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Anno 122 - n. 47
5 dicembre 1986
L. 600
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bls/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre PeUice
I.'
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
•Punti
di vista
Penso valga la pena di dare
un seguito al ’punto di vista’ del
21 novembre scorso sulla questione del traffico d’armi Usa/
Iran e del coinvolgimento del
nostro governo.
Per quanto riguarda il versante americano, mancano ancora
troppi pezzi per comporre U
puzzle definitivo, se mai sarà
possibile. Ai di là del calo della
popolarità di Reagan e delle
prime dimissioni, preme qui sottolineare un altro aspetto delrirangate, come viene ormai comunemente chiamata questa vicenda, in analogia a quella che
costò la presidenza a Nixon (Watergate). Ma mentre nel caso
Nixon si trattava di illeciti a carattere partitico, in quello attuale sono implicati alti esponenti della Casa Bianca alle dipendenze di Reagan; si è aperto
un vero e proprio conflitto istituzionale, per di più aggravato
dalla segreta destinazione di
parte dei fondi ricavati daUe
vendite belliche all’Iran, come
aiuti ai ’contras’ antisandinisti
del Nicaragua, violando il relativo divieto del Congresso, allora vigente.
In più, lo scandalo ora si è
allargato anche ad Israele, il
quale ha fatto da tramite sia
per il rifornimento d’armi e sia
pei' il finanziamento ai ’contras’,
fin dal 1984.
Venendo ora all’Italia, anche
il nostro governo nei giorni scorsi è incorso in polemiche ed è
stato messo sotto accusa, oltre
che dall’opposizione, anche dal
ministro del commercio coll’estero, il quale ha affermato che
il nostro esecutivo, vendendo e
consentendo la consegna di armi alle ’aree calde’ ha contravvenuto ai principi politici e costituzionali dello Stato. In effetti le nostre implicazioni sono
ben più estese e gravi. Si è infatti appreso che dal 1979 al 1983
(la guerra Iran-Iraq scoppiò nel
1980) l’Italia ha ’imparzialmente’
fornito missili, obici, mine, mezzi blindati, radar, elicotteri aUe
due nazioni, contribuendo così
al massacro dì centinaia di migliaia di persone.
Ma, tornando agli ultimi avvenimenti, a chiarire le responsabilità governative neli’Irangate
è stato chiamato il sottosegretario Amato, il quale ha precisato che solo due navi cariche
d’armi dirette ad Israele avevano fatto scalo a Talamone. Altri carichi sono stati ’assolti’. La
cosa si è fermata lì. Mentre in
America è in gioco la vita stessa del governo, qui da noi un
semplice sottosegretario è riuscito a difendere con successo
l’esecutivo, che, se è traballante,
lo è per altri motivi.
Ma forse la cosa più grave è
che durante la relazione Amato
alla Camera era presente un solo rappresentante al banco del
governo, mentre i parlamentari
erano al massimo 65. C’è da
chiedersi: ma è possibile che la
classe politica svolga la sua funzione di guida e di controllo in
tal modo, tanto più in circostanze in cui gli aspetti costituzionali della questione sono di particolare rilevanza? Ma, allora, il
qualunquismo dove sta di casa?
Roberto Peyrot
« PICCOLA » E « GRANDE » VIOLENZA NELLA CRONACA DEGLI ANNI OTTANTA
Le regole del disordine
Dalla guerra (dei Tir agli staidì trasformati in pericolose giungle - La cultura del « riflusso » e
la marea montante della violenza sui bambini - E’ ancora possibile una convivenza pacifica?
Accanto alla « ‘grande violenza» istituzionale, appariscente e
attualmente dibattuta, del traffico delle armi dall’Italia al Terzo Mondo o daU’America all’Iran, c’è una « piccola violenza » non discussa, quotidiana,
che scandisce regolarmente il
tempo in cui viviamo. Penso, per
esempio, al fatto che durante il
recente sciopero dei piccoli autotrasportatori ci sia scappato il
morto. L’aggressione anonima,
notturna, consistita nel gettare
da un cavalcavia autostradale
dei sassi su im camion il cui
conducente non aveva aderito allo sciopero, è un ennesimo episodio di criminale imbecillità
che rimane impunito. Ma la
« guerra dei Tir », con i suoi pestaggi, picchettaggi e lanci di oggetti dai cavalcavia è solo uno
tra i tanti aspetti della marea
di violenza che continua a salire.
Un' altro caso di violenza —
tipica della nostra era post-industriale — è stata la pugnalata
nello stadio di Firenze al diciannovenne tifoso della Roma da
parte di un suo stesso compagno
di fede sportiva. Gli stadi si trasformano sempre di niù in luo
ghi in cui si rischia letteralmente la pelle, non è quindi un caso
che molti oggi, piuttosto Che affrontare la giungla popolata da
teppisti con spranghe e coltelli,
preferiscano vedersi la partita in
casa, al sicuro tra le quattro pareti domestiche. Si potrebbe osservare che la violenza c’è -sempre stata e non è .il caso di
drammatizzare o di « gonfiare »
alcuni « piccoli » episodi di cronaca. Ma questo tipo di violenza diffusa, senza particolari coloriture politiche o ideologiche,
è una caratteristica degli anni
ottanta.
La politicizzazione degli anni
settanta (quando si diceva: « tutto è politica » anche se poi si
è visto che « la politica non è
tutto ») con i suoi obiettivi da
raggiungere collettivamente o le
sue mostruosità tipo il terrorismo brigatista (che toma a far
discutere sull’onda del film magistralmente interpretato da Volonté su « Il caso Moro »), tutto
questo ha lasciato il posto alla
cultura del « riflusso », del ritorno al privato favorito dalla
« piccola violenza » quotidiana
che continua, con inesor-àbile
stillicidio, a mietere vittime. Ormai la gente — dice con acume
Luigi Firpo — «fiuta neU’aria
lo stesso rischio della confusa
violenza che cresce intorno a noi,
impimita e sfrontata: lo scippo,
la rapina, lo stupro, le percosse
senz’altro motivo che la debolezza della vittimai» (La Stampa 2641-86).
Non è quindi un caso ohe nell’ambito della famiglia italiana
sia in aumento la violenza fisica, morale e sessuale sui bambini (quindicimila casi accertati
all’anno in Italia), vittime inermi della marea montante che
non risparmia nessuna categoria
sociale.
E’ ovvio che non è sufficiente fermarsi ai dati, alle cronache della quotidiana violenza in
cui viviamo o alla sterile demmcia delle « regole del disordine »
con cui gioca la nostra società.
Bisogna andare alla radice dei
fatti per capire, in profondità,
le ragioni della marea montante spesso legate alla diffusa mancanza di lavoro, di prospettiva,
di valori che possano dare senso alla vita.
Esce in questi giorni — ecco
TRE PAROLE PER L’AVVENTO - 1
Lo spazio del silenzio
Come viviamo l’Avvento? A che
cosa lo colleghiamo? Normalmente lo mettiamo in relazione
al Natale, per cui le quattro domeniche che precedono il Natale
costituiscono il tempo di Avvento
{salvo nel rito ambrosiano che
ha un calendario diverso). Questo periodo è caratterizzato dalla
frenesia generale: di chi vuol
vendere e di chi deve comprare.
Il « saccheggio » e lo svuotamento del Natale, la sua commercializzazione e mercificazione sono
arrivati ad un livello difficilmente superabile. Tutto è mobilitato
perché questo sia un periodo di
spese. E le parole si sprecano:
giornali, riviste, radio e televisioni fanno a gara nell’offrire sempre maggiori spazi all inserto
pubblicitario. Siamo arrivati alla
situazione in cui chi parla più
forte sembra avere le maggiori
possibilità di essere ascoltato, o
almeno notato. Così gli spot pubblicitari in televisione hanno (è
un caso?) il volume sempre più
alto del programma in onda.
L’ascoltatore risulta frastornato
e vive nel suo piccolo l’inquinamento fonico dell’ambiente.
Il nostro salmista, un antico
saggio d'Israele, non aveva certo
studiato le psicodinamiche sociali, né l’impatto dei mass-media
sull’ascoltatore e neanche le dinamiche della comunicazione o la
psicologia del profondo. Aveva
però una consapevolezza molto
semplice, al limite dell’ingenuità:
se ci deve essere un rapporto autentico fra due persone, se ci de
ve essere una vera comunicazione, allora occorre soprattutto
ascoltare. E l’ascolto autentico,
da che mondo è mondo, avviene
nel silenzio. La comunicazione,
per essere vera, per incidere nel
profondo e permettere ad una
persona di considerare bene e
valutare le cose dette, ha bisogno di maggiori spazi di silenzio.
L’antico salmista aveva capito
che esiste un ritmo della comunicazione per cui, se c’è uno che
parla, occorre che ci sia chi lo
ascolti e che, soprattutto, ascolti in silenzio. Ebbene, oggi questo
tempo di silenzio ci è stato tolto
e se non parli, non sei.
Qualche anno fa erano stati
messi dei dischi « muti » nel
juke-box così da poter « gettonare» una pausa di silenzio fra un
disco e l’altro. Il silenzio ci è stato scippato. E allora occorre riappropriarci del silenzio. E questo
dobbiamo farlo non soltanto nell’ambito dei nostri rapporti umani, ma anche nei rapporti con
il Signore, per buoni e fondati
motivi.
Diciamo sempre che il Dio biblico si differenzia dal numero
sterminato di altre divinità proprio perché è un Dio che parla
e agisce del continuo a nostro
favore. Ma proprio perché è un
Dio che parla, così noi crediamo, occorre che ci siano persone che lo ascoltino, e che ascoltino in silenzio. Ma le nostre parole, in genere, sono sempre tante e il tempo per ascoltare Dio
è sempre molto ristretto. Parlia
mo molto e ascoltiamo poco; il
silenzio non abita più nelle nostre case cristiane, e spesso neanche nelle nostre chiese.
Diciamo sempre che al centro
dell'annuncio evangelico c’è la
grazia di Dio, quindi c’è Dio che
per primo si muove verso di noi
e con la parola e l’azione ci costituisce suoi figli. Sappiamo bene che la struttura teologica della grazia è tale che all’azione
previa di Dio segue la risposta
obbediente del credente. Su questo concetto siamo tutti d’accordo. Accade però che noi non solo non ascoltiamo, ma spesso
vogliamo anche parlare al posto
di Dio e qualche volta lo anticipiamo! La prima parola è la nostra, poi, quando la lingua si
secca in bocca, allora... forse...
Fondamentalmente Natale significa che Dio si riprende la parola, ponendo così fine all’usurpazione che abbiamo perpetrato
nei suoi confronti.
E la sua parola, ancora una
volta, non sarà soltanto un fenomeno acustico, ma qualcosa
che coinvolge tutto l’uomo, in
tutta la gamma dei sensi. Anche
per questo la parola che Dio ci
rivolge esige ascolto attento, silenzio vigile e concentrazione
puntuale. Poiché Dio vuole parlare, l’uomo deve tacere: in questo silenzio c’è la possibilità di
recuperare la proporzione esatta
del rapporto Dio/uomo. E questa è la cosa fondamentale, il
primo passo per un vero Avvento. Domenico Tomasetto
un altro sintomo epocale — la
rivista « Force » (50 mila copie)
che insegna a vivere con la pistola in tasca sapendola usare
per difendere la propria « security »; con la calcolatrice, il minicomputer e il bloc-notes nella ventiouattrore del manager edonistico degli anni ’80 non
deve mancare l’oggetto della difesa personale: un revolver regolarmente demmciato perché
l’aggressione è dietro l’angolo. Il
primo che spara si salva. Le ragioni profonde della violenza in
cui siamo immersi e di cui siamo, spesso, protagonisti, sono
anche il risultato della cultura
consumistica e terribilmente crudele con i marginali — gli esclusi per sempre dai processi di arricchimento, di carriera, di successo — che stiamo assumendo,
a piccole dosi, giorno per giorno.
A questa nuova cultura del
« riflusso » e delTindifferenza
abbiamo fatto l’abitudine e difficilmente riusciamo ancora ad
indignarci di fronte alle « regole
del disordine » ohe scandiscono
la nostra giornata. Cambiano anche i gusti culturali: dalla politica attiva si è passati alla cultura delle parole o delle graffianti battute dei comici televisivi
che sparano a zero « una tantum » su « chi conta ». E fin qui
vada. Ma quando cultura diventa, come a Torino, la riscoperta
delle « Crociate » da parte di
tremila liceali riuniti a convegno tutti convinti del fatto che
è « ingiusta la connotazione negativa data sin qui sulle varie
spedizioni cristiane in Palestina
iniziate nel secolo XI », allora
francamente c’è da stare attenti, e non stando soltanto alla finestra a guardare e commentare.
Più che rinchiudersi nel privato, oggi, è più che mai necessario aprirsi ed entrare in dialogo per tenere desto un confronto sui temi della pace, della
non-violenza, della partecipazione democratica alla vita sociale.
Schierarsi con i più deboli, credere che sicurezza non sia una
pistola sotto la giacca o il coltello in tasca, ma sia un discutere per capire, per cambiare le
« regole del disordine » in cui viviamo fa parte del nostro essere
credenti in Colui che è stato
« vittima » della violenza del suo
tempo. Si tratta dunque di resistere alla marea montante contrapponendole una nuova scala
di valori in cui il rispetto per
la persona umana, qualsiasi persona, sia al primo posto. Le « regole del disordine » guidano un
gioco al massacro dove a pagare sono sempre i più deboli, gli
esclusi dai processi produttivi,
i « diversi », gli eterni falliti. Alle « regole del disordine » vorremmo sostituire le regole del
gioco democratico dove ognuno
possa giocare la propria partita,
assumendosi le proprie responsabilità sino in fondo, senza essere condizionato dalla violenza
di un sistema in cui il successo
e Tarricchimento contano più
della vita umana.
Giuseppe Platone
2
2 religione a scuola
1
5 dicembre 1986
PER OTTENERE L’APPLICAZIONE DELLA LEGGE 449/84
Lo strumento della diffida
Deve essere garantito il pieno diritto alla facoltatività — Lo strumento a disposizione dei genitori per eventuali ricorsi: uno schema
La legge 449 dellll agosto 1984,
quella ohe approva le Intese tra
10 Stato italiano e le chiese rappresentate dalla Tavola Valdese,
è, almeno per quanto riguarda
l’insegnamento della religione
cattolica nella scuola pubblica,
largamente inapplicata. Giungono in redazione numerose segnalazioni di genitori, di allievi che
lamentano discriminazioni. In
particolare viene denunciato il
fatto che i presidi ed i direttori
didattici si rifiutano di dare applicazione alla legge per quanto
riguarda il pieno diritto alla facoltatività (cioè il diritto di non
■frequentare nemmeno le attività
alternative) e alla collocazione
oraria dell’insegnamento della religione cattolica {anche là dove
questa collocazione è alla prima
o all’ultima ora non viene permesso agli allievi di entrare
un’ora più tardi o di uscire
un’ora prima, nonostante i genitori abbiano esplicitamente richiesto questo con lettera al preside o al direttore^.
Di fronte a questa situazione
ohe fare? Consigliamo quei genitori che intendono far valere
11 diritto di piena facoltatività
dell’ora di religione cattolica di
effettuare una diffida al preside
o al direttore didattico secondo
lo schema che presentiamo qui
sotto.
Chiediamo inoltre a coloro ohe
attueranno la diffida di far avere alla nostra redazione la fotocopia delTatto o di trasmetterla alla Tavola Valdese (via Firenze 38, 00184 Roma) che ha necessità di questo materiale per
documentare la sua azione in applicazione della legge 449/84.
Consigliamo inoltre prima di
intraprendere questa azione di
discutere la cosa con il Consiglio di Chiesa o col Concistoro
affinché questo sia informato.
la cultura religiosa... omissis...
continuerà ad assicurare, nel
quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.
Nel rispetto della libertà di,
coscienza e della responsabilità
educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti
o i loro genitori eserciteranno
tale diritto, su richiesta delTautorità scolastica senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione »;
2) che l’art. 9 L. ll-8-il984 n.
449 « Norme per la regolazione
dei rapporti tra lo Stato e le
chiese rappresentate dalla Tavola valdese » così dispone; « La
Repubblica italiana nelTassicurare rinsegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, materne, elementari e secondarie superiori riconosce agli
alunni di dette scuole, al fine di
garantire la libertà di coscienza
di tutti, il diritto di non avvalersi delle pratiche e delTinsegnamento religioso... omissis...
Per dare reale efficacia all’attuazione di tale diritto Tordinamento scolastico provvede a che
l’insegnamento religioso ed ogni
eventuale pratica religiosa nelle
classi in cui siano presenti alunni che hanno dichiarato di non
avvalersene, non abbiano luogo
in occasione delTinsegnamento
di altre materie, nè secondo orari ohe abbiano per i detti alunni
effetti comunque discriminanti »
RILEVATO
che in data .... il sottoscritto ha
significato con propria dichiarazione la volontà di esercitare il
diritto di non avvalersi per il
figlio minore ..... deU’insegna
mento della religione cattolica
così come previsto dall’articolo
9 della legge 449/84 ed in particolare di non desiderare che il
proprio figlio frequentasse le attività alternative;
che allo stato nella classe frequentata dal figlio dei sottoscritti sia a causa della collocazione
oraria, sia per le disposizioni adottate dalle autorità scolastiche, non sussiste alcun diritto
alla facoltatività relativamente
alla frequenza delle suddette attività integrative; tanto premesso, visto, considerato e rilevato,
con il nresente atto
SI DIFFIDA
1) Il Capo di Istituto della
scuola .... nella persona prò tempore in carica con sede per l’ufficio presso la medesima Scuola
.... in via .... dal continuare a
non consentire la piena facoltatività sia deirinsegnamento di
religione cattolica, sia delle attività integrative per gli alunni
che hanno inteso non avvalersene.
{tre copie su carta da bollo
da lire 3.000)
ATTO DI SIGNIFICAZIONE
E DIFFIDA
I sottoscritti . in proprio e
quali esercenti la patria potestà
del figlio minore..iscritto presso la classe ...... sezione ... della
scuola .... di ....
