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Anno 126 - n. 46
23 novembre 1990
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
PROSPETTIVE DELL’ECUMENISMO
URSS
Un grande disagio Chiese e Stato: separati
" Soviet Supremo ha approvato una legge moderna, che pone tutte
^ le confessioni religiose libere e in modo uguale di fronte alla legge
Pubblichiamo qui di seguito la
lettera che il moderatore Franco
Giampiccoli ha scritto, per incarico del Sinodo, al cardinale Ugo
Poletti, presidente della Conferenza episcopale italiana.
Al Presidente della
Conferenza Episcopale
Italiana
Cardinale Ugo Poletti
Caro fratello nel Signore,
il Sinodo delle Chiese valdesi e
metodiste anche quest’anno ha
preso in esame la situazione esistente nella scuola pubblica italiana in conseguenza della collocazione dell’ insegnamento religioso cattolico nell’orario comune a tutti gli studenti e degli obblighi connessi a tale insegnamento.
Purtroppo ancora una volta,
come persistentemente a partire
dalla firma del nuovo Concordato e dalla emanazione delle susseguenti disposizioni, si è dovuto
constatare uno stato di disagio a
danno di coloro che non si avvalgono dell’insegnamento religioso
cattolico. La soluzione che si è
inteso dare al problema scuolareligione non è stata infatti sufficientemente rispettosa della libertà di chi non si avvale deH'insegnamento concordatario. Ma
mentre negli anni scorsi la nostra protesta e resistenza si è dovuta esprimere nei confronti degli organi dello Stato — che pure, manifestamente, interpretavano posizioni e richieste del cattolicesimo italiano — quest’anno
il Sinodo ha dovuto registrare
anche un’azione diretta della CEI
a difesa dell’obbligo di permanenza a scuola dei non avvalentisi durante l’insegnamento della
religione cattolica. Questo obbligo è sentito dalle famiglie e dagli studenti evangelici — che ricevono nelle proprie chiese la loro istruzione religiosa — come
im’imposizione ingiustificata e illiberale.
Il Sinodo ha avvertito l’intervento della GEI come non conforme alla vocazione ecumenica
a cui le chiese cristiane cercano
oggi di rispondere. Ha quindi votato l’atto che qui di seguito riporto.
Art. 25 - Il Sinodo nel valutare l’azione della Conferenza
Episcopale Italiana (C.E.I.) in
generale sulla questione dell’Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola pubblica, e in particolare a difesa dell’obbligo, per gli alunni
che non si avvalgono di tale
insegnamento, di rimanere a
scuola, rileva che tale azione
viene percepita dalle nostre
chiese come contraddittoria
di un ecumenismo determinato dall’Evangelo. Il Sinodo
esprime il proprio disagio per
il perdurare, da parte della
CEI, di im atteggiamento che
nei fatti limita la libertà altrui. Il Sinodo invita la Tavola ad attirare l’attenzione dei
cattolici italiani e della CEI,
nei modi più opportuni, su tale aspetto della problematica
ecumenica.
A nome della Tavola valdese,
in ottemperanza a questo mandato sinodale. Le sarei grato se
volesse far conoscere ai vescovi
italiani il disagio delle Chiese vaidesi e metodiste in Italia nei termini in cui è stato formulato dal
Sinodo nell’atto ora citato, insieme alla preoccupazione che il
persistere di questa situazione
possa compromettere il dialogo
ecumenico ora stabilmente avviato tra le nostre chiese a livello
istituzionale.
Nell’adempiere a questo mandato del Sinodo esprimo l’auspicio che nel nome di un ecumenismo attento alla « regola aurea »
di Matteo 7: 12 — di un ecumenismo cioè desideroso che agli
altri sia assicurata la stessa libertà che si desidera per sé —
la CEI voglia ripensare tutta la
questione e cercare una soluzione nuova e adeguata del problema scuola pubblica-religione, per
la parte che le compete, in cui la
fruizione di diritti di libertà degli uni non debba comportare
obblighi costrittivi per gli altri.
A questo fine dichiaro la disponibilità della Tavola valdese a
dialogare in vista della elaborazione di una tale soluzione.
Con questa speranza, fondata
sulla potenza dello Spirito molto
più che sulle nostre possibilità
umane. La prego di ricevere un
fraterno saluto nel nome del Signore Gesù Cristo.
Franco Giampiccoli
Roma, 9 ottobre 1990.
Il telecronista che riferisce della visita di Gorbaciov a Roma è
commosso ed afferma: «Gorby ha
bisogno di un miracolo per salvare l’economia e la sua politica.
Per questo ha incontrato un esperto in miracoli, il papa. E il
papa andrà in URSS...».
Ancora una volta al pubblico
italiano è offerta un’immagine del
rapporto stato/chiese che riflette
più l’art. 1 del nuovo Concordato
italiano («la collaborazione») che
la realtà della perestrojka sovietica.
Il 1° ottobre scorso, il Soviet
supremo dell’URSS ha approvato una legge che riguarda la « libertà di coscienza e delle organizzazioni religiose ».
E’ una legge estremamente interessante anche per noi. Essa
non riguarda solamente le chiese,
duramente perseguitate dal periodo staliniano in poi, ma anche
la « propaganda ateista » dello
stato finalizzata, un tempo, alla
costruzione della « società senza Dio ».
L’art. 5 della nuova legge è molto chiaro: «Tutte le chiese sono
eguali di fronte alla legge ». Qui
la differenza è grande con la nostra Costituzione che non parla di
eguaglianza, ma afferma solamente che « tutte le confessioni
religiose sono egualmente libere
Michail Gorbaciov con la moglie: da Mosca una legge sulle religioni
contraddistinta da una seria impostazione.
davanti alla legge ». L’articolo 5
della legge sovietica specifica poi
che « lo stato non finanzierà alcuna attività delle organizzazioni
religiose né della propaganda
ateista ». E lo stesso articolo precisa ancora: « Le organizzazioni
religiose non esercitano alcuna
attività statale...; esse hanno diritto, al pari delle altre organizzazioni sociali, di avere accesso ai
mezzi di comunicazione di massa ».
IL DIO CHE UNISCE
La comunità
« La vita vostra è nascosta con Cristo in Dio »
(Colossesi 3: 3)
E’ iniziato un nuovo anno di lavoro per le nostre comunità, un anno nel quale cercheremo di
lavorare con ì nostri fratelli e le nostre sorelle, di
organizzare incontri e dibattiti, di studiare la Bibbia con adulti e bambini, di preparare culti, liturgie,
canti, di costruire un po’ di solidarietà. Ci ritroveremo spesso a correre (e a rincorrerci!), a lavorare
a volte con affanno e a riflettere con preoccupazione sulle nostre attività, sul nostro modo di essere chiesa oggi, sulle nostre strutture ecclesiastiche, sul ruolo dei nostri pastori...; sperimenteremo
momenti di fraternità, ma anche, inevitabilmente,
momenti di tensione. Perché tutto questo? Non sarebbe sufficiente una Bibbia nelle case di chi pensa
che la ricerca di Dio ci possa anche aiutare a diventare uomini; non sarebbe sufficiente o a tratti
più autentica la preghiera individuale e la ricerca
personale di una coerenza di vita con il messaggio^
evangelico? Che senso ha la nostra chiesa? Perché
esiste?
Tutti noi siamo un po' sospettosi verso la chiesa,
in particolare noi protestanti. La Riforma è stata,
infatti, anche una grande battaglia combattuta in
nome di Cristo nei confronti di una chiesa che
aveva messo se stessa al centro, rendendo marginale il Cristo crocifisso e risorto.
Sappiamo bene, poi, che Cristo non ha fondato
— in senso proprio — alcuna chiesa nel corso del
suo ministero; quando Gesù muore, sulla croce è
solo, non c’è comunità. La comunità viene ricreata
il mattino della resurrezione e nasce, in senso
proprio, il giorno della prima Pentecoste. Gesù
dunque, attraverso il suo spirito, non è il fondatore,
ma il fondamento di ogni comunità cristiana.
Questo però non è ancora sufficiente a legittimare l’esistenza della comunità. Perché ho bisogno
di altri fratelli e sorelle per vivere la mia fede? Le
risposte possono essere tante e tutte legittime. Eccone tre, fra te altre:
1) C’è una promessa di Gesù sull’incontro, sulla comunione fra due o tre persone. Gesù è presente dove due o tre sono radunati nel suo nome.
Questo vuol dire che il cristianesimo non può essere una faccenda personale e che l'incontro con Cristo non può essere privatizzato, come spesso tendiamo a fare noi. L’Evangelo ci dice che il Signore
vivente va ricercato in compagnia di altri; la fede
ha una dimensione comunitaria. Con l’altro, con gli
altri, incontrerò il Signore; da solo incontrerò il
nulla.
2) In secondo luogo, non solo Cristo è presente quando sono con gli altri, ma Cristo è presente
negli altri. Cristo non lo incontro dentro di me, ma
10 incontro nascosto sotto le spoglie dell’altro. Se
vuoi cercare Cristo non cercare dentro di te, ma
servi gli altri: Ti lo incontrerai. Questo discorso,
ovviamente, va oltre i confini di qualsiasi comunità,
ma nasce, potremmo dire, dalla comunità se è vero
che la comunità esiste ogni volta che io riconosco
un altro come fratello, come sorella, miei e di Gesù.
3) Infine, la Bibbia ci dice che senza Cristo e
senza gli altri io non conoscerò, non incontrerò
nemmeno me stesso. Il mio ”io" lo conosco poco
per volta, attraverso l’incontro con il Cristo e con
11 mio prossimo.
« La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio »,
dice l’apostolo Paolo; ciò significa che ci può essere una vita che non è ancora la nostra vita.
Io sono me stesso, e mi riconosco e mi accetto
soltanto quando ricevo — dal mio fratello e da parte di Cristo — la parola del giudizio e della grazia,
della speranza e del perdono. Allora, e solo allora,
comprendo che la mia vita è nascosta, ma presente
nel Cristo vivente.
Gianni Genre
L’insegnamento religioso nella
scuola non è previsto.
Si tratta dunque di una legge
che prevede la completa separazione tra lo stato e le chiese.
La vita religiosa in URSS non
era mai venuta meno, nonostante le difficoltà, ma soprattutto tra
l’85 e l’89 si era molto sviluppata.
Le cifre ufficiali parlano di una
progressione imponente. Per la
sola Chiesa ortodossa si passa da
600 mila battesimi l’anno a 1 milione e 600 mila, si passa da 30
mila a 83 mila matrimoni religiosi. La legge adottata non sarà
l’unica, ma rappresenta il quadro
nel quale le varie repubbliche inseriranno le loro leggi sulla libertà religiosa. Nei prossimi mesi sarà interessante osservare come
le repubbliche musulmane regoleranno i loro rapporti con le
chiese e con l’Islam in particolare. La decisione presa dal Soviet
è però particolarmente importante per quanto riguarda la
Chiesa ortodossa. Fino al 1917 la
Chiesa ortodossa era una chiesa
di stato, dopo è stata ugualmente
un affare di stato. E’ stata cioè
largamente utilizzata per le ragioni di stato. Stalin, l’antico seminarista, era ricorso ai valori cristiani della Chiesa ortodossa nel
’41 per appellarsi al popolo contro l’invasione delle truppe naziste. In seguito Breznev aveva
utilizzato le chiese ortodosse per
le sue « campagne di pace ». Oggi questa legge colpisce duramente la gerarchia ecclesiastica ortodossa che non potrà più contare
sull’appoggio statale, sia pure indiretto. Come agiranno ora gli
ortodossi, messi oggi su un piano
di eguaglianza con le altre chiese,
con quella cattolica, con quella
battista e con quella luterana?
Lo stato ridimensiona la sua
presenza, ma quale sarà il ruolo
delle chiese?
In ogni caso il pluralismo religioso è un dato per l’URSS, l’eventuale visita del papa in questo
contesto non potrà vedere la sostituzione dei cattolici agli ortodossi. Nessun nuovo concordato
privilegiario è ormai più possibile.
Giorgio Gardiol
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commenti
23 novembre 1990
PROSPETTIVE
L’Europa
e le chiese
Con trionfalismo o con
rassegnazione, ad una qualche forma di unificazione
dell’Europa si sta arrivando. Comimque, un’epoca si
è chiusa e un’altra, per
molti versi inedita, si sta
aprendo.
La Germania è riunita. 11
1992 dell’Europa dei 12 si
sta avvicinando a grandi
passi, e cominciano ad accorgersene un po’ tutti.
L’Est cqjme categoria politica non c’è più. L’Unione Sovietica non è più né
la grande speranza, né la
grande paura; ha i suoi
problemi, grandi come il
suo territorio, la sua politica influirà sulla nuova
Europa che si va configurando, ma non sembra prevedibile, nel breve termine, né il rischio di una sua
pesante interferenza nelle
cose europee, né il rischio
opposto di una sua assenza dallo scenario.
Le chiese europee, in
questo quadro, che cosa
stanno facendo?
Dai nostro osservatorio
italiano sentiamo quotidianamente proposte di tipo
cattohco; le più coerenti,
le più pubbhcizzate, sono
queue rappresentate dal
sogno di una Europa cristiana, che può riprendere
quota aUa vigilia del terzo
millennio dando un supplemento di « valori » ad
una Europa che ha una
sua economia, ha forse
una sua politica, ma deve
riscoprire la sua cultura e
il suo cristianesijmo. Europa cristiana, in questo contesto, significa essenzialmente Europa cattolica —
nel bene e nel male — e
può non essere un caso
che tra i primi profeti della nuova Europa si possano ritrovare i nomi di importanti politici di formazione cattolica, da Schumann ad Adenauer a De
Gasperi, con la variante in
fondo complementare rappresentata da De Gallile.
Le chiese protestanti sono ancora, troppo spesso,
portate a considerarsi
« chiese nazionali » più che
chiese « universali », là dove le vicende storiche le
hanno portate ad essere
chiese maggioritarie, o comunque di popolo, o a
coccolarsi nei miti opposti
del « piccolo è bello » o
del piagnisteo minoritario
là dove rappresentano una
parte irrilevante della popolazione.
So troppo poco del mondo ortodosso per potermi
pronimciare; è un fatto che
il mondo ortodosso, pur
non coincidendo con l’est
(pensiamq all’ortodossia
presente dalla Grecia alla
Finlandia), è sconosciuto
sia sotto il profilo teologico
sia perché in larga parte
situato al di là della cortina che s’è spezzata; anche se • sarebbe assurdo
non vedere all’est l’importanza, per esempio, del cattolicesiSmo polacco o dei
credenti evangelici in quella che era la DDE.
E’ vero che la KEK
(Conferenza delle chiese
europee) ha fatto tutto
quello che ha potuto fare
perché ortodossi e protestanti, chiese dell’est e
dell’ovest, si incontrassero
e si conoscessero, ma da
un lato il grosso lavoro
svolto dalla KEK non ha
ancora raggiunto la bas?,
d’altro lato la nuova situa
zione politica ha trovato
spiazzate anche le chiese
(forse meno che le forze
politiche; ma comimque
anche le chiese sono impreparate).
Globalmente, mi pare
che le chiese ortodosse, anglicane e le grandi chiese
protestanti siano ancora
portate a credere che potranno « farcela da sole »,
nel gestire la loro propria
« politica ecclesiastica »,
salvaguardando una serie
di privilegi, dove li hanno,
o il prestigio, che spesso
c’è, forse preparate a gestire una politica culturale, spesso preoccupate della questione etica (non
identica all’attenzione cattolica ai valori, ma molto
simile), ma spesso senza
una grande fondazione teologica relativamente al
complesso problema del
rapporto chiesa-società, evangelo-cultura.
Paradossalmente le piccole chiese protestanti possono essere più equipaggiate per la nuova navigazione che si profila: se sapranno essere se stesse e
non giocare al gioco dei
« grandi ».
Prospettive per il futuro
Personalmente sono preoccupato per il breve termine, sono più fiducioso
per le prospettive di lungo respiro. Sono preoccupato per il breve termine.
Le chiese non hanno ancora fatto alcim reale percorso ecumenico; solo delle avanguardie, in tutte le
chiese, hanno creduto all’eculmenismo, e non senza
errori.
Il mondo delle chiese
rappresentate dalla KEK
sarà estremamente occupato in questioni interne (ridefinire il proprio lavoro,
dare più spazio alle chiese dell’est, ridefinire i
compiti delle chiese nella
società; con prevedibili
grosse tensioni tra impostazioni molto diverse, e
con uno scarto possibile
tra ambizioni progressiste
e remore dettate dalla
realpolitik ecclesiastica).
Lo spazio più interessante sarà occupato dai
movimenti, dai gruppi, ma
con quante contraddizioni? E proseguirà l’equivoco di fondo di ¡molti movimenti, che vorrebbero
una chiesa più profetica
ma allo stesso tempo in
grado di continuare ad essere forte?
E’ in questo spazio, a
mio avviso, che le chiese
minoritarie potrebbero
portare la loro esperienza,
la loro speranza, per una
chiesa che sa vivere solo
di evangelo, solo di grazia,
anche se le tentazioni sono molte, le difficoltà non
mancano, gli errori si fanno e si scontano: ma quanto ottimismo quando si sa
di non dover dipendere da
se stessi, dal potere, dalla
diplomazia, quando si sa
di essere solo, ma per
davvero, non nostri, ma di
Cristo!
Sono fiducioso nel futuro più a lungo termine;
proprio perché l’evangelo
mi sembra più realistico
del realismo opportunistico che le chiese europee
saranno tentate di applicare nel breve periodo,
ma che dimostrerà di avere il fiato corto, perché
non ha fondaimenti di fede. Sergio Ribet
CONGRESSO BATTISTA MONDIALE
23 novembre 1980 - Terremoto in Irpinia.
LE CHIESE E LA CEE
Dare un’anima
all’Europa
Il 5 novembre rappresentanti delle chiese protestanti ed anglicane dei paesi facenti parte della CEE si sono incontrati a Bruxelles con Jacques
Delors.
L’incontro col presidente della CEE è stato preceduto da una serie di colloqui con dirigenti di varie commissioni della CEE. Questo incontro, primo
nel suo genere, è stato preparato con cura daUa
« Comjmissione ecumenica europea chiesa e società»
(EECCS), con sede a BruxeUes.
Al centro dei vari colloqui molti problemi come,
per esempio, le linee politiche della CEE, la questione dell apertura del mercato comune ad altri paesi
europei (Polonia, Ungheria...), le nuove povertà che
si stanno svUuppando in Europa dove, su una popolazione intorno ai 350 milioni, circa 35 milioni vivono in condizioni di indigenza. Preoccupazioni sono
state espresse, da parte delle chiese, per l’impostazione della politica agricola che vedrà nei prossimi
anni ulteriori tagli di persone addette in tale settore; è stata dibattuta anche la questione dei migranti, in particolare di quelli del terzo mondo. Secondo
gli accordi di Schengen, sottoscritti dai governi,
se ne vuole limitare drasticamente l’afflusso.
E’ una misura restrittiva che, secondo le chiese, non
corrisponde a criteri di giustizia e di solidarietà. Per
restare alla nota immagine della « casa europea »
essa, secondo le chiese, dovrebbe avere porte e finestre aperte.
Ma l’Europa comunitaria è un polo di attrazione
non solo per U terzo mondo; pure il secondo vi guarda con interesse, aspirando ad una integrazione.
Anche su questo punto tra chiese e CEE s’è verificata una certa divergenza. Mentre infatti le chiese hanno accentuato il loro carattere europeo transnazionale (la Riforma, per esempio, è stata un fenomeno che ha coinvolto tutti i paesi europei e « riformati » si trovano tanto all’Est come all’Ovest), la
CEE ha posto l’accento sulle disparità economiche
che esistono tra un paese e l’altro, per cui l’integrazione non può avvenire senza passare preliminarmente da un livellamento delle economie.
L’incontro è avvenuto in un momento delicato e
importante: i cambiamenti in Europa privilegiano
l’aspetto econo|.nico. Per dirla con una battuta, 1
paesi dell’Est sono passati dal comunismo al consumismo; probabilmente guardano all’Ovest come a un
luogo in cui individuo e società, privato e pubblico,
libertà individuali e democrazia, diversità ed unità
si coniugano insieme. Nel crollo del bipolarismo a
livello mondiale, la CEE diventa una proposta di
sviluppo. Ma la CEE, attualmente, è solo la circolazione delle merci, del denaro, della forza lavoro.
Da mercato comune deve diventare una comunità.
A Bruxelles ci si rende conto dei limiti attuali
della CEE; da qui l’apertura alle chiese, quasi a voier ricuperare un’anima.
Ma, nell’incontro del 5 novembre, le chiese hanno
detto una cosa importante: grazie, l’anima ci sta
bene e ci pensiaimo, ma l’Evangelo ci impone di
pensare anche alla giustizia. Luciano Deodato
Il patto di Seoul
Testimoniare Gesù Cristo nel mencio;
una missione di gioia e responsabilità
Dal 14 al 20 agosto si è tenuto a Seoul il XVI Congre.sso dell Alleanza mondiale battista, a cui hanno partecipato 10.000 delegati in rappresentanza delle 145 missioni battiste aderenti all’Alleanza.
