POVERI E RICCHI in italiano
Questo sermone è stato predicato
da Karl Barth nelle prigioni di Basilea il giorno di Natale 1962. Il Pastore Ermanno Rostan lo ha tradotto
e letto nella chiesa valdese di Ivrea
Vultima domenica di Avvento.
Anche dopo il periodo natalizio
può essere affidato alla meditazione
dei lettori. Il sermone ha subito alcune lievi abbreviazioni.
Gli affamati: che specie di gente è
questa? Un affamato è evidentemente
un uomo che è privo dell’essenziale,
non di qualcosa di bello e di piacevole
di cui potrebbe benissimo fare a meno. Si tratta veramente dell’essenziale; e non ha alcun mezzo per procurarselo. Non può fare altro che scendere lungo la china, verso la morte.
Ha lame. Ha paura di morir di lame.
L’essenziale può essere un pezzo di
pane e un piatto di minestra, ovvero
come per tanta gente nell’Asia, qualche manciata di riso. L’essenziale può
semplicemente essere una vita degna
d’esser vissuta ma che, tuttavia, un
uomo non riesce ad avere. Ciò che
egli vede è una esistenza sciupata, vana e corrotta. Ha lame. L’essenziale,
potrebbe essere anche un po’ di gioia.
Egli guarda attorno a sè e non trova
niente, assolutamente niente che possa veramente rallegrarlo. Per questo
è affamato. L’essenziale potrebbe essere il vero affetto di una persona.
Ma nessuno può amarlo. Allora ha
fame. E se l’essenziale fosse una buona coscienza, che invece egli non ha?
Chi non vorrebbe o non dovrebbe
avere una buona coscienza? Ma se
un uomo non può avere altro che una
cattiva coscienza, allora è affamato.
Avrebbe bisogno di una certezza, non
fosse che di una sola; invece ha soltanto delle incertezze, la disperazione
lo minaccia. Per questo ha lame. Essere al chiaro riguardo a Dio potrebbe essere per lui la cosa essenziale.
Invece, ciò che egli ha finora imparato su Dio non gli dice nulla, non sa
che iarsene, non ne vuol sapere. E
adesso, proprio di quella cosa essenziale tìgli ha lame.
Sono quelli gli affamati dei quali è
detto ; « Ha ricolmato di beni i fameliti ». Egli (il Signore) non si è accontentato di dar loro un piccolo compenso, un dolce, un regalo di Natale,
qualcosa di simile alle briciole che cadevano dal tavolo del ricco in favore
di Lazzaro. No, li ha nutriti, dissetati
e rallegrati a sazietà. Erano i più poveri ed Egli ha fatto. di loro i più
ricchi fra gli uomini, divenendo loro
fratello, anche lui affamato, lui che
gridava con loro e per loro : « Dio mio.
Die mio, perchè mi hai abbandonato? ». Si è schierato dalla loro parte,
per prendere su di sè la loro debolezza, tutta la loro assurdità, tutto il
loro fioccato e tutta la loro miseria.
Pagando di persona, li ha difesi contro il diavolo, contro la morte, contro
tutto ciò che rende la vita triste, malvagia e cupa. Ha preso su di sè tutte
queliy cose e ha dato loro in cambio
ciò che era suo: la gloria, l’onore, la
gin’: dei figli di Dio.
Che cosa è dunque la Cristianità?
Non e altro che la comunità degli affamati i quali possono rallegrarsi e
render grazie perchè Dio li ha colmati di beni. Perchè proprio loro? Semplicemente perchè sono affamati e
perduti e Lui è venuto « per cercare
e salvare ciò che era perduto ».
Ma chi sono quei ricchi di cui parla il nostro testo? Udendo quella parola. subito pensiamo a chi possiede
molte azioni, un conto in banca ben
fornito, una bella casa qui a Basilea
0 nei dintorni, adorna di quadri antichi e moderni, forse anche una casa di campagna, uno « chalet » lungo
il lago dei Quattro Cantoni o nel Ticino o addirittura una Mercedes sensazionale, un lussuoso apparecchio televisivo e altre cose piacevoli di questo genere. Se tutte queste cose sono
sufficienti a quelle persone, se esse vi
trovano la loro consolazione e la loro
sicurezza, se la loro vita consiste nel ricercare e nel possedere tali cose per
goderne, allora esse fanno effettivamente parte dei « ricchi » poc’anzi
menzionati.
Ma non sono i soli ricchi, secondo
il significato che la Bibbia dà a questo termine; sono ricchi anche tutti
quelli che, con o senza conto in banca ed altre simili cose, credono di poter dominare la vita grazie alla loro
sapienza ed alla loro potenza e di
«avere la situazione in mano » come
si dice; quelli che si credono intelligenti, savi e astuti e, come il fariseo
nel tempio, « confidano in se stessi di
esser giusti » ; tutti quelli che pensano
di dover render grazie a Dio perchè
non sono dei buoni a nulla come gli
altri, anzi debbono segnalare a Dio
tiitto il bene che hanno fatto e ancora fanno, insomma tutti quelli che
T-retendono di soddisfare pienamente
Dio e gli uomini: ecco i ricchi di cui
parla il testo biblico.
Di loro la Bibbia dice precisamente: «Ha rimandato a vuoto i ricchi».
1 poveri ricchi! Non ha fatto loro del
male. Non ha tolto loro nemmeno
una parte delle loro ricchezze. Ma
non ha neppure fatto loro del bene.
Li ha semplicemente rimandati, come si rimanda qualcuno che ha composto un numero telefonico sbagliato
o ha sbagliato d’indirizzo. Li ha pian
Ha ricolmato di beni i famelici
e ha rimandato a vuoto i ricchi
(Luca l 53)
tati in asso, con armi e bagagli. Non
li ha trovati interessanti. Ciò che era
accaduto nella stalla di Bethleem non
li riguardava affatto. Neppure oggi il
Natale riesce a rallegrarli sinceramente. Si può dire che la festa dell’amore
e della pace non è per loro. Poveri ricchi, che non possono udire nient’altro,
in quest’ultima domenica dell’Avvento.
Tuttavia, fratelli, vi prego di essere
attenti a queste altre cose:
Prima di tutto, quelli che sono in apparenza affamati non lo sono in realtà. Anche nella miseria più estrema,
nella malattia o in prigione, si può essere segretamente ricolmi. Sulla soglia
della morte, negli abissi più profondi
dove si può cadere, ci sono delle persone troppo soddisfatte di sè, troppo sicure della loro giustizia. Peggio ancora: ci si può servire della miseria a
prprio vantaggio, si può ammettere
con compiacimento che si è dei poveri
peccatori. Non ci sono soltanto i farisei, ci sono anche dei pubblicani che
sono come i farisei... Coloro i quali sono affamati soltanto in apparenza non
si stupiscano se il Natale non dice loro
niente e non reca loro niente. Il Natale è unicamente per i veri affamati.
In secondo luogo, i poveri ricchi di
ogni specie fingono d’esser ricchi e
non possono fare altro che fìngere,
mentre in realtà anch’essi sono crudelmente poveri. Con le loro ricchezze ingannano se stessi, Dio e i loro simili; perchè, in verità, nessun uomo
può esser saziato da ciò che egli è e
da ciò che possiede: sia che si tratti
del suo conto in banca, della sua Mercedes, ovvero della sua integrità e pietà. In verità, nessuno è padrone di sè,
nessuno plasma il proprio destino, nessuno si salva da sè. Fingendo di essere
e di poter fare tutto ciò, il ricco è spregevole agli occhi di Dio, è uno di quelli
che Dio ha lasciato semplicemente da
parte, rimandandoli a mani vuote, malgrado la sua grande bontà verso il ge
nere umano. Finché persiste in questo
atteggiamento, il ricco non può fare
altro che osservare come Iddio colmi
di beni gli affamati; non può celebrare il Natale; per lui gli angeli hanno
cantato invano.
In terzo luogo, c’è anche una speranza per i ricchi di ogni specie, provvisoriamente rimandati. Cessi il povero ricco di dare l’impressione che
non gli manca nulla di essenziale, come se non fosse anche lui affamato...
Non dovrebbe fare altro che affiancarsi al pubblicano — il vero pubblicano, naturalmente — e mettersi là
dove il Salvatore sarà vicino a lui.
Non voglia saper altro che questo:
« O Dio, sii placato verso me, povero
peccatore ! ». Allora, invece d’essere un
ricco povero, diventerebbe un povero
ricco, uno di quelli ai quali l’Evangelo dice: Beati i poveri! Sarebbe anche lui colmato di beni. Ascolterebbe
anche lui la voce degli angeli ai pastori... e direbbe anche lui : « Gloria
a Dio negli alti cieli, pace in terra
fra gli uomini che egli gradisce». Sapete che cosa caratterizza un uomo
liberato dalla sua menzogna, veramente affamato e perciò già ricolmo di
beni, cioè un povero ricco? Il suo cuore e le sue mani sono aperti per gli
altri affamati di ogni specie. Il fatto
che in India, in Algeria o in Sicilia
ci siano milioni di persone mancanti
di pane, minestra e riso, non lo riguarda soltanto un pochino, ma direttamente. Il loro problema diventerà il
suo problema. Riconoscerà in quelle
persone i suoi fratelli e le sue sorelle, e agirà in conseguenza. Co^ facendo, anche lui potrà festeggiare un
Natale pieno di gioia.
L’invito alla festa di Natale si rivolge a tutti noi. « Io vengo tosto »
dice il Signore, il Signore Gesù Cristo. « Venite a me voi tutti che siete
travagliati ed aggravati ed io vi allevierò ».
Venite come siete, veramente affamati!
Barth ha cominc:ato ad essere conosciuto
in Italia soltanto negli ultimi anni. Il suo
pensiero era stato presentato al pubblico protestante nel corso degli anni trenta do un
gruppo MCS che contava allora^ tra gli altri,
i nomi di Giuseppe Gangale, Giovanni Mlegge. Valdo Vinay, Bruno Revel e poi Vittorio Subilia, Garlo Gay, Francesco Lo Bue,
Neri Giampiccoli: il gruppo di "Gioventù
Cristiana” e poi de "L'Appello" e di "Protestantesimo". Il teologo di Basilea rimaneva
però sconosciuto alla massa degli italiani. E’
soltanto nel 1962 che Feltrinelli pubblica
l’Epistola ai Romani, il testo programmatico
che nel 1919 aveva fatto epoca.
Della sua monumentale "Dogmatica" non
risulta che sia in progetto una traduzione
italiana, mentre qualche passo significativo
si trova nelle Antologie curate da Emanuele
Riverso e da Valdo Vinay. E’ d’imminente
pubblicazione la "Dogmatica in sintesi” (Città Nuova) e un’Antologia della Dogmatica
(Il Mulino). E’ stato anche pubblicato un
certo numero di opere occasionali, soprattutto nel corso degli ultimi tre anni.
Per la comprensione del pensiero di Karl
Barth e soprattutto per la sua Dogmatica,
rimangono sempre fondamentali le pagine di
Giovanni Miegge pubblicate su "L’Appello”
e su "Protestantesimo", via via che i volumi
della Dogmatica vedevano la luce. Oggi vi
sono anche le due presentazioni cattoliche del
suo pensiero, del Gherardini, forse ¡1 migliore conoscitore italiano cattolico della teologia protestante, e del Willems. Di biografie
in italiano vi e quella di Georges Casalis,
della Claudiana.
Opere fondamentali
L’Epistola ai Romani a cura di Giovanni
Miegge (Feltrinelli - Milano, 1962).
Dogmatica in sintesi - Imminente (Città Nuova, Roma).
Antologie
Antologia, a cura di Emanuele Riverso (Bompiani ■ Milano, 1964).
Filosofia e rivelazione, a cura di Valdo Vinay (Silva - Milano, 1965).
Dogmatica ecclesiastica - Imm'nente (Il Mulino, Bologna).
Opere varie
Immortalità (Claudiana - Torino, 1961) (con
altri autori).
La proclamaz'one del Vangelo (Boria - Torino, 1964).
Vangelo e legge, con introd. di G. Morra
(Ethica - Forlì, 1964).
Lettera a un Pastore della German-a Orientale (Paideia - Brescia, 1964).
Il Natale (MorceRiana - Brescia 1967).
La Riforma è una decisione (Claudiana - Torino, 1967).
Domande a Roma (Ad Umina apostolorum)
(Claudiana - Torino, 1967).
K. Barth, E. Thurneysen: Meditazione per
Natale e Pasqua (Queriniana, 1967).
Introduzione alla Teologia evangelica (Bompiani, 1968).
L’Avvento (Morcelliana - Brescia, 1968).
Di imminente pubblicazione
Uomo e donna (Gr’baudi, Torino).
Il Credo (Claudiana, Torino).
Biografìe
Georges Casalis : Karl Barth (Claudiana,
Torino, 1967).
Il pensiero di Karl Barth
V. Vinay: La dottrina di Dio nella teologia
di K. Barth (Torre PeUice, 1942).
E. Riverso: La teologia esistenzialista di
K. Barth (Napoli, 1955).
B. Gherardini : La Parola di Dio nella teologia di K. Barth (Roma, 1955).
B. Willems : Introduzione al pensiero di
K. Barth (Queriniana, Brescia, 1966).
Nelle nostre comunità
Ricorilo di K. Barth
In queste settimane il teologo di Basilea
è stato ricordato in diverse nostre comunità.
Segnaliamo una presentazione a tre voci fatta il 20 dicembre a Milano dai pastori Giorgio Bouchard, Carlo Gay e Paolo Ricca, rispettivamente sulla portata politica, ecumenica e più specificamente teologica deU’opera di Barth. Tale presentazione sarà ripetuta
I’8 gennaio a Torino.
iiimiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiMiiiiiNtiiiiiiiiiiiiimiiiiimi
iiiiiiiiiiiiMimiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiimiimiimimiiHiiHHHuilUiiiiiiiiuniwiimiMiiMiiiiiiiiiii:
tiimimiiiiiimiiiiiiiHuujjiiiiiiiiiKiiiiiiiiiiiHiiMiiiiiMmiiiiiiiiimiuiiiiniiimiiinimiimiiiiiiiiiiiimiiMiiiiiiiiiiiimiimiiiiminHiMmiiMiimiin
Ai molti membri di chiesa che dicono che la teologia non è affar loro
Il tetamenlo spirituale e il canto del cigno di nn grande teologo
Il teologo, questo inserviente dell’eccelsa maestà della Parola di Dio ”
Le ultime lezioni tenute nel semestre accademico 1961-62 alla Facoltà
teologica di Basilea del prof. Karl
Barth sono raccolte in un volume della casa editrice Bompiani dal titolo:
« Introduzione alla teologia evangelica ». Secondo l’espressione dello stesso
Karl Barth, queste lezioni sono veramente « un canto del cigno per rendere conto brevemente a me stesso e
ai miei contemporanei di ciò che finora ho fondamentalmente avuto di
mira, ciò che ho imparato e ciò che
ho sostenuto nel campo della teologia
evangelica, per diverse vie lungo i cinque anni che ho trascorsi come studente, i dodici anni in cui sono stato
pastore, e i quarant’anni di professorato ».
Ora che il prof. Karl Barth non è
più, questo libro, che delinea mirabilmente il suo pensiero, si presenta a
noi più che mai come il suo testamen-^
to spirituale : tutti i credenti, e soprattutto gli appartenenti alle chiese riformate dovrebbero leggerlo e meditarlo,
perché — come dice lo stesso Barth —
« molti membri di chiesa... aperti a
questa o a quella preoccupazione cristiana di carattere pratico, dicono che
la teologia non è affare loro...; ma una
comunità desta e cosciente della sua
responsabilità e del compito che ha
nel mondo sarà necessariamente una
comunità teologicamente interessata...; la testimonianza cristiana che
non sgorga continuamente dal fuoco
del problema della verità, in nessun
caso, in nessun tempo, sulla bocca di
nessuna persona può essere una testimonianza degna di fede e viva, in
quanto sostanziale e responsabile ».
Noi leggiamo dunque questo bellissimo libro, con un senso di gratitudine
a Dio: non è un libro diffìcile, sgorga
da una profondità di pensiero compiuta, e perciò è limpido come l’acqua di
una profonda sorgente.
St * *
Le lezioni in esso contenute vertono
su quattro temi fondamentali: il luogo della teologia - resistenza teologica - ì pericoli della teologìa - il lavoro
teologico. Ogni tema è, a sua volta,
suddiviso in quattro parti e il tutto è
svolto con una costruzione architettonica di precisione matematica; sarebbe troppo lungo fermarsi in dettaglio
su tutti i capitoli; vorremmo soltanto
sottolinearne alcuni. Innanzi tutto
Karl Barth chiarisce che cosa sia la
teologia evangelica : « è una scienza
umana il sui intento è di cogliere,
comprendere ed esprimere in parole il
Dio dell’Evangelo per la via da lui
stesso indicata, quel Dio che si annunzia nell’Evangelo, parla di sé agli uo
mini e agisce tra di essi e su di essi ».
È una teologia che si ricollega al Nuovo Testamento e alla Riforma del secolo XVI; tuttavia non è necessariamente una teologia confessionale, perchè non ogni teologia protestante è
evangelica, né vi è assenza di teologia
evangelica nell’ambito romano o greco ortodosso. La teologia evangelica
non ha Dio a disposizione, perché Egli
la signoreggia, essa può dare gloria
solo a Lui; non è una teologia statica,
monotona, ma viva e dinamica, che va
dietro al Dio vivente, costantemente
esposta alla critica che le viene dal suo
oggetto (Dio), dal quale mai si sgancia. Il Dio della teologia evangelica è
eccelso e anche umile; egli opera per
l’uomo e con l’uomo, è l’Emmanuele,
il Dio con noi, il quale « ha il suo seggio nell’alto e presso chi è contrito e
umiliato» (profeta Isaia).
