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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DKLLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
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Seguendo la verità neUa carità. — Eras. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ■ LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____£. 3 00 , In Toriìio all’Uffizio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 < Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per r Inghilterra, id................... „ 5 50 ì Nelle Peovincib per mezzo di franco-bvVi pv
Per la Germania id................... „ 5 50 < stali, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. ( rettore della Bugna Novella.
AU’estero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli ;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMABIO
Due parole all’Apologista— Meditazione biblica, una consolante certezza— Polemica, la messa —
Il Padre Chiniqy — Cronaca della quindicina.
DUE PAROLE ALL’ APOLOGISTA
L’Apologista del clero-luce nel suo numero 38“^ si scaglia contro
la Buona Novella e gli Evangelici, cui per insulto chiama
perchè dessi nou sogliono andare in solluchero per il papato. — Il
genio del male va sempre in escandescenze quando gli si vuol togliere la maschera dal viso ; e ciò non è cosa nuova, nè singolare. —
I farisei d’ogni stagione hanno sempre risposto coll’insulto e colla
calunnia, quando furono convinti del loro acciecamento, e redarguiti
della loro perversità.
I barhetti, secondo il rugiadoso Apologista, sono propagatori di
barbarie.—Vedete le nottole ch’eglino sono! non sanno riconoscere
l’emanazione della civiltà dagli apologisti del medio evo ! — Gli Irocchesi e gli Ottentotti uon sorriderebbero forse a questi maestri di
gentilezza ? È proprio il caso di dire che l’orso voglia insegnare ad
altri la danza.
Ci si dice che la Buona Novella si è posta nella stessa lizza culla
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Gazzetta del Popolo e coirilKioNE. — Certo die sì, quando si
tratta di combattere il papato ed i suoi apologisti.—Noi preferiremo
sempre la oompagaia dei galantuomini a quella dei tartufi. Se in fatto
di religione non ci accordiamo cogli scrittori di questi pefiodici, facciamo tuttavia loro buon viso, vedendoli perseveranti ed indefessi nel
ristabilire quel senso morale che gli apologisti à^immoralità si
studiano di distruggere. Per questo appunto non avremo mai alcun
ribrezzo ad assiderci al medesimo desco, e ad intinger seco loro nello
stesso piattello. Almeno questi pubbhcani hanno un lato buono, eminentemente buono, laddove gli apologisti farisei sono sempre quella
perversa l’azza di vipere, mei'itevole d’ogni umana e divina esecrazione. — Del resto, se l’abbiano per inteso gli apologisti àeWintolleranza, in fatto di religione noi uon siamo usi di seguire le loro teorie
non solo barbare, ma eziandio anticristiane. — Noi crediamo liberamente nel Vangelo, e per questo appunto accordiamo aglialtii piena
libertà di governarsi secondo coscienza, e nutriamo speranza che
ingegni così elevàti e cuori così ben fatti possano un giorno accettare
eziandio quella fede che potrà solo consolarli in questa misera terra,
ed assicurar loro quella futura felicità, alla quale irresistibilmente
anela il loro spirito.
Quell’altro giornale poi, a cui fu tolto il bavaglio, si adira e infuria e sbuffa e prorompe in declamazioni da energumeno contro
tutti coloro che non vogliono riconoscere l’inviolabilità del ^rouidenziale patrimonio di 8. Pietro. Oh questa è bella! State mo a
vedere che, per garbare agli armoniosi, gl’italiani dovranno rassegnarsi al mal governo dei sagrestajii sino alla consumazione dei secoli ! E ohe ? Gli uomini delle tradizioni aiTebbero forse sfornata
anche questa? L’Armonia, che è in vena profetica, lo vaticina; ma,
a toglierla d’illusione, le diremo che gli oracoli di Delfo non sono piii
di moda ai giorni nostri, e che le sibille hanno messo le pive nel
sacco da gran tempo. Se essa le vuol far risuscitare, è padrona. Consulti quella di Cuma e imparerà, se pur n’ha d’uopo, per qual via
si possa discendere a grande velocità in casa di Plutone. — Del
resto, per tutta sua consolazione le ricorderemo che il Moniteur dei
28 settembre pubblicò YIndirizzo della Deputazione delle Romagne
e la Risposta del Ke. — Profeta Calcante, indovinate questo enigma!... — I vostri amici di Francia stanno per schiattar di rabbia.—
Coraggio, non isbasir sì tosto: — prendete l’ultima allocu2Ìone del
vostro papa-re, ed annunciate ai quattro venti la terribile scomunica;
farete impallidir tutte le genti — la terra traballar e i firmamenti;
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ma alla fine v'accorgerete che gl’italiani in genere, ed i Romagnuoli
in ispecie non se ne danno punto pensiero. Il seguente decreto governativo di Romagna vi confermerà appunto quello che vi diciamo.
Popoli delle Romagne!
“ L’Assemblea dei vostri legittimi rappresentanti, come quella
“ di Toscana, Modena e Parma, deliberava l’annessione al regno
“ costituzionale di Sardegna sotto lo scettro di Vittorio Emanuele IL
“ Questi voti solenni sono stati ascoltati. La Maestà del Ee accolse
“ il libero atto del popolo toscano, modenese, parmense e roma“ gnuolo, e dichiarò che farebbe valere i diritti che questi popoli gli
“ hanno dato.—Alla risposta del Re, Toscana, Modena e Parma
“ esultavano di viva gioja, e celebravano l’avvenimento con feste re“ ligiose e civili. Noi pure interpretando il voto generale delle po“ polazioni lo sollennizzeremo domani 2 ottobre nelle città dello
“ Stato con un Te Deum in rendimento di gi-azie all’Altissimo, ed
“ innalzeremo il glorioso stemma di Casa Savoia sopra i palazzi go“ vernativi e pubbhci ufQcj.
