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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Pastor«
TACCIA ALEERTO
ANGR03NA
(Torino)
Settimanale
della'Chiesa Valdese
Anno 98-N. 3
Una c o p i a lire 50
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Í
Eco: L. 2.500 per l’i
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TORRE PELUCE - 19 Gennaio 1968
Ammin. Claudiana Torre Pellice . C.CJ*. 2-17557
Il Signore vuole Tunità; ma quale unità?
CHE SIANO TUTTI UNO
DIARIO ISRAELIANO - di Roberto Eynard
«ErHliMEM, CHtítm or NABVÍT»
« L’unità cristiana non deve solo
essere incoraggiata e predicata,
deve anche essere capita, rettamente fondata e insegnata »: cosi
scrive il prof. Ernst Kàsemann
deirUniversità di Tubinga (Germania) in uno scritto pubblicato nel
'66 e apparso ora in 2*'" edizione,
dal titolo: Le ultime volontà di
Gesù secondo Giovanni 17. Tra
queste volontà c’è anche, come
ognuno sa, quella dell'unità cristiana: « che siano tutti uno »
(Giov. 17: 12). Ma che cosa significa, esattamente, questo versetto
che tutti citano ma pochi spiegano? Leggendolo o udendolo si capisce subito che Gesù vuole l’unità; ma bisogna anche capire quale
unità egli vuole. Che cosa vuol
dire, dunque: « che siano tutti
uno »?
Per comprenderlo occorre anzitutto leggere il seguito del versetto che dice; « come tu, o Padre,
sei in me, ed io in te, cosi anch’essi siano in noi ». Questa seconda
parte del versetto viene di solito
omessa quando, in discorsi, esortazioni, preghiere ecumeniche, si
cita l’espressione « che siano tutti
uno ». Se si isola questa espressione dal resto del versetto, sembrerebbe che qui Gesù preghi in generale per l'unità dei cristiani fra
di loro; in realtà, ciò per cui Gesù
prega è l’unità dei cristiani in Dio
e in Gesù stesso e in conseguenza
(ma solo in conseguenza) anche
fra loro. Noi di solito l’unità dei
cristiani in Dio e in Cristo la diamo per scontata; per Gesù non è
allatto scontata, tanto è vero che
prega per essa. Se Gesù considerasse come una cosa che va da sè
il fatto che pur essendo divisi fra
noi siamo tutti uniti in Dio, non
ne farebbe oggetto di preghiera.
Gesù chiede al Padre che tutti siano in lui perchè proprio questa è
l’unità che ci manca.
« Che siano tutti uno » equivale
dunque a « che essi siano in noi »;
« essere uno » equivale a « essere
in Dio e in Gesù ». Lo si vede anche nel versetto seguente che dice:
« ...alfinchè siano uno come noi
siamo uno, io in loro e tu in me ».
L’unità cristiana, secondo la preghiera di Gesù, è la seguente; che
tutti i credenti siano integrati nell’unità del Padre col Figlio e del
Figlio col Padre. L’idea non è che
i cristiani ora divisi devono, unendosi, riprodurre in terra l’unità
esistente in cielo tra Dio e Gesù,
ma è che essi devono entrare e vivere nell’unità tra Dio e Gesù. Non
c’è da un lato l’unità tra Dio e
Gesù e dall’altro l’unità dei cristiani, che sarebbe un riflesso più
o meno pallido della prima. C’è
una sola unità, nella quale si trovano associati il Padre, il Figlio
e i credenti. È questa l’unità per
la quale Gesù prega, è in questo
senso che egli vuole che siano
tutti uno.
* * i(
Ma chi sono i « tutti » per i quali Gesù prega? Lo apprendiamo
dal versetto precedente in cui il
Signore dice; « io non prego soltanto per questi, ma anche per
quelli che credono in me per mezzo della loro parola; che siano
tutti uno ». Noi, di solito, pensiamo che « tutti » si riferisca a coloro che già sono cristiani, inquadrati nelle diverse confessioni e
denominazioni in cui la Chiesa è
divisa, e chiamati ora ad unirsi.
Nella preghiera di Gesù, invece,
« tutti » designa non solo quelli
che già credono ma anche quelli
che non credono ancora (nel momento in cui Gesù pronuncia la
sua preghiera) ma che giungeranno alla fede, mediante la predicazione dell’Evangelo (« per ihezzo
della loro parola »). Perciò, se per
noi, di solito, unità significa: unire i cristiani divisi, per Gesù
significa invece unire i cristiani con quelli che ancora non
lo sono ma lo diventeranno.
Ciò implica certo l’unità dei cristiani tra loro, ma non è questa
unità che Gesù mette in evidenza,
non. è questa che gli sta più a cuore e per la quale prega. La preghiera di Gesù per l’unità non si riferisce alle trattative unionistiche
fra le diverse chiese cristiane ma
alla loro azione missionaria.
L’espressione « che siano tutti
uno » ha sì un valore ecumenico,
ma solo nella misura in cui se ne
afferra il significato missionario.
L’unità per la quale Gesù prega è
quella che si attua nella missione,
nella evangelizzazione, e non altrove: i « tutti » che devono diventare « uno » sono da un lato i
testimoni dell’Evangelo e dafl'altro gli uomini ai quali l’Evangelo
è predicato e che in tal modo
giungono alla fede.
Noi di solito pensiamo che il
dialogo porta all'unità; ma nella
preghiera di Gesù non è il dialogo,
è la predicazione che porta all’unità — a quella di cui parla Gesù in
Giovanni 17. Insomma; solo una
Chiesa missionaria può sperare di
vedere esaudita in lei la preghiera
di Gesù per l’unità.
Infine, conviene chiarire l'espressione « per piezzo della loro
parola ». Di che parola si tratta?
Si tratta della parola di Dio, che
Gesù ha dato ai»*suoi discepoli:
« le parole che tu mi hai date —
dice Gesù al Padre — le ho date a
loro, ed essi le hanno ricevute »
(Giov. 17: 8); « io ho dato loro la
tua parola » (Giov. 17: 14). La parola di Dio, dunque, è il traitd’union tra i credenti di tutti i secoli e di tutti i paesi; essa è il vincolo dell’unità cristiana e il mezzo
per giungervi. « Essere uno » nel
senso della preghiera di Gesù è
qualcosa che accade sempre e solo
per mezzo della pàrola di Dio. Non
per mezzo di una,fusione di sentimenti, non per rhezzo di un sistema concordato di, dogmi, non per
mezzo di una istituzione centralizzata (come quella romana): ma
sempre e solo peF mezzo della parola di Dio.
Paolo Ricca
La chiesa detta ’^della Natività’’, a Betlehem.
Sha/om Israeli
Shalom, Israele! Pace, o Israele!
Queste sono le prime parole che ogni
turista che scende al Lod, l’aeroporto
di Tel Aviv, è invitato a pronunciare
al suo arrivo ed è un augurio particolarmente sentito per chi da lontano
arriva in una terra teatro di grandi
avvenimenti ed evoluzioni, nel passato
come nel presente, proprio la vigilia
di Natale. Per la conoscenza di un paese nuovo, e soprattutto di un paese di
cui molto si è sentito parlare e che —
come nel caso della Palestina — as
iHimiimiiimiimiimimmm iminimiinimiiiimiiiiimiiiiiiiiitiiiiiiiiuiii
iiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
INTERVISTA DI
UN RESPQK^aE.,EVANGELlCO, CUBANO
Essere chiesa in una sitnazione rivoluzionaria
Influssi negativi e positivi della nuuva situazione politica ^ Libertà condizionata
È già un “altro,, paese, Cuba - I problemi giganteschi dello sviluppo - Quali prospettive si olirono alle Chiese? Dipendono più da queste che dalla rivoluzione
Il pastore R. Cepeda, che opera
nella chiesa presbiteriana di Luyané, all’Avana (Cuba) e dirige il
Centro di studi ecumenici che il
Consiglio cubano delle chiese protestanti ha aperto nel gennaio del
1967, ha rilasciato una intervista
al sig. Julio Sabanes, pubblicata
sul ’’British Weekly” e sul "Service de Presse Réformé”.
Per comodità dei nostri lettori,
e per maggior brevità, riportiamo
solo le risposte del pastore Cepeda, dalle quali, peraltro, si capisce chiaramente quali sono state
le domande rivoltegli.
La situazione politica del nostro paese ha esercitato una duplice influenza
sulle chiese protestanti a Cuba: una
negativa ed una positiva. La perdita
delle nostre scuole, l’esodo di una buona parte dei nostri membri — fra cui
un gran numero di pastori — le regole imposte a certe attività della
chiesa, e la pressione indiretta esercitata sui pastori in certi casi, ma anche diretta in altri casi, nel loro stesso
ministerio, in particolare le misure repressive prese in piccoli centri da funzionari di Stato nei confronti di responsabili cristiani: tutto questo ha
influenzato negativamente la vita ed
il lavoro delle nostre chiese.
D'altra parte, vi è stato un influsso
positivo in quanto le chiese sono state
aiutate a trovare se stesse e a definire
la loro ragion d’essere ed i loro doveri
in una situazione rivoluzionaria. In
altri campi pratici, le chiese sono state favorite, dato che hanno acquisito un senso dell’educazione e delT« amministrazione » cristiane veramente creatore, indigeno e carismatico.
Proseguiamo il nostro lavoro fra i ragazzi e la gioventù con degli obiettivi
più vasti e non ci limitiamo più a « distrarli » perchè siano « contenti ». Abbiamo anche fatto appello al loro spirito di sacrificio, chiedendo loro di rendersi autosufflcienti finanziariamente.
* * «
Sotto il regime marxista, le chiese
non possono lavorare con la libertà di
una volta. Ad esempio, non possono
organizzare campagne di evangelizzazione all’aperto; la radio e la televisione non hanno programmi religiosi;
non è possibile impartire Tinsegnamento religioso nelle scuole o pubblicare
libri religiosi. L’attività delle chiese
deve limitarsi unicamente nel quadro
dei suoi locali e indirizzarsi esclusivamente ai propri! fedeli. Di conseguenza si predica e si insegna regolarmente solo aH’interno delle parrocchie e
delle chiese. Le scuole domenicali, lo
insegnamento religioso settimanale
hanno regolarmente luogo, come pure
le riunioni dei gruppi giovanili e degli adulti. Abbiamo studenti che frequentano i seminari di teologia e si
organizzano campi estivi della gioventù.
Il numero dei membri e delle attivita delle nostre chiese è diminuito
(si pensi al numero impressionante
di coloro che hanno preferito andarsene); possiamo però dire che vi è stata
una « intensificazione ».
Circa gli effetti delle trasformazioni
sociali ed economiche del paese, essi
saltano agli occhi. Cuba è un paese
che si sviluppa straordinariamente
sia sul piano sociale che su quello economico. È già un altro paese da quel
che era prima. I gruppi più favoriti
sono i contadini poveri, gli operai e
la piccola borghesia, anche se parecchi
di essi non sono forse coscienti dei
vantaggi loro toccati e persino non amano il regime. Quelli svantaggiati
dagli attuali cambiamenti sociali sono
i proprietari, gli industriali, i commercianti e gli uomini d’affari.
