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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Sedendo la verità nella carità. ~ Efes. TI 15
PREZZO 1)1 ASSOCIAZIONE ^ LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ 3 00 j In Torino airUffizio del Qiomale,Tia del PrincLpf
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 Ì Tommaao dietro il Tempio Valdese.
. Ver l'Inghilterra, id................... „ 5 5<ì Ì Nelle Proviscjb per mezzo di franco-bolli po
Per la Germania ìd................... „ 5 50 j stali, che dovranno essere inviati franco al l>i
Non 8i ricevono aasociazioni per meno di un anno. ^ rettore della Booka. Novella.
All estero, a’seguenti indiriizi : Parigi, dalla libreria C. MejTueis, rue Rivoli;
Ginevra , dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
<tli occldii di Perugia. — Una lettera degna di meditazione. — La santa Cena e la Traniuatan^idxione. — le so morire. — Cronaca della quindicina. — Annunci.
GLI ECCIDII DI PERUGIA
Non credano i lettori, indottivi dal titolo che abbiamo posto a
capo di quest’articolo, che noi, trascinati dalla corrente, intendiamo
di abbandonare il campo religio.so proprio della Bnmia Novella,
per passare in quello, della politica, al quale finora rimanemmo
del tutto estranei. No, il nostro giornale è, e rimarrà religioso.
Ma appunto perchè egli è tale, ci siamo sentito spinti ad esternare
anche noi quello che provammo a fronte di quel luttuoso avvenimento,
che ha ripieno d’orrore e di sdegno non solo l’Italia e l’Europa, ma
l’intiero mondo incivilito. Infatti se la strage di Perugia è un avvenimento che ha colla politica le più intime attinenze, attinenze non
minori e forse più forti ancora egli ha colla religione, atteso la fonte
da cui egli procede, ed il principio dal quale egli può dirsi un parto
logico e quasi indispensabile.
Ma perchè una soda base abbiano le nostre rifles,sioni, diamo anzi
tutto un sunto esatto dell’accaduto:
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Tutti ¡sanno come, il dì 14 del corrente mese, la città di Perugia,
capo luogo deirUmbria, obbedendo ancli’essa a quel generoso slancio
di cui le aveano dato così nobile esempio Bologna, Forli, Cesena,
Rimiri, Ravenna, tutte le città delle Roraagne in una parola, si dichiarasse, al pari delle sue consorelle, per la causa nazionale, proclamando a tal fine la dittatura di Vittorio Emmanuele, e prendendo
le opportune disposizioni, perchè tale voto della popolazione non andasse deluso. Ora ecco il dì 20, sei giorni dunque dopo, avviarsi alla
volta di Perugia, i reggimenti Svizzeri, al soldo del Papa, capitanati
dal colonello Schmit, i quali introdotti nella città per tradimento
dei Padri Domenicani di cui il convento è situato suUe mura, e resisi padroni della posizione, dopo un’ accanito combattimento di tre
ore coi cittadini, per due giorni intieri saccheggiano, arrestano, uccidono tutti quanti cadono loro nelle mani, vecchi, giovani, dorme
inermi, teneri bambini, e non pongono fine a questi orrori senza
nome, che per sottoporre la desolata città alla legge stataria, perchè compia quello che la sfrenatezza del mercenario papale avea lasciato imperfetto.
Il primo senso che nel petto degl’italiani ha destato la truce azione,
è stato un senso di orrore e di vendetta contro gli stromenti prezzolati di una tanta barbarie; c certo con saremo noi che diremo
parola intesa a scemare il delitto di cui si rendono colpevoli, uomini
i quali, mediante una vile mercede, pongono la loro forza, la loro abilità nel maneggio delle armi, i loro spiriti guerrieri, a servizio di
chi li paga, non curandosi se la causa per cui scendono in canpo sia
giusta od ingiusta, onorata od infame, esponendosi in tal guisa a
farsi, essi, i figli d’una libera terra, i sostenitori e gli stromenti del
più atroce despotismo. Solo due cose faremo notare sul proposito, le
quali, per essere giusti, non vogliono essere trasandate; la prima, che
sebbene portino tutt’ora il nome di Reggimenti Svizzeri le soldatesche straniere al soldo del Papa, dalle quali vennero commessi gli
orrori più sopra descritti, tale denominazione è diventata del tutto
impropria ad esprimere quello che esiste realmente, gli Svizzeri non
essendo che una debole minoranza in quell’accozzaglia di cattivi
soggetti di tutta Europa, ed i più anche fra loro non avendo mai
abitato la patria di cui portano il nome, perchè figli di antichi gregarj di quel paese, ma nati e cresciuti in Italia; la seconda che
quanto può farsi dai governi per opporsi a quello schiffoso mercato,
è stato posto in opera dalle autorità federali, c che quindi non si
deve fare la Svizzera, come nazione, solidale del turpe operato di al-
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cuni suoi figli, non meno disprezzati dalla grande maggioranza dei
loro concittadini, di quello che lo sieno da noi che tanto già avemmo
da soffrire col loro mezzo. Quello che rimane da compiere, allo scopo
di fare scomparire per sempre dalla storia della Svizzera quella macchia del servizio all estero, che per tanto tempo la deturpo, e contro
la quale con tanta eloquenza innalzarono la voce i Eiformatori del
secolo XVI, più che opera dei governi, lo è della progrediente civiltà
e dei mutati costumi; ed ognuno sa come tali progressi, d’un carattere meramente morale, richieggano del tempo per eflettuarsi. I fatti
di Perugia, e l’orrore che hanno destato nel cuore dei veri Svizzeri
non meno che in quello degl’italiani, coojrcreranno potentemente, ne
siamo certi, questo felice risultato a procacciare.