“ Questo stemma, che è il simbolo di libertà e di mizionale in“ diijendenza, e che desta in tutti questi popoli sì grande allegrezza,
“ dimostra i doveri che c’incombono come cittadini e come Italiani.
“ Come cittadini manteniamo concordi inalterato l’ordine pubblico;
“ come Italiani perseveriamo nell’armarci per esser pronti ad ogni
“ evento, e fidiamo sempre in Re Vittorio Emanuele.
Bologna 1° Ottobre 1859.
Il ministro deU’interiio — Montanari
Oh sì che l’Italia sarebbe veramente indegna di seder fra le grandi
nazioni d’Europa, se non si sforzasse a torsi di dosso una volta per
sempre l’odioso incubo del papato! Per buona ventura da Machiavello
in poi, e pria di Machiavello ancora essa n’ebbe sempre il nobile
proposito, e a quest’ora l’avrcbbe raggiunto appieno, se avesse saputo
ridivinir cristiana. Dante le avea pure insegnato di qual regno si
fossero meritevoli i suoi papi, vicarj di Dio, e al confronto della
severità dell’Aligliieri bisogna pur convenire che quella dei BianchiGiovini e dei Borella è un vero pan di zucchero. — Si ha un bel
ricorrere alle scomuniche per intimidire le coscienze: in oggi sono i
popoli che pronunciano con efficacia i loro terribili anatemi, e l’anatema dei popoli è quello di Dio.
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MEDITAZIONE BIBLICA
UNA CONSOLANTE CERTEZZA
ic II Tostro Padre celeste sa che voi avete
ic bisogno di tutte queste cose. »
(Matt. VI, 32;.
Avvegnaché queste parole sieno state pronunciate dal Salvatore
aH’occasione che i suoi discepoli versavano in temporali bisogni, es.se
si applicano indistintamente ad ogni sorta di vicissitudini che si parino sul cammino ai figliuoli del Signore. Oh ! quanto è per verità
acconcio a raddolcire ogni sorta di decezione, ed impor silenzio ad
ogni lamento, questo pensiero : “ Il mio Padre celeste sa ch'io ho
bisogno di tutte queste cose. "
Ove mai un figlio potrebbe egli trovarsi più sicuro che fra le braccia del padre suo? Ove mai il fedele potrebbe trovarsi meglio che
fra quelle del suo Dio? Noi siamo cattivi giudici di ciò che meglio
ci convenga, ma Dio ci è guida infallibilmente sicura. Se talvolta,
in momenti d’orgogliosa presunzione, noi fossimo tentati di dire con
dispetto ed amarezza; Tutte queste cose son contro di me, oh! che
in allora questa parola di G-esù venga a reprimere l’indegna rivolta
del cuor nostro, e ci sovvenga che la perfetta saggezza del Padre e
l’amor suo ci diedero la sicurtà che noi avevamo bisogno di siffatte
cose. Anima mia, havvi nulla che in questo istante conturbi la tua
pace? Le disposizioni della previdenza ti sembrano esse oscure, o le
tue croci troppo pesanti? La vigorìa del tuo spirito t’ha essa abbandonata? Queglino da cui ti aspettavi consolazioni, si sono forse da
te allontanati? Il tuo kihajon s’è egli disseccato come l’erba? Se è
così, scrivi sopr’ogni tua prova; Il vostro Padre celeste sa che voi
avete bisogno di tutte queste cose. E perchè mai questo tenero Padre ha egli aggravato il tuo fardello? perchè tu n’aven d’uopo. Perchè ha egli ridotto in polverei tuoi idoli? eziandio perchè tu ne
avevi bisogno. Essi usurpavano il seggio di Dio nel tuo cuore, ed
egli ne li ha dovuto togliere, E perchè ha egli contrariato i tuoi
piani terrestri ed annientato le tue pii; care speranze? perchè ciò
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pare ti era necessario. Sul cammino che tu avevi eletto trovasi naisco.sta una spina, mentre che sulla via opposta si trova una benedizione spirituale: Egli (ìm prevenuto con ogni sorta di beni.
Procura dunque in avvenire, o anima mia, di confidar più filialmente nella volontà del tuo Padre celeste. Tu non sei abbandonata
a te stessa, e non hai da aifrontar sola e senza amico le tempeste di
quest’arido deserto. I tuoi Mara come i tuoi Elim (1) sono da lui voluti. Una colonna di nube cammina a te dinanzi. Seguila, e nei
giorni di splendido sole, come in quelli d’oscura tempesta. Dio può
guidarti per sentieri che tu non conosci, ma egli non ti condurrà,
siane sicura, che là ove ti gioverà d’andare. Un amore ineffabile dirige tutte le sue vie: “ Che il suo nome sia benedetto! gridava un
suo fedele nella prova, egli ha reso i miei piedi simili a quelli delle
cerve, e mi tenne ritto sovra gli olii luoghi. ”
E chi è colui che ci dirige questa dolce parola: Il vostro Padre
celeste sa che vqì avete bisogno di tutte queste cose? E Colui che
esperimento egli stesso nella sua vita di tribolazioni il prezzo di
questa sicurtà, e che l iconobbe che dal presèpe di Betleem alla
croce del Calvario non si tro\'ava una sola spina di troppo nel lungo
seguito di prove, che Lui, l’uom di dolore, volle subire. Non v’era
una sola goccia di quell’amaro calice che non fosse statii preparata
dal Padre suo; c noi diceva egli? Non berrò io iZ calice che tu m’hai
dato a bere ?
Oh ! se in quell’ora d’indicibile agonìa trovò Gesiì la sua consolazione nel pensiero che la mano del Padre suo avea acceso l’ardente
fornace, qual conforto non deve esperimentare a sua volta, in questa
stessa verità, il suo popolo atìlitto e fiaccato !