CONSIDERATO
che dal complesso delle suddette disposizioni consegue e si deve dedurre:
a) che la scelta di avvalersi
o non avvalersi delTinsegnamento di religione cattolica costituisce un diritto ma non un obbli
PROCEDURE PER LA NOTIFICA DELLE DIFFIDE
go;
VISTO E PREMESSO
1) che Tart. 9 del Concordato
tra la Repubblica Italiana e la
Santa Sede L. 25-3-1985 n. 121 così dispone; « La Repubblica Italiana, riconoscendo il valore del
b) che dalTart. 9 della L. n.
449/84 deriva Ohe durante Tinsegnamento di religione cattolica non abbia luogo Tinsegnamento di altre materie;
c) ohe ogni attività integrativa per gli alunni che non si,
avvalgono delTinsegnamento di
religione cattolica deve essere
collocata in orario non discriminatorio e tale da garantire la
piena facoltatività della loro frequenza;
NOTIZIE FLASH
□
MOVIMENTO DI COOPERAZIONE EDUCATIVA: LA RELIGIONE FUORI DALL’ORARIO
SAN MARINO — A conclusione del convegno « Educazione, pace e cambiamento » organizzato dal MCE e dalla FIMEM presso
la Repubblica di San Marino nei giorni 29 bttobre/2 novembre 1986
è stata letta e approvata all’unanimità dai partecipanti la seguente
mozione:
« I partecipanti al convegno, nel corso dei lavori, hanno rilevato
la situazione paradossale che l’introduzione delTinsegnamento della
religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado, così come ha
stabilito l’Intesa, produce all’interno della vita scolastica.
Durante il convegno sono stati ribaditi i valori della cooperazione, della capacità delTascolto, della diversità come risorsa e
conseguentemente della valorizzazione di « ogni altro », della ricerca nell’acquisizione delle conoscenze, inoltre si è puntualizzata la
necessità della presa di coscienza degli eventuali conflitti esistenti
per superarli senza violenza.
L’insegnamento della religione cattolica produce invece distur
bo nella programmazione e nella formazione dei gruppi di lavoro,
emarginazione, discriminazione, isolamento del « diverso » in quanto c’è separazione tra l’alunno che intende avvalersi e anello che
non intende avvalersi delTinsegnamento confessionale, tra Tinse
gnante che ha dichiarato la propria disponibilità e quello che non
Tha dichiarata.
L’insegnamento della religione cattolica sostituisce la ricerca
con il dogmatismo e produce conflitti sul piano personale e cultu
rale fra tutti coloro che operano nella scuola.
I partecipanti al convegno chiedono:
— che la scuola di Stato si riappropri delTintero erario, così
come stabilito dalla normativa vigente;
— che Tinsegnamento della religione cattolica, là dove sia richiesto, venga svolto in orario extrascolastico.
L’introduzione delTinsegnamento della religione cattolica impedisce la piena realizzazione di quella cultura di pace a cui Tin
tera scuola deve tendere».
□
X CIRCUITO DELLE CHIESE VALDESI
METODISTE: ATTUARE LA LEGGE 449
CON AVVERTENZA
che in difetto si procederà nei
suoi confronti ai sensi di legge
per ogni più ampia tutela dei
diritti dei sottoscritti sia in proprio che nella qualità. Data ....
firma ....
1) Compilare n. 3 copie della
diffida su carta da bollo da L.
3.000 (tremila) (due copie sono
notificate, una viene restituita
al ricorrente).
2) Vanno consegnate agli Ufficiali Giudiziari dell’Ufficio notifiche della Pretura locale o del
Tribunale della città.
3) Anche se non esistono termini di scadenza la diffida va
presentata al più presto.
4) Trascorsi di norma dieci
giorni dalla data della notifica
della diffida sarà opportuno affidare la difesa dei propri diritti
ad un avvocato perché proponga
dinanzi al Pretore ricorso d’urgenza ex art. 700 del Codice di
Procedura Civile.
PISA — L’Assemblea dei rappresentanti delle chiese valdesi e
metodiste della Toscana e di La Spezia, riunita a Pisa il 9 novembre 1986, esaminando Tattuazione della nuova normativa relativa ai
Tinsegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, rileva
1) le pressioni che spesso sono state esercitate per orientare
fino all’ultimo momento le scelte verso il SI’,
2) i fenomeni di discriminazione che inevitabilmente si veriis
cano nelle varie realtà scolastiche per coloro che non si avvalgonc
di tale insegnamento,
3) le difficoltà generalizzate a far recepire dalTamministrazione
scolastica le posizioni degli evangelici che rifiutano la scelta fra le
due alternative in applicazione della legge 449/84 (Intese fra lo Sta
to e la Tavola Valdese) e richiedono quindi la collocazione del
Tinsegnamento della religione cattolica in orario non discriminante.
Denunzia inoltre come i piccoli spazi finora individuati per garantire una certa dignità alle attività alternative e per rivendicare
il diritto alla non scelta, siano stati definitivamente soppressi dall’ultima circolare ministeriale (la n. 302 del 29.10.86) con la quale
si avallano e addirittura si teorizzano gli aspetti più negativi finora
presentatisi in fase di attuazione e si presentano le attività alternative esclusivamente in funzione di un riempimento del tempo
scuola e se ne circoscrivono in mode fortemente limitativo i con
tenuti culturali possibili, vanificando l’impegno di quei collegi di
docenti che finora si sono adoperati nella programmazione; si prevedono accorpamenti di alunni anche in senso verticale, sacrificando qualsiasi considerazione didattica a finalità pratico-organizzative; ribadendo infine l’obbligatorietà della scelta e della piena frequenza del tempo scuola, si disconosce in modo definitivo Tattuazione della legge 449/84.
L’Assemblea condanna il clima integralista che le circolari ministeriali riflettono e che si traduce in una situazione' di fatto che
per le minoranze religiose risulta più pesante di quella del passato; .
invita tutti gli evangelici, i cattolici e tutti i democratici ad una
cn niiPRto ni-nhleTTifi. e ad un imoeano perché 1 e
riflessione comune su questo problema e ad un impegno perché
sercizio di un diritto da parte della maggioranza non debba avere
come prezzo il disconoscimento delle libertà costituzionali delle
minoranze.
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Traduzione di Enrico Geymet, prefazione di Arturo Genre pp. 480, rilegato in tela con sovraimpressioni in argento, L. 30.000 1 copia arretrata L. 3.500
Ristampa anastatica della prima edizione del 1834 (voluta e finanziata da Charles Beckwith), tenacemente contrastata dalle autorità cattoliche e dal Governo dell’epoca. Versate su CCP n. 16551509 intestato a:
CLAUDIANA, Via Principe Tommaso, 1 - 10125 TORINO « il testimonio» • Borgo Ognissanti, 6 - 50123 FIRENZE
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5 dicembre 1986
fede e cultura 3
NELL’AUTUNNO ’86 IN UN’AREA INDUSTRIALE DEL NORD
Mi telefonano una mattina da
***, un grosso centro industriale non lontano dalla città. Hanno pescato il mio numero cercando sull’elenco telefonico una
chiesa « riformista », come quella cui apparteneva, nel suo paese d’origine, una persona morta
all’improvviso, dopo due o tre anni di residenza in Italia, durante i
quali non aveva potuto stabilire
un contatto con noi.
Chiamandomi continuamente
« padre », mi chiedono se non
sarei disposto a fare qualche cosa che sia il corrispondente del
funerale cattolico. « Nello spirito di Assisi » — mi spiegano
— avrebbero anche pensato a
una « concelebrazione »; però il
parroco si è opposto, perché i
« riformisti » non hanno l’eucaristia e non credono alla risurrezione.
Avanzo educatamente qualche
dubbio sul grado di preparazione del parroco; do sulla nostra
« religione » le informazioni minime indispensabili; dichiaro la
mia disponibilità a svolgere una
liturgia funebre (lettura della
Bibbia, meditazione, preghiera),
prima del funerale che — stante
la posizione religiosa e sociale
della famiglia — si impone cattolico e si preannuncia solenne.
Non manco di esporre le mie
riseiae sul fatto che « lo spirito
di Assisi » c’entri qualcosa col
nostro discorso ; dichiaro preferibile evitare, sic stantibus rebus, qualsiasi forma di « concelebrazione ». Nell’attesa (da parte mia) di ulteriori indicazioni
si chiude la prima telefonata, e
con essa la prima parte della
storia.
La seconda parte si apre con
un nuovo squillo di telefono.
Quesia volta mi chiama il parroco di *** in persona. Non tocca il problema dell’eucaristia.
Telenovela
né mi interroga, bontà sua, circa la mia fede nella risurrezione. Mi partecipa solo il suo imbarazzo nell’affrontare la situazione, perché non ha precedenti
nella sua esperienza. Si dichiara personalmente d’accordo che
il funerale si faccia, diciamo
così, a due voci; ma potremo
definire quale sarà la melodia
affidata a ciascuna, e se si tratterà di un coro o di due assoli
dopo che lui avrà interpellato il
vicario diocesano per l’ecumenismo e io avrò sentito « le autorità della mia chiesa ». Mi dichiaro disposto ad attendere
che lui si consulti col vicario,
ma notifico che da parte mia
non ho bisogno di sentire nessuno, non perché al di sopra di
me non ci sia nessuno, ma perché nella mia chiesa l’autorità è
Gesù Cristo e, in un funerale
come nelle altre occasioni, io
non faccio se non quello che
Lui mi ha già detto di fare: leggere la sua Parola, predicare l'Evangelo, pregare.
Terza parte. Nuova telefonata
del parroco. Ha sentito il vicario. Ha avuto il placet. Concordiamo che io farò il « funerale
evangelico », in casa, dopo di
che seguirà il funerale in chiesa
cattolica e la sepoltura secondo il
rito di santa madre chiesa.
C’è un solo grosso prob-lema:
se il prete possa venire a casa
a rilevare la salma per accompagnarla in chiesa, secondo l’uso, o se sia meglio, date le circostanze, che la salma... ci vada
di suo, in forma privata. Non
so che dire, per cui dichiaro
che, una volta assolto il mio
compito di leggere le Scritture,
predicare Tevangelo della risurrezione e pregare, quello che accade dopo non mi interessa assolutamente.
La storia potrebbe finire. Invece no. C’è una quarta parte
e c’è anche un epilogo.
La quarta parte, tanto per
cambiare, corre sempre sul filo
del telefono.
Ho appena il tempo di sollevare il ricevitore, che mi sento
dire: « Io sono una persona di
***. So che lei deve venire qui
per un funerale e vorrei sapere
se voi avete il battesimo e la
risurrezione come i cristiani ».
A questo punto perdo un tantino le staffe e puntualizzo un
po’ seccamente: « Se lei ha telefonato qui sa benissimo di
aver telefonato a un pastore
evangelico; quindi non si nasconda dietro Tanonimato di
’una persona’ e mi dica chi è;
in secondo luogo non parli di
’cristiani’ come se questi fossero solo i cattolici; e infine mi
spieghi il motivo di questa inquisizione ».
La risposta è una specie di rivelazione. Si tratta del prete che
materialmente celebrerà il funerale, e... siccome è la prima volta che gli capita una cosa del
genere, vuol sapere, attraverso
l’inquisizione fatta a me, quale
fosse il credo della persona defunta, in modo da non dire cose
stonate.
Perdo il resto della pazienza,
e gli dico che, pur apprezzando
la sua delicatezza, ritengo che
l’essere prete non lo autorizzi a
non sapere o fingere di non sapere che cosa credono gli evangelici; gli ricordo che ho già
preso accordi col parroco, e a
questi, non a me deve rivolgersi per avere informazioni e direttive.
L’epilogo sta nel funerale. Svolgo la liturgia evangelica nella
casa. Sono presenti esclusivamente i parenti strettissimi di
parte italiana e cattolica, oltre a
quei pochi che han potuto venire dal paese d’origine. Manifesto
agli uni e agli altri, come posso,
la mia fraternità, e alternando
come posso due lingue, svolgo
il « servizio funebre ».
Così posso togliermi dai piedi, e lasciare spazio al funerale
ufficiale, quello cattolico, l’unico,
in fondo, considerato vero da
chi mi ha fatto chiamare forse
solo per scrupolo di coscienza
verso chi non c’è più, tanto più
che il suo « credo », ora che non
c’è più, non può più « stonare »
neH’ambiente chic e presumibilmente superagiato in cui viveva; e al quale temo abbia dovuto adeguarsi, soprattutto vivendo in un paese piccolo e in un
ambiente ristretto.
Quel che mi meraviglia è che
la chiesa cattolica abbia concesso il funerale ufficiale e in chiesa a una persona la cui situazione matrimoniale (se matrimonio
c’era) non poteva assolutamente
combaciare, a mia conoscenza,
con le prescrizioni del diritto
canonico. Segno che, nella vita
come nella morte, il censo può
dare una spinta alla misericordia.
Il tutto è accaduto in una zona industriale dell’Italia del
Nord, nell’autunno dell’anno di
grazia 1986.
ANCORA
SULLA TEV
Caro Direttore,
mi ero ripromesso di non scrivere
su "La Luce" riguardo alia TEV,
ma ora i'indignazione è troppa! (e mi
fa metter da parte ogni diplomazia).
1) Sono dieci anni che "La Luce",
per non essere accusata di antidemocraticità, pubblica con mirabile pazienza tutte le stupidaggini della TEV. Eppure, se un giorno compare una lettera
di un membro delle nostre Comunità
che, a seguito di un’esperienza sinodaie, si permette di esprimere riserve
sulla petulanza ed il settarismo di questi signori, non soltanto viene subito
divorato non da una, ma da tre lettere
di smentita per dirgli a fuoco incrociato, sia pure attraverso quelle forme di cortesia che io qui tralascio,
che è un mentitore, uno « sviscerato »
ed uno sprovveduto, ma "La Luce"
viene anche accusata fra le righe di
aver pubblicato la sua lettera!
2) Non è vero che « la TEV vuole
unire la Chiesa »! In realtà è lei stessa il primo agente di disgregazione
e di fazione nella Chiesa, perché è una
formazione chiusa, incistatasi all'interno della Chiesa, che si presenta come
il Fronte dei puri, dei giusti, degli
incontaminati, rigidamente costituito
con le sue iscrizioni, i suoi registri,
la sua organizzazione, le sue assemblee, le sue feste, i suoi culti, le sue
circolari dove oltretutto si è giunti
a pregare non per i malati membri
della Chiesa Valdese, ma per i malati iscritti alla TEV!
3) La TEV è l'espressione di un
COLLEGIO VALDESE
Iscrizioni per l’anno scolastico ’87-88
al
LICEO PAREGGIATO
indirizzo classico
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VIA BECKWITH, 1 — TORRE PELLICE
ceto ben specifico nella nostra Chiesa, la "noblesse", che da sempre
cerca in tutti i modi di tenere le distanze da chi nella Chiesa è plebeo,
non ha il cognome finente in consonante e non parla in francese.
4) Che lo scopo della TEV sia di
combattere la politicizzazione della
nostra Chiesa è falso! Perché il vostro astio, al pari di quello del Cattolicesimo Romano ufficiale, si è sempre
rivolto in un'unica direzione: contro
tutti coloro che nella Chiesa e fuori
hanno in questi anni politicamente
combattuto e combattono per una società più vicina ed attenta agli ultimi, ai miseri ed ai falliti; e mai contro coloro che hanno condotto nella
Chiesa una politica liberale e sono
stati iscritti alla Massoneria! (,..).
Alberto Romussi, Torino
Pubblichiamo, dissociandoci dal contenuto, questa lettera di un lettore
sulla TEV. Il movimento della TEV,
piaccia o no, fa parte della realtà
delle nostre chiese e per questo il nostro giornale dà notizia delle sue attività. Certamente il lancio di accuse
e l’ostracismo reciproco non servono. Ci
auguriamo di pubblicare in futuro più
che sfoghi, ragionamenti argomentati
pur nella brevità di una lettera.
(Giorgio Gardiol)
LE SCUOLE
VALDESI
Tutti sanno che le scuolette quartierali valdesi sono ormai vuote. Esse
hanno fatto la loro epoca e testimoniano del grande impegno del colonnello Beckwith che aiutò i valdesi a
costruirle anche nelle borgate più disperse di queste montagne. Cosa fare ora di questi monumenti vuoti?
Ho assistito, una settimana fa, alla
riunione di quartie:'e del Martel dove
è stata illustrata l'intenzione del Concistoro di valorizzare tutte le scuolette Beckwith trasformandole in piccoli musei. C'è già un precedente in
Val d'Angrogna: la scuola-museo degli Odins-Bertot, posta tra Chanforan
e la famosa Ghieisa d'Ia Tana, continuamente visitata da persone interessate alla nostra storia.
Non è il mio compito spiegare il
piano chiamato « itinerario culturale
in Val d'Angrogna » allestito dal Concistoro ma desideravo esprimere la
mia approvazione che, sono certo, è
anche di tante altre persone.
Sono un anziano agricoltore, la mia
unica scuola è stata la scuola del
mio quartiere. Oggi si parla tanto di
"cultura valdese" e io mi chiedo se
questa cultura non è anche un po’
nata tra quei banchi rozzi, su quelle
lavagne di legno e di fronte a quel
maestri severi che insegnavano con
amore in quelle aule sempre piene di
fumo.
Per chi ha frequentato quelle scuole sapere che domani non saranno
soltanto aule deserte, abbandonate In
cui piove dentro e cresce la muffa, ma dei luoghi ancora capaci di
trasmettere un insegnamento e una
storia, è una grande soddisfazione.
Alfredo Monnet, Angrogna
FARISEISMO?
Caro direttore,
leggo dalla lettera di Roberto Peyrot
apparsa sul suo giornale (14.11.86)
che il sottoscritto ha giudicato la scelta degli evangelici italiani sulla preghiera di Assisi « accusandoci del
peggior fariseismo ». Mi rammarico di
questa interpretazione che mi offende. Se ella ha la bontà di rileggere
il mio breve commento, capirà che mi
sono limitato ad affermare che si può
essere farisei ad Assisi con ia preghiera e si può anche essere farisei
nel rifiutarla. « Si può » non vuol dire
« si è ». il giudizio sui nostri fariseismi e su quelli degli altri spetta a
Dio solo.