Ma dopo la parte di biasimo di cui giustizia \niole che sieno inseguiti gli esecutori di sì orrenda carnefìeina, che giudizio dovremo
noi fare di coloro che l’ordinarono non solo, ma che quando l’atroce
misfatto fa compiuto, anziché provarne ribrezzo di sorta, lo encomiarono, impartendo di più larghe ricompense e promettendone delle
maggiori ancora a coloro che se ne resero colpevoli ? Che giudizio
sovratutto, se chi ordina gli eccidii e proclama degni di lode e meritevoli della somma sua soddis/azio-ne, gli assassini dei proprj sudditi,
alla salute ed incolumità dei quali egli dovea vegliare, è quel desso
che viene chiamato il Vicario in ie^m del Dio misericordioso e
clemente f Perchè al Papa, come al suo vero autore, assai più ancora
che alle soldatesche straniere va attribuito l’immane misfatto! I
soldati si portarono atrocemente questo è vero; ma se tali atrocità
non fossero state ordinate e consentite da chi siede al Vaticano, uon
si sarebbe egli affrettato a disdirle? Le avrebbe egli tutt’all’incontro, e
quando gliene furono noti i particolari, encomiate, e dichiarati meritevoli della somma sva soddisfazione gli autori delle medesime? Ora
che tutto questo abbia fatto il Papa, lo dice chiaro l'articolo qui
appresso, tolto dal foglio ufficiale del governo papalino, il giornoh di
lloma, il quale, nel suo numero 199, così si esprime sui fatti di Perugia:
“Non è ignoto come nel giorno 14 del corrente pochi faziosi
usurpassero in Perugia il legittimo potere, pro<;lamando un reggime
provvisorio.
“ A reprimere quest’atto di ribellione, il governo stimò opportuno
di spedirvi persona di fiducia per intimar loro di rientrare nell’ordine,
dovendosi nel caso contrario far uso della forza.
“ Riuscite vane le adoperate insinuazioni, una colonna di truppa
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comandata dal colonello Schmit, secondo gli ordini ricevuti, mosse
a quella volta, e dopo un combattimento di tre ore, penetrò da tre
diversi punti nella città, e vi ristabilì il governo legittimo con soddisfazione dei buoni.
“ Il Santo Padre, onde manifestare la somma sua soddisfazione al
menzionato colonello, si è degnato promuoverlo al grado di generale
di brigata, ed in attenzione di speciali rapporti, onde premiare quelli
che si sono maggiormente distinti, ha ordinato che si facessero i
dorati elogi alla truppa, che prese parte a questo fatto, e che così
bene si distinse. ”
Facciano pure quanti sforzi von'anno i gioiTiali armoniosi, onde
togliere d’addosso al loro Santo Padre il marchio ohe queste poche
righe, ma significanti, vi hanno impresso per sempre, essi non vi
riusciranno; il buon senso finirà col trionfare dai loro sofismi, e tutti
coloro nei quali la coscienza primitiva, data da Dio, non venne del
tutto assorbita ed annientata dalla doppia coscienza, presente funesto
di Roma, come ebbe a dire egregiamente l’illustre nostro d’Azeglio,
protesteranno con tutta la forza possibile contro questa spaventevole
conseguenza del dominio temporale dei Papi ! E fin da ora quella
protesta sonora, energica, universale, è sorta in Italia. Non un foglio, meno i pretini, il quale non abbia esternato, a suo modo, i sensi
di dolore e di sdegno che l’operato del romano governo gli avea fatto
provare. Non uno, che nelle stragi di Perugia non abbia fatto presentire l’ultimo crollo dato alla potenza temporale dei pontefici. E voglia
Iddio che abbiano da avverarsi e presto le loro profezie !
Ma ci badino bene i nostri confratelli italiani ! il male non è tanto
)à ove lo scorgono, quanto là ove non sì curano di cercarlo. La maggior parte fra di loro credono che, tolto al papato il suo dominio
temporale, gli sarà tolto con ciò ogni potere di nuocere agli nomini.
