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Anno 115 • N. 26
29 giugno 1979 - L. 250
ARCHIVIO TAVOLA VALDESE
10066 TOrnE POLICE
Spedizione in abbonamento postale
1® Gruppo bis/70
ddk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Conclusa la serie televisiva seguita da quasi 20 milioni di italiani
“Olocausto": un film
che non serve a nulla?
Preferiamo il giudizio realistico di Levi a quello più aristocratico di
Moravia: ma al di là del dibattito sull’utilità sta la nostra responsabilità
Nel dibattito originato dalla
trasmissione delle 8 puntate di
« Olocausto », di cui si è fatta
eco anche la terza pagina della
Stampa del .20 giugno, Alberto
Moravia ha sostenuto l’inutilità
di questo prodotto industriale
« privo di valore d’arte » e quindi incapace di inserirsi nella
nostra coscienza e nella nostra
cultura. Questa valutazione non
mi sembra accettabile. Dato che
il dibattito chiaramente si svolge
sul piano della verità e verte sulla capacità o meno dello sceneggiato americano di promuovere
la consapevolezza della portata
e della realtà del genocidio degli
ebrei, bisogna pur dire che l’arte
non è la sola chiave che apre la
porta della verità e che anche un
prodotto di scarsa levatura artistica può contenere elementi pedagogici atti a testimoniare della verità. Certo « Olocausto » non
è privo di limiti anche sotto questo punto di vista; l’intreccio a
volte inverosimile e forzato e la
riduzione del calvario di un popolo alle dimensioni pur intense di una vicenda familiare rischia di appiattire lo sfondo la
cui illustrazione costituisce il
principale elemento pedagogico
dell’opera. Ma bastano questi ed
altri limiti a decretare che « Olocausto » è inutile?
Certo vi sono opere che nel far
conoscere la verità sul genocidio
degli ebrei si pongono su ben altro livello. Penso per esempio a
« Se questo è un uomo » di Primo Levi, il libro che in questo
campo forse più di ogni altro
nella nostra letteratura ha unito
il valore artistico di un’analisi
penetrante eppur distaccata alla
validità pedagogica di una documentazione minuziosa eppure
globale. Ma quanti dei 20 milioni di italiani che hanno visto
« Olocausto » hanno avuto la
possibilità sociale, culturale, politica, di leggere i libri di Primo
Levi? Per i milioni di uomini,
donne, giovani che non sanno
ben venga allora questo sceneggiato pur con tutti i suoi limiti.
Ha quindi ragione lo stesso Levi
che in una recensione del libro
ha scritto con un piglio meno
aristocratico e più realistico di
Moravia: « Questo libro, insieme al filmato a cui prelude... potrà servire, com’è avvenuto in
Germania, a risvegliare la curiosità di chi non sa ed ha buona
coscienza, e forse anche, (ma è
meno probabile) a persuadere
chi buona coscienza non ha. E’
insomma un alleato; ne avremmo preferito uno meno loquace,
Eco-Luce in ferie
Come ogni anno l’EcoLuce rallenta il ritmo nel
periodo estivo.
Verranno saltati due numeri in luglio e due in agosto e il giornale comparirà perciò con le seguenti
date:
n. 27-28 il 13 luglio
n. 29-30 27 luglio
n. 31 3 agosto
n. 32 10 agosto
n. 33-35 31 agosto
Con quest’ultimo numero riprenderà il regolare
ritmo settimanale.
di maggiore sensibilità storica,
meglio commisurato allo scopo;
ma, anche così com’è, rimane
pur sempre un alleato» (Tuttolibri, 19 maggio 1979).
Il germe cristiano
del razzismo
Ma se ci limitassimo a condividere questo limitato apprezzamento, come credenti perderemmo l’occasione di una risposta
più profonda alla domanda iniziale, rma risposta che coinvolga
più direttamente noi che non essendo tedeschi ed essendo cresciuti nel dopoguerra potremmo
sentirci troppo spettatori, pur
mossi emotivamente, di fronte
alla raffigurazione televisiva dell’olocausto ebraico. Per questo
mi sembra necessario sottolineare un particolare — restato in
realtà un po’ isolato e marginale — dell’ultima puntata.
Nel corso di un lungo discorso
in cui il maggiore Dorf davanti
ai suoi colleghi va in cerca di
una giustificazione del genocidio
nazista, l’ufficiale delle SS dice
più o meno: noi non facciamo
che condurre a termine ciò che
il Cristianesimo ha cominciato.
Inverosimile? Non direi. Malgrado l’orrenda distorsione e le
contorsioni della ricerca di una
giustificazione, una tale rivendicazione di continuità non è inverosimile perché non fa che
mettere in evidenza non solo le
corresponsabilità di larga parte
della chiesa nel periodo nazista,
ma al di là di questo i germi di
razzismo che il Cristianesimo ha
disseminato nel corso della storia dell’occidente. Più che portare delle esemplificazioni è utile
mettere in luce il meccanismo
che ha fatto del Cristianesimo
un terreno così fertile per questi
germi. Ogni volta che i cristiani hanno perso la fiducia nella
dignità donata loro liberamente
da Dio in Cristo, hanno cercato
di stabilire in modo autonomo
la propria rispettabilità e uno
dei mezzi per questo, forse il più
rozzo e primordiale, è stato ed è
il razzismo, qualunque forma esso assuma: il tentativo cioè di
fondare la propria rispettabilità
e la propria dignità discriminandola dall’indegnità e dal disprezzo riversati su una determinata
categoria di persone in quanto
diverse. .
Solo ammettendo con chiarezza questa tragica distorsione del
Cristianesimo è possibile ritrovare l’accesso alla fonte viva dell’Evangelo il cui messaggio è diametralmente opposto al razzismo. Proprio parlando del rapporto tra cristiani ed ebrei, l’apostolo Paolo arriva a questa conclusione: « Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti » (Rom. 11: 32).
Dio non ignora le differenze esi¡stenti tra gli uomini, ma anziché
intenderle come distinzioni tra
chi vale e chi non vale, tra
chi è degno e chi è indegno,
le riduce, per strade diverse,
ad una stessa unità; l'unità dell’umanità nella comune disubbidienza, premessa déiVunica sicurezza vera, perché donata da
Dio (e non costruita dalle nostre
mani che sanno solo distruggere) e perché offerta a tutti (e non
condizionata dalPinsicurezza e
dal rifiuto di una parte): la dignità di uomini perdonati e rinnovati nella loro vita grazie a
Cristo. Forse per questo un film
come « Olocausto » è utile solo
molto parzialmente. Ma sta a
noi, come credenti, di cogliere
questa occasione, come tante altre, per cercare di andare oltre
la semplice conoscenza dei fatti per raggiungere — e indicare
ad altri — un livello di corresponsabilità e di verità la cui
chiave non è posseduta, con buona pace di Moravia, neppure dall’arte, ma solo dalla fede.
Franco Giampiccoli
Quale etica?
Testo: Marco 7: 1-13
Scrive Bonhoeffer: « L’incontro
di Gesù con il fariseo è quello
che getta la luce più viva sul
rapporto tra cose vecchie e cose
nuove. Il fariseo non è un fenomeno storico casuale, limitato a
un'epoca determinata, ma è l’uomo per il quale l’unico aspetto
veramente importante della vita
è la conoscenza del bene e del
male: è l’uomo della separazione. Far la caricatura del fariseo
vuol dire svalutare la serietà e
l’importanza del contrasto tra
Gesù e lui... Questi uomini dallo
sguardo incorruttibilmente realistico e diffidente non possono
entrare in rapporto con un’altra
persona, se non valutandola in
base alle decisioni che essa prende nei conflitti della vita. Essi
quindi devono sforzarsi, e non
possono farne a meno, di inserire Gesù in un ambito di conflitti
e decisioni per vedere come egli
si conduca... Come i farisei non
possono fare altro che presenta
Corpo pastorale
Sinodo
Il Corpo Pastorale è convocato per
SABATO 28 LUGLIO
alle ore 9 nell’Aula sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice con il seguente ordine
del giorno:
1) Passaggio da straordinari a ordinari dei
Professori Paolo Ricca e Sergio Rostagno,
a norma dell’art. 28 del Regolamento della
Facoltà Valdese di Teologia;
2) Risultanze dei colloqui pastorali di Palermo, Ecumene e Milano;
3) Varie.
Il Presidente del Corpo Pastorale
Past. ALDO SBAFFI
DELLE CHIESE VALDESI E METODISTE
Il Sinodo, secondo quanto disposto dall’atto n. 40 della sessione sinodale europea
1978, è convocato per
DOMENICA 29 LUGLIO
I membri del Sinodo sono invitati a trovarsi nell’Aula sinodale della Casa Valdese di
Torre Pellice, alle ore 15.
II culto di apertura con inizio alle 15.30,
nel Tempio di Torre Pellice, sarà presieduto
dal Past. Sergio Aquilante.
Nota: La seconda parte della seduta del Corpo
Pastorale sarà aperta al pubblico.
Il Moderatore
della Tavola Valdese
Past. ALDO SBAFFI
Avviso
Lunedì, 30 luglio alle ore 21, avrà luogo
nell’Aula Sinodale della Casa Valdese a Torre
Pellice, una seduta sinodale dedicata alla
re a Gesù delle situazioni di conflitto, così Gesù non può fare altro che rifiutarle.
Come la domanda e la tentazione dei farisei derivano dalla
separazione che si produce con
la conoscenza del bene e del male, così la risposta di Gesù proviene dall’unità con Dio e dalla
vittoria sulla separazione dell’uomo da Dio». (Etica).
Oggi possiamo certo sorridere
« delle lavature di calici, d’orciuoli e dei vasi di rame » e magari del Corban (la prescrizione
che consentiva di sottrarre un
bene alla necessità dell’assistenza dei genitori anziani dedicandolo a Dio ma in pratica continuando ad usufruirne). Ma non
possiamo evitare di interrogarci
su un punto fondamentale: qual
è effettivamente la realtà nuova
che le nostre chiese vivono in un
ambiente, come il nostro, in cui,
da una parte le « tradizioni degli uomini » hanno tuttora un
peso determinante sul modo di
pensare e di essere degli italiani, e dall’altra, la maggior parte
delle coscienze sono formate e
orientate in base ai sottili “di
EVANGELIZZAZIONE
alla quale tutti sono vivamente invitati.
stinguo” della morale cattolica.
Un approccio al testo di Marco 7; può fornirci degli orientamenti (e non più di questi), a
condizione però che si tenga presente la differenza di situazioni
e di interessi tra noi e Marco,
tra le nostre chiese e la sua.
Facciamo alcuni esempi.
Si potrebbe parlare di « etica
di trasgressione » da parte dei
discepoli. Ma — come ha fatto
osservare S. Rostagno (Etica
protestante - Quaderni GEI) —
l’etica del credente è essenzialmente un’etica dell’agape che se
vuol essere veramente tale e non
ridotta a puro sentimentalismo,
non può non manifestarsi come
rottura dei legami in cui l’altro
è tenuto.
Un esempio lo si può trovare
in altri passi dei Vangeli dove
ci si riferisce delle guarigioni
operate da Gesù in giorno di sabato.
Un secondo orientamento, sempre riferendosi al testo in questione, potrebbe essere questo.
Al V. 6 viene riportata una parola di Gesù in cui i farisei che
intendono attenersi alla « tradiDomenico Cappella
(continua a pag. 8)
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INTERVISTA AL PASTORE AGOSTINO GARUFI
La Foresteria di Venezia cerca un direttore
La Conferenza distrettuale con
un suo atto ha riproposto edl’attenzione della Tavola il problema della direzione e della gestione della foresteria di Venezia.
Ne parliamo con il past. Agostino Garufi che finora, con la sua
famiglia, si è occupato di quest’opera accanto al lavoro pastorale che svolge a Venezia,
Mestre e diaspora.
— Com’è sorta quest’opera?
— L’idea di fare una foresteria nei locali della Chiesa Valdese di Venezia, a Palazzo Cavagnls, è anteriore al 1969, anche se la sua realizzazione avvenne nel corso di quell’anno,
mentre svolgeva a Venezia il suo
ministero il pastore G. Scuderi,
il quale accettò Tincarico di taìj^ realizzazione e lo portò a compimento con (hligenza e solerzia.
t>àle idea, però, sembra che fos^ sorta nell’ambiente della 'Tavola, proprietaria di questo palazzo, perché da un lato si voleva trovare un modo opportuno di utlizzare un vasto appartamento di questo e dall’altro un
liaodo per rendere im servizio
<>d una testimonianza in questa
città turistica.
Il Consiglio di Chiesa di allora si era opposto a quest’idea,
non perché ne fosse contrario,
ma perché non riteneva opporttmo che il pastore dovesse occuparsi in prima persona — portandone tutto il peso e la responsabilità — di un’opera non in
sintonia col suo specifico ministero, opera che gli avrebbe sottratto tempo ed energie che egli
avrebbe dovuto impiegare nella
cura della chiesa e nelTevangelizzazione. E d’altra parte tra i
membri di chiesa non si trovava —e non si trova — nessuno
disposto ad assumersi quest’incarico.
Ciononostante, trovato l’aiuto
finanziario presso amici esteri,
nell’anno detto sopra l’appartamento situato al primo piano
(piano «nobile»), fino ad allora
alloggio pastorale, fu trasformato in foresteria e fornito dell’attrezzatura adatta, e la famiglia
pastorale fu trasferita al secondo piano.
— Si tratta di un’attività alberghiera — pur non avente
fine di lucro — o di un’attività
che può essere connessa alla vocazione evangelica dei credenti?
— L’attività che questa foresteria svolge è essenzialmente
alberghiera. Infatti ospita un
gran numero (sempre crescente) di persone, per lo più turisti, evangelici e non, italiani e
stranieri, senza distinzioni. Molti
vengono a conoscenza dell’esistenza di questa foresteria per
mezzo di loro amici o conoscenti, o per mezzo del locale E.P.T.
o di veneziani che già ci conoscono. Molti sono anche i gruppi, per lo più giovanili o scolastici, che fanno brevi soggiorni
da noi.
Tutto questo avviene principalmente nei mesi primaverili,
estivi ed in parte autunnali. Nei
mesi invernali, anzi in quelli
scolastici (da ottobre a giugno),
chiedono e ricevono alloggio
fisso e prolun^to diversi studenti e qualche insegnante, che devono stare a Venezia per motivi
di studio o di lavoro.
Ricordiamo, però, che questa
foresteria non funziona soltanto
come albergo o pensionato, ma
è anche im buon luogo di incontro. Infatti qui si son tenuti
tanti convegni evangelici, italiani
e stranieri, specialmente quelli
organizzati per i monitori di
questa zona e quelli della EGEI.
Dato tutto questo « movimento » e il passaggio di tantissime
IJersone, una qualche testimonianza è possibile: non pochi
vengono a conoscenza almeno
dell’esistenza della nostra chiesa
evangelica e con alcuni si stabiliscono dei rapporti amichevoli, anche se non di rado si fanno esperienze non positive, data
la grande diversità delle persone che si incontrano.
— In Conferenza abbiamo sentito che da parte della Tavola —
e anche da parte vostra a Venezia — da tempo si cerca un
direttore per quest’opera. Quali
competenze e qualifiche sono
richieste?
— Le competenze di chi ha
LA SPEZIA
Domenica 10 giugno si sono
concluse le lezioni della Scuola
Domenicale.
Dopo il culto dedicato ai bambini molte famiglie della Comunità hanno partecipato ad
un’agape in comune consumata
nel piacere della fraternità.
La pausa domenicale ha consentito ai fratelli riuniti imo
scambio di idee e la possibilità
di preparare gli animi alla meditazione. Perfino l’ambiente
esterno, che viveva la calma di
una giornata elettorale, ha contribuito a fare ritrovare al gruppo l’importanza di certi valori
così spesso soffocati da una forma di vita che rende gli uomini simili a robot.
Su questa non programmata
atmosfera è sceso il messaggio
dei bambini della S. D. che hanno concluso gli studi dell’anno
con l’allestimento di ima recita.
