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ECO
DELLE miXI VALDESI
biblioteca valdese
torbe pillicb
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno xrvil - N. 42
Una copia lire 50
innniVAMriMT, ( Eco; L. 2.500 per l’interno ‘ Spedizione in abbonamento postale . I Gruppo bis
■abbonamenti { ^ ; Cambio di indirizzo Lire 50 _____
TORRE PELLICE - 27 Ottobre 1967
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.CE. 2-17557
UN PROTESTANTE RIAFFERMA, DI FRONTE AI MITI ODIERNI
DikLLE 9S TESI DI LUTERO
1517-1967
i usa (lire oggi, negli
gl i ambienti
sj eeunienu'i, che la Riforma reagì contro un Cattolicesimo deteriore, caduto in preda a errori dottrinali e ad abusi morali cristianamente non ammissibili, il suo impeto
polemico nella situazione presente
sarebbe sfasato, perchè oggi quegli
errori sono stati ridimensionati o
stanno per esserlo, quegli abusi sono stati eliminati o stanno per essere corretti. Abbiamo di fronte un
Cattolicesimo che dimostra possibilità vitali sino a pochi anni or sono
impensate, pronto a lasciarsi iniettare dosi elevate di vitamine bibliche, atte a fortificare e rinvigorire il
suo organismo che era apparso soggetto a un deperimento cronico di
secoli, capace persino di integrare
nel jtroprio sistema dottrine teologiche come la giustificazione o atteggiamenti pratici come il rilievo
dato al laicato, come la partecipazione della comunità al culto, come
il governo collegiale-sinodale della
Chiesa, che da 4 secoli sono stati
considerati tipici della Riforma.
Stando così le cose la Protesta oggi non avrebbe più senso per
mancanza di motivazione, sarebbe
destinata a diventare prerogativa di
gruppi settari che vivono ai margini
delle correnti vive della storia e che
per insensibilità culturale non registrano le trasformazioni in corso;
qualcuno ha potuto dire, con discutibile umorismo, che, se fossero vissuti non nella prima metà del XVI
secolo ma nella seconda metà del
XX, Lutero e Calvino invece di fare
la Riforma sarebbero stati Osservatori al Concilio. Perchè prolungare
una divisione non più motivata, a
scandalo del mondo e a danno dei
suoi bisogni vitali? Bisogna accelerare i tempi della riconciliazione,
senza perdersi in sottigliezze, non
più guardando al passato e a recriminazioni non generose, ma aperti
al futuro, con capacità di fantasia
teologica. Sarebbe infatti indice di
spirito astioso e non caritatevole
continuare ad accusare dairesterno,
invece di contribuire a riformare
dairinterno, con animo disponibile
e generoso, sostenendo i progressisti che lavorano a liberare la vecchia Chiesa di Occidente dai suoi
peccati e dai suoi acciacclii.
Come contraccolpo di queste constatazioni il Protestantesimo non collaborazionista sembra preso oggi da
una sorta di complesso di Giona : se
Dio invece di confondere la Grande
Babilonia sembra contribuire a risollevarla dalla sua prostrazione
(non si segnala la presenza dello
Spirito agCindirizzi più impensati?),
il senso della sua missione non è
forse venuto meno e allora la preghiera che sorge spontanea non è
forse questa; « O Eterno, ti prego,
riprenditi la mia vita; poiché per
me vai meglio morire che vivere »
(Giona 4; 3)? Se l’era del Protestantesimo è finita insieme alla sua
funzione, è più che spiegabile che
le sue comunità appaiano a qualcuno come asili di sopravvissuti e che
la predicazione che ancora risuona
in quelle comunità ben spesso sia
più opinabile ohe autorevole, senta
più di rabbinismo che di profetismo, offra confusione invece di
orientamento, pietre invece di pani,
cioè ripetizione disincarnata e inefficace di espressioni evangeliche non
spiegate e non attualizzate nel loro
dinamismo.
Non si può negare che il Protestantesimo stia attraversando
uno dei momenti più critici della
sua storia, ma sarebbe un grave errore di valutazione storica pensare
che la grave crisi in cui si dibatte
sia stata causata, cosi, all’improvviso, dal rinnovamento cattolico emer
QQT A FIDE II Chiesa
JaiJiaSl ■■ ■■ ^esì 62. Il vero tesoro della Chiesa è /orse ci sono tutti i tesori, tranne
Ossia: vivere soltanto di Dio di ogni parola delia sua bocca
so col Concilio Vaticano II. Il Concilio non è stata la causa, ma lo strumento, che non esitiamo a definire
provvidenziale, che ha messo allo
scoperto la crisi in tutta la sua ampiezza e ne permette il riconoscimento anche a chi non aveva occhi
per vederla. Ma le cause per cui il
Protestantesimo appare orbato della
sua ragion d’essere sono lontane e
complesse e vanno molto al di là
dell’ambito ecclesiastico e delle dispute confessionali.
La fede, fin dalle origini, per tutto il corso della storia d’Israele e
dal secolo apostolico in poi, è
■ esposta a un continuo lavorio di corrosione, anche se non sempre ne ha
coscienza. La tentazione a cui è
esposta può essere espressa dall’antica insinuazione satanica, che tendeva a mettere in dubbio la validità
della parola di Dio; « Come! Iddio
vi ha detto...? » (Gen. 3; 1), tanto
quanto dall’interrogativo che si ponevano i credenti della generazione
successiva a quella apostolica di
fronte al fatto conturbante del mancato ritorno del Signore; « Dov’è la
promessa della sua venuta?... dal
giorno in cui i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano
nel medesimo stato come dal principio della creazione » (II Pie. 3;4).
La Riforma non ha, soprattutto, formulato nuove dottrine o indicato
forme di culto e modi di vita più
evangelicamente fedeli; è stata, essenzialmente, un richiamo possente
alla Chiesa a vivere soltanto di Dio,
di ogni parola che procede dalla
sua bocca (Mtt. 4; 4), nella coscienza del suo patto, nella certezza della
fedeltà alla sua promessa, in ogni
circostanza, nonostante ogni smentita.
Sola fide: per aiutare la lede a
superare la sua tentazione antica. Il
Dio vivente è creduto nella fede, la
sua realtà non può essere provata
con dimostrazioni o evidenze, anzi
è contraddetta dalle apparenze visibili. La giustificazione dell’uomo
può essere creduta soltanto per lede, non veduta e constatata sulla
base di opere sicuramente sante o di
prestazioni ecclesiastiche oggettivamente valide. La realtà della elezione, della Chiesa e della sua unita
può essere creduta soltanto per fede, tutte le realizzazioni sul piano
della storia sono ambigue. Vubhidienza morale è il segno necessario
della remissione dei peccati creduta
per fede, ma non può sostituirla o
esserne la condizione e il fondamento. L’attesa della giustizia del Regno è vissuta nella fede, cosciente
che le sue espressioni attuali possono essere accolte come testimonianze che indicano oltre se stesse, ma
non sono mai tali da superare l’ingiustizia radicale del mondo presente e del suo peccato, che è incredulità.
L’essenziale della vita cristiana,
che deve avere il primato su ogni
altro elemento, è dunque la lede,
le realizzazioni sono le cose « sopraggiunte » (Mtt. 6; 33), che possono essere date o non date. L.a Riforma ha creato generazioni di credenti che hanno vissuto per fede e
perseverato nella fede, anche « senza aver ricevuto le cose promesse »
(Ebr. 11; 13).
Ma la tensione di vivere soltanto
della Parola detta da Dio da
oltre due secoli è stata avvertita come ulteriormente insostenibile, la
iiin-'a attesa della fede, invece di ri
manere concentrata sul Dio della
promessa, ha volto la sua attenzione e i suoi interessi alle cose promesse e allora si è mutata in frustrazione e alienazione. La rivolta che
denuncia la fede come illusione e
sogno a cui bisogna porre fine per
dar luogo alla realtà, la tentazione
delle realizzazioni laiche ed ecclesiastiche, la tentazione sociale del
pane, la tentazione religiosa del
tempio, la tentazione missionaria
deH’influenza sul mondo (Mtt. 4;
1-111), nel nostro secolo sono diventate mentalità e fatto sociale, organizzazione e prassi politica ed ecclesiastica.
Il mito ecumenico e il mito politico-sociale, il tentativo di realizzare in campo religioso la Chiesa visibile e la sua unità, in campo laico la società giusta, sono due fratelli nemici, in cui si profilano tendenze concorrenziali tese entrambe
a sostituire il possesso alla fede, il
raggiungimento all’attesa. Gli sforzi
odierni delle Chiese per cercare di
riassicurare alla fede i suoi significati perduti, come ha visto lucidamente Paolo Ricca, sono un fenomeno di aggiornamento, non di ravvedimento, sono':TÌferiti al mondo
e allo sviluppo storico, non a Dio e
alla sua Parola. Ora l’aggiornamento è un fenomeno ritardatario non
rinnovatore, conformista non creatore.
II vero tesoro della Chiesa e
il sacrosanto Van^lo della
gloria e deUa grazia dì Dio.
Tesi 63. Ma questo tesoro è giustamente il più odiato, perchè
« fa dei primi gli ultimi »
(Matteo 20; 16)
Tesi 64. Mentre il tesoro delle indulgente è giustamente il più
accetto, perchè « fa degli ultimi i primi» (Matteo 20; 16).
Nel tempo in cui avvenne la Riforma, la Chiesa non sapeva più
qual’era il suo vero tesoro. Probabilmente aveva già allora troppi tesori, di tutti i generi (oggi ne ha
ancora di più). Quando si hanno
troppi tesori diventa difficile distinguere il vero dai falsi ; si fa una
grande confusione. La Riforma ricordò alla Chiesa qual’era il suo vero tesoro, ma la Chiesa non ci ha
creduto: ha continuato a confondere il vero con i falsi tesori. Ha fatili Paolo Ricca
to come il giovane ricco
Crediamo che la funzione della
Chiesa sia di testimoniare dell’essenziale, del primato dell’unica
cosa necessaria : contro il secolo e
tutte le sue tendenze, ecclesiastiche
e mondane, per servire il secolo. Il
450° anniversario delle tesi di Lutero troverà ancora dei protestanti
pronti a ricordare con lieta tenacia
la Riforma non come un fatto contingente e superato, ma come una
indicazione essenziale e non superabile per la fede?
VlITTORIO SUBILIA
che « aveva grandi beni » (Matteo 19; 22) e
per questo, quando Gesù gli disse
quel che doveva fare per avere « un
tesoro nei cieli » (Matt. 19: 21),
cioè appunto il vero tesoro, l’unico
che conta, il giovane ricco rifiutò.
Non volle rinunciare a quello che
aveva per ottenere quello che gli
mancava. Non volle decidersi tra il
vero tesoro e i tesori apparenti : e
« se ne andò tutto triste » (Matteo 19: 22). La Chiesa al tempo della Riforma ha fatto la stessa cosa :
i Riformatori le dissero con molta
chiarezza (jual’è il vero tesoro della Chiesa e le chiesero di scegliere
tra il vero e i falsi tesori: ma la
Chiesa rifiutò « perchè aveva grandi beni », di tutti i generi, ai quali
non volle rinunciare. Così oggi ancora la Chiesa cattolica non sa qual’è il suo vero tesoro. Ed è per questo, in fondo, che il richiamo di
Roma, che sembra suggestionare non
pochi uomini del nostro tempo, non
ha su di noi alcuna forza di attrazione, come non lo ebbe sugli uomini della Riforma: perchè a Roma
ci sono molti tesori, di ogni genere.
iiinumiiiiiiimiiiiiiNiliiiimiiiiiiiii
lllllMIIIIIIIIIIIMKimiKIIIIIIIKIIMKIII
LA RIFORMA E L’ITALIA
Col ferro e col fpoco
H dramma dall’evangelismo italiano sterminato dal terrorismo è il dramma della coscienza religiosa italiana
Se facessimo una sorta di « calendario evangelico », avremmo anche noi
i nostri martiri, uno al giorno e anche
più. Ci accorgeremmo — per una comparazione inevitabile — che nel nostro calendario sarebbero ricordate
di Luigi Santini
creature perseguitate, torturate, assassinate e poi calunniate, mentre in
quello romano ci riconoscereste dei
persecutori, dei calunniatori (insieme
a indubbia brava gente e a creature
della fantasia). Ma le cose vanno in
modo tale che fra i santi e i beati gli
uni festeggiano e rendono un culto a
personalità che mostrarono, è il meno
che si possa dire, uno zelo feroce, acristiano; mentre gli altri — noi protestanti, per intenderci — da un lato
stiamo in guardia dal dare a creature
quell’onore che solo a Dio è dovuto, e
dall’altro sembra quasi che vogliamo
farci perdonare il torto di contare fra
i testimoni della fede tanta gente asssssinfltQ
Come non è colpa dei giudei di oggi se allora Cristo fu torturato e ucciso, cos'j non è certo colpa del clero
cattolico-romano di oggi se allora, al
tempo della Riforma, l’evangelismo
italiano fu sterminato dal terrore organizzato e alimentato da Roma. Il
nostro ricordo va ai torturati e non
ai torturatori, ai motivi del loro patimento e non agli inquisitori, ai martiri e non ai loro boia: gli uni e gli
altri sono davanti al giudizio di quel
Dio che s’è rivelato nell’Evangelo.
Il caso Carnesecchi
Il fatto successe a Roma, giusto
quattrocento anni fa. Il principio della fine ebbe per cornice la chiesa della Minerva, fra una folla di cortigiani e ambasciatori, presenti ben ventitré cardinali. Un corteo di condannati
dall’inquisizione passò per le vie cittadine: sedici a piedi, e uno portato
su una sedia perchè la lunga detenzione, le torture e gli estenuanti interrogatori l’avevano debilitato. Era
Pietro Carnesecchi, un gentiluomo floreptino già addetto al personale diplomatico vaticano.
Nella chiesa, la prima sentenza — di
condanna a morte - fu per lui che poi,
mentre proseguiva la lettura delle al
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IN TERZA PAGINA
forse ci sono tutti i tesori, tranne
uno: quello vero.
^ ^ ^
E le Chiese evangeliche, sanno
qual’è il loro vero tesoro? La Riforma lo sapeva. Ma noi lo sappiamo? Teoricamente sì, ma forse solo
teoricamente. Le Chiese evangeliche
sanno qual’è e dov’è il loro tesoro,
ma —. si direbbe — non ci mettono
il loro cuore, contrariamente a quel
che dice Gesù: «Dov’è il tuo tesoro, quivi sarà anche il tuo cuore »
(Matteo 6: 21). Facendo un altro
esempio, le Chiese evangeliche sono forse oggi come l’uomo della
parabola che ha trovato il tesoro
nascosto nel campo; però, a differenza di queU’uomo, non comprano
il campo e lasciano lì il tesoro sotto terra, inutilizzato (cfr. Matteo
13: 44).
sS * *
Qual’è il vero tesoro della Chiesa, cioè l’unico che veramente vale? E’ « il sacrosanto Vangelo della
gloria e della grazia di Dio ». Il vero tesoro della Chiesa non sono
dunque i meriti dei Santi (come affermava la dottrina cattolica contro
cui sono dirette le tesi 62-64). Noi
i Santi e i loro meriti non li abbiamo: ma potremmo avere, appunto,
i « meriti » della Riforma, o i « meriti » delle nostre confessioni, o delle nostre denominazioni; potremmo
rispolverare i nostri « valori », storici o dottrinali; e potremmo credere che essi fan parte del vero tesoro della Chiesa. Ma proprio questo la Riforma ha negato, affermando invece che il vero tesoro della
Chiesa non è mai, neppure in parte,
quello che essa fa o ha fatto, ma
quello che Dio fa e ha fatto in Cristo.
Com’è povero il messaggio della
Chiesa, quando predicà la santità
dei « santi » anziché quella di Dio!
Ricco sarà invece il suo messaggio
quando predica « il sacrosanto Vangelo della gloria e della grazia di
Dio ». Che cos’è questo? La gloria
di Dio, « che rifulge nel volto di
Gesù Cristo » (2 Corinzi 4: 6), è la
sua reale, viva presenza; la grazia
di Dio è la sua reale, viva misericordia. La gloria di Dio risplende
non più solo nei cieli e sugli angeli
ma « sul popolo che camminava nelle tenebre » (Isaia 9: 1), la grazia
di Dio discende nella nostra vita
senza grazia : questo è l’Evangelo,
l’annuncio che Dio continua a far
risuonare in questo mondo.
Lo oda la Chiesa, lo oda anche il
mondo. Perchè questo Evangelo,
che è il vero tesoro della Chiesa, è
anche il vero tesoro del mondo. Il
mondo — lo sappiamo —- è pieno
di tesori (oltreché di miseria); ma
il suo vero tesoro è l’Evangelo, cioè
Dio che viene a noi con abbondanza
di redenzione. Non solo la Chiesa,
ma anche il mondo dovrebbe imparare la preghiera del Salmista : « Io
ho detto all’Eterno: Tu sei il mio
Signore, io non ho bene all’infuori
di Te » (Salmo 16: 2).
Vero tesoro della Chiesa, vero tesoro del mondo, l’Evangelo è anche
il vero tesoro di ogni singola creatura umana. Mosè lo aveva capito,
dato che « stimò il vituperio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori di
Egitto» (Ebrei 11: 26). Eppure i
tesori d’Egitto, cioè i tesori della
civiltà, sono cosi attraenti e pieni
di promesse: quanto li amiamo,
quanto li desideriamo! Crediamo,
avendo dei tesori, di valere di più.
Invece, non è per i nostri tesori,
piccoli o grandi, materiali o spiri
CONTINUA
IN OTTAVA PAGINA
2
pa^. 2
N. 42 — 27 ottobre 1967
Il mestiere di credere
« Un amico dei pubblicani e dei peccatori! »
(Matteo 11: 19)
Gesti (come anche prima e dopo i Suoi discepoli) è rimasto sino
alla fine fedele al Tempio costituito. Anche là v’erano dei poveri ai
quali annunziare la Parola di Dio che, con la sua presenza, da profezia diventava adempimento (Luca 4: 17-21). Ma appunto per questo Egli respinge il mondo religioso del suo tempo e se la fa con i miscredenti. La sua non è una qualunque protesta: vita stanca della
Chiesa, desiderio d’incontro con uomini secolarizzati, esperienze di
mondo, eccetera. La sua presenza tra i miscredenti è una necessità
legata alla natura della sua missione: Egli « è venuto per cercare e
salvare ciò che era perito » (Luca 19: 10). Non è vero che Egli odi
il peccato ed ami il peccatore. Peccato e peccatore sono tutt’uno davanti a Dio. Quel che è vero è che Egli rimette il peccato e riscatta
il peccatore.
Quando rimanda guarito dice : « Non peccar più che non t'accada di peggio ». La guarigione è la forza per non peccare più. La religione del tempo di Gesù non poteva dire: « Ecco, non peccar più ».
Era come se alla porta del Tempio stesse scritto: vietato l’ingresso
ai peccatori. Negli Evangeli non c’è bisogno di andare sino alla Pasqua per incontrare i Giudei in lotta contro Gesù. Ci si imbatte negli
Scribi e nei Farisei sin dal principio dell’Evangelo. Con loro si scontra Gesù. Per loro v’è solo polemica, non guarigione; v’è solo condanna, non salvezza. Gesù entra in lotta con tutto ciò che sa di incenso, con tutti quelli che fanno il mestiere di credere. « Il regno
dei cieli avanza con forza » (Matteo 11: 12); « L’Evangelo è la dinamite di Dio )) (Romani 1: 16). Non suscita ammirazione, ma contrasto; non rispetta le tradizioni, ma le spezza; non concede il posto
d onore nella Chiesa, ma rende cc ultimi »; non arricchisce, ma manda « come poveri arricchenti molti » (2 Corinti 6: 10).
Michele Sinigaglia
spigolando nella stampa
Echi della settimana
ieri
LES AFFAIRES
SONT LES AFFAIRES
Diffusasi, come ormai certa, la notizia che la Francia sarebbe riuscita a concludere col governo peruviano un contratto
per la vendita di dieci aerei « Mirage 5-S »
e di due aerei « Mirage 3 » (al cos'io complessivo di circa 36 milioni di dollari), a
concludere probabilmente un analogo contratto col Brasile e, in un avvenire non lontano, anche un contratto con l'Argentina,
per la vendita di tanks « AMX-13», gli
U.S.A. sono ben presto intervenuti dichiarandosi pronti a vendere anche loro degli
apparecchi supersonici « F-y » al Perù, al
Brasile. all'Argentina, al Cile, al Venezuela
ed alla Colombia (« Le Monde » del 20-10).
Non sappiamo quale delle due offerte
verrà preferita dai paesi del Sud-America,
ma crediamo che ques'ta volta gli U.S.A.
abbiano veramente perso l’autobus. Infatti
un Mirage costa all’incirca quanto un F-5
(circa 5 milioni di franchi), ma è notevolmente più veloce (supera infatti agevolmente i 2000 km./ora in croc'era contro la velocità massima di 1700 Km./ora d'un F-5.
Inoltre, « poiché un'aviazione ha sempre
vantaggio a possedere apparecchi d’uguale
fabbricazione, l’industria aeronautica francese può sperare in nuove ordinazioni per
l'avvenire u.