Cordialmente
Vittorio Morero
direttore de L’Eco del Chisone,
Pinerolo
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4
lenìsmo
1
5 dicembre 1986
UN CONVEGNO A DIGIONE
UNO STUDIO FDEI PER IL 1987
Lalbero
La violenza
della riconoscenza
SUI minori
Un movimento giovanile molto variegato, alla ricerca di una linea
di lavoro - Contributo della FGEI e materiali di studio del CEDIP
Le forme di sopraffazione sommersa, spesso
taciuta, ai danni degli individui meno tutelati
Non un « albero genealogico »,
ma un « albero della riconoscenza »: lo abbiamo costruito in un
momento di animazione, di reciproca conoscenza, per mettere
insieme in un primo approccio
il punto di vista di circa centocinquanta persone intervenute, a
Digione, per un incontro di giovani indetto dalla Federazione
Protestante di Francia (dipartimento per la gioventù).
Poche radici storiche: tra le
persone degne di menzione del
passato solo una manciata di
profeti e personaggi biblici. Ha
vinto « la mamma », tra le persone o gruppi che più hanno influito su di noi, precedendo di
parecchie lunghezze Gesù Cristo
(una decina di menzioni, su circa 150 partecipanti, probabilmente rappresentativa delle presenze fondamentaliste e pietiste,
molto attive anche se non dogmatiche).
C’era qualche cattolico, o tersone influenzate dal cattolicesimo: Madre Teresa di Calcutta
era citata come il personaggio
fondamentale accanto a Francesco d’Assisi, con qualche « Lutero » e molti contemporanei, religiosi o no. Due voti alle suore
di Pomeyrol, uno a Taizé, uno
anche ad Agape (non era stato
messo dagli italiani: n.d.a.).
Ecco, un giudizio sintetico sull’incontro potrebbe partire di
qui: una grande capacità di animazione, una buona organizzazione, ma anche, a nostro sofisticato parere di protestanti italiani, una scarsa volontà di darsi dei nunti di riferimento precisi, ideologici, una certa indeterminatezza di obiettivi. Certo
si trattava db un convegno, non
di im congresso, e quindi si poteva capire la non volontà di
darsi dei temi organizzativi, di
« votare mozioni » o anche solo
di prevedere delle continuazioni
un po’ organizzate dei dibattiti
vari, molti, belli avviati, ma solo avviati, nel corso dei pochi
giorni del convegno (dal 31 ottobre al 3 novembre).
L’impressione che abbiamo avuto è stata auella di un movimento giovanile molto variegato,
con espressioni estremamente
pluralistiche, ma dove ognuno
andava tm po’ per conto suo,
con mezzi per noi imponenti (gli
scout protestanti, per esempio)
o con esagerazioni del « piccolo
è bello », del localismo più accentuato. Da almeno quattro anni non c’era più stato un convegno con antbizioni nazionali: si
vede il lavoro locale, si ignorano collegamenti nazionali, e più
ancora, internazionali. Gli interventi di ospiti stranieri ohe parlavano del nucleare erano tradotti come se si parlasse solo
delle armi nucleari; il nucleare
civile non costituisce problema,
è rimosso.
Nel complesso gli interventi
più incisivi, a nostro gusto, sono stati quelli degli intervenuti
« esterni »: Nirmala Fenn, del dipartimento gioventù del C. E. C.,
Samuel Aklé, per la CEVAA, Jacques Maury, presidente della Federazione delle Chiese, e altri
che non erano rappresentanti
giovanili.
Ricchi di spunti i gruppi di
lavoro. Alla FGEI era stato richiesto un contributo sulla pace,
e la documentazione del CEDIP
è stata ancora una volta assai
utile. Abbiamo partecipato ai
gruppi sulla pace, e a quello sulla Bibbia, ma anche gli altri temi erano allettanti: dalla questione interculturale alla missione e terzo mondo, alla discussione su vecchie e nuove povertà.
Complessivamente, un tentati
vo riuscito di « rilancio » di un
movimento giovanile, chiamato
a uscire dalle strettoie di una costelleizione di gruppi provenienti
dalle esperienze più diverse, spesso anche fondamentaliste. La richiesta di una continuazione di
incontri di questo genere, a scadenza annuale, è venuta molto
spontaneamente; se verrà raccolta, sarà indispensabile trovare
anche dei momenti organizzativi.
Il tema, « Jeunes mais pas dupes! » difficilmente traducibile
(Giovani ma non sciocchi; ma
molti interventi andavano nella
direzione di chiedere ai giovani
di non lasciarsi strumentalizzare), si prestava un po’ troppo
ad essere tirato da tutte le parti,
ad essere visto come un pretesto a maglie larghe: va detto ad
onore degli organizzatori che il
lavoro di gruppo e gli interventi organizzati hanno portato a
stringere di più le maglie, a ricondurre a temi di attualità reali l’ambito di interesse; ma per
la stessa eterogeneità dei partecipanti si avvertiva pure tm certo timore nel lasciare ohe si
giungesse ai nodi cruciali (fede
e politica; fede e missione; che
fare oggi, e via esemplificando),
la preoccupazione di « lasciar
raffreddare » il dibattito quando
pareva si potesse accendere. La
nostra preoccupazione sarebbe
andata nella direzione opposta.
In conclusione: un beH’incontro, molto da imparare per quanto riguarda Tanimazione, particolarmente quando applicata alla liturgia, al culto, alla lettura
biblica, un dubbio, una perplessità sul metodo, molto prudente
e, al limite, molto poco preoccupato di giungere a contenuti precisi.
Andrea Cipriani
e Sergio Ribet
Il problema dell’abuso sull’inianzia desta l’attenzione di genitori, educatori, psicologi, giuristi
e di quanti, credenti b non credenti, rifiutano la logica del potere e della sopraffazione, una
logica che ha come conseguenza la violenza nei suoi svariati
aspetti. Nel quadro di un fervore di studi, di iniziative, di pronunciamenti sulla condizione
dell’infanzia, in atto nel nostro
Paese, la FDEI ha sentito la
responsabilità di non rimanere
estranea ad Un problema che si
pone in termini acuti in Italia
e in tutto il mondo e che interpella la nostra coscienza di
donne cristiane e di soggetti attivi della società. E’ noto che il
bambino, più di ogni altro, subisce le conseguenze delle varie
forme di violenza presenti in
questo nostro mondo. Non solo il suo sviluppo fisico, ma anche quello psicologico e spirituale vengono fortemente compromessi a causa delle violenze
cui è fatto oggetto, per cui si
può essere certi che la piccola
vittima di oggi andrà ad accrescere il numero dei disadattati e
anche dei delinquenti, dei drogati, dei violenti di domani. Da
più parti si rileva la necessità
di infrangere il muro di silenzio
che circonda i casi di violenza
sul bambino, i quali spesso avvengono aH’interno delle mura
domestiche o delle istituzioni
pubbliche. La società deve sapere ciò che avviene, deve prendere coscienza dei maltrattamenti fisici, delle violenze sessuali, deU’abusO psichico di cui
sono vittime tanti bambini, affinché possa cessare il calvario dei bambini martirizzati, affinché possano essere presi i
provvedimenti necessari, anche
legislativi, per proteggere l’infanzia. La società, del resto, non
deve continuare a far finta di
ignorare che le guerre, le mal
nutrizioni, le privazioni, anche
in tempo di pace, sono altrettante forme di violenza sull’infanzia, che lasciano il segno e
compromettono lo sviluppo armonioso del fanciullo. La FDEI,
pertanto, ha proposto ai gruppi
femminili evangelici, quale tema di studio per l’anno 1987, il
problema della violenza sui minori: una riflessione su questo
altro doloroso aspetto della violenza che si pone a seguito degli studi FDEI degli anni scorsi sui temi della sessualità e del
razzismo. La Federazione Donne
Evangeliche Italiane sollecita,
quindi, le donne evangeliche a
studiare il problema posto, a
farne partecipi le comunità, a
produrre documenti, ad organizzare tutte quelle iniziative atte
a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità della tutela dei diritti dei minori. In realtà il mondo degli adulti, siano
essi credenti o non credenti, è
spesso privo di una cultura delTinfanzia e per questo non tie
ne conto dei bisogni, dei sentimenti, dei diritti del fanciullo.
Gli Evangeli ci parlano delTa
more e dell’attenzione di Gesù
per i bambini. Gesù, sovvertendo ogni logica umana, invita gii
adulti a prendere esempio dai
bambini e non viceversa. Gesù
ammonisce gli adulti e li invita
a cambiare mentalità, a divenire come piccoli fanciulli: questa è la condizione per entrare
nel Regno dei Cieli. L’Evangelo
ci sfida a rendere il mondo a
misura di fanciullo e se la sfida non sarà raccolta, allora non
ci sarà alcuna speranza di salvezza per l’umanità.
Vera Velluto
E’ possibile ricevere il materiale FDEI richiedendolo alla
presidente: Vera Velluto, via Madre Grazie 12, 74100 Taranto.
BRACCIO DI FERRO TRA VATICANO E VESCOVI USA
Da alcimi anni ormai si assiste a un braccio di ferro tra la
Santa Sede e l’episcopato cattolico degli USA, o quanto meno le relazioni sono piuttosto
tese. I lettori si ricorderanno
per es. l’episodio della lettera
pastorale chiara, aperta, oserei
dire quasi profetica, scritta un
paio di anni fa dai vescovi americani, contro la politica degli
armamenti; ma non tutti si ricorderanno che il testo primitivo fu successivamente completamente stravolto, perché nel
frattempo, in seguito, pare, ad
una richiesta avanzata da Reagan stesso presso il Pontefice,
questi si adoperò attivamente a
far cambiare idea alTepiscopato statunitense.
Ora il conflitto s’è personalizzato: nel mirino è finito mons.
Raymond Hunthausen, arcivescovo di Seattle. Chi è costui?
Chiaramente un vescovo scomodo; uno che neU’80 ha avuto il
coraggio di dire che anche le
donne sono state discepole di
Gesù e che quindi potevano anch’esse amministrare i sacramenti! Uno che, all’inizio della
grande ondata pacifista, non ha
esitato a denunciare la presenza
di una base per sottomarini atomici nel territorio della sua diocesi. A mia conoscenza primo
vescovo negli USA, agli inizi delT82 ha cominciato l’obiezione
fiscale, rifiutandosi di versare il
Un vescovo scomodo
50% dell’imposta federale, come gesto di protesta contro la
politica di riarmo. Si sa inoltre
che nella sua diocesi ha cercato
di aprire un dialogo con gli omosessuali, permettendo che un
gruppo di preti facenti parte di
« Dignity », un’associazione di
aiuto appimto agli omosessuali,
celebrasse la messa addirittura
in cattedrale! In sostanza, un
vescovo battagliero, probabilmente privo di capacità di mediazione, forse un po’ partigiano, di certo impegnato su frontiere scomode e diffìcili.
Ovviamente non è piaciuto a
tutti nella sua diocesi, e cosi
sono state spedite a Roma lettere di denuncia scritte da cattolici conservatori, preoccupati
« per la teologia d’ispirazione
marxista » — così pare abbiano
scritto! — del loro vescovo.
La risposta della Santa Sede
non s’è fatta attendere. Tanto
per cominciare ha aperto dapprima un’inchiesta, affidandola
all’arcivescovo di Washington.
Sembra però che questi, dopo
aver esaminato ben bene ogni
cosa, abbia riferito che la diocesi di Seattle godeva di buona salute, tanto che il gettito
della questua era perfino aumentato! Ma il Vaticano non
s’è accontentato. All’inizio di
quest’anno il Papa ha ordinato
vescovo un certo padre Wuerl,
e Tha mandato a Seattle con poteri speciali. Non ha osato, però,
deporre il vecchio vescovo. E
così è cominciato un periodo di
difficile coabitazione dei due.
Wuerl spalleggiato da Roma, ma
sostanzialmente isolato nella
diocesi; Hunthausen appoggiato
dai consigli presbiterali, dalla
maggior parte dei preti della
sua diocesi, e perfino dalla conferenza episcopale USA.
La questione è diventata, nel
corso di quest’anno, sempre più
grossa ed ingovernabile. Ad un
certo punto la Santa Sede ha ritenuto utile inviare un nunzio
apostolico; ma questi non è riuscito a venire a capo di nulla.
E’ dovuto intervenire lo stesso
Ratzinger che, manovrando opportunamente, è riuscito a far
eleggere il 12 novembre scorso,
un nuovo presidente della conferenza episcopale americana. Si
tratta di un vescovo moderato,
mons. J. May, il quale ha subito
dichiarato di voler « risanare le
lacerazioni ».
In concreto è possibile che
ciò significherà l’emarginazione
di Hunthausen ed una maggiore
unione d’intenti con Roma. E’
quanto il Papa stesso ha lasciato intendere in una lettera inviata ai vescovi americani in
occasione dei lavori della conferenza, e nella quale richiama
quei passi della « Lumen Gentium » dove si parla della necessità dell’unione di tutte le chiese col Papa, il quale « tutela le
varietà legittime e insieme veglia affinché ciò che è particolare non solo non nuoccia alla
unità, ma piuttosto la serva ».
Il Papa poi annuncia che si recherà in visita negli USA nel
settembre ’87; è probabile quindi
che per quella data egli desideri trovare una chiesa unita,
ben ricompattata, forte, priva di
pericolose venature « marxiste ».
Non è nostro compito suggerire al Papa quale linea di condotta tenere nei confronti del
dissenso interno, né dobbiamo
giudicare l’operato dei vescovi
americani. Ma non possiamo
evitare di seguire questa vicenda con una certa passione, riconoscendo nel vescovo Hunthau
sen il tentativo di prendere sul
serio numerose istanze, presenti anche nel nostro mondo. Ci
piace in lui il tentativo di essere una chiesa aperta, una
chiesa che vuol far cadere le
barriere, che costruisce dei rapporti umani, che chiama i lontani per farli diventare vicini.
E non ci stupisce certo la reazione del Papa. Potrebbe essere
altrimenti, coi... Ratzinger che
corrono? Ma non è solo questione di tempi, più o meno duri.
C’è qualcosa di costitutivo all’interno stesso della chiesa cattolica, per cui non può essere
diversa da cosi. L’imità col Papa
è l’elemento posto sempre in primo piano. In nome di questa
unità possono tranquillamente
essere sacrificati omosessuali e
pacifisti e talvolta, temiamo,
anche la genuinità deH’Evangelo.
Noi, in quanto protestanti, ci
siamo giustamente sottratti a
questo meccanismo, a questa
specie di rullo compressore che
tutto livella ed eguaglia, tutto
unisce. Eppure... con tutte le
diversità del caso, e tutti i distinguo che devono essere fatti, non viene talvolta il dubbio
che, anche al nostro interno, la
ricerca di una fedeltà all’Evangelo e di una testimonianza ai
« lontani », è una via talvolta
tortuosa, diffìcile, contrastata?
Luciano Deodato
5
5 dicembre 1986
vita delle chiese 5
A CASA CARES DALL’11 AL 14 NOVEMBRE
L'essere e il dover essere
dei diaconi evangelici
Una quarantina di persone (tra
diaconi iscritti a ruolo e fratelli attivi nelle opere della Chiesa valdese) hanno partecipato
alla seconda edizione delle 'Giornate di formazione per diaconi’,
svoli osi a casa CARES (Reggello) daini al 14 novembre.
Due sono stati i filoni di studio su cui si è proceduto: da
un lato quattro studi biblici incentrati sulla rilettura esegetica
degli Atti degli Apostoli; dall’altro un esame approfondito, della
struttura della Chiesa valdesemietodisra e delle sue opere. Infine
una serata è stata dedicata alla
presentazione delle Assemblee
dei Fratelli in Italia, da parte
di Stefano Woods e Massimo
Rubboli.
Gli Atti
degli Apostoli
E' naturalmente impossibile
in questa sede riferire dettagliatamente sulla ricchezza delle
relazioni presentate; ci si limiterà dunque ad alcuni flash che
diano almeno un’idea dei temi
trattali e offrano qualche spunto di meditazione.
Il prof. Bruno Corsani, introducendo il libro degli Atti, ha
parlalo della varietà delle tematiche presenti nel libro e della
difficoltà di rintracciarne tutte
le fonti. Scritto verso l’8(F90 d.C.,
probabilmente da Luca, il testo
mette in evidenza personaggi e
vicende di quegli anni, delincandone però sempre il lato positivo e sottacendo dispute, sofferenze, sconfitte. Forse all’epoca
della stesura più nessuno degli
Aposloli era in vita: per questo essi vengono già visti come
«mitici padri della Chiesa » e la
loro opera è probabilmente sopravvalutata.
Alti'i temi toccati dall’oratore
sono stati: la funzione della
Chiesa (con particolare riferimento a Gerusalemme) in quel
periodo ed il rapporto predicazione cristiana/autorità costituita.
Parlando del testo di Atti 2
e della Chiesa primitiva, il past.
Emidio Campi ha scelto la strada dell’animazione biblica per
presentare le immagini della
Chiesa nel Nuovo Testamento.
Da qui è risalito ai concetti
astratti sottesi alle stesse. Il suo
modo di procedere è stato un
felice esempio di come uno studio biblico possa essere condotto (anche in una scuola domenicale) attraverso disegni e simboli, fino ad esprimere astrazioni piuttosto profonde e paradigmatiche per la vita di un credente.
« I viaggi di Paolo » è stato invece il tema trattato dal prof.
Domenico Maselli. L’oratore si
è premurato di spiegare che «non
sono tanto i viaggi ad interessare, quanto la missione di Paolo ». Maselli ha via via messo
a fuoco la sua figura, insignificante nel fisico, ma fortemente
caparbia e « di profonda cultura rabbinica ».