Il filo conduttore dei lavori era
unico e forniva una analisi accurata della nascita di Gesù e
delle ragioni politiche ed economiche che spiegano le persecuzioni cui è stato soggetto fin
dalla primissima infanzia. Una
serie di dialoghi hanno evidenziato la differenza di interpretazione dei quattro Evangelisti di
fronte all’evento e l’importanza
dell’adorazione dei Magi, grandi
studiosi, astrologi e pagani che
lessero nelle stelle la profezia
del Re dei Giudei. Sono state
oggetto di studio e confronto
anche le due stragi ordinate
dal Faraone e da Erode ed il rapporto tra la storia di Mosè e
quella di Gesù per dimostrare
che quest’ultimo è il nuovo Mosè che libera tutti gli uomini
dalla schiavitù.
I giovani, entusiasti e prepa
ratissimi attori erano anche gli
autori dei dialoghi che sono risultati tanto più ricchi di contenuto proprio perché la profondità degli argomenti trattati era
vivacizzata da un linguaggio disinvolto, semplice e strettamente
connesso con la realtà attuale.
Un plauso agli autori-attori
quindi e im plauso alle monitrici
Gabriella Forma, Alessandra Taverna, Grazia Venturini e al direttore della S.D. Giordano Senesi che hanno saputo fare cogliere questi aspetti vitali dei
Vangeli a giovani menti raccolte
tutte tra i sei e i dodici anni.
Una parola speciale va spesa
per la Signora Forma che ha
coordinato i dialoghi e guidato
la recita e i cori tratti dall’innario,di Agape con abilità e misura. Come il docente «consumato », ha saputo porsi di lato
e dare ai piccoli una notevole
autonomia.
FELONICA PO
Improvvisamente sabato 2 giugno è deceduto Antonio Negri,
all’età di 73 anni.
Molto conosciuto nel paese
per aver lavorato prima come
sarto e poi nei cantieri scuola,
era particolarmente noto nella
comunità perché prestava spesso la sua opera per la pulizia del
tempio e per altri lavoretti nei
locali della chiesa.
Con la loro numerosa presenza ai fiuierali, svoltisi lunedì
3, i partecipanti hanno espresso la loro viva partecipazione
al dolore dei fratelli e di tutti i
parenti dello scomparso, e la
predicazione ha sottolineato il
vincolo di solidarietà che ci unisce nella speranza in Cristo Salvatore.
da « dirigere » (e gestire) quest’opera sono diverse e vanno
dalla corrispondenza alle prenotazioni, dalla tenuta dei vari registri ai rapporti con diversi
uffici, dall’accoglimento e sistemazione d^li ospiti ogni qualvolta ne arrivano (quasi tutti i
giorni e in ore diverse) alla collaborazione con chi bada alla
pulitura ed al cambio della biancheria. Naturalmente chi dirige
questa foresteria deve curarne
il buon funzionamento dei vari
impianti e provvedere a farli
riparare quando capitano guasti
o inconvenienti. Dati i frequenti
rapporti con ospiti stranieri
(anche telefonici), è necessario
che chi si occupa di questa ca
Preghiera, lettura
e comunione fraterna
Queste brevi riflessioni nascono dalla situazione concreta in
cui, negli ultimi mesi, vivo, come
studente in teologia, la mia fede nella realtà della nostra Facoltà; non sono mie impressioni soltanto, ma, almeno da quanto ne so, sono «esigenze» di
parte, se non di tutti gli studenti
interni della Facoltà.
Anni fa, ai cadetti di Agape,
Giorgio Tourn, riporto il pensiero «a memoria», ha detto che una fede senza la preghiera non
ha «spessore», è, per riprendere
Timmagine biblica, una casa edificata sulla sabbia del mare. Chi
scrive, ha contestato^ a suo tempo, le classiche « riunioni di preghiera», non perché non le riteneva valide in sé, ma perché
quel « tipo particolare » di pregare non rifletteva i reali problemi che la gente, ed anche i
credenti, vivono nella vita quotidiana; ciò non significa che non
si deve pregare ed ascoltare insieme e pubblicamente la Parola di Dio; è vero si può e si deve leggere, meditare, pregare
con il proprio compagno di camera, con i propri amici ecc.; ma
essere chiesa, vuol dire ascoltare, con umiltà, quello che il Signore vuol dirci come comunità
di discepoli in cammino.
Questo non vale solo per noi
che viviamo in Facoltà, ma credo riguardi anche la vita concreta delle nostre chiese, dove
ormai da troppi anni, l’ascolto
della Parola avviene in im culto* domenicale sempre più stereotipato e formale.
L’altro problema su cui vor
a colloquio
con I lettori
sa conosca discretamente almeno qualche lingua straniera fra
le più parlate.
Quali sono i programmi
futuri di quest’opera?
— Prossimamente ci sarà a
Venezia un incontro tra il Delegato della Tavola, la Commissione Esecutiva Distrettuale, il
Consiglio di Circuito e il Consiglio della Chiesa locale per
esaminare un po’ più a fondo
il problema del senso e dello
scopo di questa foresteria. E
solo dopo che ci saremo chiariti questi punti potremo parlare
di « programmi futuri ».
intervista a cura di
F. Giampiccoli
FACOLTA’ DI TEOLOGIA
rei attirare l’attenzione è quello annoso e assai dibattuto della comunione fraterna. Chiarito a
livello teologico che è il Signore
il « fondamento unico » nei legami della fede, non si può, se
non correndo il serio pericolo di
non essere « credibili », ignorare
il proprio fratello. Molti, nelle
nostre chiese, pensano che la
cosiddetta « cura d’anime » sia
un compito esclusivo, o quasi,
del pastore, o al massimo di
qualche diacono. In realtà proprio perché, « costretti nella stessa fede », dovremmo esercitare,
nella massima carità umanamente possibile, una mutua riprensione e consolazione fraterna.
Il teologo Paul Tillich, ha rimproverato al « protestantesimo
storico », di avere troppo « intellettualizzato » il messaggio evangelico. In effetti, per non passare per « fondamentalisti » o
« pietisti » abbiamo dato ai « rapporti umani » una importanza
molto marginale (salvo le quattro chiacchiere domenicali) nella vita concreta delle nostre
chiese. Sarà anche per questo
che così scarse sono le adesioni
e più frequenti le «fughe» postconfermazione? Se i dati pubblicati su « G. E. » (articolo di Giorgio Girardet) sono veri, bisogna
rimboccarsi tutti le maniche...
Non credo di avere detto qualcosa di nuovo; sono semplici considerazioni, su attese e compiti
che aspettano chi intende vivere per grazia la fede evangelica
nel nostro tempo.
Eugenio Stretti
VORREI LEGGERE
Caro Franco,
nella rubrica a colloquio coi lettori » ho letto sull'« Eco >■ del 1° giugno
la lettera di Arturo Genre a proposito
della traduzione dell'Evangelo di Marco fatta da Lo Bue.
Anch'io ho un ricordo molto vivo di
Lo Bue e delle sue eccezionali « ore
di religione » al Collegio di Torre Pellice, perciò mi farebbe molto piacere
se si potesse leggere questa traduzione dell'Ev. di Marco, certamente valida.
Ti ringrazio per l'ospitalità.
Etta Pascal Liotta, Milano
FOGLIO COMUNISTA
Spett. Eco delle Valli
Finalmente in quest’ultima settimana
non ho più ricevuto il vostro giornale.
Non io desidero perché non sono
comunista e non voglio leggere un
foglio comunista.
Allego tuttavia assegno di L. 3.500
per il semestre trascorso.
Distinti saluti
Daniele Ghigo, Pinerolo
NON IMPORTA DI
CHI SIA LA COLPA
Caro direttore,
Vorremmo fare qualcosa per « quelli
delle barche ». Siamo marito e moglie,
lavoriamo tutti e due in fabbrica e
non abbiamo denaro da parte cosi non
possiamo offrire quel posto di lavoro
che il nostro governo richiede per concedere l'ingresso in Italia, Tutto quello che possiamo fare è questo; abbiamo già tirato su due figliole ormai
grandi e siamo pronti a ricominciare
da capo adottando un bambino vietnamita, ma solo se è orfano perché
non vorremmo mai dividere una famiglia. Anzi, se si trattasse di due fratelli 0 sorelle potremmo anche prenderli perché non debbano separarsi. Se
il Signore ci lascerà la salute e II lavoro quel che c'è per noi ci sarà anche per loro. Non importa di chi sia
la colpa di queste cose. Non possiamo
rimanercene tranquilli in casa nostra
senza fare nulla quando sappiamo che
ci sono persone in quelle condizioni.
Vorremmo solo che qualcuno ci dicesse
a chi dobbiamo rivolgerci e che cosa
dobbiamo fare.
R. e C. Giai, Pinerolo
ROVERETO (TRENTO)
Un lutto molto doloroso
Colpita da un male fulminante, dopo alcuni giorni di coma
si è spenta a 25 anni a Trento
Annalisa Sfredda sposata con
Giancarlo Pederzolli.
I fimerali hanno avuto luogo
giovedì 15 giugno a Rovereto
(Trento), in una Chiesa cattolica retta da Francescani, spontaneamente offerta.
In Chiesa ed al Cimitero la
Liturgia è stata svolta dal Pastore di Verona Felice Bertinat.
Erano presenti anche il Pastore della Chiesa Luterana di Arco (Trento), ed i Pastori Paolo
Sbaflì di Bologna e Giovanni
Grimaldi di Padova, amici della
famiglia. Il Pastore luterano usò
uno dei suoi molti talenti, con
un canto che esprimeva la consolazione della fede e della speranza. Anche il Parroco diede
il suo messaggio e due laici cattolici lessero rispettivamente un
Salmo ed una preghiera. La
Chiesa era gremita. Il seme gettato da alcuni anni a Rovereto
dalla famiglia Sfredda negli ambienti più diversi e nei molti
incontri ecumenici, dava il suo
frutto. Centinaia di persone di
ogni ceto sociale, tra i quali
moltissimi giovani, vollero con
la loro presenza offrire un segno della loro solidarietà fra
terna e della loro partecipazione
al dolore del marito, dei genitori e dei fratelli di Annalisa che
lascia tre figli: il maggiore ha
quattro anni, il terzo otto mesi.
Il Pastore che era stato richiesto di tenere la meditazione e di
annunciare il Vangelo della consolazione e della speranza, non
poteva dimenticare che nove anni prima, a Bari, in una luminosa domenica di Pentecoste,
nella gioia della Comunità festante, aveva proceduto alla confermazione della fanciulla che
per alcuni anni era stata una
sua cara catecumena, come i
suoi genitori erano stati tra i
migliori collaboratori nel lavoro
di testimonianza dentro e fuori della Chiesa, a molti livelli.
Come gli amici venuti da lontano per consolare Giobbe, di
cui parla la Bibbia, avrebbe certo preferito stare in silenzio e
piangere... fuori c’era tanto sole... nella Chiesa, una bara, una .
famiglia straziata ed un pubblico teso, partecipante, che aspettava di udire qualche cosa. E
quel Pastore, mai come in quel
momento consapevole di tutta la
sua debolezza umana e della sua
incapacità a rispondere ai «perché?» che avrebbero potuto essergli posti, cercò di comunica
re ai familiari ed a tutti i presenti la certezza dell’Apostolo
Paolo che a Timoteo parlava del
« Salvator nostro Gesù Cristo,
il quale ha distrutto la morte
ed ha prodotto in luce la vita e
l’immortalità mediante il Vangelo»; e ricordò che anche l’Apostolo Pietro benediceva « l’Iddio
e Padre del nostro Signor Gesù
Cristo, il quale nella sua grande
misericordia ci ha fatti rinascere, mediante la risurrezione di
Gesù Cristo dai morti, ad una
speranza viva... ».
Ancora una volta, da queste
colonne ripetiamo allo sposo, ai
genitori, ai fratelli, che la loro
deve essere una speranza viva,
cioè vivificante, attiva: il modo
migliore di ricordare Annalisa
che, dopo avere condensata tutta la sua vita e tutti i suoi affetti nel breve arco di venticinque anni, se ne era andata senza nemmeno aver potuto dir loro « addio », sarebbe stato quello di continuare a vederla nei
suoi bambini, svolgendo per loro quel ministero di preparazione alla fede che sicuramente
Annalisa avrebbe saputo compiere, col loro aiuto, come aveva promesso nel giorno del loro battesimo.
E. C.
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29 giugno 1979
PRAVERNARA, 8-9 SETTEMBRE 1979
FIRENZE
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Secondo incontro
tra Fratelli e Valdesi
Convegno sulle
opere assistenziali
Pravernara, 8-9 settembre 1979
Il primo convegno fra credenti che appartengono alle assemblee dei Fratelli e alle chiese
Valdesi ci ha permesso di incominciare a conoscerci di persona e di scambiare qualche
esperienza. In parecchi siamo
convinti che questa ricerca debba continuare.
Riconosciamo che altri credenti al contrario sono perplessi, temono che si cerchi comunione senza una chiara base
d’intesa dottrinale. Ci rendiamo
conto che avvicinarci all’« altro »
non è mai facile: più comodo
sarebbe certamente rinunciare a
simili tentativi.
Noi promotori di queste iniziative siamo del parere che
non dobbiamo ignorarci a vicenda e che la chiarezza dello scopo possa incoraggiare molti a
partecipare. Vorremmo cercare
di capire meglio perché dei cristiani evangelici, animati dal
desiderio di essere fedeli al Signore, siano diversi e fino a che
punto i motivi di questa diversità abbiano le loro radici nella Scrittura.
Pertanto il Comitato Promotore Iniziative Evangeliche organizza il secondo convegno che
avrà luogo i giorni 8-9 settembre
1979 a Pravernara-Valenza (AL).
Saranno trattate come tema le
nostre rispettive ecclesiologie:
« Assemblee dei Fratelli e Chiese Valdesi: Le ragioni di una
diversità ». Le relazioni intro
Autostrada Torino—Piacenza
ALESSANDRI A-OVEST
ALESSANDRIA
L
duttive saranno presentate da
Deliso Corradini di una delle
assemblee di Piacenza e da Giorgio Tourn della Chiesa Valdese
di Torre Pollice.
PROGRAMMA
Sabato 8 settembre
ore
10. —: Arrivo.
10.30: Introduzione.
11. —: Relazione di D. Corradini.
12.30: Pranzo.
15.30: Relazione di G. Tourn.
17.—: Thè.
17.30: Discussione generale.
Notizie in breve
Riaperti in Mozambico
i iuoghi di coito
Avevamo pubblicato la notizia
che tre luoghi di culto della chiesa presbiteriana del Mozambico
a Mausse, Chicumbane e Mazir,
erano stati chiusi al culto alla
fine di gennaio scorso (ved. EcoLuce dellTl maggio). Giunge ora
la notizia che questa decisione,
che era stata presa dal governo
regionale è stata revocata dal
Governo centrale. Il past. Nasson Ntamele (che era venuto a
Pomaretto nel novembre scorso)
che avrebbe dovuto iniziare il
suo lavoro a pieno tempo come
animatore teologico ha preferito rimanere, in queste circostanze, presso la sua comunità e rimandare il suo nuovo lavoro.
R. C.
Ministeri femminili
in Zambia
Lo scorso gennaio la Chiesa
unita dello Zambia aveva consacrato al sacerdozio Esther
Milandu, la seconda donna chiamata a questo ministero in
Zambia. Dopo la sua consacrazione essa ha lanciato un appello alle donne dello Zambia invitando a dedicarsi al ministero della predicazione della
Parola di Dio, precisando tuttavia che si tratta di consacrarsi
ad un ministero e non di trovare un impiego nella chiesa. A seguito di questo appello e in previsione di un aumento delle donne tra gli studenti in teologia, i
responsabili del Collegio teologico di Kitwe hanno deciso di costruire un nuovo edificio destinato ad alloggiare le studentesse.
Il direttore del Collegio, Rev.
