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Anno 116 - N. 39
3 ottobre 1980 - L. 300
Spedizione iti abbonamento postale
Gruppo bis/70
ARC'MVIO TAVOLA VALLE;
10066 TOHiìS PELLI CE
ddìe valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
punti
i vista
Gonfiato al limite del possibile, rimpinzato di diavolerie chimiche, ritirato e riammesso sui
banchi delle macellerie nello
spazio di un giorno, il vitello
insomma fa notizia.
Lo si mangia ancora, si capisce, ma forse non più con il gusto di prima. Sulla fettina è ormai insorto il dubbio, per alcuni
la certezza, che anche lei contribuisce ad avvelenarci, giorno
per giorno, insieme ad altre migliaia di prodotti che escono dalle mani della speculazione chimico-alimentare. Appena calmata la bufera sul vitello agli estrogeni ne è insorta immediatamente im’altra, più discreta ma destinata anch’essa a durare, sull’uccisione del medesimo. In un recente decreto, firmato dai ministri Rognoni ed Aniasi, si concede ai religiosi ebrei ed islamici l’ingresso nei pubblici mattatoi per controllare che l’uccisione dei capi di bestiame, destinati
alte loro comunità, avvenga secondo il rito della iugulazione:
un taglio netto, impartito con un
coltello affilatissimo, all’altezza
della carotide. Il decreto ha tutta l’aria, come del resto afferma,
di voler difendere «il diritto di
professare liberamente riti e costumi religiosi delle minoranze ».
Un atto quindi, all’apparenza,
di grande liberalità nei confronti
delle minoranze islamiche ed ebraiche in Italia che da tempo
sollecitavano un simile decreto.
« Solo durante il fascismo — mi
conferma il rabbino Sierra di Torino — fu interdetto l’ingresso
al mattatoio ai rabbini provvisti
di patente di macellazione. Ma
sia prima che dopo il fascismo
non ci sono stati yeti dell’autorità civile sulla macellazione di rito ebraico ». Il provvedimento
quindi, più che i 50.000 ebrei italiani, riguarda la minoranza islamica che pratica anch’essa l’uccisione dell’animale con immediata fuoriuscita di sangue. Contro il decreto — così registra
« Panorama » — sono insorte le
società protettrici degli animali e
gli antivivisezionisti che nel frattempo hanno raccolto 30.000 firrne per la revoca della « crudele
disposizione ». Inoltre, sul tavolo
della magistratura è anche arrivata una denuncia che si fonda
sulle norme di macellazione della Comunità Europea le quali
prevedono sempre l’anestesia dell'animale prima dell’uccisione.
Altro particolare importante:
da fonti attendibili sembra che
il decreto sia nato sulla spinta
di una richiesta commerciale da
parte dei paesi arabi che, essendo sprovvisti di adeguate strutture di macellazione, hanno ordinato in Italia forti quantitativi di carne bovina purché macellata secondo la tecnica islamica.
Religiosi ebrei ed islamici si sono già affrettati ad inviare precise documentazioni agli enti protezionistici in cui si dimostra che
l’uccisione biblica con la lama,
se fatta da esperti, per l’animale
non è più straziante delle moderne tecniche occidentali. Ma al
di là della macabra discussione
ci fermiamo alla considerazione
del fatto che un nuovo spazio
di libertà per le minoranze religiose è sorto grazie alla molla
economica. Ancora una volta, insomma, interessi politici ed economici presiedono a spazi di li
bcrtà nati da un’apparente volontà democratica. Apparente perché nella sostanza più che al fattore religioso, culturale si è guar^
dato all’interesse economico.
G. Platone
NEL MEDIO ORIENTE Si GIOCA IL FUTURO DELL’UMANITÀ’
Due porte e quattro chiavistelli
E’ indispensabile accettare il fatto che l’Iran partecipi al controllo della via del petrolio - Il
nostro ruolo di italiani potrebbe essere meno squallido che quello di essere mercanti di armi
Quando dopo aver avuto un
colloquio con un detenuto voglio
uscire dal carcere della mia città, devo attendere che alla porta
interna siano presenti contemporaneamente il secondino che
mi accompagna e, dall’altra parte, il secondino dell’atrio: allora, solo se i due manovrano di
comune accordo le rispettive serrature, la porta si apre e mi lascia passare. Ma non per questo
sono ancora fuori: bisogna che
a sua volta il - secondino dell’atrio si porti dall'altra parte
del locale, alla porta esterna, e
anche qui, solo se le due serrature sono manovrate di comune accordo da lui e dal secondino
esterno, l’altra porta si apre e mi
trovo finalmente aH’esterno. Due
porte e quattro chiavistelli, con
le quattro chiavi tenute da tre
uomini diversi. E’ questo il complicato sistema della sicurezza
carceraria. Ed è anche la complicata trafila che ogni petroliera
deve poter seguire se dal porto
in cui ha caricato, in Iran o Iraq,
vuole uscire nell’Oceano Indiano.
Nel golfo persico
La prima porta è lo Shatt elArab, il grande còrso d’acqua navigabile in cui confluiscono il Tigri e l’Eufrate (due dei quattro
fiumi dell' Eden biblico...) che
ogni petroliera deve risalire per
andare a caricare nei porti di
Abadan (Iran) o di Bassora
(Iraq). Per uscire in mare aperto
deve esserci il consenso dei due
che, attualmente, controllano
mezzo Shatt el-Arab per uno. Ma
ora l’Iraq ha invaso l’Iran per riprendersi l’altra sponda del fiume (e controllare così i due chiavistelli della prima porta) che
dovette cedere nel 1975 all’arroganza del Gendarme del golfo, lo
Scià di Persia, in cambio del ritiro deH’appoggio che lo Scià dava alla rivolta curda in Iraq. Di
conseguenza lo stato maggiore
iraniano ha vietato la navigazione nello Shatt el-Arab. A parte il
fatto che nei porti in fiamme ora
non c’è più molto da caricare, la
prima porta del petrolio è bloccata.
La seconda porta è lo stretto
di Hormuz, dove ugualmente esistono due sponde e due chiavi:
una è tenuta dall’ Iran (anche
qui, a suo tempo lo Scià consolidò la sua potenza aggiungendo
alla sua costa il dominio su tre
isolette di antico possesso arabo,
per farne gli ingranaggi della
propria seconda serratura), l’altra dal Sultano dell’Oman, un
tempo amico dello Scià e ora
d’accordo con americani e inglesi nel permettere loro l’istallazione, sulla penisola di Musandam,
dei dispositivi di sicurezza che
costituiscono l’altra serratura
della seconda porta. Anche qui
l’Iran, attaccato, ha minacciato
il blocco dello stretto di Hormuz. E seppur l’Iraq giungesse a
controllare la prima porta, l’Iran
(a meno di essere addirittura annientato) potrebbe sbattere la se
conda, con cannoni, mine, o bloccando lo stretto braccio di mare
con una superpetroliera affondata.
Nostalgìa
del gendarme
Mi pare che la similitudine delle due porte e quattro chiavistelli permetta di mettere in evidenza l’enorme pericolo che il conflitto medio-orientale riveste per
la pace mondiale. Infatti il passaggio del petrolio (il 60% del
petrolio destinato a Europa e
Nord America) può scorrere liscio solo in due casi: se le due
porte sono controllate da potenze diverse che trovano tra loro
un accordo o se le due porte, con
le quattro serrature, sono controllate da un’unica potenza (e
dai suoi satelliti). Il primo caso
è stato il precario equilibrio che
si è stabilito tra Iraq, Iran e anglo-americani dopo la rivoluzione iraniana. Il secondo è quello
che vigeva al tempo dello Scià,
quando il potente Gendarme del
golfo aveva costretto alla resa
Bagdad e col Sultano dell’Oman,
in posizione subalterna, aveva il
pieno controllo dello stretto di
Hormuz.
Non sono pochi ad avere nostalgia della maggior sicurezza
che dà un unico gendarme rispetto al difficile accordo di tre diversi secondini, ed è per questo
che l’Iraq, che è stato signifìcati
SALMO 37: 7
Assenza di silenzio
Una delle carenze di oggi è
quella del silenzio esterno e di
quello interiore.
/ rumori fuori e in casa sono
sempre più forti e più frequenti: autocarri, tram, autobus, treni, aerei e le auto e motociclette
di piccola o di grande cilindrata. I giovanotti oggi, non potendo competere con le auto quanto
a volume, potenza e confort, cercano di competere con rumori
assordanti e con velocità proibite, specie in città. Per non parlare
poi dei rumori delle seghe elettriche, delle gru, dei martelli
pneumatici là ove c'è da riparare
o da ingrandire condutture elettriche, costruire (abbattendo magari case in ottimo stato per innalz.are grattacieli da affittare a
prezzi triplicati)... Insamma in
città (non dico poi ¡ielle megalopoli) il silenzio si ha solo (e non
è che relativo) dall’una alle quattro del mattino.
Quanto al silenzio interiore
non è facile averlo che nelle veglie o neirisolametìto della malattia. Ma anche allora il pensiero vola, la fantasia lavora, i ricordi parlano, i propositi affiorano... e dentro di noi non c’è
vero e completo silenzio. Anche
quando andiamo fuori, da .soli,
non riusciamo ad avere il silenzio vero nella mente, nel cuore,
nella coscienza.
Ma specie quest’ultimo non ci
accompagna, perché la coscienza nostra non ha pace finché
certe condiz.ioni non .sono soddisfatte: il ricordo o rimprovero
delle nostre malefatte ci accompagna finché esse non sono state
lavate, cancellate. Per l’esperienza di quarantaquattro anni di
ministerio posso affermare che
nulla e nessuno può purificare
una coscienza macchiata — quindi tormentata — se non Gesù
Cristo.
Allora chi ha creduto in Gesù
Cristo impara a stare in silenzio
e a chiedere luce per sapere la
rotta da seguire. Oggi viviamo in
Un labirinto (qualcuno dice in
un deserto senza pali indicatori)
e ci occorre sapere la direzione
da dare ai nostri passi. Anche
qui nel silenzio, nel raccoglimento e nella preghiera possiamo ricevere la ispirazione divina per
sapere come vivere oggi, qui, in
queste circostanze.
Carenza di silenzio, e quindi
di meditazione seria e prolungata: ma la maggiore è la carenza
di vera fede, di quella fede che
espone a Dio i bisogni nostri e
quelli degli altri. Una fede che
pensa solo all’anima del credente, senza una simpatia e un interessamento per gli altri, non
sfociante nella intercessione e
nell’impegno, non è la fede cristiana che è insegnala dalla preghiera comunitaria, « il Padre
nostro ».
Ci siamo abituati oggi a vivere: o senza preghiera e allora si
ha un impegno sociale che cura
i corpi dimenticando le anime,
oppure una vita di fede non impegnata, ove il sentimento detta
legge, disinteressandosi della
sorte dell astronave-terra che
tutti ci porta attraverso i cieli.
Gesù Cristo di giorno predicava, guariva, sfamava, liberava
gli ossessi, ma la notte spesso
la passava in preghiera, e per
questo si ritirava o sui monti o
nel giardino di Getsemane o altrove, per entrare — nel silenzio — in comunione col Padre
celeste.
Quando impareremo a seguire anche in questo l’esempio del
nostro Maestro e Signore? Mi
piace qui ricordare il motto di
Benedetto da Norcia: « Ora et
labora »1 (Prega e lavora!) E’ solo quando si riferisce tutto a Dio
creatore e conservatore della vita che si riesce a far qualcosa di
buono, di duraturo, di valido
per noi stessi e per gli altri.
Se seguiamo Gesù Cristo più
da vicino (e non da lontano) potremo vedere come Egli incarna
perfettamente l’amore che s’irradia e fa nutrire le folle affamate. I miracoli della potenza
divina possono manifestarsi là
dove c’è fiducia nella sua bontà:
Egli vuole e può aiutarci, liberarci da ogni male e salvarci per
questa e per l’altra vita.
Carenza di silenzio, di vera
meditazione, di preghiera perché c’è in realtà una carenz.a di
fede, cosa che dovrebbe spingerci tutti (da soli o meglio in compagnia) a chiedere con umiltà e
costanza: « Signore, aumenta la
nostra poca fede! ».
Liborio Naso
Lo stretto di Hormuz, una delle
due porte del petrolio medioorientale.
vamente definito « Taspirante
Gendarme », se non è direttamente spinto dagli Stati Uniti,
per lo meno non è osteggiato da
nessuno degli stati occidentali, e
non certo dall’Italia che ha appena stretto un patto con Bagdad
concordando un vergognoso baratto tra armi e petrolio quando
già da mesi si assisteva al crescere della provocazione irachena.
E qui sta il grande pericolo.
Per quanto la guerra dell’Iraq
non sia riuscita ad essere un
« blitz » e sembri ora ristagnare
senza andar oltre le pazzesche
reciproche distruzioni, essa è sintomo di un ricorrente tentativo
di schiacciare un paese che dà
noia a tutti: l’Iran. Già gli Stati
Uniti hanno tentato una volta direttamente con la folle incursione del 25 aprile (il cui carattere
« limitato », in caso di successo,
era tutto da dimostrare). Ora ha
tentato in maniera massiccia e
frontale l’Iraq. Ammettiamo pure che gli USA non spingano
l’Iraq; ma per chi lavora, oggettivamente, l’Iraq, che da due anni si sta avvicinando progressivamente aH’America, se non per
quegli Stati Uniti che continuano
ad avere la nostalgia della politica del gendarme, che perso uno
non chiedono di meglio che di
metterne in piedi un altro? E intanto, per quanto cautamente, il
governo degli Stati Uniti avanza
la pericolosissima proposta di
creare una squadra navale di
pronto intervento cercando di
coinvolgere l’Europa in una politica di forza delle porte del petrolio...
Tutto questo indica quanto poco sia stata accettata dagli Stati
Uniti la rivoluzione iraniana. E
non è solo questione degli ostaggi tuttora detenuti: si tratta di
una incapacità ad ammettere le
proprie responsabilità e a digerire il fatto che un paese dominato per trent’anni si sia liberato e segua una sua strada autonoma. Ed è invece proprio questa la « conversione » che. Carter
dovrebbe attuare: accettare la
rivoluzione iraniana, questo profondo e autonomo mutamento
nel M.O. (ben diverso da quello
avvenuto in Afghanistan!); questo significherebbe accettare il
fatto che a partire da due anni
fa e in futuro, a controllo delle
due porte devono esserci tre secondini e non un solo gendarme,
che è su questa trafila pur com
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 2)
2
3 ottobre 1980
UN ESEMPIO Di MATERIALE EVANGELISTICO
«AREA PROTESTANTE»
Una esperienza che forse
La può interessare...
passi da casa Sua. È questo il titolo di un pieghevole
quartiere in 5.000 copie (case, bar, negozi, ecc.) dalla
L,iii^esa metodista di via Porro Lambertenghi di Milano. Le tre fac
cíate esterne del pieghevole, oltre al titolo e all’indirizzo della chiesa, riportano una piantina con l’esatta collocazione della chiesa.
discorso semplice e chiaro ed un invito al
maiogo che riproduciamo qui sotto. Sostenuto da alcune attività della chiesa nel quartiere, che già hanno contribuito a farla conoscepuò aver avuto qualche effetto, dice il pastore Valdo
Benecchi interpellato in proposito; « Di fatto alcuni singoli e famiglie SI sono recentemente avvicinate alla nostra chiesa, non saprei
se attraverso questo o altri canali di informazione ».
Si tratta di un esempio forse tra tanti, che... ognuno tiene sefosse stato per un visitatore di passaggio
per Milano, non sarebbe giunto fino a noi, via Mestre! Eppure averilancio dell’evangelizzazione implicasse anche una
Tu ‘^ì^.’^^teriale, di informazione, di notizie... Attendiamo
materiale che consenta al nostro
giornale di svolgere la sua funzione di circolazione anche in questo
campo. Non Sara certo possibile riprodurre il materiale di ogni chiegmnm informazioni che consentano a
chT^e ^ mettersi in contatto reciproco per scambi e ri
In un momento come questo,
caratterizzato dal crollo di tanti
valori più o meno tradizionali
che fino a ieri sembravano capaci di proporre la soluzione facile e definitiva a tutti i problemi, l’individuo finisce per ritro-'
varsi sempre più solo ed isolato,
senza punti di riferimento e con
la incapacità di comunicare con
gli altri.
Noi siamo una comunità di cristiani evangelici e cerchiamo di
proporre una soluzione alternativa a questo stato di cose. Ciò
che ci spinge ad incontrarci e ad
operare insieme è la fede comune in Gesù Cristo. Un Gesù molto diverso da quello delle immagini tradizionali, un Gesù vicino,
che rende gli uomini fratelli e
solidali fra loro. Nella nostra comunità non ci sono gerarchie;
non ci sono alcuni che insegnano
dall’alto delle loro cattedre e gli
altri che imparano passivamente.
Al contrario noi siamo tutti
uguali, tutti laici, uniti solo dalla
fede in Gesù. Un Gesù che — ne
siamo convinti •— è in grado di
dare una speranza, un significato
alla nostra vita ed al nostro
tempo (senza che tutto ciò interferisca minimamente nelle convinzioni e negli impegni politici
e civili di ognuno). Per questo ci
richiamiamo alla semplicità e alla autenticità delle chiese di cui
parla il Vangelo (e perciò ci definiamo evangelici). Ci proponiamo, nella linea della Riforma
protestante del XVI secolo, come
seria alternativa al dogmatismo
e al formalismo della chiesa cattolica romana. Il nostro unico
punto di riferimento, vita e salvezza è la parola di Clesù, il Vangelo. Un Vangelo non dogmatico,
ma vissuto in libertà perché siamo certi che la parola di Dio è
soprattutto libertà. Libertà di
realizzarsi compiutamente, anche in comunione con gli altri.
Noi siamo una comunità aper
Il bollo
in orbita
È caduto il governo, e tra le
mille altre cose che tornano, o
continuano, a girare in orbita di
parcheggio, c’è anche quel piccolo particolare del « decretone » economico che precisava
come non soggette a bollo le
dichiarazioni e domande relative all'esonero e alla frequenza
delle lezioni di religione. Prima
che il nuovo governo sia formato e trovi modo di emettere un
provvedimento in merito a tale
questione passeranno mesi. Avremo così un anno scolastico
In cui vigerà per le scuole superiori la richiesta del bollo per
le dichiarazioni di esenzione. È
quindi necessario che la nostra
azione di opposizione a questo
errore di interpretazione non si
smorzi. Per questo è essenziale
documentare difficoltà, ostacoli
e iniziative. La rubrica « La religione a scuola » resta aperta
per contributi e segnalazioni.
Indicare sempre con precisione
luoghi, e nomi delle scuole.
ta, non chiediamo niente a nessuno, ma cerchiamo di dare tutto quello che possiamo, chiunque
può venire o andarsene, impa
rare o insegnarci qualcosa.
Siamo certi di non aver inventato niente di nuovo. Sappiamo
che la vita, la fiducia, la gioia
che sono in noi ci vengono dal
Vangelo.
Forse anche Lei qualche volta
si è chiesto che senso ha la nostra esistenza, la nostra fatica e
tutto quello che quotidianamente facciamo e se non è possibile
stabilire un rapporto migliore,
più sincero, più profondo, più
umano, con gli altri.