In un articolo (dal '.itolo significativo;
r< Vendere dei ’’Mirage” in barba agli americani » pubblicato sul « Journal de Genève » (14-15 ottobre ’67). Claude Monnier
studiava accuratamente la notizia ed osservava : ti II fatto d’aver scelto un fornitore
non comunista è stata (da parte dei latino
iiiiiiiliiliiiimiiiimiiiiiii
iiiimimiuiiiiiiiimiiiiiiiiiii
NUOVE PROSPETTIVE MISSIONARIE
Azione Aposlnlica Comune
I pastori V. Rakotoarimanana (Madagascar) e Set lì Nomenyo (Togo) rispettivamente presidente e segretario generale della
Azione Apostolica Comune erano di passaggio a Ginevra qualche tempo fa, e un
corrispondente della « Vie Protestante » ha
approfittato della loro presenza per ottenere notizie aggiornate su questa progettata
Azione Missionaria.
L’Azione Apostolica Comune è un
nuovo aspetto dell’opera missionaria?
In questi ultimi anni si è imposta la
convinzione che le antiche forme della Missione erano superate e non corrispondevano più alla realtà dell’Africa di oggi. Questa nuova riflessione
sulla testimonianza missionaria ha
progredito a tappe; eccone le tre principali:
1) Il cammino della Chiesa non è
più a senso unico : l’Europa manda e
l’Africa riceve. Però le giovani Chiese
dell’Africa non hanno i mezzi per prevedere un’opera missionaria importante fuori delle frontiere dei loro
paesi. Occorre collaborare.
2) L’influenza del Movimento Ecumenico. La Missione ha preso gradualmente coscienza della sua dimensione ecumenica. Noi dobbiamo lavorare in armonia con le altre Chiese,
le altre denominazioni; e che nessuno tiri la coperta dalla sua parte! Il
promotore africano di questo concetto è stato certamente il pastore Jean
Kotto del Camerún.
3) L’opera missionaria deve manifestare l’universalità della Chiesa. È
giunto il momento in cui occorre impegnarsi risolutamente al di là delle
frontiere territoriali e dei limiti continentali. Fino ad ora le Giovani Chiese erano abituate a ricevere. E una
buona cosa che esse escano dalle loro
organizzazioni e dalle loro strutture
tradizionali.
L’Azione Apostolica Comune è nata
da questa evoluzione. È allo stesso
tempo dell’Ecumenismo pratico e una
manifestazione della universalità della Chiesa.
"Voi avete scelto il Dahomey per un
primo esperimento. Perchè?
Il nostro punto di partenza è stato
una inchiesta promossa dalla Confe
gni predicazione del Vangelo dovrà inserirsi nella vita dell’uomo, entrare fin nella intimità della
vita quotidiana, penetrare in tutti i
labirinti dei pensieri e dei desideri
dell uomo^ infiltrarsi nelle regioni le
p:ù estranee alla vita dello spirito,
riconquistare cosi tutto quello che fa
I uomo, tutto quello che è l’uomo,
tutto l’uomo.
Questa conoscenza di tutti gli aspetti della vita dell’uomo permetterà al
predicatore di situare il messaggio bibli co ch’egli vuole recare nei riguardi
deiruomo cosi com’è qui e oggi, e di
scoprire quale è il settore toccato dal
Vanijelo di questo giorno.
Allora predicherà sapendo ciò che
fa. Invece di scagLare le frecce della
parola in tutte le direzioni, comunque sia. e di riempire gli orecchi dei
suoi uditori con consigli generici,
con idee vaghe... egli partirà da quel,
la parola precisa alla conquista di
quell’a-spetto preciso della vita che
questa parola vuol rischiarare e ricreare.
Selli JSomenyo
Tratto da « Tutto il Vangelo per
tutto l'uomo ».
renza Panafricana delle Chiese per
determinare quali erano le zone di
lingua francese in Africa non ancora
evangelizzate. Noi volevamo fare le
nostre prime esperienze fra i pagani
prima di valgerci alle zone islamiche.
Perciò abbiamo scelto la regione dei
Fon, nel sud-ovest del Dahomey, che
conta 9CO.OOO abitanti. Un paganesimo fortemente organizzato, con preti,
conventi e centri di iniziazione.
Quali saranno i vostri metodi per
stabilire un primo contatto?
Noi speriamo soprattutto di scoprirne dei nuovi. In ogni caso non andremo verso gli abitanti di quella regione per proclamare che la loro esistenza non vale nulla L’équipe dovrà
integrarsi, penetrare nella vita quo
tidiana, nella mentalità, nella « teologia» di quel popolo, cercando di scoprire il messaggio specifico del 'Vangelo per l’uomo Fon. In modo che egli
possa realizzare se stesso in quanto
cristiano e integrare i valori essenziali
della sua cultura alla sua fede.
I tentativi fatti in quella regione
secondo i metodi tradizionali di evangelizzare, sia dai cattolici che dai metodisti, fino ad ora sono falliti.
Quale è la coniposizione della « équipe » che sta per partire?
Essa è multirazziale e interconfessionale. Gli otto membri della « équipe » che vengono dalla Svizzera, dalla
Francia, e dall’Africa, sono dei « teccnici della conoscenza dell’uomo » :
pastore, infermiera, animatore dei giovani, educatore, animatore rurale. Tutte le età della vita saranno avvicinate,
dalTinfanzia alla vecchiaia.
La équipe si preparerà alla sua missione per sei mesi. Questo primo esperimento di vita in comune sarà decisivo. Impareranno pure a conoscere il
paese, le sue tradizioni, la sua lingua.
Infatti, il messaggio del Vangelo non
può essere cercato, se non partendo
da questa conoscenza oggettiva. Questa preparazione di 6 mesi comincerà
il 1° ottobre a Porto Novo.
Quali saranno le difficoltà maggiori
da superare?
La prima — e non concerne soltanto questo esperimento, ma tutti quelli futuri — è trovare gli uomini e le
donne di cui abbiamo bisogno.
La seconda è la conseguenza della
vita comunitaria e del carattere interrazziale della équipe. Non è sempre facile vivere insieme per due o tre anni.
Ma la difficoltà principale che incontrerà questa équipe, è la conseguenza del suo obiettivo : evangelizzare una regione dove il paganesimo
regna da parecchi secoli. Quello è il
rischio della fede!
Quali sono i vostri progetti per l’avvenire?
Non accontentarci del Dahomey.
Questa è la prima azione africana. Altre seguiranno... e perchè non in Europa un giorno, sotto una forma diversa? Quel che importa è di non lasciarsi invadere dalla sclerosi e di scoprire in modo sempre rinnovato la
forma di testimonianza valida per il
nostro tempo.
Intervista registrata da
Marie-Claire Lescaze
ioggi
In data del 26 settembre 1967 la Direzione della Società delle Missioni di
Parigi comunica che 6 degli 8 componenti della « équipe » per l’Azione
Apostolica Comune sono stati trovati.
Mancano ancora una infermiera che
è stata chiesta alle chiese svizzere, e
un agronomo che dovrebbe essere dato dalle chiese del Dahomey.
La preparazione di 6 mesi sarà fatta nel quadro della Scuola Pastorale
di Porto Novo.
a cura di Tullio Viola
aineiicani) una mossa particolarmente abile,
pei che Washington non può protestare battendo la gran cassa dei principi e dell’ideologia ». Sembra che in U.S.A. si fosse stizzosamente osservato che «l’America latina
non ha da temere un attacco militare (sottinteso: noi c'incaricheremo di difenderla),
ma ben piuttosto la sovversione interna.
Contro questa. Tarma numero uno è lo
sviluppo economico e sociale... ». Non più
tardi di sabato 7 c., la sotto-commissione
per gli affari latino-americani del Senato
americano aveva sentenziato che « ogni aiuto militare (americano o straniero) all’America latina "contribuisce a reprimere le forze popolari e incoraggia la formazione di
regimi militari, oppure di regimi civili ma
non costituzionali ed appoggiali dai militari”, e per conseguenza rende più imminente la minaccia di sovversione »,
Che il governo U.S.A. abbia poi improvvisamente cambiato idea, non ci meraviglia: anzi...! Ma abbiamo ancora un residuo d’ingenuità sufficiente a meravigliarci
della condotta del governo di quel De Gallile che, pochi mesi fa, in occasione del suo
viaggio in Orienfe. tuonava contro il neocolonialismo degli Americani nel Vietnam.
LE CONDIZIONI ALIMENTARI
DELLA CINA
■jjC Un rapporto della F.A.O. (Organizzazione deirÓ.N.U., per lo sviluppo dell’agricoltura e dell’alimentazione nel mondo, la cui sede centrale è a Roma) informa
che la Cina popolare produce sos'lanze alimentari (in particolare riso) in maggior
quantità di quanto comunemente s’è tentati
di credere. Il rapporto smentisce anche
l’opinione corrente secondo cui « Tapprovvigionamento di viveri, nella Cina popolare,
sarebbe diminuito costantemente negli ultimi anni ». Le cose s'tanno precisamente all’opposto. 'Per es. approssimativamente la
produzione dei cereali in Cina « è passata
da 181 milioni di tonnellate nel 1962, a 188
milioni nel 1963, a 195 milioni nel 1964, a
a 208 milioni nel 1965 ». Nel 1966. anno
delle tanto conclamate calamità metereologiche (aridità prolungata nel Nord, e
inondazioni nelle regioni risicole), la produzione dei cereali ha avuto soltanto una
leggera flessione, ridiscendendo a 206 milioni di tonnellate.
(Da « Le Monde » del 17-10-’67)
LA VITA COMINCIA A RIFIORIRE
A BERLINO-EST
« Quale contrasto stupefacente! ”Unter den Linden”, quattro anni fa, era ancora un deserto sinistro. Due anni fa era
un cantiere. Oggi (alberata nuovamente di
tigli ombrosi che restituiscono al nome il
suo significato) è un viale risplendente, fiancheggiato d’ambasciate in prossimità della
Porta di Brandeburgo, più lontano da eleganti negozi, da un grande ristorante e da
un albergo importante. L’arteria, una volta tagliata e come morta, ha ora ritrovato
nuovo .sangue. In pari tempo il cuore della
città, tutt' intorno alla Alexanderplatz, è
divenuto anche lui un immenso quartiere
già sormontato dalla torre della televisione
(più alta della torre Eiffel), ed è destinata a
cambiare a sua volta aspetto nel giro di
pochi anni.
« "Unter den Linden” è anche la trasversale del centro artistico di Berlina-Est: da
una parte la "Staatsoper” (uno dei primi
edifici ricostruiti dopo la guerra) e l’edificio
nuovissimo della ”Komische Oper”: dall’altra parte il gruppo dei teatri fra i quali eccellono. per prestigio mondiale, il "Berliner
Ensemble” e il "Deutsche Theater”.
« Queste quattro istituzioni costituiscono,
coi diversi concetti organizzati per la circostanza. la spina dorsale delTelemento particolare attraente dei "Berliner Festtage”: un
Festival che si celebra annualmente, senza
interruzione da undici anni, e conservando
molto fedelmente il suo carattere iniziale.
Intendiamo dire che esso continua ad essere fortemente caratterizzato dai suoi iniziali imperativi ideologici, diciamo anzi
propriamente politici, alcuni dei quali finiscono per riuscire addirittura ossessivi... ».
L’artìcolo (di Franz Walter sul « Journal de Genève » del 20 c.). sotto il titolo
significativo: «In una città trasformata,
iiiTideologia che non muta », riferisce ampiamente e con grande competenza sulle
manifestazioni artistiche del Feolival di quest’anno.
a cura di Paolo Ricca
Lutero in Italia
Nel novembre del 1883 ricorreva il quarto centenario della nascita di Martin Lutero. In quella occasione la Claudiana, allora a Firenze, pubblico una raccolta di scritti del Riformatore « colla mira — si legge
nella prefazione — di presentare il celebre
frate sotto gli aspetti molteplici di riformatore, commentatore, predicatore, patriota,
uomo, amico, padre, marito, figliuolo ». Gli
scritti di Lutero sono preceduti da un saggio di Teofìlo Gay su « Lutero in Italia »,
in cui si narra, in modo vivace e talora un
po’ romanzato, il viaggio di Lutero a Roma,
nel 1511-12, grazie al quale il futuro riformatore potè rendersi conto dell’incredibile
grado di decadenza morale e religiosa che
regnava nel « centro della cristianità ».
Riproduciamo la parte finale dello scritto di T. Gay . I nostri lettori, forse sorrideranno delle approssimazioni, delle esagerazioni, delle inesattezze che questa pagina
contiene, nonché dell’enfasi patriottica die
la pervade e — diciamolo pure — dell'ingenua retorica che Tispira. In particolare,
nostri lettori sanno che Lutero divenne riformatore non già vedendo la decadenza
di Roma ma scoprendo, nella Sacra Scrittura, TEvungelo della grazia. Il che avvenne
alcuni anni più tardi. L’Italia, nel 1512, inni
rimandò in Germania un Riformatore, ma
solo un frate disilluso.
Eppure, malgrado i suoi limiti, questa ;>agina merita d’esser ricordata non solo e
non tanto per il suo piglio garibaldino
quanto per Tintenso affetto verso Lutero e
l’opera sua che vi traspare. Nell’Italia bigotta di allora parlar di Lutero era alTnicirca come parlar ilei demonio in persona.
/ nostri padri dell’800 non ebbero timo’e,
come italiani, di parlare del nostro Lutt o.
Di questo siamo loro grati.
Fra le cose che Lutem, tornando n
Germania, recava seco da Roma, .i
erano nuovi lumi, cognizioni nove! ",
esperienze preziose, e soprattutto vn
pr'ncipio potente, divino, che dov a
metter tosto a soqquadro la Cristianità.
Ei sa ora, ei comprende qual’è il
vero principio che può salvar Tunr.o
e rigenerar la società; non è il cciiformarsi a questo o quel precetto, tea
il credere in Cristo Gesù. Questo sa à
d’ora innanzi il suo motto; e il grande
scopo della sua vita sarà di far co toscere Cristo Gesù, anziché di predio ;ir
forme e pratiche.
Ebbe il tempo di prepararsi, cin
anni dopo Cominciava la misch a ' I
1517 lo vide affìgger le sue tesi ; : t
Schlosskirche ,e la Germania udì. rifu
rintocco del martello con cui le inchiodava, lo squillo che la chiamava a
nuova vita, e il papa, sótto quelle n:' rtellate, s’accasc'ò rabbioso e trito.
Si ! L’Italia ha contribuito a forn r
Lutero, com’essa ha contribuito a i rmar tanti sommi artisti e dotti e ;
terati d’altre nazioni; ma onde vie s
che non abbia formato ma'; un Li:u'ro per se stessa? Quanti frati ins;. ni
videro Roma e piansero sulle sue n rgagne e inveirono contro i suoi abiru.!
Ma nissuno diventò un Lutero. F ,rchè? Perchè è mancato a molti la -,or'età, la potenza della fede reli"' '
ed a tutti il coraggio di tagliare il male alla radice. Perchè Arnaldo da B .escia non ha egli liberato l’Italia? Perchè s’è limitato a combattere il p: ere temporale, lasciando sussistere qii filo spirituale dei papi. Perchè Savoi arola non è egli stato un Lutero? Perchè non ha avuto il coraggio di riformare il dogma, di sfratarsi e di ridiventare uomo!
Germania! un tuo figlio venne frate
fra noi; l’Italia te lo rimandò R formatore; perciò si associa ora al centenario del tuo, del nostro Lutero.
Teofìlo Gay
(Da Martin Lutero .secondo i suoi scritti.
Scelta di scritti del Riformatore di Germania tradotti e presentati al popolo italiano
per il quarto centenario della sua nascita, il
IO novembre 1883. Firenze. Tipografia
Claudiana. 1883. p. 20-21).
immiiMiHimiiiiiiMmiiiiii"
>(imiiimimiiir
COMMISSIONE MISSIONARIA DEL I DISTRETTO
Madagascar au bout da ffioode
Qiieslo bellissimo iilm a colori prorlollo dalla Società delle Missioni di Parigi, e commenlato dal Prof. E. Pidoux. autore di « Madagascar maître à son bord », sarà proiettalo alle
Valli e a Torino durante il mese di novembre. Dopo una breve introduzione storica, questo
documentario, che dura 1 ora c 25 min., presenta Pisola di Madagascar dopo la sua indipendenza, commentando i vari aspetti della sua vita economica, sociale e religiosa.
Diamo fin d ora il calendario per le Valli che già si sono prenotate. Il calendario per la
valle Germanascn deve ancora essere concordato dai pastori interessali con il pastore Davite.
Novembre 5 - Torre Pelliee
» 8 - San Secondo
» 9 - Korà
» IO - Angrogna Capoiuogo
» Il - l’rarostino
>• 12 - Pomeriggio San Giovanni: .sera Pinerolo
» 15 - Bobbio Pei] ice
>' 16 - Pramollo. con parlpcipazione di San Germano
» 18 - Frali
» 29 - Villar Pcllicc
N.B. - E' ancora possibile prenotarsi per i giorni non impegnati.
3
27 ottobre 1967 — N. 42
pag. S
LA. RIFORIHA E L’ITALIA
Co! ierro e co! fuoco
La Chiesa confessante sotto il nazismo
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
tre sentenze, fu bruscamente messo
in piedi e obbligato a indossare una
ridicola tunica gialla ornata da fregi
rossi indicanti il fuoco. Con quella roba addosso fu condotto nella sacrestia, per la degradazione dovuta a un
ex. Facendo appello alle sue energìe,
ben eretto e gentile, passò fra la gente avida dello « spettaculo » ; erano gli
amici, i compagni di lavoro e di studio, quelli che ora l’osservavano con
quella curiosità sprezzante e compiaciuta che è prodotto tipico di tutti i
terrorismi di Stato. Il terrore ideologico e fìsico, infatti, sprigiona manipoli di resistenti e folle d’avviliti compiaciuti d’essere vili; allora come oggi, s’intende.
Il Carnesecchi, con quel cognome
toscano addosso, non potè fare a meno d’accostarsi a un gentiluomo che,
un po’ miope, s’affannava per osservarlo : « Non vi affaticate tanto per
vedere questo ricamo, gli disse. Ecco
che ve lo mostro con comodità». E
poco dopo, rivolgendosi a un frate
come lui condannato a morte : « Padre, noi andiamo vestiti a livrea come
fosse di carnevale », aggiunse. Era
quello non un parlare spavaldo, ma
la sorridente e lucida iron',a naturale
d’un uomo che restava vivo e vero
Ano all’ultimo.
Qualche giorno dopo, il 1 ottobre
1567, fu eseguita la sentenza. Carnesecchi, toltosi il mantello e donatolo
ai « confortatori », s’avviò verso la
piazzetta di Ponte S. Angelo: indossava un vestito elegante, «con la camicia bianca, con un par di guanti
nuovi e una pezzuola bianca in mano ». Aveva stile, indubbiamente ; andava a morte come a una festa, quella del Gran Convito.
Erano le sei del mattino, c’era una
folla di curiosi che restò delusa: nessun rinnegamento, nemmeno un po’
di umana paura. Si udì; che si raccomandava a Dio, e poi il colpo della
mannaia del boia; poi ci fu lo spettacolo del corpo trascinato su una catasta di legna, «appiccato per li piedi e ignudo come nacque », e il contrattempo del fuoco che bruciava male per la pioggia. L’ambasciatore dèi
Duca di Firenze, per il dispetto scrisse che « nel condursi non mostrò viltà non per altro se non per ostentazione del mondo, e perchè andasse
fuori voce che lui fosse morto con
molta costanza per la nuova religione ».
La nuova religione
Durante gli interrogatori, il Carnesecchi aveva detto «d’aver in effetto
assentito non solo a Valdès, ma ancóra a Lutero circa l’articolo della
giustificazione », e quindi « d’aver fi;
nalmente prestato l’assenso alli altri
articoli dipendenti da quello ». Egli era
un laico, aveva una cognizione precisa dei limiti del proprio discorso teologico, ma era giunto a centrare il
problema per questa capacità di rilevare che dalla « riscoperta » della giustificazione conseguiva una rivoluzione totale delle credenze.
Il discorso aperto da Lutero con la
prima delle sue 97 tesi era stato udito
anche in Italia ; la protesta contro il
commercio delle « indulgenze » passava in secondo piano, per dare luogo
alla motivazione della protesta stessa: Cristo è il tesoro autentico della
Chiesa, ed il frutto del Suo morire e
risorgere è il solo beneficio di cui per
fede possiamo fruire.
La storiografìa italiana tentò di
cancellare il ricordo stesso di un movimento di Riforma nel nostro paese ;
nel secolo scorso, sospinti dalle riscoperte di studiosi stranieri, anche i
connazionali hanno intrapreso studi
sempre più ampi, circostanziati, mentre si pubblicavano importanti fonti
documentarie d’archivio. Un po’ alla
volta s’è andata delineando la panoramica di una disseminazione dell’Evangelo profonda, che raggiungeva
in pratica tutto il paese, ed ovunque
aveva dato luogo a repressioni, processi, condanne. I Valdesi non apparivano più come un masso erratico nella
storia religiosa d’Italia, ovunque delle creature guadagnate a « la nuova
religione » avevano sofferto, conosciuto la confisca dei beni, l’esilio o la
tortura e la morte.
Fra gli studiosi contemporanei della Riforma in Italia osserviamo, grosso modo, due indirizzi: quello laicista
e quello cattolico. Essi hanno alcuni
tratti comuni, cioè una grande serietà nella ricerca dei documenti e il
convincimento che si trattò d’affare
di rari spiriti eletti e la tendenza a
minimizzare i legami con la Riforma
europea.
