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Anno 113 — N. 38
1 ottobre 1976 — L. 150
Spedizione in abbonamento postale
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dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
La Chiesa: piccolo gregge!
CONCORDATO
La chiesa che stipula concordati e si attribuisce la definizione evangelica di piccolo gregge
non ha alcuna credibilità - Vivere la chiesa come piccolo gregge a partire dalla realtà dei poveri
Vittimismo ecclesiale
Quando la chiesa di potere,
per le sue posizioni e le sue repressioni, si trova a corto di argomenti e non sa più come difendersi, allora tira fuori una
carta piuttosto usata: comincia
a farsi passare come la chiesa
perseguitata e bersagliata da
tutti! Si dice, facendo volutamente d’ogni erba un fascio, che
Franzoni e Lefèbvre fanno soffrire la chiesa, il papa... La manovra è precisa: si cerca di accreditare in campo ecclesiale la
tesi degli opposti estremismi. La
« vera » chiesa sarebbe il piccolo gregge dei perseguitati, degli
incompresi, di coloro che vengono colpiti tanto dalla destra che
dalla sinistra. Purtroppo questa
manovra, bisogna ammetterlo,
fa presa in molta gente che si
sente « commossa » dalle. sofferenze di una chiesa tanto crocifissa...! Anche certe vignette « vilipendiose » de l'Espresso (che
in verità puzzano di anticlericalismo vecchio stampo) servono
a incrementare lo spirito di vittimismo e di crociata.
Il pìccolo gregge
della confìndustria
Il piccolo gregge
to i colpi della crescente persecuzione. La comunità cristiana
vedeva profilarsi all’orizzonte un
futuro tutt’altro che tranquillo:
una comunità di poveri, di deboli, di senza potere e per giunta davanti ad un potere sempre
più aggressivo e inferocito. Nacque proprio all’interno di tale
comunità un interrogativo angosciante: «Come potremo rimanere fedeli al nostro Signore noi
che siamo così deboli e indite
si?» Non mancava certamente
chi, sconvolto dalle prove e dalla persecuzione, si era ritirato
dalla comunità. È in questo contesto di persecuzione e di debolezza che Luca ricorda la promessa del Signore: Non avere
paura, o gregge dei poveri, dei
deboli, dei perseguitati dal potere, perché proprio a te il Padre dà il Regno, Voi, per quanto possa sembrare paradossale,
siete gli eredi del Regno!
Ecco il piccolo gregge: è la
comunità che, seguendo Gesù, ha
rinunciato a stare dalla parte di
coloro che contano e che non
aspira a diventare importante,
che non vuole divenire un potere o stringere alleanze con chi
detiene il potere. Piccolo gregge
dunque significa gregge dei piccoli, dei poveri, una comunità
di discepoli che, prima di parlare di scelta dei poveri, di fatto
sono poveri.
Una domanda
alle Comunità di Base
Bisogna dunque restituire a
questa parola evangelica tutto il
suo vigore originario. Non si
tratta allora di intendere il piccolo gregge come un ghetto religioso, come una cerchia di gestori ecclesiali facili al vittimismo o come una schiera di sempliciotti che si lasciano menare
per il naso.
Ma questa espressione evangelica « piccolo gregge » non è
nemmeno la canonizzazione di
certe conventicole aristocratiche
di superimpegnati che, anche
nella esperienza di fede in Gesù
Cristo, rischiano di vivere una
pericolosa separazione dalla gente semplice. Penso che anche la
nostra esperienza di comunità
di base debba lasciarsi interrogare e giudicare da questa parola di Gesù. Non sarà forse superfluo verificare se eventualmente non siamo nel pericolo di
costruire isole ecclesiali fortemente contagiate da un serpeggiante spirito elitario; se non
concepiamo la comunità cristiana di base come un gruppo di
credenti paghi delle loro opere
sublimi. Un’isola deve porsi il
problema del continente, della
comunicazione. Ne va la vita.
Pongo rispettosamente, ma radicalmente questo interrogativo
« irritante » perché nessuno di
noi, dopo aver scagliato una pietra contro la chiesa di potere,
si creda per ciò stesso a posto.
Forse per molti di noi il gregge
dei piccoli è ancora una terra
lontana. Forse concretamente
non siamo poveri. Il Signore ci
chiama, ci invita a fare il passaggio, a prendere posto nel
gregge dei poveri per avere parte alla promessa. Quello è il posto giusto della rilettura della
Parola di Dio, dell’appuntamento con Lui.
Franco Barbero
prima che
sia troppo
tardi
(1) Perché nessuno creda che
questa sia interpretazione fantasiosa rimando i lettori ad uno
studio approfondito e documentato; Rudolf Pesch, Il piccolo
gregge, Morcelliana 1975.
Spiace soprattutto che, per far
passare questa manovra, ancora
una volta si usino le parole dell’evangelo, tradendone il genuino significato. Così si esprime
padre Sorge, portavoce della
chiesa gerarchica: « La chiesa sa
di essere minoranza e non teme
di esserlo. Su questo punto l’ha
già rassicurata il suo fondatore
divino: "Non temere, piccolo
gregge, perché al Padre vostro
è piaciuto di darvi il suo Regno”
(Le. 12; 32). La chiesa sa che
l’attende un destino di lotta, di
piccola conflittualità fraterna.
Anche su questa sua misteriosa
vocazione alla croce custodisce
gelosamente la parola del Salvatore: Voi avrete tribolazioni nel
mondo, ma abbiate fiducia: io
ho vinto il mondo » (da II Regno - Documenti, 1976/5).
Qui davvero si giunge al ridicolo. Proprio la chiesa ufficiale,
legata mani e piedi alla logica e
agli interessi del capitale, non
può parlare di piccolo gregge
senza cadere in contraddizione
con se stessa. Stipula concordati
con i potenti, possiede università, collegi, istituti, scuole e
« opere » a migliaia; è azionista
e multinazionale e poi pretende
di definirsi piccolo gregge! Sarebbe come se i pochi capoccia
della Confìndustria o la ristretta
cerchia dei padroni delle multinazionali si facessero chiamare
piccolo gregge... Il guaio e che
costoro non sono un gregge di
pecore indifese, ma un branco
di lupi voraci che controllano,
spartiscono e dissanguano il
mondo a loro piacimento.
Se la chiesa di potere soffre
per questo dorato isolamento,
perché non cambia parte? Passi
dalla parte dei poveri e potrà
forse trovare tanti compagni di
viaggio.
VERSO UNA FASE RISOLUTIVA
Accordi fra Stato e Chiese
Il governo Andreotti verso la revisione del Concordato? - La disponibilità del Vaticano e della classe politica italiana
Il piccolo gregge nel linguaggio evangelico ha un significato
ben preciso perché si situa in un
contesto altrettanto preciso (1).
Siamo alla terza generazione cristiana e ormai la comunità aveva imparato a proprie spese
quanto la sua condizione nel
mondo fosse precaria: come Gesù era stato crocifisso, così ora
i cristiani stavano soffrendo sot
Da quanto si legge sui quotidiani, sembrerebbe che il tema
dei Patti Lateranensi torni alla
ribalta e che — addirittura prima di Natale — sì possa pervenire alla stipula di quello che
viene chiamato « il nuovo Concordato ».
I motivi politici che possono
aver suggerito all’attuale governo Andreotti la ripresa della
questione per una sua già preannunciata sollecita risoluzione,
possono essere molti. Come è
noto la questione si trascina da
decenni tra rinnovate assicurazioni ministeriali ripetutamente
sbugiardate dai fatti, rinvìi; la
evidente mancanza di volontà
politica ad affrontare sul serio
il tema; e qualche dibattito parlamentare svoltosi invero ad alto livello, ma del tutto teorico.
Pare che ora il tema sia giunto
a nuova maturazione.
È evidente che conviene a tutti, Vaticano da un lato e DC dall’altro, venire a capo della modifica del Concordato avanti che
l’Italia venga a trovarsi diretta
da un governo a partecipazione
comunista, o quanto meno sorretto apertamente dalle sinistre,
imponenti la loro politica anche
in materia ecclesiastica. Conviene anche ai partiti laici minori
cercare di ottenere la migliore
revisione concordataria possibile in un momento politico incerto e di transizione, quando cioè
il loro apporto può avere ancora
un peso forse determinante; in
un momento cioè in cui una sola cosa sembra certa ed è la
perdita dell’egemonia da parte
della DC sulla classe politica italiana. Conviene in definitiva anche al PCI che la questione sia
tolta di mezzo con la zampa di
altri, in modo da non rischiare
di rimaner scottato in un eventuale incontro diretto che potrebbe facilmente tradursi in
uno scontro senza uscite.
Alla disponibilità a trattare
più volte dichiarata della Santa
Sede, si aggiunge oggi — pare —
la disponibilità politica di tutta
la classe dirigente italiana. Tutta, tranne le frange più radicali
che vorrebbero l’abrogazione e
non la trattativa per una revisione del Concordato soltanto.
A mio sommesso avviso la posizione del PCI, che si sforza di
dichiararsi proclive solo ad una
revisione profonda ed adeguata
del Concordato, scoraggiando
ogni idea di impegnare anche
una trattativa sul trattato per
quella parte almeno che è di
netta natura concordataria, e
scartando l’idea di una abrogazione, è per il momento soltanto tattica. Si vedrà nel prosieguo se le trattative avranno
veramente corpo e se esse procederanno sotto il controllo parlamentare piuttosto che per operazioni di corridoio tra segreterie di partiti, quale sarà la presa di posizione che assumerà il
PCI al momento di un’impegno
Giorgio Peyrot
(contìnua a pag. 2)
I Concordati
capitolazione dello Stato
« I concordati intaccano in
modo essenziale il carattere
di autonomia della sovranità
dello stato moderno. Lo stato
ottiene una contropartita?
Certamente, ma la ottiene nel
suo stesso territorio per ciò
che riguarda i suoi stessi cittadini. Lo Stato sostiene (e in
questo caso occorrerebbe dire meglio il governo) che la
Chiesa non intralci l’esercizio
del potere, ma anzi lo favorisca e lo sostenga, così come
una stampella sostiene un invalido. La Chiesa cioè si impegna verso una determinata
forma di governo (che è determinata dalFesterno) come
documenta lo stesso concordato) di promuovere quel consenso di una parte dei governati che lo Stato esplicitamente riconosce di non poter
ottenere con nrezzi propri:
ecco in che consiste la capitolazione dello Stato, perché di
fatto esso accetta la tutela di
una sovranità esteriore di cui
praticamente riconosce la superiorità. La stessa parola
« concordato » è sintomatica...
Ma anche nel mondo moderno, cosa significa praticamente la situazione creata in
uno Stato dalle stipulazioni
concordatarie? Significa il riconoscimento pubblico a una
:asta di cittadini dello stesso Stato di determinati privilegi politici. La forma non è
più quella medievale ma la
sostanza è la stessa. Nello sviluppo della storia moderna,
quella casta aveva visto attaccato e distrutto un monopolio di funzione sociale che
spiegava e giustificava la sua
esistenza, il monopolio della
cultura e dell’educazione ».
Note sul Machiavelli - Ed. Riuniti,
p. 328-29.
Antonio Gramsci
Al silenzio quasi totale sul 106"
anniversario del 20 settembre
sembra far riscontro una debole
ma ormai improcrastinabile volontà di revisione del Concor-^
dato.
Il lutto che l’aristocrazia romana portò all’indomani della
breccia aperta dall’artiglieria di
Cadorna a Porta Pia per raffronto subito dalla santa sede è stato abhondoMtemente e pesantemente compensato. Con le discriminazioni fatte subire dal vaticano a tutto il popolo italiano,
dal momento in cui cementò la
storica breccia con il Concordato del 1929.
Dopo il gran parlare delle passate legislature su revisione o
abrogazione del concordato, dall’uno’ e da'Valtra sponda del Tevere, comodo alibi per non far
nulla, pare giunto il momento in
cui rimandare ulteriormente un
accordo non sia più cosa prudente. La situazione politica attuale
di compromesso storico suggerisce alle parti una rapida e risolutiva conclusione.
Le recenti dichiarazioni 'di .Andreotti secondo cui « si è perduto troppo tentpo » e che non dovrebbero sussistere « difficolta
insormontabili » perché « mezzo
secolo di storia non passa invano » (sic!), lasciano prevedere
una revisione a breve termine,
con delle scadenze, aprendo il dibattito nelle due camere del Parlamento. Ma é chiaro che anche
per la revisione del Concordato il
banco di prova più immediato
resta la questione dell'aborto.
Riuscirà il fronte delle sinistre
e laico a superare l’irrigidimento
democristiano? E, innanzitutto,
esiste concretamente questo
fronte unitario capace di costringere la DC alla resa? B proprio
da escludere un possibile accordo DC-PCI con il conseguente
isolamento dei partiti laici?
Sono tutti interrogativi che restano aperti e che si devono porre. Giancarlo Pajetta, della direzione del PCI, in un’intervista rilasciata a Panorama ha affermato che il suo partito sta cercando in tutti i modi un accordo
con la DC sul problema dell’aborto e del Concordato, ed ha
aggiunto: « non vogliamo affrontare i problemi dando ad ogni
costo il significato di una lotta
alla DC, come fanno altri, o addirittura puntare su una impossibile emarginazione parlamentare della DC... non avremmo
voluto nemmeno eleggere i snidaci di Roma e di Napoli senza
l’accordo con la DC...». Sono affermazioni "politiche”, prudenti,
realistiche, che non pregiudicano nulla. Ma che lasciano larga
incertezza sulle possibili soluzioni che verranno adottate.
Che vi sia fretta di raggiungere un accordo per la revisione
del Concordato è forse più che
un’impressione.
Se l’impasto del PCI nei gangli
della politica italiana cresce di
giorno in giorno, e cresce quindi
il suo potere contrattuale, prima
si risolve la questione Concordato, meglio è per il vaticano. Certo, a prima vista può sembrare
inverosimile: perché aver fretta
se si sono attesi 47 anni? La risposta: perché ci son voluti 47
E. Genre
(conliima a pag. 8)
2
1“ ottobre 1976
Libri - recensioni
1
« Dipendenti laici »
In data 6.4.76 La Luce pubblico
una relazione a firma JJ. Peyronel dal
titolo: «I dipendenti laici a convegno ». Benché sia trascorso già molto
tempo Targomento è sempre attuale e
merita qualche considerazione.
Innanzitutto a me sembra che non
sia esatto chiamare « dipendenti laici »
quanti sono impegnati nelle opere della chiesa, cioè in una diaconia, in un
servìzio cristiano. Da tempo è stato
istituito nella Chiesa Valdese un ruolo
diaconale, le nostre istituzioni sono (e
dovrebbero esserlo sempre di più) Comunità di servizio. I « dipendenti laici » sono dunque diaconi « fraternal
workers », collaboratori, non dipendenti, Le opere della chiesa sono un
aspetto della testimonianza della chiesa nella società. La predicazione deve
essere accompagnata e resa credibile
dallimpegno che, come discepoli di
Colui che ha dichiarato di essere tra
noi « come uno che serve », dobbiamo
assumere nella società in cui Dio ci
ha posti, con opere significative che
siano anche un segno di amore verso i
minimi, gli emarginati, i sofferenti.
L’espressione « dipendenti » è equivoca anche perché insinua il sospetto
che le nostre istituzioni siano delle niccole aziende ove ci sono datori di lavoro e lavoratori, padroni che si suppone impongano massacranti orari di
lavoro a dipendenti a più o meno basso salario. Nel servizio cristiano in
realtà siamo tutti dipendenti gli uni
dagli altri, chi ha maggiore responsabilità è impegnato a pieno tempo molto più degli altri. È naturale che qualche volta si verifichino delle tensioni,
anche in seno alle nostre comunità di
servizio, ma (salvo casi eccezionali) è
possibile risolverli pacìficamente.