Se vuole, possiamo incontrarci, parlarci. Noi ci riuniamo per
il culto tutte le domeniche, alle
ore 10,45, presso il tempio di via
Porro Lambertenghi, 28, Milano
(che naturalmente è aperto a
tutti). Oppure, ancora più comodamente, può dare un colpo di
telefono al pastore della nostra
comunità, Valdo' Benecchi.
Siamo certi che questo incontro e questo scambio di idee saranno per Lei da annoverarsi tra
le Sue esperienze positive.
CONSIGLIO EGEI
Rilancio dell’attività
giovanile
Nei giorni 26 e 27 settembre si
è riunito nell’accogliente centro
di Ecumene (Velletri), il Const
glio della Federazione della Gio
ventù evangelica Italiana (Fgei)
È stata una riunione « allarga
ta » ai rappresentanti delle Federazioni Regionali, ai direttori dei
centri giovanili, al direttore designato di Gioventù Evangelica, al
rappresentante della Fgei nel
consiglio della Federazione delle
chiese. Uno « stato generale » insomma della Fgei che aveva come scopo la periodica verifica
delle attività della Fgei, prima
della ripresa.
Dalle relazioni delle federazioni regionali è emersa una realtà
in movimento, specie nelle regioni del sud Italia, con fermenti ed
iniziative sui vari temi della problematica giovanile (droga, ora
di religione) e della evangelizzazione. Una realtà in crescita che
ha bisogno di una intensa e coordinata azione di formazione che
va forse al di là delle attuali forze della Fgei e che comunque
non può limitarsi alla pur importante azione svolta dai centri
giovanili.
Per questo tra le più significative decisioni assunte dal consiglio vi è il potenziare e meglio
coordinare il lavoro tra i giovani della Puglia e di tenere entro
la fine dell’anno un seminario di
formazione per i quadri Fgei del
sud.
Sul terreno dell’iniziativa su
uno dei problemi più drammatici del nostro tempo, la droga, il
consiglio ha deciso di organizzare una campagna di sensibilizzazione delle comunità evangeliche
mediante la pubblicazione di alcuni documenti elaborati dalla
Federazione stessa e di scrivere
una lettera al presidente Pertini
chiedendo la « depenalizzazione »
per l’uso della « cannabis indica »
e sorattutto un suo intervento
presso alcuni governi orientali
per evitare la pena di morte contro alcuni giovani italiani accusati di uso di droga.
Altra importante decisione assunta (in linea di massima) è
quella di tenere il prossimo congresso nazionale della Fgei ad
Adelfia nel mese di agosto 1981.
Si tratta di una decisione che si
accompagna ad un impegno di
maggiore presenza dei giovani
evangelici nelle realtà meridionali. gg
Nuovo indirizzo
Pastore Mario Sbaffi e Signora, Via
IV Novembre. 107 - 00187 Roma - Telefono 6796714.
Siamo i Radicali
della cristianità?
Il moderatore mi ha, col suo
sermone il giorno del XV agosto,
battuto sul tempo; l’articolo che
egli ha citato dal giornale «Le
Monde » aveva colpito anche me
e meritava una segnalazione; che
tanti francesi si sentano protestanti « di spirito » senza appartenere ad una chiesa è sorprendente, anzitutto per il numero
(il doppio dei membri iscritti) e
soprattutto per la responsabilità
che ne deriva. Giustamente il moderatore ha sottolineato il fatto
che se anche da noi le cose stanno così (e non lo possiamo sapere se non si fa un’inchiesta dello
stesso tipo) la nostra evangelizzazione deve tenere conto di questo fatto che cioè molti che non
appartengono alla chiesa evangelica sentono interesse e simpatia per le sue posizioni, si sentono in qualche modo appartenenti all’area protestante senza
essere militanti, se così possiamo dire.
C’è però un altro fatto su cui
merita riflettere: questa simpatia, interessamento, adesione generica a che cosa porta? Quali
ne sono le conseguenze, i risultati, gli sbocchi? È già stato rilevato in passato, e giustamente, che
molti italiani si interessano alla
fede evangelica ma non si impegnano in essa, curiosi come gli
ateniesi che ascoltavano Paolo,
ma scettici come loro. Si informano di cosa credono, pensano,
scrivono ma restano, per pigrizia o calcolo, legati ai loro schemi ed ai loro riferimenti tradizionali. Fenomeno antico, dunque
che accompagna tutta la nostra
storia di evangelici in Italia.
Forse c’è però qualcosa di nuovo ed a pensarlo mi spinge un
recente articolo apparso sul
SOEPI, il bollettino del Consiglio
Ecumenico. È il caso della chiesa
ortodossa di Finlandia. In un
paese interamente luterano esiste una minuscola chiesa ortodossa, frutto di antichi insediamenti e di immigrazione, poche
migliaia di credenti. Dopo aver
vissuto per secoli del tutto isolati nella loro pietà, ai margini
di una società protestante, sono
oggi oggetto di un improvviso
ed inatteso interesse: i loro conventi soprattutto sono mète di
visite sempre più frequenti, hanno dovuto fare fronte ad una
richiesta di informazione proveniente da tutti gli ambienti: studiosi, gruppi giovanili, teologi, sono diventati punti di incontro
sempre più frequenti, tutti vogliono conoscere quali siano i
fondamenti, le linee direttrici della loro fede, del loro culto, ma
quasi nessun finlandese lasfcia il
luteranesimo per diventare ortodosso.
Fatte le proporzioni, lo stesso
fenomeno che si verifica da noi;
l’area protestante nel senso di
interesse per le posizioni protestanti, di simpatia per il modo
di vivere la fede degli evangelici,
cresce probabilmente attorno a
noi, senza però che il numero di
FACOLTA’ VALDESE DI TEOLOGIA
Verso l’apertura del 126° anno
(nev). 11 126" anno accademico
della Facoltà valdese di teologia
di Roma sarà aperto quest’anno
dal prof. Oscar Cullmann, che
parlerà su: « La preghiera del
vangelo di Giovanni ». Sabato 18
ottobre alle ore 18.
I corsi della Facoltà sono articolati su cinque cattedre (Antico
Testamento, Nuovo Testamento,
Teologia sistematica, Storia della chiesa e Teologia pratica) con
quattro professori ordinari e diversi incaricati, invitati e ospiti.
Nello scorso anno hanno frequentato i corsi 17 studenti italiani e
9 stranieri; 8 candidati in teologia preparano le loro tesi di licenza. Una sessantina sono gli
iscritti al corso di diploma (che
non richiede la frequenza a Roma).
Nel programma per il 1980-81
figurano, oltre agli argomenti di
introduzione generale e i corsi
standard delle diverse discipline,
diversi corsi su argomenti specifici a cura dei professori titolari:
J.A. Soggin sul « Sacerdozio nell’Antico Testamento »; Bpuno
Corsani su « Morte e risurrezione di Gesù nella teologia di Paolo »; Paolo Ricca (titolare di teologia pratica e di storia della
chiesa) proporrà un seminario
su uno dei testi classici del pietismo, i « Pia desideria » di Spener. Inoltre una riflessione sul
rapporto fra psicanalisi e religione studiando il carteggio fra
S. Freud e il pastore O. Pfister.
Sergio Rostagno svolgerà il corso sul tema: « Salvezza e futuro
del mondo mediante Gesù Cristo », con conversazioni sul concetto di vita.
Altri corsi saranno svolti da
professori ospiti: Pierre Bonnard
professore di Nuovo Testamento
a Losanna; Henry Mottu dell’Atélier Oecuménique de théologie
di Ginevra (Apocalittica e teologia cristiana); Dionisio Minguez,
S.J. del Pontificio istituto biblico
di Roma (Lo strutturalismo applicato aH’esegesi biblica). Mi-n
guez è il primo professore cattolico che viene invitato a tenere
dei corsi nella Facoltà valdese.
Oltre a preparare i futuri pastori delle chie.se valdesi e metodiste (e di altre chiese evangeliche) la ¡Facoltà di Roma svolge
un ampio lavoro culturale, soprattutto .sui temi biblici e della
teologia e storia protestante. Le
iscrizioni sono aperte a tutti, senza distinzioni confessionali. Unica condizione è il possesso di
un diploma di scuola media superiore.
Oscar Cullmann già professore
di teologia del Nuovo Testamento a Basilea e Parigi è uno dei
più conosciuti studiosi contemporanei del Nuovo Testamento.
E’ noto anche per le sue iniziative ecumeniche. Fu os.servatore
al Concilio Vaticano come invitato del Segretariato Vaticano per
l’Unione dei cristiani. La sua presenza a Roma è motivo di interesse per gli ambienti accademici ed ecumenici.
credenti professanti aumenti.
Cosa significa questo? Che la
comunità cristiana, la chiesa è
sentita, vissuta, vista come un
gruppo di opinione più che come una organizzazione stabile?
Forse, e facendo il confronto col
mondo politico si potrebbe dire
che la gente sente la chiesa come
il partito radicale più che quello comunista: struttura minima
il primo, grosso apparato il secondo, il primo solleva problemi, dibatte opinioni, scandalizza
e provoca, il secondo tiene fede
alla sua linea ideologica marxista, la adegua ai tempi e si preoccupa di gestire nel concreto questa scelta.
Si ha nel campo della fede
qualcosa di analogo: la chiesa
cattolica è evidentemente ed m
modo consapevole una struttura
organizzata, con una linea, dei
Congressi (i concili ed i sinodi)
delle correnti (conciliari e lefevriani), dei movimenti e delle
strutture, è un po’ il PCI della
religione cristiana (senza che
questo accostamento suoni offesa per nessuno!); gli evangelici?
Da sempre poco organizzati, diversificati, in movimento, in inventiva (meno di quanto vorrebbero loro ma forse più di quanto credono) sempre ad insistere
su alcuni grossi nodi della vita
nazionale: Concordato, clericalismo, scarsa coscienza morale
ecc., sarebbero i Radicali della
cristianità (senza effe questo suoni offesa per nessuno)?
Bisognerebbe sapierlo e capirlo
perché ne va della nostra presenza in Italia. Ma può la chiesa
cristiana essere sólo un movimento di opinione? Non è anzitutto comunità di vita, di fede,
di speranza?
Dare la propria adesione alla
chiesa anziché diventarne parte?
Far diventare militanti (cioè
credenti) dei simpatizzanti che
si interessano solo?
Giorgio Tourn
Due porte
(segue da pag. 1)
plicata che va costruito il controllo e la sicurezza di quella zona vitale del mondo; significherebbe riavere allora gli ostaggi e
poter stabilire — avendo la pazienza di aspettare il superamento del più che giustificato sospetto di un popolo beffato troppe volte — relazioni amichevoli
con un Iran che non ha nessun
interesse ad aprirsi (ma lo farà
se sarà costretto) alTUnione Sovietica.
Disgusto e vergogna
Certo noi italiani abbiamo poco da insegnare agli Stati Uniti,
noi primi della classe nell’essere
i principali fornitori di armi all'Iraq, incapaci, a livello governativo, di andare al di là di un
ipocrita e imbarazzato invito alle due parti a cessare il fuoco.
E proprio per questo — mentre tanta gente non si rende conto del pericolo gravissimo che
comporta questa guerra, i suoi
eventuali sviluppi ed altri futuri
tentativi più o meno scoperti di
mettere le mani sulle porte del
petrolio, e fa finta di non sapere
e di non vedere e pur di avere il
petrolio per mantenere e accrescere il proprio standard di vita
non fa tante domande sulla sua
provenienza e su cosa si dà in
cambio — sta a noi come uomini liberi e come credenti dire
alto il nostro disgusto e la nostra vergogna di essere membri
di un paese che vende più armi
che può, a chi più può, pur di ricavarne profitto e petrolio, a rimorchio di una politica di rischio spaventoso, incapace di una
linea autonoma fatta di intelligenza e di diplomazia anziché di
aumenti di commesse militari.
Non c’è dubbio che siamo in buona compagnia. Tanti e tanti
esportano armi ed eserciti e sognano gendarmi vecchi c nuovi.
Non per questo è meno evidente
— per chi non voglia ripetere a
se stesso fino allo stordimento
«anima mia riposati, mangia,
bevi, godi » — che questa è la via
del suicidio spirituale c materiale.
Franco Giampiccoti
3
3 ottobre 1980
INTERVISTA A EMILIO CASTRO
E scritto dai poveri
l’Evangelo di tutti
Il dopo-Melbourne centrato sul ruolo dei poveri nella chiesa. Dopo la
visita del papa in Sud America, una duplice sfida aM’ecumenismo
Nel centro ecumenico d’Agape,
quest’estate, si è fermato solo
due ore ma sono bastate per conoscerlo. Irruente e pacato allo
stesso tempo, con un linguaggio
ricco d’immagini e esempi concreti l’abbiamo ascoltato, con interesse, al suo rientro dall’assemblea del Consiglio Ecumenico
svoltasi a Melbourne. Emilio Castro, 53 anni, pastore metodista
in Uruguay, perseguitato politico, oggi risiede a Ginevra dove
dirige il dipartimento « Evangelizzazione » del Consiglio Ecumenico. Spontaneo, vivace, prima di
risalire in macchina accetta di
lasciarsi intervistare ( « purché
faccia in fretta e non scriva quel
che non ho detto ») sui temi che
la sua relazione ha sollevato.
— L’assemblea ecumenica di
Melbourne ha messo al centro
la questione dei poveri. Ora cosa intendete fare?
— E’ un problema che deve
porsi a livello di tutte le chiese
locali. Al Consiglio Ecumenico
stiàmo approntando tutta una
documentazione che possa facilitare una presa di coscienza generalizzata. Melbourne, se vogliamo, è stato solo un grido, ora si
tratta di lavorare capillarmente
per promuovere scambi nel quadro di una coscientizzazione generale. Per realizzare questo
obiettivo dobbiamo conoscere
molto più da vicino la situazione
delle masse diseredate nel mondo e comprendere, nel concreto,
cosa vuol dire che nella scala di
priorità i poveri occupano il primo posto. L’Evangelo stesso è un
messaggio scritto dai poveri per
i poveri; ma ripeto facciamo
ogni sforzo per portare a livello
della comunità locale questa problematica.
Ginevra: ostacolo
o aiuto?
— Il fatto che il Consiglio Ecumenico delle Chiese risieda a Ginevra, in una delle città più ric
lechi dal mondo cristiano,
a cura di ANTONIO ADAMO
Pastori in Germania:
troppo liberi?
(Evangelische Information).
Secondo il sovrintendente ecclesiastico Werner Hofmann della
Chiesa evangelica della Baviera,
il pastore evangelico nella sua
attività gode di libertà e di indipendenza impensabili in altre
organizzazioni. I responsabili
ecclesiastici hanno scarsi mezzi
per controllare il lavoro quotidiano di un pastore.
Tutto ciò pone dei problemi;
in questa situazione infatti non
è possibile valutare la conduzione di una chiesa in maniera
corretta, secondo Hofmann, né
in caso di successo né in caso di
insuccesso.
Africa: accordo tra
il Kenya e la CETA
(SOEPI) Il governo del Kenya ha stipulato un accordo con
la Conferenza delle Chiese di
tutta l’Africa (CETA), in cui le
Si concedono dei privilegi internazionali.
Questi privilegi comprendono ;
la creazione di un ufficio della
CETA a Nairobi, che permetterà all’organizzazione di esercitare le sue funzioni nel Kenya e
nei paesi vicini ; concessione di
permessi di lavoro al personale
impiegato dalla CETA nel Kenya e in altri paesi africani.
Tra gli altri privilegi accordati ricordiamo : l’esenzione dalla
imposta sul reddito ; l’esonero
dal servizio militare; l’esenzione
da tutte le tasse sugli automezzi, il materiale e l’equipaggiamento importato dalla CETA ed
inoltre facilitazioni nel cambio.
Questi accordi sono stati siglati dal ministro degli Esteri
Ouko e dal pastore Janda, segretario generale associato della
CETA.
La Chiesa
genera nevrosi?
( B.I.P.) Esiste una nevrosi di
« ecclesiogenesi »? Questa è la
domanda che ha posto la Comunità di lavoro dei medici protestanti svizzeri, in occasione di un
incontro che ha avuto luogo quest:', estate. Due medici tedeschi
qualche anno fa avevano sostenuto che la Chiesa è generatrice
di nevrosi. Lo psichiatra bernese Aloys von Creili lo ha contestato e su questa delicata questione ha sostenuto che la Chiesa suscita dei comportamenti patologici nella misura in cui, rinunciando alla fedeltà all’Evangelo, si istituzionalizza e diventa
potente, L’Antico Testamento,
ma soprattutto il messaggio di
Cristo mettono in rilievo il ruolo anti-istituzionale della persona
umana, sia nel dialogo di Dio
con gli uomini o degli uomini
tra di loro, sia per quanto riguarda le relazioni di uguaglianza tra uomo e donna. Se la chiesa può suscitare nell’individuo
dei sentimenti di frustrazione,
ciò avviene essenzialmente a causa del comportamento tirannico
di alcuni suoi rappresentanti,
soprattutto educatori. In ogni
caso occorre chiedersi se attualmente la chiesa è ancora così
influente come si pensa; non intervengono altri fattori della vita sociale? Come mai — ci si è
chiesto — negli stati totalitari
che lasciano meno libertà agli
individui si registrano meno casi
di nevrosi? L’individualismo esagerato, l’abuso dell’emancipazione dell’uomo e della donna, non
può giungere a delle tare psicofisiologiche? La comunità dei
credenti, quando è fedele all’Evangelo, è invece un fattore di
salute psicologica nella nostra
società.
5 milioni di franchi
per le comunicazioni
nei paesi svantaggiati
(SPP) L’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana, che conta oltre 250 membri
tra Chiese e organismi assistenziali, stanzia annualmente cinque milioni di franchi per Io sviluppo delle comunicazioni nei
paesi « svantaggiati ». L’Associazione si preoccupa per le conseguenze profonde che comporterà la comunicazione via satellite
e ordinaria sui valori ed i modi
di vivere di tutte le società. Per
il 1982 è previsto un congresso
che dovrebbe permettere alle
Chiese di concretizzare le loro
responsabilità in questa rivoluzione dei mezzi di comunicazione.
che del mondo, non finisce per
essere un’oggettiva complicità
con il mondo dei ricchi?
— Questa stessa domanda mi è
stata posta da un giornalista
americano a Melbourne. E’ vero
che si tratta di un problema. Ne
abbiamo discusso a lungo. Tuttavia in Svizzera abbiamo facilità
di ottenere dei « visa » per profughi e delegazioni straniere, non
solo ma anche facilità di compiere quelle transazioni economiche che si rendono necessarie nel
quadro del reciproco aiuto tra
le chiese. Recentemente si era
pensato ad una nuova sede, più
modesta, in Inghilterra; ma solo
per assorbire i costi del trasloco
dovrebbero trascorrere 10 anni
in cui, ad ogni buon conto, la
svalutazione del denaro non si
arresta. Il problema è comunque aperto.
Inviati sul posto
— Nel linguaggio ecumenico si
continua ad usare il termine :
missione. Fino a che punto il significato di questa parola è cambiato negli ultimi tempi?
— La missione non è solo andare al di là dei propri confini,
come si riteneva in maniera
esclusiva sino a qualche anno fa,
ma è uno scoprire la nostra situazione di « inviati » anche là
dove viviamo ogni giorno.