Sarebbe balordo applicare al secolo
XVI il concetto di « popolare » che abbiamo oggi. Il mondo di allora, anche
in Italia, aveva un sottoproletariato
confinato nelle campagne, tagliato
fuori da qualsiasi circolazione di idee :
il messaggio del Vangelo riscoperto
era anche per esso, ma raramente lo
raggiunse. La nuova religione fu invece discussa, trasmessa in ambienti
popolari di piccoli artigiani, di operai
Urbani, come fece breccia in ambienti
di commercianti e di gente di cultura: naturalmente, numerosi furono
i convertiti fra il clero, dei monasteri
divennero centri di propaganda. Ma
anche qui è riscontrabile un interesse
maggiore fra gli strati umili del clero
piuttosto che nelle alte gerarchie.
In sostanza, anche considerando fenomeni « popolari » come la diffusione della Riforma in certe zone del Piemonte, della Lombardia, del Veneto,
ecc., mi sembra che non si possa parlare della fortuna della Riforma in
Italia come di un puro fatto di cultura :troppa gente umile ha pagato di
persona per la fede, gente afferrata
dall’Evangelo e pronta a comunicarlo,
aliena dal salottismo del tempo. Va
detto piuttosto che — mentre per le
classi superiori sussisteva una sorta
di legalità processuale, e talvolta la
possibilità del compromesso o della
fuga — per 1 poveri soliti ignoti poteva mancare perfino un accenno, un
nome a ricordo del loro esistere. Il
grande, e più vero, martirologio del
Valdismo stesso non è forse fatto di
migliaia di N. N.?
Evangelismo e Riforma
Gli storici cattolici di oggi provocano — forse per vincere certi loro complessi — una grande confusione di
termini e di concetti. Incapaci, per
tradizione, d’accettare il termine « Riforma» applicato alla rivoluzione avviata da Lutero, eccoli infervorati dal
tentativo di soppiantare il concetto di
« Controriforma » con quello di « Riforma cattolica», e quindi indaffarati a scoprire una « pre-riforma » (cattolica) che la rivoluzione protestante
avrebbe accantonato. Ora, per « evangelismo » gli storici a cattolici hanno
sempre inteso un tipo di protesta religiosa diffuso nell’Italia del ’500, non
legato a una Confessione ma profondamente ancorato alla nuova religione. Caso assai tipico, il Carnesecchi.
Ma tutta una corrente di studiosi cattolici oggi tenta di far passare sotto
la sigla dell’« evangelismo » il cattolicesimo di marca erasmiana, un po’
avanzato, ma essenzialmente romano;
soprattutto, alieno da motivi protestanti.
In realtà, ogni siglatura è di comodo, e il mondo religioso italiano del
sec. XVI era variegato, estremamente
composito: sotto la denominazione di
« evangelismo » si raccolgono personalità diverse, sfumature e condizioni
differenti, ma tutte toccate dal richiamo all’Evangelo che appassionava l’Europa. Gli scritti, gli opuscoli dei
riformatori arrivavano ovunque e proponevano quella rinunzia a « tutte le
cose » ch’era condizione per guadagnare Cristo. Per questa sua tipica coloritura evangelica, per una sorta di diffidenza per ogni dogmatismo' accompagnata da un attento amore per la
Scrittura, fino a oggi ha durato per
l’insieme della protesta in Italia la
denominazione di « evangelismo ».
Ma l’evangelismo si nutre dell’insegnamento della Riforma, vive in simbiosi con le Confessioni della Riforma ; anche allora, i primi ad accorgersene furono gli inquisitori, che senza
esitare riconobbero in quelle posizioni
il messaggio della Riforma. E oggi, noi
siamo dei virgulti e dei residui vivi del
vecchio ceppo martoriato dell’evangelismo ; nelle nostre « illuminazioni »
quanto nelle nostre debolezze si manifesta quella eredità tipica.
L'eredità della Controriforma
L’immagine sulla vita religiosa nel
’5C0¡ italiano s’arricchisce sempre, il
panorama si fa complesso e vario; la
stessa storia economica offre un apporto prezioso. Alla domanda; — Perchè non attecchì la Riforma in Italia? — si può rispondere con una bella
scelta di argomenti che, al solito, qualcosa di concreto hanno sempre. Ma
i fatti parlano di una ampia disseminazione delle idee, dell’insorgere di focolai di Riforma e quindi di un terrorismo scatenato, capillare e onnipotente.
Noi oggi ricerchiamo le vestigia di
quel passato come gli studiosi d’altre
discipline ricercano le civiltà precolombiane d’America. Violenza e dispotismo hanno lavorato a fondo, non
ci resta neppure la tomba di uno dei
nostri martiri perchè si colavano a
picco in Laguna o si bruciavano e
disperdevano le ceneri ; l’inquisizione
passava dall’indiziato ai suoi beni, ai
suoi familiari, coinvolgeva interessi
ed affetti, creava un alone di terrore
e di umanissime remore. Non è anticlericalismo, dichiarare che la Riforma in Italia fu distrutta fisicamente
dall’ inquisizione ecclesiastica coordinata con la polizia dei vari Stati. I
Valdesi di Calabria, furono «convertiti »? . , ^ 4. „ i
Ma il danno peggiore la Controriforma l’ha arrecato al popolo italiano
nel suo insieme, perchè ha provocato
l’esodo delle intelligenze più vive ed
ha chiuso il paese in uria cortina di
ferro e fuoco. Il popolo italiano è diventato « religioso », s’è adattato a capire la religione come « instrumentum
regni », ed ha in sostanza eliminato
la passione, la ricerca di una Verità
che era utile accettare già manipolata, confezionata, a scanso di pericoli
d’ogni sorta. Fiaccato nel carattere,
deciso a sopravvivere a costo di ogni
compromesso e a pagare di persona il
meno possibile, l’italiano è retoricamente un individualista e sostanzialmente un conformista dalle immense capacità di adattamento. L’italiano crede, per l’atavismo inciso nella
sua coscienza col terrore, che la Chiesa romana è onnipotente, ha accantonato ogni problema di fede, quando è
«religioso» è incrostato di spagnolismo; in tutte le cose s’arrangia, fa il
furbo per uscirne fuori senza rimetterci le penne. Noi, popolo italiano,
paghiamo amaramente l’errore dei padri, e possiamo essere ancora tanto
sprovveduti da inneggiare a quell’errore !
« * *
Adesso nuove correnti di pensiero,
ideologie aggressive s’affacciano e penetrano anche fra noi : sostanzialmente, le tecniche repressive per stabilire una uniformità di consensi e
distruggere ogni alternativa sono esattamente le stesse usate contro di noi
quattro secoli fa. Anche il corpo di
« Che » Guevara è stato arso, e le sue
ceneri disperse; anche nell’Eurasia si
sa come mettere a tacere l’uomo nell’uomo; anche i nazi-fascisti lo sapevano. Può darsi che da questa umanità avvilita sottoposta al lavaggio
del cervello e rimpastata dal terrore,
vengano gli automi che ci vogliono
per la civiltà delle macchine: non occorrono forse miriadi di schiavi per
imprese faraoniche?
Partecipi dell’eredità della Riforma,
nel ricordo di chi sapeva intraprendere l’opera della fede senza sperarne
alcun beneficio terreno, noi non possiamo non rifiutare la legge del ferro
e del fuoco, per rivendicare a ogni
creatura il dono di Dio, il diritto di
perseguire liberamente la Verità nella
carità.
L. Santini
Mentre un certo numero di studenti universitari evangelici, anche ecclesiasticamente impegnati, continua a
scegliere l’argomento della propria tesi di laurea fra quelli che non hanno
assolutamente alcuna rilevanza ai fini
di una testimonianza nel mondo della
cultura, anche quando i professori dai
quali si darà l’esame di laurea lasciano piena libertà di scelta, non è raro
il caso che, invece, non solo nel mondo
degli specialisti ormai riconosciuti, ma
anche nel novero dei laureandi non
evangelici, qualcuno si accosti alla storia ed al pensiero protestanti non solo sotto l’egida dell’ormai consacrato
ecumenismo cattolico, ma anche con
la spassionata e disinteressata curiosità dello storico puro. Il quadro del
protestantesimo che ne deriva è a volte un po’ scialbo e non privo di incomprensioni, ma dobbiamo essere
grati a chi si prende l’impegno di studiarci senza preconcetti, quando non
siamo disposti ad essere noi stessi i
primi a studiarci. Questo discorso è
ben valido nei confronti di Sergio Bologna, che ha pubblicato recentemente la sua tesi di laurea, discussa fin
dal 1961, sulla chiesa confessante tedesca, su cui, se non andiamo errati,
non esisteva finora alcuna monografia di autore evangelico scritta o tradotta in italiano (1).
Il volume esamina in realtà ben più
della semplice opposizione al nazismo
della chiesa confessante: parte dalle
radici del protestantesimo novecentesco, nato da una parte dall’opposizione
libri
Per conoscere
meglio la Riforma e il suo tempo
Uno dei massimi esponenti della vita politica italiana, durante un dibattito organizzato dal settimanale « L'Espresso », ha recentemente affermato : « Se il cardinale Gaetano, quando fu mandato da Leone X a
cercare di recuperare Lutero, avesse portato
con se la metà delle Costituzioni elaborate
dal Concilio Vaticano II, non solo non ci
sarebbe stata la Riforma, ma Lutero avrebbe creato l’Ordine luterano, sarebbe stato
canonizzato e la grande maggioranza dei
papi sarebbero stati presi dal suo Ordine ».
Queste parole — che equivalgono evidentemente ad una negazione di ogni spazio ideologico alla Riforma nella nostra era
post-conciliare — sembrano destinate a diffondersi ad ogni livello nel nostro Paese,
fino a diventare un luogo comune universalmente ammesso. Quando questo accadrà (se
non è già accaduto),ìla nostra professione
di fede riformata apparirà agli occhi del
nostro popolo una mera curiosità storica,
una stramberia di persone che non vogliono
guardare in faccia la realtà, un po come la
vicenda di quei drappelli di soldati giapponesi di stanza in sperdute isole del Pacifico che — ancora molti anni dopo la fine
della seconda guerra condiale — continuavano a combattere contro gli Alleati, ignorando o rifiutando di accettare la fine delle
ostilità.
Se questo è il momento storico in cui
siamo chiamati a vivere e a testimoniare, la
prossima celebrazione del 450° anniversario
della Riforma è senza dubbio un’occasione
preziosa per ripensare a fondo le ragioni
del nostro richiamarci a quell’avvenimento
storico e la validità della nostra protesta
oggi. È ragionevole pensare che in un futuro più o meno prossimo la protesta venga
a cadere per mancanza di oggetto e le ra
gioni della Riforma vengano meno;
Quali
furono le ragioni della Riforma, anzi quale
fu il centro, il fondamento da cui partirono
SVARIONI
Caro Direttore,
ti ringrazio di avere pubblicato nel
numero di questa settimana dell’EcoLuce il mio rendiconto dell’inchiesta
fatta in Scozia tre anni fa sull’ambiente da cui provengono oggi le vocazioni pastorali.
Uno degli elementi interessanti di
quell’inchiesta era la sua attualità, e
il confronto con la situazione del primo quarto del nostro secolo. Questi
due aspetti sono andati perduti nella
pubblicazione dell’Eco-Luce perchè
un mostruoso svarione iniziale della
tipografia mi fa dire che trenCanni
fa una originale inchiesta è stata compiuta nella chiesa (presbiteriana) di
Scozia (!). Ti prego di rettificare il
dato cronologico nel primo numero di
Eco-Luce che uscirà fra qualche giorno, perchè veramente l’apparente riesumazione di un’inchiesta di trent’anni fa (!) per illustrare il problema
delle vocazioni al ministero contrasta stranamente con lo sforzo di inserimento nella cultura e nella problematica dell’attualità, che la Facoltà di Teologia persegue da molti
anni.
L’equivoco dei Irenfanni avrebbe
trovato rimedio, per il lettore attento,
nella citazione dell'opuscolo da cui i
dati erano tratti. Ma, ahimè, anche
quella è caduta sotto la scure del prò.
to. Te la ripeto :
To-morrow Ministers. The Book
dept., St. Ninian’s, Crieff, 1964, 64
pp., 3 scellini e mezzo.
Con cordiali saluti
Bruno Corsani
a cura di Carlo Rapini
i Riformatori nella loro opera di ricostruzione della Chiesa?
Riesaminare questo problema è oggi questione vitale per le nostre Comunilà, per la
nostra vita di singoli creder,'à.
Per questo la Claudiana — in aggiunta
alle manifestazioni che ogni Comunità prepara per la celebrazione deH’anniversario ■—
invita tutti gli Evangelici italiani alla meditazione attenta di un breve scritto di
Karl Barth, vecchio di 34 anni, ma di
straordinaria attualità ; « La Riforma è una
decisione » (lire 250). Non è un testo per
specialisti : tutti lo possono leggere con
quel minimo di concentrazione che ogni
scritto di Barth richiede. Esortiamo tutti ad
acquistarlo e a meditarlo, convinti dell’impontajxza e . della, chiar«a;za della, .tesi ivi sostenuta.
Diamo qui una presentazione (non certo una bibliografia!) delle opere di maggiore interesse, in italiano e in francese, attualmente reperibili in libreria. Dobbiamo
limitarci, questa volta alle opere di e su
Lutero, rinviando al numero prossirno le
indicazioni relative a Zwingli, Calvino e
alla Riforma in Italia.
Opere di Lutero tradotte in italiano :
« Il piccolo Catechismo », trad. di Sandro
De Feo, Berlino 1959, L. 50.
Il Padre Nostro spiegato ai semplici laici,
trad. e note di Valdo Vinay, Claudiana Torino, 1957, L. 500.
« Scritti politici » a cura di G. Panzieri
Saija con introd. di L. Firpo, U.T.E.T. Torino, 1959^ - L. 3.000. Comprende i seguenti scritti: Del papato romano — Alla
nobiltà cristiana della nazione tedesca —
La cattività babilonese della Chiesa —
Della libertà del cristiano — Della autorità secolare — Testi sulla guerra dei con.
tadini — Se anche genti di guerra possono giungere alla beatitudine.
« Scritti religiosi » a cura di Valdo Vinay e
Giovanni Miegge, Laterza — Bari, 1958,
L. 3.600. Comprende le opere seguenti:
Le tesi sulle indulgenze — Sermone sul
santo e venerabile sacramento del santo
vero corpo di Cristo e sulle confraternite
— Delle buone opere — Il Magnificat —
Una fedele esortazione a tutti i cristiani
a guardarsi dai tumulti e dalle rivolte —
Otto Prediche sui Vangeli — Una Assemblea cristiana ha il diritto di giudicare
ogni dottrina... — « Enchiridion » (Piccolo Catechismo).
«Scritti religiosi» a cura di Valdo Vinay,
U.T.E.T. — Torino, 1967, L. 7.000. E’
una riedizione largamente ampliata della
raccolta precedente. Comprende in più le
seguenti opere : I sette salmi penitenzUili
— La disputa di Heidelberg — Prefazione
all'Epistola ai Romani — Messa in volgare e ordine del servizio divino — Epistola sull'arte del tradurre e sulla intercessione dei santi.
Opere di Lutero tradotte in francese :
« Oeuvres choisies », Labor et Fides — Genève, in 10 volumi (sono usciti finora 9
volumi. Prezzi: da L. 2.500 a L. 4.200 in
brossura).
Biografìe in italiano :
R. Baintoin : Lutero. Einaudi — Torino,
1966“, L. 4.000. Trad. dall’inglese (fiere
I stand). La migliore biografia completa
di Lutero in italiano, alla portata di ogni
lettore.
G. Miegge : Lutero giovane, con Prefazione
di Valdo Vinay — Feltrinelli, Milano,
1964, L. 4.000. Opera fondamentale per
la comprensione della svolta riformalrice
di Lutero e della sua « theologia crucis ».
Giunge fino alla dieta di Worms.
J. M. Tono: Martin Lutero, Bompiani —
Milano, 1967, L. 2.800. Trad. dall’inglese.
Opera interessante per rendersi conto del
e dall’altra dalla continuazione della
teologia liberale. Per quanto riguarda
il protestantesimo tedesco poi, la storia del movimento di opposizione non
può prescindere da quella del movimento di fede collaborazionista con
Hitler: i cristiano-tedeschi; nè dalle
lotte ecclesiastiche derivate dalla loro
contrapposizione (Kirchenkampf). «A
grandi linee la disposizione dei vari
’fronti ecclesiastici’ nel Kirchenkampf
può essere cos'; delineata : a destra i
Deutsche Christen (= cristiano-tedeschi, sigla DO, i quali volevano costituire una nuova chiesa protestante
ariana secondo l’ideologia del FTihrer;
a sinistra il gruppo della Bekennende
Kirche (Chiesa confessante, n. d. r.),
ed infine al centro una massa indefinibile e oscillante tra il rispetto e la
lealtà verso il regime ed il fastidio provocato dalla rumorosa e violenta comparsa dei ’’cristiano-tedeschi”; questa
massa di incerti, di neutrali e di pavidi fu chiamata la Mitte, il centro »
(pag. 12). .
Come i medaglioni di una galleria
si susseguono i personaggi e i fatti di
questo scontro: alcuni grandi e noti;
altri oscuri, ma tutti trattati dal Bologna con lo scrupolo dello storico,
senza sbilanciarsi troppo in giudizi di
valore, salvo sporadici tentativi, del
resto non sempre riusciti, di trovare
una coerenza protestante nei vari atteggiamenti esaminati.
In appendice, alcuni documenti. 'Vale la pena di citare, per il lettore che
le ignorasse, alcune delle direttive dei
« Cristiani tedeschi », del 26 maggio
1932:
« 5. Noi vogliamo ridar valore nella nostra chiesa al rinato senso vitale tedesco...
La direzione della chiesa si è dimostrata
troppo debole nella lotta decisiva per la
libertà e l’avvenire tedesco...
« 7. Nella razza, nel popiolo e nella nazione nei vediamo degli ordinamenti di vita,
elargitici da Dio, la cui conservazione e
per noi legge divina. Quindi bisogna opporsi alla mescolanza delle razze...
« 9. Nella Missione per la conversione
degli ebrei noi ravvisiamo un grave pericolo per il nostro popolo. Essa è la porta
attraverso la quale sangue estraneo entra
nel nostro corpo popolare. ...Noi rifiutiamo
la Missione per la conversione degli ebrei
in Germania; fintantoché gli ebrei posseggono i diritti civili, sussiste il pencolo de roffuscamento e dell’imbastardimento della razza... In particolare bisopa impedire
che si stringano dei matrimoni tra tedeschi
e ebrei » (pagg. 250-251).
La risposta della chiesa confessante
piti nota è la dichiarazione teologica
di Barmen;
(( 1 Gesù Cristo, così come ci viene testimoniato nella Sacra Scrittura, è la sola Parola di Dio che noi dobbiamo ascoltare, cui
dobbiamo affidarci in vita e in morte e
cui dobbiamo ubbidire.
« Noi respingiamo la falsa dottrina per
cui la chiesa potrebbe e dovrebbe riconoscere come rivelazione divina e fonte della
sua predicazione, oltre ed accanto a questa
sola Parola di Dio, anche altri avvenimenti, potenze, figure e verità » (pag. 253).
Dunque, niente popolo, razza, sarigue o terra, ma Gesù Cristo. Opposizione, dunque, di natura teologica prima che politica. Eppure la stona della chiesa confessante continua a dibattersi nell’incomprensione di questo
fenomeno. Da una parte c’è la constatazione pacifica del movimento dei
Cristiani-tedeschi, che ha sostituito
alla Parola una norma diversa; la
storia tedesca ; dall’ altra la Chiesa
confessante che le si è opposta. Ma
questa opposizione, che per forza di
cose non poteva non essere altrettanto
storica, per la natura stessa del fenomeno a cui si opponeva, non peccava
della stessa sottomissione alla stona,
anziché all’Evangelo eterno ed immutabile? È la tesi luterana portata avanti e sviluppata per ridurre il valore
delle confessioni di Barmen e Dahlem.
È la tesi che dietro un’apparenza di rigore teologico pecca secondo noi della
più pericolosa incomprensione della
Chiesa confessante e di tutti i movimenti che ad essa si rifanno, sia pure
non sempre con diritto. Infatti presuppone che la fede sia astratta dalla
storia disincarnata, come se la Parola non fosse stata fatta carne e non
avesse abitato fra noi. Certo, la Parola è stata fatta carne in Cristo: non
ogni carne è Parola; non ogni avvenimento storico suscita una testimonianza autentica, sia pure per contrasto. Ma nei casi come quello dei cristiani-tedeschi, in cui la storia soppianta ^vangelo, è sul piano della
storia stessa che l’Evangelo eterno
deve essere annunziato. La confessione storica non ha altro significato :
a Barmen nel ’34 come a Riesi nel ’67
e sempre e dovunque il Signore manda qualcuno. m. c. tron
1) SERGIO BOLOGNA; La Chiesa
confessante sotto il nazismo. Feltri
nelli, Milano 1967, pagg. 268, L. 2.700.
processo di revisione della figura di Lutero da parte cattolica, ma di scarso vaiore dal punto dì vista storico.