Errore grave quanto mai si poss><|fiire è questo. Cessato il dominio
temporale del Papa, saranno,, egli è vero, restituiti alla dignità di
uomini alcuni milioni dei no.stri confratelli i quali da secoli gemono
sotto il più vergognoso despotismo, e verrà tolto di mezzo l’ostacolo
maggiore all’unificazione e quindi alla grandezza ed alla pro.'iperità
materiale dell’Italia; e certo non siamo noi che diremo essere questo
poca cosa. Ma il male essenziale, la fonte perenne da dove scaturirono e possono scaturire ancora, non per l’Italia soltanto, ma pel
mondo intiero, danni e stragi in confronto dei quali quelli di Perugia
sono un nulla; danni e stragi tanto più tremendi nei loro effetti che
agli animi, alle coscienze es.sc sono specialmente rivòlte...... Xinfaì-
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libilità rimane sempre; e finché starà iu piedi questa finzione ; finché
ad un’uonio si tributerà quello che non spetta che a Dio; che si richiederà per le decisioni d’un uomo quella sottomissione assoluta a
cui Iddio solo ha diritto ; finché la verità e la giustizia, che sono
eterne, si faranno dipendere dai capricci e dai mutamenti di un’uomo
soggetto alle stesse passioni che tutti gli altri...... non si creda di
aver acquistato molto, chè anzi si è acquistato pochissimo. I nostri
politici questo non lo vogliono intendere, a cagione della minima importanza che danno alle idee di cui il Papa è il rappresentante. Ma
(Quelle idee cui essi non danno iuiportanza veruna, ne hanno una
grande ancora agli occhi di molti ; e viene poi sempre il giorno in
cui l’idea si sforza di diventare fatto e vi riesce. Pen.sino a quel
giorno; pensino che finché Tidea rimane, il fatto è possibile, anzi
é imminente; e poiché falsa e funesta essi sono costretti di ricono.scerla, non la sprezzino per indiflérenza, anzi si adoprino di tutt’uorao a sradicarla affatto, sostituendovi, perchè a suo tempo porti
anche i suoi frutti benefici, quella che avranno ravvisata salutare e
santa.
UNA LETTERA DEGNA DI MEDITAZIONE
Nel numero antecedente della B. Novella abbiamo pubblicato
alcuni porticolari sopra una Società recentemente fondata in seno
alla Chiesa Evangelica di Torino, per \a. protezione ddla povera infanzia. Oggi crediamo di fare cosa non meno grata ai nostri lettori,
ponendo loro sott’occhio una bellissima lettera che alle giovani comiwnenti detta Società indirizzava, giorni sono, un’egregia signora, che
per non offendere la sua modestia non nomineremo, ma degli ottimi
consigli della quale non abbiamo voluto defraudare le donne crijstiane che leggono il nostro giornale.
Alla Società la jrrotezione delle fanciulle pavere
Damigelle,
Or sono più mesi (nel giugno 1868), il Pastore sig. M.... ebbe la compiacenza di darmi non pochi particolaii sulla vostra Società, di recente formata. Figli sapeva, io credo, che tali notizie sarebbero state per me d'uu
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hiteressameuto assai vivo, e m’impegnò altresì ad indirizzarvi un giorno alcune righe col suo mezzo. Grata per questo invito, ciò nulla ostitDte noi»
risposi perchè non sentiva d’aver titoli per entrare in comunica/.ione con
voi, 0 Damigelle, senza un fine positivo......Ma al presente è un pressante
bisogno del cuore che mi conduce a voi. In mezzo a circostanze cosi serie
in cui trovasi la patria vostra e la grande causa del regno di Cristo, io nou
potei resistere al desidciio di dirvi alcune parole di simpatìa fraterna. Non
vorrete voi accoglierle col medesimo sentiBjento'.''
Inoltre, non sono solo ad ludirizzarvele. — Jeri trovavansi riuniti i
membri della nostra Associaziotie delle scuole di patronato, che non è
senza analogia colla vostra Società. Come voi, è ai figli del povero che,
anzi tutto, consacriamo le nostre cure : come voi ancora, noi vediamo un
numero crescente di giovani venire in quest’opera a fare una specie di tirocinio di carità pratica. — Jori dunque, sotto le solenni impressioni della
Pasqua, cd alti-esì dei romori forieri della guerra, noi abbiamo pensato a
voi. Queste attuali preoccupazioni, le sofferenze, le separazioni che forse vi
sono personalmente minacciate, la sacra causa del Vangelo nella vostra
patria, e le vostre preghiere affinchè il Signore faccia servire i giorni della
burrasca a propagare in mezzo ad essa la di lui Parola di verità e di vita
eterna, tutto ciò ha trovato eco nel più profondo dei nostri cuori. Io fui incaricata dalle mie amiche di esprimervelo : in non>e del Salvatore che ci
ha amate il primo e che vuole unirci Fune alle altre ai piè della sua
croce, lasciatemi dirvi cho noi vi amiamo in Lui, senza conoscervi, e che
vogliamo pregare por voi in i|uesti giorni solenni. 11 nostro Dio vi fortifichi e
si degni proteggere eziandio l'opera che vi ha confidata! Ah! è in tempi di
crisi come quello in eui vi trovate, chc specialmente ci sentiamo spinti a
lavorare nell’opera del suo regno e di lavorarvi secondo il di Lui Spirito!
Si comprende allora per sè e pei propri fratelli, che v’ha una sola cosa necessaria, e che saremmo beati spendendo le nostre forze per recar loro la
verità e le compassioni di Gesù Cristo. Si sente la vanità d’un lavoro troppo
soperficiale, soddisfatto di se, non avente della vita che il rumore, in cui
10 spirito del mondo ha spesso una sì grande parte, nei giorni di calma in
cui ci addormentiamo. Se i bisogni temporali del povero divengono piii
pressanti che mai, se dobbiamo cercare attivamente di soccorrerli, tuttavia
non fia che ci velino i bisogni delle anime immortali, che han fame e sete
anch’esse, fino a tanto che non trovano la vita in Gesù.
Di più, non è egli vero che lo speciale incarico che avete accettato, vi
mette sempre e ben presto in contatto coUe miserie ed i bisogni delle anime ?