La sensazione è che i viaggi
di Paolo portino subito alla formazione di chiese. Egli non è
anirnato da fretta durante i suoi
soggiorni, e rimane in un dato
luogo finché ritiene che la comunità appena costituita sia in
grado di vivere autonomamente.
Ma il contenuto del suo messaggio è estremamente preciso:
Dio e la sua opera.
Il past. Lui^i Santini, parlan
Pagina a cura di
Roberto Giacone
e Fianco Taglierò
Foto di Italo Pons
do sul processo di Paolo (Atti
21-26) ha stimolato l’uditorio con
alcune domande (peccato ohe non
vi sia stato tempo sufficiente per
discuterle a fondo) inerenti proprio il ruolo diaconale nella Chiesa. Ne citerò alcune.
1. Negli anni ’70 si è affermata, a fianco di una lettura « spirituale » dei testi biblici, una
lettura « politica ». Letto il testo di Atti nelle due ottiche, ci
chiediamo:
— alle nostre comunità ha
giovato o nociuto l’assunzione
(nella storia) di una sola « lettura »?
— un diaconato evangelico può
alimentarsi « solo » di una lettura spirituale, o all’opposto
« solo » di una lettura politica?
2. Paolo ritorna spesso sulla
sua conversione, parlando di
« visioni » e « rapimenti in estasi ». Domande:
— affidiamo a Freud e alla psicanalisi la conversione, le visioni e le estasi?
— come percepiamo il nostro
servizio diaconale: un volontarismo umanitario? Una risposta a
indicazioni dello Spirito Santo?
La Chiesa
valdese e metodista
Particolarmente intense ed interessanti anche le tre relazioni
del past. Giorgio Bouchard sulle diverse realtà regionali della
nostra Chiesa, sul panorama delle opere e sul senso delle nostre strutture ecclesiastiche.
Con la sua consueta verve, abbinata ad una visione positiva e
direi quasi ottimistica delle varie manifestazioni della nostra
Chiesa (e questo, detto da chi
fino a poche settimane fa ricopriva la carica di moderatore,
offre motivo di conforto e di
speranza per il futuro), Bouchard ha messo a fuoco la situazione attuale della presenza
valdese-metodista in Italia.
La sua analisi ha presentato
molti spunti di riflessione sul
nostro essere Chiesa: ad es. Bouchard ha calcolato in 2.000 (circa il 10% dei membri iscritti) i
fratelli attivi ed impegnati (pastori, diaconi, predicatori, cate
chisti, membri di consigli di
chiesa, di comitati, ecc.), su cui
si regge di fatto la responsabilità della struttura ecclesiastica.
La situazione alle Valli è piuttosto statica (11% la frequenza
ai culti), anche se ha visto fenomeni di notevole progressismo.
Importantissime in questo contesto sono le opere ( « ci impediscono di diventare un ghetto
piccolo-borghese »): esse reggono il rapporto con la massa. Se
si chiudono le opere sociali non
esisteranno più le Valli.
L’area urbana del centro-nord
è attualmente il settore più vitale dal punto di vista dell’evangelizzazione: il 70% delle conversioni alla Chiesa valdese avvengono oggi nelle città (è da
notare, a questo proposito, che
lo scorso anno in tutta la Chiesa ben il 35% dei battesimi è
stato amministrato ad adulti).
Infine il Sud, « la parte debole della nostra Chiesa » per via
della forte emigrazione degli anni 50-60, ma non certo la meno
attiva (45% la frequenza ai culti), si presenta come « una diaspora confessante, sbilanciata
tra memoria evangelistica ed
impegno diaconale ».
Molto ampio il discorso sulle
opere della Chiesa, attualmente
in numero di 60 (di cui 22 alle
Valli, musei esclusi), ma che salgono a 76 se si considerano quelle interdenominazionali ed ecumeniche. Solo nel dopoguerra
ne sono sorte 36. Bouchard non
vede in questo fermento sociale
un fenomeno negativo: « Ogni
opera è una parola di testimonianza. Se la nostra Chiesa non
è marginalizzata, il merito è delle opere. Certo, siamo una Chiesa a forte impegno sociale. Potevamo forse essere una Chiesa
d’opinione. Ma questo non avrebbe migliorato la frequenza ai
culti ».
Dalle relazioni e dagli studi
biblici è emerso abbastanza
chiaramente il nostro « essere »
e « dover essere » come diaconi
e come Chiesa: fortunatamente
non sempre in antitesi, a volte
in sintonia: sta a noi, nelle nostre riflessioni ed azioni, cercare
di farli coincidere il più possibile.
Casa CARES, a 35 km. da Firenze, ove si è svolto il convegno.
SCHEDA
Il ruolo diaconale
Negli anni sessanta-settanta
la chiesa valdese ha portato
avanti una riflessione lunga e approfondita sui ministeri nella
chiesa, tuttavia l’elaborazione
teologica non produsse nulla di
concreto relativamente ai ruoli,
tenuti dalla Tavola, dei suoi
operai.
Fino ai primi anni ottanta,
dunque, accanto al ruolo pastorale,,; è esistito quello degli insegnanti degli istituti secondari
e degli anziani evangelisti, insieme ad un ruolo diaconale (composto nel ’79 da sei persone),
per il quale era specificato trattarsi di una denominazione
provvisoria.
Nel 1980 la Tavola presentò
al Sinodo « un progetto per il
riconoscimento e l’integrazione
definitiva nei ruoli tenuti dalla
Tavola stessa, di quei fratelli di
chiesa che, optando per il trattamento pastorale assumevano
a pieno tempo servizi non direttamente pastorali nell’ambito
della chiesa. Il Sinodo ’80 aveva
ampiamente discusso il progetto e lo aveva rinviato alle chiese per un esame più approfondito e più partecipato (29/SI/
Il senso del servizio
In due momenti di discussione i partecipanti hanno anche
dibattute come organizzare gli
incontri futuri ed hanno cercato di confrontarsi sul senso e
sull’impostazione del loro servizio.
Al secondo di questi momenti,
venerdì 14, ha partecipato il
moderatore Franco Giampiccoli,
Tutti hanno convenuto che le
« giornate » non vengano lasciate
cadere, e che almeno una volta
l’anno è importante che i diaconi si ritrovino tra di loro.
Gli incontri dovrebbero avere
sia una funzione formativa, sia
informativa; ove per « formazione » si intende soprattutto
quella biblico-teologica, ma anche su temi quali ad es. l’evangeiismo italiano o l’ecumenismo;
mentre 1’« informazione » si riferisce piuttosto a confronti e
Un gruppo di partecipanti alle « giornate diaconali ».
scambi di esperienze e non alla
preparazione di corsi settoriali e specialistici (che possono
invece venire organizzati localmente dal dipartimento diaconale, o da strutture non ecclesiastiche).
Lavorando in settori diversi,
il confronto dovrebbe essere su
temi generali, su cui a volte non
abbiamo risposte pronte e univoche. Dovremmo cioè analizzare quali siano le esigenze della
diaconia, e quali risposte intendiamo dare ad esse; oppure ancora esaminare le implicazioni
di certe situazioni che dì fatto
si verificano nelle nostre opere
o chiese.
La discussione si è quindi orientata su alcuni aspetti del
ruolo diaconale e sulla mancata applicazione dell’o.d.g, del
Sinodo 1982, e sulla necessità
di avere uno strumento che funga al tempo stesso da collegamento tra i diaconi e come informazione sul lavoro e sulle
Opere diaconali. Questa funzione potrebbe essere espletata sia
dal ripristino del periodico
« Diakonia », sia da pagine di
supplemento al nostro settimanale. '
80). Il progetto veniva ripresentato al Sinodo ’81, tenendo conto delle principali osservazioni
formulate dalle chiese. Il Sinodo non trovò il tempo per discutere il progetto...» (Relazione
della Tavola al Sinodo 1982, pagina 37).
Nel 1982 la Tavola ripresentò il progetto sintetizzandone
gli elementi principali. Il Sinodo lo approvò.
L’inquadramento nel servizio
diaconale (composto nel 1986 da
27 persone più quattro candidati) prevede i seguenti punti:
— I diaconi (nuova denominazione degli iscritti al servizio
diaconale) sono suddivisi in
quattro categorie: Formazione
e istruzione. Informazione e
pubblicistica. Assistenza, Servizi tecnici e amministrativi.
— Per essere iscritti a ruolo
i diaconi devono: essere presentati dal Concistoro o Consiglio
di chiesa di provenienza; avere
titoli di studio adeguati al servizio a cui sono destinati; essere disponibili a seguire corsi
di formazione biblica e teologica; compiere un anno di prova; essere presentati in im culto pubblico nella comimità locale, o in una assemblea di Circuito o ad una Conferenza Distrettuale.
— La rappresentanza negli
organismi assembleari della
chiesa è regolata dalle discipline vigenti. Due diaconi, eletti
dagli iscritti a ruolo, sono membri del Sinodo con voce consultiva. La rappresentanza alle assemblee di Circuito non è automatica, mentre alle Conferenze Distrettuali è con voce consultiva.
Tutta la materia, come si è
detto, è stata approvata con un
atto del Sinodo del 1982 (13/SI/
82), ma, pur trattandosi di un
vero e proprio regolamento del
servizio diaconale, non è mai
divenuta pienamente operante e
non compare nel volume che
raccoglie le discipline vigenti nell’ordinamento valdese (pubblicato nel 1983).
Oggi, non solo per l’accresciuto numero dei diaconi iscritti
nel ruolo unico tenuto dalla Tavola, si presentano vari problemi riguardanti, in sintesi: il rapporto con gli altri operai che
svolgono un servizio diaconale
nella chiesa, ma che hanno diversi rapporti amministrativi, la
formazione biblico-teologica, la
presentazione ufficiale alla chiesa in un culto pubblico (mai attuata), la rappresentanza alle
assemblee di vario livello, la
mobilità dei diaconi.
6
^ prospettive bìbliche
5 dicembre 1986
Gesù Cristo, un uomo
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
« Quando giunse la pienezza dei tempi,
Dio mandò suo Figlio, nato da donna ».
(Galati 4: 4)
Gesù Cristo è stato un uomo.
Sembra lapalissiano, ma
non lo è quanto si potrebbe
pensare. La cosa non è stata
scontata per tutti, fin dal principio.
Siamo forse convinti che quel che
ha sconcertato o rivoltato gli ascoltatori della prima predicazione apostolica sia stato l'annimcio della divinità di Gesù. In Israele, sì, ma altrove, niente di più errato. In un
mondo religioso per il quale le divinità delle varie mitologie pagane
si travestivano in vari modi da uomo, o da donna, era proprio l’umanità di Gesù che faceva problema
e gli apostoli devono tutti insistervi
molto e con forza: Gesù Cristo è stato veramente e pienamente uomo.
Gli scritti giovannici sono al riguardo particolarmente insistenti, ma
anche Paolo, che parla pochissimo
della vita di Gesù, scrivendo ai cristiani della Galazia nota conciso ma
forte: « Quando giunse la pienezza
dei tempi, Dio mandò suo Figlio, nato da donna » (4: 4).
Per alcuni secoli la predicazione
e la riflessione cristiana hanno dovuto combattere, aU'interno stesso
della chiesa, la diffusa convinzione
che Gesù fosse un uomo solo per
modo di dire, solo in apparenza; il
Figlio di Dio si sarebbe solo rivestito o travestito da uomo (un’idea anche facilitata dalla scissione esistente, per la mentalità greca, fra ’corpo’ e ’anima’, fra ’carne’ e ’spirito’);
in queste correnti si riteneva che il
Cristo divino non avesse veramente
agonizzato e non fosse morto sulla
croce. Poi i grandi concili sancirono
il dogma della duplice natura di Gesù Cristo, pienamente divina e pienamente umana, e tale è rimasta la
confessione della fede cristiana; ma
non per questo sono spariti i problemi.
Si è fatta runanimità,
sul Gesù uomo?
A dire il vero, che Gesù sia stato
davvero e pienamente uomo, non
sembra più fare problema. Se mai,
anzi, è proprio il « Gesù uomo » che
interessa e attira: anche studiosi
agnostici, drammaturghi, romanzieri, gente di spettacolo ne scavano la
personalità, magari a confronto con
coloro che gli sono stati compagni
(attualmente. Giuda fa la parte del
leone, da La gloria al recentissimo
Trenta denari dell’Ulivi), ne indagano la portata sociale e politica. Anche nel mondo ebraico non è raro,
ormai, trovare un interesse serio e
talvolta appassionato per il « fratello Gesù », come l’ha chiamato Shalom Ben-Chorin - qui, ovviamente,
con il rifiuto dell’interpretazione
apostolica, specie paolinica. Sembra,
insomma, che su Gesù uomo si sia
fatta l’unanimità. Ma è proprio così?
In quante di queste presentazioni
e ricostruzioni Gesù, in apparenza
umanissimo, risulta in realtà una
costruzione artificiale a immagine
dei gusti, degli interessi, dei problemi e delle passioni dei ricostruttori,
sfuma nell’ideale e nel mito: si pensi al Gesù romantico di Renan o al
Gesù « socialista » di una tradizione
del secolo scorso, oppure al Gesù
grande iniziato o al Gesù rivoluzio
« Rieccooi all’Avvento! » — sentiamo dire o magari diciamo noi stessi —. « Eccoci già un’altra volta a Natale! ». Ma l’Avvento, per viverlo cristianamente, ha da portare nel nostro senso stanco o affannato del fluire
del tempo e del continuo ritorno dàlie ricorrenze lo stupore gioioso e fresco
per la venuta di Gesù Cristo e l’attesa intensa che torni, come ci ha
promesso, e faccia tutto nuovo. Tutto. Davvero nuovo. Ma chi è, realmente, colui che è venuto e la cui venuta attendiamo? Fra le molte cose
che si possono dire (alcune delle quali cercheremo ancora di dire) e che
vanno anche tenute globalmente presenti, per non essere troppo unilaterali o selettivi, troppo ’’eretijci”, la pi^inil. è, forse: è un uomo.
a cura di GINO CONTE
nario e guerrigliero di altre tradizioni, nel nostro secolo - per fare
solo qualche esempio fra tanti. In
questi casi l’umanità di Gesù diventa una fiction-humanity, im’umanità
fantastorica. Sembra lui, ma non lo
è, e i testimoni apostolici si metterebbero le mani nei capelli.
Resta comunque il fatto che queste ricerche, almeno quelle serie, facendo vivere il quadro in cui si è
svolta la sua esistenza, ci ricordano
che Gesù è stato un uomo. Ne abbiamo sempre bisogno, portati come siamo dalla nostra fede, mai del
tutto ’a fuoco’, a vedere in lui un
uomo così particolare da non essere
più davvero un uomo. Quale egli
era, invece.
L’uomo Gesù,
non l’Uomo-simbolo
Non un uomo qualsiasi, soprattutto non l’Uomo, non il simbolo
dell’Umanità, non dunque un’astra-'
zione, ma un uomo in carne ed ossa, ’situato’ nel tempo e nello spazio (la sola ragione, è stato osservato, per cui Ponzio Pilato è entrato
nel Credo...); un uomo con un’ascendenza ben precisa, con una carta
d’identità non cedibile, con un percorso umano non confondibile con
altri. Un uomo che ha un nome, insomma: Jeshuach ben-Miriàm, o
ben-Iosèf. E’ vero che l’apostolo
Paolo mette in parallelo Adamo e
Gesù (Romani 5 e 1 Corinzi 15) e si
potrebbe dunque pensare che egli
contrapponga all’Umanità vecchia
l’Umanità nuova. Eppure proprio
lui dice con tutta chiarezza che non
abbiamo a che fare con una figura
mitica che rappresenti simbolicamente l’umanità nuova, bensì con
un uomo ben preciso, Gesù, nato da
quella donna, Miriam.
Gesù è stato, sì, l’uomo nuovo:
quello che nei millenni e fino a ora
gli adami e le eve non sono mai stati: la creatura umana pienamente
conforme al progetto e alla volontà
di Dio, che vive di Dio e con Dio,
che lo prende sul serio, gli crede, si
fida di lui, lo ascolta, gli ubbidisce,
gli si affida, conta su di lui, spera in
lui contro tutto e contro tutti. Ma,
appunto, in questo suo modo di essere l’uomo nuovo, Gesù non ci ha
rappresentato, non è stata l’espressione più alta, il fiore più splendido
della nostra umanità, quel non plus
ultra che noi siamo riusciti ad esprimere e a generare. Gesù non è il nostro uomo, non è cosa nostra, è l’uomo di Dio.
E’ caratteristico lo scambio drammatico di battute, al centro di Gerusalemme, fra Pilato e la folla:
« Ecce homo » dice con una percettibile nota di dileggio il discusso al
to funzionario romano, ecco il tipo
che mi avevate consegnato come pericoloso, guardate com’è ridotto...
La folla urla: « Toglilo di mezzo!
Crocifiggilo! ». Noi non urliamo; ma
non illudiamoci: questo uomo vero,
secondo Dio e non secondo i nostri
criteri, ci disturba e ci turba. Ci è
infinitamente vicino, è davvero uno
di noi, nulla di umano gli è estraneo, eppure lo sentiamo irriducibilmente diverso, proprio nel suo modo
di essere umano, di vivere la sua umanità. E se non avvertiamo questa
diversità irriducibile, proprio quando lo sentiamo più vicino, vuol dire
che, magari segretamente, lo stiamo
snaturando, derubandolo della sua
vera umanità. « E’ stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato », dice l’Epistola agli
Ebrei (4: 15) - dove naturalmente
bisogna intendere il senso forte, globale del termine peccato. Gesù, la
sua vita con Dio non l’ha fallita. Mai,
in nulla. Noi si, radicalmente. Realmente Gesù non è la più alta espressione, il vertice e il culmine dell’umanità — che del resto non si riconosce in lui—; l’intero messaggio
apostolico annuncia proprio il contrario: in quell’uomo ben individuato non è l’umanità che si è elevata
fino a Dio, è Dio che si è abbassato
fino all’uomo, è la sua Parola creatrice che si è fatta « carne », uomo
(Giov. 1: 14).