La teologia evangelica è quindi una
scienza piena di gratitudine e di letizia, perché ha a che fare, non con un
Dio inumano e legalista, ma con l’Emmanuele, il Dio che è con noi.
Il luogo della teologia evangelica è:
1) nella Parola di Dio, che precede le
parole teologiche, anzi da cui essa
stessa è creata e vivificata; il pensiero
e il discorso teologico consistono soprattutto nel lasciarsi guidare da
quella Parola, nel dirigersi verso di
essa, nell’adeguarsi ad essa; 2) negli
scritti dei testimoni biblici primari,
vale a dire i profeti e gli apostoli: la
teologia evangelica ascolta tanto quelli dell’antico come quelli del nuovo
patto, pur rimanendo Gesù Cristo il
centro dell’ attenzione teologica. La
teologia non è né profezia né apostolato, in quanto essa conosce la Parola
solo di seconda mano : essa è alla scuola dei profeti e degli apostoli e deve
imparare assolutamente solo da loro,
e da loro sempre di nuovo; 3) nelle comunità è il luogo concreto della teologia, nel popolo dei credenti, che sono
testimoni di secondo ordine della Parola nel mondo. La comunità testimonia non solo con le parole (predicazione, insegnamento, scritti), ma con
il semplice fatto della sua esistenza, e
particolarmente con il suo servizio in
favore di tutti i diseredati ; testimonia
inoltre con la preghiera.
Tutte queste cose, però, sono state
e sono possibili soltanto per lo Spirito,
che è la potenza sovrana, nascosta al
mondo alle comunità alla teologia,
che ha dato la Rivelazione, i profeti,
gli apostoli, e crea da sé la certezza:
« è una potenza che determina, regge,
controlla ciò che il teologo dice, e che
egli può soltanto seguire, mai precedere ».
* * •
Così come il primo tema, anche gli
altri procedono con una serie di lezioni, simili ad anelli concentrici, dalla
periferia verso il centro, che è sempre
il punto più importante, anzi vitale
dell’insegnamento.
Abbiamo visto nel primo tema, sul
luogo della teologia, la serie di questi
anelli : Parola dì Dio, testimoni biblici,
comunità, che culminano nel centro,
10 Spirito, il quale a tutto dà vita e
tutto muove.
Nel secondo tema, sull’esistenza teologica, gli anelli hanno per centro la
fede, che nessuno ha il potere di suscitare, se non Dio; da essa sgorga la
meraviglia, il soggiogamento, l’impegno da parte del teologo. Ma egli dovrà lasciare Dio impadronirsi di lui,
fin nel più intimo della propria umanità.
* * *
Nella terza serie di lezioni il tema è
sui pericoli della teologia; gli anelli
periferici sono qui la solitudine, il
dubbio, la contestazione, ai quali neppure il teologo può sfuggire ; ma il centro è la ferma speranza che Dio stesso
cerca e salva ciò chè è perduto.
La solitudine del teologo — come
quella del pastore — pur essendo assai
amara e gravosa, va accettata e sopportata, così come il dubbio, cattivo
compagno di noi tutti peccatori, perchè « sia la solitudine che il dubbio
hanno un loro ambito limitato, che è
11 presente secolo, ed è possibile guardare oltre di essi, invocando: venga il
tuo Regno ».
La contestazione di cui parla Barth
non è quella attuale, che noi conosciamo, bensì una molto più grave, è la
contestazione da parte di Dio : « la contestazione a cui la teologia è esposta
è semplicemente il fatto che Dio si ritira da quest’opera intrapresa e proseguita dagli uomini, che egli copre ed
allontana il suo volto dall’attività di
questi uomini, che egli rifiuta, con tutte le conseguenze che ne derivano, la
presenza e l’azione dello Spirito Santo...; c’è una fontana, ma non c’è l’acqua; c’è la scienza, ma non è illuminata per la potenza dell’oggetto; c’è
una credenza, ma non è la fede resa
ardente da Dio e capace essa stessa
di rendere ardente..., perchè Dio stesso tace ».
Questa lezione sulla contestazione divina, questo « guai a voi » di Gesù agli
scribi, ridimensiona non solo l’opera
teologica, ma qualsiasi nostra attività
umana. Insieme con il nostro perenne
orgoglio di peccatori : « non c’è nessu
na opera e parola dell’uomo che non
debba diventare polvere e cenere al
fuoco che viene di là». Ma grazie siano rese a Dio, che per mezzo di Gesù
Cristo, «per riguardo a Lui, che è la
speranza viva del credente, i teologi
insieme con tutti gli altri uomini, possono sollevare le loro teste... ; essi sono
profondamente scossi, ma anche tranquillizzati; profondamente umiliati,
ma anche profondamente consolati da
Lui ».
* * «
L’ultimo tema verte sul lavoro teologico, che è presentato da Karl Barth
nei suoi quattro aspetti fondamentali :
la preghiera, lo studio, il servizio, e
l’amore.
Anche qui c’è un centro, ed è l’amore, l’agape di Dio « il principio sotto il
cui controllo, e solo sotto di esso, il
lavoro teologico ha la speranza di diventare opera buona, gradita a Dio e
giovevole agli uomini, e senza il quale
non potrebbe mai esserlo ». Ma grande
è l’importanza degli altri tre aspetti;
la preghiera, cioè rivolgersi a Dio per
cercare chiarezza, ascoltare Lui che
parla nella sua opera, chiedere che venga lo Spirito Santo, essere disarmati e
dipendenti solo dalla libera grazia divina. Lo studio, che esige grande serietà prudenza e vigilanza e lunga durata, anzi tutta la vita. Il servizio del
lavoro teologico, che non è un’arte, ma
è offerto agli altri, alla comunità, per
illuminarla, perchè : « non è ovvio che
la comunità debba annunziare al mondo la Parola di Dio, e non già un
qualche messaggio che circoli nel mondo e che s’infiltri nella comunità ». La
responsabilità del teologo, « questo inserviente dell’eccelsa maestà della Parola di Dio », è grande nell’ambito della chiesa ; ma « il lavoro teologico senza l’amore sarebbe come un fuoco di
paglia e un castello di carte ».
In tutte le precedenti lezioni Karl
Barth ha insegnato che « solo lo Spirito, solo la fede, solo la speranza conta»; e in quest’ultima parte egli, riecheggiando le famose parole dell’apostolo Paolo, espone ora il suo ultimo
insegnamento, che solo l’amore conta:
« il lavoro teologico deve essere eseguito nell’amore, perchè solo esso edifica, non cessa mai, permane insieme
alla fede ed alla speranza (ma l’amore
è il più eccellente), anche quando tutto il resto finisce ».
Ma forse più che d’insegnamento,
più che di lezioni per un anno accademico di facoltà teologica, in questo
libro si tratta di annunzio evangelico,
di predicazione vera e propria: l’ultima del grande teologo.
Edina Ribet
4
pag
N. 1 — 3 gennaio 1969
DISSENSO CATTOLICO
Non c’è dubbio cbe nel corso del
1968, ora concluso, il dissenso cattolico — questa nuova realtà del cattolicesimo post-conciliare — ba guadagnato nuovo terreno, in Italia e
all’estero, così da occupare ormai,
nelle sue varie ramificazioni, un posto di rilievo nel panorama religioso contemporaneo. Già notevole sul
piano numerico, il dissenso cattolico
sta crescendo anche come contenuti
spirituali, anche se, fino ad ora,
l’aspetto più carente o approssimativo del fenomeno sembra essere
proprio quello teologico. Altrettanto poco chiari sono, ovviamente, gli
sbocchi futuri del movimento per
quanto concerne i suoi rapporti, già
alquanto tesi, con la gerarchia cattolica. Occorrerà vedere come l’affermazione di don Lorenzo Milani
secondo cui « l’obbedienza non è ormai più una virtù ma la più subdola
delle tentazioni » — affermazione
condivisa e messa arditamente in
pratica da tutto il cattolicesimo del
dissenso — possa, alla lunga, coesistere con una professione di fede
cattolica, per la quale, almeno finora, l’obbedienza alla gerarchia non
è solo una virtù ma, ben più di questo, un corollario della fede. Il futuro, più o meno prossimo, dovrà
chiarire molte cose; occorre non dimenticare che il dissenso cattolico,
in fondo, è appena ai suoi inizi, anche se le sue radici sembrano ben
salde.
Proprio per Fimportanza che il
fenomeno ha ormai assunto, e per
l’interesse che meritatamente suscita, cade a proposito la breve ma succosa rassegna che Giorgio Pecorini,
giornalista dell’« Europeo » e intelligente studioso di problemi religiosi, ha scritto sui « Gruppi spontanei
in Italia — Dissenso religioso e dissenso politico », pubblicandolo in
questi giorni nell’« Almanacco Letterario Bompiani 1969 », tutto dedicato, quest’anno, all’inquietudine
religiosa nel nostro tempo, di cui il
dissenso cattolico è certamente uno
dei sintomi più significativi e anche
più promettenti.
Anzitutto; quanti sono i cattolici
dissenzienti? Pochi mesi or sono il
bollettino di collegamento fra i
gruppi e i circoli spontanei italiani
concludeva un primo censimento da
cui risultava l’esistenza di poco più
di trecento gruppi. Un’inchiesta condotta la primavera scorsa dal quotidiano torinese « La Stampa » parlava invece di circa 500 gruppi. Si può
scegliere tra le due cifre. Gli aderenti sarebbero tra i quindici e venti mila; un numero comunque ragguardevole. Ma non è il numero che
conta, grande o piccolo che sia.
Conta — come osserva giustamente
Pecorini —. il fatto che i cattolici
dissenzienti sono, come individui e
come gruppi, una minoranza « combattiva e nuova » diffusa capillarmente in tutta Italia e ormai quasi
in ogni paese cattolico, « fermenti
vivi sparpagliati in ogni angolo della Chiesa cattolica ». Come sempre,
e tanto più trattandosi di fenomeni
spirituali, vale la qualità, non la
quantità.
Ma appunto ; chi sono e cosa vogliono i cattolici del dissenso? Difficile dirlo, non perchè manchino indicazioni precise ma perchè il mondo del cattolicesimo del dissenso è
estremamente variopinto, l’arco delle posizioni è molto ampio e non è
facile ridurlo ad unità; non solo, ma
è in continuo fermento, per cui
« una situazione fotografata stasera
può essere, domattina, radicalmente
cambiata ». Perciò, secondo Pecorini, nel tentativo di descrivere, sul
piano dei contenuti, il dissenso cattolico, « l’unica cosa possibile e utile » è la seguente; cogliere « l’aspetto più costante e il tratto più comune del dissenso cattolico italiano;
quello dell’impegno politico ». Im])egno a sinistra, beninteso, e non
j)iù solo nel senso del dialogo tra
cattolici e marxisti, alla Giovanni XXIII, ma nel senso di « tin quotidiano e comune lavoro politico nella sinistra », nel senso cioè di « essere nello stesso campo (con la sinistra, o forse, più precisamente, la
nuova sinistra italiana), cercare assieme, combattere assieme » — come ha detto di recente Antonio Za
voli, animatore del circolo Maritain
di Rimini, uno dei più vivaci e battaglieri gruppi del dissenso cattolico italiano; gruppi di cattolici rivoluzionari, quindi, che senza indulgere ad alcuna teologia della rivoluzione, anzi diffidandone apertamente, vogliono però la rivoluzione, e
son pronti a farla, intendendola
« come risposta a livello della efficienza storica nella battaglia per
l’uomo nuovo e la società nuova contro la società dello sfruttamento e
dell’integrazione ».
È senz’altro corretto rilevare e
sottolineare Fimportanza della componente politica nel cattolicesimo
del dissenso; essa non basta però a
spiegarlo e non ne costituisce neppure —- a nostro avviso — il minimo denominatore comune. Vi sono
dei gruppi dissenzienti, forse non
pochi, in cui la questione politica
non è prioritaria e resta relegata
sullo sfondo. C’è un dissenso cattolico, più o meno aperto, e certamente più minoritario ancora di
quello « politico », le cui radici
non sono marxiste ma biblico-evangeliche. È vero d’altra parte che
nella misura in cui si precisa la matrice biblica del dissenso, quest’ultimo si confio;ura sempre meno come « dissenso cattolico » e sempre
più come « dissenso evangelico »!
Il cattolicesimo del dissensso appare dunque come una realtà complessa e polivalente, in cui motivazioni politiche e motivazioni evangeliche si intrecciano e talvolta si
confondono. Quel che è certo è che,
nell’un caso come nell’altro, il cattolicesimo del dissenso intende porsi non come semplice correttivo del
cattolicesimo tradizionale, ma, a
breve o lunga scadenza, come alternativa ad esso. Dice bene Pecorini;
« I cattolici del dissenso, in Italia
come ovunque, cercano soprattutto
un modo diverso di essere cristiani.
Un modo nuovo rispetto alla tradizione costantiniana, del cattolicesimo istituzionalizzato. Ma un modo
sostanzialmente antico, che si richiama a quello della Chiesa evangelica
preeostantiniana. I cattolici del dissenso sono anche convinti di doverselo trovare da soli il modo giusto,
lavorando con la loro testa e giudicando con la loro coscienza nella
realtà concreta in cui ciascuno di
essi vive, senza rilasciar deleghe ad
alcuno, neppure al papa ».
Paolo Ricca
itMiiimiiiiMiimiiir
UNA CARRELLATA
All’lsolotto
La vicenda della comunità cattolica
fiorentina dell’Isolotto non accenna a
placarsi, anzi si è arricchita di nuovi,
sconcertanti episodi: il più clamoroso
ha avuto come protagonista Mons.
Alba, uno dei sacerdoti imposti dalla
curia di Firenze alla comunità, in sostituzione di Don Mazzi, che il card.
Florit ha rimosso dall’incarico di parroco dell’Isolotto. Il 27 dicembre u. s.,
nella chiesa parrocchiale, Mons. Alba
ha celebrato una messa scortato da
una inconsueta guardia del corpo costituita da un gruppo di giovani missini. Mentre il monsignore officiava, i
cattolici deirisolotto, giustameiite indignati dalla presenza — non si sa se
intimidatoria o provocatoria, ma certo
poco liturgica — dei giovani neofascisti non appartenenti alla coiiiunità,
salmeggiavano per conto proprio voltando le spalle al sacerdote e igriorando del tutto il rito da lui celebrato.
La situazione permane tesa. Evidentemente il card. Florit, rimuovendo don
Mazzi, non ha risolto nulla; anzi il
problema, anziché appianarsi, si è aggravato.
In attesa degli ulteriori sviluppi della vicenda, che certo non mancheranno, segnaliamo ai lettori che un gruppo di cattolici di Pistoia ha raccolto
un’ampia e accurata documentazione
su tutta la questione dell’Isolotto, dai
suoi inizi (che risalgono ormai al 22
settembre scorso) fino alle fasi conclusive (dicembre ’68). Si tratta in tutto
di ben 26 documenti, riuniti in un fascicolo ciclostilato, dal titolo « L’isolotto : il popolo di Dio ». Chi desideri
conoscere più da vicino, e di prima
mano, i termini della questione e valutarne la portata spirituale, non certo
trascurabile, può richiedere questo fascicolo (che costa solo 400 lire) a:
Giuliano Capecchi - Centro di Documentazione - Casella postale 53
51100 Pistoia.
Da che parte cominciare, per caratterizzare il 1968? Doveva essere l’Anno internazionale dei Diritti deU’Uomo, ma quanti di questi diritti sono
stati conculcati, un po’ dovunque, fino
al più elementare, quello della pura
sussistenza.
S',, è stato ancora un anno nel corso
del quale decine di milioni di persone hanno vegetato nella lame, e a
milioni sono morte, direttamente
o indirettamente, di fame. La
lascia nera deH’emislero meridionale,
sottosviluppato, si fa sempre più cupa,
più pesante, più minacciosa : più sofferente, soprattutto. Gli altri stentano a prenderne coscienza; la conferenza internazionale di Nuova Delhi
non. ha fatto avanzare di un passo ;
anche le Chiese hanno avuto, a Beirut,
una loro conferenza in proposito, abbozzando piani comuni di un’azione
per lo sviluppo, ma malgrado le buone
volontà e certe realizzazioni è pur vero che solo a livello di interi paesi e di
governi si potrà impostare un’azione
efficace. A nostra conoscenza soltanto
nella Svizzera, su iniziativa delle Chiese ( la « carta di Berna », che fa seguito
aH’elaborazione della « proposta Biéler ») si sta creando un movimento
dell’opinione pubblica, tendente a far
consacrare il 3% del reddito personale (e nazionale?) all’aiuto del Terzo
mondo.