I battisti sono oggi nel mondo 36 milioni (con ima crescita di 4 milioni dal 1985, data del precedente congresso). Poiché i battisti contano nel loro numero solo le
persone 'battezzate si può affermare che i battisti sono
in realtà 70 milioni, comprendendo in questa cifra anche
i bambini che frequentano le chiese e i simpatizzanti.
II Congresso mondiale ha approvato il seguente « Patto di Seoul » che costituisce l’impegno e la confessione di
tutti i battisti:
Appello alle chiese da
parte dei battisti riuniti nella Corea meridionale nell’agosto 1990.
Noi ci riconsacriamo
al compito dell'evangelizzazione del mondo
con l’ohiettivo che entro il 2000 ogni essere
umano possa aver avuto
l’occasione di rispondere al messaggio dell’amore di Dio in Gesti Cristo in modo autentico e
significativo.
Facciamo appello ai
battisti, collettivamente
e individualmente, perché aderiscano a questo
patto:
1 - Noi confessiamo
che la missione, nella
quale siamo impegnati,
appartiene a Dio. E’ nostra gioia e nostra responsabilità, ispirati
dallo Spirito Santo, essere in tutto il mondo
testimoni di Gesù Cristo nostro Signore crocifìsso e risorto.
2 - Poiché noi battisti siamo parte dell’intera famiglia di Dio, la nostra testimonianza ci
chiama a pregare e ad
operare in questo compito con gli altri cristiani.
3 - Poiché tutti sono
sottoposti al giudizio di
Dio, occorre che l’Evangelo della salvezza sia
proclamato e testimoniato ad ogni generazione fino al ritorno di Gesù Cristo. Questo noi
facciamo in tutta umil
tà, poiché noi siamo
peccatori salvati per
grazia, tuttavia fiduciosi
che è per la potenza di
Dio che le persone sono
salvate.
4 - Convinti che la fede personale in Gesù
Cristo implica impegno
al Corpo suo, la Chiesa,
noi operiamo per formare nuove comunità
che siano segni efficaci
del Regno di Dio nel
mondo.
5 - Confessiamo che
l’Evangelo implica la necessità per il popolo di
Dio di operare per un
mondo dove la pace e la
giustizia sono ricercate
e la cui integrità è preservata.
6 - Quali membri della famiglia battista, noi
ci impegniamo a dare
tutto di noi stessi ed a
provvedere le risorse
necessarie perché tutti
possano comunicare la
buona notizia della salvezza nei termini propri
della loro cultura e della loro lingua.
7 - Gesù Cristo è la
speranza del mondo. Egli è il centro intorno a
cui ruota la nostra esistenza. Egli è la presenza sovrana nel Regno
nel quale viviamo e operiamo. La Sua verità è
eterna. Il Suo amore
immutabile. La Sua grazia sufficiente. A Lui noi
consegniamo la mostra
vita in modo totale,
gioioso e senza riserve.
Gloria a Dio!
Abbonamenti 1991
ITALIA
Ordinario annuale L. Semestrale L. Costo reale L. Sostenitore annuale L. 46.000 25.000 70.000 85.000
ESTERO
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23 novembre 1990
religione a scuola 3
UNA PROPOSTA FRANCESE CHE MERITA ATTENTA RIFLESSIONE
Insegnare la storia delle religioni
Un insegnamento non autonomo, ma inserito «trasversalmente» nel quadro dell’interdisciplinarità - Alla base della proposta la connessione tra il fatto religioso e la memoria collettiva e l’istanza irrinunciabile della laicità
Con questo titolo propositivo la rivista « Education
& Pédagogies », trimestrale del Centre International
d’Etudes Pédagogiques di Sèvres, ha di recente pubbli'
cato (n. 7, settembre 1990, pp. 80-87) la Raccomanda
zione n. 15 del rapporto messo a punto dalla Commis
sione di riflessione sull’insegnamento della storia, geo
grafia e scienze sociali, istituita dal ministro dell’edU'
cazione nazionale francese, Lionel Jospin, e presieduta
da Philippe Joutard, rettore dell’Accademia di Besançon
rapporto presentato già nel settembre 1989.
Si tratta in sostanza della proposta collegiale, abba^
stanza circostanziata anche in relazione alle opinioni
diffuse nel paese e alla «grande diversità di religione
in Francia » ulteriormente evidenziata dalla crescente
presenza di « un’importante comunità musulmana », di
« prendere in considerazione lo studio della storia delle
religioni » ai diversi gradi della struttura scolastica, non
quale insegnamento autonomo, ma inserito in ottica
trasversale nel quadro dei programmi e delle discipline
comuni a tutta la scuola.
Il progetto, come risulta chiaramente dalla sua lettura, è caratterizzato da numerose argomentazioni, che
valgono — si potrebbe dire — ad introdurre e motivare
le dettagliate indicazioni finali circa l’utilizzo dei programmi là vigenti rispettivajmente nelle fasce elementare, media e superiore. Tra gli argomenti addotti (con
le relative esigenze riscontrate) ci sembra significativo,
e forse non inutile in termini comparativi, sottolinearne
alcuni: la connessione tra fatto religioso e memoria
collettiva, pur nella constatazione della « scomparsa della religiosità tradizionale» nella società odierna; l’istanza della laicità in senso dinamico, dialettico anche nei
confronti dei fenomeni religiosi, per cui «la ’’neutralità” scolastica non va intesa come negazione delle co
noscenze, ma come l’apertura alla diversità ed il rifiuto di ogni indottrinamento » e quindi, in tema di contenuti, appare concretamente prospettabile un «atlante
delle grandi religioni attuali» (e delle meno «grandi»!)
non separato dalla realtà culturale e in un fondajmentaie « clima di rispetto » reciproco; inoltre, passando ai
mezzi ed alle condizioni realizzative, i postulati della
«indispensabile formazione degli insegnanti» (professionalità, non improvvisazione, obiettività indenne in
primo luogo da sconfinamenti confessionali) e della necessaria documentazione e strumentazione didattica.
Non è poi di poco conto il cenno alla discutibilità,
per lo meno nella sede non universitaria e non rigorosamente specialistica, dell’appellativo « storia delle religioni» giacché, nell’ambito della formazione scolastica per tutti, si vorrebbe conseguire non tanto «un sapere erudito » quanto lo scopo di « colmare l’immensa
ignoranza degli allievi in materia religiosa (...), ignoranza così grave al punto da rendere incomprensibili molti degli aspetti della nostra eredità culturale e certe
situazioni geopolitiche contemporanee ».
Senza approfondire le questioni di 'merito, crediamo comunque che vada conclusivamente rammentata
per ogni eventuale raffronto con la situazione italiana
la forte componente laica della storia e deUa cultura
in Francia, comprese le implicazioni scolastico-educative pur insidiate fino ad oggi dai problemi di struttura
e di contenuto e in particolare dai conflitti tra pubblico e privato confessionale; non a caso il documento
che stiamo esaminando cita tra l’altro la Ligue Française de l’Enseignement et de l’Education Permanente
e la FEN (Federazione nazionale insegnanti), assai influenti e inequivocabilmente ispirate alla laicità.
In Italia — cosa ben nota a tutti noi — l’ipoteca
concordataria e la conseguente presenza dell’insegnamento religioso cattolico condizionano pesantemente la
vita e i rapporti nella scuola statale, sicché la battaglia
in linea di principio e di fatto — condotta in special
modo dai gruppi e dalle associazioni aderenti al Comitato nazionale scuola e costituzione — è tesa a rivendicare, con sostanziosi supporti giuridici ed etici, il carattere facoltativo e aggiuntivo di qualsiasi ingerenza
confessionale rispetto agli orari e prograimmi curricoìari, palesando nel contempo gli ostacoli di vario profilo che sconsigliano, abneno in tempi brevi e medi,
l’ipotesi di seri ed obiettivi programmi di storia delle
religioni in area di insegnamento comune.
La discussione, anche su quest’ultima eventualità,
resta peraltro aperta secondo moduli e da provenienze
differenti (da credenti e non credenti, da settori della
cultura più o meno specialistica e dalla semplice utenza scolastica): così, ad esempio, su « Laicità » n. 1 anno
II (ottobre 1989), Franco Boigiani, ordinario di Storia
del cristianesimo alTUniversità di Torino, auspicava
« un insegnamento aconfessionale statale a cui accedere
per libero concorso, atto ad offrire veramente (...) una
seria preparazione a giovani che ogni giorno si dimostrano del tutto ignoranti in fatto di problematiche religiose»; mentre, setnpre a titolo altrettanto esemplificativo, si mantiene ferma la posizione statutaria del
Comitato torinese per la laicità della scuola, che propone lo «studio critico e pluralistico del fenomeno religioso come latto culturale nell’ambito delle diverse
materie m cui esso si presenta » evitando sotto qualunque forma, per la religione nella scuola pubblica, lo
status di disciplina autonoma.
Carlo Ottino
Per colmare una grave lacuna
culturale della nostra società e per
permettere agli allievi di capire
meglio le realtà storiche passate e
presenti è indispensabile prendere
in considerazione lo studio della
storia delle religioni. Ma tale studio non deve diventare un insegnamento autonomo, né nel primo né
nel secondo grado dell’istruzione.
Bisogna saper cogliere le numerose opportunità offerte dai programmi, dalla prima elementare
(calendario) all’ultimo anno delle
superiori. Insieme alla storia, la
geografia deve dare il suo contributo (cartografia, conseguenze dei
fenomeni religiosi sui paesaggi e
sulla pianificazione degli spazi). La
collaborazione con l’insegnante di
lettere è indispensabile. Nel secondo grado deil’istruzione, la questione « laicità e pluralità spirituale » dovrà obbligatoriamente figurare fra i temi trasversali studiati negli insegnamenti comuni
proposti.
I problemi
Abbiamo assistito, da oltre un
quarto di secolo in Francia, alla
scomparsa della religiosità tradizionale: il vocabolario e le nozioni concernenti le istituzioni, la
pratica e le dottrine, spesse volte non dicono più niente ai nostri
allievi. I grandi testi di riferimento (la Bibbia) e i nomi propri che
vi si trovano sono generalmente
ignorati.
Per le ragioni storiche che ognuno di noi conosce, l’insegnamento religioso non è stato assunto
dalla scuola in Francia (diversamente da quanto avviene in altri
paesi europei). Sul piano culturale,
l’unico che qui ci interessa, questa non assunzione era poco rilevante fino a quando le comunità
religiose riuscivano a raggiungere
un considerevole pubblico, cosa
che non avviene più oggi.
E’ dunque un pezzo intero della
nostra memoria collettiva che è
minacciato. L’ignoranza del fatto
religioso rischia di impedire alle
intelligenze contemporanee, specialmente a coloro che non appartengono a nessuna comunità religiosa, di accedere alle massime
opere del nostro patrimonio arti
stico, letterario e filosofico, almeno fino al XIX secolo. E’ sufficiente ad esempio percorrere le sale di
esposizione del Museo del Louvre
per rendersi conto dell’importanza
dei soggetti religiosi, e si possono
evocare alla rinfusa anche autori
come Racine, Descartes, Rousseau
o Victor Hugo fra tanti altri: tutti si inseriscono in una cultura con
una forte componente religiosa.
Questa non conoscenza del fatto
religioso impedisce anche di comprendere numerose realtà contemporanee delle quali non si può disconoscere l’importanza (il Medio
Oriente, ma anche gli Stati Uniti).
Infine la grande diversità di religione in Francia, con lo sviluppo
di una importante comunità musulmana, rende più urgente ancora
una generale informazione.
L’opinione pubblica
convinta
L’opinione pubblica ne è sempre più cosciente. Due francesi su
tre (il 65% esattamente) sono favorevoli alla creazione, nelle scuole medie e alle superiori, di un
insegnamento di storia delle religioni; questo è il risultato di un
sondaggio Sofres-Universalis del
mese di ottobre 1988. Parecchi
quotidiani nazionali e regionali e
alcuni settimanali hanno dato spazio in questi ultimi mesi ad articoli su questo problema, che riveste sempre più carattere di importanza.
Per questo motivo l’esistenza di
un insegnamento di storia delle
religioni risponde alle esigenze attuali e costituisce un superamento
del vecchio conflitto delle due
France. Ciò è auspicato sia dai laici, sia dai cattolici praticanti e tutti, di fatto, ne trarranno vantaggio.
Parecchie organizzazioni laiche
(fra cui la Ligue de l’enseignement, dal 1982, e la FEN - Federazione nazionale insegnanti) si sono dichiarate favorevoli al progetto. La laicità apparirà ancora
più convincente ai nostri contemporanei se essa riconosce apertamente l’importanza culturale e sociale delle religioni. La « neutralità » scolastica non va intesa come negazione delle conoscenze.
ma come apertura alla diversità e
rifiuto di ogni indottrinamento.
La Chiesa cattolica ha preso coscienza della distanza che si accentua fra la cultura religiosa e la
cultura comune, soprattutto fra i
giovani.
Le minoranze religiose sono rassicurate dai risultati del sondaggio citato. L’opinione pubblica,
compresi i cattolici praticanti, vuole una informazione che tenga conto dell’insieme delle grandi religioni e non soltanto del cattolicesimo. L’insegnamento impartito potrà mettere in luce che l’identità
religiosa del nostro paese è pluralistica. Esso coniugherà una più
approfondita conoscenza della cultura francese, ricca nella sua diversità, con un’apertura verso le
altre civiltà.
Un’iniziazione alla storia delle
religioni, nella scuola pubblica,
non si sostituirà al catechismo e ai
differenti insegnamenti religiosi.
La sua natura ed il suo ruolo sono
diversi.
Precisare i termini
Il dibattito si incentra non sull’acquisizione di un credo, ma sulla partecipazione ad una cultura.
Il suddetto dibattito non prende in
esame il problema dell’insegnamento religioso vero e proprio, che non
è di competenza della nostra Commissione.
L’appellativo « storia delle religioni », conservato per comodità
al fine di non innescare polemiche,
che corrisponde in realtà ad un
sapere erudito, al di fuori della
portata degli allievi, va definito
con puntualità fin dall’inizio. Si
tratta di colmare l’immensa ignoranza degli allievi in materia religiosa, a livello della storia dei
concetti, del vocabolario, del contenuto delle credenze e delle pratiche, ignoranza grave al punto da rendere incomprensibili molti degli aspetti della nostra eredità
culturale e certe situazioni geopolitiche contemporanee.
Ecco perché non è auspicabile
rendere questo insegnamento autonomo per le scuole elementari, le
medie e le superiori. Si deve inserire nello studio della storia-geografia e dell’educazione civica.
Il contenuto
Un esame dettagliato delle diverse religioni nella storia e nel
mondo attuale sarebbe noioso e
inutile. Converrebbe far vedere
l’importanza del fatto religioso
nella storia, la sua permanenza nel
mondo contemporaneo, l’atlante
delle grandi religioni attuali. Tutto
ciò dovrebbe essere espresso in un
clima di rispetto sottolineando, al
di là dei contenuti teologici, l’inserimento del religioso nella vita
culturale e nella civiltà quotidiana,
attraverso esempi concreti che differenzino la vita di tutti i giorni
degli uomini: il calendario, le festività, i nomi, l’architettura ed i
segni (la croce, la mezzaluna, la
stella di Davide...), le grandi tappe
della vita, la famiglia, ecc. La
conclusione ci fa dire che non si
può separare il religioso dalla
realtà culturale.
In questa prospettiva, converrebbe presentare sommariamente
le religioni più distanti dalla nostra cultura, il buddismo e l’induismo, sottolineando le conseguenze delle credenze sulle civiltà.
L’animismo africano, il modo in
cui è vissuto collettivamente, aiuterà a far capire l’universo mentale che può cementare una religione di questo tipo. E’ necessario
insistere sulle tre religioni monoteiste discendenti da Abramo,
l’ebraismo, il cristianesimo e
l’islam nelle loro diverse componenti, facendo risaltare le loro radici comuni e le loro divergenze,
come esse abbiano generato delle
società diverse, a volte eon difficoltà di coesistenza.
Mezzi
Non bisogna sottovalutare i tranelli insiti nello studio del vissuto
degli allievi: partire, soprattutto
nella scuola elementare, dalla realtà della vita quotidiana di un alunno può aumentare il suo disagio e
provocare una situazione molto
tesa, soprattutto se l’allievo appartiene ad un gruppo religioso minoritario nella classe.
E’ innegabile d’altronde che
questa storia delle religioni può
essere un mezzo privilegiato di
pluridisciplinarità, in particolare
con i colleghi di lettere e di filosofia, a condizione che i testi studiati lo permettano.
Accanto ai veri e propri programmi, le classi che si interessano
alla questione del patrimonio, oggi
in pieno sviluppo, e particolarmente quelle che danno rilievo al patrimonio architettonico, possono
ugualmente essere indirizzate ai fini di promuovere una iniziazione
alla storia delle religioni e del loro
ruolo sociale.
La formazione
degli insegnanti
Evidentemente questo insegnamento delle religioni presuppone
che i maestri ed i professori siano
preparati e possiedano una solida
cultura. Non si deve sottovalutare
la curiosità degli allievi e la loro
attitudine alla riflessione, soprattutto nelle prime classi, a condizione che i loro maestri siano essi
stessi colti e capaci di suscitare la
suddetta domanda prima ancora
di darne la risposta. Si deve fare
in modo che il maestro non sia
più costretto a praticare il solo
modo che ha di cavarsela, che consiste nel dire al piccolo protestante o al piccolo musulmano « di
turno » : « Racconta ai tuoi compagni... ». Ciò comporta, nel migliore dei casi, l’etichettare l’allievo chiamato in causa, che viene
così emarginato nella sua stessa
classe.
Si può prevedere di mettere a
disposizione dei professori una serie di schede semplici elaborate da
specialisti di storia delle religioni.
L’insegnamento superiore francese possiede una quantità considerevole di documentazione, nelle
Università, nei CNRS (Centri di
ricerca), alla Ecole pratique d’Hautes Etudes (dove una sezione è consacrata, dal 1886, alle « Scienze religiose ») e alla Ecole d’Hautes Etudes en Sciences Sociales. Alcuni indizi dimostrano che parecchi di
questi specialisti sarebbero pronti,
in un secondo tempo, a partecipare a sessioni di formazione offerte
ai professori che lo desiderino (...).
Philippe Joutard
4
4 vita delle chiese
23 novembre 1990
INCONTRO AD AGAPE
Dal dibattito nel centro Lombardmi sono spesso arrivati stimoli
anche per l’esterno.
La comune multietnica
Due giorni per riflettere sul passato e insieme individuare le nuove
linee su cui proseguire: è il tempo del confronto con gli immigrati
gì amici, i mepibri della comune e del centro culturale « J.
Lombardini » si sono trovati ad
Agape per discutere del futuro
del centro culturale e della comune stessa di Cinisello Balsamo.
Due giorni per stare insieme,
per riflettere sul passato, sui
probleimi attuali del centro e della vita comunitaria. La storia
del centro Lombardini non è soltanto la storia di un esperimento unico nell’ambito della diaconia e della vita comunitaria
delle chiese valdesi e metodiste e
del protestantesimo italiano, ma
è anche la storia, o almeno
un « pezzo » di storia della città di Cinisello Balsamo. Il centro non è rimasto isolato né estraneo alla vita culturale e politica di una periferia di Milano
che negli ultimi dieci anni ha
subito profonde trasformazioni
urbane e sociologiche; anzi è stato parte importante di essa, stimolando e provocando molto
spesso l’amministrazione comunale, i circoli e i gruppi attivi
nella città. Così questa « due
giorni » ad Agape è servita a
raccontarsi im po’ ciò che si è
fatto, ciò che si fa e ciò che
si potrebbe fare.
Con una introduzione tenuta
da Marco Rostan si è aperta la
discussione e la riflessione sui
progetti e le varie attività del
centro. Si è discusso sulle attività culturali, della scuola serale, dei corsi di alfabetizzazione che si sono aperti quest’anno per gli extracomunitari e che
hanno visto un gran numero di
iscritti.
Si è discusso sui progetti del
gruppo pace, che raccoglie il
contributo e l’adesione degli altri circoli di Cinisello e di alcuni giovani dei licei. Ci si è
interrogati sulla sinistra, sulla fine del socialismo reale dei paesi dell’Est e sul problema e sui
rischi, anche da parte nostra, di
omologazione ai modelli dominanti.
Cosa sarà Cinisello Balsamo
tra vent’anni? Cosa vorrà dire,
in un paese dove il capitalismo
diventerà forse l’unica forma
possibile di organizzazione sociale ed economica, praticare la solidarietà, vivere in comune e dividere il proprio tempo e il proprio denaro?
Da molti è stato sottolineato
l’apporto, il contributo importante di tre amici immigrati: Farouk, che viene dall’Algeria, Simon e Juan Carlos, entrambi rifugiati politici, l’uno dello Zaire
e l’altro dalla Columbia, che entrando nella coonune e nel lavoro del centro « Lombardini »
hanno contribuito a far superare una crisi profonda di prospettive e di ricambio di forze.
Errata corrige
Nella pubblicazione del documento sul « reciproco riconoscitnento » apparso nel numero scorso a pp. 4-5, siamo incorsi in un errore.