Scopo del convegno di Roma era —
come si legge — quello di fare una
analisi di tutte le opere della chiesa
per rilevarne l’enorme diversità tra le
varie situazioni lavorative »; la mancanza di a un effettivo coordinamento
unificante »; « le notevoli disparità
esistenti tra un lavoro e l’altro nella
impostazione, nel trattamento del personale, nei rapporti di lavoro tra dipendenti e direzione, ecc. »; per denunciare che « Il lavoro nella- chiesa è
solo opera dei laici, mentre il lavoro
pastorale viene considerato separato da
quello laico »; che « non vi è una
cogestione del lavoro, per cui diversi
dipendenti assunti in nome del servizio, si sentono di fatto utilizzati come
semplice forza-lavoro che non ha diritto di partecipazione alla finalità del
lavoro... » ecc.
Evidentemente esistono dei problemi e alcuni di questi andrebbero affrontati insieme, con unità di intenti,
non a settori separati, con spirito critico, ma costruttivo per verificare se
quello che si va dicendo corrisponde
alla realtà di tutte le nostre opere o
solo di alcune, evitando però di creare
spaccature e malcontenti.
Sembra che in seno ad ogni comunità di servizio si vogliano scegliere
uno o più dipendenti incaricati di fare
una indagine per sapere se il lavoratore tt sente il peso dell’eventuale super-lavoro... se soffre di una eventuale
condizione di sfruttamento, di subordinazione o di mancanza di autonomia... c( Si vuole ancora sapere se in
seno alle opere c’è « una presenza sindacale » e « se vengono portate avanti le rivendicazioni » ecc.
vono il Signore e se la Parola di Dio
è norma anche della nostra vita comunitaria.
Se crediamo ancora che le opere della chiesa sono dei segni, sia pur modesti, del Regno, se crediamo alle loro
utilità e necessità, non dobbiamo piuttosto, come dice ancora Paolo (Romani 14: 19) cercare : « le cose che contribuiscono alla pace e alla mutua edificazione ». È un miracolo se, in un
tempo di crisi economica e di stretta
finanziaria, che costringe molte grandi
industrie a cessare ogni attività, le nostre opere riescano ancora a sopravvivere e a dare anche una possibilità
di impiego a centinaia di persone. Il
discorso che si vuole portare avanti
non farebbe che snaturare il carattere
del servizio cristiano, svuotarlo di
ogni significato e di ogni contenuto.
Speriamo che non si arrivi a fare
una indagine sulla « opinione politica
del lavoratore (con particolare riferimento alle ultime votazioni). Supposta opinione politica dei colleghi e dei
superiori ».
Questa sarebbe una grave violazione
della libertà di coscienza di opinione
della libertà e della segretezza di voto,
che farebbe pensare a certe organizzazioni segrete di altri tempi e di altri
regimi.
L’ideologia e la passione polìtica
non devono avere il sopravvento sull’Evangelo e sull’amore fraterno. Col
pretesto di mettere in crisi pretesi
centri di potere non ne dobbiamo creare di nuovi e più temibili.
P. V. Panascia
Luserna San Giovanni per puro caso,
diretti verso il Belgio. La manifestazione ha attirato, come era logico, la
nostra curiosità e purtroppo il dialogo
con il giornalista è stato del tutto travisato. Non ho mai aderito alla associazione Pio X, di cui ignoro addirittura l’esistenza, né intendo in modo
più assoluto seguire Lefebvre né per
motivi religiosi e tanto meno per ragioni politiche. La prego vivamente
di pubblicare queste precisazioni al fine di far tacere tutte le illazioni che
sono derivate da questo infelice e del
tutto inesatto réportage giornalistico.
Ho pure provveduto a inviare alla
« Domenica del Corriere » una lettera
di rettifica, RingraziandoLa, la saluto
cordialmente.
S. Carile - Il pregiudizio confessionale - A. Ausilio ed. Padova.
Roberto Malan
Mao Tse Tung
Per puro caso
Luserna S. Giov., 2^/91^16
Caro Direttore,
l’articolo di Mons. Lefebvre pubblicato sul n. 38 della Domenica del Corriere del 16 settembre corr. che mi
attribuisce una partecipazione attiva
e consenziente alla Messa di Lilla, ha
causato molto rumore nell’ambiente
valdese. Desidero quindi chiarire, a
scanso di ulteriori equivoci, che mi
trovavo a Lilla con alcuni amici di
Vorrei esporre brevemente alcuni
pensieri che — in quanto credente —
mi suggerisce la notizia della morte
di Mao Tse-Tung. La vicenda di quest’uomo che ha consacrato la sua vita
alla causa della liberazione di settecento milioni di cinesi dall’oppressione e dalla miseria, riuscendo a portare una massa sterminata di diseredati
a dignità di popolo cosciente, dove il
millenario problema della fame è stato risolto (anche senza i prodigi della
nostra tecnica) mi pare debba proporre molte riflessioni al nostro occidente « cristiano » e alle sue endemiche
situazioni di ingiustizia.
Un pensiero di Mao dice che occorre cambiare « il mondo oggettivo » ed
anche il nostro « mondo soggettivo ».
Non ci viene forse di qui una chiariHeazione alle nostre annose discussioni sul problema « fede e politica »?
Dobbiamo certo cambiare « dentro »
come individui (conversione, ossia « rivoluzione » a livello personale) ma se
questo non si accompagna e non genera un impegno per mutare il « mondo
oggettivo », che significato viene ad
sasumere la nostra individuale, ed in
definitiva egoistica, ricerca di « salvezza »?
L’ecumenismo non attraversa
in questo momento, tra di noi,
un momento felice; si direbbe
che siamo tutti più o meno frastornati di fronte a fatti in parte contradditori, in parte preoccupanti. I documenti di Accra e
i risultati di Nairobi hanno provocato reazioni legittimamente
negative; i tentativi di Com-Nuovi Tempi per un ecumenismo di
base (anche se basati più su concetti sociopolitici che teologici)
continuano d’altro canto a trovare appoggi sinodali; anche dell’ultimo convegno della Mendola, che rappresenta pur sempre
l’aspetto di un ecumenismo aperto a principi teologici, si è parlato sostanzialmente bene su
queste colonne; la Conferenza
Metodista riafferma la necessità
di una lotta alla « cultura cattolica » su cui non si può non convenire, una volta che si identifichi in modo più limitato e preciso a quale « cultura cattolica »
ci si riferisce; per trascurare, in
campo avverso, i fenomeni in sé
abnormi, come quello del card.
Lefèbvre e''dei suoi accoliti.
M. Bein A.
In questo quadro dovrebbe essere utile a tutti, per un necessario chiarimento dei contenuti,
la lettura del libro che il pastore Carile, per conto di un « Gruppo misto di studio per una catechesi ecumenica » operante a Padova, dedica alle origini ed alla
definizione del « Pregiudizio Confessionale ». Di tali pregiudizi,
che, sia da parte protestante che
da parte cattòlica, inquinano il
quadro ecumenico, vengono chiarite le impostazioni psicologiche
sia individuali che di gruppo, e
viene data una prima classificazione quantitativa ed una prima
identificazione con riferimento
al campo teologico, a quello storico ed a quello delle tradizioni
in cui essi sono andati formandosi. Varrà forse la pena che in
futuro lo stesso Carile, o altri
FACOLTA’ TEOLOGICA DI MONTPELLIER
Con la scomparsa di Georges Crespy
perdiamo un brillante pastore e teologo
Oggi viviamo in un clima di rivendicazioni salariali che certo hanno la
loro ragione di essere. Però non credo che sia opportuno portare in seno
alla nostra famiglia cristiana contestazioni di questo genere. Infatti le
nostre opere non sono aziende industriali a carattere speculativo in cui ci
siano rivendicazioni da fare. E’ chiaro
che chi entra a lavorare in un’opera
della chiesa dovrebbe farlo per una
particolare vocazione di servizio, per
un servizio diaconale di ispirazione
evangelica. Nessun pastore si sente
sfruttato dalla Tavola Valdese o sottoposto ad un super lavoro perché esso
risponde ad una sua precisa scelta vocazionale. Chi entra liberamente in una
comunità di servizio deve sapere in
anticipo che non è come chi entra alla
Fiat di Torino e alla Pirelli di Milano.
Grazie a Dio, le vocazioni diaconali
non mancano e noi spesso non abbiamo che la difficoltà della scelta. Ma
questo non vuol dire che i Comitati
preposti alle opere non facciano o non
debbano fare ogni sforzo per adeguare
il trattamento economico ai giusti livelli salariali predisposti dai contratti
di lavoro. '' '
È opportuno invece che ove abbiano a verificarsi delle controversie
su rapporti di lavoro o di trattamento
economico si attenga a quanto Paolo
raccomanda nella sua 1 Cor. 6; 11 se
siamo una comunità di fratelli che ser
II pastore Georges Crespy,
professore di Etica alla Facoltà
di Teologia di Montpellier, è improvvisamente deceduto all’età
di 56 anni, l’8 settembre scorso.
Le nostre chiese, sia come comunità che come organizzazione ecclesiastica, non hanno forse avuto molti contatti con lui ma
molti credenti singoli ed in particolare molti giovani pastori gli
devono molto. Intorno agli anni
65 diresse, insieme ad alcuni amici francesi, ad Agape una serie di campi estivi (i campi ecumenici) che introdussero nella
nostra riflessione elementi critici e stimoli di riflessione fondamentali.
Nel corso dei suoi 26 anni di
insegnamento ha presentato agli
studenti in teologia francesi i
maggiori problemi dell’etica e
della filosofia moderna valendosi
delle sue eccezionali doti di insegnante. In lui la capacità di
ordine, di metodo, di sintesi, caratteristiche della cultura francese si trovavano associate ad
una singolare curiosità intellettuale.
Non era cioè soltanto padrone
della materia che studiava al
punto da saperla esprimere in
modo accessibile a tutti, anche
non competenti, ma dava la sensazione di essere in perenne ricerca lui stesso, desideroso di
incontrare ed apprendere cose
nuove, mai soddisfatto di quello
che aveva acquisito e del bagaglio culturale che aveva accumulato.
Forse questa grande capacità
di sintesi e questo profondo desiderio di novità spiegano il carattere della sua produzione.
Prescindendo dalla sua opera
maggiore su Teilhard de Chardin (tradotta anche in italiano),
i volumi pubblicati e gli articoli
che fanno fede della sua ricerca
sono sempre brevi, schematici,
quasi tappe di una ricerca in
corso, provvisori, non certo nel
senso di superficiali ma di contingenti. Scrivere un libro voleva dire per lui consegnare ad alcuni amici il frutto della sua
lettura non fare opera di studioso che accumula materiale e dà
la parola definitiva sui problemi. La guérison par la foi, De la
Science à la théologie, L'Eglise
Gomme uno ménagère
roule la pâte
« La substance de l'Evangile tient en peu de
mots. Nous en faisons des discours à n’en plus finir,
nous l'étendons comme une ménagère roule la pâte
et l'étend pour en faire une tarte (...) Les apôtres,
eux, ont seulement essayé de comprendre ce que signifiqt l'événement dont ils avaient été témoins. C’est
cet événement qui est l'instance critique, le critère
de tous les discours qui sont fait sur lui. Alors que
par une sorte de glissement, nous avons pris l’habitude de mettre au premier plan, non plus l'événement, mais le discours sur l'événement ».
Georges Crespy
per lui, spingano più oltre lo
studio dando dei pregiudizi confessionali classificati una confutazione più completa e precisa.
Il processo psicologico attraverso cui essi sono andati formandosi è molto ben illustrato, ma
forse ciò non basta perché ognuno di noi sia pronto a rinunciare ad ognuno di essi e si convinca della loro infondatezza e quindi della necessità della loro eliminazione. Ma non si può non
convenire su questo filone di
studi e sulla sua utilità, dopp di
che, come conclude il Carile,
« rimangono ovviamente le differenze teologiche. Rimarranno
però finalmente nude; aspre, taglienti, sottili quali sono per la
profonda differenza di interpretare e di sentire che la libertà
di Cristo ci consente, ma forse
anche, per quella e in quella,
non inconciliabili ».
Può essere una strada giusta
per un rilancio serio di un serio ecumenismo.
N.D.M.
S. Carile - Martin Luther King Marzorati ed. Milano.
servante des hommes, Croire aujourd'hui, sono altrettante tappe
di questa ricerca culturale.
Ma Georges Crespy non era
solo un teologo eccezionalmente dotato ed un intellettuale vivace fu pastore profondamente
inserito nella vita e nella ricerca
di fede della sua chiesa. A lui la
Chiesa Riformata di Francia deve molto. Responsabile della
Commissione di Evangelizzazione seppe cogliere il problema
fondamentale della comunità
cristiana nel tempo moderno:
preparare il popolo dei credenti, dei laici; far passare i membri di chiesa da fruitori della
teologia pastorale a responsabili del pensiero della chiesa stessa, far diventare la comunità dei
credenti tutta una comunità pensante e matura.
E dall'altra parte il problema
corrispondente a questo, non
meno urgente e fondamentale:
far diventare i pastori uomini
vivi nel contesto della propria
comunità della propria generazione. La trasformazione ispirata alla sua linea teologica della
Facoltà di Teologia di Montpellier in un Institut Protestant de
Théologie non fu semplicemente
un colpo di testa di progressisti,
è segno di maturità spirituale da
cui dovremmo trarre insegnamento. La nostra Facoltà di
Roma è legata a Montpellier da
vincoli di amicizia e di solidarietà nel mondo latino ma dovrebbe meditare attentamente la
sua lezione di aggiornamento
degli studi e farla propria.
Chiunque intenda in Italia fare teologia come evangelico incontrerà sulla sua strada Gerges Crespy e la sua lezione di
apertura culturale, di fede profonda ma reinventata ogni giorno, di dinamica nella ricerca di
dialogo. A differenza di altri teologi egli resta fra noi un maestro non tanto per quello che
ha scritto ma per quello che è
stato.
G. T.
Per un’opera poderosa, che intende presentare i ritratti di una
lunga serie di « Personaggi della Storia contemporanea », il pastore Carile ha scritto una lucida e completa biografia di M. L.
King. Il personaggio è notissimo e di lui si sa, o si crede di
sapere, tutto o quasi tutto. Ma
vi è un aspetto della sua opera
che il Carile sottolinea in ogni
pagina del suo lavoro; lo stretto legame dell’opera di M. L.
King con la sua totale e assoluta dedizione al volere di Dio,
che nella storia agisce attraverso uomini come lui. Ed il fatto,
non nuovo certo ma sempre degno di essere sottolineato, che
un’azione di questo tipo ha avuto nei fatti e nella storia una incidenza ed un « successo » superiori a quelli ottenuti da altri
movimenti operanti nella stessa
direzione, ma basati solo su valori umani (Black Power, Black
Muslims, ecc;). Dovremmo, credo, ricordare sempre situazioni
di questo tipo, per sapere che la
nostra testimonianza nel mondo
avrà una efficacia ed una incidenza concreta solo se ed in
quanto non perderemo le radici
della nostra Fede, cui essa testimonianza deve, e non può non
essere, strettamente legata,
N. D. M.
Edizione
interconfessionaie
dei Nuovo
Testamento
La Società Bìblica Britannica
e Forestiera, impegnata da decenni nella edizione della Bibbia
e nella sua diffusione, sta preparando una edizione del Nuovo
Testamento interconfessionale,
tradotto cioè da una équipe dì
studiosi evangelici e cattolici.
Il volume sarà pronto per Natale, la sottoscrizione con validità fino al 30 SETTEMBRE
PROSSIMO per un minimo di
50 copie, prevede il prezzo a lire
1.000, il volume costerà in libreria lire 1.500.
Chi intende usufruire di tale
prenotazione può rivolgersi alla
Società Biblica, via dell’Umiltà
33, 00187 Roma.
Premio Erasmo
1976
Il premio « Erasmo » 1976 —
istituito nel 1958 in Olanda —
verrà devoluto a René David
(Francia) per la sua ultima opera di diritto comparato e all’organizzazione Amnesty International per l’opera che svolge in
tutto il mondo per la liberazione
dei prigionieri di coscienza. 'Viene dunque attribuito un nuovo
segno di riconoscenza al lavoro
di Amnesty, questa volta, con
un premio di 75.000 fiorini. A, International, associazione non governativa, è stata fondata nel
1961; è oggi rappresentata in 68
Paesi e raccoglieKIO.OOO membri circa.
3
VW
GERMANIA ORIENTALE
La gioventù cristiana ¡oppressa
da uno Stato totalitario?
