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Anuo X - N. 10.
II SERIE
ál Maqoio 1801
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la verità nella carità. — Kfes. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE J LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ £. 3 00 j In Toeiso airUffizio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 > Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per r Inghilterra, id................... „ 5 50 ; Nelle PftoviijotB per mezxo di franco-bolli po
Per la Germauia id................... „ 5 50 ; ììoZ», che dorranno essere inviati franco al D»
Non si ricevono asaociazioni per meno di un anno. rettore della Bcona Notella.
All’estero, a* seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, me Rivoli ;
Ginevra , dal eignor E. Beroud libraio ; Inghilterra , dal signor G. F. Muller,
General Merchant, 26, Leadenhall Street. E. C.
¿Itnrìa: Savonarola IV. —Quísííon* i
di Chiesa a *
SOMMARIO
‘4iatic7ie: Del Matrimonio religioso — Varietà: Uno lettera
isa — KoH^i^ reb'ffioie: Valli Valdesi.
ISTORIA
SAVONAROLA
La Storia di Girolamo Savonarola c de’ suoi tempi, nanata da Pasquale Villari cou
l'aiuto di nuovi documenti. Voi. l.™“ pagine 489. Firenze. F. Lo Monnier 1859.
IV
(CoDtinuaz., ved. i nameri 6, 7 e 8)
Quando la fortuna delle armi francesi precipitò al fondo con quella
medesima rapidità con cui era salita in alto, e il re Carlo Vili dovette lasciar Napoli (maggio 1495), per aprirsi col ferro una via onde
tornare in Francia, la Kepubblica fiorentina, sdegnata dei modi sleali
che quel priucipe teneva con lei, cominciò a dubitare ch’egli volesse
restituire ai Medici il perduto dominio. La città tutta corse furiosa^
mente all’armi e i Piagnoni specialmente provvedevano a tutto, senza
tralasciare però gli ufficii divini. Savonarola gridava dal pergamo la
necessità dell’unione e della concordia per far fronte ai pericoli, e i
cittadini, fidenti nella sua autorità e fermezza, lo mandarono nuova-
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mente a re Carlo per ottenere da lui un’accordo amichevole. A Poggibonzi ebbe luogo il colloquio, e Savonarola assv mende il suo tòno
profetico ed imperioso, favellò in questa forma; “ Cristianissimo prin“ cipe, tu hai provocato l’ira del Signore per non avere mantenuta
“ la fede ai Fiorentini; per avere abbandonata quella riforma della
“ Chiesa, che il Signore ti aveva per mezzo mio tante volte annun“ ziata, ed a cui ti aveva eletto con segni così manifesti. Tu, per ora,
“ uscirai da questi pericoli; ma se non riprendi l’opera abbandonata,
“ se non obbedisci ai comandi che di nuovo il Signore ti ripete per
“ mezzo del suo inutile servo, io ti annunzio che maggiori assai
“ saranno le sventure che ti manderà l’ira di Dio, ed un’altro sarà
“ eletto in tua vece. ” Il re parve quasi atterrito e proseguì il suo
cammino verso Pisa, mentre il Frate tornava in Firenze ed annunziava dal pergamo il buon’esito della sua missione, pigliandone occasione per raccomandare di nuovo le orazioni, il ben vivere, l’unione
cd il governo popolare.—Quando volgeva il discorso dalle cose religiose alle politiche, il suo ardente affetto per le forme del nuovo
governo si vestiva talvolta di amari e pungenti sarcasmi contro chi
le avversava : “ Magnifici signori, ” diceva egli in una predica delril ottobre, “ io vorrei che quando voi avete qualche cosa diflfìcile
“ alle mani, chiamaste uno di questi cicalatori e gli diceste: — Di’
“ su un poco, che s’ha egli a fare di questa cosa ? — E s’ei sa quel
“ che si dice, io voglio perderci il mantello. Voi vedrete che egli non
saprà cosa rispondere, o pure dirà qualche gran pazzia. E voi al“ lora, togliete un quarteruolo di panico e ditegli: vien qua, prendi
“ e dài beccare ai polli ; ma lascia le cose di Stato. ” Poi lasciato il
tuono burlesco ed entrando nella quistione gravissima del giorno,
dichiarava non volere mezze misure quando la patria era in pericolo.
Piero dei Medici infatti tentava allora un’altro sforzo e si avvicinava
colle sue genti, a piccole giornate, verso i confini della Eepubblica.
Savonarola consigliava apertamente e ad alta voce di mettere a morte
tutti i fautori di parte Medicea : “ Bisogna usare con costoro, come
“ fecero i Romani contro quelli che volevano rimettere Tarquinio.
“ Tu che non vuoi aver riguardo a Cristo, vuoi averne ai privati
“ cittadini? Fa giustizia, ti dico io. Tagliali il capo;,e sia pure il
“ maggiore della sua casa quanto si voglia : tagliali il capo. ” L’effetto di quelle parole non tardò molto a farsi sentire. Pochi giorni
dopo si vinceva una provvisione che rimetteva la taglia sopra i Medici, e si prendevano in pari tefiapo forti e prontissimi provvedimenti.
Onde fallito il suo tentativo, Piero se ne tornò scornato a Roma.
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La Lega-Italiana, firmata a Venezia il 31 marzo 1495, tra i Veneziani, il Moro, il papa, l’imperatore e il re di Spagna, aveva avuto
per primo fine di cacciare i barban, cioè i Francesi, e v’era riui^cita
in poco tempo ; raa es.sa aveva in sempre maggiore sospetto Ja Repubblica Fiorentina, alleata del re di Francia; ed ora, coprendosi col
mentito nome, tentava ogni via per meglip opprimerla. Favoriva pur
troppo questo intento la disunione che regnava in Firenze. Gli Arrabbiati erano riusciti ad eccitare fortemente il Moro contro il Savonarola, dandogli ad intendere che il frate lo pigliasse direttamente
di mira, anzi Io nominasse personalmente nelle prediche che faceva
contro i vizii dei principi italiani, e nelle sue descrizioni del tiranno.
