1
LA BUOMA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PREZZO D’ASSOCIAZIO.\'E
Torino, per un anno . . . L. C »
1» per sei mesi ... » 4 »
Per le provincia e l’estero franco sino
ai conlìni, un anno . . L. 7 20
per sei mesi , » 5 20
La direzione della BUO!V.\ NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, via del Valentino, n" 12, piano S".
Le associazioni si ricevono da CAnLOin
Bazzabini e Comp. Editori Lilirai in
Torino, via Nuova, casa Melano. ■
Oli Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alta ditta sopradetta.
Origini e dottrine della Chiesa Valdese (Articolo settimo). — Due risposte ed una
rettificazione al Cattolico di Genova. — Notizie religiose : Ginevra — Francia —
Inghilterra— Nuova-Zelanda. — Cronachetta politica. — Avviso importante.
ORIGINI E DOTTRINE DELLA CHIESA VALDESE
Articolo settimo.
Secolo X. IgDoraDza. Corrazìonc. Barbarie. Ritrovato foBCSto delle faîte decretali. Dottrine di
Raterio ?eacoTo di Verona. Dottrine di Attone
vescovo di Tercelli. Le une e le altre ooRformi
in più punti a quelle dei Valdesi e dei Prote«
stanti. Reaislenza alle superstizioni e usurpazioni di Roma. Secolo XI. Sinodo d’Airas. Italiani evangelici in Francia. Corruttele introdatt« nelle Chiese d’Italia. Osserraziooi. Cristiani inilipendeoti. Valdesi.
96. Sul cadere del IX sec. i successori di Carlomagno'si ruppero guerra
implacabile fra loro, e contrastandosi
ora i diversi regni in cui era diviso
l'Occideùte , ora la dignità suprema
d’imperadore, furono causa che non si
avesse più pace in Europa, e accadessero nuove e crudeli invasioni di barbari, i Normanni in Francia, gli Unni
in Germania, gli Arabi nelle Spagne,
i Saraceni in Italia. In tanta commozione di guerre e di genti, qual maraviglia die cessasse universalmente Io
studio e l’amor delle lettere, e si apparecciiiasse un secolo di cosi fitta
ignoranza qual fu il X, che nella storia
porta meritamente il nome di oscuro e
di ferreo?
2
97. Appena in qualche monastero
può rinvenirsi chi si applicasse a dettar qualche libro. Di là si traevano
per Io pili anche i vescovi. Ma pare
che la ignoranza de’ tempi influisse
non poco al decadimento morale d’ogni comunità monastica, onde al viziato secolo venivano viziosi prelati.
Narrano le cronache essere più d'una
volta venuti alle mani fra loro abati
con abati per le più frivole ragioni
di precedenza e di titoli. In generale
tutto il corpo ecclesiastico del Clero ,
0 rinchiuso ne’ chiostri, o libero nel
secolo , 0 costituito in dignità o no ,
era simoniaco, ambizioso e rotto ad
ogni più brutto scandalo di vita. Qualcuno , col danaro o colla prepotenza,
erasi perfino impadronito di cinque
vescovadi lontanissimi l’uno dall’altro , godendo di tutti in istravizzi le
rendite, senza soddisfare ad alcuno
degli obblighi annessi al pastoral ministero.
98. Anche la Chiesa di Roma, secondo il Cardinal Baronio, e per confessione degli stessi scrittori più affezionati al papato, in questo secolo
fra venlidue pontefici non ne ebbe che
appena quattro o cinque , di cui non
vergognarsi. Gli altri lutti lasciarono
di sè memorie le più scandalose, sia
per notoria oscenità di costumi, sia
per fatti atroci e sanguinosi.
99. Rilassata pertanto ogni disci
plina, la Cristianità viveva in perfetta
anarchia ; concilii di vescovi non era
possibile di convocare ; niuno si arrischiava di tentare riforme; e la superstizione , col favore della generale
ignoranza, s’intrometteva in ogni parte, senza eh’alcuno pensasse d’arrestarne i progressi.
100. Non possiamo dunque supporre che in così grande e universale
corruttela si conservassero illibate le
Chiese dell’antica diocesi d’Italia, ma
dobbiamo convenire cogli stessi scrittori della romana Chiesa , come Caranza, Genebrardo e Baronio, che subissero la sorte delle altre chiese occidentali, e ne avessero poco più poco
meno i medesimi vizi.
101. La Provvidenza però ci ha
conservali due autori di questa diocesi', dai quali ci è facile d’inferire che
certe verità di quelle, che formano
anche oggi parte delle dottrine evangeliche insegnate dalla Chiesa Valdese, non vennero qui nemmeno allora
sopraffatte dalia superstizione.
102. Uno di questi scrittori è Raterio, vescovo di Verona, già monaco
nella abbadia di Lobe presso Liegi.
Chiamato a quella sede nel 928 , ne
fu scacciato ( come allora accadeva
frequente ) per opera de’ suoi nemici
nel 932. Investito del vescovado di
Liegi, non potè andarne in possesso
che dopo la morte di un corapelitore,
3
che vi si intruse prima di lui ; tornò
quindi alla cattedra di Verona per
qualche anno ancora. Fu assunto finalmente nel 954 al pontificato di
Liegi, e mori nel 97 4 ; cosicché rimase vescovo durante la più gran parte
del X secolo, e le sue scritture vanno
per conseguenza riguardate come il
miglior testimonio delle cose ecclesiastiche di que’terapi.