Al paragrafo 3. 8, dove si
legge: « Le chiese battiste condividono oggi con le chiese
valdesi e metodiste alcune affermazioni teologiche che accompagnano il battesimo dei
bambini (...); non per questo
però si sentono autorizzate a
riconoscere la legittimità cristiana della prassi del battesimo dei bambini », il testo
approvato dall’Assemblea-Sinodo dice: « ...a riconoscere
la prassi del battesimo dei
bambini ».
La frase sottolinea cioè una
differenza, non dà un giudizio
dottrinale su di essa.
E’ inoltre saltata la data
del documento: « Roma, 2-4
novèmbre 1990, nella settimana in cui le nostre chiese ricordano il 473° anniversario
della Riforma del XVI secolo ».
Ci scusiamo dell’involontario errore.
DALLA MESA VALDENSE
Solidarietà
Ricordando i pastori scomparsi di recente
Qualcuno dei « vecchi » della
comune ipotizzava durante il
confronto una comune veramente multietnica, fatta da un buon
numero di uomini e donne provenienti da altri paesi. Anche
questa è un’ipotesi tutta da verificare. Qualcun altro ha proposto di creare un « gruppo donne misto » con donne straniere,
che ci sono ma sono invisibili,
non riuscendo nel nostro paese
a organizzarsi in quanto donne.
Un gruppo di donne, per esempio, che discuta di salute, di medicina proprio perché, come ricordava Pina, insegnante al Liceo di Cinisello, « dobbiamo imparare tutto dall’approccio diverso e originale delle donne
africane nei riguardi della salu
te e della conoscenza del corpo ».
« Credo che abbia ancora un
senso l’esperienza della comune
anche in un mondo che cambia
profondamente e rapidamente fino a confonderci », diceva qualcuno dei presenti; e ancora: « Anche in una società poliedrica e
frammentata come la nostra ha
senso ancora avere degli obbiettivi e delle utopie ». Lo ha ricordato Michele, operaio di Cinisello. « Questo vuol dire vivere insieme e confrontarsi duramente, o fare un corso di ceramica con le donne extracomunitarie ».
Manfredo Pavoni
Con una lettera al moderatore
Giampiccoli, il vicemoderador
della Mesa vaidense Hugo Gönnet
esprime « un saluto solidale alle
famiglie dei pastori Aldo Sbaffì,
Silvio Long e Emilio H. Ganz che
ci hanno lasciato in questi giorni » ed estende questo sentimento
alle chiese valdesi d’Europa e alla Tavola. « Ricordiamo — nrosegue il vicemoderador — che i pastori Long e Ganz svilupparono
nel passato un lungo e ricco ministero nel Rio de la Piata. Il pastore Sbaffi lo ricordiamo molto
bene quando al tempo della sua
moderatura visitò la nostra regione e ci contagiò con la sua
simpatia cristiana ».
Nella sua lettera il pastore
Gönnet comunica la notizia di un
altro lutto di questi giorni, la
scomparsa del pastore Carlos
Negrin, deceduto il giorno 16 no
vembre all’età di 88 anni all’Hogar para Ancianos di Colonia Vaidense. « Tutti questi pastori —
scrive ancora il vicemoderador —
hanno compiuto, al servizio del
Signore della Vita, un lungo ministero per il quale rendiamo grazie al nostro Dio ».
La lettera — che il pastore Gönnet scrive, sostituendo momentaneamente il moderador Hugo Malan ricoverato per un lieve intervento chirurgico — si conclude
con i saluti « a nome della Mesa
vaidense e delle chiese valdesi del
Rio de la Piata ».
POMARETTO
Un campo in
CORRISPONDENZE Madagascar
Un nuovo centro culturale
Venerdì 30 novembre
□ CRISTIANI E
PROBLEMI
DEL LAVORO
PEROSA ARGENTINA — In occasione della settimana ecumenica della pace, alle ore 20,30, presso la sala Lombardlni, si tiene una serata sul tema:
« Le comunità cattoliche e valdesi di
fronte al problemi del lavoro e dell'occupazione in zona Sono previsti
momenti di canto e preghiera, letture
bibliche e testimonianze di operai.
ALESSANDRIA — Si è costituito un Centro culturale protestante: come per le numerose
istituzioni gemelle presenti in varie città d’Italia, lo scopo è di
diffondere, in città e in provincia, la conoscenza della tradizione culturale sviluppata dalle
Chiese che si richiamano alla
Riforma e al Risveglio. Attualmente siamo al lavoro per conferire al Centro un’adeguata veste giuridica, che ci permetta di
interloquire con sufficiente autorevolezza con istituzioni pubbliche e private. L’attività si è
aperta mercoledì 24 ottobre, con
una conferenza del past. Letizia Tomassone sul tema: La
chiesa: famiglia patriarcale o comunità di eguali? Le donne scoprono la loro libertà, che ha visto un discreto afflusso di pubblico.
Giovedì 29 novembre, alle ore
21, presso la sala dell’Assessorato provinciale allo sport, via Galimberti 2/a, Alessandria, è in
programima il secondo appuntamento: il prof. Paolo Ricca, della Facoltà valdese di teologia,
parlerà sul tema: Fede cristiana
e religioni universali: quale dialogo? Quanti desiderassero ulteriori informazioni o, a variò titolo, intendessero collaborare all’attività del Centro, possono rivolgersi alla segreteria: c/o pastore Fulvio Ferrario, via Pio V
17, 15100 Alessandria. Tel. 0131/
231431.
Ammissioni
TRAPANI — Nel corso del culto della « Domenica della Riforma », la comunità si è raccolta
gioiosamente attorno alla sorella Desiderata Centonze in Pace
e al fratello Ignazio Pace che
hanno chiesto di essere ammessi colme membri comunicanti.
Desiderata è giunta nella nostra comunità dopo una lunga
« ricerca di fede » fatta nella
Chiesa cattolica dove era stata
battezzata, ma dove aveva sempre rifiutato di essere cresimata.
Ignazio, di famiglia valdese,
giunge alla confermazione « coinvolto » dal cammino di fede intrapreso dalla moglie e « riscoprendo » in questo modo la Parola di Dio, dopo anni di dichiarato ateismo, e le proprie radici
religiose.
Al culto erano presenti le loro bambine: Zaira di nove anni
e Ornella di cinque.
Rinnoviamo con fraternità e
affetto a Desiderata e Ignazio
l’augurio di poter mantenere fedelmente le promesse fatte in
questo giorno e preghiamo il Signore che li guidi e li fortifichi
nella fede.
• Un ringraziamento particolare a Giuseppe Ficara per aver
suonato Tahmonium durante il
culto e per aver sostituito il past.
Leone nella predicazione domenicale, nel mese di settembre.
Attività
AOSTA — Con un’ass^blea
straordinaria sulla verifica dei lavori sinodali e sui nostri impegni per l’anno che ci sta di fronte sono iniziate le attività ordinarie della nostra chiesa.
Esse prevedono come sempre
corsi di catechismo, scuola domenicale e studi biblici, uno dei
quali a frequenza bimensile, con
una parrocchia cattolica della città.
E’ questa una novità che ci
rallegra per lo spirito di ricerca e di ascolto della Parola di
Dio che ci accomuna, senza peraltro sbiadire le nostre identità.
Sono ripresi anche i contatti
con le chiese riformate del Vailese e con la chiesa riformata
di Chamonìx, che nel ’91 avrà
l’incarico organizzativo dell’incontro del « Triangolo dell’amicizia ».
Un forte impegno della nostra
chiesa resta ancora nella necessità di ristrutturazione di stabili,
alla quale si fa fronte autonomamente, anche con prestiti di
credenti. Certo questa non è fine a se stessa ma risponde all’esigenza di dare un « contenitore opportuno » al servizio ed
alla testimonianza evangelica. Un
altrettanto forte impegno è quindi quello dell’evangelizzazione; indubbiamente la nostra presenza
in Aosta ed in Valle si consolida in conoscenza ed in pensiero, ma sarebbe effìmera cosa se
non si rafforzasse anche in presenze ijmpegnate ed attive.
Ormai da due anni il gruppo
giovani delle comunità di Pomaretto e Perrero sta preparando un
viaggio in Madagascar per il mese di agosto 1991. Si tratta certo di un’attività poco usuale per
i nostri ragazzi e ragazze, ma
che comunque ha forse più senso di tanti nostri discorsi sugli
emigrati e sui problemi del cosiddetto Terzo Mondo. Questo
progetto nacque da un incontro
col pastore B. Edzavé che ci invitò a trascorrere un periodo in
Africa, onde poter conoscere più
a fondo la realtà di questo continente. Il soggiorno in Madagascar durerà circa un mese: tre
settimane di lavoro in cooperative agricole ed una settimana
da turisti.
Per l’organizzazione del viaggio e del soggiorno ci avvaliamo della collaborazione di Léonard Rakotondrasaka, agronomo
malgascio responsabile del progetto di sviluppo agricolo della
Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar. Il gruppo che prepara
il progetto si ritrova domenica
25 novembre alle ore 20.30 all’Eicolo Grande di Pomaretto,
in vista di prenotare i posti sull’aereo; rincontro è aperto a tutti coloro che già si sono interessati al progetto, come a tutti coloro che ne sentono parlare per la prima volta.
Dario Tron
per la stampa di
biglietti da visita, carta e buste intestate,
locandine e manifesti, libri, giornali, riviste,
dépliants pubblicitari, pieghevoli, ecc.
coop. tipografica subalpina
VIA ARNAUD, 23 - © 0121/91334 - 10066 TORRE PELLICE
5
23 novembre 1990
vita delle chiese 5
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Una visita nel Giura
UN TESTIMONE
ilvio Long
Nel week-end di fine ottobre
la corale di Bobbio-Villar Penice ha fatto visita alla comunità di Grandvai (Giura bernese)
su invito del pastore Thierry
Benotmane, che fu per un anno
pastore a Bobbio nell’80-81. E’
stata un’occasione per incontrare la famiglia Benotmane, ;ma
anche per allacciare un rapporto fraterno con la corale parrocchiale di quella comunità,
per molti aspetti simile a quelle di montagna delle Valli vaidesi.
Durante i due giorni di permanenza in Svizzera i circa 40
coristi sono stati accolti in ben
tre comunità (Bienne, Tavannes
e, appunto. Grandvai) dove hanno presentato un breve repertorio di canti storici e profani del
mondo valdese.
Il culto di domenica 28 è stato presieduto dal pastore A. Rutigliano; le corali di Bobbio-Villar e di Grandvai hanno eseguito insieme due cori, mentre il
gruppo flauti Val Pellice ha dato man forte ai giovani flautisti
svizzeri negli interludi del culto.
Il pastore Benotmane aveva organizzato poi in modo particolare il soggiorno dei più giovani della comitiva. Essi hanno fraternizzato a lungo con i componenti del gruppo giovanile locale, prodottosi con successo in
una pièce teatrale. L’incontro,
fruttuoso sotto tutti gli aspetti,
avrà probabilmente un seguito
in futuro, quando gli amici svizzeri renderanno la visita recandosi in Val Pellice.
Assemblea di chiesa
VILLAR PELLICE — L’assemblea di chiesa di domenica 11
novembre ha nominato quali
nuovi membri del concistoro le
sorelle Bruna Frache in Pividori per il Centro Sabbione e Lilia Garnier per l’Inverso; a loro l’augurio di un lungo e proficuo servizio benedetto dal Signore.
Nel corso della stessa assemblea Bruna Frache ha presentato una precisa e dettagliata relazione sui lavori del Sinodo di
agosto e Patrizia Toum ha invece relazionato sull’assemblea
battista-sinodo delle chiese vaidesi e metodiste tenutosi a Roma alTinizio di novembre. Un
grazie a queste sorelle per la
loro disponibilità ed il loro impegno.
• Rinnoviamo ai familiari di
Onorato Franco Berton, di 48 anni, ed a quelli di Emilio Bertin,
di 76 anni, la nostra cristiana
simpatia e fraterna solidarietà.
Nozze
PRAMOLLO — Il 10 novem
bre si sono sposati, nel tempio
di Ruata, Manuela Hulda Haeberllng e Andrea Graziato; il 23
ottobre è nato Luca, di Franca
Raimondo e Marco Bounous;
chiediamo al Signore di essere
sempre presente nella vita di
questo bimbo e della nuova famiglia guidandoli con il suo Spirito.
• All’età di 74 anni è mancata improvvisamente la sorella
Lidia Bertalot (Allieri), dopo un
brevissimo ricovero all’ospedale
di Pomaretto. Al marito ed a
tutti i familiari in lutto, giimga l’espressione della solidarietà
di tutta la comunità.
Catecumeni
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Domenica 11 novtìnbre si è tenuto alla sala Albarin un incontro dei catecumeni del terzo e
quarto anno provenienti dalle comunità del primo distretto. La
partecipazione è stata numerosa,
sebbene non tutte le chiese fos
sero rappresentate; il gruppo di
Luserna San Giovanni era il più
folto.
La giornata è cominciata con
il culto nella chiesa di San Giovanni stessa e la predicazione
del pastore Erika Tomassone di
Pinerolo, che ha poi coordinato,
insieme ad altri animatori, lo
svolgimento delle attività. Prima
fra tutte, anche in ordine cronologico, quella che ha visto impegnati tutti neH’arduo compito
di imparare i 60 e più nomi, abbinandoli alla persona giusta. Di
seguito altri giochi in allegria
fino al pranzo, consumato al sacco.
Nel pomeriggio, invece, i giovani hanno affrontato una riflessione sul tema del catechismo,
sul suo significato e sulla sua
utilità. Dopo una serie di divertenti scenette in cui ci si è prodigati nell’evidenziare cosa non
vada nel catechismo, secondo le
opinioni di chi lo vive in pri|ma
persona, è nato un lungo e acceso dibattito. Tutti hanno così
potuto confrontare le proprie
idee su questo argomento, giungendo alla conclusione che il catechismo non si riduce solo all’ora settimanale che si dedica
in ogni chiesa, ma si compone
di tutte le occasioni di dialogo
che aiutano ognuno nella ricerca della fede.
Il convegno ha soddisfatto tutti e si è allora lanciata l’idea
per un week-end, che si terrà
probabilmente ad Agape alla
metà di marzo o aprile prossimi. L’augurio è dunque quello
di ritrovarsi di nuovo tutti e, se
possibile, anche di più.
Riunioni
quartierali
VILLASECCA — La prima serie di riunioni quartierali, partendo da una meditazione sul
Salmo 42; « Come la cerva assetata», ha permesso di riflettere
sulle condizioni di vita nelle nostre borgate, fra nostalgia e speranza. Nel prossimo giro si parlerà del battesimo e del nostro
rapporto con le chiese battiste
alTindomani dell’assemblea-sinodo di Roma; i prossimi appuntamenti saranno il 28, ore 20, a
Trussan; il 5 dicembre, ore 20,
a Villasecca; il 12, ore 20, a Trossieri; il 19, sempre alle 20, a
Pian Faetto.
• Domenica 25 novembre, dopo la predicazione curata da
Claudio Tron, avrà luogo un’assemblea di chiesa.
Culti, assemblea,
sottoscrizione
POMARE'TTO — A partire da
domenica 25 novembre, riprenderà il culto nella sala del teatro.
• L’Assemblea di chiesa tenutasi domenica 18 novembre per
decidere sul cambio pastorale,
presenti 100 membri elettori, ha
deciso, con quattro voti contrari,
di rimettersi alla Tavola per la
sostituzione del pastore.
• Il Concistoro, nella sua seduta del 17 novembre, ha deciso di
aprire una sottoscrizione a favore della tipografìa di Altamura.
Le offerte si possono far pervenire al cassiere.
Incontro
comunitario
BOBBIO PELLICE — E’ stato
un incontro comunitario molto
simpatico e festoso quello di sabato 10 novembre, in cui circa
70 persone si sono ritrovate nella sala unionista per consumare insieme un’agape fraterna, accuratamente preparata dalle sorelle della nostra Unione femminile.
Scopo di questo incontro è sta
to anche quello di salutare il
nuovo pastore e signora in maniera più diretta, e quello di dire
« Grazie nel Signore » al gruppo
di lavoratori che a manodopera
gratuita hanno effettuato tutti i
molteplici lavori di pulizia e riparazione al presbiterio.
• In occasione dell’agape di
cui sopra abbiamo espresso la
nostra vivissima gioia alle due
coppie di coniugi Pietro Catalin
e Marianne Gönnet, e Davide
Melli e Marie Baridon che stanno vivendo la meravigliosa esperienza del 50° anniversario del
proprio matrimonio.
• Fra le decisioni prese dal
Concistoro nella sua seduta del
6 novembre segnaliamo quella
della costituzione del banco libri Claudiana, il cui responsabile è Antonio Zatti.
• A Roberto Geymet e Lorena Pontet la nostra comunità
esprime la propria gioia per il
loro matrimonio e rinnova l’invocazione della benedizione del
Signore sul loro nuovo nucleo
familiare.
Incarichi nella
comunità
PRALI — L’assemblea di chiesa deiril novembre ha eletto come anziano di Malzat il fratello
Edoardo Grill; nella stessa assemblea abbiamo salutato tre anziani che hanno lasciato il loro
incarico: Mauro Garrou, Mariella Richard e Renaldo Ghigo.
L’Unione femminile e il Concistoro, però, hanno pensato che non
bastasse un « grazie » formale
per ringraziare tre persone che
hanno dedicato tanto tempo alla
chiesa e hanno deciso che domenica 25 novembre, dopo il culto,
si svolga un pranzo comunitario,
particolarmente « dedicato » al
saluto dei fratelli e delle sorelle
che lasciano il loro incarico nella
comunità. Il pranzo del 25 sarà
anche l’occasione per salutare
un’altra persona che ha partecipato in questi due anni alla vita
della nostra comunità, Albert
Brandstàtter, che lascierà Agape
alla fine dell’anno.
Il pastore Silvio Long ci è mancato. Era nato a Pramollo 87 anni
fa, nel 1903.
Dopo gli iinni di studio in Facoltà e un periodo di prova a Milano, veniva consacrato nel 1928,
e iniziava in quell’anno il suo lungo ministerio nel Rio della Piata.
Serviva dapprima per un quattordicennio la chiesa di Colonia
Iris, in Argentina, nelle isolate comunità della pampa, dove i vaidesi hanno fatto quadrato intorno alla chiesa per conservare la
loro fede; in seguito, in Uruguay,
per otto anni a Tarariras, nel
cuore delle chiese valdesi uruguayane, poi per altri otto anni a
Colonia, la bella e colta città di
fronte a Buenos Aires, e ancora
per cinque anni a Fray Bentos,
sul fiume Uruguay, nella zona di
Rio Negro, nella vasta diaspora
valdese.
Rimasto vedovo della sposa,
Fernanda Menotti, nel novembre
del 1963, rientrava l'anno successivo in Italia, lavorando per un
periodo in Genova, ed entrava in
emeritazione nel 1965. Si stabiliva a Lugano, rientrando spesso
alle valli; l’ultimo periodo della
sua vita lo trascorreva ospite dell’Asilo di San Germano, a due
passi dalla nativa Pramollo, e qui
si spegneva il 3 novembre di
quest’anno.
Oggi vocazioni come quella di
Silvio Long non ce ne sono più;
non lo diciamo con tristezza, perché Dio suscita anche oggi e susciterà domani ancora le vocazioni che sono utili alla chiesa e
al mondo, ma lo diciamo con riconoscenza al Signore. Non era
semplice partire alla fine degli
anni venti per una terra lontana,
con la prospettiva di spendervi
decenni; non solo per la lontananza e i disagi, che pure c’erano, ma, soprattutto, perché si
trattava di lavorare in una situazione di transizione. Le chiese
valdesi nel Rio della Piata non
potevano più essere considerate
« colonie » nell’antico senso del
termine, e d’altra parte l’autonomia e l’indipendenza erano ancora fragili e da costruire (solo nel
marzo del 1966 si svolge la 63“
sessione della Conferenza distrettuale, che si trasforma, con una
svolta a lungo preparata, nella
prima sessione sudamericana del
Sinodo).
Silvio Long è stato testimone
di quest’epoca; e occorreva una
profonda sensibilità per essere
accolti non come « missionari »
da ima terra straniera, ma come
fratelli di una stessa chiesa.
Occorreva una fedeltà di fondo
alla patria celeste per poter essere a proprio agio nelle diverse
patrie terrene (Italia, Argentina,
Uruguay. Svizzera) in cui ci si trovava di volta in volta ad operare.
Questa fedeltà di fondo ha guidato il pastore Silvio Long.
Quando, a vent’anni dalla sua
partenza dal Rio della Piata, ho
avuto la grande opportunità di visitare le chiese valdesi rioplatensi, sapevo di inserirmi in una serie di contatti fraterni che c’erano stati ben prima e che sarebbero continuati successivamente;
ma ho potuto toccare con mano
testimonianze di affetto, ricordi
vivi come se il pastore Long fosse partito il giorno prima; e sempre si parlava di lui, e della sua
famiglia, non come di un amico
estraneo, ma come di im fratello nell’opera comune. Dove andavamo, sapevamo di essere stati
preceduti nel comune lavoro dalla fede e dalla testimonianza di
Silvio Long. Per molti della mia
generazione Silvio Long era stato inizialmente conosciuto come
il padre di Ines, che avevamo conosciuto in Agape, o più tardi a
Riesi.