Domande e perplessità di fronte al pastore che, per protesta, si è
appiccato il fuoco
Il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese,
ricordando che le chiese della
DDR si sono preoccupate di
chiarificare le questioni aperte
tra Chiesa e Stato, ha espresso
la speranza che le chiese « riusciranno anche a chiarire le
preoccupazioni attuali relative
ai giovani cristiani ». Questa dichiarazione è stata fatta in una
lettera indirizzata il 24 agosto
alle autorità della chiesa protestante di Sassonia in seguito alla morte del pastore Oskar
Bruesewitz, di 47 anni. Si era
appiccato il fuoco sulla piazza
di Zeitz il 18 agosto scorso ed
era deceduto alcuni giorni più
tardi. Un cartello che aveva accompagnato il suo gesto diceva:
« Le Chiese accusano il comunismo di opprimere la gioventù ».
Nella sua lettera il past. Potter ha espresso la sua « profonda afflizione » per questa notizia ed ha espresso tutta la sua
« simpatia e quella dei colleghi
alle autorità della chiesa, ai pastori e al concistoro di Zeitz ed
ai membri della famiglia » del
pastore Bruesewitz, assicurandoli della loro intercessione.
In una lettera inviata alle comunità le autorità della chiesa
di Sassonia hanno dichiarato il
21 agosto scorso di essere state
« del tutto sorprese » da questo
atto. « Sappiamo che il nostro
fratello Bruesewitz voleva essere col suo servizio, con alcuni
suoi atti inabituali, un testimone di Dio ». Hanno poi aggiunto : « noi non possiamo approvare l’azione del nostro fratello.
Nella imitazione di Gesù Cristo
dobbiamo essere pronti a fare
dei sacrifici, ma non ponendo
volontariamente fine ai nostri
giorni. Pensiamo che il nostro
dovere consista nel partecipare
all’edificazione della nostra società, di modo che attraverso la
testimonianza e l’esempio della
nostra vita si realizzino gli obiettivi di Dio nel nostro mondo ».
Infine hanno aggiunto ; « non
abbiamo il diritto di condannare il nostro fratello Oskar Bruesewitz ».
Le autorità della chiesa di Sassonia hanno poi rifiutato « ogni
tentativo volto a strumentalizzare questo fatto di Zeitz ai fini
della propaganda contro la
DDR ».
Dal canto suo la chiesa evangelica tedesca (E.K.D.), per bocca di un suo esponente, ha definito il pastore Bruesewitz come « un pastore che voleva essere, col corpo e con l’anima,
testimone deH’Evangelo in una
società socialista ». Se la sua
azione di protesta dovesse essere « presa seriamente come l’atto disperato di una persona, ciò
non permetterebbe di afferrare
correttamente i rapporti chiesa
stato nella DDR ». Lo stesso
esponente tedesco Claus Juergen Roepke ha aggiunto che
« gli ostacoli che i giovani cristiani incontrano e le restrizioni (imposte) alla vita religiosa
nella DDR, sono stati a più riprese affrontati dai vescovi con
le autorità dello stato ed in pubblico durante i sinodi ». « Uno
stato che ha firmato gli accordi
di Helsinki dovrebbe interrogarsi fin dove è disposto, per quanto lo concerne, a mettere in pratica la libertà religiosa e di coscienza nel quadro dei diritti
dell’uomo». (Soepì)
Nuovo programma del partito
Il congresso del partito socialista unitario della DDR, contrariamente al progetto presentato
nel mese di gennaio, ha deciso
di introdurre nel suo nuovo programma il concetto di « confessione religiosa ».
Kurt Hager, membro del Politbüro del SED (partito sociali-^
sta unitario tedesco) ha motivato questo fatto nuovo nel programma del partito, precisando
che la « piena equiparazione di
tutti i cittadini » è in conformità
con la costituzione della DDR.
Nel progetto si parlava esclusivamente della « equiparazione
dei cittadini indipendentemente
dall’appartenenza razziale o nazionale ». Ora l’intera frase, approvata aH’unanimità ed inserita
nel programma del SED suona
così: «Lo stato socialista garantisce a tutti i cittadini la libertà
politica ed il diritti sociali: il diritto al lavoro, al riposo, all’educazione e alla difesa della salute,
alla sicurezza materiale nella
vecchiaia e nei casi di malattia
o a causa della perdita di idoneità al lavoro; l’equiparazione dei
cittadini indipendentemente dalla loro appartenenza razziale o
nazionale, dalla loro concezione
del mondo, dalla loro confessione religiosa e posizione sociale ».
Nel 1963 il programma del
SED conteneva ancora la propaganda delle idee del materialismo filosofico e dell’ ateismo
scientifico. Nel nuovo programma del SED la parola « ateismo » è scomparsa.
Non sono mancati, negli ambienti teologici ed ecclesiastici
della DDR, dei motivati sentimenti di ottimismo per questa
decisione che garantisce a tutti
i cittadini la possibilità di partecipare alla direzione dello stato socialista indipendentemente
dalle loro concezioni del mondo
e dalla loro appartenenza reli.giosa.
URUGUAY
C.E.C.
La questione di ( Dipro
Il comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese, nella sua ultima riunione di agosto
1976, ha riaffermato la sua profonda inquietudine sulla situazione cipriota e sulle difficili condizioni di vita dei 200.000 rifugiati. Il comitato centrale ha altresì manifestato il suo disappunto
a causa della mancata volontà
di applicare le risoluzioni della
assemblea generale delle Nazioni
unite, del Consiglio di sicurezza
e della Commissione dei diritti
dell’uomo relativi alla questione
cipriota.
Preoccupato per l’espulsione
continua di ciprioti greci dalle
loro abitazioni, nel nord, dal
cambiamento verificatosi nella
ripartizione demografica a Cipro
e dalla profanazione dei luoghi
santi e religiosi,
auspica vivamente che tutte
le risoluzioni delle Nazioni Unite su Cipro siano immediatamente applicate;
domanda al governo turco di
interrompere immediatamente la
espulsione dei ciprioti greci e di
immigrazioni organizzate di turchi verso l’isola, di facilitare il
rientro protetto nelle loro case
di tutti i rifugiati e di tutte le
persone espulse;
invita al rispetto dovuto ai
luoghi sacri e religiosi;
richiede l’immediata ripresa,
in uno spirito volenteroso e positivo, dei negoziati fra i rappresentanti delle comunità cipriote
greche e cipriote turche, sotto
gli auspici del segretario generale delle Nazioni unite. I negoziati
dovrebbero essere condotti liberamente e su una base di uguaglianza in vista di un accordo accettabile dalle due parti, fondato
sui loro diritti fondamentali e
legittimi.
Prigionieri dimenticati
Kan Abdul
Ghaffar Khan
(Pakistan)
■ Khan che ha già 86 anni è
il principale leader politico pakistano che lotta per la creazione del Pakhthounistan, regione
autonoma all’interno del Pakistan, conglobante le provinole
della frontiera del nord-est e_ il
Bélouchistan. All’inizio di quest’anno Khan è stato trasferito
dalla prigione di Kohat all’ospedale militare per scompensazioni cardiache e una grave forma
d’affezione oculare. Khan fu arrestato nell’aprile del ’75 a Peshawar, nella provincia della frontiera del Nord-Ovest, in esecuzione di un semplice mandato
di comparizione. Benché i termini massimi di detenzione scadessero dopo tre mesi Khan è
ancora detenuto senza esser stato né incolpato né giudicato. È
stato arrestato, nel corso d’una
retata, all’inizio del 1975, con altri dirigenti dell’opposizione tra
i quali si trovava anche suo figlio, Whali Khan, dirigente del
partito nazionale d’opposizione
Awami, oggi soppresso. Questi
arresti hanno segnato una forte
battuta d’arresto nei ranghi dell’opposizione.
Probabilmente Khan è stato
arrestato perché le autorità te
Le chiese metodista
e angiicana
verso l'unione
(b.Lp.) - Dopo quattro anni di
sperimentazione, è prevista la
completa unione fra la Chiesa
metodista Emmanuel e la Chiesa
anglicana della S. Trinità in Uruguay.
La nuova Chiesa si chiamerà
Chiesa del Cristo: essa ha già
costituito un nuovo organo direttivo che comprende il vescovo
Stanley Cutts della diocesi anglicana ¿’Argentina e deU’America
del sud est, ed il pastore Oscar
Bollioli, presidente della Chiesa
metodista uruguayana, come pure due laici di ogni denominazione. Compito di questo nuovo organo è quello di giungere ad una
totale unità.
Durante una recente riunione,
i dirigenti delle due Chiese hanno deciso che dei gruppi di studio avrebbero preso in esame le
rispettive tradizioni ecclesiastiche allo scopo di mettere a punto una nuova forma di culto comune. Essi hanno parimenti deciso di vendere gli immobili di
proprietà delle due Chiese e di
fare costruire un nuovo stabile
che risponda meglio alle necessità della Chiesa unita.
ZURIGO
Iniziative in favore
dei disccupati_________
Le Chiese riformata e cattolica collaborano da circa tre mesi in un servizio in favore dei
disoccupati. Il servizio ha per
scopo di aiutare a risolvere le
difficoltà sociali, le turbe nevrotiche, i conflitti matrimoniali o
familiari che possono sorgere in
periodo di disoccupazione. Consiste inoltre in un’opera di consulenza di cui si possono valere
le parrocchie e i loro responsabili.
Le organizzazioni giovanili cristiane e « Pro Juventute » hanno organizzato dei campi di lavoro per giovani disoccupati: sistemazione di strade carrozzabili e sentieri pedonali; a Goms
mevano, nonostante la sua età e
la malferma salute, che. fosse
chiamato a diventare il capo dell’intera opposizione. Khan era
stato dirigente delle « camicie
rosse » del movimento naziorialista musulmano Khudai Khidmatzar (Servitori di Dio) che
lottava per l’indipendenza dalla
Gran Bretagna. In quell’epoca.
Khan era in strettissime relazioni col Mahatma Gandhi il che
gli valse il soprannome di « Gandhi della frontiera ». Dalla spartizione dell’India del 1947 Khan
ha sempre lottato per un Pakhtounistan autonomo. La sua militanza gli è costata 16 anni di
detenzione in diverse prigioni e
8-. anni di esilio volontario in
Afghanistan.
Conferenze
di Tullio Vinay
La rivista tedesca « funge Kirche » pubblica, nel suo ultimo
numero, il programma di conferenze che il pastore Tullio Vinay tiene in questi giorni ih Germania: il 24 settembre a Stoccarda, il 25 ad Heilbronn, il 26
ad Ulma, il 27 a Birkenfeld, il 28
a Leonberg, il 29 a Tuttlingen, il
30 a Göppingen. Il tema di questi incontri: « Le conseguenze di
una vita cristiana ».
Protestanti e medicina
La nostra medicina occidentale è malata; bisogna dire ai
pazienti la verità? C’è ancora
speranza? Almeno una speranza? Queste alcune domande, che
si pone il cronista della « Vie
Protestante» (settimanale ginevrino, 123.000 copie) all’indomani dell’XI Congresso medico-sociale protestante in lingua francese svoltosi a Strasburgo dal
16 al 18 settembre. I 470 partecipanti si sono interrogati, soprattutto, su quello che non va
nel campo medico, para-medico
e pastorale.
La nostra medicina è malata...
come lo è l’uomo di oggi, nella
•sua persona, nel suo corpo, nella società in cui vive, nella specie. Se la salute è o dovrebbe
essere «uno stato completo di
benessere fisico, mentale,, sociale » l’umanità moderna ne è ben
lontana.
L’assemblea del congresso,
composta in prevalenza da per
sonale para-medico, assistenti
sociali, infermiere, meno di un
terzo da medici, il 10% da pastori... pochissimi malati e una
piccola rappresentanza di pensionati, ha fatto eco al motto
del congresso : « Medicina della
miseria e miseria della medicina » con tutta una serie di analisi negative nel campo della salute senza tralasciare, però, l’aspetto positivo che deriva dal
messaggio evangelico. Da lì si
può ripartire con speranza. Ma
come? I congressisti hanno sottolineato la necessità di essere
in primo luogo con l’altro, di
sentirsi cioè impegnati in quanto persone con il prossimo che
soffre. Il cammino — si è ' detto — della liberazione passa anche attraverso un comune impegno (del malato e di colui che
cura ) contro il male. « Dio in
Cristo capovolge la fragile vulnerabilità delle nostre vite nella
Pasqua dell’amore» (Marc Faessler).
si tratta della prosecuzione di
scavi archeologici.
Durante questo periodo i lavoratori continuano a ricevere
il sussidio di disoccupazione.
Nel caso che non vi abbiano più
diritto, il campo di lavoro è riconosciuto come un’occupazione
regolare, per cui i lavoratori
possono nuovamente beneficiare
del sussidio.
Pensiamo che queste iniziative riguardino i disoccupati svizzeri. (guanto agli emigranti, il
loro diritto è di salire sul treno
per il sud, dove le iniziative in
loro favore esistono tutt’al più
allo stato di progetto.
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Desidero essere informato senza impegno sulla «Storia della Chiesan.
(Cognome e nome
Indirizzo
4
1” ottobre 1976
n
La prossima data importante nella vita delle comunità
evangeliche italiane è data indubbiamente dalla 3“ Assemblea della Federazione che si terrà a Bari, agli inizi di Novembre. La questione « federale » non sembre interessare
molto le chiese italiane, ognuno prosegue la sua vita, chiuso nel piccolo orticello delle sue preoccupazioni, e considera il progetto unitario una utopia senza avvenire o un’affare di esclusiva competenza dei « ministeri » romani. La
Federazione interessa solo perché si occupa del culto radio
e della trasmissione Protestantesimo. Davvero poco.
Ci sembra doveroso invece proporre all’attenzione dei
nostri lettori e delle chiese il problema ricordando che a
suo tempo la Federazione ha chiesto un dibattito all’interno delle chiese, dei pronunciamenti, dei pareri, i delegati
sono tenuti a prepararsi in vista del dibattito (andare a
Bari sarà certo una fatica ed un impegno più che un viaggio di piacere) e dal canto loro tutti i credenti sono direttamente impegnati per questo incontro con la loro intercessione e la loro partecipazione. A Bari si farà solo quello
che tutti insieme abbiamo fatto prima.
BARI: ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE
I nodi vengono al pettine
In previsione dell’Assemblea di
Bari il Consiglio ha fatto predisporre a cura delle Federazioni regionali dei documenti di studio. Questo materiale è pubblicato dalla Claudiana nel volume
13174 della Attualità Protestante.
Presentiamo i punti salienti dal
primo di questi studi:
La crisi
economica
La meta è chiara
il cammino è difficile
I delegati delle chiese evanveliche che, agli inizi di novembre,
si incontreranno a Bari, per i lavori della 3* Assemblea della Federazione non svolgeranno un
lavoro di ordinaria amministrazione. È chiaro infatti a tutti che
la Federazione è giimta, dopo 10
anni di vita, ad ima svolta. Alcuni punti, alcune enunciazioni di
principio sono chiare ma il cammino è oscuro.
È chiaro, anzitutto, che il problema dell’unità (dell’ecumenismo, come si dice pggi) non concerne solo i rapporti fra le chiese evangeliche e quella cattolica
ma fra le comunità dello stesso
mondo evangelico. L’esigenza
unitaria esiste anche fra noi e
deve essere realizzata, non si può
pensare ragionevolmente di proseguire nella direzione del frazionamento delle forze, della rivalità confessionale, del tira e
molla fra denominazioni. Una
intesa, un orientamento comune,
una linea di marcia devono essere trovati pur nella diversità
delle voci e nel rispetto delle
singole chiese.
È altrettanto chiaro che questa
ricerca di unità è oggi più diffìcile di quanto fosse 10 anni fa.
Allora ci si sentiva tutti uniti
di fronte al mondo cattolico ed
attenti a scoprire quello che il
Concilio Vaticano avrebbe significato. Si aveva l’impressione di
vivere alla vigiglia di grandi
cambiamenti nell’ambito della
vita politica nazionale, dopo decenni di isolamento e di solitudine si usciva all’aperto, alla luce del giorno. Ci si muoveva in
un clima ancora un pochino da
fine ottocento, un po’ nostalgici,
un po’ ottimisti, un po’ speranzosi e ci si scopriva anche gli uni
gli altri nella grande fratellanza
evangelica.