Voi prendete cura dei fanciulli; volete esser le loro protettrici ed amiche
secondo Dio ; non contente di provvedere alla salute di essi ed alla vocazione terrestre, intrattenete con loro, senza dubbio, delle relazioni personali;
11 seguite, l’istruite, forse voi medesime; fonnate fi'a quelli e voi un legame
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di confidenza da un lato, d'affezione vigilante dairaltro, destinato a divenire
per loro, colla gi-azia del Signore, un appoggio attraverso le tentazioni
della vita. Opera modesta che sembra essere stata particolarmente destinata alle giovanctte da Colui che prepara Egli ste.sso le ìmone opere affinchè
ri c'incamminiamo ! — Ma, — non è egli vero? — come occuparci di fanciulli, senza avere per primo fine di condurli a (ie.sù, di collocarli fra le suo
braccia? (Marc, x, 13-16). Come perdere di vista la sacra re.sponsabilità
che pesa sopra noi di rimpetto a questi j9iV’co?i, dei (lualiil Padre non vuole
che un solo perisca (Jlat. xvm, 14). Quest’opera sembra apparecchiata dal
Signore per le giovanette; sì, (iWhfemminile per essenza, è umile, silenzio.sa,
« in un senso la più piccola di tutte: si; — ma in verità, a scrutarne il fondo
colla luce dello Spirito di Dio, non si potrebbe dire che, iu altro senso, eli’«
di tutte la più terribile? — Ci converrebbe rileggere sempre il capitolo
XVIII di Matteo — A quel j^ccoìo fancitiìlo, che noi vogliamo ricevere per
l’arnore di Cristo, noi possiamo far del bene assai per l'anima sua, colle
nostre preghiere perseveranti, coll istruzione, coll'esempio, coll'amore veramente cristiano, con uu cuore tutto penetrato di fede e di vita in Cristo!
D’altra parte, pur troppo! possiamo recargli molto male; essendogli di scandalo , a nostra insaputa, non dico soltanto per parole o pel cattivo esempio,
ma per un cuore tiepido, una coscienza leggiera, per parole di fede senza la
vita della fede, od anche per un'aft'ezione puramente terrestre, non fondata
nella carità di Dio santo e non testimoniante una santa severità pel peccato,
nonché una tenera compassione verso il peccatore!—Oh! come quest'opera
ben compresa deve unirci ognor più strettamènte al Ceppo divino (Giov. xv,
1-8) in cui solo possiamo apprendere a portar qualche frutto! E come dovrebb’ella invitarci sempre alla preghiera per noi stesso c per le anime di
quei fanciulli che ci sono in qualche misura confidate ! E com'ella deve
almeno umiliarci, al pensiero delle nostre infedeltà, della nostra miseria!
Sì, noi lo sentiamo insieme, non è vero? non sono nè parole vane, nè
agitazioni esteriori che Dio ci domanda in quest’opera. Sono delle anime
umiliate, piene di fede e di preghiere; sono dei corpi e degli .spiriti consacrati al Signore, ondo glorificarlo per una fedeltà di tutti i momenti, iu qualunque posiziono gli piaccia collocarci.
Abbiamo fede e coraggio ! Lo Spirito di Dio veglia ; egli agisce al di sopra
delle turbolenze e commozioni attuali, come altra volta Egli si moveva sulla
superficie dell’abisso. Ei vuole ridestarci a salute: i giorni di crisi sono
giorni di rinnovamento. — Oh! se noi, donne o giovanette cristiane (o divise ancora fra il mondo e Dio), potessimo in gran numero udire la di Lui
voce ! Se potessimo esser le prime ad umiliarci seriamente dinanzi a Lui
in cau.sa dei nostri peccati, cd a Lui far ritorno con tutto il cuor nostro ! se
ci donassimo infine senza risorba al Salvatore, che ci ha chiamate e prese, o
cho forse nncora ci ricerca, per divenire colla nostra fede e la no,stra vita,
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le sue serve, le umili e fedeli sue serve, « sotto la croce, colla Bibbia in
tnauo! »
Non è ciò che vorremo domandare-le une per le altre in questi tempi
solenni ! Non istà a noi eziandio d’unirci per sollevare in tali momenti le
nostre mani sulla montagna (Esodo xvii), domandando che la Parola di Dio
spanda di più in più la sua luce, che il suo Spirito risvegli le coscienze, che
il suo regno venga nei cuori, che gli avvenimenti, qualunque sieno per compiersi, tornino veramente alla di Lui gloria in Gesù Cristo!
Lasciateci dunque stendere a voi, attraverso le montagne, una mano
amica, e ripetervi la nostra simpatìa cordiale. Ho fiducia òhe non la respingerete. — Il nostro Dio e Padre sia con voi; sostenga la vostra fede e benedica il vostro lavoro! È il voto fraterno ch'io devea trasmettervi dalla
parte delle mie compagne d'opera. Aggradite ch’io mi vi associi personalmsnte e con tutto il cuore: mi è dolce ripetervelo.
”\'ostra sorella inCristo.
N. N.
LA
SANTA CENA e la TRANSUSTANZIAZIONE *
Or, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, e fatta la benedizione,
lo ruppe e lo diede ai discepoli e disse: “ Prendete, mangiate, questo
è il mio corpo. ” Ev. di S. Matteo xxvi, 26.
Siccome più volte dovremo tornare sulla quistione destata da queste ultime parole, non faremo qui se non poche osservazioni. La Transustanziazione, ci si dice,
è un miracolo. Che importa che non l'intendiamo? Ogni cosa è possibile a Dio.