Gli Arrabbiati ottenevano così il loro fine di combattere il governo
popolare, senza parere ; mentre il Moro, nel perseguitare un frate
suo nemico, otteneva favore in Firenze, desideroso com’era di restringere quello Stato nelle sue mani. Una volta acceso il fuoco dell'ira,
in quell’animo così tenace nell’odiare, la cosa procedette da sè stessa
rapidamente al suo fine.
Ad istanza degli Arrabbiati il Moro scriveva al Borgia, per mezzo
del cardinale Ascanio suo fratello, che il Frate era un’audace accusatore del Clero e del Santo Padre, il solo sostegno del partito popolare, il solo autore dell’odio contro ai Medici. Alessandro cominciò
allora a destarsi ferocemente ; Ascanio Sforza soffiava abilmente in
quel fuoco, appena acceso, e cavava infine dal Papa un breve, in
data del 25 luglio 1495, tutto pieno di dolcezza, il quale vogliamo
tra.scrivere, come monumento dell’astuzia di chi lo dettava: “ Diletto
figlio, ” deceva al Savonarola, “ salute ed apostolica benedizione !
“ Noi udimmo che, fra tutti quelli che lavorano la vigna del Si“ gnore, tu ti adoperi con maggior zelo ; di che siamo molto lieti e
“ ne innalziamo lodi all’Onnipotente Iddio. Udimmo ancora come
“ tu affermi, quello che pronunzii dell’avvenire non procedere da te,
“ ma da Dio ; onde desideriamo, siccome è dovere del nostro pasto“ rale ufficio, discorrere teco; acciò per tuo mezzo, meglio conoscendo
“ quello che a Dio piace, noi possiamo praticarlo. Così, in virtù
“ di santa obbedienza, tl esortiamo a venir quanto prima presso
“ di noi, che ti vedremo con amore e con carità. ” Savonarola vide
il tranello e si scusò di non partire, perchè era appena guarito
di grave infermità viscerale che lo aveva in modo rifinito che a
fatica poteva salire le scale del pergamo, ed era spesso costretto a
sospendere la predicazione. Il 28 luglio prendeva commiato dal popolo dandogli quei consigli che, nelle presenti condizioni, erano di-
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venuti necessarii, sul timor di Dio, la pace, il bene comune e la
riforma del governo e confèrmandoli con nuovi argomenti. Il papa
non diede alla lettera, piena di decorosa umiltà e nobile franchezza,
che gli scrisse il Savonarola, alcuna risjiosta; ma gli fece sapere che
accettava le sue scuse. Ma ecco in data dell’ 8 settembre un nuovo
ed inaspettato breve venire da Roma, indirizzato ai frati di S. Croce,
poco amici di quelli di S.’ Marco. Esso parlava del Savonarola come
i’im certo Frà Girolamo, seminatore di falsa dottrina; e con parole
minacciose gl’iutimav'a d’andare a Roma. Il Frate invece di obbedire, risaliva il pergamo nel mese d’ottobre, e faceva quelle prediche
in seguito alfe quali era andato a vuoto l’impresa di Piero dei Medici, antecedentemente ricordata. Il papa adirato fulminava, ai primi
di novembre, un’altro breve col quale sospendeva il Frate dalla predica, quando questi era già tornato nel silenzio. Le accuse di eretico,
di seminatore di scandali, di seduttore del popolo e via discorrend(3,
non erano credute nè da quelli che le facevano, nè dal Papa stesso ;
ma si faceva al Frate una guerra tutta politica, onde spegnere in lui
il suo partito. Perciò la lotta impegnata perde assai del suo interesse
religioso. Il pensiero che fei’veva nell’animo di Savonarola era bensì
i[uello di mettere fine ai mali che travagliavano la Chiesa, ma non
andava forse al di là di una riforma disciplinaria, Ijp stesso cardinale di San Piero in Vincula, che fu poi papa Griulio II, chiamava
il Borgia marrano ed eretico, e stava di continuo ai fianchi del re
Carlo per sollecitarlo a radunare il Concilio tanto desiderato da
molti buoni e valenti cattolici, onde riformare la Chiesa, purgai’la
dei Simoniaci e deporre il Papa, Savonarola era caldissimo nel sollecitare il Concilio e la riforma; il cardinale gli aveva qualche volta
mandate parole d’incoraggiamento e di sprone ; ed egli non tralasciava di sollecitare il re Carlo cou lettere continue e stringenti,
senza che il re Carlo si risolvesse però ad uscire dalla sua perpetua
irresolutezza. A che poi condurranno quelle aspirazioni che allora
travagliavano gli animi di molti cattolici devoti ? Figlieranno più
tardi il decantato Concilio di Trento, a quella guisa che il monte
partoriva un sorcio.
Intanto Savonarola riusciva ad impedire che si celebrasse il carnevale del 1496 come al tempo dei Medici. La città intera diveniva
in quei giorni un’orgia, ognuno s’abbandonava al vino ed alla crapula, dava sfogo alle più sfrenate passioni e ad osceni sollazzi in cui
il pubblico decoro veniva aflatto dimenticato. I fanciulli erano quelli
che avevano più affezioni per quelle feste. Essi usavano di fermare
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continuamente la gente per via, chiudendo loro il cammino con certi
lunghi pali, che non venivano rimossi, se prima essi non avevano
ricevuto qualche moneta, jier far poi la sera i loro pazzi desinari.
Dopo dei quali, accendevano grandi fuochi nelle piazze, vi ballavano
e cantavano intorno; e finalmente, facevano ai sassi con tanta violenza, che ogni anno più d’uno restava morto per le vie, a dispetto
marcio dei più savii cittadini, degli Otto, e della Signoria stessa die
invano s’erano adoperati a proibire quel pazzo e bestiale giuoco.