Sono stati fissati dei salari minimi
per cui solo coloro che non vogliono
lavorere sono disoccupati ; tutta la popolazione, poi, beneficia dell assistenza
medica, ospedaliera, scolastica, ecc.
Per quanto riguarda i generi di prima necessità, non ci mancano, anche se sono razionati. Posso categoricamente affermare che a Cuba nessuno soffre la fame.
Circa la libertà, quale la concepisM,
come cristiano militante, è vero che
soffriamo per la sua limitazione. Vorrw
che mi venissero date maggiori iwssibilità di criticare gli errori, di confrontare le mie idee con altre, di dialoga
re e di non essere d’accordo. Ma comprendo la posizione dei marxisti. Non
vi è vera libertà senza giustizia sociale.
Non è possibile, nel bel mezzo di una
rivoluzione, di fornire aH’avversario le
armi per la sua lotta contro di noi.
Uno dei risultati positivi della rivoluzione è ciò che è stato fatto nel campo della pubblica istruzione. In un
primo tempo, anche coll’aiuto di 100
mila studenti che dovettero trasformarsi in maestri, l’analfabetismo è
sceso alTl,8%. Dopo, si sono occupati
delle scuole primarie. Sono state costruite migliaia di scuole, si fanno corsi di specializzazione in agronomia, in
tecnologia, sulla musica e sulle arti
indigene; tutto ciò rappresenta solo
alcuni aspetti di un programma di insegnamento assolutamente gratuito,
che comprende anche le scuole superiori, aperte a tutti i giovani del paese. Non esistono scuole private, che
sono state nazionalizzate nell’aprile
del 1961.
L’assistenza medica è completamente gratuita e sono stati costruiti cen- tinaia di ospedali.
Il problema degli alloggi è ancora
molto sentito a causa della mancanza
di cemento e di legname da costruzione; si prevede però che nel 1970 tutte
le domande saranno soddisfatte e più
nessuno dovrà pagare affìtti.
Per ciò che concerne Tavvenire delle chiese, esso dij^nde più da loro
stesse che dalla rivoluzione. Occorre
che i credenti accettino la rivoluzione
socialista come un processo storico irreversibile invece di sospirare dietro
al passato ed augurarsi che torni. Poi,
bisogna che scoprano — più alla luce
della Rivelazione che attraverso all’attivismo — qual’è la missione della chiesa nella rivoluzione socialista.
Noi dobbiamo mostrare a tutti —
con le parole e con le azioni — che il
Dio e Signore in cui crediamo ha preso in Gesù Cristo l’iniziativa della salvezza delTuomo e della redenzione del
mondo, che questo Cristo è « tutto in
tutti » e che neppure le porte del soggiorno dei morti prevarranno contro
la Sua Chiesa.
Rafael Cepeda
somma,una grande quantità di significati, ciò che conta è la prima impressione, il primo contatto con l’ambiente
e con la popolazione, che possono essere in seguito confermati o meno. Lo
shalom dell’arrivo mi è sembrato una
grossa promessa che non è stata delusa.
UN NATALE
DIVERSO DAGLI ALTRI
24 dicembre 1967
Il tragitto da Tel Aviv, la « Collina
della Primavera», verso il nord e la
Galilea non ha riservato grandi novità,
perchè la mente era rivolta alla mèta, ,
a Nazareth, dove avrei passato' uria
notte di Natale diversa da quella che
sono abituato a ' trascorrere qui, con
il Culto della vigilia e le luci degli alberi di Natale. Sulla strada, si incontra la città di Cesarea con i ruderi romani, ma — penso — di queste cose ce
ne sono tante anche in Italia; manca
ancora l’atmosfera del Natale che forse Nazareth può dare. Si attraversano
distese di aranceti, bananeti e tamarindi e le rose di Natale, con il loro fiore quasi di cartapesta rosso, adornano
i giardini, i muri delle case bianche, a
tetti piani. Il clima è mite, non penso
neppure che in qualche parte del mondo possa nevicare : è comprensibile che
i pastori, poco lontano di qui, con le
loro pecore fossero all’aperto e trovassero di che sfamare i loro greggi in
un’altra più lontana notte di Natale.
La strada, all’improvviso, entra in
Nazareth, un grosso paese di trentamila abitanti, un paese còme tanti altri nella Galilea, con vie strette e pavimentate che si arrampicano sui pendìi delle colline, con le sue case di mattoni chiari nascoste dai cipressi. La
Nazareth di oggi può benissimo essere
la Nazareth di ieri, di duemila anni fa.
La cittadina respira un’aria particolare, l’aria della festa tipica delTOriente, sottolineata da luminarie per le
strade, lanci di coriandoli dalle finestre, musiche di tutti i generi e profumi di tutti i tipi. Ma per gran parte
della popolazione, questo è un giorno
come un altro, un giorno di lavoro, nel
quale c’è l’occasione di vedere un po’
più di turisti che negli ultimi mesi.
Il proprietario dell’albergo mi conferma quest’opinione, dicendomi che, a
causa della guerra e della tregua instabile, i tre quarti delle prenotazioni sono state annullate e gli affari non
vanno molto bene. Probabilmente, tutta la paura delTarrivo di una marea
di gente per le festività era una niessa
in scena turistica, fatta per ispirare
fiducia e far credere nella calma.
Come tutti i paesi arabi, anche Nazareth ha il suo souk, quella specie di
mercato più o meno improvvisato in
mezzo alla strada e ogni tanto al riparo di qualche porticato. Passeggiando per le viuzze della città vecchia e
nel souk, si incontrano arabi, iriusulmani, cristiani, sacerdoti, tutti nei loro
costumi tradizionali e variopinti, e uomini con grosse uose bianche e ceste
intenti a fare le spese per le mogli che
stanno in casa. Gli odori si mescolano
fra di loro, fino ad arrivare alla nausea' su grosse focacce si stende uno
strato di spezie e la gente passeggia
mangiandone grosse fette; soltanto la
pita ha un odore più familiare e invitante. La pita è il pane fabbricato la
sera tardi in ogni casa e cotto sulle
pietre riscaldate al fuoco; il fumo si
sparge ovunque ed impregna anche il
{continua in 4® pag.)
2
C3?. 2
N. 3 — 19 gennaio 1968
VIRGILIO SOMMANI Echi della settimana
Nell ultimo scorcio deÙp stia viia e nel clima delle sue poesie
ccoúáe a...
’’Ecco si spenge ormai la min candela: ancora un poco, un poco di
chiarore... ceso... la luce tremula
si vela... un guizzo... è spenta!”.
Così scriveva un giorno Virgilio
Somniani nella sua Firenze, in una
poesia raccolta nel suo libretto:
« Guardando attorno ». E Virgilio
Sommani ha dato del chiarore an
cora negli ultimi tempi, quando ormai la sua candela s’andava spegnendo, quando ormai le sue labbra non potevano più dir nulla :
eppure un sorriso, una stretta di
mano, la dolcezza dello sguardo era
per noi che l’incontravamo per via
un incoraggiamento, un richiamo
alla nostra vocazione, un conforto
prezioso.
Quand’era a Roma, titolare della
chiesa di via IV Novembre, s’andava
insieme, col mio caro amico Alfredo Rostain, ad udire la predica di
Virgilio Sommani; si ritornava poi
contenti, rinnovati nello spirito, ricolmi di gioia per quel messaggio
così ricco di pensieri e di immagini,
così avvincente e pieno di calore.
L’ho ritrovato a Pomaretto come
membro della mia chiesa; era venuto qui, appena raggiunta l’età dell’emeritazione, assieme alla figliola
I lettori
ci scrivono
Un lettore, da Luserna S. Giovanni:
Caro direttore.
ho Ietto sul n. 2 dell’« Eco-Luce »
l’articolo « A Luserna S. Giovanni
hanno atteso il nuovo anno con una
veglia per la pace nel mondo », ed
ho cercato veramente di mettermi
dalla parte deH’estensore dello scritto, tentando di capire il suo punto
di vista. Francamente, però, non vi
sono riuscito: mi sembra infatti che
per il sig. Rostagno certe parole han
no perso il loro significato reale. In
fatti quando scrive: « ...si sono ascoi
tate testimonianze sulle situazioni
più drammatiche del nostro tempo
Vietnam, ecc. » e fra esse elenca
« condizioni di lavoro alla FIAT »
non ti pare, caro direttore, che vi
sia esagerazione, dovuta fra 1 altro
alla più evidente mancanza di docu
mentazione’:* A meno, naturalmente
che non si tratti di pura, voluta de
magogia o di preoccupazione di par
tito e di corrente. Fra l’altro non si
accenna nell'articolo a situazioni ve
ramente drammatiche come i prò
cessi agli intellettuali in URSS o al
le violenze delle guardie rosse in Ci
na. il che. data la firma, era cosa
scontata.
L’autore nota inoltre la scarsa presenza dei Valdesi alla manifestazione
ed osserva terminando che questa assenza valdese è stata « certamente la
testimonianza più impressionante n
(in senso negativo naturalmente). A
prescindere dal fatto che la parola
« impressionante » è esagerata nel
contesto e in riferimento all episodio,
pi-r molti tale assenza è un dato positivo in quanto sta a dimostrare che
molli Valdesi impegnati - non
intendono lasciarsi inquadrare e valutare in base a manifestazioni politiche. anche se di esse si fanno relatori pastori di sinistra, magari di
obbedienza cinese.
Il prof. Valdo Vinay ha già due
volte evidenzialo sul nostro settimanale che il manifesto rivoluzionario
c l’Evangelo e solo esso. E ]icrtanlo
del lutto gratuito un giudizio negativo sui Valdesi delle Valli solo perchè non prendono parte a veglie politiche o perchè non fanno i podisti
nelle varie marce di turno.
Cordialmente
Guido Ribel
L n.i impegnata nell’insegnamento.
Seno stati anni molto ricchi: cappellano all’ospetlale per vari anni,
ha proluso tutti i tesori della sua
esperienza per consolare, fortificare le schiere di infermi che lo hanno conosciuto; collaboratore del Pastore Marauda per la predicazione
e attività varie della chiesa ha seminato, a piene mani, con la parola e
con l’esempio, per l’edificazione
della comunità. Quando poi le forze
non gli hanno più consentito di
compiere un lavoro preciso ha continuato a dare, in mille modi, a tutti quelli con cui veniva in contatto
la luce d’una fede gioiosa, il calore
(l’un cuore trasformato dal Salvatore, proprio nello spirito d’un’altra sua poesia dove dice : a e il mio
cuor risponda all’onda del tuo amore, in mille suoni; e in maniera più
profonda la mia vita a te si doni ».
Come è vissuto così ha voluto che
fosse la cerimonia della sua sepoltura; nessun manifesto, nessun discorso, tranne la predicazione dell’Evangelo intesa a proclamare
l’amore di Cristo per i peccatori.