In altre parole: in ogni luogo
dove il cristiano si trova dovrebbe chiedersi: qual è la mia vocazione? A chi testimonio della fede in Cristo? Interrogativi del genere non sono solo questioni personali ma debbono avere un respiro comunitario. Insomma
quando io vedo, come spesso in
Svizzera mi succede, delle chie.se
piene di gente anziana, rassegnata, chiese in cui non ci sono più
i giovani, mi rendo conto che
manca drammaticamente una
prospettiva missionaria. E quando non si ha più, come chiesa, il
problema di cosa fare al di fuori
delle quattro mura è la fine. Una
chiesa si rinnova solo nell’impegno missionario; è appunto nell’impegno per gli altri che ci si
accorge che Dio chiama tutti e
che la vocazione cristiana coinvolge tutti i livelli. Certo anche
in questo campo bisogna rendersi conto che esiste una risposta
locale e una universale. La vocazione missionaria tradizionale rimane importante perché è sacrosanto il fatto che bisogna portare l’Evangelo ai pagani ma essa
va compresa come simbolo delr impegno missionario globale
della chiesa.
Evangelizzazione:
siamo agli inizi
— Nella chiesa v.aldese, da due
anni, siamo tornati a parlare di
evangelizzazione. Ci siamo solo
noi?
— So che i valdesi e i metodisti oggi privilegiano la linea teologica dell’evangelizzazione. Il fenomeno è comunque europeo:
penso a Taizé che, pur con grossi
limiti, accoglie migliaia di .giovani oppure al Kirchentag tedesco capace di coinvolgere le masse in un discorso di fede. Ma, a
livello europeo, siamo solo agli
inizi: occorrerà molto impegno
e molta fantasia. Non abbiamo
nel campo dell’evangelizzazione
modelli definiti e sperimentati.
Ma è già molto che sia rinata,
nel protestantesimo, la voglia di
diffondere l’annuncio' gioioso del
Regno che viene.
DAL COMITATO CENTRALE DEL CEC
Duro appello contro
il Sud Africa
Facendo seguito alla dichiarazione su Gerusalemme (Eco-Luce
n. 36 del 12.9.’80), pubblichiamo in questo e nei prossimi numeri
stralci e riassunti concernenti le principali deliberazioni adottate
dal Comitato Centrale del CEC nella sua recente sessione dell’agosto scorso.
11 Comitato Centrale chiede alle Chiese membro, al CEC stesso e a tutti i cristiani:
— di affermare che l'apartheid è un peccato che in nome
dei principi della fede deve essere rifiutato perché è una perversione dell’Evangelo;
— di incoraggiare e sostenere il Consiglio sud africano delle
Chiese e le Chiese del Sud Africa
nell’esercizio del loro ministero
profetico e la loro esigenza di un
cambiamento radicale del sistema politico attuale, di perseverare nell’espressione della loro solidarietà e della loro comunione
con tutti coloro che, in quei paesi, lottano per una società più
giusta, e di unirsi ad essi nella
preghiera perché l’avvento della
giustizia sì compia nella pace:
— di premere sui governi e
le organizzazioni internazionali
perché applichino rinsieme delle
sanzioni nei confronti del Sud
Africa, compreso il ritiro degli
investimenti, la cessazione dei
prestiti bancari, l'embargo sulle
armi e il petrolio, e, in generale.
tutte le misure atte ad assicurare l’isolamento del Sud Africa;
— di cessare ogni impegno
finanziario diretto che sostenga
il regime dell'apartheid.
Visto quanto precede e conformemente alle raccomandazioni
del Colloquio mondiale sul razzismo che ha avuto luogo nel giugno 1980 in Olanda, il Comitato
Centrale chiede altresì alle Chiese membro di condannare:
a) il concetto dei bantustan
e la creazione artificiale che ne
risulta di una divisione della popolazione nera tra urbana e rurale, con una classe media nera
che .serva da cuscinetto;
h) la «costellazione di stati
de r.Africa australe » preconizzata dal regime sudafricano;
c) la accresciuta repressione
esercitata contro coloro che si
oppongono al sistema (per os.
detenzione senza giudizio, torture, assassinii);
d) la privazione sistematica
della nazionalità sudafricana e
dei benefici della cittadinanza
che colpisce la popolazione nera.
____ Lei è latino americano. Come valuta, a tre mesi dalla visita
di papa Wojtyla, la questione
ecumenica in quel continente?
E’ una questione vastissima
che varia da situazione a situazione. In molti Stati, protestanti
e cattolici lavorano gomito a gomito nell’ impegno di testimonianza e diciamo pure nella resistenza contro la crescente opposizione politica. Nel quadro della
missione universale della chiesa
abbiamo siglato un accordo concretizzato in un documento ufficiale che uscirà fra pochi giorni:
si tratta di una serie di compiti
comuni ai cristiani al di là delle
barriere confessionali.
Ora lei ha accennato al papa.
E’ indubbio che la sua figura, il
suo stile proietta un’immagine
che per noi protestanti costituisce un problema. Ci dà fastidio
la sua facilità di entrare in rapporto con le masse, così conte
certe vecchie riflessioni su Maria
pensavamo fossero questioni da
tempo superate. Wojtyla in Brasile ha favorito la costituzione
di un organismo ecumenico locale tra cattolici e protestanti. Credo che da un lato dobbiamo cercare di seguire la via dell’ecumenismo locale accettando di confrontarci sempre con la Scrittura e accettare, allo stesso tempo,
la sfida della ricerca della verità
dogmatica che Wojtyla pone. Accettare questa duplice sfida significa definire la nostra identità protestante in un impegno coraggioso scevro da pregiudizi il
che significa, per esempio, tentare di far emergere la dimensione
della Riforma anche nella chiesa cattolica. In America Latina
molti teologi cattolici progressisti hanno attinto a piene mani
dal rinnovamento della teologia
biblica protestante. Guardi i libri della teologia della liberazione: quante note e riferimenti vi
compaiono a teologi protestanti.
Anche questo è un segno che le
cose stanno cambiando.
a cura di
Giuseppe Platone
LESOTHO
Serie di
attentati
All’inizio di agosto, la scuola
di Thabeng (Lesotho), dove insegna la nostra sorella Laura
Nisbet, è andata semi-distrutta
per via di un incendio, probabilmente doloso. E’ quanto apprendiamo da una lettera della sig.na
Nisbel, pubblicata nell’ultima
circolare di « Testimonianza Evangelica Valdese ». Un’altra lettera, mandata il 2 settembre, riporta altre brutte notizie: « Qui
le cose vanno maluccio. Dopo il
grande incendio del blocco animinisirativo, c’è stata tutta una
serie di altri incidenti. Qualcuno
ha tentato di mettere il fuoco
al refettorio bruciando della paglia tra il soffitto e il tetto; la
stessa cosa è successa in una
delle nuove aule. Poi venerdì
scorso alle 10 di sera la campana ha improvvisamente ricominciato a suonare e questa volta
la vecchia cappella della scuola,
uno dei più vecchi edifìci di tutto il paese, è sparita nelle fiamme. Anche un’altra casetta vicino al campo di tennis è bruciata. Poi hanno tentato a più riprese di distruggere delle case adiacenti a quella del direttore, ma
grazie al pronto intervento di un
inglese e alcuni alunni metà del
tetto è stato salvato. Han poi
messo il fuoco a una delle case
degli operai, ina anche qui sono
riusciti a spegnerlo in tempo.
Domenica ci siamo riuniti con i
professori per discutere sul da
farsi e durante la riunione ci è
stata recapitata una lettera in
sesotho minacciando di farci saltare in aria con una bomba!
La polizia pattuglia le strade
di notte.
Ora dovrebbe esserci una riunione dei dirigenti della Chiesa
per decidere se chiudere la scuola fin quando il colpevole o i
colpc^'oli saranno stati scoperti.
C’è chi dice che ci sia di mezzo
la politica, altri che sia la vendetta di qualche alunno. O forse
qualcuno che vuole del male alla Chiesa si serve dei nostri alunni per distruggere Thabeng? ».
Laura Nisbet
4
3 ottobre 1980
DOCUMENTAZIONE E PROPAGANDA CULTURALE ALLE MOSTRE MEDICEE
Verso una nuova Controriforma?
con l'Europa, e va alla deriva in un mondo mediterraneo
curo perfino per i turisti, Di questo devono rendersi conto anche le gerarchie romane
FIRENZE — La gigantesca mo®tra su Firenze e la Toscana dei
Medici nell’Europa del Cinquecento sta per chiudere le sue 5
sezioni. Mentre organizzatori e
operatori turistici cominciano a
tirare le somme, qualche considerazione non è inopportuna.
La prima cosa che accade di
rilevare è questa: il paese fruisce oggi di un grande numero
di addetti culturali di sicura preparazione, capaci di organizzare
anche didatticamente delle esposizioni di alto livello; i cataloghi
da essi redatti sono una testimonianza eloquente. La seconda
cosa che cade sotto gli occhi è
la rnassa di visitatori che per
mesi e mesi sono giunti da mezzo mondo, hanno congestionato
il centro cittadino.
L’epidemia
delle mostre
Al massacro ed alla gara podistica dei turisti-visitatori a Firenze risponde, certo in tono più
dimesso, la contemporanea apertura di mostre medicee di altri
centri toscani. Il loro valore è
ineguale, talvolta la passeggiata
prevale sull’interesse del materiale esposto, sparpagliato in numerosi edifìci.
Ma questo rientra nel quadro
di un fenomeno che suscita anche perplessità. Al turismo di
rnassa si risponde con una massiccia offerta di cultura, e qui
tutto serve: centenari di nascite
e di morti, arti figurative, urba
ANNUNCIATA UNA NUOVA PUBBLICAZIONE
I Valdesi
e l’Europa
n. 14389100 intestato a Società di
Studi Valdesi, Torre Pellice, specificando la causale del versamento stesso. Sono accettate altre forme di pagamento ed è
possibile ritirare personalmente
il volume presso la sede della
Società stessa.
Le prenotazioni non accompagnate dal versamento non verranno prese in considerazione.
II volume conterrà scritti di:
Gabriel Audisio, Enea Balmas,
Salvatore Caponetto, Romolo
Cegna, Jean Duvernoy, Luigi
Pirpo, Carlo Ginzburg, Giovanni Gönnet, Domenico Maselli,
Grado Merlo, Amedeo Molnar,
Giorgio Peyrot, Paolo Ricca,
Giorgio Rochat, Luigi Santini,
Kurt-Victor Selge, Giorgio Spini, Aldo Stella, John Tedeschi,
Christine Thouzellier, Valdo Vinay.
La Società di Studi Valdesi
Proseguendo la sua attività
editoriale la Società di Studi
Valdesi è lieta di annunziare la
pubblicazione del numero NOVE
della sua « Collana » di studi e
ricerche: I Valdesi e l’Europa.
L’opera, che raccoglie un’ampia serie di contributi originali
di studiosi italiani e stranieri, è
stata impostata dalla Società in
occasione del suo centenario che
avrà luogo nel 1981. L’adesione
di così, numerosi e qualificati
studiosi del fenomeno valdese
nei suoi diversi aspetti testimonia l’interesse che la vicenda
del valdismo ha suscitato negli
ultimi decenni in tanti settori
della cultura e della chiesa cristiana, ed indirettamente costituisce un riconoscimento dell’attività che la nostra Società ha
svolto in questo campo nei lunghi anni della sua storia. L’indice del volume rende ragione di
questa ricchezza e varietà di interessi e giustifica il titolo che
si è dato alla raccolta stessa.
La Società si augura che anche
questa iniziativa, come le precedenti, incontrerà l’approvazione
dei suoi soci ed amici ottenendo
larga diffusione.
Il volume, previsto per l’estate
1981, consterà di 320-330 pagine
ed avrà i caratteri di tutti i volumi della « Collana » ; il suo
prezzo si aggirerà intorno alle
17.000 lire. Il prezzo di sottoscrizione è fissato a L. 12.000. Si prega di prenotarsi versando l’importo sul conto corrente postale
nistica, folklore, musica popolare e cantautori, e perfino « sagre »: del fungo, del vino, del
santo e della madonna, del giaggiolo, dei brigidini. Dobbiamo
pur chiederci se questo eterogeneo bazar è cultura, incentiva la
cultura, oppure se non siamo
ormai a modeste proposte di amministratori locali accusati di
« non fare nulla » per la loro comunità. Il fine, sempre più scopertamente, non è la cultura,
bensì l’industria del turismo, la
giustificazione del modesto potere degli amministratori.
Mi è accaduto di rivisitare abbastanza in profondità la ’Toscana, e sono rimasto trasecolato
a leggere una infinità di manifesti per « feste della Madonna ».
I programmi: una mistura di
gare podistiche o in bicicletta,
processioni, albero della cuccagna, messe e balli lisci. Ecco, vedere così mistificata e strumentalizzata — dalla Pro Loco e dalla parrocchia — la figura di Maria, l’ancella del Signore, faceva
dolere come per una profanazione, mentre mi chiedevo se tutto
ciò rientrava in una strategia di
massa. Ma a beneficio di chi? del
popolo dei credenti?
Verso una cultura
neo-clericale?
A ben altro livello, e con strumenti raffinati, una preoccupante propaganda culturale traspare dada mostra fiorentina dei
Medici. Qui una sezione ha un
titolo cattivante: La comunità
cristiana fiorentina e toscana
nella dialettica religiosa del Cinquecento. Se i bei titoli non hanno la mera funzione di accalappiare gli ingenui visitatori, bisogna che questa « dialettica religiosa » sia evidente. Ma la mostra ci offre solo la Firenze della Controriforma: opere caritative, ordini religiosi, sinodi, arcivescovi, visite pastorali. Percepiamo il calore ’tridentino’ di
Cosimo I — noto mandante di
assassini in patria e all'estero —
e la sua calcolata aderenza alla
ortodossìa romana per fini di
stabilità sociale e ascesa fami
liare. E l’altro polo della ’dialettica’, la Riforma?
Se volete trovarla, andate in
un altra sezione — in Orsanmichele — dove dei laici di cultura
hanno illustrato I Medici e l'Europa 1532-1610. Ora vediamo finalmente, e leggiamo le esatte
didascalìe, il Lutero di Cranach
e il Calvino della Bibl. Univ. di
Ginevra, il Carnesecchi del Puligno, e documenti su processi inquisitoriali, sul martirio del Carnesecchi, sul Colloquio di Poissy, sulle guerre di religione in
Francia. Testimonianze dosate
in rapporto ad altre coeve: la
’dialettica religiosa’ c’è, e viva
bene, ma bisogna cercarla non
dove il titolo la propone, bensì
in una sezione ’laica’. Perché?
L’Italia si allontana
dall’Europa?
Ci siamo posti, e poniamo, molti interrogativi. A diversi di essi,
sul piano operativo, sappiamo
bene che non è diffìcile dare una
risposta. Ciò non ci libera dalla
penosa constatazione di fin aperto tentativo di manomissione della nostra cultura da parte della
gerarchia ecclesiastica, la quale
da sempre privilegia il modello
della propaganda culturale. Non
per caso la più valida cultura
nazionale, da sempre direi, è
apertamente o meno anticlericale e laica. Non per caso la gerarchia romana ha sempre fatto leva sulla docilità di uomini
nell’orbita del suo potere.
La Controriforma costruì e
difese una cortina culturale tra
l’Europa e l’Italia: chi volle infrangerla pagò di persona, e
spesso si riconobbe emarginato
in patria. Oggi il nostro paese,
per tanti versi infelicitato da un
trentennio di malgoverno, sta
perdendo contatti vitali con l’Europa, è dequalificato. Lo spezzone peninsulare va alla deriva in
un mondo mediterraneo malsicuro perfino per i turisti. E’
un’ora grave per chi fa cultura,
e di questo devono rendersi conto anche le gerarchie romane.
Non si manipola senza danno la
cultura, non si cancella la Rifor
RADIO E TELEVISIONE
L'ispettore Derrick
Borsa di studio
Una borsa di studio di 2.500 sterline
per l'anno 1981-82 è offerta dal Westminster College di Cambridge (a cui vanno richieste informazioni e inviate le
domande entro il 31 dicembre 1980)
per un pastore consacrato della Chiesa riformata unita d'Inghiiterra e Galles o di altra Chiesa membro dell'Alleanza riformata.
Non ho quasi mai il tempo di
guardare la televisione, e, quando posso farlo, mi piacciono i
telefilm brevi, facili e divertenti,
con personaggi che riconosco da
una volta all’altra. Però vorrei
che, oltre ad essere riposanti,
riuscissero anche a farmi pensare, a insegnarmi qualcosa che
non sapevo, a migliorarmi, insomma.
Perciò, quando scoprii il tenente Colombo, fui contenta di
vedere un personaggio « buono »
un po’ più vero dei bei giovani
sportivi e invincibili, che riescono a saltar giù dal terzo piano
senza neanche storcersi una caviglia.
NOVIT A’
FRANCO GIAMPICCOLI
LA RELIGIONE NELLA SCUOLA:
necessità dell’esenzione
(«dossier» 10) - pp. 64, L. 2.000
Conte si è giunti all’attuale confessionalizzazione della
Scuola italiana. Perché l’esenzione dall’insegnamento religioso
nella Scuola costituisce una protesta e una difesa essenziali.
Una risposta alle obiezioni più frequenti.
Per una maggiore diffusione della esenzione come indice
di non gradimento dell’attuale regime concordatario.
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1 - 10125 TORINO
c.c.p. 20780102
Così mi piacevano le prime
puntate di Masch, perché quei
medici americani mandati in Corea a ricucire feriti odiano il
massacro e i paroioni vuoti, rispettano gli esseri umani e .sono
pronti ad aiutarli.
Ma più di tutti questi mi sono
piaciuti il giudice presentato da
Sunone Signoret e specialmente l’ispettore Derrick.
I personaggi di Masch sono
sempre uguali e passano tutto il
tempo libero ad ubbriacarsi, a
fare all’amore e a giocare a carte.
E’ vero che vogliono cancellarsi
dalla testa guerra e sangue, ma
il risultato è un po’ malinconico.
Colombo è simpatico con la
sua aria dimessa e disordinata,
l’utilitaria, l’impermeabile spiegazzato; ma la sua lotta col cattivo si riduce un po’ troppo ad
una partita a scacchi fra due intelligenze: da una parte il cattivo che ha commesso un delitto
quasi perfetto e sfida apertamente il poliziotto a trovarne le prove, dall’altra Colombo che riesce
a demolire l’alibi regolarmente
aiutato dal fatterello imprevisto
che gli permette di porre il colpevole con le spalle al muro.
Le vicende del giudice non sono di solito nulla di speciale, ma
la Signoret basta da sola a farne
qualcosa di vivo: dà l’impressione di voler realmente bene ai poveri diavoli che il suo lavoro le
fa incontrare.
Derrick non è pittorescamente disordinato come i medici di
Mash, o come Colombo; anzi è
banalmente brutto e qualsiasi,
con le borse sotto gli occhi e la
correttezza impersonale dei vestiti e del linguaggio; i suoi avversari non sono dei superintelligenti orgogliosi delle loro capacità eccezionali, e neppure delle
caricature come il maggiore razzista imbottito di frasi fatte che
incontriamo in Mash. Si tratta di
gente come tutti gli altri e di situazioni anche troppo reali.
Derrick si trova davanti piccoli imbroglioni, ladruncoli o
bracconieri, trascinati quasi per
caso in vicende tragiche.