105. Nella tanta colluvie di vizi,
che inondarono a que' di la Chiesa,
non leggiamo che nascesse altra eresia
fuori che quella degli AntropomorDti,
che attribuivano a Dio passioni e sembianze umane -, di essi fa menzione
papa Sigiberto , detto Silvestro II, e
tratta a lungo il vescovo di Verona,
Raterio, nel suo primo sermone quaresimale. Osserva quesli che i preti della
Chiesa di Vicenza erano di quell’opinione, fondandola su quei passi scritturali : — Le tue mani m'hanno formato e composto... Tu m’hai formato
come dell’argilla... Tu m'hai vestito
di pelle e di carne, e m'hai contesto
d’ossa e di nervi (Job. X, 8, 11). —
Poi Iddio disse : Facciamo l’uomo
alla nostra immagine., secondo la nostra somigliànzà (Gen. 1, ‘26). — Dichiara che altre persone della suastessa
Chiesa erano del medesimo avviso, nè
sapevano concepire in diverso modo
la esistenza di Dio. E queste erronee
credenze le attribuisce apertamente
alla introduzione delle pitture e de’simulacri nel cullo religioso. Quel vedersi, egli dice, Iddio seduto in trono
simile ad un re, e gli angeli colle ali
vestiti di bianco che, alla guisa di cortigiani, l’assistono, ingenera purtroppo
false idee di Dio nell’ animo del popolo ignorante. Ecco l'elTetto che deve
aspettarsi dal cullo delle immagini, di
cui disse il profeta Abacucco : » Che
Il giova la scultura dal suo formatore
Il scolpita? Che giova la statua di getII to, e il dottor di menzogna ? Che
« può l’arteQce sperar dal suo lavoro.
Il facendo idoli muti ? Guai a colui
Il che dice al legno : Svegliati! e alla
<1 pietra mutola ; Destati ! Potrà mai
<1 quella insegnare cosa alcuna ? Sia
Il pur coperta d’oro e d'argento; den« tro di lei non è spirito alcuno ».
(y/aòac. II, 18, 19).
104. Nel suo trattato al vescovo di
Parma sul disprezzo de’ canoni, egli
allega una citazione di S. Lenone, ve
scovo di Verona nel secolo IV, dove
è rovesciata la dottrina della transustanziazione. Essa è riportala ne’seguenti termini : = « Il demonio è pali dre di tutti che vivon malamente...
<1 Oh quanto è lungi dal mangiare il
« venerando corpo del Nostro Signore,
Il e dal bere il suo sangue chi è abili tato dal diavolo per mezzo di questi
(I tre vizi, superbia, ipocrisia e lussu«I ria, tuttocchè si accosti alla comu-
4
« nion coi fedeli! avvegnacchè ci dica
« il Signor Nostro:—Colui che manII già la mia carne e bee il mio sanII gue , abita in me ed io in lui ; —
« le quali parole vanno interpretate
<1 così : Chi abita in ine ed io in lui,
Il egli è desso che mangia la mia carne
« e bee il mio sangue., Perocché, se
Il in alcuno abita Dio, ed egli in Dio,
« non so vedere come possa il demolì nio abitare in lui. Sì, abita il deli monlo in colui che per ipocrisia,
<1 per superbia, e per lussuria è simuli lato, è vano, è dissoluto. Che cosa
« dunque mangia costui, quando si
<1 comunica? Se tu rispondi, il giuII dizio, tu vai d’accordo coll’Apostolo
<1 nella sua prima a’Corinti, XI, 27. »
— Per coloro che ammettono la transustanziazione, ossia la conversione
del pane e del vino nel vero corpo e
nel sangue reale di Nostro Signore
Gesù Cristo, è certo che tanto ricevon
il vero corpo e sangue di Cristo i malvagi che son schiavi del peccato e del
diavolo, quanto i buoni che son posseduti dallo Spirito di Dio, benché dicano che i primi lo ricevon a condanna, i secondi a salute. Sempre sta che
lo ricevono gli uni e gli altri. Raterio
all’opposto, appoggiandosi alla testimonianza del suo predecessore S. Lenone, insegna che i malvagi dominati
dallo spirito di superbia , d’ipocrisia
e di lussuria, non ricevono affatto la
carne ed il sangue di C, nella comunione, non dovendo Dio abitare dove
abita il demonio , e per tal modo ci
fa manifesto che egli non aderiva per
nulla alla credenza della transustanziazione.
105. Esaminiamo adesso certe altre dottrine professate in Italia durante
il secolo X.
1“ Tutti i vescovi in generale erano
tenuti per successori di San Pietro. La
fede di Raterio su questo punto non
può esser più esplicita. — Petri, egli
dice, omnes Episcopi vicem tenent in
Ecclesiis; — tutti i vescovi sono vicegerenti di S. Pietro nelle lor Chiese.
2° Non si riconoscea nel papa l’autorità di trasferire i vescovi da una
sede all’altra. Il trasferimento di Raterio dalla sede di Liegi si fece per ordine dell’imperatore, che adunò a bella
posta un concilio a Verona.
3° Rendendosi per la malvagità dei
tempi e per le continue guerre impossibile di ricorrere nelle contese ecclesiastiche col giudizio delia Chiesa universale adunata in concilio , alcuni ,
più zelanti che savii, pensaron di stabilire la sovranità del papa, a cui si
dovesse rimettere , come autorità suprema e inappellabile, la decisione di
ogni questione in materia di fede, di
di morale, e di disciplina. A tal fme
erausi già nel secolo precedente fabbricate le false decretali, conosciute
5
ó(’.l —
sotto il nome di certo Isidoro MerciTORE, 0 Peccatore come altri dissero, che si suppose esser stato il raccoglitore di tutte le costituzioni dei
papi, cominciando dai coetanei stessi
di San Pietro, come S. Clemente, Sant’Anacleto, San Lino ecc. Tutto però
induce a creder che questo non fosse
che un falso nome inventato ad arte
da’monaci impostori e falsarli per coprire la frode , con cui essi avevano
inventate e composte quelle decretali.