Innalzarono la preghiera al Signore
il vice-moderatore A. Deodato, nel
tempio, ed il Pastore Geymet al cimitero; la Corale ha cantato uno dei
suoi inni, tutti soffusi di delicata
spiritua'ità. La comunità diletta di
Firenze ha inviato un messaggio di
simpatia in ricordo del suo amato
Pastore. Il ricordo di Virgilio Sommani rimane vivo nei nostri cuori;
rimane il ricordo d’una fede che gli
faceva scrivere ne (( La Viuzza tra
mura » questi pensieri : « Se n’ va
la viuzza incassata tra Vumide mura; invano, ad ogni voltata io cerco
veder la pianura o il colle, aprirsi
allo sguardo la vasta campagna...;
su in alto una striscia di cielo; s’affaccia dal muro l’ulivo argentato...;
ma quello ch’io vedo non è, non è
tutto il cielo... talor nelle mura un
cancello che .scopre un viale, un canto di villa, un castello... se tornan
le mura a che vale? Ma il ramo di
ulivo, la striscia serena, lo sguardo
al di là fuggitivo vuol renderti l’anima piena di speme: che oltre le
mura qualcosa sussiste: vuol dirti
che oltre le mura è immensa la vita
ch’esiste. Cammina o viatore! La
strada incassata vedrai in più fulgide ore sfociar nell’ampiezza bramaftr ».
Virgilio Sommani è entrato (( nell’immensa vita che esiste, nell’ampiezza bramata » del Padre che in
Cristo ci ha dato la vita, la vita piena che non tramonta più.
Gustavo Pouchard
Ricorilando iirgilio Sommani
Il Concistoro e la Comunità di Torre Penice esprime la più viva simpatia
alla famiglia Sommani e in particolare al Past. Franco Sommani nel momento nel quale il Signore ha chiamato a sè il loro caro papà Past. Virgilio Sommani. Ricordando il suo ministero, benedetto da Dio anche in momenti molto diffìcili, pensiamo alla parola di Paolo « So in chi ho creduto
e sono persuaso ch’egli è potente da
custodire il mio deposito fino a quel
giorno» (2 Tim. 1: 12).
Il Concistoro dì Torre Pellice
TORRE PELLICE
Domenxa 21. alle are 21. alla seduta della (! E. Arnaud » il past. Aldo Comba terrà
una confei-enza sul problema del divorzio
che sarà seguita da libero dibattito. Cordiale invito a tutti.
PERSONAUA
Il pastore Virgilio Soiuinuiìi è mancato, .a
Pomaretto. Ricordiamo in altra parte del
giornale (e ricorderemo ulteriormente nel
numero prossimo) questa bella figura che lascia in tanti un così caro ricordo di pastore
e di educatore. A tutti i suoi familiari la
nostra fraterna, viva simpatia.
Si è spenta, a Torre Pellice. la signorina
Emilia L. Coisson. la cui passione mhsionaria è stata grande malgrado le avverse
circostanze della sua esistenza. La ricordiamo con affetto c pensiamo con profonda simpatia ai suoi familiari in quest'ora
di distacco.
È scomparsa la signora Nar.cy Balimi
Villi Àalsl che è stata membro vivo di varie comunità nelle quali ha messo a servizio i suoi doni, musicali in particolare, a cui
ripensiamo con riconoscenza. Ai familiari
e in particolare al figlio rivolgiamo un pensiero di fraterna simpatia.
GLI AMERICANI
TORTURANO I VIETNAMITI
Fino a poche settimane fa, non
s'era mai riusciti a raccogliere delle prove « interne » sulle supposte torture inflitte
dai militari U.S.A. ai Vietnamiti. Le prove
erano sempre e soltanto « esterne » alla
macchina di guerra americana, cioè prove
a posteriori o indirette: si arguiva che gli
americani torturassero, da numerose constatazioni di fatti che non si riuscivano a
spiegare in a'.fro modo.
Sull’argomento dobbiamo confessare che
siamo stati per lungo tempo degl’ingenui,
rimproverando agli U.S.A. soltanto (?!) una
mostruosa ipocrisia. Ci dicevamo : le prove
« esterne » non sono sicure, e perciò ammettiamo che le torture siano fatte soltanto dai... sudvieùnamiti. Le cose andrebbero
così; gli U.S.A. non hanno mai dichiarato
guerra al Nord-Vietnam (nè tanto meno ai
Vietcong); fanno fìnta e dicono che le loro
operazioni di (cosiddetta) guerra sono in
realtà soltanto operazioni di polizia. Affermano il diritto di considerare i (cosiddetti)
prigionieri come dei comuni delinquenti da
passare alle autori’tà sudvietnamite per le
« normali » operazioni di polizia (autorità
da paragonare, in certo senso, al « braccio
secolare » di buona memoria). Dopo ciò,
gli U.S.A. non hanno più alcuna responsabilità...
Grave ingenuità, la nostra! Oggi si possiedono le testimonianze di « cinque cittadini americani — Peter Martinsen, Dove
Tuck, Donald Dutican, Robin Moore, Peter
Burne — diversi fra loro per idee politiche,
per estrazione sociale, per posizione occupata nell’esercito americano, persino per
colore di pelle, ma tutti fra loro uguali per
un carattere comune: l’appartenenza ai reparti combattenti nel Sud-Vietnam. A titoli e gradi diversi, essi sono stati attori di
questa guerra. Alcuni di loro sono venuti a
confessare d’aver commesso delitti atroci
per obbedire agli ordini ricevuti. Altri, per
es. Robin Moore, hanno giustificato tali
ordini. Ma tutti hanno preso coscienza che
il simpatico e mite militare americano può
giungere ad assomigliare come un fratello
al ’’parò” della battaglia d’Algeri, o al torturatore della Oesiapo. L’emozione è grande: la loro esperienza non permette loro
più di credere al fatto isolato od accidentale.
« Guerra giusta od Ingiusta'! Essi veramente non lo sanno ancora bene. Essi s’interrogano, delineano vagamente certi schemi, più morali che politici. Cominciano a
sentirsi investiti d'iina missione verso i propri compatrioti: vogliono informarli della
realtà di questo Vietnam nel quale hanno
vissuto ».
I lettori che desiderassero conoscere, nei
dettagli, gli orrori delle torture americane,
orrori che non hanno nulla di invidiare a
quelli delle toi’iure algerine, o naziste o
greche, possono leggère la lunghissima descrizione che ne fa Gisèle Halimi ne « Le
Monde» deH’ll corr. È detto che tutte le
citazioni e testimonianze sono registrate su
nastri magnetici e depositate in due copie
verbalizzate, negli archivi del processo del
capitano H. Levy (a Columbia nella Carolina del Sud) e in quelli del Tribunale Internazionale presieduto da B. Russell (a Copenhagen).
a cura di Tullio Viola
!..
i
NOTIZIE DALLA GRECIA
zh «‘Il colonnello Nicolaos Makarezos.
ministro del coordinamento economico,
considerato come il "cervello economico"
della giunta militare di Atene, ha espresso, la sera di mercoleJì 3 c„ in un comunicato, la sua profonda soddisfazione
per il fatto che il presidente Johnson ha
formalmente esclusa la Grecia dalle restrizioni degli investimenti americani privati all’estero.
«Questa non è, certo, l’unica prova
dell’appoggio che il regime militare di Atene trova presso il governo di Washington
e il capitale americano privato.
« Negli otto mesi dal colpo di Stato
dell’aprile scorso, gl’investimenti americani privati hanno già segnato un importante incremento in Grecia. Alcuni dei più
grandi gruppi monopolistici statunitensi
hanno manifestato il loro vivo interesse
per la Grecia già il giorno dopo il colpo
di Stato. Uno di questi gruppi, la "Litton",
ha ottenuto l'autorizzazione ad investire
in lavori pubblici a Creta e nel Peloponneso 840 milioni di dollari, dei quali 230
milioni nei primi due anni, cioè fino al
31-12-1969 ».
if II governo della -RFT (Repubblica
Federale Tedesca cioè Germania Occidentale) ed i monopoli tedesco-occidentali forniscono considerevoli aiuti economici alla
giunta militare di Atene.
« A Bonn è stata annunciala la costituzione di un consorzio greco-tedesco, a cui
è stata affidata la realizzazione del più
grande progetto di costruzioni mai visto
in Grecia. Si tratta dello sfruttamento del
giacimenti di lignite nella regione di Megalopolis (Peloponneso) per costruirvi una
grande centrale termoelettrica. H costo dei
lavori ammonterà a 281 milioni di marchi. Il governo di Bonn ha consentito di
accordare la prima parte dell’investimento, cioè 181 milioni di inarchi, immediatamente ai colonnelli di Atene.
« E da rilevare il fatto che il progetto
dello sfruttamento di lignite di Megalopolis è ormai vecchio di dieci anni; ma non
fu mai realizzato, perchè le condizioni avanzate da Bonn erano state sempre respinte dai parlamenti greci, essendo considerate estremamente svantaggiose per
la Grecia. Poco prima del colpo di Stato,
Bonn aveva preso in esame la possibilità
d’investire i capitali previsti per Megalopolis in altri settori, col pretesto della
qualità scadente della lignite del Peloponneso ».
Questa rubrica intende offrire ai lettori
una serie di « istantanee » su momenti ed
episodi della vita evangelica del secolo
scorso: immagini che conservano intatta la
loro freschezza e quasi sempre il loro valore spirituale. Fanno parte della nostra
storia di evangelici italiani, nella continuità della fede e della testimonianza.
TERNI
Terni, 29 novembre 1887
Pregiatissimo sig. Direttore,
Soventi volte Ella riceveva notizie
della nostra opera di Riforma nell’Umbria da uno dei miei colleghi, oggi (disgraziatamente per lui e fortunatamente per noi) ritornato al Vaticano, e con tanta cortesia le pubblicava sull’Italia Evangelica. Da questo
fatto ho la più grande fiducia Ch’Ella
farà altrettanto di queste mie poche
note, affinchè i lettori del suo periodico assieme a noi tutti ringrazino Iddio benedetto, che rende cos'i fecondi i
nostri sudori e l’opera nostra.
La nostra nascente Chiesa, diretta
dal Signor Enrico conte di Campello,
conta già tre stazioni nell’ Umbria,
cioè; la città di Terni e i Comuni di
Aronne e Ferentillo. Abbiamo quotidianamente nuove domande dai paesi
circonvicini di San Gemini, Ceesi,
Stroncone, Colliscipoli, Montefranco,
Torre Orsini, Casteldilago, Collestatte,
Piedilugo e dalla città di Narni. Ma
sul momento ci limiteremo solo coll’aprire due nuove stazioni; la prima
a San Gemini e la seconda a Piedilugo. Siamo in pochi (appena quattro), e ci riesce del tutto impossibile
soddisfare tante domande.
A Terni, dove sono stato destinato
Pastore, dopo un anno circa di continua predicazione e di non interrotta
istruzione evangelica posso, a gloria
di Dio, avere l’orgaglioso vanto d’aver
radunato un forte numero di sinceri
credenti, e fra poche settimane mi propongo d’inaugurare il nostro culto.
Ahimè! ci si vede proprio il dito di
Dio, poiché in questa Terni, tanto
scristianizzata dal pretume, neppure
il nome di Gesù poteva essere pronunziato senza restarne coperto d’insulti
e villanie. L’aver fatto proseliti in questa cTtà e l’avere del continuo affollata la mia sala d’operai, borghesi e
studenti, è un vero miracolo.
