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Anno 124 - n. 19
13 maggio 1988
L. 800
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Gruppo 1 bls/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
TRAFFICO DI ARMI CON L’IRAN
« Stupisce e addolora che contro la presenza dei Crocifissi si
sia espresso in modo ufficiale il
Consiglio della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia... »
ha detto il card. U. Poletti nel
corso della prolusione di apertura dei lavori deirAssemblea dei
vescovi italiani.
Ci dispiace per Polettj.
Ma, inversamente, uguale stupore e dolore potrebbe esprimere la Federazione per quanto aiferma in seguito il card.
Poletti: ripresa del terrorismo,
corruzione della vita politica,
pornografia (grazie alla quale
« il nostro Paese sta acquistando
tristi primati »), distruzione della famiglia, lotte sindacali, degrado del costume, e tanti altri
mali, si assommano in questa
polemica contro i crocifissi.
Questo partire lancia in resta
contro la Federazione mi pare
un po’ esagerato; a meno che
il card. Poletti non abbia qualche altro obiettivo in mente.
«Piedmont Connection»
Alcune industrie piemontesi implicate in una triangolazione per l’esportazione di
- La difficile scelta degli operai: bombe o licenziamento - L’obiezione del testimone di Geova
Leggendo il suo discorso e seguendo i lavori, sia pure tramite le cronache dei quotidiani,
dei giorni successivi, si ricava
l’impressione che l’Assemblea
dei vescovi abbia avuto come
preoccupazione principale quella di ricompattare la chiesa cattolica per affrontare con maggiore forza le sfide attuali della
società e le scadenze del prossimi anni.
Direi dunque preoccupazioni
essenzialmente interne; molto
spazio dedicato alle finanze (cosa succederà quando entrerà in
vigore il sistema dell’8 per mille?), alla scuola privata per la
quale si reclama, come doveroso, un finanziamento pubblico, e
poi, fra gli altri, i temi ricorrenti della difesa della vita e
della religione a scuola.
La Federazione, dopo aver avuto l’onore di essere menzionata
il primo giorno, non pare essere
tornata di scena nei giorni successivi, né pare che il tema dell’ecumenismo sia stato discusso nell’Assemblea dei vescovi.
Ma, allora, perché tirarla in
causa?
Viene da pensare che la Federazione sia stata un pretesto
per attaccare, indirettamente,
quella minoranza consistente all’interno della chiesa cattolica
che ricerca nuovi modi di essere cattolici. Penso ovviamente in primo luogo alle comunità
di base che non m,i pare siano
particolarmente contente del
Concordato per ciò che ne consegpie; penso ai cattolici democratici, accusati di « essere protestanti » e che hanno espresso
posizioni simili a quelle della
Federazione; ma anche ai cattolici delle parrocchie che. stentano talvolta a riconoscersi nelle
posizioni della gerarchia.
L’avvertimento a tutti costoro
è chiaro: fate attenzione, non
andate con i protestanti, che sono dall’altra parte della barricata. insieme ai terroristi e al peccatori!
Se è così, è proprio un belrecnmenismo.
Luciano Deodato
C’è una «Piedmont Connection»
nel traffico internazionale di armi
verso l’Iran? Parrebbe proprio
di sì, ed i recenti arresti dei proprietari del « gruppo Bertoldo »
sono lì a dimostrarlo.
La nostra storia comincia negli anni ’80 in Francia. Il gruppo
industriale Luchaire (dal 1919
presente nel settore delle forniture militari, e specializzato in munizionamento per l’artiglieria) è
in crisi: magazzini pieni, perdite
annue di 45 milioni di franchi. La
proprietà decide di cambiare management e l’azienda viene affidata a Daniel Dewarin, che vanta
esperienza nei servizi tecnici dell’esercito e soprattutto conoscenze in alto loco.
In poco tempo il miracolo: si
svuotano i magazzini, si aumenta
la produzione, si ricercano accordi con altre imprese per soddisfare le commesse. La divisione armamenti passa da 790 milioni di franchi nell’83 a 1.302 nel
1985 ed esporta l’84% della sua
produzione, pur fabbricando prodotti tradizionali. Viene il sospetto che il grande boom della produzione della Luchaire sia legato
a qualche conflitto e, soprattutto,
alla guerra Iran-Iraq.
Il governo francese, alla fine
del 1986, decide di avviare xm'inchiesta.
Il 4 novembre dell’87, il giornale « Le Figaro » pubblica il testo
definitivo dell’inchiesta, affidata
al generale Barba. Migliaia di
munizioni sono state vendute dalla Luchaire all’Iran e l’invio è
stato possibile utilizzando il col
laudato meccanismo delle « triangolazioni ». Il rapporto afferma
che i contatti con l’Iran sono stati stabiliti tra l’81 e l’82 da Mario
Appiano, dirigente delle filiali Sea
(con sede a San Mauro Torinese)
e Consar (con sede a Roma) della Luchaire. Tutte le commesse
dell’Iran sono passate di qui,
tranne una commessa di fine ’85
ohe è dovuta passare per il Brasile a causa di una maggiore sorveglianza del governo italiano.
La Banca Nazionale del Lavoro (una banca di diritto pubblico) ha curato l’aspetto finanziario dell’operazione ed ha versato
in Svizzera 100 milioni di franchi
ad intermediari italiani ed iraniani.
Al rapporto Barba si aggiunge
un reportage di « Le Monde » secondo cui il traffico di armi con
l’Iran passerebbe oggi per il Portogallo. La Sea di San Mauro sarebbe inoltre coinvolta, a causa, di
alcuni certificati falsi sulla destinazione delle armi, anche nel1’« Irangate » tramite la Defex, filiale americana della Luchaire.
La Sea è una organizzazione
commerciale della Luchaire che
opera in Italia, ma finora l’Italia
non sembra essere direttamente
coinvolta nella produzione di armi per l’Iran.
La « connection »
In realtà non è così. Analizzando i bilanci della Sea si scopre
che tra i crediti ci sono, nel 1986,
234 milioni della ditta Gea, di Ca
Due morti della interminabile guerra Iran-Iraq. Sono stati uccisi
da armi prodotte nel canavese?
fasse, e altri milioni per la Erher di Grosso Canavese e Noie.
Gea ed Erber fanno parte del
« gruppo Bertoldo » ed hanno sede nel Canavese (ad una ventina
di km. da Torino); producono
munizionamento per l’artiglieria.
Le due aziende, che occupano
complessivamente 310 persone,
producono involucri vuoti di munizioni per artiglieria, per mine
anticarro, per razzi. Sono di proprietà dell’ing. Ermanno Bertoldo, noto personaggio del Canavese (è anche il consigliere comunale di Grosso più votato). Originariamente le aziende facevano
una produzione legata all’indotto
automobilistico poi, vista la crisi, si erano ’’riconvertite” — anche grazie a fondi pubblici — ad
una produzione bellica.
Alla fine dell’87 il gruppo Ber
IL DISCERNIMENTO
Un tempo per decidere
toldo acquisisce anche la Remìe
(Recupero Esplosivi Militari Import Export) di Rosé (Vicenza).
Così il ciclo si chiude: si possono
produrre gli involucri ed anche
riempirli.
La Remie è già stata coinvolta
nel traffico di esplosivi cOn l’Iran,
essendo l’azienda fornitrice di esplosivi per la Valsella, anch’essa sotto inchiesta della magistratura.
Il quadro si complica quando
il giudice veneziano Casson. che
indaga sui movimenti terroristici
di un gruppo khomeinista in Italia, si convince che tramite questo gruppo si sono vendute armi
italiane all’Iran.
Indagini e perquisizioni portano così agli arresti di Luigi Corsi
(della Consar di Roma), di Ermanno Bertoldo e di sua moglie,
mentre Mario Appiano della Sea
fa in tempo a rendersi uccel di
bosco prima dell’arrivo dei carabinieri.
Gli opera!
« Ipocriti, l’aspetto della terra e del cielo sapete riconoscerlo;
come mai non sapete riconoscere questo tempo? » (Luca 12: 56).
Essere cristiani è spesso solo
una collocazione culturale. L'Evangelo è un dato acquisito. Come tutti, cerchiamo di fare quello che si può, di barcamenarci
alla meglio. Crediamo in Cristo,
ma poi facciamo quello che ci
sembra più logico e più razionale. La fede in Cristo è spesso
solo un condimento per dare un
sapore in più, senza che gli ingredienti della nostra vita quotidiana siano messi almeno in
discussione. Una decisione intellettuale o sentimentale che non
tocca la nostra vita quotidiana.
In Luca 12: 56 ci viene chiesto: « Come mai non sapete discernere questo tempo? ». Il tempo della presenza del Regno non
è da rinviare ad una dimensione
stratosferica, non è da collegare con un ideale di pace e di serenità, con il godimento di delìzie mistiche, ma con la persona di Gesù Cristo.
Noi riusciamo a discemere, a
calcolare, a prevedere quasi tutto.
Siamo in gamba, ma non sappiamo discemere il tempo della
presenza del Regno in Gesù Cristo.
Per discemere questo tempo
non dobbiamo consultare il bollettino meteorologico, o far elaborare dal computer l’indice del
nostro bisogno religioso, non dobbiamo ascoltare l’astrologo prima del telegiornale della sera,
ma capire la croce di Gesù Cristo. La croce non è un segno
di trionfo, di successo, non è la
conferma delle nostre aspirazioni, ma è un segno di crisi, di
inquietudine, di giudizio per l’umanità, per la storia, per la nostra filosofìa di vita, per il nostro modo di comprenderci come persone.
Un ostacolo per la nostra religiosità.
Il Regno di Dio in Cristo non
è chiaro perché è contrastato,
perché si configura come una
sconfitta, perché non è una conferma, ma un appello alla no
stra conversione. Discernere questo tempo è capire che la presenza del Regno in Cristo è il
limite, ma anche il senso della
storia che gli uomini stanno facendo.
Discernere il tempo è capire
che possiamo essere sottratti all’insignificanza e alla pericolosità dell’arbitrio umano per essere rimessi a vivere ed a sperare
nel quadro della grazia di Dio.
Capire insieme agli altri.
Il discernimento è il dono che
possiamo ricevere nella lettura
quotidiana personale e comunitaria della Bibbia. Questa non è
una guida morale, un libro di
pietà. Leggere la Bibbia è mettersi ù per comprendere, per essere costretti a discemere e a capire dalla Parola di Dio che opera in noi mediante lo Sparito Santo. Per pxìi decidere per Cristo.
Discemere questo tempo è capire che è il tempo di una decisione che non può essere rimandata ad un’altra volta, o a tempi migliori.
Valdo Benecchi
Fin qui la storia, in cui c'è
ancora molto da chiarire, del
coinvolgimento piemontese nella
guerra Iran-Iraq. Ma cosa ne pensano gli operai, quelli che le bombe le hanno materialmente costruite?
Il consiglio di fabbrica è dalla
parte del padrone: « L’ingegnere
è stato coinvolto passivamente in
questa storia, lui non c’entra: le
bombe le facevamo per il Portogallo, che non è in guerra con
nessuno ».
C’è assunzione di corresponsabilità, dovuta anche alla storia
della riconversione verso la produzione bellica: « Quando nel
1981 si trattava di passare al bellico, l’ingegnere ci convocò e ci
disse che col bellico avremmo avuto lavoro, altrimenti le prrospettive erano brutte. La maggioranza scelse di lavorarvi. Solo
un operaio, un "testimone di
Geova”, si oppose e fu destinato al settore civile della Erber ».
La scelta oggi pesa. La scoperta che le bombe da loro costruite
possono aver ucciso persone,
bambini, vecchi non direttamente implicati nei combattimenti
Giorgio Gardiol
(continua a pag. 2)
2
commenti e dibattiti
13 maggio 1988
LA PAROLA
Al BASCHI
Il « dissenso > espresso da Michele
Schiavino richiede alcune puntualizzazioni. Non vedo dove il nostro giornale
abbia dato ail'integrazione il senso colto dal lettore; per quanto riguarda I miei
scritti, ho sempre sottolineato come
la cultura dei bianchi stia « distruggendo il popolo rosso », ed ho anche riferito la denuncia che i rappresentanti delle nazioni amerindio fanno, accomunando i cristiani (cattolici ed evangelici) nella responsabilità etnocida. Le
preoccupazioni del lettore sono, quindi, le nostre. Consenso, allora, e non
dissenso.
Per quanto riguarda II terrorismo in
Sud Africa e in Euskal Herria (iPaesi
Baschi), d'accordo nel condannare,
sempre e comunque, la violenza. Ma a
due condizioni; la prima è nel riconoscere che esiste anche una violenza di Stato, troppo sovente ignorata o
comunque « mascherata », che occorre
svelare, denunciare ed isolare sul piano internazionale. La seconda è
quella di farci carico, noi nemici della
violenza, delle giuste esigenze dei
popoii oppressi. In altre parole, dobbiamo contribuire a ohe il terrorismo
rron finisca con i'essere l'ultima ratio a
cui gii cipressi possano ricorrere per
richiamare su di ioro l'attenzione Internazionale, ed in genere di tutti coloro ohe sono « In tutt'altre faccende
affaccendati ». Soltanto dopo esserci
fatti carico delle loro istanze (siano
essi Zulu, Kanak, Palestinesi, Baschi o
Miskito...), ed aver concretamente solidarizzato con ioro, acquisiamo titolo
per dissociarci dal « terrorismo », e per
stigmatizzarlo. Ancora una volta, si
tratta di riconoscere ia nostra corresponsabiiità.
infine, vorrei precisare che non mi
sono mai sognato di sostenere che le
azioni terroristiche deil'ETA siano comunque legittime. Ho scritto, invece,
che non ritengo legittime queiie delle
forze di polizia del Regno di Spagna,
quando queste caricano ia popoiazione inerme neiie manifestazioni civiii
(anche neiie sagre paesane!), quando
"sparanucano” e torturano i prigionieri, quando arrestano senza mandato,
quando ammainano ie bandiere basche
dai Municipi. Tutti noi abbiamo salutato con gioia la fine delia dittatura
franchista. Ma proprio per questo non
possiamo non rammaricarci che al
comando della polizia permangano elementi molto compromessi coi passato
regime, i quaii sono protagonisti nei
cercare di fare deiia « Guardia Civil »
un « corpo separato ». Possiamo anche
ritenere, noi « iontani », che i Baschi
dovrebbero accontentarsi deil'autonomia
speciale conquistata, e rappacificarsi con Madrid. Ma non possiamo negare, a priori, il principio deii'autodeterminazione dei popoii, e neppure rifiutarci di considerare che vasti strati
della popolazione basca vogiiono i'indipendenza e l'unità deile sette province basche, ora divise tra francia e
Spagna.
Il giornale è stato l'unico in italia,
che io sappia, ad informare correttamente riportando ia protesta basca.
Informare, dando voce a chi non l'ha,
non mi sembra sia motivo di demerito.
Tavo Burat, Bieila
LE PIETRE
CONTRO ISRAELE
Caro direttore,
ho letto con molto interesse l'artiooio di Erica Scroppo su Primo Levi e
sui suo libro (n. 15 del 15 aprile '88);
non posso entrare nel merito deile conclusioni sul libro, che ho letto con
molta angoscia, ma vorrei esprimere
un parere su aicune frasi riportate e
riguardanti Israeie.
So bene che moite delie notizie che
arrivano dalla Palestina sono forse un
po' distorte e parziali e prendo atto
che ii popolo di Israele ha pagato ogni
pietra che sta usando e che i rimasti
hanno memorie che nessuno di noi si
può né si deve permettere di giudicare (anche perché il giudizio è assolutamente antievangelico), ma... quando
si dice che Israele non può essere criticato nel suo operato se non dagli
israeliani e dagli scampati all'olocausto, allora secondo me si corre il rischio di fare un errore storico ancora
più grosso.
Ritengo che il dialogo, nel rispetto
della libertà altrui, debba essere la
base di ogni società civile; senza il
dialogo si vive in un mondo dove regnano solo la sopraffazione e l'arbitrio,
cosa che P. Levi ha cercato, a mio parere, di ribadire nel libro.
Non so obiettivamente se questo
dialogo stia avvenendo oggi, ma il
fatto di delegare ad una sola parte
interessata la critica storica di eventi
che si stanno verificando attualmente,
predispone la storia ad una sola interpretazione dei fatti, cosa ohe non
ho trovato nei libri di P. Levi e che
sinceramente non trovo nemmeno dentro di me.
Mimmo La Grotteria, Angrogna
RICONOSCERE IL
NOSTRO PECCATO
Caro Direttore,
ho letto con piacere l'articolo di
Gino Conte < A SO anni dairAnschluss
nazista » (n. 8 del 26 febbraio) che mi
ricorda quando, poco più che ventenne, dovetti interrompere gli studi per
essere inviato per pochi giorni alla
frontiera per dare al mondo l'Impressione che l'Italia riproponeva l'opposizione, seriamente attuata solamente
nel '34.
Ho apprezzato, in particolare, il riconoscimento odierno da parte delle
chiese riformate che allora, da parte loro, non vi era stata seria opposizione all'Ar>schluss, ma invece una sostanziale
accettazione ed un effettivo sostegno.
Non posso però fare a meno di
considerare come, per contro, nessuno, nelle nostre chiese, ha mai fatto
una analoga analisi « storico-critica »
del comportamento, anche ufficiale,
che poneva molto in alto, nella considerazione della comunità, uomini, non
certo cristiani, che erano riusciti (non
Importa s quale prezzo!) a realizzare
nei loro paesi un cosiddetto ■« socialismo reale ». Anche se oggi tali personaggi, allora universalmente osannati, sono caduti dal loro piedistallo
nella considerazione del mondo e dei
loro stessi compatrioti, nelle nostre
comunità rifiutiamo ogni analisi critica del nostro comportamento nel nostro recente passato e non vogliamo
ammettere di aver commesso almeno
errori di valutazione. Continuiamo invece a « fare politica », avendo In
mente le stesse concezioni filosofiche che ci hanno così a lungo abbagliato, impedendoci di cercare qualcosa di « nostro », di originale, di veramente ispirato agli insegnamenti di
Cristo. Trascuriamo così anche il nostro naturale compito nel mondo, quello che Gesù ci ha chiarissimamente
indicato: evangelizzate le genti!
Questo evidentemente non vuol dire che dobbiamo disinteressarci della
realtà in cui viviamo ed in cui dobbiamo operare. Ma sulla terra la nostra azione ha il suo limite naturale
neU'ambito del territorio dove possono giungere le nostre opere, non certo
nel protagonisnro di qualcuno che, comodamente seduto in poltrona, spesso
con una conoscenza superficiale della situazione, sentenzia irresponsabilmente su quello che altri, distanti da
lui migliaia di chilometri, devono compiere per risolvere i problemi del
mondo!
Per esempio, a proposito di pace, io
sono fermissimamente convinto che
è più vicino agli insegnamenti dell'Evangelo chi va a trovare la persona
con cui ha litigato il giorno prima
per ristabilire con lui rapporti cordiali ed amichevoli, piuttosto di chi si
reca a un « sit-in ».
Reto Bonifazi, Terni
IL PIANO DEI
CINQUE GIORNI
Grazie ai piano dei 5 giorni ho
smesso di fumare.
Essendo venuto a conoscenza che
a iPinerolo si svolgeva un « piano di
5 giorni » per smettere di fumare, nonostante il mio scetticismo ho voluto provare anche questa nuova esperienza.
In passato mi ero già sottoposto a
diversi trattamenti senza ottenere alcun risultato positivo.
Il nostro gruppo era composto da
70 persone, tra le quali un elevato numero di « super-fumatori » (50-60 sigarette al dì) da parecchi anni.
Al termine dei 5 giorni e a tutt'oggi
il risultato è stato soddisfacente, infatti il 93% dei presenti ha smesso
di fumare.
Con l'ausilio di film, diapositive ed
altri sussidi audiovisivi, gli animatori
offrono un'informazione completa della psicologia e della fisiologia del
fumatore. In particolare l'animatore
psicologico cerca, partendo dai filmati, di rinforzare psicologicamente la
decisione di smettere di fumare. La
terapia medica (qui entra in gioco
soprattutto il fisiologo), si avvale di
rimedi naturali per disintossicare
l'organismo del fumatore, i quali vengono suggeriti con progressione particolare, rigorosamente studiati: si tratta di esercizi idroterapici, respiratori e
di consigli dietetici.