Toccava al Savonarola, dopo aver condotto a così prospero successo
la riforma politica e la riforma dei costumi, d’immaginare la riforma dei faticiulli. Alle feste carnascialesche furono sostituite delle
feste religiose. Invece di chiedere danari per le loro gozzoviglie, i
fanciulli ne chiedevano per darli ¡d poveri vergognosi ; in luogo di
oscene canzoni cantavano inni e laudi spirituali, composte alcune
dal Savonarola stesso e dal poeta Girolamo Benivieni ; e l’ultimo
giorno del carnevale (1496) fu poi fatta uua solenne processione,
alla quale assisteva, per la novità del caso, l’intero popolo. A questo
nuovo trionfo del Frate se ne aggiunse un’altro. I cardinali di Napoli e di Lisbona riuscirono a piegare, almeno in parte, l’animo del
papa ; e fu rimesso per via indiretta al Savonarola l’arbitrio del predicare. Sia ohe il Papa cominciasse ora a temere del Frate e nou
volesse altro che farlo tacere, sia che pensasse tendergli qualche
nuova rete, egli andò persino ad offrirgli il cappello cardinalizio,
purché si dichiarasse pronto a mutar linguaggio. Ma all’udire questa
proposta, tanto fu lo sdegno del Savonarola che non seppe dare alcuna risposta, ma disse solo al domenicano che gliela faceva: “ ve“ nite alla mia prossima predica e voi udirete la ris{)0sta che mando
“ a Roma. ”
Più volte i suoi nemici avevano col ferro e col veleno attentato
alla sua vita ; e per venire al Duomo da S. Marco, era sempre circondato da amici armati che noi lasciavano mai solo. Il 17 Febbrajo 1496 egli tornava adunque sul pergamo l’animo pieno di funesti
presentimenti e traboccante di tristezza e di sdegno per la vile offerta
con cui si tentava di corromperlo ; ed incominciava il suo quaresimale sopra e Zaccaria, in mezzo all’esaltamento delle passioni
di tutti, amici e nemici. Dopo un breve esordio, in forma di dialogo,
egli protestò altamente della sua divozione alla Chiesa: “ Io ho sem“ pre creduto e credo tutto quello che crede la Santa Romana Ec“ desia, e sempre a quella mi sono sottoposto e sottopongo... Io l’ho
“ scritto a Roma, che se ho predicato o scritto cosa eretica, sono con-
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“ tento emendarmi e ridirmi qua in pubblico. Sono sempre parato
“ alla obbedienza della Romaua Chiesa, e dico che sarà dannato chi
“ non obbedisce ad essa... Dico e confesso che la Chiesa Cattolica non
“ mancherà mai sino al dì del giudicio; ed a chiarire poi qual sia
“ questa Chiesa Cattolica, me ue riferisco a Cristo ed alla determi“ nazione della Chiesa Romana. ” Dopo una dichiarazione così esplicita della cattolicità di sue dottrine, egli entrò a discorrere della
validità della scomunica lanciata contro di lui ; e premettendo che
nel domma la Chiesa era infallibile, pose innanzi la importante restrizione che il Papa non poteva comandare contro alla Carità o
cmtro al Vangelo, e quando il facesse, gli direbbe : Tu ora non sei
pastore, tu non sei Romana Chiesa, tu erri....... conviene ubbidire
a Dio anziché agli uomini.
Non sappiamo, e i nostri lettori noi sapranno meglio di noi, fino
a qual punto quella dottrina sia cattolica ; solo avvertiamo che la
Riforma originò piii tardi dal cozzo delle medesime contradittorie
opinioni che ora uscivano dalla bocca del Frate sotto la maestosa
vòlta di Santa Maria del Fiore. — E tornava ad esternare la sua
persuasione che i brevi venuti da Roma erano nulli, perchè mossi
solamente da mendaci informazioni e contrarii alla carità. 11 signor Villari esprime il suo convincimento che nulla di ciò che disse
il Savonarola può essere appuntato d’eresia. Può darsi ; per ora ci
contentiamo di osservare che se il Savonarola era essenzialmente
cattolico, ei lo fu come gli arditi padri dei concilii di Costanza e di
Basilea, e come i più illustri rappresentanti della Chiesa Gallicana.
I lettori poi penseranno quel che vogliono, nel leggere certi squarci
di prediche susseguenti, che qui trascriviamo, pieni di gravissime
accuse contro i vizii di Roma, contro la falsa e ipocrita religione dei
tempi, e che nulla hanno perduto della loro attualità. “ Udite vacche
“ grasse del monte di Samaria!......A me queste vacche glasse
“ vogliono dire le meretrici d’Italia e di Roma... Mille sono poche
“ a Roma, diecimila sono poche, quattordicimila sono poche; quivi
“ uomini e donne son fatte meretrici.......Voi siete corrotti in tutto,
“ nel dire e nel tacere, nel fare e nel non fare, nel credere e nel di“ scredere ; voi parlate contro alia profezia ; ed ecco viene un tale e
“ vi racconta uno strano sogno, e voi gli credete ; vi dice: digiunate
“ il tale sabato, alla tale ora ; e voi lo fate e credete di esser salvi.
“ Io vi dico che il Signore non vuole il tale sabato o la tale ora; ma
“ vuole che per tutta la vita vi allontaniate dal peccato. E voi, in'■ vece, siete buoni un’ora del giorno, per essere poi cattivi tutta la
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“ vita. — Osservateli negli ultimi tre giorni della settimaua santa.
“ Ecco costoro vanno attorno alle indulgenze e perdoni. Va di qua,
“ va di là; bacia S. Pietro, S. Paolo, quel santo, quell’altro. Venite,
“ venite, suonate campane, apparecchiate altari, ornate le chiese ;
■ “ venite tutti, quei tre giorni iimanzi Pasqua, ma non poi piit in là.
“ Dio se ue ride dei fatti vostri e non si cura di vostre cerimonie,...
“ perchè voi sarete dopo Pasqua peggiori di prima. Tutto è vanità,
“ tutto è ipocrisia nei nostri tempi; la vera religione è spenta.........