Mi creda Dev.mo
Francesco Boccaccio de Liviera
(Da « La Voce della Grecia » del 5 gennaio 1968, n. 75).
(Da L’Italia Evangelica, del 10-12-1887).
umiiiililMiiiliii
MiiimisiiiiiiiiMiiiimiiiiimiii .„mimi
Ricordando Emilia Coisson
La comunità di Pomaretto esprime tutta
la sua profonda simpatia alla Sig.na Lina
Sommani, al Pastore Franco Sommani. al
fratello Ernesto e alla cognata Selma Longo,
in occasione della dipartenza dell’amato Pastore Virgilio Sommani. A mezzo di queste
righe la chiesa nostra ricorda il bene che
ha ricevuto da lui. Che il Signore susciti
altri doni ed altre vòcazioni per il ministerio pastorale. Con viva commozione abbiamo ricordato il Pastore Sommani coi ragazzi del catechismo, leggendo insieme qualcosa dei suol scritti. Ringraziamo di cuore coloro che desiderano ricordarlo con un fiore
concreto a beneficio della Scuola Materna;
poiché egli amava molto i bambini, destiniamo le offerte in ricordo suo per la nostra
Scuola Materna; ecco le prime offerte: Lina
Sommani L. 10.000; Gustavo Bouchard
.5.000; Nelia Massel 700.
A Fleccia è stato celebrato il servizio funebre di Ribet Adelaide: affezionata alla sua
chiesa ha desiderato che il suo servizio avvenisse nel clima della umiltà e modestia,
senza fiori che appassiscono ma con fiori che
durano neH’offerta per cose viventi. Chi la
rimrdcrà in questo senso? oppure è ancor
più facile una corona che costa e che appassisce ma che soddisfa la nostra vanità anziché un dono che consente a un’opera di vivere?
Elsa Jahier è deceduta a Pomaretto con
un « curriculum » di vent'anni. spesi per
l'opedale di Pomaretto iti tempi impegnativi e con spirito di servizio. Grill Margherita nata Tron era di Hodoretlo ed ha terminato la sua esistenza alla Lausa di Pomaretto, Genre Umberto, da qualche anno residente a Pomaretto. già maialo di silicosi,
apiiannaggio ahimè dei minatori, deceduto
airosjiedale di Pinerolo in modo rapido e
improvviso.
Domenica 7 gennaio è stato celebrato il
servizio funebre di Rostaing Paolina ved.
Ghainbon. deceduta alle Paglicre in tarda
età.
A lutti i parenti un pensiero di solidarietà ed alla chiesa rimanga il richiamo c
la ])reghiera: «Insegnaci. Signore, a contare i nostri giorni, perchè acquistiamo un
cuor savio ».
* * S!
Ricordiamo le attivila prossime: Domenica 21 c. m. riunione femminile ai Clot
Inverso: martedì 2.3: riunione a Pomaretto:
domenica 28; culto al (ilo! Inverso.
Dopo una lunga malattia, sofferta
nella pazienza e serenità di una fede semplice e schietta, la Missionaria Emilia Coisson ci ha lasciati per
rispondere alla chiamata del Signore.
Apparteneva ad una famiglia tradizionalmente missionaria, una famiglia nella quale servire il Signore, nel campo delle missioni, era cosa tanto naturale quanto può essere
eccezionale in altre. Da molti anni
a Torre Pellice era diventata un po’
il simbolo della testimonianza missionaria, anche se di una situazione
delle missioni ormai superata dagli
eventi in rapida evoluzione. Le missioni erano rimaste per Lei (¡nelle
che aveva conosciuto, servito e amato, fino alla dedizione di tutta la
vita.
Parlava, con l’ardore di una innamorata romantica dell’ Africa che
aveva conosciuto, de lla urgenza missionaria che aveva fatto il suo ambiente, anche familiare, fin dalla
più tenera infanzia. Sapeva che, da
quando avtma lasciato l’Africa, tante cose sono cambiate nel grande
Continente nero, ma era certa, sicura per convincimento della mente e del cuore, che una cosa non poteva essere cambiata: il bisogno delrEvangi lo. E ne parlava con la convinzione di chi ha dedicato tutta
l’esistenza ad una causa sola.
Come rappresentante dedla Società delle Missioni di Parigi e come
ex-pastore della Chiesa Valdese di
Torre Pellice, desidero rendere
omaggio (dia sua memoria, come a
lineila di una credente dalla fede
semplice e .schietta per la liliale la
causa delle mi.ssioni s'era addirit’ura confusa con la sua stessa ragione
di vivere.
In un mondo nel quale per tanti
cristiani la fede è una ’ problematica ”, un argomento di studio in cui
si consumano, magari fino allo spasimo, anni di energie, una fede così
semplice da poter paragonarsi a
quella di un fanciullo, una fede impegnata in modo così totale in una
testimonianza tanto ingenua quanto
sincera, ci fa riflettere sulle parole
di Gesù: ”se non diventate come i
piccoli fanciulli, non entrerete punto nel Regno dei cieli” (Mt. 18: 3).
In quel Regno il Signore ha adesso
chiamato la nostra sorella in fede
Emilia Coisson. Forse con tutta la
sua umiltà e dedizione, la sua vita
è stata una parabola che Dio ci ha
voluto narrare affinchè chi ha
’’orecchi per udire oda”.
E. Ayassot
In memorici di Lily Coisson, il « Gruppo Mission' ¡1 di Torino, pro Missioni:
L. 20.000.
« È dalla pienezza di Cristo
che noi tutti abbiamo ricevuto
grazia sopra grazia »
(Ev. Giov. 1; 16)
Il giorno 6 Gennaio 1968 il Signore
ha richiamato a sè
Virgilio Sommani
Pastore Valdese
Ne danno la notizia, addolorati, ma
nella ferma fede nel’a resurrezione in
Cristo i figli Lina, Ernesto e Franco
con le loro famiglie e la cognata Seima Longo.
Un ringraziamento particolare al
Dott. Teodoro Peyrot ed alla Sig.ra
Clelia Coucourd per le affettuose cure
prestate.
Pomaretto, 11 gennaio 1968
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Emilia Lily Coisson
profondamente commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di
affetto e di simpatia alla cara Estinta,
ringraziano sentitamente tutti coloro
che hanno preso parte al loro dolore.
« L’Eterno è la mia forza e il
mio scudo »
(Salmo 28: 7)
Torre Pellice, 15 gennaio 1968
Il Gruppo Missioni di Torino partecipa affettuosamente al lutto della famiglia Coisson.
3
pag. 3
AL CAMPO INVERNALE DI AGAPE
arabo-israeliano : una tragedia
ISRAELE 1967
Il problema
Una analisi critica
Sulla prima parte del Campo invernale di
Agape (« Israele 1967 »). cioè sulla parte ^
diciamo così — poi tica del campo ci siamo
impegnati a dare ulteriori notizie. Soprattut.
to una vis-one critica, dal momento che ne
siamo tornati molto perplessi e combattuti.
\on v'c dubbio che i vari oratori soprattutto il Dr. Giuseppe Tedesco e la big-ra
Miriam Novic da parte israeliana, -e il Ur.
Giampaolo Calchi Novati e il Dr. Giorgio
Bocca da parte marxista, hanno dimostrato
notevoli abilità dialettiche nel difendere le
loro rispettive tesi. Ma molto maggior coerenza e forza di convinzione ci è apparsa nel.
la prima delle due lesi, c ciò perchè la lesi
marxista ha fatto leva precisamente sulla visione marxista del conflitto, piuttosto che su
quella propriamente araba.
in tal modo, a nostro parere (lo diciamo
subito), la seconda tesi ha sbagliato bersaglio.
Naturalmente la grande maggioranza dei
campisti, imbevuta com’è d ideologia marxista. ha fatto coro al Calchi Novati e al
Bocca, oltreché — s'intsnde — ai dirigenti
e moderatori delle discussioni politiche. Ma
noi, che non siamo nè marxisti nè disposti
ad accettare in modo acrilico spiegazioni basate su facili slogans, siamo tornati più che
mai convinti che il problema sia da a^rontarsi nei termini del binomio Israele-Nanioni
Arabe, e non in quelli del binomio IsraeleSocialismo (o Marxsmo). Comprendiamo
che molti giovani, nella loro immaturità,
possano facilmente innamorarsi delle cc formule universali w : cioè di quelle formuleche-sp’:egano-tutto. Tutti gli avvenimenti
storici, o politici, con umunica spiegazione,
sotto ’un’unica etichetta! Che meraviglia!
Non è il caso di noi che scriviamo.
La tesi sostenuta da parte israeliana è, in
ultimo analjsi e riassuntivamente, la seguente. Hiportanrloci alla situazione storica del
Medio Oncni'“ antecedente alLultimo confiitlo (cine. iJu-.amo per precisare, al pr.mo
lt\m>'^! r ‘ fi‘ )- constatiamo anzitutto due fat.
ti: a) le'^^Mcnza dello Stato dTsraele; b) il
suo conseguente diritto alla vita. (Il primo
fatto e ow.amente incontestabile. La parte
avversa ha accettato il secondo fatto, conven.-’íulo che il diritto o meno del popolo ebraico ad installarsi in Palestina, decenni fa,
debba considerarsi passato in giudicato). Dopo ciò. la tesi israeliana afferma: c) i tre
conflitti del 1947, del 1956 e del 1967 sono
essenzialmente dovuti alPassoluta necessità,
per Israele, di difendersi dall'aggressità araba; d) Israele non ha alcuna intenzione nè
colonialista, nò imperialista nei riguardi dei
popoli arabi; e) E' nell interesse di tutti di
arrivare alla pa^e nel M. Oriente (soprattutto gli arabi, per progredire socialmente e
per consolidare le loro fragili strutture statali. n: hanno assoluto ed urgente bisogno).
La seconda tesi, quella marxista, respinge
decisamente le atTerniazioni c e d (Pafferma.
zione e sern;:-ra ovvia, ma ha dato luogo aneli‘essa a (Uialche obiezione).
luíanlo la seconda tesi ci è sembrata assai
meno chiara. In essa è prevalsa Topinione
che Israele sarebbe, in sostanza, lo strumento fedele del capitalismo e delPimperialismo
americano. Calchi Novati è giunto, in questa direzione, a stabilire un parallelo fra la
guerra del Vietnam e quella del M. Oriente;
entrambe non sarebbero altro che guerre fatte dagli USA per soffocare delle « rivoluzioni
di sviluppo », la rivoluzione dei vietnamiti
(la una parte, quella degli arabi (o egiziani)
daH'altra. Che poi, in quanto strumento fedele del capitalismo e deirimparialismo americano, Israele persegua anche un proprio
capitalismo ed imperialismo, è stalo ¿\fferma
10 dai marxisti come cosa ovvia. (Non è stato da loro precisato se sia possibile stabilire
che uno dei capitalismi, o imperialismi, nella collusione di fatto e al di là delle apparenze. strumentalizzerebbe Taltro, ma forse
11 quesito non sembra loro interessante).