E che? vi sarebbe, o anima mia, una sol goccia di troppo nel tuo
calice? una croce inutile, un dolor superfluo nella tua vita? Lungi
da te questo segreto ateismo! Egli t’ha dato il figlio suo! Egli vuol
chiamarsi il Padre tuo. Qualunque sia dessa la prova sotto cui tu
gemi in quest’istante, la parola del Signore misericordioso ti sia
come Yolio versato sul mar 'procelloso ; che esso dissecchi le tue lagrime ribelli ; il Padre tuo, il tuo Padre stesso, sa che tu hai bisogno
di tutte queste cose.
La tua PAROLA e’ PURISSIMA, ED e’ PERCIÒ CHE IL TUO SERVO
l’ama.
(1) V«U Esoflo XV, 23 e segucntL
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... 294 ...
FOLE xM ICA
l.A MES?A
Crediamo utile anzi che no ripigliare la narrazione della polemica,
intorno alla messa, ch’ebbe luogo fra le due persone già conosciute
dai nostri lettori, i quali ne troveranno il cominciamento negli antecedenti numeri. Il papista seguita a discorrere nei termini seguenti :
« Così, se il sacrificio annunzia vasi da se stesso, pel linguaggio tenuto da
Gesù Cristo agli Apostoli neUa sera medesima, non era mestieri cli’ogli
pure usasse della precisa parola di sacrificio, se non la usò nemmeno quando
parlava cogli Apostoli della vicina sua morte, cho pm- era il sanguinoso sacrificio che stava per succedere. Non era mestieri che alla consacrazione
del pane e del vino s’alzassero gli Apostoli per fame l’adorazione, se pur
vivente Cristo, Uomo Dio, stavano familiarmente alla sua medesima presenza seduti, nè materialmente l’adoravano; nè era quello il cruento di offerta a Dio, di elevazione di ostia, tutto ciò non dovendo procedere ad
opera di loro, in quella medesima occasione; ma in seguito, quando più non
era per trovarsi fra loro in questo mondo, e dovea lasciarli; perchè appunto
allora lo facessero in memoria di lui, rinnovando, in quella forma tutto misteriosa ad essi, dallo stesso Salvatore in quello istante additata, incruentemente quel sacrificio che stava per subire colla sacrata sua umanità cruentemente sulla croce. Togliete infine tale interpretazione, d’altronde tanto
autentica, e sancita da quella infallibile autorità che in materia di fede,
peUa già promessa divina assistenza, deve inappellabilmente sopra ogni oscurità e controversia pronunciare, e voi non avrete che parole oziose, e senza
veruna giusta e ragionevole applicazione, nella più rilevante e sublime circostanza dalla bocca uscite della stessa incarnata sapienza e verità; ciò che
ripugna ed è assolutamente assurdo. »
Ora daremo la confutazione dell’awersario di questo brano di
lettera. Avvertano però i lettori che si tratta di corrispondenza epistolare, quindi non potranno trovare trattata la materia con quell’ampiezza che richiederebbe, attesa la di lei gravità; nullaostante
possiamo dire, in genere, che poche idee semplici tratte ingenuamente, senza malizia, senza ipocrisia, dal testo sacro, valgono assai
meglio che non qualunque ragionamento a confutare i discorsi in
contrario i più facondi.
« Voi dunque volete proprio farmi persuaso che la Santa Cena sia un
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sacrificio; che tale risulti dal liuguaggio di Gesù Cristo. Se poi vi dico nou
avere Cristo, noU'instituire quel sacramento, nulla offerto, nulla presentato
al Padre, ma detto soltanto: —Prendete e mangiate, — so vi dico non esservi stata elevazione e adorazione d’ostia; niente in somma di ciò che riohiedesi per un sacrificio, nel vero senso della parola, allora venite fuori
con quelle osservazioni, prive di solido appoggio, che leggonsi in proposito
nella vostra lettera. »
« So bone chc non era mestieri che, nella Cena del Signore cogli Apostoli, questi, essendo appunto presente e vivente la vittima, facessero adorazione del pane e del ñno; ma l’eresia sta nel soggiungere che in quell’incontro Gesù Cristo volle additare ad essi la forma, misteriosa affatto, sotto
la quale dovevano rinnovare incruentemente il cruento sacrificio della
croce. »
« Prima eresia, il credere che la Santa Cena sia un sacrificio. Seconda
eresìa, il volere nella messa rinnovare il sacrificio di Cristo ■ imperciocché
voi, 0 clericali, avete un bel fare la distinzione di cruento da incruento, resta
sempre l’idea di sacrificio, ed è questa idea, attuata appunto colla messa,
ohe stabilisce l'eresìa. La messa!...... Ah! comprendo tutta l’iiuportanza
di questo ritrovato! Comprendo il perché vi mostriate forse conciliativi in
tutto, eccetto in questo punto. Infatti, stabilito la messa un sacrificio, ecco
stabilita la sacrificatura, stabiliti i sacrificatori, vale a dire la casta privilegiata, ricca, potente, sovrana, intermediaria fra Dio e il popolo, come fu
nel giudaismo e nel paganesimo. Tolto il sacrificio, cadono i sacrificatori,
cessano il lucro e la potenza; ciò non toma conto, quindi fenni nella
messa. »
« Voi però dovreste badare, amico mio, che ora siamo sotto ^’economia
cristiana, e che il sacrificio della messa non s’accorda nè coUa Scrittura nè
coUa ragione. La maggior parte dell’epistola agli Ebrei parla bensì di un
sacrificio e d’una sacrificatura, ma nel senso cristiano, e non è fatto cenno
né della eucaristia né d’altro sacrificio di redenzione che quello della morte
di Gesù Cristo, il quale, essendo stato appieno consacrato, è stato fatto cagione di salute eterna « tutti coloro che gli ubbidiscono : non conviene confondere la grazia colla legge, la quale costituisce sommi sacerdoti uomini,
che hanno infermità. »