Un grazie all'associazione « Lega
vita e salute » che promuove questa
iniziativa.
Un grazie particolare ad Anita e
Davide che con la loro disponibilità
e valida preparazione hanno saputo
aiutarci in questa tremenda lotta contro il fumo.
Per ulteriori informazioni, telefonare al 901263, « Lega vita e salute »,
Torre Pel lice.
Renato Daniel
e tutto il gruppo di amici ex fumatori
L’OLP
Connection
(segue da pag. 1)
pone interrogativi alle coscienze.
Gli antimilitaristi, aU’esterno
delle fabbriche, premono: « Bisogna riconvertire dall’industria
bellica a quella della pace. La
Erber ha avuto soldi pubblici per
lo sviluppo delle nuove tecnologie (si parla di 1 miliardo e 400
milioni, n.d.r.): utilizziamoli per
la riconversione ». Ed annunciano una marcia per la riconversione per l’8 giugno.
Il sindacato è preoccupato per
i riflessi occupazionali che questo
può produrre e accusa Bertoldo
di insensibilità. Manca in Italia
una legge per la riconversione (vi
sono progetti di legge di DP e dei
Verdi). Il problema è perciò drammatico; gli operai possono praticare l’obiezione di coscienza, come ha fatto alla Erber il testimone di Geova. Ma se questo atteggiamento fosse generalizzato,
sarebbero licenziati. Infatti in
questo movimento di liberazione è
considerato dall'attuale Stato ebraico
come « una banda di terroristi » ed
alla stregua di « insetti immondi da
schiacciare » (parole dei primo ministro Shamir riportate dalla non sospetta « Stampa »).
Non è certo con questo spirito che
si può pensare di arrivare ad una
giusta soluzione del drammatico problema, perché di questo si tratta; di
giustizia.
Roberto Peyrot, Torre Pellice
LA PREGHIERA IN
CLASSE
Mi imbattei per la prima volta a
scuola — racconta Gozzini su l'Unità
del 25.2.1988 — nella mentalità tipica
dei cattolici alla GL.
Una mattina alcuni ragazzi mi chiesero di poter pregare in classe prima dell’inizio delle lezioni. Un po’
stupito, risposi ohe erano ovviamente liberissimi di farlo ciascuno per
proprio conto, ma che in una scuola
pubblica di uno Stato laico, per rispetto dei compagni non credenti o non
cattolici, una preghiera di gruppo non
era possibile. Se proprio ci tenevano,
aggiunsi, potevano usare un certo locale appartato, che indicai, dove non
sarebbero stati disturbati e nessuno
avrebbe potuto risentirsene.
La mia proposta non li soddisfece:
non ne fecero nulla.
Gli premeva evidentemente la pubblicità del gesto, la visibilità del loro
pregare. (...)
MI pare che il ministro Galloni, ri
spondendo ad una interrogazione, abbia
chiarito che, dopo il nuovo Concordato
non essendo più in vigore il principio
dei cattolicesimo religione dello Stato, essendo anzi in vigore la legge
sui rapporti con i valdesi, la preghiera pubblica nella scuola non è più
legittima. « Una Ave Maria non fa male a nessuno », diceva il mio insegnante di religione più di mezzo secolo fa.
No, a qualcuno può far male; e la
Costituzione tutela, non c’è dubbio,
questo suo sentimento. Ma lo tutela
anche il nuovo Concordato: non vi si
proclama II rispetto della libertà di
coscienza? (...)
Quanto al pregare in classe, sta pure scritto: « Quando pregate, non siate
simili agli ipocriti die amano pregare
ritti nelle sinagoghe e negli angoli
delle piazze per essere visti... tu invece, quando presti, entra nella tua
camera e, chiusa la porta, prega nel
segreto». Fin qui il Gozzini.
I cielllni sono serviti: l’Evangelo li
indica come simili agli ipocriti. Speriamo che non facciano di tutto per
essere considerati puramente e semplicemente degli ipocriti...
Luigi Giudici, Padova
Al LETTORI
Siamo sempre molto grati a coloro
che ci scrivono per sottoporre proposte,
far conoscere loro idee, prendere posizione. Preghiamo solo i nostri lettori di
essere il più possibile concisi, di evitare
di ripetere argomenti già usati da nitri
e soprattutto di evitare le polemiche
personali attraverso il giornale.
Scriveteci, a macchina possibilmente,
ma limitate il vostro scritto a 30/40
righe.
Pazientate se non pubblichiamo subito.
§-g
Nel leggere la lettera Bonino-Tron in
merito alla questione israelo/palestinese (pubblicata sul n. del 29 aprile
scorso) e prescindendo dalle loro valutazioni, vorrei solo far notare la
inesattezza di una loro affermazione,
vale a dire quella secondo cui « l'Qlp...
si presenta tuttora al tavolo delle trattative con altrettanta rigidità e fanatismo... » ecc.
Non mi risulta affatto che l’Qlp sia
in alcun modo presente a trattative
di tal genere, essendone stata categoricamente esclusa da Israele. Se
è vero che l'Qlp finora non ha riconosciuto Israele, è altrettanto vero che
Italia non esiste alcuna tutela legislativa per chi non accetta l’oggetto del lavoro, dato che non vi
è obbligo di accettare il lavoro.
La strada — lunga — è quella
che i consigli di fabbrica si impegnino verso la riconversione,
come sta succedendo alla Galileo
di Firenze, ed elaborino progetti
concreti di utilizzo delle tecnologie in dotazione verso produzioni
alternative. Per questo è necessaria anche la solidarietà di tecnici e progettisti. Si tratta, insomma, di iniziare a mettere nelle piattaforme contrattuali il controllo di « cosa si produce ». Ma
è possibile, nelle attuali condizioni del movimento sindacale?
Una sperimentazione forse è
possibile e speriamo che la Regione Piemonte, che ha nei suoi
programmi quello di diffondere
la cultura della pace, cominci a
farlo, magari partendo daH’industria bellica del basso Cianavese.
Giorgio Gardiol
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardiol
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Piervaldo Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Alberto
Bragaglia, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Paolo Fiorio, Claudio Martelli, Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo
Segreteria: Angelo Actis
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Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoll
Il n. 18/88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli
decentrati delle valli valdesi il 5 maggio '88.
Hanno collaborato a questo numero: Antonio Adamo, Arrigo Bonnes, Giuliana Gand'olfo, Carlo Gay, Giovanni Gönnet, Paola Montalbano.
3
13 maggio 1988
commenti e dibattiti
ANCORA SUL ’’GLORIOSO RIMPATRIO’
La memoria storica
per capire il presente
Una « riapproprìazione critica » della tradizione, operazione importante nell’epoca deH’omologazione culturale e della simultaneità
L'interessante dibattito sul
« Glorioso Rimpatrio » ha posto
al centro dell’attenzione numerose questioni, tra le quali spicca la domanda fondamentale:
che significato ha, per noi oggi,
celebrare un avvenimento del
passato? Quale importanza e
quale senso sono da attribuire
alla ricostruzione ed alla rammemorazione della propria storia?
L’andare alla ricerca della propria storia mi sembra significhi,
innanzitutto, ripercorrere con,papevolmente la tradizione dalla
quale proveniamo e riappropriarci criticamente dell’eredità culturale di cui facciamo parte. La
esperienza di vita è, infatti,
sempre un’esperienza storica,
che ha le sue radici in im universo di significati, di simboli, di
conoscenze tramandate, in cui
ognuno di noi pensa e agisce.
E’ in questo senso che — per
riprendere un’espressione usata
da Sergio Rostagno — la storia costituisce « im imprescindibile luogo ermeneutico », cioè è
un ineludibile luogo interpretativo della propria identità. In
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 15 MAGGIO
ore 23 circa ■ RAI 2
In questo numero l’attualità
si apre con im tema culturale: Franco Girardet e Elena
Ravazzini Corsani presentano
rispettivamente le loro recenti
pubblicazioni. Seguono due
filmati ; uno sul congresso
PDEI, l’altro sul raduno dei
pentecostali al Paialido di Milano. Conclude 1’« uno più
uno ».
altri termini, l’autoriconoscimento e la comprensione di noi
stessi sono sempre mediati storicamente, passano anche attraverso la decifrazione di quel complesso di esperienze, di scelte,
di rifiessioni teologiche, di convinzioni etiche, di modi di pensare, intorno ai quali si è data
esistenza storica la comunità
evangelica cui apparteniamo e
nella quale ci riconosciamo, nel
,suo differenziarsi da altre tradizioni e da altre culture. Riattivare la memoria della propria
storia diviene così l’occasione
per far riemergere, in im quadro di consapevolezza, il passato
che ci portiamo dentro come
traccia e come segno di identificazione.
Questo recupero di consapevolezza della propria identità come appartenenza ad una specifica tradizione storico-culturale, mi sembra particolarmente
importante in un tempo come
l’attuale, in cui si fa sempre più
marcata la tendenza all’omologazione generale, al livellamento
delle differenze e alla cancellazione delle alterità, tendenza che
finisce per annullare l’identità di
ciascuno e per vanificare ogni
possibilità di effettivo confronto tra posizioni diverse.
Il far valere la propria specificità — di contro aU’indifferentismo conformistico — è tanto
più significativo in una situazione come quella italiana, nella
quale, su noi evangelici, pesa
la responsabilità <3i rendere testimonianza della nostra fede
nel quadro di una cultura di
minoranza rispetto alla maggioranza cattolica del paese.
Ma c’è un altro motivo che
mi sembra rendere oggi sempre
più urgente il recupero della dimensione della storicità. Si tratta di contrastare quella tendenza — che si fa strada nella nostra epoca — a « destoricizzare »
l’esperienza, a togliere spessore
al vissuto individuale e colletti
vo, a vantaggio dell’appiattimento in un presente senza passato e senza futuro. La società
tardo-industriale (l’epoca della
post-modernità, come oggi si usa
dire), infatti, tende sempre più
a chiudersi in ima sorta di immobilità e di ripetitività senza
storia: da un lato, le innovazioni tecnologiche si succedono le
une alle altre con un ritmo talmente incalzante da trasformare
ogni progresso in routine, annullando la possibilità di un’effettiva produzione del nuovo;
dall’altro, l’uso dei mezzi di informazione — la televisione soprattutto — riporta ogni avvenimento sul piano della contemporaneità e della simultaneità.
Di fronte a tutto questo, diventa significativo ricostruire la
propria memoria storica, riappropriarsi del senso della propria costitutiva storicità, in base
al convincimento che interrogarsi sul proprio passato significa interrogarsi sulla propria
identità.
Come qualcuno ha detto, « gli
uomini sono le loro storie », ma,
appunto per questo, « le storie
bisogna raccontarle», perché non
venga smarrito il tracciato della
trasmissione storica e il legame
che connette strettamente il passato con l’orizzonte del presente e la costruzione del futuro (il
recente libro di Giorgio Bouchard I Valdesi e l’Italia costituisce, proprio in questo senso, un ottimo esempio di « racconto » storico).
In conclusione, la celebrazione del terzo centenario del
« Glorioso Rimpatrio » può costituire un’occasione e un momento importante per le nostre
chiese, sulla linea di quel ripensamento critico della propria
eredità storica, dal quale possiamo ricavare indicazioni per
un miglior orientamento nel presente.
Elena Beùi Ricco
PROTESTANTESIMO IN TV
A vent'anni di distanza, anche « Protestantesimo », la sera del 1° maggio, ha voluto
fare un bilancio del ’68 in
rapporto alla nostra realtà ecclesiastica e di fede.
Condotta da Maurizio Girolami, la rubrica ha visto la
partecipazione di altri esponenti del nostro ambiente e
dell'area cattolica allora definita « del dissenso ». Accomunava i presenti, compreso il
conduttore, l'aver vissuto intensamente quel periodo, in
quanto protagonisti oppure
critici del medesimo. Dai va
cia solo del peccato « dell’altro », atteggiamento sempre
negativo (G. Conte). Purtroppo, l’importante rivoluzione
teologica barthiana precedente non aveva scosso il conformismo e la stagnazione
delle chiese per cui, per G.
Girardet, la provocazione era
necessaria.
Venendo al campo cattolico,
è stata rievocata la vicenda
dell’Isoletto, la nascita delle
comunità di base, la solidarietà delle chiese evangeliche.
Oggi è in atto il tentativo di
« ricompattare » tutti sotto
Il ^68 evangelico
ri interventi non sono emersi giudizi entusiastici né, all’opposto, demolitori (valutazioni di questo tipo rivelano
spesso rancori non superati e
incapacità di autocritica).
Ho trovato positivo questo
Sereno confronto non perché
attribuisca validità alla classica « via di mezzo », ma perché esso mi è parso in larga
misura il risultato di riflessioni maturate all’interno di
un percorso di fede, sia pure alla luce di nuove oggettive esperienze. Rilevo, fra i
tanti, alcuni ricordi e osservazioni: uno dei primi slogan
dei contestatori evangelici di
Roma era stato « Non andare
in chiesa, lavora per la pace ».
Oggi vediamo che le chiese
sono molto attive a favore
della pace e non ha quindi
più senso la prima parte della frase, ma allora evidentemente le due cose apparivano scisse (P. Spanu).
La protesta investì presto
sia la Facoltà valdese di teologia che il Sinodo, insistendo sul legame tra impegno
politico e testimonianza cristiana. Si rimprovera a quél
periodo l’eccesso di ideologia,
tuttavia il sostenere, come avviene oggi, che le ideologie
sono finite non è a sua volta
un’ideologia? (G. Mottura).
Connotazioni negative della
contestazione furono la platealità e il gusto della provocazione, come pure la denun
l’ala della gerarchia, ma molti
settori vi si sottraggono e d’altronde anche il protestantesimo appare meno incisivo (F.
Gentiioni).
Sono emerse poi valutazioni su una certa, vera o presunta, « protestantizzazione »
dell’Italia (G. Manfredi). Per
D. Giudici, ora come allora,
in Italia c’è appunto necessità di « valori » protestanti che
essa così sintetizza: responsabilità individuale, senso dello
stato, ruolo della donna.
Per M. Rostan, il corporativismo oggi imperante non ha
nulla a che vedere con il senso di responsabilità e contrasta con i presupposti di una
società più giusta nel suo complesso.
Mi sembra che una buona
conclusione del discorso sia
stata offerta da F. Spano, la
quale ha rilevato il pericolo
che ad una maggior consapevolezza della complessità dei
problemi (« la politica entra
in tutte le cose ma non tutto
è riconducibile ad essa») faccia seguito un egoistico « stare a guardare ». Il concetto
è stato ripreso da G. Girardet
nella sua esortazione a continuare « la lunga marcia » contro le enormi ingiustizie del
nostro mondo.
Nel complesso una trasmissione stimolante ed un’analisi
approfondita e doverosa.
Mirella Argentieri Bein
Nel dialogo ecumenico ogni
giorno di più ci si accorge come
il problema del linguaggio crei
diiTicoltà: si aiTerma una cosa,
forse con la santa ingenuità di
essere stati semplici (« Il vostro
parlare sia sì e no », Mt. 5: 37),
e invece le nostre parole assumono, in chi ascolta, tutto un altro
significato.
Per fortuna, fra persone in
buona fede, c’è possibilità di dialogo e quella che a prima vista
sembra una critica insanabile,
può diventare invece ricchezza
reciproca, perché aiuta a chiarire, a conoscersi meglio.
Mi riferisco alla richiesta delle
coppie interconfessionali alle
chiese cristiane in Italia circa il
battesimo in forma ecumenica
dei loro figli.
Per quel che riguarda la chiesa valdese, l’ultimo sinodo ha
sottoposto il problema all'esame
dei concistori e può essere utile
chiarire maggiormente il senso di
alcune espressioni usate in quella
richiesta, dato che, da alcune osservazioni ricevute, abbiamo
compreso che le nostre parole
non riflettevano forse con esattezza quanto intendevamo.
Innanzitutto deve essere ancora una volta ribadito che nessuno
di noi ha parlato di « battesimo
ecumenico », ma solo di battesimo in forma ecumenica. Non si
dovrebbe quindi più dire ohe le
coppie interconfessionali propongono il « battesimo ecumenico »
DIBATTITO
Il battesimo in forma ecumenica
dei loro figli per poi censurare
questa dizione spiegando che non
ha senso, poiché il battesimo è
unico. Lo sappiamo già anche
noi, e per questo insistiamo nel
richiedere una forma ecumenica
dell’unico battesimo cristiano.
La relazione della Commissione « ad referendum », ora all’esame delle chiese, deplora l’implicita « doppia appartenenza » conseguente a un battesimo in forma ecumenica. Questa espressione, più volte prospettata in campo ecumenico, si presta a facili
equivoci in chi prende per la prima volta in esame problemi di
questo genere. Forse sarebbe più
chiaro parlare di « doppio impegno ecclesiale » della famiglia biconfessionale, anch’esso però di
difficile definizione, tuttavia messo in pratica con chiarezza e senza confusione in vari casi.
Comunque questo tema va al
di là del discorso sul battesimo in
forma ecumenica, come Dure l’.accenno, fatto nella stessa relazione,
al rischio di una « terza chiesa »,
anch’essa possibile conseguenza
dell’iniziativa delle coppie interconfessionali. Le coppie che hanno sottoscritto la richiesta in
questione, lavorano con assiduità
nelle due chiese, nella speranza
che esse camminino « insieme
verso Cristo », e non hanno mai
inteso proporre « integrazioni »
che sarebbero assurde perdite di
ricchezza e pateracchi non evangelici.
(A proposito di difficoltà di linguaggio, rilevo che la definizione
riportata nella relazione, « Il battesimo è segno di appartenenza
a una comunità storicamente definita », sembra contraddire l’affermazione fatta a questo proposito dal prof. Peyrot sul numero
del 28-8 87: «I credenti non appartengono alla chiesa, ma vi
hanno parte »).
Nella nostra ormai lontana richiesta alle chiese e nell’incontro
del luglio scorso con coppie francesi e svizzere a Torre Pellice si
era auspicata la doppia iscrizione nei registri delle due chiese,
che pure è stata fraintesa, come
se fosse una richiesta di un timbro, di un sigillo, roba burocratica insomma. Eh sì, è difficile essere chiari in questo campo, con
poche parole. Solo Gesù ci riusciva. (Ma siamo proprio sicuri
che anche Lui non sia mai stato
frainteso?).
Quindi, con molta umiltà, cerchiamo di chiarire a quei fratelli
che avranno la bontà di esaminare la nostra richiesta, il senso della stessa. Noi chiediamo alle
chiese « impegno a seguire il battezzato nel campo di fede », chiediamo cioè un servizio, una presa
in carico dei nostri figli, perché
ci aiutino nel nostro compito di
educatori e di testimoni. L’iscrizione del battezzato è un punto
di partenza.
Se in una famiglia biconfessionale si dà il caso un battesimo
in forma ecumenica, oggi l’iscrizione avviene solo nella chiesa
in cui il battesimo ha avuto luogo. Perché l’altra comunità non
dovrebbe prenderne nota, dal momento che ne è stata testimone
ed uno dei due genitori è un suo
membro di chiesa? Perché il battezzato deve sentirsi ignorato da
questa comunità, visto che non
è escluso che proprio in essa potrà dare in seguito la propria testimonianza di fede? E perché su
un punto così semplice e ovvio, si
debbono sollevare tante discussioni e tirare in ballo tante implicazioni, negando a priori i segni
positivi ohe gli si possono attribuire? La doppia iscrizione è
niente se poi non c’è vita di fede.
Può essere solo uno scarabocchio
senza frutto. Ma come negare
che può invece essere un punto
d’avvio sulla strada dell’attenzione alla famiglia biconfessionale da parte delle due comunità e
quindi della collaborazione fra
le due comunità?
Si parla spesso di comunione
nella diversità fra cristiani di diversa confessione: è quanto si
cerca di conseguire in alcune famiglie biconfessionali impegnate.
Perché tirarsi indietro e non cercare di fare altrettanto a livello
di comunità, nel nome dell’unico
Signore?