Oggi i contrasti interni sembrano essersi acuiti e non nello
schema delle diverse confessioni, non valdesi divisi da pentecostali, battisti da metodisti, ma
all’interno delle stesse chiese. E
divisi sul modo di intendere la
nostra presenza evangelica nella
nazione.
Il tema che genericamente si
dice « fede e politica » ha avuto
questa conseguenza, cioè di radicalizzare le posizioni, di far affiorare personalismi e sensibilità particolari, di rendere meno
uniforme il linguaggio delle comunità e tutto questo lungi dal
semplificare complica la questione federale.
presenza evangelica in Italia
non è diminuito negli ultimi anni
ma caso mai aumentato. L’interesse per i problemi posti dall’evangelo alla coscienza cristiana, la riforma della chiesa, il mutamento della società e la sua
secolarizzazione, anziché relegare la nostra testimonianza ai
margini del dibattito l’hanno caso mai portata al centro.
Le forme di intolleranza che si
conoscevano nei nostri riguardi
sino a pochi anni fa non esistono ptò, il dialogo è spesso immediato, fraterno con persone di
diverse formazioni, ci si interpella, ascolta, osserva. Forse ogni generazione evangelica ha
vissuto questa illusione; essere
sul punto di « sfondare », vivere
la grande offensiva che non è
mai venuta; ma non è forse proprio questo il senso profondo,
dinamico, impegnato della nostra presenza in questa nazione
da compromessi (ideali, storici,
pratici)? Il compito dunque non
è venuto meno e neppure la possibilità di attuarlo.
Resta invece oscuro il cammino che sta dinnanzi a noi, come
lo fu per ogni generazione di credenti. Realizzare una unità di
missione, individuare un orientamento comune, darci strumenti
di testimonianza validi, i compiti sono quelli, ed a Bari si proverà di impostarli per i prossimi
anni.
Giorgio Toum
a) La crisi economica e le classi dirigenti.
Tutti ormai concordano nel dire che la situazione generale del
nostro paese è assai grave: la
prima cosa che deve essere messa in rilievo è che uno degli elementi caratteristici di questa situazione è il particolare tipo di
impatto che la crisi economica
internazionale ha avuto sulle
strutture del paese stesso.
Tuttavia sarebbe inesatto addossare a questi avvenimenti internazionali tutta la colpa della
crisi; in realtà, neglr anni '70 sono venuti al pettine tutta una
serie di nodi i quali dipendono
dal tipo di sviluppo impresso al
nostro paese negli anni ’50; si
può dire che la crisi di oggi è
figlia legittima dei « successi » di
allora. Lo « sviluppo » degli anni
’50 aveva infatti grossomodo le
seguenti caratteristiche;
— l’industria si orientava essenzialmente verso Yesportazione;
— la produzione si concentrava
sui beni di consumo durevoli;
— la tecnologia progrediva scarsamente, e si preferiva impiegare molta mano d’opera a
basso prezzo.
Il prezzo di questo tipo di sviluppo lo pagava Vagricoltura
italiana, lasciata soccombere, all’interno del mercato comune, di
fronte alle concorrenti meglio
attrezzate.
La fuga dei capitali ha peggiorato una bilancia dei pagamenti
già compromessa dal deficit
agricolo, ed ha naturalmente aggravato la crisi della nostra
moneta. Le stesse multinazionali dimostrano una certa diffidenza verso il nostro paese: così il
regime degli investimenti è in
genere assai basso. La base produttiva del paese è di modesta
qualità, e piuttosto ridotta in
quantità. Su 54 milioni di italiani avevano una regolare attività
lavorativa solo poco più di 19
milioni, così suddivisi;
Borghesia: 200.000 proprietari,
imprenditori, dirigenti; 300.000
professionisti.
Piccola borghesia degli impieghi: 1.800.000 impiegati privati;
1.300.000 impiegati pubblici.
Lavoratori indipendenti o ’’piccola borghesia relativamente autonoma”: 2.400.000 coltivatori diretti; 1.100.000 artigiani; 1.700.000
commercianti; 400.000 addetti ai
trasporti; 800.000 -.categorie particolari (religiosi, militari, altri).
Lavoratori dipendenti: 1.200.000
braccianti; 4.300.000 operai dell’industria; 1.700.000 operai edili;
700.000 lavoratori dipendenti del
commercio; 1.600.000 lavoratori
dipendenti dei trasporti e dei
servizi.
Su questa congenita debolezza
pesa certamente anche un altro
fatto; durante gli anni dello sviluppo non sono state fatte quelle riforme che pure la prosperità
rendeva tecnicamente possibili.
Non è stata fatta una vera
programmazione.
Le grandi aziende di stato non
hanno un compito di traino e di
equilibrio dell’intero sistema economico nazionale.
Non è stata fatta la riforma
urbanistica.
Non è stata fatta la riforma
ospedaliera.
Non è stata fatta la riforma
universitaria.
Non è stata applicata seriamente la riforma fiscale.
Queste mancate riforme sono
andate a danno dei lavoratori,
ma hanno anche costituito un
freno per gli imprenditori: il costo della riproduzione della mano d’opera è eccessivo, e i carichi sociali pesano sulle aziende
proporzionalmente più dei salari.
Lavoro
e sacrifici
Come mai si è perduta l’occasione delle riforme? Non v’è dubbio che le massime responsabilità spettano al regime democristiano; il suo insediamento al
potere è stato una forma di dominio selvaggio su uno stato che
controlla ormai quasi metà dell’economia nazionale. Dobbiamo
però evitare di dare su questo
fenomeno un giudizio soltanto
moralistico, alimentato dagli
scandali vistosi. Occorre chiarire Vintreccio tra borghesia capitalistica e potere politico.
Emigrazione, piaga del sud
1. CAUSE
E RESPONSABILITÀ’
Altrettanto chiaro è anche un
terzo elemento di questo discorso unitario: il significato di una
Per comprendere il problema
del’emigrazione dal sud Italia, è
indispensabile partire dal problema del Mezzogiorno. In massima parte i 26 milioni di emigrati italiani all’estero, dal 1861
ad oggi, sono stati meridionali.
A questi, bisogna aggiungere la
gran massa di popolazione che è
stata forzata a spostarsi verso il
centro-nord Italia; dal 1951 al
1973 gli emigrati meridionali sono stati 3.775.000 con un saldo
passivo (differenza tra emigrati
e ritornati) di 1.786.300.
La ricostruzione dell’ultimo
dopo-guerra è stata una ennesima occasione mancata per un
affrancamento delle regioni del
sud e delle isole.
D’altra parte i capitalisti esportavano ed esportano i capitali all’estero ed il loro investimento richiedeva operai che l’I
talia stessa forniva a buon mercato.
La riforma agraria è stata un
fallimento quasi totale; si sono
concessi ai lavoratori poderi e
case coloniche in zone poco produttive e disagiate per la mancanza di servizi (irrigazione,
strade, scuole, elettrificazione,
comunicazioni), mentre si sono
creati i servizi dove i grossi proprietari terrieri volevano valorizzare i loro latifondi. Si sono
osteggiate le cooperative, non si
è fatto quasi nulla per specializzare e programmare il lavoro e
le colture; non si sono create
industrie collaterali e di trasformazione dei prodotti agricoli.
L’emigrazione ha favorito le
rimesse di capitale e il Meridione è diventato il mercato di consumo delle industrie del nord.
la piaga delle supplenze; sono
insufficienti i convitti e le opere
sussidiarie per gli studenti delle
medie superiori e delle università.
Ma lo squilibrio tra grandi città e paesi investe altri campi:
mancano ospedali, ambulatori,
consultori, preventori, case per
anziani; sono insufficienti le linee elettriche e la loro portata;
l’acqua per bere, soprattutto in
estate, è razionata e sono quasi
inesistenti le opere irrigue per
l’agricoltura e la zootecnia; ci
sono paesi e quartieri senza fogne, sono inesistenti i metanodotti. Lo sviluppo culturale è
frenato dalla scarsità di biblioteche, di centri culturali, di attrezzature sportive, di sale di
proiezioni cinematografiche che
proiettino films di qualche valore.
2. SQUILIBRI TRA CITTA’
E PAESI .AGRICOLI
3. CONSEGUENZE
E PROSPETTIVE
Un opuscolo da leggere subito:
CRISI E SPERANZA
Gli evangelici di fronte alla
crisi della società italiana
ATTUALITÀ’ PROTESTANTE 73/74
CLAUDIANA
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Ci son stati casi documentabili in cui si è impedita l’installazione di industrie per la trasformazione di prodotti agricoli nei
paesi, per non perdere il potere
politico ed il dominio sulle
masse.
C’è stata una fuga di « cervelli » dai paesi. Ci sono ovviamente eccezioni esemplari, ma la piccola e media borghesia meridionale è stata una preziosa alleata
dell’alta borghesia contro il proletariato.
I servizi sociali in queste zone agricole sono al di sotto della media dello stesso meridione; mancano edifici scolastici e
l’insegnamento è precario per
Cèrto, la ’’democrazia cristiana ” è una classe politica in parte esogena rispetto alla borghesia vera e propria, e affonda le
sue radici da una parte nelle
strutture spirituali del mondo
cattolico, daH’altra nelle strutture più materiali, ma antiche e
tenaci, d’un sistema clientelare
che è connaturato con la DC
stessa (e non ne costituisce una
pura e semplice ’’degenerazione”).
Ora, il fatto è che la borghesia
italiana aveva ed ha bisogno della DC per sopravvivere: gli imprenditori italiani sono infatti
più deboli dei loro confratelli
francesi o americani, e viceversa
il movimento operaio italiano,
dalla Resistenza in poi, è più
forte e più attivo.
In altri termini, il regime democristiano è organico a un capitalismo che vive nella paura.
Nel quadro di questa fondamentale alleanza, il regime democristiano si è attivamente
adoperato per darsi una base di
massa nuova, a misura che lo
sviluppo selvaggio svuotava le
campagne e indeboliva (almeno
apparentemente) il « mondo cattolico”: così la DC ha speso nostri miliardi per creare un ceto
medio parassitario: la sterminata proliferazione del ’’terziario”
è stata contrabbandata come un
adeguamento dell’Italia alle società occidentali più avanzate;
ma a differenza di quelle società, in Italia i servizi non funzionano: producono stipendi, non
lavoro.
Dopo questa valutazione della situazione politico-economica
il documento passa in rivista la
situazione del movimento operaio non solo per il suo specifico
interesse ma perché lo considera fondamentale nella situazione
odierna.
L’appoggio elettorale dato, anche nelle ultime elezioni alla DC
è determinato infatti dalla paura che la classe dirigente italiana e la borghesia risentono per
il movimento operaio. In Italia
esso ha infatti caratteri peculiari a differenza delle altre nazioni
occidentali, una maggior coesione ed una maggior forza di pressione nel sindacato.
La DC è funzionale
al sistema
affer
II documento conclude
mando:
Non si vede come sia possibile
una rinascita del paese senza
una mobilitazione delle sue risorse: ma bisogna misurare le
risorse non in base al mercato,
bensì in base alle esigenze di
uno sviluppo di tipo nuovo, che
implica il risanamento di tutto,
dal suolo alla scuola. Per questo
la risorsa base è il lavoro: il problema non è però far lavorare
di più chi lavora già, ma dare lavoro a chi non lo ha (i disoccupati e i sottoccupati, le donne,
i giovani, e perché no, gli studenti, allargando contemporaneamente le possibilità di studio
per i lavoratori).
Per la ricostruzione del paese,
sarà inevitabile un periodo di
sacrifici, cioè una riduzione del
tenore di vita; ma è inaccettabile chiederlo senza offrire contropartite serie: come minimo: un
miglior funzionamento dei servizi, e un controllo dal basso sugli stessi.
Chiude il rapporto una sintetica valutazione dei partiti politici attualmente presenti nella
vita nazionale.
Dal punto di vista politico la
emarginazione del Meridione ha
tardato la maturazione politica
e del senso civico. La storia passata e recente ha favorito, più
che altrove, un’enorme sfiducia
nelle istituzioni politiche accomunando qualunquisticamente
tutte le forze politiche e sindacali. Ma questa situazione sta
cambiando: dal 1974 ad oggi il
processo di maturazione sta dando frutti sempre più evidenti.
Socialmente c’è da tener presente il costo dell’emigrazione
che è stato rilevante: famiglie
divise o distrutte (divorzi di regime), paesi svuotati o con soli
vecchi, donne e bambini, una generazione in gran parte perduta
per le zone di origine, declino
della cultura meridionale (tradizioni, dialetti, modelli di vita,
scala di valori). La nuova cultura è stata importata, si è sovrapposta e non è frutto di una
evoluzione e maturazione critica
e graduale.
Le chiese evangeliche hanno
nel passato favorito l’esodo di
fratelli e amici; tutto ciò è stato
fatto come un servizio, non solo
umanitario, ma anche cristiano,
per risolvere drammatici problemi economici.
(continua al prossimo numero)
5
1° ottobre 1976
FEDE E POLITICA
In margine al dibattito sinodale
Lo sbaglio sta nel titolo che,
con il binomio, sembra mettere
sullo stesso piano (non importa
se in parallelismo o in antitesi)
due cose assolutamente diverse:
la FEDE, che è certezza di realtà di valore eterno, e la POLITICA, che è l’arte del possibile di
valori transeunti, la FEDE che,
per il cristiano, è stata rivelata
una volta per tutte, e la POLITICA che è l’umana invenzione
di nuovi assetti sociali, in continua revisione e superamento. In
altre parole c’è, tra le due, una
differenza di qualità, che è pericoloso dimenticare, pena l’umiliazione della fede-,annera «religione » strumentalizzabile, o la
esaltazione della politica al livello dei « sacri pricipi » che pretendono assolutizzare il relativo
ed eternizzare il temporale e
provvisorio.
È per aver dimenticato queste
cose semplicissime che l’ultimo
Sinodo ha impegnato parecchie
ore a discutere un problema impostato male e peggio dibattuto,
ma per fortuna meglio risolto.
Con questo riferimento non intendo affatto ripetere lo sbaglio
di incentrare le mie brevi osservazioni sul caso personale del
Pastore-Senatore che si è avuto
il dubbio gusto di elevare da episodio marginale a paradigma,
dando « via libera a una serie di
dichiarazioni autobioerafiche —
patetiche — » (come dice « Diaspora Evangelica », di Firenze).
Il tema vero della quistione era
e rimane « il carattere della testimonianza richiesta oggi alla comunità cristiana » (id.).
Ed è proprio questo il tema
che il Sinodo ha invitato le Comunità a meditare, affinché, come dice l’ordine del giorno, la
Chiesa possa veramente essere
riconosciuta come la « casa di
tutti », perché la fede dev’essere
ancorata nelTassoluto di Dio, come rivelato in Cristo, mentre la
politica, con tutto il resto di questo mondo, deve rimanere al livello di ciò che passa, e ha pertanto un valore relativo.
Se questa impostazione è vera, come credo, ci ritroviamo,
sempre e di nuovo, in quella situazione di tensione che Gesù
stesso riconosceva come estremamente difficile e pericolosa,
tanto da farne oggetto di una
speciale preghiera per l’avvenire dei suoi discepoli: « essere nel
mondo, ma non del mondo ».
Egli stesso, Gesù, ne aveva fatto
esperienza proprio quando, al
momento di immergersi nel
mondo per la sua missione, aveva dovuto rigettate la tentazione satanica di essere ael mondo.
Il problema quindi è tutt’altro
che nuovo e la storia insegna
che, dinnanzi a tale tentazione,
la Chiesa ci si è trovata sempre
e che, purtroppo, molte volte,
ha perso il necessario equilibrio,
cadendo nell’una o nell’altra delle forze calamitanti: vuoi astraendosi dal mondo per rifugiarsi
in uno sterile spiritualismo o misticismo, vuoi, al contrario, abbracciando questa o quelTaltra
politica, nella illusione di sacralizzarla col suo amplesso, ma finendo per esserne mondanizzata e, non di rado, strumentalizzata.