Joel Chisanga, ha dichiarato
che la Chiesa dello Zambia con
A questo numero hanno collaborato: Licia Albonelli Falcinelli - Renato Coisson - Giovanni Conte - Bruno Costabel - M. L. Davite - Dino Gardiol - Luigi Marchetti - Antonio Russo, Antonio Adamo,
Luigi Santini, Giorgio Tourn,
Enrico Corsani.
19.—: Cena.
20.30: Lettura biblica (Giovanni cap. 3).
Domenica 9 settembre
ore
8.—: Colazione.
8.30: Lettura biblica per gruppi (Romani 14).
10. —: Intervento del Prof. Gior
gio Peyrot.
11. —: Thè.
11.30: Discussione.
13.—: Pranzo.
15.30: Il culto.
16.30: Partenza.
Prenotazioni presso: Giuseppe Barbanotti, Via Maniera 6,
15047 Spinetta M. (AL). Telef.
(0131) 61525.
Quota di partecipazione L.
10.000.
Indicazioni per ragglxmgere Pravemara:
Provenendo dall’ autostrada
Torino-Piacenza uscire al casello
di Alessandria-ovest, seguire le
frecce per Valenza e prima di
entrare in città, in curva a sinistra c’è la freccia per Pravernara.
Provenendo dall’ autostrada
Milano-Genova uscire al casello
di Castelnuovo Scrivia seguendo
le frecce per Valenza; proseguire fino all’uscita della città in
direzione di Alessandria, sulla
destra freccia per Pravernara.
Chi arriva in treno ad Alessandria trova la corriera Alessandria - Valenza sul piazzale della stazione. Chiedere di
scendere al bivio di Pravernara.
Orario delle corriere Alessandria-Valenza: 7.10, 8.30, 10.10, 11;
12.20; 13.25 (feriale); 14.45; 16;
17.15; 18.15; 19.15; 19.45. Il percorso si effettua in 30 minuti
circa.
Il resoconto viene a distanza
di due mesi dal convegno: buon
segno, coi tempi che corrono,
quando di una cosa s’ha memoria oltre il giorno dopo. Infatti è
stato un incontro proficuo, nonostante le grandi assenti (giustificate), cioè le chiese metodiste
del Lazio e degli Abruzzi con le
loro iniziative sociali, e quelle
valdesi che nelle stesse regioni
non ne hanno.
Un discorso tutto toscano, dunque; passato un accenno alla Casa estiva di Rio Marina, un colloquio fiorentino: ’Ferretti’ e
’Gould’, poi ’Gignoro’. Le relazioni di queste tre Opere facevano da contrappunto alle tre comunicazioni che avviavano un
discorso aperto sul domani.
L. Santini metteva in evidenza
i caratteri degli interventi attuati in oltre un secolo, e analizzava taluni problemi ricorrenti:
la tentazione di istituzionalizzare le iniziative, i quadri operativi, il finanziamento, il rapporto
con la missione. G. Peyrot ha
inquadrato le opere nel sistema
assistenziale che una nuova legislazione va faticosamente elaborando; egli ha parlato da credente a credenti, sottoponendoci. le riserve,, le perplessità che
gli vengono dalla situazione delle Opere, non solo fiorentine.
Troppi alibi possono mascherare la realtà: le Opere come alibi
perché non si fa più evangelizzazione, l’idea della 'supplenza' a
una assenza dello Stato come
alibi per tenerci le Opere, lo
scempio del danaro pubblico come alibi per accettare finanziamenti da utilizzare bene. La tesi più radicale: le opere sociali
devono essere le comunità locali
a volerle e pagarsele, a gestirsele garanténdo personale e finanziamento.
M. Ricca ha ripreso l’argomento da un punto di vista medico
e con una accentuata visione sul
futuro. Il suo discorso riportava
anche l’opinione della Comm.
Esecutiva Distr. di cui è membro. Ora le nostre Opere erano
vedute nella loro problematicità, come risposta ai bisogni della società e diaconia della Chiesa. Qui il problema stava non
solo nel non fissarci in un tipo
d’impegno e non vedere in avanti, ma anche nel caratterizzare
bene il lavoro: un'Opera è un
impegno specialistico in un solo
precisato settore sociale. Qui il
prof. Ricca era bene esplicito,
mettendo in guardia contro la
faciloneria di chi vuol fare un
po’ di tutto, delle Opere che scelgono tutto perché in realtà sono
preparate a nulla.
La proposta nuova, che poi è
stata discussa a lungo, è stata
di impegnarci in un servizio di
recupero e prevenzione p>er i giovani che si drogano o stanno
per entrare nel giro. È un servizio nuovo, dedicato a creature in
situazioni di solitudine mortale;
però va organizzato e attuato da
un gruppo di lavoro preparato
tecnicamente, dove la fede nella forza redentrice dello Spirito
si unisce alla perizia medico-psicologica. L’idea era certo molto
bella, M. Ricca la esponeva con
l’eloquenza di chi ci crede; d’altra parte sarebbe stata la prima
leggerezza decidere sui due piedi dove e come fare tutto questo. È stata designata una commissione di studio, e l’argomento, come già detto su queste colonne, è tornato alla ribalta nel
corso della Conferenza distrettuale. È un seme gettato con la
fiducia che. dove Dio vorrà, troverà della buona terra.
L. S.
tinuerà a consacrare donne: l’essenziale non sono i problemi di
accoglimento delle nuove candidate, ma una loro effettiva vocazione da parte del Signore.
Per la prima volta
si sposa in Spagna
un divorziato
Per la prima volta in Spagna
ha avuto luogo il matrimonio
civile di un divorziato. Si tratta
di un francese residente in Spagna che ha sposato una vedova spagnola. In Spagna non esiste il divorzio e quindi non ci
sono divorziati, ma neppure i divorziati stranieri finora avevano
potuto sposarsi in Spagna. Ora,
con la nuova Costituzione che
stabilisce che la legge dovrà
precisare « le cause di separazione e discioglimento e i loro effetti » è implicitamente riconosciuto che non è solo la morte
che mette fine ad un matrimonio. In attesa quindi che queste
cause vengano definite, la Direzione Generale dei registri e del
notariato (su istanza del giudice di Cartagena) ha decretato
che non sussistevano ostacoli
perché il matrimonio civile in
questione avesse luogo. Si tratta
quindi di un’anticipazione della
legge sul divorzio che è attesa
come conseguenza della nuova
Costituzione.
Un corso di toologio
tonuto a Madrid
da B. Corsani
La rivista mensile « Carta Circulare » della Iglesia Evangelica Espagnola esprime l’apprezzamento dei partecipanti di un
corso di formazione teologica
organizzato dal Sèminario Evangelico Unido di Madrid. Incaricato del corso, che si è tenuto
dal 17 al 21 aprile, è stato il
prof. Bruno Corsani della Facoltà valdese di teologia di Roma
che ha trattato questi temi: I
miracoli nell’evangelo secondo
Giovanni; S. Giovanni, evangelo di frontiera; Libertà e liberazione nel Nuovo Testamento.
IL DIBATTITO SULLE OPERE IN SICILIA
L’«assistenziale» e il «politico»
In merito all’articolo « Io sono in mezzo a voi come colui
che serve » di P. V. Panasela del
1.6.’79 in cui è detto che « la diaconia... ci aiuta a liberarci dalla
terrìbile schiavitù del denaro »,
ritengo che bisognerebbe saper
ascoltare dai collaboratori in loco se non sia possibile conciliare
una giusta retribuzione (e un
giusto contratto) con una diaconia sentita e vissùta « accanto
alla sofferenza e alle privazioni
di tante creature». Diversamente si corre il rischio di far passare un orientamento antioperaio e un atteggiamento pericolosamente paternalista. Queste
poche battute — poche non per
sufficienza— vanno considerate
come l’esegesi dell’altro articolo
di P. V. Panasela « Piramidi in
Sicilia» dell’8 giugno in cui E.
Genre è considerato frettoloso
visitatore e turista superficiale.
Spero che io non sia squalificato
con gli stessi appellativi, in
quanto posso vantare una permanenza di dieci anni in Sicilia
e im lavoro di otto anni in un’opera sociale della chiesa. Sostanzialmente convengo con l’analisi
sottostante all’articolo di Genre
(colta peraltro da Panasela) e
condivido oggi il suo «pudore»
di turista che teme di non aver
visto bene quello che altre persone hanno osservato e descritto nei particolari. Credo che su
Riesi e Palermo, i due « colossi», esiste non una «diceria» o
« sentito dire » ma una cospicua
documentazione (relazioni, articoli, informativa, pubblicazioni
periodiche ecc.). Mi sembra del
tutto normale far credito all’intelligenza di colui che legge e
che non sempre può approfondire « de visu » le sue letture.
Questo rilievo dovrebbe abituarci a scrivere su quello che
facciamo con minore trionfalismo e con più problematicità.
Sono del parere che Genre
ponga un serio interrogativo a
tutta la chiesa, quando mette di
fronte i « colossi » e la « baracca». È giusta una discriminazione tra le diverse opere? « Le
chiese estere scelgono loro le
opere da sovvenzionare » non è
una risposta. Basterebbe riflettere se si è operato abbastanza
nelle opportune sedi per « rettificare » la canalizzazione dei fondi esteri a costo anche di perderli. Nell’articolo di Panasela si
riprende un altro problema. Vi
è irriducibilità tra « assistenziale » e « politico »? Non è forse
vero che 1’« assistenziale » sceglie oggettivamente e non sempre in buona fede una certa politica? Porse è su questa linea
che abbiamo giocato carte sbaghate non apprezzando a sufficienza il lavoro di Adelfia e contribuendo non poco ad allontanare i giovani dalla vita comunitaria. Non è forse giusto che
1’« assistenziale » sconfini nel
« politico », si assuma qualificatamente i problemi del settore
e reclami coscientemente interventi pubblici risolutivi? Non ci
ha forse frenato in questa direzione la preoccupazione di perdere gli utenti e di dover pensare alla « riconversione » dell’opera? Certamente la realtà dei « colossi» rende problematica e costosa la riconversione. Per fortuna per ora sembra scongiurata l’idea di mettere mano al terzo « colosso » della Sicilia : il
« Polivalente » di Catania. Porse
a questo punto del discorso il
rapporto tra « assistenziale » e
« politico » ha un senso. Scegliere il « politico » o meglio l’assistenziale politicizzato può significare il poco (qualche collaboratore) e il piccolo (qualche
stanza con un minimo arredo).
L’istituzione — permanente rischio di introversione e di conservazione — non potrebbe essere sostituita con organizzazioni
snelle e riconvertibili?
Un terzo serio problema è la
« solitudine » delle opere o meglio il loro rapporto con la chie^
sa locale. Non si può certo liquidarlo con il fiore aH’occhiello di
un Centro di Evangelizzazione e
di una comunità metodista senza tempio. Il punto in discussione è un altro. Che funzione de
vono avere le chiese locali in
rapporto all’impianto e allo sviluppo delle opere? Bisognerebbe
rispondere innanzitutto se le opere sono chiese alternative, come
qualcuno ha teorizzato. Sembra
che anche Panasela accetti questa prospettiva quando assimila
le chiese locali ai castelli disabitati. È indubbio che questo orientamento gioca molto sul tipo di
rapporto che si vuole avere con
la chiesa locale. Si spiegano allora gli antagonismi, i condizionamenti sul campo di lavoro, la
indifferenza e il non coinvolgimento nelle opere.
La mia esperienza mi suggerisce l’opportunità e l’utilità di
collegamenti permanenti, anche
giuridici, tra le due realtà. Non
credo si possa costringere resistente in teorizzazioni che hanno spesso il sapore di giustificazioni ex eventu. Il cammino insieme della chiesa locale e delle
opere chiarisce molte cose ed
apre nuove problematiche.
Alfonso Manocchio
Novara e Gattinara
Conferenze
su fra Dolcino
Il prof. Domenico Maselli del
Centro Studi Dolciniani ha presentato alla biblioteca civica di
Novara e poi nella sede deU’assocìazione culturale di Gattinara,
il libro di Elena Roteili, «Fra
Dolcino e gli apostolici nella
storia e nella tradizione» recentemente edito dalla Claudiana.
Al relatore hanno fatto seguito
molti interventi che hanno animato i due dibattiti, seguiti in
entrambe le località da un pubblico numeroso ed interessato,
composto anche da fratelli delle
comunità evangeliche di Novara,
Biella e Vintebbio, nonché da militanti in partiti e movimenti organicamente connessi con la
cultura e la lotta politica delle
classi popolari.
4
29 giugno 1979
ARABI E AFRICANI IN ITALIA
Razzismo in casa nostra
Molti di noi, leggendo la notizia del (giovane somalo bruciato
vivo al centro di Roma, hanno
provato raccapriccio ed indignazione contro una violenza assurda che esplode improvvisamente
anche contro i deboli e gli emarginati. Ma l’episodio è ormai
quasi dimenticato dalla maggioranza delle persone, perché in
una società violenta come è diventata la nostra, relegare sdegno e paura nell’oblio o nell’apatia è una forma di autodifesa inconscia. Ma in tal modo invece
di battere la violenza con decisione, la si accetta quasi come
ineluttabile per i nostri tempi.
Questo atteggiamento in un certo modo crea ima corresponsabilità, non dissimile da quella
del periodo in cui, nel dilagare
della barbarie antisemitica, i più
tacevano o distoglievano lo
sguardo.
Noi italiani siamo convinti di
essere diversi dagli altri per
quanto concerne l’atteggiamento
nei confronti delle diverse nazionalità e delle diverse razze.
Pensiamo seriamente di essere
più Imeni. Crediamo al mito di
« italiano — brava gente » e non
sospettiamo che ci possiamo
macchiare di errori che invece
rimproveriamo agli altri popoli,
per esempio, nei confronti dei
nostri emigrati, le emarginazioni
nelle baracche, lo sfruttamento,
remarginazione fino al razzismo.
Anche il nostro paese è diventato terra d’emigrazione per centinaia di migliaia di arabi o africani che cercano da noi quelle
possibilità di sopravvivenza che
non possono trovare nei loro
paesi d’origine. Nelle nostre città vediamo ¡sempre più volti
bruni e ricci capelli nei bar, nei
ristoranti, in genere nelle zone
di vacanza, specie in estate,
quando arrivano soprattutto con
la scusa del turismo, ma per cercare in realtà un’attività lavorativa che permetta loro di stabilirsi nel nostro paese.
Che tipo di accoglienza riserbiamo noi a questi lavoratóri del
terzo mondo? In teoria siamo
convinti di essere liberi da condizionamenti razziali, ma in pratica o non ci curiamo del pro
blema o siamo abbastanza diffidenti.
Molti sono d’accordo con Vinay
per dare l’l% del Bilancio dello
Stato per il terzo mondo. Ma
non basta. Occorre affrontare
seriamente e risolvere i problemi sociali ed umani che questi
lavoratori del terzo mondo ci
pongono in casa nostra.
Tunisini in Sicilia
Alla televisione ho sentito parlare della particolare situazione
di Mazara del Vallo. Oltre al
problema della pesca, del rinnovo dei contratti con la Tunisia
e la Libia, del sequestro dei pescherecci e r imprigionamento
degli equipaggi (recentemente
un comandante è stato condannato a due anni di reclusione da
un tribunale libico e a mille dinari di multa), c’è anche il problema dei tunisini che sono
’’utilizzati” in questa cittadina
siciliana in molti settori di lavoro.
In occasione della Conferenza
'Distrettuale di Palermo sono voluto cmdare a vedere coi miei occhi.
Ridha e Salah, due uomini sui
trent’anni che conosco, sono loquaci e gentili. Vengono dalla regione di Tunisi e cominciamo, a
parlare della, loro terra, quella
che conosco come turista in
vacanza: il suk, il Bardo, l’Avenue Bourghiba, il piccolo bar a
terrazze in cima alla salita di
Sidi-Bou-Said. Il ricordo li rende nostalgici e fieri. Quante volte
anche ¡gli emigrati italiani hanno sorriso cogli occhi e trepidato nel cuore quando qualcuno
all’estero evocava l’Italia.