4 Or ditemi, non è egli vero che gli uomini muojono ima sola volta?
Così di Gesù Cristo; egli si è sottoposto alla morte pei nostri peccati, e se
fosse necessaria la rinnovazione di tale sacrificio, chiamatelo cruento o incruento ciò non tronca la questione, significherebbe che il sacrifidio medesimo di Gesù Cristo fu imperfetto ed insufficiente. E cosa cotesta che si
possa diro? Lo domando alla vostra coscienza; né pretendo che seguiate
già la mia opinione, ma quella di Paolo, secondo la sentenza da voi stesso
espressa che dobbiamo ascoltare gli Apostoli, perchè tutti inspirati. Leggete
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adunque i due ultimi versetti del capo ix epistola agli Ebrei, e i versetti
10 e 12 del capo x: Non vi soddisfa ancora questa espressione — unicam
ohlptionem ? — E non vedete che la messa è una tacita dichiarazione che
la morte di Gesù Cristo non fu prezzo bastante per la nostra redenzione ?
In oltre, se per potere applicare a noi stessi il sacrificio di Cristo è d’uopo
sacrificarlo di nuovo, sia pure incruentemente come insegnate, per la ragione medesima, onde applicare a noi la sua morte, bisogna di nuovo eziandio farlo morire. »
« La verità si è che sussiste sempre quell’unico sacrificio cruento fatto sul
Golgota, e che la di lui virtù si estende in tutti i luoghi e a tutti gli uomini
che lo vogliono accettare; che l’opera compiuta daU’Uomo-Dio non poteva
essere che perfettissima, non bisognevole di rinnovazione, in qualunque
modo si voglia intenderla. E per sapere come ci sia applicata la di lui morte,
studiate con tutta semplicità di cuore l’Apostolo. Ella ci viene applicata
colla rottura del pane, col battesimo e colla fede, non già sacrificandolo a
modo vostro sugli altari. » (I Cor. x, 16. — Gal. ni, 27 — Efesi iii, 17).
« Mi fareste adesso il piacere di dirmi dove si trovi Cristo e che cosa
faccia, dopo la sua risurrezione?...... Egli è alla destra di Dio, il quale
eziandio intercede per noi. (Rom. viii, 34). Sapendo ciò, dovreste, parmi,
così ragionare: — Se Gesiì, dopo d’avere ogni cosa compiuta, si trova già
presso il Padre in qualità di nostro avvocato, e intercede per noi quando
preghiamo il Signore che ci accordi alcuna grazia, qual bisogno v’ha di sacrificarlo, come si usa dai preti colla messa? — E se realmente vi fosse
questo bisogno, è mai possibile che la Sacra Scrittura non ne facesse parola, sopratutto là dove Paolo enumera le cariche lasciate da Gesù Cristo
alla sua Chiesa, e i doveri dei vescovi e dei diaconi? (Efesi, I Timoteo,
Tito). Perchè dunque non si trova cenno di nuova sacrificatura e della
carica di sacrificatori? Perchè l’uno e gli altri erano ombra dei futuri beni,
divenuti per la grazia di Gesù Cristo immagine viva ; l’ombra cessò, la cortina del tempio fu squarciata, il popolo tutto divenne un popolo di re e di
sacrificatori a Dio per saerificj spirituali.
« Io dunque vi parlo schietto, amico mio, non so che farne della vostra
messa, del vostro sacrificio incruento, appellato dai preti eziandio sacrificio
di Melchisedec, con quanta ragione poi ce lo dica l’epistola agli Ebrei; e
notate che ritenendo la messa come sacrificio secondo l’ordine di Melchisedec, fanno quella più eccellente della morte di Gesù Cristo, cioè del sacrificio cruento : eppure l’Apostolo nella citata lettera nella quale parla a
lungo de&a sacrificatura di Melchisedec, non fa cenno nè di messa nè di
eucaristia.
« Voi mi scrivete che l’interpretazione che date (interpretazione clericale)
è autentica, e sancita da <[ue\YÌ7ifallibile autorità che in materia di fede ecc.
deve inappellabilmente pronunciare ecc. E qual’è cotesta autorità? Voi non
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la nominate. È dessa il papa? Il coucilio? () il papa insieme al concilio?
Giostrandovi però tanto a Koma ossequioso, voi di certo volete parlare dell’autorevole infallibilità dei pontefici: riguardo poi all’auteuticità di essa
interpretazione, voi l’appoggiate, non v’ha dubbio, sui Padri. Ora, siete ben
sicuro che i Padri (non i padri gesuiti, intendiamoci) la pensassero alla
maniera dei clericali, in proposito di quanto abbiamo detto?
« Anzi tutto devo premettere, in generale, amico mio, che l’autenticità
dei Padri è assai compromessa dai vostri medesimi: infatti il Cardinal Baronio,
per esempio, negli annali (anno 34, § 213) dice che la Chiesa cattolica non
segue sempre i santissimi Padri; e rimprovera S. Agostino sulla interpretazione sua delle parole: Tu sei Pietro ecc. — (anno 31, § 24). Anche il
gesuita Maldonat parla contro Agostino che, secondo lui, non comprese in
qnal senso G. Cristo disse essere egli pane; e il cardinale Cajetan, sul principio dei suoi commentari sulla Genesi, vuole che nessuno detesti un nuovo
senso della Scrittm-a, per ciò solo che discorda dagli antichi dottori, perchò
Iddio non legò l’esposizione delle Scritturo ai loro sentimenti. (Nullus detestetur novum sacrae scripturae sensum, ex hoc <|uod dissonat a priscis
doctoribus etc.).