Per vivere la propria fede «nel
mondo » occorre pertanto accettare questa scomoda tensione
continua tra rivelazione di Dio
(assoluto) e invenzione umana
(relativo).
Ma essere presenti « nel » mondo significa, oggi in modo particolare, avere a che fare con i
partiti politici, ossia con la « politica » più e meglio organizzata
che in altri tempi. È proprio per
questo che alcuni problemi si
pongono oggi al credente in termini più stimolanti, ma anche
più rischiosi. Ed è proprio dinnanzi a questi rischi che il credente deve oggi aguzzare il suo
senso di vigile critica, onde conservare sempre le esigenze assolute della fede in un mondo
sempre più conteso dalle ideologie dei partiti. Qui i oroblemi
sono molti e, poiché l’articolo
ha da esser breve, mi limiterò
a proporre alcuni interrogativi,
con l’intenzione, di ritornarvi su,
in un secondo scritto.
Il primo problema è un problema di vocabolario: molte parole che vengono usate tanto dal
credente che dagli uomini politici... suonano ugua i, ma hanno
poi lo stesso valore per gli uni
e per gli altri? Siame proprio
sicuri che, gli uni e gli altri, intendono la stessa cosa quando
parlano di: libertà, di pace, di
giustizia ecc....? Non c’è pericolo che, udendole pronunciare dal
politico, il credente si lasci ingannare a credere che, dopo tutto, stanno parlando della stessa
cosa?
C’è poi il problema di sapere
fino a che punto il credente può
prendere per buona una delle
tante « verità » che questo o quel
partito propaganda oggi, ma
cambierà probabilmente domani, se e quando gli tornasse conto? Il cristiano attribuisce alla
verità un senso di assolutezza,
in quanto per lui la verità è da
Dio, ma per il politico la verità
di oggi può essere diversa da
quella di ieri o di domani, come
l’avversario di oggi può diventare l’alleato di domani. Il politico deve, per forza di cose, fare
il suo gioco che è spesso quello
del compromesso... può il credente seguirlo su questa strada?
Chi abbia letto il Machiavelli ed
abbia in mente l’affermazione di
un nostro uomo politico che il
« Partito » costituisce, oggi, quello che il « Principe » era nel cinquecento, avrà motivo per nutrire qualche dubbio sul valore da
dare a certe « verità » dei politici al confronto con il concetto
di assolutezza che il credente ha
della verità.
Accennerò ancora ad uno solo
dei tanti interrogativi che si dovrebbero porrq al credente per
renderlo più che vigilante: trattasi del pericolo di venire strumentalizzato, magari con la illusione d’àyer dinnanzi a se una
porta aperia per un’efficace testimonianza attraverso la partecipazione politica. Che i partiti
politici abbiano ogni interesse a
mettere in vetrina nomi noti del
mondo dell’arte, della cultura,
dell’industria e magari della religione '^uando non addirittura
di qualche « mafia ») è perfettamente comprensibile e fa parte
del gioco politico. Ma per il credente si tratta di sapere fino a
che punto la sua c,faenza e partecipazione (come credente) gli è
richiesta perché lo si vuole ascoltare, perché sL vuole dare
udienza al suo messaggio, oppure per interessi propagandistici;
fino a che punto la sua fede in
un « Bene » assoluto potrà avere cittadinanza in un mondo di
« beni » sempre contrattabili.
Non ho spazio per aggiungere
altre, non menò inquietanti, domande non ostante le quali il rischio di vivere nella tensione tra
fede e politica va corso, perché
tutta la vita del cristiano è un
rischio, ma a condizione di non
confondere mai , e nemmeno
mettere sullo stesso piano, ciò
che dobbiamo a Dio e ciò che
dobbiamo al mondo.
E. Ayassot
RIESI - PARTINICQ - PARTANNA
Cronaca di viaggio
Sono le 12 di martedì.
Mangiamo in fretta, chiudiamo
Adelfia e — con tutti i bagagli e
a piedi — andiamo di corsa verso Scoglitti, dove alle 13 parte
l’autobus.
Arriviamo appena in tempo.
Partiamo, e così inizia il nostro
viaggio.
Siamo pochi, ma .abbastanza
affiatati.
La nostra ambizione sarebbe
quella di visitare almeno cinque
centri, ma in seguito dovremo
escluderne due, pur se con nostro dispiacere.
A Vittoria — dopo quasi due
ore di attesa —• prendiamo l’autobus che va a Gela. Lì, finalmente, saliamo sul bus per Riesi.
Arriviamo alle 18,30. Cinque
ore e mezzo per fare 65-70 Km!
Per fortuna, avevamo parlato
di Riesi ad Adelfia, sia perché
un giorno è venuto il past. Paschoud a chiarire meglio le attività e gli scopi della comunità e
sia perché io stesso ne jfaccio
parte.
Abbiamo, infatti, solo il tempo
di posare i bagagli. Subito dopo:
la visita, prima che taccia buio.
Giriamo l’asilo, così circondato di natura, soprattutto da ulivi (siamo immersi dagli ulivi
per tutto il centro...). Le grandi
vetrate danno la sensazione che
ci troviamo fuori e niente di fuori si nasconde ai nostri occhi.
Visitiamo le 3 aule così spaziose e luminose, i gabinetti fatti a misura di -bambini, il
refettorio così caratteristico e
pieno di lavoretti manuali.
Non c’è molto tempo per spiegare il lavoro che si compie
(quello che d’altra parte interessa più che la struttura architettonica).
Andiamo alla scuola elementare. È più semplice, meno “areostatica”, ma anch’essa fatta con
pietre e circondata di natura.
Stanno rinnovando il colore ai
muri e ai tetti in vista della prossima riapertura. C’è molto disordine, pochi lavori da poter vedere (data la presenza dei pittori).
La biblioteca e la scuola meccanica (con le sue varie attrezzature) le vediamo di fuori: è
tardi. Andiamo a mangiare nel
refettorio comunitario.
Prima di sederci, diamo uno
sguardo frettoloso al centro agricolo col suo uliveto nuovo, la vigna, i pollai, l’orto.
I miei compagni non sono molto contenti: avrebbero voluto e
dovuto girare di più. Domani
mattina, dobbiamo ripartire per
Palermo. Non possono neanche
vedere la fabbrica — lì poco lontano — e il resto che si trova in
paese (l’atelier, gli uffici per le
varie attività, ecc.).
(continua)
Nino
CHIESE BATTISTE
Corso ministeri
Con un incontro-assemblea dei
vecchi e nuovi iscritti riprendono martedì 28 settembre i corsi
per i ministeri organizzati dall’Associazione Cristiana Battista
Piemontese. L’appuntamento è
quello ormai consueto da circa
quattro anni: Centro Maranathà - via Cernaia 18 - ore 19-21.
I corsi per i ministeri sono
nati per un’esigenza sentita in
molte delle nostre chiese, quella di una preparazione biblica e
e teologica fondamentale dei cosiddetti « quadri », cioè di quanti sono impegnati nella testimonianza e nel servizio cristiano
(anziani, diaconi, predicatori,
evangelisti, monitori, visitatori
ecc.) all’interno e all’esterno delle comunità evangeliche. L’ambizione dei corsi è non solo di
fornire gli strumenti per un’azione ed un servizio più puntuali
od efficaci a chi è già attivo nella chiesa, ma anche di aiutare
LUCA 18/1-8
Una chiesa che non crede
non può impegnarsi
La figura centrale della parabola di Luca 18 V. 1-8 è
quella della vedova: una donna rimasta sola, vittima di
ingiustizie e bisognosa di aiuto. Nella sua situazione quella donna si rivolge ad un giudice, benché « iniquo » e nella sua incessante richiesta diventa addirittura importuna.
La preghiera della vedova è
caratterizzata dalla perseveranza, malgrado la resistenza e gli ostacoli che essa incontra.
Dietro la figura della vedova è possibile scorgere la
chiesa, anch’essa privata visibilmente del suo Signore,
debole e indifesa, minacciata
dagli uomini e dagli eventi,
in attesa del « giorno in cui il
Figliuol dell’uomo sarà manifestato ». Prima di quel giorno la comunità dei credenti
conoscerà tempi difficili. H
rischio di non essere vigilante e perseverante nella preghiera minaccia la chiesa ed
ogni credente.
Che la chiesa cristiana si
senta debole e osteggiata dopo essersi molte volte inorgoglita nella sua dimensione
storica e sociale non è un
male, perché cos’j essa impara a volgersi verso il suo Signore, invece di affiancarsi
ad altri signori che il più delle volte la privano della sua
libertà e ne insidiano la testimonianza. La comunità cristiana non deve dimenticare
che le è offerta una grande
ed unica possibilità : quella
cioè di pregare con costanza,
senza stancarsi, senza «venir
meno nell’animo », senza volgersi altrove, verso quelle cisterne screpolate che non tengono l’acqua (Ger. 2: 13).
La chiesa che non prega
con perseveranza anche se
parla molto e dispone di notevoli doni e strumenti di lavoro, tosto o tardi rivela la
sua incapacità di impegnarsi
a fondo nel servizio che il
Signore le ha affidato. La figura del giudice iniquo non si
identifica con Dio, tutt’altro.
Ma se il giudice che pure era
iniquo finì per rispondere alla preghiera della vedova,
quanto più il Signore e Padre
Celeste « non farà egli giustizia ai suoi eletti che giorno e
notte gridano a lui, e sarà egli tardo per loro? ».
I dibattiti sinodali sono ormai lontani e le chiese stanno
per rimettere mano all’ara^
tro, seminando la buona semenza del Regno. Quel seme
è la Parola di Dio, vivente e
permanente. La chiesa di Gtesù Cristo sulla terra deve impegnarsi a gettare nei solchi-’
quella semenza, non un’altra''
apparentemente più adeguata'’
ai gusti ed alle esigenze dèi
nostro tempo. Come risponderà la chiesa a questa sua
vocazione unica e prioritaria?
Con fiducia in se stessa e nelle sue capacità dialettiche o
diplomatiche? Con poca speranza nella fruttificazione?
Con la presunzione di dover
aggiungere a quella semenza
una certa dose di sapienza
umana? Oppure si renderà
conto la chiesa dell’assoluta
necessità di pregare con insistenza affinché la semenza
non si perda ma produca molti frutti in noi e attorno a
noi?
La preghiera della lede, rivolta a Dio con decisione e
con perseveranza, è necessaria oggi alle nostre comunità.
«Ma quando il Figliuol dell’uomo verrà, troverà egli la
fede sulla terra?». La comunità cristiana, tanto nella sua
lentezza a muoversi quanto
nel suo attivismo, ha motivo
di riflettere su questa inquietante domanda : « Troverà egli la fede sulla terra? ».
Perciò, sia la chiesa, anche
la nostra, perseverante nella
preghiera della fede.
Ermanno Rostan
PIEDICAVALLO
Culto in lingua piemontese
molti altri credenti a maturare
la propria vocazione ed a scoprire i propri doni per metterli al
servizio del prossimo.
Quest’anno vari « docenti » si
alterneranno settimana dopo settimana, dai pastori Spanu ed Enrico Paschetto ai « laici » Maurizio Girolami ed Emmanuele
Paschetto, dal dott. Ben Lawton
al prof, don Pierangelo Gramaglia.
L’incontro di apertura servirà
per tracciare insieme le linee
del lavoro del nuovo anno « accademico » e per concordare argomenti, durata, calendario e
metodi dei diversi corsi.
La speranza è di avere molti
curiosi all’inaugurazione, disposti a trasformarsi in studenti seri e diligenti. I pastori Spanu
(tei. 537283) ed E. Paschetto
(tei. 290953) possono fornire informazioni a chiunque sia interessato. .
Come preannunciato, domenica 5 settembre si è tenuto nel
tempio valdese, gremitissimo, di
Piedicavallo (alta valle del Cervo) il culto in lingua piemontese. Il barba Ernesto Ayassòt ha
parlato ispirandosi alla lettura
del salmo 133 dal « lìber di Salm
de David tradout én iingua piemountèisa » ( 1840) : « eccou,
coum a l’è boun, e coum a l’è
agreabil ch’i fratei a stagou ensèm... ». Vi sono stati interventi
di preghiera anche in occitano
della valle Stura di Demonte
(cosi simile alla lingua popolare
delle Valli!), e Gustavo Burat
ha sottolineato le intenzioni della scelta linguistica, scaturita
dalla convinzione che la lingua
«povera» rende ancor più profonda la gioia di ritrovarsi e la
fratellanza con tutti i perseguitati ed i « minimi » del mondo.
FELONICA PO
Il culto del 3 ottobre sarà
presieduto dal pastore Luigi
Santini. Nel pomeriggio vi sarà
un incontro della comunità, nel
corso del quale il pastore Santini parlerà del lavoro svolto alla casa di riposo « Il Gignoro »
e Claudio Taccia parlerà invece
del servizio civile alternativo del
servizio di leva.
In concomitanza con la visita del pastore Santini la comunità di Felonica si propone di
raccogliere molti doni in natura
e denaro per sostenere l’opera
del Gignoro.
La domenica successiva, 10 ottobre, avrà invece luogo un’assemblea di chiesa per programmare le attività e per la elezione (o rielezione) di due membri
del Consiglio scaduti per compiuto quinquennio (Franca Barlero e Elvio Negri).
L’anno scorso pubblicammo la
versione piemontese di Camillo
Brero dell’inno 14; diamo ora
qui appresso quella, dello stesso
autore, dell’inno che è stato parimenti cantato dall’assemblea
anche in questa occasione.
1) Dèsvìa argioissansa
ciamé Nosgnor mè pare
Chiel ch’a l’ha alvà ’1 sipare
dzora la tera e ’1 cel...
2) Chiel Creator dia vita
cheuj mia orassion sincera
l’ànima mia pi vera
per Chiel a l’ha gnun vel.
3) Ij crussi dia mia vita
i veuj lassé da banda
mach an Nosgnor fldanda
e ant sò etern amor.
4) Chiel che a Té Pare mè
conforteà mia pen-a
sla mia stra seren-a
am darà man sò amor.
CENTRO STUDI
DOLCINIANI
Alla fine del culto. Gustavo
Burat e Roberto Gremmo hanno illustrato il lavoro svolto, che
ha realizzato l’esposizione dolciniana centrata soprattutto sulla
rivendicazione popolare del 1907
e sul dibattito successivo collegato alla manifestazione del ’908
(« Colonia fra Dolcino »), ed il
primo fascicolo di « Studi dolciniani » in edicola. Gremmo si è
poi particolarmente soffermato
sul piano di lavoro futuro, che
verterà sulla connessione tra
primo socialismo, riforma popolare ed evangelizzazione nel
Biellese.
Il 12 settembre si è svolta la
festa popolare al monte Massaro
(Trivero) al cippo di fra Dolcino, messo due anni fa sui ruderi
del vecchio obelisco costruito
nel 1907 dai tessitori biellesi e distrutto nel 1927 dai fascisti.
6
1“ ottobre 1976
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
VAL PELLICE
Il potere di
informare
■A partire dal mese di ottobre
inizieranno le trasmissioni radiofoniche di « Radio Valli », direttamente gestite dall'Eco del
Chisone.
Nel dare notizia di questa poderosa iniziativa il direttore del
settimanale cattolico di Pinero
10 afferma: « noi crediamo al
pluralismo dell'informazione e al
dovere che tutti abbiamo di contribuire alla formazione di una
opinione pubblica che sia obiettiva, consapevole, in grado di
costruire una società nuova », ricordando subito dopo che lo
stesso Concilio Vaticano II, là
ove parla dei mezzi di comunicazione, « consiglia la creazione di
emittenti ».
Perché proprio « Radio Valli »? « Perché desideriamo privilegiare, nel contenuto, i fatti della vita civica e religiosa pinerolese, considerata e valutata nelle sue forze politiche, sociali e
culturali operanti nel comprensorio.
Lo scheletro delle trasmissioni
è costituito di 4 momenti fondamentali: a) informazione, b) settóre formativo-culturale, c) set‘ tore musicale, d) momenti relijgiosi.
Pur non avendo in mano elementi sufficienti per una approfondita valutazione di questa vasta operazione in corso, oso fare
alcune considerazioni.