L’ascesso vietnamita ha continuato
a suppurare. Tuttavia, benché si lotti
ancora e le prospettive di una tregua
seria siano ancora lontane, le ultime
settimane hanno registrato l’inizio delle attese e contrastate riunioni di Parigi, per avviare trattative quadripartite: i vietcong si sono conquistato il
diritto di cittadinanza. Gli U.S.A. sembrano aver compreso l’impossibilità di
vincere una guerra convenzionale In
Indocina, e malgrado l’assassinio di
Robert Kennedy il cambio presidenziale — anche con un uomo come
Nixon — significherà verosimilmente
un certo mutamento di rotta. Pur
fronteggiandosi, i due grandi gendarmi d’occidente e d’oriente cercano di
evitare che questi ascessi locali danneggino troppo i loro interessi. Malgrado l’impegno della parte più viva
dei nordamericani, e fra questi molti
cristiani e molte Chiese, la campagna
presidenziale non ha però indicato
una temperie spirituale rallegrante e
a livello nazionale il tentativo di risolvere il conflitto vietnamita risponde
più a interessi americani che a uno
slancio di comprensiva solidarietà. Il
problema della popolazione di colore
negli U.S.A. è sempre più scottante e
l’assassinio di M. L, King ne è solo un
segno, anche se gravissimo.
Sulle pagine dei quotidiani, il Biafra appare e scompare; ma il terribile
genocidio — per armi o per fame —
continua. Mentre le nazioni — anche
"civili” e “sviluppate” e “cristiane”! —
sono state incapaci di agire per frenare lo sterminio e il suicidio di un popolo intero, e hanno saputo tutt’al più
armare gli uni e gli altri (la stessa
Svizzera “neutrale” è stata ultimamente scossa dallo scandalo di un grosso
traffico d’armi di un’industria zurighe
Doveva essere
l'Anno iniernazionale
dei Diritti deiruomo
si giunse all’indipendenza gli Stati
che sostituirono le colonie risultarono
assai spesso artificiali e le tensioni
esplosero; è questa la ragione del precario equilibrio di tanti paesi africani,
in particolare dell’immensQ Congo.
La segregazione razziale o la pressione colonialistiea hanno tenuto sotto costante tensione molti altri paesi
africani, dal Sud-Africa alla Rhodesia,
a tutta l’Africa portoghese: Angola,
Mozambico, Guinea, dove la scomparsa (politica) di Salazar non sembra
avere sostanzialmente mutato la situazione e dove anche quest’anno si è
avuta un’attiva lotta di guerriglia, tentata pure nella regione sud-ovest della
Repubblica sudafricana.
Situazione inquieta pure in America
latina. Serie agitazioni si sono avute
in tutto il continente; non soltanto
operazioni di guerriglia nei paesi andini (Bolivia, Colombia) e centroamericani (Guatemala), ma forti tensioni
anche nei paesi più sviluppati, a livello cittadino, universitario: dall’Uruguay al Venezuela e al Messico, dove
votniani ha qualche rispondenza in
settori considerevoli della popolazione
0 è semplice risultato della pressione
della forza brutale, della linea dura
che pare prevalere al Cremlino; la costituzione in stato federale di Cèchi e
di Slovacchi giova probabilmente al
vecchio sistema: divide et impera.
L’Europa stenta a nascere, con levatrici come De Gaulle. Le tensioni e
1 contrasti sono stati quest’anno complicati da una grave crisi monetaria,
una delle più serie degli ultimi anni:
caso singolare, è scoppiata in Francia,
dotata di riserve auree invidiabili, il
solo vero aspetto positivo del gaullismo; ma tesorizzare oro limando su
spese improrogabili, quelle dell’infrastruttura economica del paese, anche
con la scusa di lottare contro l’imperialismo del dollaro, non poteva che
condurre a una situazione rischiosa. È
bastato che i diseredati del regime
esigessero salari che non fossero più
di un’indecenza stridente, è bastato il
giustificato reclamo di coloro il cui livello di vita non aveva seguito la cur
RHODESIA 1968 — L'addio a uno degli oppositori del regime razzista di
lan 'Smith, condannato a morte; il governo di Salisbury ha respinto la grazia
della regina di Gran Bretagna, ribadendo la secessione, ma il governo britannico non è stato in grado o non ha voluto rompere definitivamente. Anche il
blocco economico alla Rhodesia, come al Sud-Africa, si è rivelato irrilevante,
anzi vari paesi (pure una ditta della Svizzera neutrale!) sono risultati fornitori di armi a questi regimi razzisti, che hanno rincrudito la loro reazione,
malgrado una non indifferente opposizione da parte delle Chiese.
VIETNAM 1968 — Le conversazioni a quattro sono iniziate, a Parigi ;
ma i combattimenti proseguono.
Quanti vietnamiti ancora, quanti ragazzi dovranno ancora subire, come
questo, il morso del napalm?
se con la Nigeria federale; per non
parlare delle pesanti responsabilità
britanniche); e mentre perfino la Croce Rossa si è dimostrata troppo inceppata dalla sua stessa struttura, il solo
aiuto efficace — ma pur minimo a confronto con le necessità — è venuto dalle Chiese, tramite l’Inter-Church Aid
del C.E.C. e la Caritas vaticana. Un
aiuto, non una soluzione.
Ma il dramma degli Ibo, se è il più
tragico, non è il solo. Da anni il Sudan
è teatro di un dramma razziale consimile, che è un’eredità coloniale: le
colonie avevano costretto alla convivenza amministrativo-politica gruppi
etnici diversi e in tensione, e quando
hanno rischiato di ostacolare i Giochi olimpici causando pure vari morti :
la novità di quest’anno in Sud America è forse appunto questo intervento
di gruppi “evoluti”, studenteschi in
particolare, in rapporto con la contestazione studentesca nel mondo intero. Se un settore considerevole delle
Chiese è associato a questa presa di
coscienza, giungendo talvolta ad abbracciare senza riserve una teologia
della rivoluzione anche violenta, la reazione si è ancora dimostrata forte,
non solo nel Messico, ma con i colpi
di stato militari del Perù e, ultimamente, del Brasile, dove nel corso dell’anno si sono avuti contrasti aspri fra
vari settori del cattolicesimo e il potere governativo.
Mentre, con il consenso tacito e anche molto fattivo delle potenze dernocratiche occidentali e con la benedizione della Chiesa ortodossa greca ufficiale, il regime greco si è più saldamente attestato, continua a detenere e
torturare migliaia di oppositori e ha
dato prova di sé nel “processo" Panagulis, la situazione mediorientale pare
lentamente incancrenirsi: incapaci di
vincere Israele militarmente gli avversari arabi lo esasperano con uno stillicidio di attentati e colpi di mano, cui
Tel Aviv risponde sempre più duramente, allontanando sempre più la
pace, cronologicamente e psicologicamente. Alle grandi e medie potenze
importa il petrolio, il passaggio per lo
stretto di Suez, l’infiuenza sui paesi
arabi; con spaventosa miopia trascurano di fare ogni sforzo perché il contrasto sia avviato a soluzione e i due
rami semiti imparino a convivere; anzi, con la loro diplomazia o con le loro
forniture d’armi rinfocolano tale contrasto.
A Praga, in agosto, i carri armati sovietici e quelli dei loro satelliti hanno
tentato di soffocare la primavera socialista cecoslovacca; di fronte alla
meravigliosa, esemplare reazione di
un’intera nazione (e le Chiese vi sono
state presenti, vive e coraggiose), il
grosso delle forze d’occupazione sono
state ritirate ed è cominciata (sempre
sotto la minaccia di quei cannoni, però!) la sagace e feroce lotta politica,
che pare guadagnare lentamente terreno, anche se l’imbavagliamerito dei
mezzi d’informazione ci impedisce di
conoscere l’autentico stato delle cose,
dell’opinione pubblica e di renderci
conto se il tentativo di risalita dei no
va ascendente dell’economia, e tutto
l’edificio monetario ha scricchiolato. I
giorni prosperi del franco sono finiti
con la speculazione resa possibile dalla svalutazione del marco e dall’ospitalità compiacente delle banche elvetiche. Le Général non ha voluto svalutare il franco, aiutato da Americani
e Inglesi che non avevano interesse a
una svalutazione massiccia che avrebbe coinvolto pure il dollaro e la sterlina, non precisamente forti in questo
momento. Ma la crisi è solo rinviata
ed è risultata la debolezza del sistema
monetario internazionale: se anche il
dollaro vacilla come unità di misura,
che si sceglierà a sostituirlo? uri insieme di prodotti di prima necessità, come il grano, secondo la proposta Mendès-France? o si ricadrà nel fittizio
vincolo all’oro o a una moneta di qualsiasi altro metallo, che hanno dimostrato il loro carattere costitutivamente variabile?
È stato l’anno della contestazione,
che ha percorso si può dire il mondo
intero, culminata nell’acceso maggio
parigino e francese, quando il regime
ha dovuto scendere in campo aperto e
affrontarla pesantemente; il risultato
di questo violento confronto è stato,
in Francia, un regime apparentemente
sempre più forte. Così pure in altri
paesi. Senza dimenticare i condizionamenti, le pressioni e le persuasioni
occulte che si sono esercitate e si esercitano in questa contestazione, essenzialmente giovanile, resta il problema
del senso della vita, nella nostra società tecnologica e dei consumi, e la
serietà della passione con cui da molti
tale problema è stato posto. In queste
speranze, in queste vertigini, in queste chiusure, in questi scontri, anche
le Chiese hanno avuto la loro parte,
senza però trovare finora una parola
di originalità evangelica, una posizione che Si caratterizzi come testimonianza: la confessione di Gesù Cristo
in un tempo di rivoluzione.
La grande fiesta messicana dei Giochi olimpici non è riuscita, neanche in
questo campo, a tacitare almeno per
un poco le tensioni interrazziali e internazionali; del resto, sarebbe stato
ipocrita. Sono andati moltiplicandosi
e perfezionandosi i trapianti d’organi.
È proseguita la gara spaziale, culminata a fine anno nell’esplorazione orbitale lunare dell’Apollo 8.
He « *
In Italia si è avuto, naturalmente, il
5
3 gennaio 1969 — N. 1
pag. 5
SU 3 66 GIORNI DELLA NOSTRA VITA
[’ stato l’anno di ÌIppsala
riflesso degli avvenimenti internazionali, sui quali la nostra piccola nazione, malgrado il suo sviluppo postbellico, non è da sola in grado di influire in alcun modo; per questo è sinceramente interessata alla ricerca di
un’Europa unita (anche se il focolaio
della questione nazionalistica altoatesina non è spento); il nostro paese è
di per sè assai composito, mediterraneo e mitteleuropeo al tempo stesso,
e d’altra parte l’entità della questione
migratoria fa di noi... dei cittadini
d’Europa, sia pure sovente di seconda
o terza classe.
Mentre le agitazioni studentesche,
cui si è aggiunta una serie particolarmente ampia e seria di scioperi in vari settori del lavoro nazionale, hanno
inciso fortemente sulla vita politica,
oltre che su quella scolatica, di fatto
le elezioni politiche della primavera
hanno confermato « un centro-sinistra
sempre più a destra», caratterizzato
da profonde divisioni e tensioni di correnti sia nella D.C. che nel P.S.U.; e
c’è da chiedersi se il nuovo governo
Rumor sarà in grado di rompere l’immobilismo politico, sotto vari aspetti
stagnante, degli ultimi anni.
Per ben due volte in un anno il paese è stato scosso da sconvolgimenti
tisici, le cui conseguenze sono state aggravate dall’imprevidenza prima (costruzioni fragili in regione soggetta a
sismi, nella Sicilia orientale; disboschimento e costruzioni di fabbriche
troppo accosto ai corsi d’acqua, in Val
Mosso), poi dalle lungaggini burocratiche e dall’inettitudine (se non peggio) degli organi nazionali e regionali,
in particolare in Sicilia, cui ha fatto
riscontro anche questa volta lo slancio generoso di molti privati ; una
volta di più il salto fra paese legale e paese reale è apparso patente.
Ad Avola una giusta richiesta di
braccianti ha portato al sangue, un
sangue che ricade, prima che sulla
forza pubblica, su chi se n’è servito,
pensando di non cedere alle giuste
esigenze dei lavoratori, salvo cedervi
immediatamente appena vista la malaparata.
Nel lento cammino per un necessario adeguamento del nostro diritto,
una recente sentenza della Corte Costituzionale, capovolgendo la sua presa di posizione di alcuni anni fa, ha
equiparato l’uomo e la donna dinanzi
all’adulterio, anche se restano norme
collaterali da rivedere e abrogare se
si vuole che la decisione abbia tutta la
sua portata. Sul problema del piccolo divorzio le opposte fazioni affilano
le armi e si preparano al confronto
che pare non subirà ulteriori rinvii ; ci
auguriamo comunque che si comprenda che non può giocare un criterio di
pura prevalenza numerica. Si è parlato ancora di revisione del Concordato
e il Vaticano ha anche nominato una
sua commissione ad hoc. In mancanza dell’abrogazione, che consideriamo
la sola soluzione corretta, si procederà
almeno su questa strada?
e delia contestazione giovanile
Più di una volta, considerando alcuni degli aspetti salienti della vita
sul nostro pianeta, abbiamo accennato alla partecipazione delle Chiese: nel bene e purtroppo anche ne!
male le Chiese sono state « presenti
al mondo »; c’è da chiedersi in che
misura anche la loro presenza positiva, parlando e agendo, abbia costituito una testimonianza evangelica autentica, caratteristica, ’ inconfondibile. Sono abbondate le dichiarazioni, anche i gesti concreti di solidarietà e di aiuto, certo; ma la novità inesauribile dell’Evangelo che
chiama a ravvedimento e a vita nuova è stata avvertibile? è stata annunciata con limpidezza?
Cose vecchie e cose nuove: ecco
Uppsala 1968, la grande assise ecumenica, sempre più massiccia, anche se capace di grande vivacità, capace di aprirsi, in tutta la sua venerabilità di tradizioni, alla contestazione giovanile, di avvertirne come
giustificato e impegnativo il richiamo finale : avete parlato bene, aspettiamo che agiate con coerenza. Le
caratteristiche dell’assemhlea, oltre
a questa azione dei giovani, in seduta e nei corridoi : la crescente presenza della Chiesa cattolica romana,
la piena —- e massiccia — partecipazione ortodossa, la prevalenza degli interessi morali e sociali su quelli strettamente teologici, e la messa
in sordina dell’escatologia, diluita in
sociologia. Con una discutibile quasi-unanimità è stato avallato senza
discussione l’operato della Commissione mista CEC-Vaticano; il che
ha significato che dopo Uppsala non
soltanto si è intensificata la collaborazione CEC-Vaticano sul piano assistenziale (già avevano collaborato
alla conferenza di Beirut e negli
aiuti al Biafra, ad es.), ma la Chiesa cattolica romana è entrata con un
buon gruppo di membri a far parte
integrante, e cospicua, della Commissione di « Fede e Costituzione »,
la quale è o dovrebbe essere il cuo
« Sono felice, questa sera, non ho
ansietà. Non ho timore di nessuno.
I miei occhi hanno visto la luce del
Signore » Ora MARTIN LUTHER KING
ha incontrato faccia a faccia il suo Signore. A noi ha lasciato non la malinconia di un'utopia, ma la testimonianza di una fede: il suo assassino
non ha potuto uccidere il suo Dio,
cancellarne le promesse in cui egli
confidava.
gli
uomini
« So che, prima o poi, ci sarà un
attentato. Non c'è alcun modo per
proteggere un candidato durante la,
campagna elettorale. Bisogna darsi alla folla... » — pochi giorni dopo ROBERT KENNEDY cadeva anch'egli assassinato. L'ombra di questi morti pesa, emblematica, sugli Stati Uniti.
« Mi vedo già intento a leggere i
necrologi, nei quali un giorno si dirà
di me che ho reso certi servizi nel rinnovamento della teologia e, magari,
durante la lotta della Chiesa in Germania. Ma per ciò che riguarda la
politica, si dirà che sono stato un sospetto spirito folletto... », così scriveva KARL BARTH nel 1960.
In occasione della scomparsa di
Karl Barth, il 10 dicembre 1968, il
prof. Wilhelm Niesel, presidente
dell’Alleanza Riformata Mondiale,
ha fatto questa dichiarazione:
Un grande teologo è scomparso.
È stato grande perché conosceva
Colui che, egli solo, è così grande
che nella vita e nella morte possiamo riposare interamente su di Lui.
Un giorno, durante un periodo
difficile, Karl Barth ha dichiarato
ai suoi studenti, in una pubblica
assemblea: « Non seguite la mia
teologia, seguite la Parola di Dio.
È il solo mezzo per sussistere ».
Questo è il testamento che ci ha
lasciato il nostro maestro e amico: anche a noi, per oggi. Viviamo
di nuovo in un tempo nel quale
tutto è messo in questione.
Nel corso di una delle sue ultime conversazioni Karl Barth ha
espresso i suoi timori: « Che cosa
sta per diventare la Chiesa? » Con
tutta la Chiesa riceviamo da lui
questa ingiunzione a ritornare alla
Parola, al Signor Gesù Cristo, il
solo che ci salva da ogni angoscia
e dalla morte stessa. Soltanto in
questo modo onoreremo davvero
la memoria di quest’uomo al quale la cristianità deve tanto.
Wilhelm Niesel
re e la mente del CEC. Pare che solo il riserbo e le riserve di Roma
frenino ancora il suo ingresso nel
Consiglio.
A questa relativizzazione teologica
si sono avuti riscontri pratici assai
significativi, seppure ancora molto
localizzati e limitati: le manifestazioni di inter comunione, a Parigi in
maggio e a Uppsala in luglio, fino
alla grottesca partecipazione alla
messa di un gruppo di osservatori
protestanti alla Conferenza episcopale latino-americana di Medellìn,
partecipazione umilmente impetrata come grazia suprema. La morte
del card. A. Bea, grande artefice, o
forse meglio esecutore dell’ecumenismo cattolico, ha ancora messo in
luce altri aspetti di questa confusione.