Dicevo prima che vocazioni come quella di Silvio Long non si
ripetono; e certo la vocazione è
personale, non si trasmette in eredità. Ma la testimonianza di fede invece si trasmette, dai padri
ai fictli e ai fiali dei figli; la stessa
fedeltà alla patria celeste, che si
esprime a distanza di anni e sotto
cieli diversi, l’abbiamo vista rispecchiata nel servizio di altri, e
questa è la consolazione che abbiamo, la conferma della fedeltà
di Dio.
Ai fratelli, ai figli, ai parenti e
agli amici di Silvio Long va il nostro pensiero solidale e affettuoso.
Al Signore la nostra gratitudine per le vocazioni e le testimonianze di cui non ci lascia privi.
Sergio Ribef
VILLA S. SEBASTIANO : ASSEMBLEA DEL XII CIRCUITO
All’esame gli impegni di Seoul
Un confronto con le affermazioni programmatiche: la giustizia, unica base per una vera pace nel mondo - Sessant'anni di predicazione
Accolti con grande fraternità
ed ospitalità dalle sorelle e dai
fratelli della chiesa metodista di
Villa San Sebastiano, ci siamo
ritrovati domenica 21 ottobre
per l’assemblea del XII circuito
delle chiese valdesi e metodiste.
La giornata, che non ha purtroppo visto presenze numerose anche a causa delle distanze e delle non facili comunicazioni esistenti tra le diverse località della zona abruzzesemolisana, si è
centrata principalmente su una
riflessione intorno alle « affermazioni » dell’assemblea ecumenica
di Seoul della primavera scorsa.
Dopo il culto presieduto dal
sovrintendente, il pastore Enos
Mannelli, Bruno Gabrielli, coordinatore della commissione delle
chiese battiste, metodiste e vaidesi su « Giustizia, pace ed integrità del creato» (tema dell’assemblea di Seoul), ha fornito ai
presenti un quadro dell’assemblea, a cui ha preso parte quale
delegato, soffermandosi in seguito su alcune delle dieci « affermazioni » programmatiche con le
quali si è concluso rincontro di
Seoul. Gabrielli ha ricordato che
fra i convenuti a Seoul è stata
avvertita la necessità di confessare la propria fede in un Dio
che è dalla parte dei poveri, vale a dire gli sfruttati di questo
mondo; di riconoscere inoltre
che la giustizia è l’unica base
possibile per una pace durevole
tra i popoli; di rispettare e salvaguardare il creato inteso, teologicamente, quale riflesso della
gloria del suo creatore.
Nel corso del dibattito, svoltosi dopo l’ottimo pranzo offerto
dalla chiesa ospitante, è stato
messo in evidenza che i problemi del (mondo sono ormai comuni a tutte le realtà, per cui i credenti delle varie nazionalità hanno non soltanto il compito di
ascoltare ciò che lo Spirito dice
alle chiese, ma di testimoniare
del regno di Dio cercando di
comprendere cosa vuol dire oggi predicare l’Evangelo. L’assemblea di Seoul ha ricordato l’impegno dei credenti a lavorare per
la giustizia non da soli, ina insieme ad altre forze. Questi interessanti temi, come è stato ricordato nel corso dell’incontro,
devono essere compresi e svilup
pati dalle chiese locali.
Tra gli altri argomenti esaminati dall’assemblea di circuito va
segnalata l’organizzazione di una
manifestazione per ricordare i
sessant’anni della predicazione
dell’Evangelo a Villa San Sebastiano. Per la primavera prossima è stata proposta una giornata dei circuiti XII e XI — quest’ultimo da tdmpo impegnato a
collaborare alla cura pastorale
della comunità di Villa, per un
anno priva di un pastore in sede. Il consiglio di circuito ha
proposto all’assemblea, che si è
mostrata concorde, una conferenza pubblica con probabile tema « Evangelo e libertà ». Alla
organizzazione di tale incontro,
inteso non soltanto come semplice ricordo ma quale momento
di riconoscenza al Signore e testimonianza della sua Parola,
concorrerà ampiamente il consiglio della chiesa di Villa.
Ai lavori dell’assemblea di
circuito è stato presente anche
un membro della CED del III
distretto, il fratello Daniele Benedetto.
Dario Carlone
6
6 fede e cultura
23 novembre 1990
UNA PUBBLICAZIONE CHE RIAPRE UN VECCHIO DIBATTITO
Anche Darwin
era credente
UN LIBRO DI GIORGIO BOCCA
La disUnità d’Italia
Una cruda analisi della spaccatura del nostro
paese - Quale ruolo per gli evangelici al Sud?
La polemica investe
finalistico, condotto da
Per E. Mayr, zoologo emerito di Harvard, « la rivoluzione
darwiniana... non rappresentò
semplicemente la sostituzione di
una teoria scientifica (’’immutabilità delle specie”) con un’altra,
ma richiese un completo ripensamento dei concetti che l’uomo
aveva del mondo e di se stesso » (The Growth of Biological
Thought, Harvard Un. Press,
Cambridge Mass. & London, 1982,
p. 501). Tale ripensamento, che
introduceva l’idea di un mondo
in costante evoluzione, considerava l’uomo un semplice prodotto di tale cammino evolutivo
e rifiutava l’intervento creativo
continuo di Dio nel mondo, non
fu certo oggetto di tranquilla e
piena accettazione da parte della mentalità dell’epoca. In particolare, le resistenze di carattere religioso e filosofico furono certamente le più forti e
tuttora sembrano essere il motivo principale per il rifiuto delle idee di Darwin.
Il libro di Wolfgang Kuhn,
biologo di Saarbrücken, Pietre
d’inciampo per U darwinismo,
credo si possa collocare pienamente in questo ambito. Infatti,
la preoccupazione maggiore di
Kuhn è proprio quella di dimostrare che il « darwinismo » è,
fondamentalmente, ima comoda
teoria per atei, una teoria che
suscitò gli entusiasmi degli stessi Marx ed Engels perché aveva eliminato il finalismo ed il
riferimento a qualsiasi « piano »
per la natura concepito da un
essere superiore (p. 12). La sua
confutazione delle teorie di Darwin, tuttavia, vuole avvenire su
di un piano scientifico: la sua
tesi, infatti, è che variazioni casuali negli individui, ereditarietà, selezione naturale, principi
cardine di ogni versione del darwinismo, non possono rendere
conto della presenza negli esseri viventi di organi o meccanismi di grande specializzazione e
complessità. E’ questo il caso
dell’« occhio rivelatore » (cap. I),
organo che già aveva colpito lo
stesso Darwin per la struttura
cosi adatta alla sua funzione (p.
9); o dell’incredibile colorazione
nel piumaggio di alcuni uccelli
(cap. 9); e così via.
Certo, è vero che le teorie di
Darwin, pur se accettate da parte della comunità scientifica, sono ancora ricche di diflìcoltà e
punti oscuri e per questo subiscono aggiustamenti e revisioni
continue. Ma la « stringente logica » cui Wolfgang Kuhn vuole
richiamarsi in realtà confonde i
livelli di analisi e mescola fattori che andrebbero tenuti distinti. Ad esempio, il meccanismo di selezione naturale, che
a suo parere non ha nulla di
logico o « naturale », trova la
sua giustificazione e la sua importanza solo se associato strettamente al concetto di « popolazione », in base al quale, in un
gruppo o popolazione, un individuo è più adatto di un altro
se evidenzia migliori possibilità
di sopravvivere e, soprattutto, di
riprodursi. Ma l’adattamento di
un gruppo, di una popolazione,
di una specie ad un ambiente
preciso può essere determinato
solo in base ad uno studio sulle
eventuali fluttuazioni nel numero degli individui che vi appartengono in un dato periodo e
sull’eventuale mutamento della
sua struttura. Perciò, .l’azione di
una, maggiore pressione selettiva non può essere confutata
semplicemente in base al fatto
che nello stesso ambiente gli in
una teoria accusata ó\ eliminare ogni progetto
un « essere superiore » a vantaggio deH’uomo
dividui di una data specie sono
meno numerosi di quelli di un’altra (il caso delle cavallette e
delle mantidi nelle pp. 43-46). Tali e tanti sono i fattori coinvolti, che di fatto qualsiasi specie
in grado di sopravvivere e riprodursi mantenendo abbastanza costante il numero dei suoi
rappresentanti nel susseguirsi
delle generazioni dimostra di essersi adattata all’ambiente come
qualsiasi altra.
Inoltre, l’adattamento è un
concetto dinamico, poiché l’ambiente stesso cambia in continuazione e di conseguenza cambiano le pressioni selettive. Per
Kuhn è impossibile che certi insetti mimetici possano avere dei
progenitori meno perfetti di loro, se il mimetismo è una condizione necessaria per la loro
sopravvivenza e costituisce quindi un forte fattore selettivo: un
mimetismo rudimentale avrebbe
dovuto portare tutto il gruppo
ad una rapida estinzione (p. 40).
In realtà la selezione naturale
ha agito anche qui: in ogni momento certi individui si sono dimostrati più adatti perché sono sopravvissuti meglio e si sono riprodotti di più. Il gruppo
non è scomparso, ma i suoi componenti si sono gradualmente
modificati in relazione ad innumerevoli circostanze concomitanti. Su questo semplice assunto si fondano i moderni sistemi di classificazione degli esseri viventi, che accomunano specie apparentemente molto diverse evidenziando caratteristiche
comuni che possono ricondurre
ad un medesimo progenitore.
Wolfgang Kuhn ha comunque
ragione, almeno parzialmente,
quando mette in rilievo come
sia a volte controintuitiva la
spiegazione, partendo da variazioni casuali e selezione naturale, dell’insorgere di organi
incredibilmente complessi e specializzati e, più ancora, di comportamenti che nulla sembrano
aver a che fare con strategie
di sopravvivenza. Il « cieco caso » invocato da Monod — che
diventa la « stupidità primordiale e cieca brutalità » di A. Neuhausler (p. 10) — è un bersaglio suggestivo contro cui scagliarsi, ma non molto appropriato. Le variazioni casuali, in
realtà, sono un fenomeno complesso, che avviene a vari livelli: di fronte a mutazioni macroscopiche rare e quasi sempre recessive, molteplici sono le
variazioni microscopiche a livello fisico-chimico, genetico, fisiologico che tendono ad amplificarsi secondo percorsi obbligati e ad innescarsi in modo incrociato. Tra queste minime mutazioni, quelle che possono procurare dei vantaggi all’organismo più probabilmente diventeranno stabili e verranno trasmesse ai discendenti.
L’irrisione polemica del « cieco caso », che condurrebbe ad
una « incredibile improbabilità »
del verificarsi delle condizioni
invocate dal darwinismo è, allora, poco fondata. Ciò anche in
riferimento alle numerose ricerche oggi condotte sulle varie forme di « casualità » e complessità presenti in natura, che sono
in grado di fornire descrizioni
Alberto Bragaglia
(continua a pag. 12)
E’ una radiografia impietosa e
cruda della « disUnità d’Italia »
che Giorgio Bocca ci dà nella
sua ultima inchiesta sull’Italia e
gli italiani. Bocca, si sa, è uno
che va giù duro nelle sue cronache e opinioni e talora possono riuscire ostiche le sue verità
senza foglie di fico. Ma, come
sempre, gli vanno riconosciuti
intuito di osservatore dei fatti
sociali, onestà intellettuale, rigore documentario.
L’Unità d’Italia era un bluff,
sono bastati pochi anni di contorta e squilibrata modernizzazione per rivelarne la mistificazione. Popolani lombardi e siciliani nel ’15-’18 combatterono per
la prima volta fianco a fianco
la guerra dei padroni ma, a cinquant’anni dall’unificazione politica, non avevano lingua co)mune, segnati da storie, tradizioni,
culture diversissime. Sono passati ancora settant’anni di tumultuosa trasformazione del convivere, ma il compattamento degli italiani attorno ai valori civili fondanti e condivisi di una
democrazia moderna non è riuscito. Via via hanno fallito nel
disegno compositivo di una comune identità italiana il fascismo col suo statalismo patriottardo, la Resistenza che pure,
nelle componenti migliori, aveva
sperato di vedere germinare giustizia e libertà, morale sociale
in un paese ove la paolina e
luterana « libertà del cristiano »
non ha attecchito sostanzialmente mai, i partiti di massa con
le loro politiche di scambio e di
governo sempre più trasformiate
ed arraffatone.
Bocca non dice, del paese dove « per venti milioni di italiani
la democrazia è in coma e l’Europa si allontana » e gli altri
trenta in Europa andranno con
una democrazia stracciona e ri
IL CARTEGGIO AGOSTI-BIANCO
Un’amicizia partigiana
Si è fatto un gran parlare in
questi ultimi tempi della Resistenza, spesso decontestualizzandola da quello che fu uno dei periodi più drammatici della storia d’Italia e a volte strumentalizzandola per scopi essenzialmente politici. Il carteggio fra
Giorgio Agosti e Livio Bianco,
pubblicato in questi giorni dalla
Albert Meynier con il titolo
Un’amicizia partigiana. Lettere
1943-45, con un’introduzione di
Giovanni De Luna, dà un importante e significativo contributo
nel chiarire e nel comprendere
venti mesi di lotta partigiana.
Giorgio Agosti, magistrato e dirigente di primo piano delle formazioni gielle, fu il primo questore
nella Torino post-25 aprile. Livio
Bianco, avvocato, comandante
partigiano della 1* Divisione GL,
operò sempre nel Cuneese nel
corso della guerra di liberazione
e divenne in seguito membro della Consulta nazionale. La loro
amicizia risaliva al 1928 quando
insieme ad altri studenti universitari, a Torino, dovettero subire
l’aggressione e il pestaggio da
parte di un gruppo di fascisti.
Continuarono a frequentarsi anche in seguito, consolidando il loro rapporto che aveva nella condivisione degli ideali di «Giustizia
e libertà» il principale collante. Il
carteggio, che inizia nel novembre 1943 e termina nel marzo
1945, è costituito da 91 lettere, ed
è la storia di un’amicizia in cui
dimensione umana, emozioni,
convinzioni politiche e ideologi
che e sentimenti vengono messi
a nudo con disiarmante sincerità.
Il carteggio rappresenta dunque
un documento di eccezionale rilevanza per comprendere che cosa
significò per ogni uomo che ne fu
coinvolto la scelta resistenziale;
da esso emergono, come sottolinea De Luna nell’introduzione, « i
principi di organizzazione che regolavano la vita interna alle bande gielle, la loro composizione sociale, i rapporti con le altre formazioni di diverso colore, con la
popolazione civile, con gli Alleati ». Uno strumento dunque importantissimo per un ulteriore
approfondimento della storia della lotta di liberazione. Come faceva notare Norberto Bobbio alla
presentazione del libro: « Si trattava di una scelta di vita o di
morte, di una scelta compiuta in
urna situazione limite, in cui nulla
era certo, non la durata della lotta, non il giudizio che ne avrebbero dato i posteri ». E non fu assolutamente facile scegliere, né da
una parte né dall’altra. Fu guerra
e guerra civile fra le più atroci
che il nostro paese abbia conosciuto, e come in tutte le guerre
si verificarono anche episodi a
volte sfuggiti al controllo politico. Tutto ciò p>erò non può ugualmente venire usato strumentalmente per demonizzare un movimento, una stagione della nostra
storia che ebbe il merito e la caratteristica di vedere per la prima volta come protagoniste le
classi subalterne, finalmente soggetti e non oggetti della storia.
Chi veramente conosce la storia
sa da tempo dell’esistenza di certi
squallidi episodi avvenuti prima
e dopo la Resistenza, e non ha
mai fatto nulla per nasconderlo;
chi ne era interessato aveva soltanto da consultare gli archivi,
così come hanno fatto molti ricercatori. Una guerra, per quanto
giusta sia, si lascia sempre dietro
disgrazie, odi e vendette destinati a covare nel tempo e l’episodio
di questi giorni accaduto a Viadana, in provincia di Mantova, dove un ex partigiano tornato dal
Brasile ha ucciso un ex repubblichino che insieme ad altri fascisti
gli aveva incendiato la cascina è
soltanto l’eccezione che conferma la regola. Alla fine della presentazione del libro, alla domanda
se avevano o no fucilato i tedeschi che erano in ostaggio nel
marzo del '45 in risposta all’uccisione di tre partigiani avvenuta a
Pinerolo (lettera del marzo ’45),
Agosti risponde: « Credo di no,
perché nei giorni successivi ci fu
una gran confusione... ma la guerra è guerra. E non si fa con l'acqua e zucchero ». Non mancano
infine riferimenti alla valle. Agosti, sfollato da Torino dal dicembre 1942, si rifugiò a Torre Penice nella villa degli amici Rollier,
dove rimase fino a dopo l'8
settembre. A Torre Pellice nacque
suo figlio Aldo e qui cominciò a
organizzare il nucleo di quella
che sarebbe stata in seguito la V
Divisione GL.
Enzo 'Tumminello
tardante un armonico inserimento, cose sostanzialmente nuove rispetto a quelle che i giornali hanno scritto negli ultimi
tempi.
La realtà del nostro dualismo,
del paese spaccato in due — un
Nord a suo modo produttivo ed
un Sud parassita quasi del tutto preso nella moràa della « piovra », dove, si dice, « ogni famiglia mafiosa fa studiare il figlio
da giudice » — è sotto gli occhi
di tutti. Ciò nondimeno impressiona la fredda elencazione di
fatti, di dati di malavita, della
barbarie montante, cui l’opinione del cronista si limita a fare
da collante.
« Il voto del 6-7 maggio 1990, lo
si è detto, è storico perché rompe il continuismo elettorale e fa
da spartiacque fra la prima repubblica e quella che, sulle sue
rovine, dovrà nascere ». Sulle
Leghe, il cui successo si ferma
ad analizzare. Bocca non dà giudizi di valore o di merito, osserva che è dall’angoscia e dalla protesta che esse sono nate.
« Ciò che si può dire di realìstico è che la Lega Lombarda,'le
Leghe... non sembrano sufficienti
a una ricostruzione dello Stato.
Possono pungolarla, aiutarla, ma
la grande riforma le sovrasta e
comunque i gruppi dirigenti attuali non possono pensare di
guidarla »... « La grande riforma
è, in sostanza, la rifondazione
dello stato risorgimentale ». Usava chiamarla una volta « la questione meridionale » e si voleva
nascesse dalla storia politica,
dalla conquista e dallo sfruttamento nordista, dai ritardi e dai
divario economico.
A 130 anni dall’unificazione, appare sempre più chiaro che il
dualismo Nord-Sud è « la questione dei meridionali » e nasce
dalla diversità della cultura. E’
l’umanesimo cristiano che è
mancato nel Mezzogiorno d’Italia. Il cattolicesimo non ha
evangelizzato, non ha modificato
il senso del sociale, ridotto a familiare. Mafia, camorra sono nella cultura. « La mafia è organizzata per famiglie e la famiglia
ha nella società meridionale una
importanza preminente... La morale familiare è spesso in conflitto con la morale sociale in
cui non ci sono doveri verso
se stessi e la propria famiglia
che non derivino da doveri verso gli altri, verso la società...
Qui il bene che si rallegra di
sé specchiandosi nel bene del
prossimo è impensabile ».
Queste di Giorgio Bocca non
sono parole di un credente e
Bocca ha perduto l’incanto e le
illusioni della sua stagione partigiana. Poiché il fossato è di
cultura, di costume morale ed
i comportamenti sociali non si
cambiano da oggi a domani, egli
non crede molto che i democratici, che gli onest’uomini del
Meridione d’Italia riescano a tirarsi fuori, a tenersi aggrappati alle Alpi.
E noi cristiani, come dobbiamo
atteggiarci? Ci sono delle chiese, delle opere diaconali nel Sud,
c’è gente di fede e di impegno
civile, che giorno dopo giorno
rende testimonianza, pedagogia,
servizio, aggregazione di morale
collettiva. Che non ha mollato
e non molla, pur se talora dispera di fronte alla difficoltà dell’impresa. Anche Abramo pensava di non potere avere eredi.
Pure ebbe fiducia contro ogni
apparenza.
N. Sergio TurtuUci
Giorgio BOCCA, La disUnità d'Itaiia, Milano, Garzanti, 1990, L. 15.000.
7
23 novembre 1990
obiettivo aperto
SINODO DEI VESCOVI CATTOLICI
Vernice nuova sulla Controriforma
Il problema della formazione dei sacerdoti: crisi d’identità e drammi personali hanno fatto riflettere su una si
tuazione generale preoccupante - In pericolo i fondamenti teologici del ministero? - Si rinnovano vece i mo e i
Il Sinodo dei vescovi cattolici,
svoltosi in Vaticano dal 30 settembre al 28 ottobre, era stato
convocato per difendere una tesi, non per risolvere un problema.
Dato per scontato che il ministero ecclesiale dovesse essere quello sancito dal Diritto canonico e
consolidato nell’opinione pubblica cattolica (ed anche di molti
« laici », ma questo sarebbe un
altro capitolo!) dalla tradizione e
dall’attività pastorale corrente, i
vescovi si sono domandati come
formare oggi questo tipo di prete.