I valdesi restano valdesi e i cattolici cattolici. Ma se ciascuno
ritiene di essere testimone dell’Evangelo, noi pensiamo che sia
tempo di proporgli la via del samaritano. Troppe volte le comunità cristiane sono passate oltre,
davanti a una famiglia biconfessionale smarrita e in ricerca.
E’ doveroso e bello farsi carico di problemi del nostro tempo
in terre lontane da noi, che però
non ci coinvolgono in prima persona e ci permettono precise prese di posizione a buon mercato.
Perché risulta tanto difficile cercare di farsi carico di un problema che riguarda alcuni nostri fratelli di fede che sono vicini e sono in cerca d’aiuto?
Myriam Venturi
4
fede e cultura
13 maggio 1988
1
COLLOQUE INTERNATIONAL DI AIX-EN-PROVENCE
UDINE
I valdesi dall'origine alla
loro fine (secoli XII-XVI)
Una mostra
su Lutero
Il periodo di passaggio tra prima e seconda Riforma - Qualche perplessità sul titolo - Importante capitolo dedicato alla metodologia
Questo titolo, dato al « Colloque International » che si è tenuto ad Aix-en-Provence dall’S al
10 aprile u.s., si è guadagnato
una piccola contestazione in apertura dei lavori: perché non
farlo segiùre da im bel punto
interrogativo, dato il voluto carattere problematico dell’incontro? Di fatto, tra le quattro sedute previste, la terza sul sec.
XVI consacrata alla « fine dei
Valdesi » era precisamente intitolata in forma dubitativa. Comunque il Colloquio, organizzato dalla « Association d’Etudes
Vaudoises et Historiques du Luberon » (AEVHL, con sede a Mérindol), in collaborazione con il
« Groupement Scientifique Universitaire Nord-Méditerranée »
(diretto dal Prof. Philippe Joutard), si è effettivamente svolto
in quattro tempi, dedicati rispettivamente alle origini (secc. XIIXIII), all’epoca delle mutazioni
(secc. XIV-XV), alla fine dei Vaidesi (?, sec. XVI) e alle fonti e
metodi di ricerca, iniziati ognuno con la presentazione di un
dossier e seguiti da dibattito.
Dei quattro relatori previsti
(Grado G. Merlo dell’Università
di Milano, Peter Biller dell’Università di York, Amiedeo Molnàr
della Facoltà di Teologia Comenius di Praga e Jean-François
Gilmont dell’Università di Louvain) è mancato all’appello solo
Molnàr, degente in ospedale: a
lui i partecipanti hanno inviato
auguri di pronta guarigione. In
sua vece il Prof. Gabriel Audisio, deirUniversità di Aix-en-Provenoe e ideatore del « Colloque »,
ha tentato una sintesi delle prospettive di lavoro, evidenziando
la vasta e complessa problematica, relativa specialmente al passaggio tra la prima e la seconda
Riforma. Una conferenza pubblica del Prof. Bartholomé Bennassar (Università di Toulouse) su
« Une nouvelle explosion: l’Inquisition » tenuta nel Musée Granet, un ricevimento offerto dal
Sindaco di Aix-en-Provence, e un
giro turistico nel Luberon (La
Tour d’Aigues, Cucuron, Lourmarln e Mérindol) hanno completato e concluso degnamente
questa densa tornata di lavori,
sullo svolgimento dei quali occorre aspettare l’uscita — si spera prossima — degli « Atti » relativi.
Tra i partecipanti (una settantina circa) c’erano innanzitutto
gli specialisti invitati (Audisio,
Bennassar, Biller, Romolo Cegna
di Varsavia, Gilmont, Giovanni
Gönnet di Roma, Merlo, Alexander Patschovsky di Monaco di
Baviera, Bernard Roussel di Parigi, Martin Schneider di Eppingen e Kurt-Victor Selge di Berlino); poi i rappresentanti ufficiali dell’AEVHL (Simone Appy),
della Società di Studi Valdesi di
Torre Pellice (Giorgio, Toum)
e della Deutscher Waldenservereinigung del Württemberg (Dietrich Fischinger); infine oltre una cinquantina di « appassionati » tra i quali, in particolare,
Anne Brenon della Société d’Etudes Cathares di Carcassonne
(accompagnata dal Prof. Martin
Erbstösser deU’Università di Leipzig), i coniugi Cericola-Ginolas
di 'Torre Pellice, Jean Duvernoy
di Toulouse, il Prof. Franco Giacone di Ginevra, i pastori Christian Mazel di Apt e Louis Mordant di Dieulefit, Carlo Papini
di Torino, i coniugi Sambuc di
Dieulefit, la Prof. Liliane Ribet
di Torino, Daniel Tron di Torre
Pellice (accompagnato da Albert
de Lange), e tanti altri, molti
dei quali con cognomi (quali
Crespin, Malan, Meynier, Peyrot,
Pons ecc.) che rivelano indubbiamente la loro ascendenza valdese-riformata. Ricordo anche
Tamericano Donald Cripe, particolarmente interessato al « profetismo » valdese.
G.G.
Una bella mostra di Umberto
Stagnaro su «Martin Lutero e
la nascita della Riforma protestante » ha riscosso l’approvazione di centinaia di persone nel
mese in cui è stata allestita nei
locali della chiesa metodista di
Udine (dal 25 marzo al 22 aprile). Promossa dal centro culturale « Guido Gandolfo », la mostra ha coinvolto molti membri
e simpatizzanti della comunità,
che si sono alternati come guide
durante l’orario di apertura pomeridiano.
Certo bisogna pubblicizzare
un’miziativa del genere sui giornali, radio e televisioni locali.
Ma ciò serve più che altro a
farsi conoscere, non tanto a portare qualcimo all’iniziativa. Più
importante è stata rinformazione per mezzo di canali più ristretti, per esenipio bollettini e
settimanali della realtà cattolica
o laica della zona. Infatti alcuni
sono venuti alla mostra in questo modo, comprese alcune suore.
Altri ancora sono venuti perché amici o colleghi di qualcuno della comimità. Ma ciò accade raramente, perché siamo fortemente condizionati da una società che rimuove le questioni
di fondo che riguardano la sua
■esistenza; la fede e il sapere
culturale che ne deriva devono
rimanere fatti privati.
Una mostra su Lutero non può
che essere inquietante. Più rassicurante è una mostra sui fenici, un popolo di cultura mediocre, che sapeva più che altro
trafficare, un po’ come noi. An
IVREA
Cattolici e valdesi a confronto sulla fede
Nei locali della Chiesa valdese di Ivrea si sono svolte recentemente tre serate sul tema « La
sfida alla fede cristiana oggi »,
organizzate dal Centro evangelico di cultura che, come negli ultimi cinque anni, hanno proposto incontri-dibattito a due voci: una cattolica e una protestante.
Oratori della prima serata, su
« Il rapporto tra il cristianesimo
e le altre grandi religioni », sono
stati don Ermis Seguiti, docente
di storia del cristianesimo alla
Facoltà teologica di Torino, e il
pastore Eugenio Bernardini.
Il prof. Segatti ha ricordato
storicamente la conversione russa al cristianesimo (ortodosso),
sottolineando come essa sia stata il frutto dell’adesione globale di un popolo ad una fede decisa da un principe per tutta la
sua nazione, una decisione di
portata enorme che ha portato
ad una idealizzazione della fede
perché Tessere di una razza significava avere tm proprio Dio.
Ora è necessario reagire perché
non è possibile che Dio sia mescolato con le ragioni storiche,
e in un tempo in cui si superano
facilmente le distanze fisiche, è
necessario superare anche i confini delle religioni.
Il past. Bernardini ha subito
ricordato che il cristianesimo,
come religione missionaria, si è
sempre scontrato con altre religioni ed è passato da posizioni
di tipo inclusivo (Cristo è il compimento dei preparativi esistenti in tutte le religioni) a posizioni di tipo esclusivo (le altre religioni devono essere abbandonate perché false) fino ad arrivare,
nel protestantesimo, all’esclusivismo cristologico della tradizione barthiana (Cristo non può es
sere stemperato nella religione
universale perché c’è la croce).
Nella seconda serata, « Vivere
la fede cristiana nel tempo della secolarizzazione e della società dei consumi », gli oratori erano don Giuseppe Scapino, docente alla Scuola teologica diocesana di Ivrea, e il pastore Gianni
Genre.
Don Scapino ha iniziato con
una premessa: la fede è cammino verso il Regno di Dio, non
identificabile con la realtà delle
chiese che sono soltanto le forme in cui si organizzano i tentativi di questo cammino. Egli è
poi passato ad esaminare il significato della secolarizzazione e
le sue conseguenze sul piano religioso: restringimento delTinfluenza delle chiese nella società
(la religione come fatto privato);
emancipazione del mondo, disincanto del mondo, processo da
sacro a profano, sviluppo della
scienza, ragione e sessualità al
di fuori della morale; nascita di
un pluralismo religioso che determina ima concorrenza, ma che
provoca anche una forma di ecumenismo contro l’ateismo. Non
si può pretendere di avere risposte di fede ai problemi della
secolarizzazione perché ogni processo storico è sempre ambiguo.
Il past. Genre ha letto, all’inizio, una lettera scritta da Dietrich Bonhoeffer nel maggio del
1944 in carcere, in occasione del
battesimo del suo figlioccio, e ha
sottolineato come il discorso di
Bonhoeffer (difficoltà del cristianesimo nel saper affrontare il
nuovo tempo del mondo divenuto adulto) sia ancora un passaggio obbligato, anche se la situazione è estremamente diversa.
Allora come vivere la fede cristiana oggi? Sono possibili alcu
ne piste di riflessione: riconsiderare il punto di osservazione
del mondo da parte delle chiese, che spesso valutano dalTestemo, rivendicando un diritto
all’ascolto e all’obbedienza e una garanzia di spazio e di potere; apprezzare e non opporsi
alla secolarizzazione (anche da
un punto di vista biblico: la
creazione stessa è disincanto e
secolarizzazione della natura;
l’Esodo è liberazione del popolo e desacralizzazione della politica; il patto del Sinai è sconsacrazione dei valori umani e
protesta contro gli idoli).
L’ultimo incontro, con don
Giancarlo Bruni della Comunità
di Bose e il prof. Sergio Rostagno, ha avuto per tema « Il difficile cammino dell’ecumenismo:
protestanti e cattolici si interrogano di fronte alla figura di
Maria ».
Don Bruni ha ripercorso nel
Suo intervento alcune tappe importanti del cammino fatto in
campo cattolico riguardo a Maria
e ha subito riferito un pensiero
di padre Michele Pellegrino che
invita, a proposito di edifici sacri, ad una conversione teologica, cultuale e anche estetica, per
evitare fraintendimenti.
Dall’enciclica « Lumen gentium » sono venute alcune indicazioni: la corretta rivisitazione
di Maria parte dal fatto biblico;
in campo ecumenico occorre rendere ragione del culto a Maria;
occorre passare dalla Maria
dei privilegi alla Maria esempio
di fede, carità e speranza p>er i
credenti; occorre affrontare la figura di Maria fondandola sullo
studio della Scrittura, ma anche
sulle tradizioni cultuali e liturgiche dei santi padri e dei dottori della chiesa.
Il culto di Maria si giustifica
anche biblicamente (Giovanni 12/
26), perché il Padre onora coloro
che accolgano il Figlio e la chiesa non teme di lodare una creatura che Dio stesso glorifica. Anche l’intercessione si giustifica
biblicamente per le esortazioni
paoliniche a pregare gli uni per
gli altri.
Il prof. Rostagno ha sottolineato, nella sua premessa, la difficoltà del cammino ecumenico,
soprattutto nel campo della mariologia. In ambiente protestante Maria ha uno spazio accanto
ad altre testimoni della rivelazione, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, e certamente esiste la possibilità della lettura
evangelica di Maria come luogo
di dialogo e di conoscenza reciproca con i cattolici in vista di
un’eventuale azione comune. Due
significati sono da tener presenti: 1“) la salvezza parte dal nulla
(I Corinzi 1, 26 ss.), essa passa
attraverso gli umili, colei che
non è potente e che non ha nulla da far valere (Magnificat); 2°)
l’identità tra uomo e Dio in Cristo è unicamente opera dello
Spirito. La nascita verginale di
Gesù è chiaramente narrata nel
vangelo di Luca, ma è assurdo
fare qualsiasi tentativo per passare dal piano della confessione
di fede a quello della biologia
genetica ed è dunque difficile
rappresentare sul piano scientifico ciò che è rappresentato sul
piano del racconto.
che la nostra cultura è prigioniera della sua grettezza.
Non è facile quindi interessare il pubblico a una mostra
che riguarda una figura come
Lutero. Abbiamo avuto invece
una buona risposta dalle scuole medie e superiori, malgrado
il rifiuto del provveditorato agli studi di promuovere l’iniziativa e nonostante il caos e la
tensione che regnano in ambito
scolastico a causa delle agitazioni in atto.
Un paradosso (per alcuni): la
collaborazione deiroflìcio scuola
della diocesi di Udine, che ci
ha dato il permesso di scrivere una lettera d’invito ai suoi
insegnanti di religione, è stata
decisiva nel coinvolgimento delle scuole.
Ogni diocesi, si sa, imposta
TIRO a modo suo. Qui si tende a pensarlo in termini di cultura religiosa, non in termini rigidamente confessionali o catechistici. Quindi ben venga una
mostra su Martin Lutero, « maestro comune dei cristiani » (cardinale Willebrands). Gli insegnanti di religione delle medie
si sono messi d’accordo con i
loro colleghi che insegnano lettere e così haimo portato due
classi insieme, il minimo necessario per fare una gita scolastica.
Certo, insegnare la fede cristiana come un fatto culturale
simile a tanti altri è un atto
riduttivo e deformante. Come si
fa a parlare della realtà della
grazia come se non ci impegnasse in prima 'persona da subito?
Meglio, allora, uno spazio (facoltativo) nella scuola per la predicazione, per il puro annuncio,
anziché un’ora di cultura religiosa. Ed è quello che il Concordato garantisce, chiaramente solo alla chiesa cattolica.
In ogni modo, Lutero è stato
presentato alle scolaresche, sia
dalla mostra che dalle guide,
in modo confessante. E’ stato
un momento di predicazione.
Non si può fare altrimenti senza dissanguare l’essenza della
grazia. Molti ragazzi hanno notato la differenza e hanno fatto domande impegnative. Se soltanto questo rimanesse impresso nella loro memoria, ci sarebbe già da rallegrarsi.
La mostra è stata inaugurata
il 25 marzo con ima conferenza
del pastore Giuliana Gandolfo
sul tema « Lutero fra storia e
attualità ». Si è conclusa il 22
aprile con un’altra conferenza,
tenuta da John Hobbins, sul tema « Martin Lutero e il sacerdozio universale ». In ambedue le
occasioni il pubblico è stato
'numeroso.
John Bobbins
Gli evangelici ritengono peraltro che Tessere umano debba
porsi soltanto di fronte alTEvangelo di Dio che fa vivere ed indica la p>erfezione solo in Cristo.
Cinzia Carugati Vitali
COMMISSIONE
PERMANENTE STUDI
Comunicato
La Commiss'one permanente studi comunica ai candidati predicatori locali che venerdì 3 giugno, alle ore 9, avrà
luogo presso la Facoltà Valdese di Teologia - via Pietro
Cossa 42, Roma - la prima
parte della sessione straordinaria di esame ; la seconda
parte sarà convocata sabato 4
giugno a Ecumene, Velletri, a
partire dalle ore 15.
Chi desidera iscriversi è pregato di comunicarlo al Segretario past. Antonio Adamo via Milazzo 25 - 26100 Cremona • tei. 0372/25598.
5
r
13 maggio 1988
fede e cultura
Gli scritti di
Vittorio Subilla
Presentiamo qui la bibliografia di Vittorio Subilla, che
è stata curata dal prof. Sergio Rostagno e dal dr. Carlo
Papini.
— La drammatica valdese, Torre Pellice, Tip. Alpina, 1938.
— Il movimento ecumenico, Roma, Centro evangelico di cultura, 1948.
— Gesù nella più antica tradizione cristiana. Torre Pellice, Claudiana, 1954.
— Libertà e dogma secondo Calvino e secondo i riformatori
italiani, in « Ginevra e l’Italia », Firenze, Sansoni, 1959.
— Il problema del cattolicesimo, Torino, Claudiana, 1962 (altre edizioni: London, 1964; Philadelphia, 1964; Paris, 1964;
Stockholm, 1964).
— Cattolicesimo e presenza protestante in Italia, Torino, Claudiana, 1965.
— La nuova cattolicità del cattolicesimo, Torino, Claudiana,
1967 (altre edizioni: Genève, 1968; Salamanca, 1969).
— Tempo di confessione e di rivoluzione, Torino, Claudiana,
1968.
— L’evangelo della contestazione, Brescia, Paideia, 1971,
— I tempi di Dio, Torino, Claudiana, 1971.
— Sola Scriptura, Torino, Claudiana, 1975.
— Presenza e assenza di Dio nella coscienza moderna, Torino,
Claudiana, 1976.
— La giustificazione per fede, Brescia, Paideia, 1976 (altra edizione; Gottingen, 1981).
— «Tu sei Pietro ». L’enigma del fondamento evangelico del
papato, Torino, Claudiana, 1978.
— Il rapporto tra chiesa e società nella prospettiva protestante,
in « Chiese nella società », Torino, Marietti, 198(1.
— Il protestantesimo moderno tra Schleiermacher e Barth, Torino, Claudiana, 1981.
— « Solus Christus». Il messaggio cristiano nella prospettiva
protestante, Torino, Claudiana, 1985.
— Attualità di un conformismo antico (L’enciclica « Redemptoris Mater»), in AÁW, «Gli evangelici e Maria», Torino,
Claudiana, 1987.
DISPENSE ACCADEMICHE
— Teologia giovannica, Roma, Facoltà valdese di teologia,
1957-58.
— Studi paolinici, Roma, 1961-63.
— La dottrina dello Spirito Santo nella concezione luterana e
calvinista, Roma, 1968.
— La questione di Dio nella problematica contemporanea, Roma, 1972.
— Elementi di teologia giovannica, Roma, 1974.
— Storia dei dogmi (secondo secolo), Roma, 1975.
Vittorio Subilia stava lavorando da alcuni anni ad una
« Storia del concetto di Regno di Dio attraverso i secoli » (di
prossima pubblicazione la parte scritta).
I principali testi in italiano di Vittoria Subilia sono
editi dalla Claudiana di Torino e sono acquistabili presso
le librerie Claudiana di Torre Pellice, Torino e Milano e
presso la Libreria di cultura religiosa di Roma.
NEL 1968 NELLA CHIESA DI PIAZZA CAVOUR A ROMA
La vera comunione
Una persona che capì i giovani e seppe intendere l’intreccio che per
alcuni legava fede e politica - La prova di un’effettiva fraternità
Non doveva essere stato facile, per lui, capire quelTintreccio
tra fede e politica che noi, giovani del Movimento cristiano
studenti di Roma e di altre città, cercavamo di vivere nel '68
e di cui poi si sarebbero nutriti
i primi documenti della Fgei.
Lui, che tanto aveva battagliato
nella sua vita e ned suoi scritti
contro qualsiasi et... et, contro
qualsiasi aggiunta al Solus Christus.
Eppure Vittorio Subilia fu uno che ci capì, nel ’68. Capì la
passione per TEvangelo che ci
animava, al di là e sotto la scorza dei modi inopportuni e degli
slogan non sempre azzeccati.
Gli ho scritto, poche settimane prima che la malattia ce lo
strappasse, proprio per ricordargli un episodio che per me è
rimasto ben impresso tutti questi anni. Ero stato stimolato dai
giornali e da tutto questo ^
spesso vano — rievocare e celebrare e seppellire il '68.
E ora lo voglio ricordare anche ad altri. Eravamo, credo,
nel mese di aprile. C’era stata
la battaglia di Valle Giulia con
la polizia, per riprenderci la Facoltà di architettura. Molti evangelici delle comunità romane,
studenti medi e universitari, si
erano trovati con i loro compagni nelle piazze e nelle manifestazioni. Avevamo poi organizzato neH’aula magna della Facoltà di teologia una informazione
per le comunità evangeliche, per
dare, noi protagonisti, una informazione esatta di quello che stava succedendo. Ma Tassemblea
era andata quasi deserta. Così
ci venne l’idea di intervenire direttamente nei culti, per parlare
di questi problemi a quelli che,
bene o male, erano i nostri « fratelli in fede ».