“ Fuggi, ó Sion, che abiti presso alla figlia di Babilonia.....Pug
“ gitevi cioè da Eoma ; perchè Babilonia vuol dire confusione, e
“ Roma ìui confuso tutta la Scrittura, ha confuso insieme tutti i
“ vizii, ha confuso ogni cosa ; fuggitevi dunque da Koma ; tornate
“ a penitenza. ”
Nella lotta impegnata cou Eoma, Savonarola sapeva eh’«/ vi lascerebbe anche la pelle, e lo ripeteva costantemente e con istraordiuaria insistenza. Già la sua posizione non era piii quella di prima ;
ogni giorno piii difficile e piena di maggiori pericoli, con grave danno
del popolo s’era fatta esclusivamente difensiva. Tuttavia egli non
tralasciava di ammonire i Fiorentini anche in materia politica; insisteva a lungo sul fare buone elezioni, senza spirito di parte, raccomandava affezione al Consiglio maggiore, al nuovo governo ed alla
libertà, descriveva i mali che derivano dalla tirannia, svolgendoli
minutamente con arte ed efficacia grandissime. Nella Domenica delle
Palme otteneva che il Monte di Pietà, tanto da lui favorito, venisi-;e
aperto solennemente dai fanciulli, ai quali fece una predica piena di
buoni consigli ; poi, rivolgendosi a tutto il popolo, col Crocifìsso in
mano diceva ; “ Firenze, questo è il re dell’universo, questo vuole
“ essere il tuo re. Lo vuoi tu ? ” Al che tutti ad alta voce e molti
piangendo, rispondevano di sì ; il Frate scendeva dal Pergamo fra
l’entusiasmo del popolo e il fremito degli Arrabbiati, che, sebbene si
tenessero lontani e in disparte, non lo perdevano mai di vista. Quel
concetto di far Cristo re di Firenze vien così svolto in una Laudo
spirituale del Savonarola, che potrà dare un’idea dei suoi componimenti poetici ;
Viva, viva in nostro core.
Cristo re, dnce e signore.
Ciascun purghi l’intelletto, Se volete Jesù regni
La memoria e volontade Per sua grazia in vostro coro.
Del terrestre e vano affetto; Tutti gli odii e pravi sdegni
Arda tutto in oaritade, Commutate in dolce amore ;
Contemplando la boutade Discacciando ogni rancore
Di (t6sù re di Fiorenza ; Ciascun prenda in sò la pace ;
Cou digiuni e penitenza Questo è quel che a Gesù piace.
Si riformi dentro c fore. Su nel eie o o qui nel coro.
(sarà contimmto)
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QIJlSTIOi\l ECCliESIASTlCHE
DEL MATRIMONIO RELIGIOSO
Un lettore di questo foglio, attribuendo ai nostri articoli sul matrimonio
civile, una portata che non hanno (vedi i due numeri di febbraio), ci manifestò schiettamente il suo timore che tali articoli non dessero a credere, ai
agli amici che ai nemici della causa evangelica, che noi teniamo in non cale
il matrimonio religioso, e tutta l’onnipotenza e la maestà dell’imeneo vqgliamo concentrare sull'atto meramente civile. Parrebbe adunque che noi
avessimo intenzione di ridurre il matrimonio ad un contratto civile, spogliandolo d'ogni afinità colla religione. Tale non fu per certo, come non è,
il nostro pensiero; epperò diciamo che fu da quel lettore ai nostri articoli
attribuita una portata che non hanno, imperocché non già del matrimonio,
in sè parlavamo in essi, bensì del matrimonio civile in ispecie ; non una
teoria sulla questione generale ebbimo la pretenzione di esporre, ma solo
quella di combattere la teoria assurda del Clero romano il quale confonde
ogni cosa, il civile ed il religioso. Occasione alle nostre meditazioni erano
stati i libri ed i manifesti del Clero lombardo, nonché il progetto di legge
governativo. Ma perchè combattiamo l'eccesso romano, ciò non prova che
vogliamo andare all’altro estremo ; perchè neghiamo la tesi del matrimonio
sacramento qual fu dal Tridentino formolata, ciò non vuol dire che professiamo la tesi socialista del matrimonio accoppiamento, come gentilmente i
vescovi lombardi ne accusano le chiese evangeliche, confondendo nel medesimo odio protestantismo e socialismo. Tra queste esagerazioni havvi una
via di mezzo ; quella battiamo e vieppiù ci studicremo di battere. Quella
via di mezzo è quella della separazione del civile e del religioso in ciò come
in tutte le altre cose. 11 nostro principio è quello testé formolato dal signor Cavour nelle Camere : « La separaiione della Chiesa e dello Stato. »
Per chi rilegga attentamente i nostri articoli questa è la sola conclusione
cho dal loro contenuto sia lecito ricavare, ed era infatti il loro unico scopo.
Ciò non pregiudica, uon anticipa nulla sulla questione della parte assegnata
all atto religioso in ispecie, perocché non costituisce uu sistema completo
ed armonico sulla questione suprema del matrimonio iu genere.
Tuttavia a scanso di altri malintesi, a soddisfare quel nostro lettore e gli
altri che potessero bramare di conoscere il nostro pensiero a tale riguardo
ed anche a prevenire ogni accusa della parto nemica, siamo pronti a dar
'(\ii uu saggio della nostra idea generale intorno al matrimonio.
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E moveremo il passo dalle parole giù citate di S. Tommaso ; « Essere il
matrimonio un triplice ufficio, un’ufficio di natura, un’ufficio civile e un’ufficio religioso governato dai tre diversi prindjni che a questo triplice ordino
presiedono. »
Infatti tre sono i campi in cui s’aggira la umana attività, tre i mondi coi
quali e noi quali l’uomo è chiamato a vivere, tre le vite che devono abitare in
lui e queste sono : la vita individuale, la vita sociale e la vita religiosa. La
prima è di natura, la seconda è di civiltà, l’ultima è di fede e di carità. Privare l’uomo di uno fra questi elementi di sua essenza, è privarlo d’una part«
di se stesso, è un’ucciderlo. Alterare, menomare od accrescere oltremodo
uua di quelle necessità del nostro cuore, a detrimento dell’altrc, gli è distruggere l’equilibrio che deve fra loro perpetuamente regnare.' Confondere
poi l'uno coll’altro quei mondi, ovvero creare fra loro una totale scissione,
gli è uu separare od un confondere ciò che Iddio unì, perocché se sono uniti
son però distinti, e la grandezza deU’uonio sta nella loro armonia. — Molti
fra gli atti dell’uomo non toccano che a un solo di questi mondi, ma molti
eziandio toccano a tutti e tre, ed hanno delle attinenze coll’individuale, col
sociale e col religioso.