Forse all’opera infame furono indotti
da buon fme, pensando che l’autorità
dei santi pontefici, ch’essi davano per
autori di quelle costituzioni, li avrebbe
giovato moltissimo a farle accettar per
leggi canoniche della Chiesa, e quelle,
una volta accettate, avrebbero posto
fine a’tanti scandali ond’era purtroppo
contristata la cristianità. Speravano
forse che, fondando un poter supremo
nella Chiesa, potean giungere ad organizzarla per modo che divenisse quind’innanzi impossibile ogni divisione di
scisma e di eresia. Il buio stesso d’ignoranza , in cui giacevano i tempi,
non permise che la pia frode si discoprisse, e l’assoluta mancanza di critica fece che , per circa otto secoli,
quelle false decretali si considerassero
in Occidente per vere ed autentiche ,
senza nemmeno avvertire , che senza
distinzione de’ tempi, erano tutte dettate nella medesima barbarie di stile.
riboccanti d’anacronismi palpabili, e,
in molti luoghi, assurde per modo che
mutavano affatto il senso delle Sacre
Scritture. Il primo, che le mise in sospetto nel secolo XV, fu il cardinale
Cusano, uomo dottissimo, e poco ben
veduto a Roma , come amico del copemichiano sistema sul moto della
terra. Dopo lui, il celebre Erasmo di
Rotterdam e quasi lutti i più dotti
uomini della Riforma del secolo XVI
ne rilevarono la frode e la falsità per
modo, che non hanno più oggi altro
valore che quello di essere un documento storico delle arti usate ad aggrandire nel cristianesimo oltre ogni
limite il potere del romano pontefice',.
Non sorliron però subito da principiol’effetto che ebbero dappoi; in alcune
chiese d’Italia si resistè lungo tempo
ad ammetter questa sovranità papale,
e ne abbiam testimonio assai splendido
in Raterio che ai fautori della mede-sima, come si può legger ne’suoi SMfll'i
(Spicii. Dachenj, p. 1), rispondeva :
— « Fate caso, di grazia, che il papa
« sia uom malvagio, e spergiuro ^ etl
« adultero, e cacciatore, e dedito alla
Il ubbriachezza, e ditemi che cosa avII verrà de’ricorsi che si faranno a lui?
« Ei si farà beffe de’ricorrenti e sem« pre vorrà favorir i suoi simili. » —
4” Le scomuniche e gli anatemi
del papa erano, pel sovverchio abuso
fattone, cadute in tanto disprezao pres-
6
so i fedeli, che 11 deridevano ognuno
pubblicamente. Ce ne fornisce un esempio Raterio (loc. cit.): « Sappiate
« che un membro del clero andato in
« quella città dove, al dir di Sallustio,
<1 tutto si vende, riuscì a comprarsi
u coll’oro non so quali lettere aposto« liche, con cui pretende avere l’alta
« facoltà di percuotere me e i miei
« successori col fendente dell’ anate« ma. Ciò vorrebbe dire che, d’ora in“ nanzi, ogni vescovo, il quale vorrà
<1 ingerirsi di materie cancernenti il
u clero, dovrà aspettarsi di essere scoH municato in perpetuo ».
5" Si stava in dubbio se al papa
competesse di diritto il titolo di vescoito
universale. Ecco come gli scrive Raterio: « Inchinandomi a vostra Pati ternità, o venerandissimo signore,
« arciprelato, arcivescovo, e, se pure
«I può questo titolo convenire ad un
« mortale, o Padre universale, ecc.,
« ecc. n Nel dargli poi contezza del
come r avessero cacciato dalla sua
sede, usa espressioni veramente piacevoli: Il Mi dà noia, egli dice, di tro« varmi essere anch’ io divenuto veti scovo universale, voglio dire un
Il girovago senza sede ».
6“ Non si avea ribrezzo di notare
nel papa la noncuranza de’canoni.
« Ho preso a investigar dentro di me
« la ragione, scrive Raterio, perchè
" sia £osì generale il disprezzo de’ ca
ti noni da non poter io trovare nella
<1 chiesa chi più li osservi, dai più
« bassi ai più alti, dal più scimu« nito Qno a colui che presume d’es(I sere chiamato sapientissimo, dal
Il laico al pontefice sommo (mque ad
(I illum qui sapientissimus affectat
« vocari, a laico usque ad Pontificem
« summum) ».
7" L’amore smodato delle mondane
ricchezze regnava per modo nel clero,
che Raterio ebbe ad esortare il vescovo di Parma atfciò si astenesse dal
più conferire gli ordini sacri ai fanciulli, come era solito di fare quante
volte gli era sborsata una certa somma
di danaro.
8” Le prepotenze le più odiose venivano usate da vescovi, senza che vi
avesse modo alcuno d’impedirle. Raterio è cacciato a viva forza dal suo
vescovado di Verona, perchè l’ha comperato Manasse, vescovo di Milano,
già possessor di altri quattro vescovadi, e l’ha venduto ad altri.
9" L’ignoranza de’ preti era tale e
tanta, che Raterio in una sua lettera
sinodale li obbliga ad imparare a memoria il simbolo degli apostoli, e di
abilitarsi a recitar senza libro la professione di fede comunemente detta
di sant’Atanasio.
10. Fra gli errori divulgati nel popolo, Raterio combatte quello che disseminavanvi alcuni preti, asserendo
7
che chiunque era stato battezzato non
potea più dannarsi,
11. Finalmente ii pervertimento e
la corruzione generale gli traevan dall’animo quella esclamazione » Oh.vero
« cristianesimo , dove sei fuggito ?
« Vera quo evasisti christianitasl
« Siamo arrivati al tempo predetto
« dall’ApostoIo, che molti dalla vera
« fede si scostano ».