Così, durante il culto di Pasqua, nella chiesa di Piazza Cavour a Roma, alla fine del sermone, uno di noi — j>er la cronaca si trattava di Maurizio Girolami — si alzò e chiese al pastore di leggere un volantino.
Vittorio Subilia e la TEV
Lo scorso mese, a Roma, è mancato il prof. Vittorio Sobilla, una delle
personalità di rilievo del protestantesimo italiano. E’ a lui, con alcuni altri, che si deve l’affermazione della
teologia di Karl Barth nella nostra Facoltà.
Quando nel 1976 si costituì la TEV,
egli scrisse sulla rivista « Protestantesimo » del febbraio 1977 un ampio
articolo su « Fede ed etica politica »,
prendendo le distanze dal nostro Movimento, ma dichiarando che ne rispettava e comprendeva l'ispirazione. In
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tutti questi anni ci chiese di ricevere
le nostre circolari.
Nel citato articolo di « Protestantesimo », a pag. 23, cosi scriveva:
« La possibilità di ripresa di questa tendenza va vista con contprensione e rispetto, va valutata come
protesta cristiana contro l’esasperata
politicizzazione che ha pericolosamente disintegrato, senza nessun tatto
spirituale, le deboli comunità minoritarie del protestantesimo italiano. Una
protesta era necessaria: nessun altro
ha saputo assumerla In misura registrabile. L’iniziativa è stata presa
con coraggio, perché ci vuole coraggio
spirituale ad andare contro I miti dominanti, specialmente in mezzo a un
popolo come il nostro, malato di antico
conformismo: va considerata come un
sintomo di vitalità evangelica ».
E poco oltre proseguiva:
« Bisogna dire con calma e fermezza, in mezzo alla ubriacatura politica
generalizzata, che rischia di dilapidare
un patrimonio spirituale accumulato in
otto secoli e farci perdere la serietà
protestante, che non è ammissibile una
politicizzazione integrale delle vita e
della fede ».
A queste considerazioni di apprezzamento, il Subilia ne fece seguire altre
di natura critica, che suscitarono una
reazione da parte del compianto prof.
Mario A. Rollier, il quale pubblicò una
• Lettera al Comitato di Protestantesimo » sul malessere davanti a una
predicazione politica. Così diceva:
« Anche a me è presente II malessere provocato da una buona parte della predicazione valdese-metodista negli ultimi otto o dieci anni, specie attraverso i "mass media", la quale dà
l’impressione che alle volte Gesù Cristo sia relegato fra i consulenti sindacali dei militanti comunisti ».
Rollier concludeva:
« Purtroppo il nostro non è tempo
di deviazioni teologiche, è tempo di
eresie. Il neo-pelagianismo (così Rollier definiva le nuove tendenze sociopolitiche), fondato sulla "comparsa del
socialismo”, è articolo di fede per
molti nostri fratelli. Per convivere con
essi solo la reciproca tolleranza può
servire. E’ tuttavia necessario capire bene a cosa mirano quando predicano ».
A distanza di undici anni, le considerazioni di questi fratelli, ai quali
rivolgiamo il nostro rispettoso ricordo,
ci sembrano tuttora valide.
L’Assemblea di
Testimonianza Evangelica Valdese
Torre Pellice, 8 maggio 1988
Era il famoso testo nel quale,
dopo aver detto delle nostre azioni e dei loro motivi, chiedevamo alla comunità: « E’ testimonianza, la nostra? » e proponevamo che insieme ci si confrontasse sul significato di Cristo
crocifisso, sul senso di dirsi comunità in mezzo alle divisioni
di classe e degli imperialismi.
Interruzione del culto? Così
molti piensaronO', allora e dopo,
e Timprowiso rompersi di una
ben preordinata liturgia spinse
parecchi fratelli di chiesa, forse
un po’ troppo « benpensanti », ad
abbandonare il tempio. Subilia,
già da tempo e non solo nel ’68,
veniva al culto ma se ne stava
in fondo e se ne andava presto,
quando c’era la S. Cena specialmente. Sembrava, come diceva
del resto spesso lui stesso, critico e perplesso sul culto, sulla
comunità e su tutto il resto. Ma
quella domenica, rimase. E poi,
dopo la lettura del volantino, ci
fu la S. Cena, e lui vi partecipò.
E all’uscita, mi tirò in disparte,
e mi disse, più o meno (non ricordo le parole esatte): « Oggi
c’era veramente la chiesa riunita e, per la prima volta dopo
molto tempo, essere con voi e
con gli altri al tavolo della S.
Cena non è stato un rito, ma
una vera comunione ».
Quelle parole mi sembrarono
subito autentiche, e negli anni
successivi le ho ricordate spesso per la loro verità, specialmente nei momenti — non pochi —in cui per grazia del Signore ci
è stato dato di sperimentare, in
questa nostra chiesa valdese,
una reale fraternità fra perso-i
ne con orientamenti politici e
ideali profondamente diversi.
Anche se le divisioni che denunciavamo nel ’68 restano, pesanti e reali, e non sappiamo,
oggi come allora, come superarle nella società e nella comunità.
Così mi piace ricordare Vittorio Subilia, nel momento della
tristezza per la sua morte. A lui
dobbiamo tanto in tanti; alla
mia generazione i suoi libri hanno insegnato a non confondere
mai Dio con la storia; grazie a
lui siamo stati fra i « cristiani
per il socialismo » senza mai diventare cristiani per il socialismo; grazie a lui non abbiamo
mai pensato che la teologia della rivoluzione o della liberazione fosse più « giusta » o più « vera » della teologia dei nostri padri liberali o del risveglio. E abbiamo potuto liberamente dedicarci anche all’impegno politico
pieno, sapendo che Tessenziale
era già stato compiuto da Dio,
in Gesù Cristo. Non solo per i
credenti, ma per l’umanità intera.
Marco Rostan
VITTORIO SUBILIA
Un credente coerente
UNA LETTERA
Caro Direttore,
mi consenta di unire la mia
voce — per quél poco che
vale — alle molte testimonianze
di cordoglio per la morte del professor Vittorio Subilia. Ebbi la
fortuna di conoscerlo, mi concesse tra l’altro un’intera giornata per una intervista (che è
poi confluita nella mia Inchiesta sul cristianesimo), e da allora
non mancammo di scriverci e,
quando possibile, di incontrarci
per riconfermarci neU’amicizia.
La quale si basava sulla fede nello stesso Signore, al di là delle
differenze confessionali, ma anche sulla consapevolezza che il
dialogo profìcuo e onesto è pos
sibile soltanto se, nella carità,
gli interlocutori non si nascondono la verità. Senza alcuna intransigenza, si intende, ma con
la fermezza che fu, tra gli altri,
di un Lutero: « Qui sto, non posso nient’altrot Dio aiutami. Amen! ».
Bella figura, davvero, di uomo,
di cristiano, di credente coerente e coraggioso: è nella memoria di uomini come Vittorio Subilia che, ciascuno in quella che
crede essere la via « vera », si
ritorna con lena e speranza rinnovate a riscoprire ogni giorno
il Vangelo.
Vittorio Messori, Milano
RISTAMPA
daudiana editrice
A. PARKER
Sundor Singh
Apostolo indù
pp. 132, Lire 13.000
Ristampa anastatica della prima edizione italiana della
storia, testimonianza ed insegnamento del « Sadhu » Sundar
Singh che spese la sua vita percorrendo l’India a piedi, in
povertà assoluta, predicando l’Evangelo di villaggio in villaggio, seguendo le orme di Cristo.
FONDATA NU 185i
Via Principe Tommaso, 1 - 10125 Torino
lai 68.98 04 - C C I A. n. Z74 482 - C C Post 20780102
codice Miscele 00601 900012
6
ecumenismo
13 maggio 1988
ESPERIENZE DI UNA COMUNITÀ’ DI BASE
Uomini e donne di fronte aiia lettura biblica
Lo Studio biblico affrontato in gruppo misto rivela le contraddizioni della società, ma diventa anche un luogo per superarle - L’incontro con la Parola è un evento sempre nuovo, la scoperta di nuovi spazi, un arricchimento e una crescita
Per giungere ad una narrazione
che fosse il frutto della esperienza
di tutti i gruppi biblici della nostra comunità di Pinerolo, ci siamo trovati, un gruppetto di donne
e uomini, e ci siamo scambiati le impressioni e le valutazioni circa il vissuto uomo-donna rispetto alla lettura biblica.
La Bibbia, scritto di
una realtà patriarcale
A) Intanto c’è da dire che i nostri gruppi biblici (struttura essenziale della nostra cdb) sono misti,
con una partecipazione maggioritaria delle donne. L’incontro è settimanale.
La prima impressione condivisa
da tutte/i è che sostanzialmente
non esiste una netta differenza tra
uomo e donna di fronte alla Bibbia. Probabilmente questa valutazione nasce dal fatto che, premessa fondamentale per noi, è procedere alla lettura della Bibbia senza
prescindere dal metodo storico-critico e sociologico. Questo ci permette di considerare i brani letti
calati nel loro contesto, tenendo
conto dell’epoca, dell’ambiente sociale e politico in cui sono nati e
della condizione della donna in
una realtà patriarcale. Quando si
perde di vista questo « metodo » e
quindi si pensa che le narrazioni
vadano prese così come sono e calate nel nostro ’’oggi”, succede che
0 ci si arrabbia moltissimo, ci si
sente offese e tradite da Dio stesso,
perché dice, comanda ed interviene in un contesto maschilista senza modificare la situazione e liberare la donna da questa condizione di subalternità, oppure ci si
adegua e si giunge ad una interpretazione che rafforza, o comunque avalla, una discriminazione, una ingiustizia (pare che
questo succeda persino a parecchie teologhe donne).
Va da sé che in questi ultimi
anni grande spazio abbiamo dato
allo studio e all’utilizzo degli apporti ebraici, strutturalisti, femministi. La lettura « spirituale » (non
spiritualista) e la lettura politica
si sono dimostrate letture amiche.
Il gruppo riflette
1 conflitti uomo-donna
B) Sul coinvolgimento delle
donne nei gruppi rispetto alla
appropriazione della parola, alla
condivisione di responsabilità, di
scelte, alla partecipazione attiva,
abbiamo fatto le seguenti considerazioni:
— 1 gruppi biblici conoscono
tutti i limiti e le difficoltà di ogni
momento collettivo; come tali non
vanno idealizzati (non sono un’isola felice) e dunque riflettono le
contraddizioni e i problemi esistenti all’esterno.
Anche la problematica « femminile », i problemi e i conflitti che
la donna vive nel sociale, quindi
sul lavoro, in famiglia, nelle organizzazioni ecc., si riflettono in essi.
— Si sa che la donna, lungo il
percorso della sua vita, fa i conti
con molti cambiamenti che avvengono dentro e fuori di lei: quando
si sposa, ma soprattutto se ha dei
figli, deve cambiare abitudini, ritmi, riduce la partecipazione alla
vita sociale, molto più degli uomini (almeno questo è ciò che awie
ne nella nostra cultura). Si perde
quindi l’abitudine ad uscire e ad
intervenire al di fuori delle mura
domestiche, diminuiscono le opportunità di partecipazione, subentra spesso il meccanismo di delega.,
— Anche la donna che non sceglie questa vita di famiglia è comunque più vincolata, più vulnerabile (si pensi solo al problema
della violenza sessuale), invitata
dalla cultura odierna a starsene
un po’ ai margini.
— Questa situazione, in qualche modo, si riflette in comunità,
soprattutto nei momenti di studio,
di predicazione e nei momenti
pubblici (Eucarestia, coordinamenti, ecc.). Con una differenza
però, che in comunità questi conflitti sono affrontati con maggior
attenzione e sensibilità che non
altrove, ci si sente quindi più garantite e questo permette di superare, un po’ per volta, le paure.
— Esiste un cammino di conversione che coinvolge donne e
uomini, che cerca di rispettare le
diversità e le caratteristiche di
ciascuno, che registra conflitti e
incomprensioni, durezze e tenerezze. Questo cammino non può essere scontato; anzi, ci troviamo sempre nella necessità di verificare se
esso è concreto, reale, inserito nei
processi di liberazione: « Tutto
questo non è facile poiché molto
di quello che viene chiesto oggi
dalle donne deve essere prima lasciato da un uomo » (Ursula
Mannle).
La scelta dei codici
C) Crediamo di poter dire di
aver fatto alcuni piccoli passi in
questa direzione:
— Si è modificato gradualmente il modo di leggere la Bibbia nei
gruppi. Una volta l’impostazione
era più rigida, avevamo più difficoltà a saldare lo studio esegetico
con il dato della vita quotidiana,
con il rischio di separare testa ed
emozioni e, quindi, di un certo
distacco tra noi e la Parola. Oggi,
forse, c’è un modo più personale,
un coinvolgimento più diretto, sia
pure con gli alti e bassi che ogni
esperienza umana conosce. Più
studio e più confronto possono
benissimo coesistere.
— Si è in parte risolta la difficoltà espressa da molte donne di
preparare la predicazione per l’Eucarestia della comunità. Se si viveva con ansia la predicazione, allora il passo intermedio è stato la
predicazione a « più voci ». Insieme è più facile, scatta un senso di
condivisione che aiuta ad esprimersi in pubblico. E se questo è
vero per molte donne, abbiamo
potuto verificare che questa ’’tecnica” aiuta anche molti uomini
che hanno meno familiarità con il
linguaggio verbale; in realtà, si è
rivelato un metodo molto proficuo
e stimolante.
— Inoltre emergeva un’altra riflessione: se l’uso del codice verbale non è da sottovalutare, ci sono altri linguaggi molto importanti nella vita di comunità e nei
gruppi. C’è, ad esempio, il codice
di una presenza partecipe, anche
se priva di « interventi » verbali;
spesso si preferisce parlare con un
fratello o una sorella per volta, prima o dopo un incontro, e inoltre
c’è il codice, estremamente signifi
Una celebrazione della Cena nella Comunità di base di Pinerolo, con
la partecipazione di cattolici e protestanti. Superando le diversità
confessionali i credenti si trovano uniti nel pane e nel vino.
cativo, della testimonianza. Anche
senza parlare si può dire molto.
Ed è importante sapere che puoi
contare su persone della comunità,
anche se silenti.
— Spesso abbiamo constatato
che le donne si coinvolgono di più
quando sono in gioco le esperienze concrete del vissuto quotidiano, ma oggi ci sembra sempre più
difficile distinguere, nei fatti, una
sensibilità femminile e una maschile come « categorie » ben definite. Ci sembra piuttosto che le
« differenze » stimolino all’integrazione, alla crescita comune, per
cui sperimentiamo a volte anche
l’intensa gioia del lavoro fatto insieme tra donna e uomo, la possibilità parziale ma reale di collaborazione felice e liberante.
La Parola cresce con
chi la legge
Presentiamo alcune riflessioni
che ci sembrano utili per andare
avanti.
1) Per noi resta tuttora una
gioiosa constatazione il fatto che
la lettura settimanale della Bibbia
è fonte inesauribile di « novità ».
Se sovente la Bibbia è « pane duro », dobbiamo constatare che
sempre di più essa diventa viva e
stimolante. Dopo tredici anni di
lettura continua della Parola di
Dio, ora abbiamo più voglia di leggerla, di scontrarci con essa, di rileggere e di ascoltare: « La Parola
di Dio cresce con chi la legge »,
direbbero i padri. Per noi è sempre più importante esaminare con
« quale cuore » leggiamo la Bibbia, accendere il desiderio, accrescere l’ascolto, approfondire la
« ruminatio », scatenare l’intuizione, liberare l’emozione, accogliere
il vissuto e la ’’narrazione” esistenziale dell’altra/o, dare spazio
alla preghiera e valorizzare il silenzio.
2) Dentro la vita di ogni giorno
cerchiamo di tenere sempre
« aperta » la Bibbia. « Come Dio
stesso dal roveto ardente chiamò
Mosè per nome, così la Scrittura
chiama per nome ciascuna persona alla quale essa viene annunciata » (P. Eicher). Ancora il giorno
prima della morte Lutero confessava: « Nessuno pensi di aver già
assaporato abbastanza la sacra
Scrittura, neanche se avesse avuto
familiarità con i profeti per cen
Panni... Siamo mendicanti. Ecco
la verità ».
In qualche modo crediamo indispensabile, come diceva ancora
Lutero, « affaticarci fino allo stremo sulla Bibbia ». Stiamo depo^
nendo la presunzione di ’’rubare i
segreti” alla Bibbia alla prima lettura e tentiamo di passare dai molteplici significati al senso: cammino fecondo e difficile: «Un testo
è un testo solo se nasconde al primo sguardo, al primo venuto, la
legge della sua composizione e la
regola del suo gioco » (J. Derrida).
Per noi questa linea di marcia,
questa direzione di lavoro si concretizza in alcune scelte che continuamente sottoponiamo a ’’correzioni” e revisioni.
3) Riteniamo che spesso, anche
nel nostro movimento, si è chiusa la Bibbia anche per il fatto che
si è creduto di fare lettura biblica
e non ci si è attrezzati dei necessari strumenti sul piano ermeneutico ed esegetico. Se da una parte ci
preme promuovere al massimo lo
« scontro-incontro » con la Parola
di Dio in piena spontaneità, dall’altra cerchiamo di rimuovere gli
approcci semplicistici e ’’ingenui”
al testo biblico. Su questo terreno
la nostra piccolissima esperienza
ci dice che è assolutamente necessario disporre in comunità di una
solida preparazione, mantenersi in
continua ricerca, intrecciare i me-,
todi, rinnovare le metodologie, poter contare su persone che si qualifichino per tale servizio. Perseveranza e appropriazione di strumenti ci paiono necessarie per rendere vivo e stimolante il confronto sulla Parola di Dio e per trarne
nutrimento.
La Parola illumina
la vita
Razionalità ed emozione, preghiera ed esegesi non si escludono
affatto, ma si integrano e si intrecciano con molta semplicità. In
ogni caso occorre vedere dove sta
il nostro cuore, che genere di coinvolgimento viviamo perché « se
Dio non sta nel cuore, non potrai
trovarlo in nessuna parte del mondo » (in La spiritualità ebraica,
pag. 85).
4) La lettura assidua della
Bibbia ha contribuito a creare dei
« soggetti leggenti » più consapevoli e autonomi. Anche qui nulla
di perfetto o di miracolistico, ma
un cammino di crescita reale per
parecchie persone. Generalmente,
nella nostra esperienza, i più coinvolti nella lettura della Parola di
Dio sono coloro che sono anche
più attivi sul piano politico, sul
terreno della solidarietà. Per la
donna soprattutto, abituata ad
« ascoltare » la predicazione e la
riflessione di altri, diventare soggetto leggente comporta un modo
nuovo di vivere se stessa e la propria presenza nel mondo e nella
chiesa.
Ma diventare soggetti non è mai
il risveglio improvviso della fata;
piuttosto è una ’’tensione” in cui
si vive, una direzione in cui ci si
muove tra mille contraddizioni,
tra uscite in avanti e risucchi all’indietro. Per questo nella nostra
comunità ci sembrano significative
anche le pagine paludose, prive di
sublime che si trovano (in gran
numero, in verità!) nella Bibbia.
Si diventa soggetti nella fertile
bassura dell’esperienza e non sul
pinnacolo del tempio o nell’isola
dei filosofi. Nella Bibbia Dio parla
dal monte e dalla palude. Il gruppo di lettura biblica diventa così
anche luogo pedagogico, cioè uno
spazio comunitario in cui si possono tenere aperte le tensioni e le
contraddizioni; in cui non ci si
vergogna del quotidiano, anche il
più banale (così presente in noi e
nella Bibbia), e si tenta di realizzare delle dinamiche di accoglienza, di stimolo, di « appoggio » e
di accompagnamento sororale e
fraterno. Lì, se la Parola illumina
la vita, è anche vero che la vita fa
luce sulla Parola, aiuta a scavare
e solleva gli interrogativi cocenti
che vengono dall’esistenza. La vita è il martello che batte sulla roccia della Parola e fa sprizzare
schegge e scintille. Vita e Parola
stanno anche in un rapporto di sfida: « La tua Parola, o Signore, è
il nostro avversario». La Parola
amica resta pur sempre una Parola che ’’morde” nelle nostre carni.