Buonaiuti ; Lutero e la Riforma in Germania^ DairOglio Milano, L. 3.500. Interessante, pur essendo da molti lati legata alla problematica e agli interessi delTautore,
D. Cantimobi: Lutero; F. Braudel: Carlo
F, C.E.I. — Roma, Milano, 1967, L. 350.
Un agile e conciso ma ricco profilo, ad
opera del grande maestro recentemente
scomparso. Numerose illustrazioni.
(continua)
4
r>ag. 4
N. 42 — 27 ottobre 1967
Essere
protestanti
I grandi di questo mondo hanno
cominciato a perseguitare e a far disprezzare la dottrina di Cristo sotto il
nome di Lutero, in modo che chiamano « luterana » ogni dottrina evangelica... Lutero, mi pare, è un soldato
di Dio eccellente, un interprete della
sacra Scrittura serio e degno di ammirazione, quale non ve n'è stato
sulla terra da mille anni a questa parte — e non mi turba il fatto che i papisti gli danno dell'eretico. Nessuno,
da quando esiste il papato, ha attaccato il papa di Roma con un coraggio
così virile e con tanta fermezza, senza che con questo intenda rimproverare gli altri. Ma chi ha fatto questo?
Dio o Lutero? Chiedetelo a Lutero
stesso ! Vi risponderà : Dio ! Lutero
non vuole introdurre alcuna novità,
ma solo insegnare quello che è scritto neH'eterna e immutabile Parola di
Dio. E' questo che egli proclama, è
questo il tesoro celeste e inesauribile che egli presenta ai poveri cristiani, per così lungo tempo indotti in errore...
Perciò, o pio cristiano, non permettere che ti si imponga il nome di un
uomo, qualunque esso sia, e tu stesso non imporre questo nome a nessuno. Non chiedere al tuo vicino :
« Sei anche tu luterano? », ma chiedigli fino a che punto egli si attenga
alla dottrina di Cristo, quanto ami la
Parola di Dio, se — insomma — è
un cristiano, cioè un fedele esecutore del bene verso Dio e verso il prossimo. E se i papisti vogliono anch'essi passare per cristiani, dì loro : « Che
ciascuno porti il nome di colui per il
quale combatte o del quale è servitore. Se siete servitori di Cristo e
combattete unicamente per la sua
gloria e la sua Parola, allora siete cristiani. Se invece combattete per il papa, per il suo onore e la sua parola,
allora siete papisti ». Perciò, o pii cristiani, non scambiamo il glorioso nome di Cristo con quello di Lutero ;
poiché Lutero non è morto per noi,
ma c7 insegna a conoscere Colui dal
quale otteniamo tutta la nostra salvezza. E neppure concedete che i papisti si diano il prezioso e salvifico
nome di « cristiani », finché essi non
confessino il nome di Cristo e non
più quello del papa. Allora essi saranno nostri cari fratelli e figliuoli di
Dio. Così io pure non voglio portare
altro nome che quello del mio capitano Gesù Cristo, del quale sono il
soldato e che, secondo il suo beneplacito, mi ha incaricato di questo
ministero.
ZWINGLI
Lutero, fratello maggiore
Un uomo in costante tensione ira Dio, la propria anima, il proprio prossimo
Chiunque, risalendo nel tempo, si
interessa del periodo della Riforma,
sia teologo o storico, sia interessato
al problema della fede o a quello della
società, sia credente o no, trova sempre sui suoi passi e nelle sue letture la
figura di Lutero. Si possono dimenticare o tralasciare altri uomini di quel
secolo, anche grandi uomini come Bucero o Zwingli, nessuno può scavalcare Lutero. Si clomprende facilmente
perchè: è lui che ha involontariamente scatenato la battaglia delle indulgenze con le sue 95 tesi affisse alla
chiesa di Wittenberg nel novembre
1517 è lui che ha per primo enunciato
i pensieri fondamentali della riforma
della chiesa cristiana nello spirito
evangelico, è lui che ha dato una prima forma di vita alla comunità evangelica tedesca con la traduzione della
Bibbia, gli inni, i catechismi, la predicazione.
Lutero è al centro della Riforma
non solo per questa ragione ma per la
sua eccezionale personalità. P\i indubbiamente un uomo straordinariamente dotato sul piano dell’intelligenza,
del carattere, della volontà; di fronte
a lui altre figure pur grandiss'me sembrano di formato ridotto e non possono stargli alla pari in nessun campo. E la sua personalità nion è soltan
Il controveleno
Jean Calvin
LES ARTICLES
de la sacrée faculté de
théologie de Paris
CONCERNANT NOTRE
FOI ET RELIGION
chrétienne et forme de prêcher
Avec le remède contre la Poison
Nel 1543 una sessantina di docenti della
Facoltà di Teologia della Sorbona, a Parigi,
inquieti per il diffondersi dell’eresia, pubblicarono una breve professione di fede cattolica, cui i laureandi furono tenuti a prestare giuramento. Giunti a Ginevra, secondo il Corpus Reformatorum « pare che gli
(a Calvino) suscitassero più il riso che la
bile )>: comunque il riformatore rispose, e
l’anno seguente comparve a Ginevra il testo
di questi « Articoli », con a fronte l’« Antidotus » ovvero « remède contre la Poison ».
Un documento scintillante e vivace, soprattutto un tipico raffronto fra un argomentare scolastico e patristico e un argomentare
tutto radicato nella Bibbia. Bei tempi, quando non esitavano a dire « veleno » al veleno. anche sui titoli.
to eccezionale, è anche complessa; se
ne scrive da secoli e sempre se ne dice
qualcosa di nuovo e di diverso, tutti
credono di averlo cap to e invece qualcuno mette in luce un nuovo elemento
del suo carattere.
In questi anni sono state riesaminate molte posizioni al sub riguardo, anche fra i cattolici romani, e molte delle antiche accuse che gli venivano rivolte sono state modificate; i cattolici
moderni sanno che Lutero non si riduce ad un caso di psicologia da convento, ma che la sua personalità è di
natura profetica, ha posto alla chiesa
cristiana d’occidente delle domande a
cui non si può sfuggire, delle domande che ora dopo secoli sulonano ancora attuali.
Protagonista di grandi avvenimenti,
personalità di eccezionale potenza, Lutero sta al centrio della Riforma del
1500 come Geremia sta al centro della
Gerusalemme nell'età babilonese o
Paolo nelle prime comunità cristiane;
non solo per questo-, in lui noi ritroviamo vissuti ed espressi i caratteri
fondamentaii della nostra fede evangelica. Ogni generazione evangelica
ha infatti rivissuto la vita e l’esperienza di Lutero nel quadro della propria testimionianza. Si potrebbe fare
tutta la storia delle chiese protestanti
e della loro fede ritracciando le diverse nterpretazioni date della fede e
dell’esperienza di Lutero. È stato via
via inteso come il fondatore della chiesa protestante, il fondatore della tebh
logia riformata, lo scopritore della Bibbia, l’uomo hbero che ha tenuto testa
alle istituzioni dorrotte deiia Chiesa,
il profeta che ha annunciato la volontà divina, la gloria di Dio. Ogni generaz'one si è fatta la sua immagine di
Lutero, sempre un po’ falsa perchè
unilaterale, ma sempre vera perchè
corrispondeva ad un aspetto della sua
esistenza, ad un momento della sua
fede.
Dovessimo tracciare oggi quello che
ci sembra essere il volto del nostro
Lutero, saremmo in imbarazzo. Le conoscenze storiche degli ultimi decenni
sulla sua teologia, sulla sua lunga e
difficile crisi interiore, sull’ambiente
in cui ha vissuto e studiato ci hanno
rivelato quanto fosse complesso il
mondo e l’anima sua in quegli anni
decisivi, ci hanno rivelato la complessità, la varietà, ia profondità della Riforma e ci impediscono di tracciare
oggi un ritratto semplice, evidente,
lineare della vita di quel fratello in
fede a cui tutti dobbiamo tanto senza
saperlo.
Personalmente mi affascina in lui
la tensione così forte e costante tra
Dio, la sua anima, il suo prossimo. I
problemi, le crisi, le angoscie della
sua vita interiore sono frutto della
sua ricerca di salvezza, della volontà di
trovare la m sericordia di Dio, la grazia, il perdono, è questo un fatto evidente. Non si può però dire che la sua
vita spirituale sia la vita di un credente ripiegato su sè stesso, di un uomo isolato, di un solitario. La lotta, se
si può parlare di lotta, il combatti
La ’’disputa" tenutasi a Lipsia, nel
1520 fra il teologo
cattolico Johannes
Eck e teologi protestanti, fra cui spiccò
Martin Lutero. Oggetto della disputa:
l autorità del papa:
Lutero ha ormai raggiunto la convinzione di fede che non
l’uomo, ma l’ufficio
papale è Tanti-Cristo
mento della fede che dura anni, nella cella del convento è angosciosa ricerca della pace con Dio. ma di una
pace che sia vera per tutti, di una soluzione che risolva non il singolo problema della salvenzza e della felicità,
ma l’angoscioso problema della parola
di Dio agli uomini, il problema dell’evangelo.
Un uomo in combattimento alla ricerca di Dio non per sè, non per appropriarsi di Dio e della salvezza, ma
per riuscire in qualche modo a passare dalla parte di Dio, per entrare nel
mondo dell’evangelo. Lutero cerca
non la sua strada, il suo viottolino
privato, la sua scorciatoia per raggiungere la felicità, ma si urta ostinatamente contro il silenzio dell’Eterno,
contro il mutismo di Dio per trovare
la crepa, l’apertura in quel muro, che
permetta di passare dall’altra parte.
Per sè, certo; la fede non è mai ricerca della felicità altrui, del benessere e della soluzione per gli altri, è anzitutto impegno per la vita personale;
ma non solo per sè. Lutero non è un
mistico che cerca il godimento di Dio,
come dicevano i suoi maestri mistici
medioevali. È un ansioso, un inquieto,
un tormentato che cerca la verità di
Dio.
A questa tensione personale con
Dio non si può non associare la altrettanto forte tensione verso il prossimo.
Lutero è fra tutti gli uomini di chiesa quello che ha maggiormente avvertito la presenza del popolo. La sua
predicazione come la sua catechesi è
un esempio di chiarezza, di semplicità,
di concretezza. Per lui gli uomini credenti delle comunità a cui si rivolge
non sono idee, opinioni, ma gente
viva. È la realtà della fede nella sua
concretezza quottoiana che lo interessa e preoccupa, non le idee o la teologia. Questo non significa che non fu
grande teologo, ma la sua teologia era
esclusivamente in funzione della chiesa a cui si rivolgeva, nessuna delle
sue opere è stata scritta per ricerca
dotta, per scrivere pagine, ma è stata
pensata e voluta per gli uom'ni a cui
si rivolgeva.
In questo colloquio con il prossimo
quanta tensione però! Il discorso non
è mai una semplice enunciazione di
tesi, una esposizione: è combattimento, impegno, sofferenza. L’uditore e ii
lettore non sono esseri neutri, amorfi,
« vis à vis » come diremmo oggi, non
gli stanno di fronte, sono creature con
cui ed in cui bisogna condurre il combattimento della fede. Lutero aggredisce e minaccia, s' beffa e consola,
scherza e commuove perchè attorno a
lui esistono esseri umani non fantasmi o ideologie e con gli uomini si
scherza e ci si arrabbia, si polem'zza e
si cerca.
È questo che maggiormente mi sorprende. Questa associazione di elementi cos'i diversi, così, lontani l’uno
dall’altro: la ricerca di Dio e la fratern’tà dell’incontro, la passione per
la verità deH’Eterno, per l’evangelo
nella sua profonda dimensione di salvezza e resistenza dei fratelli nella
loro concretezza umana.
Una pietà cosi profondamente centrata su Dio, la preghiera, la meditazione non sembra potersi associare ad
una tale libertà di attegg'amento, ad
una tale spontaneità di pensiero c di
rifiessione ; non sembra possibile si
possa vivere per trovare Dio senza dimenticare sè stessi e gli altri, come
sembra impossibile si possa vedere il
fratello nella sua realtà senza d'mentieare l’abisso del mistero di Dio. Latero ci è riuscito; più esattamenf-- a
Lutero è stata data questa grazia. Che
il segreto passi ancora e solo att raverso quella prolungata, sofferta, combattuta meditazione della parola di
Dio, in queirinesauribile colloquio biella nostra esistenza con Dio? Parlare
a Dio senza essere solitari e leggere la
Scrittura in lotta con Dio non sono
cose che si insegnano, sono grazia del
Signore ed è quella grazia che invidio
in Lutero. E d’altra parte diventare
« dottori », cioè maestri, o come noi diciamo oggi pastori, senza trasformare
i pensieri in leggi, senza ridurre la
fede a schemi, senza imprigionare
nell’astrazione la parola e vivere in
mezzo agli uomini fratelli come uomini liberi è ancora una grazia e non
una scuola.
Vicino e pur lontano ci è, così,. Latero, vicino perchè fratello nella feci ' e
lontano perchè sembra di statura .superiore alla nostra; un fatto è corcimque evidente in questo centenario della Riforma : Lutero sarà sempre un
affascinante interlocutore ed un terribile maestro, nsegnerà sempre ai
credenti delle chiese evangeliche Qualcosa di vero e di sostanziale sulla loro
fede e la loro ricerca.
Giorgio Tourn
La ’’Istituzione Cristiana" recentemente apparsa in versione giapponese. Le opere di
Calvino conoscono, anche nelle giovani Chiese, un successo considerevole.
Calvino trascorre i suoi ultimi anni circondato dalla stima e dall’affetto della città tutta; lontano è il
tempo delle archibugiate e delle
canzoni, delle dispute e dei processi. Continua metodico e disciplinato
la sua attività, le lezioni, le predicazioni, la corrispondenza con i discepoli, sparsi ai quattro canti d’Europa, scrive libri, dà consigli.
Ginevra andava frattanto assumendo sempre pii'i cbiaramente il suo
carattere riformato, diventava una
comunità di uomini confessanti il
Signore Gesù Cristo in ogni momento, in ogni circostanza della vita.
Le « Ordonnances » sono rinnovate
nel 1,564 e tutta una legislazione minuziosa le accompagna...
Possiamo sorridere di questa legislazione meticolosa, di questo controllo dei vestiti e delle ore di svago; sarebbe più importante cercare
di comprenderne lo spirito; è mol
LA RIFORMA, STILE DI VITA
Un uomo, una città
to facile ridere della disciplina degli altri e fare il proprio comodo,
de o no, la fede cristiana insegna a
Perché i Consigli di Ginevra
emanavano queste norme e il Consistoire vegliava a renderle efficienti? Per ordinare e guidare la vita
dei cittadini nel senso di una reale
testimonianza a Dio. La fede cristiana non è solo una teoria cbe si erevivere; basta leggere le lettere dell’apostolo Paolo per capirlo. E questa fede non è solo un modo di
pensare e di vivere per i pastori,
vale per tutti, vecchi e ragazzi, mercanti e donne di casa.
Mentre la Controriforma cattoli
ca riempiva l’Europa di Chiese ba
rocche e di quadri sdolcinati, Gine
vra stampava libri ed educava
suoi figli al Collège. I nobilotti ita
baili e spagnoli, illudendosi di esse
re ancora qualcosa, vagavano d
corte in corte e di festa in festa, di
sperdendo il po’ di denaro che pos
sedevano; i piccoli ginevrini impa
ravano die un cittadino responsa
bile non è l’uomo di 60 anni ma lo
scolaro di prima cbe fa bene i suo
compiti. Mentre Roma costruiva
S. Pietro per testimoniare della sua
fede, Ginevra decretava cbe non era
il caso di costruire chiese in città,
le poche che c’erano bastavano ampiamente, bastava andarci.
Dio non si onora con le processio
ni e le cattedrali, le statue e le battaglie (vedi Lepanto), ma con la vita da credente. L’onore di Dio non
dipende dal numero delle croci
piantate in giro per il mondo e dal
numero dei vescovi nelle assemblee,
ma dalla dignità e fedeltà di una
vita coerente.
Allorquando nel ’64 un fulmine
fece cadere la croce posta sulla cattedrale, il Consiglio decretò di metterla più solida e più alta? No, decretò, molto calvinista com’era, di
togliere tutte le croci dalle chiese.
I papisti scelsero le cattedrali e le
processioni e la politica di potenza
(anche la strage della notte di San
Bartolomeo, quando fece comodo)
per rendere gloria a Dio, come dicevano i Gesuiti, « ad rnaiorem Dei
gloriam »; Ginevra scelse la disciplina della vita cotidiana.
Una falsa idea che occorre sradicare è quella della felicità della fede cattolica e della tristezza della
fede riformata. I papisti lieti, spontanei, gioiosi, tutti pervasi dallo
spirito di san Francesco non ci
furono, uè allora nè mai! Basti pensare alla letteratura, al l’arte, alla
spiritualità dei Gesuiti. 1 riformati
lugubri, tristi, con i vestiti neri e
la faccia lunga, se mai ci furono
non furono certo a Ginevra in quel
tempo; gente sobria, .si, ordinata,
coerente, ma non certo triste e in
Devise et sceau de Calvin
felice! Basti vedere il modo come
si gettava nelle avventure dell’evangelizzazione, come sapeva vivere e
morire !
* * *
Sintomatico è però il fatto che,
mentre Ginevra va assumendo questo carattere di comunità confessante, Calvino vive i suoi ultimi anni in
dolorosa agonia...
L’inverno del ’6.5-’64 è trascorso
quasi sempre a letto, non si può
ormai più reggere e deve essere trasportato su una sedia attraverso la
città. Lo spettacolo non è ridicolo...
è il segno di quella coerenza e di
quella fedeltà che ha sempre predicate e lo sanno i ginevrini che si
schierano al suo passaggio come ci
si schiera al passaggio di un esercito vittorioso...
fi 25 maggio fa comunicare al tesoriere della città che non gli invii
il suo stipendio, perchè è prossimo
alla morte; due giorni dopo, sabato
27 maggio, spira serenamente senza
parola e il segretario del Consiglio
scriverà sul suo registro: (( aujourd’iiui, environ 8 heures du soir, le
spectable .lean Calvin est alle à
Dieu ».
Il giorno seguente, secondo la
Gravé par Woeiriot
legge di Ginevra, il suo corpo veniva portato senza cerimonie e senza discorsi nel cimitero di Plain|)alais, dove fu sepolto accanto ad altri ginevrini anonimi. Nessuna lapide e nessun segno ricorda il luogo della sua sepoltura. La sua te.stimonianza e la sua opera era stata
per gli uomini, per i vivi, il suo
compito era terminato. Forse una
delle sue ultime parole rende con
più esattezza il suo sentimento e la
sua fede in quei giorni di agonia,
un sospiro, un gemito, più che una
parola, la citazione del salmo 89, in
latino perchè il testo gli era familiare in quella lingua: « Tacui, Domine, quia feristi... »; è il v. 9, che
la nostra Riveduta traduce: « Io me
ne sto muto. Signore, perchè sei tu
che hai agito... ». Figli pensava certamente alla prova della sua lunga
e penosa malattia, ma quel versetto
segue nel salmo una invocazione che
certo era la sua invocazione: « li
ora. Signore, che asjietto? La mia
speranza è in Te ».
Giorgio Toukn
Da Coll'ino e la Riforma a Ginevra", ed.
Claudiana. Il disegno qui sopra riproduce le
stemma di Calvino: un cuore offerto e la
scritta "con prontezza e con sincerità".
5
ottobre 1G67 — N. 42
pag
Il terzo uomo della Riforma
’X« bilancia’ di Allordt. iinincis'one che non ha bisogno di comni'^nto...
SFORMA E RIVOLUZIONE
Un ’'aiiGrnativa?
Avevamo chiesto, per il nostro numero
speciale dedicalo al 450® anniversario della
Riforma, un contributo su « Riforma e ri-voluzione » al prof. Giovanni Mottura. Purtroppo egli non ha potuto accettare, data la
scadenza troppo ravvicinata della richiesta ;
speriamo sia cosa soltanto rimandata. Tuttavia, nella sua lettera, pur esprimendoci fraterne rimostranze su questa consultazione di
‘"esperti ' (v finisco di sentirmi una specie di
juke-box che si pensa possa spiattellare a comando un discorsetlo sul tema preferito da
lui. Di questo passo, magari, nello schedario
■dei giornali ecclesiastici ci sarà anche la rubrica "rivoluzione' e il mio cartellino di
’esperio' sarà certo il primo... »), ci ha scritto alcune riflessioni di vivo interesse che, con
il suo permesso, ci pare utile pubblicare, sot.
tolineando il loro carattere estemporaneo e
eorsivo. Forse offriranno occasione ad avviare
-quel dialogo fraterno che alle ’giornate del
•Ciabas', malgrado l’intento, non si è in reai.
là verificato. red.
La rivoluzione (per usare un termine mitico) non è oggetto di ’’specializzazione”: o la si fa, la si edifica voglio dire, o no. Ma è una questione del tutto pratica. Se come
credente ne ho parlato spesso, è perchè mi faceva pena vedere una teologia che — avendo secondo me i
mezzi per riuscirci — non ce la faceva a comprendere realmente quel
fenomino che è la rivoluzione, semplice mi nie perchè nessuno di coloro che adoperavano lo strumento
teologia o ne era in grado o voleva
farsi scalzare dal tepore dello ’’spirito”. Ora, siccome, penso — con
Barth - che la teologia sia la riflessione della chiesa sulla propria predicazione, cii) induceva ad essere
pessimi sii sulle scelte di classe, in
senso ideologico, politico e sociale,
che la chiesa riformata (nel nostro
piccolo, in Europa) aveva fatto.