« Ciò premesso, che dice Tertulliano, al lib. 4, contro Jlarcione, capo xi,
•sulle parole: — Questo è il mio corpo? — Che n’è la figura. (Acceptuni
panem et distributum discipulis, corpus suum illum fecit, dicendo, hoc est
coi-pus menni, idest, figura corporis mei): e al libro 3. cap. xix, G. Cristo
ha chiamato pane il suo corpo, affinchè tu intenda aver egli dato al pane la
figura del suo corpo: — (Panem suum corpus appellans, ut et hinc jam
euin inteUigaa corporis sui figuram pani dedisse). Potrei citarvi ancora e
Clrigene e Teodoreto e Ambrogio ed Eusebio e Gregorio e Girolamo ecc.
ma ciò non sarebbe affare da lettera; uon potendo uscire da certi limiti,
siate contento del poco. Però, voglio citarvi altresì Bellarmino; nel i libro
dell’eucaristìa, cap. i egli riconosce che le parole — Questo pane è il corpo
di Cristo — non possono esser vere che prese figuratamente. »
« Non ignoro che vi sono dei Padri che si fondarono sull’unione personale delle due nature di Gesù Cristo, onde mostrare come il pane sia fatto
corpo di Cristo; in ogni modo, non mai per transustanziazione, bensì per
unione misteriosa della divinità di Cristo col pane. Ma cotesta è una opinione, e non dogma. È vero che voi mi risponderete che è stata ridotta a
dogma dall’infallibile autorità che dee governare la Chiesa, per la già promessa divina assistenza che detta autorità riceve.
« L’assistenza dello Spirito Santo: non è egli vero? Sì, avete ragione;
cotesta promessa io la trovo nel Testamento che Gesù Cristo ci ha lasciato;
è però accompagnata da due condizioni, cioè, che l'assistenza sia chiesta da
coloro cho ne sentono il bisogno, e che per la preghiera si raccolgano uel
nome del Signore. »
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« Andiamo intanto a guardare negli annali, separatamente voi ed io, se
i papi 6 gli stessi concilj hanno sempre con umUtà e fervore, nelle controversie religiose, domandato a Dio il lume del S. Spirito ; dirò poi che la
promessa dell’assistenza divina, e della quale volete farne un privilegio
della casta cui appartenete, è stata diretta a tutta la Chiesa, vale a dire a
tutti i credenti in Gesù Cristo, purché si verifichino le suindicate condizioni; in guisa che voi potete già vedere un concilio nell’unione seinplieissima di due o tre laici che nel nome del Signore pregano d’essere diretti
dallo Spirito Santo nelle decisioni loro. Finalmente, per dire che se nell’oscurità e nella controversia non si obbedisce ciecamente aR'infallibile autorità ch’esiste suUa terra, non avremo che parole oziose e senza veruna
giusta e ragionevole applicazione, bisogna avere o mancanza di smcerità od
abbondanza di oscurità nella propria mente : voi certo vi trovate nel secondo caso, e non già per essere naturalmente privo d’ingegno, poiché nelle
cose letterarie mostrate ü contrario; ma perchè neUe cose di religione il
vostro inteUetto soggiacque a paralisi ; sorte comune a quasi tutti i giovani
chierici. »
« Tant’è, Roma papale sarà sempre nemica della libertà di esame, del
pensiero e della credenza vera; anziché perdere il suo potere assoluto suUe
coscienze di molti, il suo fasto mondano, gK ordini gerarchici costituenti la
di lei forza sugU spiriti, lascierà più presto che l’indiifereutismo e la miscredenza, frutti deUe assurdità che predica e deUa intoUeranza che usa, soffochino ogni resto di fede esistente fra i membri di lei. »
« Persuadetevi, amico mio, che ciò che ripugna sono le parole che escono
dalla clerocrazia romana ; ognuno, che non abbia perduto il buon senso, dee
accorgersi che daUa bocca deUa incarnata sapienza e verità non poteva
uscire un codice reUgioso così meschino, frivolo, formalistico e tirannico in
pari tempo, come queUo dei clericali, costituente pieni poteri in certi uomini, peccatori come altri o peggio, e tali poteri da essere eglino autorizzati
perfino a mutare quel codice medesimo dettato daUa somma verità, dalla
somma sapienza, a mutare in una parola, il codice della vita in codice deUa
morte. »
Giunti qui, sospendiamo la nostra relazione, perchè finisce la confutazione del brano di lettera dellavversario già riferito ia principio.
A Dio piacendo, e se tale polemica non riuscirà di noja ai nostri lettori, la proseguiremo in seguito sino alla fine.
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IL PADRE CHINIQY
Essendomi venuto avventurosamente sotto gli occhi il brano di
una lettera, concernente il Canadese Padre Chiniqy, pubblicato in
uno degli ultimi numeri degli Archivii del Cristianesimo, ho creduto far cosa gradita ai lettori della Buona Novella, riproducendo
sul nostro periodico questo prezioso documento, valevole certamente
a destare iu ogni mente cristiana una profonda ammirazione degli
alti consigli della divina Provvidenza, e ad eccitare alla più viva
e salda speranza nel Dio delle misericordie ogni anima credente.
Possa esso adunque riuscire di edificazione a coloro che si affidano
alla santa ed infallibile parola del Signore, e sia salutare argomento
di conversione a quei tanti nostri concittadini, la coscienza de’ quali
non trovasi punto appagata dagli sterili e meschini insegnamenti
degli uomini.
Nuova York 22 Luglio 1859.
......... n Padre Ohiniqy, chc era poc’anzi uno dei preti più influenti
del Canada’, sua patria, è oggi ministro del puro Vangelo, e nel bel seno
di mia popolazione protestante, uscita come lui dalh» Chiesa romana.