Con loro fa ostinatamente il
suo dovere, ma non dimentica
mai la pietà. Per esempio in un
episodio recente , l’ispettore scopre i delitti di un ex-sergente fanatico, pronto ad uccidere quelli
che considera sotto-uomini, convinto com è che alcuni individui
superiori possano cancellare dalla loro vita le persone scomode.
L’assassino si irrigidisce sull’attenti illudendosi di essere eroico,
e Derrick ribatte con civile malinconia: « Riposo, per favore! ».
Mi rallegra che l’ispettore sia
tedesco. Mi ricorda una volta di
più che al di là della Germania
dei potenti senza scrupoli, dei colonnelli di ferro e dei gregari fanatici, c’è non solo la Germania
eroica dei Bonhoeffer e della Rosa Bianca, ma anche la folla onesta, instancabile, rispettosa e
cordiale dei vari Derrick. Spero
proprio che siano in tanti, e non
solo in Germania.
Marcella Gav
ma col trionfalismo decadente
della Controriforma senza allontanare ancor più profondamente
l’Italia dall’Europa.
Certo, noi protestanti abbiamo pagato e ancor più pagheremo di persona il nostro dovere di
smascherare le maiiomissioni.
Non saremo né eroi né araldi
della cultura; cercheremo modestamente di restare portavoci di
un mondo più complesso e più
ricco di fermenti, di avvenire. E
saremo compagni di strada di
un laicato — credente e non —
che è cresciuto nonostante tutti
gli scongiuri. E ci accompagnerà sempre non l’astio o la vanagloria, ma l’amore fraterno verso quel popolo di Dio che vive
nella Chiesa cattolica-romana,
cercando di non dimenticare mai
quel tanto che abbiamo in comune.
L. Santini
a colloquio
con i lettori
LA CITTADELLA
Valdese deH'evangellzzazione (si convertì mio nonno agli inizi del secolo)
mi ritrovo adulta ormai e In un rapporto di amore/odio con quella che, nonostante tutto, continuo a considerare
la mia « chiesa ».
Il problema primo, e certamente il più
importante, è quello del credere/non
credere, ma non di questo voglio parlare.
Piuttosto della mia posizione nei confronti della chiesa valdese non tanto
come istituzione, quanto come persone che la compongono. Non penso di
essere originale (sono anzi sicura del
contrario) affermando che la forza maggiore della chiesa valdese è allo stesso
tempo la sua più grande debolezza.
Costretta per secoli ad essere « cittadella » per non farsi distruggere materialmente e spiritualmente, oggi lo
spirito e 1'« orgoglio » (sentimento certo poco cristiano ma umanamente comprensibilissimo) di essere riuscita a
salvare la propria identità contro tutto
e tutti fa sì ohe la « cittadella » esista
ancora e spesso racchiuda tra le sue
mura (raesicurantl per quelli che ci
Stanno dentro ma difficilmente violabili per quelli che le vedono da fuori) i
membri di chiesa che o sono in regola
con l'albero genealogico, o sono comunque riusciti ad entrare e ad omologarsi aH'ambiente circostante.
Oggi si parla di evangelizzazione, E
non metto certo in dubbio (conosco bene l'onestà morale delle persone per
affermarlo tranquillamente) la sincerità del proponimento.
Conosco anche il « dramma » del
cercare consensi senza dovere scendere a troppo pesanti compromessi con
la propria identità, la propria linea,
(esperienze politiche e sociali me lo
hanno insegnato) e la difficoltà di trovare il « confine », il « limite » oltre il
quale non si riesce ad andare nonostante la migliore volontà di >■ aprirsi
agli altri ». Ma la chiesa (anche « mia •
nonostante tutto) dovrebbe fare degli
sforzi in proposito, comunque farne
più di quelli che fa già, sforzi che almeno arrivino fuori della prima cerchia
di mura.
Quindi mi viene naturalo una riflessione: se cominciaste a guardarvi meglio dentro (e qui parlo di voi dentro
la cittadella) e cercaste di essere meno compresi nel vostro ruolo di portatori di un'identità originale e, senz'altro, positiva ma più disponibili anche
a sentire ciò che dicono gli altri? È
sempre la stessa storia, per convincere bisogna prima capirsi: siete sicuri
di aver fatto il possibile? E non aspettate che siano gli altri a tempestarvi
di richieste di cambiamento ma fate da
soli (vi stimo abbastanza per sapere
che siete capaci di farlo) i primi passi in questo senso nelle vostre riflessioni.
Che altro dire? Spero che questo
piccolo contributo possa essere utile
a tutti e vi saluto fraternamente.
S. P. Una « sorella » di Roma
Preghiamo tutti coloro che inviano
scritti e lettere al nostro giornale di
indicare sempre II proprio nome, cognome e indirizzo affinché la redazione
possa eventualmente risalire aH’origine
degli scritti che le pervengono. Grazie.
Errata corrige
La lettera della lettrice Perla de Rosa. pubblicala in Tribuna libera nel
n. 36 del 12.9. 80 col titolo «Marzabotto. umiliati offesi w era diretta al Sindaco non di Roma bensì di Marzabotto.
5
3 ottobre 1980
PIAGET, UN GRANDE CONTRIBUTO ALLA SCIENZA MODERNA
Una guida per entrare
nel mondo del bambino
Ho incontrato Jean Piaget durante gli ultimi anni del suo insegnamento universitario a Ginevra. Ero un giovane insegnante di lettere, quando decisi di
andare a seguire le sue lezioni
all’Università di Ginevra dal
1967 al 1971. Le mie precedenti
esperienze d’insegnamento nella
scuola media mi avevano condotto a sentire come un problema le differenze di linguaggio
e di mentalità dei ragazzi che
avevo incontrato, la distanza tra
me e loro, ed ero alla ricerca
di una via per capirli meglio, per
entrare nel loro mondo, nella
speranza di imparare a sostenere con loro un dialogo più soddisfacente.
Vi è in effetti una parte del
contributo scientifico di Piaget
che riguarda la psicologia del
bambino in senso stretto, dalla
nascita all’adolescenza, che consiste appunto in una esplorazione del pensiero infantile e sembra fatta apposta per consentire all’educatore o allo psicologo
di spogliarsi della logica di adulto per entrare nel mondo del
bambino, riconoscendovi ciò che
è simile e ciò che vi è di peculiare, di « altro ».
Prime esplorazioni
Nelle sue esplorazioni sul pensiero infantile Piaget ha dapprima scoperto che il bambino ha
un suo modo di pensare, e quindi un suo mondo, retto da una
logica che corrisponde solo in
parte a quella dei « grandi » ; ha
quindi mostrato che per comprendere questo mondo è necessario distaccarsi, per quanto è
possibile, dalle norme dell’adulto. Vi è un’età dell’egocentrismo
infantile in cui il bambino si
immagina di essere la causa e
lo scopo di tutto ciò che lo circonda (pensate al bambino che
diceva che i laghi sono stati scavati dagli uomini perché i bambini potessero farci il bagno), in
cui non accetta che in una gara
non possano vincere tutti, e crede più grave l’aver rotto molti
bicchieri involontariamente piuttosto che uno solo con intenzione.
Che l’adulto intervenga con le
sue spiegazioni a mostrare al
bambino che non è cosi, è quindi una forma di violenza o di
mancato rispetto per la personalità infantile, mentre più favorevole è attirare semplicemente l’attenzione del bambino sui
punti che il suo ragionamento
lascia insoluti, aspettando con
fiducia il momento in cui il suo
modo di pensare riuscirà a tenerne conto.
Questo pensiero infantile, che
per certi aspetti ci può parere
tanto strano, è invece la sintesi
equilibrata dell’esperienza del
bambino, ed è sufficiente a guidarlo nelle azioni adatte alla sua
età; quando l’esperienza sarà
cresciuta, il pensiero si ristrutturerà tenendo conto dei nuovi
dati, e per esempio l’egocentri.smo cederà il passo alla capacità di considerare che gli altri
possono avere un punto di vista
diverso dal proprio. Quindi c’è
ad ogni età una forma di equilibrio tra il pensiero, le esperienze compiute e l’attività del
bambino.
L’intelligenza nel
bambino pìccolo
Ma donde trae origine questa
forma di equilibrio che è il pensiero? Per rispondere a questa
domanda Piaget pensò di osservare le prime manifestazioni dell’intelligenza nel bambino piccolo. Nel neonato infatti, e fino all’acquisizione del linguaggio, la
vita psichica esiste, ma si esprime soltanto attraverso il movimento, l’azione. All’inizio di questo periodo, il neonato è in una
situazione di bisogno e di inconsapevolezza di sé, nel senso che
non può distinguere neppure tra
ciò che è parte del suo corpo e
ciò che non lo è. Attraverso la
sua attività spontanea — dapprima basata sui riflessi, poi su
schemi d’azione più complessi e
volontari — e in stretta relazione con le persone e gli oggetti
che lo circondano, il bambino
compie, nell’arco di venti mesi,
una prima strutturazione dello
spazio, del tempo, dei rapporti
di causa, che gli permette ad
esempio di saper cercare un interessante oggetto sfuggitogli, o
di sapere che le persone o cose
che egli non vede né sente direttamente continuano a esistere, da qualche parte, nello spazio : in definitiva di situarsi come un oggetto (sia pur particolare: una persona) in un mondo
di oggetti.
Il pensiero operatorio
Compiuta questa esplorazione,
Piaget tornò allo studio dell’età
prescolastica e scolastica. La
sua scoperta fondamentale è la
nozione di pensiero operatorio,
o reversibile; è la conquista di
questa reversibilità che avvicina
la logica del bambino a quella
dell’adulto. Il pensiero operatorio permette al bambino già
grandicello e all’adulto di rappresentarsi una trasformazione
tenendo a ménte allo stesso tempo il suo punto di partenza ed
il punto di arrivo : così, nelle
operazioni matematiche occorre
poter passare mentalmente, per
esempio, dagli addendi alla somma, ma anche di saper tornare
indietro agli addendi; e cosi avviene nella misura dei volumi o
nella comprensione di semplici
fenomeni chimici o fisici; ed anche quando riflette su un processo irreversibile, il pensiero
operatorio può liberamente rappresentarselo o percorrerlo a ritroso, con un movimento di andata e ritorno che libera il pensiero dalle costrizioni delle azioni materialmente compiute. Piaget ha scoperto che vi è un’età
in cui tutti i bambini credono
che, per esempio, in una torta
tagliata a fette vi sia meno da
mangiare di quanto non ve n’era
nella torta intera ; o magari qualche altro bimbo dirà che taglian
do a fette ce n’è di più, la quantità aumenta, perché così ce n’è
per tutti... Il pensiero operatorio aiuta a ridimensionare illusioni di questo genere, egoiste o
generose che siano. Ma la conquista del pensiero operatorio
non è una cosa semplice né rapida, perché quando un bambino
ha acquisito la reversibilità rispetto all’operazione di addizione (e ciò avviene di solito attorno ai sei anni), non la applica
automaticamente a altri campi,
come per esempio alla misura
dello spazio, anzi sono necessarie nuove esperienze e nuove manipolazioni perché questa estensione possa avvenire, e ciò può
richiedere alcuni mesi o anni. Si
tratta insomma di un lungo cammino che occupa tutta la seconda infanzia e la preadolescenza,
e solo al suo termine si può dire
che il pensiero operatorio si applica a tutti gli aspetti della realtà. Vi è un campo particolare a.
cui anche l’operatività si applica, su cui vorrei soffermarmi; è
il campo dei rapporti sociali.
Nelle relazioni tra gli uomini,
senza la reversibilità non è possibile capire la reciprocità che
vi è in ogni rapporto umano, né
riflettere sulla cooperazione; in
tal caso la visione dei rapporti
sociali resta unidirezionale, quindi autoritaria, quindi ingiusta.
Un’altra conseguenza, importante anche per le sue implicazioni pedagogiche, di quest’analisi del pensiero operatorio, è
che le operazioni del pensiero
sono azioni interiorizzate, cioè
azioni non più compiute materialmente dal bambino, ma rappresentate mentalmente. Ma prima di essere mentalizzate, è necessario che le azioni siano state
compiute materialmente dal
bambino ; lo Sviluppo intellettuale è quindi una riflessione
sulla propria azione : ecco l’importanza dell’attività dei bambini, del loro compiere atti e manipolazioni che permettono la
conoscenza degli oggetti, ed ecco
la valorizzazione di tutte le attività spontanee dei bambini, dal
Jean
Piaget
Jean Piaget è stato il padre
della moderna psicologia
infantile che ha rivoluzionato
il modo di comprendere ed
educare il bambino. Sulla
figura e sull’opera
del grande scienziato svizzero,
morto il 17 settembre
all’età di 84 anni,
abbiamo chiesto due
contributi, a uno psicologo
e a un pedagogista.
Pier Valdo Comba lavora
nella équipe di
neuropsicbiatria infantile
di una Unità locale dei servizi
della cintura torinese.
Fiorenzo Alfieri, per vari anni
insegnante in una delle
prime scuole elementari
a tempo pieno di Torino, è
attualmente assessore allo
sport, gioventù e tempo Ubero
del Comune di Torino.
Piaget non si è mai dichiarato
un pedagogista e non si è mai
occupato di didattica. Eppure
tutta la ricerca pedagogico-didattica di questo secolo ha ruotato
intorno a lui e ha dovuto fare i
conti con i risultati delle sue ricerche psicologiche e con la loro
evoluzione nel tempo.
Il motivo di questo fenomeno
è semplice: Piaget ha dedicato
tutta la sua vita alla delineazione di una sorta di grammatica
dell’infanzia e quindi si è posto
alla base di qualunque esperienza educativa e di qualunque tentativo di rinnovamento della
scuola.
Il sommario della sua grammatica può essere il seguènte. Il
bambino, come d’altra parte tutte le creature viventi, tende ad
assimilare, a incorporare i dati
deH’ambiente e contemporaneamente ad adattarli a sé. Per far
questo usa soprattutto l’intelligenza e lo fa in modo diverso a
seconda dell’età. In modo sensomotorio dagli 0 ai 20 mesi circa,
in modo pre-operatorio dai 2 ai
7 anni, in modo operatorio concreto dai 7 agli 11, in modo logico-formale dagli 11 in poi. Ciò
che emerge via da tale lenta evoluzione è la capacità della mente
di uscire daU’egocentrismo e dalla schiavitù percettiva per divenire sempre più capace di astrarre e di costruirsi schemi interpretativi duttili e produttivi.
Non ci può essere evoluzione
però, dice Piaget, se il bambino,
non ha la possibilità di avere un
rapporto diretto e attivo con la
realtà, cioè se non può costruirsi
la sua crescita al massimo di li
bertà e di sperimentalità possibile.
L’ambiente è sì, importante, ma
più importanti sono le condizioni in cui il bambino viene messo per operare e per capire. Non
è pertanto vero, ritiene Piaget,
che un bambino proveniente da
un certo ambiente ne resta determinato per tutta la vita.
Può benissimo andare molto
al di là dei limiti che il suo ambiente presenta se la situazione
educativa in cui viene a trovarsi
opera giustamente nei suoi confronti.
Da queste affermazioni fondamentali il movimento della scuola attiva ha ricavato indicazioni
importantissime e soprattutto
riscontri preziosi ai suoi modi di
procedere. Ha così potuto consolidare la concretezza dei primi
insegnamenti, lo stretto collegamento tra la scuola e l’ambiente esterno, la convinzione che le
sperequazioni sociali possono essere contrastate e limitate grazie
a una scuola veramente democratica.
Anche gli sviluppi più recenti
del movimento della scuola nuova hanno trovato in Piaget un
riferimento fondamentale.
Oggi ci si preoccupa molto di
preparare gli allievi a comprendere criticamente la cultura dell’ambiente e soprattutto a conquistare il cosiddetto metodo
scientifico che caratterizza in modo così determinante la cultura
e la tecnologia moderne. Per ottenere questo risultato la moderna pedagogia si rivolge ai fondamenti delle diverse scienze e cioè
alle diverse epistemologie scientifiche.
l’imitazione al gioco, dal disegno
alla manipolazione, all’esplorazione...
Lezioni di metodo
Vorrei ora menzionare alcune
lezioni di metodo che Piaget ci
ha lasciato. Egli ha detto una
volta di essere sempre stato interessato più alla normalità che
alla patofogia. E’ con questo ab
teggiamento mentale che egli è
riuscito ad elaborare concetti
oggi utili alla comprensione tanto di chi è sano come di chi è
o vien detto malato, tanto alla
educazione di tutti che all’educazione degli handicappati veri o
presunti. E’ quindi, a mio parere, un invito a riflettere meno
sulle differenze, sulle presunte
mancanze di chi è o vien detto
diverso, e di più sulle realtà di
fronte a cui tutti gli uomini sono simili.
In secondo luogo per capire
il mondo e la logica infantili
Piaget ha messo a punto un metodo originale detto colloquio
clinico o critico. « Nel corso di
un colloquio lo sperimentatore
cercava di cogliere il pensiero
del soggetto e le sue idee adattando le domande successive alle risposte e alle opinioni di quePier Valdo Comba
(continua a pag. 10)
Una grammatica dell’infanzia
per il rinnovamento della scuola
Se confrontiamo ciò che ogni
epistemologia ci dice a proposito dei suoi elementi semplici,
quelli appunto che possono essere presentati a un bambino di
scuola materna o di scuola elementare, scopriamo che sono gli
stessi che Piaget ha indicato come i processi fondamentali del
modo di funzionare della mente
umana.
È questa l’epistemologia genetica, la più grande e inquietante
convinzione di Piaget, quella che
10 ha portato a incontrarsi con
Einstein per confrontare la concezione del tempo che aveva riscontrato durante le sue indagini sui bambini con quella del
grande fisico teorico e a verificare che moltissimi erano i punti
in comune.
Ci dice quindi Piaget: portare i bambini a comprendere fin
da piccoli in che cosa consiste
11 pensiero scientifico e quindi
dare loro il più potente strumento per conoscere e controllare
la cultura e la società di oggi, è
il modo migliore per rispettare il
processo naturale di apprendimento del bambino e per favorire il suo armonico sviluppo
mentale.
Con questa grande indicazione
Piaget ci ha lasciati. Sta ora alla
scuola, specialmente a quella italiana ancora cosi arretrata, procedere per far sì che l’educazione dei ragazzi ottenga veramente
quello che è il suo scopo principale e cioè la formazione di una
mentalità critica capace di comprendere, di giudicare e se necessario di trasformare profondamente la realtà in cui viviamo.
Fiorenzo Alfieri
La vita
e le opere
Jean Piaget nacque a Neuchâtel
(Svizzera) nel 1896 da madre protestante e padre libero pensatore. La sua
fanciullezza fu dominata dalla passione per la zoologia, che perseguì fino
agli studi universitari in scienze, terminati con una tesi di dottorato sulVadattamento biologico dei molluschi
dei laghi alpini. Parallelamente si appassiona alla filosofia e legge Bergson,
poi Brunschwìeg e Kant. Attorno al
1920 si accosta alla psicanalisi ma è
un’esperienza di breve durata. In quegli anni prende la decisione di dedicare la sua vita allo studio e alla spiegazione dei legami tra la biologia e la
conoscenza. Alla ricerca di un metodo
di lavoro si reca a Parigi al centro di
Binet (l’inventore delle scale d’intelligenza per bambini) e alla scuola psichiatrica di Zurigo, ma poi sviluppa
un’originale tecnica di indagine psicologica : il suo metodo « clinico » o
« critico ».