Ma Ridha e Salah, come un
rnigliaio di loro simili, soffrono
di solitudine e frustrazione. Chiedo perché e mi rispondono che
vivono senza contatti con la popolazione, che la diffidenza li isola nelle poche salette di bigliardini o nei bar, che sono praticamente esclusi dalle sale da ballo. Così la sera spesso bevono
birra che li stordisce per dei sonni senza sogni. Guadagnano cinquemila lire al giorno e non han
no assicurazioni sociali, eppure
quel poco a loro appare come
una fortuna.
Tra le iniziative locali per rompere questo muro di diffidenza
rni parlano di una serata organizzata dai giovani esploratori
con una trentina di loro, ma è
un’eccezione troppo insignificante se si raffronta con il loro stato d’animo generale.
Entriamo in uno dei « loro »
bar. Presto diventiamo un gruppo numeroso in cui tutti parlano forte e le voci si confondono.
« Scrivi che qui a Mazara vogliamo essere accolti meglio dalla
popolazione, che non siamo cattivi... » Sono convinti che io sia
un giornahsta per l’interessarnento che ho nei loro confronti.
Si parla ancora, si beve birra e
Coca Cola. Quando li saluto i
miei amici Ridha e Salah desiderano che vada a cena da loro.
Desineranno con couscous e pesce. Accetto. La casa è in periferia, appartiene ad una vedova
che loro stimano e temono, sia
perché li accoglie sia perché è severa quando tornano a casa
ubriachi.
In ogni appartamento tendoni
per olive o intelaiature di compensato dividono il locale in camere, in ognuna ci sono solo dei
giacigli.
All’ingresso si fa da mangiare.
L’odore di chiuso si mescola a
quello del pesce e delle spezie
orientali. Guardiamo tutti il cuoco che rimescola di tanto in tanto con un cucchiaio il couscous
che cuoce sul vapore del tegame.
Sento tristezza e vergogna perché non so trovare una parola
vera da dire a questi fratelli. So
che tra poco me ne andrò e che
non li rivedrò forse mai più.
Ma loro continueranno a vivere così: uscire presto la mattina e lavorare tutto il giorno per
inghiottire, la sera, forse ebbri di
birra, i loro cibi antichi che ricordano la casa, la famiglia, la
terra, nella solitudine e nella
diffidenza che li circonda.
Ho potuto fare solo l’unica cosa che si aspettavano da me e
che mi hanno richiesto in coro:
raccontare la loro situazione.
Non si devono dimenticare.
Odoardo Lupi
________UNÌNCHIESTA DI A. DI NOLA
Satana alla sbarra
Un
"servizio”
Nella casa attualmente vivono
quindici arabi, ma a volte sono
anche in venti. Pagano 60.000 lire
ciascuno il che, con rapido calcolo, mi dice che questa pensione non autorizzata frutta alla
brava vedova 900.000 lire al mese
e ha la pretesa di rendere un
servizio. La polizia ignora tutto
(lo stesso vescovo si è interessato di facilitare l’accoglienza dei
nord africani) o meglio è molto
benevola data la situazione « altrimenti dove andrebbero ad abitare i tunisini che vivono in
grunpi? ».
La casa può dirsi ultimata
solo nella parte al pianterreno, i
due piani superiori sono invece
senza intonachi anche all’interno,
l’impiantito è in,cenaento e non
ci sono muri divisori. La stessa
proprietaria, parlando con me,
ha definito i locali « sdirrubbati » cioè crollati, come una casa
dopo un terremoto.
Satana è il protagonista, spesso indes^erato, di molte manifestazioni della vita odierna. Questo personaggio, così tipicamente medievale, incarna uno dei
miti più diffusi della nostra cultura: il Male. Non è soltanto oggetto di 'disquisizioni teologiche
ma viene icasticamente raffigurato nelle più diverse forme per
suggestionare le masse popolari.
iDopo la cieca fiducia nelle possibilità della ragione, che aveva
caratterizzato il settecento e in
parte l’ottocento, il nostro secolo ha assistito all’esplodere di
una nuova ondata di irrazionalismo. Essa si è tradotta in violenza e rifiuto della mentalità
borghese ma anche nel richiamarsi a questa entità mai ben definita: il Demonio, l’alibi della
nostra insicurezza. Non ci si riferisce solo ai clubs stregonici e
alle sette demonologiche presenti in misura massiccia soprattutto in USA, ma ai morbosi bisogni demoniaci, spesso latenti,
che affliggono la nostra alienante società. Chi infatti meglio del
Demonio può essere indicato, a
seconda delle epoche e delle esigenze, come il responsabile di
tutte le catastrofi? Di questo
hanno offerto significativa testimonianza le dichiarazioni a suo
tempo emesse da Paolo VI.
Al giorno d’oggi, le manifestazioni di isterismo collettivo, che
avevano caratterizzato i secoli
bui del Medioevo, sono indubbiamente meno clamorose di un
tempo. Tuttavia pullulano ovunque maghi, guaritori, esorcisti.
« Inchieste sul diavolo » è, ap
punto, un’indagine lucida e scevra da preconcetti su onesti fenomeni. Dalla voce diretta di chi
è stato coinvolto in terrificanti
episodi di magia nera, apprendiamo storie di morti che risuscitano, di streghe, di ossessi.
Le violente turbe psichiche attribuite a nefasti influssi demoniaci, sono prevalentemente di
origine sessuale. Le persone che
parlano ostentano spesso scetticismo, soprattutto se sono esponenti delle classi più elevate.
Non sono, infatti, solo le plebi
meridionali ad essere affette da
questo genere di credenze. L’influsso di ataviche suggestioni
non è stato ancora, del tutto,
cancellato dal progresso della società dei consumi.
Anna Alberghina
Alfonso M. di Nola, Inchiesta sul
Diavolo con la collaborazione del
Collettivo studentesco del Magistero
di Arezzo, « Saggi tascabili Laterza », pp. 184, L. 3.000.
Ritiro dei prof. Biéier
Con quest’estate il prof. André Biéier lascia l’insegnamento dopo aver insegnato etica Sociale alla Facoltà teologica di
Ginevra e di Losanna a partire dal 1962. Nato nel 1914, il prof,
Biéier è conosciuto per i suoi
studi sul pensiero di Calvino e
sui temi dello sviluppo che hanno trovato eco anche in Italia in
alcune traduzioni pubblicate
dalla Claudiana.
________PER UNA PRESENZA EFFICACE NELLE RADIO E TELEVISIONI PRIVATE - 3
Per una “strategia della comunicazione”
Il problema centrale che dobbiamo affrontare nel quadro di
una presenza evangelica nelle
radio e televisioni private è cosa
dire. Vale la pena, a questo proposito, di cercare di chiarirci
le idee, per impostare una strategia della comunicazione che,
se sarà comune a tutto l’evangelismo italiano, otterrà sicuramente effetti più positivi e in
profondità. Qui esporrò, com’è
ovvio, idee personali, augurandomi di riuscire ad avviare una
vasta discussione, che per forza
di cose finisce col coinvolgere,
oltre al settore specifico delle comunicazioni radio e TV, anche
quello generale della presenza
protestante nel nostro Paese.
Cosa dire? Teoricamente la risposta — ovvia e anche un tantino retorica — è bell’e pronta:
dobbiamo testimoniare il Cristo,
non la chiesa; parlare della Bibbia, non di noi. La cosa in realtà non è così semplice. Dato il
contesto storico nel quale operiamo, un certo tipo di approccio rischia di farci fraintendere
e soprattutto confondere con
altri. In Italia il grosso pubblico (ma anche quello dotato di
un certo livello di cultura media)
è quasi totalmente disinformato
su argomenti di natura religiosa. Il pluralismo religioso è qualcosa di totalmente estraneo alla tradizione nazionale, per la
quale vale la semplice equazione: Fede = Chiesa cattolica. Se
uno, per ragioni le più diverse,
rifiuta il secondo termine, automaticamente rifiuta anche il
primo. Essere « non cattolico »
in pratica significa essere ateo.
Per questo in Italia è essenziale
impostare un discorso preliminare.
Dobbiamo incominciare a spiegare che è possibile parlare di
Dio in un altro modo, compietamente diverso da come è sempre stato fatto; per i cristiani è
possibile ritrovarsi in un tipo
completamente diverso di chiesa.
Una volta sbloccata la situazione in questo senso, diventa assai più facile diffondere — senza equivoci e fraintendimenti —
la parola di Dio. Forse la cosa
può darci fastidio; ma oltre che
dell’Evangelo dobbiamo parlare
anche di noi stessi.
Cosa credono
gli italiani
Non c’è dubbio che, per mettere a punto un approccio metodologicamente corretto, sarebbe
opportimo iniziare con una ricerca motivazionale, condotta
su un campione rappresentativo dell’universo nazionale, con
un questionario atto ad accertare cosa gli italiani di oggi sanno e pensano di noi, quali pregiudizi hanno, quali degli aspetti che ci riguardano sono apprezzati e quali invece vengono rifiutati; più in generale, qual è
il loro atteggiamento nei confronti dei problemi di fede. La
Federazione lombarda ha incominciato a studiare il problema di questa ricerca, che però
appare estremamente complessa, soprattutto se si mira — com’è giusto — a dei risultati attendibili. È chiaro che se si riuscirà a varare un’indagine del
genere, sarà necessario il concorso di tutti, in particolare degli organi centrali; peraltro i
risultati saranno utili non soltanto a chi opera nel settore ra
dio e TV, ma a tutti coloro che,
in un modo o nell’altro, lavorano nel campo della evangelizzazione. Nell’attesa, siamo costretti ad orientarci a spanne, basandoci sul buon senso (che non
sempre però è sufficiente), sulle nostre personali esperienze e
su indicazioni mutuate altrove.
Assai interessanti, ad esempio,
sono i risultati di un’ampia ricerca campionaria su più di
1.000 ragazzi dai 16 ai 24 anni,
condotta da un istituto altamente specializzato (Demoskopea)
e pubblicati dal settimanale «Panorama» (14.2.’78). Tra i vari
temi affrontati, quello della fede. I risultati sono quanto mai
interessanti. Quasi la metà degli
intervistati ha indicato nella
Chiesa (cattolica) l’istituzione
che è andata maggiormente in
crisi; ma la schiacciante maggioranza (oltre due terzi) dichiara di avere una fede religiosa.
Commenta, analizzando i dati,
l’autore dell’articolo: « È il riaffiorare di un bisogno di religiosità e di trascendenza lungamente represso nelle coscienze
dalla civiltà tecnologica e razionalista, e che riemerge proprio
nel momento della crisi di questa cultura... una specie di Dio
nelle coscienze, una suggestione religiosa del tutto libera...».
Viene ripreso anche un sintomatico commento di padre Ernesto Balducci: « ... Estranei a
ogni riferimento alla Chiesa (cattolica, n.d.r.) e anche al cristianesimo: nel migliore dei casi
questo bisogno si trasforma in
una intensa curiosità sul significato di Gesù Cristo, ma saltando a piè pari l’istituzione: sarà
difficile che la Chiesa recuperi
questi giovani, a meno che si
trasformi in una realtà più omo
genea al Vangelo ». (i neretti
sono della redazione).
Cosa dire di noi?
Oltre a queste indicazioni,
estremamente interessanti e promettenti per la nostra testimonianza (a patto però che essa sia
condotta in un certo modo), possiamo cercare di identificare —
questa volta sulla base della
nostra esperienza — alcuni atteggiamenti abbastanza tipici nei
nostri confronti.
È sicuro che gran parte degli
italiani ignora addirittura che
esistono gli evangelici, o ne ha
notizie del tutto approsimate e
distorte (basta notare la grossolana ignoranza con la quale ne
parlano abitualmente sulla stampa italiana degli « opinion leaders » teoricamente qualificati,
come dovrebbero essere i giornalisti). Gli evangelici vengono
di solito assimilati a manifestazioni « folcloristiche » di fede
(tipo Bambini di Dio) o addirittura aberranti (tipo setta di Jones); in ogni caso sembrano
essere considerati come minuscoli gruppi di eccentrici, divisi
in centinaia di sètte, totalmente estranei alla realtà italiana
(specie di « colonie réligiose »
straniere). Anche chi ritiene che
la Riforma sia stata un fatto
positivo, poi, pensa ad essa come ad un fenomeno storico del
tutto superato, che non ha più
nulla da dire alle società contemporanee.
Altro pregiudizio radicato: il
protestantesimo è — anzi è stato — la religione della borghesia capitalistica.
Di fronte ad una situazione del
genere — che comunque richie
derebbe un’indagine più sistematica e professionale — quale deve essere la nostra strategia?
A mio giudizio i nostri sforzi
dovrebbero essere concentrati
nel trasmettere in via primaria
i seguenti concetti:
1 ) Siamo presenti. Il fatto
di « esserci » nel più gran numero di occasioni possibili costituisce già un importante risultato, perché abitua la gente a
riconoscere gli evangelici come
parte integrante del paesaggio
culturale italiano (paradossalmente, possiamo dire che « la
presenza è il messaggio»).
2) Siamo italiani. Di fronte
ai pregiudizi che tendono ad etichettarci come « merce d’importazione » è importante rivendicare la nostra omogeneità con
la realtà nazionale, sia per le
nostre origini storiche (800 anni) sia per il nostro inserimento organico nella dimensione
storica e sociale del Paese. Il
tipo della nostra partecipazione
— che non può né vuole dire
necessariamente identificazione
« tout court » con determinate
forze politiche — serve a far
superare il pregiudizio dell’equazione « protestantesimo = capitalismo ».
3) Siamo chiesa alternativa,
OGGI. Troppe volte siamo tentati di « lucidare le pentole di
casa », cioè di glorificarci del
nostro passato e dei nostri grandi. Ma in tal modo facciamo
solo dell’archeologia. Dobbiamo
invece proporci come seria alternativa per l’oggi. Dobbiamo
dimostrare sicurezza in noi stessi e nel fatto che abbiamo la risposta che la gente, magari inconsciamente, cerca (qualcosa
che naturalmente non deriva da
noi, ma di cui noi siamo semplici testimoni).
(continua) Aurelio Penna
5
29 giugno 1979
DUE POLEMICHE SU UN TEMA I CUI TERMINI RESTANO SOSTANZIALMENTE IMMUTATI DA PIU’ DI 4 SECOLI
V ■
L’intercessione
dei santi:
una pietra d’inciampo
per l’ecumenismo
Della polemica intercorsa
fra gli evangelici napoletani
ed il cardinale Ursi ha dato
notizia il nostro giornale a
suo tempo (prendendosi anche una tirata d’orecchi dall’Eco del Chisone per non
aver pubblicato la replica
del cardinale). Quasi negli
stessi giorni si svolgeva, all’altra estremità della penisola, una polemica analoga.
A Venezia infatti, nel corso
di un incontro ecumenico gli
ortodossi avevano intonato
un inno a Maria, cui si erano
associati i cattolici, mettendo però in imbarazzo gli
evangelici presenti. Di questo disagio si era fatto interprete il pastore Garufi con
una lettera su Gente Veneta.
Al suo scritto pubblicato con
ritardo faceva seguito, sullo
stesso numero una risposta
di don Germano Pattaro.
La lettera di don Pattaro
è naturalmente più teologica di quella del cardinale e
meno legata alla situazione
contingente, gli argomenti
sono però gli stessi a difesa
della piena legittimità dell’invocazione dei santi. Diciamo « argomenti » in realtà si tratta di un solo argomento, vediamolo.
Un cristiano prega soltanto Dio, questo è assodato, la
preghiera è nel nome di Gesù Cristo nel senso che egli
è il solo che può pregare Dio
a pieno diritto; si potrebbe
dire che in fondo la sua è la
sola preghiera valida, la nostra è sempre una preghiera
derivata, che si ricollega alla
sua. Intorno a Cristo sta la
comunità dei credenti, la sua
chiesa, il suo corpo e nella
solidarietà della fede noi
possiamo e dobbiamo pregare gli uni per gli altri. In
questo contesto nulla di male, anzi atto di fede, il chiedere ad un fratello: « prega
per me »; perché dunque non
si può dire ad un santo:
« prega per me »?