Prete pieno di zelo, e popolare oratore, crasi mai sempre addimostrato
uno dei campioni più ardenti nel combattere i protestanti canadiani. Tuttavia egli leggeva la Bibbia, cui il padre suo gli aveva fatto amare sin dall’infanzia; ma egli la leggeva sotto quelle condizioni che solo lo autorizzavano di leggerla, cioè secondo l'interpretazione della Chiesa, e se mai, alla
luce della parola di Dio, intravedeva qualche verità contraria all’insegnamento del papismo, si affrettava a respingere cotali pensieri come peccaminosi. Quali ostacoli, umanamente parlando, non si frapponevano fra
quest’anima infelice e la verità! Ma Iddio guidava il cieco sovra un cammino ch’ei non conosceva.
Il Padre Chiniijy si mise alla testa d’una colonia canadiana nelle ubertose praterìe dell’Illionese. — Questa colonia doveva essere uno dei centri
deirinfluenïa cattolico-romana negli Stati Uniti. — Essa si componeva di
ben quattrocento famiglie. — Il prete continuava a leggere la Bibbia, ed
esortava i suoi parrocchiani a fare lo stesso, quantunque non sospettasse
ancora che la Bibbia fosse contraria alla religione cattolica.
Tre anni or sono, un ordine arbitrario del vescovo Diocesano occasionò
la scomunica del Padre Chiniqy e di tutta la sua greggia per rifiuto di
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sommissione. Quel fatto meno grandissimo rumore, e, pel litigio che ne
nacque, fu interposto appello a Roma. Il vescovo fu rimosso e rimpiazzato
da un altro. Gli scomunicati, previo invito officioso del nuovo vescovo, rientrarono in grazia, non già chiedendo venia per offese di cui non erano colpevoli, ma col solo mezzo di una semplice dichiarazione in iscritto ch’eglino
desideravano vivere e morire nel seno della Chiesa romana, e sottomettersi
all’autorità episcopale, conformemente alla legge di Dio e della Chiesa.
Lietissimo il vescovo di vedere così terminato il dissidio, attestò la sua
piena soddisfazione al Padre Chiniqy, prima di viva voce, quindi per
lettera.
Un mese dopo gli scri.veva volerlo inviare altrove, ma richiedevalo preventivamente di una nuova sommissione. Altamente maravigliato, il prete
va dal vescovo, il quale dopo alcuni parlari gli domanda se ha con sè la
lettera che gli aveva inviato a proposito della sua prima sommissione. —
Si, Monsignore. — Volete voi lasciarmela vedere? — Il Padre Chiniqy la
trae di tasca e la porge al vescovo, ohe la scorre lentamente, la ripiega e
la gitta sul fuoco. Immobile un istante per istupore, il prete si slancia a ritrarnela, ma è troppo tardi; la lettera era già stata divorata dalle fiamme, —
“ In quei pochi minuti (sono sue parole) ho imparato più io sull’infallibilità
della Chiesa, che uon possa apprender altri su dotti volumi. — ” Con qual
diritto, Monsignore, distruggete voi un documento che non vi appartiene?—
10 son vostro supcriore, c non ho da rendere alcun conto a voi. — Voi
siete mio superiore, ma io ho pure i miei diritti di cittadino, e voi non avete
quello d’impadronirvi di cosa che non è vostra. — Padre Chiniqy, io non
v’ho chiamato perchè mi faceste una predica, e si mise a parlargli della
nuova sommissione che esigeva. — Ma voi avevate accettato la nostra prima formola. — Verissimo, ma io non posso ora tenermene soddisfatto: voi
dichiarate di sottomettervi alla mia autorità, conformemente alle leggi di Dio
e della Chiesa; tutto ciò è superfluo; dichiarate semplicemente che voi vi
sottomettete alla mia autorità. — Monsignore, io non mi sottometterò
giammai in tale guisa ad uomo qualunque. — In allora non sietg più membro della Chiesa cattolica, apostolica, romana. — In tal caso ne benedirò
11 Signore; e il Padre Chiniqy prendendo il suo cappello si accomiatò da
Monsignore.
Rientrato nella solitudine della sua cameretta, si sentiva quasi sgomentato
pensando a ciò che aveva fatto. Romperla coUa sua Chiesa era lo stesso che
romperla co’ suoi migliori amici, ed affrontare le più terribili persecuzioni.
Ma che poteva egli fare? La sua coscienza non gli permetteva di rimaner
nella Chiesa,e più egli vi meditava sopra,più la luce penetrava nell’anima sua,
e viepiù scopriva con dolore ch’egli era stato fin’allora travolto nell’inganno,
che aveva fatto uso di sua influenza per ingannare eziandio gli altri. Sollevando il suo cuore verso Cristo Gesù, aprì il suo Nuovo Testamento, e colle
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lagrime agli occhi lesse queste parole: Foi siete siati comprati con prezzo ;
non divenite servi degli uomini. (I Cor. vii, 23). Vi riconobbe la risposta
alla sua preghiera, e consacrandosi a colui che l’avea compro con prezzo,
accettando per la prima volta la grazia siccome grazia, si rialzò sgravato del
peso dei suoi peccati, e ripieno d’una gioja che non aveva ancora esperimentato, e si sentì capace d’affrontare il dileggio del secolo, avendo Cristo in
suo ajuto. Si condusse alla sua chiesa. I parrocchiani, informati di ciò che
gli era accaduto col vescovo, eransi tutti riuniti e trovavansi in grande agitazione; il Padre Chiniqy non era estraneo al timore ch'eglino fossero sdegnati contro di lui. Jlonta sul pulpito e narra tutto ciò che gli occorse;
raccomanda loro di non lasciarsi prevenire da sentimenti di amicizia o da
inconsideratezza, sibbene di seguire la voce della coscienza e di quel Vangelo ch’essi avevano avuto fra le mani da ben due anni, e se fra loro vi sono
di quelli che lo vogliono seguire, egli li prega di volerglielo significare rimanendo seduti. Non uno si alza. Tutto sbalordito, il Padre Chiniqy pensa
che non l’abbiano compreso; ripete loro ogni cosa, e li previene delle persecuzioni a cui la loro condotta li avrebbe immancabilmente esposti, e prega
di bel nuovo quelli, che desiderano perdurarvi, di significarglielo stando
ritti. Tutti s’alzano come un sol uomo;—si terminò la riunione con cantici
e preghiere.