— In mezzo al pullulare delle
cosiddette “radio libere” questa
nuova emittente del cattolicesimo diocesano parte con alcuni
grossi vantaggi: il primo di essere gestita dall'Eco del Chisone,
11 settimanale più. diffuso nel pinerolese, contando dunque già
in partenza su un largo consenso; il secondo per aver avuto il
parere favorevole del Consiglio
Presbiteriale. Iniziativa quindi
che non si limita al gruppo d'e
l'Eco ma che ha dietro di sé il
pieno appoggio della curia; il terzo dovuto all'appoggio finanziario
della curia che permette di superare certi scogli insormontabili
per altre “radio libere" (sono decine di milioni) e un'équipe di
collaboratori dell'Eco che offre
una buona base di lancio.
La notizia di questa nuova gestione dell'informazione nel pinerolese sembra sia stata ricevuta come una doccia fredda da
« La Lanterna », l'altro settimanale cattolico (di destra) di Pinerolo che non è riuscito a spuntarla e la cui voce e credibilità,
con le trasmissioni di « Radio
Valli », tenderà a diminuire ulteriormente.
— Radio Valli e non Radio Pirierolo, nonostante l'ottica sia evidentemente quella comprensoriale, di cui le valli costituiscono
la parte più esigua.
Nel precisare il punto sulle
trasmissioni religiose Don Adorerò afferma: « Naturalmente ci
dovrà essere in noi una certa
sensibilità ecumenica che faccia
giusto spazio anche alla comunità valdese ».
Non stupisce questa attenzione; nella gestione dell'informazione nel pinerolese l'Eco del
Chisone ha dato in questi ultimi
anni un saggio nutrito della sensibilità ecumenica di cui parla.
Certo, gestire un'emittente è
altra cosa rispetto al piombo
settimanale di un giornale ed il
« giusto spazio » che si vuol concedere alla realtà delle valli vaidesi vorrà dire, ad esempio, fornire giornalmente un'informazione radiofonica che avrà ben altra penetrazione rispetto alla
stampa.
« Radio Valli » diventerà il più
potente strumento di informazione nel pinerolese, un'informazione non dissimile dal taglio di
cui l'Eco del Chisone è portatore. Ampia gamma di notizie dunque, compendio quotidiano di
tutto ciò che non trova spazio
nel settimanale, penetrazione generalizzata della linea politica
ed ecumenica del cattolicesimo
diocesano.
In questo contesto ben preciso
vi sarà sicuramente ampio spazio per l'informazione concernente la realtà di fede riformata delle nostre comunità.
Staremo a sentire cosa dicono
di noi. E. GenrC
Una nuova Cooperativa
per la vendita del latte
Il 12 maggio 1976 è stato istituito, nell'ambito della Comunità Montana Val Pellice, il « Consorzio agricolo Valli Alpine », vale a dire una
cooperativa di secondo grado che sorgerà sul territorio di Luserna San
Giovanni per l'impacchettamento e la distribuzione del latte. Al Consorzio fanno capo le cinque cooperative di valle (cfr. scheda). Ma come
è sorta questa, che potremmo definire, supercooperativa? Quali sono
le sue reali prospettive? Per rispondere a queste domande siamo andati ad intervistare Capitani Francesco, il principale animatore di questa nuova iniziativa. Di Francesco Capitani, agricoltore di Bibiana,
molti già conoscono la precisa visione del problema contadino e la
sua lunga esperienza. Gli abbiamo rivolto queste domande:
— Come è nata, qui in Valle,
la volontà di costituire una cooperativa per la vendita del latte?
— Se oggi si parla e si lotta
per la cooperazione è perchè c’è
stata evidentemente una premessa. Per il latte, bisogna sapere, che sino a qualche anno fa
era il C.I.P. ( Comitato Interministeriale Prezzi) a fissare, da
Torino, il prezzo del latte che
veniva poi comunicato al Consiglio Comunale di Pinerolo che
ne prendeva semplicemente atto.
Ora, in questo modo, si scavalcava il produttore. Alla fine degli anni ’60 un gruppo di noi
agricoltori si è ribellato a questo stato di cose e si è fatta
una battaglia sul prezzo a « colpi» di 10 lire per contenere il
prezzo imposto dalla Centrale
del Latte di Torino. È proprio
da questa resistenza nei confronti del monopolio della Centrale torinese, a cui veniva convogliato tutto il latte raccolto in
valle, che è nata l’idea della cooperativa. Dieci, quindici di noi,
per stabilire un minimo d’autonomia nel settore, hanno costituito il « macello cooperativo pinerolese » proprio perché fosse il
produttore a gestire il suo prodotto. Oggi, con il nuovo Consorzio, siamo di fronte alla volontà di 5 cooperative; quindi
la mentalità cooperativistica si
è diffusa proprio perché risponde a delle reali esigenze.
che il latte giungerà da bestiame assolutamente sano, grazie
ai rigorosi controlli; immune da
brucellosi, T.B.C., ecc.
— Ha l’impressione che la
C. M., che si è fatta parte determinante nel coagulare questi
gruppi cooperativistici, aveva le
idee abbastanza chiare (dati precisi, studi di mercato, progetti)
su questa nuova cooperativa che
vi aiuta a fare? Non è che vi fa
La sede
in allestimenlo
del centro
impaccheltamento
del latte di
via Pralafera
a Luserna
San Giovanni
— D’accordo voi, per così dire, l’avete spuntata sulla Centrale del Latte di Torino, e adesso vi buttate in una nuova impresa ( impacchettamento e ven
dita del latte); siete sicuri di
accontentare i vostri clienti abituati al latte fresco e non « insaccato »?
— Una vecchia legge ci ricorda giustamente, che il prodotto
deve arrivare sano a destinazione. E questo è il nostro traguardo che ci proponiamo, tanto più
che il latte, nonos.tante la pastorizzazione a cui viene sottoposto, manterrà tutte le sue caratteristiche organolettiche. Un altro vantaggio è l’impacchettamento locale; se nel giro di 48
ore non verrà smerciato si provvederà a convogliarlo per la trasformazione in latticini, formaggi ecc. Non dimentichiamo poi
Consorzio Agrìcolo
Volli Alpine
Cooperative facenti parte del CONSORZIO AGRICOLO
VALLI ALPINE con sede in Luserna San Giovanni - loc. Pralafera. Presidente; Capitani Francesco.
1 ) « Società Cooperativa Latteria Sociale Alta Val Pellice a responsabilità limitata ».
Sede: Bobbio Pellice.
Data di costituzione: 13 dicembre 1953.
Scopi principali : Lavorazione e commercializzazione
del latte e derivati.
Soci iscritti: n. 92.
Prodotto annuo conferito:
4.000 ql. circa.
Presidente :
Sig. Pontet Aldo.
2)«MaceUo Cooperativo Pinerolese a r. 1. ».
Sede: Pinerolo.
Data di costituzione: 30 aprile 1960.
Scopi principali: Lavorazione
e commercializzazione del
latte, delle carni e relativi
derivati.
Soci iscritti: n. 216.
Prodotto annuo conferito:
20.000 ql. circa di latte.
Presidente :
Sig. Capitani Francesco.
3 ) « Cooperativa Agricoltori
Villaresi s.r.l. ».
Sede: Villar Pellice.
Data di costituzione: 6 giugno 1975.
Scopi principali : Allevamento in forma associativa —
Acquisizione collettiva dei
prodotti necessari alle aziende associate — Commercializzazione dei prodotti agricoli.
Soci iscritti: n. 40.
Presidente :
Sig. Cairus Isacco.
4) «Cooperativa Agricola Angrogna s.r.l.».
Sede : Angrogna.
Data di costituzione: 3 ottobre 1975.
Scopi principali : Commercializzazione dei prodotti agricoli con particolare riferimento al latte — Acquisti
collettivi dei prodotti necessari alle aziende associate.
Soci iscritti: n. 42.
Presidente :
Sig. Malan Elmo.
5) « Cooperativa Agricola Lusema S. Giovanni s.r.l. ».
Sede: Luserna S. Giovanni.
Data di costituzione: 24 novembre 1975.
Scopi principali: Commercializzazione dei prodotti agricoli con particolare riferimento al latte — Acquisti
collettivi dei prodotti necessari alle aziende associate.
Soci iscritti: n. 35.
Presidente :
Sig. Zeppegno Giuseppe.
fare una cosa che poi non funzionerà?
— Da soli noi non saremmo
riusciti a costituire questo consorzio in cos'( breve tempo perché il territorio della Comunità
Montana rappresenta uno spazio
in grado di garantire la produzione necessaria e sufficiente al
funzionamento degli impianti.
Nello stesso tempo rappresenta
una struttura aperta sia alla immissione di prodotto da lavorare proveniente da fuori valle, sia
alla commercializzazione del medesimo inizialmente entro i confini della Comunità con ampie
possibilità di estensione del mercato ad altre aree.
Io penso che la C. M. ha fatto
bene ad esaltare una prospettiva di base, qui ci sono gli ingredienti fondamentali per sviluppare questo progetto.
Con la nascita del Consorzio
si stabilisce una concreta autonomia nelle scelte economiche
del settore; di per sé il Consorzio è semplicemente lo strumento giuridico che gestirà il
futuro centro d’impacchettamento del latte. Non a caso il Consorzio è il frutto dell’unione di
5 cooperative; esso si ricollega
alla maggior partecipazione dei
contadini ai problemi e alle possibili soluzioni nel settore della
agricoltura. Vorrei aggiungere
che con il nuovo Consorzio si
tenta di salvare il nostro patrimonio, specialmente in Val Pellice, agricolo e zootecnico.
Un altro obiettivo da raggiungere tramite il Consorzio è la
creazione di una serie di centri
di vendita (quello di Angrogna
è già il primo) che venderebbero prodotti locali. Infine con la
nostra iniziativa miriamo a creare anche nuovi posti di lavoro
e a frenare l’emorragia di forze
dalla montagna.
— Quali vantaggi vi aspettate
dal Consorzio?
— Il primo risultato dovrebbe essere una maggiore partecipazione e maturazione politica
degli agricoltori. Vi sono già dei
segni di una maggiore presa di
coscienza dei propri problemi
da parte di molti agricoltori. In
secondo luogo vi sarà la possibilità di mantenere gli attuali livelli di posti di lavoro nella zona.
Ritengo inoltre che la creazione del Comprensorio, pena il fallimento di questa struttura, dovrà tenere conto di quanto già
è stato avviato in Val Pellice.
In terzo luogo ritengo che sia
un esperimento valido perché indica una possibilità effettiva di
collaborazione tra i privati, riuniti in cooperativa, e l’ente pubblico, in questo caso comunità
Montana. Questo significa che
il privato non può più badare
solo ai suoi piccoli o grandi interessi, ma deve tener conto delle esigenze di tutto il territorio in cui opera. Questa solidarietà tra tutte le forze sociali mi
pare elemento di assoluta rilevanza.
Comunità Montana
Chisone
e Germanasca
Visita della Latteria sociale di
Borgiallo e di un allevamento di
bovine valdostane
La Comunità Montana organizza
per sabato 23 ottobre 1976 una visita
di istruzione alla latteria sociale di
Borgiallo (presso Courgnè). Nel corso
della mattinata verrà inoltre visitato
un allevamento di duecento bovine da
latte di razza valdostana.
Partenza: Frali ore 5,00, Ferrerò
5,20, Fomaretto 5,30, Finasca 5,40.
Inverso Finasca 5,50, S, Germano 6.
Pragelato ore 5,00, Usseaux 5,10, Fenestrelle 5,20, Roure 5,30, Ferosa Argentina 5,40, Villar Ferosa 5,50, Forte 6.
Rientro: previsto per le ore 13,30
circa.
Prezzo del viaggio in pullman:
L. 2.000, caparra L. 1.000.
Le prenotazioni si accettano fino a
giovedì 14 ottobre presso il Messo
Comunale.
Raccolta castagne e noci 1976
Anche per quest’anno, organizzata
dalla Comunità Montana, è prevista la
raccolta delle castagne e delle noci.
Coloro che intendono portare le castagne e le noci sono pregati di attenersi alle seguenti norme :
— portare il prodotto in sacchi di tela o di carta, ma non di plastica;
— non si possono accettare castagne
troppo piccole (in un Kg. ci devono essere al massimo 100 castagne);
— portare le castagne e le noci esclusivamente il giovedì dalle ore
13,30 alle ore 16.
Il prezzo verrà stabilito durante la
campagna di vendita a esconda dell’andamento del mercato.
TORRE PELLICE
Festa dei ritorno
alla scuola
Anche quest’anno la (Cooperativa ha organizzato la « festa del
ritorno alla scuola » con la distribuzione di oggetti di cancelleria ai figli dei soci e con l'assegnazione di quattro borse di
studio intitolate a Gianni Mariani e Carlo Stefanetto.
Lo svolgimento della festa e
la consegna delle borse avrà luogo lunedì 4 ottobre p.v. alle ore
20 nei locali del cinema Trento
di Torre Pellice, nella circostanza avrà pure luogo una rappresentazione teatrale per i bambini.
50 donne alsaziane
visitano le valli
Giovedì 30 settembre arriverà
a Torre Pellice, per un soggiorno di 3 giorni, un gruppo di 50
alsaziane di « Femmes responsahles », per ricambiare una visita ricevuta nel 1973. Saranno
ospitate dalle Unioni Femminili
e dalle chiese di Torre Pellice e
Luserna S. Giovanni.
Durante il loro soggiorno presenteranno ai gruppi valdesi degli studi biblici sul tema della
preghiera, presentati in una forma nuova e vivace. Tutte le unioni femminili e le donne delle nostre chiese sono invitate a questo
incontro.
L’orario degli studi è il seguente :
venerdì T ottobre alle ore 9;
sabato 2 alle ore 17;
domenica 3 alle ore 15.
Gli studi si terranno presso la
Foresteria valdese.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a Nini Boer, tei. 90.367
e Ade Gardiol, tei. 91.277.
7
r ottobre 1976
CRONACA DELLE VALLI
TORRE PELLICE: TAVOLA ROTONDA
Sul comprensorio
Il 14 novembre prossimo vi saranno
le elezioni per il comprensorio di Pinerolo. Queste ultime settimane gono
dunque momenti di intensa attività
politica per cercare quegli accordi fra
i vari partiti che evitino le sorprese
deH’ultimo momento. Sorprese che
hanno poco spazio in verità, vista la
situazione. È cosa nota che la DC pinerolese ha la possibilità di gestire la
politica del comprensorio, potendo contare sulla maggioranza dei suoi rappresentanti. Dei 47 comuni facenti parte
del comprensorio pinerolese solo 3 superano i 5 mila abitanti ed hanno diritto alla metà dei rappresentanti (30)
e sono: Pinerolo, Cavour e Luserna S.
Giovanni, mentre per tutti gli altri
comuni i rappresentanti saranno 24. I
6 rappresentanti provinciali portano
dunque a 60 il numero dei consiglieri.
Lunedì 20 settembre, promossa dalla Comunità Montana Val Pellice, ha
avuto luogo a Torre una tavola rotonda sul problema del comprensorio di
Pinerolo. Erano stati invitati i rappresentanti del PCI, del PSI, della DC
e del PLI.
Per il PC il neo senatore ^yossoi
ha sostenuto la validità del comprensorio come momento fondamentale della riforma dello stato nella politica
di decentramento regionale. Dopo aver
riaffermato la necessità di valorizzare
le aggregazioni preesistenti (quindi la
comunità montana) ed un nuovo sviluppo della produzione, Ayassot si è
soffermato su quelli che saranno i poteri del comprensorio, non ancora sufficientemente precisati ma essenzialmente nella prospettiva della programmazione socio-economica, della
piena occupazione, difesa del suolo e
delLambiente, riorganizzazione e centralizzazione di certe attrezzature pubbliche, ecc. Gli altri punti del suo intervento concernevano il grosso problema della finanza locale e del rapporto
stato-enti locali.
Per il PSI ha parlato Maccari^ presidente della C.M. Val Chisone-Germanasca, rilevando innanzitutto le
molte incertezze che sorgono sul piano giuridico, data la mancanza di una
legge statale che inquadri resistenza
del comprensorio.