Secondo S. Sarti, il problema del M. Oriente sarebbe essenzialmente un problema del
mondo arabo. Israele sarebbe (c fenomeno
marginale » della storia dei popoli arabi. Ditemi che cosa accade nel mondo arabo, e io
vi spiegherò la guerra arabo-israeliana.
La dichiarazione più incisiva e più forte
di tesi israeliana. Tabbiamo udita dalla Sig.ra
Novic; ((Noi non vogliamo interferire nelIs questioni istituzionali o sociali interne dei
popoli arabi. Vogliamo solo avere il diritto
di vivere, e di vivere in pace. Anzi vogliamo
aiutare gli stessi arabi a vivere in pace e a
progredire socialmente, vogliamo e dobliiamo colliiborare con loro. Quanto ai nostri afl'ari interni, non vi riguardano. Se non vi
|)iacc la nostra attuale democrazia, se voi
dite die noi non siamo dei socialisti, non
è cosa die in questa sede meriti discutere:
ci basta dire che. .se anche noi non fossimo
.socialisti oggi, potremmo diventarlo domali:. Parche (r s a concesso di vit>ere in pace!»
Il Tedesco ha aggiunlo: «Ci dispiace che
gli USA siano stali c .siano i nostri alleati,
ma non potevamo fare tiiversamente. Un
popolo che sìa obbligato a scegliere fra la
\:la c la morte, non può permettersi il lus.so di respingere chi gli offre aiuto. Siamo
con gli USA (ci piaccia, o non ci piaccia),
non siamo per gli USA ».
Le discussioni, soprattutto il sabato 30-12
(tavola rotonda della mattina e dibattito del
pomeriggio), sono state vivacissime. AlTaffernia/.ione ilei Bocca; «Non vedo alcuna
analogia fra la Germania nazista c TEgiiio
di Nasser ». abbiamo personalmente fatto os.
servare che LEgitlo ha deliberatamente ospilato più di 1000 capi nazisti, che li ha collocati in posti statali (l>en pagati) d'islruzlone. di competenza tecnica, di propaganda c
persino di comando, che ha dato in distrilmzione al proprio esercito nuove edizioni arabe di « Mein Kampf » c dei « Protocolli dei
Savi di Sion » (libri trovati nelle tasche di
prigionieri egiziani fatti dagli israeliani). La
nostra os.servazione è stata trovata evidentemente poco interessante, o almeno non suffi
ciente a dimostrare un'effettiva analogia nel
cuno detto. Soltanto G. Bouchard ha esclamato: «A Viola bisogna dare una risposta,
perchè il fatto della distribuzione di « Mein
Kampf » (libro - a suo modo . geniale) è
grave! »,
La risposta ci è stata data dal Calchi Novati : « "Mein Kampf” è il frutto d’un ambiente storicamente lontano dai popoli arabi,
c a loro culturalmente estraneo. La sua diffusione in amb’ente arabo, si spiega come
un artificio propagandistico ; non può essere
per'colosa ». Non siamo rimasti soddisfatti:
cl sembra che per es. il « Capitale » di
C, Marx sia sorto in un certo ambiente slor'co e culturale, e si sia impiantalo in un
altro.
Si è posto il problema; « Come si spiega il
fatto che. alla vigilia del conflitto dei sei
«riorni, la grande maggioranza dell’opinione
pubblica italiana (e la quasi totalità della
stami): italiana) si schierò dalla parte israeliana? » Risposta marxista: «Sì spiega con
la propaganda ufficiale, promossa e manovrata dagli imperialisti. E' la stessa propaganda che ha ingannato e continua ad ingannare il popo'o italiano a proposito del
Vietnam». A tale spiegazione ne abbiamo
subito contrapposta una nostra personale :
« Le due guerre del Vietnam e del M. Oriente, sono essenzialmente diverse. Nè Luna nè
l’altra sono fenomeni di soffocazione di rivoluzioni di sviluppo” (v. sopra): la prima,
oltre che perversione ed infamia, può definirsi il tragico errore di voler contenere il
presunto espansionismo cinese^ la seconda e
l’azione disperata di sopravvivenza di un
nuovo popo’o. Nella prima è in atto lo sterminio d’un popolo, nella seconda la minaccia del genocidio d’un altro. Il popolo italiano ha accollo con viscerale antipatia una
tale minaccia ».
Ci è stato allora chiesto quale differenza
facciamo tra «sterminio» e «genocidio».
L’abbiamo fatta, valendoci d’una definizione
ben nota di N. Bobbio (e respingendo l’altra,
più recente, del Sartre). Crediamo d’esser
stati capiti, ma c’è dispiaciuto d’esser stati
messi in ridicolo travisando l’applicazione
che intendevamo fare di quella definizione,
e non concedendoci il tempo necessario per
farla.
L’arabo sig. Rafik Muiéy ed un altro connazionale suo amico, nelle loro vesti di esuli
palestinesi, hanno destato in tutti le simpatie più affettuo.se. più calde, più vive.
Tullio Viola
? prospettive di soluzione ?
E’ stato un vero incontro
iiimiiiimiiiiilillii« >1
Interuista ad min utiidente nrnhn. proFucjn palestinese
Ad A|app, hà e fiiacolilie si sono incontrali
Per lo studente arabo, profugo palestinese, con cui parlo il problema
arabo-israeliano si doveva risolvere
nello spirito delle dichiarazioni di Balfour del 1917; Israele poteva considerare la Palestina la sua « national home » sotto il governo arabo.
È un profugo di Haifa; modesto, affabile, ascolta volentieri le mie domande. È a Firenze da qualche anno e
frequenta la facoltà di architettura.
Ricorda la sua famiglia profuga a Damasco, dove attualmente risiede. Haifa
fu presa nel 1948 dalTHaganah; in città c’erano 150.000^ abitanti, in maggioranza arabi; 80.000 dovettero sfollare.
Egli ricorda il massacro del villaggio
arabo di Deir Yassin presso Ein Karim ed altri episodi di quel tempo amaro.
Alla domanda concernente il diritto
di possedere la Palestina, risponde:
Gli Ebrei hanno già invaso la terra
venendo dall’Egitto e quindi non possono rivendicare nulla. Gli Arabi sono ormai 11 da tredici secoli ed a loro
spetta la proprietà! Noi non vogliamo metterli fuori, ma riteniamo valida
la dichiarazione Balfour del 1917 tendente a considerare la Palestina la
« national home » del popolo d’Israele
sotto il governo arabo.
AlTinterrogativo sul popolo ebreo,
perennemente frustrato, braccato come una belva e di recente con un
conto spaventoso di milioni di uccisi,
risponde : l’Ebreo non è assimilabile,
non si inserisce, quasi fosse una colpa
congenita. Gli ricordo che Israele volente o nolente proclama l’autorità di
Jahveh, nelTEterno; dovunque si è trovato nel corso della storia ha affermato, per il fatto della sua sola esistenza, questa sovranità di Dio; e là dove
gli uomini hanno creduto di essere dei,
cioè sotto tutti i governi autoritari,
Israele è stato perseguitato.
Domando ancora: Che cosa pensa
II, DMMMñ DU PROFIKHI
L'azione
del governo giordano
Ginevra (soepi) ■ Il governo giordano ha
versato al CEC la somma di 10.000 dollari (6
milioni di lire) per trasportare 500 tende da
Karachi ad Amman, per i profughi sistemali
nella vaile del Giordano, che debbono affrontare un inverno particolarmente rigido.
Le tende sono ^tate fabbricate nel Pakistan;
per pagarle, il CEC preleverà una certa somma sui due milioni di dollari clic esso ha
raccolto in favore deìle vittime della guerra
arabo-israeliana. Ogni tenda permette il ricovero di sei persone.
Nel consegnare rassegno del governo giordano, il ministro del Lavoro e degli Affari
sociali ha detto: (( Vi ringrazio parlivolannente per es.serFì aggiunti a tutti quelli che ci
hanno aiutalo prima e dopo le ostiliiii del
mese di giugno. Noi siamo lieti di poterVi
aiutare a trasportare queste tende. La maggior
parte di quelle attualmente piantate nella valle del Giordano sono ora fuori uso a causa
del maltempo ».
Sono circa 55.000 i idrofughi che vivono
nelle tende nella valle del Giordano: quando
il vento soffia, essi sono obldigali a tenere
eolie mani i picclietti delle tende.
d’una riconciliazione, d’uno Stato unico con responsabilità suddivise tra
Arabi ed Ebrei in condizioni di perfetta parità? Il fratello profugo sorride
come di fronte ad una impossibilità,
tanto più che per lui è valida la soluzione di Balfour, la « national home »
in un contesto arabo.
* * *
Leggendo la documentazione del
campo invernale di Agape notiamo ;
secondo la tesi israeliana, ragioni storiche fondano il diritto d’uno Stato
israeliano ; c’era spazio geografico e
numerico, al momento del movimento
sionistico; l’avversione per lo Stato
israeliano è nata specialmente dopo il
1914, con la complicità dei feudatari
Arabi che condussero un’azione antiebraica che sfocierà nella violenza e
nell’orientamento arabo verso l’Asse
nazi fascista. La formazione dello Stato d’Israele nel 1948 ebbe come contraccolpo la questione dei rifugiati arabi : « essi furono la conseguenza tragica di un conflitto che non avrebbe dovuto aver luogo ».
In fondo, dice il documento israeliano, v’è sempre stato il desiderio di
formare uno Stato binazionale, quale
soluzione umana e pacifica.
La tesi araba è ben diversa; il movimento sionista è stato sin dalla nascita alleato deU’imperialismo ; si cita ad
esempio il comportamento del presidente del Consiglio britannico, Camillo Bittermann « che studiò il mezzo
per perpetuare il dominio imperialista
nel mondo intero ».
Difatti, è detto nel documento ; « la
Commissione sottolineò la necessità di
lottare contro l’unione delle masse popolari nella zona araba e lo stabilirsi
di qualsiasi legame intellettuale, spirituale, o storico tra di esse » ; « per dividere quel blocco, suggeriva l’edificazione d’una barriera potente straniera
alla regione, ponte tra l’Asia e l’Africa, in prossimità del canale di Suez,
una forza amica deH’imperialismo e
ostile agli abitanti della regione».
Herbert Samuel scriveva nelle sue
memorie; « cos'i noi edificheremo in
prossimità dell’Egitto e del canale di
Suez uno Stato ebreo d’ubbidienza
britannica ». Il documento è denso di
citazioni dalle quali risulta che si auspica, specialmente dopo il ’50, la creazione d’un impero israeliano e si ricordano i frequenti attacchi di Israele
verso i popoli confinanti, nonché le
note di biasimo del Consiglio di Sicurezza, il voto contrarlo di Israele all’indipendenza della Tunisia, del Marocco, del Camerún, nonché alla risoluzione di condanna alla segregazione
razziale nel Sud Africa; il documento
ricorda ancora la penosa situazione
della massa dei profughi arabi e la
vita stessa della minoranza araba in
Israele, posta in condizioni di inferiorità.
¡i! * *
Giacobbe ed Esaù si trovano ancora di fronte ; a Peniel la pace avvenne
dopo l'intervento diretto di Dio con
la sconfitta del vecchio, furbo Giacobbe e la nascita del nuovo Giacobbe.