La vita di molte Chiese nel mondo è stata profondamente toccata
dall’ondata della contestazione giovanile: anzi, quella presente a Uppsala (l’altra... la tenevano garbatamente lontana i poliziotti di sua
maestà svedese) era in fondo fra le
più moderate, non per nulla certi
movimenti giovanili evangelici avevano ricusato di parteciparvi (fra
gli altri il MCS italiano, cui altri
hanno fatto eco): « occupazioni »,
dibattiti, interruzioni di culti, cartelli e manifestazioni, rimaneva in
piedi poco, delle strutture ecclesiastiche esistenti. Non bisogna tuttavia esagerare coi rimedi da cavallo,
e anche i corpi ecclesiastici conoscono fenomeni di rigetto: situazioni
inaccettabili in una 'comunità-comunione nella quale per coloro che sono in Cristo non dovrebbe esserci
più giovane nè vecchio. Tuttavia,
anche in sede ecclesiastica il grande, appassionato, severo interrogativo giovanile sul senso dell’esistenza,
sulla‘sua realtà, è più che giustificato, serio, valido.
In un tempo nel quale la Chiesa
« ascolta il mondo », talvolta fin
troppo, rivelando una terribile povertà di sostanza evangelica originale, è assai rallegrante parlare
di una iniziativa nuova, nata nelle
giovani Chiese e da esse in larga parte sostenuta : il 1968 è stato l’anno
dell’inizio del lavoro della prima
équipe delVAzione Apostolica Comune, lanciata da alcune giovani
Chiese e dalla Missione Evangelica
di Parigi, dalla cui azione esse sono
sorte. Dopo una lunga e accurata
preparazione l’équipe, costituita da
alcuni africani, un malgascio, un polinesiano e un francese, ha iniziato
il suo lavoro nella regione Fon del
Dahomey. I primi risultati, di cui
riferiremo prossimamente, sono rallegranti; e già si pensa a una secón'la équipe, che lavori per un certo
]>eriodo in Francia, in una zona axretrata’ e tradizionale e in un’altra
zona industriale e secolarizzata. Ed
è stato pubblicato quest’anno uno
dei libri più validi e appassionati
sul significato, la portata, la necessità della missione oggi (M. Spindler. La mission, combat pour le salut du monde).
Se la crisi tocca tutte le Chiese, nc,
risente evidentemente in modo tutV) particolare quella cattolica romana, per la sua struttura gerarchica
autoritaria, sia in campo dottrinale
che in campo giuridico-istituzionale,
sia perchè nel suo insieme si è affacciata più tardi e più improvvisamente ai profondi rivolgimenti del
nostro tempo. Il dissenso si estende
e sale d’intensità, nel cattolicesimo,
si va tessendo una rete di gruppi di
riflessione, di azione e di pressione,
che esigono sempre maggiore libertà di esperimento, sempre più diritto di parola e di partecipazione,
a un ritmo che per le strutture tradizionali è vertiginoso. Dibattiti come quelli intorno al Catechismo
olandese o a quello dell’Isolotto, o
sul modo con cui vada inteso « il
primato di servizio » del papa, per
dirla con Hans Kiing, vanno in profondità sul contenuto stesso della
fede cattolica, spingendo Paolo VI
a discorsi, scritti, prese di posizione
sempre più accorate e talora severe
Si va manifestando in
tutte le Chiese, malgrado gli indubbi segni di
vitalità, una crisi di autorità : e non sono in
gioco soltanto le strutture, ma il contenuto
stesso della Fede, della
speranza, dell’amore
(pur senza scomuniche), fra cui va
segnalata la « Professio fidei » del
giugno scórso. Tuttavia il punto più
basso del prestigio vaticano è stato
toccato con la « Humanae vitae »,
detta volgarmente cc Pillolarum regressio ». Indipendentemente dalla
fondatezza (?) dottrinale cattolica
dell’enciclica, quello che colpisce è
il deciso no opposto al pontefice da
larghi settori del clero e del laicato,
in buona parte del mondo: c’è da
chiedersi se il principio dell’infallibilità papale resisterà indefinitamente a sollecitazioni e pressioni di
quest’ordine d’intensità, non solo
psicologica ma teologica. Nè saranno
i viaggi pontifici a Bogotá e tanto
meno all’Italsider di Taranto a ristabilire questa autorità in crisi.
Vita evangelica in Italia
Anche sulla nostra vita evangelica
italiana ha inciso la contestazione giovanile : da tutta una serie di comunità, è rimbalzata Ano alle assemblee generali delle Chiese, e in modo particolare all’ultimo Sinodo Valdese. Abbiamo potuto parlare di « chiesa in distretta » — con esagerazione, secondo
molti, che però non ci hanno controargomentato o risposto sostanzialmente — perché né nella contestazione né
nella ripulsa ad essa opposta la chiesa
ha trovato una parola limpidamente
evangelica, che non risentisse di qualche « schiavitù babilonese », comunque orientata. ’Tuttavia, sia pure con
fatica e fra resistenze, la ricerca continua, la comunione, anche se sembra
talvolta al limite di rottura, non è
spezzata.
Estremamente modesto il cammino
« federativo.» dell’evangelismo italiano,
che cerca in questa situazione di crisi
diffusa linee di azione comune. Efficace il coordinamento di aiuti, prima ai
terremotati siciliani, poi per il Biafra
(tramite il C.E.C.) e per gli alluvionati
del Piemonte. Le comunità, in particolare quelle siciliane hanno risposto
con slancio alla sfida della tragedia e.
dini », e l’apertura di una libreria
evangelica contigua alla chiesa valdese
di Via F. Sforza in Milano, libreria in
cui la Claudiana avrà una sua succursale. L’attività della nostra piccola ma
valorosa casa editrice è stata intensa
e solida.
Anche sul piano assistenziale, due
novità rallegranti e assai attese : la
riapertura dell’ospedale valdese di Pomaretto, che cosL riprende e amplia e
perfeziona il proficuo lavoro che svolge
da centoquarant’anni ; e Tinaugurazione dell’ospedale evangelico di Napoli,
coronamento di antichi sogni e di un
forte e serio impegno preparatorio.
Agape ha compiuto vent’anni e tenta i suoi primi bilanci a più largo raggio. La comunità di Trieste ha ricordato che da cinquant’anni risuona
nella città la predicazione evangelica
in italiano.
Quest’anno ci hanno lasciato i pastori Virgilio Sommani e Seiffredo Colucci ; li ricordiamo con affettuosa gratitudine, insieme ai fratelli Emanuele
(Quattrini e Roberto Steiner, per ragioni diverse noti anche oltre i confini delle loro comunità per il loro spirito di servizio. La scomparsa del past.
SICILIA ORIENTALE 1968. —
Il terremoto ha sconvolto l'angolo occidentale dell'Isola e a
un anno dal disastro poco o
nulla è stato fatto, a livello governativo, per permettere alle
popolazioni di ricominciare. Fra
il poco che è stato fatto, è giu- ,
sto menzionare l'impegno non ‘pff
solo finanziario, ma di uomini,
di comunità, di gruppi di servizio, da parte delle chiese evangeliche; sta per aprirsi, a Vita
presso Palermo, il « Villaggio
Speranza ».
proporzionalmente alle forze di uomini e di disponibilità, hanno fatto parecchio, anche dopo l’ondata della prima simpatia. Coordinando pure aiuti
di Chiese sorelle d’oltralpe, si sta costruendo a Vita, presso Palermo, il Villaggio Speranza. Com’è stato fin dall’inizio, i giovani premono per fare
della Federazione una vera e piena
comunità di vita: in questo senso si è
pronunciato il Congresso F.U.V., ai
primi d’agosto, e il Sinodo ha riconosciuto in linea di massima il confluire
della F.U.V. nella Federazione giovanile evangelica.
Rompendo una situazione di immobilismo se non di sfiducia in fatto di
evangelizzazione in Italia, i battisti
nostrani hanno organizzato con cura
e condotto con buoni risultati, specie
in alcuni centri, una campagna d’evangelizzazione, da sud a nord. La Chiesa
metodista, anche nelle sue assise, è
stata particolarmente sensibile all’esigenza di una presenza sociale. Essa ha
inaugurato, a primavera, la nuova bella sede comunitaria in Savona.
Due novità di rilievo: l’apertura a
Cinisello della Scuola media serale e
del Centro comunitario «J. Lombar
Pier Paolo Grassi è stata una perdita
per tutto l’evangelismo italiano.
Per un felice paradosso, ricco di significato e di speranza, proprio quest’anno di crisi, di amarezze, di tensioni e di disorientamento ha segnato,
dopo parecchi anni, una netta ripresa
del lavoro alla Facoltà di teologia in
Roma, con un numero rilevarìte di
nuove iscrizioni di studenti esterni e
interni; se non tutte queste vocazioni
sboccheranno nel ministero pastorale,
la riflessione teologica e la ricerca della varietà dei ministeri recherà comunque ossigeno nelle comunità. Del resto,
qua e là si stanno organizzando e intensificando — in Val Penice e in Val
Germanasca, a S. Fedele Intelvi, alla
Facoltà teologica e altrove — corsi per
laici, di aggiornamento teologico, di
perfezionamento per vari ministeri,
mentre si nota, almeno alle Valli, un
certo risveglio d’interesse per l’opera
missionaria.
Una cosa, nel mutare dei tempi, resta costante: il deficit (parliamo dei
Valdesi!). Che bella cosa sarebbe se,
Tanno prossimo, potessimo dire che
in proposito c’è qualcosa di nuovo sotto il sole...
6
pag.
N. 1 — 3 gennaio 1969
Inaugurata a Torre Pellice la nuova Casa Unioniste
POMARETT
I fatti più salienti del mese di novembre
sono la festa della Riforma con la celebrazione della S. Cena e «on la partecipazione della nostra Corale che ha cantato l’inno 367 :
« Il regno tuo Signor nel mondo venga »;
l’inizio delle riunioni quartierali; la riapertura del nostro Asilo Infantile con un numero di iscritti veramente incoraggiante, oltre
la trentina; la relazione della nostra Commissione Finanziaria e la relazione dei lavori
della Casa Unionista nell’assemblea di Chiesa
del 23 nov. Infine una riunione di responsabili della Casa Unionista con uno scambio
di idee particolare sul problema finanziario.
Rivolgiamo un caldo appello a tutte le persone che nelle varie regioni d’Italia sono legate in modo particolare alla nostra Comunità per una loro eventuale offerta che sarà
accolta con molta riconoscenza.
La domenica 8 dicembre le nostre Società
Missionarie hanno avuto il loro bazar alla
Foresteria. Si ringraziano tutte le persone
che hanno contribuito aUa sua buona riuscita con doni e offerte varie. L’incasso ha raggiunto L. 200.000.
Nel pomeriggio del 15 dicembre, buona
parte dei nostri membri di Chiesa erano riuniti nella sala delle attività completamente
restaurata per l’inaugurazione della Casa
Unionista. Erano presenti come membri della nostra Comunità anche alcune persone
aventi incarichi civili: il Sindaco di Torre
Pellice, avv. G. Cotta Morandini, l’avv. Ettore Bert del Consiglio della Valle e la prof.
Frida Madtm, consigliere comunale di Torino. Dopo un inno di lode della nostra Corale ed un breve messaggio del Pastore SoneUi, gli alunni dell’Asilo hanno svolto un
piccolo programma di canti e poesie. E’ stato proiettato anche un cortometraggio molto
vivo e interessante sulla vita dell’Asilo ripreso dal geometra Carmelo Romeo. Il bazar
e ü buffet organizzati dalle signore della Società di Cucito hanno chiuso la manifestazione con un tono particolarmente intimo e
familiare. D pastore SoneUi ha offerto un
piccolo dono al giovane geometra Mareo Pontet che è stato l’animatore ed il direttore dei
restauri. Per oltre sei mesi tutti i giorni l’abbiamo visto lì sul posto, offrendo gratuitamente la sua opera per la nostra Chiesa, come suo contributo personale alle spese dei
lavori.
La Società Enrico Amaud ha ripreso la
sua attività il 22 dicembre con una riunione
amministrativa, la rielezione di tutti i membri del seggio e con uno scambio di idee sul
programma da svolgere durante l’anno: conferenze e dibattiti che saranno aperti a tutti.
Si è chiusa la prima parte del corso di aggiornamento biblico, la seconda parte riprenderà in gennaio.
Le celebrazioni natalizie hanno avuto inizio all’Ospedale con una visita deRa Corale
e della Fanfara salutista di Torino entrambe
composte dagli stessi elementi, una quindicina, diretti dai due giovani Paolo e Silvano
Calzi. Accompagnati dal Capitano Longo del
gruppo salutista di Torre Pellice, hanno cantato, suonato e rivolto vari messaggi molto
apprezzati nei vari reparti e offerto un piccolo dono a tutti i ricoverati. Abbiamo molto apprezzato il loro gentile pensiero e la loro solidarietà.
« I poveri, i sofferenti, i disoccupati, i
profughi, gli affamati del Biafra, i sinistrati
dei terremoti e delle, alluvioni, £ colpiti dalle guerre dicono: per noi quest’anno non è
Natale, non c’è posto per noi nella società
del benessere, dobbiamo rifugiarci nelle stalle e i nostri figli nascono nella precarietà e
nella miseria di una stalla al livello degli
animali » abbiamo letto sulla Circolare della
nostra Chiesa.
« E’ passato tanto tempo dacché £ pastori
ed i Magi arrivarono alla stalla di Betleem,
eppure ogni anno a Natale tornano con la
loro fede su quella soglia e cercano di guardare dentro. Anche noi lo facciamo, e ohe
cosa abbiamo nelle mani, noi bimbi, noi donne e uomini del ventesimo secolo? Nulla, proprio nulla... Ecco possiamo avvicinarci alla
soglia della stalla e dare un dono a Gesù se
lo avremo dato con tutta la gioia del nostro
cuore ad uno dei nostri minimi fratelli »,
hanno risposto i bimbi delle nostre Scuole
Domenicali alla festa dell’albero. E a Natale
essi hanno rinunciato con gioia a qualche regalo offrendo un dono « per un fratello che
non ha pane a sufficienza ».
All’appeUo aUa solidarietà hanno risposto
le signore deUa Società di Cucito con offerta
di viveri per i bisognosi, i giovani dell’Unione dei Coppieri che hanno portato doni a
molte famiglie povere delle due confessioni
religiose, ai ricoverati del nostro Ospedale e
del Reparto Sanatoriale i cadetti che il giorno stesso di Natale hanno riunito nella loro
sede una ventina di bambini cattolici e vaidesi offrendo loro una ricca merenda, alle
luci di un albero di Natale.
Il 19 dicembre il past. B. Rostagno ha
presieduto un culto di S. Cena per tutti i ricoverati dell’Ospedale, con la partecipazione
di alcuni membri di chiesa.
La Cortde diretta dal Maestro Ferruccio
Corsani ha cantato due inni al culto di Natale ed ha preso parte attiva al Concerto del
28 dicembre organizzato dal suo Direttore a
favore del Collegio Valdese.
H gruppo Corale dell’Unione dei Coppieri
formato in grande maggioranza da elementi
molto giovani, ha cantato due inni al culto
della vigilia ed ha preparato un piccolo programma per la festa dell’albero all’Ospedale.
Nei prossimi mesi dedicherà qualche ora aRo
studio degli inni nuovi. Ringraziamo vivamente anche i giovani che hanno accompagnato i vari inni della festa deRe Scuole DomenicaR con la chitarra, con la tromba e con
l’organo. La coRaborazione di questi cari giovani, in questa come in altre attività, ci è
molto preziosa e ci incoraggia nel nostro lavoro.
Si sono sposate nel mese di novembre due
coppie di unionisti dei Coppieri : Sandra
Stalle e Lu'gi Laratore; Bruna Avondet e
Renzo Ribotta.
In novembre hanno lasciato nel lutto le
loro famiglie : Melania Goss ved. Mura (Rifugio C. Alberto); Carolina Armand-Hugon
(id.); Rosalia Gay in Cougn; Doris Monnet
(Simound); Lidia Meynier (Coppieri); Giovanni Battista Comba (Ravadera). In dicembre : Maria Carolina Charbonnier; Paolo Pilone (VRla2); Alina Bertin (Villa 2); Giuseppe Autolitano (Ravadera); Davide Avondet (S. Margherita); Ester Garnier in Ribotta (Coppieri); Matilde Melile (Casa delle
Diaconesse). A tutte le famiglie in lutto
esprimiamo la simpatia della Comunità.
Nell’anno 1968 abbiamo avuto 20 battesimi, 10 matrimoni, 53 decessi.
Ci rallegriamo vivamente con la famiglia
Sonelli per la guarigione del loro caro bimbo Emanuele.
Ringraziamo i Pastori Ganz, Bertin, Enrico Tron ed i predicatori laici Giovanna
Pons, Edgardo Pasehetto, Aldo Varese per la
loro preziosa coRaborazione.
Lina Varese
PRO ECO-LUCE
Da Luserna S. Giovanni : Mélanie Peyronel 500; Paolo Pellizzaro 500; Albertina
Pons 250; iPa Mercandalli 500.
Da Torre Pellice: Lina Bertoque 500;
Léonie Stalle 500; Mario Corsani 500; Abele Ghigo 500; Flora Tourn 500.
Da Roma: Luigi Sgarzi; Giovanni Messina 500; Anna Soggin 500; Ida Mantica 500;
Giovanni Conti 500.