I conflitti di competenza sono sempre dannosi ed occorrerà evitare il ripetersi della situazione in cui si sono
trovate le Comunità Montane.
La legge regionale dice che il Comprensorio è un organismo decentrato
della Regione: si tratta ora di stabilire quali sono le deleghe concesse al
comprensorio.
II lato positivo del comprensorio è
senza dubbio nella possibilità di diventare uno spazio di autonomia più ampia dì quella dei comuni in cui non è
più possibile realizzare certi progetti.
Il grosso limite che permane sta nel
fatto che la legge regionale dà poco
spazio alle Comunità Montane (i presidenti hanno voce consultiva!). Qual’è
dunque il ruolo della C.M. nel Comprensorio?
Neppure a livello finanziario il
l'apporto è chiaro, in quanto i canali
dì finanziamento dei comprensori sono
quelli regionali, mentre invece quelli
delle C.M. sono statali. Ora le C.M.
rivendicano, oltre al canale di finanziamento comprensoriale un’altra fonte di finanziamento che sia esclusiva
per le zone montane (un fondo regionale per la montagna ad esempio).
Maccari ha infine rilevato che la
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percentuale della rappresentanza nel
comprensorio è di 1 rappresentante
ogni 1700 abitanti per i tre comuni
oltre i 5.000 abitanti e di I ogni
2.600 per tutti gli altri comuni.
Mattino per il PLI ha sostenuto che
il comprensorio è una trappola per le
autonomìe locali e che è un puro momento di razionalizzazione del sistema.
L’assessore al comune di Lusernetta
C. Martina ha parlato per la DC asserendo che la legge lascia dei margini di perplessità ma che senza il comprensorio la programmazione regionale resta qualcosa che cade sulla testa
degli amministratori.
Nel dibattito che ha fatto seguito
Cotta Morandini per il PSDI ha affermato che il comprensorio non intende in alcun caso menomare le autonomie locali ma occorre che le C.M.
siano meglio rappresentate.
Gustavo Comba per il PR ha espresso la perplessità che il comprensorio costituisca un ulteriore sviluppo
della burocrazia e che dia ragione a]
dissesto economico dilagante.
Delpero, del PCI di Luserna, ha
lamentato che da sempre sì parla di
piani di sviluppo ma che sin qui non
s’è visto niente di più che la redazione di questi piani.
Aldo Ferrerò, di Democrazia Proletaria, ha sostenuto che il comprensorio è il luogo reale in cui affrontare
i grossi problemi di zona : trasporti,
insediamenti industriali, agricoltura,
ecc. Purtroppo — ha detto — è nato
troppo in fretta, prima delle elezioni
amministrative del 1975; è stata una
delle ultime cose che la DC ha voluto
fare. In prospettiva il comprensorio
dovrà far saltare la provincia, che rischia di fornire soltanto poltrone.
Ferrerò ha infine sottolineato il grosso limite delle elezioni del comprensorio: da mesi si sa già chi sarà il
presidente, la linea politica sembra
sia quella del consiglio comunale di
Pinerolo e viene a mancare una rappresentanza diretta. In ultima analisi
« le elezioni saranno un giochetto di
cìrcoli molto ristretti » ha concluso
Ferrerò. e. g,
PINEROLO
La comunità si è raccolta domenica scorsa intorno ai sig.ri
Deodato per esprimere loro la
sua simpatia ed il suo affetto
dopo 18 anni di ministero pastorale pinerolese. La meditazione
sobria e lineare del past. Deodato ha messo in luce il significato del ministero pastorale come servizio nell’edificazione della chiesa; il presidente del Concistoro Costante Costantino ha,
dal canto suo, sottolineato i profondi vincoli di solidarietà e di
amicizia che si sono creati fra il
pastore Deodato e tutti i membri della comunità.
L’insediamento del past. Ayassot avverrà nel corso del culto
di domenica 17 ottobre.
VILLAR PELLICE
Gli allevatori dell’alpeggio Pralacomba di Villar Pellice rivolgono un vivo grazie alla direzione della Pro-loco di Villar e al
sindaco Paolo Frache e alla giuria diretta dai veterinari Marchetti Pierino e Gönnet Osvaldo
per la mostra delle manze Alpeggio Pralacomba svoltaci domenica 26 settembre in località
Pertosel. Siamo lieti che anche
quest’anno, sebbene con difficoltà finanziarie, la mostra si sia
realizzata dando prova di massima collaborazione fra i dirigenti e allevatori e ci auguriamo che questa collaborazione
continui, e trovarci tutti gli anni a Pertosel per la festa dell’alpeggio Pralacomba.
Gli Allevatori
POMARETTO
A partire dal 3 ottobre ’76 il
pastore Renato Coisson con la
sua famiglia sarà a Pomaretto.
Provvisoriamente sarà alloggiato presso il Convitto Valdese
(tei. 81.273) non essendo ancora
ultimati i lavori di riparazione
alla casa pastorale.
Le attività avranno inizio la
domenica 10 ott., giorno dell’insediamento del nuovo pastore.
Si invitano particolarmente tutti
i genitori coi bambini della
Scuola Domenicale a partecipare al culto.
A partire da domenica 3 ottobre il culto inizierà alle ore 10,30.
INCONTRO
PASTORALE
’ Il prossimo incontro dei pastori del 1° distretto avrà luogo
lunedi 11 ottobre a Villa Olanda
con inizio alle ore 9.15 precise.
La giornata sarà così, suddivisa:
Mattino ; valutazione delle discussioni e decisioni sinodali
(introducono: Ernesto Ayassot e Claudio Tron).
Pomeriggio: a) discussione sui
principali temi della prossima
assemblea della FCEI a Bari
(introduce: Ermanno Genre);
b) Problemi del distretto e comunicazioni della Tavola.
Chiusura: ore 16.30. Si ricorda
che l’impegno di partecipazione è per tutta la giornata.
Nel primo colloquio dopo la
pausa estiva, tenuto a Torre
Pellice il 20 settembre, si è deciso che ogni incontro sarà diviso
in due parti. Nella prima parte,
introdotto da due brevi relazioni, si avvierà un confronto di
posizioni centrato su vari aspetti
della cristologia.
Il confronto prenderà le mosse dalle formulazioni del Catechismo della Chiesa Valdese, avendo di mira ciò che si deve
dire nell’insegnamento e nella
predicazione oggi. Nella seconda
parte si affronteranno i temi
proposti dalla Tavola e dal Comitato Permanente allo studio
delle Chiese : Assemblea della
Federazione Evangelica, Risoluzioni del Comitato Centrale del
CEC, problema dei ministeri e
regolamenti sulle Chiese locali,
politica finanziaria della Chiesa.
La Commissione Distrettuale.
DISTREnO
Cassieri
I cassieri delle chiese del Distretto sono convocati per l’esame della situazione finanziaria
dei 7 mesi del 1976 e per impostare il preventivo di spesa dell’anno 1977.
Gli incontri avranno luogo:
sabato 16 ottobre a Torre
Pellice (sala unionista) per le
chiese della vai Pellice;
sabato 23 ottobre a Pinerolo
via dei Mille 1 alle ore 16 per
le chiese delle valli Chisone e
Germanasca.
la CED
Incontro monitori
L’incontro dei monitori, preannunziato per domenica 26, ha
avuto luogo a Pinerolo nei locali della chiesa con numerosa
partecipazione di monitori rappresentanti quasi tutte le scuole domenicali del Distretto.
II materiale proposto dal Comitato delle Scuole Domenicali
è stato preso in attento esame
e valutato in vista della sua utilizzazione nel corso del prossimo anno. Incontri di monitori
avranno luogo per un ulteriore
scambio di idee e di esperienze
nel corso del mese di ottobre a
livello di circuiti.
SAN SECONDO
Domenica 19 settembre il pastore Arnaldo Genre ha amministrato il Battesimo a Marco Rostan, primogenito di Walter e di
Paola Griglio (Centro). Nella famìglia di Bruno Rivoiro e Anna
Maria Carello, stabiliti a Cumiana, è nata Simona. A questi bimbi ed alle loro famiglie esprimiamo l’augurio fraterno di tutta la
comunità.
• Il pastore, assente per ferie,
è stato sostituito dal fratello Dino Gardiol e dai pastori Silvio
Long e Arnaldo Genre che ringraziamo vivamente.
• Domenica 19 settembre il delegato al Sinodo Daniele Ghigo
ha fatto una prima relazione dei
lavori sinodali. Una più completa sarà letta in occasione della
prossima assemblea di chiesa.
Concerto delle Valli
Nella settimana dal 1 al 9 ottobre avrà luogo una serie
di concerti della corale di Kassel, diretta dal M.o Prautzsch.
La corale di Kassel è ben nota fra di noi perché nelle
sue precedenti tournéés abbiamo avuto modo di apprezzarne la preparazione.
Il programma è il seguente; Mercoledì 6, ore 21: Torre
Pellice; giovedì 7, ore 21: San Germano; venerdì 8, ore 21:
Pinerolo.
Nei pomeriggi la Corale farà visite in alcuni dei nostri
Istituti. Tutti sono cordialmente invitati ad assistere ai concerti. L’ingressq^ è libero. ________________
ANGROGNA
RORA’
La presentazione alla comunità del pastore titolare Ermanno
Genre avrà luogo, a cura del
Consiglio del 1” Circuito, ¿lòmenica 10 ottobre durante il culto.
Arriva la lucei
Marted'. 21 settembre i quartieri di Buonanotte, Cacet, Rivoira hanno finalmente ricevuto
la luce elettrica. Per la zona di
Pradeltorno i lavori sono ormai
in fase avanzata e si spera che
possano essere conclusi prima
deH’inverno.
Trova così, soluzione, grazie
all’intervento del Comune, della
Comunità Montana e del piano
verde, un problema che si trascinava da anni.
Purtroppo è rimasta fuori dal
piano di elettrificazione l’altra
zona della Valle di Angrogna
tuttora senza luce elettrica, comprendente i Pons, le Sonagliette,
la Garsinera ed i Punt, per la
quale fin’ora non vi sono prospettive concrete.
L’arrivo della luce nell’alta valle è un segno di speranza per
chi abita quelle zone cosi disagiate ed emarginate, ma per rompere questo isolamento sarebbe
urgente che anche il problema
della strada per Buonanotte-Rivoira fosse risolto. Se da una
parte vi è questo segno dì speranza e di progresso, dall’altra
è con tristezza che la popolazione ha appreso la notizia, purtroppo prevista, che, questo autunno, la scuola di Cacet non si
riaprirà. Gli ultimi 3 bambini
sono ormai in V e possono frequentare la scuola di Chiot
dl’Aiga.
• Mercole-dì, 29 si sono svolti i
funerali di Besson Luigi della
Ruadaval (Serre) deceduto tragicamente all’età di 75 anni. La
comunità circonda i familiari
dello scomparso.
Domenica 10 ottobre alle 10,30
presso il Tempio del Capoluogo,
nel corso del culto, verrà presentato alla comunità il pastore
Giuseppe Piatone che inizierà a
partire da quella data il suo ministerio ad Angrogna. Per l’occasione il culto al Serre verrà
sospeso permettendo cosi a tutti di partecipare all’insediamento del nuovo pastore.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• Un’agape fraterna, curata con
la nota competenza dal sig. Gobelin e dalla sua équipe, ha riunito, sabato sera nella sala Albarin, i concistori della bassa
Val Pellice che hanno voluto rivolgere il loro affettuoso saluto
ai pastori A. Sonelli, R. Coisson,
E. Genre che lasciano le comunità dell’ex presbiterio per trasferirsi nelle nuove sedi in cui
sono stati eletti.
È stato un incontro gioioso
ma nel contempo commovente
perché i contatti umani e fraterni di tanti anni hanno creato un legame di affetto che non
solo non si può cancellare ma
accentua il dolore del distacco.
Non discorsi programihati ma
sincere attestazioni di riconoscenza in modo particolare da
parte dei predicatori laici che
hanno voluto dire il loro grazie
sentito ai pastori Sonelli e Coisson che negli anni trascorsi insieme sono sempre stati per lo
ro di prezioso e validissimo
aiuto.
• Il culto di Santa Cena di domenica prossima, 3 ottobre, sarà presieduto dal pastore Ermanno Genre che termina cos;,
il suo ministerio come secondo
pastore per trasferirsi nella parrocchia di Rorà in cui, è statp
eletto. . . ' ■
Nel pomeriggio dòlio stesso
giorno in una riunione congiunta dei due concistori presieduta
dal capo distretto verrà definita
la collaborazione del pastore
Genre con la nostra parrocchià.
• L’apertura delle attività avrà
luogo la seconda domenica di
ottobre con un culto alle ore
10.30 nel tempio. Saranno presenti i bambini delle Scuole Domenicali ed i ragazzi del pre-catechismo e catechismo.
Ai catecumeni del 1° anno verrà offerta la Bibbia.
• All’età di 82 anni è deceduto
a Lanzo Torinese il fratello Salvatóre Taccia.
Ai funerali, che hanno avuto
luogo venerdì, pomeriggio, l’Evangelo della resurrezione è stato annunciato dal nipote pastore Taccia.
TORRE PELLICE
13 anni di esperienze, vissute
insieme come membri di una
grande famiglia in contatti fraterni e spirituali condivisi nella
gioia e nella tristezza, lasciano
un’impronta profonda.
Radunata in gran numero nel
tempio, la domenica 26 settembre la Comunità di Torre Pellice, unita in un medesimo sentimento di rammarico, seppe dimostrare il suo affetto e la sua
riconoscenza al Pastore e Violetta Sonelli.
Ancora una volta l’invito ci fu
rivolto, chiaro ed insistente a
rimanere uniti nella fede — a
rinnovarci affine di essere sinceri e irreprensibili; ad annunciare la Speranza in Cristo, a
coloro che sono disperati.
Solo se sapremo amarci in
Cristo pure accettando i dissensi
la nostra testimonianza sarà a
gloria e lode di Dio. In un messaggio ciclostilato il pastore Sonelli ringrazia il Signore che ha
dato loro la gioia di questo soggiorno nel cuore delle Valli Vaidesi.
« Con questo contatto, col vivere giorno dopo giorno; anno
dopo anno, fianco a fianco », i
discepoli di Cristo hanno potuto conoscere veramente la chiesa e il popolo Valdese.
Con la famiglia Sonelli, anche
tutti noi rendiamo grazie a Dio,
per averceli imprestati.
Un gruppo di monitori e di catechisti hanno voluto passare una serata con loro riconoscenti
per la guida spirituale ricevuta.
A San Giovanni i concistori
della Val Pellice radunati per la
cena hanno espresso la loro fratellanza e gioia per i numerosi
incontri che durante questi 13
anni li hanno aiutati a vicenda
a portare le responsabilità del
ministero.
La certezza di essere, ognuno
di noi, chiamati da un medesimo Signore ad una medesima
responsabilità quà, nelle Valli
Valdesi, come là, nella città fiorentina, rimarrà un legame che
ci aiuterà a sentirci vicini gli uni
agli altri, uniti nella preghiera
e nell’amore di Cristo.
G. JaUa
AVVISI ECONOMICI
PICCOLO nucleo familiare cerca persona disposta recarsi a Torino per
lavori domestici. Telefonare Torre
Pellice 91174.
« O Eterno, io ho gridato a
Te e Tu mi hai sanato ».
(Salmo 30: 2)
Commossi e riconoscenti per la dimostrazione di affetto e di cordoglio
tributata al loro caro
Renato Gardiol
di anni 45
la moglie e le figlie ringraziano vivamente tutti coloro che hanno preso
parte al loro dolore.
Un grazie particolare al pastore
Pons e ai vifcini'di feasà. ■
Villar ,Perosa, 5 settembre 1975
8
8
1° ottobre 1976
ADELFIA: CAMPO STUDI
Difesa popolare nonviolenta
Accordi fra Stato e Chiesa
Si è concluso ad Adelfia un
campo studi sul tema « Difesa
popolare nonviolenta », organizzato dal MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione).
Per Difesa popolare nonviolenta s’intende un modo alternativo
del popolo di difendersi dagli avversari esterni e, forse più, da
quelli interni.