Lo « strumento di lavoro » del
Sinodo portava infatti questo titolo: De sacerdotibus formandis
in hodiernis adiunctis (La formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali). Si trattava cioè
di trovare la via migliore per formare le persone secondo un modello prestabilito, non di mettere in discussione il modello stesso, nonostante le contraddizioni
sempre più evidenti che esso manifesta.
La situazione del clero
cattolico alia
vigilia dei Sinodo
Il dato più conosciuto ed impressionante è il numero elevato
dei preti che nel decennio 19781988 hanno lasciato il ministero
pastorale: 16.500, su un totale di
401.000 che restano tuttora nel
loro ruolo.
A coloro che lasciano lo stato
clericale sono da aggiungere coloro che restano al suo interno in
situazione di crisi, che spesso è
una crisi d’identità. Le prime vittime di questa crisi sono gli stessi vescovi. ‘Negli USA, per esempio, alcuni vescovi si sono posti a
riposo prima del tempo previsto
perché sopraffatti dallo stress
(John Quinn, vescovo di San
Francisco, Eugène Gerber, vescovo di Wichita) o daH’alcoolismo
(John Roach, vescovo di Minneapolis, Lawrence Wals, vescovo di
Spokane), ed Eugène Marino, vescovo di Atlanta, ha lasciato la
diocesi in seguito ad un rapporto
sentimentale con una giovane
cantante.
La situazione del basso clero
sembra ancora più grave. Un’indagine recente ' condotta negli
USA ha rivelato un’alta percentuale di infrazioni alla legge del
celibato: circa un terzo del clero
cattolico di questo paese intrattiene « rapporti sessuali regolari »; il 23% « ha inclinazioni omosessuali »; il 6% ha « rapporti con
minori, specialmente maschi »; il
5% rivela un comportamento sessuale problematico e anormale, e
un’altra porzione, che si aggira
sul 6-8%, sperimenta rotture occasionali dell’obbligo del celibato.
Particolarmente inquietanti si
sono rivelati, nel corso di quest’anno, alcuni casi di deviazioni
sessuali che hanno visto come
protagonisti dei preti in Canada
e negli USA. In Canada, nel novembre 1989 fu istituita una commissione episcopale incaricata di
studiare il fenomeno di pedofilia
verificatosi nel clero. Qualche mese fa, alla vigilia del Sinodo, detta
commissione rese noto un primo
rapporto, in cui si definiva come
« problematico » il rapporto fra
ministero pastorale e legge del
celibato. Ad analoghe conclusioni
sono giunti, negli USA, i responsabili di due centri di recupero
(il « Paraklete » di New Mexico e
i] « St. Luke Institute » di Sritland) presso i quali sono stati
presi in cura oltre duecento preti tendenti alla pedofilia.
Il dibattito
sinodale
I drammi personali di tanti
preti e la carenza di servizio pastorale in molte diocesi erano i
due problemi più gravi che avevano presenti i 238 padri sinodali
radunati in Vaticano. Alcuni di
essi credevano forse di far leva
— in vista di possibili modifiche
dello status del clero — su due
eccezioni già poste in atto da Giovanni iPaolo II: il caso dei quarantatre pastori della Chiesa episcopale americana, accettati nel
ministero cattolico con la loro famiglia dopo aver ripetuto l’ordinazione sacerdotale, e l’ordinazione, in Brasile, di due uomini sposati, ai quali però era stata imposta una castità contraddittoria
all’interno del matrimonio, che
pur restava pienamente valido.
Di quest’ultimo caso, né segreto né divulgato nell’opinione pubblica, ha dato conferma il cardinale Aloisio Lorscheider, arcivescovo di Fortaleza, in un’intervista
a « Famiglia cristiana ». Al primo
caso non ci si poteva riferire come ad un « precedente » nella legislazione canonica perché era
evidente la sua gestione strumentale, come risposta cattolica all’ordinazione sacerdotale ed episcopale delle donne nella Chiesa
episcopale americana.
a) L’analisi di Joseph Ratzinger
Il prefetto della Congregazione
per la dottrina della fede Joseph
Ratzinger ebbe il compito di introdurre i lavori sinodali con una
lezione teologica sul ruolo del
prete.
« L’immagine cattolica del sacerdozio — constatò Ratzinger —
è entrata in crisi nel periodo postconciliare ». Il fenomeno ha motivazioni di varia natura, ma le
cause esterne avrebbero avuto un
effetto minore « se i fondamenti
teologici del ministero sacerdotale non fossero stati messi in pericolo ». Nel post-Concilio — continuò Ratzinger — « hanno acquistato una certa evidenza i vecchi
argomenti della Riforma del secolo XVI, insieme con i nuovi
strumenti della moderna esegesi
biblica, ai quali la teologia cattolica non ha saputo opporre sufficienti obiezioni (...). La teologia
cattolica, che dopo il Concilio ha
recepito l’esegesi moderna senza
grandi dispute ignorandone la
chiave ermeneutica, è stata incapace di rispondere alle gravi questioni che ne sono sorte ».
Dopo aver sintetizzato la missione di Cristo secondo le linee
della più genuina ortodossia cattolica, Ratzinger ha delineato la
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Dir. propr.: GHINELLI MONICA
Città del Vaticano. Immagini del Sinodo dei vescovi.
figura del prete che, date le premesse, non poteva discostarsi dal
modello dell’« alter Christus »
sviluppatosi nella Controriforma,
che traduce in termini di vita
spirituale la teologia tridentina
del sacerdozio.
b) La persona e il modello
Il medesimo modello di prete,
sempre all’apertura del dibattito
sinodale, fu proposto anche dalla
seconda relazione ufficiale, tenuta dal cardinale Lucas Moreira
Neves, arcivescovo di Sào Salvador de Bahia e già segretario
della Congregazione dei vescovi.
Secondo il porporato brasiliano,
le caratteristiche del prete sono
quelle dell’uomo di Dio, dedicato
a Cristo, celebrante, pastore, santificatore, evangelizzatore, padre
spirituale.
Il dibattito sinodale, avviato
così aH’insegna della conservazione, non poteva che approdare
a risultati scontati. Non sono
mancati spunti per una riflessione più profonda, né provocazioni
di discussione su problemi scottanti, quali il sacerdozio alle donne, l’ordinazione di uomini sposati, la possibile collaborazione
pastorale dei preti sposati, ecc.
Tuttavia, il dibattito su questi
temi è stato troncato sul nascere,
per riportare l’attenzione dei padri sinodali sulla formazione dei
preti, che era il tema prefissato.
In questo campo sono da rilevare due novità: il ricorso alle
scienze psicologiche, compresa la
psicanalisi, per individuare le
vere motivazioni che inducono
l’individuo ad entrare in seminario, e la proposta di un anno di
preparazione alla vita di seminario.
Sono sembrate ormai esaurite
le critiche ai seminari che qualche decennio fa sembravano presagire come prossima la loro fine. Ora, sia il modello tradizionale del prete che la struttura
che lo forma sono tornati ad imporsi con forza.
Si è fatto riferimento alla psicologia come strumento tecnico
ausiliario nel processo formativo, ma l’uso di questa scienza
sembra finalizzato non tanto al
rispetto della persona umana nelle sue esigenze primarie, quanto
a creare nella persona la disponibilità ad inserirsi senza traumi
in una struttura preordinata quale il seminario, che non si vuole
mettere in discussione. Questa intenzione è resa manifesta dal progetto di un anno propedeutico al
seminario: si è progettato, cioè,
di educare l’individuo ad entrare
in una struttura educativa; o, in
altri termini: di educare l’individuo (generalmente in età adole
scenziale) ad accettare la struttura-chiesa come totalizzante, e
a porla come prioritaria rispetto
ai suoi stessi diritti fondamentali, quali il diritto alla libertà di
pensiero e il diritto alla propria
vita affettiva.
Il Sinodo del resto, come affermò Giovanni Paolo II alla chiusura dei lavori, era stato convocato
per dare una nuova stabilità alla
struttura clericale della Chiesa
cattolica, dopo la crisi del postConcilio, che ha visto un elevato
numero di sacerdoti abbandonare lo stato clericale, e per « infondere la speranza dopo queste perdite dolorose ». Era perciò naturale che si approdasse a quel modello di prete che Moreira Neves
aveva delineato aH’apertura dei
lavori, e che ripropose alla loro
conclusione.
E’ la tipologia post-tridentina che abbina il ministro di
culto all’eunuco per il Regno dei
cieli, togliendo ad entrambi il diritto di decidere della propria vita e di ritornare sulle proprie
decisioni, perché questo diritto è
stato accaparrato dall’istituzionechiesa nel momento in cui Tindividuo è entrato nell’ambito del
suo potere.
Fine del Concilio
Vaticano II
Con la riproposizione di un vecchio modello di prete all’interno
di una chiesa clericalizzata che
ha nel prete, più che nel popolo
cristiano, la sua espressione più
specifica (nonostante alcune asserzioni teologiche in senso contrario) sembrano concluse una
volta per tutte le numerose dispute sul ruolo del prete che erano sorte negli anni del Concilio
Vaticano IL
L’epoca conciliare, del resto,
sembra conclusa anche in forza
di altri fatti. Anzitutto a causa
del ricambio generazionale dei
vescovi cattolici. A 29 anni di distanza daU’apertura di detto Concilio e a 25 anni dalla sua chiusura, dei 238 vescovi che hanno partecipato al Sinodo, solo 21 avevano preso parte anche alle sessioni del Concilio. Ciò significa che
per molti vescovi di oggi il papato di Giovanni XXIII e il Concilio
Vaticano II non sono più motivi
che ispirino immediatamente la
loro azione pastorale. Se si aggiunge il fatto che da dodici anni
il papato è gestito da uno che
rappresentò in Concilio la minoranza più conservatrice, è facile
spiegarsi perché molti vescovi si
adagino oggi nel ruolo di amministratori della vita ordinaria del
cattolicesimo, senza guardare
troppo lontano.
Di questa situazione ha approfittato in primo luogo lo stesso
Giovanni Paolo II, che è riuscito
senza difficoltà a trasformare il
Sinodo da organo di partecipazione e di dibattito, come era stato
concepito in origine, in strumento di consenso e di unanimismo
sulle posizioni vaticane. Wojtyla
ha operato questa trasformazione
anzitutto con il ribadire il carattere consultivo e non deliberativo (come aveva chiesto il cardinale Lorscheider) del Sinodo
stesso.
D'altra parte, la struttura data
ai lavori sinodali ha reso difficile
l’emergere di voci dissenzienti.
Infatti ogni proposta, per divenire oggetto di discussione da parte deU’Assemblea dei vescovi, doveva prima essere fatta propria
dalla maggioranza di uno dei
gruppi linguistici in cui i vescovi
si erano suddivisi nel momento
dell’elaborazione delle proposte.
Ora, è chiaro che in ogni gruppo
le posizioni moderate prevalevano su quelle rinnovatrici. Inoltre,
i vescovi tendono talvolta a rinchiudersi nel silenzio, soprattutto quando dissentono dal Vaticano, per non vedersi affiancati da
qualche vescovo ausiliare non richiesto, inviato da Roma a controllare e normalizzare.
Un interrogativo
teologico
ed ecumenico
Il recente Sinodo ha riproposto
in epoca ecumenica un modello
post-tridentino di prete e di chiesa. Questo non è solo un fatto interno alla Chiesa cattolica perché
incide negativamente sull’ecumene cristiana, in quanto proposta
di un modello discutibile da parte
della più grande istituzione ecclesiastica a livello mondiale. Per
esempio, nei paesi di tradizione
cattolica l’opinione pubblica valuta anche il protestantesimo _ a
partire da parametri di valutazione derivati più dal Diritto canonico cattolico che dall’Evangelo.
Secondo questa mentalità, il pastore protestante non è il laico
che coordina le attività ed anima
la fede di una comunità attraverso la predicazione e lo studio biblico, ma è assimilato al « prete
sposato », cioè ad una persona
che è resa « sacra » dal ruolo che
riveste, e che è un po’ « meno
sacra » a causa del suo matrimonio.
In questo contesto, i protestanti sono chiamati a rivendicare la
laicità della chiesa come comunità di uguali che rendono a Dio il
culto spirituale annunziato e iniziato da Gesù. Egli non era un
sacerdote del tempio, e consumò
il suo sacrificio in uno spazio profano, per fare della persona umana, e non del tempio, il luogo
privilegiato della presenza di Dio.
Porre al centro della chiesa un
uomo (e perché non una donna?)
sacralizzato, e perciò reso diverso
dagli altri, contraddice alla sua
natura. Altra contraddizione è
fare di quella persona un eunuco
obbligato per il Regno dei cieli.
Se è doveroso rispettare la libertà delle coscienze che compiono
simili scelte nello spazio riservato del loro rapporto personale
con Dio, non è lecito a nessun potere ecclesiastico rendere eunuchi
coloro che non lo vogliono. Anche
perché non basta un decreto della gerarchia per cancellare le crisi d’identità e i drammi personali che si vivono nelle file del
clero. E tanto meno basta riproporre un vecchio modello di
prete per garantirlo dalle contraddizioni che per secoli hanno
contraddistinto proprio coloro
che hanno vissuto in conformità
ad esso.
Cesare Milaneschi
8
8 valli valdesi
23 novembre 1990
Gladio
in valle
Sabato scorso, quando sono apparse sui giornali le liste dei nomi dei "gladiatori", per un lungo
momento sono rimasto senza parole. Ne conoscevo almeno un
quarto. Alcuni li avevo frequentati negli anni ’60 ai tempi dell’Unione giovanile, altri li avevo conosciuti, anni dopo, seduti sui
banchi del consiglio comunale o
in. qualche riunione di tipo politico; loro da una parte, io dall altra, loro liberali, io dsmoproletario. Pur non condividendo
molte delle proposte che questi
facevano, avevo stima di loro, per
il loro impegno in un partito in
crisi evidente, e li consideravo,
come tutti, « brave persone ».
Già, appunto, brave persone.
Proprio questo essere delle brave persone dev’essere stato il motivo del loro reclutamento. La
Gladio, quest’organizzazione « legale, ma segreta » secondo Giulio
Andreotti, aveva bisogno di brave persone insospettabili per svolgere i suoi compiti, che ufficialmente sarebbero stati quelli di
organizzare la resistenza armata
in c^o di invasione del territorio
italiano da parte di truppe dell Est europeo, ma che — ormai
pare certo — erano anche altro,
cioè di opporsi a un’eventuale
presa del potere dei comunisti.
In questa seconda ipotesi quali
dovessero essere i compiti operativi di queste brave persone non
è per ora dato sapere, né sembra
che le stesse lo sappiano.
Sta di fatto che il reclutamento
dei civili è avvenuto, qui in valle,
attraverso i canali del Partito liberale, i cui esponenti avevano
evidentemente canali privilegiati
di contatto con l'organizzazione
dei servizi segreti italiani.
Negli anni '70 si è parlato molto — e a sproposito — di una fantomatica organizzazione militare
della sinistra extraparlamentare
in valle. Chi l’avrebbe mai detto
che gli unici ad appartenere ad
una organizzazione paramilitare
segreta erano dei liberali?
Come questo sia potuto accadere dovrà essere accertato dalla
magistratura, che deve avere piena libertà di indagine non solo
per scoprire i « nasco », cioè i depositi di armi a disposizione della Gladio (si parla di un deposito
ad Abbadia Alpina), ma anche le
forme organizzative e chi reclutava. Lo esigono le regole fondamentali del patto costituzionale.
Appartenere ad una associazione segreta è reato in questa Repubblica (art. 18 della Costituzione e legge 17/1982).
In un paese che ha conosciuto
le stragi impunite di Piazza Fontana, di Brescia, della stazione di
Bologna, dell’Italicus, occorre poi
che i responsabili di un partito,
che è stato al governo molte volte in questi decenni, spieghino
il perché del reclutamento dei
civili nelle loro file. Solo perché erano cittadini affidabili? Ma
affidabili perché e per che cosa? E’ una questione di verità. Ed
è nella verità che si costruisce la
società democratica. Aspettiamo
perciò dal PLI locale una qualche
spiegazione, lo esige un rapporto
corretto con l’opinione pubblica
e anche con gli elettori, che in
questa valle non sono pochi.
E non si invochi la « ragion di
.stato » del pericolo rosso. Proprio
per la storia di queste valli, da
tempo non si crede più alla favoletta dei cattivi che « mangiano i
bambini ».
Davvero si crede possibile
che l’amico dell’Unione, il vicino
di casa, il compagno di lavoro
fosse un potenziale pericolo per
la democrazia? \
Giorgio Gardiol
PARTITO DEMOCRATICO DELLA SINISTRA
VAL PELLICE
Nasce la costituente Giunta
DC-PSI?
A un anno dalla svolta del Pei, dibattiti e
confronti sulla nascita di un nuovo partito
Una novantina di persone ha
preso parte, venerdì 16, all’assemblea di presentazione del
Comitato costituente per un
nuovo partito della sinistra in
Val Penice.
La svolta del PCI di Occhetto, che risale a un anno fa, giorno più giorno meno, suffragata
dal Congresso straordinario di
Bologna, si sta traducendo nella « fase costituente ». In vista
del XX Congresso, a fine gennaio, un po’ dappertutto il dibattito si sta allargando, e passa dall’interno del partito ad altre forze, che dialogano con i
comunisti italiani.
Al di là dei diversi accenti,
delle perplessità e delle polemiche, è forse un segnale positivo il fatto stesso che questa
« fase » sia tale, abbia cioè un
termine ben definito: in anni in
cui le polemiche si trascinano,
e in cui validissime idee vengono rimangiate poche settimane
dopo dai loro stessi sostenitori,
non è poco. Altrettanto importante che l’adesione ai comitati
per la costituente non vincoli
nessuno all’adesione al futuro
partito.
Nel corso della serata, in cui
sono intervenuti Piero Fassino,
della segreteria del PCI, e Franca Coisson, esponente della Si
nistra indipendente della Val
Penice, si è spaziato attraverso
temi (la necessità dell’alternativa in Italia, le riforme istituzionali, i misteri e le trapie su
cui occorre far luce, tra « caso
Moro » e « Gladio »), strategie
(la nascita del nuovo partito segna la fine di ogni idea di consociativismo), rapporti (nelle intenzioni è la massima apertura
verso forze che, situate a sinistra, conducono battaglie condivisibili da una nuova formazione, come ambientalisti, pacifisti,
volontariato, parte del cattolicesimo di base...). Ma, appunto,
qui siamo all’inizio, gli incontri
proseguono.
Un prossimo appuntamento è
fissato per mercoledì 28 novembre, alle ore 20.45, presso la Comunità montana, per programmare le iniziative del Comitato.
A Pinerolo sono ancora previsti due incontri: venerdì 23 novembre, con Silvana Dameri, sul
tema « Un partito di donne e di
uomini »; venerdì 30, con Claudio Stacchini, sul tema « Il partito è uno strumento: quale forma partito?». Entrambi gli incontri si tengono presso il PCI
(C.SO Torino, 18), con inizio alle
ore 20.45.
POMARETTO
Cultura in valle
La Comunità montana Valli
Chisone e Germanasca propone
un ciclo di tre incontri su temi
attinenti la « musica » e la « parola» nella tradizione culturale
delle nostre vallate.
Gli incontri, promossi in collaborazione con l’associazione culturale «Alidada», si svolgeranno il martedì sera alle 20,30,
presso il Cinema Edelweiss di
Pomaretto.
Il ciclo inizia il 27 novembre
con le relazioni, a cura di Daniele
Tron e di Mauro Durando, su « n
patrimonio di canti tradizionali
delle nostre valli nelle ricerche
di Emilio Tron e della Cantarana». Nel corso della serata verranno presentate registrazioni
originali inedite effettuate dallo
stesso Emilio Tron oltre trenta
anni fa e altre, più recenti, che
VISUS
di Luca Regoli S C. tJiX
OTTICA • Via Arnaud, B
lOOW TORBE PELLICE (To)
fanno parte del ricco archivio
dell’associazione culturale « La
Cantarana», non ancora presentate al pubblico.
Martedì 4 dicembre parleranno di « Problemi e prospettive
nella riproposta della musica occitana» Dario Anghilante, dell’associazione « Ousitanio Vivo » e
Jan Péire de Bousquìer, dell’associazione « Soulestrelh ».
Infine, martedì 11 dicembre.
Bruna Peyrot, ricercatrice storica e collaboratrice della Società
di studi valdesi, affronterà il tema della « parola » presentando
il suo libro, appena pubblicato,
« La roccia dove Dio chiama.
Viaggio nella memoria valdese
fra oralità e scrittura », frutto di
anni di osservazione sistematica
all’interno delle comunità delle
valli.
L'OniCO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C
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E’ concretamente ipotizzabile
un’alleanza DC-PSI per la prossima giunta della Comunità
Montana Val Pellice?
A sentire alcuni personaggi politici della valle parrebbe di sì.