Sì, ma Dio non fà tutto quanto gli sarebbe possibile. La possibilità di una cosa.
nuUa prova; occorre provare ancora che colui che può farla. ivoU e che realmente
ha luogo.
Andiamo più oltre. La possibilità nel caso di eui si tratta, esiste ella? È egli vero
che tutto sia possibile a Dio?
* Togliamo questo brano ad imprestito dall’opera Rome et la Bible che abbiamo kfti
annunziata, ed a complemento di quanto dicemmo di essa nell'ultimo numero della Buon»
Novella.
RkI).
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So. Vi sono delle cose che Iddio non potrebbe volere, senza cessare di essere ragionevole, sapiente, senza cessare di essere Dio Pub egli volere, pub egli fare che
una cosa sia e non sia? Può egli creare un quadrato che sia rotondo, nn circolo che
non sia rotondo?
Or fra queste impossibilità e quelle che abbondano nella dottrina della Transustanziazione, sfidiamo che si giunga a stabilire una differenza vera. Alla vostra ragione non talenta meglio un corpo presente in due luoghi che nn quadrato che non
sarebbe quadro, che un circolo che non sarebbe rotondo, che un pa-ssato chc sarebbe
ancora avvenire. E giammai 1 inverosomiglianza sarebbe stata maggiore che nell'atto stesso dell istituzione della Santa Cena. È tiesù iu carne ed ossa, Gesù seduto
in mezzo agli apostoli, è Lui che tenebbe, che spezzerebbe innanzi a loro il proprio
coi-po. Ed essi, sempre così restii a credere, così pronti a scandalezzarsi, non si
danno l’aria di aver o veduto od udito nulla che li sorprenda! TTna sola spiegazione di un tal fatto è possibile, ed è: che tutto quanto venne loro detto in jiroposito
da G. Cristo, essi l’intesero in senso figurato e spirituale. Quel medesimo che ha
loro detto : Quesio è il mio corpo, l’hanno udito centinaja, migliaja di volte esprimersi in morto figurato. E lui che disse un giorno : “ Io sono la via ; ” un' altro
giorno: “ Io sono la vite; ” un’altro giomo: “ Io sono la porta; ” un'altro ancora,
)iarlando della sua morto c della sua risurrezione, “ Abattete questo tempio ed io U> rief/ijìekerò. " Ecco perchè non si offende la loro ragione, quando lo seutuiio a dire
che pezzo di pane.è il suo corpo; ecco dove la vostra deve cercare la spiegazione
di questa parola.
Ci si dirà: la ragione non ha nulla che vedere quivi.
Intendiamoci. In cib chc le è soltanto superiore, pub darsi, infatto, che nou abbia
nulla che vederci ; ma cib che le è contrario, non potrete mai fare che non lo rigetti,
essendo questo un diritto che le è del tutto inerente, che esercita quasi a suo malgrado, come l’occhio quello di vedere e l’orecchio di udire, fino a tanto, s’intende,
che l’organo non sia distrutto.
Ora la Transustanziazione è solo superiore alla ragione? No. Chieggano a se stessi
quelli che vi credono, in quale guisa vi credano, e si convinceranno che non è di
semplice fede, come a modo di esempio, credono ai miracoli narrati negli Evangelii,
ma soffocando in essi la ragione, e dandosi in balìa all’esaltazione, allo stordimento.
Vi sarà eterna contraddizione tra l’idea di un corpo sempre lo stesso, e tutt’intiero
presente in molti luoghi ad un tempo.
Ed è per questo che il moderno cattolicismo cerca spesso di spiritualizzare questa
dottrina. Ma ogni qualvolta avremo che fare con lui, costringiamolo sempre a parlare il vero suo linguaggio, che è quello del concilio di Trento. Il decreto (Sess. xiii)
porta : Anatema contro chi negherà il corpo ed il ¡sangue di Gesù Cristo, unitamente
all’anima ed alla divinità, essere veramente, realmente e sostamialmente contenuto nella
Eucaristia. Anatema contro chi negherà il mutamento di t«ila quanta la sostama de!
pane nel corpo di G. C. e di tutta quanta la sostanza del nino nel sangue di G. C.. F.
snggiunge, nei considerandi, il concilio: essere « attenuto intollerabile » l’introdurre
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su questo punto spiegazioni metaforiche, ed il non insegnare la presenza di G. C,
nella Cena come reale, corporale, materiale.
Ecco quello che dalle parole; « Questo è il mio corpo » ha ricavato la Chiesa romana;
ecco quello che, a pena di anatema, è tenuto di credere ogni cattolico. Epperciò ve
ne sono molti in cui la fede in questo dogma non regge, se non mediante le cautele
con cui venne a loro predicato od i mitigamenti che essi st-essi v’introdussero onde
potervi credere. A questi basterà di far vedere loro chiaro ciò che sia quello che devono credere, perchè non credano più.
Ma se ve ne fossero che ancora credessero, mostrate loro ove vada a riuscire una
tal dottrina ed a che s’impegnano, una volta ammesso il principio, coloro che vi
credono.
Esdi s'impegnano a credere, che il corpo di G. Cristo trovasi tutt’intiero, in og-ni
particella dell'ostia, a tal segno che, rompendosi questa nell’atto che la riceviamo,
abbiamo G. C. nella bocca altrettante volte quanti sono i pezzi di essa.