Non abbiamo un
« profilo di Gesù »
Di quest’uomo, Gesù, non abbiamo né un profilo psicologico né una
biografia vera e propria. Com’era,
Gesù? Dolce, o irruente e fin violento? paziente, o impaziente? vivace
ed estroverso, o pacato e meditativo? ottimista, o pessimista? Negli
evangeli affiorano qua e là certi tratti, non poco contrastanti. Soprattutto, di quest’uomo presentato come
così importante, assolutamente unico, non possiamo neppure dire di
conoscere davvero la biografia. Per
cominciare, non sappiamo nulla della sua formazione, c’è quell’enorme
« buco » per cui ignoriamo praticamente tutto di lui, fin verso i trent’anni: cioè per i 2/3 di un’esistenza calcolata in base alla durata media della vita di allora, e addirittura
per i 9/10 della sua esistenza personale! Uno studioso li ha chiamati
« gli anni oscuri di Gesù », per i quali siamo ridotti a ipotetiche ricostruzioni in base alle ricerche sull’epoca e sui luoghi. Del resto, neppure per i tre anni circa della sua
predicazione pubblica itinerante gli
evangeli ci danno di Gesù una narrazione biografica completa e coerente. Perché?
Il fatto è che a loro non interessa
darci una « vita di Gesù » e neppure
un profilo psicologico di quest’uomo. Ciò che conta, per loro e che
pensano conti pure per noi, non è
aggiungere un medaglione alla galleria dei grandi uomini; ciò che conta è la domanda che la sua persona
ci pone, il modo in cui la sua vita
umana mette in questione la nostra
vita, la offerta della vita e la chia
mata alla vita che Dio ci rivolge e
ci rinnova costantemente in lui, con
un volto, con parole, con gesti urna
ni. Il segreto umano di Gesù, la sua
umanità vera e unica — non solita
ria, però, bensì tutta offerta e appello — non sta nei suoi dati biografico-psicologici, ma nel suo rap
porto con Dio. Forse è questo che
l’apostolo Paolo — lui che sull’uma
nità di Gesù non insisteva mai abbastanza — voleva dire scrivendo ai
cristiani di Corinto: « Se anche abbiamo conosciuto Cristo secondo hi
carne, ora però non lo conosciamc
più così » (2 Cor. 5: 16). Solo nell,
fede ci si può accostare in verità ;i
questa vita umana perfetta nella fede combattuta, sofferta, vittoriose
perfetta in questo rapporto con il
Padre che è nei cieli. Anche il qua: to evangelista — proprio lui che h;:
ridotto all’osso i fatti e i particola: i
della vita pubblica di Gesù di Naz;<
ret, e d’altra parte ha ’situato’ co;
il massimo di individuazione storie ’
la persona di Gesù nel suo ambiente — lo dice chiaro: Se si volesse
scrivere tutto quel che Gesù ha detto e ha fatto, non basterebbero tutti
i libri del mondo! Ma quel che conta ve lo diciamo, qui, la nostra testimonianza essenziale ve l’abbiamo
resa: a voi, ora! Siete voi, ora, a essere interpellati, come lo siamo staf :
noi, dalla persona e dalla vita di quest’uomo: nella sua umanità piena e
vera — come la vede Dio — Dio chiama anche voi, noi tutti a vivere con
lui e di lui (Giov. 20: 30-31; 21: 25).
Un grand’uomo, Gesù?
Sia pure stato un grand’uomo,
Gesù — e senza dubbio lo è stato —,
non è per questo che ne ricordiamo il venire sulla scena della storia , e ne attendiamo il ritorno a
concludere questa nostra storia,
per giudicarla e per ricrearla.
Gesù non ha voluto essere un grand’uomo, ha voluto essere « piccolo ».
Davanti a Dio: non meschino,
o immaturo, ma dipendente, ubbidiente, al suo servizio, in funzione
di lui, e per ciò stesso trasparente
alla sua presenza vivificante nel vivo della nostra realtà umana. Perché mi chiamate grande? — potrebbe dirci, se possiamo parafrasare
una sua parola —. Grande è uno solo, Dio. La grandezza dell’uomo sta
nello stare al proprio posto davanti
a Dio: piccolo, ma vivo della grandezza di Dio. In Gesù questa piccolezza grande è così radicale che in
lui non troviamo soltanto un esempio, ma il fondamento al nostro vivere, non soltanto la via alla vita,
ma la vita stessa.
Sì, davvero la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio. E con lui viene. Vieni, Gesù, Signore!
Gino Conte
7
5 dicembre 1986
obiettilo aperto 7
LEGGI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE E PROBLEMA ALIMENTARE
IL GRANO; UNA GUERRA MONDIALE
Dalle modificazioni della domanda mondiale alle analogie con il caso del petrolio - li problema della solvibilità da
parte degli acquirenti: chi può pagare accumula riserve, ma altri paesi risultano condannati a soffrire la fame
Fra le molte « guerre » in atto sul
nostro pianeta, ed a prescindere da
quelle combattute colle armi, quella per la conquista dei mercati internazionali dei cereali — e del grano in particolare — sta via via assumendo un carattere che si può
senz’altro definire drammatico, anche in relazione alle conseguenze che
essa comporta. Alimento essenziale
per una notevole parte dell’umanità. il grano nutre e forma le società
indoeuropee da parecchi secoli.
Inoltre, l’espansione del modello occidentale di produzione e consumo
alimentari ha raggiunto molte regioni del Terzo Mondo, con la conseguente distruzione di fragili equi
libri locali e di culture tradizionali.
Oggi il grano rappresenta un po’
lo specchio delle tensioni che provocano le crisi mondiali: fame e debiti da una parte, sprechi ed eccedenze dall’altra. Il commercio mondiale, con le sue regole ferree, spietate, non può a sua volta risolvere i
problemi alimentari dei paesi del
Sud e fornire uno sbocco agli agricoltori del Nord. Anche a questo livello — basilare per l’esistenza dell’uomo — si impongono le ’ragioni’
dell’economia e predominano le lotte per l’egemonia delle grandi potenze.
Durante gli ultimi 15 anni, la produzione mondiale di grano è passata
— secondo i dati riportati su 'Le
Monde Diplomatique’ dello scorso
novembre — da 350 milioni di tonnellate a 520 milioni annui. Parallelamente, questa aumentata produzione — accompagnata da un accentuato sfruttamento delle colture
— ha visto un calo di addetti. Di
fronte ad una prospettiva di espansione apparentemente illimitata della domanda mondiale, che in effetti
si è raddoppiata nel decennio 19701980, passando da 50 a 100 milioni
di tonnellate annue, si riscontra ora
una stabilizzazione, un ridimensionamento: nel corso del 1985 infatti
la richiesta si è ridotta a 85 milioni
di tonnellate. La conseguenza è ov
via: i silos debordano e gli stock dei
paesi esportatori (USA, Canada,
CEE, Australia, Argentina, tutti appartenenti al blocco occidentale)
raggiungono ormai gli 80 milioni di
tonnellate, di cui la metà a carico
degli Stati Uniti ed un quarto a carico della Comunità Europea. Di
qui la ’guerra per conquistare —
o mantenere — i mercati.
Il su accennato mensile dedica un
circostanziato servizio a questo problema: basandoci sulle notizie e sui
dati in esso contenuti, puntiamo l’odierno ’obiettivo’ su questa grossa
questione socio-economica (ma anche etica) del nostro tempo.
Un mercato modificato
E jiecessario partire dalla consiclerazione che la domanda
mor,diale cerealicola (e del grane in particolare) si è profondamenie modificata. Da un lato,
folti' decremento di certi grossi ficquirenti tradizionali, come
rindia ed il Pakistan, ormai
giur ri a livello di autosufiìcienza rolle nuove tecniche agricole.
Dal''altro, l’apparire ed il rafforzarsi delle richieste dei nuovi clienti socialisti — Unione
Sovietica e Cina — che sono allo stesso tempo i due prirnl produttori del mondo ed i più grossi importatori.
Ma altri fattori giocano pesantemente nella modifica del mercato: l’insolvenza di un gran
numero di paesi importatori del
Terzo Mondo, la caduta dei redditi da petrolio (ma qui la situazione potrebbe cambiare), le
tensioni regionali e varie situazioni geopolitiche inducono i
grossi esportatori ad utilizzare
l’arma alimentare nelle negoziazioni di accordi bilaterali. Si
pensi ad esempio alla regione
mediterranea (come vedremo
più avanti) diventata campo di
rivalità fra gli Stati Uniti e la
CEE.
A loro volta i clienti ’’buoni”
cercano di trarre tutti i vantaggi da una situazione che è già
favorevole in partenza, puntando sul ribasso dei prezzi ed influenzando di conseguenza il
mercato. Un esempio calzarite
è molto recente: la Comunità
europea ha appena sovvenzionato l’esportazione di un milione
di tonnellate di grano all’URSS.
Questo, come risposta alle inisure adottate dagli Stati Uniti
nello scorso agosto, con le quali
veniva autorizzato un alla,rgamento dei contributi statali alTesportazione di grano verso
quel mercato. Se poi si tiene
presente che una tonnellata di
grano, che costava mediamente
200 dollari nel 1980, oggi si aggira sugli 80 dollari, si comprenderà meglio la gravità della situazione. Come si vede, vi è un
certo parallelismo colla questione del petrolio, colla differenza
però che in quest’ultimo caso,
i prezzi paiono destinati ad una
nuova ascesa.
Alleanze in pericolo
Uno degli aspetti più ’’feroci”
della guerra del grano è dato
dalla demanda dell’URSS e della Cina, cui si è già accennato.
Per quanto riguarda la prima,
che costituisce oggi uno dei
principali sbocchi per esportatori quali l’Argentina, l’Australia ed il Canada, gli Stati Uniti sono stati ’’costretti” ad estendere il programma di sussidi alle esportazioni anche nei suoi
confronti. La Cina invece, che
ossi è il primo importatore di
grano del Terzo Mondo (da 6 a
11 milioni di tonn. annue dal
1981) è un cliente privilegiato di
Australia e Canada. Di fronte
alla possibilità che gli Stati Uniti stiano per adottare le stesse
sovvenzioni anche nei confronti
del mercato cinese, l’Australia
ha già minacciato di mettere in
causa la strategia dell’ANZUS,
l’Alleanza tripartita del Pacifico
(fra Australia, Nuova Zelanda e
US.A.). mentre il Canada ha già
vivamente protestato.
Queste sfrenate concorrenze
’’all’ultimo dollaro” hanno inoltre scatenato le reazioni dei
cosiddetti ’’esportatori leali” che
raggruppano 14 paesi del Terzo
Mondo e sviluppati, i quali hanno condannato nello stesso tempo sia gli USA che l’Europa. A
PRODUZIONE E COMMERCIO DAL 70 all’85
NORD AMERICA: Negli Stati Uniti e in Canada aumento considerevoie fino
ai 1982 (produzione da 60 a 106 milioni di tonnellate; esportazioni da 30 a 67).
Da allora in calo, con aumento delle riserve.
CEE; Dai 42 Mt nel 1970, la produzione supera i 70 a partire dal 1984.
La Francia è il principale fornitore, con più di 30 Mt, ma la Gran Bretagna è in
notevole ascesa e si avvicina ai 15. Nonostante un aumento delle esportazioni
le riserve della CEE si stanno gonfiando con regolarità (21 Mt).
AUSTRALIA: E' riuscita a raddoppiare la produzione e le esportazioni, riducendo nello stesso tempo le riserve a un livello vicino allo zero. Molto presente nella regione che si estende dal Golfo Persico al Giappone.
URSS: Primo produttore, in media, nel periodo considerato, ma con degli
scarti considerevoli, dai 66 Mt del 1975 ai 120 Mt del 1978; è anche principale importatore, con cifre che crescono regolarmente a partire dal 1972
CINA: Diventata primo produttore a livello mondiale, ha quasi triplicato la
propria produzione in questi 15 anni, restando comunque un grande importatore: da 4 a 15 Mt all'anno.
PAESI IN VIA DI SVILUPPO: Le varie situazioni sono molto differenziate.
L'India ha raddoppiato la propria produzione cessando praticamente di importare ma la produzione ristagna in America Latina (ad eccezione deli Argentina)
e in Africa, è lievemente aumentata nel resto dell'Asia. L’importazione, nei
paesi in via di sviluppo, è raddoppiata, passando da 26 a 52 Mt.
L'area mediterranea
questo punto il mensile francese fa un’osservazione degna di
nota: gli Stati Uniti, pur di cercare di non perdere le vendite
nei confronti dell’Est — nemico
ideologico — si alienano i propri alleati. Potenza del denaro!
Ciononostante, mentre negli
scorsi decenni le esportazioni
USA di grano sono arrivate fino
aH’80'’/o del totale, oggi esse non
raggiungono il 15%, concentrato su un piccolo numero di paesi che non assicurano più una
funzione stabilizzatrice dell’offerta, e quindi dei prezzi. Di
conseguenza, l’attuale situazione
delle vendite a condizioni preferenziali non potrà che accentuare la tendenza al ribasso: a
seconda dei paesi destinatari,
il prezzo del grano potrà ancora variare dal 30 al 40%.
Gli Stati Uniti sono senza dubbio i più colpiti: dal 1981 al 1986
i suoi stock di grano sono passati da 26 a 50 milioni di tonnellate, vale a dire più deila
metà degli stock mondiali. Secondo certe stime, di fronte a
queste situazioni, il relativo carico degli aiuti all’agricoltura
quest’anno dovrebbe raggiungere i 35 miliardi di dollari contro
i 4 del 1981.
Uno dei punti caldi della guerra cerealicola è costituito dalla
zona mediterranea, intesa in
senso lato (includendovi la Penisola arabica ed i paesi del
Golfo Persico). Nella stagione
1984-85 quest’area ha importato
25 milioni di tonnellate di grano — un quarto circa del commercio mondiale — di fronte
ad un 15% degli anni '50. Nessun altro gruppo di paesi ha
conosciuto una crescita analoga. Molti sono i fattori che hanno contribuito a questo incremento. Fra i più determinanti,
l’aumentc demografico, difficili
condizioni agro-ecologiche, gestioni burocratiche ed autoritarie del settore agricolo e — fondamentali — gli effetti nefasti
(ai fini agrari) della rapida diffusione delle rendite petrolifere.
Nei paesi del Nord Africa l’autosufficienza cerealicola non raggiunge il 20%, mentre nel Medio Oriente arriva a malapena
al 60%. Globalmente oggi i paesi della ’’facciata nord” — dal
Portogallo alla Turchia — sono deficitari per il 10%; quelli
della fascia sud — dal Marocco alla Siria — per il 60%; la
Penisola ed il Golfo arabi per
il 30%. Da notare che nella fascia del nord il deficit è rappresentato dall’Italia e dal Portogallo, mentre, ad esempio, la
Francia è fortemente in eccedenza di produzione e di stoccaggio. , ,
Particolare la situazione dell’Egitto. Nel periodo fra il 1968
ed il 1973 esso aveva dovuto subire l’embargo americano sui
cereali. Sia la CEE che l’Australia erano riuscite ad entrare
nella breccia apertasi, ma successivamente gli Stati Uniti
hanno di nuovo conquistat9
quel mercato con una serie di
misure a carattere preferenziale.
Per quanto riguarda Iran e
Iraq, sia la CEE che gli USA
esportano a livelli bassissimi o
nulli. Quei governi preferiscono
fornitori più ’’neutrali” come
Australia, Argentina e Canada.
Ma il grosso della battaglia
nel Mediterraneo è fra gli Stati
Uniti e l’Europa, che vendono
anche sottocosto, a condizione
che gli acquirenti siano solvibili. Quelli che non possono pagare continuano ad essere condannati a soffrire la fame, mentre i silos occidentali traboccano.
Il caso URSS
L’URSS — come abbiamo già
accennato — è uno dei più grossi importatori di grano: i suoi
acquisti per il corrente anno
sono stimati in 16 milioni di tonnellate, quasi il 20% delle vendite mondiali. Gli esportatori
fanno a gara per servirla e questo cliente — consumatore mas
siccio e solvibile — sa ovviamente trarre il miglior profitto
dalla situazione. E’ vero che il
programma cerealicolo di Gorbaciov tende a « coprire totalmente nel più breve tempo possibile le necessità interne » ma
è evidente che la cosa richiederà ancora del tempo. Uno degli
ostacoli è dato dalla contestazione — sia da parte di scienziati che di ecologisti — dei
programmi che mirano a deviare a scopo irriguo parte delle
acque dei fiumi siberiani verso
le regioni centrali. Il deficit sovietico si è fortemente incrementato a causa del notevole aumento dei consumi cerealicoli animali. Un altro aspetto deficitario è dato dalle variazioni climatiche, per cui il regime di
importazioni si renderà ancora
necessario per diversi anni.
Proprio a causa delle sue
massicce compere, l’Unione Sovietica si rivela contemporaneamente un cliente importante ed
incerto. I suoi acquisti sono attualmente concentrati sul Canada. La decisione del presidente americano Reagan, assunta
il 4 agosto scorso, di sovvenzionare il prezzo di vendita del
grano allTIRSS di 13 dollari alla tonnellata non ha dato i risultati sperati. Gli Stati Uniti
scontano ancora oggi — in questo settore — l’embargo che era
stato decretato nei confronti di
quella nazione dal presidente
Carter nel 1980. Per contro, la
Unione Sovietica si avvale dell’energia come di una grossa
moneta di scambio con l’Europa, che è il suo primo cliente
in fatto di idrocarburi.
« « «
Queste, alcune delle situazioni
caratterizzanti un vitale settore
mondiale che nel giro di qualche anno ha subito profonde
modifiche. Dopo una crescita
disordinata e anni di euforia, all’insegna del facile profitto, le
cose sono cambiate. I problemi
si stanno facendo sempre più
seri anche per i paesi produttori. Ma ciò non toglie che, mentre da un lato vi sono preoccupanti problemi di eccedenza,
dall’altra si continui a morire
di fame.