Stando così le cose, capisci anche
tu che il tipo d’impegno che questa
posizione comporta (non come responsabilità verso se stessi individui, nè come ricerca di purezza teorica o di "virtù”, ma perchè essa
costituisca una proposta chiara e
non ambigua - d’azione - per la
chiesa), non è definibile in termini
di ’’specializzazione”.
Bene o male, anche se schematizzare così il discorso non è giusto, la
differenza tra il tema-proposta ’’rivoluzioni’” e il tema-rievocazione
(o riscoperta) ’’riforma” consiste
nel fatto che — chiunque sia a parlarne. — affrontando il primo si affronta il problema del peccato nostro, della trave nel nostro occhio e
contemporaneamente del fuscello (o
trave) altrui; mentre rievocando (o
riscoprendo) la seconda, un briciolo
di autocompiacimento — che bene
o male il contemplare una tradizione (sia pure in funzione operativa,
sia pure la tradizione ’’semper ref or manda” ) inevitabilmente dà —
si infiltra nel discorso. Non che ciò
sia realmente evitabile (il peccato
non lo è mai), ma questo non ci libera dalla necessità di distinguere
e dal tentare di essere chiari. Ciò
che. voglio dire, insomma, è che occorre scegliere : o si fa un discorso
storiografico (non diciamo commemorativo, perchè nessuno di noi
considera defunta la riforma, almeno .si spera) ed allora occorre affrontare prioritariamente due problemi: essere seri scientificamente e
sul piano documentario; cedere il
meno possibile alla tentazione di
mitizzare e di auto giustificar si. In
questo caso, un discorso su ’’Rifor
ma e rivoluzione” non può essere
che un discorso sulla rivoluzione
borghese, e non so fino a che punto
possa interessare — in sè — ai lettori del nostro settimanale.
Oppure si fa un discorso sull’oggi, sul credente riformato, il senso
che ha per lui questo aggettivo, e i
suoi problemi di testimonianza, e
allora — secondo me — l’unica cosa
da fare è centrare il discorso sull’alternativa: riforme o rivoluzione. In
questo caso, occorre affrontare prioritariamente altri problemi: cioè
’’essere seri scientificamente e sul
piano documentario”, significherebbe provocare esperimenti concreti e
poterli confrontare in spirito di fratellanza e serenamente, sapendo che
non dal successo di tali esperimenti
(gli uni e gli altri) siamo giustificati. E, così facendo, intendersi sulle parole usate. Purtroppo, a mio
avviso, questo oggi è scarsamente
possibile: lo dimostrano le giornate
del Ciabas, lo dimostra ancor più
chiaramente l’accusa di ”anabattisnìo’” che viene rivolta a molti di
noi (come se: a) una etichetta potesse condizionare il contenuto; b)
definire fosse più importante che
comprendere; c) gli anabattisti fossero un fenomeno storico unitario
ed omogeneo; d) ”anabattisti” fosse
una forma di esorcismo); e lo dimostra infine il fatto che — con il tipo
di ’’spirito fraterno” che aleggia
(sarebbe troppo dire che soffia)
nella chiesa italiana — la scelta
eventuale della seconda possibilità
prospettata sopra (’’non storiografia ma discorso sull’oggi”) sarebbe
considerata quasi universalmente
non la definizione d’un terreno di
confronto a parità, ma — già a priori — una ’’vittoria” d’un certo
gruppo su un altro.
Giovanni Mottura
l Irico Zwingli, il terzo uomo della Riforma, è il meno conosciuto
fra i grandi Riformatori, forse per
la sua scomparsa prematura dalla
scena politica e religiosa dell’Europa di allora, forse per i limiti geografi,! della sua azione riformatrice
(circoscritta alla sola Svizzera tedesca e a parte della Germania), forse
per la sua tragica fine, che non solo
i cattolici ma lo stesso Lutero interpretarono — errando grandemente
— come un giudizio di Dio su quest’uomo, forse anche perchè Zwingli è stato a lungo — e a torto •
considerato come un mezzo riformatore, a metà strada tra fede e ragione, tra rivelazione e cultura, tra
Riforma e Lmanesimo, « un sacerdote di Cristo e nello stesso tempo
delle Muse », come qualcuno lo ha
definito. Si è anche creduto per
molto tempo di poter riscontrare in
Zwingli una sostanziale dipendenza
teologica da Lutero; oggi invece ci
si sta sempre più rendendo conto
che il pensiero e l’azione riformatrice di questi due uomini si sono
mossi in larga misura su linee parallele: vi sono stati ovviamente
molti punti di contatto, come pure
alcuni motivi di irriducibile contrasto, ma nell’insieme Zwingli e Lutero, che furono contemporanei,
vanno valutati indipendentemente
l’uno daH’altro. « Prima che qualcuno, dalle nostre parti, sapesse alcunché di Lutero — scrive Zwingli
nel 1523 — io ho cominciato a predicare l’Evangelo di Cristo, nel 1516,
in modo che non salivo sul pulpito
senza aver applicato a me stesso e
spiegato sulla base della sola Scrittura le parole dell’Evangelo che venivano lette quel giorno durante la
messa ». E ancora: « Lutero ha bevuto alla stessa fonte alla quale noi
abbiamo bevuto : abbiamo bevuto
insieme alla fonte della dottrina
evangelica ».
Nato a Wildhaus,- nella Svizzera
tedesca, il 1“ gennaio 1484 e morto
a Kappel l’il ottobre 1531 nel corso di una battaglia tra il partito protestante (di Zurigo) e una coalizione formata da 5’ cantoni cattolici
(Lucerna, Zug, Uri, Schwytz e Un
terwald), Zwingli appartiene alla
prima generazione della Riforma.
A differenza di Lutero, che era un
monaco, e di Calvino, che era un
laico, Zwingli fu parroco. Ordinato
sacerdote nel 1506, esercitò il suo
ministero nella parrocchia di Glarus fino al 1516; in seguito fu per
line anni cappellano presso l’abbazia benedettina di Einsiedeln e dal
1519 in avanti predicatore nella
chiesa principale di Zurigo.
E’ a Zurigo, verso la metà del
1520, che il parroco Zwingli diventa riformatore. Meditando il Padre
Nostro e in particolare la frase:
« Rimettici i nostri debiti... », Zwingli scopre l’Evangelo della grazia e
della giustificazione per fede. In
precedenza egli aveva molto ammirato Erasmo e gli umanisti cristiani
di quel tempo, diventandone un discepolo. Zwingli non rinnegherà mai
il suo passato di umanista. Ma non
è certo questo passato che può aver
fatto di Zwingli un riformatore. Se
Zwingli fosse rimasto fondamentalmente un umanista, non sarebbe diventato riformatore. Gli umanisti
cristiani del XVI secolo — primo
fra tutti Erasmo — rimasero cattolici, non sentirono l’imperiosa necessità di rompere con Roma. Perchè? Perchè per loro il cristianesimo era essenzialmente una morale; per la Riforma invece si trattava della fede. L’umanesimo predicava un rinnovamento morale: ma
questo poteva avvenire anche nel
quadro teologico e istituzionale cattolico. La Riforma invece predicò
una riforma della fede, che non poteva non spezzare il quadro teologico e istituzionale della Chiesa di
Roma. Zwingli, rompendo con Roma, dimostrò di aver superato la
fase umanistica e di essersi posto,
riguardo all’Evangelo e alla Chiesa, nella stessa posizione degli altri
Riformatori.
Dal 1520 al giorno della sua morte, nel breve arco di una diecina di
anni appena, Zwingli riforma la fede del suo popolo. Il suo destino
è assai simile a quello degli altri Riformatori: come loro Zwingli opera essenzialmente mediante la pre
riforma e SOCIETÀ'
"Servitù per convizione.7
Movimento religioso, la Riforma è
legata alla vicenda storica che, nel
travaglio di più di tre secoli (dalTìnizio del ’500 alla metà dell’800), ha prodotto in Europa e nell’America settentrionale una nuova società, profondamente diversa dal mondo feudale del Medioevo. Se non è facile ridurre u unità Tatteggiamehto
polìtico della Riforma (poiché le differenze tra le varie ali del movimento protestante sono su questo piano
iiiiiUNiHiMiiniimiii
RIFORMA E ECUMENISMO
Unità - carità - verità
È ben noto che Riformatori non si sono trovati a cuor leggero in una Chiesa cristiana profondamente lacerala. Lutero ha a lungo parlato, predicato, invitato la sua chiesa
a riconoscere l’Evangela: non si è separato, ma è stato buttato fuori, non lui ma Roma
è scismatica ed eretica di fronte all'Evangelo. Calvino, un poco posteriore, visse e soffri
le tensioni interne del protestantesimo, oltre alla separazione dalla Chiesa romana. Non
li si può certo accusare di non essere stati sensibili all’esigenza dell’unità e della piena
comunione delle membra di Cristo. Pure ebbero, in misura mai più superata, forse mai
più raggiunta, coscienza che l’unità poteva e talora doveva essere sacrificata alla verità,
(in attesa del Signore, che avrebbe rivelato l’impostazione profonda dei cuori e
ricomposto la piena comunione di tutti i suoi^ figli), mai, a nessun costo, la
l’Evanselo (che è una, non due o più) all’unità.
Lasciamo parlare Calvino. Ecco che cosa .scriveva, nel 1552, in una lettera all arcivescovo di Westminster, Cranmer, che richiedeva una riunione per ricercare l’unione di
tutti i protestanti:
Certo bisogna annoverare eome una delle più grandi sciagure del nostro
«pcnin il fatto che le Chiese siano così divise le une daUe altre, ad un tal
nunto che a malapena un legame umano rimane ancora fra loro ed ancora si
Serva la santa comunione delle membra di Cristo, che molti confessano
rnrirbocca ma pochi ricercano sinceramente... Così accade che le membra
essendo disperse, il corpo della Chiesa è lacerato. E questo m^t tormenta al
minto che se qualcuno reputasse che io possa essere di qualche utihta, non
Srei ad attraversare dieci mari, se fosse necessario per questo scopo .
iSi auando si cerca un accordo saldo e fondato sugli insegnamenti della
Scrittura ad opera di uomini dotti, accordo mediante il quale delle Chiese
Karaté si riutóebbero fra dì loro reputo che non mi sia lecito di badare
a fatiche ed a pericoli.
Il nesso che segue è tratto dalla « Lettera a Sadoleto », che Calvino scriss^e nel 1539
al carciinale che aveva inviato una serie di lettere pastoralt al popolo di Ginevra per
indtMo a rientrare nel girone della Chiesa di Roma. Con mferazione e con pazienza.
■ ■ „„Ha a una bella franchezza evangelica, il Riformatore sciive.
avrebbe
verità del
rnoderazione e con pazienza,
profonda umiltà
Quanto all’obiezione lattami, che mi son separato dalla Chiesa, non mi
sento punto affatto colpevole. A meno che si debba considerare come tcaditwe uno che, vedendo i soldati dispersi e sbandati che vagano qua e la abbandonando i loro posti, innalza l’insegna del capitano, e li richiama e li
CONTINUA IN OTTAVA PAGINA
molto accentuate), si può invece trovare un filo conduttore costante, nei
rapporti tra Riforma e società, sul
piano « etico » ; cioè nel cambiamento
di taluni modelli di condotta, dei « valori » che regolano la vita dell’uomo
nelle sue attività quotidiane e nelle
sue relazioni con gli altri. Infatti, la
flff Mario MIoggo
grande novità della Riforma è stata
di proiettare la vocazione dei credenti nel « secolo ». La Riforma ha abbattuto il rriuro che, nel Medioevo, divideva internamente la Chiesa: da una
parte il clero e la minoranza che praticava una vita cristiana « regolare »
nel ritiro dei conventi, dall’altra parte
la massa dei laici, dai quali non si
pretendeva un grande rigore di vita
cristiana e che venivano disciplinati
mediante quelle « opere religiose »,
contro le quali è insorta la protesta
di Lutero il 31 ottobre 1517.
La vicenda medioevale delle
“opere religiose,,
Per comprendere lo sviluppo delle
« opere religiose » occorre tener presente ia condizione nella quale la
Chiesa si è trovata ad operare nei secoli oscuri dell’Alto Medioevo. In un
mondo barbarico, l’avanguardia della
Chiesa (in particolare i monaci benedettini) ha cercato di arginare il disordine e la violenza quotidiana, ottenendo per esempio che, in certe occasioni (giorni di feste religiose), la
nobiltà feudale interrompesse la sua
attività omicida ( duelli tra « nobili »
e massacri di «ignobili»). La Chiesa
ha fatto leva sui sentimenti intensi e
grossolani dei guerrieri germanici e
delle plebi rurali (analfabeti gli uni
e le altre), sul terrore del soprannaturale, dell’ira di Dio, dell’Interno. In
tal modo però si veniva sostituendo
a una disciplina morale («Non uccidere! ») una repressione religiosa
(«Se uccidi di domenica, andrai all’Inferno ») e si sviluppava ulteriormente il sistema delle «pene canoniche ». Da una parte avvenne che le
« opere religiose » perdessero spesso
CONTINUA
IN OTTAVA PAGINA
(Reazione della Parola di Dio; come loro combatte con uguale enerifia sul fronte cattolico e sul fronte
anabattista; come loro scrive e pubblica un gran numero di opere, su
una ricca gamma di questioni; come
loro partecipa a varie dispute dottrinali, a Zurigo e altrove; come loro rinnova non solo la vita della
Chiesa ma anche quella della città.
Zwingli ha avuto una vita molto
movimentata e proprio la sua attività di riformatore, relativamente
breve ma tanto più intensa, ci fa
toccar con mano un fatto che spesso
si dimentica, e cioè che la Riforma
non s’è fatta da sola, è stata il frutto di un grande combattimento.
* *
Se ora volessimo mettere in evidenza tpialche aspetto saliente della
persona e dell’attività di Zwingli,
che lo caratterizzi nei confronti degli altri Riformatori, potremmo
menzionarne almeno due: la sua figura di combattente e le sue idee
politico-sociali.
Zwingli è l’unico dei Riformatori che è morto su un campo di battaglia, combattendo. Egli è vissuto
ed è morto da soldato. Un giorno si
definì egli stesso « soldato di Cristo ». Non c’è nulla di militaresco
in questo, c’è solo il senso vivo che
la vita della fede non è una ascensione ma una lotta. In particolare
il ministero pastorale viene inteso
da Zwingli come un costante combattimento, condotto senza timore
(« Non temere: (juesta è la corazza ») e con l’unica arma della Parola di Dio. Bisogna leggere, in proposito, un suo sermone intitolato
« Il pastore ». Il pastore è descritto
come un combattente votato al sacrificio. L’esercizio del ministero
pastorale è una lotta ai comandi di
Gesù Cristo, il pastore per eccellenza, il modello del pastore sia nella
vita che nella morte. Guidato da
Giesù, il pastore attaccherà le fortezze che si elevano contro la Parola di Dio, ricordandosi che al termine del suo cammino si profila la
croce. « Se consideri Dio tuo padre,
come potresti non amarlo e non uhhidirgli in tutto ciò che ti chiede?
Se consideri Dio tuo padre, lo amerai e se lo ami non sopporterai che
il suo onore sia diminuito, che la
sua Parola non sia creduta e che si
viva in modo contrario alla sua volontà. Preferirai piuttosto la morte
che il disonore di tuo padre. Tanto
più se si tratta del tuo padre celeste.
Se credi che la Parola di Dio non
può mentire, saprai che quaggiù il
più grande onore che il padre celeste può accordare a uno dei suoi figli è di permettergli di morire per
lui ». Zwingli è morto, combattendo col suo popolo, pienamente partecipe del suo destino. Non è morto da eroe, ma da soldato semplice;
meglio ancora, è morto come pastore della sua chiesa, là dove in quel
momento si trovava la sua chiesa,
non nella cattedrale, ma su un campo di hattaglia.
Zwingli è l’unico dei Riformatori
che si è occupato espressamente del
problema della rivoluzione, che nel
nostro tempo è all’ordine del giorno. Una sua opera, relativamente
poco nota ma di estremo interesse,
è appunto intitolata: « I veri rivoluzionari ». Chi sono, secondo Zwingli, i veri rivoluzionari, che mettono a soqquadro la società? Non sono, come si potrebbe pensare a prima vista, i contadini che rumoreggiano, ormai insofferenti del giogo
imposto loro dai proprietari delle
terre che essi lavorano. No, i veri
rivoluzionari sono proprio i proprietari, i principi, gli abati, i vescovi,
coloro che detengono il potere e le
terre. Son loro i veri sovversivi. Son
loro che con le loro tasse esose esasperano il popolo e lo inducono alla
ribellione. Non è con i contadini
che bisogna prendersela, ma con coloro che li sfruttano. I veri rivoluzionari non sono quelli che fanno
la rivoluzione, ma qtielli che la provocano! Son questi i veri responsabili dei disordini sociali!
E’ superfluo sottolineare Ì1 valore
di questa intuizione di Zwingli. ()ui
egli è stato più che riformatore, più
che jtastore: qui è stato jtrofeta. In
questo campo Zwingli non è stato
« il terzo ttomo della riforma » ma
senza dubbio il primo. p. r.
6
pag. 6
N. 42 — 27 ottobre 1967
2'
BOBBIO PÉL LI CE
Milano 2 - 5 Novembre 1967
Tutti
uniti
gli
nel
evangelici
celebrare
della città
fa Riforma
Dopo una serie di riunioni fraterne, cui
ha partecipato un buon numero di rappresentanti di varie chiese evangeiiche della
città e dintorni, battiste, metodiste, valdesi,
dei « fratelli », pentecostali e dell’Esercito
della Salvezza, si è giunti alla decisione di
celebrare insieme, con piena partecipazione
e con viva gioia, il 450° anniversario della
Riforma, Ecco il programma definitivo delle celebrazioni (il programma originario era
anche più ambizioso, poi scarsezza di tempo e di uomini ha costretto a ridimensionare), reso noto alla cittadinanza con numerosi manifesti murali:
Venerdì 27 ottobre alle ore 21, nella sala
della Galleria Civica di Arte Moderna
(g. c,); conferenza celebrativa del Dr. Ernesto Ayassot sul tema; « Rifonmi ed
ecumenismo ».
Sabato 28 ottobre alle ore 21, nel Tempio di Corso Vittorio; Canti della Riforma
e del Risveglio eseguiti da Corali Evangeliche sotto la direzione del Maestro Ferruccio CORSANl.
Domenica 29 ottobre alle ore 17, nel
Tempio di Corso Vittorio: Culto di ringraziamento al Signore.
È stato preparato un volantino, distribuito nelle varie chiese e che sarà largamente
diffuso in occasione di queste manifestazioni; oltre al programma e all’indirizzo delle
varie chiese evangeliche della città e dintorni, reca questo « manifesto », concordalo e sottoscritto da tutti :
PERCHE' SIAMO
PROTESTANTI
Commemorando il 450" anniversario della Riforma, noi cristiani evangelici non possiamo nè vogliamo presentare noi stessi, ma celebrare l'opera di Dio, E' Lui che conta — quanto
alla nostra verità, alla nostra testimonianza, alla organizzazione e alla vita
delle nostre chiese, tutto questo è
soggetto al continuo giudizio del nostro Signore e della sua Parola,
La Chiesa della Riforma
Uno dei princìpi fondamentali del
protestantesimo è stato ed è che la
chiesa dev'essere del continuo riformata alla luce del giudizio, dello stimolo, della promessa della Parola di
Dio, La chiesa non è sacra, immutabile, madre e maestra ; è santificata
dalla sola presenza del Signore, purificata dal suo sangue, corretta dalla sua Parola e dal suo Spirito; ha
in Dio il suo solo Padre, in Gesù Cristo il suo solo Maestro e Capo, nello
Spirito Santo la sua unica guida ; non
salva il mondo, ma annuncia al mondo la salvezza che Cristo offre a tutti.
Sola grazia
Questo affermiamo — e ci sforziamo di vivere — quando diciamo che
il cristiano e la chiesa vivono per
sola grazia. Tutto è dono, tutto è sovrana e benigna iniziativa divina ;
« è per grazia che siete stati salvati,
mediante la fede; e ciò non viene
da voi; è il dono di Dio» (Efesini
2:8), Tutte le nostre opere non hanno valore in sè, non ci giustificano,
ma sono il frutto della comunione
con il Signore: «come il tralcio non
può da sè dar frutto se non rimane
nella vite, così neppure voi, se non
dimorate in me. lo sono la vite, voi
siete i tralci » — dice Gesù (Giovanni 15: 4).
Sola fede
Vivere in questo modo, rinunciando a confidare nei nostri pensieri,
nelle nostre opere, nelle nostre realizzazioni — in tutti i campi e sotto
tutti gli aspetti — ecco che cosa intendiamo dicendo che il cristiano e
la chiesa esistono per sola fede : totalmente fondati sull'iniziativa misericordiosa e gratuita del nostro Signore. Una chiesa ricca di opere e di
realizzazioni può essere povera di fede ; ricca di se stessa, può essere povera di Dio. La fede non è frutto delle nostre energie intellettuali o spirituali o morali : è dono di Dio, è
l'abbandono in Lui, è la ferma fiducia nel suo amore. « L'anima nostra
si acqueta in Dio solo » (Salmo
62: 1 ).