I numeri ci sono (15 su 27),
anche se im cambiamento di linea dei socialisti che hanno sempre privilegiato, laddove possibile, l’accordo col PCI o in subordine la formula unitaria sembrerebbe inopportuno; la vai Pellice ha infatti una consolidata
tradizione di sinistra in senso
ampio e il lasciar fuori un gruppo consistente cojme quello formato da PCI e Sinistra indipendente andrebbe contro una buona parte della popolazione locale.
E’ anche possibile che nella
fase delle trattative (ben limghe,
visto che le elezioni amministrative si sono svolte il 6 maggio
scorso!) il PSI sventoli lo spauracchio della giunta a due con
la DC per avanzare pretese sulla presidenza dell’ente.
Mentre ancora una volta pare
essere il valzer delle poltrone ad
impegnare maggiormente anche
i politici locali, la discriminante
programmatica fra le forze in
campo pare essere l’ipotesi di
collegamento con la Francia: il
PCI e gli Indipendenti propongono che se ha da essere, sia
ferroviario, DC e PSI invece vogliono il traforo stradale; con
O. N.
PINEROLO
L'IRC
alla materna
Il collegio docenti della scuola
materna « Andersen » del 3“ circolo di Pinerolo ha assunto all’imanimità una mozione relativa all'insegnamento della religione
cattolica presso la scuola.
Di fronte alla comunicazione,
da parte deH’uificio scolastico
provinciale, che non si possono
costituire gruppi di IRC con più
di 12 alunni, il collegio docenti
esprime la sua « estrema perplessità », se si pensa che le sezioni
sono costituite da 28 alunni,
anche di diverse età; inoltre il
documento approvato ritiene
« non equa e quindi non accettabile questa situazione di privilegio (...) quando l’insegnante titolare di sezione lavora con 28 bambini per un minimo di 5 ore e 45
minuti al giorno ed inoltre non
giustificato un simile largheggiare di fronte al progressivo taglio
dei finanziamenti per il funzionamento della scuola ».
Il collegio docenti, facendo notare che attualmente i 26 bambini
frequentanti l'IRC sono distribuiti in tre gruppi di 9 ed 8 bambini, chiede una revisione dei criteri adottati per la costituzione
dei gruppi avvalentisi dell’IRC
stesso.
Invalidi oltre
i 65 anni
TORINO — Il partito dei pensionati ha presentato una proposta di legge al Parlamento per
concedere la pensione di invalidità civile anche a chi ne ha
fatto domanda oltre il 65° anno
d’età. Finora la legge statale non
prevede la corresponsione di
questa indennità (270.000 lire
per invalidità totale o superiore ai due terzi) a chi non ha
rispettato questa scadenza.
Iniziative analoghe sono state
prese anche dai gruppi regionali del partito dei pensionati della Liguria e della Lombardia.
Secondo il consigliere del Piemonte, Margherita Gissara, questa differenza di trattamento è
« un fatto sicuramente anomalo
e incostituzionale ». « L’esciusione da queste pensioni di coloro
che ne hanno fatto domanda oltre i 65 anni — ha proseguito
l’esponente dei pensionati — punisce cojmunque proprio i cittadini più bisognosi di assistenza economica perché più anziani, più ammalati, più in necessità di cure mediche ».
Emigrazione
piemontese
in America
TORINO — Il fenomeno dell’emigrazione « di ritorno » dai
paesi delTAmerica Latina al Piemonte non cessa di diminuire. E’
uno degli aspetti messi in evidenza dal presidente della Giunta regionale, Gian Paolo Brizio,
all’inaugurazione della mostra
« C’era una volta la Merica », allestita nella sala esposizioni della Regione, a Torino, in piazza
Castello.
La mostra, che resterà aperta
fino al 24 novembre, offre testimonianze fotografiche e scritte
dell’emigrazione piemontese iniziata nei primi anni di questo secolo e diffusasi non soltanto in
America Latina, ma anche in
tutti i paesi del « Nuovo Mondo ».
Ferrovia:
presa di posizione
della Provincia
TORINO — La Provincia di
Torino ha preso posizione sul
problema della ferrovia PineroloTorre Pellice, il cui servizio dovrebbe essere sospeso per effettuare lavori di automatizzazione
entro il 31 dicembre del prossimo
anno.
In una mozione approvata alTimanimità il consiglio provinciale chiede alla direzione compartimentale garanzie circa l’effettuazione dei lavori, i tempi e
soprattutto la durata della sospensione ed inoltre impegna l’assessore provinciale ai trasporti a
seguire l’intera questione.
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9
23 novembre 1990
valli valdesi
POMARETTO: GIORNATA DELL’OSPEDALE VALDESE
Progetto di 5 miliardi
Un’opera di servizio aH’uonrio, che non può prescindere dai legami
la popolazione locale - Ecco il nuovo progetto di ampliamento
con
Si è svolta, domenica 11 novembre, l'annuale giornata dell’ospedale valdese di Pomaretto; il culto, vari interventi, il contatto con
la popolazione nel pomeriggio attraverso saluti e comunicazioni,
una tavola rotonda <di cui riferiamo a parte), un bel concerto
offerto dal gruppo vocale Turba
concinens.
Il past. Paolo Ribet, da pochi
mesi presidente della CIOV, ha
voluto ringraziare il suo predecessore past. Taccia per l’opera
svolta, per le intuizioni sul futuro
ruolo di questa commissione valdese che oggi si occupa soltanto
degli ospedali di Pomaretto e Torre Pellice e del Rifugio Carlo Alberto, ma che presto potrebbe
essere il luogo dove si affronta
tutta la complessa materia della
diaconia della chiesa valdese.
« L’ospedale — ha detto Ribet —
è frutto di quella volontà di servizio che le nostre chiese hanno
sempre mantenuto; un servizio
che vuole dare risposte all’uomo
nella sua globalità, ma che non
può prescindere dal profondo legame con la popolazione locale »,
una popolazione presente in modo attento e numerosa alla giornata.
Particolarmente interessante è
stato l’intervento di Daniele Rostan, che a nome del comitato
dell’ospedale ha voluto non solo
parlare di quello che oggi esso è,
ma ha voluto anche presentare
il progetto di ampliamento, i miglioramenti che ne deriveranno
complessivamente al servizio, ccm
un investimento di circa 5 miliardi, spesa già approvata dalla
giunta regionale.
« Proprio in questi giorni — ha
detto Rostan — è stato predisposto il piano triennale di attività
e spesa; il programma prevede il
rinnovo della convenzione tra la
Tavola valdese e la Regione, il
potenziamento delle strutture, il
consolidamento dei servizi sanitari resi alla popolazione.
Stanno infatti andando avanti
i progetti nei settori della diabetologia, della tutela della salute
degli anziani, nei confronti dell’alcoolismo e della prevenzione
per alcune forme di tumori.
Naturalmente per raggiungere
questi obiettivi occorrerà effettuare investimenti in strutture
sanitarie, nella computerizzazione ed automazione di alcune procedure e sarà possibile — ha aggiunto Rostan — una modifica in
aumento della pianta organica,
oggi sostanzialmente coperta, a
parte il settore degli infermieri
professionali ».
In cosa consisterà quindi l’ulteriore ampliamento dell’ospedale?
Si prevede la costruzione, in
lotti successivi, della sopraelevazione del corpo di fabbricato
adiacente la parte recentemente
costruita; in tale zona si avranno: al pianoterra il servizio di
radiologia e di ecotomografia, ai
piani superiori delle camere di
degenza con servizi, in modo da
ottenere un totale di 75 posti letto effettivi (che sono quelli previsti dal piano socio-sanitario regionale).
Inoltre, mediante lavori di
sbancamento e costruzione, è previsto al piano seminterrato un totale rifacimento dei servizi generali di cucina, della mensa per
il personale, di servizi economali,
archivio, ecc., mentre al pianoterra verranno creati una nuova palestra di fisioterapia, la sede della
guardia medica dell’USSL e nuovi
ambulatori diagnostici.
A quando l’inizio dei lavori?
« La Regione ha già deliberato
l’assegnazione dei 5 miliardi —
ha aggiunto l’assessore alla sanità Maccari — quindi, superati alcuni tempi burocratici, si potrà
partire, probabilmente nei primi
mesi del ’91 ».
Nel suo intervento di saluto Erminio Ribet, membro dell’esecutivo della comunità montanaUSSL e probabile futuro presidente della stessa, ha sottolineato « l’importanza di avere nelle
zone montane servizi di grande
qualità, proprio mentre da altre
parti vengono segnali contrastanti; dovremo trovare le energie per
contrastare in modo piu deciso
le proposte di accorpamento delle piccole USSL come la nostra ».
P.V.R.
RICORDO
Una vita al servizio degli altri
La grande, eterogenea folla che
gremiva il tempio di Torre Pellice la mattina del 29 ottobre
portava, alla memoria del dott.
Enrico Gardiol, la riconoscenza
di una valle per un impegno di
mezzo secolo svolto in tempo
di pace come di guerra con
una presenza continua, in tempo
reale si direbbe oggi, negli ospedali, negli istituti, negli ambulatori, nelle case e nei più remoti alpeggi. Ma era, anche, una
testimonianza per la sua presenza nella vita pubblica, là dove
venne chiamato o si offrì per
mettere a disposizione di tutti
la sua professionalità e cultura.
Oggi vogliamo ricordare un
uomo che ha sempre anteposto
al denaro la propria coscienza
e che aborrendo gli usuali contorsionismi ha saputo, lontano
da ogni barricata, dire i suoi
« sì » ed i suoi « no » con signorile fermezza a chiunque. Né poteva essere diversamente ricordando come in tempo di guerra assisteva — con i suoi colleghi — nelle corsie dei due ospedali valligiani i feriti partigiani, tedeschi e fascisti, fronteggiando avvertimenti e minacce
che giungevano dalle due parti.
Laureatosi nel 1933 è, l’anno
dopo, con il dott. Italo Mathieu
a Fra Catinat e lo segue nel 1935
all’Ospedale • valdese di Torre
Pellice dove era stato inaugurato il « Padiglione » per pazienti
affetti da tubercolosi. Inizia così
un sempre maggior coinvolgimento nell’ospedale dove erano
presenti i colleghi De Magistris,
deceduto per eventi bellici nell’aprile del 1945, Paltrinieri ed A.
Quattrini.
Nel 1943 è al Mauriziano di
Luserna di cui divenne, in seguito, direttore sanitario. In questo
ospedale, l’anno prima, a causa
dei bomlDardamenti che danneggiarono gravemente l’ospedale
Mauriziano di Torino, venne trasferita la divisione di chirurgia
di quest’ultimo, dapprima sotto
la guida del prof. Mollo ed in
seguito del prof. Mazza: eccellenti chirurghi che fecero scuola
ai dottori Gardiol e Scarognina che, già allievo al Mauriziano di Torino, venne a trasferirsi in valle. Ma al di fuori delle
sedute programmate, tutta l’urgenza chirurgica (maternità compresa), venne a cadere sulle spalle dei due giovani dottori che
formarono la cosiddetta squadra
« tribuía », per le difficoltà che
dovettero superare sia a Torre
che a Luserna. E ci è caro ricordare rimmagine del dott. Gardiol su una Balilla fornita di
caldaia a carbonella (gasógeno)
che, traballando, valicava i posti
di blocco del ponte degli Appiotti e di Santa Margherita. Poi la
pace e gli anni del dopoguerra
e la feconda ventennale collaborazione con il dott. De Bettini,
all’ospedale di Torre Pellice.
Ma gli anni incalzavano ed il
destino dei piccoli ospedali era
ormai segnato: d’altra parte i
medici non erano più disposti
ad impegnarsi in questi fatiscenti istituti, non più all’altezza dei
tempi. Dopo la morte del dott.
Pellizzaro, a Torre erano rimasti lui ed il dott. De Bettini.
Dolorosa fu per lui, come per
molti, la chiusura della chirurgia e del reparto maternità cui
aveva così contribuito: ma altrettanto pronta e feconda fu la
sua disponibilità per quelle iniziative, anche da lui suggerite,
atte a migliorare il servizio e
l’ambiente di lavoro.
Intanto, dopo il ritiro del dott.
De Bettini, rimase l’unico della
vecchia guardia a reggere le sorti dell’ospedale, pur con la collaborazione dei dottori Avanzi e
Vigiani, alle loro prime esperienze.
Nel 1975 giunge, finalmente, il
riconoscimento del nuovo ruolo
dell’ospedale da parte della Regione: ma ulteriori ritardi buro
DIBATTITO A POMARETTO
La droga convive
con il lavoro
Un (dato comune a molti: bassa scolarizzazione
Nell’ambito della giornata dell’ospedale valdese di Pomaretto,
presso il cinema Edelweiss si è
svolta anche una tavola rotonda sul problema della diffusione delle tossicodipendenze nell’USSL 42.
Il fenomeno non solo esiste,
ma ha assunto negli ultimissimi anni una diffusione preoccupante.
Il dott. Laurenti, coordinatore
sanitario dell’USSL 42, ha fornito una serie di elementi tali
da permettere di capire non
solo l’entità del fenomeno, ma
anche in grado di evidenziare alcuni problemi collegati.
A partire dal 1982 sono una
cinquantina i casi seguiti dalrUSSL, con un forte aumento
negli ultimi tre anni.
E’ anche possibile che una
¡maggiore conoscenza del servizio abbia contribuito a questo
aumento degli utenti, tuttavia
resta il fatto che normalmente
solo una parte dei tossicodipendenti si rivolge ai servizi; ciò
fa supporre che in realtà il problema riguardi, nelle due valli,
oltre 300 persone, su una fascia
di giovani fra i 15 ed i 30 anni
di circa 5.000 unità. Negli anni
si è notato anche un abbassamento nell’età di inizio (oggi
molti vengono in contatto con
la droga intorno ai 15 anni), ma
rimane sempre breve (di pochi
mesi) il periodo che trascorre
prima che il « buco » diventi una
risposta abituale.
Il dott. Laurenti ha poi cercato di individuare in quali settori sociali sia maggiormente
diffuso l’uso di droga.
La maggior parte dei tossicodipendenti sono maschi, non sposati (ma su questo incide anche
la giovane età delle persone), per
una buona metà occupati: va
pertanto al|meno in parte sfatato il collegamento disoccupazione = droga; molti dunque convivono con l’assunzione di droghe
riuscendo a mantenere un’attività lavorativa continuativa.
In generale invece un elemento accomuna tutti quelli che cadono nell’uso di sostanze stupefacenti; hanno una bassa cultura o scolarizzazione.
Ma nel corso delle relazioni è
stato anche evidenziato un aumento vertiginoso di alcune ma
lattie, almeno in parte collegato alla tosisicodipendenza; se al
momento non si registrano casi di sieropositività al test dell’AIDS fra i tossicodipendenti,
sono stati registrati nel solo
1990 già 20 casi di epatite B,
mentre fino aH’anno prima essi
erano di pochissime unità.
Il fatto che molti tossicodipendenti risultino occupati regolarmente — ha poi aggiunto la psicoioga Da Como — ci ha fatto
individuare come strategia operativa un rapporto con le ditte
e le fabbriche della zona. In termini di prevenzione si è spesso
guardato alla scuola cóme momento centrale, ma diventa ora
importante rapportarsi con gli
ambienti di lavoro.
In precedenza la dott.sa Da
Como aveva illustrato le possibili cause alla base del problema, evidenziando comunque in
ogni possibile progetto di recupero non solo la volontà del
soggetto coinvolto, ma anche il
ruolo della famiglia.
Il dott. Maina, primario dell’ospedale, ha invece incentrato
il suo intervento sul problema
alcoolismo, un fenomeno che su
scala nazionale è considerato al
terzo posto fra le cause dirette
o indirette di morte e che anche nelle valli è diffuso. « Apparentemente da noi sembra non
esistere alcoolismo giovanile,
tuttavia negli ultratrentenni si
registrano vari ricoveri per l’azione svolta dall’alcool ».
Quali risposte si danno?
Attualmente sul territorio esistono esperienze di coinvolgiimento di famiglie che vivono
questo problema; sono stati contattati una trentina di nuclei, alcuni partecipano attivamente ad
incontri a Porosa o Pomaret*'o;
sono impegnate nell’operazione
di recupero, che passa essenzialmente per il dialogo diretto, alcune persone, a carattere volontario che, spesso operatori in ospedale, dedicano parte del loro
tempo libero a questa importantissima attività.
Vista l’enorme massa di notizie offerte dagli oratori, solo la
tarda ora ha impedito l’effettuazione di un vero e proprio dibattito con i numerosi presenti.
Piervaldo Rostan
SCHEDE DIDATTICHE
Conoscere il territorio
oratici fecero sì che i posti di
ruolo dei sanitari, della nuova
pianta organica, poterono essere
coperti solo alla fine del 1976.
Il 1.1.1977 il dott. Ricchiardi
inizia il primo servizio di guardia permanente e con i dottori
Cabodi, Michelin Salomon e Delleani prende corpo il primo staff
ospedaliero di medici dipendenti.
Il prof. Valerio Gay assume la
direzione sanitaria degli ospedali di Pomaretto e Torre Pellice
e il dott. Enrico Gardiol può finalmente, dopo tanto lavoro, ritirarsi. Nella bacheca dell’ospedale di Torre Pellice pone di sua
imano il seguente avviso; « Con
oggi pongo termine al mio lavoro iniziato il 15.6.1935 presso questo ospedale.
Ringrazio tutto il personale, i
collaboratori, le diaconesse, gli
amici ed i sostenitori che mi hanno aiutato in questi anni. Ricordo i colleghi scomparsi. Ai giovani colleghi il mio augurale saluto e buon lavoro. L’Ospedale
valdese di Torre Pellice resta e
continua. Enrico Gardiol ».
Dario Varese
POMARETTO — Sono state
presentate agli insegnanti elementari e medi del distretto
scolastico n. 42 le schede didattiche, frutto di un lavoro di elaborazione condotto da insegnanti e da personale della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca, in un’affollata riunione
che si è svolta al cinema Edelweiss di Pomaretto il 7 novembre.
L’iniziativa, che ha richiesto
per realizzarsi alcuni anni di lavoro ed è stata sostenuta da un
consistente contributo regionale,
aveva come obiettivo la valorizzazione di un notevole patrimonio culturale presente nelle due
valli, costituito da ben cinque
musei e da un parco naturale.
I musei sono quelli di Frali, Rodoretto, Balsiglia, Pramollo, San
Germano Chisone e il parco è
quello della Val Troncea.
Tutti insieme costituiscono una
preziosa docujmentazione della vita di altri tempi e in più (nel
caso del parco) la meta di piacevoli passeggiate e di osserva
zioni sulla natura.
E’ perciò molto apprezzabile
lo sforzo di fornire alle scuole
del materiale di lavoro per rendere le visite didatticamente utili e alla portata di chiunque voglia inserire una ricerca d’ambiente nel programma scolastico.
Le schede operative sono trentadue, suddivise in quattro unità didattiche: la terra, l’acqua,
la neve, il fuoco, ancora ripartite in vari argomenti: la montagna, il bosco, i lavori agricoli,
ecc. I riferimenti ai musei servono a localizzare la collocazione degli oggetti che possono documentare nella loro concretezza le proposte delle schede, mentre le visite guidate nel parco
naturale possono aprire gli occhi su una realtà di vita e di
lavoro ormai scomparsa.
Il pacco di schede, che ha per
titolo « Scoprire il territorio »,
può essere richiesto alla Comunità Montana Valli Chisone e
Germanasca da chiunque desideri farne uso.
L. V.
10
10 valli valdesi
23 novembre 1990
INTERVENTO
AOSTA
Per la provincia alpina
Torino e Pinerolo possono essere « buoni vicini », ma non di più - La
Cee e i progetti transfrontalieri - Necessaria una fase costituente
Il discorso sul riassetto territoriale finalmente si allarga. Leggo
l’£co del Chisone dell’8 novembre che si oppone all’inclusione
di Pinerolo nella provincia metropolitana perché Angrogna non è
nella periferia di Torino. Ma non
è neanche nella periferia di Pinerolo. Pinerolo e la pianura pinerolese debbono trovare una loro collocazione su cui non mi
trattengo. Ma non in una provincia alpina. Non siamo più al
tempo dell’economia curtense,
Torino e Pinerolo debbono essere
per noi delle Valli dei buoni vicini, a cui ci legano tanti interessi.
Non debbono .dettar legge. Mi
viene in mente quel sindaco di
Pinerolo, tanto preoccupato per le
nostre valli, che proponeva la
commercializzazione dei basti dei
muli, penso da appendere alle pareti come souvenirs: scriveva sul
serio. Non abbiamo bisogno di essere salvati, ma di organizzarci,
con autonomia.
La CEE ci dà una nuova occasione con i progetti transfrontalieri. Non lasciamoci sfuggire le
occasioni e guardiamo aU’awenire, sia pure, se necessario, con
gradualità. Adottiamo un’ottica
che si può chiamare sindacale
(da non confondere con i sindacati dei lavoratori, che hanno
contribuito al cambiamento della
società). Vanno unite le zone di
montagna con interessi e civiltà
affini, dalle due parti della frontiera. E per cominciare di qua,
a est, le comunità, i comuni della montagna dall’alta vai di Susa al confine con la Liguria delle
attuali province di Torino e Cuneo. Questa può essere una provincia alpina, o occitana, o delle
Alpi Occidentali. Da vedere se più
o meno estesa, ma sempre sotto
la frontiera.