Dal 1922 inizia la pubblicazione 'Ielle sue esplorazioni sul ragionamento e
sul mondo del bambino. Tra il 1925 e
il 1935 si rivolge alle prime manifestazioni deirintelligenza nel bambino
piccolo- assumendo come materiale
d'indagine osservazioni personalmente
condotte sui suoi tre figli
Tra il 1940 e il 1959 torna allo studio del bambino in età scolastica e
pubblica la classica serie di libri sulle
operazioni dell’ intelligenza (le quantità fisiche, il numero, lo spazio, il tempo, la nozione di fortuito, le strutture
logiche elementari...).
Dal 1950 in poi sviluppa il suo interesse per l’epistemologia, pubblicando
un Introduction à Vépistémologie génétique in tre volumi e fondando nel
1955 il Centre international d épistemologie génétique, a Ginevra, dirigendolo e animandolo fino alla morte recente. come sede di ricerche, dibattiti
e confronti interdisciplinari tra psicologi, logici, linguisti, fisici, cibernetici
e studiosi di tante altre discipline, su
temi quali la lettura dell esperienza.
l’apprendimento, la spiegazione causale in fisica e biologia ecc. Quest attività
egli proseguì instancabilmente anche
dopo aver lasciato l’insegnamenlo universitario per limiti di età.
* *
L'opera di Piaget comprende una
cinquantina di volumi e un numero
vastissimo di articoli, tra i quali può
essere difficile orientarsi, luttavia Piaget lia rias.sunlo più volte la propria
teoria in termini semplici e sintetici, e
sono queste le letture che consigliamo
a chi voglia accoslarvisi per la prima
volta :
Lo sviluppo mentale del bambino e
altri studi di psicologia. Torino. Einaudi, 1967 (I ed. in lingua originale
1964).
In collaborazione con Inheider B.. La
psicologia del bambino. Torino. Einaudi, 1970 (1966).
Per chi voglia tentare letture più
analitiche, suggerisco di iniziare da:
La rappresentazione del mondo nel
janciullo. Torino. Boringhieri. 1966 (I
enl in lingua originale 1924).
Le sue idee suireducazione :
Psicologia e pedagogia. Torino. Loescher. 1970, (1969).
Una guida semplice, valida e ragionata. con una bibliografia aggiornata
al 1972: Droz K. e Rahmy M.. Guida
alla lettura di Piaget. Firenze, la Nuo
va Italia. 1974 (Í ed. orig. 1972).
P.V.C.
6
3 ottobre 1980
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
MONITORI DELLE SCUOLE DOMENICALI
CONVEGNO DI STUDI
DrogatV Come spiegare
la Bibbia ai bambini
Recentemente, i settimanali locali hanno posto all’attenzione
della popolazione il problema
della droga nel pinerolese. L’occasione è stata data dall’arresto
di un giovane di Pinerolo trovato
in possesso di 24 grammi di hascish. Il problema non è nuovo;
è da almeno due o tre anni che
si sente parlare con insistenza di
un giro della droga che, da Pinerolo. è penetrato nelle Valli. Droga leggera, s’intende, com’è appunto l’hascish. La novità è che,
negli ultimi tempi, si è introdotta anche la droga pesante (eroina). Stando così le cose, si tratta
di vedere come reagiamo di fronte a questo problema reale che
coinvolge centinaia di giovani in
preda ad una crisi esistenziale
la quale è solo la manifestazione
più vistosa — e più drammatica — di una crisi globale della
nostra società: crisi di identità,
crisi di valori, crisi di civiltà, crisi di un sistema socio-economico
tremendamente materialista.
Buttare la pietra al « drogato »,
al « tossicodipendente », è — oltre che ipocrita — del tutto inutile. Invocare la repressione anziché cercare di capire i motivi psico-sociali che creano il bisogno
di droe,a, è solo espressione di un
moralismo colpevolizzante che
si rifiuta di vedere le radici del
male. Perché, insomma, chi sono
i cosiddetti « drogati »? Non sono mica dei mostri. I « drogati »,
ognuno di noi li incontra ogni
giorno, anche senza saperlo, sono
giovani come gli altri, possono
essere nostri amici, nostri parenti e anche, a volte, nostri fratelli
in fede. Sono, prima di tutto,
delle persone come noi, che cercano una strada che non trovano, o che rifiutano di percorrere
le strade ordinarie di una società alienante in cui non trovano
il loro posto. Il tragico, in tutto
ciò, è che scegliendo la via dell’autodistruzione tramite droga,
essi imboccano una delle strade
più tipicamente consumistiche di
un sistema economico che ha
fatto del traffico speculativo delle merci la sua bandiera. Ora, si
sa, il confine tra traffico legale
e traffico illegale è molto incerto,
specie nel nostro Paese in cui le
collusioni storiche tra Mafia e
Potere sono ampiamente documentate. E tutti sanno che non
serve a nulla arrestare pesci piccoli che sono soltanto rotelline di un meccanismo complesso,
di una vera e propria industria i
cui managers godono probabilmente di alte protezioni. Né cambia qualcosa il fatto che ora la
legge non considera più reato la
detenzione di droga per uso personale: non è certo questo che
peggiora il problema.
Ma intanto — si dirà — la droga uccide (quella pesante, perché
l'hascish e la rnarjuana non sono
più tossici del tabacco, monopolio di stato). Certo la droga uccide. ma evitiamo di demonizzare il fenomeno: anche la fabbrica uccide, anche la città uccide,
anche il nucleare uccide, anche
l’alcool, il tabacco, i farmaci uccidono, e in maniera infinitamente più alta della « droga ». La vera droga, nelle nostre Valli, non
è l’eroina, è l'alcool che, da sempre, rovina vecchi e giovani (17
mila persone muoiono ogni anno,
in Italia, per alcolismo, contro
500 per eroina). Perché? Perché,
in una zona come le Valli, c’è
questo bisogno di droga chiamata alcool? E la stessa domanda
vale per tutte le altre droghe, legali o no, di cui ha bisogno la
gente per sopravvivere in questa
società. Il problema, allora, non
è da delegare a nessuno ma riguarda tutti, forze politiche e sociali e, in particolare, noi cristiani che in Gesù Cristo riconosciamo il Signore che ci rende
liberi e che dà un senso alla nostra vita. Se questo è vero per
noi, dobbiamo essere in grado di
comunicarlo agli altri, specie a
chi, come il « drogato », ha bisogno di essere liberato dai lacci
dell’ideologia dominante e di .saper dare un senso ad un’esistenza che, in una società come la
nostra, ne ha sempre meno. Se
non abbiamo la coerenza cristiana di agire co.sì, dialogando col
nostro fratello « drogato » anziché respingerlo nel nulla, la nostra fede è .solo un guscio vuoto
privo di senso.
Jean-.Iacques Peyronel
Quello di ottobre è il mese in
cui le Comunità danno il via alle
loro attività tradizionali: Gruppi
giovanili, Corali, Unioni Femminili, Corsi di Catechismo e Scuole Domenicali. Soprattutto a questi ultimi due aspetti della vita
delle Chiese è rivolta l’attenzione di tutti, poiché la formazione
biblica e l'educazione alla fede
delle giovani generazioni sono il
punto di partenza per la costruzione delle Comunità di domani.
E’ compito della Chiesa di dare
quella preparazione che qualcuno vorrebbe fosse anche compito
delle scuole..., ma, tralasciando
questo aspetto della questione, è
evidente che prima di formare
gli allievi devono essere formate
le persone a cui sarà affidato il
delicatissimo compito di occuparsi dei futuri membri di Chiesa. Ecco dunque ad ogni inizio
d’autunno il fiorire di incontri
e conve^i di monitori che, oltre
ad iniziare la preparazione sui
programmi che svolgeranno durante l’anno, hanno l’opportunità di scambiarsi esperienze e
punti di vista, potendo contare
sulla guida e il consiglio di teologi e pedagoghi.
I 2 incontri tenuti a Torre Pellice per il primo circuito e a Villar Perosa per il secondo e il terzo, il 27 e 28 settembre, sono stati ben frequentati. Quasi tutte
le Scuole Domenicali erano rappresentate; è questo un motivo
di soddisfazione e al tempo stesso una garanzia, se così si può
dire, per il buon funzionamento
dei corsi.
Certamente non ancora tutti i
monitori riconoscono l’utilità di
incontrarsi con i colleghi di altre comunità e preferiscono condurre un po’ per proprio conto
è, spesso, in condizioni di isolamento il proprio lavoro. C’è forse ancora in qualcuno il pregiudizio, abbastanza giustificato in
qualche caso, sulle troppe parole dette e sulla scarsa concretezza dei problemi discussi. Ma, chi
sono i monitori? Di che cosa discutono nei loro incontri?
I MONITORI
Ogni anno all’inizio dell’attività si presenta il problema del
reperimento di nuovi educatori
per le Scuole Domenicali; accanto ad un nucleo fisso di monitori
che di anno in anno mettono a
disposizione della Chiesa i loro
doni, c’è .sempre chi si ritira, per
motivi di lavoro, d’età, di salute
e anche di scoraggiamento. I
concistori hanno lanciato spesso
appelli inascoltati, ma quest’anno sembra che ci siano meno
difficoltà. I convegni del I Distretto hanno accolto molti giovani alla loro prima esperienza.
Si sono sentite talvolta delle
critiche su questi giovani monitori dalla scarsa esperienza educativa; spesso i Concistori hanno dovuto difenderli, ma altre
volte li hanno lasciati soli... Qualcuno sogna Scuole Domenicali
dove ogni monitore è un educatore di professione, ma la realtà
è quella che è; specialmente nel
1” circuito (nel 3« la tradizione
del maestro-monitore è più radicata) gli insegnanti-monitori sono pochi e se per le classi dei
più piccoli gli inconvenienti sono
minori, per il precatechismo
(classi di scuola media) la questione si presenta più seria, per
ovvi motivi.
PROBLEMI TEOLOGICI
11 programma predisposto dal
Servizio Informazione Educazione della FCEI prevede per Tanno ’80-81 due sequenze di una
dozzina di lezioni ognuna. La prima riguarda i primi capitoli delTEvangelo di Marco e la seconda presenterà la figura di Mosè.
Il numero di luglio della rivista
« La Scuola Domenicale », guida
insostituibile per i monitori (e
per i genitori! quante famiglie
sono abbonate?) presenta la prima sequenza, intitolata « Chi è
costui?», con appropriate e valide note bibliche. Sulla base di
questo materiale, nei convegni
si è avuta una prima presa di
contatto con gli argomenti da
esporre ai ragazzi. In alcuni casi
Valle d’Aosta
e Valli valdesi
i monitori si sono trovati davanti a questioni teologiche di una
certa complessità. Un solo esempio può bastare al lettore per
comprendere che tipo di difficoltà può presentarsi: i miracoli.
Che cosa è « miracolo » per un
barnbino di oggi? Come fargli
capire la differenza tra un miracolo di Gesù e le guarigioni di
Lourdes di cui sente parlare alla
televisione? E se non si tratta
di guarigioni, ma di « moltiplicazione dei pani », come affrontare la questione del linguaggio
simbolico senza suscitare una
incredulità dannosa anche nel
futuro? A queste questioni i monitori, in sede di preparazione
specifica, cercheranno di rispondere in modo efficace, ma certo
la loro spiegazione sarà tanto
più valida quanto più a fondo
avranno meditato e risolto il
proprio problema di fede.
PROBLEMI
DIDATTICO - PEDAGOGICI
Il pedagogo afferma che la
Scuola Domenicale è tanto più
valida quanto meno funziona sul
modello della scuola vera e propria. Al bambino non suona molto bene di dover « andare a scuola » anche il sabato pomeriggio
0 la domenica mattina, ma il suo
fastidio aumenterà se veramente
si imbatterà in una realtà scolastica. Che fare dunque? Evitare
la lezione « dalla cattedra », prima di tutto, dare al bambino la
possibilità di esprimersi e di essere se stesso, costruire con lui
la lezione, animare l’incontro
con canti, drammatizzazioni, essere pronti ad abbandonare temporaneamente ij regolare corso
del programma per discutere argomenti che lo incuriosiscono.
Un altro problema che ai monitori sta molto a cuore è quello
del rapporto con i genitori. Incontri periodici con le famiglie,
pranzi comunitari, un quaderno
di comunicazione tra monitore e
famiglia (che non sia un diario,
però! ): possono essei'e mezzi validi per istituire un dialogo con
chi in casa deve proseguire in
modo responsabile il discorso
iniziato alla Scuola Domenicale.
1 monitori sono convinti che il
loro lavoro non sarà vano solo
se saranno sorretti dalla collaborazione con le famiglie, che
sembrano latitare in modo preoccupante soprattutto in questi
tempi di secolarizzazione convulsa.
Le comunità sono preoccupate
del malessere che si diffonde in
loro stesse. E’ bene però che siano consapevoli che la Scuola Domenicale è solo un aspetto della
vita comunitaria e i suoi problemi non riguardano solo i monitori, ma ogni membro di chiesa
responsabile.
Franco Taglierò
L’annuo convegno (colloque)
fra studiosi della Facoltà di
scienze politiche di Torino e delTUniversité de science sociale
di Grenoble (nel cui ambito è
attivo un Centro di ricerca sulla storia del versante italiano
delle Alpi occidentali), giunto alla sua VI edizione, si è svolto nei
giorni 27-28 settembre ad Aosta
sotto il patrocinio della Regione
autonoma e, in riferimento al
tema « Histoire régionale et problèmes des minorités dans les
Alpes occidentales », ha compreso una pregevole relazione di
Jean-Pierre Viallet su L’italianisation du Val d’Aoste et des Vallées Vaudoises: étude comparée.
Lo studioso, che com’è noto è
fra i maggiori conoscitori della
storia valdese contemporanea,
ha messo in luce parallelismi e
divergenze nell’azione dello Stato italiano, dall’unità in poi, prima per scolorire, poi, nel ventennio fascista, per cancellare
la specifica identità culturale di
queste due « regioni », in particolare dal punto di vista del bilinguismo. La trattazione di
problemi specificamente valdostani (affidata alle relazioni di Devos, Palluel, Bonin, Janin, Lengereau da parte francese; di Ettore Passerin d’Entrèves
— che ha presieduto il Convegno — e Silvia Rota Ghibaudi
da parte italiana) e savoiardi
(con una relazione di Grange),
si è trovata spesso intrecciata,
nelle discussioni, alla comparazione con le Valli valdesi, anche
perché al sottoscritto era stato
concesso di dare inizio alla serie delle relazioni con un Ricordo di M. A. Rollier, coautore
della « Dichiarazione di Chivasso ». Inoltre la presenza, fra i
docenti torinesi di scienze politiche, di Franco Giacone, e, fra
i docenti di Grenoble, di Pierre
Bolle (della Société d’histoire
du protestantisme français) ha
fatto si che questi temi siano
stati assai utilmente presenti
nello scambio d’informazioni sugli studi e sulle iniziative in corso, che rappresenta uno degli
aspetti più produttivi in simili
convegni.
Augusto Gomba
ANGROGNA
Chiusa l’ultima
scuola di quartiere
Com’era, da tempo, facilmente
prevedibile l’ultima scuoletta
quartierale che ancora resisteva
— quella dei Jourdan ormai ridotta a tre scolari — ha chiuso
i battenti.
Ora, le scuole elementari di Angrogna sono due, tutte e due a
tempo pieno e raccolgono, grazie
ad un efficiente raccordo di scuolabus che copre tutta la valle, i
bambini dei quartieri. Si è visto
quindi, in questi ultimi anni,
chiudere una dopo l’altra le scuole quartierali. Un fatto, specialmente per chi vive sul posto, che
mette addosso una certa tristezza proprio perché una scuola
che chiude è segno evidente del
lento ma progressivo spopolarsi
della montagna. Non sentendo
più, ogni giorno, il vociare dei
bambini, non vedendo più la
maestra con la quale si poteva
sempre scambiare una parola,
aumenta, per gli abitanti di certi quartieri, il senso di isolamento e abbandono. Però per i bambini è meglio così. Meglio insomma frequentare una scuola in
cui c’è un consistente numero di
scolari (quest’anno 30 al Capoluogo e 11 a Chiot d’iaiga) piut
OPINIONI
Assenteismo in fabbrica
tosto che andare a scuola in tre
o quattro, per un anno intero,
in un continuo « tête a tête » con
la stessa insegnante. Il raggruppamento delle scuole di Angrogna forse non ha accontentato
tutti ma dal punto di vista dei
bambini è indubbio che per loro
si aprono jiuove possibilità di
conoscenza e socializzazione. Alcuni di questi bambini vivono
nell’isolamento più totale, continuamente a contatto con delle
persone adulte: uscire dal quartiere, prendere un bus, vivere le
ore di scuola in un gruppo relativamente numeroso costituisce
per molti di loro una avventura,
una scoperta quotidiana — che
non cancella, comunque, la tristezza del portoncino chiuso dell’antica scuoletta.
• Il bloccasterzo della 128 familiare si è improvvisamente
bloccato proprio mentre Ferruccio Boulard di Luserna S. Giovanni affrontava una curva poco sopra ai Raggio. La vettura
è precipitata nel pendio sottostante e per fortuna la sua corsa è stata frenata dagli arbusti.
Il sig Boulard, per anni taxista
in Uruguay, se Tè cavata con
molta paura e qualche lieve escoriazione.
g- P
La tenera circolare per le comuniùi
delle valli, diffusa in occasione della
ripresa autunnale contiene una meditazione biblica sul testo del Salmo 58
ilei pastore Ermanno Genre.
Tra le affermazioni di Genre vi è
che ir non si può tirare in ballo l'astensiojiismo operaio come giustificazione
della attuale situazione di crisi, come
chiave di lettura di una situazione deteriorata ».
Pubblichiamo quindi una prima reazione di un operaio di Angrogna.
aprendo un dibattito tra i lettori sulla
materia. refi.
Ho letto l'articolo di Ermanno Genre
(« La violenza del padroni ») apparso
sulla Lettera Circolare che entra in tutte le famiglie valdesi delle Valli e
vorrei esprimere il mio dissenso riguardo alle opinioni che vi sono espresse. Se capisco bene lo scritto di Genre sembrerebbe che gli operai siano
sempre e comunque delle persone giuste e perfette. Questo però non è vero. Se ne è avuta ancora un'ultima
dimostrazione la settimana scorsa in
occasione dello sciopero nazionale di
4 ore dei metalmeccanici in cui al
1 AifaSud sì è registrato un assenteismo
dei 41%, Il che non mi sembra 'poco.
E questo accadeva anche alla FIAT fino
a poco tempo fa, fino a quando, come sento sussurrare in ambiente operaio, « Agnelli ha scoperto una medicina che guarisce tutti i mali ».
In questi anni ci sono persone che
si sono fatte una buona posizione mettendosi in mutua e svolgendo un altro lavoro oppure ci sono famiglie in
cui lavorano marito e moglie ma si
davano il cambio nello stare a casa
per accudire ai loro bambini. Alcune
volte ho provato ad esporre a qualche
delegato di fabbrica, con cui ci si
può permettere di parlare, il mio dissenso ma nessuno di loro si è sentito
di condannare quello che io chiamo
un furto legalizzato, dato che anche
tra i delegati molti praticano lo stesso
sistema.