Sola Scrittura
L'amore di Dio ci è rivelato, l'appello alla fede ci è rivolto nella sola
Scrittura. Nè la chiesa, la nostra o
un'altra, nè la storia, passata o attuale, nessuna civiltà, presente o futura, ci danno questa conoscenza, ma
unicamente la testimonianza resa al
Dio di Gesù Cristo dai profeti e dagli apostoli. Non c'è altra via, altra
verità, altra vita se non Cristo, rivelatore del Padre, e Cristo non può
essere incontrato altrove che nella
parola dei suoi testimoni, che il suo
Spirito rende viva per noi, e in ogni
tempo. La Bibbia, divinamente ispirata, non è uno dei mezzi, ma il mezzo esclusivo attraverso cui Dio ci
chiama ad incontrarlo.
La comunità ringrazia i Pastori sigg. Alberto Ricca ed Emilio Ganz ed i sigg. Dino
Gardiol ed Edgardo Paschetto i quali le
hanno rivolto il massaggio della parola di
Dio in questo ultime settimane.
Sabato 16 settembre nel nostro tempio il
Pastore A. Sonelli ha invocato la benedizione di Dio sul matrimonio di Gisletti Lillo
Eugenio (Torre Pellice) e Gönnet Lidia
(Pautasset). La comunità tutta porge agli
sposi, che si stabiliscono a Luserna S. Giovanni, il suo affettuoso augurio Invocando
sul loro focolare la presenza e la grazia del
Signore. Un grazie al Pastore Sonelli per la
sua collaborazione in assenza del Pastore locale.
Assemblea Costituente della Federazione
delle Chiese Evangeliche in liaiia
presso i locali della
Cristo soltanto
Vìvere per sola grazia, ricevendoper sola fede, attraverso la testi
Scrittura :
la
monìanza viva della sola
tale ia nostra vocazione. E ciò significa affermare con cosciente allegrezza : Cristo soltanto ! Certo, Cristo nella sua meravigliosa pienezza ; ma oggi, in modo tutto particolare, è necessario affermare che Cristo e lui
solo è tutto: egli «ci è stato fatto
da Dio sapienza, e giustizia, e santificazione, e redenzione» (1 Corinzi
1 : 30); perciò noi ci proponiamo di
« non saper altro, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso » (I Corinzi 2: 2).
Non dunque Cristo e la chiesa, non
Cristo e la storia, non Cristo e la cultura, non Cristo e la socialità, ma
Cristo soltanto: « affinchè in ogni cosa abbia il primato» (Colossesi 1:
18).
Rivolgiamo vivi rallegramenti ed affettuosi auguri alla famiglia di Cataliu Giovanni (Via CromweU) per la nascita deUa
piccola Sandra; alla famiglia di Baridon Er'
manno (Carbonari) per la nascita del pie
colo Franco; alla famiglia di Reggente Bru
no (Torre Pellice) per la nascita della pie
cola Paola : la grazia del Signore circondi
ed accompagni sempre questi bimbi e tutti i
loro cari.
PROGRAMMA
Mercoledì 1 Novembre
Pomeriggio e serata : arrivo dei delegati e ritiro dei documenti
Chiesa Valdese di Via Francesco Sforza 12.
Giovedì 2 Novembre
Ore 9,30-10,30 : Breve culto e messaggio di apertura — Verifica dei mandati
tazione delle delegazioni — Elezione del Seggio dell’Assemblea.
re 10,45-12,30 : Insediamento del Seggio dell’Assemblea — Presentazione degli « Uffiw » della rederazione, discussione e proposte al riguardo.
Ore 15-17 : Presentazione dei « Servizi » deUa Federazione.
Ore 17,30-19: Discussione e proposte al riguardo.
Ore 21,15 : CELEBRAZIONE DEL 450« ANNIVERSARIO DELLA RIFORMA — Conferenza pubblica del Prof. Domenico Maselli nel Tempio Valdese di Via Francesco
presen
Sforza.
Venerdì 3 Novembre
Ore 9: Breve culto.
ciré 9,30-10,30 : Presentazione degli « Organismi settoriali » della Federazione, discusSione e proposte al riguardo.
Ore 10 45-12,30: Discussione generale sulla bozza di Statuto della Federazione
presen
e dei « Titoli » dello Statuto
Nella sua assemblea di domenica 15 ottobre, la nostra comunità ha nominato quali
suoi rappresentanti alla Conferenza Distrettuale straordinaria di Torre Pellice : Catalin
Margherita (Via Molino) e Bonjour Daniele,
Anziano (Via Capitano Mondon). e. o.
Propoli Moderatore, past.
Nuovo indirizzo
tata, dal Comitato preparatorio
Ore 15-17; 17,30-19; Esame del «Preambolo»
ste di modifiche e deliberazioni al riguardo.
Ore 21,15: Cnlto nel Tempio Battista di Via Vimercate — Presiede
Neri Giampiccoli — Predicazione del past. Sergio Aquilante.
Sabato 4 Novembre
Ore 9 : Breve culto.
dello Statuto e COSTITUZIONE DELLA FEDERA
ZIONE.
Ore 10,45-12,30: Presentazione ed approvazione di mozioni ed eventuali o.d.g.
Ore 15-17: Elezioni del Presidente, dei Vice Presidenti e del Consiglio della Fedcra
A Dio solo la gloria
Noi crediamo che in questo modo,
e in questo modo soltanto, la chiesa
adempia al suo vero compito e chiami il mondo a riconoscere e vivere il
suo : render gloria a Dio, a lui solo.
« Nessuno si glori al cospetto di Dio »
(I Corinzi 1 : 29). Attendendo il giorno in cui questa gloria si manifesterà come la luce del sole, non dimentichiamo che è ora una gloria contestata, e che la sua suprema espressione in terra — Gesù Cristo — è
stata crocifissa dalle glorie umane del
potere, della cultura, delia religione.
Per questo, cantando il Salmo antico « Forte rocca è il nostro Dio »,
vogliamo ricordare — come hanno
ricordato in modo indimenticabile gli
uomini della Riforma: « A Dio soltanto sia gloria ».
Il Past. Libonati, trasferito per ragioni
inerenti al proprio ministerio, comunica che
il suo nuovo indirizzo è : Elia Libonati . Via
Antonio Rosmini, 6/11 . 72100 Brindisi.
Ore 17,30-19: Mandati della Assemblea al Consiglio della Federazione.
(E’ prevista una riunione serale qualora i lavori dell’Assemblea
Domenica 5 Novembre
non siano stati ultimati).
Ore 10: CULTO CON CELEBRAZIONE DELLA S. CENA nel Tempio Valdese di
Francesco Sforza — Presiede il Presidente eletto della Federazione — Predicatorestore Michele Foligno.
Via
Pa
R0RÁ
Aperto un nuovo asilo d’infanz
iiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiimmiiiiiiiiii
PERSONALIA
A Papeete (Tahiti), in casa di Giovanni e
Clairette Conte accanto a Marina e a Daniele c’è ora la piccola Sandra Maeva. Un
augurio fraterno a tutta la famigliola!
Dal 23 ottobre di quest’anno ha avuto inizio a Rorà un nuovo servizio che il Concistoro vuol offrire : un asilo infantile per
bambini dai 3 ai 5 anni di età.
E’ certo una novità assoluta nella vita
della nostra Parrocchia e ci rendiamo conto
che è un rischio^ ma è un rischio che vogliamo correre perchè si tratta di un servizio che la Chiesa offre, elio offre gratuitamente a tutti nel nome del Signore. Sappiamo di certe perplessità e diffidenze espresse
da alcuni, ma noi .abbiamo fiducia che saranno presto superate per cui tutti i bambini — almeno quelli del Capoluogo — potranno godere di questo indubbio beneficio
offerto. E’ noto infatti quali grandi vantaggi vi siano per un bambino che vive insieme con altri suoi simili: esce dal proprio
isolamento e riceve una educazione sociale e
religiosa che non può ricevere vivendo in
casa propria o correndo per i prati. E questa educazione lo prepara ottimamente per la
itiiiiiiiiiiiniiiMiimmiit
iiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiimiiiiimiiiMiiM
iiiihiiiiiiixiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiii
POMARETT
Le nuove scuole dell’Inverso
scuola che affronterà poi. L’orientamento e
le finalità di questo servizio sono assicurati
da persone del tutto qualificate che daranno le giuste direttive a chi si è impegnato
alla sorveglianza di questi bambini. La signora Adriana Tourn ha infatti offerto la
propria opera gratuitamente e lo ha fatto
con entusiasmo e consapevolezza.
Attualmente il Concistoro si è addossato
tutte le spese di mantenimento come riscaldamento, luce, acqua e materiale didattico
vario che, come è noto a tutti, costa moltissimo; ma confida nel Signore che lo aiuterà
nel futuro facendogli trovare sempre quelle
fonti piccole e grandi, tutte apprezzate, di
aiuto finanziario, del resto mai mancate fino
ad oggi per altre esigenze. Intanto possiamo
fare ancora un nome, quello dei sigg. Mariani di Torino, amici profondamente affezionati alla nostra Parrocchia, i quali hanno
già dato aiuti molto consistenti per questo
nostro servizio ed altri ne daranno ancora.
E siamo certi che altri Amici di Rorà, leggendo queste semplici note, si aggiungeranno a questi primi facendoci pervenire il loro
molto stimato contributo.
I locali sono le due camere a sinistra del
primo piano della casa del Concistoro, presso il tempio, ben pulite e ordinate e debitamente riscaldate. Il giardino antistante serve egregiamente per giuochi e svaghi all'aria
aperta : la posizione geografica del luogo è
veramente ideale!
Come inizio il Concistoro ha ritenuto opportuno limitare questo servizio aUe solo ore
antimeridiane, dalle 9 alle 12, riservandosi
in seguito di estenderlo anche al pomeriggio
con 1 istituzione di una regolare refezione e
ricreazione dalle 12 alle 14 e confinn.'T.--;ine
fino alle 16 di ogni giorno. Ma quesu q;.
penderà in massima parte dallo svilnpr, d;
questo nostro servizio: lo rimettiamo ■ ■*=ramente nelle mani del Signore che mente ci aiuterà, ma è anche a n
di Rorà, che rivolgiamo il nostro at'»
affinchè mandiate i vostri bimbi
e serenità perehè vi è nota la serietà prestigio dell’ambiente in cui vivono
l amore e la competenza di chi se ne oc; ,
ogni giorno.
Domenica 29 corr. alle ore 10.30
luogo l’Annuale Assemblea di Chiesa
I inizio del nuovo anno ecclesiastico co!
guente O.d.G. : a) Relazione sul Sinodo C
rta
!;ne
ilo
. vra
per
ferenze Distrettuali S. Germano e Torre Pel
lice; b) finanze; c) varie.
Fraterno invito a tutti.
TORRE PELLICE
Domenica 8 c. m. sono state inaugurate le
scuole nuove del Clot e del Pian dei Maurini : edifici ben riusciti, sotto il profilo tecnico, offrono simpatica e decorosa ospitalità
ai bambini delFInverso. Ce ne rallegriamo
ed esprimiamo un pensiero di ringraziamento all Amministrazione, in particolare al Sindaco Andrea Olivero per l’opera compiuta
unitamente alle migliorie delle strade. Come
rappresentante dell’Ente che ha sempre provveduto airinsegnamento scolastico « ab immemorabili » e che ha consentito poi al Comune di poter inviare i bambini a Scuola
dopo la legge Danao Credaro del 1911, a
mezzo dei nostri locali scolastici, non posso
non dimenticare, qualora non sia stato fatto, la vecchia scuola Beckwith situata a un
tiro di sasso dalla nuova : mentre ascoltavo i
vari discorsi delle autorità ripensavo alla
vecchia Scuola, cosi presto dimenticata dai
suoi alunni : ripensavo alla vecchia stalla
dove il maestro con un occhio seguiva il
borbottio della marmitta colma di fagioli
per il suo pasto piuttosto frugale, e con 1 altro controllava la turba degli scolari, tenuti
a bada con un prodigioso randello... vecchia
stalla con metodi normali per quel tempo e
dove l'unico sillabario era la Bibbia.
guanti il maestro Coisson per quarant’anni
sulla breccia e la bontà d’un insegnamento,
che, nel pensiero di Beckwith era « assolutamente vero e buono, perchè fondato sull’amore di Gesù Cristo ». Nel congedarci dalla vecchia scuola vorrei ricordare ai cittadini dell’Inverso che accanto alle nozioni
scolastiche, rapidamente dimenticate, occorre aggiornarsi, studiare i problemi, possedere un senso critico che si acquisisce nella
lettura, meditazione di buoni libri, riviste
che faranno presto, lo speriamo, mostra di
sè nell’aula della vecchia scuola, sotto la direzione guida della gioventù. La cultura del
« Grand Hôtel » o roba affine o quella televisiva non giova molto alla formazione profonda, aH’apertura verso i problemi comunali, sociali e politici, mentre la Parola di
Dio ed una buona, sana, aggiornata letteratura consente una visione nuova delle situazioni per poter dire un’opinione orientatrice e preziosa per gli altri.
Domenica 29, alle ore 20.45, nella i.ola
delle attività, l’associazione « Enrico .-\rnaud » riprende le sue riunioni. Relaziui;,; e
programma. Cordiale invito a tutti.
niitmimiiiiiiiitmiii.
VALDENSIA
ROMA.
Poi verso il 1839 venne la scuola Beckwith più accogliente della stalla, con aule
ariose e soleggiate e con metodi più umani.
La paga annuale era di 30 lire e verso la
fine dei secolo era di 800. Al Clot Inverso
.sorse anche la scuola per le ragazze, progresso notevole per quel tempo e nello stesso
edificio del Beckwith; successivamente fu anche adibito per scuola superiore, « école
grande » per non essere da meno di Pomaretto. Il Clot era quindi la piccola capitale
culturale dell'Inverso di contro alle scuole
di quartiere che sorgevano in tutti i villaggi. L’edificio ampliato dal Pastore Lantaret
nel 1873 fu restaurato a fondo alcuni anni
or sono ed ha servito fino al giugno di quest’anno come locale scolastico per i primi
tre anni e per le cinque classi fino a poco
tempo fa.
Non posso non ricordare tra i vari inse
Recentemente, in occasione duna riunione quartierale è stato battezzato ai Rivoira
inf. Bruno Patrizia di Fiorenzo e Rostan
Adriana; nel ricordare i doveri dei genitori
per avviare la loro creatura neOe vie del Signore abbiamo soprattutto invocato lo Spirito Santo, capace di trasformare giorno per
giorno la nostra vita, in vista del servizio
per la gloria di Dio.
Abbiamo pure celebrato di recente il servizio funebre di Peyrot Gustavo della Lausa : occasione sempre preziosa per i viventi
di « non indurare i loro cuori e di udire la
voce del Signore ». Consoli Iddio la famiglia con la Sua Parola.
Ringraziamo di cuore il signor Gardiol
per il messaggio prezioso che ha rivolto alla
comunità l’ultima domenica di settembre.
— Domenica 29, alle 10.30,
Cappella del Clot Inverso.
culto alla
Laus
Martedì 31, alle 20.30, riunione alla
od.
II Sinodo aveva raccomandato
alla Tavola Valdese di curare al massimo
l’informazione regolare e tempestiva delle
comunità, attraverso i loro responsabili. Il
Moderatore Neri Giampiccoli ha inviato
una circolare — in accompagnamento agli
A'iti della Tavola nelle sedute del settembre
scorso — notando che non gli è stato possibile finora fare di più; nel periodo postsiodale si sono infatti accumulati vari impegni : prima la Conferenza europea dell'Alleanza Riformata Mondiale a Torre
Pellice (ricordiamo che il Moderatore Giampiccoli è stato nominato presidente del Comitato della regione europea dell’A.R.M.);
poi la partecipazione, in rappresentanza
della Chiesa Valdese, alla Conferenza delle
Chiese Europee (« Nyborg V »). a Pörtschach. in Austria; infine una visita alle
Chiese della Cecoslovacchia.
Tuttavia, in attesa di più ampi e intensi
rapporti e informazioni, il past. Giampiccoli ricorda alle nostre comunità i temi di
studio e le linee d’azione indicate dal Sinodo. Anzitutto, il documento dal titolo
fi // cammino della Chiesa nei tempo dell'ecumenismo e della secolarizzazione ». Poi
il documento preparatorio della prossimo
Assemblea generale del C.E.C. (Upsala, luglio 1968); «Ogni cosa nuova»: la Tavola
ha predisposto la stampa di questi documenti. che saranno prossimamente diffusi
con larghezza nelle chiese; andranno studiati! Studio e azione concreta s'impongono pure per ciò che concerne la situazione
finanziaria, cioè il nostro impegno contributivo. 1 deficit si sono accumulati sempre
più pesantememte, e l’ultimo Sinodo ha giudicato la situazione non ulteriormente accettabile e sostenibile. Chiese sorelle e movimenti amici all’estero s’impegneranno fortemente ad aiutarci ancora per superare in
modo decisivo questa situazione, ma a condizione tassativa che le nostre chiese, olire
ad aumentare gradualmente le loro offerte
annue, simpegnino a raccogliere nel giro
di tre anni la somma di 45 milioni di iire
(15 all’anno), per contribuire seriamente a
questo risanamento. Prossimamente sarà
messa adisposizione di ogni comunità una
ampia documentazione illustrativa.
La Tavola Valdese ha così nominalo, per
1 anno in corso, il Comiiato di redazione
del settimanale « L’Eco delle Valli Valdesi » - « La Luce » : Past. Gustavo Bouchard.
Prof. Gino Costabel. Doti. Enrico Pascal.
Past. Paolo Ricca, Past. Gino Conte dirclE inoltre in formazione, a Torino,
un équipe di collaboratori, sia pure in veste
non ufficiale, che affianchino regolarmente
l’opera dei redattori.
Ecco
vero »,
la « sisternazione del campo di lacon questi trasferimenti pastorali:
Franco Sommani da Torre Pellice a Firenze, Salvatore Carcò da Livorno a Campo
rA Q C C iA 1 1 I 1 I ^ ^ O Z ^ ‘ _ t
basso, Giulio Vicentini da S. Giovanni Lipioni a Livorno, Bruno Bellion da Milano
a S. Giovanni Lipioni. Odoardo Lupi da
Agrigento a Milano, Mario Berutti da Pinerolo ad Agrigento, Bruno Rostagno a
Torre Pellice, Giorgio Tourn ad Agape, restando t.itolare della chiesa di Massello, curato con quella di Rodoretto da Luciano
Deodato; Piero Santoro confermato a Torino; alcune altre sedi attendono una sistemazione definitiva.
avvisi economici
AFFITTASI a Frali . Ghigo appartamento
condominiale ammobiliato. 2 camere, soggiorno, cucinino, servizi. Riscaldamento
centrale e acqua calda. Rivolgersi: Pastore Davite - Ghigo 10060 Frali . tei.
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27 ottobre 1967 — N. 42
:-dg. 7
Diario di un colportore
PALERMO
DR uno fioro oil Altro uno conmnità
vivo nello città
Tempo d’autunno ; nei villaggi e
nelle cittadine di provincia accorrono
a frotte i contadini nel tempo della
fiera. Il contadino è diffidente: vuol
veder la merce sciorinata sulle bancherelle, dove può immergere le sue
grandi, enormi mani, toccare, rimescolare nell’illusione di giudicar bene,
fii non esser messo nel sacco : triste
conforto di chi si crede furbo e invece
s’è dovuto piegare ai soprusi, alle angherie del burocrate, ricorrere a chi
ha studiato per le sue pratiche, perenne servo, della gleba ieri ed oggi della
■burocrazia...
L’ambulante di libri è raro ; lo guardano tutti con sorrisi di compassione
come per dire: questa merce non va
sul mercato, nessuno legge. Anche le
guardie comunali, sempre gentili con
l’ambulante scuotono la testa e a mo’
fii incoraggiamento assegnano il punto più affollato della fiera... Il nostro
sosta per pochi istanti a Rivoli vicino
ai baracconi e poi riparte alla volta di
Pianezza. Quanti ricordi s’affollano
alla mente del mereiaio pensando al
signor Marchese di Pianezza: non dimentica i suoi cinque attacchi a Rorà
nella primavera del 1655, l’intimazione di resa all’indirizzo di Gianavello
con la bella risposta: «Mille volte la
morte anziché la messa ; quanto alVanima dei miei figli e di mia moglie
le raccomando a Dio come raccomando anche la mia se mai io cado nelle
mani del signor Marchese...»; ricorda
la confessione del Torquemada di Pianezza che « aveva usato un po’ di crudeltà... ». La peste valdese doveva essere estirpata senza lasciar più memoria. E invece, proprio a Pianezza, nel
grosso borgo da cui ha preso il titolo
nobiliare, c’è una bancherella con la
storia dei Valdesi, la storia del Marchese e delle sue gesta, c’è la Bibbia
che ha consentito al popolo di Rora
di non mollare, di tener duro...