Da S. Germano Chisone: Mario Borgarello 500; Davide Bouchard 500; Edvìco Bart.
Bouchard 300; Francesco E. Peyronel 500;
N. N, 1.500; Guido Peyronel 500; C. A.
Bouchard 1.500; Olga Long v. Don 200;
Edoardo Rostan 500; Margherita Laurenti
500; Davide Jahier 500; Alberto Bertalot
500; Ilda Long Meynier 100; Olga Bounous 500.
Giuseppe Falciglia, Belgio 500; Beniamino Calvi, Gallarate 500; Pierre Revel, Banchette 2.500; Eulalia Trogliotti, Vercelli
2.000; Roberto Cavo, Sampierdarena 500;
Giuseppe Giorgiolé, Livorno 500; Geremia
Cielo, Ruta 500; Milca Cornelio Falchi, Lucca 500; Elsa Jouve, Alessandria 500; Livio
Godino, Canada 1.955; Gemma Peruggia,
Arezzo 500; Elsa Janin, Ivrea 500; Anna
Stauflfer, Brescia 500; N. N., Svizzera 500;
Elena Bitter, Catania 500; Teresa Prando,
Livorno 500; Jolanda Schenk, Merano 500;
Claudio Bertin, Ivrea 500; Maria Migliau,
Arona 500; C. A. Lena, La Maddalena 500;
Sergio Nisbet, Vallecrosia 1.000; Virginia
Scimone Panasela, Riesi 500; Fosca Panattoni, Mantuolo 2.000; Giulia Cullino, Pianezza 500; Arnoldo Durio, Ivrea 1.000.
Grazie! (continua)
Alla vigilia di Natale
i giovani hanno digiunato
Abbiamo avuto un Natale abbastanza animato. Accanto alle celebrazioni
consuete, si era pensato, in un primo
tempo, di tenere una semplice agape
per la comunità. Poi un gruppo di giovani ha deciso di avere un tempo di
digiuno, in occasione del Natale, e ha
trascorso quaranta ore nel tempio, occupate da meditazioni bibliche, canto,
preghiera, discussioni, anche con alcuni membri della comunità venuti a
rendersi conto della ragione della loro
iniziativa. Il senso di questo digiuno e
di questo raccoglimento è stato triplice; umiliazione dinanzi a Dio per le
incoerenze e le tepidezze con cui accogliamo e viviamo TEvangelo di Cristo, solidarietà con i popoli che soffrono la fame, indirettamente anche
per causa nostra, protesta contro la
società dei consumi nella quale, lo si
voglia o no, anche il nostro Natale è
troppo spesso bene inserito. Terminato questo periodo di digiuno e di riflessione, cui sono intervenuti anche alcuni giovani cattolici di Perosa, per
lo più studenti, i nostri giovani si sono
recati, con il pastore, al Rifugio C. Alberto di Luserna S. Giovanni e hanno tenuto un culto, visitando ciascuno
dei ricoverati e portando ad ognuno
un dono, rallegrandoli con il loro canto degli inni e con questo gesto di
semplice fraternità.
Naturalmente questa “novità” ha suscitato molte discussioni nella comunità e anche il netto rifiuto di alcuni,
che hanno visto in questa pacifica occupazione una sorta di dissacrazione
del luogo sacro... Tuttavia, non sono
mancati quelli che hanno compreso
l’intento di questi giovani, e nel complesso si può forse dire che la comunità intera è stata richiamata a prendere coscienza del fatto che siamo,
oggi, singolarmente privilegiati,- in
ogni senso, e che dobbiamo continuare a sentire la vocazione che i nostri
padri hanno sentito, dopo l’emancipazione del 1848, la vocazione a dare:
l’Evangelo, l’istruzione, l’aiuto, poiché
tanto abbiamo ricevuto.
Battesimi: Recentemente sono stati battezzati : Genre Johnni di Pomaretto e Beux
Barbara di Chianavasso.
Funerali: Abbiamo celebrato i servizi funebri di Refourn Enrico, residente ai Pelissieri, da lungo tempo infermo; Gaydou Adelaide in Giai, deceduta all’Asilo di S. Ger
mano; Grill Irma, deceduta a Torino dopa
lunghe sofferenze, e Tron Carlo, originario
di Rodoretto, deceduto improvvisamente.
ARe famiglia la nostra più viva simpatia.
Predicazione : Il primo dicembre il cultO'
è stato presieduto da Alberto Taccia in occasione della giornata diaconale. Un folto gruppo di dipendenti dei nostri istituti ha preso
parte al culto, all’agape fraterna gentRmente
preparata al Convitto e al dibattito pomeridiano.
L’8/12 il pastore Giovanni Tron ha parlato ai bambini della Scuola domenicale, ha
celebrato il culto e nel pomeriggio ha proiettato interessanti diapositive sul Sud America.
Inoltre ha presieduto il culto all’ospedale e
una riunione al Clot Inverso. Lo ringraziamo
di cuore e auguriamo a lui e Signora un felice soggiorno a Perosa.
Il primo turno di riunioni dove è stato
trattato R tema di Fede e Politica è stato
tenuto da Antonio Adamo e Eliana Bouchard. Normalmente ne è seguito un interessante dibattito.
Ringraziamo di cuore il modestissimo gruppo di sorelle che si è molto impegnato per
rallestimento del Bazar il cui provento va
a beneficio delle opere sociali.
Rifugio “Carlo Alberto,,
DONI IN MEMORIA
(dal 1-9 al 31-12 1968)
Giovanni Maggi in mem. della, moglie li"
re 70.000; Ilda Rivoir in mem. di Maddalena Nardelli Puppo 5.000; Emile Favat in
mem. di sua madre 10.000; L, Pennington
de Jongh in mem. di Hendrick Leopold
20.000; in mem. di Luci Ceconi 20.000; in
mem. di Giovanni Antonio Ceconi 20.000;
Alfredo Nardelli in m. della moglie 15.000:
Amministrazione Zavaritt in mem. Gen. di
Heinzelhman 50.000; Clara Bodoira in mem,
dei genitori Maddalena e Ernesto Rivoira
5.000; Alba e Antonio Kovacs in mem. coniugi Nardelli 1.000; Liliana Malan in mem.
coniugi Nardelli 2.000; Maria Griot in mem.
Enrica Gamma 10.000; Matilde Steiner Zavaritt in mem. dello zio Roberto Steiner
50.000; A. e E. Pons in mem. delle loro
mamme 20.000; Bianca Levi in mem. di Velia Tron 10.000; Adelina Dalmas in mem..
di Emilia Jahier 1.000; la stessa in mem. di
Melania Mura 1.000; sigg. Tarditi e sigg.
Canale in mem. di Jone Carlon 10.000; Livia e Andrée Pons in mem. di Emma e Augusto Pons 5.000; Liliana Venturi in mem..
dei genitori 5.000.
I LETTORI CI <E Sl> SCRIVONO
Credo
la Chiesa
Un lettore da Rapolla (Potenza):
Caro direttore,
ho letto con molta attenzione l’articolo deUa soreRa Florestana Sfredda : « Non cerchiamo scorciatoie » apparso sul n. 48.
La mia è la voce di un giovane
forse « contestatario » che però non
confonde la predicazione dcRa Parola
di Dio, e la fedeltà a tale Parola, con
i discorsi partitici, nè crede di fare
un « comizio poRtico » o peggio propaganda di partito, quando rivolge ai
suoi fratelli TEvangelo che invita gli
uomini a non vivere più neRa divisione, sia essa di razza o di condizione sociale o di sesso (Galati 3: 28),
che presenta al mondo di oggi la via
deR’agàpe di Dio fatta di una politica
del servizio ai minimi, di una economia del dono e di una sociologia della comunione.
Certo su alcuni punti sono d’accordo con la soreRa, specie quando afferma che occorre oggi meditare suR’opera e sulla vita di M. L. King, ma
vi è una frase (credo centrale in tutto l’articolo) che, mi si permetta un
giudizio, è estranea aRa visuale del
Nuovo Testamento: « ...Poi la speranza, una sola; la nostra fede nella
fedeltà del Signore; ’’credo la Chiesa”. La Chiesa del Signore non morrà e riuscirà a superare anche questa
crisi, riuscirà a vincere l’eresia della
rivoluzione come ha già vinto nei secoli molte altre eresie, predicherà di
nuovo l’Evangelo dell’amore e della
riconciliazione. Se noi crediamo fermamente la Chiesa, noi continueremo
a soffrire intensamente per le sue sofferenze ma non ci sgomenteremo e la
nostra speranza non ci verrà tolta ».
Forse la mia preparazione teologica è insufficiente, ma penso che la
speranza del Nuovo Testamento non
sia nella Chiesa, piuttosto nel ritorno
del Signore.
NeRa storia, solo per citare un
esempio, quando la « Chiesa di Cristo » si è presentata al mondo come
a difesa della verità (dimenticando la
carità!), è diventata veramente lei
« eretica » (vedi Santa Inquis'zione o
le persecuzioni verso i Valdesi).
Il nostro tempo, la nostra ora è
stata chiamata in mille modi diversi,
ma un fatto è chiaro: siamo in un
tempo di trasformazioni, di cambiamenti e di radicaU mutamenti. E’ ovvio che in tale tempo vi sia il dubbio, l’insicurezza, la paura di sba
gliare, l’essere ogni giorno di fronte
a gravi risehi.
Ma la speranza, cioè la forza per
continuare il cammino di credenti,
non ci viene nè ci deve venire da
una confessione ecclesiologica, p'uttosto cristologiea : Credo in Gesù Cristo, R Signore risorto! Credo che Dio
« ha fatto e Signore e Cristo quel
Gesù che voj avete crocifisso » (Atti 2: 36).
Speranza che è identica a quella
della chiesa apostolica : « Maràn-ata »
Il Signore viene! Cioè speranza nel
Regno!
Speranza che sì basa su un fatto :
Gesù Cristo è risorto, e su una attesa : R Signore viene.
Con essa noi possiamo vedere, per
fede, al di là del nostro tempo presente, al di là deRa nostra morte come chiesa infedele e sorda al Signore, al di là deRa violenza contemporanea, vedere, come Stefano, « i cieli
aperti, e il Figliuol deR’Uomo in pie'
aRa destra di Dio » (Atti 7: 56).
Concludendo, sia la nostra vita di
chiesa indirizzata verso U Signore
che viene, siano le nostre azioni una
testimonianza concreta di quel Regno
di « giustizia, pace e allegrezza nello
Spirito Santo », siano la nostra forza e
la nostra fede fortemente fondate
non sulle cose che passano (anche la
Chiesa è una delle cose che non sarà
più), ma sull’opera del Signore per
il mondo: il Suo amore che trasforma
e salva.
Con fraterni saluti
suo in Lui
Giovanni Anziani
Penso che Lei avrebbe perfettoragione se la nostra sorella avesse
scritto e inteso « credo neRa chiesa »
(come hanno ribadito gli ultimi papi
e il Vaticano II); ma essa ha scritto
« credo la chiesa » (come afferma il
Credo apostolico), e non è una sottigliezza. Credere, confidare, gioiosi e
grati, nel Signore, il Padre, il Figlio
e lo Spirito Santo, vivere nella comunione dello Spirito, nell'attesa che
Gesù Cristo ritorni e che Dio sia tutto in tutti, comporta fra l’altro credere che la chiesa, finche durerà questo mondo, durerà anch'essa (Matteo 16: 18), unicamente perchè tale
è la precisa e onnipotente volontà di
Dio, affinchè il suo Evangelo sia annunciato a ogni creatura. In questo
senso ’’credere la chiesa” (e di fronI te agli spettacoli che diamo, si tratta
I ben di fede!) significa appunto e soltanto, come Lei giustamente insiste,
orientare la nostra vita e la nostra
I speranza su Dio e unicamente su Lui.
Il presidente Sbaffi
erede ecumenico
di Ugo Janni?
Due lettrici, da Sanremo :
Signor direttore,
leggo sul giornale <e La Luce » del
13 die. 1968 l’articolo di Paolo Ricca
dal titolo « Uno strano telegramma ».
Desidero esprimere la mia piena solidarietà col pastore Mario Sbaffi, presidente della Federazione deRe Chiese
Evangeliche d’Italia, per il telegramma da lui inviato al Segretario per
l’Unione dei Cristiani in occasione
deRa morte del card. Agostino Bea.
L’articolista parla di una solenne
confusione tra « un doveroso sentimento di solidarietà cristiana e una
non richiesta e non dovuta commozione ». Ma che cos’è il sentimento di
solidarietà cristiana di fronte alla
morte se non un pensiero fraterno
dettato da una commozione ossia da
un moto deR’anima?
Certamente il cardinale Bea è una
veneranda figura di apostolo deR’unità dei cristiani.
Sappiamo benissimo che nell’attuale fase storica l’Ecumenismo cattolico
romano non ha ancora oltrepassato lo
stadio che contempla l’integrazione
dei fratelli separati mentre certi protestanti, fermi su posizioni ormai superate, non hanno ancora compreso
che cosa sia veramente l’Ecumenismo
e come meta ultima e come cammino
da percorrere per giungere ad essa.
Non si tratta di compromessi o di
rese di una chiesa ad un’altra bensì
di una sintesi vitale che sarà compiuta sotto il soffio dello spirito di Dio
e che ha per presupposto un profondo
rinnovamento di tutti i rami della
Chiesa cristiana.
Noi ei rallegriamo di ogni passo
compiuto sulla via della ritrovata unità e quindi anche dell’opera che il
card. Bea ha compiuto nel campo cattolico romano.
Quanto al termine « apostolo » è
inutile rilevare il significato asso'utamente legittimo nel quale esso è stato usato a proposito del card. Bea dato che questo vocabolo si può aPpR"
care a chi esplichi particolari dati con
R totale dono di se stesso ad una elevata e nobile missione. Come Ugo
Janni, pur mettendo in rilievo la profonda differenza tra l’idea pancristiana e quella irenico-unionista dei Benedettini di Amay, si rallegrava del
l’opera vivificatrice che essi compivano in seno aRa loro Chiesa per allargarne gli orizzonti e scriveva (Fede e
Vita N. 6-7, 1930) « Innalziamo a
Dio le nostre più fervide preghiere
affinchè quella che è la missione del
movimento — necessaria per il rinnovamento deRa Chiesa romana e per
aprire la via alla Chiesa cattolica verso i suoi più alti destini — si compia con fedeltà, con perseveranza e
con crescente potenza », cosi noi possiamo benedire Iddio per il ministero
svolto dal card. Bea nella sua Chiesa.
Il fatto che il pastore Mario Sbaffi
abbia risposto aRa comunicazione avuta della morte del card. Bea con il
telegramma in questione nella sua
qualità di Presidente deRe Chiesa
Evangeliche d’Italia va a tutto onore
di queste ultime.
Distinti saluti.
Graziella Perrin
La lettera di Graziella Perrin riflette esattamente la convinzione m a
e quella di chi ha fatta propria la
concezione della Scuola Italica di Pensiero Pancristiano, quale è compendiata e rRulge nelTopera « Corpus
Domini » di Ugo Janni.
« Corpus Domini » non è un 1 bro
del passato; è il libro attuale delTecumenismo nel tempo presente, il libro
profetico delTecumenismo per il tempo futuro. In esso è segnata la giusta
meta da raggiungere ed è tracciata la
giusta via per arrivarvi. I fatti incominciano a dimostrarlo; con l’aiuto
di Dio lo dimostreranno sempre più.
Possa l’Evangelismo italiano, in
particolare il Valdismo, abbandonare
da un lato le arretrate posizioni su
cui troppo spesso indugia, liberarsi
dalTaltro del falso modernismo che
ormai paurosamente minaccia di dissolverlo. Solo cosi esso sarà in grado
di adempiere la propria altissima missione in seno alla Comunità cristiana.
Elsie Janni
Tiepida, l’Italia,
per i Diritti
deirUomo
Un collaboratore, da Torre Pellice:
Caro direttore,
per motivi di obiettività devo fare
una postilla a quanto ho scritto recentemente sul Suo giornale a proposito della fine deR’anno dedicato ai
Diritti deR’Uomo.
Infatti, da quanto è stato menzionato dalla RAI (non ho visto la notizia riportata daRa stampa), c’è stata
a Roma una cerimonia celebrativa
della chiusura deR’anno, al termine
della quale Tavv. Vittorino Veronese,
presidente del Comitato incaricato
delle celebrazioni, ha rimesso al Governo un memorandum di raccomandazioni in ordine al riconoscimento
dei Diritti deR’Uomo.
Inoltre a Torino, per iniziativa del
menzionato Comitato, è stata tenuta
il 13 corr., dal Prof. Conso dell’Università della nostra città una conferenza sul tema « Condanne arbitrarie
alla pena capitale e diritti deR’Uomo ».
Qualche cosa si è dunque fatto. E
vien fatto di domandarsi perchè nessuno ne ha parlato. Credo che la ragione sia semplice : nella sua mag strale, preeisa e documentata conferenza il prof. Conso ha fra l’altro
menzionato due circostanze di particolare interesse. La prima sta nel fatto che, nel memorandum presentato
al Governo, l’Avv. Veronese chiede
che l’Italia riconosca ai propri cittad'ni R diritto a ricorrere alla Corte
Europea dei Diritti delTUomo. Tale
diritto è riconosciuto da tutti i paesi
che fanno parte del Consiglio d’Europa, salvo due: l’Italia e la Grecia.