E — possiamo dire — il metodo di un nuovo auspicabile futuro esercito, fatto da tutti i cittadini, organizzati in movimenti
di base, attivi e socialmente maturi.
DIFESA
Non si ha il dovere di difendersi; difendere la patria, cioè
noi stessi. La difesa non è un dovere, è un diritto. Il porgere l’altra guancia non è un atteggiamento di rassegnazione e di passività, ma di liberazione; di liberazione della paura dell’avversario, di desiderio affinché lo stesso avversario venga liberato.
Bisogna dunque difendersi!
Difendersi da eventuali aggressori {?), ma anche dagli sfruttatori (i più veri avversari del popolo), da chi detiene un certo
potere solo per i propri interess.i
Se si è cambiato il diritto in
dovere, è perché il popolo non
ritiene la difesa così tanto reclamizzata veramente sua.
POPOLARE
Questo nuovo auspicabile tipo
di difesa (già diverse volte praticato; India, USA, Norvegia, Danimarca, ecc.) implica la partecipazione attiva di tutti i cittadini, possibilmente sensibilizzati
a tempo in comitati di quartiere
e di zona,
Ci potranno essere leaders, ma
mai alti ufficiali.
Il leader nonviolento è colui
che si mette in prima ñla, che
viene ascoltato perché si ha fiducia in lui, per la sua forte personalità, per il suo modo di fare; l’alto ufficiale è il piccolo gerarca che manda in prima fila
gli altri.
Il dialogo, il discutere opportunamente tutti i problemi insieme, la gestione dal basso, comunque, sono gli elementi che
caratterizzano questo tipo di difesa. L’avversario si vede venire
incontro gente che vuole discutere e non nemici che vogliono
uccidere.
NONVIOLENZA
La nonviolenza è l’arma propria del popolo. E il potente che
ha le armi e i soldi per poter
comprare strumenti sempre niù
perfezionati. Il popolo non ha
molti soldi (se non vuole finire
a compromessi a indebitamenti
senza fine) e poi in generale non
è portato (se non in casi estremi
e spesso solo una minoranza) alla violenza. Spesso è quello che
comprende più di ogni altro
l’avversario, che quasi giustifica
il suo essere così. Compito della nonviolenza è in questo caso
proprio quello di non condannare ma di non far cedere assolutamente il popolo a giustificazioni che implichino staticità.
La nonviolenza combatte tutte
le ingiustirie, perché ogni ingiustizia è violenza; non è rassegnazione, ma lotta. Pur non giudicando con condanna coloro che
hanno scelto altri mezzi per degli scopi simili, la nonviolenza
ritiene che la violenza non può
che portare ad altre violenze e
che anche quando si vince per
una giusta causa ma violentemente, le conseguenze economiche, materiali, psicologiche sono
talmente gravi e profonde da
sembrare tale vittoria una « vittoria di Pirro ».
La nonviolenza intende combattere per la Rivoluzione, ma
una rivoluzione veramente radicale e completa, una rivoluzione che oltre le strutture richieda una diversa mentalità da
parte di tutti: mentalità di collaborazione, fiducia, lealtà, amore.
E utopia? E come si fa a fare
qualcosa senza iniziare e dicendo solo che è utopia?
Comporta sacrifici? E come si
fa ad ottenere qualcosa (anche
una vittoria violenta) senza sacrifici?
Cristo ci ha promesso un « Regno di Pace e di Giustizia »: cosa di più utopico di questo? Eppure — parlo ai credenti — dobbiamo credere a quest’utopia ma
almeno non saremo complici o
del tutto complici del ristagno e
del perdurare di questo mondo
di violenza e di malvagità! Noi
siamo stati chiamati ad annunziare sì il Regno, cioè l’utopia
di Cristo realizzata, ma siamo
soprattutto chiamati ad essere
un’espressione vivente, dei testimoni veraci e premonitori di
fronte al mondo.
La nonviolenza comunque è
una tecnica che può comprendere anche il non credente, una
nuova scienza, che si basa sugli
errori e sugli orrori del passato.
Cerchiamo di porre rimedio a
questi errori cercando di lavorare in maniera diversa e collaborando con quanto più persone
possibili, nel non collaborare attivamente coi « facitori del male ».
Quest’ articolo — non so fin
quanto chiaro, ma sentito — non
è proprio una sintesi dello studio che abbiamo fatto ad Adelfia,, prima delle visite in alcuni
centri della Sicilia (Riesi, Partinico, Partanna); ma vuole essere un appello, perché questo problema si approfondisca sempre
di più, in modo che potremo
avere in seno alla società maggiori forze, disposte a lavorare
veramente per la pace e la giustizia, preludio di un progressivo rimpicciolimento ed eventuale
eliminazione dell’esercito armato (possibilmente non del solo
italiano), sinonimo di « violenza
legalizzata » e di una certa mentalità gerarchizzata e di classe,
che è ben al di fuori dello spirito del Vangelo a cui io e molti
di voi credono seriamente.
Nino
Servizio Cristiano, Riesi
Rapporti I Salesiani chiudono
Grecia - Santa Sede “Terra Nuova”
Atene. Circa la possibilità di
stabilire relazioni diplomatiche
fra la Grecia e la Santa Sede si
svolge da tempo una discussione
aperta.
Il settimanale « Politikà, Ikonomika Themata » (Questioni politiche ed economiche) conclude
il suo servizio citando il caso delle relazioni fra Cipro e la S. Sede
e termina; « Questa conclusione
mostra chiaramente l’opportunità di- una eventuale iniziativa
del governo per lo stabilimento
di relazioni diplomatiche con la
S. Sede. Il governo greco dopo
il superamento delle divergenze
religiose e la positiva promozione del dialogo teologico ufficiale
fra le Chiese ortodossa e cattolica romana, può ormai abbandonare l’atteggiamento negativo
che ha avuto finora verso ogni
forma di rappresentanza pontificia in Grecia ».
Abbiamo appreso che i salesiani si apprestano a chiudere
l’esperienza di « Terra nuova »,
un centro fondato nel 1968 con
10 scopo di reclutare i giovani
e affiancarli — dopo un periodo
di preparazione svolto nel Centro per il Volontariato — alle
missioni salesiane. L’accusa che
i superiori rivolgono al centro
è che « i giovani privilegiavano
11 momento della promozione umana rispetto all’impegno di evangelizzazione ».
I giovani affermano ora : « I
salesiani volevano un laicato
missionario che avesse sostituito la figura del coadiutore salesiano ormai in crisi. Ma per
loro, laico missionario era il giovane che va in terra di missione
buono buono a disposizione del
prete e a lui sottomesso, in tutto e per tutto», (adista).
(segue da pag. 1)
decisionale. Si vedrà allora se
si accontenterà di accettare quello che la trattativa tra DC e Vaticano avrà prodotto, forse vorrà responsabilmente impegnarsi
più decisamente verso il paese
spingendo più oltre la trattativa
per un vero mutamento di tutta l’attuale situazione concordataria.
Certo è che la maggiore responsabilità di una tale trattativa — se trattativa vi sarà ora
— come anche in questa fase di
nuovo inizio del dibattito sulla
questione, mi pare che venga a
riversarsi da un lato sul PCI per
le ragioni su esposte e dall’altro sulle spalle già curve dell’onorevole Andreotti. L’attuale
presidente del consiglio non è
uomo da esporsi facilmente, né
sino ad ora (anche prima che
assumesse le attuali responsabilità di governo) è stato uomo
dalle dichiarazioni facili ed azzardate e dalle ritirate pronte e
sfacciate. Pertanto è da dargli
fiducia nel senso che egli ha tutto da guadagnare come uomo
politico e come esponente della
DC a dare l’avvio ad una revisione concordataria, tanto più
che accortamente non ha fatta
dichiarazione alcuna in tal senso nel presentare il suo governo, come fecero invece i suoi
predecessori sbilanciandosi inopportunamente.
In seno alla DC non sembra
però essere avvenuto nulla di
nuovo in materia. In occasione
del « seminario parlamentare »
della DC l’onorevole Gonella si
è limitato a compiere un esame
del Concordato presentando le
stesse proposte di revisione, ampiamente scontate ed in se stesse insufficienti, elaborate nel 1969
dalla commissione ministeriale
da lui presieduta. Interessante
invece la dichiarazione di Andreotti che non prevede difficoltà insormontabili per la revisione del Concordato sul fondamento che 50 anni di storia non sono
passati invano.
È chiaro invece che 30 anni di
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Il problema, non è solo il Libano
ma l'intero Medio Oriente
II parlare della « Tragica
fine del Libano », come abbiamo
fatto nel n. 34 di questo settimanale (in data 3.9.’76), è stato forse un atto di eccessivo pessimismo. Lo riconosciamo volentieri:
un ultimo bagliore di speranza
per la salvezza politica di quello
sventurato paese, sembra essersi
ora riacceso!
Proprio oggi 23.9, mentre stiamo scrivendo, cessa per legge il
mandato di Frangio come presidente del Libano, ed assume la
suprema carica Elias Sarkis, eletto a seguito del noto colpo di
Stato del comando militare rimasto fedele alla classe dirigente cristiana e sotto la tutela siriana. A un delinquente che aveva governato, o tentato di governare in combutta con la cricca
fascista (Chamoun, Pierre Gemajel e altri), succede un uomo
nuovo, non ancora compromesso, a quanto sembra, nella guerra civile, un uomo forse ancora
pulito. Ma avrà veramente peso
questo cambio della guardia in
extremis?
Scrive « Le Monde » (nell’articolo di testa del 23.9) che « lo
Stato ai cui destini il Sarkis è
chiamato a presiedere nei prossimi sei anni, non esiste praticamente più: l’amministrazione e
l’esercito sono distrutti, l’economia agonizza. La spartizione del
paese è un fatto concreto, lo è
anzi nelle coscienze dei cittadini
(fatto ancor più grave). I 40.000
morti d’una guerra civile spietata, peseranno gravemente sul
mandato sestennale del Sarkis.
È una missione, questa del
Sarkis, che fa paura. Per riuscire, egli dovrà contemporaneamente riconciliare la Siria coi
Palestinesi, i Palestinesi coi Libanesi fra di loro. Soprattutto
dovrà, far dimenticare che, V8
maggio scorso, egli è stato elet
to grazie alle baionette dell’esercito siriano. Per quattro mesi,
egli ha disperatamente cercato
di non apparire come V’uomo dei
Siriani", e di far sapere ch’egli
intendeva diventare il presidente
di tutti i Libanesi, e non d’una
frazione della nazione, come invece l’era stato il suo predecessore Frangie. Da questo punto di
vista, il Sarkis ha già commesso
una prima infrazione, accettando che la cerimonia di prestazione del giuramento costituzionale si celebri a Chtaura, nel territorio libanese occupato dall’esercito siriano. I partiti di sinistra
e la destra cristiana liberale, diretta da R. Eddè, affermano che
il Sarkis, con questo suo comportamento, ha già abbandonato
la sovranità nazionale.
Ma poteva il Sarkis fare altra
scelta? Gli piaccia o no. egli deve affrontare una realtà pericolosa: la presenza di 20.000 militari
siriani nel Libano. Le recenti
tratative siro-libano-palestinesi
di Chtaura hanno dimostrato
che i Siriani non son disposti a
ritirarsi prima d’aver imposta
la propria legge ai Palestinesi.
L’intervento militare di Damasco
ha fatto pendere l’equilibrio delle forze in favore della destra
cristiana. Finché il rapporto di
forze rimarrà quello attuale, è
poco probabile che si possa concludere un armistizio. La destra
non ha ancora riguardato tutto
il terreno che aveva perduto all’inizio dell’anno. (...) Né il Sarkis può contare sulla “forza di
pace araba" che, a causa dell’atteggiamento ambiguo degli Stati
arabi, s’è dimostrata totalmente
impotente. La carta migliore nelle mani de Sarkis è la stanchezza generale d’un paese flagellato
da diciotto mesi ininterrotti di
massacri, e impoverito dall’esodo dei suoi abitanti ».
Ma v’è di più, e il di più spie
ga perché sia così difficile penetrare nei misteri del problema
del Libano. In realtà non il Libano soltanto fa problema, ma l’intero M. Qriente. Problema immensamente tragico e che si riassume con una sola, semplice affermazione; che tutti danno addosso ai Palestinesi. Ecco ad es.
quel che si dice a Tel Aviv:
« Soprattutto il declino delrOLP, preso nella trappola libanese, è salutato come una conquista cruciale della strategia israeliana. La diminuzione dei
consensi che l’OLP ha nel mondo (sostengono a Tel Aviv) ridurrà le pressioni internazionali
su Israele. E il fallimento politico dei palestinesi aprirà la strada a una ripresa ulteriore dei
negoziati arabo-israeliani, nel
quadro di Ginevra o altrove, ma
senza la partecipazione dell’OLP
o. tutt’al più, con un’OLP incorpororata (e sottomessa) alla Siria, alla Giordania o ad ambedue » (Da « L’Espresso » del 26
settembre ’76).
Basta: non ci sentiamo di continuare ad esporre i mostruosi
fatti di perversione a tutti i livelli, da quello politico a quello
del comportamento individuale!
E di fronte alle crudeltà di coloro che combattono innalzando la
croce di Cristo, vogliamo invece
ricordare il sacrificio e l’esempio di un pilota dell'aeronautica
siriana, riportandolo da « La
Stampa » del 20.6.’76:
« Il pilota, che si era rifiutato
di colpire postazioni palestinesi
e musulmane in Libano, è stato
giustizia.to per ordine dei suoi
superiori. Lo riferisce l’agenzia
di stampa irachena, precisando
che l’esecuzione è avvenuta pochi giorni fa nella città di Suwaid, nella Siria meridionale. La
vittima si chiamava Mutee Habar Medaniva ».
storie quali i governi della DC
hanno sgranato sul tavolo della
politica italiana circa tale questione sono invece passati del
tutto invano. Sperando quindi
che per il Concordato sia venuta veramente la volta buona,
vien fatto di chiedersi se anche
per il problema di una trattativa per le intese di cui all’art. 8
della Costituzione sia venuto il
suo tempo. Se si dovesse credere alle ultime storie raccontate
dal ministro DC di turno agli
interni due anni fa, che cioè era
da ritenersi non possibile né
consigliabile trattare le intese
prima della revisione del Concordato, anche il tempo per questa trattativa, peraltro del tutto
indipendente da quella concordataria perché in essa il Vaticano non ha nulla da dire, potrebbe star per sopraggiungere. Rimane da vedere con quale fermezza e determinazione la Tavola Valdese saprà cogliere la
presente occasione per avanzare
ancora una volta una formale
richiesta adeguata.
Prima che sia
troppo tardi
(segue da pag. 1 )
anni (ammesso che sia la volta
buona) per stringere la DC alie
corde. Ma una eventuale fretta vaticana è probabilmente
suggerita dalla situazione dei
mondo cattolico italiano, itt
crescente fermento dopo la recente catena di sospensioni a divinis, mentre le comunità di base ed i cristiani per il socialismo
organizzano sempre meglio la
loro posizione anticoncordataria
(a Potenza il 2-3 ottobre le comunità di base hanno organizzato un seminario dal tema: «Comunità di base e regime concordatario in una società in trasformazione »).
Infine V interesse vaticano a
stringere i tempi può anche essere suggerito dallo sconcertante
epilogo della Ostpolitik di monsignor Casaroli il quale dopo 14 anni di lavoro intenso,
vede ora compromesso il suo
successo (la ripresa delle relazioni della santa sede con i governi d’Ungheria, DDR e Polonia) a causa di un improvviso
irrigidimento del cardinale polacco Wyszynski e di Paolo VI
che vuole ad ogni costo ottenere
un accordo globale.
In ogni caso la situazione politica attuale fa pensare ad una
« dignitosa » revisione del Concordato, che non scontenti troppo il vaticano e permetta il riassetto di tutta una serie di problemi non risolti per lo stato italiano. La revisione dunque ci sarà: ma di abrogazione, adesso,
c’è ancora qualcuno che osi parlarne? Una revisione ’’gattopardesca” che pur cambiando le cose ne lasci intatta la sostanza
non è ancora da escludersi.
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8 luglio 1960
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