106. Il secondo autore che ci fornirà qualche istruzione sullo stato delle
chiese d’Italia è Aitone che fiorì, secondo narra l’Ughelli verso la metà
del X secolo. Diversi suoi scritti leggiamo nello stesso spicilegium del
monaco D'Achers, dove abbiamo quelli
di Raterio.
107. Egli indirizza un capitolare,
ossia istruzione divisa in più capi ai
preti della sua chiesa, quasi copiato
alla lettera da quello di Teodolfo che
era italiano di nascita, nel quale ordina loro fra le altre cose di apprendere il simbolo di sant’Atanasio sotto
pena di astenersi dal vino per quaranta giorni. Vuole ancora che spieghino il simbolo degli Apostoli a quelli
che domandano d’essere battezzati,
ma non fa motto di tutte quelle tante
altre dottrine dogmatiche che sono
come il complesso del catechismo novello che viene oggidì insegnato nelle
chiese che non sono evangeliche,
108. Vieta la celebrazion delle
messe senza i fedeli comunicanti, e
dimostra essere ciò contrario al canone della liturgia.
109. Proibisce assolutamente l’ordinazione dei preti senza titolo.
110. Non vuole sieno letti in chiesa
altri libri che quelli del vecchio testamento e del nuovo. Solo permette la
lettura degli atti de' Martiri nella ricorrenza dei loro anniversarii.
111. Fa un sunto della regola monastica di san Benedetto rispetto la
parte morale evangelica, a cui non vi
sarebbe anch’ oggi verun protestante
che non si soscrivesse ben volentieri.
Riduce gli atti di fede necessarii a
sapersi da ogni fedele alla sola orazione domenicale, secondo prescrive
il Concilio Narbonese da noi citato
più sopra.
115. Inculca, secondo i canoni
della chiesa di Roma, che le Sacre
Scritture siano il fondamento della
fede, e non ammette gli scritti dei Padri che sotto la clausola che sieno
conformi agli insegnamenti di quelle,
e ripete in proposito quell’avviso delrApostolo: « Provate ogni cosa, ritenete cLò che è bene (2 Tess. v, 21) ».
114. La Chiesa la dice fondata non
sopra 3. Pietro o s. Paolo o alcun degli Apostoli, ma unicamente sulla confession della fede predicata dagli Apostoli. Secondo lui ella sussiste per la
fede e l’amore in Gesù Cristo, e si
8
manifesta per mezzo de’ sacramenti e
dell’osservanza dei precetti evangelici.
115. Conlro ciò che più tardi ha
definito il concilio di Trento riconosce
ne’ laici il diritto di giudicare la condotta de’vescovi, come pure di prender parte alla loro elezione. Un suo
trattato intero è dedicato a biasimare
le elezioni d’allora che si facean per
solito, avendo riguardo non alla carità
e alla fede degli eletti, ma alla nobiltà
de’natali, o al valor delle raccomandazioni, e spesse fiate accadeva che i
prescelti non fossero per anche usciti
di puerizia.
116. Dichiara che nella sua Chiesa
incominciavano a serpeggiare eresie
senza ben determinar quali fossero.
Condanna i suoi diocesani perchè non
digiunavano il sabato, cosa che non
era affatto in uso ai tempi di s. Ambrogio, e va di conseguenza riguardata come una vera innovazione dei
tempi posteriori. Chiama stolta la
pratica di coloro che non lavoravano
il venerdì, in memoria della passione
di Cristo.
117. Cita una legge de’Longobardi
per dimostrare che era illegittimo il
matrimonio di un figlioccio colla sua
sàntola. Il matrimonio poi lo definisce
per modo che si vede non aver egli
avuto nemmeno il sospetto che fosse
sacramento.
118. Le poche notizie che.abbiamo
fln qui raccolte dagli scritti di Raterio
e Aitone soli autori che ci rimangono
delle Chiese d’Italia nel secolo X ci
bastano a poter conchiudere, che non
ostante l’ignoranza e la corruzione
de’ tempi incontravano in questi paesi
della superiore Italia assai grande resistenza le usurpazioni de’papi, e non
erano ciecamente accettate le decisioni
di Roma.
119. Vero è che come rimedio ai
mali estremi che disonoravano la chiesa di Cristo invocandosi dai migliori
l’esatta osservanza de’ canoni, ed essendosi già fabbricata e posta in credito quella solenne impostura delle
false decretali accennate più sopra,
veggiamo pur troppo che nel secolo X
i vescovi santi parlavano più volontieri de’canoni che non di vangelo, e
pur troppo incominciavasi a trascurare lo studio della Parola di Dio per
quello delle leggi canoniche.
120. Un sinodo però tenuto sul
principiare del secolo XI, verso l’anno
1025, in Arras, da Gherardo vescovo
di Cambray ed Arras, ci narra di certi
Italiani discepoli d’un Gundolfo, che
disseminati per le diocesi di Liegi e
di Cambray vi propagavano dottrine
opposte alle predominanti. Le predominanti erano quelle che nel concilio
stesso venne esponendo per dimande
e risposte il vescovo, e concordano
perfettamente colle credenze e col culto
9
della chiesa romana. Le dottrine adunque insegnate dagli Italiani si \ede
chiaro che appartenevano ad una chiesa cristiana differente affatto dalla
chiesa di Roma.
121. E siccome le chiese d’Italia,
onde per necessità di commercio e
vicinanza di luogo dovea maggior numero di negozianti andare e trafficare
in Francia, sono appunto quelle che
erano comprese nella circonferenza
dell’antica diocesi d'Italia, ^ più singolarmente le più prossime all’Alpi,
ogni logica ragione ci conduce a conchiudere che qui nelle subalpine regioni si è sempre conservata una
Chiesa di fedeli contraria alle opinioni
della Chiesa di Roma, e vi si è come
formalo un consorzio di zelanti, che
mandava i suoi membri in vari luoghi
acciò far argine alle superstizioni e
agli errori che dominavano in tutte
omai le chiese d’Occidente.