Incontro con la Parola,
evento sempre nuovo
5) Quando sorge il sole, si può
spegnere la luce. E’ il sole della
Parola di Dio che ci può permettere di fare a meno di tante lampadine artificiali (a cominciare dal
magistero ecclesiastico). Ma non
possiamo illuderci: l’incontro con
la Parola di Dio (se non vogliamo
ridurci alla religione del libro) è
un evento sempre nuovo: « Nulla
è più dannoso dell’uomo che s’inganna e sogna di essere in grado
di credere e di capire adeguatamente il Vangelo » (M. Lutero).
Insomma, il bello e il tragico
della nostra avventura di povere
cristiane e di poveri cristiani, di
un po’ troppo comodi figli di Adamo e di scomode figlie di Èva, non
sta forse — anche — in questo
tentativo felice e travagliato di tenere insieme, nell’intreccio e nella -’’differenza”, il Dio di Gesù e
il mondo degli uomini e delle donne? La ’’storia” è già lunga eppure
siamo sempre agli inizi. Più che
correre sulle strade già tracciate,
sovente ci troviamo a costruire
sentieri. Ma se nessuna/o di noi
ha mai olio sufficiente per ’’ogni
tempo”, è ancor più vero che la
lettura della Parola di Dio mantiene le nostre lampade accese. E’
già un ’’miracolo”.
Comunità cristiana di base
di Pinerolo
7
I
13 maggio 1988
obiettivo aperto
RIVOLTA E REPRESSIONE IN NUOVA CALEDONIA
Le pietre grideranno
Una delegazione della Chiesa evangelica, invitata dal CEC, ha illustrato in Europa la tragica situazione degli ultimi residui del colonialismo
Il Consiglio Ecumenico delle
Chiese ha invitato, nello scorso
mese di marzo, una delegazione
della Chiesa evangelica della
Nuova Caledonia e delle Isole
Loyauté a visitare alcune chiese d’Europa e degli Stati Uniti d'America per presentare la
situazione politica e le prese di
posizione della chiesa in quelle
isole.
La delegazione era composta
dal past. Sialali Passa, presidente
della Chiesa evangelica e membro
del Consiglio della CEVAA, Eie
Elehmaea, diacono e segretario
comunale a Lifou, Parbey Paeten,
direttore del Collegio di Koumac
e dal past. Wakiwa Wakaine, incaricato delle ricerche sulla storia del popolo kanako.
La delegazione ha fatto conoscere le gravi preoccupazioni suscitate dallo sviluppo degli avvenimenti. La situazione politica
non lascia più grande spazio al
dialogo, riducendo ogni cosa ad
un rapporto di forza.
« Siamo venuti a farvi conoscere le gravi condizioni in cui vive
il nostro popolo, condizioni che
sono diventate un pesante fardello: vi chiediamo di portarlo con
noi », ha detto il past. Passa.
Le forze armate rastrellano tutte le regioni in cui sono insediati
gli indipendentisti, a loro dire
per mantenere l’ordine, in realtà
creando un regime di terrore, tenendo sotto controllo i capi tradizionali dei villaggi, confiscando
gli attrezzi agricoli ai contadini
kanaki, spaccando i televisori
nelle loro « visite » alle tribù.
« La storia della Nuova Cale
donia non può più essere fatta a
Parigi — hanno dichiarato — dove i politici di destra e di sinistra
sono ossessionati dalla ’’necessità" di una presenza francese nel
Pacifico ».
La delegazione ha lasciato alle
chiese visitate un documento di
16 pagine dal titolo « Le pietre
grideranno ».
« Quando le chiese parlano, è
perché le cose vanno male. La
nostra chiesa parla ». Cosi inizia
il documento^ di cui riportiamo
l'essenziale.
Violenza all’orizzonte
Siamo ormai incamminati verso una prospettiva di violenza.
La chiesa della Nuova Caledonia
lancia il suo grido, prima che
siano soltanto più le pietre a parlare.
Come chiesa, per operare per
la riconciliazione dell’umanità,
dobbiamo innanzitutto operare
per un rinnovamento sociale, in
Nuova Caledonia come dappertutto. Quando nella difesa della
giustizia, della verità e dei diritti degli individui e dei popoli,
la chiesa si scontra con le ambizioni dei più ricchi, di coloro che
detengono il potere... allora la
chiesa deve offrire la sua voce a
coloro che non hanno voce. « Più
che mai la nostra chiesa è dalla
parte di coloro che errano nel
deserto della disperazione ».
Il documento presenta poi in 5
capitoli i vari aspetti del problema.
Una corale; al centro il pastore Tom Tchako.
1 - La colonizzazione
I melanesiani non hanno la nazionalità francese. Sono dotati di
uno « statuto personale » particolare.
I francesi sono arrivati nel
1853. Nel 1946 la Nuova Caledonia era stata inserita nella lista
dei paesi da decolonizzare, ma ne
fu ritirata nel 1947. Fra il 1957 ed
il 1987 si sono avuti sette cambiamenti nello statuto delle isole.
In questo periodo la coscienza
dei kanaki di essere un popolo si
è sviluppata: innanzitutto alcune
sporadiche rivolte senza collegamento fra loro, poi l’organizzazione di una lotta unitaria per il
riconoscimento del diritto di esistere, infine dal 1986 la grande
domanda: « Bisogna ancora rimanere nelle istituzioni per difendere i propri diritti? ». Di qui,
il rifiuto di partecipare al referendum (sul nuovo statuto per
la N.C.): «7/ popolo kanako rifiuta
perché non accetta di essere messo sull’altare di una falsa democrazia ».
2 - La terra
La terra, come in molte culture, ha un valore religioso. « La
terra ed il mare non sono un possesso che ci viene di diritto. Sia• mo noi che apparteniamo a questa terra ed a questo mare da cui
traiamo il nutrimento ».
L’emarginazione di cui i kanaki sono vittime nella divisione
delle terre è intollerabile, e questo valore religioso misconosciuto è traumatizzante per il popolo, che non possiede nient'altro...
3 - La giustizia
« La Chiesa evangelica crede
e proclama che la giustizia deve
essere libera e che ogni cittadino
deve rispettarla responsabilmente ».
Gli ultimi processi però, ed in
particolare quello di Hienghène,
sono una prova per il popolo kanako che:
— la giustizia difende l’ordine
pubblico francese, che rimane
sempre l’ordine del colonizzatore;
— la pelle del kanako vale poco
e chiunque può sparargli addosso;
— la violenza chiama altra violenza;
— sempre più ci sono segni chiari di razzismo.
LA TRAGICA EVOLUZIONE DEL CONFLITTO
Di male in peggio
Gli avvenimenti di queste ultime settimane in Nuova Caledonia dimostrano come il solco
fra la collettività kanaka e l’autorità centrale stia diventando
sempre più profondo, con una
tragica evoluzione verso lo scontro violento.
— 22 aprile. Nell’isola di Ouvéa 27 gendarmi vengono presi
in ostaggio dagli indipendentisti. Nello scontro a fuoco muoiono 3 gendarmi e 4 vengono feriti (uno di loro morirà poco
dopo); feriti anche 2 membri del
commando kanako.
— 23 aprile. A Canala, nell’est
della Grande Terra, vengono feriti il responsabile del RPCR
(Rassemblement pour la Nouvelle Calédonie dans la République) e due lealisti.
— 24 aprile. Sempre a Canala,
ferito un gendarme; molti seggi
elettorali fatti segno a colpi
d’arma da fuoco, in diverse località.
Massiccio boicottaggio del primo turno delle elezioni presidenziali (41,7% di astensioni).
Sempre a Canala, nel corso di
una sparatoria fra gendarmi ed
indipendentisti, muore una giovane melanesiana di 18 anni.
— 25 aprile. Un giovane meticcio, lealista, viene ucciso. Massiccia operazione di polizia nel
Dall’alto della montagna un gruppo di giovani kanaki guarda con
speranza la terra della Nuova Caledonia.
l’isola di Ouvéa per liberare i
gendarmi tenuti in ostaggio. Alcuni di loro vengono liberati
per intervento dei capi tradizionali.
Il capo del PLNKS, Jean-Marìe
Tjibaou, dichiara: «Non ci sarà mai un futuro istituzionale
in questo paese, senza .il nostro
accordo ».
— 30 aprile. Attacco ad un campo indipendentista con cannoneggiamento dal mare.
— 5 maggio. Sangutooso scontro a fuoco nel luogo dove erano nascosti gli ostaggi, muoiono
19 kanaki e due soldati francesi, più tre feriti pavemente, incolumi gli ostaggi.
Il processo di Tiendanite conferma che non solo la giustizia difende il colonialismo, ma che ormai la giustizia viene resa a colpi
di fucile e che questo paese non
è più uno stato di diritto.
4 - La militarizzazione
Ci sono oggi in Nuova Caledonia 7.350 uomini armati per una
popolazione di 145.000 abitanti.
Queste forze sono dislocate soprattutto nelle regioni dove i kanaki sono numerosi.
Aumentano le provocazioni, le
azioni repressive, gli interrogatori severi e la brutalità. Tutto ciò
sembra dimostrare il triplice
obiettivo del Governo: sottomettere, punire e demolire la coscienza nazionale del popolo kanako.
« E’ un apparato militare repressivo che opera sotto la copertura
della pace e del rispetto ».
« La Chiesa evangelica è fortemente preoccupata della militarizzazione del paese e poiché vuole lavorare per un ordine più giusto, in Cui non ci sia più bisogno
delle armi, fa appello agli uomini
di buona volontà perché capiscano il pericolo dell’attuale militarizzazione ».
5 - L’insegnamento
« Dopo 130 anni di presenza
francese i kanaki hanno:
— un medico,
— tre professori,
— un giudice.
I kanaki sono sempre in una
situazione di emarginazione ».
Basta guardare queste percentuali degli alunni kanaki: elementari 45%; media 37%; superiori
17%; alla maturità 8%. Un kanako su tre viene promosso alla
maturità.
« L'analisi del funzionamento
dell’insegnamento mette in luce
tre gravi debolezze:
— la concezione: è un insegnamento concepito per bambini
europei;
— la discriminazione: è espressione di pregiudizi razziali con
spesso delle selezioni abusive
agli esami;
— l’inadeguatezza del sistema educativo: è un meccanismo
dell'insegnamento coloniale ».
Fino ad ora i kanaki hanno subito un insegnamento che è loro
del tutto estraneo, che non tiene
conto né dell’ambiente né della
mentalità.
L’insegnamento è sempre stato
una delle preoccupazioni priori
tarie della missione per la evangelizzazione. Per questo oggi la
Chiesa evangelica continua, malgrado le difficoltà, ad operare nel
campo educativo.
« La Nuova Caledonia deve essere costruita. E’ questa una responsabilità di tutti. Ma questa
costruzione deve tener conto dell’esistenza del popolo kanako, che
rimane la pietra angolare dell’edificio ».
Il documento avanza queste
proposte: risolvere le disuguaglianze economiche e le forme di
discriminazione basate sulla razza, fare fronte ad una mancanza
reale e fondamentale di comunicazione fra le diverse razze, instaurare una uguaglianza nell'educazione. « In questo modo •—
conclude il documento — potremo lavorare ad una vera fraternità fra le razze e per una Nuova
Caledonia riconciliata ».
L’incontro con i
responsabili della KEK
La delegazione ha incontrato
anche il segretario della KEK,
past. Jean Fischer. Nell’incontro
il past. Passa ha spiegato la strategia non violenta proposta dalla
Chiesa evangelica: « Una chiesa
non può, per la sua stessa natura, sostenere la violenza. So bene
che la violenza di una società che
domina un’altra è anche questa
inaccettabile. Ma per noi l'uomo
è sacro, non abbiamo diritto di
ucciderlo. Ecco il nostro problema ».
« La non violenza è una esigenza assoluta che deriva dall'Evangelo. E' quindi una necessità assoluta e noi dobbiamo lavorare
in questa direzione. Nella nostra
lingua, per dire "amico” diciamo
”la mia metà”, il che vuol dire
che un individuo non è completo
se non è in relazione con un altro ». « Ma come può essere restaurata l'amicizia se la violenza
è pane quotidiano? ».
L’incontro con la delegazione
ha permesso di comprendere la
scelta della Chiesa evangelica
della Nuova Caledonia: da una
parte pieno impegno per la giustizia e la dignità del popolo kanako, dall’altra ricerca continua
di occasioni di comunicazione fra
le razze e di costruzione di legami di solidarietà. Lo scopo è
quello di costruire una umanità
autentica in una Nuova Caledonia riconciliata.
A cura di Renato Coisson
8
8 vita delle chiese
13 maggio 1988
SALMO 73
UN RICORDO
lo rimango "accanto a te Mimmo cappella
perchè tu mi tieni
Una vita che si rifà a due istanze: la continua conversione e l’accettazione della Grazia
Pubblichiamo il testo della predicazione che Enos Mannelli ha tenuto in
occasione della scomparsa di Domenico Cappella - Una parola di fede
C’è un inno molto noto che
dice: « Nel cammino della vita
siam viandanti del dolore... ». La
nostra vita assomiglia al viaggio
di un pellegrino nella notte; ciascuno porta nel suo cammino,
chi in modo evidente chi più o
meno nascostamente, dei pesi
che lo fanno soffrire.
L’autore del Salmo 73 si mette a considerare attentamente la
vita umana: vede, da una parte,
i malvagi che prosperano impunemente e dall’altra i credenti
in Dio percossi ogni giorno. Dopo questa considerazione, sempre attuale, arriva quasi a perdere la fede e dice: credere in
Dio è inutile! (v. 13).
Iddio ha però pietà di lui, lo
incontra, ed egli « vede » la realtà: capisce ciò che prima, da insensato qual era ( « stupido »),
non capiva. Acquista dopo la dolorosa crisi, che l’aveva portato
alla soglia del rinnegamento di
Dio, una nuova coscienza di sé
e dice: « Pure, io rimango... ».
« Pure » è il grido di battaglia
contro una potenza avversa, un
minaccioso turbamento, un pericolo che ci assale. « Pure », cioè
nonostante tutto ciò, io vivo, io
nuoterò contro corrente, non mi
arrenderò, non dispererò, non
andrò in rovina, ma resisterò;
avrò ferma fiducia e non andrò
a fondo!
E questa « ferma fiducia » è
<t del continuo ». Non solo nell’abbondanza, ma anche nella
penuria; non solo quando il mio
corpo è forte, ma anche quando
s’indebolisce.
Lutero cantava: « Se migliaia
Cercasi
La Chiesa Valdese dì Milano
cerca, per il marzo 1989, coniugi di mezza età ai quali affidare le seguenti mansioiu:
— al marito:
tutte le incombenze relative
ai servizi del culto; sorveglianza, pulizia e manutenzione della chiesa e dei locali
annessi; conduzione delle caldaie per riscaldamento stabile e chiesa (occorre patentino di legge). Lavoro a pieno
tempo;
— alla moglie:
portineria dello stabile con
abitazioni ed uffici. Lavoro a
metà tempo (6 ore ogni mattina).
Si offrono inquadramento
e compensi a norma di legge.
E' disponibile alloggio di servizio di mq. 41,80, assegnato
alla portineria, ma ovviamente usufruibile da entrambi.
Per ulteriori informazioni e
chiarimenti, gli interessati
sono pregati di rivolgersi per
iscritto, al più presto, al
Concistoro della Chiesa Valdese di Milano, via delia Signora 6, cap 20122, accludendo referenze e informazioni
documentate circa eventuali
incarichi precedentemente
svolti.
Si precisa infine che verranno prese in considerazione le domande che giungeranno entro il prossimo 31 agosto. Le risposte ai candidati
saranno inviate entro il 31 ottobre.
di demoni ci volessero inghiottire, le malefiche legioni non ci
vedranno impallidire... ».
Tutto questo significa « del continuo ».
« Io resto saldo del continuo
accanto a te ». Noi preferiremmo « accanto a me »: accanto
al mio diritto, alla mia volontà,
alla possibilità di bastare a me
stesso, senza rinunciare a ciò
che rappresenta il mio « io ».
Ma l’uomo non rimane solo accanto a se stesso, sarebbe la fine, perché il mondo, l’oscuro
mondo, è precisamente in me
stesso.
Ma chi è questo « tu » che ci
sta accanto? E’ uno che si è fatto uomo i>er amor nostro, che
ha preso su di sé i nostri dolori,
i nostri sconforti e la nostra
immensa miseria.
Scriveva il nostro caro Domenico: « ...Amare e temere Dio,
aver fiducia in lui sopra ogni
cosa deve avvenire nella brutalità della nostra esistenza terrena, dinanzi alla violenza della
morte... e tutto ciò al cospetto
di un Dio nascosto. Per quanto
riguarda Gesù, si verifica questo
fatto: nell’inferno della presunta assenza di Dio, Gesù invoca
il Padre e ne attesta la presenza... La croce rivoluziona i cuori e i pensieri: chi non ha fatto
questa esperienza non può dire
di sperare nella risurrezione dei
morti. La croce esige il servizio della libera comunità, che
vince il mondo stando nel mondo: e ciò in ubbidienza al primo comandamento, che costituisce il fondamento e la giustificazione di ogni libertà cristiana ».
Ma voi certamente vi domanderete: come è possibile tenere
il passo per restare accanto a
lui di continuo? Lui è il Signore, il Figlio di Dio, e noi misere
creature! E’ vero, è impossibile.
Ma c’è qualcosa di meglio che
egli ha fatto, e non è opera nostra. «Tu mi tieni per la mano
destra », cioè la mano con cui
l’uomo è forte e abile, la mano
che egli dà al suo simile per manifestargli la propria amicizia.
Insomma: Dio ci prende laddove abbiamo il nostro « io », in
ciò che per noi è serio e laddove abbiamo il nostro povero cuore!
La prima domanda del Catechismo di Heidelberg (1563) è
così formulata: « In che consiste la tua unica consolazione in
vita e in morte? ».' Il catecumeno rispondeva: « Nel fatto che
col corpo e con l’anima, in vita
e in morte, non sono più mio,
ma appartengo al mio fedel Salvatore Gesù Cristo... ».
Ma non ci è detto che noi dobbiamo dare a Dio la nostra mano destra. Dovremmo farlo, ma
arriviamo sempre in ritardo,
quando egli ha già afferrato la
nostra mano destra nella sua e
la tiene.
Questa stretta, con la quale
Gesù serra la nostra mano destra nella sua, non viene interrotta nemmeno dalla morte: chi
crede in Cristo è passato dalla
morte alla vita. La bara, la tomba, il disfacimento del nostro
corpo non rappresentano la sconfitta della volontà di Dio di te-nere la nostra mano! Su questa
terra, anche nella morte, siamo
nell’attesa di quella vita di cui
abbiamo qui ed ora ricevuto la
caparra. Una vita con Dio, senza più ombre e pesanti veli, alla presenza di Dio Padre, che
asciugherà ogni lacrima dagli
occhi nostri (Ap. 21: 4-5). La risurrezione di Cristo trasmette a
noi, povere « ossa secche », la
sua potenza vittoriosa. Questa
vita attuale di comunione con
il Signore non è spezzata dalla
morte perché « colui a cui i peccati sono rimessi ha volto le
spalle alla morte, è stato orientato verso la vita » (G. Miegge).
« Io rimango sempre accanto
a te perché tu mi tieni, rocca
mia e mia parte in eterno ».
Enos Mannelli
Si è spento serenamente a
Campobasso, la mattina del
27 aprile, cedendo al male, repentino e violento, mormorando
fino all’ultimo respiro parole di
fiducia in Dio, di amore per i
suoi cari, per tutti noi. Lo ricordiamo con affetto: pastore,
collega, fratello.
Nasce nel maggio del ’31 a
Formicola (CE), piccolo antico paese — con palazzo baronale del XV sec. — che pare come adagiato in una pittoresca
valletta ai piedi del monte Maggiore (alt. m. 1037), tutto verde e boschi. Il carattere dolce,
sereno, rassicurante di Mimmo
— cosi lo chiamavamo quasi
tutti — si direbbe tratto di lì.