La Conferenza Mondiale dell’alimentazione di Ottawa (Canada) del 1982 aveva indicato
che l’agricoltura mondiale potrebbe nutrire senza problemi
12 miliardi di esseri umani, e
cioè il doppio degli attuali abitanti. Il fatto è che un quarto
del nostro pianeta vive nella
prosperità ed i tre quarti nella
povertà a causa dell’ingiusto
ordine mondiale. Chi crea questo ’’ordine”? Tutti i paesi ricchi, che esercitano una funzione di monopolio in numerosi
settori chiave dell’economia
mondiale, dalla finanza all’industria, dal commercio ai trasporti. Un ’’ordine” che, pur correndo i suoi rischi come nel caso
in oggetto, mira sempre più a
potenziare e ad arricchire le
proprie strutture portanti, a scapito di tanta parte deH’umanità.
Pagina a cura di
Roberto Peyrot
8
8 vita delle chiese
5 dicembre 1986
ASSEMBLEA DEL X CIRCUITO
Quale formazione
per i giovani?
BICENTENARIO A TRIESTE
Oltre cinquanta persone, rappresentanti di Consigli di chiesa
e di opere settoriali, si sono riunite a Pisa, domenica 9 novembre, per l’Assemblea del X Circuito delle Chiese Metodiste e
Valdesi. Il culto, assieme alla
Comunità locale, è stato presieduto dal past. A. Sonelli, perché il past. Carmen Trobia era
ammalata. Il testo della predicazione è stato Luca 16: 1-8 (parabola del fattore infedele).
Un ampio scambio di esperienze e di idee sulla vita delle Chiese è stato al centro della riunione. Particolare attenzione è stata data al problema dei giovanissimi (Scuole Domenicali Catechismi) dei quali la PGEI
Toscana intende interessarsi.
E’ stata rilevata l’importanza
di una formazione solida, affinché i ragazzi abbiano idee chiare
sul significato dell’essere protestanti in Italia oggi.
Oggetto di riflessione è stata
anche la grave situazione di disagio creata nelle scuole e nelle famiglie dalla infelice applicazione dell’Intesa Falcucci-Poletti non solo in campo evangelico, ma negli stessi ambienti
cattolici più sensibili agli autentici problemi della testimonianza cristiana.
Graditissima la partecipazione del pastore avventista di Pisa. Per le Chiese Battiate della
Toscana erano presenti il past.
Giacomo Pistone di -Pistoia e
Mario Marziale di Firenze: essi
hanno garantito la volontà delle loro Chiese di stabilire rapporti sempre più vivi e operativi con le nostre Chiese, rapporti già in atto. Il past. M. Marziale ha comunicato all’Assemblea la decisione della Chiesa
Battista di Firenze di accogliere
come membri effettivi anche sorelle e fratelli credenti neU’Evangelo, provenienti da altre
Chiese.
Duecento anni
di presenza riformata
CORRISPONDENZE
studi biblici
SANREMO — Durante il mese di ottobre le chiese del Ponente ligure hanno ripreso la
loro attività. Sono iniziate le
riimioni di studio biblico, che
quest’anno riguarda i Profeti.
Recentemente, la comunità di
Sanremo ha ricevuto la visita
gradita di alcuni membri della
CEVAA: il pastore J. Matthey
del Dipartimento Missionario
della Chiesa di Ginevra, il pastore J. Andriamanpeta della
Chiesa di Gesù Cristo del Madagascar e Hervé Dennemont, predicatore locale della Chiesa Presbiteriana dell’Isola Mauritius.
I suddetti hanno recato un messaggio durante il culto del mattino e hanno poi partecipato ad
un’agape fraterna. Inoltre hanno brevemente illustrato il lavoro dell’opera missionaria evangelica nei rispettivi paesi.
Cura della comunità
IMPERIA — Il 23 ottobre la
comunità di Imperia ha ricevuto la visita del Presidente della
Commissione Esecutiva Distrettuale, pastore Renato Di Lorenzo di Vercelli e di una rappresentante di essa, Anna Maria
Grimaldi di Milano. E’ stato
esaminato il problema della cura pastorale della comunità, viste le attuali incombenze che
gravano sul pastore Peyrot, responsabile anche delle chiese di
Bordighera, Sanremo e Alassio.
Per la coscienza
della pace
OMEGNA — Avrà luogo una
serie di tre incontri pubblici interconfessionali organizzati dalle chiese cattoliche della zona
e dalla nostra chiesa locale sul
tema generale: « Non per la pace della coscienza, ma per la
coscienza della pace ». Il primo
incontro si terrà mercoledì 10
dicembre ore 20.45 nel Cinema
Oratorio di Omegna, dove parlerà A. Zanotelli, direttore della
■ Hanno collaborato a questo
numero: Maria Luisa Barberis, Archimede Bertolino, Marie-France Coïsson, Ivana Costabel, Graziella Fornerone,
Vera Long, Paola Martinelli,
Anna Marnilo, Paola Montalbano. Paolo Ribet, Bruno Rostagno, Elena Vigliano.
rivista « Nigrizia », sul tema:
« Un mondo diviso in due: Nord
e Sud ». Nei prossimi mesi seguiranno gli altri due incontri:
« Una testimonianza dal Terzo
Mondo (Sud) » e « Cosa possiamo fare noi (Nord) ».
Il 2 ottobre 1786, « con numeroso concorso di tutte le Religioni ed' in presenza dell’Eccelso
Governo e dei Dicasteri della
Città che lì furono invitati » la
Basilica di S. Silvestro in Trieste veniva solennemente consacrata ed aperta al culto evangelico. La Comunità Evangelica
di confessione Elvetica aveva
Analmente il suo tempio.
Come nota sul quotidiano locale « Il Piccolo » lo storico prof.
Salimbeni: « L’ottobre 1786... segna una data notevole nella sto
ria religiosa e civile triestina,
che vede definitivamente spazzati via gli angusti ed antiquati
argini nei quali sino allora essa
era fluita, dopo che la Controriforma cattolica di metà Cinquecento aveva praticamente liquidato gli aneliti di riforma evangelica che pure v’erano stati in
loco ».
I duecento anni che sono seguiti, raccontano la storia di
una Comunità che si è distinta
nella città non solo per la fedeltà della predicazione ma an
DALLA CIRCOLARE DELLA TAVOLA VALDESE
Appello finanziario e rinnovamento dei culto
■ ■
I membri della Tavola Valdese: (da sinistra) Oriana Bert, Gian Paolo Ricco, Gianni Rostan (Vice-Moderatore), Franco Giampiccoli (Moderatore), Giulio Vicentini; Valdo Benecchi, Bruno Bellion.
o
I tto pagine, due grandi tenti (le finanze all'interno
della chiesa e il culto), alcune preziose informazioni di ’calendario’ ecclesiastico sono i dati dell'ultima circolare della Tavola Valdese firmata dal Moderatore Franco Giampiccoli e inviata direttamente (per la prima volta come supplemento all'Eco/Luce) a: pastori, anziani
evangelisti, anziani e diaconi,
predicatori locali, professori e
direttori di Istituti e di Opere,
ai membri delle commissioni sinodali, distrettuali, ai sovrintendenti di Circuito, ai membri di
tutte le commissioni nominate
dalla Tavola Valdese. Un migliaio di persone impegnate nel
lavoro ecclesiastico.
Sulla questione delle finanze
uno dei 'passaggi' più significa
tivi afferma: « E’ necessario cambiare mentalità. Della solidarietà dei nostri fratelli all’estero
non potremo probabilmente mai
fare a meno. Ma un conto è se
questa solidarietà ci sostiene per
scopi particolari, per nuove iniziative, per opere che hanno dimensione europea. Altro è se noi
ci adagiamo su una crescente
dipendenza per la vita stessa
delle nostre chiese (la Commissione d’esame ci ha avvertito lo
scorso Sinodo che questa dipendenza negli ultimi anni è costantemente cresciuta). Bisogna tornare a prefiggerci la meta di una
copertura da parte delle chiese
alle spese per il persoi-tale ». La
circolare continua proponendo
all’attenzione dei Consigli di
Chiesa alcuni punti di riflessione e di azione. Per l'immediato,
segnaliamo l'appello rivolto alle chiese a compiere, prima di
Natale, uno sforzo finanziario significativo.
Sul tema del culto la circolare
pubblica una lettera di un membro di chiesa che compiendo una
'cruda radiografia di un cultotipo nelle nostre chiese’ offre la
possibilità di avviare una riflessione critica e propositiva sul
rinnovamento del culto. E’ necessario — conclude Giampiccoli — che la preparazione del culto non si riduca soltanto alla
preparazione della predicazione
ma di ogni parte del culto « possibilmente con la collaborazione
e partecipazione di un gruppo
di fratelli e sorelle, con lo scopo
di non spegnere lo Spirito ma
al contrario di permettere che
il culto in ogni sua parte e nel
complesso, sia ciò che ha da essere: gioia, condivisione e nutrimento spirituale ». G. P.
che per l’etica rigorosamente
protestante dei suoi membri e
per il concreto spirito di impe
gno nel sociale manifestatosi
nella fondazione e direzione, insieme coi fratelli luterani, di
scuole evangeliche (con punte
di 400 scolari di religioni diverse) e nella Fondazione istituita
dalla Baronessa Rittmeyer in
favore dei ciechi poveri di Trieste. L’Istituto Rittmeyer rimane ancor oggi una delle istitu
zioni più prestigiose della no
stra città anche in campo euro
peo, mentre le scuole sono state
chiuse dopo l’annessione di Trieste all’Italia, con l’entrata in fun
zione del nuovo ordinamento
scolastico statale.
« Unione e Forza », circolare
delle Comunità Elvetica e Valdese, così si esprime nel numero
dedicato al Bicentenario: «Vogliamo celebrare questo centenario per non dimenticare la
nostra storia, per memorizzarla
e rileggerla oggi alla luce del
presente, e con gioia e riconoscenza poter lasciare un segno
alle generazioni future dicendc;
come Samuele: ’’Fin qui il Signo
re mi ha aiutato” ».
In questo spirito, il più antico
tempio di Trieste cristiana, ir.
cui si riunisce anche la Comr
nità Valdese unita a quella E'
vetica da una convenzione, si
apre a tutti coloro che cercar;il senso della loro esistenza i;;
Gesù Cristo.
Le celebrazioni del Bicenrt
nario hanno voluto essere non
solo gioiosa commemorazioirc
del passato ma anche un sign;
flcativo gesto di apertura verso
la città di Trieste, la sua popo
lazione. Esse si sono articolato
in quattro momenti che hanno
richiamato un numeroso pur
blico. Li ricordiamo.
La conferenza del prof. Decio
Gioseffl, direttore dell’Istituto
di Storia dell’arte medioevale e
moderna dell’Università di Trieste su tema: « La Basilica di S.
Silvestro nella storia dell’arte a
Trieste »; la conferenza del pref.
Jean Gönnet, ben noto ai nostri
lettori, sull’argomento: « 200 anni di testimonianza evangelica
della Comunità Elvetica a Trieste »; un riuscito concerto eseguito dalla Corale Valdese di
Torre Pellice ed infine il culto
solenne con la partecipazione
delle autorità civili e religiose.
Il culto è stato presieduto dal
past. F. Scopacasa delegato dal
Kirchenrat dei Grigioni e dal
past. Fanlo y Cortes, quale pastore della Comunità Elvetica.
La predicazione è stata tenuta
dalTavv. Paolo De Petris, predicatore locale valdese di Milano.
La Tavola Valdese era rappresentata dal fratello G. Paolo
Ricco. Tra gli invitati abbiamo
salutato con particolare gioia il
prof. Giorgio Girardet che fu per
lunghi anni pastore a Trieste e
la gentile consorte; la prof. Oriana Bert che ha portato Taffettuoso saluto della madre signora
Delia, vedova del pastore Umberto Bert che è ancora ricordato a Trieste per la attività
pastorale ed in campo ecumenico.
Ora, passata la comprensibile
tensione nervosa, la bella Basilica romanica dedicata al Cristo
Salvatore, ha ripreso il suo volto abituale. Spente le luci della
TV e l’eco dei discorsi e dei canti, essa è ritornata per tutti noi
ad essere un segno della Grazia,
una voce di speranza, simbolo
di impegno ad una sempre presente, vigile e viva testimonianza nel contesto civile, sociale e
religioso triestino, a quel Padre
celeste che « è stato per noi
un rifugio di età in età ». .
Mario Macchioro
9
5 dicembre 1986
^ta dellexhiese 9
CONVEGNO FFEVM DEL 1® DISTRETTO
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
"Venite e rallegratevi” Culto dei catecumeni
Un convegno femminile per un
corso di animazione biblica, un
modo di rompere le barriere e
godere insieme nella gioia di aumentare la conoscenza biblica,
nella gioia della preghiera, del
canto, della musica, della comunione fraterna, nella condivisione dei doni, un modo di crescere
insieme nello spirito di servizio,
un mudo di essere ancora insieme quando ci separiamo, perchè
ad unirci è Colui che rompe le
barriere.
Un cv)rso svoltosi a fine settimana (22-23 nov.). Riassumiamo
i verbali di tre partecipanti.
Calendario
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi dslie vaili. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro !e ore 9 del lunedì
precedents la data di pubblicazione
del giornale
Ciovedì 4 dicembre
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORBE PELLICE — Nell’ambito degli studi su La pace nella Bibbia, giovedì 4 dicembre, alle ore 20.45 presso il Coilegio Valdese 11 rabbino Artom di Torino parla su Lo ’’Shalom”
rteH'Ebraismo. Tutti sono cordialmente
invitati.
Sabato 6 dicembre
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — La prossima assemblea del movimento TEV si tiene
sabato 8 dicembre alle ore 14.30 nel
locale di via Mazzini.
Domenica 7 dicembre
□ BAZAR
TORRE PELLICE — Domenica 7 dicembre si tiene, presso la Foresteria,
il Bazar delle Missioni organizzato
dalle società missionarie di Torre
Pellice in favore della CEVAA. Tutti
sono invitati. Inizio alle ore 14.30.
□ CONVEGNO DEI
CATECUMENI
LUSERNA S. GIOVANNI — Domenica 7 dicembre si tiene l’incontro
dei catecumeni di 1° e 2° anno del
1° circuito. L’incontro inizia con il
culto alle 10 e prosegue fino alle 16
nel Tempio.
Sabato. Una sessantina di sorelle riunite a Torre Pellice ha
affrontato, sotto la guida del pastore Susanne Labsoh, la problematica della parabola del
« IGran Convito ». Il parallelo tra
il racconto di Matteo e Luca, il
confronto tra quelle che erano
le realtà dell'ospitalità al tempo
di Gesù e quelle dei giorni nostri, la ricerca di chi sono « i
poveri, gli storpi, i ciebhi e gli
zoppi » del giorno d’oggi, hanno
avuto, come naturale conseguenza, la preparazione di una
cena comunitaria che si è conclusa con la distribuzione del
« pane e del vino ».
Domenica. La giornata ha inizio nel Tempio con un culto di
Santa Cena preparato e condotto da sorelle delle nostre imioni. « Nuova » la predicazione a
tre voci tenuta dai pastori Erika
Tomassone, Lucilla Peyrot e Susanne Labsch sulla figura di
Raab (Giosuè 2: 1-23), úna delle
quattro donne che compaiono
nella genealogia di Gesù. Raab,
una donna che investita dalla
grazia e dalla salvezza di Dio,
diventa portatrice di un messaggio e stimolo per ciascuna di noi
e ci fa così comprendere che
oggi, come allora, il Signore si
serve di noi così come siamo.
Sul finire della mattinata Bruna Peyrot ha fatto rivivere l’esperienza e la ricchezza di pen
siero di Gabriella Tourn Boncoeur, una rorenga vissuta a cavallo del secolo e ohe ha dato
una testimonianza di donna che
ha saputo vivere la sua fede e
la sua sete di cultura in un tempo in cui questa non era aperta
alle donne.
Il pastore Erika Tomassone
ha introdotto la riflessione sul
cap. 3 delTepistola ai Calati con
particolare attenzione al versetto 28.
Se neirantichità la suddivisione in categorie e strati sociali
era molto forte, qui Paolo insiste nel dire che nella chiesa non
deve essere così in quanto il Signore non riconosce queste diversità perché siamo tutti ugualmente figli di Dio in Gesù Cristo.
Molti gli spazi dedicati ai canti, alla musica éd ai nuovi modi
di avvicinarsi ad essa. Per noi
credenti di oggi, nuove e ritrovate forme di ringraziamento e
di preghiera al Signore: « ...lodatelo col timpano e le danze, ...lodatelo con cembali risonanti...
ogni cosa che respira lodi l’Eterno. Alleluia » ( Salmo 150).
Un modo di rompere le barriere, un modo di crescere insieme, un modo di sentirci unite
in Cristo.
Questo abbiamo sentito, capito e sperimentato.
IN RICORDO DEL 1686
Il prezzo della libertà
S. GERMANO — Domenica
30 novembre, nel quadro della
Domenica del Predicatore locale, il culto è stato tenuto dai catecumeni del IV anno. La meditazione, preparata in gruppo
dai ragazzi, è stata centrata sul
tema degli idoli, quelle realtà
che tendono a prendere nella
nostra vita lo spazio che dovrebbe essere dedicato a Dio
solo. Gli idoli sono tanti, hanno detto i catecumeni, ma hanno in comune un dato: il senso
di vuoto che lasciano nell’uomo
quando hanno esaurito la loro
carica di seduzione. Per tutti
coloro che erano presenti, questo culto ha rappresentato un
momento importante di fresca
vivacità.
• In questi ultimi tempi ci
siamo raccolti due volte attorno a dei fratelli e delle sorelle
in lutto: è dapprima mancata
Giulia Martinat ved. Long, di 81
anni, e, più recentemente, è mancato Giovanni Zaninetti, di 78
anni. Alle famiglie noi vogliamo
rinnovare da queste colonne la
nostra simpatia, nell’attesa delTadempimento delle promesse
del Signore.
• Ricordiamo che domenica
7 dicembre si terrà, con inizio
alle ore 10, l’Assemblea di Chiesa. All’ordine del giorno avremo la discussione del preventivo di spesa per il 1987: una decisione importante ed impegnativa per ogni membro di chiesa.