122. Bisogna si convenire che nella
universa! corruzione qui pur s’intromisero superstizioni ed errori, ma
giova osservare:
1° Che la liturgia delle chiese d' Italia nulla contiene che sia favorevole
a tali superstizioni ed errori; ed ogni
chiesa devesi sempre giudicare da suoi
usi di culto registrati ne’rituali autentici della propria liturgia.
2“ Che sebbene molti anche del
clero fossero imbevuti di quegli errori
e superstizioni, non è mai lecito di
argomentare che dovessero duuque
esserne similmente infette le chiese
lutte della diocesi d’Italia.
3" Che gli uomini più ragguardevoli per pietà e dottrina si opposero
con forza a cosiffatti errori e superstizioni d’un popolo cieco e d’un clero
ignorante.
Queste osservazioni generali vanno
particolarmente ristrette ai seguenti
articoli, a cui si possono ridurre le
superstizioni e gli errori, che si erano
più largamente diffusi anche nelle
chiese dell’antica diocesi d’Italia. ■—
l°al pregare pei morti; 2“al cullo delle
reliquie; 5° all’invocazione dei santi;
4° al troppo rigor de’ digiuni in certi
dì stabiliti ; 5° aH’estrema importanza
annessa al celibato ecclesiastico.
In processo di lempo si adottò pure
l’uso delle immagini, e qualche idea
confusa sulla presenza carnale di Gesù
Cristo nel sacramento eucaristico.
Come s’introducessero tali novità
pur nelle chiese dell’ antica diocesi
d’Italia, sarà soggetto d’un esame analitico nel seguente articolo.
Frattanto ammiriamo la Provvidenza divina, che anche dopo la creazione funesta delle false decretali (che
ricevute per vere giovarono tanto a
preparar l’erezione di quel colossale
edifizio della primazia papale, compiuto poi da Gregorio VII ed Inno-
10
cenzo III) non permise mai si estinguessero del tutto in Italia quelle primitive congregazioni o chiese di fedeli,
che tenendosi strette alla pura parola
evangelica, avessero il coraggio di non
volerla mai sottoporre alla parola dell’uomo. Nel IX sec. vedemmo quanto
si fu in ciò segnalata, sotto la direzione di Claudio, la chiesa di Torino,
come nel x quella di Verona sotto
Raterio, e quella di Vercelli sotto
Attone. Sul principiar dell’xi un distaccamento animoso d’apostoli italiani apparisce a sostenere la causa
evangelica nel settentrione della Francia. Non dimentichiamo giammai questa continuata successione in Italia di
cristiani indipendenti, perchè non
sottomessi che alla sola autorità del
Vangelo, che è la stessa ed immediata
Parola di Dio, e giungeremo coll’aiuto
di Dio a riconoscere le vere origini
della Chiesa evangelica, che tuttavia
fiorisce ia Piemonte, e si chiama
Valdese.
]>1JE RISPOSTE
ed UlVA RETTlFICAKIOlfE
AL
CATTOLICO DI GENOVA.
Due settimane sono,essendoci stata
dal CattoUào rivolta la domanda: se la
fede in G. C. da noi predicata quale
unica via per giungere a salvazione,
dovesse di necessità essere in Gesù
Cristo « quale vero Uomo-Dio, oppur
NO, » e noi non avendo subito risposto, ecco il pio giornale venir fuori,
nel suo numero 729, con un articolo
intitolato: Simulazione della Buona
Novella, nel quale, dopo aver ricordato quanto precede, soggiunge : « La
Buona Novella fa lo gnorri, e,
senza indicare il fln qui esposto ,
d’arcata ricusa la domandata spiegazione , e si ricusa d’entrare in
controversia, trattandoci da infìngitori e calunniatori. Ecco le sue parole: « Quella smania di certi scrit« tori di confondere insieme evan« gelici, razionalisti ed increduli non
« è certo cosa nuova; ma per vecchia
« che sia, non è meno assurda, ciò
« che sanno meglio di chiunque que« gli stessi (questi stessi siamo noi,
« estensori del Cattolico) che si danno
« l’aria d’ignorarlo.«
Ci scusino i signori estensori del
Cattolico, ma quegli epiteti A'infingitori e di calunniatori, che ci mettono
in bocca, applicati ad essi, noi non li
abbiamo mai adoprati: sono parole
coteste che non siamo avezzi ad usare,
nè anche quando avremmo ogni ragione di farlo, la polemica che noi
facciamo non essendo che a prò della
verità, e la verità non abbisognando
11
d’ingiurie, nè per imporsi, nè per
difendersi.
In quanto alla citazione che fa il
Cailolico, di un nostro precedente
articolo, egli sa quanto noi, sebbene
(ci giova ripetere la parola) si dìa
l’aria d’ignorarlo, che |taii espressioni, invece di riferirsi alla summentovala domanda, si riferivano ad un suo
articolo affatto diverso del primo; che
quindi non poteano, siffatte espressioni, considerarsi qual mezzo astutamente aiTerrato da noi, onde sottrarci alla chiesta spiegazione; e ci
permetterà di aggiungere, come ci
fciccia veramente meraviglia un cotal
modo di procedere, per parte di un
avversario che si pretende la lealtà in
persona. Maggior lealtà vi sarebbe
stato per parte sua, poiché toccava al
nostro articolo, il confutarlo, se gli
riesciva possibile, piuttosto che toglierne un brano per fargli significar
tutt’altro che quello che significava
davvero.