Essi s'impegnano a credere, che il corpo di G. C. è tutt’intiero iu ogni gocciola del
vino contenuto nel calice; cosicché, se cade uua gocciola, G. C. egli stesso trovasi sulla
tovaglia, sul pavimento.
Essi s’impegnano a credere, che, una volta consacrata l'ostia, spetta a chiunque il
maraviglioso potere del prete, potendo chiunque collo spezzare che farà dell’ostia,
riprodurre quanti G, C. sarà di suo piacimento.
Essi s'impegnano a credere, che un’animale il quale tranguggiasse l'ostia tranguggierebbe il corpo di G. C.
Essi s'impegnano a credere, che il corpo di G. C. coll’aniiHa e la divinità, come asserisce il concilio di Trento, sussiste in un’ostia disseccata, mufSta, coiTotta.
Essi s’impegnano a credere, che può un prete cangiare nel corpo e sangue di G. C.
non solo un’ostia o migliaja d’ostie, non solo il vino di un piccolo o grande calice,
ma tutto quanto il pane che troveròssì da un prlstinajo, tutt’una botte di vino,
tutt’il vino perfino che troverassi iu una cantina. Ed in fatto, se un tal potere esiste,
qual no sarà il limite ?
Questi casi, e molti altri, cui potremmo accennare ancora, non si creda che noi
l’inventiamo. Dai teologi romani stessi, sono stati additati come altrettante conseguenze della dottrina della transustanziazione; e facil cosa vi sarà il rinvenirli
nei loro scritti, da Innocenzo III a Bellarmino, e da questi ai moderni. Epperciò,
chiunque non crederà a quanto abbiamo esposto, in realtà non crede quel dogma,
come va creduto per poter dirsi cattolico. Prima dunqu'c di fai-sene sostenitori, si
badi bene se si avrà il coraggio di sostenerlo finché basti; o se non si crede di poter
andare fin là, miglior cosa è il non ai’viarsi per quel sentiero.
Poi prese il calice, e renduto grazie, lo diede loro dicendo ;
Bevetene tutti. Ev. B, Matteo xxvi, 27.
Tutti. Non pare essere stata questa parola aggiunta da G. Cristo allo scopo di
togliere antecipatamente ogni scusa al rito romano che vieta l'uso del vino ai co-
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munioantiy Kel versetto anteceilcute, parlando del pane, egli dice soltanto; »kì;igiate-, quivi, parlando del vino, ^li dice; bevetene tutti.
Si è risposto che non erano gli apostoli comunicanti oixlinarj. Se l’acconcino
allora con S. Paolo, il quale a tutti (I Cor. xi) parla, così del vino come del pane.
Se l'acconcino colla storia che ci mostra le due specie in uso per tanti secoli; poi,
per molto tempo ancora da chiunque ne faceva richiesta, e non cessando in modo
definitivo che nel 1120. Se l’acconcino col concilio di Costanza (Sessione xiii) il
quale confessa, positivamente la cosa essere tale. Se l'acconcino col concilio di Trento
meno schietto del primo; il quale ammetto tuttavia (Sessione xxi) rum essere rara
una simile forma di comunione, nei primitivi secoli della Chiesa.
Le Chiese adunque che l’adoprano non hanno fatto se non tornarvi; ed è un burlarsi della Storia non meno che della Scrittura, l’accusarle d’avere su questo punto
innovato.
Si cercano ragioni d’ordine, di decenza. Che cosa avverrebbe mai ci si dice, qualora il vino fosse offerto alla moltitudine? — La moltitudine, rispondiamo noi, farebbe quello che fa alle Chiese in cui quest’uso non l’è vietato, cd in cui non v'ha
esempio che si faccia più che bagnare le labbra nel calice comune.
IO so MORIRE
Tutti sanno, come l'illustre fondatore dell’arte dol vassellajo in Francia,
Bernardo di Palissy, nello stosso tempo che uno degl'ingegni più straordinarj
del suo secolo, fosse uno dei più fervidi professori e propagatori della fede
evangelica, per la quale egli, nell età di quasi ottant'anni, venne, in.sieme a
parecchi altri, rinchiuso alla Bastille, per essere più tardi, colla sua morte,
dato in ¡spettacolo al popolo. Venuto a visitarlo nel suo carcere il re Enrico
111, al di cui serviiio Palissy era stato lunghi anni, s'intavolò tra il monarca ed il di lui suddito prigione il seguente dialogo cho nissuno chc abbia
cuore esiterà a chiamare una fra le più bolle pagine di storia, che ci sia stata
tramandata :
« Buon’uomo, disse il re al vecchio vassellajo, sono scorsi quarantacinque
« anni da che entraste al servizio della regina mia madre e di me.
« Noi abbiamo tollerato che seguitaste nella vostra credenza, anche in
« mezzo alle stragi ed ai roghi. Sia ora, sono talmente istigato da quei di
« Guisa e dal mio popolo, che mi sono dovuto risolvere, a mio malgrado, a
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e far carcerare quelle due povere donne e voi. Esse saranno bruciate do« mani, e voi pure, se non vi convertirete. »
— « Sire, rispose Palis.«y, il conte di Maulévrier, venne ieri da parte
« vostra, onde promettere a queste due mie sorelle la vita salva, a patto cbo
« vi dessero ciascuna una notte. Elleno hanno risp(»sto che sarebbero mar« tiri del loro onore, non meno che di qucUo di Dio. Voi mi avete detto
« più volte chc avevate pietà di me ; ma tocca a me piuttosto di sentirmi nel
« cuore pietà di voi che avete pronunciato queste parole: Io sono costretto.