Di famiglia cattolica, segue gli
studi in seminario fino a diventare sacerdote e conseguendo,
successivamente, i primi incarichi parrocchiali, ma non prosegue molto su questa via. Nelle vicinanze ci sono piccoli gruppi della Chiesa metodista, a Dragoni, ad Alvignano, sull’altro
versante della montagna; in altra direzione, ma altrettanto vicino, o’è il gruppo di S. Maria
Capua Vetere provvisto, questo, di un modesto locale di culto: questi metodisti nella diaspora non hanno il pastore residente, sono collegati con i pastori
di Napoli e di Salerno. I contatti si pongono presto, si intrecciano, si infittiscono. E’ così che
Mimmo trova la strada che lo
porta al metodismo e alla Facoltà valdese di teologia a Roma (’58-’62) per prepararsi al
ministerio pastorale. Più tardi
dirà che « la formazione ricevuta nel cattolicesimo è stata
polvere rimasta in superficie »; è
bastato poco a toglierla. Non è,
tuttavia, cosa da poco la sua
nuova scelta: ha costi alti, ha un
caro prezzo, che Mimmo affronta e paga, con sicura decisione,
con rinnovata consapevolezza
di fede.
E’ pastore, impegnato nella
cura d’anime, per 26 anni (’62’88), fino all’ultimo, nelle chiese metodiste di Venezia (’62’64), Venosa (’65), Rapolla C66’67), Milano (’68-’72) insieme
con altro collega. Forano Sabino, valdese - Terni (’73-’81), Cam
XVI CIRCUITO
Giornata di festa
RIESI — Anche il secondo incontro delle chiese siciliane promosso dal Circuito — dopo il
convegno di Catania (19-20 marzo) — ha avuto un buon successo. Come già a Catania, anche
¡al Monte degli ulivi del Servizio cristiano di Riesi, insieme
alle comunità valdesi e metodiste, sono convenute le comunità
battiste di Lentini-Floridia-Siracusa e Catania. La realtà circuitale è venuta, di fatto, a prendere il posto delle iniziative un
tempo sostenute dalia Federazione regionale delle chiese. Un
fatto è certo, e cioè che al di
là delle formule e delle sigle,
le chiese siciliane aderenti alla
Federazione hanno manifestato
concretamente la loro disponibilità per im lavoro comune, che
necessita maggior coordinamento ed una più puntuale informazione.
La fraternità e la gioia dell’incontrarsi in una realtà di diaspora sono ima esigenza sentita e
tonificante ed è in quest’atmosfera che a Riesi si è tenuta la giornata comunitaria del 25 aprile,
a cui hanno partecipato almeno
250 persone provenienti da tutte le chiese BMV della Sicilia
(esclusa Messina, che è legata al
continente). Voleva essere ima
giornata ’’leggera”, senza conferenze e lunghi discorsi, una
giornata di distensione e di incontro fraterno, e così è stata.
In mezzo alla stupenda natura del Monte degli ulivi del Servizio cristiano che ha ospitato
l’incon,tro, la giornata è iniziata
con il culto con Santa Cena, presieduto dal direttore del Servizio cristiano Jean-Jacques Peyronel ed è proseguita poi, dopo
il picnic (salsicce e carciofi alla brace preparati dal Servizio
cristiano, oltre che dolci, vino
e bevande calde), con una serie
di canti e con una grande « caccia al tesoro a percorso biblico »
preparata dalle sorelle e dai
fratelli di Pachino. Una grande
esposizione dei libri Claudiana
ed un piccolo bazar hanno offerto altri momenti di interesse
e di dialogo. Sia la colletta che il
ricavato del bazar sono stati
devoluti alla solidarietà con il
popolo palestinese.
Una bella giornata, dunque.
che merita di essere riproposta
l’anno prossimo, migliorata, meglio preparata (come è stato
possibile ’’dimenticare” una breve presentazione del lavoro del
Servizio cristiano?), cercando
impegno e collaborazione da
parte di tutte le chiese (cosa non
sempre scontata!). Intanto un
ringraziamento alle sorelle ed ai
fratelli di Riesi per la loro fraterna accoglienza, al consiglio di
Circuito, e in particolare al sovrintendente past. A. Bonnes.
Incontri BMV
ROMA — I consigli delle chiese battiste, metodiste e valdesi
di Roma si seno recentemente
incontrati un paio di volte, per
discutere come rilanciare il Centro Evangelico di Cultura. Tra
gli altri temi grande spazio ha
occupato lo studio introdotto
da Paolo Sbaffì per l’OPCEMI,
Paolo Spanu per l’UCEBI e
Franco Giampiccoli per la Tavola, in vista di una maggiore
collaborazione tra le chiese.
pobasso, valdese (’82-’88).
Uomo di cultura, ricopre, per
lunghi anni, incarichi di responsabilità in questo settore: è nella Commissióne permanente studi, nel consiglio della Facoltà
valdese di teologia, nella Commissione teologica del centro di
Ecumene. Così il suo apporto
alla formazione teologica delle
giovani leve, nel pastorato e nel
laicato, è notevole. Ha anche
responsabilità di governo, e fa
parte del Comitato permanente
della Chiesa metodista, prima
dell’integrazione del ’75.
Siamo grati a Dio per il servizio che il pastore Domenico
Cappella ha svolto tra noi. Chiese locali, pastori, laici rendono
testimonianza di aver molto ricevuto da lui. Siamo tanti, ora,
a sentire il vuoto che egli lascia
prematuramente. Ma è anzitutto
la sua giovane famiglia — la
moglie Pasqualina Perrenti, metodista dì Venosa, e le figlie
Rosalba, Emilia e Daniela — a
portare il peso maggiore di questa separazione.
Sono stati molti, altresì, fuori delle nostre chiese evangeliche, ad ascoltare le predicazioni tenute dal pastore Cappella,
con regolare frequenza, per il
culto evangelico alla RAI, la
domenica mattina. Nell’ultima, il
12 luglio dello scorso anno, egli
sottolineava l’esigenza di « convertirsi e di credere nell’Evangelo » poiché il « Regno di Dio
è vicino », e citava dai vangeli
esempi di concretezza nella conversione. Traeva uno di questi
dalla parabola del pubblicano
e del fariseo nel tempio (Luca
18: 9-14), e così concludeva:
« Non chi si accredita davanti a
Dio e davanti agli uomini è importante (per il Regno), ma solo colui che riceve il dono di
Dio, offerto gratuitamente ». Tutta l’esperienza personale di Mimmo, nella sua vita riferita a
Dio, è riconoscibile in questi
due dati: in questo non accreditarsi e dimque convertirsi —
anche dal cattolicesimo, ma non
solo —, in questo ricevere a
mani vuote la Grazia che, sola,
tutto riempie. Un messaggio che
è quasi un testamento spirituale.
L’affluenza al funerale è stata
enorme, dal Molise, dalTAbruzzo, dalla Campania, da Roma.
Il Signore, cui ci rivolgiamo in
preghiera, ricolmi presto questo
vuoto tra noi. La potenza della
Risurrezione operi efficacemente
in tutti.
Giulio Vicentini
L’annuncio della
resurrezione
La parola della vita è stata
annunciata ai presenti dal past.
Enos Mannelli, sovrintendente
del XII Circuito; hanno partecipato alla liturgia i pastori
Gianna Sciclone, Franco Carri e
Sergio Tattoli, della chiesa battista di Campobasso.
Parole di solidarietà e di fraterna amicizia sono state dette
dai pastori Giulio Vicentini, a
nome della Tavola valdese, Aurelio Sbaffl e Giovanni Anziani,
della Chiesa metodista. Erano
anche presenti i pastori Giovanni Carrari, da Roma, e Ruben
Vinti, da Villa S. Sebastiano.
Il past. Paolo Sbaffì, presidente del Comitato permanente delrOPCEMI — impossibilitato ad
arrivare in tempo, ma giunto il
giorno dopo, per la sepoltura —
ha ribadito il messaggio della
consolazione biblica e ha recato il saluto della solidarietà a
nome dell’intera famiglia metodista.
9
13 maggio 1988
vita delle chiese 9
COAZZE
FESTA DI CANTO A IVREA
Nella foto: la centenaria Emilia Rosa-Brusin Boero i^-ai figli Co^
nelio (venuto da S. Paolo del BrasUe dove abita anche IMro figlio,
Arrigo) e Nella, insieme al pastore Giuliana Gandolfo.
Un paese in festa
I cento anni di Emilia Rosa-Brusin, festeggiati nel corso del culto,
occasione per ricordare le tappe dell’evangelizzazione a Coazze
« Sii fedele fino alla morte, ed
io ti darò la corona della vita »:
la sorella Emilia Rosa-Brusin
Boero conclude con questo versetto i ringraziamenti ai numerosissimi partecipanti alla festa
per i suoi 100 anni, celebrata
nella Chiesa valdese di Coazze,
domenica 17 aprile. E’ insieme
un monito e un’espressione di
speranza; la sintesi di quella luce interiore che l’ha guidata nella sua lunghissima vita.
Arrivare a compiere i 100 anni
è una benedizione di Dio concessa a pochi, e a pochissimi centenari è dato di avere ancora
tanta salute, tanta lucidità e forza da poterli festeggiare insieme
alla chiesa, a parenti ed amici.
Tutta Coazze era rappresentata, per festeggiarla, nel nostro
tempio gremito fino all’impossibile, con tanta gente in piedi, rallegrato da tanti, tantissimi fiori.
Il culto, per l’occasione « ecumenico », è stato presieduto dal
pastore Giuliana Gandolfo, che
nella predicazione ha riproposto
alla chiesa il messaggio che la
stessa sorella Emilia voleva rivolgere ai presenti, avendo suggerito come testo il Salmo 40;
è Dio e Dio soltanto che mette
al sicuro i nostri passi, giorno
per giorno, ora per ora; fa posare i nostri piedi su una rocr
eia solida; felice è l’uomo che
ha fede nel Signore. Ma bisogna
anche saper attendere con pazienza l’aiuto del Signore, non
stancarsi di sperare e pregare.
E soprattutto non tenere per sé
la salvezza, non tacere la verità
e l’amore di Colui che è il nostro aiuto e il nostro liberatore.
Importante quest’ultimo ammonimento; infatti i 100 anni
della sorella Emilia, che per tutta la vita è stata una colonna
della chiesa, ripercorrono la vita stessa della chiesa di Coazze;
i suoi genitori e i suoceri erano
stati i fondatori della comunità.
Lei, Emilia, è fra i primi battezzati nella chiesa di Coazze,
costruita di fresco; siamo nel
periodo felice dell’« evangelizzazione », quando era vita ciò che
per noi è storia. « Un giovane
[suocero di Emilia] di Coazze
era in servizio dalle parti di Pinerolo. Una domenica, passando
vicino al tempio evangelico di
colà, insieme ad alcuni suoi amici, domandò cosa fosse; ”11 tempio dei protestanti”, gli fu rispo
sto, ”e là dentro fanno ballare
il diavolo”. — "Se fanno ballare il diavolo, voglio Vederlo ancora io”. Era l’ora del culto, entrò malgrado le obbiezioni dei
compagni, ascoltò, ^i piacquero
i nostri culti, si mise presto in
relazione col sig. Cardón, ed in
poco tempo divenne colportore.
Nella sua opera prese specialmente di mira Coazze, il suo
paese natio » (da « Riassunto
storico della Evangelizzazione
valdese, 1848-1898 », ripreso tale
e quale in tutte le storie di Coazze e della Val Sangone).
L’augurio della Chiesa cattolica è stato portato da don Giacinto Masera, il parroco locale, che
ha abbreviato la messa per varcare per la prima volta la soglia
del tempio valdese, e da don
Luciano Aliáis, prete torinese di
famiglia coazzese, fin dall’infanzia amico della centenaria. Era
presente anche il sindaco Guido
Ostorero che, a nome di tutti i
coazzesi, ha donato alla sorella
Emilia una medaglia d’oro per
i suoi 100 anni; a memoria di
secoli è la prima centenaria di
Coazze. La sorella Graziella Giacone ha espresso l’augurio della
Chiesa valdese, ricordando quanto la sorella Emilia sia stata un
esempio di fede concreta, di amore senza riserve, di fedeltà e
obbedienza.
Un dono è stato anche il can
to; im gruppo di coralisti torinesi ha dato forza alla nostra
voce, cui si è aggiunta quella di
molti cattolici. Un dono altamente apprezzato i vari « pezzi » cantati dalla corale parrocchiale di
Coazze, soprattutto lo « Shalom »
durante la Santa Cena.
E’ stata una gioia immensa per
la chiesa di Coazze — oggi diminuita nel numero e aumentata nell’età rispetto ai suoi ternpi gloriosi — ricevere la cittadinanza nel proprio tempio. Quindici giorni prima, il giorno di
Pasqua, i valdesi di Coazze si
erano recati nella chiesa cattolica parrocchiale. Infatti, dopo la
messa, alla nostra sorella Ismene Mattone Bramante è stato
conferito il riconoscimento « Una
persona da ricordare », promosso dalla Cooperativa Commercianti della Val Sangone. La sorella Ismene da 25 anni assiste
con dedizione e amore incomparabili il figlio Davide, gravemente handicappato. In quell’ioccasione il pastore ha portato il saluto dei valdesi alla comunità cattolica. Due diversi momenti di
presenza valdese in Coazze.
Gi.Ga.
Lode al Risorto
Il grande cinema di Ivrea che
ha ospitato l’annuale festa delle
corali era nel pomeriggio, al momento dei canti, stracolmo: « circa 800 persone », ha detto il pastore Gianni Genre nella sua presentazione e nel dare il benvenuto sia ai coralisti (ima decina di
pullman provenienti dalle Valli,
da Genova e da Torino), sia ai
numerosi eporediesi presenti,
compresi molti evangelici di altre confessioni presenti nella zona.
Il tema presentato nei canti è
stato quello della morte e della
resurrezione di Gesù.
E proprio i canti hanno dato la
possibilità di percepire con intensità il passaggio dalla tristezza, dal dolore della morte alla
gioia, all’esultanza per la resurrezione, momento senza il quale
Gesù sarebbe stato uno come
tanti altri, e il significato della
nostra fede sarebbe di colpo
svuotato.
Questi concetti sono stati anche evidenziati, in un breve intervento, dal pastore Claudio
Pasquet.
In mattinata, nello stesso locale si è svolto il culto evangelico,
anche in questo caso con molti
coralisti già presenti. La riflessione presentata è stata incentrata sul tema della libertà, conseguenza diretta dell’amore di Dio,
e sulle conseguenze che essa ha,
o dovrebbe avere, nell’esistenza
di ognuno, nella società, nella
chiesa. P.V.R.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Impegno finanziario
TORRE PELLICE — L’assem
blea di chiesa di domenica 8 maggio ha deciso di assumere quale
impegno finanziario per il 1989 la
cifra di 95 milioni di lire, a fronte di una quota che, secondo la
ripartizione avvenuta alTintemo
del 1° distretto, avrebbe dovuto
essere di 106 milioni. Da notare
ancora una volta la scarsissima
partecipazione di membri di chiesa alla assemblea (ima trentina
su 1.600), ma va anche considerata la non felice data in coincidenza con la festa di canto delle
corali.
• Nel corso delle ultime settimane sono decedute le sorelle lina Rivoira, di anni 66, e Clara
Monnet, di 78 anni; alle famiglie
in lutto va la cristiana simpatia
della comunità.
o Si sono uniti in matrimonio,
domenica 8 maggio, Marinella
Gönnet e Daniele Bouvier ; la comunità si rallegra con questa
nuova famiglia.
• L’unione femminile avrà la
sua seduta mensile domenica 15
maggio, alle ore 15, presso la
Casa unionista; verranno presentate le relazioni dei congressi femminili di fine aprile.
Matrimonio
PRAROSTINO — Il 23 aprile
Enrica Maero di Pralarossa e
Dì^o Pagetto di San Germano
si sono uniti in matrimonio. Agli
sposi gli auguri della comunità.
• Altri due membri della nostra comunità ci hanno lasciati;
Gustavo Reynaud di 89 anni e
Daniele Ulrico Bertalot di 71
anni, entrambi del quartiere di
Collaretto.
Rinnoviamo alle loro famiglie
la solidarietà della chiesa.
Venerdì 13 maggio
a ASSEMBLEA DELLE
CORALI
PINEROLO — In via del Mille 1,
alle ore 20.30, si riunisce l’assemblea
delle corali per valutare la festa di
canto di Ivrea ed esaminare le proposte di lavoro per il prossimo anno.
' Domenica 15 maggio
Erminia Acinelii
SAN GERMANO
llda Revel
Mi è caro ricordare l’insegnante llda Revel, deceduta all’Asilo
per anziani di San Germano Chisone. La ricordo non solo per i
rudimenti del leggere e dello
scrivere dei primi anni di scuola, ma soprattutto per la dolcezza di linguaggio con cui si
esprimeva, e quella serenità d’animo segno di una vita interiore
ricca di comunione col Signore.
Raramente ci richiamava all’ordine, col dito teso verso la vicina
caserma dove i gendarmi dalle
grandi righe rosse incutevano
un certo timore agli « scugnizzi » della scuola...
Più tardi ho meglio compreso
la sua squisitezza d’animo, la sua
sensibilità spirituale; infatti nel
tempo delle vacanze le visite che
le facevo erano sempre ricche di
pensieri che lasciano il segno nell’imimo; lei sapeva dare un senso anche alle piccole cose perché
sempre collocate alla presenza
del datore d’ogni grazia; era piacevole ascoltarla quando parlava
il dialetto con la gente, perché
sapeva conferirvi grazia e dignità, sempre per «onorare il
nome del Signore. Scompare
con lei un po’ dello spirito del
Risveglio che aveva dato un
grande posto alla lettura della
Bibbia, al canto dei salmi, alle
preghiere spontanee nei culti,
alla passione per la salvezza
delle anime.
Il suo ricordo rimane in benedizione per quanti l’hanno conosciuta; sono lieto che Giorgio
Bouchard le abbia dedicato il
suo libro sui Valdesi e l'Italia
per avergli insegnato a « tenere
le mani alzate durante la battaglia contro Amalek ».
A Giorgina invio il mio affettuoso pensiero di vicinanza nel
Signore. Gustavo Bouchard
Nata a Rio Marina all’inizio
del secolo, termina la sua vita
terrena a Rio Marina il 30 aprile 1988. Famiglia numerosa, imparentata con i Cignoni, i Deodato, i Quattrini e i Valeriani,
condivide dai primi anni della
fondazione le vicende della comunità evangelica e dei comuni
di Rio Marina. Altri elbani, evangelici e non, formano gruppi emigrati nel Texas e in Australia, dei quali la gente del luogo parla come se i parenti abitassero a Piombino. Essere isolani non è una parola vana.
Ricordare i tempi dei pastori
Bonnet e Rochat è come ricordare l’altro ieri. E l’Erminia cannava e ricantava, due giorni prima della fine, i canti e le filastrocche della Scuola domenicale degli anni 1906-1915 e delle
Scuole evangeliche di quel tempo, piene degli echi della Calandrini, dei Fras.si e di quanti, nell’Ottocento, in Toscana, erano
sensibili alla pedagogia protestante di Ginevra e Losanna.
Nella celebrazione dei culti del
1° e del 2 maggio, con i pastori
Giovanni Scuderi e Carlo Gay,
con una piccola folla di amici.
RIO MARINA □ INCONTRO
________________ FGEI VALLI
LUSERNA S. GIOVANm — Presso la
sala Albarin ha luogo un Incontro sul
tema .« Il potere di Dio », secondo il
seguente programma: ore 10: culto
nel tempio a cura del giovani del
terzo anno di catechismo di Pomaretto; ore 11.45: nella sala, divisione dei
gruppi; ore 14.30: dopo II pranzo, in-,
tervento del pastore Tourn e, di seguito, il dibattito.
cugini e quelli di Rio Marina,
abbiamo ascoltato nel tempio la
predicazione collegata all’ordine
del Cristo risorto a Pietro e a
Giovanni: Tu seguimi. Senza
traccia di biografie, abbiamo riudito quell’ordine a camminare
nel tempo presente vivendo la
promessa delle beatitudini. Nel
breve oggi siamo invitati a vivere la speranza del domani:
l’amore fraterno, la speranza del
Regno, la consolazione nelle ore
del travaglio, la riconciliazione
nei tempi dei contrasti, la comunione fraterna, che non tramonta. Abbiamo rifatto insieme
il viottolo delle Perelle verso
quel cimitero, che raduna quei
tanti che ci hanno preceduti;
elbani e forestieri, fra cui i giovani marinai inglesi periti in
una lontana tempesta di mare.