Resta sempre chiaro che si
tratta di pregare Dio, nella
solidarietà della fede ed unicamente per i meriti di Cristo. Certo, ammette don Pattaro, la situazione non è sempre così chiara nella mente
di molti cattolici e spesso si
finisce per vedere nel santo
più che il fratello intercessore, un datore della grazia. Si
tratta di un errore che la
chiesa si deve impegnare a
rimuovere.
Cosa hanno risposto gli
evangelici a Napoli ed a Venezia? Hanno detto quello
che andava detto nel nome
della fede cristiana riforma
ta sostenendo due tesi: a)
l’invocazione dei santi non
ha nessun fondamento nella
Scrittura; b) è una offesa recata all’opera ed alla persona di Cristo.
L’assenza di base biblica
esplicita è evidente, Gesù non
ha mai parlato di una intercessione del genere e neppure gli apostoli lasciano intendere di aver pensato nulla di simile.
La dignità di Cristo mediatore non è affatto sminuita
da questa prassi, sostengono
i cattolici, essendo la preghiera sempre rivolta a Dio.
A noi sembra invece lo sia.
In questa teologia la figura
di Cristo finisce coll’essere
dissolta in una generica atmosfera comunitaria che si
chiama suo corpo e la sua
preghiera è una piattaforma
generale su cui si muove la
nostra, un avvallo generale
della-, nostra, una sorta di
cambiale in bianco che noi
poi scriviamo con le nostre
preghiere singole. Più che il
protagonista dell’azione egli
è il garante della fede della
chiesa.
A questi argomenti vorrei
aggiungere una ulteriore domanda ai teologi cattolici e
sollevare alcune questioni
La posizione cattoiica
(...) Penso che TEcumenismo sia la ricerca comune
della verità e della volontà di
Cristo, ma non imponga la
rinuncia preventiva a dottrine o a pratiche che la tradizione delle singole Chiese ritenga legittima, o comunque
non in contrasto con la Signoria di Cristo. Il culto dei Santi, che diventa più fervido innanzi ai loro simulacri, specialmente davanti alle loro
reliquie, porta più facilmente
a Cristo e a Dio; è culto relativo e stimola soprattutto
alla loro imitazione nell’impegno della vita cristiana, sia
privata che pubblica. I Santi
sono coloro che più degli altri hanno cercato il Regno
di Dio e meglio hanno lavorato per la guarigione dei mali nel mondo.
Nel nostro caso, la liturgia
eucaristica, proprio perché
preceduta da mezz’ora di preghiera a Dio per l’intercessione della Vergine e del Santo
Patrono, è stata più intensamente sentita. Inoltre, noi
cattolici non riteniamo affatto che il ricorso ai Santi abbia a distogliere i fedeli dall’unico culto a Dio gradito,
né giudichiamo alienante la
preghiera rispetto all’impegno richiesto per scongiurare
o curare i mali per la cui
eliminazione preghiamo.
Corrado Card. Ursi Arciv.
(dalla risposta del cardinale
Ursi alla lettera delle chiese
evangeliche di Napoli).
(...) Gli Evangelici sono
perplessi di fronte al fatto
che i Cattolici e gli Ortodossi
pregano i « Santi ». La « Vergine Maria » per prima. La
ragione: solo il Padre, in Cristo, ha il diritto « geloso »
alla preghiera dell’uomo. È
giusto. Questa « gelosia » non
può mai essere smentita, perché niente e nessuno può essere Dio al posto di Dio. La
creatura per quanto grande,
sta al di qua di Dio, in obbedienza a Dio, senza mai confondersi con Lui. I Cattolici
non hanno dubbi al riguardo.
Ogni preghiera liturgica è rivolta al Padre «per nostro
Signore Gesù Cristo, il quale
è il Piglio Suo, che con Lui vive e regna nella Unità dello
Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli ». L’« AMEN »
che chiude la preghiera afferma che così pregano i cristiani e in nessun altro modo. Si vuol dire che qualsiasi altra cosa riguardante la
preghiera non potrà mai
smentire quest’unica destinazione.
Allora il pregare i « Santi »?
Quante volte i cristiani si
incontrano tra di loro e stanno in solidarietà impegnandosi a pregare gli uni per
gli altri. Perché il Signore
faccia dono a loro della Sua
volontà, della Sua misericordia, della Sua Grazia. Immagino che così accada anche
tra i fratelli Valdesi e Metodisti, e sempre accade tra loro e i fratelli Cattolici e Ortodossi. Un impegno che non
è certo sostitutivo, dove, ad
esempio, il fratello dice al
fratello « prego per te », «prega per me», «prega con me».
Chi prega il Padre è solo il
Cristo Figlio Suo. Eppure
questo Cristo, per il vincolo
della Grazia, ci fa suoi, ci costituisce sua Comunità, suo
Corpo, sua Chiesa. Ci fa entrare nella sua preghiera, ci
insegna il come, ci accompagna nel farlo, ne stabilisce
il contenuto. Il « Chiedete »
e « vi sarà dato » è pieno di
dolcezza e di benedizione. Ci
apre alla confidenza: non
gli siamo estranei. Siamo eredi di Cristo, così che, ascoltando noi, il Padre ascolta il
Piglio Suo. Non Lui e noi; solo Lui e noi in Lui e per
Lui. (...).
Questa è la logica: preghiamo i Santi perché, in Cristo,
essi preghino per noi. Diciamo, appunto, « Comunione
dei Santi ».
È certo che spesso i cristiani sono grossolani nel
pregare e mortificano la fede che regge la preghiera in
forme discutibili e ambigue.
I Santi finiscono per diventare i « sostituti » di Dio. Dispiace che questo accada e
che non si faccia abbastanza
per educare i cristiani a stare nell’obbedienza chiesta dal
Vangelo. Una risposta, pastore Garufi: ci impegneremo a
questo, nella tranquillità, però, che il pregare nel quale
ci impegna la liturgia cattolica non è mai sostitutivo e
mai confonde la creatura con
il Signore, dal quale solo
viene a noi la Salvezza.
Germano Pattaro
(dalla risposta di Don Pattaro alla lettera del pastore
A. Garufi).
una madonna
portata
in processione
in un paese
del Sud
attinenti al nostro dialogo
attuale.
Comunione
dei santi
Il punto di partenza è dunque, come abbiamo visto, la
comunione dei santi. Ma è
proprio vero? C’è anzitutto
da rilevare una indubbia
confusione di termini. Quando il Simbolo Apostolico dice « credo la comunione dei
santi » usa la parola, se non
andiamo errati, nel senso del
Nuovo Testamento. « Santi »
in Atti (9: 13; 26: 10) nelle
lettere (Romani 8: 27; I Cor.
6: 1; Efesini 4: 12 ecc.) sono
tutti i credenti in quanto
consacrati a Dio.
Nel discorso cattolico il significato è altro: il « santo »
è la personalità d’eccezione. Quando il cattolico sente
parlare di comunione dei
santi non intende tanto il
rapporto di solidarietà fra
tutti i credenti di cui parlano gli apostoli, quanto piuttosto l’intercessione dei santi di cui parla la sua tradizione ecclesiastica. La parola è la stessa, la realtà è diversa, opposta. In un caso
infatti « santo » significa
« fratello » nell’altro significa « superiore », nel primo
caso orienta a Dio, nell’altro
guarda al merito.
La stessa diversità di significati si ha nel termine
« comunione ». Cosa significa
infatti? Un legame di solidarietà di vita e di testimonianza per cui uno prende
su di sé il problema dell'altro e prega anche per lui,
sempre nel quadro della preghiera di Cristo intercessore.
Quello però che fa un cattolico con la preghiera ai santi
è radicalmente diverso per
un fatto molto semplice:
manca ogni reciprocità.
Il santo può pregare per
me ma non io per lui, è fuori del mio mondo, non ha
più alcuna relazione con me.
La sua preghiera è dunque
totalmente diversa da quello che può essere l’intercessione fra credenti in vita. Se
si volesse ammettere la possibilità di una preghiera per
i defunti si aprirebbe il problema: a che cosa serve? Io
prego Dio per dei fratelli
morti ma cosa gli posso chiedere? Non che dia loro fede,
spirito, intelligenza, benedizioni perché non ne hanno
bisogno; che li salvi? Ma se
sono credenti non sono già
salvati in Cristo? Si aprireb
be così tutta la questione di
cosa intendiamo per salvezza e forse intendiamo cose
diverse.
Ma nel caso di un santo
non c’è reciprocità per un altro motivo. Mentre S. Francesco prega per me io non
posso pregare per lui perché
non siamo eguali. C’è solidarietà e comunione, sì, ma
nel quadro di una gerarchia
di autorità. Lui è santo io no.
Se in vita ho avuto la più
grande stima e solidarietà
per un fratello in fede, faccio il caso di una bella figura come don Mazzolar!, posso dirgli da vivo « prega per
me », ma da morto no perché non ha potere, perché
non è santo, non è nelle condizioni di poter intercedere.
Ma chi decide della sua idoneità all’intercessione? La
chiesa quando lo proclama
santo. E con questo siamo al
punto di partenza: quando
la teologia cattolica parla
della comunione dei santi
non intende dire ciò che dice il Nuovo Testamento ma
qualcosa di diverso. Intende la gerarchia di poteri
connessi con i meriti in base ai quali un credente ha
non solo la volontà ma la
possibilità di farsi carico
della tua richiesta presso
Dio. Non basta volere intercedere, bisogna poterlo fare.
E qui non c’entra più la solidarietà della fede, è in gioco il potere della chiesa. Il
quadro deH’intercessione dei
santi non è dunque la comunione dei santi, ma il potere della chiesa come amministratrice della salvezza.
Domande aperte
I problemi che in calce a
questa polemica vorrei sollevare sono questi: a) Che
idea deU’ecumenismo hanno
don Pattaro ed il card. Ursi
quando chiedono a noi evangelici il rispetto delle loro
tradizioni, come questa dei
santi nel nome del rispetto
della fede? b) È questa dottrina, come quella di Maria
che sta risorgendo con Giovanni Paolo II, un fossile
religioso nel dopo Concilio o
un pilastro della fede cattolica? c) Il citare da parte nostra testi biblici come argomento inoppugnabile nel dialogo ecumenico è recepito o
i cattolici stanno iniziando a
leggere la Bibbia in modo
diverso da noi? Domande
aperte su cui varrebbe la pena riflettere.
Giorgio Tourn
6
________'_________________cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI LE RAGIONI PER CUI E’ NECESSARIO UN IMPEGNO DA PARTE DELLE CHIESE DELLE VALLI
29 giugno 1979
Visuale
chiara
o
confusa?
Paese che vm, teologia che trovi. Facciamo qualche esempio.
Dalla situazione d'oppressione
dell’America Latina etr^a la teologia della liberazione. La Germania, così altamente scientifica, esporta una teologia sempre
più accademica. Anche il Giappone si sta dando da fare e magari un giorno troveremo in libreria un computer tascabih al
quarzo capace di attualizzare il
Pentateuco. Le minoranze negre
d'America scrivono la teologia
nera. E via dicendo.
Per restare a casa nostra, persino all’incontro pastorale italofrancese sul cattolicesimo (vedi
Eco-Luce n. 25) le differenze teologiche nazionali non sono certamente mancate. Due erano i
cattolicesimi a confronto e di
cui si parlava; quello francese e
quello italiano. Meno papista e
integrista quello francese (forse
in Francia i cattolici sentono
per l’autorità del papa quello
che i canadesi provano per la regina d’Inghilterra), più opprimente e politico quello italiano
(noi abbiamo ancora il Concordato, il Vaticano e altre cosette). Probabilmente il fatto che
in Francia si viva dal 1905 in regime di completa separazione
della Chiesa dallo stato ha permesso una diversa evoluzione del
cattolicesimo. Me ne sono accorto anche nel corso della Santa
Cena durante il culto del convegno: il francese Paillard, sacerdote a Lione (jeans e camicia a
scacchi) ha preso il pane e il vino con noi, mentre il pinerolese
don Polastro, appassionato cultore della questione ecumenica,
ha passato oltre il calice con il
pane.
Gli stessi interventi dei due
sacerdoti differivano non poco:
estroverso ed elastico Paillard,
di fronte alla durezza valdese,
sembrava dire: « Non è il caso
di drammatizzare, si possono fare molte cose insieme e in Francia le stiamo facendo». Don Polastro, meticoloso e documentato, ricordando alcuni nodi della
divisione (la gerarchia, l’autorità nella Chiesa, i sacramenti...)
non ha sicuramente minimizzato
le difficoltà che insorgono nel
confronto aperto tra le due confessioni.
Altro esempio: in Francia sono i vescovi che eleggono direttamente il presidente della Conferenza Episcopale mentre in Italia la nomina la fa il papa. Esistono quindi anche delle differenze strutturali che, di fatto, incidono nell’immagine stessa del
cattolicesimo.
Personalmente però ritengo
che, se a latitudini diverse il cattolicesimo cambia le forme, nella sua sostanza rimane sempre
quello che è.
Peccato che, nel corso del convegno, non sia emerso il problema di Maria. Quasi per un tacito consenso nessuno l’ha menzionata. Eppure poteva essere la
prova del nove per dimostrare
che almeno su di un punto il cattolicesimo, nonostante la sua
multiformità, non ha cambiato
una virgola.
Per concludere rimane un’alternativa. Dobbiamo prendere
sul serio le linee teologiche ufficiali della Chiesa romana, come
ha fatto per esempio Giorgio
Bouchard nella sua relazione introduttiva interamente basata su
documenti della Chiesa cattolica,
o dobbiamo privilegiare il fatto
che si può essere cattolici senza
venerare Maria, partecipando alla S. Cena protestante, ironizzando sulla confessione auricolare e
sul celibato dei preti? Don Paillard, tra una Gauloise e l’altra,
ha cercato di accreditare questa
seconda ipotesi, ma c’è da chiedersi se questo non favorisca la
confusione anziché la chiarezza.
Giuseppe Platone
Francese; un patrimonio che si va perdendo
Una delle relazioni alla Conferenza del Primo Distretto, parlando di « problemi aperti », indicava: « quello che si potrebbe
definire una forte “perdita di
cultura” ». Nel corso della Conferenza un aspetto di tale « deculturizzazione » veniva additato
dalla Commissione del 1° Circuito nella progressiva perdita della conoscenza e dell’uso della lingua francese nelle Comunità e
nelle famiglie. Alla Conferenza il
problema non sembrò degno di
attenzione, anzi ci fu persino una
voce che fece riecheggiare il nostalgico slogan « siamo italiani,
parliamo italiano! ».
Ora a parte il fatto che parlare
italiano non implica necessariamente inorare altre lingue, non
volerle imparare e, peggio, dimenticaade se le si sanno, il disuso del francese nelle Comunità
delle Valli costituisce un fenomeno di impoverimento, sia dal
punto di vista culturale, che da
quello ecclesiastico.
Dal punto di vista culturale,
non ci dovrebbe nemmeno esser
bisogno di dirlo, la conoscenza
di un’altra lingua è come una finestra aperta verso un mondo
diverso, una apertura verso una
mentalità ed una cultura differenti. Infatti conoscere un’altra
lingua non significa solamente
sapere « come si dice » questa o
quella cosa in un altro paese, ma
anche, e soprattutto, spezzare la
crosta del proprio provincialismo, anche se nazionalistico, per
capire meglio, per quanto possibi
le « dal di dentro », come sentono, e pensano gli altri.
Un radiocronista diceva giorni
fa, a proposito delle elezioni al
Parlamento Europeo, che uno
dei guai italiani è che i nostri uomini politici si distinguono per
la loro ignoranza delle lingue
straniere. Non è difficile constatarlo ogni volta che, in pubblico
0 sul video, si azzardano a dire
qualche frase in un idioma che
non sia il loro.