Ne corse grandissimo rumore in tutto quel paese. — Un terzo vescovo,
uomo di dottrina e d’ingegno, vien mandato a Chicago; appena insediato,
annunzia solennemente ch’egli il tal giorno si renderebbe alla cittadella dei
ribelli; li convincerebbe che il Padre Chiniqy non era che un impostore, e
li ricondurebbe nel seno della Chiesa. Il Padre Chiniqy esortò i suoi parrocchiani a non mancare al convegno, e fece innalzare un palco suUa piazza
della sua chiesa, troppo angusta per contenere la folla che vi sarebbe accorsa.
Vi si riunirono da ben cinque mila persone, e il vescovo, bastantemente
sconcertato dall’attitudine dei ribelli, e dall’improvvisa apparizione d’una
bandiera americana, che il Padre Chiniqy avea fatto inalberare suUa chiesa,
per ricordare a Monsignore ch’ei non trovavasi nel paese della santissima
inquisizione, si ritirò dopo un ben pronunziato discorso che fu ascoltato con
grande rispetto, ma senza alcuna eiEcacia.
CRONACA DELLA QUINDICINA
Romagne — Austria — Turchia — Franklin.
A Bologna, a Ravenna, a Ferrara ed a Forlì fu innalzato lo stemma
di Casa Savoia, ed ovunque nelle Romagne si resero grazie all’Altissimo,
perchè abbia liberato il suo popolo dai Faraoni di Roma, e come gl’israeliti,
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in memeria del prodigioso passaggio dell'Eritreo, innalzarono uu cumulo di
pietre, così i Bologaesi cangiarono il nome della piazza di S. Petronio in
qu-ello di Vittorio Kmanucle, per ricordare ai posteri la loro liberazione dalla
tirannide dei papi.
Gli uomini dell’Apologista e dell’Armonia sono frenetici per rabbia impotente, e schizzan ira dal vipereo sguardo. Che son ridicoli questi istrioni da
.sagrestìa ! Si sono sempre convinti d’avere il mondo in tasca. Essi, la luce
del mondo. Essi, il sai della terra. Essi, la regal prosapia. Essi, gli iddii fra
gli uomini. Essi...... gl’istrioni sagrestani, e nuUa più. Ghiotti di dominazione e dovizie, cupidi di regie onorificenze, e divine prerogative, non sanno
rassegnarsi a discendere dall’alto seggio, su cui poterono furbescamente salire ai tempi di Berta. Bianehi-Giovini, interprete del voto nazionale, ed
enunciatore di una verità reli^osamente e politicamente elementare, propone
agli Italiani di disfarsi una volta per sempre del papa, e VArmonìa, deposta
la gesuitica cocolla, e camuffatasi in toga consolare, sale sui rostri, e prorompe in una vera catilinaria contro di lui. Incomincia anch’essa col
Quomque tandem, e spiffera tali castronerìe da eccitare il riso fra le più
gravi divinità dell’Olimpo.
Esec poi, in un numero posteriore, a parlare di non so quale sua tela di
Penelope, tessuta a Villafranca e poi disfatta a Zurigo, e l’imperatore
Napoleone III sarebbe l’autore di questo crudelissimo trastullo che fa venir
la febbre intermittente ai Proci dell’ Armonia. Tant’è, non la vogliono ancora intendere, e vanno farneticando di debbeUare il mondo intiero, cospi
rato ai loro danni. — Se Dio è con noi, dicono essi, chi sarà contro di
noi ?— Meno male che, in tanto sragionare, contemplino una giusta condizione, la quale però si avvera contro di loro nel modo il più visibile per chi
ha occhi per vedere od intendimento per intendere.
Dio non è eertamonte eon voi, perchè stanno contro di voi la verità
e la giustizia eterna. Siate adunque sicuri che la luce trionferà delle vostre
tenebre, la verità, dei vastri errori, il diritto dei popoli, delle vostre usurpazioni, la libertà, della vostra tirannide, il Vangelo dcUa vostra apostasia.
Dio non è con voi, ed il suo novello Gedeone minaccia la vostra Gerico, o
uomini di dura cervice e di cuore pervertito ! Dio non è con voi, perchè
Egli non è con coloro che rapiscono ai genitori i loro figli, e sgozzano inermi
cittadini, e donne imbelli e lattanti pargoletti. Dio non è con voi, che tradite la patria, trafficate il battesimo e vendete il perdono. Sarà Dio con voi?
Delirio e bestemmia !
Sapete con chi è Dio ? — Con coloro che lo temono e ritorcono il piè
dalle vie ingiusto. La sua benedizione scenderà sull’augusto capo di Francesco Giuseppe quando avrà riconosciuto i diritti dell italica nazione. Di già
dall’mia all’altra estremità d’Allemagna, e si può dir d'Europa, non odesi
che una voce di felicitazioBC al suo governo per le misure ch’esso va addot
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tando a prò’ d’una parte de’ suoi sudditi protestanti, e per quelle che annunzia in favor degli altri — Il solo partito papista vi tiene il broncio, e
dall’accordo universale si ritrae. Il concoì'dato i spento, va gridando in dolenti note uno degli Universi in miniatura del Belgio. — Il ctmcordato è
ucciso, ripete concorde il gran padre Universo di Francia, ed in mezzo alle
sue flebili elegìe si lascia pur sfuggire questa ingenua confessione :
« Dio buono, Dio buono ! abbandonato a sè medesimo il cattolicismo non è
« in istato di difendersi contro i giornali infetti di tolleranza (!!!) e d’eresìa.