Passa la folla di contadini, di operai
del Sud e guardano sorpresi a quella
merce così, diversa dall’altra, esposta
sulle bancherelle vicine. Una signora
s’avvicina, sfoglia la Bibbia, guarda
all’edizione e all’invito del colportore
risponde con ironia: «No grazie, non
ne ho bisiogno... », come volesse aggiungere : « è una B'bbia eretica, non
la posso prendere ». Un ragazzino passa e ripassa vicino al banco; Tinteressa « L’amico dei fanciulli » ; s’affeziona all’ambulante e pone delle domande interessanti. Una signorina s’avvicina timidamente, osserva il «Più presso a te », ne legge alcune pagine e
tutta raggiante esclama: questo lo
prendo! I libri di pietà sono più facilmente acquistati, mentre altri dal
contenuto anche buono recano un titolo che non attrae, non invita il
cliente ed è peccato I
La fiera volge alla fine: s’ode ancora il gracidare di qualche grammofono, l’ultimo richiamo degli ambulanti; c’è ancora qualche ritardatario,
piccoli gruppi di operai; s’attardano
vicino alla bancherella di libri; commentano, s’informano e poi il nostro
« regidor », questa volta accompagnato dal suo « coadiutore », riprende le
sue tavole, libri e cassette e si dirige
verso la sua macchina rimasta ai limitari della fiera di P. per rientrare,
col cuore contento, verso le montagne. . ,
Regidor et Coadmtor
Culto radio
domenica 29 ottobre
Past. PIERO bensì
Firenze
domeniea 5 novembre
Past. ROBERTO COMBA
Roma
iiiiiiiimiiiiimiiiHiiiiiiiiiimiiii
semiminima 92
semimin ima = 126
semiminima = 60
semìminii^a 84
minima = 69
semimìnima 108
semiminima 96
semiminima 96
semiminima — 69
semiminima 96
minima = 80
CANTO SACRO
La Commissione del Canto Sacro propone allo studio delle Corali e delle Scuole Dome
nicali, in vista delle Feste di canto della primavera 1968, gli inni seguenti;
CORALI
Innario Cristiano N. 184 (1, 2, 3)
Innario Cristiano N. 338 (1, 2, 3) ^ n o t At
Corali e Cantici pag. 6 « Con vivo e santo giubilo » (1, 2 3, )
Corali e Cantici pag. 7 «Del Santo Agnel di Dio...» (1, 2, 6)
Psaumes et Caiitiques N. 20 (1, 2, 3, 4)
Psaumes et Cantiques N. 101 (1, 2)
SCUOLE DOMENICALI
Innario C.risìiano N. 31 (1. 2, 3)
Innario CiLstiano N. 19 ì (1, 2, 3)
Innario Cii.stìano N. 341 (1, 2, 3)
Psaumes ci Cantiques N. 11.5 (1, 2, 3)
Psaumes al Cantiques N. 278 (1, 2, 3)
NOTE ED OSSERVAZIONI
, „ , __n -, _iip Aotp e nelle località seguenti:
cóiru.' ‘ M p'.™“5 ..I '.~p!.
qrt'ni F nOMENICALI. — Tutte le Scuole Uomenicali aeiie vani u
SLCUl.t, Jiuivini'm-.nni. PramoUo per la mattina di domenica
sane e di lla Genna,lasca sono convocate alla fiuaia P j
19 maggio alle ore 9,30 Portare il pranzo al sacco. Valli,
riggio, alle ore lo con la partecipazione di i ner la Val Pelliee e per la
. i; caso di cattivo tempo, le feste i ™^Tdi licitalo cLoZ alle
Val Chisonc. rispettivamente nei templi di TiHar Peuice ^
ore 15. Per le Scuole Domenicali della Val Germanasca. vale, in tal caso, quanto p
sopra a proposito delle Corali.
IMPORTANTE! , , . , . ,
• n • „ nirettore di Scuola Domenicale può richiedere
Domenicali sono stati stampati. Ogni Pastore o Scuole Domenicali della sua
gratuitamente al Pastore E. Aime le copie occorrenti per la o le Scuole Dome
Direttori delle Corali e delle Scuole Domenicali pi
manasca che avessero bisogno del metronomo, si rivo ga | alluopo dalla Coinmis
rero, la quale metterà a loro disposizione tale strumento acquistato uopo
* Il magnetofono transistors I TdispÌhiLrdei DiLttori di Co
registrazioni, a suo tempo acquistato dalla > riaiidiana Una facile e dettagliata
rali e di Scuole Domenicali. Lo si può ritirare ehe esortiamo^utti
spiegazione del funzionomento del magnetofono e acclusa al o
a ben voler utilizzare! cantato un tono sopra Fattuale; in
L-inno 184 assegnato altó studio delle Cora i va cautam
vece che nella tonalità di mi bemolle maggiore, 1 inno va cantato ne
. . Il flellp Scuole Domenicali va cantato un tono
* L-inno francese 115 assegriato f ,,„tato nella tonalità di mi
più basso : invece che nella tonalità di fa maggi ,
bemolle maggiore (cfr. Innario Cristiano N. 313)^ ^
* Ogni Corale sarà tenuta ad eseguire ovvero anche due
Tali alle quali ciò sarà possibile, potranno eseguire
inni, ambedue di loro scelta. membro della Commissione sono
* Le Corali che de^derano ricevere 1® ^ 10060; telefono 91.731).
pregate di rivolgersi al Pastore E. Alme ' Domenicali sono pre
* Allo scopo di evitare doppioni, i Direttori di borali e
gati di segnalare tempestivamente al Presidente della Commissione g
per le e.sccuzioni particolari. cantare inni a due voci, sono
* 1 Direttori di Scuole Domenicali che intendano ^0066; telefono
pregati di rivolgersi al Prof. Ferruccio Corsan. Torre PeU.ee (cod^
91.433) omic disporre di un contralto adatto al canto a due voci e non q
ri;“ s;
da coniare siano leg«ibili e possibilmente senza errori di trascrizione.
* D eorsrner cmrispondenza di lezioni di armonia già annunziato lo scorso anno avra
inizio qlando i membri della Commissione che sono impegnati nella stesura definitiva c
nuovo Innario avranno terminato il loro lavoro. i i »
* La Commissione invita le Chiese che non lo hanno ancora fatto, a versarle le quoti
a suo tempo fissate di comune accordo per il canto sacro.
Il progetto della Cuso del hanciullo alla
ce si avvia alia fase conclusiva : speriamo di
poter iniziare i lavori di costruzione entro il
1968. Si tratta di un'opera molto impegnativa. La Villa Caruso e Limmobile adiacente sono stati già acquistati a nome della
Tavola Valdese con il generoso intervento finanziario dei nostri amici di Germania e
Svizzera; ultima difficoltà: resta da acquistare una piccola superficie, per avere la disponibilità deirintera area fabbricabile.
L'opera del « Servizio Cristiano » della
nostra Chiesa si è venuta ampliando sempre
più e richiede un impegno sempre crescente di personale e di mezzi finanziari. Le
attività sono le seguenti : Scuola - Convitto Centro sociale di assistenza - Centro di evan.
gelizzazione alla Noce - Centro di evangelizzazione a Sferracavallo (si aggiungono ora i
gruppi di Petralia Sottana e di Alimena.
affidate alla diaspora palermitana in base ad
accordi con la Commissione distrettuale); e
il personale impegnato a pieno tempo (oltre
alla collaborazione volontaria) è risultato
quest’anno di 22 persone : 2 pastori, 9 insegnanti. 1 bambinaia, 1 accompagnatrice,
1 assistente sociale, 4 membri personale Convitto, 4 membri personale servizio.
Per la prossima primavera è previsto un
campo di lavoro di giovani provenienti dalla Germania, in vista della costruzione alla
Noce.
Daini al 16 settembre ha avuto luogo
alla Noce un Campo Cadetti^ con studi biblici, gite ed escursioni in città con visita a
musei e ai principali monumenti.
Notevoli opere di trasformazione sono state compiute al Convitto Maschile Evangelico
(Villa Paratore); i 24 posti disponibili sono
tutti occupati da ragazzi provenienti da quasi tutte le provincìe siciliane, e dobbiamo
rispondere negativamente a molte richieste :
a sud di Napoli il nostro Convitto è la sola
istituzione evangelica di questo genere.
Hi >{t ^
La comunità si è rallegrata con U sig.
Paolo Giunco, che dopo un periodo di candidatura al ministero fra noi, è stato consacrato durante il culto inaugurale del Sinodo.
Gli rivolge il suo fraterno augurio per il
suo ministero nella nuova sede, mentre dà
il più cordiale benvenuto al past. Ennio Del
Priore, anch’egli consacrato lo scorso agosto, che si trasferisce a Palermo da Trapani.
Il past. Liborio Naso con la famiglia è
stato fra noi e ha presieduto un culto domenicale; lo ringraziamo, come pure il past.
Giovanni Lento, della locale chiesa metodista, che nella seconda-metà di agosto ha presieduto culti a Palermo e nella diaspora.
Con rincrescimento abbiamo salutato il
giovane Arrigo Bonnes che dopo due anni
di attività fra noi si è recato a lavorare al
La casa a due piani a destra è la ”Ca.
sa del Fanciullo”:
chi direbbe che la
frequentano ogni
giorno duecento bimbi?
Gould di Firenze : gli siamo grati per il suo
lavoro di assistenza ai ragazzi del Convitto,
di collaborazione ai corsi di catechismo e all'attività dell’Unione giovanile, di culti alla
Noce, a Sferracavallo e in chiesa.
Domenica 30 luglio abbiamo avuto a Sferracavallo, in Piazza Baglicello, un culto all'aperto, cui molti membri di chiesa hanno
partecipato con grande entusiasmo. La gente
ci ha offerto sedie per sederci e almeno 120
persone si sono radunate per ascoltare; alcuni sono rimasti alle fineste o sulla porta di
casa, ma FEvangelo della salvezza è giunto
fino a loro. Il pastore italo-americano Mariano Di Cangi ci ha rivolto un messaggio
ispirato.
Ht H:
Il 27 luglio aU'età di 84 anni, si è spenta
la nostra sorella in fede Bonci Virginia nata
Il past. P. V. Panasela e il moderatore Neri
Giampiccoli esaminano i piani per la ricostruzione della Casa del Fanciullo, alla Noce
Geymet, vedova dell’Ing. Architetto Paolo
Bonci. Prima di morire aveva espresso il desiderio di indossare il costume valdese, in
segno di quell’attaccamento alla fede evan
gelica che Tha sostenuta fino alla sua ulti
ma ora e cui ha raccomandato ai suoi cari
di rimanere fedeli. Alla figlia Lidia col ma
rito Dott. Michele Paratore e le nipoti Ma
ria Rosa e Virginia Paratore, al figlio Ing
Gianni Bonci e famiglia, alla sorella Debo
rah Rutelli, al nipote Past. Enrico Geymet
e a tutti i parenti vada l’espressione della
nostra simpatia cristiana.
Il 29 agosto, all’età di 74 anni, è deceduto
dopo una dolorosa malattia il Prof. Ettore
Amoroso, conosciuto e stimato membro della
nostra Comunità. La sua vita è stata tutta
segnata dal dolore. Pare incredibile che un
uomo cosi mite, buono, generoso debba aver
dovuto soffrire lanto nella sua vita! Ma la
sua fede in Gesù Cristo è stata in lui una
forza vittoriosa. Quando, ancora pieno di vigore. aveva cominciato a perdere la vista,
era stato da un alunno della sua scuola condotto alla conoscenza dell’Evangelo e salvato dalla più cupa disperazione. Alla luce degli occhi che aveva perduto per sempre, era
subentrata una luce che aveva trasformato
la sua vita e che traspariva dal suo volto.
Nonostante le limitazioni della cecità, la
sua attività era divenuta fervida ed esuberante. L’occasione gli era stata offerta dalla
iniziativa del compianto Past. Carlo Davite
di costituire una biblioteca Braille Circolante per ciechi evangelici. Egli dedicò vari
anni della sua vita alla trascrizione di qualche centinaio di volumi in Braille per arricchire la Biblioteca e per aiutare i ciechi
verso cui aveva tanto amore.
Circa un anno e mezzo fa, alla vigilia di
Pasqua del 1966 egli cominciò ad essere
aggredito da un male che doveva, attraverso atroci sofferenze, condurlo alla fine della
sua vita terrena, nonostante le cure. Ettore
Amoroso era cieco, ma come S. Paolo in
2 Cor. 4: 16, 18 «aveva lo sguardo intento
alle cose che non si vedono ». Questo è stato il segreto della sua forza. La fede che è
« visione di cose che non si vedono » l’ha
reso vittorioso di fronte al dolore e alla
morte.
Pramollo, 1 novembre 1967
Convegno responsabili F.C.V.
Ore 9,30: Culto di Apertura.
Ore 10: Relazione attività passate e future delle Unioni. (A questo proposito preghiamo le singole unioni di presentare una
breve relazione sulla loro attività passata e
futura. In particolare vi chiediamo di dire
qualcosa sui seguenti argomenti : numero
unionisti, percentuale giovani iscritti rispetto giovani parrocchia, attività di studio e
pratiche, colportaggio, filodrammatica, partecipazione unionisti campi giovanili, altre attività di particolare interesse).
Ore 12,30: Pranzo al sacco.
Ore 14,30 : Dibattito suUe attività passate e sulle prospettive per il futuro.
Ore 17: Relazione Comitato di Gruppo
FUV. Elezione del Comitato di Gruppo.
Ore 18: Chiusura del Convegno.
un: miiaiililiiiiiiimn i
iiMimmiiiiimiiiiiiii
Echi di un bel soggiorno nell’ isola d’Elba
i
La Foresteria di Rio Marina
Alle Corali alle Scuole Domenicali ed a coloro che le dirigono la Commissione invia
il suo “alni Uatf o e l'augurio cordiale di un lavoro fecondo, henedeito, gioioso al servizio
Bd alla gloria del nostro comune Signore. ^ Commissione del Canto Sacro
Nella seconda quindicina del mese di settembre, una diecina di Valdesi di Torre
Pelliee, Pinerolo e Torino ha avuto il privilegio di trascorrere un periodo di vacanza
nell’isola d’Elba, alla Foresteria Valdese di
Rio Marina.
Vicina al tempio, a due passi dal mare,
dal giardino pubblico, dalla piazzetta del
mercato e dai negozi, la Eoresteria offre a
tutti coloro che lo desiderano un simpatico
soggiorno marino, in mezzo ad una popolazione molto cortese, che ricorda con simpatia le nostre Scuole elementari ed i vari insegnanti evangelici di cui sono stati gli
alunni.
Dotata di un'ampia cucina e sala da pranzo, essa possiede una quarantina di letti ed
è in fase di ulteriore assestamento. Occorrono ancora molte cose : mobili, materassi, coperte. Segnaliamo anche quest’opera che ha
tanto bisogno di aiuto finanziario e morale
a tutti gli Evangelici d'Italia.
Rio Marina è collegata a tutti gli altri
centri marini e montani, a tutte le spiagge
incantevoli che si scoprono facendo il giro
dell’isola, mediante ottime strade.
Caratteristiche dell’isola sono la serenità
del cielo per la maggior parte delFanno e la
luminosità dell’aria.
A Rio Marina siamo venuti in contatto
con i nostri fratelli in fede partecipando al
culto domenicale, presieduto dal sig. Libero
Banchetti, insegnante. Erano rappresentate
le famiglie Giannini, Cini, Acinelli. Cignoni, Miele e Candellini.
E" stala organizzata anche una serata in
cui abbiamo ricordato i Pastori e gli Insegnanti di Rio Marina. 1 loro nomi sono
scritti colle date del loro ministerio in due
quadri esposti nella sala delle attività. Abbiamo parlalo della nostra Chiesa, delle difficoltà e delle nuove vie aperte all’evangelizzazione, e cantato molti inni, riconoscenti
tii stare insieme.
1 nostri fratelli di Rio Marina si sentono
un po' sperduti nei mesi invernali, ma la
stagione estiva segna per loro molli incontri
fraterni quando la Foresteria si popola di
Evangelici italiani e stranieri e molti Pastori predicano l'Evangelo nel Tempio purtroppo chiuso gran parte dell’anno.
Non vogliamo dimenticare le ore di comunione fraterna trascorse al « Fico » nella
villa dei signori Candellini, e sulla collina
a Porticciolo nella casa sempre ospitale, sem.
pre aperta a tutti dei cognati e dei nipoti
dei Missionari Velia e Alessandro Tron.
Ringraziamo la Comunità di Rio Marina per la
sua generosa ospitalità e
rinnoviamo a tutti i suoi
membri l’invito di venire
qualche giorno a Torre Pellice dove saranno ospitati
nelle nostre famiglie e presentati alle nostre Comunità.
Lina Varese
Il tempio valdese di Rio
Marina, restaurato alcuni
anni or sono.
liiiiiiiliimiiiimiiiliilhMiimimiimiiiiimiiiiiiiimiiiii
AGAPE, 3-5 NOVEMBRE 1967
CAMPO BIBLICO
Tema: Attualità del Profeta Amos.
Venerdì 3 novembre:
ore 18-19 Arrivo e sistemazione.
» 19.15 Cena.
» 20.30 Studio: ((Il periodo di Amos
Schema del libro ».
Sabato 4 novembre:
ore 9 Studio: all peccalo di Israeli'».
)) 10 Discussione a gruppi sul tema
dello studio. Testi Amos 6: 1-3:
8: 13-14; 2: 6-7; 5: 10-12: 6:
4-7; 8: 4-6.
» 12.30 Pranzo.
» 15 Studio: ((L'illusione di Israele».
» 16-17 Intervallo.
» 17 Discussione a gruppi sul tema
dello studio. Testi Amos 4: 5;
5: 21-23.
» 19.15 Cena.
» 21 Conversazione: ((Situazione spi
rituale alle V(dli, oggi ».
Domenica 5 novembre:
ore 9 Culto comunitario. Meditazione su
« Uinvontro con Dio ». Testi Ainos 4: 12-12; 5: 18-20.
» 12,30 Pranzo.
» 15 Sintesi finale.
» 18 Chiusura del campo c partenza.
Il programma qui esposto è di massima
c' potrà subire variazioni nel corso del
campo stesso.
Quota ¡»er tutto il campo L. 3.100-1-400
(lì iscrizione.
L’serizioni entro il 1" novembre alla Segreteria di Agape . 10060 Prali (To).
Ulteriori informazioni Segreteria Agape
Tel. 8514.
La direzione del campo è affidala al past.
Giorgio Toiirn.
8
pag. 8
N. 42 — 27 ottobre 1967
^^Sgì*vììù pet* Gonvinztone,,7 il tesoro
della Chiesa
SEQUE DALLA QUINTA PAGINA
Ogni connotazione cristiana (per
esempio ; la Crociata, con la quale
l’Europa si libera di una parte dei suoi
turbolenti cavalieri, mandandoli ad
ammazzare i più civili ma « infedeli »
arabi del Medio Oriente, diventa una
tipica opera religiosa e « meritoria » ! )
e si trasformassero in pratiche rituali
(preci, digiuni, pellegrinaggi, messe in
suffragio dei defunti, ecc.); d’altra
parte, organizzando e amministrando
questo sistema di « pene » e di « opere meritorie », la Chiesa acquistò un
immenso potere, e non soltanto sulle « anime ». Invero, quanto più la gerarchia ecclesiastica si fondeva con
l’aristocrazia dominante, tanto più la
Chiesa veniva a svolgere una funzione tutelare nei confronti dell’ordine
feudale. In un mondo alquanto anarchico, come quello medioevale, i poteri costituiti avrebbero difficilmente potuto mantenersi senza le armi
della devozione religiosa (giuramento, ecc.).
Questo tipo di repressione religiosa,
fondato sulla « potestas clavium » (sul
potere di legare e di sciogliere» che
dal romano Pontefice promana a tutta la gerarchia sacerdotale), è stato
messo in questione dalla Riforma. Lutero ha proclamato che l’uomo è salvato « sola fide », per grazia e non per
le opere: ovvero, non è salvato dalle
operazioni sacramentali del clero (in
primo luogo la messa, ripetizione del
sacrificio di Cristo compiuta dal prete
sull’altare) e dalle pratiche penitenziali e ascet che elaborate dalla Chiesa medioevale. Si comprende agevolmente che, a questo punto, la protesta
religiosa della Riforma assumeva una
precisa portata sul piano della vita
associata.
Il nuovo sigoificato delle opere: servizio al prossimo
oella vita secolare
Nel suo celebre scritto del 1520 su
La libertà del cristiano, Lutero ristabilisce limpidamente il significato
dell’« Operare » dei credenti. Demolito
il concetto dell’opera religiosa (dell’opera che dovrebbe « salvare » l’uomo ), Lutero osserva che « Paolo ha
chiaramente posto la vita cristiana in
questo, che tutte le opere siano rivolte al bene del prossimo, poiché
ognuno ha a sufficienza per se stesso
nella sua fede e gli restano tutte le
opere e tutta la vita per servire con
esse per libero amore il suo prossimo »
(XXVI). Cioè: liberato dall’angoscia
per il suo destino nell’al di là, liberato
dalla tormentosa preoccupazione che
tale destino dipenda dalle sue opere,
il credente può ora dedicare tutta la
sua vita a un operare che ha un solo
fine e un solo criterio : l’amore del
prossimo. E poiché la Riforma sopprime (per lo meno sul piano teorico), la
divisione tra vita « ecclesiastica » e
vita «mondana», sorge un concetto
completamente nuovo della stessa vocazione cristiana. Mentre nel Medioevo cattolico la vocazione si qualificava prevalentemente in senso clericale
o monastico (« farsi prete » o « andare
in convento »), la Riforma afferma
che la vocazione è rivolta a tutti i cristiani e si compie quindi nell’attività
« secolare » di ognuno, nella professione, cioè in un lavoro stabile e continuativo, al servizio del prossimo. Da
questo fondamentale principio dipenderà tutta l’etica professionale protestante, i cui sviluppi sono stati magistralmente studiati da Ernst Troeltsch
e Max Weber (1).