Un prezioso
patrimonio
Ora, proprio in questo campo,
1 Valdesi delle Valli avevano il
privilegio di possedere un patrimonio linguistico ormai connaturato da generazioni. Il
loro francese non era poi tanto
peggiore di quello di certe zone
della stessa Francia dove la parlata del popolo è fortemente dialetticizzata, e non è detto che
non si possa, e debba, far qualcosa per migliorarlo. Orbene sta
accadendo proprio questo: che
mentre durante gli anni del fascismo, quando il francese era
messo al bando, molte famiglie
valdesi fecero di tutto per conservarlo, oggi, in cui, a cominciare dalla scuola, ci si accorge della necessità della conoscenza almeno di una seconda lingua, e
mentre in altre regioni, come nella Valle d’Aosta, le popolazioni e
i loro dirigenti, riaffermano il
loro bilinguismo, la Chiesa Val
dese rimane insensibile al fenomeno della deculturizzazione linguistica dei propri membri.
Eppure proprio come Chiesa i
Valdesi dovrebbero avere un particolare interesse in questo campo, e ciò per ragioni che non posso che elencare brevemente, ma
che meriterebbero d’essere approfondite:
1) I Valdesi sono protestanti
e, come tali, la loro religione non
può andare dissociata da un livello culturale quanto più elevato possibile. Senza scomodare
Calvino e il suo « Collège » a Ginevra, o Beckwith e Gilly e le
loro scuole nelle Valli, dovrebbe essere cosa ovvia che il Valdese per essere tale, ossia, protestante in modo consapevole, deve
essere quanto più possibile
istruito e quanto meno provinciale.
Legami con
la Riforma
2) La Chiesa Valdese, in modo particolare quella delle Valli,
ha una lunga tradizione di legami con le Chiese Riformate francofone, sia di Francia che di
Svizzera. Perdere la conoscenza
del francese significa perdere
una possibilità di contatto immediato con quelle Chiese, rendere più difficile il dialogo e pertanto la comunione con esse.
3) Viviamo oggi in un periodo storico deH’Europa in cui si
cerca in ogni modo di abbassare
INTERVISTA AL DR. SAINI, FUNZIONARIO DELLA REGIONE PIEMONTE
La politica regionaie
dei parchi naturaii
Ancora sui parchi naturali.
Poiché infatti la discussione è
tuttora in corso, per avere maggiori chiarimenti, mi sono recato a Torino, nell’Ufficio Parchi
della Regione, per porre alcune
domande al dott. Saini, responsabile del settore. La prima domanda è d’obbligo: a che punto
siamo col parco dell’alta Val Germanasca: è tutto già deciso, o
si attende la risposta degli enti
interessati?
Noi non vogliamo fare le cose
sopra la testa della gente, mi
dice il Saini. Secondo quanto
prescrive la legge, noi abbiamo
chiesto un parere alle amministrazioni locali interessate. Ogni
parco deve essere infatti istituito, definito e regolato da una
apposita legge, e questa legge
viene fatta discutendone con la
gente del posto. Per far questo
occorrono mesi, per cui siamo
proprio all’inizio. In pratica, mi
dice, il tutto avviene in tre tempi: in un primo momento viene
individuata la zona da proteggere, se ne vedono le caratteristiche ecc. (e noi siamo a questo
punto); in un secondo momento
si elabora la legge locale, discutendola con gli abitanti della zona ed infine viene approvata la
legge e vengono stabiliti i piani
di attuazione e di gestione.
Ma, insisto, la gente è preoccupata per i vincoli che verrebbero
a gravare sulla zona.
Saini mi risponde facendo notare come in realtà i vincoli sono per il momento molto ampi:
andranno precisati, facendo riferimento a quattro principi generali che sono il divieto di caccia,
di manomissione delle bellezze
naturali, di scavi e di apertura
di cave.
La seconda domanda è anch'essa allo stesso tempo ovvia e importante: la popolazione locale
che benefici può trarre dall’istituzione di un parco naturale?
Saini preferisce a questo punto rispondere con un esempio
pratico. Alpe Veglia, in provincia
di Novara, una conca alpina
adatta al pascolo: dopo una serie di discussioni con la popola
zione viene approvato un piano
che prevede la costruzione di
una strada — attualmente inesistente — per raggiungere l’Alpe, acquedotto, elettrificazione,
telefono, rimessa a punto di alcuni impianti turistici presenti
nella zona, sistemazione dei pascoli e delle miande per quella
che sarà l’attività primaria, l’allevamento. Per fare questo, la
Regione affronterà una spesa di
320 milioni in tre anni. E una cosa va tenuta presente, che questi
soldi saranno gestiti dagli enti
locali e non direttamente dalla
regione. Consideriamo un altro
fatto, mi dice Saini, per la vigilanza e la manutenzione del parco occorre personale. All’Alpe
Veglia — estensione di quasi
quattromila ettari — sono previste sette persone: un direttore,
due segretarie, quattro guardiaparco.
Vanno bene gli esempi concreti, ribatto io; ma come si potrebbe definire la "politica" regionale
dei parchi? Si vuole cioè favorire la natura, favorire il turismo
o gli abitanti della zona?
È impossibile, risponde Saini,
dividere le cose una dall'altra. Se
si vuole veramente intervenire
sul territorio, bisogna che la gente ci abiti e ci lavori. L’unica tutela possibile è la costante vresenza dell’uomo che controlla,
che consolida; altrimenti è il
caos. Se si riesce a fare questo,
il territorio acquista anche un
valore turistico; ma non di un
turismo di rapina, bensì didatti
co che si adatti all'ambiente.
Arriviamo ad un altro argomento spinoso, gli dico: la caccia...
Guardi, fa il Saini, anche sulla caccia si può ragionare, discutere. Naturalmente entro i limiti della legge. Sulla caccia,
prosegue, il discorso è duplice:
1) una legge nazionale dice che
nei parchi la caccia è vietata, ma
precisa subito dopo che si possono fare dei piani di abbattimento qualora siano necessari
per ristabilire l’equilibrio naturale. 2) la caccia può sfavorire la
sopravvivenza di intere specie
animali e ci si deve rendere conto che la selvaggina non è proprietà dei cacciatori, ma di tutta
la collettività. Dunque, detto questo, quello sulla caccia non è un
no imperioso e definitivo; essa
può essere fatta — pagando —
secondo un piano ben preciso e
con delle regole severe.
Il colloquio termina qui, lasciandomi netta una sensazione:
che sia volontà anche degli organi della Regione non di seguire
la moda, perché oggi l’ecologia
è qualcosa che vende bene; ma
effettivamente di intervenire sul
territorio per impedire che si
disgreghi, si sfaldi, abbandonato
com'ò. Daltro lato che sia loro
volontà di fare tutto questo insieme alla gente. Certo siamo in
ritardo di vent’anni a dir poco.
Chissà come mai non ci si è pensato prima...
Paolo Ribet
Convegno sulla Riforma
ed i movimenti religiosi in Italia
Si sta lavorando alla preparazione del 29“ Convegno di studi
sulla Riforma ed i movimenti religiosi in Italia che si svolgerà a
Torre PeUice dal 29 al 30 agosto.
Le iscrizioni al Convegno si raccolgono sino al 31 luglio presso
il prof. Augusto Armand Hugon,
Torre Pellice (tei. 0121/91.064).
Il Comitato promotore, composto da: Luigi Firpo, Raoul Manselli, Antonio Rotondò, Giorgio
Spini, Giovanni Tabacco, Franco Venturi, Augusto ArmandHugon ha già allestito un intenso programma di comunicazioni
che prossimamente presenteremo ai lettori.
le barriere dei nazionalismi e ci
si sforza di diventare sempre più
« europei » non solo ai vertici,
ma anche, speriamo, nella mentalità dei popoli. Ora mi sembra
che sia davvero un peccare di
autolesionismo, proprio in questo momento storico, che i Vaidesi vadano perdendo la conoscenza e l’uso di una lingua che
li ha sempre aiutati ad essere
quanto più « europei » possibile,
anche a dispetto dei fanatismi
nazionalistici che i più anziani
ricordano.
4) La Chiesa Valdese fa parte da qualche anno della CEvAA,
dopo essere stata per circa un
secolo legata all’antica « Société
des Missions » di Parigi di cui la
CEvAA è fislia ed erede. Orbene
la CEvAA permette alla Chiesa
Valdese, non solo di mantenere
gli antichi legami con il vertice
di Parigi o con qualche missionario inviato in Africa, ma di instaurarne dei nuovi con gran numero di « giovani Chiese » del
Terzo Mondo, le quali sono in
maggioranza francofone, almeno
nei loro rapporti interecclesiastici. Lasciare che si perda il
francese pronrio in questo momento vuol dire emarginare sempre più il Protestantesimo italiano da questa promettente fraternità di Chiese e, per quel che
concerne le Valli, rendere impossibile alle loro popolazioni un
dialogo diretto con i loro rappresentanti.
Eredità gratuita
da valorizzare
5) C'è poi un’altra ragione
ancora, la quale, pure senza essere connessa direttamente con la
fede, ha però a che fare con la
vita dei Valdesi. Ed è molto semplicemente questa: per lungo
tempo i Valdesi, sia in patria che
all’estero, sono stati favoriti
nel trovar lavoro, spesso ad un
livello superiore di quanto avrebbero ottenuto altrimenti, proprio per la loro conoscenza del
francese. A qualsiasi livello di
occupazione, la conoscenza di
un’altra lingua offre, oggi più
che mai, migliori e più facili possibilità di sistemazione. E se anche è vero che la lingua più richiesta in qualsiasi ramo di attività è oggi l’inglese, ciò non mi
sembra una ragione per lasciar
perdere la conoscenza del francese che dopo l’inglese è certamente la lingua più parlata nel
mondo delle libere professioni,
dell’industria e del commercio.
Quando vedo, in città, tanta
gente che spende denaro, fa sacrifici di tempo e di energia, magari tornando a scuola dopo otto
ore di lavoro in fabbrica o in ufficio, pur di imparare una lingua,
e poi, nel nostro piccolo mondo
delle Valli, vedo tanta gente che
il francese lo possiede quale eredità gratuita e non avrebbe che
da coltivarlo e trasmetterlo ai
propri figli, e che invece lo lascia
cadere in disuso, mi domando
quale possa essere la causa di
così vera e propria ottusità. Come è mai possibile che dei genitori, che potrebbero dare ai propri figli un patrimonio prezioso
come quello della conoscenza di
una lingua, un patrimonio che
potrà risultar di tanta utilità nella vita, trascurino di farlo
senza spendere un soldo? E come è mai possibile che una
Chiesa, che si professa giustamente attenta ai problemi anche
sociali e culturali della propria
gente, la lasci impoverirsi culturalmente e socialmente col trascurare un patrimonio prezioso?
Sono, ovviamente, convinto che
il primo compito della Chiesa è
quello di predicare TEvangelo e
di educare alla fede e credo che
ciò possa essere fatto in qualunque lingua o dialetto della terra,
ma ciò non toglie che accanto a
questa sua missione primaria, la
Chiesa abbia anche il dovere di
preoccuparsi, ed occuparsi, dei
problemi culturali e sociali della
sua gente. Mi sembra pertanto
che anche questo aspetto della
lamentata « perdita di cultura »
meriterebbe maggiore attenzione e urgente rimedio.
Ernesto Ayassot
7
29 giugno 1979
CRONACA DELLE VALLI
INCONTRO ECUMENICO A PINEROLO
ANGROGNA
il
Ecumenismo sì, ma quale?
« Ecumenismo sì, ma quale? »
è il titolo di un quaderno di
«Attualità protestante» (1) con
le linee di azione ecumenica approvate dalla Conferenza (1972)
delle chiese valdesi del primo
distretto.
Da questo documento e dal
«Direttorio ecumenico» (1970)
della diocesi cattolica di Pinerolo, commentati rispettivamente
dal pastore Giorgio Tourn e dal
giudice Pier Carlo Pazé, ha preso le mosse, dopo una breve meditazione biblica, il dibattito di
domenica 17 giugno presso il
convento dei Cappuccini a Pinerolo.
Questo incontro di Pentecoste,
rinviato quest’anno per le elezioni, è la conclusione ormai
tradizionale, ed estesa a chiunque voglia parteciparvi, dell’attività annuale del collettivo biblico pinerolese, un gruppo di
credenti cattolici e valdesi che
da vari anni han deciso di confrontare insieme la propria vita
con la Parola di Dio.
I partecipanti erano una cinquantina; fra loro è stata rilevata la scarsa presenza di preti e pastori, segno forse di un
maggiore interesse per l’ecumenismo nei laici che in quelli comunemente considerati « gli addetti ai lavori ».
Entrambi i relatori hanno osservato che in questi ultimi
tempi lo zelo ecumenico pare attenuato, nonostante il graduale
mutamento di mentalità almeno
nel Pinerolese, dove i contatti
fra le due confessioni sono più
frequenti: i valdesi non sono
più ritenuti ostinati peccatori
da salvare riportandoli a tutti
i costi all’ovile (ma sono sempre meno ricchi di doni dei fratelli cattolici che possiedono la
verità nella sua interezza); i
cattolici non sono più nemici
pericolosi da cui guardarsi
(tuttavia, anche nei confronti
dei più aperti fra loro, rimane
un’ombra di diffidenza).
II « Direttorio ecumenico » è
un documento notevolissimo,
specie nelle conclusioni: si auspicano sempre maggiori incontri, sia tra sacerdoti e pastori,
sia fra laici; si riconosce come
fatto positivo il comune impegno sociale, si è aperti al dialogo e alla speranza gioiosa. Si
trascurano però temi concreti,
che invece sono alla base del
testo valdese: matrimoni misti,
incontri interconfessionali che
non siano accordi diplomatici
fra gerarchie istituzionali; l’opposizione al regime concordatario.
Di fatto, però, nell’ultimo decennio quasi nessun punto dei
due documenti ha trovato piena attuazione o risoluzione, anche se Tourn ha giustamente
osservato che i passi compiuti
dai cattolici sono stati più rilevanti, vista anche la diffusa indifferenza da parte valdese.
Si sono poi formati tre gruppi di studio:
1) Rapporti fra le comimità
cattoliche e valdesi alla luce dei
due documenti;
'' SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
- LUSERNETTA - RORA'
Dal 30 giugno al 6 luglio
Dott. ENRICO GARDIOL
Viale Trento, 12 - Torre Pellice
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2) Lettura comune della Bibbia ed ecumenismo;
3) Ecumenismo e vita di tutti
i giorni.
Il terzo gruppo è quello che
ha avuto maggiori difficoltà, forse per l’assenza in esso di persone direttamente impegnate
in un lavoro concreto di testimonianza nella vita quotidiana.
Infine, di nuovo tutti insieme,
si è cercato di formulare alcune indicazioni per l’ecumenismo
negli anni ’80: continuazione
dell’incontro settimanale per la
lettura comune della Bibbia;
informazione ecumenica sui nostri giornali; scambio di pulpiti, non come abitudine, ma per
infrangere vecchi preconcetti,
(qualche riserva da parte val
dese); rispetto e comprensione
verso le posizioni di altri fratelli, per non creare fratture
evitabili, continuo confronto e
reciproca informazione fra i
credenti delle due confessioni
impegnati in ogni settore; attività comuni (campi giovanili
o altro); partecipazione comune
alle attività sociali sia delle due
chiese sia dello Stato.
Un’agape fraterna ha concluso un incontro ricco di speranza cristiana nonostante le difficoltà e le delusioni del non facile momento in cui viviamo.
Paolo Gay
(1) A. SoNELLi : Ecumenismo sì, ma
quale?, A.P. 51, 1973, Claudiana, To
______LA COMMISSIONE D’ESAME CIOV
Abbiamo criticato
troppo?
o troppo poco?
Abbiamo letto la simpatica
« Autointervista di un membro
CIOV » a firma Guido Botturi,
apparsa sullo scorso numero di
questo giornale. Innanzitutto
vorremmo dire a Botturi (che
ci dispiace non aver incontrato
alla Conferenza Distrettuale) di
non deprimersi di fronte alle critiche espresse dalla nostra controrelazione (definita « un comizio » dall’attuale presidente della
CIOV: past. Davite) ma di proseguire nel suo impegno e nell’attuale discussione. Evidenti ragioni di spazio non ci permettono di riassumere per i lettori
i temi della nostra relazione il
cui testo sarà comunque presentato e discusso in Sinodo.