Il matrimonio è uno di questi ultimi, e chi volesse troncare le relazioni
che corrono tra il matrimonio e questi tre regni annichilerebbe il matrimonio stesso. Nel matrimonio l’uomo deve trovare la soddisfazione del suo
pensiero e di tutti i suoi personali bisogni, e la deve trovare spontaneamente
e di propria volontà. In esso ei deve incontrare il complemento delle sue
qualità d'uomo sociale, e per esso diventare membro perfetto cd utile della
Società. In esso infine egli deve realizzare una unione voluta da Dio, e rivolger la deve al compimento dei disegni della Provvidenza, prendendo a
tipo e modello l'unione mistica di Gesù Cristo e della stia sposa, la Chiesa.
Riandando la storia dei tempi noi vediamo che or l'uno or l'altro di questi clementi occupa quasi esclusivamente il primo posto e preoccupa lo spirito dei popoli. Anteriormente alla formazione delle società, siccome i bisogni sociali non eran nati ancora, il matrimonio che fu sulle primo un mero
fatto di natura era dalle sole leggi naturali governato. In allora i matrimonj
si facevano colla sola domanda della mano della sposa, fatta alla famiglia ;
non c’era contratto perchè non v’eran leggi. L’antico Testamento ci presenta
non pochi esempli di tali unioni die posson chiamarsi del nome ddl'epoca
in cui incontransi, cioè patriarcali. Era valido il matrimonio quando fatta
la domanda per spontanea volontà dello sposo, era per spontaneo riscontro
della sposa e di sua famiglia accettata. Il circolo in cui s'aggirava e si consumava il matrimonio era la sola famiglia. Ecco perchè chiamiamo qucU'unione il matrimonio iu natm-a.
Dopo formatasi la società, il matrimonio di mera unione naturale, assunse
poco a poco le forme di contratto civile, a miiiura che andavau formandosi
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le leggi. Gli statuti romani ammettevano parecchie forme. La più solenne
per la quale formavasi il legame più possente al parer di Plinio, era quella
detta della confarreazione e consisteva ncUo scambiarsi la loro fede gli sposi,
in presenza al gran pontefice pagano, e nell’oifrire un sagrifizio, dopoché il
pontefice benediva il matrimonio. Un’altra forma era quella del matrimonio
jare gentium cioè secondo il diritto delle genti, specialmente adottato in
vista della immensa varietà di nazioni comprese nell’impero romano, alle
quali volevasi lasciar piena libertà in questa materia. Eravi infine la prima
formola naturale cioè quella della semplice dichiarazione di consenso o come
chiamavasi allora, il matrimonio ex solo affectu. Ma tutte queste forme erano
ammesse nella legislazione civile dell’impero, erano forme sociali. L’elemento sociale domina nelle leggi romane, e se in qualche caso havvi la presenza del pontefice, esso è l’imperatore; talché puossi assaverare ehe in
questa seconda epoca, preponderando la nazione sulla famiglia, prepondera
il matrimonio sociale ossia civile. — Ma creatasi la Chiesa, e penetrato che
fu il Cristianesimo nella società, volle pure informarne le leggi. Gli abusi
ammessi dalle antiche forme furono poco a poco distrutti dall’elemento cristiano. La santità del matrimonio e della famiglia ne fu accresciuta ; in ciò
il Cristianesimo arrecò al mondo un sommo benefizio, perocché prima di
lui era sconosciuta la celeste maestà di quella unione. Esso ristaurò il matrimonio, come ristaurò la famiglia, come ristaurò la donna vilipesa ed
oltraggiata nelle pagani società. Ma come sempre accade quando si vuol
riformare, la Chiesa andò tropp’oltre, e non accontentandosi di benedire i
matrimoni socialmente contratti, volle aver la legge nelle mani, giudicare
in padrona assoluta della legittimità delle unioni ed applicare al fatto civile
come pure al fatto naturale, l’autorità delle sue decisioni. Onde nacque una
terza epoca nella storia del matrimonio, quella del matrimonio religioso. I
potenti ed i governi anziché opporsi alle invasioni del potere ecclesiastico,
concorrevano a questa confusione, e nei Capitolari di Carlo Magno, sul principio del secolo nono, troviamo professata e passata in forma di legge, la
teoria che riduce il matrimonio ad una doppia forma socio-religiosa, la quale
comprende in se e confonde il diritto civile e il diritto religioso.
Più tardi tale confusione fu pienamente perpetrata dal Tridentino che
diede sua sanzione alla presente forma cattolica, la quale assorbisce in se
tutti i diritti e riduce il matrimonio ad un contratto religioso con efficienza
naturale ed efficienza civile, in virtù del solo sacramento, indelebile, anche
quando fosse alla natura ed alle leggi contrario!
Si vede adunque nella prima epoca preponderare il matrimonio naturale ;
nella seconda il matrimonio-civile; nella terza il matrimonio-religioso. Or
bene noi crediamo che in tutti e tre i casi la preponderanza d’un elemento
sugli altri, sia un’eccesso, un’errore fatale non solo al matrimonio in sè, ma
per lui fatale all’uomo, alla società ed alla Chiesa. Nella prima epoca il ma-
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trimonio naturale può aver create delle magnifiche famiglie come più non
se ne vede, ma ciò non toglie che i bisogni ed i doveri sociali fossero negletti, o meglio non trovassero in quella società patriarcale sprovvista di
legame, il loro pieno soddisfacimento.