Non lasciamoci impressionare
dalla parola provincia. Già più di
45 anni fa Luigi Einaudi diceva
« Via i prefetti » proponendo unità territoriali ristrette e collegi, e
le stesse dimensioni indicava
Adriano Olivetti per la sua comunità (v. Einaudi sui Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà n. 4,
da me ripreso in un articolo sul
Pioniere del 26 gennaio - 2-9 febbraio 1945). La provincia, che oggi ha funzioni di programmazione più che di amministrazione
tradizionale, si configura, almeno
nel nostro caso, soprattutto come
livello di collegamento non solo
interno ma verso lo stato e la re
LA LEGA NORD E IL FRANCESE
Le parlate originali
La lingua d’oltralpe non appartiene al patrimonio linguistico piemontese: possiamo promuoverla come si fa per le lingue originali?
Dal capogruppo della Lega Nord
al Comune di Torre, riceviamo:
Con riferimento all’articolo dal
titolo « Piemont » a firma Giorgio
Tourn, apparso nella rubrica « Alle valli oggi » sul n. 42 del vostro
settimanale il 26.10 e nel quale si
altera la realtà dei fatti, il gruppo consiliare Lega Nord del Comune di Torre Pellice chiede che,
per ima doverosa e corretta informazione dei lettori, vengano
pubblicate le seguenti precisazioni:
1) Nel corso dell’ultima seduta del Consiglio comunale di Torre 'Pellice non ci sono state votazioni concernenti la legge regionale n. 26/90 del 10.4.90.
2) Detta legge non riguarda
— come scrive il sig. Tourn — la
tutela delle lingue minacciate,
bensì la « Tutela, valorizzazione e
promozione della conoscenza delVoriginale patrimonio linguistico del Piemonte ».
3) Se il sig. Tourn intende riferirsi alla votazione avvenuta
nella seduta del 29.6.90 nella quale il nostro gruppo si è espresso
con l’astensione dal voto di ratifica della delibera della precedente Giunta, n. 178 del 14.5.90, con
ASSEMBLEA
Verdi uniti
Con due assemblee pubbliche
svoltesi a Torre Pellice (per la
Val Pellice) e a Pinerolo (per i
comuni delle USSL 44 e 42) si è
ufficialmente costituita una nuova formazione politica : i « Verdi». Tra i programmi locali i Verdi indicano la difesa dell’ambiente, uno sviluppo ecosostenibile
delle valli, la difesa della democrazia e la riforma della politica.
Fanno parte dei Verdi esponenti dell’ambientalismo, dei verdiarcobaleno, dei "verdi-sole che ride”, dei radicali.
cernente la richiesta di contributi
alla Regione Piemonte in base alla suddetta legge n. 26/90 con re.-,
lative disposizioni e programma
di attuazione e di impiego dei
fondi, specifichiamo che la nostra
astensione, come già chiarito verbalmente nel corso della seduta
stessa e come risulta dalla delibera di ratifica (n. 69 del 29.6.90)
è dovuta ai seguenti motivi:
— Il programma della Giunta
allegato alla delibera ignora resistenza delle originali lingue parlate in valle: il piemontese e il
provenzale alpino (di ceppo occitano) nella sua variante locale
(tourassin).
— Il programma, incentrato sul
solo insegnamento della lingua
francese e sulla sua diffusione a
mezzo di corsi di studio e spettacoli, è discriminante e travisa
artatamente lo spirito dei legislatori i quali hanno stilato e reso
operante la legge n. 26/90 unicamente ai fini di tutelare l’originale pratrimonio linguistico del Piemonte.
Ciò premesso si desidera ancora precisare che:
A) la lingua francese non appartiene al patrimonio linguistico originale del Piemonte (a meno che il sig. Tourn ci dimostri
che è stato il Piemonte ad insegnarlo ai francesi!), ma è lingua
di uno stato estero il cui insegnamento è già previsto e curato dall’ordinamento scolastico a cominciare dalla prima classe elementare. Se lo si vuol difendere in
valle, tenendo conto che è parlato
da un certo numero di famiglie
di fede valdese, sarà bene che sia
la Chiesa valdese a farsi promotrice di istanze presso quelle istituzioni, quali ad esempio il Centro culturel franco-italien, sorte
con questo scopo precipuo.
B) Riconosciamo, da parte
nostra, l’apporto di cultura che
la conoscenza del francese rappresenta in valle, ma ci opponiamo al fatto che la Giunta comunale voglia provvedere alla diffusione di questa lingua straniera
attingendo ai fondi che la Regio
ne Piemonte stanzia allo scopo di
difendere le lingue e le culture
originali. Non dimentichiamo che
il francese è stato inserito in valle dai pastori valdesi a scapito
di quella preesistente parlata provenzale alpina che la Regione intende difendere.
C) Il sig. Tourn non ha bisogno di rammentarci che la nostra
area è culturalmente « occitana »
(più esatto sarebbe dire provenzale alpina di matrice d’oc), ma
se questa affermazione vale per
l’alta valle non dobbiamo dimenticare che Torre Pellice è invece
sempre stata luogo di incontro di
culture, religioni e lingue diverse.
La presenza della lingua originale degli abitanti di cultura provenzale alpina coesistente accanto a quella altrettanto originale
degli abitanti di cultura piemontese è una realtà storica. In ogni
caso saremo pronti a difendere,
assieme al piemontese, la parlata
locale provenzale alpina che qui,
come avviene nelle regioni occitane della Francia, sta per scomparire. Ed in Francia scompare
proprio per l’imporsi della lingua
francese la quale, straniera per
rOccitania, avanza « sulla morte
altrui »: si rattristi, signor Tourn!
D) Che la lingua piemontese
sia una lingua « straniera » in
valle è una opinione personale
del sig. Tourn. La realtà è una
cosa ben diversa ed è assurdo
qualificare « straniera » la lingua
del « nostro e vostro » Piemonte
(come scrive il sig. Tourn), regione di cui la Val Pellice è sempre stata parte integrante.
E) Terminiamo facendo notare al sig. Tourn (ma non è un obbligo saperlo) che Torre Pellice
sarà La Tour in francese, ma è
La Tor (stessa pronuncia) in piemontese. Inoltre la Val Pélis non
l’abbiamo battezzata in tal guisa
sui nostri « fogli di propaganda »,
ma, ci creda, è chiamata così proprio dagli autoctoni.
Sergio Hertel
Capogruppo consiliare
Lega Nord - Piemont
Torre Pellice
Quale autonomia per
le zone montane?
gione, facendo emergere distretti (richiamati nell’articolo di Piercarlo Longo su questo giornale).
L’attuazione di questo richiede
una fase costituente che mobiliti
le amministrazioni locali e tutta
la popolazione, se è vero che i comuni e le comunità sono l’associazione di tutti, naturalmente di
tutti i cittadini locali. I comuni
nacquero come associazioni. Finalmente, dopo quasi un millennio, ci sarà quella inversione di
tendenza che vedrà affermarsi i
diritti e le funzioni delle popolazioni alpine mentre si parla tanto dell’Europa e del mondo in
trasformazione ?
Si obietterà: mancano i 200.000
abitanti previsti dalla legge. Qui
non si tratta di fare dei « salvataggi » ma di rispettare le caratteristiche locali storiche e, di
più, in prospettiva di avvenire.
Si parla tanto di unità nella diversità. Non si tratta di fare eccezioni, ma le cose giuste. Ci sono altre province con meno di
200.000 abitanti (Aosta, provincia
e regione, Sondrio, Gorizia, Rieti,
Isernia, Enna e Oristano, se le
mie statistiche sono aggiornate).
La legge può provvedere.
Gustavo Malati
Il Colloquio internazionale, organizzato ad Aosta il 28 settembre scorso in collaborazione con
l’Istituto storico della Resistenza
dall’Assessorato regionale alla
pubblica istruzione, ha visto la
presidenza onoraria dei prof. G.
Malan, O. Coi'sson e G. Peyronel,
protagonisti della pagina di Chivasso.
I lavori sono stati aperti da
Pier Carlo Rusci, che ha portato
il saluto dell’Amministrazione regionale e il ringraziamento a
quanti hanno lavorato per la riuscita dell’importante incontro politico-culturale. Ha tra l’altro affermato: « Non senza sottesa e
costruttiva polemica, nel rivendicare alle Valli alpine l’autonomia
’’politico - amministrativa, economica e linguistica”, i firmatari
della Carta di Chivasso fanno riferimento allo ’’spirito migliore
del Risorgimento”, cioè a quella
concezione che faceva coincidere
l’indipendenza dell’Italia e la sua
realtà di nazione con il processo
di democratizzazione che implica
la partecipazione alla vita politica e un modello di sviluppo sociale attento alle esigenze popolari», e ancora: «50 ans après la Déclaration de Chivasso les communautés alpines à nouveau s’interrogent et interrogent ceux qui les
représentent pour tenter de comprendre si cette souhaitable unité
européenne servira les intérêts
des grandes puissances ou si elle
répondra aux attentes de ceux
qui, nombreux, aspirent à un nouveau modèle unitaire, dans lequel
les diversités seraient respectées
et vécues comme des facteurs
d’enrichissement réciproque ».
II presidente dellTstituto storico Emile Chanoux ha insistito
suH’importanza della Dichiarazione nelTambito dei programmi di
studio e divulgazione delle tematiche relative alla lotta antifascista e ai nessi tra Resistenza e autonomia. In questo ambito la
Carta rappresenta la «promisse
d’un chemin qui voit au centre
du systhème des rapports hu
mains le respect et la valorisation
des individus, des communautés,
des cultures et des peuples ».
Citiamo qualche passaggio degli autorevoli interventi che, tutti,
meriterebbero di essere ricordati
per aver aperto spazi di ricerca e
di applicazione.
Il prof. Giorgio Lombardi, esperto non solo teorico della disciplina giuridica specifica, partendo dalla considerazione che la
legislazione sulla montagna non
può essere uniforme e riassumendo le insufficienze della medesima, sottolinea come l’articolo 42
u.c. della Costituzione (« la legge
dispone provvedimenti a favore
delle zone montane ») non abbia
ancora trovato applicazione, soprattutto per quanto riguarda la
necessità di valutare ogni legge
sotto il profilo dell’impatto con
la montagna; il nuovo concetto di uguaglianza comporta la
necessità di un diritto di favore
per tutelare le situazioni deboli e recuperare la garanzia delTautonomia e deU’ambiente.
Il prof. Robert Louvin ha affermato che lo spirito della Dichiarazione è vivo e attuale per aver
posto le collettività e la montagna come momento centrale dell’assetto istituzionale e legislativo, fatto questo « rivoluzionario »; le popolazioni alpine devono mantenere e valorizzare il potenziale di « spirito comunitario
e federalista di cui sono tuttora
custodi ».
Il prof. Bernard Janin, con il
noto spessore scientifico, ha documentato le tappe dell’evoluzione socio-economica delle Alpi, a
partire dalla seconda guerra
mondiale, sotto il profilo economico e demografico; per quanto
riguarda in particolare la Valle
d’Aosta, si assiste — dal ’45 ad
oggi — ad una totale inversione
del rapporto agricoltura-industria-turismo; r emigrazione è
quasi cessata, l’immigrazione resta essenziale; nell’insieme lo spirito di Chivasso è stato ben conservato nell’evoluzione socio-economica e culturale della Valle.
AUTONOMIE LOCALI
Il diritto di lingua
L’uso di un’altra lingua nelle scuole concorre alla sensibilizzazione per le minoranze
La legge sulle autonomie locali dello scorso ¡maggio prevede
che i comuni si dotino di uno
specifico statuto « per stabilire le
norme fondamentali per l’organizzazione dell’ente », per consentire la partecipazione della
gente, l’accesso dei cittadini alle
informazioni, il decentramento.
In questa fase i consigli comunali stanno nominando apposite commissioni che dovranno
stabilire le linee dello statuto.
L’Associazione internazionale per
la difesa delle lingue e culture
minacciate ha, fin dallo scorso
luglio, proposto alcuni articoli
da inserire negli statuti dei comuni situati in zone con presenza di minoranze linguistiche.
L’uso della lingua diversa dall’italiana nella scuola, negli atti
pubblici, nei consigli comunali
può rappresentare un apporto
determinante a sensibilizzare sulla tematica relativa alla tutela
ed alla promozione della minoranza linguistica, rendendo sempre più coscienti i parlanti, responsabilizzando gli organismi
politici ed anche informando i
visitatori ed interessandoli, posto che le risorse turistiche si
basano sulle caratteristiche locali.
L’attenzione che verrà data a
questo aspetto nel momento della elaborazione dello statuto sarà anche un segno della volontà dell’ente locale, aggiunge l’Associazione, « di contribuire alla
più volte sollecitata attuazione
del principio generale sulla tutela delle minoranze linguistiche
sancito dall’art. 6 della Costituzione della Repubblica e che a
tutt’oggi non è ancora stato onorato dal Parlamento e dal governo ».
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11
23 novembre 1990
lettere 11
LE VIGNETTE
Cari amici,
mi pare che in genere il settimanale risponda abbastanza bene all’atmosfera delle nostre chiese, cosa peraltro necessaria e giusta. Ma è proprio espressione del pensiero delle
chiese lo humour contenuto nelle vignette che avete pubblicato recentemente, con un Dio bonario munito di
un triangolo sulla testa? Lo humour, modo cosi sano e intelligente per dire
le cose, ha espresso efficacemente nelle vostre irriverenti illustrazioni la distretta del nostro cristianesimo?
Un cordiale saluto.
Berta Subilia, Roma
Quando abbiamo pubblicato le due
vignette, per altro tratte da settimanali
protestanti d’oltralpe, non pensavamo
di urtare la sensibilità di qualcuno. Ci
spiace. In ogni caso la figura di ’’Dio”
non rappresenta altro che la coscienza
cristiana.
G. G.
I GIOVANI A TORRE
Tramite il settimanale, a nome di
molti genitori di giovani della vai Pellice, vorrei fare una domanda; a che
punto è il progetto del « Centro sportivo » che doveva sorgere nel prato
dietro il nuovo <■ Centro culturale »?
Non sarebbe il caso di investire anche per i giovani, che sono il nostro
futuro, invece di ostinarsi a costruire
centri per anziani?
Hanno ragione i nostri ragazzi nel
dire che si fanno molte parole, ma
per loro fatti concreti nessuno.
Una mamma, Torre Pellice
INDIFFERENZA
Troppa è l’indifferenza che la città
di Pinerolo ha nei confronti della droga, un problema così scottante perché mette in discussione tanti temi
(i valori, l’aggregazione, la famiglia...),
scottante perché non esiste la possibilità di individuare una soluzione che
valga per tutti, scottante perché tocca il mercato della droga,*-un business
di miliardi e miliardi.
Troppa l’indifferenza: un anno fa centinaia di persone si erano mosse in
una giornata di mobilitazione sul tema droga, ma da parte Istituzionale
nulla; la richiesta di un centro di
prima accoglienza è rimasta lettera
morta, come lettera morta è rimasto
il tanto auspicato ■ Progetto giovani »
che avrebbe dovuto cominciare ad affrontare nel concreto il tema della
prevenzione.
Ma contro questa indifferenza bisogna ricominciare a muoversi.
Ci rivolgiamo direttamente ai familiari dei tossicodipendenti; comprendiamo' benissimo come sia difficile per
chi ■< vive » direttamente il problema
fare un ulteriore sforzo per socializzare, per confrontarsi, per ricercare
assieme un percorso... Certo, solo chi
vive direttamente il problema sa cosa vogliono dire notti insonni, la paura della telefonata daH’ospedale o dai
carabinieri, le cose rubate... O sa cosa vuol dire trovarsi ad affrontare il
figlio o la figlia tossicodipendente, in
modo spesso lacerante, straziante.
Nessuno vuole fare della retorica su
questo.
Quante sono le esperienze con cui
siamo venuti in contatto di genitori
che si sono annullati come persone,
che hanno perso la voglia di vivere
nel confronto continuo con la ■■ sostanza ». L’isolamento va rotto. Solo
dalla capacità di mettere insieme
l’esperienza vissuta può nascere un
qualcosa di diverso. Nessuno ha ricette in tasca. Pinerolo non vuole
proprio affrontare concretamente il
problema tossicodipendenza, quasi a
volerne negare l’esistenza. Bastasse
non parlarne... Invece la strada parte
proprio dall’opposto: bisogna parlarne,
le istituzioni devono fare il loro dovere, i giornali devono fare informazione corretta.
Le comunità terapeutiche sono una
delle possibili soluzioni, quando si presentano con programmazioni e personale preparato.
Per alcuni tossicodipendenti le strade possono anche essere altre. Esi------------------------------------------
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardiol
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori: Alberto Corsani, Adriano Longo, Plervaldo Rostan
Comitato editoriaie: Paolo T. Angelerl, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Franco Carri, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte,
Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriaie: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
via Arnaud. 23
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina
Pellice - telefono 0121/91334
Registrazione n. 175 Tribunale di Pinerolo. Resp. F. Giampiccoli.
10066 Torre
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino - telefono
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Consiglio di amministrazione: Costante Costantino (presidente). Paolo
Gay, Roberto Peyrot, Silvio ReveI, Franco RIvoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
Il n. 45/’90 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli delle
valli valdesi il 16 novembre 1990.
Hanno collaborato a questo numero: Massimo Battaglia, ivana Costabel,
Fulvio Ferrari, Luigi Marchetti, Teofilo Pons, Roberto Peyrot, Roberto Romussi, Aldo Rutigliano, Ludwig Schneider, Franco Taglierò, Dario Tron,
Liliana Viglielmo.
stono esperienze diverse, e nella riunione dell’11.10.’90 abbiamo deciso di
aprire il confronto con una di queste, il gruppo che opera a Treviso
e che ha tentato un’esperienza che
prevede un intervento nella fase preventiva e curativa diffuso su tutto il
territorio. Stiamo concordando una
data per questo confronto.
Crediamo però che vada anche raccolto l’appello della madre « disperata,
sola fra molta indifferenza »: non vergogniamoci, non chiudiamoci, proviamo
a comunicarci l'esperienza che viviamo. Il gruppo dei familiari ed amici
dei tossicodipendenti sta cercando modi nuovi per favorire questa comunicazione: vi chiediamo di contattarci,
di darci suggerimenti. I recapiti telefonici sono;
— ARCI Pinerolo, tei. 0121/75025.
— COMUNITÀ’ DI BASE di Pinerolo,
tei. 0121/22339.
Ci sembra anche importante proporre ai giornali locali una riflessione
sul problema dell’informazione sulle
tossicodipendenze, in raccordo con il
Centro tossicodipendenze delle USSL
e con quanti lavorano nel pinerolese.
E forse vale proprio la pena cercare di trasmettere un messaggio di
speranza sia ai tossicodipendenti che
ai loro familiari: una città veramente
solidale può darsi le gambe per affrontare il problema, per sperimentare lavori, aggregazioni...
Per il gruppo familiari
ed amici dei tossicodipendenti
Giorgio Canal
Franco Barbero
I CULTI A
COURMAYEUR
a Oggi
e domani
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 22 novembre, alle ore 16.45, avrà luogo nella sede di via Repubblica 3, 2° piano,
una riunione con il seguente odg: a)
Appelli per il caso di investigazione
per il vietnamita John E Mai Huu
Nghi (Chuong); b) Assistenza finanziaria all’ex prigioniero Ali R. Duman;
c) Risultati degli ultimi tavolini.
Domenica 2 dicembre, con inizio alle ore 14.30, alla Foresteria valdese:
« Trattenimento pomeridiano per Amnesty » con tè, dolci, mercatino delle
pulci e tavolino Amnesty per la raccolta firme.
Mostre
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato 24 novembre, alle ore 17, presso
il palazzo comunale, verrà inaugurata
una mostra di pittura dedicata a • La
farfalla ». La mostra, organizzata dal
critico Mario Contini in collaborazione
con l’associazione « Piemonte artistico
e culturale », si compone di una sessantina di pezzi di quarantatre artisti.
La mostra sarà aperta al pubblico per
tutto il mese di dicembre.
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Cinema
TORRE PELLICE — Prosegue la rassegna di cinema d'autore; alle ore 21.15
di venerdì 23, viene posto in visione
« Tempo d’uccidere », di Giuliano Montaldo.
POMARETTO — Venerdì 23 novembre, alle ore 21, presso il cinema
Edelweiss, verrà posto in visione il
film » Vorrei che tu fossi qui ».
La relazione dell’assemblea dei 4°
Circuito apparsa sul n. 43 di questo
settimanale necessita di una rettifica per quanto riguarda la vendita parziale dello stabile e la sospensione
del culto.
In effetti è stato detto in assemblea che entrambe le cose, a distanza di anni, appaiono come una infelice soluzione.
D'altro canto, se non si fanno lavori di manutenzione agli stabili, si
arriva ad un punto di degrado tale
che la soluzione di vendere resta poi
la sola praticabile. Vendere non certo
per avidità di danaro, ma per tamponare situazioni di altri stabili in
corso di analogo disfacimento. Chiudere poi una sala al culto per vari
anni in una zona come Courmayeur,
rivolta essenzialmente al turismo, vuol
dire far dimenticare una nostra presenza che risale in un primo tempo
alla Riforma e poi, in modo continuativo, dal 1860.