Oggi ancora la pace e la riconciliazione si otterrà sotto il segno di reciproche rinuncie e di una migliore testimonianza del cristiano d’occidente, sul
quale grava un peso enorme di responsabilità.
Gustavo Bouchard
« Il problema arabo-israeliano è una tragedia: e come in ogni tragedia, i due protagonisti hanno ragione»', così iniziava un
articolo che doveva servire come documentazione per !e discussioni a! campo invernale di Agape: « Israele 1967 ». Questo giudizio, da alcuni criticato per la forma, rimane valido nella sostanza. Esso ha orientato
positivamente la discussione, nel corso della quale si è tentato di dare un’interpretazione del problema del Medio-oriente, da
cui fossero esclusi giudizi necessariamente
drastici contro gli uni o contro gli altri.
Nel programma inviato ad ogni partecipante. il tema del campo era presentato in
modo da far pensare che la discussione sarebbe stata portata su posizioni di parte;
in effetti un certo numero di campisti, dalle
idee politiche ben definite, hanno sostenuto
che Israele, pedina della politica occidentale, o meglio americana, nel Medio-oriente,
è roccaforte di un certo tipo di colonialismo
a scapito dei popoli arabi; questi ultimi, invece, appartenenti al così detto terzo mondo, sono stati vittime di un atto di forza
da parte degli occidentali. Tuttavia la maggioranza del campo — così almeno mi c
parso — si è mantenuto su posizioni più
obbiettive,
A questa obbiettività del campo hanno
contribuito i due amici palestinesi da una
parte ed amici israeliani dall’altra che hanno partecipato direttamente a questa tragedia, Un amico arabo ci ricordava che suo
nonno è stato ucciso, perchè non ha voluto
lasciare la propria terra agli ebrei; la sig,ra
Novic ci diceva che era stata nei campi di
concentramento e che ora lotta per la vita
di Israele contro lo sterminio della sua
razza.
In questo modo, grazie alla testimonianza
diretta di costoro, il problema del confiitto
arabo-israeliano diventava più un problema di v '.a, una lotta per la sopravvivenza,
per questi due popoli in contrasto tra loro,
che non un problema semplicemente politico, su cui hanno tentato di inserirsi gruppi
di forze occidentali e orientali, oppure un
problema di carattere economico per la
conquista di materie prime (petrolio) o altro, come invece è parso essere dalla discussione generale.
L'ordine degli rtudi è avvenuto in modo
organico : la prima parte ha trattato il problema da un punto di vista politico ; Israele
considerato come stato e non come popolo
di Dio (nella grande maggioranza, mi sembra, si era d’accordo nel dire che il vero
Israele non era presente nella vicenda politica dello scorso anno); nella seconda parte
il pastore Giorgio Tourn ci ha introdotto
rei problema biblico della eiezione del popolo di Israele.
Non è forse qui il caso di parlare di tutti i temi discussi, che sono stati numerosi.
Ritengo più opportuno indicare i punti che
più hanno interessato i campisti.
Benché di fatto il tema del campo fosse
« Israele 1967 », il problema più interessante è stato la formazione dello stato di Israele nel 1948. Anche nella seduta plenaria
si è discusso soprattutto sulla nascita di
questo nuovo stato; s'iato che faceva comodo a molti europei che potevano mandar
via gruppi di ebrei che davano un certo fastidio. Abbiamo esaminato il problema del
sionismo (corrente nata alla fine deH’800
tra gii ebrei, soprattutto polacchi e orientali, che auspicava la formazione di uno
staro ebraico, il ritorno nella terra promessa), abbiamo considerato le forze politiche
di allora, il particolare stato d’animo nell'immediato dopoguerra di tutte le nazioni
del mondo, quando si venne a conoscenza
con precisione, di che cosa Hitler aveva fatto. Ma il pensiero che più mi ha colpito
di tutta la discussione è stato espresso dal
noto giornalista Giorgio Bocca (uno degli
oratori più attesi); la sua opinione è
che noi europei siamo più direttamente chiamati in causa, perchè siamo stati noi a favorire il ritorno degli ebrei (per liberarcene!! in Palestina, creando così questa situazione di compromesso armato tra arabi ed
israeliani. Dunque — concludeva — noi
dobbiamo considerare la tensione araboisraeliana come prodotta da un nostro diretto intervento nella storia del Mediooriente e dobbiamo sentirci particolarmente impegnati come uomini politici (ed anche
come credenti — aggiungo io) di fronte
alla nascita di questo nuovo confiitto. Da
questa valutazione, mi sembra che derivasse il suo concetto di imperialismo israeliano, come pedina polttica dell’Occidente, che
avrebbe esercitato una pressione sugli ebrei,
sfruttandoli ancora una volta per i suoi fini;
inoltre, per questi stessi motivi — continuava Bocca — si è manifestata quella improvvisa simpatia per Israele in tutta Europa
durante il giugno 1967, quasi per scontare
un inconscio rimorso per questo nuovo stato di cose.
A questo punto si è inserita la seconda
parte del campo con una spiegazione biblica e neotestamentaria del popolo di Dio.
Anche qui mi lim.’io a dare una valutazione al problema che mi è parso fondamentale; non tutto Israele è il popolo eletto.
Guidati con grande competenza dal pastore Tourn, abbiamo notato che c’è una continuità della elezione che Dio rivolge ad
Israele tra l’antico e il nuovo Testamento.
Non tutto Israele è il popolo di Dio: lo è
soltanto il « resto » del popolo, quello che
non si vede. Il popolo eletto sono i settemila che non hanno piegato il capo davanti a
Baal, quei settemila che Elia non conosce,
per cui è portato a dire che è solo. Così,
cercando di vedere una continuità attraverso i secoli della lezione del popolo di Israele siamo giunti fino ai nostri giorni. Però
un giudizio non c'è stato: almeno, io non
sono riuscito a coglierlo.
A conclusione dello studio, che si è fatto
sul problema di Israele per «utto il periodo
del campo, non sono state fatte proposte
concrete; lo scopo del campo era quello di
di chiarirsi le idee, non quello di proporre
soluzioni alla particolare situazione del
Medio-oriente, che poi sarebbero rimasti sul
piano della teoria. Ci si è voluto chiarire le
idee nel modo più obiettivo possibile. Mi
sembra che siamo giunti a querto risultato
grazie alla collaborazione di testimoni oculari arabi ed israeliani, ai quali, purtroppo,
noi europei siamo riusciti soltanto ad esprimere una semplice parola di simpatia.
Che cosa si può dire in conclusione?
Mi pare di aver già espresso un parere
favorevole durante l’esposizione della materia dello studio.
Ma vorrei aggiungere qualche cosa di più;
Io studio è certamente parte fondameniale
del campo; ma mi sembra che sia ancora
più importante lo spirito con cui ognuno
partecipa ad un campo di Agape. Questo
concetto è stato espresso dal direttore del
campo, il pastore Franco Giampiccoli; ed
io desidero sottolinearlo come fondamentale per una esperienza di vita comunitaria,
dove appunto la comunione tra i campasti
è superiore a tutte le differenze politiche, sociali, l'eliglore e via dicendo; così i nostri
amici arabi hanno mangiato insieme con gli
amici israeliani; così il prof. Leo Levi ci ha
detto apertamente che, pur essendo ebreo,
pur conoscendo molte comunità di diverse
denominazioni, non gli era mai accaduto di
ripetere il « Padre nostro » insieme ad a.tri
come gli accadde ad Agape.
Penso che questo spirito comunitario, che
10 ho trovato soltanto ad Agape, sia fondamentale anche per la riuscirà degli studi.
11 campo invernale 1967 mi sembra parti
colarmente riuscito anche per la comprensione da parte dei campisti di questo spirito
comunitario. Andrea Ribet
I problemi del Terzo Mondo
Belgrado (soepi). - Mobilitare tutti i popoli per lottare contro la fame, l’ignoranza
e la malattia: questa è stata una delle conclusioni della conferenza che ha riunito a
Belgrado un centinaio di partecipanti dell'Europa occidentale ed orientale per studiare i problemi del mutuo aiuto delle
Chiese in Europa. La conferenza era stata
convocata dalla Divisione Aiuti Reciproci,
del Servizio delle Chiese e dell’Assistenza
ai rifugiati (DESEAR) del CEC. Altri incontri erano stati precedentemente organizzati in Asia ed in Africa, a livello regionale o mondiale.
Le Chiese ortodosse erano particolarmente ben rappresentate ; i suoi delegati provenivano infarti dalla Jugoslavia, dalla Cecoslovacchia, dall’Ungheria, dalla Bulgaria,
dalla Romania e dall'Unione Sovietica.
La cosa è anche stata assai facilitata dal
fatto che non è stato richiesto alcun visto.
Hanno anche partecipalo all'inconto quattro osservatori cartolici.
Fra l'altro è stata attirata l'allenzione
sulla possibilità, da parte dei paesi dell'Europa orientale, di contribuire agli aiuti con
doni in natura. La Divisione del Consiglio
è stara pregata di prendere tutte le misure
necessarie per incoraggiare le Chiese di quei
paesi a sviluppare questa forma di aiuto.
I delegati hanno poi sottolineato la necessità di educare i futuri donatori contemporaneamente alla raccolta dei fondi
per i paesi in via di sviluppo; u senza questo legame — hanno aggiunto •— non vi
sono molte speranze di poter infhienzare le
politiche di sviluppo a livelli nazionali ed
internazionali... Dei rapporti su progetti
concreti aiuteranno i paesi donatori a meglio comprendere le condizioni di vita e le
cause ilei sottosviluppo, come pure i problemi che si debbono risolvere sul piano
locale, nazionale ed internazionale. In questo scambio di informazioni fra le Chiese,
le Chiese dei paesi in via di sviluppo potranno aiutare quelle dei paesi sviluppati ».
Durante la conferenza, i partecipanti hanno avuto la possibilità di associarsi alia vita
della Chiesa in Jugoslavia con dei servizi
religiosi e visitando un certo numero di
realizzazioni de'.l'aiuto ecclesiastico, in modo particolare quelle delle Chiese ortodosse,
battiste e riformate.
LOTTA CONTRO LA FAME
Atlanta (USA) (.soepi) — 11 Consiglio generale della Chiesa presbiteriana del sud degli Stati Uniti ha lanciato un appello per
organizzare una campagna inter-religiosa
contro la fame nel mondo.
Questa campagna sì propone lo scopo di
eliminare le cause fondamentali della fame,
di favorire il controllo della popolazione per
mezzo dei centri di « planning » familiare,
di sviluppare quei mezzi atti ad aumentare
la produzione alimentare e di dividere « i
nastri raccolti e le nostre possibilità tecniche
in virtù delle misure adottate dal nostro governo ».
11 Consiglio chiede che la sua assemblea
generale, in occasione della sua riunione nel
prossimo giugno a Montreal (Carolina del
Nord), appoggi il lancio di questa campagna.
Il Consiglio nazionale delle Chiese potrebbe allora incaricarsene e chiedere Ta'ppoggio
delle chiese che ne sono mciubri. dei cattolici e degli ebrei.