Sono anch'io un operaio della FIAT
e non ho mai fatto complimenti rei
confronti dei padroni o dei loro rappresentanti. ma non approvo l’ingiustizia e la disonestà che regnano anche
tra gli operai.
Leo Coisson
oggi e domani
In questa rubrica pubblichiamo gli avvisi inerenti ad iniziative di carattere
ecumenico, culturale e civile che ci pervengono in tipografia entro le ore 9
di ogni lunedi (tei. 0121/91.334).
Si terrà Sabato 4 ottobre un incontro
dei collaboratori di « Cronache del Pinerolese » presso il ristorante Dei Fiori
a Fleccia di Inverso Rinasca.
Programma: ore 9: Inizio dei lavori;
seguiranno relazioni su: 1) Bilancio politico-culturale di due anni di * Cronache », 2) Problemi finanziari e iniziative promozionali, 3) Confronti con
altre esperienze di giornalismo locale;
ore 12.30: pranzo (L. 6.000, prenotarsi
telefonando al 77.397); ore 14,30: Discussione; ore 16,30; Proposte operative: ore 17.30: Conclusioni,
L'incontro è aperto alla partecipazione di tutti, delle organizzazioni sociali
e degli altri organi di informazione.
7
3 ottobre 1980
CRONACA DELLE VALLI
DIBATTITI
Vecchi e nuovi modi
di intendere il "far politica
10
Spesso la gente discute
senza capirsi, perché le
medesime parole si adoperano con significati differenti. Per evitare che ciò
avvenga, è forse bene fermarsi ogni tanto a chiarire
alcuni termini, anche perché il loro valore può cambiare col tempo e col diffondersi di nuove idee.
Per esempio, la parola
« politica » è servita di volta in volta ad esprimere
concetti addirittura opposti. Nacque come « arte
di governare la città » e
ancora oggi alcuni dizionari la definiscono « scienza
ed arte di governare gli
uomini organizzati in uno
Stato ». Così attraverso i
secoli molti hanno pensato che il mondo sarebbe
andato avanti nel modo più
soddisfacente per tutti se
ognuno avesse fatto onestamente il suo mestiere
senza impicciarsi di quelli
altrui; il fare politica era
uno di questi mestieri da
lasciare ai competenti (alle persone prive di scrupoli, diceva chi era convinto che la politica fosse in
ogni caso una cosa sporca).
Questo atteggiamento
non è certo scomparso oggi, ma, almeno dalla rivoluzione francese in avanti, la
sovranità popolare, comunque intesa e praticata, ha
trasformato, che ci piaccia o no, la politica da mestiere di pochi in responsabilità di tutti, e adesso i
vocabolari la definiscono:
« supremo indirizzo da dare alla vita pubblica, dottrina dei fini dello Stato e dei
mezzi per raggiungerli, partecipazione diretta o indiretta alla vita collettiva
del momento ». Del resto,
già duemila anni fa Cicerone affermava: « Repubblica vuol dire cosa pubblica, cioè di tutti e di ognuno ». Questo è tanto
più vero oggi, quando i nostri rapporti con gli altri
uomini sono stati profondamente modificati dallo
sviluppo dell’informazione,
che, attraverso i vari mezzi di comunicazione di
massa, ci permette una conoscenza molto più ampia,
immediata, capillare, delle
vicende del nostro prossimo.
Il prossimo
oggi
Dice Umberto Eco « Ci
si sente (e si è) responsabili di qualcuno solo se si
può agire sulla condizione
in cui egli si trova e solo
se si hanno su di esso informazioni tali da farcelo
sentire, in un modo o nelTaltro, ’’prossimo”. Chi è
il nostro prossimo? A questa domanda la risposta
varia secondo la situazione
storica ». E più avanti:
« Ogni persona che soffre
oggi nel mondo rientra nel
mio raggio di efficacia, mobilità e informazione. A livelli diversi, io sono responsabile delle torture di
Algeria, della fame degli
Indù, dei ’’sassi” di Matera... ». Cioè, la parabola
del buon Samaritano ci dice chiaramente che il nostro prossimo è chi soffre
e ha bisogno di noi, ma
nella nostra epoca noi non
incontriamo solo la sofferenza di chi ci sta materialmente vicino. La nostra
responsabilità è sempre
più estesa, ma anche sempre più condivisa con altri.
In altre parole, quando
un individuo conosceva solo gli altri abitanti del suo
villaggio, poteva agire da
solo e decidere come impostare i singoli rapporti
con questo prossimo limitato, rubando le galline del
vicino, occupandosi soltanto del proprio orto, o dividendo quel che aveva con
la vedova e l’orfano. La sua
responsabilità morale era
circoscritta abbastanza
nettamente. Oggi accanto
a quésta, che ovviamente
perdura, si fa sempre più
urgente la necessità di una
azione collettiva, di fronte
all’ampiezza e alla gravità
dei problemi da affrontare.
Se, per conto mio, scrivo
ad un dittatore chiedendogli di liberare un innocente torturato nelle sue prigioni, questo è inutile; ma
se si mette in moto Amnesty International, o se tutte
le chiese protestanti degli
U.S.A. (oltre, naturalmente, i loro singoli membri)
decidono di boicottare banche e ditte che forniscono
armi ad un governo disumano, si può talvolta giungere a qualche risultato
positivo. E tale agire collettivo, nella chiesa come
in un partito o in un sindacato, è « fare politica ».
Come reagiamo?
Noi non possiamo ignorare queste realtà di fatto. Ma possiamo reagire,
razionalmente ed emotivamente, in modi molto diversi.
Possiamo rifiutarci di riconoscere che il mondo è
cambiato e continuare a
vivere come nel passato.
Possiamo rifugiarci in un
ascetismo da eremiti o
chiuderci in un gruppo
« spirituale » che si isola
dal mondo peccatore, lasciando che vada in perdizione.
Possiamo affermare che
la responsabilità politica
vale per i singoli e non per
la chiesa nel suo insieme
(ma esiste la chiesa come
realtà esterna ai credenti
che la formano?). Possiamo buttarci nella mischia
identificando il « fare po-,
litica » con il dare sempre
ragione agli uni e torto agli altri, per partito preso.
Ma possiamo anche, e io
sono convinta che dobbiamo, fare politica, individualmente e insieme agli
altri, cercando sempre di
agire in modo coerente con
la nostra fede e chiedendo a Dio di guidare le nostre scelte. Queste scelte
possono variare, ma io credo che non si possa rinunziare ad una premessa
fondamentale. Già Machiavelli (autore non sospetto
di moralismo, demagogia
o marxismo « ante litteram ») affermava nel «Principe» che in ogni Stato ci
sono due categorie di persone, i grandi che vogliono dominare opprimendo
gli altri, e il popolo che
non vuole essere oppresso,
e ammoniva il suo Principe che quello del popolo
è più giusto fine che quello
API - ONORANZE
E TRASPORTI FUNEBRI
— Disbrigo di tutte le pratiche inerenti ai
decessi
— Prelievo salme da tutti gli ospedali
— Trasporti in Italia e all’estero
— COFANI COMUNI E DI LUSSO
— Unica ditta autorizzata con diritto di
privativa ai trasporti nei Comuni di Torre Pellice e Luserna S. Giovanni.
— Servizio ininterrotto
TORRE PELLICE - Via Matteotti, 8, - Tel. 932052
LUSERNA S. GIOVANNI - Viale De Atnieis, 6 - Tel. 90771
BIBIANA - Via Pinerolo, 6 - Tel. 932052
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MONTANARO - Piazza L. Massa, 17 - CALUSO . Via Mieheletti, 3
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dei grandi. Se questa è la
realtà, chiesa e singoli devono, che lo vogliano o
no, scegliere, in questa divisione, da che parte stare,
senza illudersi di poter
vivere al di sopra. Non distanza critica dalla realtà,
dunque, ma presenza critica a fianco di chi soffre,
senza scomuniche e senza
odio, ma anche senza
compromessi con chi fa
soffrire. La scelta, dicevo,
è inevitabile.
Chi rifiuta di scegliere
finisce con il fare la politica delle persone: io do
il mio voto al singolo che
conosco, in qualunque lista, perché è un brav’uomo. Votare gente che si conosce e si stima è giusto,
ma non basta, perché insieme a questa si appoggia
un programma di cui diventiamo corresponsabili.
Nei casi più gravi si giunge ad una mentalità maño
VoTmp.fT
che fa avere al nostro comune la strada asfaltata,
la scuola o le sovvenzioni
straordinarie, in un rapporto di favori personali,
che difficilmente coincide
con la giustizia. Per me,
essere di sinistra significa
rifiutare, nelle grandi come nelle piccole cose, la
logica dei pandi che vogliono dominare, la logica
dei regni di questo mondo.
Ovviamente, questo può
voler dire lottare contro
regimi dalle etichette più
diverse, perché i grandi, per
opprimere, sanno sfruttare
le aspirazioni alla libertà e
alla giustizia. Scegliere il
popolo significa scegliere la
gente che non deve essere
oppressa, e lottare perché
lo sia sempre meno.
Ritengo superfluo precisare che scegliere non significa sposare alla cieca
un partito politico, sia perché alla chiesa appartengono persone che danno ai
medesimi problemi risposte diverse, ma non necessariamente contraddittorie, sia perché Gesù Cristo
ha sempre anteposto gli
uomini alle loro teorie ed
etichette umane.
Il buon samaritano che
cura le ferite del viandante e l’altro che cerca di
evitare che il viandante sia
ferito ripulendo dai ladroni la strada che va da Gerusalemme a Gerico, a pa
role possono litigare per
una vita intera, ma nei
fatti possono utilmente collaborare a salvar la vita
del viandante e ad evitargli sofferenze inutili.
Marcella Gay
1 Umberto Eco ; Diano minimo - Mondadori 1963. pp
58-62.
POMARETTO
Consiglio
comunale
Al primo consiglio comunale dopo la ripresa,
prevale l’ordinaria amministrazione: pagamenti vari di lavori eflettuati a seguito della alluvione, incarichi servizio per illuminazione pubblica, stesura
piano topografico, ecc.
L’unico atto di mapior
spicco, l'accensione di un
mutuo" di novanta milioni
per il finanziamento di lavori di potenziamento dell’acquedotto sia alla fonte
con la costruzione di una
seconda vasca sia alle borgate di Chiabriera e Chianavasso attualmente scarsamente fornite.
A. L.
Quale democrazia?
Un volantino diffuso
a Torre Pellice dal gruppo
giovanile cattolico sta facendo discutere la gente.
La notizia riguarda lo spostamento di un giovane sacerdote, don Giuseppe Alluvione, dalla parrocchia di
Torre Pellice a quella di
Prali.
Scrivono tra l’altro i giovani « ... Don Beppe è stato allontanato dalla parrocchia di Torre Pellice.
Ufficialmente si tratta di
un normale trasferimento
nell'ambito della riorganizzazione della diocesi di Pinerolo, in realtà le cause
vanno ricercate nel lavoro
svolto da Don Beppe tra i
giovani e nella sua visione
della chiesa, che venivano
poco a poco a scontrarsi
con la mentalità del Priore e successivamente con
il Vescovo. L’anno scorso
Don Beppe aveva presentato al Vescovo le proprie
dimissioni in seguito a divergenze con il Priore ed
altre persone della comunità, soprattutto esponenti
delle Adi, riguardanti la
pastorale giovanile e la
creazione della Commissione “Opera Gioventù". Su
pressione dei gruppi giovanili e di gran parte della
comunità, attraverso un’assemblea e una raccolta di
firme, il Vescovo confermava Don Beppe a Torre
Pellice.
Dopo un anno si è avuto
invece il trasferimento.
Questa è stata la naturale
conseguenza del tipo di gestione della parrocchia
adottata dal Priore:
— il Consiglio Parrocchiale negli ultimi sei mesi non è più stato riunito,
del resto nelle riunioni precedenti il problema giovanile non si è mai affrontato.
— il Comitato Esecutivo
del Consiglio Parrocchiale
non si riunisce più da circa
quindici mesi.
— la Commissione Opera
Gioventù, che è il coordinamento dei gruppi giovanili si occupa soltanto di
questioni tecniche inerenti
il salone parrocchiale.
— il Gruppo Giovanile
durante quest’anno è stato
sempre più emarginato dal
Priore e dal Vescovo con
diversi espedienti.
I gruppi giovanili in più
occasioni hanno chiesto
V intervento del Vescovo,
ma in nessuna occasione la
sua posizione è stata chiara, ed ora questo trasferimento suona come una
chiara condanna all'operato di Don Beppe e al lavoro che in questi anni i
gruppi giovanili hanno portato avanti nella nostra comunità... ».
Sulla vicenda interviene
anche con una « lettera
aperta ai cattolici » don
Franco Barbero, della Comunità di Base di Corso
Torino a Pinerolo. « Come
avvengono, (in quali mo
Notizie utili
Agevolazioni per l’INVIM
La circolare n. 32 del 2 luglio 1980 del Ministero
delle Finanze offre la possibilità di definire per adesione le imposte di registro e particolarmente per
quanto riguarda lasciti, donazioni, successione, elevando al 25% l’abbuono in precedenza stabilito. In sostanza il beneficio consiste in una maggiorazione del 15 /o
limitata all’abbuono da operarsi soltanto sul valore
finale. Il maggior abbuono trova applicazione per le
controversie relative agli atti stipulati; alle scritture
private autenticate e agli atti giudiziari depositati sino
alla data del 31 maggio 1980.
Per le vertenze relative ad avvisi di accertamento
notificati fino al 31 maggio 1980, il termine per la definizione bonaria con sottoscrizione dell’atto di adesione
e del pagamento dell’imposta relativa è fissato dalla
citata Circolare al 31 dicembre 1980. Se l’accertamento
non è stato ancora notificato, il termine per la definizione bonaria è di 60 giorni a decorrere dalla data di
notifica del relativo avviso di accertamento.
da
di e in base a quali criteri) i trasferimenti del clero nella diocesi di Pinerolo? » si chiede Barbero e
subito afferma:
« Mi sembra contrario
allo spirito comunitario e
fraterno, voluto dal vangelo, che le comunità continuino, senza essere sostanzialmente e autenticamente consultate, a vedersi sottrarre un prete e a vedersene arrivare un altro senza conoscere perché ciò è
avvenuto. E' evidente che
addebitare tutto allo Spirito Santo che illuminerebbe
i “superiori”, potrebbe anche significare che rinunciamo a conoscere i fatti e
ci dispensiamo dalla fatica di valutarli. Forse sarà
più prudente che non mettiamo sul conto dello Spirito Santo ogni nostra
idea...
Seppur si vuole che il vescovo (ma non un gruppo
di potere) conservi un ruolo importante nelle “destinazioni” dei preti, ciò non
vuol dire che possano essere sistematicamente ignorate le comunità o spostati i preti quasi come dei
sacelli di patate, senza
averli seriamente ascoltati
e richiedendo loro un'ubbidienza "cadaverica”, spesso
gabbata per volontà di Dio.
Se ne avvantaggia l’evangelo e si provvede al bene
e alla crescita dei singoli e
delle comunità, se —■ con la
dovuta discrezione — si dibattono pubblicamente
quei fatti e quei problemi
che riguardano l'intera comunità. Rendere conto alla
comunità, renderla autenticamente soggetto nella
formazione di una decisione, non è assemblearismo
fatuo e inconcludente o
anarchia ecclesiale. Si tratta piuttosto di una pratica
che dobbiamo costruire faticosamente, superando facili deleghe e mentalità di
accentramento che spesso
provengono dall'abitudine
da strutture deresponsa
te oggi, a servizio della
predicazione del vangelo, è
una impresa faticosa e dura, ma è in egual misura
una gioia incredibilmente
profonda ed espansiva, una
avventura sempre nuova,
un rischio aperto a molte
sfide.
Ma come conciliare il
tutto con le esigenze molteplici di una chiesa locale alla quale si deve pur
provvedere? La strada non
può essere una pastorale
“tappabuchi” o efficientista, né il tentativo di “cab
mare gli spiriti bollenti”
per avere una chiesa governabile e gerarchicamente compaginata. Si tratta
piuttosto di liberare energie represse e aprirle alla
creatività.
Avanzo due proposte:
1) A mio avviso, l'avvicendamento dei sacerdoti
nelle comunità non dovrebbe mai avvenire senza che
la comunità abbia la possibilità di valutare la proposta del vescovo e di
avanzare, eventualmente,
proposte diverse. Parlo di
assemblee e di consultazioni reali e non fittizie. L'assemblea non può essere il
luogo in cui si notificano
alle comunità delle decisioni prese altrove.
2) Il Consiglio Pastorale Diocesano diventi sempre più uno spazio di dibattito, di ricerca, e di decisione collegiale per superare una struttura che
lascia tutte le responsabilità e lutto il potere sulle
spalle di poche persone.
Vogliamo discuterne, certo senza la pretesa di risolvere d'un balzo tutti i problemi o di avere le risposte per ogni problema e
per ogni situazione? ».
(red.)
hilizzanti ».
Dopo aver poi rilevato la
necessità per la chiesa di
adottare uno stile democratico nelle decisioni la
lettera prosegue «...mi sembra che rispetto e fraternità esigano che i preti siano
i primi a essere sentiti proprio per dare spazio alle
loro esigenze di persone,
alle loro propensioni e alle
loro aspirazioni evangeliche di servizio. Essere pre
Giornata
dell’Asilo
5 ottobre
Buffet e vendita di oggetti confezionati dagli
anziani a partire dalle
ore 15.
8
8
I Valdesi
dimenticano...
La Selezione del Reader’s
Digest ha offerto nelle ultime settimane ai suoi lettori una nuova pubblicazione: « 100 itinerari scelti
ed illustrati ». Il n. 4 ha
come sottotitolo « dalla capitale dei Savoia (e deliauto) alla roccaforte dei
Valdesi »/ nella breve presentazione (da noi ricavata dal dépliant propagandistico) si legge che il
«movimento valdese nato
?/ Pietro detto
Valdo ebbe largo seguito
tra le popolazioni provenzali... Il pericolo che le minaccia è ora di perdere la
loro lingua e dimenticare... » qui sul più bello il
dépliant è tagliato e non
so cosa segua, peccato, sarebbe interessante saperlo.
C’è qualche lettore, che
possedendo il volume in
questione, sia così gentile
da fare una fotocopia della pagina che ci interessa
e la spedisca alla nostra
Società di Studi Valdesi
per il suo archivio? Ci farà piacere e sapremo così
cosa rischiamo di dimenticare...
CRONACA DELLE VALLI
3 ottobre 1980
PINEROLO
Riprende
il Collettivo Biblico
CAPPELLANI MILITARI
L’aumonier
vaudois
Una ventina di partecipanti al Collettivo Biblico
Ecumenico di Pinerolo, si
sono ritrovati giovedì scorso presso il centro sociale
di San Lazzaro per discutere il programma di ripresa dell’attività.
Il collettivo biblico, sorto nel ’75, coinvolge sia
cattolici che evangelici e
rappresenta uno degli ambiti pinerolesi in cui è possibile una ricerca comune
basata sullo studio della
Bibbia.
Negli anni scorsi i partecipanti hanno studiato alcuni « brani scomodi » della Bibbia : l’amore per i
nemici, l’inno all’agape; la
parabola del samaritano.