Ciò premesso,—si per far notare al
CafloHco a quanto poco gli giovino le
sue eseobarderies, quanto per dare
a conoscere ai nostri lettori, a quale
sorta di opponenti noi abbiamo che
ftire, — veniamo al fatto che diede
cagione al religioso giornale di gridare sui tetti la nostra pretesa simulazionk.
La Buona Novella ha simulato,
sapete pereilè? o cari lettori! — Perchè, la poveretta, la quale per scarsità di mezzi (non è dato a tutti l’esser
ricco!), non viene in luce che una
volta alla settimana, ha rimandato a
due numeri il rispondere ad uno degli
articoli frequenti (lo diciamo senza
rancore veruno, anzi con ringraziamenti) di cui la degna il Cattolico,
che esce tutti i dì, eccettuata la domenica !
Ebbene, signori del Cattolico, la
prova che non abbiamo simulato ,
(come per troppo zelo o per troppa
voglia che fosse cosi vi siete affrettati
a pubblicarlo) eccovela chiara e netta.
Voi bramate sapere da noi se parlando della fede in G. C., l’intendiamo «di Gesù Cristo Uomo-Dio,oppure
NO»; in altri termini se noi crediamo
alla divinitV di Gesù Cristo.
Alla quale domanda noi rispondiamo schiettamente. Si, noi crediamo
Gesù Cristo (nello stesso tempo ch’egli
è Uomo, perfettamente Uomo) essere
Dio, perfettamente Dio. E ciò, noi non
solo diciam di crederlo, perchè tale è
la fede della Chiesa a cui apparteniamo, (1) (come potrebbe darsi che
(1) L’artìcolo I della Confesiione di fede Jella
Chiesa Valdese b così formolato : k doì crediamo
0 che Vè UD solo Iddio, essenza spirituale, eterna,
« iafinita, sapientissima, misericordiosissiaiaj giù*
« stissima, e per tutto comprendere in una pa« rola, perfettisBiina i e che yi sono tre persone
12
fosse il vostro caso, sebbene non
l’asseriamo), ma lo crediamo davvero, del più profondo del cuor nostro, per i seguenti motivi:
1° Perchè tale è l’insegnamento
che ci danno le S. Scritture, alle
quali, come Parola di Dio, è intieramente sottoposta la nostra fede, essendo in esse Gesù Cristo proclamato;
«Emmanvele ossia Dio con noi(MAX.
I. 23); «Dio al dissopra di ogni cosa
benedetto in eterno (Epist. ai Rom.
IX. 5); «il 6RANDE Iddio e Salvatore nostro, Gesù Cristo» (Tit.II.lS);»
il Verbo che era appo Iddio, che
KBA Dìo; per cui «ogni cosa è stata
fatta» (Giov. I. i. 3.); « l’irtìmagine
del Dio invisibile, per cui sono state
create tutte le cose, quelle che sono
ne’ cieli, e quelle che son sopra la
terra; le visibili e le invisibili, i troni,
i principati, le podestà» (Col. I, 15.
16); « l’Ammirabile', il Consigliere,
riDDio forte, il Padre dell’Eternità, il Principe della pace» (Isaia
IX, 5.)
2° Perchè se G. C. non fosse
« in quella unica e semplice essenza, il Padre, il
Il Figlio e lo Spirito Santo <,
E l’articolo XII; u Noi crediamo che vi sono
» ia Gesù Cristo due nature, la divina e l’umana,
« in una stessa persona, senza confusione, senza
Il divisione, senza separazione, senza cambiaraen11 ogn* natura serbando le sue proprietà diu stiate; e che Gesù Cristo » vero Dio e vero uomo
V talt’iusieme ».
Dio, noi avremmo bensì nella sua
persona un gran dottore, un martire
sublime ed un impai'eggiabile esempio,
non mai quella vittima simboleggiata
dai sagrificii mosaici, profetizzata dai
veggenti, e di cui il sangue purifica
da ogni peccato ; e quindi saremmo
senza Salvatore , senza avvocato
innanzi alla Giustizia divina.
5“ Perchè se G. C. non fosse
Dio, noi saremmo costretti di tenerlo
quale impostore, essendo di lui queste parole , colle quali si proclama
tale : « Voi credete in Dio, credete
ancora in me» (Giov. XIV. ì.J « Filippo, chi m’ha veduto, ha veduto il
Padre, come dunque dici tu: mostraci
il Padre? » (v. 2.) « Io ed il Padre,
siamo una stessa cosa» (Giov.X.50).
4° Perchè se G. C. non fosse
Dio, l’adorazione che noi con tutto
il cuore gU tributiamo sarebbe una
vera idolatria, secondo il proprio suo
detto « Adora il Signor Iddio tuo,
servi a lui solo » (Matt. IV. 10).
Questa risposta, o Signori del Cattolico, vi par ella abbastanza esplicita?
siete voi soddisfatti? Intendete ora
qual sia quella fede in Gesù Cristo su
cui, conformemente alle Scritture,
persistiamo e persisteremo sempre a
dire che sia poggiata, come sull’unico
suo fondamento, la nostra salvazione?