« Non è questo. Sire,un parlare da re. Queste giovane ed io che abbiamo parto
<! al regno dei deli, v’insegneremo un linguaggio veramente degno d’un
« monarca : cioè, che nè i seguaci di Guisa, nè il vostro popolo iutto, nè voi
<i non potrete costringere un vassellajo a piegare i ginocchi davanti a delle
« staine, jKrciocchà io so MORinis. »
Le due donne, figlie di Giacomo Foucaud, procm-atore al Parlamento,
furono bruciate. Palissy, nell^eta di ottant'anni, morì nel carcere in cui l'aveano rinchiuso, di veechiaja, di miseria e di mali trattamenti, ma sempre
inconcusso nella sua fede.
CRONACA DELLA QUINDICINA
Sebbene &i consideri la storia dei passati secoli troveremo, che quasi ogni
guerra che si promosse in Italia ebbe per autore il Papa, e per oggetto il
Papato. Anche nella guerra attuale, cho insanguina così crudelmente le
nostre campagne, il Papa ed il Papato non ne sono estranei; ed il mal governo dei preti, fomite principale, ritrovasi in tanta sollevazione d’animi e
sconvolgimento di popoli. L’alto clero (chè così porta il vezzo dei tempi
nostri di dividere il clero in alto e basso) segue nel conflitto il suo altiero
pastore, ed il basso clero di mal’animo distogliesi dalle masse popolari, da
cui sorse e con cui trovasi congiunto. Però vedemmo, nella Lombardia, il
vescovo di Lodi fare un’appello al clero ed al popolo nelle attuali circostanze,
di spirito nè totalmente ecclesiastico, nè temporale, tenendosi sulle generali,
e mostrando a chi bene l’esamina, il suo primiero attaccamento all’Austria,
sua antica padrona. Il clero però di Brescia fece un cordiale e generoso in-
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dirizzo ai due son-ani vittoriosi, l'Iiuperatore Napoleone 111 e Vittorio
Emanuele II, quando entrarono in quella città, in mezzo al festeggiante
popolo, come in trionfo. Una simile divisione trovasi sparsa dovunque nella
nostra Italia, e l’interesse dei popoli essendo totalmente diverso cfe quello
del Papa, non vi potrà mai sorgere pace sicura, finche l'orgoglio papale,
abbatuto il despotismo straniero, non venga represso.
Raggirasi negli animi di tutti gli uomini ben pensanti, che il dominio
temporale dei Papi è un anacronismo contrario all'interesse dei popoli (;
della religione, e che un prete-re non può formare la felicità di alcun paese
sulla terra. Quest'idea maggiormente sviluppata si scorge nelle Marche, nell’TImbria, e nelle Legazioni.
È quasi un mezzo secolo, che quei popoli contrastano col dominio papale
per mezzo di continue rivoluzioni e tumulti, ed ultimamente ritirandosi gli
Austriaci da Bologna e dalle fortezze di quei luoghi, i popoli sollevati du
quel dui’o peso si dichiararono in favor del Piemonte. Ma il l'apa prevalendosi d’una truppa di inercenarj, mescolanza eterogenea d'ogni paese,
fece assalir Perugia, prenderla d'assalto, e saccheggiarla. Gli orrori commessi da quei morcenarj sono indicibili, e lo sdegno dei popoli straordinario,
Saranno le cose da rimanersi a questo punto? Noi crediamo. Dicesi che il
Papa irato, nell'ultimo Concistoro, borbottasse in mezzo al suo Sinedrio parole obbrobriose contro alti personaggi, e per far maggior onta a chi regola
ormai i destini d'Italia, nominò vescovi di Milano, e d'altre città Lombardo
dei preti ligj al cessato governo austriaco, e da quello proposti. Tali procedimenti ingiuriosi di chi osa chiamarsi vicario di Cristo sulla terra, non
ripromettono che mali ,sulle nostre città, se pure non siano maturi i tempi
dalle sacre carte prome.ssi, in cui le profezie evangeliche, cd apocaliptiche
debbano compirsi, Sembra al certo, che il regno di Dio si avvicini, e sia
imminente all’Italia. Uniscansi dunque i Cristiani evangelici nella preghiera
con noi al Signore, e gridiamo ad una voce: « venga il tuo regno, o SignoVe,
e sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, » Una simile idea
venne pure espressa dalla Società’ Evangelica di Ginevnra, quando invitò
i suoi amici alle sue riunioni annuali, dicendo ; in un momento come l'attuale,
quando grandi potenze guerreggiano tra loro, ed in cui il resto dell'iluropa
non sembra occupato che di lotte e combattimenti, non riunirà il Signore pure
il suo esercito? Non si uniranno i Cristiani pivi sovente, ed in numero maggiore che all’ordinario, onde chiedere, per lo Spirito, con ogni specie di sup-
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plicazioni, che Gesù Cristo conquisti le anime presso di noi, in Italia, e fino
alla fine del mondo, ed affinchè ci esortiamo ad essere suoi servitori, suoi soldati per queste spirituali conquiste. — In fatti l’Italia, aggiunge il giornalista