Aldo Visco Gilardi ci ha letto il
Salmo 23.
Ci siamo salutati e siamo tornati a Piombino. Alle sorelle Gina e Erica, ai fratelli Fulvio e
Carlo Alberto, alle loro famiglie,
alla comunità e agli elbani la
nostra partecipazione al dolore
ed alla speranza.
C. G.
n SCUOLE DOMENICALI
V CIRCUITO
ANGROGNA — La tradizionale giornata delle scuole domenicali del Circuito ha luogo a Pradeltorno, Il
15 maggio. Sono previsti il culto, alle ore 10.30 nel tempio, la visita al
Coulège dei barba, giochi vari presso
la foresteria fìocclaglla.
Venerdì 20 maggio
a ASSEMBLEE
DI CIRCUITO
LUSERNA S. GIOVANNI — L'Assemblea del r Circuito che deve esaminare l’attività delle chiese e del Consiglio, procedere all’elezione del Consiglio e dargli I mandati per l'attività
circuitale 88/89, è convocata venerdì
20 maggio, alle ore 2045, presso la
sala delle attività della chiesa (già Asilo Valdese).
SAN GERMANO — L’assemblea del
Il Circuito avrà luogo il 20 maggio,
alle ore 20.30.
10
10
valli valdesi
13 maggio 1988
COMPRENSORIO
Segnale
(Vallarme
Una « piccola » alluvione si è
riversata, domenica 8 maggio, alle spalle di Pinerolo, a cavallo
fra l’abitato di Abbadia Alpina
e la zona di San Secondo. Fiumi
d’acqua incontrollata e incontrollabile, una marea di fango a invadere strade, campi, vigne, piazze. Cantine allagate, fienili galleggianti, vaganti cadaveri di conigli e pollame.
Un automobilista, a San Secondo, è rimasto sommerso dalla
fiumana e, buon per lui, è riuscito a rompere il finestrino dell’auto salvandosi a nuoto; marito e moglie, intenti a guardare
la televisione, sono investiti dall’ondata che irrompe attraverso
la finestra (chiusa) della cucina.
Sono feriti, ma l’hanno scampata.
Non ci fossero riusciti, le cronache avrebbero aggiunto, loro
malgrado, qualche altro nome all’elenco delle vittime fatte dalle
alluvioni. Il 19 giugno del 1908
la vai San Martino è scorivolta
da un nubifragio: due donne sono travolte dalla piena e i loro
corpi saranno trovati giorni dopo. Il 24 settembre del 1920 i
morti sono cinque, spazzati da
una piena del torrente Crucilo,
a Bobbio Pellice. Il 2 maggio
1949 straripa il Chisone e tutta
la zona compresa tra i territori di
Dubbione, Baudenasca, Cavour e
Bibiana, è sommersa da tre metri d’acqua; una frana travolge
una casa a San Secondo e una
donna muore. Il 28 settembre
1953 straripa il torrente Lemina:
milioni di metri cubi d’acqua si
riversano nella città, che vive lo stato di emergenza per
trentasei ore. Il 19 maggio 1977
« scopjna » la valle del Pellice:
migliaia di metri cubi d’acqua
irrompono all’improvviso sul ponte di Bibiana, lo travolgono, e
portano con sé sette persone.
Questo per citare i fatti più
salienti, quelli sottolineati in nero nelle pagine degli archivi. Fra
le righe, meno appariscenti, ci
sono migliaia di drammi grandi
e piccoli, tragedie per la famiglia, il podere, l’economia tutta.
«Piove, governo ladro!», diceva
l’umorismo popolare di qualche
anno fa. Noi sappiamo che se piove non è colpa del governo; ma
sappiamo anche che i governi, da
quello centrale a quelli periferici, hanno delle responsabilità ben
precise sugli effetti della pioggia.
Guardiamoci attorno: a undici
anni ormai dall’ultima grande alluvione, quella citata del ’77, gli
alvei dei torrenti sono nuovamente nelle medesime condizioni di allora: cespugli, coppaie,
roveti e rifiuti intralciano il defluire delle acque. Al minimo capriccio di Giove Pluvio la società nostra, attuale, moderna, dei
computer, dei satelliti, delle ruspe e dei robot, cede le armi.
Non serve che esista un magistrato del Po se il fiume e i
suoi affluenti sono lasciati a se
stessi, non serve che i sindaci
affiggano manifesti che « ordinano» il disboscamento quando non
possono far rispettare l’ordinanza e punirne le trasgressioni.
Serve invece un minimo di buon
senso, quello che spesso manca.
Le tre ore di terrore vissute
domenica nel pinerolese sono ormai superate. Gli orti e le vigne
saranno rimessi in sesto, le tubature saranno riparate.
Ma San Secondo, 8 maggio
1988, rappresenta, ed è, un campanello: un allarme che suona
ininterrotto. Qualcuno vorrà disturbarsi per ascoltarlo?
Stello Armand Hngon
...e fu subito alluvione
Un violento acquazzone causa ingenti danni - Canali, diventati torrenti, trasportano a valle cumuli di detriti - Molte case allagate
Parecchi danni ed enormi disagi sono stati provocati dalla
alluvione che ha colpito domenica sera, dopo le ore 21, le frazioni di Riaglietto ed Abbadia
Alpina di Pinerolo e Miradolo
di S. Secondo. Un concentrarsi,
nell’arco di poche ore, di eccezionali precipitazioni con pioggia e grandine, ha fatto saltare
la tenuta di alcimi canali di cui
normalmente non si nota neanche resistenza. Com’è facilmente
immaginabile, le acque hanno
finito con l’accumulare detriti, rifluti, legname ormai abbondantemente presenti nei piccoli come nei grandi corsi d’acqua,
ostruendone il corso e provocando la fuoriuscita delle acque.
Ad Abbadia Alpina, il canale
irriguo che, partendo dal torrente Chisone all’altezza del comune di Porte, viene ad attraversare la frazione di Riaglietto per
poi irrigare i prati tra Abbadia
ed il Chisone, è straripato proprio in mezzo alle case all’altez^
za della pizzeria « Golfo di Napoli », allagando i piani terreni
delle abitazioni, negozi e garage. Ovviamente sono stati sommersi i terreni circostanti, ed
in particolare le strutture dei
K Giardin del pont » e dei « Vivai
Chiabrando » che segnalano danni per oltre un miliardo.
Dalla zona appena citata le
acque hanno invaso il tracciato
di via Nazionale, raggiungendo
la caserma dei vigili del fuoco di
Pinerolo, la caserma Berardi ed
anche gli scantinati dell’Ospedale Civile.
A San Secondo
Analoga sorte è toccata al rio
Chiamogna a San Secondo, il
quale raccoglie le acque di ima
Abbadia: il graduale ritorno alla normalità.
ampia zona di Prarostino e raggiunge Miradolo, attraversandola
mediante condutture.
La sezione delle tubature è risultata evidentemente insufficiente ad accogliere le acque
melmose e ancora ima volta
trasportanti detriti; logica conseguenza: ostruzione del condotto
e fuoriuscita delle acque verso
le numerose villette alla sinistra
di via Pinerolo; ingenti i danni,
sia alle autovetture in sosta e
coperte dalla fanghiglia, sia alrinterno delle abitazioni, che in
molti casi hanno dovuto essere
evacuate.
La pioggia che ha continuato
a cadere, anche se con minore
intensità, per tutta la notte, ha
reso difficoltosi i primi soccorsi, che sono stati portati specialmente da volontari o vicini
di casa.
Claudio Rìvoira
VILLAR PELLICE
Si amplia il parco Flissia
Villar Pellice: quando un vagone ferroviario diventa roulotte.
Recentemente il Consiglio comunale di Villar Pellice, accanto
ad atti di ordinaria amministrazione, ha deliberato rampliamento del parco pubblico Flissia. sulla sinistra orografica del Pellice,
a monte dell’insediamento-campeggio costituito dal vecchio trenino di Perosa trasformato in
abitazioni per le vacanze.
Mentre quest’ultima iniziativa
(uno scorcio è presentato nella
foto), a carattere privato, ebbe
la sua realizzazione nei primi anni '70, e lascia, per il suo aspetto e per l’impatto che ha sul territorio per lo meno perplessi, il
parco Flissia fu voluto dall’amministrazione comunale per accogliere quei turisti che, specie di
domenica e nel periodo estivo,
salgono in valle alla ricerca di
uno spazio verde in cui trascorrere la giornata.
L’area fino ad ora utilizzata è
attualmente dotata di servizi igienici, acqua non potabile, alcune
panche, dei tavoli. Fin qui ogni
auto che entrasse nel campo, secondo quanto stabilito dal Comune, costava ai proprietari 1.000 lire al giorno, cifra non certo elevata ma tuttavia alla fine significativa per coprire, almeno in
parte, le spese che tale struttura
comporta, in primis una raccolta
puntuale dei rifiuti. Calcolando
che nello scorso anno il controllo sull’utilizzo dell’area è stato
effettuato soltanto d’estate, si
può pensare che siano state circa 2.000 le auto transitate a Flissia, con relativi ospiti. Nel frattempo è peraltro continuata la
presenza di turisti nei prati di
Villar...
Così, dopo l’elaborazione di un
progetto da parte di tecnici della
Comunità Montana, si prevede
ora in pratica il raddoppio della
struttura, con recinzione in legno
e creazione di altri servizi, tavoli,
ecc., non escludendo l’ipotesi di
creare successivamente anche
un’area attrezzata per bambini.
Bisognerà, ovviamente, acquisire l’area circostante e questo sarà uno dei primi impegni dell’amministrazione; quindi ripulirla,
arrivando poi al l’ampliamento
che dovrebbe comprendere anche una parte della zona dell’ex
discarica a monte del ponte di
via Cave del Fin.
Questa la decisione più significativa assunta dall’amministrazi'One di un Comune che pur non
avendo grosse strutture, né ricettive, né per il tempo libero, ha
ampiamente superato lo scorso
anno, conteggiando le tre strutture esistenti, i campeggi e le seconde case in affitto, le 85.000
presenze di turisti.
Piervaldo Rostan
Dalla parte
delle donne
PEROSA — Il 2 maggio si è tenute un incontro sulla proposta
di legge contro la violenza sessuale.
Durante la serata, a cui ha
preso parte l’on. Angela Migliasso, è stato messo in risalto il
sofferto iter di questa legge, partita da una proposta popolare
da parte delle donne consegnata
in Parlamento nel 1980 e più
volte successivamente discussa
dal Senato, in maniera alterata
rispetto ai contenuti dell’iniziale
proposta.
Attualmente il Senato si trova ad esaminare la proposta di
legge presentata unitariamente
dalle parlamentari dell’area di
sinistra e dalla senatrice democristiana Maria Fida Moro, che
permetterebbe finalmente di abrogare gli articoli ancora in vigore del Codice Rocco che considerano gli atti di violenza sessuale un reato contro la morale, invece che contro la persona.
Nel dibattito si è messa in risalto, oltre alla drammaticità
della violenza contro i minori, la
necessità di una legislazione che,
oltre alla punizione dei colpevoli, preveda la tutela di chi, dopo
la violenza subita, si trova ad
affrontare una serie di problemi di carattere sociale ed economico.
E’ necessario un impegno rinnovato, una pressione nei confronti delle strutture scolastiche, sociali e culturali di massa (televisione, stampa, ecc.)
affinché si giunga finalmente ad
una diversa concezione della
sessualità. Daniela Alberti
PINEROLO
T rasporti
e territorio
Il «Comitato per il miglioramento della viabilità e dei trasporti nel pinerolese » organizza
per sabato 14 maggio, a partire
dalle 14.30 presso l’Auditorium di
corso Piave, un convegno su
« Sviluppo del pinerolese: non im
problema di autostrada ma di
corretta gestione del territorio ».
In un comunicato il Comitato
precisa che « vanno distinti tra
loro il problema del collegamento diretto con Torino e quello della rete stradale complessiva ». Per il primo aspetto viene
ribadita come soluzione ottimale quella ferroviaria, che dovrebbe essere migliorata e incremen
tata. Per il trasporto su gomma
il Comitato ritiene preferibile invece la soluzione del raddoppio
della statale 589, congiuntamente aH’allargamento della n. 23;
« questi interventi garantirebbero una maggiore fluidità al traffico, collegando anche all’asse
stradale le industrie situate nei
comuni interessati, senza recare
danno all’agricoltura della zona ».
Al convegno interverranno A.
Zeppetella (Politecnico di Torino) su: Sviluppo economico e
problemi di' trasporto; l’agronomo L. Cassibba (Integrazione tra
agricoltura, sviluppo economico
e ambiente): E. Morello, del
« Centro studi sui sistemi di trasporto », sulle Metodologie tecniche per i problemi di viabilità,
e A. Bernardi e C. A. Barbieri
sui Piani comprensoriali dei trasporti di Pinerolo e Torino.
Sono previsti interventi sullo
sviluppo turistico nelle valli alpine, sui piani agricoli di zona,
sulla situazione di Vigone (un
paese senza ferrovia) e sulla ferrovia Torino-Torre Pellice, a cura del locale Comitato di difesa.
Al Comitato organizzatore aderiscono « Rinnovamento », Comitato di difesa, Confcoltivatori,
Coordinamento pendolari, DP,
PCI, Lega ambiente. Sinistra indipendente, PLI, Unione coltivatori e WWF. A. C.
11
f
13 maggio 1988
valli valdesi 11
COMITATO AMBIENTE VAL PELLICE
Agricoltura biologica:
sogno o realtà?
Conciliare la produzione con la richiesta e con i prezzi elevati Annunciata una campagna per l’educazione al consumo di cibi più sani
La mela rossa è un frutto sano. Così recitava un piccolo manifesto apparso anni fa sui muri di Torino.
Lasciando da parte il messaggio politico che quell’annuncio
celava, è lecito chiedersi: la mela, rossa, verde o di qualsiasi
altro colore essa sia, è veramente un frutto sano? Pare di no,
a meno che essa sia un prodotto di agricoltura biologica. E
ciò vale anche per tutti gli altri
tipi di frutta e di ortaggi.
Di agricoltura biologica si è
parlato Ixmedì 2 maggio presso
il Convitto! Valdese di via Angrogna in occasione di un incontro del comitato ambiente Val
Pellice.
La Val Pellice — come ha affermato Marco Bellion, assessore alTagricoltura della locale Comunità Montana — è' una zona
ad economia prevalentemente agricola, dove ad una notevole
produzione ortofrutticola si affianca una buona produzione di
latte e di carne.
Tutti questi generi alimentari
possono essere trattati chimicamente oppure no. Nel primo caso non vi sono limiti di ordine
quantitativo per ciò che riguarda la produzione ed i risultati
sono in grado* di appagare rocchio del consumatore, a discapito però della sua salute.
La rinuncia ai pesticidi, ai
conservanti, agli additivi, agli estrogeni (questi ultimi vietati dalla legge ma purtroppo largamente impiegati) comporta invece
dei problemi per quanto riguarda i quantitativi e l’aspetto esteriore dei prodotti, ma può
fornire maggiori garanzie sul piano della genuinità.
Vi sono però numerosi ostacoli che si frappongono a una
più vasta applicazione delTagricoltura biologica: la difficoltà di
conciliare la produzione con la
richiesta ed il prezzo elevato dei
prodotti, date le cure necessarie
al loro ottenimento ed il maggior scarto rispetto a quelli « trattati ». Il consumatore deve inoltre essere tutelato al momento
dell’acquisto. Tutela che solo un
marchio accompagnato dalla certificazione di un laboratorio di
analisi pubblico può assicurare.
Per questo, sia nelFintervento
dell’assessore Bellion che nel successivo dibattito, si è a lungo
insistito su questo punto, indicandolo quale condizione di partenza necessaria ad im’estensione del mercato di prodotti biologici.
Il CIFOP (consorzio frutticoitori) e le diverse cooperativepunti vendita esistenti nella zona in parte già rispondono ai
requisiti di garanzia, mentre, come ha affermato il Dr. Vecchié
del Servizio d’igiene Pubblica
delTUSSL 43, si incontrano difficoltà nel reperire un laboratorio d’analisi adeguato. Spesso infatti i laboratori d’analisi non
sono sufficientemente attrezzati
per la ricerca dei residui di prodotti chimici presenti nei generi alimentari di tipo biologico.
Si tratta per lo più di residui
di quantità infinitesimali ma che
assumono significato se rapportati ad un grande consumo.
In Val Pellice alcuni campioni
di frutta sono già stati ottenuti
da un primo tentativo sperimentale di produzione agricola biologica ed all’analisi è risultato
che nessuno di essi era esente
da residui, pur essendo tutti ampiamente all'interno dei limiti
legislativi. I residui risultavano
essere di prodotti tossici non più
usati da anni e questo indica la
difficoltà che si ha nell’estirpare
dalla terra alcune sostanze chimiche ben radicate e quanta stra
■ Oggi Lettere
e domani all'Eco
delle Valli
da si debba ancora percorrere
per giungere a prodotti « puri ».
Le sostanze chimiche, oltre a
gonfiare gli alimenti e le tasche
degli industriali che ne controllano la produzione, rappresentano un serio p>ericolo in primo
luogo per gli agricoltori, esposti più di ogni altro al contatto
diretto con esse. E’ inevitabile
pensare a ciò ogni qualvolta capita di vedere degli omini bardati come marziani aggirarsi nei
terreni coltivati delle campagne.
E’ pertanto nelle intenzioni
della Comunità Montana-USSL
43, già promotrice della « ricerca contadini », proseguire in una campagna di educazione alla produzione ed all’uso di cibi
più sani.
Per dare concretezza alle intenzioni, la Comunità Montana
intende procedere alla pubblicazione ed alla divulgazione di una guida all’uso degli antiparassitari, volta quanto meno a limitare l’impiego di sostanze tossiche, riducendone la soglia di
pericolosità.
Altro aspetto importante emerso nel corso della serata è
la tipicità dei prodotti alimentari.
Una mela, un certo formaggio
o una fettina di carne, possono
essere esclusivi di una certa zona, con caratteristiche che non
si ripetono altrove e, quindi, anche fonte di richiamo turisticogastronomico, con immenso benefìcio per Teconomia di quella
stessa zona. v
Le diverse comunità presenti
in Val Pellice, come scuole, ricoveri, ospedali, oppure alberghi,
ristoranti, costituiscono già di
per sé un potenziale mercato sufficiente a motivare la produzione in loco di alimenti naturali.
Sergio Franzese
Programmi di Radio Beckwith
____________91.200 FM____________
TORRE PELLICE — Segnaliamo alcuni programmi settimanali di Radio
Beckwith (FM 91.200); venerdì 13, alle ore 15, va in onda la replica del
programma curato dalla FGEI; sempre
venerdì, alle ore 19.05, nel programma
Grünen si parlerà di agricoltura biologica e di pesticidi; ogni sera, aile
pre 19, viene proposta la lettura di
un capitoio deli’Evangelo secondo Luca: lunedì alle ore 15.30 e venerdì alle 18, « Nero su bianco » (recensioni
librarie); giovedì! ore 15.30, «Speciale di Mr. Beckwith ».
____________Concorsi_____________
LUSERNA S. GIOVANNI — La mostra delle opere presentate al concorso « Grandangolo », proposto dalla Comunità Montana-Spazio Giovani, sarà
allestita nel laboratorio dell’immagine in via Volta 11 e sarà aperta da
lunedì 16 maggio a sabato 21 maggio,
dalle ore 15 alle ore 18.30. Sabato 21,
alle ore 16, avverrà la premiazione.
Cinema
TORRE PELLICE — H cinema Trento
prevede per la settimana in corso la
seguente programmazione; venerdì 13,
ore 21.15, « Le balene di agosto »;
sab. 14, ore 20 e 22 e domenica
15, dalle ore 16, » Tre scapoli e un bebé ».