In secondo luogo il Prof. Conso ha
rRevato che nei confronti della Dichiarazione Universale dei Diritti delTUomo, sottoscritta anche dall’Italia,
come nei confronti della Convenzione
Europea, non sono in regola i nostri
codici nè financo la nostra costituzione in quanto vi sono casi (legati
a situazioni d’emergenza) in cui da
noi possono essere pronunciale sentenze alla pena capitale da giudici
non precostituiti e possono essere eseguite senza diritto d’appeRo.
Che gli applausi alla fine della conferenza siano stati contenuti in una
giusta misura di rito è comprensibile, date le autorità presenti. Che non
ne abbia parlato nè la stampa di destra nè quella di sinistra lascia pensare che su entrambe le rive siano numerosi quelli che non intendono si
rinunci (sia pure in determinate circostanze) al diritto, verso chi dà troppo fastidio, di poterlo « far fuori ».
Cordialmente
Gustavo A. Comba
Due precisazioni
elvetiche
Un lettore, da Lausanne:
Signor direttore,
mi permetta due precisazioni a proposito di articoli letti sugli ultimi numeri del settimanale.
A pag. 1 del n. 46 (22 nov. 1968)
leggo il titolo seguente : « Per la prima volta in ¡svizzera un teologo cattolico incaricato di corsi in una facoltà di teologia protestante, Hans Kiing
alVUniversità di Basilea ».
Mi permetto di precisare in proposito che vi è un precedente che risale ad una trentina d’anni (1936). Infatti il professore Ernesto Buonaiuti,
che dovette abbandonare la sua cattedra all’Università di Roma, fu incaricato d’insegnamento alla Facoltà
di teologia dell’Università di Losanna
e poco dopo gli fu offerta la nomina
a professore. Ella potrà trovare conferma di quanto sopra nel volume Ernesto Buonaiuti di Valdo Vinay, - Libreria Edit. Claudiana, 1956, pag. 111.
A proposito invece dell’articolo
« La scuola, oggi » a firma di Roberto Jouvenal, a pag. 1 del n. 47, faccio notare che l’ottenimento della licenza senza il conseguimento della
media in tutte le materie è praticata
da più di un mezzo secolo nelle scuole
secondarie ed anche universitarie della
Svizzera; unica eccezione, le scuole secondarie inferiori e superiori del Canton Ticino. Infatti la licenza è accordata al candidato che abbia ottenuta la media di quattro (su 6), a condizione che non abbia più di Ire 3
oppure di due 2. Certo, il regolamento precisa quali siano le materie nelle
quali è necessaria la sufficienza (nota
4 su sei) a seconda dell’indirizzo degli
studi : classici, scientifici, commerciali,,
moderni. /. Rosetti
Abbiamo ricevuto
In memoria del past. Seiffredo Colucci, prò ViRa Olanda: Letizia lotti.
Torre PeRice L. 3.000; Sandro Kovacs, id. 3.000; Giorgio Peyrot, Roma 5.000.
Ringraziamo e trasmettiamo.
7
3 gennaio 1969 — N. 1
pag. 7
AL CAMPO INVERNALE DI AGAPE
A TORRE PELLICE
Msi e prOSPetdHI del disseiso nella Chiesa Concerto dWgano e corale
« Voi siete una lettera di Cristo,
scritta mediante il nostro ministerio,
scritta non con inchiostro, ma con lo
Spirito deiriddio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che son
cuori di carne ». Queste parole di S.
Paolo (2 Cor. 3:3) sono state il centro d’ispirazione e di meditazione, intorno al quale si sono svolti i lavori
del campo, dal 27-12-’68 al 2-l-’69. E l’intera pericope 2 Cor. 2: 12 - 4: 15 è sta^
ta fatta oggetto di meditazione profonda e di discussione appassionata in
serate successive, culminando nel sermone del pastore Giorgio Bouchard,
la domenica mattina 29-12-’68 nella
chiesa di Prali-Ghigo. Personalmente
abbiamo potuto partecipare al campo
soltanto fino al pomeriggio del 31-12,
e quindi non sappiamo ancora quali
conseguenze di carattere pratico siano state dedotte, nei due giorni successivi, dalle molte discussioni teoriche
svoltesi fino al 31-12. Di queste discussioni soltanto, possiamo perciò pender sommariamente conto ai„ nostri
lettori.
Ci è sembrato che le parole citate
siano state interpretate dalla maggioranza dei partecipanti, come l’affermazione più autorevole, più ispirata e
più poetica del fatto, sempre nuovamente riscontrato nella storia della
Chiesa cristiana, che i rinnovamenti
e i progressi non seguono le sistemazioni teologiche e le dichiarazioni di
fede, ma le precedono ; l’Evangelo sempre rinnova la Chiesa mediante razione ( Il « non posso altrimenti » di Lutero, che ripete l’atteggiamento iniziale di Pietro Valdo e degli altri riforma^
tori, e che risponde alla chiamata del
Signore con la spontaneità, con l’immediatezza ignara dei primi discepoli,
V. Matt. 4: 20), soltanto in un secondo tempo si ha il ripensamento e
l’analisi retrospettiva. Le discussioni
teoriche del campo (se pur di « teoria»
è possibile parlare) sono state perciò
non tanto imperniate su temi teologici, quanto piuttosto, partendo da
una problematica d’indirizzo storicistico, sono state anzitutto un tentativo di analisi dei rapporti sociali e politici che intercedono fra il protestantesimo italiano e il mondo che lo circonda, e in secondo luogo una ricerca
(non facile, diciamo anzi francamente: in certi momenti proprio dolorosamente diffìcile), uno sforzo per prender coscienza della contestazione in
atto e per motivarla.
Il 27-12 i pastori Giorgio Bouchard
e Sergio Rostagno hanno tenuto al
campo le due conferenze di base, rispettivamente sui due temi : « Lo sfondo storico del protestantesimo italiano dalla prima guerra mondiale ad
oggi », e « Le recenti correnti teologiche del protestantesimo italiano ».
Nei giorni seguenti tali temi seno stati studiati, discussi, approfondJti sia
in lavori di gruppo, sia in assemblee
plenarie, e da essi si è partiti nel tentativo e nella ricerca cui poco sopra
abbiamo accennato.
Noi che scriviamo abbiamo .sempre
avuto un atteggiamento critico (come
i lettori forse ricordano) nei riguardi
della contestazione dei giovani, unito
però ad una profonda simpatia. Tale
atteggiamento e tale simpatia abbiar
mo portati al campo con sincerità e
risolutezza, insieme alla nostra partecipazione personale. Ne siamo tornati,
sia con l’uno che con l’altra più vivi
che mai.
La nostra critica personale consiste
in un dissenso... dai dissenzienti, sui
mezzi e sul modo di contestare, molto
più che sulle originarie motivazioni e
sull’oggetto della contestazione. Oggi
non abbiamo più dubbi che le nostre
chiese evangeliche siano « costantiniane » (non nel senso legalistico del termine, ma con riferimento al costume),
che siano in buona parte « borghesi »
(le parole «in buona parte» intendono rispettare certe frazioni del protestantesimo italiano, diciamo fra pentecostali, avventisti, chiesa dei fratelli
ecc., frazioni magari numericamente
rilevanti, ma istituzionalmente poco o
nulla influenti), politicamente conservatrici o qualunquiste, socialmente
classiste, culturalmente atone ed
inerti.
Queste sono accuse molto gravi, lo
riconosciamo, eppure saremmo insinceri se non osassimo formularle. Esse
sono state dette ed illustrate, da tutti
1 punti di vista, tante e tante volte
sulle colonne di questo stesso settimanale, che sembrerebbe inutile doverlo
ripetere. Eppure gl’incontri personali
e le discussioni anche con fratelli, in
assemblee e dibattiti, ci hanno convinti che è ancora e sempre necessario ripetere, che non bisogna stancarsi mai di ripetere: ripetiamo dunque
brevemente.
Il termine « costantinianesimo » è,
in fondo, riassuntivo dei molteplici difetti di borghesismo, di conservatorismo politico o qualunquismo, di classismo sociale. L’« atonia o inerzia culturale » ( forse sarebbe più proprio parlare di « educazione » piuttosto che di
cultura) non è altro ormai, nella maggioranza delle nostre comunità, che
una manifestazione della mancanza
d’umiltà, cioè una forma di vanità
(v. Eccl. 1: 2-3), e quindi, in ultima
analisi, una mancanza di fede.
Richiamiamo in proposito il seguente vigoroso passo di K. Barth (letto
dal pastore Paolo Ricca in un’assemblea della chiesa valdese di Torino,
nel febbraio 1968).
... « La comunità cristiana non ha il
diritto di disinteressarsi di tali questioni (politiche). Troppo spesso essa si
è lasciata intimidire e ha taciuto, mentre avrebbe dovuto parlare. La grande catastrofe della Germania non si
sarebbe forse verificata se la chiesa
di quel paese non fosse stata abituata,
da secoli, a serbare il silenzio sulle
questioni politiche, mentre il suo compito era di dire in che cosa consistono
il potere e l’autorità temporale legittimi, in che cosa consistono il diritto e la libertà. Certo il ruolo della
Chiesa non è dì fare essa stessa della
politica e di voler governare. Ma essa
può e deve testimoniare, davanti ai
popoli e ai governi, che la politica è
un servizio reso a Dio e che la giustizia e la libertà sono dei doni dì Dio.
Essa può e deve, con ogni franchezza
e carità, interrogare, chiamare, avvertire lo Stato, ogni qualvolta esso tenda a dissolversi oppure, al contrario,
ad affermarsi troppo, ogni qualvolta
esso tenda a calpestare la giustizia e
la libertà, ogni qualvolta esso voglia
attentare alla sovranità di Dio o ai
diritti dell’uomo o ad entrambi. In
questo senso la comunità cristiana è
responsabile di quello che lo Stato fa
e di quello che non fa. Essa deve parlargli francamente. Sarebbe essa fedele al suo Signore, se si dimostrasse
incapace dì distinguere l’autorità terrestre legittima da quella che non lo
è? Potrebbe predicare sinceramente e
risolutamente il Regno di Dio se essa
non portasse nel suo cuore la preoccupazione costante dell’ordine terrestre
e provvisorio che gli uomini hanno
rincarico di stabilire? Se la Chiesa
prende sul serio questa responsabilità,
allora tutti coloro che soffrono a motivo deH’ìmperfezione di quest’ordine
terrestre devono sapere che possono
contare sulla comunità cristiana e
che hanno in essa un avvocato vigilante. E’ meglio che essa intervenga
in loro favore tre volte dì troppo che
una volta dì meno, ed è preferibile
che essa faccia udire la sua voce troppo forte piuttosto che troppo piano.
Quando la comunità cristiana parla
in sordina, c’è di che essere inquieti
al suo riguardo. Perciò è necessario
che oggi essa esca dal suo sonno e
prenda coscienza della sua responsabilità». (Da: «Une voix suisse », Ginevra, Ediz. «Labor et Fides», 1944).
Queste non sono elucubrazioni, più
o meno fantasiose, del grande teologo
da poco scomparso. Sono conseguenze
necessarie deU’Evangelo, nel suo significato più profondo e più pieno,
com’è stato dimostrato — a nostro
parere — senza alcuna possibilità di
dubbio. Noi ne deduciamo che le nostre chiese evangeliche hanno il dovere di esaminare e di discutere comunitariamente i problemi polìtici, e riteniamo che se esse si rifiutano di esaminare e dì discutere seriamente, con
la massima coscienza e col massimo
impegno, addirittura la stessa questione pregiudiziale : se abbiamo, o non
abbiamo questo dovere, esse commettono in tal modo un grave peccato
di presunzione. Quale responsabilità
nel voler respingere un consiglio fraterno a priori, cioè senza porre neppure in dubbio che le cose «non stiano cosi» (v. Atti 17: 11)!
In che cosa dunque noi dissentiamo
dai dissenzienti (v. sopra)? In questo:
che poiché non ci sentiamo di mettere
in dubbio la fraternità, in Gesù Cristo, della parte più attiva delle nostre
chiese evangeliche, sia alla base che
al vertice, noi riteniamo di primaria
importanza che i contestatori dirigano il pieno delle loro forza, in un prossimo avvenire, verso Tinterno delle
chiese e non verso l’esterno, e lo facciano nel preciso intento di convincere i fratelli ad occuparsi comunitariamente di politica. Ci sembra che,
finché non si sarà ottenuta una convinzione allargata di questo genere,
naturalmente partendo dalla base
scritturale (ci sia permesso richiamare, ancora una volta. Atti 17: 11), è
assurdo sperare che si possa guarire
il suddetto costantinianesimo, con tutte le sue nefaste conseguenze.
Questa nostra proposta non ha però avuto buona accoglienza nel campo di Agape. Ci è stato obiettato che
tentativi di convincere, nel senso detto, ne furono fatti moltissimi, per anni ed anni, ma sempre con risultati
nulli. Perciò son prevalsi pareri proprialmente rivoluzionari, o nell’intenzione di provocare una vera e propria
« rottura » delle chiese o nelle chiese
(ma come e in che modo, se non si
vuol indurre i fratelli in peccato? v.
Rom. 14: 23), oppure nell’intenzione
di abbandonare le chiese operando esclusivamente al difuori di esse. Pur
non condividendo queste opinioni, dobbiamo riconoscere che esse son state
sostenute con una serietà e con un
impegno ammirevoli. E non possiamo
non sentirci profondamente commossi,
quando sentiamo sostenere le dette
opinioni con una partecipazione viva
e calda alla parola evangelica, per es.
affermando di voler ricavare da Matt..
12: 46-50 l’ordine d’abbandonare madre e fratelli (intendere: le chiese in
cui siamo nati e cresciuti), per andare fra gli altri e con gli altri (Ma quali altri? Le turbe del v. 46, o non vera^
mente i discepoli del v. 49?).
Noi non temiamo il «risultato nullo ». Un grande protestante (Guglielmo il Taciturno) soleva dire: « Fa quel
che devi, avvenga che può». Noi siamo noi che « facciamo », è un Altro
quello che «fa» (ApK>c. 21: 5). Molte
spiegazioni misteriose e nascoste (se
proprio interessassero) dei «risultati
nulli » del passato, si potrebbero proporre: esse vanno dal non aver saputo offrire al Signore la nostra opera
in costante preghiera (v. Esodo 17: 11),
all’aver subito la condegna pena delle
nostre colpe (v. Luca 23; 41), alla nostra certa ignoranza dei piani provvidenziali (v. Ebrei 11: 13).
E che vorremmo: restar forse nella
Storia? Non osiamo attribuire a voi,
cari giovani contestatori, ima così colpevole vanità. Saremmo già felici di
« risultati minimi », se è vero che anche un solo bicchier d’acqua, offerto
all’assetato nel nome di Gesù, ha un
valore eterno ed universale (Matt.
10: 42). Ma, in ogni caso, sappiate esser pronti ad accettare anche i « risultati nulli » dei vostri sforzi, come la
Croce che forse il Signore vuol riservarvi.
Tullio Viola
Gli Amici del Collegio hanno organizzato
anche quest’anno l’incontro musicale del periodo natalizio, che rappresenta ormai una
delle buone consuetudini torresi, a cui si
augurerebbe soltanto maggiore partecipazione di pubblico.
Al concerto hanno preso parte Torganista
Ferruccio Corsani e la Corale di Torre Pellice diretta dal medesimo.
Il programma, molto vario, era articolato
secondo un ordine storico di grande chiarezza, partendo dalla grande tradizione italiana
dei secoli XVI e XVII, per giungere, attraverso due autori di scuola francese e due di
scuola tedesca, affa sintesi di J. S. Bach, nella cui scia ancora si poneva, pur nella novità e libertà dell’ispirazione romantica, il Preludio fuga e variazione di Franck, che chiudeva la serie delle esecuzioni organistiche.
Le musiche della prima parte erano di
estremo interesse anche soltanto sotto il pro61o di una « introduzione a Bach », offrendo
la possibilità di conoscere all’origine quelle
tecniche e quelle forme che costituirono poi
il linguaggio dell’arte bachiana.
Tuttavia esse conservano una loro potente
autonomia, e meritano un aseolto per se
stesse. A cominciare dal « Ricercare » di Gabrieli, così legato allo stile madrigalistico :
ma quale giovane e gioiosa energia, e quali
possibilità di sviluppo in questa musica! Basti
pensare ai frutti di questa scuola in terreno
protestante, da Kassier a Schütz. Si ascoltò
quindi la « Toccata X » del libro I, di Frescobaldi e la Sonata in si minore di D. Scarlatti, per passare sul suolo francese con due
brani di Couperin e Clérambault, fioriti ed
eleganti, come si addice allo stile francese.
Con i tedeschi Buxtehude e Pachelbel si
entrava in un mondo per noi più familiare,
quello del corale luterano; sereno e pieno della raccolta poesia del Natale nordico il preludio di Paehelbel al corale « Dagli alti
cieli io discendo ».
La Corale di Torre Pelliee ha eseguito, alternandosi all’organo, alcuni canti natalizi e
popolari, ascoltati dal pubblico con evidente
partecipazione; perfettamente fusa ed equilibrata, questa corale mostra nel canto un vigore e una convinzione che fanno pensare
alle doti più profonde della nostra popolazione, che non si vorrebbero mai veder scomparire.