Teniamo solo a precisare che,
nella nostra relazione sull’operato della CIOV, ci siamo limitati a riprendere e commentare
le molteplici osservazioni emerse
nel corso di incontri diretti con
il personale degli Istituti e di
cui conserviamo i verbali. Che
S. GERMANO
• Domenica 24 giugno ha avuto luogo, durante il culto, l’installazione dell’anziano Gustavo
Bleynat al quale rinnoviamo i
nostri più fraterni auguri per
questo servizio che egli inizia
sotto lo sguardo del Signore.
Nella stessa occasione abbiamo ascoltato la relazione delle
nostre delegate alla Conferenza
Distrettuale. Ne è seguita, tra
l’altro, una vivace discussione
sulla questione delle iscrizioni
alla Scuola Latina.
Si è cos.'i deciso, su proposta
di un membro di chiesa di tenere un’assemblea di Chiesa straordinaria in Sala, martedì 3 luglio alle ore 21. Domandiamo in
particolare a tutti i genitori di
alunni passati, presenti e futuri
della nostra scuola di partecipare a questa assemblea. Potremo
cosi dare ai nostri delegati al
Sinodo un mandato chiaro, nel
caso che si debba votare in proposito.
Dopo, sarà troppo tardi per
piangere sul « latte versato ».
• Ricordiamo fin d’ora che dal
13 al 19 agosto p. v. ima quindicina di giovani credenti svizzeri,
belgi e italiani terrà a San Germano un «camp mission biblique». Si tratta di una campagna di appello, di risveglio e di
riflessione biblica alla quale siamo tutti invitati a partecipare.
Vi saranno visite nei quartieri,
serate sotto tenda e nella Sala.
Ci auguriamo che malgrado
l’epoca poco favorevole (ma non
è stato possibile sceglierne un’altra), particolarmente i giovani
vogliano partecipare attivamente a questo campo.
Per ulteriori informazioni rivolgersi al Pastore.
Malgrado la stagione avanzata è stata buona la partecipazione alla riunione del Baussan (casa Susanna Malan) sul «cattolicesimo oggi ». Vi ricordiamo due
date importanti : il culto all’aperto del Bagnau, domenica 1“ luglio alle 14,30 e mercoledì 4 luglio alle 21, nella Sala Unionista
SU; «Essere valdesi in Uruguay ». Parlerà il pastore Nestor
Rostan e la moglie Dafne; la
conversazione sarà introdotta da
numerose diapositive sulla vita
dei valdesi in Uruguay. L’incontro si presenta particolarmente
interessante per coloro che hanno parenti ed amici in Uruguay
Non mancate!
• Rivolgiamo un pensiero di
affettuosa cristiana solidarietà a
Laura Rivoira per la recente perdita del cognato a Torrazza Piemonte.
POMARETTO
le critiche emerse possano non
piacere all’« organismo dirigente » (se l’amico Botturi non ammette che vi debbano essere
distinzioni tra ’’vertice” e ’’base” all’interno della CIOV, cerchi di parlarne e convincere il
personale degli Istituti) questo
non esclude, ci pare, la nostra
intenzione di esprimere una critica costruttiva e non denigratoria nei confronti della CIOV.
Del resto questo ci sembra essere il compito principale, almeno nel nostro ambiente, di una
commissione d’esame. Sulla questione accennata nell’« autointervista » circa la carenza del
personale infermieristico, fonte
di gravi disagi non solo per i nostri Istituti, essa è innegabile
ma nello stesso tempo ci chiediamo: qual è stata la ’’politica”
della CIOV nei confronti delle
’’potenziali infermiere” in Valle? Non a caso, ci pare, un rilevante numero di personale
ospedaliero valdese non lavora
nei nostri Istituti. L’interrogativo è grosso e merita un’ampia
discussione come merita approfondimento il rapporto tra la nostra vocazione evangelica e la
gestione degli Istituti. Su questi
punti abbiamo insistito nella nostra relazione come abbiarno anche insistito sul punto delTinformazione della CIOV nei confronti delle comunità.
Su questo fronte, grazie anche al fratello Botturi, qualcosa
si sta muovendo.
IVI. Bein, E. Charbonnier,
G. Platone, E. Rìvoir.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Sabato 2 giugno, nella Sala
Albarin, un gruppo di cadetti di
Torre Pellice e di Luserna San
Giovanni ha rappresentato l’atto unico di Vittorio Calvino
« Merenda sull’erba ». Questo
pezzo teatrale è stato scelto dai
cadetti per il suo contenuto antimilitarista; per il numeroso
pubblico presente in sala è stata
una occasione per riflettere sul
problema della guerra e della
violenza. Dopo la recita il coretto di Torre Pellice ha eseguito
alcuni canti folcloristici e sul
tema della pace. Ringraziamo
vivamente quanti hanno contribuito alla riuscita della serata.
Sabato 30 giugno, ore 20,45,
nella Sala Albarin incontro aperto a tutti i membri della comunità organizzato dalla C.ne Stabili. Interverrà l’Architetto Longo, presidente della Comunità
Montana, che ci intratterrà sul
tema «Unità Sanitaria locale».
Seguirà un rinfresco.
Dal 25 giugno al 22 luglio il pastore Taccia sarà assente. Lo sostituisce il pastore Antonio Adamo (Tel. 90230).
Dornenica 24 giugno durante il
culto è stato benedetto il matrimonio di Marchetti Silvana e
Tron Franco.
Erano presenti la corale di
Pomaretto ed un gruppo di alunni della scuola domenicale.
Che lo Spirito del Signore sia
guida costante a questo nuovo
focolare. Agli sposi l’augurio di
felicità da parte della comunità tutta.
SAN SECONDO
Il quartiere di Cavoretto ha
un abitante in più: IVIarco Long,
di Giuliana e Tullio. Auguri ai
genitori, a Stefano fratellino
maggiore, e al nonno Silvio che
mentre nasceva Marco subiva
un intervento chirurgico nello
stesso ospedale.
• In questo periodo il pastore
Davite partecipa alle sedute
CEvAA a Sommières, nel sud
della Francia; ringraziamo Renzo Turinetto che presiede i culti.
TORRE PELLICE
Si sono sposati nel nostro tempio, sabato scorso. Inarco Bertot e Fernanda Barra, agli sposi che si trasferiscono a Bricherasio, il nostro augurio fraterno.
• Domenica accoglieremo il
pastore Rostan e la Signora, della chiesa valdese in Uruguay che
stanno visitando le Valli. Parteciperanno al culto la mattina e
la sera, alle 20,45, avremo un
incontro nella sala delle attività
per una presentazione, con diapositive, dell’opera della nostra
chiesa in Sud America. Tutti
sono fraternamente invitati ad
essere presenti per circondare
questi fratelli della nostra solidale simpatia.
MASSELLO
PERRERO-MANIGLIA
RODORETTO
Si è tenuta a Maniglia Tannunciata festa in onore di Luigi
Pons, da 50 anni anziano del
quartiere della Baissa. Al mattino si è tenuto un culto che ha
raccolto attorno alla Parola di
Dio una cinquantina di persone,
in cui il pastore ha parlato su
I Corinzi 12/27: «Voi siete il
corpo di Cristo, e ciascuno di voi
ne fa parte». Anche la Corale
ha portato il suo messaggio, cantando due «inediti». Un regalo
è stato poi fatto all’anziano
Pons, in ricordo di questa giornata. Dopo il culto un’apage fraterna curata dalle signore di Maniglia, che ancora qui vogliamo
ringraziare.
È stata una giornata simpatica, lieta, in cui una comunità ha
ringraziato il Signore per tutti i
doni che ha da Lui ricevuto.
• Ricordiamo le riunioni di luglio. Domenica 8, a Grangette;
domenica 15, a Balziglia; domenica 22 a Parant. Tutte le riunioni iniziano alle ore 14,30. Il culto
di Fontane avrà luogo domenica 8 alle ore 9.
Personal la
La redazione si rallegra, in occasione del suo matrimonio, con Silvana
Marchetti, figlia del nostro assiduo corrispondente da Pomaretto.
Appello FFV
per un ecografo
a Villa Betania
Riferendoci a quanto scritto sul n.
15 del 13.4.'79, entro II mese di giugno saranno inoltrate a Villa Betania
per l'ecografo del Rep. Maternità
L. 910.000, quale somma corrispondente al primo elenco delle offerte ricevute e c)ie pubblichiamo. La sottoscrizione resta aperta e chiunque può
mandare la propria offerta alla cassiera Maria Tamietti, V. Gay 21 - 10066
Torre Pellice, c.c.p. 2/23008.
Gustavo Albarin (Luserna S. Giovanni) L. 10.000; Emilia Alilo Ayassot (Roma) 10.000; Lalla Conte (Genova) 10.000; Sorelle Cornelio (Torre
Pellice) 50.000; Anna e Mila Giudici
(Mestre) 5.000; Maria Mariani (Bologna) 5.000; Etisia Martini (Torino)
35.000; Anna Ruhoff (Torre Pellice)
5.000; Isabella Sclarra (Roma) 5.000;
FDEI/’Piemonte - Convegno regionale
120.000; Società Cucito Chiesa valdese Torre Pellice 100.000; UFV Firenze
75.000; UFV Genova 50.000; UFV Luserna S. Giovanni 50.000; UFV Roma
(V. 'IV Nomebre) 25.000; UFV Praali
40.000; UFV Torre Pellice 100.0000;
UFV e Comunità di Verona 135.000;
'FDEI - Gruppio Firenze 50.000;
UFV Villasecca 30.000. — Totale L.
910.000.
Doni CIOV
Mese di aprile 1979
ASILO DEI VECCHI S. GERMANO
L. 4.000: Luisa Comba Rochon (San
Germano Chisone).
i. 5.000: Avondet Irene, ricordando
i suoi cari (S. Germano Chisone).
L. 10.000: Nida e Alma Pons, in mem.
di Emma e Corrado Pons Peyroneil
(S. Germano Chisone); Bert Llllina,
un fiore In memòria di Niny Perrona
Rochon (S. Germano Chisone); La cognata Una e nipoti Bianca e Nadia,
in memoria di Conti Bounous Luisa (S.
Germano Chisone).
L. 20.000: Pastore Silvio Long, in
memoria di Nahomi Beux (Viganello Svizzera).
L. 35.000': Decker Elvira e Guido
(Torino).
L. 50.000: Famiglia Mansuino, ricordando la cara zia Elvira Grill (San
Remo); Unione Femminile Valdese di
San Remo, in memoria di Elvira Grill.
L. 67.829; Unione Femminile Valdese d! Parigi.
OSPEDALE DI POMARETTO
L. 4.400; Pugliese Bruno (Perosa
Argentina).
L. 5.000: Loredana, ricordando tante
Ivonne (S. Germano Chls.); I genitori,
con riconoscenza in occasione della
confermazione di Martinat Daniela (S.
Germano Chisone).
L. 10.000: La cognata Lina e nipoti
Bianca e Nadia, in mem. di Conti
Bounous Luisa (S. Germano Chisone);
La moglie e la figlia, in memoria del
marito e caro papà Comba Attilio
(S. Germano Chisone); Comba Delfina ved. Rochon, per il personale dell'Ospedale (S. Germano Chisone); De
Stéfanis Paola in Ciardassino (Roletto).
L. 15.000: Garigllo Giovanna (Castelnuovo di PInasca); Nadone Giuseppina (Pinasca).
L. 20.000: Tron Giulio (Prali); Gargantlni Laura (Dubbione); RIbet Elena (Inverso Pinasca); Cutandin Emma
(Pinasca).
L. 25.000: Prandini Giovanni (Pomaretto); Varrone Luciano (Pinerolo).
L. 40.000: Villa Annata e marito
(Villar Perosa).
L. 50.000: Pascal Filiberto (Ghigo
di Prali).
AVVISI ECONOMICI
FOYER de l’U.C.J.F. française de
New York, eherche chétienne francophone pour direction. Travail intéressant, demande connaissance élémentaire anglais, permet avoir rapports sociaux variés. Ecrire : lVI.lle
Lucy Blatty - 310 West End Avenue
- New York, N.Y. 10023.
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi destinazione, preventivi a richiesta : Sala Giulio, via Belfiore, 83 Nichelino, lei. (011) 62.70.463.
RINGRAZIAMENTO
La moglie, le figlie ed ì familiari di
Enrico Soulier
che il Signore ha richiamato a sé all’età di 64 anni, ringraziano di cuore
tutti odoro che sono stati- loro vicini
in questa dolorosa circostanza.
Un ringraziamento particolare al
dott. Bertolino, al past. Giovanni Conte ed ai vicini.
« L’anima mia è assetata di
Dio, dell’Iddio vivente »
(Sa'lmo 42, 2)
Borgata Costabella
San Germano, 20 giugno 1979
8
8
29 giugno 1979
MOVIMENTO INTERNAZIONALE DELLA RICONCILIAZIONE Qua|g gtìCS?
Congresso e marcia contro il nucleare
« Scelte tecnologiche, energia
nucleare e responsabilità morale
la posizione del cristiano oggi ».
Questo il tema del congresso
organizzato dal Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR), che si è tenuto presso l’Accademia Alfonsiniana di
Roma dal 18 al 20 maggio u.s.,
con la partecipazione di numerosi rappresentanti qualificati
del mondo scientifico, sociale e
religioso italiano di estrazione
protestante e cattolica.
Attraverso numerose relazioni seguite da seri dibattiti svolti
nel corso delle diverse sessioni
(ognuna delle quali è stata aperta da ima meditazione biblica introduttiva all’argomento in esame) sono stati approfonditi i diversi aspetti di questi importanti problemi alla
cui soluzione è legato il nostro
futuro ormai prossimo.
I diversi interventi, sui quali
lo spazio ci impedisce di riferire dettagliatamente, hanno messo in luce come l’accettazione
dei miti dei consumi, dell’espansione, del successo e del dominio abbia come conseguenza,
nella situazione attuale, un ine
vitabile enorme spreco di energia
per soddisfare il quale si rende indispensabile la scelta nucleare. Di qui tutta una serie di
implicazioni negative come i rischi per eventi esterni, l’inesistenza di una soglia al di sotto
della quale le radiazioni non provocano danni, i costi per la protezione nel cui calcolo il valore
della vita umana è oggetto di
una aberrante quantificazione ed
il reale pericolo di giimgere alla
trasformazione dell’essenza stessa della natura.
Il congresso ha messo in luce
che il riflutare queste scelte non
significa rifiutare il progresso,
ma solo incanalarlo in una giusta direzione che non sia quella
’’immatura” del nucleare. L’uomo oggi deve prendere coscienza dei suoi limiti per poter raggiungere la vera statura umana dove la scienza è al suo servizio e non il contrario. L’uomo
ha la responsabilità di prendere
posizione scegliendo la vita e
non la morte, impegnandosi affinché la creazione possa ridiventare quale Dio l’ha fatta.
Un impegno non violento che
rivendica il diritto di scegliere
programmi di sviluppo che portano all’espansione della vita
sociale e non al consumo di
energia nel quale le Chiese devono essere protagoniste. Perché la teologia non è disancorata dalla storia e quindi non
può che condannare qualsiasi
scelta che porti allo sfruttamento dell’uomo da parte di uno
stato accentrato e militare.
Nel corso del congresso, sabato 19 maggio ha avuto luogo
a Roma la grande marcia antinucleare nazionale organizzata
dal Comitato nazionale per il
controllo delle scelte energetiche. Hanno aderito e collaborato associazioni ecologiche e giovanili, gruppi della sinistra, movimenti nonviolenti e anzitutto i
comitati locali antinucleari delle varie zone del paese. Circa
30.000 persone hanno percorso
le vie di Roma dove regnava
già un caldo estivo. In testa al
corteo marciava il comitato antinucleare di Montalto di Castro
per il quale poi all’assemblea
conclusiva in piazza della Minerva hanno parlato un contadino e tre scienziati stranieri che
fanno parte dell’opposizione an
tinucleare internazionale. Malgrado la grande affluenza la Marcia e la manifestazione in piazza si sono svolte senza violenza,
purtroppo gruppi minoritari hanno scandito slogans violenti.