Chè se le nostre risposte non vi sembrassero ancora bastantemente chiare,
13
interrogate di nuovo (sia lealmente
come lo dite, o per altri fini, poco importa), e noi che non abbiamo nulla da
nascondere, vi risponderemo sempre
con ogni franchezza ; non già colla
pretensione all’ infallibilità (questa la
riserbiamo esclusivamente a Dio ed
alla sua Parola), ma col desiderio sincero e leale di non offendere mai la
verità alla conoscenza della quale siamo pervenuti. —
Un’altra domanda ci fa il Cattolico,
ed è la seguente:
Se noi, n lasciando da parte le
ambagi di parole », riputeremo credibile, « che chi partecipò alla pubblicazione di un giornale, quale veramente è la Maga, in punto di morte
riprovi e coadanni il suo operato ? »
A tal quesito ecco, lasciando da
parte le am’bagi di parole, la nostra
risposta :
Non essendoci mai caduto sott’occhio neppure un numero della Maga,
sarebbe straordinaria impudenza, per
parte nostra, il sentenziare su ciò
che non conosciamo. Chè se il Cattolico porrà la questione in termini
più generali, come sarebbero i seguenti : « se crediamo possibile che
chi partecipò alla pubblicazione di un
giornale cattivo qualunque, in punto
di morte, riprovi e condanni il suo
operato? » noi volentieri risponderemo : 0 non solo possibile, ma
desiderabile ». Solamente in tal caso
noi presteremo sempre maggior fede
ad una ritrattazione fatta di pubblica ragione vivente l’autore, che
non ad una ritrattazione pubblicata
dopo morte. E quando poi la morte
non segue che un mese dopo la ritrattazione, come ci pare che sia avvenuto del gerente della Maga, l’aspettare allora di rendere di pubblica
ragione un atto così importante, non
si può spiegare che in una di queste
due maniere ; o la ritrattazione è inventata, ed allora sono vili coloro
che non rifuggono da tali invenzioni;
0 la ritrattazione fu fatta sotto l’impero della paura, fors’anche della miseria , in ogni caso senza coscienza,
(poiché se fosse fatta da un uomo veramente coscienzioso, veramente pentito , non aspetterebbe neppure un
istante di darle ogui possibile pubblicità), ed allora ci dica il Cattolico
ciò che s’ abbia da pensare e di chi
la fa, e di chi, non solo se ne contenta,
ma se ne gloria !
Dopo queste due risposte, d’una
rettificazione saremmo a pregare il
Cattolico. Secondo leggemmo nel suo
numero di sabbato scorso, sarebbero
tutt’uno la Buona Novella ed il sig.
Bert. Or questo non è, Io che dichia-
14
riamo, non perchè non ci stimassimo
grandemente onorati di dividere col
sig. Bert siffatta incumbenza, raa solo
perchè non possiamo permettere che
si metta addosso d’altri, ciò che è il
fatto nostro unicamente. Quando piacerà al Cattolico di entrare in polemica col sig. Bert, faccia pure, chè ii
sig. Beri è uomo da rispondergli se lo
crederà necessario. Ma ogniqualvolta
ci favorirà le sue contro-osservazioni,
sia bene stabilito che non s’abbia da
cercare nella Buona Novella che la
Buona Novella ed i principii da essa
propugnati.
I- ■, 11 ' ----.r T . ■==
IVOTIZIE REIilCilOSE
Ginevra. Veniamo informati da fonte
sicura che una colletta è stata avviata in
questa città, a benefizio degli Operai di
Pralafera, per opera deli’ottirao Desanctis pastore della Chiesa italiana ivi esistente «di alcuni altri nostri connazionali.
Giorni sono si erano già raccolti 200 fr.
Francia. — Giorni sono mori a Parigi
nell’età di 66 anni, il principe Paolo di
Wurtemberg. I seguenti particolari su
quella morte leggonsi nel giornale gesuitico « la Voix de la vérité »
n 11 principe era stato da più giorni
condannato dai medici. Ieri l’altro egli era
già privo di conoscenza. Il principe Nicolao di Nassau, nipote del principe Paolo,
l’ex-redi Westfalia leronlmo, suocognato,
edil principe Napoleone Biionaparte suo
nipote si trovavano riuniti intorno al suo
letto, insieme coi ministri di Russia e di
Wurtemberg, quando entrò nella camera
deU’augusto ammalato 11 nunzio papale.
Si sa cheli principe Paolo professava, al
pari degli altri membri della famiglia di
Wurtemberg, la religione protestante:
l’arrivo del nunzio fece gran sensazione:
Venne allora dichiarato che il principe
Paolo, avea da una quindicina di giorni Incirca abiurato la fede dei suoi padri ed
erasi convertito al cattolicismo. Il duca di
Nassau e gli altri parenti del principe si
sono ritirati, e un prete della parrocchia
della Maddalena, chiamato dal nunzio, ha
amministrato al moribondo gli ultimi sacramenti della chiesa». Quella dichiarazione dell’abiura del principe Paolo, dopo
che egli ebbe Intieramente perduto la conoscenza, non ricorda ella la ritrattazione di
quel tal gerente pubblicata soltanto dopo
la sua morte sebbene fosse stata fatta un
mese prima?
Inghilterra. Scrivono da Londra al
Cattolicu di Genova:
«Son pochi di, che II cattolicismo va lieto d’aver acquistato un personaggio assai
distinto, il precettore del principi reali,
il quale gode di una confidenza illimitata della Regina Vittoria, ed ha grande
influenza in corte; chi sa che questo non
sia un mezzo per far prevalere la verità
sull’errore dove meno si pensava? »
Che ne dicono I nostri lettori di quel
precettore che gode d’una confidenza illimitata della regina Vittoria, e che ha
grande influenza in corte? Veramente
il Cattolico sa per chi scrive.
—11 Duca di Norfolk (non ha guari cattolico romano) ha fatto donazione di 260
lire steri, alla società delle missioni protestanti fra i cattolici d’Jrlanda, mostrando
15
cosi il suo zelo per la conversione di quel
risola alla fede evangelica.
Ncova Zelanda. — Scrivono da Walma
nella Nuova Zelanda: n Sento In questo
momento che i missionari del Papa hanno
definitivamente abbandonato le stazioni
che avevano la questi paesi, non essendo
In più anni di permanenza riusciti a convertir nissuno. Erano stati prevenuti dai
missionan delle società evangeliche, egli
indigeni essendo tutti ammaestrati a leggere ia Bibbia, ridevano sul viso ai predicatori del Papa, ai quali fecero intendere che
per salvarsi trovavano quanto basta nel
Vangelo di Cristo.