Ferruccio Corsani, che si vorrebbe ascoltare molto più spesso nella veste di concertista, ha saputo mettere in luce tutte le risorse del magnifico organo del tempio di Torre
Pelliee; sempre chiara e convincente, la sua
esecuzione ha raggiunto una trasparenza e
una profondità veramente notevoli, oltre che
nel preludio, fuga e variazione di Franck,
nel preludio e fuga in mi minore e nei due
corali bachiani, specialmente in quella raccolta preghiera che è il corale « Io t’invoco,
Signor Gesù » (Ich ruf’ zu dir, Herr Jesu
Christ). r.
FRALI
Un gruppo di minatori di Prali aveva, in
estate, eseguito alcuni lavori all’ospedale di
Pomaretto per la sistemazione del terreno da
destinare a giardino. In quella occasione era
stato preso l’impegno di continuare il lavoro
in modo da concluderlo entro la primavera
prossima senza spesa per l’Ospedale stesso.
Nel mese di novembre i minatori, con la collaborazione del Pastore, sono scesi due volte
a Pomaretto per sistemare il terreno, preparare le buche per alcuni gruppi di betulle
che vengono offerte dal M.o Raimondo Genre di Maniglia e rosai che verranno dal pre
Il iiiimiiiiiiuimiiiiiuiiiimiiiiiiiiimMiiiiiiiiiiumiMiii
iMiiiiiiiiiiniiimiimiHiiiiiiiHiiiniiiiiiiimmiiiimimiimimmiiiiiiiiiiiim
miiiiiniiiimimiiiimiiiiiiimiU'iiiiiiuiiiMMimi
Tempo di Natale a Firenze
Tempio affollato nelle domeniche
d’Avvento. Domenica 22 la festa dei
bambini, preparata dai monitori, con
un’originale predicazione dell’Evangelo della Natività a cura di Franco Gattini. L’albero era piccolo, minuscolo
nell’abside chiusa dalla grande croce;
è stato un pomeriggio buono, semplice e vivo. Non c’è stata la tradizionale novella raccontata da un pastore : s’è parlato dei bambini del Biafra,
ai quali è stata mandata la colletta,
che supera quanto s’è speso per i regali, quest’anno assai modesti.
Lo stesso giorno una rappresentanza di Gouldini e Ferrettine visitava la
comunità di Genova.
Fra noi erano giunti bambini di famiglie credenti e abitanti in località
lontane.
Culto di Natale contestatario. Un
centinaio di cattolico-romani e dei preti hanno partecipato al culto, alla
Santa Cena. Abbiamo vissuto intensamente questo straordinario Natale,
consapevoli di compiere un atto sconcertante e scandaloso per una Cristianità che coltiva e difende divisioni e
inimicizie (con preghiere e confessioni di peccato). Questo s’è contestato
appunto: la volontà di non-riconciliazione, l’avere « un » Natale ma ciascuno a casa propria, il prepararsi alla
« Settimana di Preghiera per l’unità »
fermamente decisi a mantenere le nostre divisioni, l’andazzo di relegare alle autorità ecclesiastiche ed a colloqui "ad alto livello” (?) ciò che spetta al popolo dei credenti... Noi sappiamo che questo nostro culto e la Comunione insieme non risolvono i problemi, non sono "la soluzione” : nella grazia del Signore possono essere un richiamo e un avvertimento, un atto arricchito dallo Spirito Santo di una
forza profetica.
Testi-base della predicazione e del
Tistruzione della S. Cena: «E la Pa^
rola è stata fatta carne, e ha abitato
per un tempo fra noi piena di grazia
e di verità » ; « Io sono in mezzo a voi
come colui che serve ».
Nel primo mattino di Natale: culto
di Comunione alla Casa di Riposo, dove si assommano... oltre 900 anni. Abbiamo avuto là anche la festa di fine
d’anno. È una gioia, ritrovarsi in quella piccola comunità di creature vive,
vere, che ci fanno capire anche come
l’Evangelo è una contestazione totale
del mondo, dei suoi schemi: là non
vi è « un tramonto sereno », ma vita
piena, come quella di ognuno; accanto al certificato di nascita v’è quello
di una nuova nascita che non conosce
tramonto. S.
LUSERNA S. GIOVANNI
Nell’Eco-Luce del 13 dicembre (rubrica
« Notizie delle comunità) è stato pubblicato
un comunicato, formulato e inviato alla Direzione del giornale da persona a ciò non
autorizzata. Scopo principale del suddetto comunicato era di portare a conoscenza dei
lettori un ordine del giorno che, secondo le
decisioni dell’Assemblea, avrebbe dovuto essere comunicato alla Tavola Valdese e alla
Presidenza del S’nodo 1968 (che è tuttora in
carica, dato che il Sinodo verrà convocato in
sessione straordinaria nel prossimo mes? di
maggio).
A completamento e rettifica dj quanto contenuto nel comunicalo suddetto, devo pr.cisare quanto segue; l’Assemblea di Chiesa del
giorno 26 ottobre, che ha discusso e vo alo
quell’o.d.g., era composta di 31 membri comunicanti (su 1372) di cui 27 elettori (su
253). Queste cifre danno già la misura dell’interesse con cui la Comunità si è occupata del problema (nonostante questo fosse già
stato annunciato nella precedente assemblea
del 5 ottobre e durante le tre settimane successive).
L’o.d.g. è diviso in tre parti : la seconda
parte è quella che si esprime più duramente
(« dichiara la propria riprovazione verso quelle persone che, con il loro atteggiamento e i
loro interventi nelle discussioni sinodali, hanno contribuito a dare al Sinodo uno svolgimento disordinato ed inconcludente ed una
impronta tendenzialmente politica, sulla base di pressioni esterne »). La votazione è avvenuta per divisione ed ha dato i seguenti
risultati : 1" parte, 17 voti favorevoli (su 27
votanti); 2» parte, 14 voti favorevoli (su 27
votanti); 3» parte, 16 voti favorevoli (su 25
votanti). Come si vede, la « larga maggio
ranza », almeno per la parte sostanziale dell’o.d.g., si riduce a un voto, perchè è chiaro
che gli astenuti non hanno « approvalo »
l’o.d.g. E’ ancora da rilevare che fra i 14
voti favorevoli, c’erano i cinque voti dei presentatori.
Ogni commento è superfluo.
Devo ancora far rilevare, per l’esattezza
dell’informazione, che To.d.g. non è scaturito
nè dalla relazione del nostro deputato al S'nodo, doti. Riccardo Turin, nè dalla discussione della stessa. L’oM.g. era stato preparato
prima dell’Assemblea di Chiesa, da per.sone
che al Sinodo avevano partecipalo solo saltuariamente. G. Rogo
sbiterio di Chiotti. Questo impegno non è
solo destinato a offrire una collaborazione al
nostro ospedale, ma anche a stabilire fra
questa opera, il suo personale e le comunità
della Valle, un clima fraterno di cooperazione che crei dei legami continui e non solo in
occasione dei ricoveri ospitalieri.
Il 12 dicembre è stato ripreso il « culto
del giovedì » per i membri di chiesa che
sono impegnati la domenica nelle attività
turistiche che, con le recenti ottime nevicate, haimo iniziato in pieno la stagione invernale con l’impiego di un nuovo e potente battipista meccanico.
Sabato 14 le Unioni di Ferrerò e Chiotti
sono salite a Frali per avere in comune la
seduta di studio e di giochi. Si è discusso
per buona parte della serata sul problema
del cristiano di fronte alle altre religioni.
Nel corso di gennaio le tre unioni si troveranno a Ferrerò.
Il giorno 2 dicembre è stato accompagnato
al cimitero U frateUo Filippo Rostan di Malzat, deceduto aU’età di 76 anni dopo breve
malattia. Chiediamo al Signore di essere con
quanti sono nel lutto.
AVVISI ECONOMICI
VENDESI alloggio 3 camere, servizi in Torre Fellioe. Rivolgersi Tipografia Commerciale o telefonare 91585.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Felicita Travers
ved. Jahier
commossi per la dimostrazione di simpatia ricevuta in occasione della dipartenza della loro cara, ringraziano sentitamente tutti coloro che hanno partecipato al loro lutto ed in particolare
il Dottor Peyrot.
Signore Dio mio, io ho gridato
a Te, e Tu m’hai sanato.
(Salmo 30: 2)
Pomaretto, 22 dicembre 1968
« L’Eterno è il mio pastore »
(Salmo 23)
Nel suo 86° anno ha concluso la sua
vita terrena
Augustina Bastia
ved. Favout
L’annunciano, col dolore della separ
razione e con la riconoscenza per
l’esempio ricevutone, i figli e le rispettive famiglie.
Un grazie affettuoso a quanti vollero partecipare ai suoi funerali nel
tempio di San Giovanni, ai vicini di
casa, ai compagni, agli amici della Resistenza e al Pastore Bogo.
Luserna S. Giovanni, 26 dicembre 1968
RINGRAZIAMENTO
Nella triste circostanza della dipartita del caro congimito
Davide Avondet
le famiglie Avondet e Albarin e parenti tutti ringraziano sentitamente tutte
le persone che presero parte al loro
dolore, sia con la presenza, fiori e
scritti.
In particolar modo ringraziano i
Dottori De Bottini e Pellizzaro, la Signora Geymonat e tutto il personale
dell’Ospedale Valdese, i Pastori Sonelli, Rostagno e Bogo, i cugini Aldo e
Alfredo Avondet, l’Associazione Alpini e la Corale di Torre Pelliee.
Torre Pelliee, 20 dicembre 1968
La famiglia dì
Enrico Refourn
ringrazia sentitamente il personale,
il dottor Peyrot per l’assistenza prestate al loro Caro.
Porosa, 14 dicembre 1968
Corso per laici
in Val Pelliee
Il corso riprenderà sabato 11 gennaie, alle ore 17, nella Casa Unionista
di Torre Pelliee. La prima ora sarà
dedicata a uno scambio di idee sul
programma e il metodo dei corsi; la
seconda ora avrà, come di consueto,
un programma distinto per predicatori e monitori.
OTTICA
FOTO - CINE ■ DISCHI
RADIO - TV
Grundig e migliori marche
Ditta PELLEGRIN
Piazza Libertà - Torre Pelliee
VISITATECI !
troverete i più bei regali
al miglior prezzo!
8
T>ag. 8
N. 1 — 3 gennaio 1969
Aiape 19G9
giugno ■ settembre
GRUPPO DI SERVIZIO
per la eonduz'one del Centro
Al posto de] tradiz'onale campo di lavoro
con programma indipendente dagli altri campi, un numero limitato di collaboratori estivi si aggiimgerà al gruppo res'dente per assicurare i servizi necessari al funzionamento dei campi. Periodo minimo di partecipazione; uno dei 4 mesi estivi. Ricbiedere uiteriori informazioni prima di iscriversi.
5-7 aprile
IL PROBLEMA DELLA VIOLENZA
Campo del Consiglio della Gioventù
Evangelica Italiana
Direzione: Giorgio Bouchard.
Nell’attuale periodo storico la violenza costituisce per i credenti un problema et'co
concreto, imposto dalla situazione in cui vivono. Il campo — limitato a tre giorni per
permettere la partecipazione di operai e impiegati — sarà preceduto da un seminario di
un giorno sull’interpretazione di Rom. 1,3
data da K. Barth.
16-24 giugno
L'ORGANIZZAZIONE
DELLA COMUNITÀ' CIVILE
Campo di studio per pastori e responsabili giovanili
Direzione: C. Bàumier, E. Haberer, F.
Giampiccoli, E. Miiller.
Da anni la Chiesa evangelica della Baviera organizza corsi in cui si confrontano esperienze pastorali di paesi diversi. Quest’anno
il corso, organizzato in collaborazione con
Agape, si terrà in Italia. Il tema riguarda i
rapporti tra le strutture della Chiesa e la
nuova organizzazione della comunità urbana
moderna. Lingue: inglese, tedesco, francese.
27 . giugno • 12 luglio
COSTRUIAMO UN CANZONIERE
Campo cadetti estivo
Direzione: M. Ayassot e una équipe di
collaboratori.
Seguendo l’esperimento positivo dell’anno
scorso, il campo cadetti riprenderà il « metodo attivo » nella preparazione di un nuovo
canzoniere. Il programma prevede selezione
di canti, spirituals, nuovi inni giovanili, studi sul contesto dei canti scelti, preparazione
di un recital. Completeranno il programma
discussioni su alcuni temi di attualità.
13- 22 luglio
CRISTIANESIMO DEL DISSENSO OGGI
Campo ecumenico di studio
Direzione: George Crespy, Franco Davite.
La Cristianità odierna avverte come fondamentale il problema del suo rapporto con
il mondo. Come deve impostarsi tale rapporto? Dopo aver Ietto i documenti ufficiali protestanti e cattolici, ci volgiamo ai gruppi e
movimenti di punta per udirne le esperienze.
23 lugUo - 1 agosto
LA GIUSTIZIA E LA PACE NELLA COSCIENZA CRISTIANA DI OGGI - Campo in collaborazione con il Comitato
Regionale italiano della Conferenza
Cristiana della Pace.
Direzione : W. Grillemberger.
I termini giustizia e pace non possono p*ù
essere riferiti soltanto alla sfera individuale
e interiore della vita dei credenti : essi pongono i credenti di fronte ad una realtà sociale e intemazionale sempre più tesa. Ma
per quale giustizia e per quale pace lottare?
2-13 agosto
NONO CAMPO INTERNAZIONALE
EUROPA-AFRICA
Direzione: Mario Miegge. Jean Camara.
Proseguendo la ricerca degli ultimi due
anni Iniziativa politica e presa di cosc.enza delle masse » - « Le organizzaz'oni di massa in Europa e in Africa »), questo campo
intende riunire africani ed europei impegnati
in un lavoro politico di base in un incontro
tra studenti, insegnanti, operai.
14- 22 agosto
LA VIGNA DELL'ETERNO - STUDI BIBLICI SU ISAIA 1-12
Campo per famiglie evangeliche italiane.
Direzione : Gustavo Bouchard, Domenico
Maselli. Destinato aU’incontro di evangelici
nel clima familiare di un incontro fraterno.
Accanto al tempo libero per riposo, distensione e contatti personali, un programma biblico farà seguito al riuscito, seppur I mitato, esperimento dell’anno scorso.
19-23 agosto
LA POSIZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE DI FRONTE ALLO STATO Incontro organizzato dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.
Direzione : Aldo Comba.
Nel contesto dei rapporti tra Chiesa c Stato è necessario interrogarsi oggi non tanto
sulle limitazioni della libertà religiosa, quanto sulla legittimità di eventuali privilegi conferiti alle Chiese in nome dell uguaglianza.
23-31 agosto
DOPO UPPSALA
Campo internazionale di studio
La IV Assemblea del Consiglio Ecumenico
delle Chiese ha proseguito in modo coerente
il cammino aperto vent'anni prima ad Amsterdam? Ha segnato il declino di una parabola ormai al termine o l'inizio di un nuovo
periodo? Quali sono le prospettive per il movimento ecumen’co dopo Uppsala? A questo
campo daranno il loro contributo diversi osservatori e delegati aU’Assemblea di Uppsala.
Da un gruppo di opnrai valdesi delle Valli, dono aver partecipato al. culto natalizio
Lettera aperta ai pastori
Questa lettera è stata scritta da un
gruppo di operai valdesi delle Valli Valdesi. Successivamente è stata fatta ’’girare” in alcune fabbriche dove ha trovato
altri consensi.
Cari Pastori,
Oggi siamo andati in Chiesa. Ci siamo seduti sullo stesso banco con i nostri sollecitatori quotidiani. Oggi è stato un giorno diverso dagli altri; il padrone, il capo, il marcatempo che si è
seduto sullo stesso nostro banco di
chiesa ci ha sorriso, ci ha persino fatto gli auguri, ci ha chiesto « come va ».
Noi avremmo voluto rispondergli che
ne avevamo abbastanza di lui, dei ritmi che cambiano ogni giorno, di non
sentirci uomini ma cose per nove ore
al giorno aU’interno della fabbrica. Ma
abbiamo taciuto. Avevamo paura che
dopodomani quando torneremo a lavorare lui ci licenzi o ci cambi di posto. Non abbiamo potuto dirgli la verità.
Vi abbiamo sentiti predicare. Avete
detto parole molto belle che ci hanno
commosso. Avete parlato di pace. Avete detto che la pace di Dio è frutto
della giustizia. Alcuni tra voi hanno
detto che lo sfruttamento in fabbrica
come nel terzo mondo è una ingiustizia. Hanno anche detto che quelli che
non si adoperano per abolire lo sfruttamento, sbagliano; e che il cristiano
per celebrare il Natale deve fare la
pace cioè rimuovere l’ingiustizia.
Noi apprezziamo la vostra buona
volontà. Noi sappiamo che se dipendesse solo da voi molte cose in questo
senso sarebbero già state fatte.
Dobbiamo però dirvi che le vostre
parole ci sembrano false se le confrontiamo con la vita della chiesa,
della chiesa valdese alle Valli, di tutti
i giorni. Non abbiatevene a male, sappiamo che voi siete in buona fede. È
la chiesa che è oggettivamente dalla
parte di chi mantiene l’ingiustizia.
Vi facciamo alcuni esempi che forse
non conoscete.