Poi vi è stato lo studio
dell’Evangelo di Marco, la
I lettera ai Corinti, gli Evangeli dell’infanzia, la Genesi, la teologia di Luca.
I risultati di questo studio non sono rimasti nell’ambito dei partecipanti,
ma sono sempre stati portati nelle comunità locali,
mediante schede, incontri
di studio, conferenze.
I partecipanti facendo il
punto sull’attività del collettivo hanno riconosciuto
che le differenze di cultura e di formazione religiosa che vi sono all’interno
del collettivo stesso non si
sono mai trasformate in
’’scontri confessionali”, ma
invece sono state fonte di
arricchimento reciproco.
Il programma di questo
anno prevede due cicli di
riunioni; il primo di essi
inizierà il giovedì 9 ottobre
alle ore 20,45 presso la comunità cattolica di San
Domenico, piazza Marconi a Pinerolo. Si studierà
la passione, la morte e la
resurrezione di Gesù Cristo secondo il racconto
dell’Evangelo di Matteo.
Il collettivo è aperto a
tutti gli interessati. Finora vi aderiscono il gruppo
residente ad Agape, alcuni
membri della comunità
valdese di Pinerolo, della
comunità cattolica di San
Lazzaro e di San Domenico di Pinerolo.
gg
CINEMA
Molti hanno definito questo film di Comencini « il
Kramer italiano »; secondo me invece la storia di
Eugenio è ben diversa da
quella, ormai nota a tutti,
del piccolo Billy. Mentre
quest’ultimo poteva contare sull’appoggio incondizionato del padre, Eugenio non ha nessuno in cui
riporre la sua fiducia di
bambino; gli adulti che lo
circondano sono distanti,
nevrotici, indecisi. Concepito nel ’68 da una coppia
di contestatori entusiasti,
il piccolo protagonista si
ritrova a dieci anni sballottato qua e là come un
pacco indesiderato: passa
qualche mese nella casa di
campagna dei nonni materni, poi questi partono
per l’Australia e lo affidano all’effervescente nonna
patema, che presto si dichiara troppo presa dal suo
ultimo marito per occuparsi di lui. Ogni tanto il
nostro ragazzino vive an
‘Voltati Eugenio’
che con mamma e papà;
ma Giancarlo e Fernanda
(Stefania Sandrelli) pur
amandosi non riescono a
convivere a lungo, lui cela
sotto la scorza demo-proletaria le convinzioni del
tipico maschio latino, mentre lei è una femminista
militante e aggressiva, così dopo ogni separazione
Eugenio riprende il suo
pellegrinaggio da un parente all’altro. Ogni volta
si affeziona agli adulti che
lo custodiscono e resta regolarmente deluso; i suoi
familiari lo vestono, lo nutrono, lo tengono vivo ma
nessuno di loro prende in
considerazione le sue esi- .
genze, le sue reazioni, sono
perfettamente consci dei
loro diritti ma non si interessano minimamente dei
diritti di Eugenio. Alla fine,
simbolicamente, egli si
staccherà senza lacrime
dai suoi e si rifugierà in
una grande fattoria, presso una famiglia sconosciuta che gli appare più affettuosa e rassicurante.
Il film pone l’accento su
molti problemi scottanti,
ma credo che il regista abbia voluto sottolineare soprattutto l’importanza della maternità e della paternità responsabili: vediamo
infatti che Eugenio inizia
per caso quando sua madre dimentica, tra un corteo e l’altro, dì prendere
la pillola e viene accettato
con incosciente fatalismo,
senza che i suoi genitori
.si conoscano bene. La figura di Fernanda, anche
se è molto simpatica, lascia perplessi: nonostante
il declamato femminismo
la donna si cura però scarsamente della contracce
L’angolo di Magna Linota
A magna Linota, che
chiede spiegazioni sulla sigla EPTA, forse misteriosa per più di un lettore,
invio queste righe con la
speranza di riuscire a chiarire almeno in parte il mistero.
EPTA è un’abbreviazione
del termine latino « epactae », che a sua volta proviene dal greco. E’ un plurale, che significa « aggiunti, inseriti» (sottinteso
« dies » cioè giorni) e indica appunto i giorni da inserire nell’anno lunare, che
ha 354 giorni, per pareggiarlo a quello solare, di
365, cioè 11 in più. Conoscere il valore dell’epatta
è utile per sapere se in un
qualsiasi giorno dell’anno
la luna sarà nuova, piena,
al primo o all’ultimo quarto.
In pratica Tepatta varia
ogni anno, in un ciclo alTincirca trentennale. Dopo
tre anni, ad esempio, il numero dell’epatta (11-f-ll-t11) sarebbe 33. Ma il mese essendo di 30 giorni, Tepatta dell’anno successivo
sarà 33 — 30=3. Non si deve poi dimenticare che
quando fu ideato questo
modo di determinare le fasi lunari Tanno cominciava in marzo. Perciò anche
oggi marzo deve essere
considerato il primo mese, e così via fino a febbraio, il dodicesimo.
Perciò, se nel 1980 (epatta di 13 giorni) desideriamo sapere se nella notte
di Natale si potrà fare una
passeggiata al chiaro di luna, dobbiamo sommare il
numero delTepatta, 13, al
numero del mese di dicembre, 10, e del giorno, 25.
13 -1- 10 -1- 25 = 48 giorni,
troppi per un mese. Allora
ne togliamo 30. 48—30 = 18,
età della luna al 25 dicembre 1980: tre giorni dopo
il plenilunio. Per chi non
patisce il freddo, la passeggiata sarà possibile, se
il cielo sarà sereno...
Dunque, ricordando il
numero delTepatta dell'anno, che è indicato sugli almanacchi col titolo « computo ecclesiastico », ci si
può esercitare per divertimento in calcoli che i nostri antenati, sprovvisti di
almanacchi e di luci al
neon, erano costretti a fare
per avere conoscenze allora assai utili per la vita
individuale e collettiva.
Le cifre ottenute in questo conteggio sono però approssimative, perché la lunazione non si compie in
30 giorni precisi, come ricorda un vecchio detto:
« in 29 dì a sta pas, a 30 a
ariva pas » (non ci sta in
29 giorni e non arriva ai
30).
Un seguace dell’epatta
Pubblico volentieri questa risposta così minuziosa; non sono convinta dell'importanza di questi calcoli, visto che oggi su tutti i calendari ci sono i disegnini delle fasi lunari
per chi riesce ancora a vedere il cielo al di là delle
luci al neon, o bada alla
luna per cambiare il vino e
seminare l’insalata. In
cambio, oggi che tutti adoperiamo parole di cui non
sappiamo il significato
esatto, spero proprio che
il seguace dell'epatta abbia
molti imitatori nel suo bisogno di chiarire gli argomenti fino in fondo. Certo
qualche lettore (e forse anche il direttore del giornale) si domanderà se vai la
pena di spendere soldi per
stampare queste chiacchierate. Io trovo riposante
leggere una volta tanto notizie che non riguardano
violenze e drammi, ma cieli sereni e antiche usanze.
E poi chissà che, dopo una
definitiva crisi energetica,
un sopravvissuto lettore
dell’« Eco delle Valli », privo ormai di calendari e pile elettriche, non ricominci a servirsi di questi vecchi calcoli.
Magna Lànota
L’angolo di Magna Linota è aperto a chi voglia
sottoporle problemi, esprimere pareri, avanzare richieste. Indirizzare a: Magna Lìnota. Eco delle Valli Valdesi, Casella Postale,
Torre Pellice.
zione e il film termina con
un suo aborto.
L’altro grosso problema
che Comencini ha sottolineato è quello dello sfruttamento minorile. A un
certo punto Eugenio stringe amicizia con un coetaneo che non sorride mai,
Guerino, piccolo ma già
rugoso in volto e attaccato al denaro; Guerino appartiene a una famiglia
tradizionale e apparentemente unita, ha sette fratellini e j suoi lo costringono ad accettare qualsiasi
lavoro perché « deve collaborare all’andamento di
casa ». Insomma si parla
molto di « diritto alla vita », di alimenti speciali
per l’infanzia, ma in realtà
i bambini vengono ancora
considerati da tutti proprietà privata dei genitori,
che li gestiscono come vogliono senza incontrare opposizioni; si sa, i bambini
non votano e interessano
poco al potere.
Il film piacerà a quanti
si interessano di problemi'
sociali; è scorrevole, poetico, per nulla piagnucoloso, ben interpretato. Personalmente mi è parso più
realistico (escluso il finale
simbolico) di « Kramer
contro Kramer». Recentemente la pellicola è stata
proiettata presso il cinema
Hollywood di Pinerolo, presto verrà riproposta da altri cinema della vallata.
Edi Morini
Comunicato
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A seguito dell’articolo sui cappellani di guerra (EcoLuce n. 37) giungono ora due poesie di Alice Bosio Tron,
vedova di Davide Bosio pastore valdese e cappellano
nel primo conflitto mondiale, che testimoniano un’epoca
quella della ’grande guerra’ — che noi oggi sentiamo
molto lontana ma che la nostra chiesa ha comunque
attraversato. Pubblichiamo la prima poesia rinviando
la seconda al prossimo numero.
Il revient, usé, de la grande guerre,
portant sur son corps et dans l’esprit,
la somme de peines et de misères
du grand, sanglant conflit.
Près de ses tempes, combien de cheveux gris!
Dans ses yeux s’allume
un grand lac d'amertume;
trop de tristes choses, U avait appris.
Pendant bien d’heures solitaires
il revoyait avec angoisse,
tous ces réduits militaires,
gui avaient été sa dernière paroisse.
Il rappelait les longues courses, là-haut,
pour apporter un message,
pour donner du courage,
et redonner un sens à ce qui sonnait faux.
U arrivait, surtout, à la veille du combat,
comme un frère, un ami;
il avait tout compris
de ces coeurs, si vaillants, de soldats.
Pendant quatre ans et demi, courageusement,
notre jeune aumônier,
qui savait bien marcher,
allait par vaux et monts, inlassablement.
Il avait, au loin, un jeune ménage,
qu’il soupirait revoir...
mais, là, est le devoir,
il faut rester — pas de si longs voyages!
Que de messages anxieux et angoissés,
n’a-t-il pas recueilli
de ces jeunes, tôt vieillis,
que de larmes aux yeux de ces blessés!
Il le raconte, au retour, dans son logis,
à ses deux compagnons
qui partagent sa cloison;
un catholique, l’autre juif, mais deux amis.
La guerre les a unis et fait connaître;
tous trois sont pleins de zèle,
d’amour, pour les vies frêles;
et, fraternelle, l’amitié va naître.
Ils se sont promis de travailler d’accord,
à leur retour chez eux,
— et chacun de son mieux —
pour garder, spirituellement, des rapports;
pour apporter au monde, si déconcerté,
un message plus pur,
au dessus des vains murs,
au dessus des barrières de ce globe empesté.
Chacun dans son travail et son domaine;
cherchant à relever,
cherchant à purifier,
à soulager autrui, des liens de la haine.
Promesse solennelle, qu’ils ont maintenue,
malgré Tindifference
et, même, la violence,
de qui ne connut pas, Tâme des soldats, à nu.
Il est ici, lui-même, beau chêne bien cassé;
il doit reprendre haleine,
oublier toute peine,
recommencer son cours, mûri par le passé.
Il se remet, enfin, et suit son idéal
sans rechercher la gloire,
ni fmr un jeu à foire,
mais promesse à son Dieu de ne p a s faire ma l.
A.B.T.
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9
3 ottobre 1980
CRONACA DELLE VALLI
IMPORTANTI DECISIONI DELLA CIOV
La nuova struttura
amministrativa
TORRE RELUCE
Nella sua prima riunione postsinodale la CIOV ha accolto nel
suo seno i numerosi nuovi membri eletti per rinvigorirne la
compagine in vista degli obiettivi assegnati dal Sinodo stesso
alla Commissione.
Dopo le nomine amministrative, nelle quali sono stati riconfermati quali Presidente ring.
C. Messina, Vice Presidente il
past. P. Davite e segretario il
dott. Alberto Baridon, la Commissione ha provveduto a costituire nel suo interno tre sottocommissioni preposte in maniera specifica alla amministrazione di ciascuno dei seguenti Enti :
1) Ospedali (Torre Pedice e
Pomaretto) - Presidente: Costantino Messina; Vice Presidente : Franco Davite ; Consiglieri :
Alberto Baridon, Emilio Peyrot,
Dario Varese, Louise Rochat, Renato Long, Giovanni Baridon,
Maria Tamietti.
2) Rifugio Re Carlo Alberto Presidente: Costantino Messina;
Vice Presidente: Franco Davite;
Consiglieri: Alberto Baridon, Aldo Durand, Stefano Danna, Marco Gay, Giulio Griglio, Nella
Bellion, Lorenza Operti.
3) Asilo di San Germano Chisone - Presidente : Costantino
Messina; Vice Presidente: Franco Davite; Consiglieri: Aldo Durand, Emilio Peyrot, Edoardo
Aime, Giancarlo Bounous, Silvio
Serre, Franca Grill.
Tali sottocommissioni saranno deliberative, mentre sono state costituite altre sottocommis
sioni consultive e più precisamente :
a) sottocommissione per i
problemi del Personale (Messina - Davite - Durand - Varese);
b) sottocommissione per i
problemi immobiliari ( Messina Davite - Baridon A. - Bounous);
c) sottocommissione per gli
affari legali (Messina - Davite Gay - Baridon G.);
d) sottocommissione per gli
affari finanziari e fiscali (Messina - Davite - Danna - Griglio).
Altre sottocommissioni consultive potranno essere costituite secondo i problemi e le necessità che si presenteranno.
Le tre sottocommissioni deliberative avranno riunioni con
periodicità fissa il cui calendario sarà „definito nella prossima
riunione, mentre quelle consultive saranno convocate a seconda delle necessità.
Un grosso lavoro pertanto attende la CIOV nel prossimo anno tenendo conto che per portare alla Conferenza Distrettuale e poi al Sinodo i risultati di
tale lavoro davanti a noi ci sono
solo nove mesi, e praticamente
otto prima che la nuova organizzazione possa cominciare a
funzionare regolarmente ed efficacemente.
Prossimamente saranno discusse e definite nuove strutture amministrative e operative in
armonia coi mandati Sinodali e
ci riserviamo di ritornare sull’argomento non appena sarà
possibile.
Costantino Messina
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• Sabato 27, nel corso di
una serata fraterna, la comunità
ha salutato con calore ed affetto
il pastore Taccia e la sua famiglia, che lascia la nostra chiesa
dopo anni di benedetto ministero pastorale. Hanno partecipato
alla bella serata, animata dà
canti e poesie, i membri di tutti
i gruppi di attività della comunità.
• Domenica 5 ottobre avrà
luogo il culto di insediamento del
pastore Bruno Bellion. Alle ore
15,30 la comunità è invitata nella Sala Albarin per dare il benvenuto al nuovo pastore e alla
sua famiglia.
• I monitori della Scuola Domenicale sono convocati sabato
4 ottobre alle ore 16 nei locali
dell’ex scuola materna. L’invito
è esteso a tutti coloro che hanno
a cuore l’opera di testimonianza
del Vangelo ai più piccoli.
Hanno collahorato a questo
numero: Dino Gardiol, Adriano Longo, Paolo Varese, .Domenico Abate, Franco Tasliero.
ANGROGNA
Ricordiamo fin d’ora d’iscriversi, presso gli anziani o il pastore,
all’agape del 26 ottobre nella
Sala Unionista. Chi ha tempo
non aspetti tempo!
FRALI
Museo
L’attività estiva del museo ha
incontrato un vivo interesse, sia
fra i turisti, sia fra i partecipanti ai campi di Agape.
Quest’anno alla bacheca della
flora e fauna locale sono stati
aggiunti due album con splendide fotografìe del sig. Sommani
di Roma.
L’apertura del museo nei mesi
di luglio e agosto è stata possibile grazie alla collaborazione di
tre volontari; il sig. Gaydou, di
Torino, per la prima quindicina
di luglio; il past. Maggi, che abbiamo rivisto con immenso piacere tra di noi, per la seconda
quindicina di luglio; il sig. Bongo, di Ivrea, fedelissimo collaboratore da lunga data, per il mese di agosto.
Un ringraziamento anche alla
sorella Bruna Saivaia Ghigo che
ha restaurato il vecchio portone
e ha ridipinto le lettere (ormai
quasi illeggibili) della lapide che
ricorda il ritorno dei valdesi e
la celebrazione del culto dopo il
Rimpatrio, nel 1689.
Convegno
monitori
Si è svolto nei giorni di sabato/domenica 27-28 settembre a
Torre Pellice il convegno dei monitori del I Circuito.
Articolato in una parte di studio e una di dibattito il convegno ha preso in esame 4 tematiche emergenti dal Vangelo di
Marco: « Attesa messianica »,
« Mistero Messianico », « Il Figliuol dell’uomo », e « Il problema dei miracoli ».
Buona è stata la partecipazione dei monitori e degli addetti
ai lavori durante il pomeriggio
di sabato: dopo la cena, la serata ha denotato un certo calo di
interesse.
La domenica pomeriggio ha visto svolgersi un incontro-dibattito con F. Girardet sui vari problemi della scuola domenicale; è
stato anche fissato un incontro
tra monitori del circuito per il
25 ottobre alle ore 17 nei locali
della sala unionista di Torre Pellice riguardante le attività di
canto: i monitori con tendenze
artistiche sono cordialmente invitati.
• Le varie attività della nostra
comunità stanno per riprendere
i loro lavori. Già Corale e Coretto hanno avuto i primi incontri, mentre venerdì 3 si riuniranno i catecumeni per fissare gli
orari (I anno alle ore 14; II alle
14,30 ; III alle 15 e IV alle 15,30).
Anche i giovani confermati la
primavera scorsa avranno un
incontro per impostare un programma invernale ancora venerdì 3 alle 17,30.
Le Scuole domenicali avranno
inizio sabato 4 alle 14,30 (al Centro), domenica 5 alle 9,30 agli
Appiotti e alle 10,30 ai Coppieri.
L’Unione femminile avrà la
sua seduta iniziale domenica 5
alle 15.
• Il Gruppo Giovanile invita
tutti i membri della Comunità
e in special modo i giovani ad
un incontro che si terrà sabato
4 alle ore 20,45 alla Casa Unionista. Verranno presentate alcune
relazioni sulla attività del gruppo di questi ultimi tre anni. Sarà un momento, di verifiche dal
quale scaturiranno indicazioni e
suggerimenti per la attività futura.
• Domenica 12 ottobre ai Coppieri alle ore 15 si incontreranno i ragazzi dei Coretti di Torre Pellice, S. Giovanni e S. Germano. Sarà un’occasione per fare incontrare chi si impegna in
attività analoghe in Comunità
diverse. A una prima parte propriamente canora, a cui tutti sono invitati, seguirà un momento
di fraternizzazione.
Coordinamento
FGEI-Valli
Lunedì 6 ottobre 1980,
alle ore 20.45, presso i locali
della Chiesa Valdese di Pinerolo, via dei Mille 1, avrà luogo il Coordinamento FGEI-Valli.
Ogni gruppo FGEI è pregato di mandare un suo
rappresentante.
ALLA RADIO
I valdesi
chi sono?