Nell’epoca greco-romana, il matrimonio civile potè in grazia della sua
larghezza e del suo liberalismo, giovare alla introduzione del cristianesimo
nel mondo, non opponendosi la legge in nome della pagana Eeligione ai
maritaggi misti, nè alle unioni di famiglie dei due culti, e lasciando ai genitori pienissima libertà nell’educazione dei loro figli. Ma ciò non toglie che
fosse avvilito il matrimonio così ridotto ad un legale contratto, e che la
parte morale, religiosa del matrimonio, tanto necessaria alla sua santità o
perciò alla felicità degli sposi, fosse calpestata.
Infine all’epoca modiocvita del cattolicismo, forse furono utili le disposizioni dei papi e degli imperatori a portare il cristianesimo presso le nazioni
barbare del nord, perocché la religione presentavasi alla loro immaginativa
rivestita di quel potere e di quella pompa che affascina le moltitudini, e
perchè l’essere maritato, come pur Tesser battezzato dal prete era un’atto
di sudditanza al potente conquistatore.
Ma tuttavia in questa confusione dei due poteri non preparavasi il vero
progresso di quelle nazioni le quali, se hanno voluto riconquistare i loro
sociali diritti, hanno dovuto rompere con Roma, come ora Italia deve rompere, se vuol essere in piena possessione della sua indipendenza.
Ecco come, in mano la storia, proviamo che non devonsi nè rinnegare,
nè confondere fra loro gli elementi della natura umana rispetto al matrimonio. Questo atto supremo della nostra vita ha delle strette attinenze colla
natura, cioè coi bisogni individuali e colla famiglia; rispettiamo questo santuario deUa libertà personale e dell’interno della casa e non c’ingeriamo
nel cuore della famiglia questa prima fra le società da Dio create, questa
base di tutte le altre società. Lasciamo la famiglia adempire al suo ufficio,
il santo ufficio del libero e mutuo consenso che ha per sorgente le santissime affezioni del cuore. Chi vorrà introdursi nella famiglia? lo Stato? la
Chiesa? Guai a loro se lo fanno. Guai a chi, sotto qualsiasi pretesto, s’inoltra fra quelli che s’amano, ed alzando la sacrilega mano sull’arca inviolabile
dell’amore, porta nelle famiglie la divisione e nei cuori il disinganno e la
ruina. Chiunque compie un tale attentato è simile a quel gesuita inftime,
che nel confessionale, in nome del ciclo e deH’inferno, alla tramante vergine sconsiglia l’amore pel suo fidanzato, perchè inviso forse il poveretto
alla SS. Chiesa.
Il matrimonio altresì ha non poche affinità colla Società civile vale a dire
coi diritti e doveri della gran famiglia sociale : Rispettiamo (|uest’altro santuario della libertà generale e le leggi che la guarentiscono e non pretendiamo
d'innalzarci al di sopra delle costituzioni che reggono il paese. Lasciamo pur
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la legge nazionale adempiere il suo compito, quello cioè di tutelare per
mezzo di civili provvedimenti le contigenze civili del matrimonio, tutela cho
ha per base la giustizia. Chi vorrà usurpare i diritti della legge ? la famiglia? la Chiesa? La famiglia noi tentò mai ; la Chiesa il tentò e le riuscì a
male, imperocché avvilì se stessa scendendo a discutere gli umani codici anziché attenersi al codice divino, ed ora, suo malgrado, è costretta di rinunciare a quei cenci di temporale dominio che dalle rinascenti nazioni le sono
strappati e lasciano scoperta la sconcia sua nudità.
Il matrimonio infine è in relazione stretta coll’idea religiosa e colla Chiesa.
Esso ha un lato religioso e divino; l’unione ch’egli crea è non solo umana,
uon solo sociale, ma morale e religiosa. Come fatto primitivo egli trova la
sua sanzione nella istituzione creatrice di Dio ; come fatto attuale egli dev’essere diretto a fini celesti, e viene innalzato alla suprema santità e bellezza da Gesù Cristo. —Lasciamo adunque «he la Cliicsa lo benedica e lo
perfezioni co’ suoi divini insegnamenti. Lasciamo cha dopo scambiato il
mutuo consenso ed adempiuti gli obblighi voluti dalla legge, gli sposi richieggano pure suUe loro no.;ze l'approbazione e le preghiere della Chiesa
alla quale appartengono per comunanza di fede. La famiglia pensa agli affetti
ed agl’ interessi, la legge pensa alla legalità ; lasciamo che la Chiesa pensi
alla santità di quel legame, ed ammonisca gli sposi dei loro doveri dinanzi
a Dio. E chi vorrebbe impedirla, o impadronirsi dei suoi diritti? la famiglia?
0 la società? La famiglia può bensì privare se stessa della ecclesiastica
benedizione, ma non toglie alla Chiesa il diritto di darla quando ne vien
richiesta. La società può benisshno approvare un matrimonio che ripugna
alle credenze ed alla santità della Chiesa, ma non costringere la Chiesa ad
approvarlo anch’essa. Nei due casi la Chiesa si astiene ; nel primo per non
violentare, nel secondo per non esser violentata, ma è sempre libera. E anche questa libertà é preziosa. Preziosissima invero, stantechè quella Chiesa
che la perde non sia più degna di ritrovarla, e non appena da qualche mal
cauto governo vien limitata o manomessa, arreca al governo stesso ed al
paese tutto, un’infinità di mali. Chi sa; ... Chi sa se le attuali tribolazioni
dei popoli nel liberarsi da tanta confusione, uon son dovute altrettanto ai
governi sempre pronti ad usurpar i diritti della Chiesa, quanto alla Chiesa
usurpatrice continua dei diritti delle società ? Aveva adunque ragione quel
gran teologo di S. Tommaso e ha dato prova di molto buon senso pratico
in questa sua sentenza essere il matrimonio un triplice ufficio; un'ufficio di
natura, un'ufficio civile e un’ufficio religioso, governato dai tre diversi 'principj che a questo triplice ordine presiedono.—Abbiamo tentato di tracciare
1 lineamenti di questi tre ordini e la parte che in ciascuno spetta al matrimonio.