Concerti
S. GERMANO — Nell’ambito della
rassegna « Cantavalli », sabato 14 maggio, alle ore 21, nella sala valdese, il
gruppo « Tre martelli » presenterà canti e danze tradizionali della zona tra
il Tanaro ed il Po.
Conferenze
LUSERNA S. GIOVANNI — Venerdì
13 e venerdì 27 maggio, presso il Bocciodromo alle ore 21, con l’organizzazione del comune, si terrà un convegno sull’architettura valdese, il programma prevede per venerdì 13 il tema Territorio ed urbanistica vaidese,
e per venerdì 27 II tema Architettura
ed edilizia vaidese. Sono previste relazioni degli architetti Corrado Gavinelli e Mirella Loik del Politecnico di
Milano.
TORRE PELLICE
L’obiettore, questo sconosciuto
Strutture nel settore culturale e strutture di assistenza: quali mansioni per i giovani in
servizio civile? - Discusso il progetto per l’inquadramento nelle opere della Chiesa valdese
I problemi e le prospettive degli obiettori in servizio civile
presso gli istituti della Chiesa
valdese nel pinerolese sono stati
discussi dagli obiettori stessi, dal
Comitato di solidarietà, nominato dalla Tavola, e dai responsabili degli istituti stessi, in una
riunione a Torre Pellice lo scorso giovedì 5 maggio.
E’ stato esaminato, fra l’altro,
il « Progetto generale di servizio
della Tavola valdese per gli obiettori di coscienza in servizio civile » : esso è già stato discusso e
approvato dal Sinodo dello scorso anno, e costituirà la base per
un’eventuale rinegoziazione della
convenzione che attribuisce alla
Tavola stessa un certo numero
di obiettori da destinare alle varie opere.
Ma qual è, appunto, l’utilizzo
del giovane che presta servizio
civile? Quali le mansioni, quali i
rapporti con gli altri dipendenti
e con coloro che dell’istituto o
del centro usufruiscono?
Da queste domande immediate
le risposte vengono in modo per
niente automatico, e nessuna « tipologia» dell’inquadramento dell’obiettore può darsi per scontata.
Intanto una distinzione deve
essere fatta — è stato detto in
questa giornata di dibattito —
tra le strutture che operano in
campo culturale (come la Società di studi valdesi) e quelle legate all’assistenza (Uliveto, Comunità alloggio per minori, asili
per anziani) : e subito non si può
non denunciare il mancato rispetto, da parte dello stato, delle
cosiddette «aree vocazionali» che
l’obiettore, all’atto della presentazione della sua domanda, indica. Nei molti casi in cui questa
indicazione non viene seguita, accade che giovani con specifiche
preparazioni e qualità si trovino
ad operare in settori totalmente
diversi, con risultati che possono
pesare considerevolmente sulle
spalle di tutti.
E, fra gli appunti da fare alla
gestione da parte del ministero.
non vanno dimenticate le lentezze amministrative (per esemplo
nella corresponsione della diaria) che sicuramente scoraggiano e gli obiettori e gli enti presso
cui potrebbero prestare servizio.
Dallo studio del documento approvato dal Sinodo, la discussione si è poi orientata verso gli
aspetti più interni al funzionamento delle opere; e anche qui
sono stati evidenziati alcuni problemi non certo marginali, forse
non nuovi.
L’obiettore, per legge, non potrebbe sostituire personale, né
coprire posti di lavoro : quali sono allora le sue competenze e
mansioni? Dovrebbe poter coprire situazioni di emergenza, o « affiancare » il personale, ma allora
risulta assai arduo fare un discorso generale e, anche dalle
parole degli obiettori stessi, si ricava che le situazioni variano
molto da istituto a istituto, dal
settore culturale all’assistenza,
da strutture più « familiari » e
agili (come può essere la Comu
nità alloggio per minori di via
Angrogna) a quelle organizzativamente più complesse (Rifugio,
asili di Luserna e San Germano).
E ancora, da parte degli obiettori in ricerca di una loro collocazione, ma anche da parte dei
responsabili delle opere, la necessità di « omogeneizzare » in qualche modo la figura di chi presta
servizio civile : anche le disparità
fra i singoli obiettori sono infatti tra le cause di un rapporto che
può presentarsi come difficile.
Diverse aspettative, diverse età,
diverse storie personali alle spalle e diverse motivazioni fanno
di ognuno un caso specifico. Sono allora auspicabili le iniziative
di collegamento e di confronto, a
scadenza periodica come è stato
indicato, e sarebbe anche auspicabile l’attuazione di veri e propri corsi di formazione che dovrebbero essere sostenuti dagli
obiettori all’inizio del loro servizio.
Alberto Corsani
L’AVO CAMBIA
PRESIDENTE
Voglio rivolgere un ringraziamento
alla Sig.a Graziella Pasguet Perrin
ohe doipo cinque anni lascia la presidenza dell'associazione AVO.
Credo che se non fosse stato per
li suo impegno e la sua disponibilità,
non esisterebbe in Valle questo servizio.
Poche sono le persone ohe, anche
se hanno capacità, non si scoraggiano ad affrontare fra ie altre cose
le molteplici pratiche burocratiche che
comporta la costituzione di una associazione. Nel rinnovare II mio ringraziamento, mi auguro che continui ancora per molto tempo la sua opera,
con la competenza e l’affabilità che
la contraddistinguono.
Alla nuova presidente, Sig.a Giuliana Giovo Pizzardi, un augurio di buon
lavoro.
Leo Coisson, Luserna
« ...se viviamo, viviamo per il
Signore; e se moriamo, moriamo
per il Signore; sia dunque che
viviamo o che moriamo, noi siamo del Signore ».
(Romani 14: 8)
Il 30 aprile si è serenamente spenta
Erminia Acinelli
di anni 87
Ne danno rannuncio le sorelle Gina
ed Erica, i fratelli Fulvio e Carlo Alberto, i nipoti e parenti tutti.
Rio Marina (Isola d’Elba), 2/5/1988.
RINGRAZIAMENTO
Lina Cappella e le figlie ringraziano
le Comunità di Campobasso e Forano
per la solidarietà dimostrata in occasione della scomparsa del
Past. Domenico Cappella
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DOMENICA 15 MAGGIO 1988
Pinasca: FARMACIA BERTORELLO Via Nazionale, 29 - Tel. 51017.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
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(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22684.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 15 MAGGIO 1988
Luserna San Giovanni: FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Lu
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice; Telefono 91.996.
12
12 fatti e problemi
13 maggio 1988
r
UN’IMMIGRAZIONE SINGOLARE
I cinesi in Italia
Una comunità meno appariscente é con meno problemi rispetto a
quelle nordafricane - La presenza buddista e le tradizioni di tipo laico
Quando si dice « immigrato
straniero », il nostro pensiero
corre dritto al marocchino che
trascina con sé le proprie mercanzie, all'africano di colore che
vende prodotti di un « artigianato » fabbricato in serie o alla
colf di nazionalità filippina o capoverdiana.
Tra le ormai numerose comunità extraeuropee insediate da alcuni anni nel nostro paese, ve
n’è una che non risponde all'immapne stereotipata dianzi descritta, che non appartiene né
alla categoria dei « vu cumprà »
né a quella delle collaboratrici
domestiche. Si tratta della comunità cinese, la cui presenza
è tuttora in crescita. AlTimpatto con il nostro mondo essa ha
dimostrato fin dall’inizio una
straordinaria capacità di integrazione sul piano socio-economico.
Ci siamo rivolti al professor
Giovanni Savant, direttore dell'Istituto Italo-Cinese di Torino,
per conoscere più da vicino alcuni aspetti di questa realtà sociale e culturale presente in mezzo a noi.
Un esodo
sempre crescente
La comunità e i
nuovi arrivati
dizioni non più buone, possono
così venir trasformati in un ristorante che produrrà reddito e
renderà autonoma la famiglia
che lo gestisce.
Difficoltà
linguistiche
— Quali sono le maggiori difficoltà che la comunità cinese incontra arrivando in Italia?
— Professor Savant, quali sono le ragioni di un esodo sempre più marcato verso i paesi
dell'Occidente?
Le ragioni di questo esodo vanno ricercate neU’appartenenza
della Cina al Terzo Mondo, nelle
condizioni di arretratezza economica presenti in vaste zone del
paese.
Il benessere deH’Occidente condipona spesso una scelta di emigrazione, che attualmente è
possibile essendo venute meno
molte delle restrizioni che vigevano in passato.
Inoltre, chi attualmente lascia
la Cina diretto verso TEuropa
lo fa per raggiungere i propri
familiari; la famiglia è infatti il
perno attorno al quale ruota l’intera comunità cinese, profondamente immersa nella tradizione
confuciana che attribuisce al capo della famiglia la cura dei
membri che la compongono e
la responsabilità verso ognuno
di loro.
La prima, assoluta e duratura,
è l’apprendimento di una lingua
difficile come l'italiano, che impone grossi sforzi e richiede molto tempo. La struttura della lingua cinese è infatti molto semplice, elementare rispetto a qualsiasi lingua parlata nella Comunità Europea. Bisogna inoltre tener conto che le persone più anziane, tra gli immigrati cinesi,
sono spesso prive di qualsiasi
esperienza di studio, non avendo frequentato le scuole in Cina.
Per il resto, grazie al loro atteggiamento positivo, al loro
buon senso, i cinesi non incontrano da noi altre grosse difficoltà.
Nel campo del lavoro essi sono pienamente autosuificienti e
gestiscono ogni loro attività a livello familiare. Ciò permette di
evitare qualsiasi conflittualità comunemente derivante da un rapporto di lavoro.
Il problema della casa viene
risolto con lo stesso principio
della solidarietà. Ciò significa che
ogni nuova famiglia proveniente
dalla Cina trova sempre ospitalità presso i propri parenti.
Inoltre, la fortissima tendenza al risparmio consente un rapido accumulo di capitali sufficienti all’acquisto di appartamenti, che spesso vengono ristrutturati da loro stessi.
Gli internati
sopravvissuti
— Qual è in genere l'atteggiamento degli italiani nei confronti degli immigrati cinesi?
— Poiché, come Lei ha affermato, la condizione di bisogno
dovuta alla povertà è tra le cause primarie che concorrono a
determinare l'emigrazione verso
occidente, come spiega l'esistenza di attività commerciali che
richiedono forti investimenti iniziali, come ad esempio l'apertura di negozi di pelletterie o di
ristoranti?
Nessun cinese giunge qui da
noi senza che gli sia garantito
un punto di riferimento. Questo
punto di riferimento è costituito dalla comunità già presente
in un dato luogo.
Il denaro necessario ad intraprendere una nuova attività commerciale, come ad esempio un
ristorante, viene messo a disposizione dei nuovi arrivati dalle
famiglie già insediate, in prestito senza interessi, sulla base di
un principio di solidarietà sentito in maniera profonda da tutti i membri della comunità.
In questo modo la realizzazione di piccole imprese di questo
genere diventa possibile anche
nel giro di pochi giorni: una vecchia pizzeria, un locale in con
II rapporto tra italiani e cinesi è, allo stato attuale, molto
buono. C’è inoltre, da parte di
molte persone, un crescente interesse per la millenaria cultura della Cina e si tratta di un
fenomeno assai positivo, improntato alla pacifica convivenza tra
i popoli.
E’ possibile affermare che da
noi non si sono mai verificate
forme di discriminazione nei confronti di cittadini cinesi, se si
esclude un episodio che risale
al tempo dell’ultima guerra e
che pochi conoscono: si tratta
di un certo numero di cinesi che
furono internati in un campo di
concentramento in Abruzzo, insieme ad altri malcapitati ospiti, ebrei, nordafricani.
— Qual è la religione a cui
aderiscono i cinesi residenti in
Italia e, presupponendo che si
tratti di una minoranza religiosa, quali garanzie essi hanno in
Italia per poter professare liberamente i loro culti tradizionali?
La religione costituisce un fattore con aspetti gravi già nel
paese d’origine, la Cina. Tutti i
cinesi presenti in Italia provengono dalla Repubblica Popolare
Cinese.
L’esperienza socialista intrapresa dalla Cina Popolare nel 1949
sotto la guida del Presidente
Mao Tse-Tung ha determinato,
tra le altre cose, un orientamento contrario alla religione.
Soltanto da alcuni anni a questa parte, neH’ambito di una maggiore apertura politica, anche la
religione è tornata a far parte
della vita cinese quotidiana.
Una religiosità
differenziata
Quella piccola comunità cinese riuscì però a sopravvivere e
molti dei suoi discendenti abitano ancor oggi in quella stessa
regione.
Per il resto l’integrazione avviene ad ogni livello, i bambini
cinesi in Italia frequentano regolarmente la scuola insieme a
tutti gli altri; vi sono già alcuni
cinesi che hanno conseguito la
laurea in Italia, in varie discipline e perfino in lettere italiane. Ve ne sono poi che seguono
i corsi di lingua cinese nelle nostre Università per mantenere
saldo il legame con la cultura
d’origine, per conservare — come si usa dire — le proprie « radici ».
I cinesi: una comunità che sembra inserirsi rapidamente nella nostra
società occidentale.
L’OBIETTORE CONDANNATO A TORINO
Motivi di coscienza
La religiosità dei cinesi presenti in Italia è dunque differenziata a seconda delle generazioni, le cui immigrazioni risalgono ad epoche diverse: i cinesi
immigrati tra gli anni '50 e '60
erano ancora profondamente buddisti, quelli partiti dalla Cina
dopo il 1960 lo erano in misura
assai minore. Le nuove generazioni che giungono in questi anni in Italia tornano ad essere
maggiormente motivate nei confronti della religione, poiché risentono del clima di liberalizzazione venutosi lentamente a creare nella loro madrepatria.
In Italia non esistono però
luoghi di culto creati appositamente p>er soddisfare le esigenze della comunità cinese. In Cina esistono templi anche di carattere familiare, dedicati al clan.
In quei templi vengono officiati periodicamente dei culti, che
prevedono talvolta dei sacrifici
di piccoli animali.
Tra le festività religiose di
maggior importanza vi è la festa
dei defunti, che ricorre all’inizio
del mese di aprile, e inoltre la festa di Capodanno, che si celebra
ogni anno tra la seconda metà
di gennaio e la prima metà di
febbraio Ua data è mobile in
quanto regolata in base al calendario lunare).
Tali celebrazioni sono occasione di riunione tra le famiglie,
anche da noi.
Non vi sono sacerdoti buddisti in Italia, ma pare che la loro
presenza non sia considerata indispensabile per la professione
della loro fede.
Le uniche presenze buddiste in
Europa sono costituite da comunità di seguaci europei, talvolta
guidate da monaci tibetani. Non
vi è però nessuna forma di integrazione tra i cinesi che professano la religione buddista e
queste comunità.
Bisogna comunque dire che i
cinesi sono fondamentalmente
un popolo laico che però attribuisce un carattere sacro al lavoro, al quale si dedica con passione.
Tra i cinesi immigrati in Italia in epoca recente si stanno
verificando numerosi casi di adesione al cristianesimo (cattolicesimo, n.d.r.), originati però
probabilmente più da una manifesta volontà di pieno inserimento nel paese ospitante che
da una consapevole accettazione
del messaggio cristiano.
Sergio Franzese
Sul numero del 29 gennaio '88
del nostro giornale demmo notizia del caso del giovane Stefano Mattone, condannato dal Tribunale militare di Torino alla pena di 20 mesi per il suo rifiuto
di svolgere sia il servizio militare, sia quello civile sostitutivo.
Il primo era stato rifiutato per
motivi di coscienza determinati
dalla fede evangelica e dalla ricerca di una convivenza umana
non caratterizzata dalla violenza, il secondo per i diversi aspetti
discriminatori delle ragicmi degli
obiettori contenuti nella legge
15.12.1972 n. 772 che regola il
servizio civile oggi, rilevati fin
dall’inizio dal movimento degli
obiettori, quali: la maggior durata del servizio civile rispetto
a quello militare (8 mesi in più);
il fatto che il servizio civile è
considerato sostitutivo, e quindi
subordinato, al servizio militare,
e non alternativo ad esso; il suo
essere dipendente dal Ministero
della difesa; la mentalità militare e militaresca che ispira la
legge e l’organizzazione del servizio civile.
Con il suo gesto, Stefano aveva voluto sollevare clamorosamente la necessità di giungere
ad una modificazione della legge
su cui, tra l’altro, c’è da tempo
un accordo di massima tra i
maggiori partiti. Prima dello
scioglimento delle Camere nella
primavera '87, un progetto di
legge era già in fase avanzata di
studio alla Commissione difesa
della Camera dei deputati.
Un gesto, quello di Stefano,
per uscire dalTimmobilismo.
Ora, in attesa del processo di
appello, Stefano Mattone ha deciso di fare domanda di ammissione al servizio civile per
continuare la sua lotta in modo
diverso.
Il 25 marzo è poi stato scarcerato dal carcere militare di
Peschiera e si trova ora a Torino in libertà provvisoria, in attesa del processo di appello, fissato per il 3 giugno, nonché di
una risposta del Ministero della difesa alla domanda di servizio civile che, se accolta, estinguerà il reato ed ogni altro effetto penale connesso con la
sentenza.
Sulla vicenda, è interessante
osservare che il Tribunale, che
l’ha condannato ad una pena
particolarmente dura, ha addotto, tra le aggravanti, il fatto
che Stefano ha rifiutato il servizio militare pur dichiarando egli di essere membro di una
chiesa, la chiesa valdese, che
« non solo non si oppone al servizio militare ma in attuazione
all’art. 8 Cost. ha ottenuto con
la legge 11.8.1984 n. 449 una regolamentazione dei diritti religiosi dei propri appartenenti durante lo svolgimento del servizio militare» (dalla motivazione della sentenza del Tribunale
militare di Torino, 16.1.’88 n. 35).
Al di là del caso di Stefano
Mattone, riteniamo che la lettura data dal Tribunale militare all’art. 5 della legge 449/1984 dovrà essere oggetto di rifiessicne da parte delle chiese: è una
lettura, infatti, che ci piace poco.
Il ragionamento seguito dalla
Corte è stato: Mattone è maggiormente colpevole perché la
chiesa valdese, in cui l’imputato
ha parte per sua ammissione,
non rifiuta il servizio militare
per principio.
Oltre a ciò, il Tribunale non
ha recepito l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art.
8, comma 2, della legge 772/1972,
sollevata dalla difesa, e ritenuta
rilevante e non manifestamente infondata anche dal pubblico ministero, nella parte in cui il
detto articolo prevede, per il
reato di rifiuto del servizio militare di leva per motivi di
coscienza, una pena più grave
rispetto a quella prevista per i
reati di disobbedienza o di mancanza alla chiamata.
Il Tribunale ha motivato il rifiuto adducendo che la grave
sanzione dipende dalla necessità di tutelare l’obbligatorietà del servizio (civile o militare che sia).
Come ha rilevato l’avvocatessa Paola Alfieri di Torino, che
ha assimto la difesa di Stefano Mattone per l’appello, non
può che considerarsi negativamente il fatto che una medesima condotta sia considerata più
grave nel caso in cui si manifestino le ragioni del rifiuto, come nel caso di Mattone, piuttosto che non si manifestino, come nel caso di un comune renitente alla leva, perché questo
significa ledere non solo la libertà di pensiero, ma la dignità
stessa della sua espressione.
Non è poi comunque ammissibile che venga considerato maggiormente grave un comportamento determinato da motivi di coscienza.
La vicenda di Stefano Mattone ha altresì dato l’occasione
alla Tavola Valdese di interessare il Ministero della difesa
perché esso possa dare indicazioni utili sia alla Tavola, sia
alle carceri militari e uffici competenti affinché sia data attuazione al disposto delTart. 8 della
legge 449/1984, relativo all’assistenza spirituale agli aventi
parte nelle chiese rappresentate dalla Tavola Valdese, tramite
ministri di culto negli istituti
penitenziari anche militari; questo perché, quando un pastore
della chiesa valdese di Torino
volle andare a trovare Stefano
Mattone nel carcere militare, trovò molte difficoltà, anche perché
non vi erano ancora disposizioni in merito.
Eugenio Bernardini
Paolo Gay