Nel Medioevo la vita economica era
considerata negativamente dalla parassitarla classe dominante (il nobile
disprezza il lavoro, come cosa da
« ignobili ») e anche dai religiosi che
fuggivano il mondo (come i santi eremiti). Peraltro il monacheSimo benedettino aveva valorizzato il lavoro
(« ora et labora »), ma piuttosto come
disciplina ascetica, come esercizio di
dominio sul corpo e sulle passioni. Indubbiamente anche Lutero (Lib. chr.,
XX) e tutta l’etica protestante hanno
mantenuto questo significato ascetico
del lavoro. Ma, in primo luogo, questo
« ascetismo » veniva ora a esercitarsi
non più nel ristretto cerchio privilegiato del convento, bensì nel « mondo » (Troeltsch e Weber hanno parlato di una « ascesi intramondana »
protestante) e, in secondo luogo, il
lavoro e la vita professionale assumevano anche un significato positivo,
appunto in quanto « vocazione » al
servizio del prossimo.
...“servitù per convinzione,,
Rivoluzionario sul piano religioso,
Lutero rimane legato a una visione
tradizionale e conservatrice della « società secolare ». Egli afferma perciò
che, per attuare la propria vocazione,
ognuno deve « rimanere nel proprio
stato », rispettando la rigida gerarchia dei ceti medioevali. Ai contadini
tedeschi che interpretavano la « libertà del cristiano» anche come liberazione dalla servità della gleba,
Lutero rispose crudamente: «Un regno temporale non può sussistere senza disuguaglianza nelle persone, per
cui alcuni sono liberi e altri prigionieri, alcuni signori e altri servi» (Esor
Diretlore resp. : Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. . Torre PeUice (Tol
fazione alla pace sopra 1 12 articoli
dei contadini di Svevia, 1525). E qui
la limpida enunciazione della vocazione come « servizio al prossimo » diventa ambigua: il «servizio» è per i
contadini servitù, per i principi dominio. I principi compiranno il loro servizio usando la spada e la forca contro il « prossimo » che rifiuta di « rimanere nel proprio stato » : Lutero lo
ha ricordato ai principi nello stesso
anno 1525 (contro le empie e scellerate bande dei contadini). Questa impostazione dell’etica luterana ha pesato in modo drammatico sulla storia
della Germania. Nel 1843 Karl Marx
(tedesco) ha potuto scrivere: «Lutero, in verità, vinse la servitù per devozinne mettendo al suo posto la servitù per convinzione... Egli ha trasformato i preti in laici, trasformando i
laici in preti. Egli ha emancipato il
corpo dalle catene, ponendo in catene
il cuore ». Ovvero, ciò che nel Medioevo era repressione religiosa esteriore,
è divenuto coercizione interiore : la
virtù protestante, che si sottomette
all’ordine costituito non per forza ma
per dovere.
Calvinismo e mobilità sociale
Ma Calvino, che aderisce consapevolmente ai nuovi sviluppi dell’economia di mercato, si distacca da Lutero
e ammette già che l’esercizio della vocazione può conciliarsi con un « cambiamento di stato ». E, un secolo più
tardi, il predicatore puritano Richard
Baxter, contemporaneo e amico di
Cromwell, esalta quella che vien detta
oggi « mobilità sociale », nel quadro di
una economia di scambi caratterizzata dalla divisione razionale del lavoro :
« Se Iddio vi mostra un cammino, sul
quale, senza danno per l’anima vostra
0 per altri potere guadagnare in modo legittimo più che in un altro, e voi
10 rifiutate e seguite il cammino che
può portare meno guadagno, allora
voi vi opponete ad uno degli scopi
della vostra vocazione ».
Nel puritanesimo, dunque, l’esercizio della convocazione si traduce in
industriosità e spirito di iniziativa.
E la promozione sociale non è più
ostacolata dalla gerarchia dei ceti medioevali; essa non si misura in base
ai titoli di nobiltà ma in base alla
crescita del patrimonio e allo sviluppo deU’impresa economica, che son
visti come benedizione divina, anzi come segno di elezione.
Autocontrollo protestante
e «spirito del capitalismo»
È nota la tesi di Max Weber sui
rapporti tra l’etica calvinista e settaria e lo « spirito del capitalismo » .Indubbiamente, alla fine del secolo XVI
e nel secolo XVII, la disciplina del
«protestantesimo ascetico» corrispondeva alle esigenze della nascente
struttura industriale capitalistica e si
iscriveva come elemento di rilievo
nella lotta mortale tra il mondo feudale e il mondo borghese.
L’autocontrollo razionale attraverso
11 quotidiano « esame di coscienza »,
la lotta contro l’ozio, contro lo spreco
del tempo e dei beni, l’austerità dei
puritani, si contrappongono frontalmente alla vita parassitarla, al disordine, alla violenza arbitraria delTaristocrazia. Qui l’etica professionale forgia sia la nuova figura dell’imprenditore sia una manodopera disciplinata
e onesta, che si sottopone efficacemente al regime di fabbrica. L’esigenza che nessuno si faccia valere esteriormente, nell’abito sfarzoso e negli
apparati del lusso, favorisce una
« standardizzazione » dei consumi proprio al momento in cui la produz'one
in serie comincia a sostituire i mestieri artigianali del Medioevo.
La regolaziona impersonale
dei rapporti sociali
Weber ha osservato, tra l’altro, che
il calvinismo e il puritanesimo hanno
trasformato profondamente il concetto e le forme dell’azione caritativa. Nel
Medioevo cattolico la « carità » tende
a identificarsi con un preciso settore
delle « opere religiose » : quelle compiute a favore del prossimo indigente
e sofferente. Insistendo sull’atto di carità, il cattolicesimo mette in rilievo
il carattere personale e l’aspetto emotivo di questo rapporto con il « prossimo » ( l’elemosina e il « bacio al lebbroso » valgono come opera meritoria,
a condizione che vi sia una intenzione di simpatia e benevolenza verso il
misero); d’altra parte il cattolicesimo tende a perpetuare la presenza dei
« poveri », quale occasione per l’esercizio caritativo della gente pia.
Al calvinista e al settario protestante questo atteggiamento cattolico appare pura e semplice empietà : caro uomo, tu pensi di salvarti con i tuoi
atti di carità e con i tuoi buoni sentimenti: ma con ciò non fai altro che
dare all’uomo la gloria che spetta a
Dio soltanto e divinizzi la creatura
(nel benefattore come nel beneficiato)! D’altra parte la stessa presenza
di coloro che sono oggetto della carità
cattolica (mendicanti, ecc.) appare un
segno di quel disordine umano che
oltraggia la gloria di Dio: la mendicità, dunque, (come l’ozio, il vagabondaggio, lo spreco) dev’essere eliminata. A questo punto — dice Weber —
l’azione caritativa viene a configurarsi piuttosto in maniera impersonale:
dando la mìa offerta a istituzioni di
pubblica utilità, io eviterò di esaltare
la creatura (in me e negli altri) e
nello stesso tempo contribuirò in qualche misura a limitare e a correggere
il disordine di questo mondo.
Senza illudersi di costruire su questa terra la Gerusalemme celeste, l’ala
calvinista e puritana della Riforma
tende a promuovere un ordine provvisorio, che sia a gloria di Dio e non
dell’uomo. Tu non devi fermarti a
guardare il volto dell’uomo, contraffatto dal peccato, e neanche puoi pretendere di vedere chiaramente il volto dell’uomo nuovo. Ma, lavorando
con costanza ed efficacia, devi stabilire una regolazione della vita privata
e associata, i cui risultati siano palesi
ma anonimi, visibili piuttosto nelle
cose e nelle cifre: nella geometria dei
campi ben coltivati e nella produttività dell’azienda; nella tua casa come
al palazzo di città: un ordine di conti
che tornano, di bilanci in attivo.
Rendiconti
Qui sta la grandezza dell’etica protestante, la sua serietà, e anche il suo
limite. I bilanci attivi non sono necessariamente dei bilanci giusti. E i bilanci attivi della borghesia puritana
erano bilanci di classe. Nell’impresa
anche altri avevano pagato, per i quali l’attivo era viceversa un passivo
passivo di generazioni operaie, pe
iiiinniiiimiiiiiiMmiriiiiiiiii' 1111111111111111111:
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ANCHE NEI PAESI SCANDINAVI
Si discute la Chiesa di Stato
Stockholm (Iwp) — Un sistema di <c chiesa di Stato » è stato adatto ad un dato momento della storia, ma perpetuarlo oggi
equivale al rimanere abbarbicati ad un passato « romantico », ha affermato un ben noto
teologo luterano svedese.
In un’intervista al giornale di Stoccolma,
« Expressen », il Dr. Krister Stendahl ha sostenuto la trasformazione della Chiesa luterana nazionale svedese in una chiesa completamente libera con propri organi legislativi e una propria amministrazione finanziaria.
11 teologo, consacrato nella Chiesa di Svezia e professore nella Facoltà di Teologia
di Harvard, a Cambridge, Mass., dal 1954,
fu uno dei tre candidati finali alla carica di
Arcivescovo di Svezia, all’inizio di quest anno.
Le osservazioni del Dr. Stendahl sono state espresse nel pieno di un'accesa discussione, in ¡Svezia, sui futuri rapporti tra Chiesa e Stato. Una commissione governativa ha
di recente pubblicato una serie di possibili
alternative, che vanno dalla conservazione
della situazione odierna alla rinuncia ai diritti di proprietà e di imposte.
Il teologo americano, considerando « un
anacronismo » l’odierno sistema ecclesiastico statale in Isvezia, ha detto che il principio della libertà religiosa non può esser mantenuto quando una comunità religiosa gode
di speciali privilegi. Oggigiorno, specialmente nell’interesse di relazioni ecumeniche, lo
Stato dev’essere neutrale nei confronti di
tutte le denominazioni.
II Dr. Stendahl ha dichiarato che la chiesa non dovrebbe più avere il diritto di imporre tasse e che le contribuzioni pagate dai
suoi membri non dovrebbero essere riscosse
da funzionari statali. L’appartenenza a una
chiesa dovrebbe essere determinata volontariamente dai singoli cristiani battezzati e
i registri dello stato civile, tuttora in
maio alla chiesa, dovrebbero essere passati
alle autorità governative.
Il Dr. Stendahl ha convenuto che, con simili cambiamenti, lo Stato dovrebbe accordare sussidi per la manutenzione di alcuni
edifici ecclesiastici, poiché si potrebbe verificare una diminuzione dei membri di chiesa. Questa misura dovrebbe applicarsi ai casi
di edifici considerati monumenti storici e
culturali, mentre certe chiese potrebbero essere trasferite ad altre denominazioni.
Il teologo ha pure affermato che le denominazioni dovrebbero essere responsabili della preparazione pratica del clero, proponendo che le attività di ricerca teologica delle
Facoltà di teologia nelle Università statali
siano incorporate nei corsi delle arti liberali.
La separazione della Chiesa nazionale svedese porterebbe vantaggi alla chiesa : si darebbe nuova vita ai servizi religiosi e gli
avvenimenti speciali, come il battesimo e la
confermazione, ridiventerebbero pietre miliari nella vita dei membri. La chiesa potrebbe compiere più ampiamente la sua funzione critica nella discussione pubblica, e
l’avere una condizione ecclesiastica « libera »
stimolerebbe un nuovo interesse fra i laici.
A chi gli chiedeva se una separazione tra
Chiesa e Stato non potrebbe indebolire considerevolmente il Luteranesimo svedese, il
Dr. Stendahl ha risposto che anche se la
Chiesa ne dovesse seriamente soffrire, dovrebbe lasciarne a Dio le conseguenze.
<c La società odierna non è più cristiana —
ha affermato — e non può essere ri-cristianizzata per mezzo della legislazione e di privilegi ecclesiastici ».
quali il passaggio dalla servitù della
gleba a! regime di fabbrica non era
certo un peggioramento, ma che rimanevano generazioni di uomini sfruttati; il passivo dell’Africa dissanguata da tre secoli di tratta degli schiavi,
che ha assicurato la prosperità degli
armatori europei e dei piantatori americani; il passivo delle civiltà extraeuropee distrutte o traumatizzate dalla efficienza coloniale delle nazioni
protestanti (e dalle meno efficienti e
altrettanto rovinose imprese coloniali dei re, dei « conquistadores » e degli
« uomini della Provvidenza » cattolici).
Naturalmente qui parliamo dell’etica protestante « media », cioè dì quella
che, storicamente, ha avuto successo.
È anche vero che, nella varietà e complessità del movimento sorto dalla Riforma, non sono mancate in ogni secolo le voci profetiche, che hanno denunziato la natura di certi bilanci.
Fin dal 1688 (l’anno in cui trionfa
in Inghilterra il protestantesimo moderato di Guglielmo d’Orange e di
John Locke), i Mennoniti della Pennsylvania insorgono contro la schiavitù :
«Qui c’è libertà di coscienza, cosa
giusta e ragionevole. Dovrebbe esserci anche la libertà dei corpi, tranne
che per i malfattori. In Europa gran
numero di uomini sono oppressi per
ragioni d: coscienza. E qui vi sono degli uomini che sono oppressi perchè
hanno la pelle nera... Domandatevi
dunque se ciò si accorda con il Cristianesimo I » ( Dichiarazione di Germantown).
Ma i Mennoniti erano il «residuo
santo » dell’anabattismo perseguitato
per due secoli in Europa e, se avevano
ormai ottenuto, oltre Oceano, la libertà di coscienza, rimanevano degli
esclusi, una minoranza eterodossa
nell’ambito del mondo protestante. Le
avanguardie protestanti, che hanno
saputo guardare al di là dell’ordine
dei bilanci attivi, non sono mancate;
ma sono state generalmente respinte
ai margini della Chiesa e della società.
E il protestantesimo ortodosso non
ha previsto che un giorno sarebbe
sorta la richiesta di una diversa resa
dei conti.
Mario Miegge
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
tuali, die valiamo qualcosa. Siamo
sempre polvere (Genesi 3: 19): ciò
che ci (là valore è proprio « il vituperio (li Cristo » », la sua passione,
la sua croce, la sua vita donata come prezzo del nostro riscatto. Il valore inestimabile di ogni creatura
umana è il prezzo che Gesù ha jiagato per riscattarla.
* it:
_^oi i nostri tesori, piccoli o grandi, li teniamo in banca, o in cassaforte, o in qualche luogo segreto, in
modo che siano ben protetti. Op.
pure li mettiamo nei musei (tesori
dell arte) o nelle biblioteche (tesori
della cultura): anche lì sono a! sicuro. Dio, invece, il tesoro dell’Evangelo lo ha messo « in vasi di terra » (2 Corinzi 4: 7). Cosa sono questi vasi di terra? Siamo noi, sono i
nostri pensieri, i nostri cuori, le nostre dottrine, le nostre comunità : in
questi fragili e deboli vasi Dio ha
messo il suo tesoro! Non è una imprudenza affidare un così grande tesoro a così fragili vasi? No, perchè
« io vigilo sulla mia Parola », dice
il Signore (Geremia 1: 12). Se non
fosse per questo, il tesoro deirih angelo sarebbe già andato perduto. La
Riforma, grazie alla quale rEvsmgelo, che era andato perduto, (' -tato
ritrovato, ci ricorda anche questo:
che in mezzo alle debolezze, alle dimenticanze, alle infedeltà jiella'
Chiesa, Dio vigila effettivauìente
sulla sua Parola, vigila anche oggi, e
vigilerà fino alla fine.
Paolo Rl;:ca
Riforma e ecumenisno
SEQUE DALLA QUINTA PAGINA
rmette in ordine di battaglia. Poiché i tuoi. Signore, erano talmente snciduti
che non solo non potevano udire gli ordini che erano loro impartiti m i sembrava anche che avessero dimenticato sia il loro capitano sia la battaglia sia
il giuramento che avevano fatto. Ed io, per trarli da un simile sbandamento,
non ho sventolato la bandiera di un altro, bensì quel tuo nobile steitoardo
che ci e necessario seguire se vogUamo essere arruolati nel numero dei tuo
^polo. AUora coloro che dovevano trattenere i soldati al loro posto s che
Lmvece] ne avevano: provocato la dispersione, han messo le mani su di rae: e
siccome con costanza^ persitevo [nell’opera iniziata], mi hanno opposto resistenza con grande violenza. E ne è nata una grave rivolta: tanto che la
lotta ha divampato, fino a rompere l’unità. Ma chi abbia sbagliato e di chi
sia la colpa, ora tocca a te. Signore, di dirlo e dichiararlo. Per parte mia ho
sempre d mostrato, a parole e a fatti, quanto vivo fosse in me il desiderio di
unione e concordia; intendevo però quella unità della Chiesa che ha in te il
suo inizio e in te pure finisce. Tutte le volte, infatti, che ci hai comaiìdato
quella pace e unione, ti sei nello stesso tempo posto come il solo vinco) y per
conservarla e mantenerla. Quanto a me, se avessi voluto essere in pacf con
coloro che si vantavano di essere i primi nella Chiesa e i pilastri della lede,
avrei dovuto comperarla col rinnegamento della verità. Ma m’è parso bene
dovermi piuttosto sottomettere a tutti i pericoli del mondo che accondiscendere a un così esecrabile accordo. Poiché il tuo Cristo stesso ha detto che se
anche i cieli e la terra dovessero passare, bisogna tuttavia che la tua parola
dimori eternamente. E non pensava che per il fatto di essere in guerra con
quei sgnori fossi per questo in disaccordo con la tua Chiesa... Ben sentivo
dentro di me quanto desideravo che essa fosse unita: purché la tua verità
fosse il vincolo di tale concordia.
Quesfaìtra pagina è tratta invece da «La vraie façon de réformer l'Eglise chresttenne et appointer les differéns qui som en icelle», imo scritto del Ì549 rivolto contro ì
« moyenneurs », cioè contro i «mediatori» che cercavano di accordare cattolici e protestanti sulla base di compromessi dottrinali:
Sant’Ilario, nel [suo] libro sui Concili, esordisce dicendo che il nome di
pace e certo un bel nome e che l’unità é una cosa cui si guarda con favore,
ma che nella Chiesa non c’é altra vera pace che quella di Cristo. Ecco un’aftermazione degna di essere messa avanti ogni qual volta si cerca di riportare
la pace e la concordia fra i cristiani, e soprattutto quando si tratta di mettere
dottrinali. Infatti, siccome tutti gli uomini tementi
Iddio e di buon senso fuggono le discorde e hanno in orrore le cOiitese e le
dispute, non ^pena si parla di porvi fine, un tal proposito non può riuscir
loro sgradito. E quare queiruomo (a meno che non sia un vero bruto) che, se
SI delibera di pacificare la Chiesa cristiana, non presti volentieri ascolto e non
dia il suo cuore per questa causa? Poiché chiunque, per poco timor di Dio
che abbia, deves^re assai^ tormentato nel vedere una tale divisione della
Chesa, come^^ il corpo^ di Gesù Cristo fosse fatto a pezzi. Ma siccome vi
sono dei nemici della verità, fini eii astuti, che si insinuano sotto questo manto per imbastardire la pura dottrina cristiana, é necessario discernere bene
e con prudenza quale pace essi ci recano. E proprio come Gesù Cristo ci raccomanda dappertutto la pace, così pare ci insegna che il solo vincolo per
mantenerla é la verità del suo Evangelo. Perciò non bisogna che quelli che
cercano di allontanarci dalla pura confessione dell’Evangelo ci ingannino
con questo nome di concordia. Che dobb’am fare, dunque? Dobbiamo desiderare la pace e cercarla fin dove é possibile : ma se per ottenerla dobbiamo abbandonare qualcosa della pura dottrina di Dio, allora é preferibile che il
cielo si confonda con la terra.
Questo discorso non é rivolto ai Turchi... che vorrebbero che il nome di
Cristo sia interamente abolito, nè ai papisti schietti e leali che ci chiedono di
rinunciare pienamente alla verità, ma a non so quali costruttori di una concordia fallace, i quali ci lasciano apparentemente la metà di Gesù Cristo,
mentre in realtà non c’è una sola parte della sua dottrina che essi non oscurino o deformino con qualche menzogna. E per dare un bell’aspetto a questa
malizia, la chiamano riforma... Essi sperano che se le Chiese che hanno ricevuto la pura dottrina di Cristo se ne scostano una volta e si lasciano corrompere in parte, perderanno facilmente quel che ancora rimane loro. E in questo
non si sbagliano, visto che è una giusta vendetta di Dio, e abbastanza comune, che quelli che consapevolmente hanno’ consentito che la sua santa verità
fosse contaminata dalla menzogna, siano privati del tutto del possesso di un
bene così grande...
Confesso che quando non si può fin dal primo giorno ottenere una riforma completa, è già qualcosa di ottenere i punti principali di essa, senza per
questo smettere di ricercare quel che manca. Ma quando il Figlio di Dio ci ha
fatto questo bene di metterci in pieno possesso del suo Evangelo, se tosto h>
si smembra per ritenerne solo alcune parti, non è questo un sacrilegio troppo
grande?
Quanto a noi... perseveriamo a glorificare Gesù Cristo sia con la vita che
con la morte. E qualunque cosa accada, siamo tutti risoluti a non accettare
nessuna condizione di pace che mescoli la verità dì Dio con le fantasticherie degli uomini. CALVINO