« (sic) Oh quanto egli è ingiusto che non s’impedisca una lotta così disu« guale, come l’avea pur voluto saggiamente il Concordato ! »
H rugiadoso cigno della Senna, e con esso tutti gli Universi in sedicesimo
piangono le loro sconfitte, ma noi fratelli di tanti nobili protestanti che
hanno reso coi loro dolori glorioso il nome cristiano, siamo in oggi lieti
e festosi, e benediciamo Iddio dei beneficj che loro accorda.
Lo benediciamo pure perchè fa aleggiare il suo benefico spirito sovra i
Greci delk. Turchia Europea. — Le sante Scritture in greco moderno ed
in turco vi circolano già in gran copia. In moltissime città poi, e segnatamente a Costantinopoli, si sono formate delle piccole chiese greche protestanti, le quali si sono congiunte alle chiese protestanti americane, ivi stabilite già da gran tempo.
A Suyud un prete greco, dopo lunga e difficil lotta interna, abbraccia il protestantismo. — La persecuzione lo incalza tosto, e lo costringe alla fuga ; ma,
grazie alle sollecitudini dei missionaij della Chiesa Armena, vien richiamato
d’esilio.— Oggi U. suo ministero è grandemiente benedetto fra il suo popolo.—
In una città poco lungi da Nicodemia, il numero dei greci, che frequentano
da qualche tempo il culto armeno, è divenuto così considerevole, che i missionarj credettero dover fare il loro servizio religioso in lingua turca, siccome
quella che vi è meglio compresa dai numerosi uditori che vi convengono.
Ad Angora, capitale della Galazia, come altresì nei distretti circonvicini,
il popolo anela alla conoscenza del Vangelo.
Uomini iaWApologista a AeW.'Amonia, i seguaci di Fozio ritorneranno al
puro Vangelo prima di voi? — Temo chc il convertirvi sia impresa più
ardua di quella che fu tentata daU'infclice Qioanni Franklin, di cui voglio
intrattenere i lettori dcUa Buona Novella.
Gioanni Franklin lasciò le coste d’iKOHiLTEEUA nel maggio del 1845 —
Comandava i due vapori YEreho ed il Terrore. — Emulo dei Parry, Richardson, Ross e Beechey, s’innoltrò nei mari glaciali del polo boreale, per
bramosìa di scoperte. — Passarono tre anni senza che s’avessero novelle di
lui. — Sua moglie Gioanna nc va in cerca, movendo sulle sue traccie, e
spende l’intiera sua fortuna in viaggi ed inutili ricerche. — Distinti e ricchi
americani sus.=)idiano l’infelice consorte ; ma ogni ulteriore indagine riesce infruttuosa.—Dagli Eskimali,cacciatori erranti, s’ebbero finalmente di lui al-
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cune informazioni, ma troppo vaghe. — L’ultima spedizione del capitano
Clintok fu però più felice di tutte le precedenti. — Egli ebbe la sorte di
rinvenire delle lettere concernenti l’infelice Franklin ed i suoi compagni di
sventura. — Desse erano custodite in tubi di zinco, che si rinvennero nel
luogo ove erano stati depositati. — Da quelle lettere si pervenne a sapere,
che il Franklin, passata l’isola di Beecliy, erasi inoltrato nel canale Wellington fino al 77° di lat. Nord, d’onde retrocesse, radendo l’isola Cornawalis; — alli 12 settembre 1846 i suoi due vapori sono arrestati dai
ghiacci al 70° 6' lat. Nord, e 98° 23' long. 0. —• Vi morì agli 11 giugno
1847. — Gli succede al comando il capitano Crozier.— Conosciuta impossibile la liberazione dei vapori, li abbandona il 22 aprile 1848 a 5 miglia
N. N. 0. dalla punta Vittoria presso la costa N. 0. dell’isola Ee Guglielmo.—
105 persone dell’equipaggio sopravivevano ancora, e n’erano morti, oltre
Franklin, 9 ufficiali e 15 marinai. — I superstiti, secondo la lettera del 2.')
aprile, contavano partire il dì seguente alla volta del fiume dei Pesci. —
Sullo stesso luogo si rinvennero dal capitano Clintok vestimenta, provigioni,
attrezzi rurali, utensili da cucisa, cordaggi, una cassetta di medicinali. —
Al 69'’ 9' lat. N. 99° 27' long. 0. fu scoperto un grosso battello, il quale
sembrava destinato a navigare il fiume dei Pesci. — In esso si rinvennero
due scheletri umani, molto vestiario, cjnque orinoli da tasca, coltelli e forchette d’argento iu gran numerf, lit^^-i devoti, un fucile a doppia canna
ancora carico, molta munizioi^, da 30 a 40 libre di cioccolatte, thè e tabacco in poca quantità. — in div&si ¡¿tri luoghi si rinvennero altri scheletri
ed altri oggetti. — • ,
Da tutte queste scoperte se ne deduce che Franklin, dopo essersi spinto
fino al 77° di lat, N. per qualche inverno straordinario sia stato imprigionato
dai ghiacci, e vi sia morto di morte naturale ; che i suoi compagni in numero
di 105 abbiano abbandonato per disperazione i loro vapori, e tentassero per
mezzo di scialuppe di arrivare al fiume dei Pesci, e che in quei paraggi deserti e privi d’ogni vegetazione vi sieno miseramente morti d’inedia,
Domenico Grosso gerente,
SOTTO I TORCHI
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ISTRUZIONI RELIGIOSE
0 TKATTE
DA UNA SERIE GRADUATA DI LEZIONI
PER PICCOLI FANCIULLI
TO.RINO — Tipografta CLAÜDIANA, diretta <la II. Trombetti.