• Segnaliamo le riunioni
quartierali del mese di dicembre: mercoledì 3, Garossini; giovedì 4, Chiatarandi; venerdì 5,
Costabella ; mercoledì 10, Baimas; giovedì 11, Villa; mercoledì 17, Gondini; giovedì 18, Gianassoni.
TORINO — « Primavera del
1686: le quindicimila persone
che abitano le Valli Valdesi del
Piemonte, vengono attaccate dalle soldataglie franco-sabaude...
duemila morti, qualche migliaio di sopravvissuti grazie alla
abiura forzata, n’ovemila avviati
nelle carceri piemontesi. Importanti momenti storici di una
minoranza che la maggioranza
degli italiani ignora». Così era
presentata nel volantino, la manifestazione che ha avuto luogo nel Tempio Valdese di Torino, domenica 23 novembre. Il
ricordo dei tragici fatti del 1686
è stato rievocato con letture di
testi deU’epOcà e illustrato con
canti tratti dal patrimonio popolare e storico valdese, da parte della Corale di Angrogna. Un
messaggio del past. Platone ha
sottolineato la attuale responsabilità dì una chiesa di minoranza che, ieri come oggi, persegue
una vocazione di coerenza e fedeltà alla Parola del Signore,
malgrado difficoltà e opposizioni.
« Il prezzo della libertà » era
il titolo della manifestazione accolta con vivo apprezzamento
dal numeroso pubblico.
Ringraziamo la Corale di Angrcgna, che ha ancora confermato il buon livello artistico e
espressivo che le conosciamo,
il suo direttore J.L. Sappé e il
past. Platone per il loro contributo alla positiva riuscita di
una manifestazione che ha anche voluto essere un atto dì testimonianza nella nostra città.
Funerali
PRAROSTINO — Nel mese di
novembre si sono svolti i funerali di Adriana Bourne in Ceschin
di 53 anni, da lungo tempo residente in Canada; di Carlo Soulier di Pralarossa, 87 anni e dì
Eraldo Rivoiro della borgata
Romana, di 79 anni.
La comunità esprime la sua
fraterna solidarietà alle famiglie in lutto.
Culto d’insediamento
ANGROGNA — Domenica 7
dicembre nel Tempio del Capoluogo (10.30), si terrà il culto
d’insediamento dell’anziano Sappé, con Santa Cena. Sabato 6 a
Pradeltorno (ore 20) il culto sa
rà presieduto dalTUnione Femminile che avrà la sua prossima
riunione domenica 14 al Serre
alle 14.30. Nelle riunioni quartierali di dicembre si presentano alcune ipotesi di gestione
delle nostre strutture ricettive
in vista di una prossima assemblea che sarà chiamata a decidere su questo punto.
Studio dei profeti
VILLAR PEROSA — E’ terminato il primo ciclo di incontri biblici, sui profeti Amos e
Osea. E’ stata una delle attività
meglio riuscite, anche se il tempo limitato (l’impegno era di
terminare sempre entro le ore
22) non ha permesso di sviluppare la discussione come avrebbe meritato. Ma lo scopo era di
conoscere meglio due testi importanti dell’Antico Testamento,
e questo scopo è stato raggiunto. I problemi posti dai testi
profetici continueranno a stimolarci.
• Riunioni quartierali : giovedì 4.12, Fleccia (in casa dell’anziano Guido Ghigo); martedì 9.12, ’Tupini (presso Ettore
Ghigo); giovedì 11.12, Grange
(presso Aldo Chambon); martedì 16.12, Dubbione (presso famiglia Vinçon); giovedì 18.12,
Chenevières.
Le riunioni inizieranno alle
ore 20.30.
Nuove nomine
PRAMOLLO — Domenica 7
dicembre, durante il culto, si
terrà un’assemblea di chiesa per
l’elezione di nuovi anziani e per
la nomina del nuovo cassiere.
E’ quindi importante essere presenti e anche essere disponibili.
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PINEROLO — Lunedì 8 dicembre, alle ore 14.30, avrà luogo l’annuale bazar organizzato
dall’Unione femminile. Il ricavato sarà, quest’anno, destinato
alla ristrutturazione dell’ospedale di Torre Pellice.
Un invito caloroso è rivolto
a tutti.
Predicatori locali
SAN SECONDO — Il culto di
domenica 23 novembre è stato
presieduto dai nostri predicatori locali: Peggy Bertolino e Roberto Vicino. Li ringraziamo ancora per il loro messaggio accolto con gioia dalla comunità.
• Il culto della prima domenica ¿’Avvento è stato allietato
dalla presenza del coro che ha
cantato il Salmo 138 (di Goudimel - Bourgeois) e la benedizione di Numeri 6 : 24-26 (di Lutkin).
• Per due volte nel mese di
novembre — dopo aver annunziato ^vangelo della risurrezione a familiari ed amici — ci siamo recati al cimitero di S. Secondo per il seppellimento di
Fanny Griglio ved. Grazzini e
Paolo Paschetto.
H Signore consoli chi è nell’affiizione.
PALESTRA
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GINNASTICA
A CORPO LIBERO
V. J. Cardon, 8 - Torre Pellice
10
10 cronaca delk Valli
1
5 dicembre 1986
Sig
norsi
« Da noi c'è il sole; ma venga
pure; io non ci sono, m’ero tenuto libero il mercoledì ».
« Fa lo stesso, solo per gli esterni ».
Ma resto con la bocca un po'
amara. Non tanto per le diapositive rimaste nel cassetto, non
tanto per le povere comparse reclutate all'ultimo momento, inconsapevoli piccoli cirenei per le
esigenze delle piccole croci televisive, non tanto perchè i residenti di Agape hanno mangiato
le loro uova fredde per esigenze
di spettacolo.
E' una tirannia cui ci si abitua
a poco a poco. E alla prossima
telefonata, di un’altra persona
gentile, e, presumibilmente, importante, è facile che torneremo
a rispondere, senza neppure accorgercene, « signorsì! ».
UN SERVIZIO SEMPRE MENO EFFICIENTE
Per discutere di questi problemi, e soprattutto per confrontarsi con amministratori locali
Chi vuol far
morire il treno?
Un giorno telefona una persona cortese e, presumibilmente,
importante. Lavora in una televisione, non importa se privata
o nazionale, cambia solo lo stile, l’approccio. Ha scoperto i vaidesi. Si potrebbe fare un servizio. In una, in due, in tre puntate. Ha già parlato con la Società di Studi Valdesi. Ha già una
scaletta. Può venire mercoledì,
non il prossimo, quello dopo?
Ci si accorda, si cancellano gli
impegni per quel mercoledì, e si
aspetta. Qualche giorno dopo
arriva una seconda telefonata. « Un suo collega ha delle belle diapositive del Nord
America, dice che lei ne ha di
belle del Sud America, ce ne potrebbe mettere alcune a disposizione? ».
Non c’è ancora chiarezza per
il futuro della linea ferroviaria
Pinerolo-Torre Pellice; dopo i
pesanti dubbi sull’orario entrato in vigore alla fine di settembre, e dopo un primo incontro
incoraggiante con il segretario
della direzione compartimentale
torinese, il Comitato di difesa
del servizio ferroviario si è trovato di fronte alla costituzione
di un comitato permanente per
l’adeguamento del servizio ferroviario alle esigenze dell’utenza:
ne fanno parte l’assessore regionale ai trasporti, la direzione
compartimentale di Torino e le
organizzazioni sindacali. L’orga
TORRE PELLICE
Ci si accorda, si va a cercare
negli scatoloni, si ripescano alcune diapositive un po' invecchiate ma ancora utilizzabili.
Lavori pubblici
Arriva, sette od otto giorni dopo, un’altra telefonata. « Senta,
veniamo già martedì, tanto per
fare gli esterni, se no poi viene
la neve; qui c’è nebbia ».
Poi arrivano. S’arrabbiano perché, a metà ottobre. Agape è semideserta. Acchiappano una signora di passaggio, la obbligano
a fare la comparsa. Che cosa faranno in un posto come questo?
Leggeranno pure la Bibbia, no?
E allora si prende il primo librone nero che si trova (per la
cronaca è una Bibbia, ma è in
tedesco), si chiede alla signora
di fare finta di leggere. Prima
ripresa « di esterno ». Poi si chiede ad un altro povero tapino di
fare due o tre volte il cammino
sui prati, tra il campanile e il
salone. Seconda ripresa di esterno. Poi, spiacenti che non sia in
funzione il salone centrale, si
filma anche la padella con le uova al burro, per favore lo rifaccia, così la scena viene meglio.
Terza ripresa di esterno.
Io non dubito che quanti avranno l’occasione di vedere questo servizio sui valdesi lo troveranno ben fatto, documentato,
simpatetico verso di noi, e tutti
gli altri giudizi positivi che volete. Non dubito della capacità
professionale dei tecnici.
Lunghissima seduta del Consiglio Comunale quella di venerdì 28.11.86 che in apertura ha visto una discussione sulle variazioni al bilancio preventivo 1986.
Infatti non sono giunte in tempo utile le risposte circa le aperture di mutui richiesti dalla Amministrazione, relative a diversi
lavori pubblici, dal potenziamento delle fognature, a lavori vari
su sedi stradali, a quelli previsti sul campo sportivo di Viale
Dante. Le pratiche quindi si ritroveranno nel bilancio ’87.
Sempre per quanto riguarda
i lavori pubblici l’Amministrazione ha deliberato di chiedere
una apertura di credito di mezzo miliardo al Credito Sportivo
per l’adeguamento degli impianti della pista di pattinaggio alle
normative vigenti. Con detto importo, oltre al rifacimento degli
impianti termici che verranno
unificati, si provvederà al rifacimento dell’impianto elettrico,
alla sistemazione delle tribune
adeguandole alle norme antinfortunistiche ed a quelle di prevenzione incendio. L'intero complesso di opere è visto comunque tenendo conto che in futuro si provvederà alla copertura
di tutta l’intera pista.
Rimanendo sempre nella zona
di via Filatoio, l’Amministrazione ha poi deciso di vendere la
vecchia centralina elettrica per
l’importo di 60 milioni e di concedere all’acquirente l’uso del
canale di alimentazione per 30
anni.
Ma perché per rendere verosimile la nostra identità dobbiamo farla manipolare dagli altri;
perché per sembrare veri dobbiamo « ascoltare il regista », che
ci mette in bocca discorsi non
nostri e ci fa fare gesti non nostri.
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e gli assessori provinciale e regionale ai trasporti, il Comitato
di difesa del servizio ferroviario
convoca una pubblica assemblea,
che si terrà martedì 9 dicembre
presso la Foresteria valdese di
Torre Pellice.
Alberto Corsani
nismo in questione dovrebbe essere finalizzato soprattutto alla
organizzazione della « Conferenza orari ».
I problemi che si affacciano
all’orizzonte sono però l'elativi
alla bozza del prossimo orario
estivo, come risulta dalla proposta dell’Ente ferrovie dello Stato. Appare infatti ancora più
marcata la tendenza a determinare orari poco incoraggianti
per il pubblico. In particolare:
mancando il treno in partenza
da Torre Pellice alle 5.38, e perdurando la necessità di trasbordo per gli utenti di quello delle
6.17, le ore in cui, giornalmente.
Ancora sul fronte dei lavori
pubblici è stata individuata una
nuova area di proprietà comunale da destinarsi ad interventi
di edilizia convenzionata, sempre nella zona di San Ciò. E’
stata ancora approvata la stipula di una convenzione con la
Provincia di Torino che in Località Bertenga preparerà un campo polivalente per attività sportive; a carico della Provincia sono pure previste le opere di arginatura del torrente Pellice.
Sul fronte della difesa delTambiente è stata accettata la
proposta della raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani.
Verranno quindi installate 5 campane per la raccolta del vetro,
mentre per quanto riguarda i
materiali ferrosi la popolazione
verrà invitata a depositarli nei
contenitori che già ora sono in
funzione.
E’ stata invece rimandata per
ulteriori approfondimenti richiesti dalla minoranza la decisione
di acquistare attrezzature per il
cinema Trento in grado di trasferire sul grande schermo programmi televisivi di grande interesse, come ad es. manifestazioni sportive ed altro.
A. L.
circolano treni sono ridotte a
15. Ma le incongruenze sono anche relative alle sfasature di alcuni orari: un treno in partenza
alle 8.14 arriva a Pinerplo alle
8.36, ma la coincidenza per Torino è già partita da 26 minuti:
né studenti né pendolari potranno avere vantaggi da questa corsa. Rimangono anche le soste a
Pinerolo per i treni in partenza
alle 9.15, e nel tardo pomeriggio:
dai 16 ai 36 minuti di attesa; e
non si può fare a meno di pensare che i possibili fruitori saranno pochi e scoraggiati.
Da parte del Comitato si lamenta anche, in un comunicato
successivo alla riunione del 20
novembre, « l’estrema rigidità
deH’orario dovuta all’eliminazione degli incroci nella stazione di
Bricherasio, rigidità che produce (...) la crisi di numerosi treni
anche per il minimo ritardo di
uno solo ».
Ancora una volta, da parte di
chi intende difendere il servizio
ferroviario, si deve riaffermare
che il risparmio ottenuto con
questi provvedimenti riduce di
fatto l’eiRcienza del servizio. Non
sono stati adottati a tutt’oggi i
provvedimenti ipotizzati relativamente agli investimenti migliorativi: nulla si sa ancora sull’eventualità di automatizzare i
passaggi a livello, né dell’eventuale realizzazione della stazione passante a Pinerolo.
I provvedimenti fin qui adottati, senza aver migliorato il servizio, danno l’impressione di
preludere ad una lenta e naturale agonia della linea. Non si
vorrebbe che, giorno dopo giorno, la sfiducia dei viaggiatori
giustificasse un provvedimento
di chiusura, il quale, a quel punto sarebbe probabilmente definitivo e irrevocabile.
Denunciato il
degrado di Pragelato
La sezione pinerolese del
WWF, la Pro Natura Torino e
la Commissione Tutela Ambiente montano per il Piemonte e la
Valle d’Aosta del CAI hanno
presentato un esposto al sindaco di Pragelato, al pretore di
Perosa, al Procuratore della Repubblica di Pinerolo e al Ministro per i beni ambientali, in riferimento ad alcune opere edilizie avviate ultimamente, con
parere favorevole della commissione edilizia del comune di Pragelato. Le costruzioni, destinate
ad uso alberghiero ed abitativo,
violerebbero, secondo i firmatari dell’esposto, la legge 431 dell’8/8/’85: risulta infatti che non
siano rispettate le distanze degli scavi dal corso d’acqua put3blico (Rio Camberrant), e le
costruzioni stesse, almeno in
parte, sono localizzate al di sopra dei 1.600 metri di altitudine. Inoltre, e questo costituirebbe una violazione al DPR 915/82,
il materiale di risulta, prodotto
dagli scavi, è stato scaricato
lungo le sponde del torrente
Chisone, il che è stato verificalo
anche per altri scavi (progetto
Pattemouche 2000). A completare le irregolarità per il primo
lotto di opere cui fa riferimento
il documento delle organizzazio
ni ambientaliste, sta il fatto che
mancano, sui luoghi dei lavori,
i cartelli sui quali, per legge,
devono essere riportati il numero della concessione e i nomi di
progettisti, direttore dei lavori
e impresa costruttrice.
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cronaca delle Valli 11
5 dicembre 1986
SEMINARIO DELLA SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
Verso un nuovo Museo
Cosa deve comunicare un museo a chi lo visita? Perché si
espongono allo sguardo degli
oggetti ohe proprio perché sono
in vetrina assumono una maggiore importanza? Perché ad un
certo punto della loro storia anche i Valdesi hanno pensato di
creare un museo? Come deve essere presentata attualmente la
storia valdese? Sono alcune prime domande ohe il seminario
-sul museo di Torre Pellice si è
posto, in una giornata intera di
la\ oro sabato 29 novembre 1986.
A fare il punto sulla situazione, con una relazione ampia e
critica, è Daniele Jalla che ricorda i principali momenti di trasformazione del m-useo, quasi
semnre coincidenti con una commemorazione storica, legata a
date importanti della storia valdese. Il numero uno è il museo
dei 1889 (bicentenario del Rimpatrio), anche se la raccolta iniziti molto -prima con un appello
lanciato « à tonte famille Vaudoise » e a « tout membre de
notre peuple et à tous les amis
de notre Eglise qu’ils se trouvent en Russie, à -Genève, au Rosario ou en Calabrie ».
AH'interno della storia sono il
periodo del Rimpatrio e delle
p^' secuzioni a dare consistenza
al museo, e le persecuzioni saranno il vero criterio di lettura
c rii autopresentazione dei Valdt'-i, una visione di sé e della
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propria vicenda che unisce i colti e i meno colti.
Deve essere stato difficilé iniziare questa prima raccolta, specie se pensiamo a quanto sia
difficile per un riformato pensare e comunicare per immagini,
cercare, o dare, un significato
ad un oggetto. Fu una svolta
dunque? Una rottura nella storia delle valli?
Altra scadenza importante per
il museo di Torre fu il 1939 (250°
anniversario del Rimpatrio), accompagnata dalla costituzione
del nuovo museo della Balziglia.
In ambedue il discorso storico
e il messaggio che si vuol lasciare sono molto chiari. A Tope
compaiono quattro sale dai titoli significativi: sala della Patria,
sala della Fede, sala della Persecuzione/Resistenza e infine sala della Liberazione/Missione. In
alto, a cornice intorno ai muri,
dei versetti della Bibbia sottolineavano un percorso di lettura
a titoli, che restavano impressi
nella mente. Questa versione
idealistica era molto chiara. Accanto venne ricostruito il « Foyer Vaudois », ripreso dalla mostra del 1937 tenutasi in Val Pellice, sull’artigianato e la piccola
industria. Si scende dunque su
-un piano più popolare, quotidiano, mediato, è vero, dalle circostanze storiche — la rivalutazione del folklore e dell'artigianato popolare da parte della politica fascista — però con una rielaborazione propria. Un termine
ambiguo come Patria, così abusato neH’opoca, diventa sinonimo di « patria » valdese e gli oggetti da cucina, la stanza, l’arcolaio si accompagnano alla Bibbia aperta; fondamento della
« personalità » valdese.