Ora ci si domanderà quali sieno i tre princiiy che vi presiedono. Facile
è la risposta: All’ordine di natura presiede il mutuo consenso ossia l'affefto;
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all’ordine civile presiede la Legge; all’ordine religioso f)resicde la Fede.
Principj diversi certamente e che possono sussistere separatamente quando
li si voglia disgiungere, ma senza il concorso dei quali il matrimonio non ò
completo, non è perfetto. Principj che si possono altresì confondere, ma la
cui confusione è origine di gravi disturbi nelle famiglie, negli stati e nelle
chiese. Ma per l'appunto in ciò risiede la difficoltà, diranno i nostri lettori :
Come riuscire a distinguere quegli elementi senza separarli del tutto; come
unirli senza confonderli? Ah .sì! lo confesso, questo è il difficile, imperocché
l'uomo non sa unire ; egli è provetto nel disunire e nel confondere le cose ;
ma la scienza dell armonia gli è sconosciuta. L’amonia, l'unità senza violenza, il concerto naturale che Iddio creò tra le cose tutte ei non sa realizzarlo. Tutto è armonico nel mondo, e la creazione è un’inno cho tuttodì
celebra la sapienza del gran Fattore. L’uomo solo non unisce la sua voce a
quella dell'Universo. Ma ciò non deve destar maraviglia in chi sa che il
male esiste intorno a lui c in lui medesimo, in chi crede esservi la disarmonia persino tra l'uomo e Dio.
Ecco perchè fu necessario l’Evangelo il quale ristaura l’unità, non solo
tra Dio e l’uomo, ma ancora tra tutte le parti dell’umano pensiero e dcll'umana attività, ed ecco perchè si predica Gesù Cristo il ristauratore delia
distrutta armonia tra il cielo e la terra. Ma confesso altresì che per chi
vuole con sincerità cercare l’unità nella questione che di presente ci occupa,
non è cosa impossibile trovarla. Il nodo sta nella libertà..! Lasciate ognuno
di questi tre ordini il naturale, il civile ed il religioso, ne’ loro proprj limiti,
c nessun di loro cercherà di uscirne. Lasciate libero l'affetto ed il consenso
che ne risulta, libero l'ufficio tutelare della Legge, libera la manifestazione
della Fede, e queste tre cose s’armonizzeranno da sè. E chi sa perchè non
camminerebbero esse d’accordo? Chi sa perchè una paterna logge vorrebbe
urtar gli affetti, perchè una fede illuminata vorrebbe contendere la legge ?
No, no, questo non avviene ; e nel caso, eccczionala però, dove i tre principj, natura, legge e fede, facessero a cozzo, sarebbero segno che il matrimonio non deve, non può aver luogo, ed anche qui la libertà additerebbe la
strada da seguirsi. Non usurpar adunque uno di questi tre ordini a nome
di un’altro, non confonderli, per carità, ma lasciate ad ognuno libero il proprio campo ove possano a beH'agio svilupparsi, e vedrete se in queU’atmosfera liberale, essi non s’armonizzeranno per il bene della famiglia della
Nazione e della Chiosa. E a che gioverebbe d'altronde la coazione?...
A chi esclamasse, come si suole, quando non si sono fatte queste esperienze, che la libertà, la troppa libertà e causa di turbolenze anziché d’unione, noi risponderemo che non invochiamo per questi tre ordini una soverchia libertà, ma quella che è loro propria; che fra loro d’altronde esiste,
se ben si osserva, un vero equilibrio ; che la libertà, la vera, non è un corrosivo, anzi un lievito ehe fa levar tutta la pasta; che d'altronde essa porta
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•seco il rimedio ai mali che possono nascere accanto a lei. — E aggiungeremo ; Se essi non vogliono francamente applicare e praticare la Hbertà,
proseguine adunque nella via della confusione e della coazione ; continuino
ad usurpare i più santi diritti, la società, quelli della Chiesa, la Chiesa quelli
della società; perseverino nel sistema cattolico della confusione dei due
poteri !
Qui non c’è davvero via di mezzo: o libertà o tirannia! Io sfido chicchessia di trovare un’altra soluzione che meglio risponda a tutte le esigenze
della questione! Non la trovò il Cristo, giacche disse; « A Cesare quel che
è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. » — Non occorre neppure aggiungere rispetto al matrimonio ; alla famiglia ciò che è della famiglia !
Come lo vede adunque il benigno lettore cui abbiamo dedicato questo
articolo, ben lungi dal ridurre il matrimonio ad un atto meramente materiale e civile noi lo colleghiamo colle tre società da Dio poste sulla terra,
la Famiglia, la Patria e la Chiesa; alla vita di tutte e tre vogliamo che partecipi per essere perfetto.
Famiglia, Patria, Chiesa, in queste tre parole si compendiano tutti i nostri affetti quaggiù ! e il matrimonio le compendia tutte in sè, in ciò che
hanno di più caro, di più poetico, di più sublime, quando le rannoda nell’amore a Dio principio e fine del'Vero, del Bello e del Buono; ed a G. Cristo
nostro modello, 0. C.
VARIETA
UNA LETTERA DI CHIESA A CHIESA
Come saggio dello spirito che anima le nascenti chiese evangeliche d'Italia, scorrano i lettori la seguente lettera che i membri della
Chiesa di N.N. in numero di sessanta e più, indirizzavano ad una
Chiesa sorella, in seno alla quale si manifestavano sintomi di freddezza e di scoraggiamento :
LA CHIESA EVANGELICA DI N.N, Al FRATELLI IN GESU’ CRISTO
CHE SONO IN N,N,
« Che la pace, e l’amore di Dio sieno con voi, per Gesù Cristo nostro
Signore !