Venerdì, 3 ottobre su
Radio 2 dalle 14 alle 14.30
nel quadro della trasmissione « Qui Piemonte », si
può ascoltare un libero dibattito sulla realtà valdese nella rubrica: Un altro
Piemonte.
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Nel corso del culto di domenica 14 settembre, presieduto dal
fratello Gianni Long, il pastore
Marauda ha battezzato Daniele
primogenito di Renata e Renato
Ribet (San Germano). Al bimbo
ed ai suoi genitori esprimiamo i
più sinceri auguri perché il Signore li guidi e illumini sempre
nel corso della loro vita.
• Il culto del 21 settembre è
stato un po’ diverso dal solito;
il pastore Micol ha predicato in
patuà, dimostrandoci che è possibile e molto bello parlare di
Dio, testimoniare della nostra
fede nella nostra lingua d’origine, senza volere a tutti i costi
farne un « fatto di cultura » per
cui si deve usare solo la lingua
nazionale.
Il messaggio che ci ha rivolto,
imperniato sulle parole del paralitico che dice « ...non ho nessuno...» (Giov. 5; 7), ci ha profondamente toccati e si è rivelato estremamente attuale.
Ringraziamo di cuore tutti i
predicatori che. si sono avvicendati in questi mesi estivi, per la
loro disponibilità.
• Diamo il benvenuto al nostro
nuovo pastore, T. Noflke, che insieme alla sua famiglia si è già
trasferito qui a Ruata, per iniziare il ministerio nella nostra comunità. Il suo insediamento
avrà luogo la domenica 12 ottobre.
Siamo felici e riconoscenti perché avremo ancora un pastore,
nonostante siamo una piccola
comunità composta da pochi
membri; non nascondiamo però
la nostra tristezza nel salutare
Arnaldo Genre, che ci lascia dopo aver predicato ancora il 28
settembre. Vogliamo esprimergli
tutta la nostra profonda riconoscenza perché col suo entusiasmo, la sua vitalità e la sua fiducia ha saputo aiutarci a riscoprire il valore di molte attività
che stavano morendo nelTindifferenza generale. Sempre affiancato da sua moglie ci ha dedicato
tutte le sue energie nel corso di
questi 5 anni e ad entrambi diciamo grazie con tutto il cuore,
sperando di rivederli ancora
spesso qui in mezzo a noi. Vogliamo anche esprimere un pensiero di solidarietà ed un augurio ad Adelisa che ha subito un
nuovo intervento chirurgico e
anche a Gianni che si trova attualmente all’estero per motivi
di studio.
• Il culto di domenica 5 ottobre sarà presieduto dal pastore
T. Noffke.
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parola.
Fondo di solidarietà ccp 11234101
Intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V, 15 - Torino.
« La Luce »: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1980.
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
10
10
3 ottobre 1980
CRISI DELL’AUTO E MINACCIA DI LICENZIAMENTI
La mobilità costa
anche quando è possibile
I problemi attuali vanno affrontati con misure che consentano un alleggerimento della crisi senza pregiudicare le potenzialità della Fiat
esponente del sindacato, pubblichiamo
l’assessore ai problemi del lavoro della Repone Piemonte Gianni Alasia. Contiamo di concludere il ciclo intervistando un dirigente della Fiat.
— La settimana scorsa un rappresentante delta CGIL pariando dpla crisi del settore automobilistico a liveilo mondiale e
a liveilo nazionale, ha affermato
che la Fiat ha deUe pesanti responsabilità per ciò che riguarda il suo ritardo nei confronti
della concorrenza mondiale ed
europea dovuta a errate valutazioni al momento della crisi petrolifera. Cosa ne pensi?
— Più che risponderti con le
mie opinioni, ti cito il rapporto
della Commissione CIPI (Comitato Interministeriale per la Programmazione Industriale) del
luglio di quest’anno. Esso afferma che la crisi petrolifera ha
« stimolato (negli anni successivi al ’74-’75) innovazioni di processo e di prodotto » e, riferendosi ai Paesi Esteri « all’abbandono dei modelli in uso e alla
progettazione di nuove famiglie ».
Proseguendo la relazione afferma che <( in Italia invece la crisi
non è stata subito percepita né
avvertita la gravità della situazione di un settore dove un ritardo nella innovazione rispetto
ai concorrenti comporta la incapacità (per un periodo di 3-4
anni) di mantenere un confronto con i concorrenti ».
— E venendo al braccio di ferro tra la Fiat e il sindacato che
sembra allo stato attuale immobilizzato, come valuti le tesi contrapposte?
— La Fiat ha affermato che
delle 24.000 unità ritenute eccedenti, 12.000 sarebbero congiunturali e 12.000 strutturali, cioè
tutte da espellere dall’azienda
(una parte minima con provvedimenti di prepensionamenti e
la più parte da inserire in mobilità esterna all’azienda).
Il sindacato ha per parte sua
avanzato la proposta di rotazione in Cassa Integrazione di tutta la mano d’opera proponendo
una successiva verifica per l’inizio ’81 dal momento che il dato
Fiat sullo stoccaggio è previsionale. Ciò per alleggerire l’azienda e sgravarla di costi in questo
momento di crisi, senza pregiudicarne la potenzialità.
Mi pare che la posizione Fiat
non sia accettabile. Dal momento
che ammette di aver valutato lo
stoccaggio con un calcolo di previsione, è saggia proposta quella
di farne una verifica all’81. A
questo punto è la Fiat a porre
pregiudizialmente la questione
della mobilità esterna.
— Parliamo di questa mobilità che si presenta come il perno
su cui ruota tutta la vertenza.
— In effetti è una questione
centrale. Non vi è dubbio che la
mobilità aziendale e fra azienda
e azienda costituisce un’esigenza
fisiologica di ogni economia moderna. Ma bisogna tener presente che la mobilità comporta sempre alti costi sociali e individuar
li, complessi problemi di riqualificazione e interventi assistenziali prolungati. Non è quindi cosa
che si improvvisi senza adeguate
garanzie o possa essere affidata
unicamente alla « spontaneità »
del mercato neppure là dove
questa funziona.
E’ inoltre necessario ricordare
che non tutte le situazioni di crisi possono essere date disinvoltamente per irreversibili presentando poi cosi, la mobilità esterna come rimedio unico e inevitabile.
— Il pre.sideiitc della Fiat
affermato recentemente che
condo una stima estremamente
prudenziale la provincia di Torino può assorbire circa 29.000
posti di lavoro all'anno al netto
degli incrementi nell’edilizia
nelle opere pubbliche. Cosa
pensi?
ha
se
e
ne
— Mi chiedo se questa e altre
valutazioni della domanda potenziale tengano conto delle analisi congiunturali. So che le tre
indagini congiunturali più attendibili ( Federpiemonte, ISCO,
CCIAA) concordano nel sottolineare una tendenza alla stabilità
o alla diminuzione dell’occupazione.
— Quali sono i dati elaborati
dalla Regione per ciò che riguarda il saldo tra offerta e domanda di lavoro?
— Per l’offerta ci si può riferire alla media mensile degli
iscritti al collocamento ordinario per il periodo gennaio-luglio
1980 nella provincia di Torino.
Il totale è di 58.502 (a luglio
61.669), di cui giovani in cerca di
prima occupazione 21.468 (a luglio 22.909). A questi dovrebbero
essere aggiunti, come componente reale dell’offerta, i lavoratori
in Cassa integrazione che, secondo calcoli attendibili, per la Provincia di Torino sono circa 12.400
(giugno 1980). Naturalmente ciò
fondandosi sull’andamento del
mercato del lavoro cosìi come è
stato nei mesi trascorsi e prescindendo dagli effetti che sul
mercato del lavoro avrebbero
fatti traumatici come quello che
deriverebbe da una massiccia
« messa in mobilità » di lavoratori Fiat.
— E per la domanda?
In base ai calcoli che abbiamo presentato in Consiglio
regionale si può prospettare una
domanda minima intorno alle
10.600 unità e una massima intorno alle 38.150. Quest’ultima
cifra è comprensiva di 15.000 posti attivabili per opere pubbliche (ma è tutt’altro che certo
che si possano realizzare) e di
un incremento massimo nel settore terziario.
— Cosa si può concludere per
ciò che riguarda la crisi in generale e quella Fiat in particolare?
— Sono convinto che i problemi attuali di eccedenza di mano d’opera, e quelli che saranno
conseguenti ai processi di riorganizzazione Fiat, andranno affrontati adeguatamente con mi
Cosa è la mobilità
La mobilità interaziendale è entrata nel contratto di lavoro dei metalmeccanici, all’articolo 4, l’anno scorso Dovrebbe
costituire uno strumento nuovo per « affrontare in modo coerente e concreto i problemi occupazionali derivanti da processi di ristrutturazione e di riconversione produttiva e di
crisi aziendale di particolare rilevanza sociale, compresi i
casi di fallimento ».
10 base alla procedura stabilita dal contratto, i lavoratori
eccedenti vengono collocati in Cassa integrazione speciale
e automaticamente iscritti in liste di collocamento speciali
cui le aziende che hanno bisogno di personale sono tenute ad
attingere, in una proporzione stabilita con le liste di collocamento ordinarie.
11 nuovo posto di lavoro — secondo un progetto di legge
m discussione al Parlamento — per i lavoratori in mobilità
non dovrà distare più di 60 chilometri dall’attuale luogo di
lavoro.
Durante il periodo di Cassa Integrazione i lavoratori ricevono una retribuzione pari all’80% del salario.
Dopo un periodo massimo di due anni, i lavoratori in
Cassa straordinaria che non hanno trovato lavoro altrove
tornano nell’azienda d’origine, che può riassorbirli o riproporre il problema dell’eccedenza di personale. Durante questo periodo, comunque, nessun lavoratore può essere licenziato.
sure di mobilità interna, di riqualificazione professionale, con
le forme del prepensionamento,
l’utilizzo del turnover, il ricorso
alla Cassa integrazione, che consentono un alleggerimento di
fronte alle crisi senza pregiudicare le potenzialità complessive
della Fiat, e le condizioni per la
ripresa.
Nella situazione data nell’area
torinese e piemontese dove vengono minacciati migliaia di posti di lavoro alla Fiat, alla Indesit, ne] vasto indotto di queste
aziende e in altre aziende medie
e grandi, il ventilato ricorso alla
mobilità « esterna » si presenta
del tutto illusorio se non è ac
compagnato da un consistente
sforzo rivolto a risolvere i problemi occupazionali prima di
tutto all’interno dei grandi gruppi e dei loro programmi (Fiat,
Olivetti, Montedison, Chimica).
Nella situazione Fiat, e nella
situazione più generale di questo momento è necessario e possibile risolvere all’interno del
gruppo i problemi di eccedenza
occupazionale, con misure di
riorganizzazione e ristrutturazione che puntando ad un miglior
utilizzo della mano d’opera non
pregiudichino il quadro economico e occupazionale generale.
a cura di Franco Giampiccoli
INTERVISTA AL PASTORE BASSET
Testimonianza dall'Iran
Poco prima dello sconvolgimento della guerra, attualmente
in corso, tra Iraq e Iran cercammo di interpretare il fenomeno khomeinista iraniano ponendo una serie di domande ad
un giovane specialista del dialogo islamico-cristiano. Jean-Claude Basset, svizzero, pastore e
autore di un libro sui cristiani
in Iran. Rientrato da un soggiorno di due anni a Teheran ha accettato di rispondere brevemente ai nostri interrogativi. Nella
intervista che segue né si parla della guerra, né vengono
delineati i rapporti dell’Iran nella politica internazionale conseguenti la rivoluzione khomeinista. Si tratta in ogni caso di una
valutazione fatta da qualcuno
che ha conosciuto direttamente
il processo di trasformazione
iraniano, non solo, ma che ha
avuto la ventura di colloquiare
personalmente con l’Imam Khomeini quando era esule a Parigi.
— Leggendo i giornali in questi ultimi tempi si aveva l’impressione che il presidente della
Repubblica islamica dell’Iran,
Bani Sadr, rappresentasse l’opposizione, per esempio sulia questione degli ostaggi. E’ giusta
questa impressione?
— Certamente no. Non dimentichiamo che il presidente Bani Sadr si trovava con Khomeini
durante il suo esilio parigino. Fa
parte della cerchia dell’Ayatollah senza il cui aiuto non sarebbe oggi presidente. L’opposizione più marcata è quella tra Bani Sadr e gli integristi della Repubblica islamica. Eletto a suffragio universale a larga maggioranza, Bani Sadr, nella nuova
assemblea, è in minoranza perciò è stato sconfitto durante la
formazione del nuovo gabinetto.
E qui diventa importante la questione degli ostaggi. All’inizio
essa fu una provocazione nei
confronti degli Stati Uniti per
avere indietro lo Scià. Fallita,
com’è noto, questa manovra gli
ostaggi sono diventati ormai un
fardello nelle relazioni internazionali dell’Iran. Essi oggi costituiscono un potente mezzo di
pressione dei musulmani integristi contro il presidente. La loro
vita non è certamente in pericolo salvo un’azione violenta esterna, che in caso di guerra non è
esclusa, ma l’ultima parola spetta a Khomeini, il quale vuole
porsi al di sopra della politica
quotidiana e della lotta per il
potere, considerandosi il garante della nazione e della sua rivoluzione.
— Durante la rivoluzione iraniana e anche oggi si è parlato
di terribili massacri e di giudizi
sommari. Qual è il senso della
giustizia musulmana?
— Bisogna distinguere due
aspetti : i morti conseguenti la
rivoluzione e le vittime dei confiitti di natura etnica come nel
caso dei curdi sunniti nei cui
confronti la rivoluzione è stata
l’occasione e non la causa di tanti morti. Prima di parlare di giudizi sommari bisogna dire che il
regime precedente, e particolarmente l’esercito si è sbriciolato
di fronte alla forza del fenomeno Khomeini, le armi a Teheran
giravano dappertutto, un caos
da cui derivano i giudizi sommari. Certamente si può e si deve deplorare la fretta impiegata
nel condannare a morte ma nessuna rivoluzione al mondo si è
mai pagata il lusso di una procedura lunga. Inoltre, la giustizia musulmana è di natura espeditiva. Non teme cioè di ricorrere alla pena di morte quando si
ritiene che la comunità islamica
è minacciata da gravi pericoli.
Del resto la teologia islamica sostiene che per essere salvati nell’altro mondo bisogna pagare già
in questo i propri errori. Prima
di indignarci non bisogna dimenticare che alla caduta del nazismo nel 1944-45 migliaia di persone sono state vittime di regolamenti di conti, più di 50.000 in
Francia; e in Italia?
. y'ssuto, per alcuni anni,
in qualità di teologo evangelico
nel mondo musulmano. È possibile un dialogo?
Il dialogo è possibile ma
certamente non facile; non si
cancellano, con un colpo di spugna, secoli di pregiudizi e soprusi spesso violenti. Ci sono sempre stati dialoghi islamico-cristiani a partire dal primo incontro di Maometto con il vescovo
e i cristiani dello Yemen. Il dialogo non può essere concepito
come un momento magico in
cui di colpo si possa risolvere
tutto ma va inteso come un pa
ziente cammino in cui s’impara
ad ascoltare l’altro. Il dialogo
non è che un aspetto dell’incontro tra musulmani e cristiani,
c’è inoltre lo sforzo comune nei
confronti dei più poveri per non
dire dei matrimoni misti....
— E’ possibile, nella società
islamica, testimoniare chiaramente Cristo?
— Credo che la parola testimoniare sia quella esatta e penso sia possibile render conto
della fede cristiana in mezzo al
biòndo musulmano. Certo è più
facile per un missionario stra
niero che non per la minoranza
cristiana che vive nei paesi musulmani. Tuttavia una condizione essenziale deve essere rispettata, ovvero il missionario deve
considerarsi ospite, un inviato
nella famiglia, nella casa dell’Islam. Bisogna soprattutto non
parlare a tutti i costi ma imparare ad ascoltare, imparare a capire per poter essere, a nostra
volta, compresi. In un incontro
organizzato dal Consiglio Ecumenico, che si è svolto nel 1979
a Mombasa nel Kenya, sul tema :
« Presenza e testimonianza cristiana tra i musulmani » si parlò
di testimonianza reciproca : dire
ciò in cui credo e chi mi fa credere lasciandomi interpellare dall’altro, dalla sua fede, dalla sua
speranza! Testimonianza quindi
senza compromessi con il pieno
rispetto dell’interlocutore nella
convinzione che tutti i cuori appartengono all’unico Dio.
a cura di Giuseppe Platone
Piaget
(segue da pag. 5)
sto. Contrariamente al metodo
dei tests o questionari, la trama
del colloquio non era mai rigidamente fissata in anticipo, ma
essa si svolgeva man mano che
la discussione procedeva, per
delineare, alla fine, il pensiero
del bambino nel modo più preciso possibile» (Droz-Rahmy). Parafraso liberamente : « Devi essere disposto a seguire l’altro se
vuoi entrare nel suo mondo e
poterlo capire ».
Ma la produzione di Piaget
psicologo non è che una piccola
parte della sua opera di studioso. Infatti ciò che lo interessava
era meno la conoscenza del bambino in quanto tale che lo studio
del funzionamento mentale dell’uomo in generale, e in particolare di ciò che gli è peculiare, la
formazione cioè della conoscenza (studiare la psiche umana attraverso i meccanismi della sua
formazione nell’infanzia è appunto quella psicologia genetica che
egli volle fondare). Le sue scoperte psicologiche lo condussero poi a sollevare problematiche
più complesse e inquietanti, che
noi non siamo abituati a pensare riguardino la psicologia in
senso stretto : ad esempio il problema dei condizionamenti educativi e dell’accesso alla libertà
di pensiero, in campo pedagogi
co, o il problema sociologico
quali siano le condizioni ed
movimenti sociali necessari
un accrescimento o ad uno sviluppo della conoscenza, sia sul
piano della storia delle scienze
di
i
ad
sia su quello della formazione
individuale delle conoscenze.
(Quando nel 1967 torna ai suoi
giovanili interessi per la biologia, solleva il problema dell’adattamento dell’uomo al suo ambiente biologico e del ruolo della conoscenza in questo adattamento: sembra che la stretta illuministica e kantiana da cui
era partito (com’è possibile la
conoscenza?) venga superata indicando la necessità di ritrovare una continuità tra la conoscenza e la vita.
Infine negli ultimi anni i suoi
interessi volgono con sempre
maggior decisione e chiarezza
all’epistemologia; propone di utilizzare anche in questo campo il
metodo genetico, cioè di compiere studi comparativi tra la
formazione delle conoscenze nell’individuo e nella società: in
questo modo egli solleva il problema della libertà e dell’obiettività della scienza. Ma sceglie
di non affrontare questi problemi da solo e allora invita al confronto e al dialogo attorno a sé
studiosi di molteplici discipline.
Ricordo che questa problematicità si rifletteva sul metodo di
insegnamento e di lavoro di PiaRet e della sua scuola: concetti
di una grande evidenza venivano
formulati all’interno dei dibattiti e confronti più ampi e problernatici. Io credo quindi che
sia importante ricordare, accanto alle sue scoperte scientifiche
originali e ormai incontrovertibili, la sua messa in questione
delle istituzioni educative e scientifiche del mondo odierno e la
messa in discussione della nostra mentalità e di certi nostri
sistemi di certezze. P. Comba