degli Archiv.t bel Oristianesimo, il regno di Dio in Italia è quel che
deve sopratutto occupare i pensieri dei cristiani evangelici in questo momento, ma specialmente quelli degli Evangelici di Francia. Essi hanno in
questo un dovere, una speciale responsabilità. Molte preghiere si facciano
dunque alïïnchè il Signore stabilisca la libertà religiosa in tutta la penisola
italiana, onde la Parola divina abbiavi un libero corso; gli orrori, gli abusi
c le tenebre siano dissipate, ed affinchè egli tragga a sè le anime, vi riunisca
i Santi, e vi edifichi il suo corpo ec. Queste stesse dimaade noi facciamo
ai nostri lettori, perchè l’antico serpente che è Satana, tali benefiche conquiste prevedendo, in modo particolare ruggisce ora « si addolora. Già secondo lo stesso giornale, cinque cappellani (aumôniers) Evangelici sono
stati ammessi dal ministro della guerra in Francia, presso l’esercito francese
in Italia, ed altri se ne dispongono se sarà necessario; mentre la Chiesa
Valdese pensa di provvedere i suoi correligionarj in cgual modo, avendone
avanzata dimanda a que.sto ministero. E le occasioni non mancheranno per
esercitare la cristiana pietà sia nel campo, che pegli spedali; perchè la recente vittoria ottenuta a Soleebiso, mercè la speciale protezione celeste, di
gran numero di feriti riempì gli spedali della Lombardia. Anche per questa
segnalata vittoria, il giorno 29, si cantò nella Cattedrale di questa città solenne Te Deum in ringraziamento a Dio per la sua benigna protezione alle
invitte armi alleate.
Mentre l’Italia travagliata dal mal governo dell’Austria, e del Papa in
sorge dogliosa per le eue piaghe sì spirituali che temporali, la Francia festeggia nelle sue copiose città i giubilei secolari della Chiesa riformata. I
fedeli in G. C. raunati d'ogni parte mandano al cielo voti di ringraziamenti
e di laudi, ed in mezzo alle predicazioni ed alle ardenti preghiere dei loro
pastori, fannosi collette abbondanti per supplire ai bisogni delle rispettive
chiese. Ne mancano pure le preci a Dio per la prosperità dell’imperatore
ed alle armi francesi in Italia. Così fecesi ultimamente a Royan, a Valence,
a Uzés, a Saint Gilles-du-Gard, ed in molti altri luoghi. Ed il corpo mistico
di Gesù Cristo così riedificato concede sicura speranza in quel vasto regno
di progredir sempre di bone in meglio, c per il suo splendore ci giova spe-
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vare ehe lo tenel>ie della novella idokitvìa se non saranno dissipate del tutto,
verranno di molto diradate e ristrette.
Anche in Inghilterra gli sforzi per promuovere e risvegliare il Cristianesimo fra la moltitudine uon rimangono senza effetto. Le preghiere e lo
esortazioni fatte nelle publiche piazze sono attese con maggior frequenza
dal popolo; e le missioni interne della città di Londra, sotto il nome di
London city viission, ricevono sempre novello splendore. Tutte le Chiese
evangeliche per mezzo d’alcuni dei loro membri fanno parte di quella società, e nel corso dell’anno che tenninò, 10,179 fanciulli raccolti, per co-^ii
dire, sulle strade, frequentarono le scuole, un culto di famiglia incominciossi
in 522 famiglie; 169 botteghe di più furono tenute chiuse durante la domenica; 4,115 persone furono indotte ad assistere regolarmente al servizio
divino neUe chiese, 1,019 individui furono ammessi iilla partecipazione
della Santa Cena. Anche i costumi in molti furono migliorati. Tale all'incirca fu l’effetto delle missioni interne nell^città di Londra; effetto che
sarà sempre maggiore per il numero degli operai, e per il terreno già preparato per la futura coltivazione.
Doinenicc Grosso gerente.
A N N li N Z l
Al DF.rosiTO DI LIBRI RELIGIOSI, vìu Prinoipe Tommaso, tono vendibili
le seguenti opm :
CATÉCHISME DE L’ÉGLTSE ÉVANGÉLIQUE VAUDOISE ou manuel d'instruction chrétienne, à l’usage des
catéchumènes de cette Église. — 1 vol. di 80 pag. in-l(5,
legato alla bodoniana........................... cent. 00, 30
EECUEIL DE PSAUMES ET DE CANTIQUES à
l’usage de l’Église Évangélique Vaudoise. — 1
voi. di 203 pag. in-16.............................. ,, 00, 10
16
... 11)2 ...
LE PETIT COMPAGNON DU SOLDAT, piccolo manuale di preghiere e di consolazioni per i soldati. —
1 voi. in-32..............................(il cento) ,, 03, 00
Lo stesso in italiano................................... „ id.
ROME ET LA BIBLE manuel du controversiste
évangélique, par F. Bungener. — 1 voi. in-8
piccolo di 500 e piii pag........................... ,, 03, 50
ESPOSTO
PEINCIPALI MOTIVI
CHE M HANNO INDOTTO AD ÜSOÏRK
DALLA CHIESA ROMANA
UN YOL. IN-12“ DI 204 PAGINE
PREZZO ùt} GENTES.
TORINO — Tipn(fraS;> ClAUlJlANA, diretta da R. Trombetta