« Noi sottoscritti membri della Chiesa di N. N, avendo udito qual sia
la difficile condizione in cui versano i nostri fratelli di N, N, ed a quale
opposizione sieno andati soggetti, abbiamo creduto nostro dovere di scrivere loro una lettera di cristiana simpatia, allo scopo di stringere fra le di-
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verse membra della Chiesa di Cristo in Italia i legami della fede e della
carità, e di ubbidir cosi al comando del Signore che c’invita ad incoraggiarci
vicendevolmente.
« Noi porgiamo le più vive grazie al nostro Iddio, per l’infinito favore
ch’egli ci ha fatto di rivelarci la sua verità qual’è nella sua santa parola, ed
il suo ineffabile amore quale lo dimostrò nel dono del suo Unigenito. I
nostri cuori tripudiano nella speranza della salute. Convinti che da miseri
peccatori, come noi eravamo tutti, siamo stati salvati per mera grazia, in
virtù dei meriti di Gesù Cristo; convinti che in lui solo stanno la vita ,
la verità, la giustificazione e la salvezza , e ch’egli è potente per salvare
chiunque confida in lui; convinti eziandio ch’egli è il solo mediatore tra
Dio e gli uomini, noi abbiamo riposta in lui tutta la nostra fede , e lo
adoriamo quale nostro Salvatore e nostro Dio, aspettando con allegrezza il
fausto giorno del suo glorioso avvenimento. Speriamo essere in ciò in comunione coi fratelli di N, N,
« La nostra nascente Chiesa dovette bensì soffrire in questi passati giorni
qualche persecuzione per parte dei nemici dell’Evangelio, ma il Signore
l'ha fatta sortire vincitrice di tutte le prove, per l’aiuto del santo suo Spirito, Per il quale egli operò potentemente fi;a i nostri concittadini, fecondando la predicazione della sua parola e la testimonianza della Chiesa,
aumentando il numero dei fratelli, ed accrescendo la fede e la vita di tutti.
Talché le nostre raunanze ora sono numerose, pacifiche ed edificanti molto,
di che rendiamo grazie al Signore, come pure della calma, ora ritornata
nella città, e della libertà in cui ci permette di potere, secondo la nostra coscienza, adorarlo e servirlo,
« Crediamo adunque potere senza orgoglio rivolgere ai nostri fratelli di
N. N, qualche parola di conforto, ed appoggiati alla nostra esperienza supplicarli in nome del Signore ad essere fermi e fedeli, a ritenere per certa
la promessa dell’aiuto di Dio in ogni circostanza e del suo amore per la
Chiesa ; a resistere energicamente alle tentazioni di Satana, del mondo e
e del loro proprio cuore ; a non lasciarsi dominare dal timore, dallo spavento, nò dal rispetto umano; ad amare più ubbidire a Dio ehe agli uomini;
insomma a perseverar? decisi ed irremovibili nella gloriosa vocazione alla
quale il nostro Iddio li chiamò,
« Rammentando pur loro, che secondo le parole stesso del Salvatore,
chi vuol essere cristiano, (juaggiù avrà molto da soffrire ; che chi non vuol
soffrire per l’amore di lui non è degno di lui ; che chi non soffre con lui
non regnerà con lui ; cho lui stesso molto soffrì per noi e che noi servitori
non possiam pretendere d’esser dappiù del padrone ; ma che altresì chi con
lui soffre con lui regnerà ; che 6 una gloria per l’uomo Tesser chiamato a
partecipare alle sofferenze di Cristo ; che questa è la più bella, la più possente testimonianza che possiamo rendere alTEvangelo; il suggello dello
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Spirito Santo ; la prova indubitata della nostra fede; e che in conseguenza
anziché togliere le persecuzioni a vergogna, i nostri fratelli di N. N, le
devono considerare come un onore, e ringraziarne il Signore con tutto
cuore pregandolo di farli degni di essere dei confessori, dei testimoni di
sua verità.
« Non diffidiamo punto che Iddìo voglia far riuscire queste parole a conforto dei nostri cari fratelli di N. N., e di eccitamento a coloro che ancora
dubitassero ; e con fervore lo preghiamo a voler fortificare la sua Chiesa
in quella città, ed a raccogliervisi un gran popolo.
« E noi ancora saremo consolati nel sapere ehe i nostri fratelli di N. N.
stanno fermi, e ciò aumenterà il nostro proprio zelo. Per ciò noi supplichiamo ardentemente il padre degli spiriti a volere comunicare aUe nostre
Chiese maggior misura della vita sua spirituale, e per questo , di spandere
vieppiiì il suo spirito stesso nei nostri cuori a tutti,
^ « E così penetrerà l’Evangelo nella nostra cara patria, e colla verità e
la salvezza, vi arrecherà la felicità per la nazione e per le famiglie. Questo
è il santo scopo al quale dobbiamo lavorare. — Che Iddio stesso salvi
l’Italia nostra; ch’egli salvi le nostre famiglie; ch’egli salvi le nostre anime
a tutti. Gradite questi voti siccome pegno d’amore.
« Mentre facciamo tenere ai nostri cari fratelli di N. N. un cordiale cristiano saluto, godiamo di dichiararci i loro affezionatissimi nel nostro
Signor Gesiì Cristo. »
( Seguono le firme')
NOTIZIE RELIGIOSE
Valli Valdesi — Sinodo della Chiesa Valdese. — Dovendosi fra poco
dare alle stampe un resoconto ufficiale delle operazioni di questo Sinodo,
che durò dal mattino del 21 a tutto il 24 di maggio, ci limiteremo a dire
del medesimo, che cosi per la gravità degli argomenti trattati, come per
l’importanza delle risoluzioni prese, e lo spirito in cui lo furono, egli è fra
i Sinodi che si succedettero da alcuni anni, uno dei più rimarchevoli, e dai
quali possiamo augurarci i migliori risultamenti, pella sempre crescente prosperità della Chiesa di cui egli era il rappresentante.
Woigt Giovanni gerente
TORINO — Tipografia nLAUDTANA, diretta ila R. Trombetta.