Nel 1974 (8° centenario di Valdo) venne aperto l’attuale museo, riformulato in due sezioni
distinte. Una parte storica; medio evo, dalla Controriforma all’epoca napoleonica, il XIX secolo e il ’900. Una parte etnografica, nello scantinato, che comprende una cospicua parte di un
importante lotto di oggetti raccolti negli anni '30 dai proff.
Giovanni e Attilio Jalla e dal
prof. Paolo Paschetto.
Veniamo all’oggi. E’ ancora
necessaria o, almeno, è esaustiva questa presentazione del mondo valdese fatta al museo?
Non dobbiamo certo pensare
che la eòhoscenza dei Valdesi
passi solo dal museo, tuttavia
dovrebbe essere chiaro il messaggio, il contorno del nostro discorso storico. Come diceva lo
storico della fotografia P. Ortoleva, presente al seminario, do
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vrebbe essere ripreientata la
storia valdese in tutta la sua forza, così come i Valdesi se la sono pensata e costruita, perché
è sempre un punto di forza specifico di una collettività e nello
stesso tempo, sarebbe necessario offrire al visitatore strumenti critici per capirla. Non è certo facile. I problemi attuali per
il museo sono molti. Li elenchiamo senza per ora approfondirli; come unire la storia con
la cultura materiale, il documento con il telaio? Che rapporti
avene con gli altri musei « periferici » nati un po’ in ogni comunità? Come costruire dei percorsi di visita ohe tengano conto non solo dei musei, ma dei
luoghi storici anche poco conosciuti? Sono in fondo le domande che ci pongono i visitatori
e per noi si tratta di offrire dei
« pacchetti » il più possibile organizzati, per evitare dispersioni,
sotto-utilizzazioni, sprechi.
Una considerazione finale fatta al seminario mi sembra di
grande importanza: in genere
oggi è facile ai mass-media far
scattare il meccanismo di identificazione con l’oppresso, con il
buono ingiustamente colpito e
così via. Il visitatore che passa
al nostro museo può indignarsi
per le persecuzioni e subito dire ad esempio: « Ah, se fossi
vissuto in quei tempi sarei stato dalla parte dei Valdesi! ». Storie! Questo non si può sapere.
Si deve, anzi dobbiamo far capire che storie come la nostra,
di persecuzioni come queste, è
piena la storia umana e il problema è anche quello di conoscere i persecutori.
Bruna Peyrot
Applicare la
riforma sanitaria
TORRE PELLICE — « Far
salute » è il tema di un convegno nazionale organizzato dalla
USSLi 43 della Val Pellice che
si svolgerà dall’ll al 13 dicembre prossimo presso il Cinema
Trento. Obiettivo del convegno,
cui partecipano esperti da tutta
Italia e il ministro della Sanità
Carlo Donat Cattin, è quello di
fare il punto sull’applicazione
delle riforme dell’assistenza psichiatrica e sanitaria.
Amnesty International
TORRE PELIICE — Giovedì 4 dicembre, ore 16.30, al Centro di incontro, avrà luogo una riunione con
il seguente o.d.g.: a) riepilogo dell Azione Urgente per due condannati a morte in Thailandia; b) appelli per 5 prigionieri per motivo di opinione in Cile; c) rinnovo cariche del Gruppo
’’Val Pellice”; d) campagna nuove
iscrizioni e rinnovo quote soci ’87; e)
varie.
_________ Teatro___________________
PINEROLO — AH'Auditorium Comunale di corso Piave il 5 dicembre alle ore
21 sarà rappresentato lo spettacolo
di P. A. Sagel » Ritratti di maschere », messo in scena dalla Compagnia
Teatro « Prêt-à-porter ».
PiNEROLO — La Compagnia « 1 teatranti » mette in scena la commedia
in tre atti « La palla al piede » di G.
Feydeau all’Auditorium Comunale di
corso Piave il 6 dicembre alle ore
15.30.
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Baciu, violinista Daniel Podiovsohi.
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Michele 19, dalle ore 21, serata organizzata dalla Comunità Montana Val
Pellice, di musiche e presentazione
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Conferenze
LUSERNA SAN GIOVANNI — Venerdì 5 dicembre, ore 21, all’Auditorium in via ex Deportati ed ex Internati n, 26 il Prof. Augusto Palmonari,
Docente di Psicologia sociale all'Università di Bologna, parlerà sul tema
« Con 1 giovani come ».
Programmi di Radio Beckwith
91.200 FM
TORRE PELLICE — Parte giovedì 4
dicembre alle ore 21 un nuovo programma dedicato ai cantautori italiani: « Dalla via Emilia a via Paolo Fabbri ». Ricordiamo anche la serie su M.
Lutero ogni domenica alle 18, in replica il martedì sempre alle 18.
RINGRAZIAMENTO
« Venite a me voi tutti che
siete travagliati ed aggravati^ e
io vi darò riposo »
(Matt. 11: 28Ì
I familiari di
Levy Bauchard
ringraziano tutte le persone che, con
la presenza o con ■scritti, hanno affettuosamente ricordato il loro caro.
Un ringraziamento particolare al pastore Coisson, al dr. Vivalda, alla
sig.a Antonella Pons, al sig. Mauro
Meytre e a quanti gli sono stati vicini
nel corso della malattia.
Inverso Pinasca, 24 novembre 1986
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Eraldo Rivoìro
profondamente commossi per la vasta
dimostrazione di stima e di affetto tributata al loro caro estinto, nelTimpossibilità di farlo singolarmente ringraziano tutti coloro che si sono uniti
a loro nella triste circostanza. Ringraziamenti particolari al dott. Griffa, al
pastore Klaus Langeneck, alla sezione
Carabinieri in congedo.
Prarostdno^ 18 novembre 1986
RINGRAZIAMENTO
La moglie del compianto
Ernesto Ciordan
ringrazia i dottori Delleani e Ravizza e tutto il personale infermieristico
ohe si è preso cura di lui in modo
amorevole.
In particolare ringrazia il pastore
Severino Zotta, e tutti quelli che gli
sono stati vicini con amorevole cura in
questa triste circostanza.
Torre Pellice, 1 dicembre 1986
RINGRAZIAMENTO
« Noi stani passati dalla morte
alla v-ta... »
(1 Giovanni 3: 14)
La cognata e il nipote del compianto
Giovanni Zaninetti
ringraziano commossi quanti sono stati loro vicini nella triste circostanza e
rivolgono un pensiero riconoscente al
pastore Paolo Ribet, al dr. Vincenzo
Della Penna ed al personale medico
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Perchè i giovani
non dimentichino
I prigionieri
del mese
« L’oblio si stabilisce progressivamente... Se due generazioni
si succedono l’una all’altra senza che il ricordo del passato sia
richiamato alla memoria, l’oblio
si installerà definitivamente »:
così inizia la testimonianza di
Maurice Goldstein, segretario
generale del Comitato Intemazionale di Auschwitz, al Convegno indetto dall’Associazione Nazionale degli Ex-Deportati (ANED) nei giorni 21-22 novembre,
nell’aula del Consiglio Regionale Piemontese gremita di pubblico, in prevalenza giovani.
Qua e là tra la folla i fazzoletti grigio azzurri con il triangolo rosso dei « politici » e il
nome del lager a cui, per miracolo, sono sopravvissuti: Buchenwald, Mauthausen, Ravensbruck, Flossenburg...
« Noi superstiti — dice Primo
Levi — siamo dei testimoni, ed
ogni testimone è tenuto a rispondere in modo completo e veridico: ma si tratta per noi ora di
un dovere morale, perché le nostre file, esigue da sempre, si
stanno assottigliando ».
Per molti anni, e per tante
ragioni, i reduci dai campi di
sterminio non hanno parlato:
« Oggi — è _ ancora Goldstein a
parlare — i detrattori (neonazisti, ex-nazisti, estremisti di destra, pseudo-storici) si permet
« L’Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo n. 175.
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Giorgio GardioI (direttore) , Paolo Fiorio, Roberto Glacone, Adriano Longo, Giuseppe Platone (vice direttore). Comitato di
redazione: i redattori e: Mirella
Bein Argentieri, Valdo Benecchi,
Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi, Claudio H-. Martelli,
Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Cesare Milaneschi,
Marco Rostan, Mirella Scorsonelli,
Liliana Viglielmo.
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Tel. 011/
655.278.
Redazione l’Eco delle Valli Valdesi:
Via Arnaud, 23 - 10066 Torre Pellice.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V. 15
- 10125 Torino.
Registro nazionale della Stampa n.
00961 voi. 10 foglio 481.
Abbonamenti 1987: Annuo L. 31.000;
Semestrale 16.000; Estero 55.000 (posta aerea 84.000); Sostenit. 70.000;
Costo reale 50.000.
Decorrenza 1“ genn. e 1“ luglio (semestrale) da versare esclusivamente sul c.c.p. 327106 intestato • L’Eco
delle Vaili - La Luce • - Casella postale - 10066 Torre Pellice.
Coloro che si abbonano per II 1987
durante il 1986 riceveranno gratis
I restanti numeri dell’anno.
TARIFFE INSERZIONI
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(mm. 49x53).
Economici: L. 300 ogni parola.
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per parola.
Mortuari: L. 350 per mm. di altezza, larghezza 1 colonna.
Ricerche lavoro; gratuite (massimo 25 paroie).
I prezzi si intendono oltre IVA:
18 per cento.
Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V, 15 - Torino
Stampa; Cooperativa Tipografica
Subalpina - 10066 Torre Pellice (To)
Responsabile ai sensi di legge:
Franco Giampiccoll
tono di parlare del nostro tragico passato dicendo enormi
menzogne, minimizzando il numero delle vittime, negando il
genocidio e le càmere a gas nei
campi di sterminio. Si sta sviluppando una intemazionale della falsificazione storica che
stampa, insulta e mente. Per
questo è importante parlare e
raccontare, finché siamo in tempo ».
Una preoccupazione fatta propria anche dal Consiglio Regionale Piemontese, che ha dato il
supporto organizzativo al Convegno intitolato non a caso: « Dal
dovere di testimoniare alle testimonianze orali nell’insegnamento della storia della seconda
guerra mondiale ». E proprio la
Regione, d’intesa con gli Istituti
Storici della Resistenza in Piemonte, ha patrocinato la stampa
di un volume di imminente pubblicazione (curato da Daniele
Jalla e da Anna Bravo) e che raccoglie le storie di vita di 200 exdeportati piemontesi. « Un’indagine giusta e tempestiva — commenta Primo Levi — perché l’evento della deportazione per la
sua ampiezza e il numero delle
vittime, si è andato delineando
come un fatto unico, almeno finora, nella storia dell’umanità ».
Un’iniziativa abbastanza rara
in Italia, ma che trova invece
riscontro — come è stato ricordato dai relatori provenienti da
ogni parte d’Europa — in molti
altri paesi che, come il nostro,
sono stati devastati daH’oiTore
del nazifascismo, dalla Polonia
al Belgio, dalla Bulgaria all’Austria e alla Jugoslavia.
Le associazioni dei deportati,
sovente — specie all’Est — d’intesa con i rispettivi governi, hanno intensificato in questi ultimi
anni tutta una serie di iniziative
per trasmettere ai giovani l’esperienza del passato. Accanto
alle forme tradizionali di comunicazione costituite da conferenze, raccolte di documenti e allestimenti di musei, si è arrivati
alla produzione di audiovisivi
(alcuni dei quali presentati in
un incontro a margine del Convegno) e all’organizzazione di un
treno-mostra (tre vagoni di documentazione più un carro bestiame di quelli usati per le deportazioni): un mese in giro per
paesi grandi e piccoli del Belgio, un successo enorme.
Ma il Convegno torinese non
è stato soltanto un’occasione per
ricordare il dovere di testimoniare; dai dibattiti e dalle tavole rotonde è emersa l’opportunità di un più ampio ricorso
alle testimonianze, valutandone
il modo con cui esse possono
essere rese e recepite a scuola.
Una bella esperienza, a questo
proposito, è stata quella illustrata da Lilia Davite e condotta in una quinta elementare a
tempo pieno di Nichelino dove,
a conclusione dell’anno scolasti
Fondo
di solidarietà
Offerte pervenute in ottobre per Kl
pembi.
L. 100.090: Mirella e Ernesto Bein;
Delia Fontana.
L. 50.000: Viola Cofsson.
L. 10.000; Giovanni Vezzosi.
Totale L. 260.000; Totale precedente L. 4.117.049; In cassa L. 4.377.049.
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co e come approfondimento del
programma di storia, Ferruccio
Maruffi dell’ANED piemontese
ha raccontato in due lunghi colloqui la sua esperienza di deportato nei lager di Mauthausen e
di Gusen.
La stessa Regione, dal 1973, organizza periodicamente per alunni e inseganti delle scuole medie inferiori e superiori, viaggi
di studio ai campi di sterminio
nazisti.
« Questi viaggi — spiega Laura Marchiaro, vicepresidente della Regione e infaticabile coordinatrice del Convegno — rappresentano il momento conclusivo
di esperienze di ricerca su diversi argomenti: guerra di Liberazione, pace, razzismo.
In tal modo si creano le condizioni e si adottano le procedure affinché temi storici come
la deportazione e lo sterminio,
affrontati per corrispondere alla
esigen^ di dare ai giovani orientamenti etico-civili, vengano trattati con strumenti di osservazione, analisi, ricostruzione che li
portano sul terreno della vera
e propria ricerca. La presenza
dei testimoni neH’ambito dell’attività di studio in classe e i viaggi ai lager entrano così in un
quadro culturale nuovo ».
E se è vero — come è stato
ricordato — che mai come oggi
il mondo dei giovani ha bisogno
di messaggi alternativi a quelli
forniti dal consumismo e dal
conformismo, la testimonianza
dei poveri e dei perdenti (i deportati, i perseguitati e gli emarginati di ieri e di oggi) potrà forse avere ragione dei cosiddetti
« forti » e diventare — sono parole di Andrea Devoto — « protagonista di un movimento per
la pace che alla fine dia qualche
garanzia di potersi diffondere
per ogni dove ».
Jean-Louis Sappé
Il Notiziario di A.I. del mese
di ottobre presenta i casi di tre
prigionieri per motivo di opinione, in favore dei quali i lettori sono invitati a scrivere appelli alle autorità dei loro rispettivi paesi. Essi sono:
VIBOUN ABHAY - LAOS
Già funzionario statale e membro del Consiglio Politico Consultivo Nazionale (NPCC). Fu
prelevato nel novembre ’75 dai
sostenitori del Partito Democratico del Popolo (che salirà
al potere il mese successivo) ed
inviato con altri 24 compagni
dell’NPCC in un campo di « rieducazione » in una remota provincia. Nove dei suoi colleghi
furono liberati e fecero ritorno
alla capitale, Vientiane; invece
egli fu trasferito con altri 12
compagni nel campo 05. Ora si
trova nella zona di Xam Tay,
sottoposto a un lavoro duro e
pericoloso, senza vitto sufficiente e da ormai più di 10 anni privo della libertà.
Scrivete con cortesia chiedendo il suo rilascio a:
His Excellency Kayson Phom
vihan
Chairman of thè Council of
Ministers
Vientiane - Laos - Asia
MONCEF BEN SLIMAN
TUNISIA
38 aimi, già insegnante di sociologia - Università di Tunisi e segretario generale del Sindacato deH’insegnamento superiore
e della ricerca scientifica. E’
stato arrestato il 16 maggio ’86
e rinchiuso, in isolamento, nel
Dipartimento per la Sicurezza
dello Stato con l’accusa di diffamazione delle pubbliche istituzioni, in base ad una lettera
inviata dal Sindacato (SESRS)
al Ministro deU’Istruzione, in cui
si contestava il comportamento
del governo nei confronti degli
studenti promotori di scioperi
per l’uccisione di un loro compagno da parte della polizia. Lò
arresto di Ben Sliman è avvenuto in un periodo di tensioni,
che durava sin dalla metà dell’85, nei rapporti tra il governo
e rUnione Generale dei Lavoratori tunisini. In questo periodo
molti sindacalisti vennero arrestati e le sedi dei sindacati occupate. Solo il SESRS vi si oppose
apertamente. Il processo di Ben
Sliman si svolse il 4 giugno '86
in presenza di osservatori ai
Amnesty e terminò con la sua
condanna ad un anno di carcere.
Si prega di inviare cortesi appelli per la sua liberazione a:
Excellence Habib Bourguiba
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30 anni, già editore presso ia
casa editrice Komal di cui c'ivenne proprietario nel 1979, Nell’80 la Komal fu costretta a
chiudere a causa della legge
marziale. La casa èditrice si ei a
dedicata a pubblicazioni sulla
minoranza curda in Turchia. Recep Marasli, che era già stato arrestato nel ’78, fu di nuovo imprigionato nell’82 con l’accusa di
voler tentare di instaurare uiio
stato sovrano curdo nella regione orientale della Turchia, (dui
vivono dai sei agli otto milioni
di Curdi, cui non si riconosce
identità culturale e politica.
Dall’82 in poi Marasli fu . ;ùdannato da vari tribunali militari e trasferito da una prigione militare all’altra. Egli fece
vari scioperi della fame contro
la tortura e le disumane condizioni del carcere, per cui ora si
trova nell’ospedale della prigione in condizioni di salute molto
critiche.
' Per favore chiedete il suo rilascio incondizionato a:
Prime Minister Turgut Ozal
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Un giornale è
anche lavoro. Lavoro
per redattori,
tipografi,
correttori di bozze,
spedizionieri.
Mario Lasagna, classe 1916.
Originario di Chieri.
Nel '49, dopo un periodo
di prigionìa in Africa, arriva
a Torre Pellice e,
come linotipista, da allora
compone gli articoli per il
nostro giornale.
ABBONAMENTI '87
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