Tra di noi che scriviamo questa lettera, vi sono alcuni operai che lavorano in fabbriche di un padrone evangelico. Quest’uomo è quello che si dice
« un buon membro di chiesa » : contribuisce e partecipa alle attività della
chiesa. Da un certo punto di vista è
senz’altro migliore di noi. Ebbene sapete cosa dice quando assume un valdese? « Caro mio, io so che tu sei im
buon valdese e quindi hai tutte le qua^
lità di un buon lavoratore. Tu sai che
un valdese non si immischia di politica, non fa attività sindacali e soprattutto non sciopera. Spero di avere
sempre la convinzione che tu sia un
buon valdese ». Non vogliamo commentare queste parole. Si commentano da sole. Vogliamo però farvi osservare che per abolire l’ingiustizia che
voi avete condannato, noi dobbiamo
lottare e anche scioperare. Secondo
quello che ci ha detto la persona che
voi definite un « buon membro di
chiesa», noi tradiremo così, la nostra
religione.
Alcuni di noi abitano a Torre Penice. Voi sapete che dopo il fallimento
della Mazzonis, c’è stata la disoccupazione soprattutto per le donne. Ad un
certo punto un industriale ha aperto
una fabbrica. « Il Pellice » ci ha spiegato che questo è stato possibile perché l’industriale « è di religione protestante e si è dimostrato felice di portare un aiuto a dei suoi correligionari ». Certo ci ha portato un aiuto ; ci
ha permesso di non morire di fame.
Ma anche noi gliene abbiamo fatto
uno. Porse anche più grosso. Gli abbiamo fatto risparmiare parecchi milioni sui salari. Senza contare che lui
può sempre fare il discorso di prima
agli operai e non paga le tasse per
venti anni!
Altri tra noi lavorano in una grande
fabbrica. Ogni anno nel periodo di Natale siamo oggetto di una missione
ecumenica. Pastori e preti vengono a
parlarci e a darci un piccolo omaggio.
Quest’anno il prete ha distribuito la
preghiera dell’operaio. Chissà, forse i
padroni pregano in modo differente.
C’è anche la divisione della preghiera,
oltre a quella del lavoro I Cari pastori :
non fatelo più! Lo sappiamo che è dì
moda parlare agli operai. Paolo VI è
andato a fare la messa nelle officine
31 agosto - 8 .settembre
LA LOTTA PER L'UOMO NUOVO
Campo in collaborazione con il Movimento Cristiano Studenti.
Direzione: Emidio Campi, Matteo Rollier.
L’esplosione del Movimento Studentesco
impone un ripensamento della nostra responsabilità nei confronti della società contemporanea e del rapporto tra fede cristiana c
vita politica.
15-25 settembre
CINEMA E FEDE
Campo cadetti autunnale
Direzione: Paolo Ribet, Franco Giampiccoli.
Un seminario che ha dei films per testi.
Il cinema moderno ha affrontato, seppure in
modo limitato, il tema della fede cristiana
dando così una testimonianza talvolta positiva, talvolta negativa. Vogliamo cercare in
questo campo di penetrare questa testimonianza sulla base di opere di alcuni registi.
dell’Italsider di Taranto. Anche voi
pastori, come Paolo VI, cercate un dialogo con gli operai. E proprio come lui
lo cercate nel modo sbagliato!
Voi ci dite che venire in fabbrica a
parlarci è una testimonianza che date
di Cristo. Noi vi diciamo che non serve venire una volta 1’ anno! Occorre
che voi siate con noi ogni giorno, che
abbiate un colloquio continuo con noi.
Lasciate che la testimonianza nella
fabbrica, siamo noi. Ci sembra invece
che al posto di parlare con noi voi
preferiate i padroni. Parlate spesso
con loro e loro in cambio vi fanno parlare con tutti noi una volta l’anno
per far vedere che sono « cristiani ».
Da che parte sta la chiesa, la religione nei casi che abbiamo citato? Ce ne
sarebbero altri, ma li lasciamo : se mai
ve li elencheremo un’altra volta.
A noi sembra che in tutti questi
casi la religione, la chiesa ufficiale,
sia dalla parte dei padroni, di quelli
che nella fabbrica perpetuano l’ingiustizia.
Sull’ultimo numero dell’« Eco delle
Valli » leggiamo un articolo di V. Armand-Hugon e A. Sibille in cui si dice
che la chiesa è allarmata per l’indifferenza di noi operai. È vero, a noi
non importa niente di una chiesa, come la chiesa valdese delle valli, che è
fatta per i signori.
Il pastore Gino Conte, sempre sullo
stesso numero dell’« Eco », in un articolo sul Natale, ci spiega alcune cose
che ci servono per capire la realtà
della chiesa oggi. La chiesa è dalla
parte dei padroni fin dal terzo secolo,
da quando è diventata « la religione
che meglio poteva unire l’impero». La
religione cosi è diventata uno strumento in mano dei signori per dominarci. Noi valdesi, se non sbagliamo,
siamo sorti proprio contro questo.
Pietro Valdo ha rifiutato che la sua
fede diventasse uno strumento in mano del potere politico dell’epoca. Ha
scelto di essere coerente col messaggio
di Cristo. Ha scelto una strada scomoda: i poveri e gli oppressi.
E adesso la nostra chiesa valdese
chi ha scelto?
Al Sinodo non si parla apertamente
di questo. Scusateci, forse sbagliamo:
ma noi al Sinodo non possiamo andarci. Quindi le cose che sappiamo sul
Sinodo le leggiamo sui giornali. Forse
quest’anno ne avete parlato un po’ di
più: i giovani dell’MCS vi hanno costretto. Ma la risposta è stata come
sempre vaga. Avete di nuovo rimandato. Certo ci sembra che siate abili,
quando non potete evitare la domanda, rispondete: il silenzio di Dio. Scusateci, ma questo ci sembra il modo
più elegante di fare una scelta, quella
del rimanere come si è.
Nelle assemblee di chiesa è proibito
interrogarci su questo. E’ capitato ad
uno di noi di fare un discorso in questo senso e subito un «buon membro
di chiesa» ha chiesto di cancellare
quelle fesserie dal verbale, tra gli applausi della maggioranza.
Certo la chiesa valdese è molto meno compromessa coi signori che la
chiesa cattolica. Ma è sulla buona strada. Negli ultimi Sinodi ha scelto il
dialogo con lo stato. Ha scelto di servirsi dello stato per avere certe cose:
pensioni, mutua ai pastori, insegnamento di religione nelle scuole medie.
Intendiamoci, alcune sono cose giuste. Ma lo stato che cosa vuole in cambio? Che la religione sia ancora una
volta uno strumento per far star brar
vi i sottoposti.
Vi preghiamo di risponderci. Per carità non scriveteci che noi non conosciamo la teologia. La teologia come
la intendono molti di voi è una cosa
da signori. E noi non la capiamo. Non
siamo andati a scuola, non abbiamo
studiato il greco. I nostri padroni si,
e loro la capiscono.
Cordialmente.
(seguono dieci firme)
Valli Valdesi, Natale ’68.
iiiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiii
iiiiiiiiiimiiiiiiiiimiiiii
Echi della settimana
NON BASTA LA LEGGE
DEL TAGLIONE?
Israele entra nel 1969 con una prospettiva di vendetta e di morte, cc Le Monde »
del 31.12.’68 cosi commenta il fosco episodio della distruzione dei tredici aerei libanesi neU’aeroporto civile di Beyrouth :
« Se Eshkol^ Dayan e i loro collaboratori
avessero cercato^ in quest'alare, Vappoggio
delVopinione mondiale, essi avrebbero dovuto seguire altra strada. L'idea che "Israele
esagera" (per richiamare un titolo recente
del "Journal de Genève") si diffonde sempre più negli ambienti in cui Israele pur
godeva, per tanto tempo, d'una preconcetta
simpatia generale (•••)• Si sarebbe a rigore
potuta capire una replica di pari intensità,
perchè essa avrebbe schierati gli spettatori
dalla parte d'Israele: cioè l'applicazione pura
e semplice della legge del taglione. Ma questa volta si è passata la misura, e sarà ben
difficile accreditare nel mondo l'idea che i
libanesi non hanno ricevuto più di quanto
meritassero.
Clamorosamente quest'episodio apre, ancora una volta, il dramma dell'incomprensione,
l dirigenti israeliani agiscono come se gli
amministratori dei paesi arabi fossero allo
stesso livello degli amministratori d'Israele:
come se il re Hussein od il presidente Helou
potessero, col semplice movimento d'un dito,
ordinare ai palestinesi di partire all'assalto
oppure, al contrario, potessero farli rientrare
in quella che non si osa chiamare la loro
patria. Quei dirigenti ne deducono che il
solo metodo per far cessare gli attentati, è
quello di far pressione sui governi. Essi dichiarano apertamente che il raid contro Beyrouth non è che una delle molteplici operazioni destinate ad obbligare i loro vicini a
star tranquilli.
Tutto induce a pensare che le cose andranno ben altrimenti. La precisione scientifica con cui gli elicotteri israeliani hanno
potuto compiere la loro missione, è destinata
a far crescere Iodio che brucia nei cuori arabi. Ancora una volta viene applicata la logica della "escalat'on", come se Algeria e
Vietnam non avessero già insegnato quale
il prezzo della vanità!
In una recente intervista a "Le Monde",
Iisraeliano Shimon Peres aveva detto che:
"mentre la Cecoslovacchia aveva guadagnato
l'appoggio dell'opinione pubblica mondiale
perdendo la propria indipendenza, Israele invece (a suo parere ) era decisa a conservare
la propria indipendenza, e a tal fine era disposta a perdere Vappoggio delVopinione pubblica mondiale". Ma resta a sapersi se il sig.
Peres non sia, in questo, vittima d una certa
presunzione. Resta cioè a sapersi se una nazione di due milioni d'abitanti, qualunque
siano il coraggio, la forza di volontà, la decisione e le capacità di questi, può continuare a sfidare un mondo esterno da cui essa
tanto dipende per la sua sussistenza e per
la sua sicurezza ».
L'articolista ha ricordato, come si vede, la
crudele legge del taglione (Es. 21: 24). Ma
qiie.sta legge non ba.sta, come sembra, ad
Israele. Per parte nostra, con ripugnanza vediamo Israele seguire piuttosto un’altra legge. che Mussolini ebbe la tracotanza d'enunciare un giorno lontano, pressappoco jn questi termini: a Voi avete udito che fu detto:
Occhio per occhio e dente per dente. Ma io
vi dico: Per un dente che ci romperete, noi
vi fracasseremo tutta la dentiera ».
(Al momento di pubblicare, apprendiamo
che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha
condannato Foperaz-one militare d’Israele).
a cura di Tullio Viola
NIXON LO SCONOSCIUTO
Il passato del nuovo presidente americano, per quanto ben noto (e per quanto, ci
sia concesso di dirlo tra parentesi, lontanissimo dalle nostre personali simpatie), non si
delinea con coerenza tale da poterne prevedere il futuro. Come orienterà egli la politica USA nel nuovo anno? Nessuno lo sa prevedere con sufficiente attendibilità, tanto più
che Nixon sembra essere abilissimo nelle risposte sfuggenti e sibilline. Si giudichi dalle
dichiarazioni seguenti, da lui fatte nel corso
d’una recente intervista col giornalista inglese K. Harris.
« Un governo troppo centralizzato mi lascia scettico.. Prima d'entrare in Marina, durante la guerra, ho lavorato in un ministero.
Sono stato inorridito da quel che vi ho visto
e, da allora, ho una vera fobia della burocrazia. Io credo alla decentralizzazione e ad
un governo locale forte. Sul piano economico, sono un conservatore. Credo che l'intervento federale nei nostri affari economici, sia
eccessivo, e che il sangue di questo paese, cioè
la libera impresa, si sia singolarmente impoverito.
Nel campo dei problemi sociali, in medicina, nell'insegnamento e nell'assistenza sociale, credo che il nostro livello d'esigenza
dovrebbe essere più elevato. Vorrei occuparmi del costo crescente delle cure mediche in
questo paese, cure molto pesanti soprattutto
per i vecchi e per ì poveri, e ciò non chiedendo agli Stati delVUnione d'aumentare il
loro aiuto, ma facendo spendere più denaro
al governo per poter aumentare il numero
dei medici e degli infermieri e far costruire
un maggior numero d'ospedali.
Nelle questioni del problema razziale, io
sono un liberale. Sono molto fiero del mio
passato, soprattutto per quanto concerne i
diritti civili. Alcuni membri della famiglia
di mia madre, nelVIndiaìia, rischiarono la
loro vita per liberare degli schiavi, e io non
Vho mai dimenticato.
In politica internazionale, io sono quello
che numerosi americani chiamano un "internazionalista". Non sono mai stato isolazionista. e anche se lo fossi stato, il mio passaggio alla commissione (del Congresso) che si
occupava del Piano Marshall mi avrebbe fatto ben presto cambiare opinione, lo m'interesso al mondo intero (•>•)• Incidentalmente,
si dice qualche volta che non si riesce a etichettarmi. a catalogarmi, a riassumermi in
una frase. Ciò non mi scompone. Come essere umano, io credo in certi principi, dai
quali mi sento tutto impregnato, principi Unparati fin da bambino, o da giovajiotto, alla
semplice scuola della vita.
Nelle questioni del servizio pubblico, io
sono un pragmatista. Credo che nella regolazione. nella sistemazione degli affari umani,
si può ottenere più con l'applicazione intelligente della buona volontà, del buon umore
e dello spirito di comprensione^ con le concessioni affinchè tutti possano vivere insieme,
che col tentativo d'imjmrre alVinsieme della
comunità, vuol con la forza, vuoi con la propaganda. la tale dottrina politica o la tal
altra.
Im politica è l'arte del possibile, esercitata
a servizio del popolo e senza pregiudizio dei
principi fondamentali nei quali credono tutti
gli uomini Uberi. Il fondamento del mio credo politico è: ' Ritengo che i limiti del possibile siano suscettibili di essere allontanati
grazie allo sforzo, all'intelligenza, alla solidarietà ed alla fiducia" ».
(Da « L’Express » del 30.12.’68 - 5.1.’69)
Notiziario
ecumen ico
a cura di Roberto Peyrot
LA RIFORMA,
FESTA DI TUTTA LA CHIESA
Ginevra (soepi). - « Non furono nè Lutero
nè Calvino gli autori della Riforma, ma Pio
stesso, nelVaprire il libro della sua rivelazione in mezzo al suo popolo. La riscoperta che
Dio è l'autore della Riforma ha come conseguenza il fatto che le chiese della Riforma
stessa non possono pretendere di esserne le
autrici » ha affermato A. van den Heuvel,
direttore del Dipartimento delle comunicazioni del Cec„ durante la predica da lui tenuta nella cattedrale di S. Pietro in Ginevra, in occasione dj un culto inter-ecclesiastico celebrativo deiranniversario della Ri"
forma.
« La Riforma è diventata la festa di tutta
la chiesa. E' per questo motivo che esprimo
la speranza che il prossimo anno sarà possibile a tutti i cristiani di Ginevra di riunirsi
e di proclamare il loro impegno nella via
del rinnovamento e della Riforma ».
« NedÈuno pensi però che la Riforma della chiesa sia un fine a se stesso: Dio si interessa alla Riforma della chiesa nella misura
in cui questa chiesa diviene a sua volta strumento di riforma per l'insieme della società.
Al giorno d'oggi, la cosa più importante non
è tanto la divisione delle chiese quanto la'
divisione del mondo in paesi ricchi ed in
paesi poveri. La qualità della riforma intrapresa dalla chiesa cristiana verrà misurata
dalle ripercussioni che essa avrà in tutto il
mondo. Se la riforma non significa riforma
della società, non è più una riforma ».
Alla conquista della luna
(segue da pag. 1)
le da trascendere quella che viene
comunemente definita « morale
cristiana » e da investire la nostra
stessa essenza di uomini e di esseri pensanti.
Il giornalista Nicola Adelfi scrive su « La Stampa » di Torino:
« ... Istintivamente sentiamo che
c’è qualche cosa che non funziona
in un mondo fatto così. I dubbi
sono tanti e così incalzanti che ci
sentiamo come sperduti in una
buia selva. Né scorgiamo una traccia di sentiero per uscirne fuori.
I popoli economicamente e scientificamente più avanzati si sentono costretti ad investire somme
via via maggiori, cifre astronomiche, per mantenere od aumentare
il loro vantaggio sugli altri; ed in
effetti ci riescono. Pensiamo in
primo luogo agli Stati Uniti. Però
in questa maniera si scava un
abisso sempre più vasto fra chi ha
e chi non ha. L’umanità si scinde,
perde la sua unità diventa una parola svuotata di significati concreti, e ovviamente si affievolisce
il sentimento che un destino comune tiene unite le nazioni, le genti e i singoli individui. E che avve
Culto radio
Domenica 12 gennaio
Pastore BRUNO SACCOMANI
Torino
Domenica 19 gennaio
Pastore NERI GIAMPICCOLI
Roma
nire può aspettarsi un mondo così
diviso, dove alcuni popoli si avventurano fra gli splendori e l’opulenza del futuro ed altri invece
strisciano nella miseria e nell’ignoranza? ».
L’astronauta Borman, nel vedere, da centinaia di migliaia di chilometri di distanza, la piccola palla terrestre dal colore azzurrognolo, ha esclamato, attraverso ai microfoni: « Ci deve essere pure
qualcosa di profondamente sbagliato ed ingiusto nei sistemi che
governano quella sfera quando si
pensa che otto milioni di bambini
— sì, avete letto bene, otto milioni
di bambini: non si tratta di un
errore di chi scrive o del proto '—
muoiono di fame ogni anno ».
Egli forse in quel momento non
si rendeva conto che la sua stessa
presenza nel cosmo lo rendeva responsabile di quelle vite umane,
come d’altronde ne è responsabile ognuno di noi, che viviamo su
questa terra.
Roberto Peyrot
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)