Da tre anni sono ripresi i culti estivi per i turisti. La frequenza è ancora scarsa; nonostante l’informazione,
pochi pensano ancora all’apertura della nostra sala. L’abitudine al culto non
è ancora del nostro turista, ma non
lo sarà mai se non saremo presenti.
Non possiamo non pensare alle nostre chiese sorelle di Martigny e di
Chamonix ed all’opera di assistenza
spirituale presso le loro zone turistiche.
In merito all’agibilità della sala
di culto, noi ci auguriamo che per
Tanno prossimo i lavori siano ultimati. Vi sono state richieste riguardanti
l’estensione dei culti durante le vacanze invernali. Attualmente non è
possibile per la mancanza di impianti di riscaldamento, ma noi non escludiamo di poter un giorno risolvere anche questo problema come quello, ben
più grave, della mancanza dei servizi.
Roberto Romussi, Courmayeur
Spettacoli
POMARETTO — Sabato 24 novembre, alle ore 21, presso il cinema Edelweiss, Marco Carena presenterà lo
spettacolo « Dimmi... l’amore? ».
Film cristiani
RINGRAZIAMENTO
« Getta sull’Eterno il tuo peso,
ed egli ti sosterrà »
(Salmo 55)
Il marito Giorgio, le figlie Nieoletta,
Elena e Luisella, i fratelli Roberto e
Giorgio ed i familiari tutti della professoressa
Florelisa Long n. Vinçon
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di stima ed affetto trifiutata alla loro cara, ringraziano tutti
coloro che hanno preso parte al loro
dolore.
Un ringraziamento particolare ai pastori Tomassone e Tron, al dr. Mathieu
ed al personale medico e paramedico
delTOspedale valdese di Torre Pellice,
ed alle signore Ileana Monnet e Adelina Frencia per l’affettuosa assistenza
prestata.
Pinerolo, 13 novembre 1990.
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
Ha terminato la sua esistenza ter
Franca Gelso in Proto
Lo annunciano con dolore, ma sorretti dalla fede, il marito Franco con la
figlia Roberta, le sorelle Elsa, Laura
Gelso Tomassone e famiglia, il fratello
Dario e famiglia, la cognata Elena
Brunetto e famiglia.
Un ringraziamento particolare al pastore Salvatore Carco.
Ventimiglia, 14 novembre 1990.
AVVISI ECONOMICI
PRIVATO acquista mobili vecchi e antichi, oggetti vari. Tel. Pinerolo
40181 (dopo le ore 18).
GRUPPO LAICO di evangelizzazione
protestante operante nella regione
parigina richiede la collaborazione di
un’infermiera diplomata e patentata.
Possibilità partecipazione campagne
evangeliche. Viene assicurato lavoro a tempo pieno, vitto ed aRoggio,
salario convenzionato. Scrìvere a:
« La main tendue » 10, r. des Cités
- 93300 Aubervilliers (F) - Tel. (1)
43521096.
PINEROLO
L’Esercito della Salvezza di Torre
Pellice propone una * Rassegna di film
cristiani » dal 22 al 25 novembre nelTAuditorium di corso Piave a Pinerolo.
In apertura, la sera del 22 alle ore
20.45, il film « Jesus » di John Heyman, che mette sullo schermo con
estrema fedeltà, forse non eguagliata
da altri film del filone storico-biblico,
I fatti ed il linguaggio del Vangelo di
Luca.
Venerdì 23, alle ore 20.45, è in programma « Joni » di James F. Collier,
che ci fa scontrare frontalmente con
le difficili domande originate dal devastante incidente che colpisce una giovane donna, togliendole l’uso delle
gambe e delle braccia. La fede consente una risposta vittoriosa alla protagonista Joni Eareckson, interprete di
se stessa nel film.
Sabato 24, alle ore 20.45, si avrà un
piacevole • break » con il concerto di
Piero Enne, noto cantautore gospel,
con vasta esperienza concertistica e
discografica.
Il ciclo si concluderà domenica 25,
sempre alle ore 20.45, con « Giovani
ribelli » della World Wide Pictures, che
descrive crudamente le vicende della
vita giovanile ai limiti estremi nelle
nostre « giungle d’asfalto » cittadine e
presenta la prospettiva nuova aperta
dalla fede.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 25 NOVEMBRE 1990
Porosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIANI - Piazza Marconi 6 Telef. 81261.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa; Tel. 81.000.
Croce Verde Porte; Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica ;
Notturna, prefestiva, festiva: Tele
fono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 25 NOVEMBRE 1990
Luserna San Giovanni: FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Luserna Alta - Telef. 900223.
Ambulanza ;
CRI Torre Pellice; Telefono 91.996.
Croce Verde Bricherasio: tei 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, elicottero: tei. 116.
I *
VILLAR PELLICE I
IMPRESA ONORANZE
e TRASPORTI FUNEBRI
I
geom. LORIS BOUNOUS
I
I
Espletamento pratiche inerenti trasporti e sepolture,
vestizioni, esumazioni, cremazioni, necrologie
Autofunebre proprio
Sede: Via Trento, 48 ■ 109B4 PINEROLO ■ Tel. 0121/794686
Unità locaie n. 1 • (abit. e uff.) Via Tiro a Segno, 3 • PINEROLO
Telefono 0121/201524 ■ Servizio continuo (notturno e festivo)
¿gl i
12
12 fatti e problemi
23 novembre 1990
CONVEGNO SUL CENTRO AMERICA
AMNESTY INTERNATIONAL
Quale processo di pace? Prigionieri
La repressione e la cultura del sospetto soffocano l’opposizione HgI ITÌP^P
politica - Occorre mettere in discussione questo sistema di sviluppo
Il convegno sul processo di
pace in Centro America ha visto
la partecipazione di esponenti dei
movimenti di liberazione di tutta
la regione, esclusi Costarica e
Panama. Abbiamo anche avuto
una presenza imprevista poiché
vi è stato un rappresentante di
Santo Domingo, che ha denunciato il tentativo del governo di
espropriare della terna una cooperativa contadina. Anche in
questo caso, di fronte alla resistenza popolare, vi sono stati arresti e uccisioni.
La repressione ripropone drammaticamente la domanda: fino a
quando è possibile limitarsi a
piangere i morti? Entriamo così
nel vivo del dibattito in cui tra
l’altro si è affrontato il problema deH’origine della guerriglia,
sottolineando innanzitutto la vocazione pacifista di tutti coloro
che si sono trovati costretti a
rispondere anche con le armi
ad un esercito al servizio delle
oligarchie dominanti. Di fronte
ad una situazione in cui, come
hanno osservato i rappresentanti
honduregni, si ha paura anche solamente a commentare per strada la situazione politica del paese, non vi sono alternative, anche
perché l’ingerenza degli USA impedisce ogni soluzione politica
negoziata.
La ricerca della pace è un elemento fondamentale, ma tutti gli
interlocutori hanno ricordato co
me non sia possibile senza una
giustizia sociale che consenta
all’uomo di riprendere la propria
dignità, calpestata da anni di colonialismo e neocolonialismo. Il
recupero della sovranità nazionale e la possibilità di autodeterminazione sono dunque precondizioni indispensabili.
La situazione, purtroppo, non
sembra però andare in questa direzione: M. Tullio Lima, del Salvador, ha parlato di ingiustizia
strutturale nel suo paese dove i
latifondisti stanno espropriando i
contadini con l’appoggio del governo di Arena. Inoltre prosegue
la violazione dei diritti umani in
forme sempre più subdole: gli
oppositori vengono eliminati anche con incidenti stradali apparentemente fortuiti, ma in realtà
provocati ad arte. Stesso discorso vale per l’Honduras la cui
drammatica realtà è conosciuta
pochissimo in Europa: l’esercito
qui inventa personaggi con nomi
fantasiosi {sciacallo!, cui attribuisce la responsabilità dei delitti
commessi nel difendere la proprietà privata, un valore che in
Centro America supera abbondantemente quello della vita umana.
In questo senso Rosai, del Guatemala, ha sottolineato l’importanza del recente incontro di Oslo
tra governo e guerriglia ma ha
anche evidenziato come nel suo
paese il 90% della popolazione è
al limite della povertà, mentre il
OBIEZIONE FISCALE ALLE SPESE MILITARI
Al Quirinale
1° dicembre
« Se oggi — prosegue il comunicato — dopo grandi lotte
nonviolente, è lecito rifiutare il
servizio militare e svolgere in
alternativa il servizio civile, noi
chiediamo che sia pure riconosciuto lecito al contribuente rifiutare di pagare la quota di
imposta che va alle forze armate e destinarla in alternativa alla difesa civile non aitata ».
Un altro scopo della manifestazione sarà appunto quello di
sollecitare l’approvazione della
proposta di legge n. 3.935 (la
« legge Guerzoni » di cui il nostro settimanale si è già occupato in passato) volta a dare
« Norme per l’esercizio dell’opzione fiscale in materia di spese per la difesa militare, contenimento delle spese per armamenti e istituzione del Dipartimento per la difesa civile non
armata ».
Il comunicato rivolge infine
un caldo invito a partecipare
numerosi a questa manifestazione per dare corpo alle speranze di pace, tanto più oggi che
« queste speranze vengono pesantemente aggredite da propositi di guerra ».
Per quanto riguarda l’aspetto
organizzativo, sono previsti due
treni speciali. Uno partirà da Torino Porta Nuova il 30 novembre alle 23 circa con fermate ad
Asti, Alessandria e Genova (per
informazioni telefonare a Gianna Poloniato, 011/549184 o a Mauro Maurino, 011/2461107). L’altro
dovrebbe formarsi a Bologna
con carrozze provenienti dalle
tre linee confluenti di Milano,
Trento e Trieste (telefonare a
Paolo Pisano, 051/334084, oppure
051/504906).
R. P.
Anche quest’anno gli obiettori di coscienza alle spese militari (OSM) consegneranno al
presidente della Repubblica la
quota di imposta obiettata nel
corso del corrente anno: oltre
190 milioni di lire. In realtà, la
cifra è maggiore (più di 247 milioni), ma una parte degli obiettori ha preferito versare la propria quota direttamente per opere di pace.
Il fatto di versare la cifra al
capo dello Stato vuole ancora
una volta sottolineare — precisa il comunicato stampa — che
il danaro delle imposte obiettate vada comunque allo Stato
stesso, non intendendo l’obiettore praticare una evasione fiscale. Solo in un secondo tempo
(come è successo in precedenza quando le somme sono state restituite tramite il ministero delle Finanze) il suddetto danaro è stato devoluto a vari
progetti, sia nel Terzo Mondo,
sia in Italia. A tal proposito,
apprendiamo che quest’anno la
suddetta restituzione (relativa
agli anni ’88 e ’89) avverrà nella stessa giornata in Campidoglio.
L’appuntamento è fissato per
le ore 9 del 1° dicembre a Roma in via XX Settembre — davanti al ministero della Difesa
— da dove il corteo proseguirà per il Quirinale.
Il comunicato stampa della
Campagna nazionale OSM ricorda con l’occasione che nel solo
anno in corso ben 24.000 miliardi sono stati destinati al bilancio militare italiano. Questo denaro — rileva il documento —
assieme a quello speso dalle altre nazioni del mondo, « è già
oggi principale causa dello sterminio per fame che si consuma giorno per giorno nel nostro pianeta ».
presidente Cerezo appoggia un sistema di controllo terroristico
nelle campagne, le cosiddette
« squadre di azione civile ». Rosai
ha poi concluso con im accorato
appello all’Europa perché giochi
un ruolo autonomo nel tentativo
di favorire uno sviluppo alternativo al capitalismo selvaggio imposto dagli USA. Arriviamo così
ad uno dei punti nodali in questione; Cuenca, a nome del Fronte sandinista del Nicaragua, ha
messo in guardia daH’illusione di
essere entrati in una nuova fase
di pace tra Est e Ovest in cui
però ci si dimentichi compietamente del fatto che i problemi
del Sud non hanno trovato alcuna
soluzione.
L’Europa ha un debito storico
con il Centro America, ma troppo
spesso appare succube alla volontà USA: ciò è particolarmente vero per l’Italia, che non ha mai appoggiato la questione dei diritti
umani in Guatemala a seguito
di un accordo tra Cerezo e la DC
italiana. Il nostro paese è così il
secondo tra quelli che cooperano
con il governo del Guatemala.
E’ stata richiesta da molti, anche nell’incontro con i politici intervenuti, una nuova cooperazione che privilegi i movimenti popolari, perché questa è Tunica
possibilità per garantire un controllo sulla destinazione effettiva
degli aiuti. 11 Centro America —
ha detto Zamora — è marginalizzato dal punto di vista economico, tanto che lo sfruttamento finisce per essere considerato
quasi positivamente perché è un
segnale di inserimento nel mercato. Ciò nonostante il capitalismo non è possibile perché non
abbiamo un quarto mondo da
rapinare ma va invece ricordato
un elemento che pone sullo stesso piano tutto il mondo: lo sviluppo dissennato del Nord sta
mettendo in discussione la sopravvivenza stessa del pianeta e
a tale questione occorre trovare una soluzione tutti insieme.
Giancarlo Bussone
Darwin
(segue da pag. 6)
qualitative e quantitative assai
plausibili dei meccanismi selettivi ed evolutivi darwiniani.
La mia impressione è che gli
argomenti di Kuhn non si dimostrino cosi validi e conclusivi come vorrebbero apparire.
La sua contestazione del darwinismo, in sostanza, finisce col
prescindere dalTaffrontare le
svariate risultanze della teoria
in modo sistematico. E’ certamente giustificato e giustificabile mettere in luce che la teoria
dell’evoluzione è complicata, non
sempre chiara, controversa in
alcune sue parti. Ma la confutazione dell’autore tedesco si rivela piatta e capziosa, si ritorce contro se stessa e vanifica le
proprie intenzioni di fondo.
Le forme dell’intervento creativo di Dio nel mondo costituiscono un argomento meritevole
di analisi e discussione per chi
si proclama credente: anche
Darwin lo era e non pensava
certo di aver risolto l’enigma
della creazione con le sue teorie. Non credo, però, che opere come quella di Wolfgang
Kuhn aiutino molto la discussione in questo campo.
Alberto Bragaglia
WOLFGANG KUHN, Pietre d'inciampo per ii darwinismo, trad. it. di G. Scognamilio e D. Veneziani, Isola del Gran
Sasso, ed. Diffusione letteratura cristiana, 1990, pp. 136, L. 6.500.
Il Segretariato internazionale
di A.I. ogni mese pubblica in inglese un Notiziario, che la sezione italiana s’impegna di tradurre e inviare ai propri soci. In
ogni numero del Notiziario si invitano i lettori a rivolgere appelli alle autorità dei paesi di appartenenza di tre prigionieri per motivi d’opinione, per sollecitarne
il rilascio immediato. Questa è la
cosiddetta « Campagna per i prigionieri del mese», alla quale
possono partecipare tutti i soci e
anche coloro che ne vengono a
conoscenza, come i lettori di questo giornale. Si dovrebbe sentire
questa partecipazione come un
dovere, perché «si tratta del destino di un individuo che, grazie
al nostro intervento, potrà risultare profondamente modificato »
(dall’editoriale del Notiziario di
settejmbre).
Ngawang Buchung
TIBET-CINA POPOLARE
Monaco del monastero buddista di Drepung, nei dintorni di
Lhasa. E’ stato arrestato il 15
gennaio 1989 con altri 9 monaci
per la sua attività in favore dell’indipendenza tibetana. E’ stato
processato il 30 novembre dello
stesso anno dalla Corte municipale del popolo di Lhasa e condannato a 19 anni di carcere, con
l’accusa di aver minato seriamente la sicurezza dellO' stato, organizzando un « gruppuscolo controrivoluzionario », diffondendo
« propaganda controrivoluzionaria», e arruolando persone per
« attività di spionaggio ». In
quanto all’accusa della « propaganda» la sua colpa consisteva
nelTaver diffuso volantini che riportavano il testo della « Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo » e la richiesta di ima democrazia costituzionale per il Tibet. Durante le manifestazioni di
Lhasa per l’indipendenza, i monaci del monastero di Drepung
sono stati in prima linea a Ngawang Buchung è stato uno dei 21
monaci che hanno condotto la
marcia pacifica diretta agli uffici
governativi il 27 settembre 1987.
Dopo il conferimento del premio Nobel per la pace al Dalai
Lamà nel 1989, le condanne alla
prigione dei manifestanti per Tindipendenza sono state le più lunghe mai emesse nel Tibet.
Si prega di rivolgere cortesi
appelli, in inglese o italiano, per
l’immediata scarcerazione di
Ngawang Buchung a:
Li Peng Zongli ,
Guowuyuan - Beijingshi
Zhgonghua Renmin Gongheguo
Repubblica Popolare di Cina.
Francisco Bonifacio
Mba Nguema
GUINEA EQUATORIALE
Un militare accusato di tentativo di colpo di stato. E’ stato arrestato con altri 40 uomini nell’agosto del 1988; erano sospettati di essere membri del « Partito
del Progresso », un partito di opposizione, all’estero. Nella Guinea Equatoriale esiste ufficialmente un solo partito. I prigionieri sono stati barbaramente
torturati dai militari della Guinea e da membri della Guardia
presidenziale del Marocco (c’è un
accordo bilaterale di assistenza
militare tra i due paesi). La Corte militare, al processo, ha basato le sue accuse sulle confessioni
estorte sotto tortura al prigioniero, ha inoltre adottato la procedura sommaria che non dà alcun diritto alla difesa. Sia Mba
Nguema che un altro militare sono stati condannati a morte, senza diritto di appello. Le sentenze
capitali sono state in seguito
commutate in ergastolo e più
tardi, in occasione del 10° anniversario della nomina del governo, ridotte a 20 anni di carcere.
Si chieda cortesemente il rilascio di Mba Nguema, in spagnolo
o italiano, a;
Su Excelencia Coronel
Teodoro Obiang Nguema Mbasogo
Presidente de la República
Gabinete del Presidente de la
República
Guinea Equatoriale - Africa
Zikri Nafkhosh Mustafa,
Nahi Muhammad Shukr,
Jabbar Rashid Shifkl e
Ja’Far Tamar Mahmud
IRAQ
Quattro giovani, di età dai 19
ai 22 anni. Essi facevano parte
di un gruppo di 315 ragazzi curdi
che avevano un’età dagli 8 ai 15
anni all’epoca della loro « scomparsa » nel 1983. Le famiglie a cui
appartenevano questi 4 giovani
erano state costrette dalle autorità irachene a trasferirsi nella
provincia di Arbil nel 1976-77.
Nell’agosto del 1983 le forze armate irachene hanno effettuato
numerosi arresti in questo nuevo
insediamento. Qui circa 8.000
curdi, compresi tra gli 8 e i 70
anni, sono stati prelevati e trasportati in località sconosciuta
su camion militari. Questi avesti sono stati effettuati subito dopo l’occupazione, da parte dei le
truppe iraniane, del territorio
iracheno di Haj Omran durante
la guerra Iraq-Iran. Le autorità
irachene hanno accusato il Partito democratico del Kurdistan
(KDP) e il loro capo Mus’ud
Barzani di aver aiutato le truppe
iraniane a conquistare quel territorio. Si ritiene che gli 8.(’-ÌK)
curdi siano stati arrestati in
quanto membri del clan Barzani.
Non si conosce il luogo dove sono detenuti; le famiglie temono
che molti di loro siano stati uccisi segretamente.
Si prega di inviare lettere cortesi, in inglese o italiano, per
chiedere l’immediato rilascio dei
44 curdi, a:
President Saddam Hussein
President of thè Republic of Iraq
Karadat Mariam
Baghdad - Iraq - Asia
VIOLAZIONE DEI DIRITTI
UMANI NELLO SRI LANKA
Il Gruppo A.I. Italia ’90 Val
Penice ha aderito alla Campagna
Sri Lanka lanciata da Amnesty
International dal 19.9 al 31.12 per
denunciare le gravissime violazioni dei diritti umani commesse
dalle forze di sicurezza di questo
paese impegnate, nel sud, nella
lotta contro l’opposizione armata
e, nel nord-est, contro la rivolta
per l’indipendenza della minoranza Tamil.
L’uso eccessivo di metodi violenti da parte delle forze armate
e della polizia per arginare ima
difficile situazione di diffusa violenza ha creato inevitabilmente
un’escalation della violenza stessa in tutto il paese. Il Rapporto
di Amnesty denuncia migliaia di
esecuzioni extragiudiziali e sparizioni, detenzioni senza accusa né
processo, torture, decessi in carcere avvenuti negli anni ’87-90 per
opera delle forze di sicurezza dello stato. Le azioni delittuose commesse dai gruppi di opposizione
armata non potranno mai fornire una giustificazione al governo dello Sri Lanka per ignorare
Tobbligo di rispettare la legislazione internazionale sui diritti
umani, in ogni circostanza e
ovunque.
A cura del Gruppo Italia ’90
Val Penice di A.I.
Tel. 0121/91041