Il 17-18 febbraio scorso aveva
avuto luogo l’assemblea dei comitati e gruppi antinucleari a
Roma, nei locali della Facoltà
di ingegneria dell’Università, organizzato dal Comitato nazionale per il controllo delle scelte
energetiche. Hanno preso parte
200-300 persone da tutto il paese che alla fine dei lavori si sono messi d’accordo sui seguenti punti: richiesta di un’indagine sulle condizioni di sicurezza
della centrale di Caorso, denunce e blocco dei lavori a Montalto
di Castro, referendum popolari,
presentazione al Presidente della
Repubblica delle firme dei cittadini di Montalto, Viadana e del
Molise contro le tre progettate
centrali, riunioni periodiche dei
comitati locali antinucleari e a
livello nazionale marcia antinucleare nazionale a Roma (in un
primo tempo fissata per il 24
marzo e poi spostata al 19
maggio). H. V.
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio
Viola]
La tragedia dei profughi fdal Vietnam
♦ Le notizie in merito non sono del tutto concordi, e questo
non ci permette una valutazione
precisa e sicura. Anzitutto; qu2inti sono quei profughi? Antonio
Cambino, su « L’Espresso » del
24.6, parla di alcune centinaia di
migliaia (non solo dal Vietnam,
in maggioranza cinesi, ma anche
dalla Cambogia e dal Laos); Tiziano Terzani invece, su « La Repubblica » del 19.6, parla approssimativamente di 2 milioni, quasi tutti cinesi. La recentissima,
barbara, crudele decisione della
Malesia, di reimbarcare (in ben
misere condizioni) i profughi già
in essa rifugiatisi, rende improvvisamente più grave la grande
tragedia.
Ad evitare errori, riportiamo
alcuni dei punti principali dei
due articoli citati.
Scrive Cambino: « Dal momento della caduta del regime di
Van Thieu a Saigon (aprile 1975),
l'esodo di una parte della popolazione da quello che un tempo
era il Vietnam del sud, non è
mai cessato. Questo -fenomeno
ha però assunto aspetti più evidenti nell'ultimo anno, mano a
mano che le autorità di Hanoi
hanno cominciato a forzare il
passo dell'integrazione delle regioni meridionali (le quali per
molto tempo erano vissute in
una specie di limbo di tolleranza, tra capitalismo fatiscente e
comuniSmo). Ed è stato inoltre
stimolato sia dall'invasione vietnamita della Cambogia (da cui.
---------------------------------------^
Comilalo di Redazione; Sergio
Aqui lente, Dino Ciesch, Marco Devile, Niso De Michelis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
Ornella Sbaffi, Liliana Viglielmo.
Direttore Reiponsabile :
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amminiatraziene : Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Telefono 011/655.278 - c.c.p. 2/33094
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intestato a ; Roberto Peyrot ■ Corse
Moncalieri, 70 - 10133 Tarino.
La Luce; Autor. Tribunale di Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
L'Eco delie Valli Valdesi Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
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già prima, tutti quelli che lo potevano scappavano, per sottrarsi al terrore dei khmer rossi),
sia dall'inizio della polemica e
poi dalla guerra tra il Vietnam e
la Cina. Il risultato è, attualmente, un flusso ininterrotto di alcune decine di migliaia di profughi al mese, in parte autorizzati, in parte clandestini (e tra
questi si calcola che circa la metà muore prima di giungere a
destinazione), che provano a varcare la frontiera con la Thailandia, o a recarsi per mare in Malesia, in Indonesia, e specialmente ad Hong Kong ». Ma non solo
la Malesia: ora anche Indonesia e Hong Kong sembra comincino a « limitare con tutti i mezzi l'invasione, per non rischiare
di veder saltare i loro, già precari eauilibri interni ».
Questi, sommariamente, i fatti. Quale la loro origine, quali le
loro rispettive responsabilità?
« Anzitutto gli americani. Una
delle constatazioni più sorprendenti, che capita di fare leggendo i molti articoli sul Sudest
asiatico, è che, nel parlare degli
avvenimenti preoccupanti di questa regione, nessuno ricordi il
trattamento a cui essa è stata
sottoposta, esattamente fino a 4
anni fa, dal governo di Washington. Forse, tale improvvisa dimenticanza deriva da un diffuso
senso di colpa: perché molti governi occidentali (non escluso
quello italiano, nel quale pure
erano presenti, in posizione di
primo piano, molti ministri socialisti) espressero «comprensio
ne » per quelle imprese criminali. Quanto è accaduto in Indocina, in quel periodo, non è però
un dato da cui si possa facilmente prescindere. Una dozzina di
anni di bombardamento a tappeto, con bombe al « napalm » e
a percussione, lo sradicamento
forzoso di milioni di persone dai
loro villaggi nel tentativo di
« asciugare l'acqua » in cui si
muoveva la guerriglia, lo sconvolgimento della stessa natura
fìsica del paese attraverso i vari
prodotti chimici (a cominciare
dei famosi defalianti) hanno infatti avuto l'effetto di porre le
premesse di una crisi economica e sociale (e quindi anche politica) di portata immensa. Né
si possono dimenticare le conseguenze che ha avuto, sui grandi
centri abitati, la presenza del
corpo di spedizione americano,
con il diffondersi di ogni forma
di corruzione.
Questa realtà, se poneva dei
problemi particolarmente gravi
ai nuovi governi rivoluzionari,
non giustifica però i sistemi di
repressione spietata (fino agli
eccidi di massa) a cui essi sono,
negli ultimi 4 anni, ricorsi. Le vicende della Cambogia sono ormai troppo note (per i racconti
dello stesso principe Sihanuk),
perché valga la pena di ricordarle. Le notizie che, ormai da molti
mesi, giungono dal Vietnam, non
ci mostrano, però, un quadro
molto migliore, perché ci parlano di varie forme di crudeltà politica e personale, di campi di
concentramento a scopo rieduca
tivo, di persecuzioni immediate
contro tutti i dissidenti. Una
nuova dose di violenza si è in
tal modo abbattuta su un paese
che avrebbe avuto invece bisogno di pacificazione... »
Terzani differisce assai, nelle
sue opinioni, da Cambino. Egli
getta la massima colpa di quanto avviene, sulla Cina. E il Vietnam infatti le risponde a tono:
« Negli ultimi mesi (scrive)
chiunque fosse di origine cinese
si è visto cambiare lavoro, mettere da parte ed infine licenziare,
quindici professioni giudicate delicate per motivi di sicurezza
(tipo riparatore di radio, stampatore, fotografo) sono state
proibite ai cinesi, e così un sacco di gente s'è trovata disoccupata. Da marzo, a quelli senza
lavoro è stato detto che debbono
lasciare la città e andare a fare
i contadini nelle temutissime
"nuove zone economiche". "Presto ci sarà un'altra guerra con la
Cina e non vogliamo tante spie
in giro" ».
E' vero che « ci sarà un'altra
guerra con la Cina »? Ci sembra
che i Vietnamiti non possano saperlo, e in ogni caso il dirlo
« apertis verbis » non può che
irritare i cinesi stessi.
La « linea di valutazione Terzani » può certo esser proseguita.
Ma attenzione: scagionare di tutto i Vietnamiti non sarebbe possibile che gettando tutta la colpa sia sui Cinesi (imperialisti),
sia sugli Americani (fedifragri e
immemori delle proprie colpe),
sia sui Sovietici (ricattatori).
Doni Eco-Luce
DONI DI L. 1.000.
Piccoli Aldo, Torino; Gusmano Cosimo, Letojannl; Bertalot Italo, Porte;
Fasanari Bourquin Violetta, Svizzera;
Poggioli Idelmo, Torre Annunziata;
Prassuit Camilla, Torre Pellice; Sani
William, Orbassano.
DONI DI L. 3.000.
Gherardi Mario, Ospedaletti; Barsotti
Marcella, Pisa; Arzano Sergio, Terni;
Liberatore Gaetano, S. Croce di Magliano; Bertalmio Emilio, Villar Perosa;
Bianchi Mazzoli Adriana, Mezzano Inferiore; Tonello Lidio, Forni di Sotto;
Cordini Vittorio, Piacenza: Rivoira Giovanni, Torre Pellice; Pascal Aldo, Pomaretto; Ribet Pierino, id.; Mannucci Landò, Firenze; Dardi Scopacasa
Maria, Sondrio; Tescari Cecilia, Milano; Cougn Giovanni, Ge-Nervi; Megazzini Alessandra, Scandicci; Romeo Domenico, Reggio Calabria; Bouissa Clementina, Villar Pellice; Penna Aurelio,
Milano; Chiesa Evangelica, Vicenza;
Oliva Nicola, Vasto; Muston Arturo,
Roma; Coisson Nella, Milano; Sabatini Roberto, id. GardioI Lidia, Perrero;
Comber John, Pino Torinese; Baret
Guido, Pomaretto; Giavara Roberto, To
rino; Menusan Ida, Pinerolo: Veloo
Giorgio, Pisa; Giovannini Gino, Roma
Girardet Giorgio, id.; Rispoli Luisella
Milano; Lo Russo Angiolillo Franca
id,; Pizzi Libero, Omegna; Palmieri
Costantino, Borreilo; Costa Mirella,
Firenze; Garagunis Nicola, Pisa; Gay
Arnaldo, Firenze: BandizioI Germanet
Annita, Torino; Roni Giovanni, CasaJecchio di Reno; Ippoliti Massimo,
Colleferro; Gandolfo Giovanni, Trieste; Tourn Boncoeur Paolo, Rorà; Geymonat Luciano, Villar Pellice; Mathieu
Eynard Anita, Torre Pellice; Casa di
Riposo « li Gignoro », Firenze; Acinelli
Falanca Rosa, Genova; Condola Leonardo, Asti; Conti Giovanni, Roma;
Serafino Ettore, Pinerolo; Pons Ezio,
Torino; Welimann Enrico, Termoli; Manfrini Vinicio, Pisa; Transtudio Cristiano « Biblitek », Rivoli; Rivoire Carla,
Abbadia Alpina; Vinay Alessandro, Torino; Luchini Ada, id.; De Carli Jolanda, id.; Comba Aldo, Cascine Vica;
Quaglia Giuseppe, Cantù; Vanni Francesca, Firenze; Gallo Franco, Almese;
Campagnani, Busto Arsizio; Remelli
Giuseppe, Milano: Bafmas Purpura
Claudia, Torino; Paratore Michele, Novara di Sicilia; Cecchetto Alessandra,
Venezia; Milanese Matilde, Milano;
Cozzaci Gianpaolo, Bollate: De Langes
Jeanne, Venezia; Pastre Arturo, Pomaretto: Bitter Elena, Catania; De Laurentiis Ottavia, id.; Grasso Passini
Franca, Genova; Capostagno Maria Costanza, Torino; Fratini Enrico e Margherita, Moncalieri: Vola Enrico, Cinisello B.; Vola Dahò Luisa, Codogno.
ALTRI DONI
Papale Maria, Vitulazio L. 1,500;
Giolitti Carolina, Abbadia Alpina 20
mila; Baridon Silvio, Roma 43.000; Micol Edwin, Pomaretto 2.500; Micol Ernesto, Massello 2.500; D, M., Torre
Pellice 7.000; Zaccone Giorgio, Cuneo
20.000; Romussi Roberto, Cuneo 7.000;
Long Gabriel, Francia 4.133; Long Silvio, Svizzera 15.000; Decker Guido,
Torino 4.000; Mariotti Silvio, Torino
4.000; Roberti lima, Roma 4.000; Rossi
Servettaz Delia, Savona 30.000; Boccarrato Marina, Roma 2.500; Bertin
Gustavo, Luserna S. G. 1.600; Vitale
Pasquale, Campobasso 2.800: Chiesa
cristiana evang, battista, Pordenone
20.000; Jervis George, USA 6.900: Cavaliere 500.
(segue da pag. 1 )
zione degli uomini » vengono
qualificati come ipocriti. Di che
natura sia questa ipocrisia è
chiaro nel caso pratico del “Corban": ci si serve della priorità
da dare al divino per rifiutare
agli uomini che ne hanno bisogno il proprio aiuto.
Illuminante a questo proposito può essere la parabola del samaritano: qui il sacerdote e il
levita rifiutano il soccorso al
malcapitato non per durezza di
cuore, ma per una scelta prioritaria a favore delle disposizioni
riguardanti la purezza rituale.
Anche qui, l’uomo é lasciato nella sua condizione di bisogno oggettivo, nel suo "status quo" in
nome e a favore di un'istanza superiore.
Nel nostro tempo si ha Vinipressione che il binomio Amore
di Dio - amore del prossimo sia
diventato quasi un motto, una
specie di proverbio. Non possiamo infatti nasconderci il fatto
che esso è stato sganciato dall'annuncio che « il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vjcino... », per essere ridotto ad ima
specie di virtù teologale riservata a pochi eletti.
Non ci sorprende perciò il fatto che in alcuni ambienti l'amore del prossimo è ritenuto la via
per eccellenza che porta alla perfezione, mentre in altri si tratta
di una pura e semplice obbedienza ad un comandamento.
Il nostro testo potrebbe permetterci di recuperare la dimensione polemica, sovversiva dell'agape rispetto alla scrupolosa
osservanza di principi e norme
religiose che costituiscono un legame fortissimo in cui il prossimo è tenuto.
Nel campo dell'etica dell'agape, c'è da chiedersi se ciò che
conta è quello che « noi crediamo si debba fare », oppure se
ciò che in definitiva conta, è
quello di cui « gli altri hanno bisogno ».
Potremmo parlare allora di
un'agape conforme alla "realtà",
non nel senso di un servilismo
verso i fatti e le persone, bensì
di un'agape che rifletta il fondamento stesso della fede cristiana: il fatto cioè che Dio diventi
uomo; questo Dio si chiama Gesù Cristo.
Ciò che questo comporta, l'ha
esplicitato molto bene, Bonhoeffer; egli scrive: « Il destino dell'uomo che perisce nell'urto di
due leggi contraddittorie costituisce l'essenza della tragedia
greca. Creonte e Antigone, Giasone e Medea, Agamennone e Clitennestra sono soggetti alle esigenze^ di quelle leggi eterne che
non è possibile conciliare in una
stessa vita umana... Il senso di
tutte le vere tragedie non è dato
dal fatto che un personaggio abbia ragione e l'altro torto, ma
dal fatto che entrambi abbiano
torto dinanzi alla vita, che la
stessa struttura della vita implichi trasgressione delle leggi degli dèi... Chi ha conferito alla vita umana questo aspetto tragico
non è Lutero, ma sono Eschilo,
Sofocle ed Euripide. Per la Bibbia come per Lutero ciò che va
preso sul serio non è la disunione degli dèi che si rispecchia nelle loro leggi, bensì l'unità di Dio
e la riconciliazione del mondo
con Dio in Gesù Cristo; non l'inevitabilità della colpa, ma la semplicità_ della vita che segue la riconciliazione; non il destino, ma
l'evangelo; non il crudele trionfo
degli^ dèi sull'uomo che perisce,
bensì l'elezione dell'uomo alla
condizione di figlio di Dio in un
mondo riconciliato per grazia.
La contrapposizione di un
principio cristiano a un principio mondano, intesi come realtà supreme, implica il ricadere
dalla realtà cristiana alla realtà
dell'antichità; ma è ugualmente
errato considerare cristianesimo
e mondanità, per principio, come un'unità. La riconciliazione
fra Dio e il mondo, consiste unicamente ed esclusivamente nella
persona di Gesù Cristo. Da lui
soltanto procede un’azione umana che non si sbriciola nei conflitti di principio, ma sgorga dall'avvenuta riconciliazione del
mondo con Dio» (Etica).
Parlare di agape dunque, non
può significare interessarsi « ai
conflitti intimi dell'individuo »,
ma alla salvezza e liberazione
degli uomini.
Domenico Cappella
(dalla predicazione alla Con
ferenza del III Distretto)