Il Consiglio generale ha inoltre deciso che
il 6 ottobre 1968 — domenica dedicata alla
comunione universale — sia un giorno di
preghiera e di digiuno. Ha chiesto ai membri di chiesa di donare « almeno il prezzo di
un pasto per la lotta contro la fame ».
4
pag. 4
N. 3 — 19 gennaio 1968
Notiziario SHALOM ISRAEL
ecumen ico
a cura di Roberto Peyrot
IL PASTORE BLAKE
E LA GUERRA IN VIETNAM
Il « service œcuménique de presse et d’in
formation » in uno degli ultimi numeri
chiede scusa ai suoi lettori a causa di un er'
rore di traduzione relativo ad una frase prò
nunciata dal past. Blake. Ecco quanto il ho]
lettino dice in proposito:
« Parecchi lettori del ”soepi” ci hanno
espresso il loro stupore dopo aver letto una
citazione del pastore Blake, segretario generale del CEC, apparsa nel numero 37 : ’’Gli
Stati Uniti hanno il diritto e il dovere di resistere colla forza all’avanzare del comuniSmo’.
Riferendoci al testo inglese, ci siamo accorti
di aver commesso uno spiacevole errore di
traduzione, di cui ci scusiamo. Il testo diceva: ’’The United States has thè right duty
to resist thè spreading of communism hy
force”. Bisogna quindi tradurre: ’’Gli S.U.
hanno il diritto ed il dovere di opporsi ad
un comuniSmo che vuole imporsi colla forza”.
« E’ ovvio che tutti coloro che seguono la
attualità ecumenica hanno capito che quella
frase non poteva corrispondere al vero, dato
che alcuni mesi fa, esattamente il 27 aprile,
il pastore Blake si è espresso nei seguenti
termini, molto coraggiosamente: ’’L’attuale
tendenza della politica e dell azione americane in Vietnam costituisce per l’urnanìtà la
più grande minaccia possibile... Più impieghiamo la forza e maggiormente i nostri
ideali si indeboliscono. L’immagine di una
nazione grande e ricca che ogni mese mobilita un poco di più le sue immense risorse
tecniche per portare alla capitolazione una
piccola nazione spossata da lunghe sofferenze
dimostra chiaramente che maggiore è la nostra vittoria, maggiore è anche la sconfitta”.
« Questa chiara condanrui e d altronde nello stesso spirito che ha informato le prese
di posizione del CEC, che, senza ambiguità,
continuano a chiedere la fine dei combattimenti ed in particolar modo l’arresto dei
bombardamenti del Nord Vietnam ».
OPINIONI AMERICANE
SUI MATRIMONI MISTI
Washington (hip). - Presso il Lancaster
Teological Seminary (Pennsylvania) ha avuto
luogo il sesto incontro biannuale del comitato
del vescovi americani per i rapporti ectunenici, e la Regione nord-americana dell’Alleanza riformata mondiale. I partecipanti hanno
dichiarato che un buon matrimonio fra un
protestante c una cattolica può costituire
una forza positiva che permetta di intravedere una più vasta unione della cristianità.
« Se un uomo ed una donna di confessioni
diverse possono vivere assieme con una comprensione ed un amore profondi, noi abbinino
in mano una garanzia per la grande Chiesa
dell’avvenire » ha detto mons. J. Beck, m occasione della conferenza stampa tenuta alla
fine dell’incontro, che ha durato tre gioriu.
A Lancaster, i partecipanti ad un gruppo di
studio sul culto e la missione, hanno detto
che le coppie cosiddette « miste » debbono
poter beneficiare dei consigli deUe due confessioni prima del matrimonio e che il loro
matrimonio deve essere celebrato con uim funzione comune aUe due confessioni. Infine, e
necessario che ricorrano ai consigli ed all’aiuto degli ecclesiastici delle due contessioni
dopo U matrimonio. Questi vari elementi favoriranno la crescita spirituale della farniglia.
<i Vorremmo che i genitori ed i bimbi
si familiarizzassero con le due confessioni », ha
dichiarato mons. Beck, eo-presidente del gruppo di lavoro. « Ad esempio, se un bimbo diventa presbiteriano, deve essere veramente allevato nella fede presbiteriana, ma occorre anche inculcargli un reale rìspetto per la fede
cattolica ». .............
I prossimi incontri fra ecclesiastici cattolici
e protestanti saranno dedicati alla preparazione di un « manuale pratico » a loro cura.
(segue dalla 1“ pag.)
cibo. Agli angoli delle vie, vicino alla
« fontana della Vergine» o alla casa di
Giuseppe, si incontrano gruppi di giovani e di anziani seduti al caffè, alcuni
a fumare il narghilè, attenti a scrutare il passante.
Mi avvio verso la casa del sindaco,
dove c’è una specie di riunione augurale per la popolazione: prima che il
sindaco parli, invocando la pace ma
non dimenticando di ricordare di prepararsi ad ogni eventualità, un coro
di ragazzi e di ragazze, a turno, esegue
il canto di «Jingle Bells» accompagnato dal rullo dei tamburi e dagli
squilli delle trombe. Una parata militare nella notte di Natale.
Prima del tramonto, tutte le entrate
alla città attraverso le quattro porte
delle mura sono state sbarrate e rimangono sorvegliate dalla giovane e
volonterosa polizia locale. La chiesa
dell’Annunciazione, tutta illuminata,
è circondata da transenne e tenuta
d’occhio da poliziotti in motoretta. Può
entrare solo chi è munito di un biglietto speciale, purché non abiti nella zona o desti sospetti. La cerimonia è
lunga, si sente che non è ancora Natale qui, che manca quella pace e quell’unione che all’arrivo tutti avevamo
chiesto.
GLI ISRAELIANI E LO
SPIRITO SABRA
25 dicembre
Da Nazareth al lago di Tiberiade il
percorso non è lungo e si è accompa
Jerusalem Post) non dicono nulla di
quanto avviene alle frontiere o di ciò
che si discute all’ONU. Vive come in
un sogno l’esperienza compiuta e la
rapidità degli avvenimenti : aspetta
con ansia il mese annuale di servizio
militare obbligatorio, si esercita anche
da sola con le armi, conosce alla perfezione il luogo di raccolta in caso di
allarme, di modo che la mobilitazione
completa del paese possa essere conclusa nel giro di otto ore. I giovani
israeliani « sentono » questo spirito,
anche se ogni tanto scherzano o parlano di altro per non ricordare gli episodi tristi e le difficoltà di una vita
ancora disunita e incerta. Questa volta, è Boris, l’autista che ha combattuto nel Sinai, a raccontarmi quest’aneddoto sul « suo » Dayan : Pensate come
siamo stati veloci a fare la guerra,
solo in sei giorni e con un comandante
che aveva un solo occhio. Se Dayan ne
avesse avuti due, la guerra si sarebbe
conclusa in tre giorni! Il satirico, il
grottesco e l’entusiasmo sabra si mescolano, fino a non sapere sin dove
arriva l’uno e dove comincia l’altro.
Gli israeliani guardano con un certo
timore il milione e più di arabi che
dovrebbero unirsi, con la annessione
della Cisgiordania, a quelli già esistenti sul suolo palestinese e che rappresentano Telemento di punta del terrorismo. Tra di loro, gli arabi si sentono
una minoranza ma vogliono essere e
rimanere uniti; ammirano l’alacrità e
la buona yolontà degli israeliani, ma
seguono ciecamente le imposizioni dei
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AN iSRAEU TANK AT THE GUIF Qf SUEZ
Il nostro appello
l*er le vittime
della fame e della guerra
Non ci aspettavamo forse di dover
trasmettere milioni di offerte per le
vittime della guerra e della fame, in
risposta al nostro appello pubblicato
nel numero natalizio, facendo eco a
quello di una lettrice. Tuttavia, a tutt’oggi la risposta dei nostri lettori ci
sembra davvero piuttosto magra. Impegnati o disimpegnati, ci siarno godute le nostre vacanze e le nostre feste, ci siamo scambiati i nostri regah,
per non pochi c’è scappato un po di
turismo o di sci; abbiamo anche distribuito manifesti e fatto veglie per la
pace, celebrato culti e pregato per la
pace. Ma alle vittime della guerra e
della fame, concretamente, abbiamo
pensato poco.
Osiamo pensare che quell appello sia
passato inavvertito a molti, che ingorgo postale di fine d’anno ci abbia
messo lo zampino; e ve lo rinnoviarno.
La somma raccolta, salvo espressa indicazione dei donatori, sarà divisa f^
il Comitato (apolitico) londinese di
aiuti al Vietnam, di cui ci ha parlato ripetutamente Liliana Muna, e
l’EPER (organismo assistenziale delle
Chiese protestanti svizzere), per la sua
lotta contro la fame in India.
Ecco i doni ricevuti ultimamente:
Caterina Salto Valleris (MonOTvello)
L. 10.000; N. N. (Angrogna) 1.500; E. P.
(Torino - prò Vietnam) 10.000, Lalla
Conte (Torino) 5.000. Totale precedete : L. 36.000. Totale generale L. 62.500.
gnati dalla visione del monte Tabor e
dai saluti dei piccoli sabra. Normalmente, con la parola «sabra» si vogliono indicare i bambini, ma_ in Galilea il termine vuole anche significare « frutto del fico d’india ». L’accostamento non è del tutto gratuito, in
quanto (si dice in Israele) il frutto .del
fico d’india ha le spine all’esterno ma
è dolce all’interno, proprio come i
bambini... .
Lo spirito sabra è molto vivo m tutto Israele ed è stato messo alla prova
nei lavori di kibbntz, anche nelle zone
più inospitali e desertiche del paese.
Di sabra ce ne sono un po’ dovunque,
vi accompagnano da ogni parte e vi
svelano tutti i piccoli segreti, anche
quelli della loro famiglia; ma alla loro terra sono attaccati con un amore
congenito e non si stancano di descriverne le bellezze.
Lungo il percorso verso il lago di Tiberiade, a più di duecento metri sotto
il livello del mare, in quella grande
crepa che si continua nel Giordano,
nel Mar Morto fino al Mar Rosso, si
attraversa la cittadina di Cana, dalle
rosse cupole, luogo del primo miracolo
di Gesù con la trasformazione dell’acqua in vino. Il lago è circondato da
cipressi e da palme ed esala vapori
solforosi; sulle sue sponde sorgono i
resti di Tabgha, dove la tradizione
vuole che Gesù abbia moltiplicato i
pani e i pesci, e di Cafarnao che ha visto molti miracoli di Gesù. Fra le varie ondulazioni della Galilea, spicca
il monte delle Beatitudini, a dominio
del lago, dove Gesù pronunciò il suo
Sermone.
Ma di quassù si può anche osservare la linea di confine tanto contesa
con la Siria, che è stato il teatro dei
primi scontri della « guerra dei sei
giorni ». La guida Jossi mi racconta
delle sue imprese proprio in queste
montagne, mi indica postazioni nemiche che non riesco a distinguere ma
che ugualmente immagino e lo ascolto nella sua narrazione quasi epica.