CRONACÌIETTA POLITICA.
Torino. Questa settimana è stata per
la nostra capitale settimana di lutto e di
desolazione: Domenica alle 6 pomeridiane
si rendevano gli estremi onori ad uno
degli uomini più benemeriti del Piemonte, al presidente della Camera dei Deputati, commendatore Pier Dionigi PiNELLi. Il funebre corteggio moveasi dalla
piazza d’Italia verso l’interno della città.
Precedevano il feretro le corporazioni religiose e il capitolo di s. Giovanni : lo
seguivan I deputati, i senatori, I componenti la casa militare del Re, i consiglieri
di Stato, i consiglieri del Magistrato di
cassazione e d’appello, poi I rappresentanti Il municipio torinese, i professori
dell’ università, gli avvocati e lo stato
maggiore delia Piazza di Torino. Tenevano le nappe 11 presidente del Senato, il
vice-presidente della Camera del deputati,
il luiDiiitru di grazia e giustizia ed il sin
daco di Torino. Il corteggio percorse le
vie d’Italia e di Dora-Grossa, la Piazza Castello, la contrada-Nuova, quelle di san
Filippo, dell’Accademia delle scienze, poi
ancora la Piazza Castello, e finalmente la
via del Seminario per fermarsi alla Metropolitana, facendogli ala la milizia nazionale e le truppe del presidio. — La
straordinaria frequenza di popolo nelle
vie e sulle piazze, il mesto contegno che
in tutti si scorgeva, dicevano chiaramente
la stima iu cui si fosse presso ogni classe
di cittadini l'uomo a cui eran resi tali
onori, e la grave perdita che la nazione
avesse fatta nella persona del presidente
della sua Camera elettiva.
L'altro fatto più doloroso aucora si fu
10 scoppio terribile avvenuto lunedì alle
11 3/4 della polveriera sita nel sobborgodel
Pallone, e di cui (oltre parecchie case più 0
meno gravemente danneggiate, oltre a feriti in granjnumero) sono rimaste vittime
quantità persone, fra cui 21 militari addetti
al servizio della polveriera. Il fuoco prese
spontaneamente alla botte del miscuglio
ternario; si comunicò al diié granitoi laterali contenenti fra ambedue SODO chil.
di polvere ; passò poscia ai frulloni caricati con 2000 chil., ed agli stendaggi che
contenevano 3000 chil. di polvere stesa
all'aperto. La combustione di quest’ultima mise il fuoco ad un magazzino che
conteneva 10,000 chil. di polvere. Se quel
20,000 chil. fossero scoppiati in una volta,
0 che questa mina colossale Invece di dirigersi nel suo impeto maggiore conlro il
folto delle case, non si fosse per ¡speciale
provvidenza di Dio rivolta ver^o un largo
prato, il danno sarebbe stato incomparabilmente maggiore. Sarebbe poi slato terribile oltre, ogni dire se si fosse a|)picuato
16
il fuoco, come per qualche tempo si temelte, al gran magazzino in cui si trovavano riuniti 40,000 chil. di polvere.—
Il contegno della popolazione torinese in
questa jutluosa circostanza fu veramente
ammirabile. Re, Principi, Ministri, Municipio, Guardia Nazionale , Militari, Cittadini d’ogni grado diedero cospicui esempi
di coraggio e di divozione; ed ora la carità cittadina, con sottoscrizioni aperte su
parecchi punti della città, fa a gara onde
rimarginare per quanto è in essa tante e
sì dolorose ferite.
Inghilterra. Nella tornata del 22,
della Camera dei Comuni, il cancelliere
dello Scacchiere dichiara che le trattative coll’Austria sono sempre pendenti
intorno alla espulsione dei missionarii
dall’Ungheria: quando queste trattative
avranno ottenuto un risultato, la corrispondenza scambiatasi a questo proposito,
sarà assogettata al Parlamento.
— Tutti i giornali si occupano della
decision della corte dello Scacchiere, che
chiude decisamente agli Israeliti le porte
del Parlamento. I giornali ^Yighs deplorano la decisione giudiziaria, che sembra
loro antiliberale; gli organi tory la esaltano
come una nuova conquista delle tendenze
conservatrici. Credesi che l’Alderman Salomons, che quella decisione colpisce
insieme col Sig. Rotschilde, ricorrerà in
appello innanzi alla giurisdizione suprema
d’Inghilterra.
Spagna. Si annuncia come afTatto pofitivo, che il gabinetto sia per riformare,
sempre per via di regio decreto, la legge
elettorale, facendo naturalmente precedere questo provvedimento dalla dissoluzione delia Corte. La Costituzione sa
rebbe ad un tempo modiflcata per modo
d’abolire in Ispagna il regime parlamentare, per tornare al regime assolalo.
Berna. Ecco il risultato definitivo della
votazione relativa alla revoca del Gran
Consiglio. Il numero dei votanti in tutto
il cantone fu di 83,S14; pel no, furono
i voti in numero di 48,133; pel si 38,381.
Maggioranza pel Governo 6,752.
AVVISO UIPORTANTE
I sigg. Associati alla Baona
Novella, il cui abbuonamenlo
scade oggi, sono pregati di
rinnovarlo in tempo, a scaosO d’interruzione nella spedizione dei fogli.
ANNUNZI.
PREGHIERE DI FAMIGLIA
FCR SERVIRE Al. CU1.TO SOMESTlCO
1 volumetto in-8® — cent. 40.
RACCONTO STORICO
Prezzo: centesimi IO.
Si trovano presso Caklotti e Bazzarini
Librai-editori in Torino.
■■ .1—- I ■ n
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
Torino, —Tip. 8o€. di A. Pon» e C.