Questa terra, fino a pochi anni prirna,
era un paesaggio desolato, brullo, privo
di qualsiasi vegetazione; oggi, invece,
si possono ammirare vigneti e coltivazioni di pomodori, un po’ dovunque.
Ma il merito è di Dayan, il quale, come
ministro dell’agricoltura, voleva bonificare la zona. « E un giorno — prosegue Jossi, tutto serio — Dayan disse;
Proviamo a piantare dei pomodori.
E da allora qui crescono i pomodori ».
Il tono profetico ed esultante di Jossi fa parte dello spirito sabra che anr
ma questa gente, soprattutto di chi e
stato al ironte e si sente un po padrone di queste terre. Questa gente conosce meglio gli avvenimenti della gimrra
dei sei giorni di tutta la stona della
Palestina o degli itinerari che ha studiato a memoria per il turista.^
alla radio araba le notizie dell ultima
ora, perchè i giornali locali (come il
loro capi. Il problepia arabo è largamente sentito, anche perchè tutti sanno che la natalità ifra la gente araba
supera il cinque per cento, mentre
quella israeliana è di meno del due
per cento, per cui, nel volgere di pochi
anni, ci potrebbe essere un vero e proprio capovolgimento della situazione.
Le città di confine e le zone come
quelle del lago di Tiberiade soffrono
di questa situazione, ma l’euforia del
momento, in alcuni strati della popolazione, ha addormentato il senso critico della realtà.
Un kibbutz.
Nella foto in
basso, un carro
armato israeliano
sul golfo di Suez.
La cartolina commemorativa, che
riproduciamo, reca sul verso la
citazione di Esodo 14: 9 « e li
raggiunsero mentre erano accampati in riva al
mare » : i sabra
hanno capovolto
la situazione antica.
UNA GIORNATA IN KIBBUTZ
26 dicembre
Raggiungere da Nazareth il kibbntz
di Degania, il più antico e meglio organizzato, fondato nel 1909 a sud del
lago di Tiberiade, non è molto difficile e passare una giornata in kibbntz è
un’esperienza da non trascurare.
Il kibbntz è una fondazione ideologica prima che politica, e un- cartello
all’entrata avverte chi capitasse nei
paraggi per la prima volta ; rappresenta una forma concreta di vita di gruppo. Per chi viene da fuori, una giornata di questa vita collettiva non è sufficiente per rendersi conto a fondo di
tutte le strutture organizzative e bisognerebbe viverci per più di un mese.
Il kibbntz di Degania ha carattere
agricolo; infatti, al centro si trovano
gli edifici- comuni e all’estemo tutte le
attrezzature utili al lavoro e alla conservazione del prodotto, come silos,
macine, magazzini, ecc. Quando sono
arrivato, alle otto del mattino, il kibbntz sembrava deserto; c’era soltanto
rumore dalla parte delle scuole e degli asili, dove tutti i bambini, a seconda dell’età, vengono raccolti e educati,
mentre i genitori svolgono le loro quotidiane attività, nei campi o in altri
settori. Nelle classi, si lavora seriamente e il più grosso problema — mi ha
detto un insegnante — è quello dell’insegnamento della lingua ebraica moderna, a tutti, grandi e piccini, per dare un volto unitario al paese; per gli
adulti, ci sono dei corsi speciali serali
e anche televisivi (la televisione, per
ora, trasmette solo programmi educativi, come i nostri « Telescuola » e
« Non è mai troppo tardi »).
Verso mezzogiorno, il nucleo centrale di Degania, dove si trovano i bagni
comuni, le lavanderie, le piscine e anche le abitazioni « private », si ripopola
quasi magicamente, perchè tutti vengono a pranzare, scaglionati ad ore
perchè la sala da pranzo comune (che
serve anche da teatro e da sala di conferenze) non ha una sufficiente capienza. Alla porta sono appesi gli avvisi
più importanti e gli inviti per i diversi
tipi di svago serale. Trovo un torinese
che lavora qui da anni e, dopo avere
conseguito la laurea in Italia, si è sistemato a Degania B e si occupa della coltivazione razionale degli aranci
e dei banani. Parlo con lui un po’ del
iniiiimmiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiimiimiiiiimiiii
Cambio di guardia alta direziono della Socieià Biblica
IN FASE DI TRASFORMAZIONE
L’anno scorso ha segnato il record di diffusione biblica in Balia
Muovi problemi, nuove vie? - Rafforzare i vincoli con le Chiese
la situazione e mi faccio spiegare il
funzionamento della vita in un kibbntz come questo.
Mentre ci serviamo da soli di entrambe le portate e aggiungo una sedia per me al tavolo da quattro posti
occupati sistematicamente e con ordine meticoloso, il torinese mi spiega che
nè lui nè la sua famiglia (la moglie è
dottoressa ed esercita) ricevono uno
stipendio mensile, ma solo un’indennità annuale come tutti, pari a 150 lire
israeliane. La moglie riceve qualcosa
in più per gli spostamenti con l’automobile di Degania. In casa hanno e
ricevono tutto, dal fiammifero al frigorifero : non hanno cioè spese. Il lavoro è ritmato molto bene durante tutta la giornata: la sera, gli abitanti
possono riunirsi nella Sala di cultura
a leggere, ascoltare musica o conversare; talvolta, si organizzano spettacoli,
concerti, recite.
Mi viene il dubbio che quest’armonia sia solo esteriore e che a lungo
andare i membri possano anche desiderare di cambiare vita. Lo dico al
torinese, aggiungendo che forse per
loro rimane difficile staccarsi dal kibbntz a cui volontariamente si sono aggregati e in cui partecipano alle regolari assemblee generali, proprio perchè
non hanno uno stipendio ed è quindi
difficile iniziare una nuova attività, soprattutto per chi ha famiglia. Tra uri
boccone e l’altro, l’interlocutore mi
spiega che è stata prevista questa difficoltà e che ultimamente, quando un
membro decide liberamente di andarsene per svolgere altri lavori o per recarsi in altri kibbutzim a diverso orientamento, riceve un’indennità una tantum e spesso,se non fa più parte di
un kibbntz, viene aiutato durante t
primi mesi della nuova attività per
trovare alloggio, mobili e una completa sistemazione.
Purtroppo, il torinese deve ritornarenei campi, perchè è l’epoca della raccolta, il lavoro ferve e i turni sono
quelli che sono.Comunque ho la netta impressione che questa vita possa
piacere solo a chi la sceglie liberamente, a chi vuole vivere in questa maniera; il laureato torinese coltivatore di
aranci e di banani, per esempio, non
ha pranzato con la moglie, che è arrivata più tardi, non ha visto nè lei
nè i bambini e non si incontrerà con
loro che la sera.
Qui, la notte scende improvvisa, subito dopo il calare del sole ed è prudente non lasciarsi cogliere dal buio
in luoghi che non si conoscono, tanto
più che domani m’attende Gerusalemme d’oro!
Shalom, Jerusalem.
Roberto Eynard
Il Past. Guido Miegge tonnina il
suo ministerio, per raggiunti limiti di
età, dopo 32 anni di servizio per la Società Biblica in Italia.
Durante questo periodo il Past. Miegge in qualità di Direttore ha, coinpiuto
numerose missioni per la diffusione e
la circolazione delle Scritture. ■
Anche durante la guerra, quando
per due anni e mezzo la Libreria era
sotto sequestro, il Pastore Miegge riusc’; a provvedere al materiale necessario.
Egli è ben noto a tutte le denominazioni Protestanti in Italia per l’aumento della diffusione dovuta ai colportori volontari raccolti intorno a lui. Questi sono aumentati fino a 6TO negli ultimi anni. Essi hanno cornpiuto il loro
laverò con vivo senso missionario.
Il Past. Miegge e i colportori volontari possono rallegrarsi giustamente
di aver raggiunto, nell’anno appeiia
terminato, il record italiano della diffusione della Bibbia.
Il nostro pensiero riconoscente va a
tutti loro, e innanzi tutto a Dio, per le
loro fatiche al servizio della Parola
di Dio. .
La Società Biblica Britannica e Forestiera, che storicamente è respionsabile per il lavoro in Italia, ha voluto
onorare il Past. G. Miegge, al iiiomento del suo ritiro dal servizio attivo, facendolo Membro Onorario della So
Il successore in Roma del Past. G.
Miegge è il Dr. Renzo Bertalot, Pastore Valdese, proveniente dalla comunità
di Venezia. Nel raccomandalo per il
nuovo incarico le Società Bibliche son
sicure che il Dr. Bertalot ha la preparazione necessaria ( accaderriica, pastorale ed ecumenica) per dirigere il
lavoro in Italia nella presente fase di
sviluppo.
Le Società Bibliche cercano sempre
di mettersi al servizio di tutte le Chiese di Cristo provvedendo la Scrittura
ed è essenziale che i legami tra la Società Biblica e le Chiese in Italia siano rinforzati e sviluppati nel futuro
immediato.
Uno dei primi compiti del Dr. Bertalot è stato quello di stabilire contatti
con i rappresentanti delle Chiese Protestanti e si spera che un Comitato
Consulente, nominato dalle Chiese,
possa essere formato per sostenere il
lavoro della Società Biblica.
Tale Comitato può essere di grande
valore al movimento della Società Biblica, il cui solo scopo è una più ampia distribuzione delle Scritture, e la
sua sarà una funzione di consulenza
al Dr. Bertalot che è stato noininato
rappresentante ufficiale in Italia delle Società Bibliche Unite.
Chiediamo a tutti i credenti in Cristo di voler intercedere nella pregmera per il Dr. Bertalot e i suoi collaboratori nel momento in cui egli assume l’onere della successione al Pastore Guido Miegge, che e stato uno dei
più grandi servitori della Bibbia nel
nostro tempo.
John T. Watson
(General Secretary, British & Foreign Bible Society)
Laton E. Holmgren
(General Secretary, American Bi
ble Society)
Bernard J. Tidball
Europe Secretary, British &
reign Bible Society, United Bible
Societies Consultant for Europe)
DONI RICEVUTI
PER ECO-LUCE
Da Milano: farà. Griot .500; Marina Bassignana 500; Elvina Cougn 500; Virginia
Duci 1.000; Stellina Fabbri 2.500; Ida Gürtler 500; Simon.'tta Pinardi 500; Alma Rivoir 500; Evelina Rossini 500; Luigia Stein
2.500; Xenia Viganò 1.000; Luigi Rigogliosi 1.000: Vera Varese 500; Ottilia Jaeger
500: Ermanno Balestrini 200.
Da Genova: Carlo Ispodamij 500; Adria
na Rizzuto .350: Felice Cattaneo 500; Annunciato Doria 200; Ettore Bounons 500.
Grazie! (continua)
Direttore respottsahile: GtNO Conie
Ree al Tribunale di Pinerolo
n. 175. 8-7-1960
Tip. Subaìpi^ s.p.a. - Torre Pellice (To)
avvisi economici
FAMIGLIA signorile cerca signorina giovane per due bimbi 5 e 1 anno e mezzo.
Scrivere: Luisa Merlo . Via Monlenavalc
17 C - Ivrea.
Mobilificio SERRE
INVERSO RINASCA (Torino)
CAMERE MATRIMONIALI
in poliesteri da L. 130.000 in sù
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